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2.0 IL METODO DEGLI ELEMENTI FINITI L’evoluzione dei metodi di analisi strutturale, come ogni attività umana del resto, è strettamente legata ai tempi, ai luoghi ed agli stimoli provenienti dalla società e, in que-sto campo specifico, anche agli strumenti di calcolo disponibili. La stretta interconnes-sione tra metodologie e strumenti di calcolo ha generato un feedback positivo in grado di influenzare reciprocamente il progresso nei due ambiti: ora sono state le esigenze di contabilità e di immagazzinamento dettate dallo sviluppo del commercio a spingere alla creazione di nuovi strumenti, dall’abaco alla Pascaline1 (Fig.1.2); ora è stata l’introduzione di nuove tecnologie come i microprocessori a stimolare nuove metodolo-

gie di analisi in grado di sfruttarne le po-tenzialità. Si va dai metodi euristici, supportati dalla tradizione, dell’architettura prescientifica, ai metodi numerici basati su modelli sem-plificati della materia. Se i metodi grafici dell’800 erano una lo-gica conseguenza dell’inadeguatezza degli strumenti di calcolo, i metodi di rilassa-mento (H.Cross 1932 e G. Kani 1956), si adattavano alla perfezione all’uso del rego-

lo calcolatore2 (Fig. 2.2) e a quello delle calcolatrici, elettromeccaniche prima e digitali poi. La nascita del calcolatore elettronico ha aperto delle possibilità fino ad allora ina-spettate: quelle del calcolo automatico delle strutture. La possibilità, cioè, di demandare ad uno strumento non solo l’esecuzione delle singole operazioni algebriche ma anche, attraverso l’esecuzione di un algoritmo codificato, lo sviluppo dell’intero processo di analisi con tutte le scelte e le eccezioni che esso comporta.

Fig. 2.2

Si è vista, nella disamina dei metodi di analisi strutturale, una costante evoluzione o-rientata alla ottimizzazione delle risorse di calcolo e si sono sottolineate le principali difficoltà insite nella scrittura delle varie equazioni che governano il problema. L’invenzione e la diffusione del computer ha fatto da pungolo alla ricerca ed ha consen-tito di riportare in vita e valorizzare delle metodologie che erano assolutamente proibiti-

1 Nel 1642 Blaise Pascal, matematico e filosofo francese, inventò e realizzò una macchina che per la pri-ma volta era in grado di eseguire addizioni e sottrazioni sulla base del riporto automatico. 2 Il regolo calcolatore era uno strumento di calcolo analogico che sfruttava le proprietà dei logaritmi. Es-so riconduceva operazioni complesse (prodotti, quozienti, esponenziali) ad operazioni più semplici che venivano eseguite sui logaritmi dei rispettivi operandi spostando una o più asticelle graduate.

Fig. 1.2

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ve nell’ambito del calcolo manuale o semiautomatico. Tra queste metodologie vanno annoverate il calcolo matriciale ed il Metodo degli Elementi Finiti (MEF). La nascita del MEF si colloca nella seconda metà degli anni 503 -gli anni della corsa allo spazio- e, non a caso, il suo principale sviluppo è dovuto al contributo di M. J. Tur-ner della Boeing. Altri autori come John Argyris e Ray W. Clough hanno avuto il meri-to di aver portato il MEF fuori dagli ambiti dell’ingegneria aerospaziale e di averlo dif-fuso e sistematizzato nel campo dell’ingegneria civile. Il MEF offre un approccio alle problematiche del calcolo strutturale assolutamente generale ed unitario e consente una completa automatizzazione del processo di analisi.

L’avvento e il galoppante progresso della microe-lettronica (Fig. 3.2), e dei microprocessori in par-ticolare, ha permesso, dalla fine degli anni 70 del-lo scorso secolo, la più ampia diffusione e volga-rizzazione del calcolo automatico delle strutture e del MEF in particolare. E’ possibile definire il MEF come una sorta di fabbrica di equazioni (Fig.4.2). Ricordiamo che per risolvere una qualunque struttura occorrono tre gruppi di equazioni: equazioni di equilibrio,

equazioni di compatibilità o congruenza, equazioni costitutive. Orbene, per ogni tipolo-gia strutturale, il MEF attiva un particolare processo di produzione che porta, come pro-dotto finito, ai tre gruppi di equazioni in forma matriciale che consentono, in modo del tutto generale, di ottenere la soluzione del problema di analisi strutturale o tramite il me-todo delle forze o tramite quello degli spostamenti. Tuttavia è il Metodo degli Sposta-menti quello che si presta meglio a tale approccio perché consente la definizione di un algoritmo più semplice e snello delle altre metodologie ed una maggiore compattezza del sistema risolvente finale.

Fig. 4.2

La filosofia del MEF è abbastanza semplice, esso ipotizza un qualunque sistema strut-turale come un assemblaggio di pezzi di dimensioni finite e dalle caratteristiche elasti- 3 Non è casuale che il primo calcolatore elettronico della storia (a valvole) l'ENIAC vide la luce nel 1949 e nel 1950 venne realizzato il primo calcolatore, l’EDVAC, dotato di programma memorizzato.

Fig. 3.2 Apple II, uno dei primi personal evoluti sul mercato

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che note (elementi finiti) che vengono mutuamente collegati in corrispondenza di certi punti particolari (nodi). E’ come nel Lego® dove assemblando in vario modo dei mat-toncini base è possibile costruire organismi dalla forma più variegata: dalle abitazioni, agli aerei, alle automobiline, ai convogli ferroviari. Gli elementi finiti, che possono essere elementi monodimensionali, bidimensionali o tridimensionali di qualunque dimensione e materiale, si considerano deformabili, men-tre i nodi, in genere, si ipotizzano di dimensioni trascurabili e rigidi. Assegnata una particolare tipologia strutturale essa viene discretizzata4, cioè smontata nei suoi elementi base, attraverso dei tagli opportuni: quindi si studia il comportamento dell’elemento finito generico e del nodo generico. Si prendono, cioè in esame tutte le grandezze meccaniche e cinematiche che interessano ciascun elemento base e si scrivo-no le relazioni che le legano reciprocamente:

1. equazioni di equilibrio 2. equazioni di compatibilità 3. equazioni costitutive

Ottenute le equazioni fondamentali che legano le grandezze dei singoli elementi e dei singoli nodi si procede all’assemblaggio della struttura ricollegando nuovamente ele-menti e nodi. A partire dalle equazioni fondamentali degli elementi e dei nodi e scriven-do delle nuove relazioni di cucitura del sistema, si perviene alle 3 equazioni fondamen-tali dell’intera struttura in forma matriciale. Una volta ottenute, per una data tipologia, una tantum, le equazioni fondamentali in forma generale e le regole di riempimento delle varie matrici di equilibrio, compatibilità e rigidezza sarà possibile istruire uno strumento elettronico di calcolo e renderlo capace di portare a termine, per una qualunque struttura appartenente a quella data tipologia, l’intero processo di analisi in modo assolutamente automatico. Bisogna scongiurare, tuttavia, il pericolo che gli strumenti di calcolo automatico ven-gano usati in modo acritico e superficiale, alla stregua di un qualunque word processor, come si dice nel mondo anglosassone garbage in garbage out, se si immette spazzatura e sempre questa che ne viene fuori. La conoscenza dei meccanismi e delle approssima-zioni insite in un metodo di analisi sono fondamentali per comprenderne i limiti di vali-dità ed applicabilità e per interpretarne in modo corretto i risultati.

4 In Fisica il termine discreto sta per numerabile, finito, contrapposto a continuo: non numerabile, infinito.

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2.1 Strutture discrete e continue Si definiscono discrete quelle particolari tipologie strutturali in cui il processo di di-scretizzazione (riduzione agli elementi base) è già riconoscibile di per sé e non richiede alcuna forma di approssimazione o idealizzazione. Sono discrete tutte le strutture a

scheletro, cioè quelle formate da elementi monodimensionali retti o curvi: telai piani e spaziali (Figg. 5.2a,b), strutture reticola-ri piane e spaziali (Figg. 5.2c,d), graticci di travi (Fig. 5.2e). In queste strutture la discretizzazione esi-ste già a monte, non è in alcun modo for-zata o idealizzata, effettivamente gli ele-menti generatori asta (elementi finiti) sono perfettamente riconoscibili e numerabili, come anche del resto gli elementi di con-nessione delle aste (nodi). Ciò non toglie che alla discretizzazione naturale possa aggiungersi anche una discretizzazione d’ufficio immaginando l’esistenza di ulte-riori nodi all’interno delle aste.

Si definiscono strutture continue tutti quei sistemi monoblocco in cui non è indivi-duabile naturalmente alcuna aggregazione di sottoinsiemi. Sono continue le strutture a volta, a cupola, le lastre, le piastre (Fig.6.2), i gusci, le strutture a pannelli (combina-zione di lastre e piastre). Anche in questo caso, tuttavia, si può sempre immaginare la struttura come generata da elementi finiti base di tipo bi o tridimensionale (piani o cur-vi) collegati soltanto in corrispondenza dei vertici. La struttura risulta come tutta ta-gliuzzata con una lametta da barba lungo i bordi degli elementi e continua solo nei nodi.

La discretizzazione nelle strutture conti-nue è puramente immaginaria ed appros-sima in modo più o meno rozzo il com-portamento della struttura monoblocco o-riginaria. La forma e la dimensione degli elementi finiti fittizi potrebbe essere in teoria qualunque, tuttavia le forme stan-dard sono quella triangolare e quella ret-tangolare. Più piccole sono le dimensioni degli elementi finiti meglio si approssima il comportamento della struttura di parten-za (aumentano i punti di saldatura, di con-tinuità), di contro maggiori saranno le in-cognite e quindi le dimensioni del sistema risolvente. Il MEF applicato ai sistemi di-

screti porta sempre a dei risultati corretti, mentre applicato ai sistemi continui fornisce delle soluzioni approssimate la cui maggiore o minore aderenza al modello originario dipende dal tipo di discretizzazione operata.

Fig. 5.2

Fig. 6.2a

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In Fig. 7.2. è rappresentata una lastra forata sottoposta a trazione e la relativa discretiz-zazione ottimale utile ad ottenere un risultato numerico che non si discosti molto dalla soluzione reale del problema. Come è possibile osservare la suddivisione viene forte-mente infittita in corrispondenza di quelle zone dove lo stato di tensione è più rilevante e, inoltre, la dimensione degli elementi non varia bruscamente ma si riduce gradualmen-te dagli elementi di maggiore dimensione a quelli più piccoli.

Il principale limite del MEF, applicato ai si-stemi continui, è che sia il comportamento ela-stico di ogni singolo elemento (matrice di rigi-dezza), sia la risposta in termini di tensioni e deformazioni si ottiene a partire da un numero limitato di informazioni. Nelle applicazioni correnti ci si limita ad elementi triangolari a 3 nodi o rettangolari a 4 nodi (in alcuni rari casi si adoperano elementi a 8 nodi). Tuttavia la maggiore difficoltà operativa è quella relativa alla cosiddetta meshiatura della struttura (dall'inglese mesh = maglia). Occorre modella-re la struttura trasformandola in una rete le cui maglie (meshes) siano tutte dello stesso tipo (triangoli, rettangoli etc). E' evidente che se la

forma della struttura di partenza ha una sua complessità intrinseca (elementi curvi sotti-li, aperture, conci d'arco etc) l'operazione di meshiatura diviene particolarmente com-plessa e delicata. Se si accostano, inoltre, elementi finiti con dimensioni molto diverse tra loro la soluzione ottenuta, rispetto a quella reale, può essere parecchio approssimata. L’aspetto estremamente positivo del MEF è stato quello di creare un approccio del tutto generale, in grado di spazzare via in un sol colpo tutta quella pletora di varianti metodologiche, nate dagli anni 30 agli anni 70 del secolo scorso, orientate al calcolo delle strutture intelaiate piane. Non viene, tuttavia, mai sottolineato abbastanza che il MEF, applicato ai sistemi bi e tridimensionali, è un metodo approssimato. Per un buon livello di approssimazione è fondamentale uno studio accurato della discretizzazione. Una meschiatura inappropriata potrebbe fornire come risposta i numeri dell'elenco telefonico.

Fig. 7.2

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2.2 Strutture a telaio piane Adesso seguiremo tutte le tappe del Metodo degli Elementi Finiti che porteranno all’individuazione delle equazioni generalizzate in forma matriciale relative ad una qua-lunque struttura intelaiata piana. Ottenute tali equazioni impareremo ad usarle nell’ambito del Metodo degli Sposta-menti applicandole a strutture sia isostatiche che iperstatiche. Ricordiamo che la via da seguire è la seguente

1. Discretizzazione della struttura in aste e nodi 2. Studio dell’asta generica 3. Studio del nodo generico 4. Assemblaggio della struttura ed ottenimento delle equazioni generalizzate

2.2.1 Discretizzazione della struttura in aste e nodi

Si prenda in considerazione una struttura intelaiata piana qualunque (Fig.4.2a). Per adesso si ipotizzi, per semplicità, che tutti i vincoli esterni ed interni siano incastri, salvo poi, alla fine del procedimento, generalizzare i risultati al caso di vincoli di tipo qualun-

que. Il sistema presenta naturalmente 6 nodi (2 esterni e 4 interni) e 6 aste; ciascun nodo viene identificato da una lettera maiuscola, mentre le aste vengono marchiate da lette-re minuscole. Se necessario si potrebbero individuare, a discrezione, tutta una serie di nodi aggiuntivi ad es. in mezzeria di cia-scuna asta. Così operando (Fig.8.2b) si ot-terrebbe una struttura con 12 nodi e 12 a-ste. Nel caso delle strutture a scheletro, siano esse piane o spaziali, una discretizza-zione più fitta non comporta, come nei si-stemi continui, alcun beneficio, in quanto

la precisione dei risultati è indipendente dal numero dei nodi e delle aste. Pertanto con-viene sempre prendere in considerazione la discretizzazione minima, che è quella natu-rale di tali sistemi. Si consideri pure, associato alla struttura, un sistema di riferimento cartesiano x’, y’, z’ (sinistrogiro5) che chiameremo sistema di riferimento generale. Sconnettiamo la struttura nei suoi componenti elementari effettuando dei tagli alle due estremità di ciascuna asta. Poiché effettuare un taglio equivale a sopprimere un vincolo interno di continuità, applichiamo alle due facce di ciascun taglio le caratteristiche della sollecitazione N, T e M (Fig. 9.2) attribuendogli un verso qualunque. Nello spazio le ca-ratteristiche della sollecitazione sarebbero 6.

5 Un sistema di riferimento e sinistrogiro quando l’asse y si ottiene ruotando l’asse x di 90° in senso anti-orario, l’asse z si ottiene ruotando l’asse y di 90° in senso antiorario e l’asse x si ottiene ruotando l’asse z di 90° in senso antiorario.

Fig. 8.2

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Fig. 9.2

Su ciascuna trave (elemento finito asta) agiscono i carichi di competenza e le tre caratte-ristiche della sollecitazione N, T, M alle due estremità. Su ciascun nodo agiscono i cari-chi di competenza e le caratteristiche della sollecitazione N, T, M trasmesse dalle aste che convergono nel nodo stesso (ovviamente di verso contrario a quello delle aste per il principio di azione e reazione). Le sezioni di taglio appartenenti alle aste si chiameranno sezioni di estremità, mentre quelle appartenenti ai nodi si chiameranno sezioni di attac-co delle aste ai nodi. 2.2.2 Studio dell’asta generica Si consideri isolatamente un’asta j qualunque, di una qualsivoglia struttura intelaiata piana, caricata in modo del tutto generico (Fig. 10.2). L’asta, che nel contesto reale po-trebbe essere orientata in un modo qualunque (verticale, orizzontale, inclinata), viene rappresentata, per comodità, sempre disposta orizzontalmente. Oltre ai carichi noti, che, trattandosi di un’asta generica, potrebbero essere uno, nessuno, centomila, consideriamo alle due estremità le caratteristiche della sollecitazione che derivano dai tagli che sono stati fatti per isolare l’asta dal contesto. Tali sollecitazioni siano tutte orientate secondo un sistema di riferimento solidale con la trave ed avente l’asse x coincidente con l’asse geometrico della trave medesima (sistema di riferimento locale dell’elemento). Le se-zioni di estremità verranno nominate estremo 1 quello rispetto a cui l’asse locale x è

uscente ed estremo 2 quello rispetto a cui l’asse locale x è entrante. Il verso positivo

dell’asse x, quindi, sarà sempre orientato secondo il verso 1 2 . Definito in modo del tutto arbitrario l’asse x, l’asse y si ottiene a partire da esso effettuando una rotazione an-tioraria di 90°. Anche l’asse z, invisibile nel piano e attorno a cui agiscono rotazioni e momenti, si ottiene per rotazione antioraria a partire dall’asse y.

