Upload
truongdien
View
493
Download
28
Embed Size (px)
Citation preview
Esercizi di Termodinamica
e Cinetica chimica
Diego Frezzato
Dipartimento di Scienze Chimiche
Universita degli Studi di Padova
(versione aggiornata al 01.02.2011)
La presente raccolta di esercizi di Termodinamica e Cinetica Chimica e basata sul materiale che ho uti-
lizzato per la didattica di supporto ai corsi di Chimica Fisica III (Vecchio Ordinamento, A.A. 2003/04,
Prof. G. Moro) e Chimica Fisica I (Laurea Triennale, A.A. 2004/05, Prof. A. Polimeno) della laurea
in Chimica. La prima versione e stata compilata tra l’ottobre 2004 e il gennaio 2005; successivamente
essa e stata rivista ed integrata.
I temi proposti provengono da varie fonti. Principalmente si tratta di una selezione dalle prove
d’esame degli insegnamenti di chimica fisica per la lauree in Chimica e in Chimica Industriale (Vecchio
Ordinamento) nell’arco di tempo 1992 - 2003 (prof. G. Moro e prof. G. Sandona, che ringrazio per
la concessione); altre fonti sono costituite da prove d’esame del corso di Chimica Fisica I (Prof. A.
Polimeno), pagine didattiche disponibili in Rete, testi didattici universitari, manuali di chimica indus-
triale, e vecchi libri di Termodinamica e Cinetica di inizio ’900 salvati dal macero presso la biblioteca
dell’Universita di Bristol. I testi originali sono stati riformulati, puntando alla coerenza in termini di
linguaggio, notazione e unita di misura delle grandezze coinvolte. Inoltre, alcuni esercizi sono stati
inventati all’occorrenza. I temi sono stati svolti argomentando la procedura in modo da evidenziare la
logica dei passaggi e la necessita degli stessi, e cercando di fornire in modo autoconsistente gli strumenti
formali e le nozioni richieste (ad esempio, mediante l’inserimento di note generali). Nello svolgimento,
il simbolo ”•” introduce domande supplementari o spunti per riflessioni e approfondimenti. Lo svolgi-
mento di molti esercizi puo risultare eccessivamente dettagliato e poco naturale, ma ho preferito insistere
sull’aspetto formale per fornire una definizione (sperabilmente) precisa dei vari aspetti; agli studenti
consiglio di consultare la soluzione solo dopo avere provato a risolvere da soli gli esercizi, e di soffermarsi
sui punti piu tecnici solo se realmente interessati, tenendo presente che la soluzione proposta e sempre
una tra le possibili alternative.
Mi scuso per le imprecisioni sicuramente presenti nel testo, promettendomi di aggiornarlo sotto
segnalazione di refusi o errori e tenendo presente eventuali opinioni che verranno espresse; ringrazio
anticipatamente chi vorra aiutarmi a migliorare il materiale contattandomi via e-mail all’indirizzo:
Dedico questa fatica a tutti gli studenti che ho seguito finora, ringraziandoli per la fiducia e per gli
stimoli continui.
Diego Frezzato
Costanti fisiche e conversioni ricorrenti, notazione
Costanti fisiche ricorrenti:
R = 8.314 J K−1 mol−1 (costante dei gas)
F = 96485 C mol−1 (costante di Faraday)
Conversioni ricorrenti tra unita di misura della pressione:
1 atm = 1.013 bar
1bar = 105 Pa
1 Torr ≡ 1 mmHg = (1/760) atm = 133.3222 Pa
Valori nella specificazione di stati standard:
p⊖ = 1 bar (pressione standard)
m⊖ = 1 mol kg−1 (molalita standard)
Grandezze di standard di formazione e di reazione, grandezze molari e parziali molari
∆E : variazione della generica grandezza termodinamica E per un determinato processo
∆E⊖f (i, T ) : grandezza standard di formazione per la specie i
∆rE⊖(T ) : grandezza standard di reazione
Ei(T, p) : grandezza molare per la specie i pura
Ei(T, p, composizione) : grandezza parziale molare per la specie i in miscela
Nei casi dubbi, le quantita molari sono specificate da ”m”.
Frazioni molari
xi : frazione molare del componente in miscela liquida o solida
yi : frazione molare del componente in miscela gassosa
Altro:
γi : coefficienti di attivita o di fugacita (specificati di volta di in volta, indicando la convenzione
sugli stati di riferimento).
Keq : costante termodinamica di equilibrio (adimensionale)
k : costante cinetica
In alcuni esercizi la notazione puo differire leggermente (in ogni caso l’interpretazione
e intuitiva), e tutte le altre grandezze sono introdotte nel testo.
Indice generale
1 Coefficienti di compressibilita ed espansione 3
2 Primo Principio 15
3 Secondo Principio 35
4 Grandezze Standard 57
5 Relazioni differenziali e loro applicazioni alle sostanze pure. Potenziale chimico di
gas reali 69
6 Transizioni di fase per sostanze pure 105
7 Grandezze parziali molari, miscele ideali e reali, funzioni di eccesso 143
8 Soluzioni diluite 189
9 Equilibri di reazione in fase gassosa 207
10 Elettrochimica: equilibri in soluzione e celle elettrochimiche 241
11 Cinetica chimica 277
1
2
Capitolo 1
Coefficienti di compressibilita ed
espansione
3
Esercizio 1.1
La compressibilita isoterma del rame a 293 K e kT = 7.35 × 10−7 atm−1. Si calcoli la pressione da
applicare per aumentare la densita dello 0.08%.
