Esistenza di Dio

Embed Size (px)

Citation preview

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    1/224

    1

    INTRODUZIONE

    L'arco di tempo pi significativo per la vicenda della prova a priori dell'esistenza di

    Dio che costituisce il tema di questo saggio si dispiega tra Descartes e Kant. Le svolteche hanno modificato, trasformato e rilanciato -o minato alla radice, come moltipreferiscono pensare- l'antico argomento di Anselmo sono tutte operate all'internodella metafisica di Descartes, e la critica che Kant rivolge all'argomento ontologico modellata sulla particolare forma che la prova a priori ha assunto nelle paginecartesiane. L'argomento che Kant chiama ontologico la dimostrazione che Descartesavrebbe chiamato a priori. Tommaso, per parte sua, non avrebbe definito l'argomentodi Anselmo cui si richiama quello cartesiano n una dimostrazione n a priori. La

    cesura radicale passa tra il modo in cui Tommaso pensava l'argomento anselmiano e ilmodo in cui lo ripensa e lo riformula Descartes. Lascio a quel che segue la cura diillustrare e giustificare queste affermazioni, anche se la convinzione che vi sia unacoerenza e una specificit nella storia della metafisica tra Descartes e Kant , per certiaspetti, quasi una banalit.

    C' per un aspetto paradossale di questo studio, che salta agli occhi solo che siscorra l'indice del volume, e che merita qualche considerazione preliminare. Ho intesofare una storia dell'argomento a priori in epoca moderna. Eppure, il capitolo centrale

    del saggio, centrale nel senso che tutta la trama di questa storia si decide in quel luogo, dedicato alla prova che Descartes rielabora sul modello della prova causale tomista,di una prova a posteriori, dunque. In effetti, la vicenda subita dalla prova cosmologicaha una parte rilevante in questo studio. Ho cercato di mostrare come la strutturadell'argomento a priori moderno, pienamente dispiegata nelle Meditazioni cartesiane,si impossessi, in quelle stesse pagine, anche dell'argomento cosmologico di originetomista. L'argomento che Kant chiamer ontologico nasce, nelle pagine delleMeditazioni cartesiane, vitale e aggressivo. Non si limita ad affiancare l'argomentocosmologico, ma lo trascina nella sua logica e si avvale delle sue debolezze per darcorpo alla pretesa di essere l'unico argomento con cui sia possibile dimostrarel'esistenza di Dio. Cos, se l'argomento cosmologico vorr sopravvivere, dovr allearsicon l'erede moderno dell'argomento anselmiano, suo antico nemico di un tempo, eaccettare le modifiche che il nuovo dominatore gli imporr. L'alleanza risulter

    vantaggiosa per l'argomento ontologico, che, nella prova a posteriori, trover unrafforzamento delle proprie ragioni, ma svantaggiosissima per l'argomentocosmologico che vedr le sue sorti affidate alle fragili spalle della prova a priori.

    Il lettore avr certo riconosciuto qualcosa di familiare nelle tesi che ho appena

    esposto. Si tratta, nella sostanza, di quanto sosteneva Kant, a proposito del ruolo

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    2/224

    2

    privilegiato dell'argomento ontologico nella metafisica moderna. Questo saggio, permolti versi, offre elementi che giustificano l'analisi kantiana. Kant si aggiudica ilmerito di aver ricostruito la logica dell'innesto dell'argomento ontologico nel corpodell'argomento cosmologico, e di averla per primo raccontata, inscenando un

    romanzo filosofico, protagonista la ragione e le sue aspirazioni impossibili, unromanzo che si svolge tra la quarta antinomia e la critica della prova cosmologica.

    Le ragioni della erosione del 'vecchio' argomento cosmologico tomista che siconsuma tra Suarez e Descartes sono ragioni che, nel contempo, spiegano anche lemodifiche, o le scelte, che l'argomento ontologico cartesiano assume nei confrontidell'unum argumentum di Anselmo: la scelta di presentarsi come una vera e propriadimostrazione, sul modello delle dimostrazioni della matematica, e quella dirivendicare una piena intelligibilit dell'idea di Dio. Descartes convinto che la

    teologia di ispirazione aristotelica abbia fallito nel tentativo di dimostrare l'esistenza diDio. La prova cosmologica tomista, in quanto una prova empirica, in quanto devedesumere la conoscenza di Dio dal finito, incapace di raggiungere l'infinito. La causaprima, il primo motore, l'ente necessario di cui parla Tommaso devono ancoradimostrare di essere il Dio infinito della teologia giudaico-cristiana. Se aspira adimostrare che esiste Dio e non il primo principio della filosofia naturale, la provacosmologica deve sottomettersi alla logica della nuova prova a priori cartesiana, di unaprova nella quale la conoscenza di Dio non deve pi nulla all'esperienza. In questo

    modo, nel tentativo di rendere pienamente adeguata la ragione filosofica all'immaginegiudaico-cristiana di Dio, la teologia moderna si trova ad affidare il suo destino al piarduo argomento che la ragione abbia escogitato per dimostrare l'esistenza di Dio,quell'argomento che pretende che l'ateismo violi le leggi della logica, che la negazionedell'esistenza di Dio sia contraddittoria e impensabile.

    E' vero per che le argomentazioni 'antiche' non muoiono solo perch ne sono natealtre 'moderne', e la loro permanenza costituisce una reale ricchezza del pensierofilosofico. Quel che appare come una loro confutazione spesso un mutamentocomplessivo di atteggiamento e di presupposti, che non toglie alle teorie precedentiuna capacit di sopravvivenza e di vitalit. E' il caso della prova a posteriori tomista,che non solo sopravvive accanto al dilagare delle innovazioni che Descartes haimposto a quella prova, ma che, anzi, si oppone vigorosamente alla nuova provacosmologica, in piena consapevolezza delle scelte teologiche che sono in gioco. Diquesta sopravvivenza e di questa opposizione -assai autorevole, in terra inglese- hocercato di dare conto. Ma ho voluto anche segnalare l'insicurezza di coloro cherifiutano la rivoluzione teologica cartesiana: Locke un bell'esempio della ripresa dellaprova cosmologica tomista, e, insieme, della consapevolezza di quanto sia difficile il

    ritorno a Tommaso, dopo Descartes. Altro discorso andrebbe invece fatto per il

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    3/224

    3

    dominio inglese della teologia newtoniana, e del finalismo, che qui rimasto insecondo piano. Hume, peraltro, non mancher di rivolgere contro la teologianewtoniana quell'accusa di incapacit di raggiungere l'infinito, in nome della qualeDescartes aveva respinto la teologia tomista. Non ho poi voluto seguire, se non

    incidentalmente, gli esiti del rifiuto della teologia tomista nella cultura cartesiana. Ilmaggior rimpianto, naturalmente, per Malebranche, che, assieme ai molti eredi dellarivoluzione teologica cartesiana, stato qui sacrificato ad una ideale linea di sviluppoche passa da Descartes a Leibniz.

    Molti fattori hanno influito sulla moderna fortuna dell'argomento ontologico. Inprimo luogo, il razionalismo quale si afferma e domina il pensiero del Seicento, diquell'epoca, per dirla con Engels, nella quale "tutto dovette giustificare la propria

    esistenza davanti al tribunale della ragione o rinunciare all'esistenza."1In effetti,

    Descartes pone un'alternativa drammatica: o si pu giustificare l'esistenza di Diodavanti al tribunale della ragione, o si deve rinunciare all'esistenza di Dio, e la prova apriori cartesiana pretende giustappunto di dar conto del perch Dio esiste: la naturadi Dio la ragione della sua esistenza. In secondo luogo, la rinascita del platonismo.La prova a priori dell'esistenza di Dio, come tutti i grandi argomenti filosofici, unapianta che si sviluppa solo in particolari condizioni; ogni autore che la accetta siimpegna ad una qualche forma di platonismo delle essenze, e questo certamente ilcaso di Descartes, di Spinoza e di Leibniz. La rinascita del platonismo in epoca

    moderna, pur nota, meriterebbe di essere ripensata alla luce dell'impressionantesuccesso di un argomento che sostenibile solo all'interno di categorie platoniche. Ma,al di l di questi punti di riferimento, non va sottovalutato l'effetto della criticacartesiana alla teologia tomista, in quanto pretende di essere una indagine su Dioguidata dalla ragione, una critica cos difficile da respingere che molti teologi esitanti oaddirittura contrari all'argomento ontologico hanno poi ritenuto indispensabileabbandonare la vecchia prova cosmologica di Tommaso e abbracciare il nuovoargomento a posteriori cartesiano, senza accorgersi che, cos facendo, erano poiobbligati ad ammettere la legittimit dell'argomento ontologico, come far loro notareKant. Cosicch se l'analisi e la critica kantiane sono valide solo per il razionalismomoderno, la teologia precartesiana ha l'onere di cimentarsi con la critica cartesianaalla teologia tomista. Per parte sua, Kant l'ha ritenuta cos fondata da convincersi che ilpassaggio dall'impianto teologico tomista a quello cartesiano sia stata una mossainevitabile nella ricerca puramente razionale di Dio. Per questo la storia dell'ascesadell'argomento ontologico in epoca moderna coincide in larga parte con la storia dellaricerca razionale di Dio, e, se si accetta la confutazione kantiana di quell'argomento,anche con la storia del suo naufragio.

    1F. ENGELS, Anti-Dhring, in K. MARX e F. ENGELS, Werke, Berlin 1962, t. XX, p. 16.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    4/224

    4

    L'argomento cosmologico non accetter il dominio della prova a priori cartesianasenza subire profonde modifiche. La trasformazione pi appariscente, ma anche lapi radicale, subita dalla prova cosmologica, il passaggio dalle modalit temporali ocausali che regolano la prova a posteriori di matrice aristotelica alle modalit logiche

    della metafisica moderna. L'ente necessario della prova aristotelico-tomista era un enteeterno, un ente che esiste in tutti i tempi; l'ente necessario della prova cosmologicainaugurata da Descartes un ente la cui esistenza non pu essere negata senzacontraddizione, lo stesso ente di cui parla la prova ontologica. Una trasformazione,questa, che interessa non solo l'ambito teologico ma anche il pensiero ateo ematerialista. La metafisica, dopo Descartes, ruota attorno alla ricerca di un ente la cuiesistenza non possa essere negata senza contraddizione, di una esistenza necessaria, siaessa incarnata nello spazio, nella materia, in principi primi ignoti.

    Nell'imporre alla prova cosmologica di abbandonare le modalit temporali, anche laprova a priori dovr per rivedere i compromessi con quel sistema modale,compromessi che pure avevano caratterizzato la sua storia prima di Descartes.L'egemonia dell'argomento a priori cartesiano si rivela cos nella sua portata di radicalerivoluzione teologica. La presenza delle modalit temporali anche nell'argomento apriori precartesiano era infatti indicativa dell'egemonia della teologia a posteriori diorigine aristotelica, tanto quanto la loro emarginazione o la loro rielaborazione sianella prova a priori sia nella prova a posteriori il segno del passaggio alla guida della

    teologia moderna delle categorie di ascendenza platonica. Leibniz, nell'assumere perintero i risultati della meditazione teologica cartesiana, ripensa l'intero arco delle provedell'esistenza di Dio all'insegna dell'uso esclusivo delle modalit logiche. Del tuttopeculiare, per questa problematica, il caso di Spinoza. Ma anch'esso comprensibilesolo all'altezza della nuova era cartesiana.