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Fig. 10.2

2.2.2.1 Grandezze meccaniche

Le grandezze meccaniche che possono agire su una trave sono forze esterne e forze interne. Le forze esterne sono le reazioni dei vincoli esterni (che per la nostra asta coin-cidono con le sollecitazioni di estremità) ed i carichi noti direttamente applicati. Le for-ze interne sono, invece, le caratteristiche della sollecitazione che agiscono in corrispon-denza degli infiniti vincoli di continuità. Sostituiamo i carichi distribuiti con la loro risultante passante per il baricentro del dia-gramma di carico (Fig. 11.2), consideriamo le componenti delle forze nella direzione del sistema di riferimento locale e raccogliamo tutte le grandezze meccaniche dell’asta generica all’interno di apposite matrici colonna (vettori).

Fig. 11.2

Per il principio di riducibilità, qualunque sia il numero delle forze applicate in un punto, esse si possono sempre ridurre ad una sola forza comunque inclinata e ad una coppia, quindi a 3 componenti scalari. Il vettore dei carichi applicati sull’asta generica può variare da asta ad asta, però le sue dimensioni saranno sempre pari al nu-mero delle n sezioni caricate per 3. Per ogni sezione, le tre caselle possono ospitare le due eventuali componenti della forza e la

coppia applicata. Il vettore jP rappresenta

genericamente l’insieme dei carichi agenti su un’asta qualunque senza la necessità di esplicitarne il numero ed il tipo. I vettori

1 2 e

j jQ Q sono i vettori delle reazioni (sol-

1 2

1 21 2

1 2

Ax

Ay

A

Bx

By

Bjj j

Nx

Ny

N

P

P

M

P

PN N

MQ T ; Q T ; P

.M M

.

.

P

P

M

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lecitazioni) di estremità ed hanno sempre 3 componenti. Particolarizzando ad es. il vettore dei carichi applicati sull’asta di Fig.11.2, si otterrà una matrice colonna di 6 componenti, 3 per la sezione caricata A e tre per la B. I segni van-no sempre presi con riferimento al sistema di riferimento locale dell’asta

0

0

jx

y

P

KP

Q

Q

Le forze interne sono date dalle caratteristiche della sollecitazione agenti negli infiniti vincoli interni di continuità e sono rappresentate dal vettore

j(x)Q , che contiene 3 terne

di funzioni N(x), T(x) ed M(x) per ogni tratto di variabilità presente all’interno della trave generica j

x

x

x

x

x

x

AB

AB

AB

BC

BC

BC

j

N

T

M

N

T

M

...

...

...

Q x

Ricapitolando, le grandezze meccaniche relative all’asta generica j sono:

1 2 jj jQ , Q , Pe

jQ x

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2.2.2.2 Grandezze cinematiche

In vista dell’applicazione del Principio dei Lavori Vir-tuali, che, nel contesto del MEF, sarà il nostro strumento preferito per la scrittura in forma generale matriciale delle equazioni di equilibrio, assumiamo come grandezze cinematiche rilevanti dell’asta generica proprio gli spostamenti dei punti di ap-plicazione delle grandezze meccaniche testé definite. u1j e u2j sono i tre moti possi-bili delle sezioni di estremità, mentre il vettore u*

j contiene i 3 moti possibili per ciascuna delle n sezioni caricate. Il

vettore uj(x) contiene tutti i moti che possono subire gli infiniti vincoli di continuità. Ricapitolando, le grandezze cinematiche u1j, u2j, u

*j e uj(x), relative all’asta generica j,

non sono altro che le duali delle grandezze meccaniche viste in precedenza. Adesso occorre correlare le varie grandezze scrivendo le relazioni che le legano mu-tuamente: equazioni di compatibilità per le sole grandezze cinematiche, equazioni di equilibrio per quelle meccaniche ed equazioni costitutive per le meccaniche e cinemati-che insieme. Esercizio 1.2 Assegnate le travi di Fig. 12.2a e 12.2b, riempire le matrici delle grandezze meccaniche

1 2

*Q , Q , P e Q x

Fig. 12.2

1 2

1 21 2

1 2

Ax

Ay

A

Bx

By

xx x* B

j j jy y y

Nx

Ny

N

u

u

u

uu xu u

u u ; u u ; u ; u x u x.

x.

.

u

u

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I vettori 1

Q e 2

Q contengono le reazioni dei vincoli alle due estremità della trave proiet-

tate sugli assi locali x, y e z (Fig. 12.2a1 e 12.2b1) pertanto si avrà

1 2 1

1 2 11 2 1 2

1

0

0

0 0 0a a b b

N N N

Q T ; Q T ; Q T ; Q ;

M

Essendo le due travi isostatiche sarebbe anche possibile calcolare il valore delle reazioni di estremità tramite la scrittura delle equazioni di equilibrio.

La matrice colonna jP ha tanti elementi quante sono le sezioni caricate moltiplicato 3.

Se sull’asta agiscono carichi distribuiti essi vanno sostituiti con un carico concentrato equivalente di uguale verso, di intensità pari all’area del diagramma di carico e con retta d’azione passante per il baricentro del diagramma di carico medesimo. Per la prima trave (Fig. 12.2a1) dovremo proiettare sugli assi locali la forza P applica-ta in A e la coppia K applicata in B, mentre per la seconda trave (Fig. 12.2b1) dovremo proiettare sugli assi locali la forza concentrata equivalente ql/2 passante per i baricentro del diagramma di carico e la forza F applicata in B.

00

20

00

00

a b

qlP

P ; P ;F cos

KFsen

Il vettore Q x ha 3 componenti per ogni tratto di variabilità: esse sono le tre funzioni

N(x), T(x), M(x) che esprimono la legge di variazione delle caratteristiche della solleci-tazione

11

2

1 1

1 3

1 1 1

1

1

2

2

2

2

6

2

0

0

0

ba

NN

qxT TlT x

qxN T x M

lT P

F cosQ x ; Q x ;l FsenT x Px

Fsen xN

T

T x

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2.2.2.3 Equazione di compatibilità dell’asta generica

Per la scrittura delle equazioni di compatibilità è necessario studiare il modo di deformarsi di un’asta qualunque. L’intera struttura sotto l’azione dei cari-chi cambia di forma, abbandona la configurazione di partenza e si porta in una certa configurazione finale deformata6 (Fig. 13.2). La deformata deve sempre rispettare la compatibilità sia con i vincoli esterni che con quelli interni. Essendo tutti incastri, ester-namente le sezioni vincolate non possono traslare ne ruotare mentre, internamente, la linea elastica di o-gni trave deve sempre essere una linea continua, non deve presentare mai angolosità o soluzioni di conti-nuità. Nelle angolosità esistenti (in corrispondenza dei nodi) devono sempre mantenersi inalterati gli angoli relativi tra le varie aste che vi convergono

Nuovamente prendiamo in considerazione una qualunque asta di una qualunque struttu-ra intelaiata piana e disegniamola (indipendentemente dal suo contesto originario) nella sua configurazione indeformata iniziale (come se fosse orizzontale) ed in quella finale deformata (Fig.14.2a). I due estremi, al mutare di posizione dell’asta, si spostano rispet-tivamente di 1 2 ej ju u .

Il moto subito dall’elemento si può sempre immaginare, appli-cando il principio di sovrapposi-zione degli effetti, come la som-ma di un moto rigido ed di uno di pura deformazione. Assegniamo arbitrariamente all’estremo 1 i suoi spostamenti u1j ed ipotiz-ziamo che la trave si mantenga infinitamente rigida. L’asta prima trasla e si porta in 1’-2’ (Fig. 14.2b), quindi ruota, sempre rigi-damente, attorno al punto 1’ fino a che l’estremo 2 raggiunge la posizione 2’’. Adesso che i moti rigidi sono avvenuti, l’asta potrà muoversi soltanto a causa della sola defor-mazione. Incastriamo l’estremo 1’ per im-

pedire la nascita di ulteriori moti rigidi e facciamo deformare la trave fino a che l’estremo 2 raggiunge la posizione finale 2’’’.

6 Siamo sempre nell’ambito di deformazioni infinitesime, le deformate vengono esasperate nei disegni per ovvi problemi di rappresentazione.

Fig. 13.2

Fig. 14.2

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In ultima analisi l’estremo 2 raggiunge la posizione finale in due tempi, prima subisce gli spostamenti rigidi ur

2j che lo portano da 2 a 2’’, poi subisce gli spostamenti elastici

ue2j che lo portano da 2’’ a 2’’’. In forma matriciale possiamo scrivere

2 2 2

2 2 22 2 2

2 2 2

x x x

j j jy y y

r e

r er e

r e

u u u

u u u ; u u u

(1.2)

I due termini a secondo membro sono: il primo funzione degli spostamenti arbitrari dell’estremo 1, che fungono da parametri di Lagrange, l’altro è funzione delle azioni meccaniche e delle eventuali variazioni termiche che agiscono sull’asta e che sono cau-sa di deformazione. Da ciò che sappiamo sui cinematismi possiamo esprimere ur

2j come

2 1j jj

ru H u (2.2)

Essendo

jH la matrice di compatibilità di moto rigido dell’asta generica j. Matrice di

proporzionalità (o matrice di influenza) che possiede tante righe quante sono le variabili dipendenti, tante colonne quante sono le variabili indipendenti. Le colonne, inoltre, rap-presentano il valore che assumono gli spostamenti e la rotazione dell’estremo 2 quando allo estremo 1 diamo a turno i tre moti: uno unitario e gli altri 0.

La Fig. 15.2 riporta i tre cinematismi fonda-mentali che consentono di calcolare le tre co-lonne della matrice

jH . I parametri di Lagrange

vengono sempre assegnati nel verso positivo de-gli assi locali.

La prima colonna contiene i 3 moti dell’estremo 2 valutai nel primo cinematismo fondamentale, la seconda i tre moti dell’estremo 2 nel secondo

cinematismo e la terza colonna contiene i tre moti dell’estremo 2 valutati nel terzo ci-nematismo fondamentale. Sostituendo la 2.2 nella 1.2 si ottiene l’equazione di compatibilità dell’elemento generi-co

Fig. 15.2

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84

2 1 2j j jj

eu H u u (3.2)

la quale mette in relazione gli spostamenti delle due sezioni di estremità. 2.2.2.4 Equazione costitutiva dell’asta generica L’equazione che lega le grandezze meccaniche a quelle cinematiche dell’asta generica nasce dallo studio dettagliato del solo moto di deformazione. Si prenda in esame l’elemento generico privato dei suoi moti rigidi (incastrato ad es. in corrispondenza dell’estremo 1 Fig.16.2). L’elemento si deformerà a causa delle azioni meccaniche che

agiscono su di esso 2

e jjQ P . Le reazioni all’estremo 1 non sono più visibili esplicita-

mente in quanto sostituite dal vincolo.

Fig. 16.2

Se manteniamo separato ciò che è noto da ciò che è incognito, ed applichiamo il princi-pio di sovrapposizione degli effetti, possiamo esprimere gli spostamenti elastici dell’estremo 2 come somma di due gruppi di spostamenti. Spostamenti che nascono a

causa dei carichi noti jP (Fig. 17.2a) e spostamenti che nascono per effetto delle rea-

zioni incognite 2 j

Q (Fig. 17.2b)

Fig. 17.2

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85

2 2 2e Q

j j ju u u (4.2)

Il primo vettore è un termine noto che potrebbe essere calcolato, trave per trave, tramite il Teorema della forza unitaria. Esso potrebbe pure contenere gli effetti deformativi sul secondo estremo prodotti anche da eventuali variazioni termiche agenti sulla trave. Il secondo vettore, invece, non può essere calcolato in quanto le reazioni

2 jQ sono delle

incognite. Tuttavia, per la legge di Hooke, possiamo esprimere 2Q

ju come proporzionale

a 2 j

Q

2 2

Qj j j

u F Q

La matrice

jF è quella che prende il nome di matrice di cedibilità dell’elemento trave.

Sostituendo nella (4.2) otteniamo l’equazione costitutiva dell’elemento generico trave

2 2 2j j j j

eu u F Q (5.2)

Le colonne della matrice

jF , per la solita defi-

nizione di matrice di proporzionalità, conten-gono gli spostamenti che nascono nel secondo estremo della nostra trave a sbalzo a causa delle caratteristiche della sollecitazione agenti nel medesimo estremo poste a turno una uguale ad 1 e le altre nulle. Calcoliamo una tantum la matrice

jF : per fa-

re ciò dobbiamo applicare il Teorema della Forza unitaria alle 3 strutture isostatiche di Fig.18.2 e trovare per ciascuna di esse i due spostamenti e la rotazione dell’estremo 2. As-sumendo a turno una struttura come reale e tut-

te e tre come ausiliarie, possiamo esprimere in forma generale le tre colonne della ma-trice

jF

1 1 1 2 1 3

0 0 0

2 1 2 2 2 3

0 0 0

3 1 3 2 3 3

0 0 0

l l l

l l l

j

l l l

S S dx S S dx S S dx

F S S dx S S dx S S dx

S S dx S S dx S S dx

(6.2)

Fig. 18.2

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86

I vari vettori Si contengono le tre caratteristiche della sollecitazione nella sezione gene-rica delle strutture 1), 2) e 3), mentre è la solita matrice di cedibilità del tronco uni-

tario di trave

1 2 3

1 0 0

0 1 0

0 1

S ; S ; S ;

x

Sostituendo nella 6.2 ed integrando otteniamo

00

3 2

0 0 0 0

2

00 0

0

11 1 0 0 0 0

1 10 1 0

3 2

10 1 1 1 02

ll

l ll l

j

l l ll

dxx

EA EA

dx dx x xF x x x

EJ EJ EJ EJ

dx dx x dxx xEJ EJ EJ EJ

Infine sostituendo i limiti d’integrazione

3 2

2

0 0

03 2

02

j

EA

FEJ EJ

EJ EJ

l

l l

l l

(7.2)

Ad ogni trave di una qualunque struttura intelaiata piana rimane associata una matrice di cedibilità che si ottiene numericamente sostituendo, asta per asta, le grandezze fisico-geometriche contenute nella 7.2.

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87

2.2.2.5 Equazione di equilibrio dell’asta generica Scriviamo le tre equazioni di equilibrio della nostra asta generica imponendo la nullità del risultante e del momento risultante delle forze agenti su di essa (Fig.19.2).