Dal valore di incremento di densita possiamo ricavare la conseguente variazione di volume. Denotiamo
con ”0” e ”1” gli stati iniziali e finali del blocco di rame. Indicando con ρ0 la densita del rame nelle
condizioni iniziali, la variazione e ∆ρ = ρ1 − ρ0 = 8 × 10−4ρ0 (incremento dello 0.08 %) e quindi ρ1 =
1.0008ρ0. Tenendo presente che ρ = m/V , dove m e la massa del blocco, si ricava che V1 = V0/1.0008,
e quindi la variazione relativa di volume risulta pari a ∆V/V0 ≃ −8 × 10−4. Si vuole ora valutare
la pressione p1 da applicare al blocco per ottenere tale aumento di densita; a tale scopo dobbiamo
correlare la diminuzione del volume all’incremento di pressione. Utilizziamo il coefficiente kT fornito,
definito come segue:
kT (T, p) = − 1
V
(
∂V
∂p
)
T
= −(
∂ ln V
∂p
)
T
⇒(
∂ ln V
∂p
)
T
dp = −kT (T, p)dp
Assumiamo che kT sia costante nell’intervallo di pressione tra p0 e p1; integrando rispetto alla pressione
si ottiene
lnV1
V0= −kT (p1 − p0)
= lnV0 + ∆V
V0= ln(1 + ∆V/V0) ≃
∆V
V0
dove per l’ultimo pasaggio si e utilizzata l’approssimazione ln(1 + x) ≃ x per |x| << 1. Segue quindi
∆p = p1 − p0 = −∆V/V0
kT=
8× 10−4
7.35 × 10−7 atm−1= 1.09 × 103 atm
4
Esercizio 1.2
Dato un capillare lungo 10 cm e di diametro 0.2 mm, si vuole costruire un termometro a mercurio
operante nel campo di temperature da 0 C a 100 C . Quale deve essere il volume del bulbo da saldare
al capillare? [Il coefficiente di espansione isobara del mercurio liquido e α = 1.82 × 10−4 K−1]
0 0C
100 0C
0 0C
0 0C
100 0C
100 0C
Il volume del capillare e dato da
Vcap. = πr2h = π(0.1 × 10−3 m)2 × 10× 10−2 m = 3.14 × 10−9 m3
Noto il coefficiente di espansione isobara, α, possiamo valutare di quanto si dilata il mercurio liquido
tra 0 C e 100 C a pressione costante. Partendo dalla definizione di tale coefficiente,
α(T, p) =1
V
(
∂V
∂T
)
p=
(
∂ ln V
∂T
)
p⇒
(
∂ ln V
∂T
)
pdT = α(T, p)dT
e assumendo che α sia costante nel campo di temperature tra T0 = 273 K e T1 = 373 K, integrando
rispetto alla temperatura otteniamo
lnV1
V0= α(T1 − T0)
Facciamo l’ipotesi (da confermare a posteriori) che ∆V = V1−V0 << V0, cioe che la variazione relativa di
volume causata dall’escursione termica sia piccola, ∆V/V0 << 1. In tale limite e lecita l’approssimazione
ln(V1/V0) ≃ ∆V/V0 e pertanto otteniamo la relazione
∆V ≃ α(T1 − T0)V0
Se alla temperatura T0 tutto il mercurio e contenuto nel bulbo (tacca ”zero” sul capillare) e alla temper-
atura T1 il capillare e completamente riempito (l’ultima tacca e raggiunta), allora deve essere V0 ≡ Vbulbo
e ∆V ≡ Vcap.. Quindi abbiamo
α(T1 − T0)Vbulbo = Vcap. ⇒ Vbulbo =3.14 × 10−9 m3
1.82 × 10−4 K−1 × 100K= 1.7× 10−7 m3 = 0.17 cm3
5
Infine, possiamo verificare che Vcap. << Vbulbo (cioe ∆V << V0) e quindi confermare l’assunzione fatta
in precedenza.
6
Esercizio 1.3
E accettabile un modello per l’equazione di stato del volume basato sulle seguenti approssimazioni
kT = costante , α(T, p) = α0 + c1(p− p0) + c2(T − T0)
dove α0, c1 e c2 sono costanti?
Le espressioni fornite per kT e α vanno intese come modello basato su misurazioni di compres-
sione/dilatazione in un intorno della temperatura T0 e della pressione p0. Occorre pero verificare se
tali espressioni sono compatibili con i vincoli stabiliti dalla correlazione che esiste tra kT e α.
Consideriamo le definizioni dei coefficienti kT (compressione isoterma) e α (espansione isobara):
kT = − 1
V
(
∂V
∂p
)
T
= −(
∂ ln V
∂p
)
T
, α =1
V
(
∂V
∂T
)
p=
(
∂ ln V
∂T
)
p
dalle quali otteniamo(
∂ ln V
∂p
)
T
= −kT (T, p) ,
(
∂ ln V
∂T
)
p= α(T, p)
Data la funzione f(T, p) = ln V (T, p), deve essere soddisfatta la relazione di Schwartz sull’invarianza
delle derivate parziali seconde rispetto alla sequenza di derivazione:
∂2f(T, p)
∂T∂p
Schwartz≡ ∂2f(T, p)
∂p∂T⇒
[
∂
∂T
(
∂ ln V
∂p
)
T
]
p
=
[
∂
∂p
(
∂ ln V
∂T
)
p
]
T
⇒ −(
∂kT
∂T
)
p=
(
∂α
∂p
)
T
Occorre ora verificare se le leggi fornite per kT (T, p) e α(T, p) soddisfano la restrizione stabilita. Da tali
espressioni segue(
∂kT
∂T
)
p
kT cost.= 0 ,
(
∂α
∂p
)
T
= c1
Si deduce quindi che le leggi fornite sono accettabili solo se c1 = 0, cioe il coefficiente α non puo
dipendere dalla pressione (in un ristretto intorno di T0 e p0).
7
Esercizio 1.4
Valutare le variazioni ∆U e ∆H di una mole di acqua quando la sua temperatura viene innalzata
da 25 C a 35 C a pressione atmosferica. Si utilizzino i seguenti dati: α(H2O) = 2.1 × 10−4 K−1,
Vm(H2O) = 18.07 × 10−6 m3 mol−1, cp(H2O) = 75.29 J K−1 mol−1.
Operando a pressione costante possiamo valutare subito il ∆H per mole di acqua quando la temperatura
viene innalzata di dieci gradi:
pext = cost. ⇒ ∆H ≡ Cp∆T = 1 mole × 75.29 J K−1 mol−1 × 10 K = 752.9 J
dove si e assunto che il calore specifico dell’acqua liquida sia costante nell’intervallo di temperatura
in esame. Per determinare ∆U partiamo dalla relazione tra energia interna ed entalpia del sistema,
U = H − pV , e valutiamo la differenza tra i due stati di equilibrio alla stessa pressione esterna:
pext = cost. ⇒ ∆U = ∆H − pext∆V
Il ∆H e gia stato determinato, mentre occorre valutare la variazione di volume del sistema a pressione
costante. A tale scopo utilizziamo il coefficiente di compressibilita isobara:
α(T, p) =1
V
(
∂V
∂T
)
p=
(
∂ ln V
∂T
)
p⇒
(
∂ ln V
∂T
)
pdT = αdT
Integrando tra le temperature T0 = 298 K (25 C ) e T1 = 308 K (35 C ), alle quali corrispondono i
volumi molari V0 = 18.07 × 10−6 m3 mol−1 e V1, si ha
lnV1
V0= α(T1 − T0)
Per ∆V/V0 << 1 e lecita l’approssimazione ln(V1/V0) ≃ ∆V/V0, pertanto
∆V ≃ αV0∆T = 1 mole × 2.1 × 10−4 K−1 × 18.07 × 10−6 m3 mol−1 × 10 K = 3.8 × 10−8 m3
Il contributo pext∆V nell’espressione per ∆U ammonta quindi a
pext∆V = 1.013 × 105 Pa× 3.8× 10−8 m3 = 3.8× 10−3 J
dove si e posto 1 atm ≡ 1.013 × 105 Pa. Si nota che tale contributo e trascurabile rispetto al ∆H, e
quindi per la trasformazione in esame si ha ∆U ≃ ∆H.