    La storia dell'abbandono delle modalit temporali da parte dell'argomento a priorimerita di essere raccontata. Attraverso di essa si entra nella questione, aperta da un

    classico studio di Dieter Henrich sulla prova ontologica,2dell'esistenza di un 'secondo'argomento ontologico. Descartes, che pure avrebbe usato l'argomento anselmianonella quinta Meditazione, avrebbe poi, nella risposta alle prime obiezioni, dato vita adun secondo argomento, con una proposta teoricamente cos forte, da imporre unrilancio della prova ontologica per tutto il XVIII secolo. Tutti i grandi metafisici, daLeibniz a Wolff, l'avrebbero accettata e avrebbero utilizzato, di preferenza, il secondoargomento inaugurato da Descartes. Seguendo la traccia della struttura modaledell'argomento a priori, ho invece cercato di mostrare, nei primi due capitoli di questostudio, l'inconsistenza del cosiddetto 'secondo argomento ontologico', e, assieme, ho

    2D. HENRICH, Der ontologische Gottesbeweis, Tbingen 1967, trad. it. La prova ontologicadell'esistenza di Dio, Napoli 1983.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    5/224

    5

    cercato di comprenderne la genesi e le ragioni di successo. La storia modernadell'argomento a priori caratterizzata dalla progressiva eliminazione, come di uncorpo estraneo, di quello che Henrich considerava un argomento pi forte rispetto allaprova utilizzata da Descartes nella quinta Meditazione. Se esiste un 'secondo

    argomento ontologico' in epoca moderna, questo non l'argomento che Henrichaveva individuato nelle risposte di Descartes alle obiezioni rivolte alle sue Meditazioni,ma piuttosto quello che nasce dalle trasformazioni subite dalla prova a posteriori, eche, lungi dall'essere alternativo all'argomento a priori della quinta Meditazione, piuttosto di questo solidale alleato e sostegno. Di questa alleanza, Leibniz iltestimone consapevole e privilegiato. Di nuovo, Kant si aggiudica il merito di averconfutato l'unico argomento ontologico formalmente valido ed effettivamentedominante a partire da Descartes. Di questa confutazione non mi occupo se non

    indirettamente, in questo saggio. Il che pu forse apparire paradossale, in uno studioche si conclude con Kant. Ma la storia che qui racconto in primo luogo quelladell'ascesa e dell'egemonia dell'argomento ontologico. Ad altri, narrare la storia dellasua sconfitta.

    Desidero esprimere tutta la mia gratitudine agli amici che mi sono stati generosi delloro tempo e della loro competenza, aiutandomi nella stesura e nella revisione diquesto lavoro con suggerimenti e critiche. Franco Chiereghin, Massimo Mugnai e

    Marzio Vacatello hanno letto una prima versione di questo lavoro. Come immaginavo,le loro numerose osservazioni mi sono state di grandissimo aiuto per migliorare ecorreggere il testo, e la loro affettuosa disponibilit mi ha rinnovato il piacere diparlare di filosofia con studiosi che mi sono affini per interessi e per atteggiamento.Con Alberto Gajano ho avuto modo di discutere sovente dei temi di questo saggio, ene ho ricavato indicazioni preziose. Ho poi cercato di far tesoro delle obiezioni e delleindicazioni di Gino Roncaglia. Confido ora nella loro indulgenza per il cattivo uso chedovessi aver fatto dei suggerimenti che ho accolto numerosi nella versione finale.Paolo Leonardi non ha solo contribuito con la sua attenta lettura e le sue osservazionialla stesura di questo lavoro, ma mi ha anche costantemente incoraggiato atrasformare alcune idee e intuizioni sparse in un progetto organico. Spero di non averdeluso le sue aspettative. Pietro Rossi mi ha simpaticamente aiutato e incoraggiato apubblicare questo studio. La fresca attenzione e le osservazioni degli studenti del corsodi Filosofia delle religioni che ho tenuto a Venezia nell'anno 1991-92 mi hanno moltoaiutato a mettere a fuoco le idee di questo lavoro.

    Nel quinto capitolo di questo studio ho rifuso il saggio La prova a prioridell'esistenza di Dio nel Settecento inglese. Da Cudworth a Hume, comparso nel

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    6/224

    6

    "Giornale critico della filosofia italiana" nel 1989. Ringrazio la direzione della Rivistaper avermi consentito di utilizzarlo.

    Capitolo I

    Un argomento 'ontologico' aristotelico

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    7/224

    7

    I.1 In aeternis idem esse et posse.

    L'argomento ontologico , in primo luogo, un esercizio sul potere delle modalit edelle definizioni. La sua pretesa di ridurre a contraddizione chi, accettando una

    definizione adeguata di Dio -ente perfettissimo, o ente di cui non si pu pensare ilmaggiore-, ne neghi poi l'esistenza. La sola analisi del concetto di Dio dovrebbedimostrare che l'esistenza di Dio necessaria o impossibile, escludendo il caso che

    vale invece per tutte le altre cose, ovvero che siano possibili, ma non esistano.Possibile, necessario e impossibile sono i concetti chiave con cui questadimostrazione viene condotta. Cos da aspettarsi che significative variazioni nelmodo di intendere le modalit abbiano inciso sia sulla struttura della prova sia sullasua credibilit.

    Quello che passa solitamente per l'argomento anselmiano pretende appunto diridurre a contraddizione colui che, pur comprendendo il significato dell'espressione'ente di cui non si pu pensare il maggiore', neghi l'esistenza di un tale ente. Infatti, sel'ente di cui non si pu pensare il maggiore non esistesse, esso sarebbe un ente di cuisi pu pensare il maggiore, poich si potrebbe pensare ad un ente che, oltre cheesistere nel pensiero, esistesse anche nella realt, e quest'ultimo sarebbe maggiore delprimo. Le modalit utilizzate in questo argomento sono modalit logiche. E'impossibile, ossia contraddittorio che un ente di cui non si pu pensare il maggiore

    non esista nella realt. L'ipotesi iniziale, poi, che si comprenda il significato del nome'Dio', sembra presupporre la possibilit logica della definizione di Dio: il concetto diun ente di cui non si pu pensare il maggiore almeno pensabile, ossia possibile,

    ossia non contraddittorio.3Le modalit logiche, del resto, costituiscono la strutturaportante della ripresa moderna dell'argomento anselmiano, in Descartes e in Leibniz.

    Ci domanderemo ora se sia possibile costruire -e se di fatto si sia costruito- unargomento a priori per dimostrare l'esistenza di Dio, a partire da un'altra concezionedelle modalit, e segnatamente dalla concezione temporale delle modalit, ovvero da

    3ANSELMO di CANTERBURY, Proslogion II :" ..certe ipse idem insipiens, cum audit hocipsum quod dico: 'aliquid quo maius nihil cogitari potest', intelligit illud esse. ... Et certe id quomaius cogitari nequit, non potest esse in solo intellectu. Si enim vel in solo intellectu est, potestcogitari esse et in re, quo maius est. Si ergo id quo maius cogitari non potest, est in solo intellectu:id ipsum quo maius cogitari non potest, est quo maius cogitari potest. Sed certe hoc esse nonpotest. Existit ergo procul dubio aliquid quo maius cogitari non valet, et in intellectu et in re."

    Non entro qui nella delicata questione di come debba interpretarsi la presenza del nome 'Dio'nell'intelletto dell'insipiente, ossia di come sia possibile pensare la proposizione 'l'ente di cui non sipu pensare il maggiore non esiste'; su cui sono da vedere le pagine di M. Dal Pra, Discorso,concetto e realt nel pensiero di Anselmo, in Logica e realt. Momenti del pensierio medievale,Milano 1974.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    8/224

    8

    quelle nozioni di possibilit, impossibilit e necessit presenti in alcuni luoghi diAristotele, e che Aristotele elabora analizzando la coppia potenza-atto. In base aquesta concezione delle modalit, possibile quel che si realizza almeno una volta (lacui esistenza vera in qualche tempo), impossibile quel che non si verifica mai (la cui

    esistenza falsa in ogni tempo), e necessario quel che si verifica sempre (la cuiesistenza vera in ogni tempo).4Il possibile si deve realizzare almeno una volta peressere tale, in virt della tesi secondo la quale l'atto che rivela la potenza, e nientepu quindi dirsi possibile (in potenza) se non si attualizza mai: l'esistente la misuradel possibile. Questa concezione delle modalit retta dal principio che Lovejoy ha

    reso familiare col nome di 'principio di pienezza'. 5In base a questa accezione della possibilit, Aristotele, nel terzo libro della Fisica,

    elabora per gli enti eterni la formula che, come vedremo, costituir il nucleo portante

    di una prova 'ontologica' dell'esistenza di Dio alternativa alla prova 'standard'

    4ARISTOTELE, Metafisica, IX, 1047b: "Se vero che il possibile ... ha una sua esistenza nellamisura in cui pu essere realizzato, allora senz'altro falso che una determinata cosa possibile manon si realizzer mai; in tal caso noi, di conseguenza, perderemmo di vista le cose che sonoimpossibili."

    Maimonide restringe questa accezione del possibile (ci che vero in qualche tempo) alle specie.Cfr. MOSES MAIMONIDES, lettera a R. Samuel Ibn-Tibbon, cit. in S. MUNK, Commento a LeGuide des Egars, Paris 1859 ss., II, p. 39: "Quand le possible se dit d'une espce, il faut qu'ilexiste rellement dans certains individus de cette espce: car, s'il n'existait jamais dans aucunindividu, il serait impossible pour l'espce, et de quel droit dirait-on alors qu'il est possible?... Il

    n'en est pas de mme du possible qui se dit d'un individu: car, si nous disons qu'il se peut que cetenfant crive ou n'crive pas, il ne s'ensuit pas de cette possibilit que l'enfant doivencessairement crire un moment quelconque. Ainsi donc, le possible dit d'une espce n'est pas, proprement dire, dans la catgorie du possible, mais est en quelque sorte ncessaire." Questasembra essere stata anche l'opinione di Boezio. Cfr. In Periherm. I, 120.25-121.16.

    Sulla questione cfr. il bel saggio di L. ALANEN e S. KNUUTTILA, The Foundations ofModality and Conceivability in Descartes and his Predecessors (con ampia bibliografia), in S.KNUUTTILA, Modern Modalities, Dordrecht/Boston/London 1988, pp. 1-69, e anche S.KNUUTTIlA, Time and Modality in Scholasticism, in S. KNUUTTILA ed., Reforging the GreatChain of Being, Dordrech/Boston/London 1981, pp. 163-257.

    Sulle modalit in Aristotele si veda J. HINTIKKA, Time and Necessity: Studies in Aristotle's

    Theory of Modality, Oxford 1973, J. HINTIKKA, Aristotle on the Realization of Possibilities inTime e R.M. DANCY, Aristotle and the Priority of Actuality, in S. KNUUTTILA ed., Reforgingthe Great Chain of Being cit. , pp. 57-72 e 73-115. Le tesi di Hintikka e di Knuuttila sono statediscusse da molti studiosi. J. Van RIJEN, Aspects of Aristotle's Logic of Modalities, Dordrecht1989, contesta radicalmente il modello di Knuuttilla. Van Rijen ha sicuramente ragionenell'opporsi alla pretesa che le modalit temporali siano le uniche operanti in Aristotele, ma nonconvince quando tenta di espungerle da ogni luogo aristotelico in cui compaia in modosignificativo la nozione di possibile e di necessario.

    S. Knuuttila riprende ora le sue tesi, con significative sfumature e arricchimenti in Modalities inMedieval Philosophy, London 1993.