Fig. 19.2

1 2

1 2

1 1 2 2 2 1

0 0

0 0

0 0l

x

y

F ; N N Q cos

F ; T T Q sen P

M ; M M T Pd K Q sen d

(8.2)

Le equazioni 8.2 non sono delle equazioni generali che vanno bene per una qualunque asta di una qualunque struttura intelaiata piana, i termini noti sono stati calcolati in base ai carichi che abbiamo scelto, per quanto arbitrari, di applicare sulla nostra asta generi-ca. In una trave realmente generica i carichi non possono essere definiti, perché essi po-trebbero essere uno, nessuno, centomila. Come è possibile aggirare questo ostacolo? Con l’uso delle matrici e del Principio dei Lavori Virtuali. L’algebra matriciale ci con-sente di lavorare all’ingrosso, ci permette di definire qualunque tipo di relazione lavo-rando con dei contenitori generici di cui non è necessario specificarne il contenuto se non nell’istante in cui si vuole operare a livello numerico. Esiste uno strumento che ci consente di scrivere le equazioni fondamentali della mec-canica usando solo queste scatole dal contenuto indefinito? Lo strumento esiste ed è proprio il Principio del Lavori Virtuali. Ricordiamo che per scrivere le equazioni di e-quilibrio con il P.LL.VV. dobbiamo assegnare al corpo degli spostamenti rigidi infinite-simi, arbitrari e compatibili con i vincoli (spostamenti virtuali), calcolare il lavoro che ne consegue ed eguagliarlo a zero. Gli scatoloni che contengono tutte le forze che possono agire su una trave generica li

abbiamo già definiti e sono 1 2

e jj jQ , Q P (come è stato detto in precedenza il contenu-

to di jP può variare per ogni asta), gli spostamenti rigidi dei punti di applicazione di tali

forze sono 1 2j j Rjru , u ,u (il vettore Rju è definito esattamente come ju , ma esso con-

tiene soltanto gli spostamenti rigidi dei punti di applicazione dei carichi), il lavoro si e-sprime

1 21 2 jj j Rjj j

rL Q u Q u P u (9.2)

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88

Le forze sono in equilibrio se, imponendo la compatibilità di moto rigido degli sposta-menti, il lavoro viene uguale a zero. In un sistema rigido sappiamo che si possono asse-gnare arbitrariamente soltanto i parametri di Lagrange, cioè tanti spostamenti, o rotazio-ni, indipendenti quanti sono i gradi di libertà del corpo. Tutti gli altri eventuali sposta-menti sono dipendenti da essi e si possono esprimere come prodotto di una matrice di compatibilità per il vettore dei parametri di Lagrange. Se si assume 1 ju come vettore dei

parametri lagrangiani gli altri due, per rispettare la compatibilità, devono essere espressi in funzione di questi

2 1 1 j j Rj jj j

ru H u ; u H u (10.2)

Sostituendo le 10.2 nella 9.2 e ponendo il lavoro uguale a zero si ottiene

1 1 11 2

0 jj j jj jj jQ u Q H u P H u

Mettendo 1 ju a fattore comune

11 2

0 j jj jj jQ Q H P H u

Affinché le forze siano in equilibrio il prodotto del vettore riga7 entro parentesi per il vettore colonna 1 ju deve essere nullo. Il prodotto è nullo se uno dei due vettori è nullo,

oppure se i due vettori sono ortogonali ( i loro elementi ad es. alternativamente ed in modo sfalsato sono uno zero e l’altro diverso da zero). Poiché i parametri lagrangiani sono arbitrari deve necessariamente essere nullo il vettore riga entro parentesi, cioè

1 20jj jj j

Q Q H P H

Trasponiamo ambo i membri

1 20

T T

jj jj jQ Q H P H

Ricordando che la trasposta di una somma è uguale alla somma delle trasposte e che la trasposta di un prodotto è uguale al prodotto delle trasposte scambiate di posizione, si ottiene

1 2

0jj jj jQ H Q H P

(11.2)

7 Per le regole dell’ algebra matriciale una matrice colonna, affinché il prodotto sia conforme, può esse-re premoltiplicata soltanto per una matrice riga

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89

La 11.2 rappresenta, in forma generale matriciale, le equazioni di equilibrio di una qua-lunque trave comunque caricata e vincolata agli estremi. Si tratterà poi, all’atto operati-vo, di particolarizzare tale equazione per ogni asta sostituendo all’interno delle scatole

jP ed j

H i valori opportuni.

La matrice di compatibilità j

H si costruisce esattamente come la j

H e gli spostamenti

dipendenti da inserire in ogni colonna sono quelli delle sezioni caricate. Essa è formata da tanti blocchi sovrapposti 3x3 che hanno esattamente lo stesso contenuto della

jH ,

salvo ad avere, al posto di l, la distanza dall’estremo 1 delle singole sezioni caricate.

Per i carichi di Fig. 19.2 la matrice j

H ed il vettore jP sono i seguenti

Esercizio 2.2 Data la trave di Fig. 20.2 scrivere le equazioni di equilibrio in forma matriciale tramite la relazione (11.2):

Fig. 20.2 Svincoliamo la struttura e sostituiamo i vincoli con le rispettive reazioni, quindi riem-piamo le varie matrici contenute nell’equazione di equilibrio.

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90

1 2

β

βsenα

0cosα

00 0

0

A B

A B

P cos

PsenR H

Q R ; Q V ; P*

qa

1 0 0

0 11 0 0 0 0 10 1 2 1 0 00 0 1 3

0 12

0 0 1

a

H a b ; H*

a b

Sviluppando i prodotti a primo membro della 11.2 si ottiene

senα cosβ 0

cosα senβ 0

0 2 03senβ

2

A B

A B

B

R H P

R V P qa

V a bP a qa a b

Sommando i termini a primo membro si perviene all’eguaglianza

senα cosβ 0

cosα senβ 0

032 senβ

2

A B

A B

B

R H P

R V P qa

V a b P a qa a b

Le due matrici colonna sono uguali soltanto se i termini omologhi sono uguali, cioè se

senα cosβ 0

cosα senβ 0

32 senβ 0

2

A B

A B

B

R H P

R V P qa

V a b P a qa a b

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91

Come si vede si sono ottenute le tre equazioni di equilibrio per i moti assoluti della tra-ve assegnata. Equazione costitutiva completa dell’asta generica in termini di rigidezze

Poiché il nostro fine ultimo, una volta effettuato l’assemblaggio e trovate le relazioni generalizzate dell’intera struttura, sarà quello di applicare tali relazioni nell’ambito del Metodo degli Spostamenti, conviene scrivere fin dall’inizio le equazioni costitutive dell’asta esprimendo le grandezze meccaniche incognite in funzione delle grandezze ci-nematiche, cioè adoperando come costanti di proporzionalità le rigidezze al posto delle cedibilità. Scriviamo le 3 equazioni generalizzate dell’elemento finito asta

2 1 2

2 2 2

1 20

j j jj

j j j j

jj jj j

e

e

u H u u

u u F Q

Q H Q H P

Sostituiamo la seconda equazione nella prima

2 1 2 2

1 20

j j jj j j

jj jj j

u H u u F Q

Q H Q H P

(12.2)

Le grandezze meccaniche incognite che agiscono sull’elemento generico sono le rea-zioni di estremità

1 2e

j jQ Q . Risolviamo con il metodo di eliminazione di Gauss il si-

stema 12.2 rispetto a queste incognite. Troviamo

2 jQ dalla prima equazione e sostituiamone il valore nella seconda

12 1 22 j j jj jj

Q F u H u u (13.2)

12 1 21

0jj j jj j j jjQ H F u H u u H P

Risolviamo la seconda equazione rispetto a

1 jQ

12 1 21 jj j jj j j jj

Q H F u H u u H P (14.2)

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92

Sviluppiamo i prodotti all’interno della 14.2 e all’interno della 13.2 ed ordiniamo i vari

termini mettendo prima gli spostamenti dell’estremo 1 1 ju , poi gli spostamenti

dell’estremo 2 2 ju e a seguire i termini noti dipendenti dai carichi

1 1 11 2 21

1 1 11 2 22

jj j jj j j j j j j jj

j j jj j j jj

Q H F H u H F u H F u H P

Q F H u F u F u

(15.2)

Chiamiamo

11D il coefficiente di 1 ju nella espressione di

1 jQ ,

12D il coefficiente di 2 ju

nella espressione di 1 j

Q e infine chiamiamo con 1 j

Q il termine noto nell’espressione

di1 j

Q (gli indici dei vari termini hanno un significato mnemonico). Analogamente

Chiamiamo 21

D il coefficiente di 1 ju nella espressione di 2 j

Q , 22

D il coefficiente di

2 ju nella espressione di 2 j

Q e infine chiamiamo con 2 j

Q il termine noto nell’espressione

di 2 j

Q . Le 15.2 si semplificano nelle

1 211 121 1

1 221 222 2

j jj jj j

j jj jj j

Q D u D u Q

Q D u D u Q

(16.2)

Le 16.2 sono quelle che si chiamano equazioni costitutive complete dell’elemento in termini di rigidezze8. L’algebra matriciale, con un meccanismo simile a quello delle scatole cinesi, ha il potere di sintetizzare le 16.2 in una sola relazione. Ponendo

1 1 11 121

2 21 222 2

j j j jj

j jj jj j jj j

Q Q D DuQ ; u ; Q ; D

uQ D DQ

Le 16.2 si riducono alla sola

jjj jQ D u Q (17.2)

8 Il termine complete si riferisce al fatto che queste equazioni costitutive inglobano tutte le caratteristiche meccaniche e cinematiche dell’asta e al loro interno sono contenute tutte e 3 le relazioni caratteristiche dell’elemento trave.

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93

Le matrici 11 22

e j j

D D prendono il nome di matrici di rigidezza parziali dirette

dell’elemento trave, mentre le matrici 12 21

e j j

D D , che, come vedremo, sono l’una la

trasposta dell’altra, prendono il nome di matrici di rigidezza parziali indirette. La ma-trice a blocchi

jD è, invece, la matrice di rigidezza completa dell’elemento finito trave.

Calcolo delle matrici di rigidezza dell’elemento finito trave Conviene calcolare una tantum (così come è stato fatto per la matrice di cedibilità) anche le matrici di rigidezza. In base alle posizioni effettuate in precedenza, la matrice di rigidezza

22

jD è stata definita come la matrice inversa della matrice di cedibilità

jF .

Se si procede all’inversione di tale matrice si ottiene

1

3 222

2

0 0

12 60

6 40

l

l l

l l

j

EA

EJ EJF D

EJ EJ

Eseguendo adesso i prodotti 22j j j

H D H , 22j j

H D ,22 j j

D H si ottengono le altre ma-

trici di rigidezza 11 12 21

e j j j

D , D D . Si sottolinea che 22 22

T

j j j jD H H D

3 211

2

0 0

12 60

6 40

l

l l

l l

j

EA

EJ EJD

EJ EJ

; 3 212 21

2

0 0

12 60

6 20

l

l l

l l

j j

EA

EJ EJD D

EJ EJ

Significato fisico dell’equazione costitutiva completa dell’elemento Le equazioni 16.2 sono state ottenute algebricamente a partire dalle tre equazioni ge-neralizzate dell’elemento finito asta, adesso cercheremo di capirne il significato fisico. A primo membro si trovano le reazioni di estremità, a secondo membro notiamo la somma di tre termini. Poiché in Fisica non è possibile sommare i proverbiali cavoli con patate, non c’è dubbio che ciascuno dei tre termini a secondo membro deve rappresen-tare un’aliquota delle medesime reazioni di estremità sotto condizioni diverse. C’è lo zampino del principio di sovrapposizione degli effetti. Se poniamo 1 0ju e 2 0ju le 16.2 si riducono alle

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94

1 1

2 2

j j

j j

Q Q

Q Q

le quali ci dicono che i termini 1 j

Q e 2 j

Q non sono altro che le reazioni che nascono alle

due estremità dell’elemento generico trave quando gli spostamenti delle sue sezioni di estremità vengono soppressi, cioè quando esse sono incastrate (Fig. 21.2).

Fig. 21.2

I termini 1 j

Q e 2 j

Q prendono il nome di reazioni d’incastro perfetto o reazioni di vinco-

lo rigido e dipendono dalle azioni note presenti sull’elemento9. In una qualunque strut-tura tali reazioni andranno calcolate asta per asta. Ciascuna trave va isolata dal contesto, incastrata alle due estremità e trattata con il Metodo delle Forze10 in quanto 3 volte iper-statica11.

Se poniamo 1 2 1 20 0 0 0j ju , u , Q , Q le 16.2 si riducono alle

1111

1212

jjj

jjj

Q D u

Q D u

Le quali ci dicono che i termini 111 jj

D u e 121 jjD u non sono altro che le forze che na-

scono alle due estremità dell’elemento generico trave quando la sezione dell’estremo 2 è incastrata, non si considera alcuna azione nota sull’elemento12 e si impone alla sezione dell’estremo 1 di spostarsi di 1 ju (Fig.22.2).

9 Tali azioni possono essere sia di natura meccanica (forze o momenti), sia di natura termica che di natura distorcente (ammaccature varie). 10 In realtà, poiché i carichi che possono agire su una trave si riducono soltanto a poche tipologie, è possi-bile trovare nei manuali tecnici tali reazioni già calcolate e tabellate. 11 L’uso del Metodo delle forze si riduce quindi a strumento per il calcolo delle reazioni vincolari di si-stemi iperstatici semplici. 12 Affermare che le reazioni di incastro perfetto sono nulle significa affermare che sono nulle anche le a-zioni note che agiscono sulla trave

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95

Fig. 22.2

Adesso dobbiamo chiarire alcuni concetti nuovi: si vogliono calcolare delle azioni mec-caniche che nascono in conseguenza dell’applicazione di certe azioni cinematiche. E’ un modo insolito di vedere le cose, normalmente per noi le cause sono le azioni meccani-che e gli effetti quelle cinematiche, qui si vuole affermare il contrario. In ogni relazione di tipo biunivoco è indifferente considerare uno dei due termini come indipendente o dipendente, dal punto di vista psicologico no. Allora per migliorare la comprensione ri-formuliamo il problema in questi termini: data la trave generica incastrata in 2 e libera in 1, priva delle azioni note che agiscono su di essa, trovare quelle particolari forze che applicate all’estremo 1 causano degli spostamenti generalizzati (spostamenti e rotazioni) il cui valore è assegnato a priori e vale 1 ju . Queste particolari forze rappresentano il

termine 111 jjD u . Note che siano queste forze, in corrispondenza dell’incastro nascono

delle reazioni che rappresentano proprio il termine 121 jjD u (Fig.23.2).

Fig. 23.2

Infine se poniamo 2 1 1 20 0 0 0j ju , u , Q , Q le 16.2 si riducono alle

2121

2222

jjj

jjj

Q D u

Q D u

Le quali ci dicono che i termini 212 jj

D u e 222 jjD u non sono altro che le forze che na-

scono alle due estremità dell’elemento generico trave quando la sezione dell’estremo 1 è incastrata, non si considera alcuna azione nota sull’elemento e si impone alla sezione dell’estremo 2 di spostarsi di 2 ju (Fig.24.2).

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96

Fig. 24.2

Ovvero data la trave generica incastrata in 1 e libera in 2, priva delle azioni note che a-giscono su di essa, occorre trovare quelle particolari forze che applicate all’estremo 2 causano degli spostamenti generalizzati il cui valore è assegnato a priori e vale 2 ju .

Queste particolari forze rappresentano il termine 222 jjD u . Note che siano queste forze,

in corrispondenza dell’incastro nascono delle reazioni che rappresentano proprio il ter-mine 212 jj

D u (Fig. 25.2).

Fig. 25.2

Ricapitolando, l’equazione costitutiva completa dell’elemento trave dice che le caratte-ristiche della sollecitazione che nascono alle estremità delle aste, in una qualunque strut-tura intelaiata piana, dipendono delle azioni note applicate direttamente sulle aste e da-gli spostamenti che subiscono le sezioni di estremità a causa della deformazione della struttura. Significato fisico degli elementi della matrice di rigidezza completa dell’elemento Vediamo adesso il significato fisico dei vari termini contenuti all’interno della matrice

di rigidezza j

D . Se nella 17.2 poniamo 0j

Q , cioè consideriamo la trave priva delle

azioni note che agiscono su di essa, otteniamo

jj jQ D u (18.2)

La matrice

jD è una matrice di proporzionalità e come tale le sue colonne hanno sempre

il solito significato, esse contengono il valore che assumono le variabili dipendenti quando a quelle indipendenti si dà a turno ad una valore unitario ed alle altre zero. Poi-ché nella 18.2 le variabili indipendenti sono gli spostamenti delle due sezioni di estremi-

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97

tà della trave generica e quelle dipendenti sono le reazioni nelle medesime sezioni di e-stremità possiamo dire che Le colonne della matrice di rigidezza completa dell’elemento rappresentano le forze che nascono alle due estremità della trave quando agli spostamenti generalizzati delle medesime sezioni di estremità si assegna a turno ad uno valore unitario ed agli altri ze-ro. Consideriamo la nostra trave scarica e perfettamente incastrata alle due estremità, cioè

partiamo dalla condizione 0j

Q e 0j

u .

Adesso trasformiamo l’incastro in 1 in pattino a scorrimento orizzontale ed applichiamo una forza positiva nella direzione del piano di scorrimento tale da produrre un sposta-mento unitario (Fig. 26.2)

Fig. 26.2

Le reazioni del pattino in 1 saranno nulle, mentre l’incastro in 2 avrà soltanto una rea-zione orizzontale uguale e contraria alla forza applicata. Le 6 forze di estremità saranno proprio quelle della prima colonna della matrice

jD .

Adesso trasformiamo l’incastro in 1 in pattino a scorrimento verticale ed applichiamo una forza positiva nella direzione del piano di scorrimento tale da produrre un sposta-mento unitario (Fig.27.2)

Fig. 27.2

Il pattino in 1 reagirà solo con una coppia, mentre l’incastro in 2 reagirà con una forza verticale uguale e contraria alla forza applicata ed una coppia. Le 6 forze di estremità saranno proprio quelle della seconda colonna della matrice

jD .