8
Esercizio 1.5
Esplicitare il coefficiente di compressibilita isoterma kT e il coefficiente di espansione isobara α per un
gas di van der Waals
(p + an2/V 2)(V − n b) = n R T
con a e b costanti.
Consideriamo le definizioni dei coefficienti kT (compressione isoterma) e α (espansione isobara):
kT = − 1
V
(
∂V
∂p
)
T
, α =1
V
(
∂V
∂T
)
p
Per valutarli dovremmo derivare l’equazione di stato V = V (T, p), ricavabile dalla forma di van der
Waals. Tuttavia, la forma cubica rispetto al volume rende complesso esplicitare V in funzione di
temperatura e pressione. Per ovviare a cio, trasformiamo le definizioni precedenti invertendo le derivate
parziali:
kT = − 1
V
(
∂p
∂V
)−1
T, α =
1
V
(
∂T
∂V
)−1
p
In questo caso dobbiamo esplicitare la pressione in funzione di T e V , e la temperatura in funzione di
p e V . Dall’equazione di van der Waals otteniamo subito
p(T, V ) =nRT
V − nb− an2
V 2
e quindi(
∂p
∂V
)
T= − nRT
(V − nb)2+
2an2
V 3=
2an2(V − nb)2 − nRTV 3
V 3(V − nb)2
Sostituendo nell’espressione per kT otteniamo
kT = − V 2(V − nb)2
2an2(V − nb)2 − nRTV 3= · · · =
[
nRTV
(V − nb)2− 2an2
V 2
]−1
Nel limite di gas ideale, cioe per a = 0 e b = 0, l’espressione precedente si riduce a
(kT )id =V
nRT= 1/p
Per derivare α ricaviamo la temperatura in funzione di p e V ,
T (p, V ) = (p + an2/V 2)(V − nb)/nR
da cui(
∂T
∂V
)
p= −2an2
V 3
(
V − nb
nR
)
+ (p + an2/V 2)/nR = − 2an
RV 3(V − nb) +
T
V − nb
= ... =TV 3 − (2an/R)(V − nb)2
V 3(V − nb)
Sostituendo nell’espressione per α si ottiene
α =V 2(V − nb)
TV 3 − (2an/R)(V − nb)2
Nel limite di gas ideale, ponendo a = 0 e b = 0, si ricava αid = 1/T .
9
Esercizio 1.6
Tre kg di acqua inizialmente a 25 C e alla pressione di 1 bar vengono riscaldati di un grado a volume
costante. Calcolare la pressione finale del sistema, noti il coefficiente di compressibilita isotermo, kT =
5.0× 10−5 bar−1, e il coefficiente di espansione isobara α = 2.1 × 10−4 K−1.
Questo esercizio verra riproposto, e risolto in modo diverso, nel capitolo 5 dedicato alle proprieta
differenziali delle grandezze termodinamiche; affrontiamolo qui con semplici considerazioni. Si puo
immaginare che i tre kg di acqua liquida si trovino in un contenitore munito di coperchio sul quale
esercito una pressione esterna via via sempre maggiore in modo tale da contrastare la dilatazione
dovuta al riscaldamento e da manterene il volume costante. In questo tipo di trasformazione variano
sia la temperatura sia la pressione, mentre V e mantenuto fisso. Partendo dal fatto che il volume e
esplicitabile sulla base delle variabili di stato T e p, posso considerarne il differenziale:
dV =
(
∂V
∂T
)
pdT +
(
∂V
∂p
)
T
dp
= V αdT − V kT dp
dopo per l’ultimo passaggio sono state richiamate le definizioni dei coefficienti α e kT . Integrando tale
relazione differenziale tra due stati di equilibrio iniziale e finale, imponendo ∆V = 0 in quanto il volume
non varia, e assumendo che α e kT siano costanti al variare di pressione e temperatura, si ricava che
α ∆T − kT ∆p = 0
dalla quale segue
∆p =α
kT∆T =
2.1 × 10−4 K−1
5.0× 10−5 bar−1× 1K = 4.2 bar
La pressione finale da esercitare sul sistema deve essere quindi pari a 5.2 bar.
10
Esercizio 1.7
In tabella e data la densita del mercurio a varie temperature:
Temperatura C densita‘ Hg (gr/cm3)
−10 13.6202
0 13.5955
10 13.5708
20 13.5462
30 13.5217
40 13.4973
50 13.4729
100 13.3522
110 13.3283
200 13.1148
300 12.8806
310 12.8572
Si calcoli il coefficiente di espansione termica isobara alle temperature di 0 C , 45 C , 105 C , 305 C .
Partiamo dalla definizione di α e approssimiamola in termini di differenze finite (nel limite di piccole
variazioni di volume e di temperatura):
α =1
V
(
∂V
∂T
)
p≃ ∆V
V ∆T
Ora dobbiamo mettere in relazione le variazioni di volume ∆V con le variazioni di densita ∆ρ ricavabili
dalla tabella data. Differenziando V = m/ρ si ricava dV/V = −dρ/ρ, e quindi passando alle differenze
finite si ha
∆V
V≃ −∆ρ
ρ
Sostituendo nella relazione precedente si ricava quindi che
α ≃ − ∆ρ
ρ∆T
Come usare questa relazione ai nostri fini? Se richiesto il valore di α ad una certa temperatura T0, si
individuano le temperature T+ e T− immediatamente superiore e inferiore rispetto a T0 in tabella, e si
ha che
α(T0) ≃ −ρ(T+)− ρ(T−)
ρ(T0) (T+ − T−)
in cui il valore ρ(T0) puo essere gia noto se T0 e tra le temperature in tabella, oppure viene espresso
come media tra i due valori alle temperature piu vicine, cioe ρ(T0) = [ρ(T+) + ρ(T−)]/2. Applicando
questa formula ricaviamo i valori richiesti:
α(0 C) ≃ −ρ(10 C)− ρ(−10 C)
ρ(0 C) × 20= 1.817 × 10−4 K−1
11
α(45 C) ≃ −ρ(50 C)− ρ(40 C)
ρ(45 C) × 10= 1.809 × 10−4 K−1
α(105 C) ≃ −ρ(110 C)− ρ(100 C)
ρ(105 C) × 10= 1.792 × 10−4 K−1
α(305 C) ≃ −ρ(310 C)− ρ(300 C)
ρ(305 C) × 10= 1.818 × 10−4 K−1
in cui, ad esempio, si e fatto uso di ρ(45 C) ≃ [ρ(50 C) + ρ(40 C)]/2 = 13.4851 gr/cm3.