    5A.O. LOVEJOY, The Great Chain of Being. A Study of the History of an Idea Harvard 1936.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    9/224

    9

    attribuita ad Anselmo e a Descartes. Essa cos recita: "....nelle cose eterne non vi

    alcuna differenza tra il poter essere e l'essere".6E' bene chiarire subito che, se veroche in questo luogo operante il principio di pienezza, Aristotele non pensa qui didimostrare l'esistenza degli enti eterni a partire dalla loro definizione; in altre parole,

    Aristotele non ritiene di aver prodotto, con questa formula, un argomento a priori,come risulta chiaro non appena si precisa il senso di 'poter essere' o di 'esserepossibile'. Se in qualche tempo vero che un ente eterno esiste (se l'ente eterno possibile), allora la sua esistenza vera in ogni tempo (quell'ente necessario), il chenon pu dirsi, ovviamente, per gli enti non eterni: questi ultimi sono possibili (la loroesistenza vera in qualche tempo) anche se in un qualche altro tempo non esistono.L'argomento aristotelico assume l'esistenza in qualche tempo dell'ente eterno e, sulla

    base di questa assunzione, ne deduce l'esistenza attuale e in ogni tempo.7 Dal

    momento che l'esistente il metro del possibile, sar necessario dimostrarepreliminarmente che gli enti eterni esistono, per poterli dire possibili, e a questoscopo si possono utilizzare le prove che Aristotele, nella Fisica e nella Metafisica,costruisce a partire dall' osservazione del cambiamento, ossia a partire dall'esistenza

    di enti contingenti.8L'esistenza, e quindi la possibilit, dell'ente eterno il risultato

    dell'indagine cosmologica.Le modalit aristoteliche che ci interessano, si diceva, sono modalit temporali: gli

    enti contingenti sono gli enti che nascono e periscono, enti che esistono in un tempo

    e non esistono in un altro, mentre l'ente necessario, l'ente sempre in atto checonsente il passaggio dal non essere all'essere degli enti finiti, l'ente eterno, l'ente

    che esiste in ogni tempo.9Ora, purch si escluda che un ente possa venire all'esistenza senza essere causato, ipotesi la cui implicita esclusione rafforza il sapore

    6ARISTOTELE, Fisica, III, 203b, 30. Cfr. anche Metafisica, IX, 1050b: "...nessuna cosa che siaeterna ha un'esistenza potenziale."

    7Il luogo aristotelico pi significativo, a questo proposito, De Caelo, I, 12. Si veda 281b: "tutto

    ci che sempre, senz'altra determinazione, incorruttibile." Anche su questo luogo aristotelico, esull'operare in esso del principio di pienezza in atto un acceso dibattito. Ne d conto J. VanRIJEN, op. cit., p. 73 ss.

    8Se ne veda una buona esposizione in J. VUILLEMIN, De la logique la thologie. Cinq tudessur Aristote, Paris 1967, p. 164 ss. e W.L. CRAIG, The cosmological argument from Plato toLeibniz, London and Baingstoke 1980, p. 20 ss.

    9Si veda soprattutto de Generatione et Corruptione, II.9, 335a-b: "...alcune cose esistonodi necessit, ad esempio quelle eterne; altre, invece, di necessit non esistono ... alcune,infine, possono tanto esistere quanto non esistere, ed questo, appunto, il caso delgererabile e del corruttibile, giacch questo talora e talora non ."

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    10/224

    10

    deterministico dell'interpretazione aristotelica delle modalit,10questa nozione dipossibilit pu essere tradotta legittimamente in una accezione causale dellapossibilit: per ogni possibile esiste, in un qualche tempo, una causa che lo portaall'esistenza.

    Una premessa si deve per aggiungere per comprendere il passaggio da ci che temporalmente necessario a ci che causalmente necessario. L'ente causalmentenecessario, al contrario dell'ente causalmente contingente, dovrebbe avere in se stessola causa della propria esistenza: infatti, se la causa di esistenza interna ad un ente (sequesto ente pu esistere per forza propria), esso esister sempre, ovvero sar semprein atto, ovvero sar eterno e necessario: nel suo caso infatti la possibilit (il darsi diuna causa che lo porti ad esistere) non distinguibile dall'esistenza attuale. L'ente cheha in s la causa di esistenza perci eterno e sempre in atto. Con questa aggiunta la

    formula In aeternis idem esse et posse pu essere traslitterata nel linguaggio dellemodalit causali: ci che esiste per forza propria, se esiste una volta (ossia se possibile) esiste sempre, al contrario di ci che esiste per causa altrui. Ora Aristotele,nella prova dell'esistenza di un primo motore eterno del VII della Fisica esclude cheun ente possa muovere se stesso. Ma nell'VIII libro discute, come anello di passaggiotra gli enti mossi da altro e l'ente non mosso da altro, dell'esistenza di enti mossi da sestessi. A proposito di tali enti, nella Metafisica, Aristotele affermer esplicitamenteche essi sono sempre in atto, in quanto hanno in s il principio del movimento: "Gli

    esseri incorruttibili sono imitati anche da quelli che sono continuamente soggetti alcangiamento, come la terra e il fuoco. Anche questi, infatti, sono sempre in atto,

    perch posseggono il movimento in virt di se stessi e in se stessi." 11Sia nel caso dell'ente eterno sia nel caso dell'ente che ha in s il principio del

    movimento, quel che si intende dimostrare non che esistono enti eterni o enti chehanno in s la causa del proprio mutamento, ma che se esistono enti di tal fatta, laloro esistenza eterna, ossia vera in ogni tempo.

    10L'esclusione di un cambiamento incausato implicata nel principio secondo il quale 'tutto ciche mosso mosso da altro' (Fisica, VII, 241b), ossia nel principio secondo il quale ilcambiamento, ovvero il passaggio dalla potenza all'atto, che poi il modello sul quale si costruiscequesta nozione di possibilit, sia sempre causato da altro, assunzione esplicita in Aristotele ecostante dall'aristotelismo.

    11ARISTOTELE, Metafisica, IX, 1O50b. Corsivo mio. Cfr. anche MAIMONIDES, Le Guidedes gars cit., introd. alla seconda parte, prop. XVIII: "Toutes les fois que quelque chose passe dela puissance l'acte, ce qui l'y fait passer est autre chose que lui, et ncessairement est en dehors delui: car, si ce qui fait passer ( l'acte) tait en lui, et qu'il n'y et l aucun empchement, il neresterait pas un instant en puissance, mais serait toujours en acte." Corsivo mio.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    11/224

    11

    Le modalit temporali e le modalit causali sono state denominate modalit'statistiche', proprio perch, al loro interno, considerato possibile solo ci che si

    realizza.12Questa interpretazione delle modalit largamente presente in tutta lascolastica; ad essa vengono affidate argomentazioni rilevanti per la teologia e la

    metafisica13ed essa affianca apparentemente indisturbata la spinta verso unainterpretazione logica delle modalit, e verso il riconoscimento di enti possibili chenon esisteranno mai, una spinta che proviene soprattutto dalla riflessione sull'

    onnipotenza divina e sul libero arbitrio.14

    Se il ragionamento aristotelico parte dall'esistenza per stabilire la possibilit, la suaformula relativa agli enti eterni -In aeternis idem esse et posse- non pu esserescambiata per una prova a priori dell' esistenza di enti eterni. Ma proviamo a vederecosa accadrebbe se, invece di partire dall' esistenza in qualche tempo di un ente per

    dichiararlo possibile, si volesse stabilire la possibilit di quell'ente attraverso la noncontraddittoriet della sua definizione, e si applicasse a questo livello il principio inbase al quale ci che possibile esiste in qualche tempo. Ovvero, proviamo a vederecosa accadrebbe se la definizione privilegiata del possibile divenisse quella logica, madella struttura modale temporale rimanesse la convinzione che il possibile, se

    veramente tale, deve esemplificarsi in un momento del tempo. In questo caso, ilprincipio di pienezza prenderebbe la forma di un appiattimento delle modalit logichesulle modalit temporali e causali, alle quali tutte verrebbe attribuita la stessa

    estensione, e il motto aristotelico In aeternis idem esse et posse non dimostrerebbepi l'esistenza in ogni tempo di un ente eterno a partire dalla sua esistenza in qualchetempo, ma dimostrerebbe l'esistenza di un ente eterno a partire dalla non

    12Cfr. J. HINTIKKA, Time and Necessity cit. e S. KNUUTTILA ed., Reforging the great Chainof Being cit., passim.

    13Per fare solo un esempio, a questa concezione delle modalit si affida Tommaso, all'internodella dimostrazione dell'esistenza di un ente necessario. Cfr. Summa Theologiae, I, qu. 2, a.3, incorp. Se tutte le cose fossero "possibilia non esse" argomenta Tommaso, allora "aliquando nihil

    fuit in rebus" Questo passaggio si regge solo assumendo che ci che pu non essere, in un qualchetempo non sia, ovvero interpretando la possibilit come potenzialit che si attualizzanecessariamente in un qualche tempo. S. KNUUTTILA, (Time and modality cit, p. 214) ricordagiustamente questo luogo di Tommaso come "the best known mediaeval example of the statisticalinterpretation of modality". Per un altro esempio, si veda oltre, nota 18.

    14Questa spinta decisamente predominante in Scoto. Cfr. S. KNUUTTILA, Time and modalitycit. p. 217 ss. Ma non mancano esempi significativi anche prima di Scoto, come riconosce oraanche S. KNUUTTILA, Modalities in Medieval Philosophy cit. Per l'onnipotenza divina, si vedanoi contributi di F. Oakley, Omnipotence, Covenant, and Order, Ithaca and London, 1984 W. J.Courtenay, The Dialectic of Divine Omnipotence, in Covenant and Causality in Medieval

    Thought, London 1984, E. Randi, Il sovrano e l'orologiaio, Firenze 1986.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    12/224

    12

    contraddittoriet del suo concetto, ovvero il motto aristotelico offrirebbe il destro peruna prova dell'esistenza dell'ente eterno a partire dalla non contraddittoriet della suadefinizione. Infatti, in base a tale assunto, se la definizione di un ente non contraddittoria, quell'ente esiste in qualche tempo (per l'operare del principio di

    pienezza ), ma se ad essere non contraddittoria la definizione di ente eterno, allorala sua possibilit implica l'esistenza necessaria, ovvero l'esistenza in ogni tempo.Inversamente, se l'ente eterno non esiste in qualche tempo, la sua esistenza impossibile, e quindi la sua definizione deve implicare contraddizione. Il principio dipienezza costituirebbe cos una formidabile controspinta, interna all'aristotelismo,rispetto all'impianto a posteriori della teologia di ispirazione aristotelica. Tanto questanega che sia possibile ricavare un' esistenza da una definizione, tanto il principio dipienezza spinge proprio su quella strada. Si tratta ora di verificare se questa

    utilizzazione del principio di pienezza sia solo un' ipotesi costruita a tavolino o seabbia invece un qualche riscontro effettivo.