0

0

0

0

l

l

EA

EA

3

2

3

2

12

6

12

6

0

0

l

l

l

l

EJ

EJ

EJ

EJ

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98

Adesso trasformiamo l’incastro in 1 in cerniera fissa ed applichiamo una coppia positiva tale da produrre una rotazione unitaria (Fig.28.2) Fig. 28.2

La cerniera in 1 reagirà solo con una forza verticale, mentre l’incastro in 2 reagirà con una forza verticale ed una coppia. Le 6 forze di estremità saranno proprio quelle della terza colonna della matrice

jD .

Adesso trasformiamo l’incastro in 2 in pattino a scorrimento orizzontale ed applichiamo una forza positiva nella direzione del piano di scorrimento tale da produrre un sposta-mento unitario (Fig.29.2)

Fig. 29.2

Le reazioni del pattino in 2 saranno nulle, mentre l’incastro in 1 avrà soltanto una rea-zione orizzontale uguale e contraria alla forza applicata. Le 6 forze di estremità saranno proprio quelle della quarta colonna della matrice

jD .

Adesso trasformiamo l’incastro in 2 in pattino a scorrimento verticale ed applichiamo una forza positiva nella direzione del piano di scorrimento tale da produrre un sposta-mento unitario (Fig.230.2)

2

2

6

4

6

2

0

0

l

l

l

l

EJ

EJ

EJ

EJ

0

0

0

0

l

l

EA

EA

3

2

3

2

12

6

12

6

0

0

l

l

l

l

EJ

EJ

EJ

EJ

Fig. 30.2

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99

Il pattino in 2 reagirà solo con una coppia, mentre l’incastro in 1 reagirà con una forza verticale uguale e contraria alla forza applicata ed una coppia. Le 6 forze di estremità saranno proprio quelle della quinta colonna della matrice

jD .

Infine trasformiamo l’incastro in 2 in cerniera fissa ed applichiamo una coppia positiva tale da produrre una rotazione unitaria (Fig.31.2)

Fig. 31.2

La cerniera in 2 reagirà solo con una forza verticale, mentre l’incastro in 1 reagirà con una forza verticale ed una coppia. Le 6 forze di estremità saranno proprio quelle della sesta colonna della matrice

jD .

Nel seguito è visualizzata la matrice

jD al completo

2

2

6

2

6

4

0

0

l

l

l

l

EJ

EJ

EJ

EJ

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100

Esercizio 3.2 Data la struttura di Fig. 32.2 trovare per ciascun asta il vettore jP e le matrici di com-

patibilità j

H e j

H . Segniamo su ciascun asta, arbitrariamente, il verso positivo

dell’asse locale x. L’asse y si ottiene sempre ribaltando l’asse x in senso antiorario. Il verso positivo dell’asse x serve, anche, per individuare quali sono gli estremi 1 e 2 di ciascuna trave.

22

2 1

1 0 01 0 0 1 0 0

20 1 0 1 2 0 1

cos0 0 1 0 0 1

0 0 1

1 0 0 1 0 0

0 1 2 0 1

0 0 1 0 0 1

a c b d

e f

H H ; H ; H ;

H tan ; H ;

lh l

l l

Le matrici di compatibilità j

H per le aste a e b non sono definite in quanto su queste

travi non esistono carichi noti applicati. Per i restanti elementi finiti, la matrice j

H è

sempre una 3x3 in quanto, in questo caso, per ogni trave esiste una sola sezione caricata.

2

2

1 2

1 1

00 0

0 02

0 00

0 sen

cos

0 0

0

0

h

l

a b c

d e

f

qP ; P ; P

P

P P ; P P ;

P q ;

Fig. 32.2

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101

2 12

1 0 0 1 0 01 0 01 0 0

0 1 0 1 0 1 0 13 cos 2

0 0 10 0 10 0 1 0 0 1

c d e fH ; H ; H tan ; H ;

l lhl

Esercizio 4.2 Data la struttura di Fig. 33.2 trovare per ciascun asta il vettore delle reazioni

d’incastro perfetto j

Q . Isoliamo le varie travi ed incastriamole perfettamente alle due

estremità, quindi calcoliamo le reazioni vincolari.

Fig. 33.2 Le reazioni di vincolo rigido sono nulle per le travi a e b in quanto su di esse non agisce alcuna azione in grado di attivare le reazioni di estremità

1

1 1 11

1 1 11

1

2 2 22

2 2 22

0 0 00

0

0

0 0 00

0

0

a b c d e f

N

T T TT

M M MMQ Q ; Q ; Q ; Q ; Q

N

T T TT

M M MM

(19.2)

Per esplicitare i valori generici contenuti nelle 19.2 si può agire secondo due modalità: si cerca nei manuali tecnici se esistono, già tabellati (Fig.34.2), i valori delle reazioni di una trave doppiamente incastrata con le medesime condizioni di carico, oppure, in man-canza, si deve procedere alla soluzione della trave 3 volte iperstatica con il Metodo delle Forze.

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102

Fig. 34.2

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103

Esercizio 5.2

Calcolare direttamente i valori della 5^ colon-

na della matrice di rigidezza j

D .

Il valore degli elementi della matrice di rigi-dezza completa dell’elemento sono stati calco-lati in forma indiretta, per via algebrica, a par-

tire dall’inversa della matrice di cedibilità j

F .

Adesso si vuole esplorare la possibilità di cal-colare direttamente tali valori a partire dal loro significato fisico. Sappiamo che la 5^ colonna

della j

D contiene le forze che dobbiamo ap-

plicare in corrispondenza dell’estremo 2 per far si che esso si sposti orizzontalmente di ze-ro, verticalmente di 1 e non ruoti e le relative reazioni che nascono in corrispondenza dell’estremo 1.

Le matrici di rigidezza dirette contengono sempre le forze che vanno applicate ad un e-stremo per farlo spostare di quantità unitarie e nulle, mentre le matrici di rigidezza indi-rette contengono le reazioni all’altro estremo a tali forze. Consideriamo la trave di Fig.35.2 incastrata in 1 e libera in 2. Applichiamo in 2, nella direzione positiva degli assi locali, le tre forze incognite N2, T2, M2 e calcoliamo con il Teorema della Forza unitaria i tre spostamenti del medesimo estremo 2 xu , 2 2e yu .

Ponendoli rispettivamente uguali a zero, ad uno e nuovamente a zero si ottiene un si-stema di 3 equazioni in 3 incognite che risolto fornisce i primi valori cercati.

12

2

2 1 2 32 2

2 2

32

0

1 0 0

1 0 1 0

0 1

0

l

l

l

ox

o

o oy

o

o

o

u S S dx ;

N

u S S dx ; S T ; S ; S ; S ;

T x M x

S S dx ;

Sostituendo i valori ed integrando

Fig. 35.2

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104

2 22 2 0

3 2

2 22 2 2 2

0

2

22 2 22 2

0

101 0

11 1

3 2

11 0 02

ll

ll

l l

xx

o

y y

o

o

dxu N x ;u N ;

EAEA

T x M xdxu x T x M ; u ;

EJ EJ

dx T xT x M ; M x ;EJ EJ

Sostituendo i limiti d’integrazione

2

3 22 2

22 2

0

13 2

02

l

l l

l l

N

EA

T M;

EJ EJ

T M

EJ EJ

Dalla prima equazione si ottiene

2 0N

Dalla seconda equazione otteniamo

22 3

33

2l l

MEJT

Sostituendo nella terza

22 2

3

330

2 2

lll l

M MEJ

EJ EJ; 23

042

ll

M;

EJ 2 2

6

l

EJM

Sostituendo all’indietro

2 3 2 3 3

3 3 6 3 9

2l l l l l

EJ EJ EJ EJT

2 3

12

l

EJT

Abbiamo trovato il valore delle forze che applicate nell’estremo 2 lo fanno spostare sol-tanto verticalmente di 1. Se adesso scriviamo le equazioni di equilibrio, possiamo trova-re le reazioni all’estremo 1 (Fig.36.2).

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105

1

1 3

1 13 2

0 0

120 0

12 60 0

l

ll l

x

y

F ; N

EJF ; T

EJ EJM ; M

Da cui

1 3

1 2 2 2

12

6 12 6l

l l l

EJT

EJ EJ EJM

Ritroviamo esattamente gli stessi valori della 5^ colonna ottenuti con il metodo indiret-to.

Fig. 36.2

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106

Equazione costitutiva della struttura sconnessa In una qualunque struttura intelaiata piana, sconnessa in n travi, è possibile scrivere n equazioni costitutive complete, una per ogni asta

aaa a

bbb a

nnn n

Q D u Q

Q D u Q

.........................

Q D u Q

(2.2)

Ricordiamo che ogni equazione costitutiva completa contiene tutte le informazioni, in termini di equilibrio e compatibilità, che legano le grandezze meccaniche e cinematiche dell’elemento finito generico. Le 2.2 pertanto sono rappresentative del comportamento di tutte le travi della struttura. L’algebra matriciale consente un’ultima magia, un’ultima sintesi, che è quella di e-sprimere in un sol colpo tutte queste relazioni semplicemente eliminando gli indici iden-tificativi delle varie aste

Q D u Q (3.2)

La 3.2 è la così detta equazione costitutiva della struttura sconnessa e la matrice D è la

matrice di rigidezza della struttura sconnessa.

I vettori Q, u, Q sono dei vettori a blocchi che contengono a loro volta degli altri vet-

tori a blocchi.

11

1

22 2

1 11

22 2

11

12

22

aa

a

aa aaa a

b bbbb b

bb b

nn nnn

nn

nn

QQu

QQ u QQ uQ QuQ u Q

Q ; u ; QuQ Q...... ......... ...uQ QuQ QuQ

Q

;

La matrice D è una matrice diagonale a blocchi che contiene sulla diagonale principale

le matrici di rigidezza complete j

D di ciascun asta, che a loro volta, in questo gioco di

scatole cinesi (o di matrioska che dir si voglia), sono delle altre matrici a blocchi che contengono ciascuna le 4 matrici di rigidezza parziali di ogni elemento.

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107

11 12

21 22

11 12

21 22

11 12

21 22

0 0 0 0

0 0 0 00 0

0 0 0 00 0

0 0 0 0

0 00 0 0 0

0 0 0 0

a a

a a

b b

b b

n n

n n

a

b

n

D D .

D D .D .

D D .D .

D D D .. . . .

. . . . . . .. D

. D D

. D D

2.2.3 Studio del nodo generico

Per i nodi occorre ripetere il medesimo ragionamento effettuato per le aste. Isolare un nodo generico, definire un sistema di riferimento locale, definire le grandezze meccani-che e cinematiche che interessano ciascun nodo e scrivere le relazioni che le legano. Poiché i nodi per principio si ipotizzano rigidi, indeformabili, per essi non sarà più ne-cessario definire le equazioni costitutive in quanto non esiste più alcuna relazione di causa ed effetto tra grandezze meccaniche e cinematiche. Qualunque sia l’intensità del-le azioni meccaniche la deformazione del nodo sarà sempre nulla.

Si consideri il nodo generico di Fig.37.2 identificato con la lettera K. Contrariamente alle aste, non c’è alcun vantaggio, nella scrittura delle varie relazioni, ad assumere un sistema di riferimento diverso per ogni nodo, pertanto il sistema di riferimento locale dei nodi sarà unico e coincidente con il sistema di riferimento generale. Tutte le nuove grandezze associate ai nodi verranno sem-pre identificate da un apice (‘) apposto al simbolo che le rappresenta, ciò anche per sottolineare che tali grandezze so-no tutte riferite al sistema di assi generali.

Il nodo possiede un certo numero di sezioni di attacco, che erano quelle sezioni in cui, prima della discretizzazione, convergevano le aste. Ciascuna sezione d’attacco resta in-dividuata univocamente da una coppia di indici ij. Il primo indice può essere 1 o 2, mentre il secondo indice è quello identificativo della trave che vi converge. Così parle-remo di sezione di attacco dell’estremo 1 dell’asta j, oppure di sezione d’attacco dell’estremo 2 dell’asta j. Grandezze meccaniche Sul nodo agiscono delle azioni che sono proprie del nodo, i carichi nodali, e delle a-zioni ereditate, che sono le caratteristiche della sollecitazione che arrivano al nodo dalle varie aste che vi convergono. Tali caratteristiche della sollecitazione sono tante quante sono le sezioni di attacco del nodo e sono sempre quelle che abbiamo già definito per gli estremi delle aste, ma cambiate di segno per il principio di azione e reazione

ijQ .

Le azioni meccaniche note che agiscono su un nodo possono sempre essere ricondotte,

Fig. 37.2

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108

per il principio di riducibilità, ad una forza ed una coppia, pertanto esse possono sempre essere contenute all’interno di un vettore colonna in cui vanno inserite le due compo-nenti della forza rispetto agli assi locali nodo x’, y’ (generali) e la coppia (asse z’). Ricapitolando, le grandezze meccaniche relative ad un nodo generico sono le forze note

kF ' applicate eventualmente su di esso e tanti vettori ij

Q quante sono le sue sezioni di

attacco

ij ijkx

k ky ij ijij ij

k ij ij

N NF'

F' F' ; Q T , .........., Q T

M' M M

Grandezze cinematiche Analogamente a quanto fatto per l’asta generica, si assumono come grandezze cine-matiche rilevanti gli spostamenti dei punti di applicazione delle forze, cioè le due trasla-zioni e la rotazione del nodo K e le traslazioni e la rotazione di ciascuna delle sezioni di attacco ij, sempre valutate secondo la direzione positiva degli assi locali del nodo (Fig.38.2)

s' s'

s s' s s'

ijx ijxkx

k ky ij ijy ij ijy

k ij ij

'

' ' ; ' , ......., '

' ' '

Equazione di compatibilità del nodo generico Il nodo è un corpo rigido che possiede nel piano 3 gradi di libertà, quindi solo 3 spo-stamenti generalizzati indipendenti possono essere assunti come parametri di Lagrange, tutti gli altri sono dipendenti. Se si assume come vettore dei parametri lagrangiani lo spostamento del nodo k' , tutti gli spostamenti s ij' delle sezioni di attacco devono esse-

re espressi in funzione di esso tramite una matrice di compatibilità ijB'

ij ij k' B' 's (22.2)

Le colonne della matrice di compatibilità della sezione d’attacco generica ij contengono gli spostamenti generalizzati, secondo gli assi generali, che subisce la medesima sezione

Fig. 38.2

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109

per effetto degli spostamenti k' , sempre in assi generali, posti a turno uno di valore 1 e

gli altri 0. Se si disegna il nodo generico considerando le dimensioni effettive della struttura di partenza, le varie sezioni di attacco avranno dal centro del nodo una certa eccentricità eij (Fig.39.2). Nella stessa figura sono riportati i cinematismi fondamentali per il calcolo della matrice

ijB' .

Fig. 39.2

A ciascun nodo restano, associate tante equazioni di compatibilità (22.2), quindi tante matrici ijB' , quante sono le sue sezioni di attacco.

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110

Equazione di equilibrio del nodo generico Il nodo isolato di Fig.37.2 deve essere in equilibrio sotto l’azione dei carichi diretta-mente applicati e sotto l’azione degli n gruppi di caratteristiche della sollecitazione che le estremità delle aste trasmettono, cambiate di segno, alle sezioni d’attacco del nodo stesso. Qui esiste una prima difficoltà: mentre tutte le grandezze meccaniche e cinema-tiche relative all’asta generica erano tutte riferite al medesimo sistema di riferimento (sistema di riferimento locale dell’asta), kF ' e gli n vettori

ijQ sono, invece, riferiti

ciascuno ad un sistema di riferimento diverso: il primo al sistema di riferimento locale dei nodi (sistema generale), gli altri al sistema di riferimento locale dell’asta di prove-nienza. Inoltre il numero di grandezze meccaniche coinvolte varia da nodo a nodo e di-pende dalle aste convergenti. Ciò fa si che non è possibile scrivere un’equazione di e-quilibrio generalizzata a partire dal nodo generico e valida per tutti i nodi (come è stato fatto per le travi) ma si devono considerare i nodi nel loro insieme. Equazione di compatibilità dei nodi In vista della scrittura delle equazioni di equilibrio in forma globale, conviene riformu-lare l’equazione di compatibilità definita in precedenza generalizzandola a tutti i nodi

della struttura. Si cominci con l’inglobare tutte le grandezze cinematiche all’interno dei vet-tori a blocchi ' ed s'

Il vettore ' al suo interno è

ordinato in base ai nodi, men-tre il vettore s' è ordinato se-condo le aste: le sezioni di at-tacco sono sempre uguali al numero delle aste per due. Fatte queste posizioni, tutte le equazioni di compatibilità 22.2 possono essere, con rife-rimento alle sezioni di attacco di tutti i nodi, definite nel mo-do seguente

' B' 's (23.2)

La matrice a blocchi B' è la

matrice di compatibilità dei nodi della struttura e può esse-re riempita direttamente in ba-se alle modalità di connessione tra aste e nodi. Essa è una spe-cie di manuale di istruzioni per

1

1

1

2

2

1

2

1

2

1

2

ax

ay

a

ax

Ax

Ay

aA

aA aBx

bB bBx

bB

nNn

Nxn

Ny

N

'

'

''

''' '''

' ''' ; ' '

..........