12
ESERCIZI DA SVOLGERE
Esercizio 1.8
Il volume molare di un certo liquido in funzione della temperatura T (espressa in K) e dscritto dalla
seguente relazione
Vm(T ) = Vm(300 K) [0.75 + 3.9× 10−4 T + 1.48× 10−6 T 2]
Si calcoli il coefficiente di espansione termica isobara alla temperatura di 250 K.
Risultato: α = 1.2 × 10−3 K−1 a 250 K
Esercizio 1.9
Un impianto di riscaldamento domestico e costituito da un serbatorio di acqua del volume di 50
litri ed e dotato di un vaso di espansione aperto all’atmosfera in modo che la pressione interna si
mantenga costante. L’acqua si trova alla temperatura iniziale di 20 C , e viene riscaldata fino a 70 C .
Noto che α = 1.2 × 10−3 K−1 (e che tale coefficiente si puo assumere essenzialmente indipendente
dalla temperatura nell’intervallo in esame), si valuti l’incremento di volume dell’acqua in seguito al
riscaldamento.
Risultato: ∆V = 3 litri
13
14
Capitolo 2
Primo Principio
15
Esercizio 2.1
Una pallina di Piombo del peso di 100 g e lasciata cadere da una altezza di 10 metri dal suolo. As-
sumendo che come effetto dell’urto con il suolo tutta l’energia sia dissipata sotto forma di variazione
dell’energia interna della sola pallina, determinare l’incremento della temperatura della pallina stessa,
noto il suo calore specifico cp = 0.128 J/g K (accelerazione di gravita g = 9.81m/s2). Qual e la dipen-
denza dell’incremento di temperatura dalla massa della pallina?
Consideriamo il sistema globale isolato costituito dalla pallina, dai corpi materiali con i quali essa e a
contatto, e dal campo gravitazionale. A partire da uno stato iniziale (la pallina sospesa a dieci metri dal
suolo, e in equilibrio termico con l’intorno ad una temperatura iniziale Ti), una serie di eventi (caduta
e rimbalzi smorzati) determina la conversione di una frazione di energia meccanica potenziale in altre
forme di energia (ma l’energia totale del sistema globale isolato rimane costante). Ai fini della soluzione
del problema non importa conoscere i dettagli della trasformazione, ma solo sapere che la variazione
di energia meccanica uguaglia la variazione energia interna della pallina. In altri termini, l’energia
(del campo gravitazionale) non viene ”dispersa” tra i corpi a contatto con la pallina (aria e suolo),
ma viene interamente trattenuta dalla pallina sotto forma di incremento della propria energia interna.
Identificando la pallina come sistema, abbiamo quindi
∆U = ∆Emecc. = mg∆h
Assumendo che non ci sia variazione di volume della pallina nel corso della trasformazione possiamo
stabilire
H = U + pV , V = cost. , p = pext = cost. ⇒ ∆H ≡ ∆U
A pressione esterna costante si ha ∆H = mcp∆T , per ∆T ragionevolmente piccoli da potere assumere
il calore specifico costante. Quindi
mg∆h = mcp∆T ⇒ ∆T =g ∆h
cp=
9.81m s−2 × 10m
0.128 × 103 J kg−1 K−1= 0.8K
Si osserva che la variazione di temperatura risulta indipendente dalla massa della pallina: aumentando la
massa aumenta l’energia meccanica potenziale da dissipare in calore trattenuto dal corpo, ma aumenta
allo stesso modo la capacita termica dello stesso.
16
Esercizio 2.2
4 moli di ossigeno occupano un volume di 20 litri a 270 K. Si effettua una espansione adiabatica a
pressione esterna costante pari a 600 Torr, fino a triplicare il volume. Calcolare q, w, ∆T , ∆U e ∆H.
[1 Torr = 133.3222 Pa, e cv(O2) = 21.1 J K−1mol−1 assunto costante al variare del volume].
Rappresentiamo il processo che avviene. La trasformazione e certamente irreversibile. Si immagini che
il gas sia contenuto in un cilindro munito di pistone mobile, e che le pareti e il pistone non consentano
scambio di calore con l’esterno. Il pistone e inizialmente bloccato, e il gas e in stato equilibrio con
una certa pressione pi (che non e uguale a pext) e volume Vi iniziali. Improvvisamente il pistone viene
sbloccato ed inizia l’espazione contro la pressione pext fissa. Quando il volume e diventato il triplo
di quello iniziale, il pistone viene di nuovo bloccato; poi sui tempi lunghi il gas raggiunge nuovamente
l’equilibrio con pressione pf (che non e uguale a pext, attenzione!) e volume Vf = 3Vi. La trasformazione
alla quale siamo interessati avviene tra questi due stati di equilibrio. La trasformazione e adiabatica,
quindi stabiliamo subito che q = 0. Il sistema compie lavoro di volume espandendosi contro la pressione
esterna costante; la variazione di volume e pari a ∆V = 40 litri, quindi
w = −pext∆V = −(600 × 133.3222)Pa × 40× 10−3 m3 = −3.2 kJ
In merito alla variazione di energia interna si ha che
∆U = q + w ≡ w = −3.2 kJ
Valutiamo ora la variazione di temperatura del sistema. Possiamo solo stimare tale variazione sotto
l’ipotesi che l’ossigeno si comporti come gas ideale; in tale limite si ha infatti che
∆U = ncv ∆T ⇒ ∆T = − −3.2× 103 J
4 moli× 21.1 JK−1mol−1= −38K
Per quanto riguarda la variazione di entalpia, considerando H = U + pV si ha
∆H = ∆U + ∆(pV ) = ∆U + pfVf − piVi
Del resto, sotto l’assunzione di comportamento ideale del gas si ha che pfVf = nRTf e piVi = nRTi.
Segue quindi
∆H = ∆U + nR∆T = −3.2× 103 J + 4 moli× 8.314 JK−1mol−1 × (−38)K = −4.5× 103 J
• Commento: si e fatto uso della relazione ∆U = ncv ∆T valida strettamente per un gas ideale. Tale
relazione vale anche nel caso in cui (come quello in esame) il volume cambia, eppure in essa compare
il calore specifico a volume costante cv; come e possibile? Cio si giustifica tenendo presente che se il
gas e ideale, allora l’energia interna dipende solo dalla temperatura, e che il calore specifico e costante
(e indipendente dallo stato del gas). Differenziando U = U(T, V ) sotto queste condizioni si ha che
dU =
(
∂U
∂T
)
VdT +
(
∂U
∂V
)
TdV ≡ ncvdT , dato che la derivata rispetto al volume e nulla. Integrando
tra due stati (T1, V1) e (T2, V2) si ha che U(T2, V2) − U(T1, V1) = cv (T2 − T1) indipendentemente dai
volumi iniziale e finale. [Pur avvenendo un cambiamento di volume nella trasformazione reale, il cv
entra nell’espressione solo per il suo significato di derivata parziale dell’energia interna rispetto a T a
volume costante].