    Una illustre ripresa dell'argomento aristotelico, deformato nel senso cui si accennato, dato trovare nelle versioni della dimostrazione dell'esistenza di Dioproposte da Duns Scoto. Prenderemo qui in esame il commento al primo Libro delleSentenze. In quel luogo, Scoto elabora un complesso argomento cosmologico, ma la

    struttura a posteriori dell'argomentazione si apre pi volte su un impianto a priori.15La prova, ridotta all'essenziale, una prova causale, che parte dall'esistenza di enti

    causati (o meglio causabili) da altro, per giungere, attraverso la negazione del regressoall'infinito, ad una causa prima incausabile. Per dimostrare che il regresso all'infinito impossibile, Scoto elabora cinque argomentazioni. L'ultima quella che ci interessa: ilregresso all'infinito impossibile perch una causa prima incausata possibile; ma seuna causa prima possibile, essa esiste, e se esiste una causa prima, il regressoall'infinito impossibile. Tra le cinque argomentazioni, questa quella preferita daScoto. Infatti le altre quattro sono costruite sull'esperienza, e fanno quindi parte delleprove "ex contingentibus"; quest'ultima, invece, costruita a partire dal concetto dipossibile, e, come tutte le prove che assumono una premessa "de natura quiditate, etpossibilitate", essa fa parte delle prove "ex necessariis".

    Il ragionamento di Scoto si compone di due parti: nella prima si dimostra che lacausa prima incausata possibile; nella seconda che, se la causa prima possibile,allora esiste. L'efficacia causale -argomenta Scoto- una perfezione; dunque putrovarsi in un ente senza imperfezioni. Ma essere causato da altro una imperfezione,dunque possibile una causalit efficiente in un ente non causato da altro, ovvero

    15Cfr. W.L. CRAIG, The cosmological argument cit., p. 205 ss., p. 221 ss.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    13/224

    13

    possibile una causa prima.16In che senso possibile? Nel senso che non contraddicen il concetto di causalit efficiente n quello di somma perfezione: non contraddittorio che una causa efficiente sia incausata, ovvero non contraddittorioche la perfezione di essere causa appartenga ad un ente, senza l'imperfezione di essere

    effetto. Si tratta di una possibilit puramente logica, che considera solo lacompatibilit di due nozioni: quella di causa e quella di perfezione.

    Ed ecco, subito dopo, l'annuncio della seconda parte della prova, ossia delpassaggio dalla possibilit alla esistenza della causa prima: "e tanto basta, perch pioltre concluderemo da questo che una tale causa efficiente prima, se possibile, esistedi fatto..." Pi oltre, Scoto prova che la causa prima esiste, se possibile, esiste,appoggiandosi esclusivamente sul suo carattere incausato. Ci che non a se nonpu mai divenire a se, altrimenti il non essere produrrebbe l'essere, e un ente

    produrrebbe se stesso, cosicch la sua esistenza sarebbe causata, contro ladefinizione che lo pone, appunto, come a se, ossia come incausabile. Quindi, se l'entea se non esistesse la sua esistenza sarebbe impossibile. Ma l'esistenza dell'ente a se possibile, dunque l'ente a se esiste. Ancora: l'ente primo incausabile, dunque se puesistere perch non contraddice al concetto di ente (non contradicit entitati), ne segue

    che pu esistere per s, e cos esiste per s.17

    16J. DUNS SCOTI Ordinatio I, Dist. 2, pars 1, q.1-2, 53, in JOANNIS DUNS SCOTI, OperaOmnia, studio et cura commissionis scotisticae praes.P.C. Balic, Civitas vaticana 1950, II, pp. 158-9: "... effectivum nullam imperfectionem ponit necessario; ergo potest esse in aliquo sineimperfectione. Sed si in nulla causa est sine dependentia ad aliquid prius, in nullo est sineimperfectione. Ergo effectivitas independens potest inesse alicui naturae, et illa est simpliciterprima: ergo effectibilitas simpliciter prima est possibilis". Sottolineatura mia.

    17Ivi, Dist. 2, pars 1, q.1-2, 58-59, pp. 164-65: "Primum effectivum est in actu exsistens et aliquanatura exsistens actualiter sicut est effectiva. Probatio istius: cuius rationi repugnat esse ab alio,illud si potest esse, potest esse a se; sed rationi primi effectivi repugnat esse ab alio... et ipsumpotest esse, sicut patet ex prima ubi posita est quinta probatio ad a, ... Ergo effectivum simpliciter primum potest esse ex se. Quod non est a se, nonpotest esse a se, quia tunc non-ens produceret aliquid ad esse, quod est impossibile, et adhuc, tuncillud causaret se et ita non erit incausabile omnino.... in ratione talis primi maxime includitur incausabile ...; ergo si potest esse (quia non contradicitentitati...), sequitur quod potest esse a se, et ita est a se."

    Cfr. anche De primo principio, III, 4, revised text and translation by E. Roche, Louvain 1949,pp. 48-5O: "Cui repugnat esse ab alio, si est possibile, est ... Probatur: cuius rationi repugnat posseesse ab alio, illud si potest esse, potest esse a se ... et ita est a se."E' evidente che Scoto parte dall'assunto che non si possa pervenire all'esistenza senza una causa.

    Su questo punto insiste molto R. WOOD, Scotus's argument for the existence of God,"Franciscan Studies", 47 (1987), pp. 257-277. L'assunto di Scoto, peraltro, deriva da quelloaristotelico, secondo il quale 'ci che si muove mosso da altro'. Vedi sopra nota 6.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    14/224

    14

    Qui palese sia l'assunzione di partenza del possibile come non contraddittorio sialo slittamento da una nozione logica ad una causale di possibilit: se l'ente a se nonesistesse, niente potrebbe produrlo, ossia l'ente a se non sarebbe possibile(causalmente); ma l'ente a se possibile (logicamente), come stato provato quando

    si dimostrato che la sua nozione non contraddittoria, dunque l'ens a se esiste. E, inmargine, l'editore seicentesco rimanda al luogo aristotelico che, del tuttopertinentemente, gli pare all'origine di questa argomentazione: "In aeternis idem esse

    et posse. 3. Physic. t. 32."18La formula aristotelica, grazie all'assunzione dellemodalit logiche per determinare la possibilit, divenuta una prova dell'esistenza

    dell'ente incausato a partire dalla non contraddittoriet della sua definizione.19A ragion veduta ho parlato qui di 'slittamento' da una nozione logica ad una causale

    di possibilit e non di una sovrapposizione o di una indistinzione, come era nella

    teoria aristotelica delle modalit. Duns Scoto, infatti, offre la prima formulazioneineccepibile della distinzione tra modalit logiche e modalit causali-temporali, econtesta consapevolmente ed esplicitamente la loro sovrapposizione -e

    18Cfr. I. DUNS SCOTI Quaestiones in Lib. I Sentent.,in Opera omnia, ed. L. Wadding, Lugduni1639, anastatica Olms, Hildesheim 1968, vol. V,I, p. 249.

    La stessa interpretazione dell'aristotelico in aeternis idem esse et posse la troviamo in Suarez, inun argomento teso a dimostrare, per assurdo, l'unicit dell'ente a se. Cfr. Disputationesmetaphysicae, Disp. XXIX, sect. III, XV. Se fossero logicamente possibili pi enti a se, neesisterebbero di fatto tanti quanti fossero possibili, ovvero un numero infinito, poich in aeternis

    idem esse et posse; ma ci assurdo, quindi uno solo deve essere possibile. "Quot autem essentpossibilia, tot necessario essent; nam in his maxime verum habet illud axioma; In aeternis idemesse et posse..."

    19Lo slittamento modale stato notato da J.D. ROSS, Philosophical Theology, Indianapolis 1969.Ross difende comunque l'argomento di Scoto cercando di dimostrare l'equivalenza tra modalitlogiche e modalit reali. A questo tentativo si opposto, del tutto legittimamente, G.R. MAYES,Ross and Scotus on the existence of God: two proofs from possibility, "The Thomist" 54 (1990),pp. 97-114. Mayes pretende per che l'argomento di Scoto sia comunque valido, perch esso sisvolgerebbe sempre e solo sul piano delle modalit reali. Ed quanto appare inaccettabile. CheScoto si muova sempre su quello che chiamava il piano 'metafisico' e non sul piano logico era gitesi di E. GILSON, Jean Duns Scot. Introduction a ses positions fondamentales, Paris 1952, p.128 ss. Ma, nel caso in questione, anche Gilson riconosceva che la premessa di partenza -unaprima causa incausata possibile- intendeva riferirsi alla non contraddittoriet della causa prima,ivi, p. 142. Mayes sostiene invece che la possibilit dell'ente incausato anch'essa una possibilitreale, in quanto ricavata dall'esistente. Per dimostrarlo, obbligato a far dipendere la possibilitdella causa prima dalla dimostrazione della sua esistenza, inferita a posteriori attraversol'impossibilit del regresso all'infinito. Ma in questo luogo di Scoto le cose si svolgono esattamenteall'opposto dello schema proposto da Mayes: non l'impossibilit del regresso all'infinito cheprova che c' una causa prima, e quindi che essa possibile, ma l'esistenza della causa prima(dimostrata attraverso la sua possibilit) che prova l'impossibilit del regresso all'infinito. Ladimostrazione dell'esistenza di una causa prima occupa infatti il quinto posto di una serie diargomentazioni volte a dimostrare "quod infinitas essentialiter ordinatorum est impossibilis."

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    15/224

    15

    conseguentemente il principio di pienezza- con la limpida elaborazione di una

    metafisica dei mondi possibili20. E' quindi legittimo parlare di un vero e proprioslittamento dall'una all'altra modalit; nello stesso tempo il caso di osservare comeuna buona teorizzazione della distinzione tra modalit logiche e modalit causali, e un

    rifiuto del loro appiattimento in ottemperanza al principio di pienezza non mette alriparo sempre e comunque da errori modali, soprattutto l dove la tradizione puaver creato una forte inerzia concettuale. La distinzione modale, in questo caso,serve a Scoto solo per partire dalla definizione logica del possibile, per poi, per,cadere nella antica richiesta che il possibile, per essere tale, esista in qualche tempo. E'l'accoppiata di una novit (la chiarezza sulla definizione logica del possibile e ilprivilegiamento di questa definizione del possibile) e di una inerzia concettuale (tuttoil possibile si realizza in qualche tempo) a trasformare il motto aristotelico 'in aeternis

    idem esse et posse' in una vera e propria prova dell'esistenza di un ente incausato apartire dalla sua definizione.

    Il ragionamento di Scoto si costruisce abbinando l'assunto dell' universalit delnesso causale (tutto ci che incomincia ad essere causato) all' esplicita esclusione

    della possibilit di una autocausalit. 21Scoto infatti non inferisce dalla possibilitdella causa prima il darsi di una causa interna della sua esistenza, per poi inferire daquesta l'esistenza eterna della causa prima, ma inferisce dalla possibilit della causaprima la sua esistenza in forza del suo essere incausata e incausabile. E questo perch

    Scoto respinge rigorosamente, con Aristotele, e, soprattutto, con Tommaso, l'idea diuna autocausalit o di una causa sui.22La causa prima non causa di se stessa, ma

    incausata e incausabile, e quindi, se possibile, deve esistere, perch, se non esistesse,non potrebbe mai darsi una causa che la porti all'esistenza. L'universalit del legamecambiamento-causa mantenuta, ma il rifiuto dell' idea di una autocausalit fa s che,

    20Cfr. I. DUNS SCOTO, De primo principio IV, 4, p. 84: "Non dico hic contingensquodcumque non est necessarium nec sempiternum, sed cuius oppositum posset fieri quandoistud fit." Analogamente Ordinatio I, d. 2, p.1, q.1-2, n. 86.

    Si veda L. ALANEN and S. KNUUTTILA, The Foundations of Modality cit., p. 35 e S.KNUUTTILA, Being qua Being in Thomas Aquinas and John Duns Scotus, in S. KNUUTTILAand J. HINTIKKA eds., The Logic of Being: Historical Studies, Dordrecht 1986, pp. 201-222.