'....''

''

'

'

s

ss

ss

s s

ss

s

s's'

s's'

2

1

1

1

2

2

2

1

1

1

2

2

2

ay

a

bx

by

b

bx

by

b

nx

ny

n

nx

ny

n

'

'

'

....

'

'

s's'

s's'

s's'

s's'

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111

il rimontaggio della struttura a partire dai suoi elementi base. La matrice B' ha tante righe a blocchi quante sono le sezioni di attacco (2 x aste) e tan-

te colonne a blocchi quanti sono i nodi interni della struttura (quelli esterni incastrati non vengono considerati in quanto per loro il vettore k' è sempre nullo). Al suo interno

vanno collocate le matrici ijB' delle varie sezioni d’attacco rispettando le seguenti rego-

le. In ogni colonna (cui è associato un particolare nodo della struttura) vanno inserite le matrici ijB' in corrispondenza delle sezioni d’attacco che fanno parte del nodo stesso,

matrici nulle 3x3 nelle altre caselle. Proviamo a costruire direttamente la matrice B' per la struttura di Fig.40.2. Le righe a

blocchi sono 10, mentre le colonne a blocchi sono 3. Nel nodo A convergono l’asta b con l’estremo 2, l’asta d con l’estremo 1 e l’asta e con l’estremo 1. Nella prima colonna inseriremo in corrispondenza delle sezioni d’attacco su menzionate le rispettive matrici di compatibilità 2bB' , 1dB' e 1eB' .

Nel nodo B convergono l’asta a con l’estremo 2, l’asta c con l’estremo 1 e l’asta e con l’estremo 2. Nella seconda colonna inseriremo in corrispondenza delle sezioni d’attacco su menzionate le rispettive matrici di compatibilità 2aB' , 1cB' e 2eB' .

Nel nodo C converge la sola asta c con l’estremo 2. Nella terza colonna inseriremo in corrispondenza della sezione d’attacco su menzionata la rispettiva matrice di compa-tibilità 2cB' .

In base alla tecnologia costruttiva in una struttura intelaiata i nodi possono avere di-mensioni trascurabili oppure no. In Fig. 41.2 viene illustrato un incrocio trave co-lonna realizzato con elementi di diversa ge-

Fig. 40.2

Fig. 41.2

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F. Cucco – Lezioni di Scienza delle costruzioni

112

ometria. Quando le dimensioni dei nodi possono essere considerate trascurabili rispetto alle lun-ghezze delle travi, i vari bracci eij possono porsi uguali a zero e la matrice di compatibi-lità i jB' si riduce ad una matrice unità I . La matrice a blocchi B' , quando i nodi si

considerano infinitesimi e quindi contiene solo matrici unità, viene anche chiamata ma-trice di connessione: avendo perduto tutte le informazioni relative alla geometria dei nodi, le uniche informazioni che rimangono al suo interno si limitano ad indicare come connettere le aste ai nodi in modo coretto. La disposizione delle matrici i jB' all’interno

della matrice a blocchi B' è legata alla scelta dell’orientamento dell’asse locale x che è

del tutto arbitraria. Equazione di equilibrio dei nodi Le azioni meccaniche che agiscono su tutti i nodi della struttura possono essere imma-gazzinate nei seguenti vettori a blocchi: il vettore F' al suo interno è ordinato in base ai

nodi, mentre il vettore Q è ordinato secondo le aste ed è il medesimo vettoreQ , cam-

biato di segno, che compare nella equazione costitutiva della struttura (3.2).

1

1

1

2

2

1

2

1

2

1

2

a

a

a

a

aAx

Aya

Aa

aA Bxb

B Bx b

bB

N n

nNx

nNy

N

N

T

M

N

TF'

F' Q

M' QQF' F' QQF' F'

F' ; Q Q.... M ...

...F ' .... QQF'QF'

N'

2

1

1

1

2

2

2

1

1

1

2

2

2

a

b

b

b

b

b

b

n

n

n

n

n

n

M

N

T

M

N

T

M

....

N

T

M

N

T

M

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113

Ancora una volta per scrivere le equazioni di equilibrio in forma generale matriciale ri-corriamo al P.LL.VV. Per un qualunque insieme di spostamenti arbitrari ' e s' le for-

ze compiono il seguente lavoro arbitrario

L F' ' Q ' s (24.2)

Cominciamo ad osservare che la 24.2 contiene un errore madornale. I due vettori a blocchi F' e ' possono regolarmente moltiplicarsi in quanto contengono grandezze

vettoriali espresse nel medesimo sistema di riferimento cartesiano (assi generali). I vet-tori Q e s' , invece, sono espressi in una pletora di sistemi di riferimento diversi: s' è in

assi generali, mentre ogni elemento di Q è espresso nel sistema di riferimento locale

dell’asta di appartenenza. Sarebbe ad. es come moltiplicare tra loro varie lunghezze e-spresse contemporaneamente in cm, in m, in Km. Per poter effettuare correttamente il prodotto scalare tutti gli elementi devono essere espressi nel medesimo sistema di rife-rimento. Se chiamiamo con Q' il vettore delle reazioni di estremità trasformate nel si-

stema di riferimento generale, la 24.2 va riscritta correttamente come segue

L F' ' Q' s'

Il P.LL.VV. ci dice che: affinché i carichi nodali siano in equilibrio con le sollecitazioni trasmesse dalle aste ai nodi, deve risultare il lavoro nullo in presenza di spostamenti compatibili. Poniamo L=0 ed imponiamo la condizione di compatibilità dei nodi (23.2)

0 F' ' Q' B' '

mettendo ' a fattore comune si ottiene

0 F' Q' B' '

Ancora una volta, essendo ' arbitrario, per annullarsi il secondo membro deve risulta-

re nullo il vettore riga entro parentesi

0F' Q' B'

Infine trasponendo ambo i membri si ottiene l’equazione di equilibrio dei nodi

0T T

F ' Q' B'

B' Q' F' (25.2)

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114

2.2.4 Trasformazione di vettori e matrici

Si consideri, nel piano, una forza comunque inclinata P ed una coppia M (Fig. 42.2). Sappiamo che queste due grandezze vettoriali possono essere il risultante ed il momento risultante di un qualunque sistema di forze nel piano. Se si prende un sistema di riferi-mento cartesiano x’, y’, z’ la forza P rispetto ad esso ha due componenti Pcos e Psen mentre la coppia M, asse momento ortogonale al piano x’ y’, ha soltanto una componen-te sull’asse z’ pari sempre ad M. Tutte queste componenti le possiamo raccogliere all’interno di una matrice colonna R’. Diremo che gli elementi della matrice colonna (vettore) R’ sono espressi nel sistema di riferimento x’, y’, z’.

cos

sen

P

R' P

M

β

β

Se si assume un altro sistema di riferimento x, y, z, traslato e ruotato rispetto al prece-dente, P ed M, rispetto ad esso, avranno delle componenti diverse13.

Fig. 42.2

Per trovare le nuove componenti dobbiamo proiettare le vecchie, Pcos e Psen sui nuovi assi e sommare le componenti omologhe (parallele). Così facendo si ottiene il vettore R

cos cos sen sen

cos sen sen cos

P P

R P P

M

Una prima osservazione riguarda il fatto che soltanto la rotazione del sistema di riferi-mento ha effetto sul valore delle componenti, la traslazione è del tutto ininfluente.

13 Tranne ovviamente M in quanto il nuovo asse z e sempre parallelo a z’.

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115

Adesso ci si chiede è possibile conoscendo il vettore R’ e l’angolo di rotazione del si-stema di riferimento calcolare direttamente R senza effettuare materialmente le proie-zioni e le somme ? Ciò è possibile adoperando una particolare matrice che va calcolata una tantum e che prende il nome di matrice di trasformazione. Tale matrice ha sempre tante colonne quanti sono gli assi del sistema da cui si vuole trasformare e tante righe quanti sono gli assi del nuovo sistema in cui si vuole trasformare14. Le colonne della matrice di trasformazione contengono le proiezioni sui nuovi assi di versori (vettori di modulo 1) associati a turno ai vecchi assi. La trasformazione avviene semplicemente pre-moltiplicando il vettore per la matrice di trasformazione

R T R' (26.2)

Si consideri un elemento finito qualunque con il suo sistema di riferimento locale x, y, z e sia l’angolo di inclinazione dell’asse locale x rispetto all’asse generale x’ (Fig.43.2)

Fig. 43.2

La matrice di trasformazione T che consente di trasformare vettori da assi generali ad

assi locali si ottiene proiettando sugli assi locali dei vettori unitari posti a turno sugli as-si generali.

La trasformazione contraria, da assi locali a generali, si ottiene dalla 26.2 risolvendo ri-spetto ad R’

14 Non sempre la trasformazione è paritaria, a volte si deve poter effettuare una trasformazione tra sistemi che non solo hanno inclinazione diversa ma anche numero di assi differente.

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116

1R' T R

La 1T non si ottiene per inversione ma semplicemente per trasposizione, infatti la ma-

trice di trasformazione è una particolare matrice (matrice ortogonale) che gode della proprietà

T T I

ovvero 1T T

Per cui la trasformazione inversa si esprime

R' T R (27.2)

Per trasformare un qualunque vettore da assi generali ad assi locali occorre pre-moltiplicarlo per la matrice di trasformazione. Di contro, per trasformare un qualunque vettore da assi locali ad assi generali occorre pre-moltiplicarlo per la trasposta della matrice di trasformazione. Adesso si vedrà di scoprire come trasformare il contenuto delle matrici di proporzio-nalità che legano tra loro due vettori. Si prenda in prestito ad es. la relazione di propor-zionalità che lega gli spostamenti rigidi dell’estremo 2 dell’elemento a quelli dell’estremo 1.

2 1j jj

ru H u (28.2)

Tutti gli elementi contenuti nella relazione di compatibilità sono espressi in assi locali asta. Ovviamente la relazione non cambia se le medesime quantità vengono riferite al sistema generale. Un apice (‘) apposto al vettore o alla matrice indicherà che il suo con-tenuto è valutato con riferimento agli assi generali (è esattamente ciò che è stato fatto per le grandezze meccaniche e cinematiche proprie dei nodi). Pertanto la relazione di compatibilità può anche scriversi

2 1j j j

r'u H' u' (29.2)

Poiché per le regole di trasformazione dei vettori è 2 2

rj jj

ru T u' e 1 1j jju T u' , la

28.2 può anche scriversi

2 1j jj j j

r'T u H T u'

Si pre-moltiplichi membro a membro per j

T

2 1j jj j j j j

r'T T u T H T u'

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117

Ricordando che il prodotto tra la matrice di trasformazione e la sua trasposta da la ma-trice unità, avremo

2 1j jj j j

r'u T H T u' (30.2)

Confrontando la 30.2 con la 29.2 si scopre che

j j j j

H ' T H T (31.2)

Ancora una volta, per le regole di trasformazione dei vettori è 2 2

rj jj

r'u T u e

11 jj j

u' T u , la 29.2 può anche scriversi

2 1j jj

rT u H' T u

Si pre-moltiplichi membro a membro per j

T

2 1j jjj j j j

rT T u T H' T u

Ricordando che il prodotto tra la matrice di trasformazione e la sua trasposta dà la ma-trice unità, avremo

2 1j jjj j

ru T H' T u (32.2)

Confrontando la 32.2 con la 29.2 si scopre che

jj j j

H T H' T (33.2)

Che è la trasformazione inversa della precedente. Per trasformare una qualunque matrice di proporzionalità che lega due vettori da assi locali ad assi generali occorre premoltiplicarla per la matrice di trasformazione traspo-sta e post moltiplicarla per la stessa matrice non trasposta. Di contro, per trasformare una qualunque matrice di proporzionalità che lega due vettori da assi generali ad assi locali occorre premoltiplicarla per la matrice di trasformazione e post moltiplicarla per la sua trasposta.

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118

2.2.5 Assemblaggio della struttura Siamo giunti alla fase finale del Metodo degli Elementi Finiti: l’assemblaggio. Le e-quazioni che sono state ottenute per la struttura sconnessa sono:

aste

nodi

Q D u Q*

B' '

B' Q' F'

s' (34.2)

Adesso ricomponiamo la struttura andando a saldare le varie aste ai nodi in corrispon-denza delle rispettive sezioni di attacco. Le equazioni 34.2 devono essere sempre soddi-sfatte sia per la struttura scomposta nei suoi componenti base, che per la struttura as-semblata. Allora cosa c’è di diverso nel comportamento della struttura nei suoi due sta-ti? Quando le aste ed i nodi sono separati, tra gli spostamenti delle estremità delle travi e gli spostamenti delle corrispondenti sezioni d’attacco non esiste alcun legame, gli uni sono assolutamente indipendenti dagli altri (Fig. 44.2a). Ad assemblaggio avvenuto, in-vece, le estremità degli elementi e le sezioni di attacco, essendo divenuti una cosa sola, devono spostarsi esattamente delle medesime quantità (Fig.44.2b).

Fig. 44.2 Quando la struttura è assemblata, quindi, oltre alle 34.2, deve essere anche soddisfatta una ulteriore equazione di cucitura: l’equazione di compatibilità aste-nodi

u's'

Il vettore degli spostamenti delle estremità delle aste da confrontare con s' non può es-

sere u ma il suo equivalente in assi generali u' , il sistema di riferimento deve essere unico altrimenti due matrici non sono paragonabili.

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119

2.2.6 Equazioni della struttura assemblata Riepilogando: le equazioni che devono essere contemporaneamente soddisfatte dalle grandezze meccaniche e cinematiche della struttura, quando essa è stata assemblata, so-no

1 aste

2nodi

3

4 aste-nodi

Q D u Q*

B' '

B' Q' F'

u'

s

s

'

'

(35.2)

Nelle 35.2, prima di utilizzarle, dobbiamo fare alcuni aggiustamenti, come si vede esi-stono grandezze che compaiono contemporaneamente in più equazioni ma sono espres-se in sistemi di riferimento diversi ( e Q Q' , e u u' ). Usiamo le regole di trasformazio-

ne dei vettori per omogeneizzare il tutto e sostituiamo TQ al posto diQ' e T u al posto

di u'

1 aste

2nodi

3

4 aste-nodi

Q D u Q*

B' '

B' TQ F'

T u

s

s

'

'

(36.2)

Sostituiamo la 2^ nella 4^ equazione e premoltiplichiamo membro a membro per T

T B' ' TT u

Ricordando che il prodotto TT dà la matrice unità, le 36.2 si riducono alle tre equazioni

u T B' '

Q D u Q*

B' TQ F'

(37.2)

Ponendo C T B' e C B' T le 37.2 diventano

equazioni di compatibilità

equazioni costitutive

equazioni di equilibrio

u C '

Q D u Q*

C Q F'

(38.2)

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120

Le 38.2 sono i tre gruppi di equazioni che legano, in forma generale matriciale, le gran-dezze meccaniche e cinematiche di una qualunque struttura intelaiata piana. La nuova matrice di compatibilità C si costruisce esattamente come la B' , solo che in

corrispondenza delle sezioni di attacco che appartengono ai vari nodi si mette il prodot-to ijj

T B' , oppure la sola j

T se il nodo è infinitesimo.

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121

3.0 M.E.F. E METODO DEGLI SPOSTAMENTI L’approccio agli Elementi Finiti ci ha consentito di scrivere in forma generale matri-ciale le 3 equazioni che governano il problema di analisi di una struttura intelaiata pia-na. Tali equazioni sono già orientate all’uso del metodo degli spostamenti in quanto le equazioni costitutive sono espresse in termini di rigidezze.

u C '

Q D u Q*

C Q F'

equazioni di compatibilità

equazioni costitutive

equazioni di equilibrio

Data una qualunque struttura si vuole calcolare di quanto si spostano i nodi sotto cari-

co Sappiamo che nel complesso tutte le grandez-ze cinematiche e meccaniche del nostro telaio de-vono sempre rispettare la compatibilità con i vin-coli e l’equilibrio. Pertanto, scelti ad arbitrio gli spostamenti dei nodi ' , le estremità delle aste

devono sempre muoversi in modo tale da rimane-re sempre in contatto con le sezioni di attacco dei nodi (Fig.1.3); ciò è senz’altro vero se le estremi-tà delle aste si spostano di C ' . Ma tra le infin-

te deformate congruenti ottenute al variare di ' quale sarà quella che effettivamente assumerà

la struttura sotto i carichi assegnati? Sarà certamente quella in cui le sollecitazioni che

le aste trasmettono ai nodi sono in equilibrio con i carichi nodali. Dobbiamo, quindi, trovare quel particolare valore di ' cui sono associati degli spostamenti compatibili u

che generano delle forze Q in equilibrio con i carichi F' .