17
Esercizio 2.3
Fornendo 229 J di energia sotto forma di calore a 3 moli di Ar gassoso a pressione costante, la temper-
atura del campione aumenta di 2.55 K. Si calcolino cp e cv molari del gas.
Operando a pressione (esterna) costante si ha
pext = cost. ⇒ ∆H ≡ q = 229 J
Assumendo comportamento ideale di Ar gassoso vale ∆H = ncp∆T , da cui segue
cp =229 J
3mol× 2.55K= 29.9 JK−1mol−1
Inoltre, per un gas ideale vale la relazione cv = cp −R, pertanto
cv = (29.9 − 8.314) JK−1mol−1 = 21.6 JK−1mol−1
• Si dimostri la relazione utilizzata tra i calori specifici a volume e pressione costante nel caso di gas
ideale (per il quale l’energia interna e l’entalpia dipendono solo dalla temperatura).
18
Esercizio 2.4
Un pistone e adagiato sulla superficie di acqua a 100 C contenuta in un serbatoio, ed esercita su di essa
la pressione di 1 atm. La pressione viene diminuita di una quantita infinitesima, col risultato di fare
evaporare 10 gr. di acqua facendo assorbire 22.2 kJ di calore. Calcolare w, ∆U , ∆H e ∆Hm (molare)
per tale processo.
Indichiamo con ∆n il numero di moli di acqua evaporate:
∆n =∆m
PMH2O=
10 gr
18 gr mol−1= 0.56moli
Possiamo assumere che il processo avvenga a pressione (esterna) costante, dato che la variazione di
pressione e infinitesima. Pertanto,
pext = cost. ⇒ ∆H ≡ q = +22.5 kJ ⇒ ∆Hm = ∆H/∆n = 40 kJ mol−1
La variazione di volume del sistema e data da
∆V = Vf − Vi = (∆V )liq. + Vvap. ≃ Vvap.
dove abbiamo assunto trascurabile la variazione di volume di acqua liquida rispetto al volume di vapore
prodotto. Per il calcolo di Vvap. assumiamo che il vapore acqueo segua l’equazione di stato dei gas ideali,
quindi
∆V ≃ Vvap. ≃∆nRT
pext
Il lavoro di espansione contro la pressione esterna risulta dato da
w = −pext∆V = −∆nRT = −0.56mol × 8.314 JK−1mol−1 × 373K = −1.7 kJ
Infine,
∆U = q + w = 22.5 kJ − 1.7 kJ = 20.8 kJ
19
Esercizio 2.5
Si consideri un gas perfetto che in un sistema passa da uno stato A ad uno stato B seguendo i percorsi
1) Trasformazione isobara + isocora
2) Trasformazione lineare sul piano pressione-volume
3) Trasformazione adiabatica reversibile con cp/cv = 5/3.
I valori di pressione e volume sono: pA = 32bar, VA = 1 litro per lo stato A e pB = 1bar, VB = 8 litri
per lo stato B. Determinare il lavoro eseguito per ogni trasformazione.
Rappresentiamo le trasformazioni sul piano (pext, V ):
V
pextA
B
1)
2)
3)
Il lavoro di volume per le varie trasformazioni e dato da
w = −∫ B
AdV pext(V )
Si tratta quindi di specificare pext(V ) nei vari casi, ed effettuare l’integrazione sul volume.
1) Il lavoro di volume viene compiuto solo nel tratto orizzontale della trasformazione:
pext(V ) = pA ⇒ w = −pA(VB − VA) = −32× 105 Pa× (8− 1)× 10−3 m3 = −22400 J < 0
2) La funzione da integrare e l’equazione del segmento congiungente i punti A e B,
pext(V ) = pA +
(
pB − pA
VB − VA
)
(V − VA)
e quindi
w = −pA(VB − VA)−(
pB − pA
VB − VA
)∫ VB
VA
dV (V − VA) = −1
2(pA + pB)(VB − VA) = −11550 J < 0
3) Il processo e reversibile, cioe il sistema passa attraverso una successione di stati di equilibrio, e
possiamo quindi specificarne le variabili di stato. In particolare si stabilisce che pext(V )trasf. rev.
= p,
con p la pressione interna del gas. La legge dell’adiabatica reversibile per gas ideali (Poisson) e
pV γ = cost. , γ = cp/cv
20
con γ = 5/3 in questo caso. Segue
pV γ = pAV γA ⇒ pext(V ) ≡ p = pA
(
VA
V
)γ
Integrando si ottiene
w = −pAV γA
∫ VB
VA
dV/V γ = −pAVA
γ − 1
[
1−(
VA
VB
)γ−1]
= −3600 J < 0
• Si noti che in tutti i casi il lavoro di volume risulta correttamente negativo (lavoro fatto dal sistema
sull’esterno); inoltre si osservi che il lavoro, in questi casi, e l’area sottesa alla curva sul piano (pext, V );
cio appare evidente nelle trasformazioni 1) e 2), per le quali le espressioni finali rappresentano l’area del
rettangolo e del trapezio sottesi. Ma attenzione: questo criterio deve essere utilizzato con cautela! Ad
esempio, quanto vale il lavoro per la seguente trasformazione ciclica?
V
pext
Se si inverte il verso di percorrenza del ciclo cosa cambia?
21
Esercizio 2.6
Un recipiente cilindrico adiabatico e diviso in due parti uguali A e B da un pistone scorrevole,
anch’esso adiabatico, e di massa trascurabile. Ognuna delle due parti contiene n = 6 moli di gas
ideale monoatomico alla pressione p0 e alla temperatura T0 = 300K. Una resistenza elettrica riscalda
il gas contenuto nella parte A in condizioni quasi-statiche, determinando una compressione del gas in
B fino a triplicarne la pressione. Calcolare il lavoro fatto dal gas contenuto in A ed il calore da esso
assorbito.