    21I. DUNS SCOTI Ordinatio I, Dist. 2, pars 1, q.1-2, 43, cit. p. 151: "...nulla res est, quae seipsam faciat vel gignat."

    22Cfr. TOMMASO, Summa theologiae, I, q. 2, a. 3, in corp. :"...nec est possibile, quod aliquid sitcausa efficiens sui ipsius; quia sic esset prius seipso, quod est impossibile." E SCOTO, Quaestionesin Lib. I Sent., Dist. II, q. II, 16, p. 249. La posizione di Scoto e di Tommaso deriva dallaesclusione aristotelica dell'autocinesi del primo motore, netta soprattutto nella prova dell'VII dellaFisica.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    16/224

    16

    laddove non possa darsi una causa esterna di esistenza -e nel caso della causa primaquesta eventualit esclusa per definizione-, o siamo di fronte ad una esistenzanecessaria o ad una esistenza impossibile. Che non sia quest'ultimo il caso, lo sidimostra attraverso la non contraddittoriet dell'ente incausato. Per comprendere la

    prova di Scoto sono dunque necessari tre presupposti: lo slittamento dalle modalitlogiche alle modalit causali, l'universalit del nesso causale (tutto quel che viene adesistere determinato da altro all'esistenza), e il rifiuto della autocausalit.

    Se si ricostruisce correttamente l'argomento di Scoto, si risolve anche un dilemmache ha diviso la letteratura sul Dottor sottile. Scoto rifiuta esplicitamente la possibilitdi accedere ad una conoscenza dell'esistenza di Dio a partire dalla sua definizione,

    perch in via l'intelletto finito non pu conoscere Dio per essentiam.23 D'altrocanto, la prova sopra riportata indubbiamente una prova dell'esistenza dell'ente

    incausato a partire dalla sua definizione.24 Orbene, questi due aspetti del pensieroteologico scotista non si contraddicono perch la prova di Scoto non prevede inalcun modo l'opzione per una teologia positiva e per il possesso di una definizionereale dell'essenza divina. La definizione su cui si innesta la dimostrazione infattiquella di 'ente incausato e incausabile'; si tratta di un concetto per eccellenza negativoe compatibile con l'impossibilit per l'intelletto umano di guadagnare una definizionereale di Dio.

    La prova scotista si rivela in grado di resistere anche agli attacchi che Tommaso

    aveva rivolto ad Anselmo. E' impossibile dimostrare che Dio esiste partendo da unasua definizione -aveva sostenuto Tommaso- perch non possediamo una conoscenza

    23Cfr. Ordinatio, I, Dist. 2, pars 1, q.1-2, 26, cit., pp. 138-39: "Sed si quaeratur an esse insit alicuiconceptui quem nos concipimus de Deo, ita quod talis propositio sit per se nota in qua enuntiaturesse de tali conceptu, puta ut de propositione cuius extrema possunt a nobis concipi ... dico quodnulla talis est per se nota..." e 39, p. 148 :"...de ente infinito sic non potest demostrari esse propterquid quantum ad nos, licet ex natura terminorum propositio est demonstrabilis propter quid. Sedquantum ad nos bene propositio est demonstrabilis demonstratione quia, ex creaturis." Per lacompatibilit della tesi scotista secondo la quale la proposizione 'Deus est' non per s nota quoadnos con la riproduzione di un argomento assai vicino a quello anselmiano nel De primo principio

    si veda E. GILSON, Jean Duns Scot cit., p. 165 ss.

    24Cfr. A. KOYRE', Essai sur l'ide de Dieu et les preuves de son existence chez Descartes, Paris1922, p. 195. W.L.Craig cerca invece di dimostrare che l'argomento sembra a noi a priori ma aScoto doveva sembrare a posteriori. Cfr. The cosmological argument cit., p.222-23. La critica diincoerenza a Scoto su questo punto di antica data. Cfr. E. PLUZANSKI, Essai sur la philosophiede Duns Scot, Paris 1888, p. 139: "La dmonstration prtendue a posteriori se transforme, sansqu'il le dise, en dmonstration a priori", cosicch Scoto "est expos aux critiques qu'il a faites lui-meme de saint Anselme". Gilson nega risolutamente che vi sia mai una prova a priori in Scoto.Cfr. Jean Duns Scot, cit. p.140: "On ne peut soutenir que Duns Scot procde a priori en aucunmoment de la preuve." Il possibile da cui si ricava l'esistente, presupporrebbe, infatti, l'"etre reldonn dans l'experience".

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    17/224

    17

    adeguata dell'essenza di Dio, ma ci serviamo, per definirla, solo di un nomen, di unadefinizione convenzionale ricavata per negazione delle caratteristiche creaturali. E'ben vero che, come voleva Anselmo, l'esistenza compresa nella definizionenominale di Dio, ma da una tale esistenza, solo pensata, non lecito inferire una

    esistenza fuori del pensiero.25Ora, la prova di Scoto non solo fa ricorso ad unadefinizione negativa di Dio, ma non prevede l'attribuzione del predicato-perfezione'esistenza' alla causa prima. Nessun appiglio, dunque, per il divieto di passare da un'esistenza solo pensata ad un' esistenza fuori del pensiero, divieto che pu quindiessere pienamente condiviso, ferma restando la bont della prova. Scoto sostieneeffettivamente un argomento che dimostra l'esistenza di una causa prima a partiredalla sua definizione, ma questo argomento non ha niente in comune con l'argomentoanselmiano criticato da Tommaso, e passa indenne attraverso le critiche che

    Tommaso e lo stesso Scoto avevano rivolto ad Anselmo. Con una fuga in avanti,possiamo anticipare che l'argomento scotista supererebbe anche la critica kantiana,ossia la critica che attacca l'argomento ontologico in base alla tesi secondo la qualel'esistenza non un predicato, dal momento che la prova scotista non include ilpredicato 'esistenza' nella definizione della causa prima.

    Proprio questo aspetto peculiare della prova proposta da Scoto (di essere cio unaprova a priori che, al limite, pu condividere alcune critiche tomiste contro la provaanselmiana) spiega il suo successo anche in ambiente alieno da simpatie anselmiane e

    simpatizzante per l'aristotelismo: questo argomento ha tutte le caratteristiche perdivenire la prova 'ontologica' degli aristotelici, sia per quel che afferma in positivo (ilpossibile prima o poi si realizza) sia per quel che omette (la conoscenza dell'essenza diDio e la deduzione dell'esistenza di Dio dall'esistenza contenuta nella sua definizione).In epoca moderna, dato trovarlo in una fortunatissima operetta di Lessius, il Deprovidentia numinis et animi immortalitate, nel luogo in cui il teologo si propone dirafforzare il tradizionale argomento per dimostrare l'esistenza di Dio, tratto dalconsensus gentium. L'argomento, secondo Lessius, gi probante se si limita adasserire l'inverosimiglianza che tutti i popoli in tutti tempi abbiano creduto il falso.Ma si pu dire di pi. Per confutare l'argomento del consensus si dovrebbe sostenereche tutti i popoli in tutti i tempi avrebbero creduto alla verit di una proposizione nonsolo falsa, ma addirittura contraddittoria, il che assurdo. Si tratta dunque di provareche, se Dio non esiste, la proposizione Dio esiste, che tutti i popoli hanno asserito easseriscono, implica contraddizione:

    25Cfr. Summa Theologia I, q. II, a. I. Infra, pp. OOO.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    18/224

    18

    Se non fosse vero che Dio esiste, non solo ci sarebbe falso, ma ...implicherebbeanche contraddizione. Se infatti Dio non esiste adesso , onon esercita la sua provvidenza, del tutto impossibile, e implica contraddizione, cheegli esista in un qualche tempo e che eserciti la sua

    provvidenza. Nelle cose divine infatti una stessa cosa esistere in atto e poteresistere, non esistere in atto ed essere impossibile, come insegnano Aristotele e tutti ifilosofi. Ma come pu accadere che ci che non solo falso, ma addiritturaimpossibile sia stato creduto da tutti i popoli, che sia stato iscritto in tutte le menti eche in esso abbiano consentito sempre tutti gli uomini, in ogni luogo,

    indipendentemente da un qualche insegnamento esterno?26

    Anche Lessius rimanda ad Aristotele e, del resto, l'origine dell'argomento confermata dai riferimenti temporali in esso presenti: "Si...Deus iam non est... prorsus

    impossibile est, et contradictionem involvit, ipsum aliquando existere". L'argomentoche Scoto presentava operando sulla nozione di causa e sulle modalit causali, quipresentato nella versione qualificata temporalmente. Il riferimento temporale essenziale all'argomento di Lessius, come, in origine, all'argomento aristotelico: se laproposizione 'Dio esiste' falsa in un tempo, essa falsa in ogni tempo (ossia impossibile che divenga mai vera), e se la proposizione 'Dio esiste' vera in qualchetempo, essa vera in ogni tempo: nel primo caso l'esistenza di Dio (temporalmente)impossibile, nel secondo (temporalmente) necessaria, ossia eterna. L'analisi di

    Lessius rigorosamente omologa all'argomento di Scoto. Se l'ente a se non esiste, impossibile che esista, affermava il dottor sottile; se infatti potesse esistere, pur nonesistendo, ne deriverebbe che un ente, per definizione, incausabile, potrebbe esserecausato, il che implica contraddizione. E ora Lessius: un ente eterno, se non esiste,non pu esistere, altrimenti, si sottintende, non sarebbe pi un ente eterno.

    Se si pone attenzione a queste ultime formulazioni dell'argomento 'ontologico'aristotelico, ci si rende conto di quel che probabilmente ha facilitato il ragionamentofallace e che continua, nel tempo, a generare l'illusione di un ragionamentomodalmente corretto. Sia l'argomento di Scoto sia quello di Lessius possono infattiessere formulati in modo da concludere con una nozione logica di impossibilit, ossiacon una contraddizione, dando cos l'illusione che l'intero argomento utilizziesclusivamente modalit logiche: infatti contraddittorio, come sostiene Scoto, cheun ente incausato venga causato, ossia logicamente impossibile che si dia una causadi esistenza di un ente incausato, ed quindi impossibile che un ente incausatocominci ad esistere. Ma non per questo l'argomento prova che se un ente incausato

    26LESSIUS, De providentia numinis et animi immortatitate libri duo, Antverpiae 1613, pp. 11-12.Inevitabile il riferimento all'argomento ontologico; cfr. M. J. BUCKLEY, At the Origins ofModern Atheism, New Haven and London 1987, p. 51.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    19/224

    19

    non esiste l'asserto 'pu esistere un ente incausato' implica contraddizione. Anche seun ente incausato non esiste, infatti, la sua definizione rimane scevra dicontraddizione e la sua esistenza, quindi, resta logicamente possibile.