A tal fine sostituiamo le equazioni di compatibilità in quelle costitutive

Q D C ' Q* (1.3)

e sostituiamo la 1.2 nelle equazioni di equilibrio

C D C ' Q* F'

Eliminiamo la parentesi e portiamo a secondo membro i termini noti

C D C ' F' C Q*

Ponendo e K C D C F* F' C Q* si ottiene il sistema risolvente

Fig. 1.3

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122

K ' F * (2.3)

Da cui la soluzione in termini di spostamenti nodali

1' K F * (3.3)

Attraverso una sostituzione all’indietro si trovano, infine, gli spostamenti e le sollecita-zioni di estremità asta per asta.

1u C K F * (4.3)

1Q D C K F * Q* (5.3)

Note che siano le sollecitazioni di estremità, per ogni asta è possibile passare al dise-gno dei diagrammi delle caratteristiche della sollecitazione, all’individuazione delle se-zioni critiche ed alle verifiche di resistenza. La matrice K prende il nome di matrice di rigidezza della struttura assemblata ed è

sempre una matrice quadrata e simmetrica che ha tante righe e tante colonne a blocchi quanti sono i nodi interni della struttura e tante righe e tante colonne quanti sono i gradi di libertà dei nodi stessi (3 x nodi interni). Essa è invertibile (non singolare) soltanto se la struttura è isostatica o iperstatica. Il vettore F * è un vettore che contiene la somma del vettore dei carichi noti applicati

sui nodi ( F' ) e di un vettore di carichi nodali fittizi che dipende, tramite le reazioni d’incastro perfetto, dai carichi agenti sulle varie travi. Questo vettore prende il nome di vettore delle forze nodali equivalenti ed il suo significato fisico nasce dal Teorema di Equivalenza. E’ sempre possibile trovare delle forze da applicare ai nodi che producono gli stessi spostamen-ti dei nodi causati dai carichi agenti sulle aste.

Fig. 2.3

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123

In Fig.2.3a è mostrata una struttura caricata solo sulle aste. A causa di questi carichi il sistema si deforma ed i nodi si spostano. Il Teorema di equivalenza afferma che è sem-pre possibile generare i medesimi spostamenti dei nodi applicando, però, soltanto forze sui nodi (Fig.2.3b). Queste forze agenti sui nodi che provocano i medesimi spostamenti nodali dei carichi applicati sulle aste si chiamano forze nodali equivalenti e non sono al-tro, si dimostra, che le reazioni d’incastro perfetto di ciascuna asta cambiate di verso ed applicate ai nodi. La matrice K è una matrice che non va calcolata elemento per elemento ma è una ma-

trice che può essere generata immediatamente come matrice a blocchi facendo uso del-le matrici di rigidezza parziali, in assi generali, delle singole aste. Si ricorda che per tra-sformare le matrici di rigidezza parziali di un’asta generica j dagli assi locali a quelli generali basta premoltiplicarle per la matrice di trasformazione

jT e postmoltiplicarle

per la medesima matrice trasposta j

T .

Le regole di assemblaggio della matrice di rigidezza K sono le seguenti:

Nelle caselle della diagonale principale si inserisce la somma delle matrici di rigidezza dirette, in assi generali, delle estremità delle aste che convergono nel nodo che corrisponde alla riga o al-la colonna in esame. Nelle caselle fuori diagonale si inserisce la matrice di rigidezza indiretta, in assi generali, dell’asta che collega il nodo di riga con quello di colonna, secondo il verso (1-2, o 2-1) riga-colonna. Esempio 1

Costruire la matrice di rigidezza ed il vettore F * della struttura assemblata di Fig.3.3.

La matrice K avrà 4 blocchi riga e 4 blocchi colonna in quanto i nodi liberi di muoversi

sono 4.

Si cominci con la diagonale principale, inserendo in essa la somma della matrici di rigidezza dirette, in assi generali, degli

estremi delle aste che convergono nei vari nodi. Nel nodo A convergono l’asta c con l’estremo 2 e l’asta e con l’estremo 1. Nel nodo B convergono le aste e, f, d tutte con l’estremo 2. Nel nodo C convergono le aste c, f, a, g: le prime tre con l’estremo 1, l’ultima con l’estremo 2. Nel nodo D convergono le aste g, d, b rispettivamente con gli estremi 2, 1, 2.

Fig. 3.3

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124

Si passi adesso alle caselle fuori diagonale. Casella AB, dobbiamo inserire la matrice di rigidezza indiretta dell’asta che collega il nodo A con il nodo B. Tale asta è l’asta e. Poiché percorrendo l’asta da A a B si va dall’estremo 1 all’estremo 2, la matrice indiretta è la 12eD' .

Casella AC, dobbiamo inserire la matrice di rigidezza indiretta dell’asta che collega il nodo A con il nodo C. Tale asta è l’asta c. Poiché percorrendo l’asta da A a C si va dall’estremo 2 all’estremo 1, la matrice indiretta è la 21cD' .

Casella AD, dobbiamo inserire la matrice di rigidezza indiretta dell’asta che collega il nodo A con il nodo D. Tale asta non esiste, pertanto inseriremo una matrice nulla 3x3. Casella BA, dobbiamo inserire la matrice di rigidezza indiretta dell’asta che collega il nodo B con il nodo A. Tale asta è sempre l’asta e. Poiché percorrendo l’asta da B ad A si va dall’estremo 2 all’estremo 1, la matrice indiretta è la 21eD' .

Casella BC, dobbiamo inserire la matrice di rigidezza indiretta dell’asta che collega il nodo B con il nodo C. Tale asta è l’asta f. Poiché percorrendo l’asta da B a C si va dall’estremo 2 all’estremo 1, la matrice indiretta è la 21 fD' .

Casella BD, dobbiamo inserire la matrice di rigidezza indiretta dell’asta che collega il nodo B con il nodo D. Tale asta è l’asta d. Poiché percorrendo l’asta da B a D si va dall’estremo 2 all’estremo 1, la matrice indiretta è la 21dD' .

Casella CA, dobbiamo inserire la matrice di rigidezza indiretta dell’asta che collega il nodo C con il nodo A. Tale asta è l’asta c. Poiché percorrendo l’asta da C ad A si va dall’estremo 1 all’estremo 2, la matrice indiretta è la 12cD' .

Casella CB, dobbiamo inserire la matrice di rigidezza indiretta dell’asta che collega il nodo C con il nodo B. Tale asta è l’asta f. Poiché percorrendo l’asta da C a B si va dall’estremo 1 all’estremo 2, la matrice indiretta è la 12 fD' .

Casella CD, dobbiamo inserire la matrice di rigidezza indiretta dell’asta che collega il nodo C con il nodo D. Tale asta è l’asta g. Poiché percorrendo l’asta da C a D si va dall’estremo 1 all’estremo 2, la matrice indiretta è la 12 gD' .

Casella AD, dobbiamo inserire la matrice di rigidezza indiretta dell’asta che collega il nodo D con il nodo A. Tale asta non esiste, pertanto inseriremo una matrice nulla 3x3. Casella DB, dobbiamo inserire la matrice di rigidezza indiretta dell’asta che collega il nodo D con il nodo B. Tale asta è l’asta d. Poiché percorrendo l’asta da D a B si va dall’estremo 1 all’estremo 2, la matrice indiretta è la 12dD' .

Casella DC, dobbiamo inserire la matrice di rigidezza indiretta dell’asta che collega il nodo D con il nodo C. Tale asta è l’asta g. Poiché percorrendo l’asta da D a C si va dall’estremo 2 all’estremo 1, la matrice indiretta è la 21gD'

In effetti sarebbe sufficiente riempire mezza matrice in quanto la K è una matrice

simmetrica: ciò si vede anche dal fatto che le caselle simmetriche contengono le matrici di rigidezza indirette con gli indici scambiati, che sappiamo essere l’una la trasposta dell’altra. Il vettore dei termini noti F * è la somma del vettore dei carichi applicati ai nodi F' e

del vettore delle forze nodali equivalenti C Q* . Sui nodi della struttura di Fig.3.3

non agiscono carichi, quindi sarà 0F' . Il vettore delle forze equivalenti ha le mede-

sime dimensioni di F' (nodi interni x 3) e contiene le reazioni di incastro perfetto trasfe-

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125

rite ai nodi col verso cambiato e proiettate sugli assi generali. In Fig. 4.3 sono eviden-ziate le travi caricate, le relative reazioni di vincolo rigido in forma implicita ed i nodi su cui arrivano tali reazioni cambiate di verso.

Fig. 4.3 Le proiezioni delle azioni agenti sul nodo A secondo gli assi x’, y’, z’ danno i primi tre elementi del vettore C Q* e così via nodo per nodo. VANTAGGI Il Metodo degli spostamenti associato alla formulazione ad elementi finiti è un metodo di validità generale, infatti è applicabile a qualunque struttura intelaiata piana sia isosta-tica che iperstatica. Il numero delle incognite dipende solo dai gradi di libertà dei nodi e nelle strutture iperstatiche è totalmente indipendente dal grado di iperstaticità. Come numero di incognite da calcolare, nei sistemi iperstatici, non sempre è più conveniente del metodo delle forze, tuttavia la sua totale possibilità di automazione lo rende formi-dabile nell’ambito del calcolo automatico e nello sfruttamento delle nuove tecnologie. Un ulteriore vantaggio da non trascurare è quello della conoscenza delle grandezze ci-nematiche associate ai nodi. Oltre ai nodi naturali è possibile anche definire a priori cer-ti particolari nodi di controllo i cui spostamenti sotto carico possono darci delle prezio-se informazioni da sfruttare ad es. in fase di collaudo o per verificare quelli che si chia-mano stati limite di deformabilità. In una struttura non occorre soltanto tenere d’occhio le massime tensioni, ma anche le massime deformazioni. Un sistema resistente ma e-stremamente deformabile può dare degli inconvenienti non di poco conto, anche dal punto di vista della sua usabilità. Basti pensare ad es. al fastidio percettivo e sonoro (vi-brazioni) associato alla deformabilità di certi vecchi solai in legno, per non parlare poi dell’innescarsi di possibili fenomeni di instabilità dell’equilibrio elastico.

1

1

2

2 2

2 2

1f

1f

1

2

2

0

sen

cos

sen

cos

0

*e*e

*f

* *f e

* *e f

*

*

*f

*b

*b

T

M

T

T T

M MCQ*

T

T

M

T

M

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126

3.1 Algoritmo metodo degli spostamenti

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127

Esercizio 1.3 Si effettui l’analisi con il Metodo degli spostamenti della struttura di Fig. 5.3.

Fig. 5.3

La struttura è del tipo monodimensionale piana, le equazioni generali che legano tutte le grandezze meccaniche e cinematiche sono

u C '

Q D u Q*

C Q F'

equazioni di compatibilità

equazioni costitutive

equazioni di equilibrio

Nel Metodo degli spostamenti le incognite del problema sono gli spostamenti dei nodi

' . Tra gli infiniti possibili valori degli spostamenti dei nodi occorre trovare quelli che

fanno nascere alle estremità delle aste degli spostamenti compatibili u C ' che, a

loro volta, generano delle forze Q che, cambiate di segno ed applicate ai nodi, siano in

grado di soddisfare le equazioni di equilibrio C Q F' .

Le forze di estremità espresse in funzione di ' sono

Q D C ' Q* (1.3)

esse devono soddisfare l’equilibrio ai nodi

C D C ' Q* F'

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F. Cucco – Lezioni di Scienza delle costruzioni

128

Sviluppando i prodotti ed effettuando le posizioni e K C D C F* F' C Q* si

ottiene il sistema risolvente

K ' F *

Se la matrice K è non singolare si ottiene la soluzione in termini di spostamenti 1' K F * . Sostituendo gli spostamenti dei nodi nella (1.3) si calcolano le sollecita-

zioni di estremità per tutte le aste e quindi si disegnano i diagrammi delle caratteristiche della sollecitazione e si effettuano le verifiche di resistenza nelle sezioni critiche. Costruzione della matrice K La matrice di rigidezza della struttura assemblata è sempre una matrice quadrata e simmetrica che ha tanti blocchi riga e tanti blocchi colonna quanti sono i nodi che si spostano. Ciascun blocco contiene una matrice quadrata che ha le dimensioni dei gradi di libertà dei nodi (3). Essendo 4 i nodi spostabili della struttura, la K avrà 4 blocchi

riga e 4 blocchi colonna che contengono le matrici di rigidezza parziali in assi generali delle varie travi. Adoperando le regole di costruzione diretta si ottiene

Per ottenere le matrici di rigidezza parziali in assi generali occorrono le matrici di tra-sformazione di ciascuna asta. Esse si ottengono a partire dalla matrice in forma genera-le

Sostituendo al posto di l’angolo che l’asse locale x della trave forma con quello gene-rale x’. L’angolo si ottiene facendo ruotare l’asse x’ in direzione antioraria fino a so-vrapporlo all’asse locale x.

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129

1 0 0

0 1 0

0 0 1b

T

;

0

0

0 0 1d

cos sen

T sen cos

;

0 1 0

1 0 0

0 0 1a c

T T

;

1 0 0

0 1 0

0 0 1f

T

;

Costruzione del vettore F* Per ottenere il vettore F * occorre definire il vettore F' , la matrice di compatibilitàC ed

il vettore delle reazioni di vincolo rigidoQ*

Il vettore F' contiene le azioni applicate direttamente su ciascun nodo: le due compo-nenti della eventuale forza concentrata rispetto agli assi generali x’ e y’ e l’eventuale

coppia. Quindi esso avrà 3 componenti per ciascun nodo spo-stabile: nel nostro caso 3x4=12. La matrice di compatibilitàC è una matrice a blocchi che ha

tante righe quante sono le estremità delle aste ( 2x6) e tante co-lonne quanti sono i nodi spostabili. Ogni blocco contiene la ma-trice di trasformazione

jT o una matrice nulla 3x3. In ogni co-

lonna va inserita la matrice di trasformazione dell’asta la cui e-stremità è collegata con il nodo corrispondente, la matrice nulla in quelle caselle in cui l’estremità della trave non è connessa al nodo. Nel nostro caso la matrice C avrà

12 righe e 4 colonne a blocchi. Nel nodo A arrivano le estremità 2a, 1b, 1d, nel nodo B arrivano le estremità 2d, 1e, 2f, nel nodo C arriva la sola estremità 1f, e

,infine, nel nodo D arrivano le estremità 2b, 2c e 2e. Il vettore delle reazioni di vincolo rigido (incastro perfet-to) Q* contiene le reazioni che nascono alle estremità di

ciascuna asta, quando essa si ipotizza perfettamente inca-strata alle due estremità, per effetto delle azioni che agi-scono direttamente sull’asta medesima (Fig. 6.3). Esso ha quindi tante componenti quante sono le estremità delle aste per 3. Poiché le uniche aste caricate direttamente so-

2

0

0

0

0

0

0

0

0

0

Ax'

Ay'

A

Bx'

By'

B

Cx'

Cy'

C

Dx'

Dy'

D

f

f

M

f

f

MF'

f

Pf

MFf

fk

M

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F. Cucco – Lezioni di Scienza delle costruzioni

130

no le aste c, d ed f, solo in corrispondenza di queste travi avremo da calcolare il valore

delle j

Q . Il valore delle reazioni può essere preso direttamente da un manuale tecnico

oppure calcolato direttamente tramite il metodo delle forze.

Fig. 6.3

0

0

0

0

0

0

a b eQ Q Q

;

2

22

2

22

0

7

20

200

3

20

30

c

q h

q h

Q

q h

q h

;

1

1

1

1

0

2

120

2

12

s

s

s

s

f

q

q

Q

q

q

2

2

;

Il vettore delle forze nodali equivalenti C Q* può anche essere riem-

pito direttamente, esso ha le medesime dimensioni di F' (nodi interni x 3) e contiene le reazioni di incastro perfetto trasferite ai nodi col verso cambiato e proiettate sugli assi generali. In Fig. 7.3 è possibile vedere sia le reazioni d’incastro perfetto sulle aste, che le loro opposte applica-te in corrispondenza delle sezioni di attacco dei nodi.