Il sistema e cosı raffigurabile:
B
p0 , T0 , V0n = 6
p0 , T0 , V0n = 6
A
B
(pA)f , (TA)f ,
(VA)fn = 6
(pB)f , (TB)f ,
(VB)fn = 6
A
Indichiamo con (pA)f , (VA)f , (TA)f e con (pB)f = 3p0, (VB)f , (TB)f le variabili di stato per i gas in A e in
B nello stato (di equilibrio) finale, mentre (pA)i = (pB)i = p0, (VA)i = (VB)i = V0 e (TA)i = (TB)i = T0
sono le condizioni iniziali. Indichiamo con wA il lavoro fatto e qA il calore scambiato dal gas in A.
1) Calcolo di qA.
Consideriamo la seguente schematizzazione:
Sistema globale: gas A + gas B
Esterno: sistema riscaldante (resistenza + generatore di corrente)
Applicando il Primo Principio al sistema globale abbiamo
∆Utot = q + w = qA
in quanto il calore viene fornito solo al gas in A (q = qA), e le pareti del sistema globale sono rigide
(w = 0 in quanto non si ha lavoro di volume sull’esterno, ma semplicemente una parte del sistema
22
globale compie lavoro sull’altra tramite scorrimento del pistone). Per determinare qA dobbiamo quindi
di valutare ∆Utot. Dall’additivita dell’energia interna segue
∆Utot = ∆UA + ∆UB
Dall’ipotesi di gas ideale nei due scomparti segue
∆Utot = ncv[(TA)f − T0] + ncv[(TB)f − T0]
con cv = 3R/2 = 12.471 JK−1mol−1 (gas monoatomico). Dobbiamo ora valutare le temperature finali
(TA)f =(pA)f (VA)f
nR, (TB)f =
(pB)f (VB)fnR
Per quanto riguarda le condizioni finali del gas in B sappiamo gia che (pB)f = 3p0. Inoltre, sappiamo
che la compressione del gas in B avviene reversibilmente (il riscaldamento di A viene effettuato in
condizioni quasi-statiche). In tal caso, una delle relazioni di Poisson consente di valutare il volume
finale:
(pB)f (VB)γf = p0Vγ0 ⇒ (VB)f = V0
[
p0
(pB)f
]1/γ
= V0/31/γ
con γ = cp/cv = 5/3 (gas ideale monoatomico). Quindi,
(TB)f =3p0V0
nR 31/γ
p0V0=nRT0=
3nRT0
nR 31/γ= T03
(1−1/γ) = 465K
Per valutare (TA)f consideriamo le condizioni (VA)f = Vtot − (VB)f = 2V0 − V0/31/γ e (pA)f = (pB)f =
3p0 (condizione di equilibrio finale tra A e B: il pistone scorrevole rimane sospeso). Sostituendo:
(TA)f =3p0V0
nR
(
2− 1/31/γ)
p0V0=nRT0= 3T0
(
2− 1/31/γ)
= 1344K
Inserendo i valori delle temperature finali nelle espressioni per le variazioni di energia interna si ottiene
∆UA = 6mol× 12.471 JK−1mol−1 × (1344 − 300)K = 78.1 kJ
∆UB = 6mol× 12.471 JK−1mol−1 × (465 − 300)K = 12.3 kJ
qA ≡ ∆Utot = 90.4 kJ > 0
Il segno del calore scambiato risulta correttamente positivo (calore ceduto dalla resistenza e assorbito
dal gas in A).
2) Calcolo di wA.
Applichiamo il Primo Principio al gas contenuto in A:
wA = ∆UA − qA = −12.3 kJ < 0
Tale lavoro risulta effettivamente fatto dal gas in A comprimendo il gas in B. Si osservi che wA = −∆UB.
Infatti, ∆UB ≡ wB , essendo lo scomparto B isolato adiabaticamente, e che wB = −wA, in quanto una
parte (A) del sistema globale compie lavoro sull’altra (B).
23
Esercizio 2.7
Un gas ideale monoatomico, inizialmente alla temperatura TA = 300K, compie una trasformazione
adiabatica irreversibile al termine della quale si raffredda di ∆T = TB − TA = −5K. Utilizzando il
lavoro ottenuto durante tale processo, il gas viene riportato, a pressione costante, al volume iniziale
VC = VA. Determinare la temperatura finale del gas.
Dai dati del problema si deduce che la prima trasformazione e una espansione (il gas si raffredda), e il
lavoro compiuto sull’esterno viene immagazzinato da qualche dispositivo e poi interamente riutilizzato
per ricomprimere il gas a pressione (esterna) costante. Raffiguriamo il processo come segue
A
TA , VA
B
TB , VB
C
TC , VC = VA
adiab. irrev.
riutilizzo del
lavoro per
compressione
a pext=cost.
La seguente osservazione
TB < TA
VB > VA
∣
∣
∣
∣
∣
⇒ pB < pA
ci consente di collocare i punti associati agli stati A, B e C sul piano pressione applicata-volume:
pextA
CB
adiab. irrev.
VSvolgimento 1)
Consideriamo la variazione di energia interna nella trasformazione A→ B → C.
∆U = ∆UA→B + ∆UB→C = (qA→B + wA→B) + (qB→C + wB→C)
24
In primo luogo abbiamo qA→B = 0 (trasformazione adiabatica). Inoltre, il problema dice che wB→C =
−wA→B (il lavoro fatto dal sistema nel tratto A → B viene riutilizzato compiendolo sul sistema nel
tratto B → C). Quindi
∆U = qB→C
Dal fatto che pB = pC segue
pB = pC ⇒ qB→C ≡ ∆HB→C = ncp(TC − TB)
dove per l’ultima uguaglianza si e considerato il fatto che il gas e ideale. [• Domanda: e impor-
tante sapere se la trasformazione B → C avviene reversibilmente o irreversibilmente? Si rifletta sulla
derivazione della relazione q ≡ ∆H se la pressione esterna iniziale e finale coincidono, e se viene compi-
uto solo lavoro di volume]. Abbiamo quindi stabilito che ∆U = ncp(TC −TB) ma, essendo il gas ideale,
per la trasformazione da A a C si ha anche
∆U = ncv(TC − TA)
e quindi deve valere l’uguaglianza
ncv(TC − TA) = ncp(TC − TB)
da cui segue
TC =(cp/cv)TB − TA
cp/cv − 1
Per il gas ideale monoatomico cp/cv = 5/3. Inserendo i valori TA = 300 K, TB = TA − 5K = 295 K
segue TC = 287.5K < TB < TA.
Svolgimento 2)
Consideriamo la trasformazione parziale A→ B. Si ha
∆UA→B = qA→B + wA→Btrasf. adiab.