    Analoghe considerazioni valgono nel caso di Lessius: la contraddizione evocata

    da Lessius, nel caso in cui si affermasse che Dio possibile pur non esistendo, effettivamente ricavabile, introducendo nell'argomento alcuni riferimenti temporali: infatti contraddittorio che un ente eterno esista solo in un qualche tempo, e, quindi,implica contraddizione che Dio non esista in un tempo e possa esistere in un altrotempo. Ma nessuna contraddizione possibile ottenere, una volta che si sia privatol'argomento dei suoi riferimenti temporali. Se un ente eterno non esiste, laproposizione 'esiste un ente eterno' non diviene contraddittoria, come invecepretende Lessius: "Se non fosse vero che Dio esiste, non solo ci sarebbe falso, ma

    ...implicherebbe anche contraddizione."Si pu obiettare che quella che appare una fallacia, l dove si distinguano le

    modalit logiche da quelle statistiche, non pi tale nel caso in cui si ritenga che lenozioni di possibile e di impossibile siano univoche. All'interno del principio dipienezza non si distingue tra l'enunciato 'Se Dio non esiste la sua esistenza temporalmente impossibile' e l'enunciato 'se Dio non esiste la sua esistenza implicacontraddizione'. Ma vale qui quel che si diceva a proposito di Duns Scoto. Il mottoaristotelico In aeternis idem esse et posse potuto divenire una prova di esistenza

    perch si cominciato a pensare al possibile logico come indipendente dall'esistente,ossia perch dell'originario principio di pienezza all'interno del quale si sono formatele modalit temporali si obliterata la precedenza dell'esistente sul possibile. Ariprova si pu citare la reazione di un tardo aristotelico, il gesuita Roderigo de

    Arriaga. Arriaga discute l'argomento cosiddetto a priori che cos suona: "Un enteinfinitamente perfetto e che tende necessariamente all'esistenza non implicacontraddizione ... Quindi esiste in atto". Arriaga ritiene l'argomento corretto, ma nonin quanto prova a priori dell'esistenza: "Se l'esistenza provata dalla possibilit non provata a priori", infatti, "il possibile dalla parte dell'oggetto ... la stessa cosa

    dell'esistente".27 Arriaga sa bene che colui che usa questo argomento fa riferimentoalla nozione temporale di possibilit: possibile ci che in qualche tempo esiste; maallora la dimostrazione non prova in alcun modo l'esistenza a partire dalla possibilit.

    27R.P. RODERICI de ARRIAGA, Disputationum theologicarum in primam partem DiviThomae, Lugduni 1669, I, Disp. II, sect. II, p. 30a. Le Disputationes sono del 1643. La primaedizione compare ad Anversa.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    20/224

    20

    Se l'ente perfettissimo possibile, allora esiste, dimostra solo che se l'ente

    perfettissimo esiste, allora l'ente perfettissimo esiste in ogni tempo.28L'argomento 'ontologico' aristotelico appartiene ad una fase di passaggio, nella

    quale l'uso esclusivo delle modalit statistiche affiancato dall'affermazione e dalla

    progressiva autonomia delle modalit logiche, ne siano o meno consapevoli i loroteorici.

    Provvisoriamente si pu concludere che chi costruisca un ragionamentoesistenziale modalmente corretto, ossia chi distingua le modalit logiche dallemodalit causali-temporali, potr bens provare l'esistenza in ogni tempo di un enteeterno o incausato a partire dalla sua esistenza in un tempo, ma non potr maiprovare l'esistenza di quell'ente a partire dall'eternit o dalla incausabilit contenutanella sua definizione. Chi invece ritenga di aver provato l'esistenza di un ente a

    partire dalla eternit o dalla incausabilit contenuta nella sua definizione avrsicuramente operato ad un qualche livello della dimostrazione uno slittamento da

    modalit logiche a modalit temporali o causali.29Si noti che, in forza dello slittamento modale, l'esistenza di Dio risulta o necessaria

    o impossibile, mentre si esclude il caso che l'esistenza di Dio sia possibile e Dio nonesista. Ora, la riduzione delle modalit alla impossibilit e alla necessit nel caso diDio quanto l'argomento ontologico 'classico' attribuito ad Anselmo e poi ripropostoda Descartes ha sempre preteso. Leibniz codificher questa pretesa con una formula

    che suona identica a quella degli 'aristotelici': Se Dio possibile, Dio esiste.30Ma chela formulazione di Scoto non abbia alcuna comunanza concettuale con quella che sarla formulazione di Leibniz lo si vede bene se si pone attenzione alle motivazionidell'enunciato 'se Dio possibile, Dio esiste'. Secondo Leibniz Dio, se possibile,esiste, perch la sua definizione implica l'esistenza; basta dunque che quelladefinizione non sia contraddittoria, perch Dio esista. Per Scoto, invece, Dio, ovverol'ente incausato, se possibile, esiste, perch, se non esistesse, non potrebbe maicominciare ad esistere, e la sua esistenza sarebbe quindi impossibile. E' perci errato

    28Cos, secondo Arriaga, avrebbe pensato anche Anselmo. Ibid. :"..ex conditionali affirmatione, siexistat, infertur absolute, Ergo existit, quod non facit ullo modo demonstrationem priori, nequeD. Anselmus plus quam hoc voluit supra docere."

    29Sulle insidie modali dell'argomento ontologico da vedere il saggio di J.I. FRIEDMAN,Necessity and the ontological Argument, "Erkenntnis" XV (1980), pp. 301-331, anche per unadiscussione del saggio di Ch. HARTSHORNE, The Logic of Perfection, La Salle 1962, tuttogiocato sugli 'argomenti ontologici' che possibile costruire con la nozione di necessit.

    30G.W. LEIBNIZ, Die Philosophischen Schriften, Hildesheim-New York, 1978, ed.C.I.Gerhardt (d'ora in poi G) IV, pp. 405-6.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    21/224

    21

    rintracciare in questi luoghi di Scoto, come pure stato autorevolmente fatto da

    Koyr, un antecedente della formulazione leibniziana.31Un brillante 'piccolo' filosofo inglese, Samuel Colliber, si servir di un bel paragone

    per illustrare la fallacia dell'argomento 'ontologico' costruito in base al principio di

    pienezza. Ho l'idea di un 'primo uomo con le ali', e non vedo niente dicontraddittorio in questa idea. Ma se questa idea possibile, allora il primo uomo conle ali esiste. Infatti, se non esistesse, allora, dal momento che un primo uomo non puessere prodotto da un altro uomo, non potrebbe mai esistere, e cos un ente possibilesarebbe impossibile. Se questo, conclude Colliber, vi pare un argomento fallace, alloralo anche quello che deduce l'esistenza di Dio dalla sua possibilit "perch essi sono

    esattamente paralleli".32

    I.2 Da Anselmo a Malcolm

    L'argomento 'ontologico' aristotelico risorge in epoca contemporanea, attribuitoda Normam Malcolm al fondatore dell'argomento ontologico, Anselmo, e giudicatodallo stesso Malcolm cogente.

    In un celeberrimo articolo del 1960, Normam Malcolm poneva il problema

    dell'esistenza di un duplice argomento ontologico in Anselmo.33Un primo

    argomento, quello classico, a partire dalla definizione di Dio come ente perfettissimo,

    e un secondo, a partire dalla esistenza logicamente necessaria di Dio.Questo il primo argomento anselmiano:

    Certamente ci di cui non si pu pensare il maggiore non pu esistere solonell'intelletto. Infatti, se esistesse solo nell'intelletto, si potrebbe pensare che esistesseanche nella realt, e questo sarebbe maggiore. Se dunque ci di cui non si pupensare il maggiore esiste solo nell'intelletto, ci di cui non si pu pensare il maggiore ci di cui si pu pensare il maggiore. Ma certamente questo non possibile. Esiste

    31A. KOYRE', Essai sur l'ide de Dieu cit., p. 185. Un accostamento con Leibniz invecelegittimo nel caso della ripresa dell'argomento anselmiano da parte di Scoto. Scoto, riformulando -'colorando'- nel De primo principio l'argomento del Proslogion, pone come condizione della sua

    validit che il primo principio sia pensabile, ovvero non contraddittorio. Se il massimo ente pensabile allora esiste, perch altrimenti non sarebbe l'ente maggiore concepibile. Cfr. De primoprincipio cit., IV, 9, pp. 122-24.

    32S. COLLIBER, An Impartial Enquiry into the Existence and Nature of God, London 1735, p.161.

    33N. MALCOLM, Anselm's Ontological argument, "Philosophical Review", LXIX (1960), pp.41-62.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    22/224

    22

    dunque senza dubbio qualche cosa di cui non si pu pensare il maggiore, enell'intelletto e nella realt.

    Questo argomento sostiene:

    (1) Dio l'ente di cui non si pu pensare il maggiore.(2) Un ente che nella realt e nell'intelletto maggiore dello stesso ente che

    nel solo intelletto.(3) Se Dio nell'intelletto, Dio anche nella realt.(4) Dio nell'intelletto.(5) Dio anche nella realt.Se, come pretende lo stolto, Dio fosse solo nel pensiero e non nella realt, ci

    contraddirebbe la stessa definizione di Dio quale nell'intelletto.

    Questo argomento, formulato da Anselmo in Proslogion II, richiede, per esserevalido, di considerare l'esistenza una perfezione. Solo cos, se si nega l'esistenzadell'ente di cui non si pu pensare il maggiore, si ottiene una contraddizione, ovverosi afferma che "ci di cui non si pu pensare il maggiore ci di cui si pu pensare ilmaggiore". Ma che l'esistenza sia una perfezione quanto Malcolm, con Kant, ritieneimpossibile concedere, e per questo Malcolm giudica l'argomento anselmianoinvalido.

    Ma, sostiene Malcolm, Anselmo riformula, poco dopo, in Proslogion III, in altromodo, e irriducibile al primo, la sua prova. In questo caso, l'argomento il seguente:

    si pu pensare che esista qualche cosa che non pu essere pensato non esistente;e questo maggiore di ci che pu essere pensato non esistente. Perci se ci di cuinon si pu pensare il maggiore pu essere pensato non esistente, lo stesso di cui nonsi pu pensare il maggiore non ci di cui non si pu pensare il maggiore; il che non possibile. Dunque qualcosa di cui non si pu pensare il maggiore esiste in modocos vero che non si pu pensare che non esista.

    Sarebbe questo il secondo argomento anselmiano. Stavolta la perfezione che nonpu essere negata a Dio l'impossibilit logica della non esistenza,ovvero, l'esistenzanecessaria.