1

1

1

1

0

2

80

2

8

d

P

P t

Q

P

P t

2

2

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131

Fig. 7.3

1

1

21

1

1 1

2 21 1

1

21

2

22

2

2

8

2

2 2

8 120

2

123

200

30

s

s

s

s

Psen

Pcos

P t

Psen

P qcos

P t qC Q*

q

q

q h

q h

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132

3.2 Singolarità dei vincoli Inizialmente, in fase di impostazione del Metodo degli Elementi Finiti per le strutture intelaiate piane, abbiamo posto una pregiudiziale sui vincoli. Essi dovevano essere pen-sati come incastri, sia all’esterno che all’interno. Si escludeva la possibilità che potesse-ro essere presenti vincoli singolari, cioè capaci di sopprimere soltanto un numero limita-to di spostamenti o rotazioni. Se tale pregiudiziale non venisse rimossa, il M.E.F. sareb-be affetto da una gravissima menomazione che ne ridurrebbe di gran lunga la generalità e l’efficacia. Ovviamente sarà possibile tener conto di qualunque tipologia di vincolo sia esterno che interno e per far ciò addirittura sono possibili due approcci: uno semplice ed immediato ma non generale, l’altro più complesso ma dotato della massima generalità, essi sono:

1. Metodo della rigidezza modificata 2. Metodo dei nodi multipli15

Le due metodologie differiscono per motivi di paternità o affidamento. All’atto della di-scretizzazione della struttura in aste e nodi, i vincoli singolari possono essere visti o come di pertinenza delle aste, oppure come di pertinenza dei nodi. Un semplice esempio permetterà subito di chiarire tale concetto.

Fig. 8.3

Si consideri la struttura di Fig. 8.3a, in essa sono presenti 3 vincoli singolari, uno ester-no (carrello) e due interni (cerniera e pattino). Nella discretizzazione di Fig.8.3b, i nodi non hanno subito alcuna variazione rispetto al caso standard: quelli esterni sono incastri, quelli interni possiedono sempre 3 gradi di libertà di moto rigido ciascuno. Le aste invece, che prima contenevano soltanto il vinco-lo di continuità, adesso inglobano dei vincoli singolari. Le aste e, b e c sono rimaste di tipo standard, le aste a, d ed f sono aste di tipo singolare. Sicuramente le grandezze meccaniche e cinematiche dei nodi, come anche le relazioni che le legano, sono rimaste identiche al caso standard. Le grandezze meccaniche e cinematiche riguardanti le aste,

15 Si veda F. Cucco, F. Giambanco: Sull’analisi elastica di strutture discrete con singolarità ai nodi, Giornale del Genio Civile, Fasc. 7,8,9, luglio, agosto, settembre 1981.

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133

come del resto le relazioni che le legano, invece, avranno di sicuro subito delle modifi-che. Nella discretizzazione di Fig.8.3c, sono le aste a non aver subito alcuna variazione ri-spetto al caso standard. I nodi invece, che prima erano di un sol pezzo, adesso risultano formati dall’aggregazione di più elementi, sempre rigidi, connessi mutuamente da vin-coli interni singolari. I nodi A, B e D sono rimasti di tipo standard, i nodi E, C ed F so-no nodi di tipo singolare. Questa volta le variazioni vanno ricercate nelle grandezze meccaniche e cinematiche dei nodi e nelle relazioni che li legano. Nel Metodo della rigidezza modificata occorrerà riaffrontare lo studio degli elementi, mentre nel Metodo dei nodi multipli occorrerà rivedere lo studio dei nodi, e ciò per ap-portare le opportune modifiche alle relazioni standard trovate in precedenza. 3.2.1 Metodo della rigidezza modificata La relazione matriciale che caratterizza il comportamento dell’elemento finito generi-co j è l’equazione costitutiva completa dell’elemento

jjj jQ D u Q

Cosa cambia in questa relazione se la trave incorpora delle singolarità di vincolo? Cominciamo con il vedere cosa succede quando 0ju . Bloccare tutti i moti delle due

sezioni di estremità non porta sempre alla nascita di due incastri perfetti. Ciò avviene soltanto quando il vincolo di estremità è un vincolo di continuità. Se il vincolo di estre-mità è un vincolo singolare, il blocco della sezione si traduce nell’assumere come vin-colo esterno rigido il vincolo singolare stesso (Fig.9.3).

Fig. 9.3

Se sulla trave esistono azioni note (meccaniche, termiche o distorcenti), esse faranno nascere delle reazioni in corrispondenza dei vincoli di estremità (reazioni di vincolo ri-gido in corrispondenza dei vincoli singolari, d’incastro perfetto in corrispondenza del vincolo di continuità). Queste reazioni proiettate sempre sugli assi locali dell’asta da-ranno le solite forze di estremità 1 1 1 2 22e N ,T ,M N ,T ,M .

Essendo variati i vincoli di estremità la matrice di cedibilità j

F dell’elemento è diver-

sa rispetto al caso standard, per cui non si può procedere al calcolo algebrico delle ma-

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134

trici di rigidezza a meno di non reimpostare l’intero processo di studio dell’asta generi-ca. Pertanto dobbiamo formulare un procedimento generale per il calcolo diretto della

jD . Qualcosa è stato detto e fatto in occasione dello svolgimento dell’Esercizio 5.2 del

capitolo 2, adesso si cercherà di definire un algoritmo generale.

Nel caso in cui si consideri un’asta scarica 0j

Q , le forze di estremità sono soltan-

to funzione degli spostamenti dei medesimi estremi jjjQ D u , cosa significa ciò in

termini fisici? Ciascuna asta è ammor-sata ai due nodi di estremità. Per la compatibilità, se i nodi si spostano si trascinano appresso tutte le aste ad esse collegate, se gli spostamenti dei nodi di estremità generano dei moti relativi che fanno deformare un elemento, al suo interno ed in corrispondenza delle se-zioni di estremità nasceranno delle ca-ratteristiche della sollecitazione. Per comprendere meglio tale meccanismo

consideriamo un uomo (elemento), a gravità zero, attaccato ai due elicotteri A e B (no-di). Essendo il corpo privo di peso e non agendo direttamente su di esso alcuna azione di tipo meccanico, non esiste internamente alcuno stato di sofferenza. Siamo esattamen-

te nel caso in cui 0j

Q . L’unica causa che può far nascere uno stato di stress è quella

legata agli spostamenti che A e B trasmettono all’elemento attraverso i due punti di connessione 1 e 2. Se i due elicotteri si muovono di conserva (moti relativi nulli), fa-cendo spostare l’elemento di solo moto rigido, nessuno stato di sforzo andrà a turbare il viaggio del nostro amico. Se, invece, A e B si muovono relativamente uno rispetto all’altro in modo da indurre una deformazione allora nasceranno delle azioni di estremi-tà proporzionali agli spostamenti: jjj

Q D u

Per riempire la matrice di rigidezza completa di un elemento qualsiasi dobbiamo tro-vare quelle forze che nascono ai due estremi a causa di spostamenti unitari dati a turno alle medesime sezioni. In base al vincolo che collega la sezione di estremità della trave al nodo, questi spostamenti possono trasmettere delle azioni meccaniche oppure no; ad ogni modo lo stato di sollecitazione interno ed alle due estremità è sicuramente influen-zato dai vincoli presenti, pertanto il contenuto della matrice

jD dipenderà dalle singola-

rità di vincolo presenti nell’asta. La matrice di rigidezza completa

jD risulterà totalmente definita se si conosce almeno

una delle due matrici di rigidezza dirette: 11

D o 22

D . Le restanti matrici possono essere

ottenute da quella nota imponendo delle semplici equazioni di equilibrio. Le colonne della

11D ad es. rappresentano le reazioni all’estremo 1, proiettate sugli assi locali della

sezione, che nascono sotto determinate condizioni. Imponendo le tre equazioni di equi-librio per i moti assoluti è possibile calcolare le altre 3 reazioni all’estremo 2, che rap-presentano le colonne della matrice

21D . Poiché è noto che la matrice

jD è simmetrica

e pertanto 12 21

D D , basterà applicare in 1 le reazioni estratte dalle colonne della 12

D

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135

per recuperare, sempre imponendo le equazioni cardinali della Statica, il contenuto delle colonne della matrice

22D .

In conclusione si può affermare che per un’asta singolare l’equazione costitutiva completa si può scrivere

jjj jQ D u Q

Dove il soprasegno sulla matrice di rigidezza completa e sul vettore delle reazioni di vincolo rigido sta ad indicare che tali elementi sono diversi da quelli dell’asta standard e variano al variare dei vincoli singolari presenti all’interno della trave. Di fatto è possibi-le trovare in letteratura tali matrici già preconfezionate per le condizioni di vincolo più ricorrenti. Alla fine di questo paragrafo vengono fornite le matrici di rigidezza complete ed i vettori di vincolo rigido per tutti i casi contemplati all’interno dell’applicativo Telai piani fornito unitamente al volume dell’autore: Lezioni di Statica (op. cit.). Esercizio 2.3 Si calcoli la matrice

jD della trave singolare di Fig. 10.3.

Fig. 10.3

Prendiamo l’estremo 1 e forziamolo a spostarsi orizzontalmente di una quantità unitaria (Fig.11.3a). Detto spostamento ha due componenti: una parallela al piano di scorrimen-to uguale a cos e l’altra ortogonale al piano di scorrimento uguale a sen. La compo-nente parallela al piano di scorrimento fa semplicemente scivolare il carrello in direzio-ne e non produce nell’asta alcuna deformazione. La componente ortogonale al piano di scorrimento causerà una deformazione e la nascita di corrispondenti reazioni sia e-sterne che interne. Per far spostare l’estremo 1 di sen nella direzione ortogonale al pi-ano di scorrimento del carrello occorrerà applicare una forza incognita nella medesima direzione. Sostituiamo l’azione cinematica del carrello con la corrispondenze azione meccanica incognita R (Fig. 11.3.0).

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136

Fig. 11.3

Per trovare il valore di R, essendo la struttura isostatica, calcoliamo lo spostamento u con il Teorema della forza unitaria ed imponiamolo uguale a sen

1 senl

o

o

u S S dx (6.3)

1

sen -sen

cos -cos

-coscos

o

R

S R ; S ;

xR x

Per generalità, si calcoli il lavoro interno trascurando soltanto il lavoro del taglio, Sosti-tuendo le sollecitazioni nella 6.3 ed integrando

32 2

00

sen sen cos cos sen

1 1sen cos sen

3

l l

ll

o o

dx dxR R x x ;

EA EJ

xR x R ;

EA EJ

Sostituendo i limiti d’integrazione

2 2 3sen cossen

3

l l

R R;

EA EJ

Da cui

2 2 3

sen

sen cos3

l l

R

EA EJ

Adesso per ottenere N1, T1, M1 proiettiamo R sugli assi locali dell’elemento

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137

2

1 2 2 3

1 2 2 3

1

sen

sen cos3

cos sen

sen cos3

0

l l

l l

N

EA EJ

T

EA EJM

(7.3)

I valori (7.3) rappresentano gli elementi della prima colonna della matrice di rigidezza diretta

11D .

Adesso prendiamo sempre l’estremo 1 e forziamolo a spostarsi verticalmente, secondo la direzione positiva dell’asse locale y, di una quantità unitaria (Fig.12.3a). Detto spo-stamento ha sempre due componenti: una parallela al piano di scorrimento uguale a sen e l’altra ortogonale al piano di scorrimento uguale a cos. La componente paralle-la al piano di scorrimento fa semplicemente scivolare il carrello in direzione e non produce nell’asta alcuna deformazione. La componente ortogonale al piano di scorri-mento causerà una deformazione e la nascita di corrispondenti reazioni sia esterne che interne. Per far spostare l’estremo 1 di cos nella direzione ortogonale al piano di scor-rimento del carrello occorrerà applicare una forza incognita nella medesima direzione. Sostituiamo l’azione cinematica del carrello con la corrispondenze azione meccanica in-cognita R (Fig. 12.3.0).

Fig. 12.3

1 cosl

o

o

u S S dx (8.3)

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138

1

sen sen

cos cos

coscos

o

R

S R ; S ;

xR x

Sostituendo i valori nella 8.3 ed integrando

32 2

00

sen sen cos cos cos

1 1sen cos cos

3

l l

ll

o o

dx dxR R x x ;

EA EJ

xR x R ;

EA EJ

Sostituendo i limiti d’integrazione

2 2 3sen coscos

3

l l

R R;

EA EJ

Da cui

2 2 3

cos

sen cos3

l l

R

EA EJ

Adesso per ottenere N1, T1, M1 proiettiamo sugli assi locali dell’elemento

1 2 2 3

2

1 2 2 3

1

cos sen

sen cos3

cos

sen cos3

0

l l

l l

N

EA EJ

T

EA EJM

(9.3)

I valori (9.3) rappresentano gli elementi della seconda colonna della matrice di rigidezza diretta

11D .

Adesso prendiamo ancora una volta l’estremo 1 e forziamolo a ruotare, nella direzione positiva del sistema di riferimento locale, di un angolo unitario (Fig.13.3a). A causa del-la presenza della cerniera del carrello la sezione di estremità ruota ma non trasmette alla trave alcuna azione in grado di deformarla. L’asta rimane pertanto scarica e le tre forze di estremità risultano identicamente nulle.

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139

Fig. 13.3

1

1

1

0

0

0

N

T

M

(10.3)

I valori (10.3) rappresentano gli elementi della terza colonna della matrice di rigidezza diretta

11D .

Adesso possiamo riportare nella sua totalità la matrice di rigidezza diretta dell’estremo 1. Per indicare attraverso i simboli che si tratta della matrice di rigidezza di un’asta singolare basta riportare un soprasegno sulla descrizione della matrice

2

2 2 3 2 2 3

2

2 2 3 2 2 311

sen sen cos0

sen cos sen cos3 3

cos sen0

sen cos sen cos3 3

0 0 0

l l l l

l l l l

EA EJ EA EJ

cosD

EA EJ EA EJ

Nel caso di carrello a scorrimento orizzontale, per =0, e nel caso di carrello a scorri-mento verticale, per =90°, la

11D si particolarizza

311

0 0 0

30 0

0 0 0l

EJD ;

11

0 0

0 0 0

0 0 0

l

EA

D

Per ottenere le colonne della matrice di rigidezza indiretta 21

D basta considerare la trave

libera in 1 ed incastrata in 2, applicare singolarmente al primo estremo le azioni (7.3), (9.3) e (10.3) e calcolare, tramite le equazioni di equilibrio, le corrispondenti tre reazio-ni al secondo estremo.

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140

2

2 2 3 2 2 3

2

2 2 3 2 2 321

2

2 2 3 2 2 3

sen sen cos0

sen cos sen cos3 3

cos sen0

sen cos sen cos3 3

cos sen0

sen cos sen cos3 3

l l l l

l l l l

l ll l l l

EA EJ EA EJ

cosD

EA EJ EA EJ

cos

EA EJ EA EJ

Nel caso di carrello a scorrimento orizzontale, per =0, e nel caso di carrello a scorri-mento verticale, per =90°, la

21D si particolarizza

321

2

0 0 0

30 0

30 0

l

l

EJD

EJ

; 21

0 0

0 0 0

0 0 0

l

EA

D

Otteniamo la

12D per trasposizione della matrice

21D

2

2 2 3 2 2 3 2 2 3

2 2

2 2 3 2 2 3 2 2 312

sen cos sen cos sen

sen cos sen cos sen cos3 3 3

sen cos

sen cos sen cos sen cos3 3 3

0 0 0

ll l l l l l

ll l l l l l

EA EJ EA EJ EA EJ

cos cosD

EA EJ EA EJ EA EJ

Adesso considerando le colonne della

12D applicate al primo estremo, le reazioni al se-

condo estremo forniscono le colonne della matrice22

D

2

2 2 3 2 2 3 2 2 3

2 2

2 2 3 2 2 3 2 2 322

2 2 3

sen cos sen cos sen

sen cos sen cos sen cos3 3 3

sen cos

sen cos sen cos sen cos3 3 3

sen cos

sen cos3

ll l l l l l

ll l l l l l

ll l

EA EJ EA EJ EA EJ

cos cosD

EA EJ EA EJ EA EJ

EA EJ

2 2 2

2 2 3 2 2 3sen cos sen cos3 3

l ll l l l

cos cos

EA EJ EA EJ

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141

Nel caso di carrello a scorrimento orizzontale, per =0, e nel caso di carrello a scorri-mento verticale, per =90°, la

22D si particolarizza

3 222

2

0 0 0

3 30

3 30

l l

l l

EJ EJD

EJ EJ

; 22

0 0

0 0 0

0 0 0

l

EA

D

Esercizio 3.3

Si calcoli la matrice j

D della trave singolare di Fig. 14.3.