= wA→Bgas ideale≡ ncv(TB − TA)
Il lavoro svolto nel tratto B → C contro la pressione costante pB = pC e
wB→C = −pB(VC − VB)dato problema≡ −wA→B
quindi, uguagliando le due espressioni per wA→B, si deriva
pB(VC − VB) = ncv(TB − TA)
Dall’equazione di stato del gas ideale segue
pBVB = nRTB
pCVC ≡ pBVC = nRTC
∣
∣
∣
∣
∣
sottraendo m. am.⇒ pB(VC − VB) = nR(TC − TB)
25
e sostituendo nell’equazione precedente si ottiene
nR(TC − TB) = ncV (TB − TA)
da cui
TC =cv
R(TB − TA) + TB
cv=3R/2=
5TB − 3TA
2= 287.5K
• Si osservi che il problema ha soluzione (TC > 0) solo se TA/TB > 5/3 ≡ cp/cv . Cosa significa?
26
Esercizio 2.8
Si vuole portare una data quantita di gas ideale dallo stato p0, V0 allo stato p0, 2V0 con una trasfor-
mazione reversibile. Si diano alcuni esempi per cui il lavoro totale e nullo.
Primo esempio
Indichiamo con A e B gli stati iniziale e finale, e consideriamo il percorso A → C → D → B rap-
presentato in figura:
V
pext
A
C
D
B
adiab. rev.
isoterma rev.
V0
2V0
dove A→ C e una espansione reversibile isoterma, C → D e una compressione reversibile adiabatica, e
D → B una isocora. Dobbiamo dimostrare che esiste un punto C che consente di realizzare la condizione
w = wA→C + wC→D + wD→B = 0
Specifichiamo i singoli contributi, tenendo presente che le trasformazioni sono reversibili e pertanto
pext = p, con p la pressione interna del gas. Nel ramo di isoterma si ha
wA→C = −∫ VC
VA
dV p(T0, V ) = −nRT0
∫ VC
VA
dV/V = −nRT0 lnVC
V0= −p0V0 ln
VC
V0
Per la compressione adiabatica utilizziamo la relazione di Poisson
pV γ = cost. ⇒ p = pC
(
VC
V
)γ
, γ = cp/cv
e quindi
wC→D = −pCV γC
∫ VD
VC
dV/V γ VD=VB=pC
γ − 1
[
VB
(
VC
VB
)γ
− VC
]
27
La pressione pC e pero correlata alla pressione iniziale pA = p0 in quanto la trasformazione A → C e
isoterma, e quindi deve valere
pCVC = pAVA (= p0V0) ⇒ pC =p0V0
VC
Sostituendo nell’espressione di wC→D si ottiene
wC→D =p0V0
γ − 1
[
VB
VC
(
VC
VB
)γ
− 1
]
VB=2V0=p0V0
γ − 1
[
2V0
VC
(
VC
2V0
)γ
− 1
]
Infine abbiamo wD→B = 0, in quanto la trasformazione D → B avviene a volume costante. La con-
dizione w = 0 si traduce quindi in wC→D = −wA→C , che porta alla seguente uguaglianza
1
γ − 1
[
2V0
VC
(
VC
2V0
)γ
− 1
]
= lnVC
V0
Il problema si riduce quindi a dimostrare l’esistenza di un valore da assegnare a VC , con VC > 2V0 (il
punto C deve trovarsi a destra del punto B), tale da soddisfare l’equazione scritta. Poniamo ǫ = VC/V0
e riscriviamo tale equazione nella forma
1
γ − 1
(
21−γ ǫγ−1 − 1)
= ln ǫ
e vediamo se ammette una soluzione per ǫ > 2. Assumendo che il gas ideale sia monoatomico si ha
γ = 5/3. Gli zeri dell’equazione scritta sono determinabili numericamente, e si trova che ǫ ≃ 7 e
soluzione, e quindi la trasformazione rappresentata in figura avviene con lavoro totale nullo sotto la
condizione che il primo tratto di espansione reversibile isoterma sia protratta fino a dilatare di (circa)
sette volte il volume del gas.
Secondo esempio
Consideriamo la seguente trasformazione
V
pext
isobara
V0
2V0
AB
ciclo
Nel tratto orizzontale di espansione isobara A→ B si ha
wA→B,isob. = −p0(VB − VA) = −p0V0 < 0
28
Per avere lavoro totale nullo, cioe
w = wA→B,isob. + wciclo = 0
deve essere
wciclo = −wA→B,isob. = p0V0 > 0
il che significa che l’ampiezza del ciclo deve essere scelta opportunamente in modo che l’area interna
risulti uguale a p0V0.
• Domanda: se inverto il senso di percorrenza del ciclo mostrato in figura il risultato e lo stesso o
cambia? Perche?
29
Esercizio 2.9
Un gas ideale monoatomico, inizialmente alla pressione p0 = 2atm e volume V0 = 10 litri compie una
trasformazione reversibile specificata da
p = p0
[
1 +
(
V − V0
V0
)2]
fino a raddoppiare il volume. Calcolare il calore scambiato durante la trasformazione.
Specifichiamo innanzitutto gli stati iniziale (A) e finale (B); per lo stato iniziale abbiamo
A : p0 , V0 , T0 =p0V0
nR
Per specificare B sappiamo che Vf = 2V0, e sostituendo tale valore nell’equazione della trasformazione
determiniamo pf = 2p0. Dall’equazione di stato del gas perfetto si deriva Tf = pfVf/(nR) = 4p0V0/(nR) =
4T0. Quindi
B : pf = 2p0 , Vf = 2V0 , Tf = 4T0
Applicando il Primo Principio si ha
q = ∆U − w (1)
e quindi per determinare il calore scambiato occorre stimare indipendentemente ∆U e il lavoro com-
piuto w. Per valutare ∆U teniamo presente che per il gas ideale l’energia interna dipende solo dalla
temperatura, e la sua variazione tra due stati di equilibrio (indipedentemente dal tipo di trasformazione
che avviene per il passaggio dall’uno all’altro) e data da ∆U = ncv(Tf − T0) con cv = 3R/2 (gas ideale
monoatomico nel caso specifico). Quindi si ha
∆U = 3ncvT0
Dobbiamo ora valutare il lavoro svolto. Per far questo dobbiamo necessariamente considerare la trasfor-
mazione che effettivamente avviene, in quanto il lavoro non e funzione di stato e il suo ammontare
dipende dal percorso seguito. Essendo la trasformazione reversibile poniamo pext ≡ p, quindi
w = −∫ VB
VA
dV pext(V ) ≡ −∫ VB
VA
dV p(V ) = −p0
∫ 2V0
V0
dV
[
1 +
(
V − V0
V0
)2]
= −4
3p0V0
Infine, l’equazione (1) fornisce
q = 3ncvT0 +4
3p0V0 = p0V0
(
3cv
R+
4
3
)
= 117 litri× atm = 11.8 kJ
30
Esercizio 2.10
Si vuole produrre un getto continuo di vapore acqueo, alla temperatura di 200 C ed alla pressione di
1 atm, facendo fluire dell’acqua (introdotta a 1 atm e 20 C ) attraverso un condotto contenente una
resistenza elettrica. Assumendo che i cp dell’acqua liquida e del vapore siano pari, rispettivamente, a
75 e 34 J/K mole, e che il calore latente di evaporazione dell’acqua ad 1 atm sia pari a 40.7 kJ/mole,
determinare la potenza elettrica, W , del sistema riscaldante se si vuole generare un flusso di vapore di
1 kg/minuto.