    Quello che Anselmo sembra dar per scontato in questo luogo, che si possapensare un ente tale che la sua non esistenza sia logicamente impossibile (quod nonpossit cogitari non esse), ovvero che sia (logicamente) possibile un ente la cui nonesistenza sia (logicamente) impossibile, e che l'impossibilit della non esistenza sia unaperfezione. Se si concede questo ad Anselmo, l'ente di cui non si pu pensare ilmaggiore l'ente la cui non esistenza impossibile, e dunque l'ente di cui non si pu

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    23/224

    23

    pensare il maggiore esiste necessariamente.34Resta per da affrontare il problema sela impossibilit di non esistere sia qualcosa di pensabile indipendentemente da unaragione che fondi questa impossibilit, e fermo restando che la ragione non puessere individuata nella circostanza che quell'ente include l'esistenza nella sua

    definizione, pena il ricadere nel primo argomento. Ora, secondo Malcolm, nonmancherebbero in Anselmo ragioni per dimostrare che cosa determini l'impossibilit(logica) della non esistenza in un ente di cui non si pu pensare il maggiore. Questaimpossibilit, infatti, sarebbe dedotta da Anselmo a partire dalla esistenza eterna eindipendente; se questa deduzione fosse valida, anche l'argomento lo sarebbe. Infatti, intuitivamente evidente che un ente di cui non si pu pensare il maggiore debbaessere eterno e indipendente, ossia che l'eternit e l'indipendenza siano perfezioni; ilche non poteva dirsi, invece, per l'esistenza. Ma se l'esistenza necessaria di cui si parla

    deriva dalla eternit e dalla indipendenza dell'ente di cui non si pu pensare ilmaggiore, il secondo argomento che Malcolm attribuisce ad Anselmo risulta identicoa quello di Scoto e di Lessius. Se Dio non esiste, argomenta Malcolm, Dio non pucominciare ad esistere. Se infatti cominciasse ad esistere, la sua esistenza sarebbecausata da altro, ed egli non sarebbe pi l'ente di cui non si pu pensare il maggiore,ma un ente limitato. Dunque, se Dio non esiste, la sua esistenza impossibile. Seinvece Dio esiste, la sua esistenza non pu aver avuto inizio, per le stesse ragioni. Percui l'esistenza di Dio o impossibile o necessaria. Pu essere impossibile solo se il

    concetto di un tale ente contraddittorio. Se non lo , ne segue che Dio esistenecessariamente.35

    Come Scoto e come Lessius, Malcolm pretende di inferire l'impossibilit logicadell'esistenza di Dio dall'impossibilit che un ente incausato o eterno cominci adesistere in un tempo se non esiste in un altro tempo, ed equipara l'impossibilit cheun ente infinito e incausato venga portato ad esistere se gi non esiste allacontraddittoriet dell'enunciato 'esiste un ente incausato ed eterno'. L'esistenza diDio, quindi, o impossibile (contraddittoria), o necessaria (logicamente necessaria),

    mentre escluso che l'esistenza di Dio sia possibile (che la definizione di Dio non siacontraddittoria) e Dio non esista.36All'argomento di Malcolm ha replicato Plantinga

    34Su questo punto, cfr. anche R. M. ADAMS, The Logical Structure of Anselm's Arguments,"The Philosophical Review", LXXX (1971), pp.28-54, ora in R.M. ADAMS, The virtue of Faith,Oxford 1987, pp. 221-42.

    35N. MALCOLM, Anselm's Ontological argumen,cit., pp. 49-50.

    36Dell'analogia tra l'argomento di Malcolm e quello di Scoto si accorto R. WOOD, Scotus andAnselm cit., p. 272. Il saggio di Malcolm stato difeso da Ch. HARTSHORNE, Anselm'sDiscovery, La Salle 1965.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    24/224

    24

    in modo impeccabile. Dall'eternit di Dio si ricava solo che se Dio esiste, Dio esistersempre, e che se Dio non esiste, Dio non esister mai, ma non che l'esistenza di Dio

    logicamente necessaria o logicamente impossibile, come Malcolm pretendeva.37Ma come stavano le cose in Anselmo? Esiste o meno un 'secondo argomento'

    anselmiano, ovvero, cade gi Anselmo nella fallacia che Malcolm gli attribuiscequando lo suppone autore di un argomento pi forte di quello tradizionalmenteattribuitogli?

    Per rispondere esaurientemente a questa domanda sarebbe necessario riaprirel'ormai intricatissima questione dell' esistenza di uno o pi argomenti ontologici in

    Anselmo, questione inaugurata dal saggio di Malcolm e ormai densa di interventi.38In queste pagine mi porr il problema solo nei limiti in cui necessario farlo perrispondere alla questione che qui ci interessa, ossia se Anselmo provi l'esistenza di

    Dio anche a partire dalla sua eternit o dal suo essere incausato, tanto da far pensaread un uso delle modalit aristoteliche e ad una eco del motto 'In aeternis idem esse etposse'.

    In questa direzione si pu citare almeno un luogo inequivoco, contenuto nellarisposta di Anselmo a Gaunilone:

    Io dico con certezza: se pu essere pensato esistente, necessario che esista.Infatti, ci di cui non si pu pensare il maggiore non pu essere pensato esistente senon senza un inizio. Di ci che invece pu essere pensato esistente e non esiste, sipu pensare che l'esistenza abbia un inizio. Quindi ci di cui non si pu pensare ilmaggiore non pu essere pensato esistente e non esistere. Se dunque si pu pensare

    che esista, esiste necessariamente.39

    In questo argomento, Anselmo prova l'esistenza dell'ente di cui non si pupensare il maggiore attraverso l'eternit. Solo negli enti che nascono e periscono ilpossibile separabile dall'attuale. Essi, infatti, possono esistere (in futuro) anche senel presente non esistono. In aeternis, invece, avrebbe detto Aristotele, idem esse et

    posse.E' intuitivo che ad un ente di cui non si pu pensare il maggiore debba essere

    37A. PLANTINGA, A Valid Ontological Argument? "The Philosophical Review", LXX (1961),pp. 160-171, p. 165. La presenza di una fallacia modale nell'intervento di Malcolm ben vistaanche da A. KENNY, Descartes: A Study of His Philosophy, New-York 1968, p.63.

    38Se ne veda una prima bibliografia in R. LA CROIX, Proslogion II and III, Leiden 1972, pp.135-36.

    39Quod ad haec respondeat editor ipsius libelli, in SANCTI ANSELMI CANTUARIENSISARCHIEPISCOPI Opera omnia ed. F.S. Schmitt, I, Edinburgi 1946, p. 131.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    25/224

    25

    attribuita l'eternit. Ma se l'esistenza di un ente eterno pensabile, quell'ente esiste.Se un ente che non ha inizio n fine non esistesse -si evince- non potrebbe esisteremai, ovvero non potrebbe essere pensato esistente. Esattamente il giro argomentativobasato sulla equiestensione delle modalit reali e delle modalit logiche che

    convincer Scoto, Lessius e Malcolm. 40Il ragionamento che Anselmo sviluppa in questo luogo e quello del 'secondo

    argomento' di Malcolm si articolano secondo una struttura parallela: o Dio esistenecessariamente, oppure la sua esistenza impossibile, perch, se Dio esiste, non pucessare di esistere, e se Dio non esiste, non pu cominciare ad esistere. Anselmo,come Malcolm, pretende qui di dedurre l'esistenza dall'eternit di Dio, e tanto bastaper applicare ad Anselmo, con piena pertinenza, la critica ineccepibile che Plantingarivolge a Malcolm. Infatti Anselmo, come Malcolm, scambia la proposizione 'Implica

    contraddizione che un ente eterno cominci ad esistere', con la proposizione 'Implicacontraddizione che un ente eterno esista'.

    E' invece assai dubbio che nel luogo citato da Malcolm Anselmo intendessericondurre la necessit logica di esistenza -l'impossibilit di essere pensato inesistente-all'eternit. In ogni caso, significativo che gli aristotelici che ragionavano attenendosirigorosamente al principio di pienezza, e quindi assumendo la precedenzadell'esistente sul possibile, fossero convinti che quel luogo anselmiano potessedimostrare solo che se l'ente di cui non si pu pensare il maggiore esiste, allora non si

    pu pensare che possa non esistere, ovvero che cessi di esistere. Cos, infatti,

    40Anche nel caso di questo luogo di Anselmo stata proposta l'analogia con la formulaleibniziana: 'Se Dio possibile Dio esiste', analogia, come nel caso di Scoto, puramente verbale,per i motivi sopra detti. Cfr.ANSELMO D'AOSTA, Opere filosofiche, a cura di S. VANNIROVIGHI, Bari 1965, p. 115, nota. Per un confronto tra gli argomenti di Anselmo e Scoto equello di Leibniz cfr. E.F. SERENE, Anselm's modal conception in S. KNUUTTILA ed.Reforging the great Chain of Being, cit., pp. 117-162, pp. 144-45.

    Subito dopo, Anselmo elabora invece un argomento che assume l'esistenza dell'ente di cui non sipu pensare il maggiore per inferirne la caratteristica di esistere tutto sempre e ovunque: se l'entedi cui non si pu pensare il maggiore esiste, non si pu pensare che cessi di essere, e per questol'ente di cui non si pu pensare il maggiore deve essere tutto sempre e ovunque: "Procul dubioquidquid alicubi aut aliquando non est, etiam si est alicubi aut aliquando, potest tamen cogitarinumquam et nusquam esse, sicut non est alicubi aut aliquando...Quidquid alicubi aut aliquandototum non est: etiam si est, potest cogitari non esse. At 'quo maius nequit cogitari': si est, nonpotest cogitari non esse. Alioquin si est, non est quo maius cogitari non possit; quod nonconvenit. Nullatenus ergo alicubi aut aliquando totum non est, sed semper et ubique totum est."

    Da luoghi come questo prende spunto la tesi, tanto paradossale quanto infondata, secondo laquale Anselmo non avrebbe mai pensato di dedurre l'esistenza di Dio dalla sua definizione.L'argomento 'ontologico', nascerebbe grazie ad una interpretazione fuorviante della posizione di

    Anselmo elaborata da Gaunilone. Cfr. Th. A. LOSONCY, Saint Anselm's Rejection of the'Ontological Argument'. A Review of the Occasion and Circumstaces, in "The American CatholicPhilosophical Quarterly" LXIV (1990), pp. 373-385.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    26/224

    26

    interpretano Anselmo sia Gaunilone sia Tommaso.41Anch'essi tentavano di piegareAnselmo alle modalit temporali, ma, al contrario di Malcolm, erano consapevoli chein questo modo diveniva impossibile dimostrare l'esistenza di Dio. L'argomento, una

    volta tradotto nelle modalit temporali, pu solo assumere l'esistenza di Dio per

    inferirne l'eternit.Il saggio di Malcolm fa risorgere nella contemporaneit un argomento costruito

    all'interno di una concezione modale 'arcaica', sicuramente presente, ma del tuttoincidentalmente, in Anselmo. Malcolm lucidamente consapevole dei vantaggi che sidovrebbero riconoscere a questo argomento 'ontologico', se esso fosse valido. Nonsolo, all'interno di questo argomento, non si opererebbe alcun passaggio all'esistenzafuori dal pensiero dall'esistenza pensata, passando cos indenni attraverso i divieti di

    Tommaso, ma, ancor pi radicalmente, non si includerebbe, sotto forma di

    perfezione, l'esistenza nel concetto di Dio. Si potrebbe perci condividere anche lacritica kantiana all'argomento ontologico, rifiutare all'esistenza lo statuto di predicato,e continuare a proporre il passaggio dalla definizione di Dio all'esistenza.

    Soffermiamoci ancora sull'analisi del 'secondo' argomento anselmiano condotta daMalcolm: 1. L'argomento che attribuisce a Dio l'esistenza necessaria a partire dalla suaeternit e indipendenza costituisce un secondo argomento a priori, irriducibile aquello che attribuisce a Dio la perfezione dell'esistenza. 2. Questo secondoargomento supera la critica kantiana.

    Orbene, queste stesse caratteristiche furono attribuite da un classico studio diDieter Henrich42ad una presunta riformulazione cartesiana dell'argomento a priori.Henrich riteneva che Descartes avesse elaborato, nelle risposte a Caterus, un secondoargomento a priori, diverso da quello anselmiano che lo stesso Descartes avevaripreso nella quinta Meditazione. Questo nuovo argomento, fondato sulla definizionedi Dio come ente necessario, avrebbe retto per oltre un secolo, grazie alla sua

    41Cfr. GAUNILONE, Quid ad haec respondeat quidam pro insipiente, 7, In SABCTIANSELMI Opera omnia cit. I, p. 129: "Haec interim ad obiecta insipiens ille responderit. Cui cum

    deinceps asseritur tale esse maius illud, ut nec sola cogitatione valeat non esse, et hoc rursus nonaliunde probatur, quam eo ipso quod aliter non erit omnibus maius: idem ipsum possit referreresponsum et dicere: Quando enim ego rei veritate esse tale aliquid, hoc est 'maius omnibus', dixi,ut ex hoc mihi debeat probari in tantum etiam re ipsa id esse, ut nec possit cogitari non esse?" E

    TOMMASO, I Sent. d.3, q.1, a 2, ob 4: "Ratio Anselmi ita intelligenda est. Postquam intelligimusDeum, non potest intelligi quod sit Deus et possit cogitari non esse; sed tamen ex hoc nonsequitur quod aliquis non possit negare vel cogitare Deum non esse; potest enim cogitare nihilhuiusmodi esse quo maius cogitari non possit; et ideo ratio sua procedit ex hac suppositione, quodsupponatur aliquid esse quo maius cogitari non potest." Nella stessa direzione, il luogo di Arriaga,citato sopra, alla nota 24.