Fig. 14.3

Prendiamo l’estremo 1 e forziamolo a spostarsi orizzontalmente di una quantità unitaria (Fig.15.3a). Detto spostamento ha due componenti: una parallela al piano di scorrimen-to e uguale a cos, l’altra ortogonale al piano di scorrimento e uguale a sen. La com-ponente parallela al piano di scorrimento fa semplicemente scivolare il pattino in dire-zione e non produce nell’asta alcuna deformazione. La componente ortogonale al pia-no di scorrimento causerà una deformazione e la nascita di corrispondenti reazioni sia esterne che interne. Per far spostare l’estremo 1 di sen nella direzione ortogonale al pi-ano di scorrimento del pattino occorrerà applicare una forza incognita nella medesima direzione. Sostituiamo la componente cinematica del pattino con la corrispondenze a-zione meccanica incognita R (Fig. 15.3.0).

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142

Fig. 15.3

Per trovare il valore di R dobbiamo calcolare lo spostamento u con il Teorema della forza unitaria e porlo uguale a sen

1 senl

o

o

u S S dx (11.3)

Questa volta abbiamo un inconveniente, il sistema di Fig. 15.3.0 è iperstatico per cui, per poter esplicitare le sollecitazioni S1 ed So, oltre ad R dobbiamo anche calcolare il valore delle incognite iperstatiche. Rendiamo isostatica la struttura di Fig. 15.3.0 sopprimendo il quadripendolo e met-tendo in evidenza l’incognita iperstatica X (Fig.16.3.0).

Fig. 16.3

Dobbiamo trovare quel particolare valore della incognita iperstatica X per cui la rota-zione nel primo estremo è nulla, pertanto alla 11.3 va aggiunta la condizione di congru-enza

2 0l

o

o

S S dx (12.3)

1 2

sen -sen 0

cos -cos 0

cos -cos 1

o

R

S R ; S ; S

R x X x

Ancora una volta, per generalità consideriamo anche il lavoro prodotto dallo sforzo normale. Sostituendo i valori nella 11.3 e 12.3 ed integrando

sen sen cos -cos sen

cos -1 0

l l

l

o o

o

dx dxR R x X x ;

EA EJ

dxR x X ;

EJ

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143

2 3 22

00

2

0

1 cos cos 1sen sen

3 2

cos 10

2

ll

l

R x X xR x ;

EA EJ

R xX x ;

EJ

Sostituendo i limiti d’integrazione si ottiene il sistema

2 2 3 2

2

sen cos cossen

3 2

cos0

2

l l l

l l

R R X;

EA EJ EJ

R X;

EJ EJ

Risolviamo rispetto ad X ed R. Calcoliamo X dalla seconda equazione e sostituiamone il valore nella prima

cos

2

l

RX (13.3)

2 2 3 2sen cos cos cos

sen3 2 2

l l l l

R R R

EA EJ EJ

Sviluppiamo e risolviamo rispetto ad R

2 2 3 2 3

2 2 3

sen cos cossen

3 4

sen cossen

12

l l l

l l

R R R;

EA EJ EJ

R R;

EA EJ

2 2 3

sen

sen cos12

l l

R

EA EJ

(14.3)

Sostituendo all’indietro nella 13.3

2 2 3

sen cos

2sen cos6

ll l

X

EA EJ

(15.3)

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144

Adesso per ottenere N1, T1, M1 proiettiamo R ed X16 sugli assi locali dell’elemento

2

1 2 2 3

sen

2sen cos6

l l

N

EA EJ

(16.3a)

1 2 2 3

sen cos

2sen cos6

l l

T

EA EJ

(16.3b)

1 2 2 3

sen cos

sen cos2 24

ll l

M

EA EJ

(16.3c)

I valori (16.3) rappresentano gli elementi della prima colonna della matrice di rigidezza

diretta 11

D .

Prendiamo nuovamente l’estremo 1 e forziamolo a spostarsi verticalmente di una quan-tità unitaria (Fig.17.3a). Detto spostamento ha due componenti: una parallela al piano di scorrimento uguale a sen e l’altra ortogonale al piano di scorrimento uguale a cos. La componente parallela al piano di scorrimento fa semplicemente scivolare il pattino in direzione e non produce nell’asta alcuna deformazione. La componente ortogonale al piano di scorrimento causerà una deformazione e la nascita di corrispondenti reazioni sia esterne che interne. Per far spostare l’estremo 1 di cos nella direzione ortogonale al piano di scorrimento del pattino occorrerà applicare una forza incognita nella medesima direzione. Sostituiamo la componente cinematica del pattino con la corrispondenze a-zione meccanica incognita R (Fig. 17.3.0).

16 Il valore della X è venuto negativo, ciò significa che il verso corretto della coppia è quello orario e quindi essa è negativa rispetto agli assi locali.

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145

Fig. 17.3

Per trovare il valore di R dobbiamo calcolare lo spostamento u con il Teorema della forza unitaria e porlo uguale a cos

1 cosl

o

o

u S S dx (17.3)

Ancora una volta abbiamo l’inconveniente che il sistema di Fig. 17.3.0 è iperstatico, per cui, per poter esplicitare le sollecitazioni S1 ed So, oltre ad R dobbiamo anche calcolare il valore delle incognite iperstatiche. Rendiamo isostatica la struttura sopprimendo il quadripendolo e mettendo in evidenza l’incognita iperstatica X (Fig.18.3.0).

Fig. 18.3

Dobbiamo trovare quel particolare valore della incognita iperstatica X per cui la rota-zione nel primo estremo è nulla, pertanto alla 17.3 va aggiunta la condizione di congru-enza

2 0l

o

o

S S dx (18.3)

1 2

sen sen 0

cos cos 0

cos cos 1

o

R

S R ; S ; S

R x X x

Ancora una volta, per generalità consideriamo anche il lavoro prodotto dallo sforzo normale. Sostituendo i valori nella 17.3 e 18.3 ed integrando

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146

sen sen cos cos cos

cos -1 0

l l

l

o o

o

dx dxR R x X x ;

EA EJ

dxR x X ;

EJ

3 22 2

00

2

0

1 cos 1sen cos cos

3 2

cos 10

2

ll

l

x X xR x R ;

EA EJ

R xX x ;

EJ

Sostituendo i limiti d’integrazione si ottiene il sistema

2 2 3 2

2

sen cos coscos

3 2

cos0

2

l l l

l l

R R X;

EA EJ EJ

X R;

EJ EJ

Risolviamo rispetto ad X ed R. Calcoliamo X dalla seconda equazione e sostituiamone il valore nella prima

cos

2

l

RX (19.3)

2 2 3 2sen cos cos cos

cos3 2 2

l l l l

R R R

EA EJ EJ

Sviluppiamo e risolviamo rispetto ad R

2 2 3 2 3

2 2 3

sen cos coscos

3 4

sen coscos

12

l l l

l l

R R R;

EA EJ EJ

R R;

EA EJ

2 2 3

cos

sen cos12

l l

R

EA EJ

Sostituendo all’indietro nella 19.3

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147

2

2 2 3

cos

sen cos2 24

ll l

X

EA EJ

(2.3)

Adesso per ottenere N1, T1, M1 proiettiamo R ed X sugli assi locali dell’elemento

1 2 2 3

2

1 2 2 3

2

1 2 2 3

cos sen

sen cos12

cos

sen cos12

cos

sen cos2 24

l l

l l

ll l

N

EA EJ

T

EA EJ

M

EA EJ

(3.3)

I valori (3.3) rappresentano gli elementi della seconda colonna della matrice di rigidezza

diretta 11

D .

Adesso prendiamo ancora una volta l’estremo 1 e forziamolo a ruotare, nella direzione positiva del sistema di riferimento locale, di un angolo unitario (Fig.19.3a).

Fig. 19.3

Per far ruotare l’estremo 1 di una quantità unitaria occorrerà applicare una coppia inco-gnita nella medesima direzione. Sostituiamo la componente cinematica del pattino con la corrispondenze azione meccanica incognita R (Fig. 19.3.0). Per trovare il valore di R dobbiamo calcolare la rotazione con il Teorema della forza unitaria e porla uguale a 1

1 1l

o

o

S S dx (22.3)

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148

Ancora una volta abbiamo l’inconveniente che il sistema di Fig. 19.3.0 è iperstatico, per cui, per poter esplicitare le sollecitazioni S1 ed So, oltre ad R dobbiamo anche calcolare il valore delle incognite iperstatiche. Rendiamo isostatica la struttura sopprimendo il carrello e mettendo in evidenza l’incognita iperstatica X (Fig. 20.3.0).

Fig. 20.3

Dobbiamo trovare quel particolare valore della incognita iperstatica X per cui lo spo-stamento in direzione ortogonale al piano di scorrimento del carrello è nulla, pertanto alla 22.3 va aggiunta la condizione di congruenza

2 0l

o

o

S S dx (23.3)

1 2

sen 0 sen

cos 0 cos

cos 1 cos

o

X

S X ; S S ;

X x R x

Ancora una volta, per generalità consideriamo anche il lavoro prodotto dallo sforzo normale. Sostituendo i valori nella 22.3 e 23.3 ed integrando

2

0

2 3 22

00

cos -1 1

sen sen cos cos 0

cos 11

2

1 cos cos 1sen 0

3 2

o

o o

dxX x R ;

EJ

dx dxX X x R x ;

EA EJ

X xR x ;

EJ

X x R xX x ;

EA EJ

l

l l

l

ll

Sostituendo i limiti d’integrazione si ottiene il sistema

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149

2

2 2 3 2

cos1

2

sen cos cos0

3 2

l l

l l l

R X

EJ EJ

X X R;

EA EJ EJ

Risolviamo rispetto ad X ed R. Calcoliamo R dalla prima equazione e sostituiamone il valore nella seconda

cos

2

ll

EJ XR

(24.3)

2 2 3 2sen cos cos cos

03 2 2

l l l ll

X X EJ X

EA EJ EJ

Sviluppiamo e risolviamo rispetto ad X

2 2 3 2 3sen cos cos cos0

3 42l l l lX X X

EA EJ EJ

2 2 3sen cos cos

012 2

l l lX X;

EA EJ

2 2 3

cos

2sen cos6

ll l

X

EA EJ

Sostituendo all’indietro nella 24.3

2 2

2 2 3

cos

4sen cos3

ll ll

EJR

EA EJ

Adesso per ottenere N1, T1, M1 proiettiamo R ed X sugli assi locali dell’elemento

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150

1 2 2 3

2

1 2 2 3

2 2

1 2 2 3

sen cos

2sen cos6

cos

2sen cos6

cos

4sen cos3

ll l

ll l

ll ll

N

EA EJ

T

EA EJ

EJM

EA EJ

(25.3)

I valori (25.3) rappresentano gli elementi della terza colonna della matrice di rigidezza

diretta 11

D .

Adesso possiamo riportare nella sua totalità la matrice di rigidezza diretta dell’estremo 1.

2

2 2 3 2 2 3 2 2 3

2 2

2 2 3 2 2 3 2 2 311

sen cos sen sen cos

sen cos sen cos 2sen cos12 12 6

sen cos cos cos

sen cos sen cos 2sen cos12 12 6

sen cos

2se

ll l

l l

l l l l

ll l l l

l

EA EJ EA EJ EA EJ

D

EA EJ EA EJ EA EJ

2 2 2

2 2 3 2 2 3 2 2 3

cos cos

n cos 2sen cos 4sen cos6 6 3

ll ll

ll l l l

EJ

EA EJ EA EJ EA EJ

Nel caso di pattino a scorrimento orizzontale, per =0, e nel caso di pattino a scorri-mento verticale, per =90°, la

11D si particolarizza

3 211

2

0 0 0

12 60

6 40

l l

l l

EJ EJD

EJ EJ

; 11

0 0

0 0 0

0 0

l

l

EA

D

EJ

Come fatto nell’Esercizio 2.3, per ottenere le colonne della matrice di rigidezza indiret-

ta 21

D basta considerare la trave libera in 1 ed incastrata in 2, applicare singolarmente al

primo estremo le due forze ed il momento estratti dalle varie colonne della 11

D e calco-

lare le corrispondenti tre reazioni al secondo estremo.

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151

Successivamente si ottiene la 12

D per trasposizione della matrice21

D e considerando le

colonne della 12

D applicate al primo estremo, le reazioni al secondo estremo forniscono

le colonne della matrice22

D .

Nel seguito si fornisce direttamente la matrice

jD per le altre più frequenti condizioni di

vincolo alle due estremità dell’elemento.

Cerniera a sinistra

3 3 2

3 3 2

2 2

0 0 0 0

3 3 30 0 0

0 0 0 0 0 0

0 0 0 0

3 3 30 0 0

3 3 30 0 0

l l

l l l

l l

l l l

l l l

j

EA EA

EJ EJ EJ

D EA EA

EJ EJ EJ

EJ EJ EJ

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152

Cerniera a destra

3 2 3

2 2

3 2 3

0 0 0 0

3 3 30 0 0

3 3 30 0 0

0 0 0 0

3 3 30 0 0

0 0 0 0 0 0

l l

l l l

l l l

l l

l l l

j

EA EA

EJ EJ EJ

EJ EJ EJD

EA EA

EJ EJ EJ

Pattino a scorrimento orizzontale a sinistra

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153

3 2 3 2

2 2

3 2 3 2

2 2

0 0 0 0 0 0

12 6 12 60 0

6 4 6 20 0

0 0 0 0 0 0

12 6 12 60 0

6 2 6 40 0

l l l l

l l l l

l l l l

l l l l

j

EJ EJ EJ EJ

EJ EJ EJ EJ

D

EJ EJ EJ EJ

EJ EJ EJ EJ

Pattino a scorrimento orizzontale a destra

3 2 3 2

2 2

3 2 3 2

2 2

0 0 0 0 0 0

12 6 12 60 0

6 4 6 20 0

0 0 0 0 0 0

12 6 12 60 0

6 2 6 40 0

l l l l

l l l l

l l l l

l l l l

j

EJ EJ EJ EJ

EJ EJ EJ EJ

D

EJ EJ EJ EJ

EJ EJ EJ EJ

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154

Pattino a scorrimento verticale a sinistra

2

2

0 0 0 0

60 0 0 0 0

40 0 0 0

0 0 0 0

60 0 0 0 0

20 0 0 0

j

EA EA

EJ

EJ EJ

DEA EA

EJ

EJ EJ

l l

l

l l

l l

l

l l

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155

Pattino a scorrimento verticale a destra

2

2

0 0 0 0

60 0 0 0 0

20 0 0 0

0 0 0 0

60 0 0 0 0

40 0 0 0

j

EA EA

EJ

EJ EJ

DEA EA

EJ

EJ EJ

l l

l

l l

l l

l

l l

Carrello a scorrimento orizzontale a sinistra

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156

3 3 2

3 3 2

2 2

0 0 0 0 0 0

3 3 30 0 0

0 0 0 0 0 0

0 0 0 0 0 0

3 3 30 0 0

3 3 30 0 0

j

EJ EJ EJ

D

EJ EJ EJ

EJ EJ EJ

l l l

l l l

l l l

Carello a scorrimento verticale a sinistra

0 0 0 0

0 0 0 0 0 0

0 0 0 0 0 0

0 0 0 0

0 0 0 0 0 0

0 0 0 0 0 0

j

EA EA

DEA EA

l l

l l

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157

Carrello a scorrimento verticale a destra

0 0 0 0

0 0 0 0 0 0

0 0 0 0 0 0

0 0 0 0

0 0 0 0 0 0

0 0 0 0 0 0

j

EA EA

DEA EA

l l

l l

Doppia cerniera (biella)

0 0 0 0

0 0 0 0 0 0

0 0 0 0 0 0

0 0 0 0

0 0 0 0 0 0

0 0 0 0 0 0

j

EA EA

DEA EA

l l

l l

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158

Quadripendolo a sinistra e a destra

0 0 0 0 0 0

0 0 0 0 0 0

0 0 0 0

0 0 0 0 0 0

0 0 0 0 0 0

0 0 0 0

l l

l l

j

EJ EJ

D

EJ EJ