    42D. HENRICH, La prova ontologica cit.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    27/224

    27

    maggiore forza teorica rispetto al classico argomento costruito a partire dalladefinizione di Dio come ente perfettissimo. Esso, infatti, resisterebbe sia alla criticatomista sia alla critica kantiana.

    L'analogia nell'analisi della struttura (Dio definito ente necessario e non ente

    perfettissimo) nonch dei vantaggi che Henrich riscontrava nel cosiddetto 'secondo'argomento cartesiano (esso supererebbe la critica kantiana), con l'analisi dellastruttura e dei vantaggi che Malcolm individuava nel cosiddetto 'secondo' argomentoanselmiano, legittimano un riesame dell'argomento cartesiano, per verificare, se,eventualmente, non si tratti dello stesso 'secondo' argomento.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    28/224

    28

    Capitolo II

    Descartes e l'ente necessario

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    29/224

    29

    La prova dell'esistenza di Dio a partire dalla sua idea, nella formulazione cartesianadella quinta Meditazione, appare quanto mai semplice: Dio l'ente perfettissimo;l'esistenza una perfezione; Dio esiste: "non vi minor repugnanza a concepire unDio (cio un essere sovranamente perfetto), al quale manchi l'esistenza (cio al quale

    manchi qualche perfezione), che a concepire una montagna che non abbia vallata."43Eppure Descartes, rispondendo all'autore delle prime obiezioni, il teologo olandeseCaterus, difende quella prova elaborando una nuova dimostrazione a priori

    dell'esistenza di Dio44e poi, rispondendo agli autori delle seconde obiezioni, rifiutauna formulazione della prova a priori che sembrerebbe invece pienamentecompatibile col testo della quinta Meditazione: Dio deve esistere se la sua natura

    possibile.45

    Per dipanare questo nodo problematico, cercher in primo luogo di ricostruire la

    struttura della prova nella versione che Descartes elabora nelle risposte a Caterus.Questa strada ha il vantaggio di far comprendere anche il rifiuto della formulazionedella prova a priori proposto dai secondi obiettori. Nell'intreccio delle risposte aCaterus e ai secondi obiettori, infatti, si svolge un episodio di grande rilievo per ildestino dell'argomento 'ontologico' aristotelico. Descartes, come Lessius e Scoto,cade nelle insidie di quella prova, ma, a differenza di Scoto e di Lessius, si accorgerdella fallacia commessa, e proceder alla prima confutazione della prova a prioricostruita sul principio di pienezza, compiuta in nome della irriducibilit delle modalit

    logiche a quelle causali.

    II.1 L'ente potentissimo

    Nelle prime obiezioni, Caterus affronta la prova dell'esistenza di Dio della quintaMeditazione in nome dell'ortodossia tomista. Come Tommaso osservava contro

    Anselmo, "anche se si conceda che l'essere sovranamente perfetto, in forza del suoproprio nome, importi l'esistenza, tuttavia non segue che questa stessa esistenza sia

    43Meditationes de prima philosophia in R. DESCARTES, Oeuvres, ed. Ch. Adam et P. Tannery,Paris, 1974 ss. (d'ora in poi A.T.), A.T. VII, p. 66, trad. it.in CARTESIO, Opere, Bari 1967 I, pp.243-44. Introdurr qualche variante in questa traduzione, condotta sul testo francese, soprattutto ldove vi siano significative varianti rispetto all'originale latino.

    44Cfr. AT VII, pp. 115-20.

    45I secondi obiettori propongono di riformulare cos la prova cartesiana: "si non implicet Deumesse, certum est illum existere; at non implicat illum existere", ovvero Dio "existere debere, si illiusnatura sit possibilis, seu non repugnet." AT VII, p. 127. Descartes respinge come un sofismaquesta formulazione. Cfr. AT VII, pp. 151-2.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    30/224

    30

    nella natura qualcosa in atto, ma solo che il concetto dell'esistenza inseparabilmente

    congiunto con il concetto, o con la nozione, dell'essere sovranamente perfetto".46Nella risposta, Descartes respinge l'obiezione tomista, rivendicando l'irriducibilit delproprio argomento a quello contro il quale Tommaso aveva rivolto la propria

    obiezione. Infatti, nella prova della quinta Meditazione, l'esistenza non inferita daun nome ma da una vera essenza:

    Ma il mio argomento stato un altro: ci che noi concepiamo chiaramente edistintamente appartenere alla natura, o all'essenza, o alla forma immutabile e vera diqualche cosa, pu esser detto o affermato con verit di questa cosa; ma dopo che noiabbiamo con sufficiente accuratezza ricercato ci che Dio, concepiamo chiaramentee distintamente che alla sua vera ed immutabile natura appartiene di esistere; dunque,

    allora, noi possiamo affermare con verit che egli esiste.47

    La vera difficolt, ammette poi Descartes, sta nel dimostrare che alla vera eimmutabile natura di Dio appartiene necessariamente di esistere, ovvero che l'idea diun ente perfettissimo cui compete l'esistenza non una idea arbitraria. Nel tentativodi dimostrare che l'esistenza appartiene alla vera natura di Dio, Descartes elabora una

    vera e propria seconda prova a priori dell'esistenza di Dio, costruita a partiredall'onnipotenza invece che dalla somma perfezione. Affronteremo pi avanti illegame tra la struttura di questa prova e le esigenze dell'innatismo cartesiano. Per ora

    consideriamola solo in quanto essa dimostra che l'ente onnipotente esistenecessariamente. Cos suona la nuova prova:

    Ma se esamineremo accuratamente se l'esistenza convenga all'ente sovranamentepotente, e qual sorta di esistenza, potremo chiaramente e distintamente conoscere inprimo luogo che almeno l'esistenza possibile gli conviene, come avviene a tutte lealtre cose di cui abbiamo in noi qualche idea distinta: anche a quelle che sonocomposte dalle finzioni dell'intelletto. In seguito, poich non possiamo pensare che lasua esistenza possibile senza che, in pari tempo, facendo attenzione alla sua potenza

    infinita, non conosciamo poter egli esistere per la sua propria forza, concluderemo dil che egli realmente esiste, e che esistito da tutta l'eternit. Poich manifestissimo,

    per la luce naturale, che ci che pu esistere per la sua propria forza esiste sempre.48

    46 AT VII, p. 99, trad. it. p. 277. Caterus riportava e parafrasava la critica di Tommaso alla provaanselmiana, nella versione della Summa Theologiae, I, q. 2, a.1, ad secundum.

    47A.T. VII, pp. 115-16, trad. it., p. 292.

    48R. DESCARTES, Meditationes de prima philosophia, Primae responsiones AT VII, p. 119,trad. it. pp. 294-5.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    31/224

    31

    Come strutturata questa prova e quale valore dobbiamo attribuirle? La domandaha tanto pi senso quanto diverso nella storiografia cartesiana il peso che a questaprova stato attribuito, sia all'interno delle prove cartesiane dell'esistenza di Dio, sia

    in relazione alla storia dell'argomento ontologico. Si va dalla assoluta sottovalutazionedi Lachize-Rey alla alta considerazione che ne hanno avuto Gilson e Gouhier, finoalla tesi di Henrich che, come ricordavamo, ne fa addirittura il perno di un rilancio

    pi che secolare dell'argomento ontologico.49Non per solo sul valore di questa prova che si sono registrate prese di posizione

    divergenti. Anche la struttura argomentativa della prova stata infatti oggetto di

    diverse interpretazioni.50Sar quindi opportuno, preliminarmente, cercare diricostruire la logica di questa dimostrazione dell'esistenza di Dio, e porsi solo in

    seguito il problema del suo valore.La prova dell'esistenza dell'ente infinitamente potente, quale compare nella

    versione finale delle risposte a Caterus, si presenta articolata nei seguenti passaggi:(1) All'ente potentissimo compete l'esistenza possibile.(2) L'ente potentissimo pu esistere per forza propria.(3) Ci che pu esistere per forza propria esiste sempre.(4) L'ente potentissimo esiste.Descartes aveva per formulato diversamente la prova, nella prima versione delle

    risposte alle prime obiezioni fatta pervenire a Mersenne. In quella stesura,l'argomento cos suonava:

    In seguito, poich non possiamo pensare che la sua esistenza possibile, senza, inpari tempo, pensare che possa darsi una potenza in forza della quale egli esista, equella potenza non intellegibile in nessun altro se non nello stesso entesommamente potente, concluderemo senz'altro che egli pu esistere per la suapropria forza, ecc.

    In questa prima versione, la prova era cos articolata:(1) All'ente potentissimo compete l'esistenza possibile.

    49P. LACHIEZE-REY, Les origines cartsiennes du Dieu de Spinoza, Paris 1950, p. 211; E.GILSON, Etudes sur le rle de la pense mdivale dans la formation du systme cartsien, Paris1967(3), p. 224 ss., H. GOUHIER, La pense mtaphysique de Descartes, Paris 1969, p. 166 ss.;D. HENRICH, La prova ontologica, cit., p. 29 ss.

    50Si veda l'intervento di W. DONEY, L'argument de Descartes partir de la toute-puissance,"Recherches sur le XVII sicle", VII (1984), pp. 59-68, in cui l'autore ha respinto l'interpretazionedi A. KOYRE', Essai sur l'ide de Dieu cit., pp. 183-84, interpretazione poi ripresa e rielaborata da

    A. KENNY, Descartes cit., p. 151 ss.

  • 8/21/2019 Esistenza di Dio

    32/224

    32

    (2) Pu darsi una potenza in forza della quale l'ente potentissimo esiste.(3) Quella potenza pu trovarsi solo nell'ente potentissimo.(4) L'ente potentissimo pu esistere per forza propria.(5) Ci che pu esistere per forza propria esiste sempre.

    (6) L'ente potentissimo esiste.La (2) inferita dalla (1) e la (4) dalla (3).Descartes aveva chiesto a Mersenne di sostituire questa prima formulazione con la

    seguente:

    In seguito, poich non possiamo pensare che la sua esistenza possibile, senza che,in pari tempo, facendo attenzione alla sua immensa potenza, non conosciamo poteregli esistere per la sua propria forza ecc.

    Alla richiesta di sostituzione, Descartes aggiungeva la raccomandazione di porremolta attenzione a che nessuno potesse decifrare le righe soppresse, per evitare chequalche critico si sentisse autorizzato a respingere l'intero argomento prendendo apretesto quel che l'autore stesso aveva giudicato debole, anche se irrilevante per la

    cogenza della prova, invece di cimentarsi con i veri pilastri dell'argomentazione.51Perch Descartes ha voluto modificare la prima versione della prova, e cosa, nellaparte soppressa, avrebbe potuto fornire agli avversari un pretesto per rifiutare l'interoargomento? Gli interpreti sono stavolta unanimi: la modifica sarebbe da attribuirsi alla