Il problema e raffigurabile come segue:
H2O(l)
1 atm
20 0C
H2O(g)
1 atm
200 0C
Convertiamo la portata in massa in termini di portata in moli/s:
ρ =∆n
∆t= 1 kg min−1 × 103
60× PMH2O= 0.92 mol s−1
Consideriamo un intervallo di tempo ∆t arbitrario. Il numero di moli di acqua sottoposte a trasfor-
mazione in tale intervallo di tempo (il sistema) e ∆n = ρ∆t. Valutiamo la variazione di entalpia,
pext = cost. ⇒ ∆H = q ≡ wel = W ∆t (1)
dove wel e il lavoro elettrico puramente dissipativo compiuto sulla resistenza elettrica e convertito
interamente in calore ceduto al sistema. La variazione di entalpia ∆H e data dalla somma delle variazioni
di entalpia corrispondenti alle seguenti trasformazioni (tutte a pressione costante): (i) riscaldamento di
acqua liquida fino all’ebollizione alla pressione di 1 atmosfera (Teb = 373 K), (ii) evaporazione a Teb,
(iii) riscaldamento ulteriore del vapore prodotto; si ha
∆H = ∆ncp,l(Teb − T0) + ∆n∆Hev,m + ∆ncp,g(Tf − Teb) (2)
dove si e assunto che i calori specifici del liquido e del vapore siano essenzialmente costanti negli intevalli
di temperatura in questione. Uguagliando le espressioni (1) e (2) di ∆H e dividendo per ∆t si ottiene
W = ρ [cp,l(Teb − T0) + ∆Hev,m + cp,g(Tf − Teb)] = 46 kW
31
ESERCIZI DA SVOLGERE
Esercizio 2.11
Si consideri uno scaldabagno istantaneo di potenza P = 2.0 kW. Calcolare la portata ρ d’acqua che
e in grado di garantire se la temperatura entrante e di 10 C mentre quella di utilizzo e di 50 C .
[cp = 4187 J Kg−1 K−1]
Risultato: ρ = 1.2× 10−2 kg s−1
Esercizio 2.12
Si consideri una pompa da bicicletta inizialmente nella posizione rappresentata in figura. La pompa, di
volume iniziale V1 = 2m3, contiene aria in condizioni atmosferiche (pi = 1bar e Ti = 20 C ). Si inizia
quindi a spostare lo stantuffo in modo che tutta l’aria contenuta nella pompa venga compressa nella
camera d’aria di volume V0 = 1m3. Ipotizzando che il processo di verifichi in condizioni quasi-statiche e
che sia adiabatico, si valutino le condizioni termodinamiche finali dell’aria ed il lavoro speso. Si assuma
comportamento ideale dell’aria e γ = cp/cv = 1.40.
V0
V1
inizio
V0
fine
Risultato: Tf = 455 K, pf = 4.6 bar, w = 414 kJ
32
Esercizio 2.13
Un gas ideale monoatomico, di volume iniziale V0 = 10−2 m3 alla temperatura T0 = 20 C contenuto
in un recipiente diatermico (le pareti consentono gli scambi termici), viene compresso sottoponendolo
alla pressione p = 2MPa mantenuta costante. Una volta raggiunto l’equilibrio, la temperatura del gas
risulta aumentata di 80 C ed il volume e diventato V = V0/10. Determinare la quantita di calore
scambiata dal gas con l’ambiente esterno.
Risultato: q = −17.3 kJ
Esercizio 2.14
Cinque moli di biossido di carbonio gassoso (cp = 37.11 J/K mol), inizialmente alla temperatura di
25 C e alla pressione di 1 bar, vengono compresse adiabaticamente sotto l’azione di una pressione
costante pari a 5 bar. Quanto vale la temperatura finale del gas assumendo che esso si comporti come
un gas ideale?
Risultato: 292 C
Esercizio 2.15
Un gas ideale monoatomico e contenuto in un cilindro munito di pistone mobile. All’interno del cilindro
e inserita una resistenza di 10 Ohm, e le pareti del contenitore non consentono scambio di calore con
l’esterno. Il gas si trova inizialmente alla temperatura di 30 C , e in equilibrio con una pressione esterna
costante pari a 2 bar, e occupa un volume di 10 litri. Sulla resistenza viene fatta circolare una corrente
elettrica di 1 Ampere per 100 secondi. Qual e il volume del gas e quat’e la sua temperatura dopo avere
raggiunto il nuovo stato di equilibrio?
Risultato: Vf = 12 litri, Tf = 90.6 C
Esercizio 2.16
A 2 kg di acqua liquida viene fornita una certa quantita di calore in modo da innalzarne la temperatura
facendo espandere il volume dell’1%. Noti cp = 4187 J/K kg e α = 2.1 × 10−4 K−1, quanto calore e
stato fornito?
Risultato: 4.0× 105J
33
34
Capitolo 3
Secondo Principio
35
Esercizio 3.1
Un persona prende da terra un sasso di massa di 0.5 Kg, lo solleva di 1.5 metri e poi lo lascia cadere
(accelerazione di gravita = 9.81 m/s2). Stimare la variazione totale di entropia dell’Universo (persona
in questione esclusa).
Il problema e affrontabile in modi diversi. Ad esempio, schematizziamo il super-sistema globale come
segue:
esternosistema
dove il sistema e l’Universo (sasso incluso), e l’esterno e la persona che interagisce con esso (senza
farne parte). La persona compie lavoro sul sistema; precisamente, nel sollevare il sasso la persona
compie lavoro contro la forza del campo gravitazionale (appartenente al sistema). Tale lavoro e pari
a w = mg∆h (ed e positivo, in quanto lavoro fatto sul sistema). D’altro canto il sasso poi ricade, e
alla fine si ritrova nello stesso stato iniziale dopo l’urto anelastico con il suolo: possiamo ritenere che
il lavoro fatto dalla persona venga interamente dissipato in effetti termici; a tutti gli effetti, e come se
invece di compiere il lavoro w venisse direttamente fornita al sistema l’equivalente quantita di calore
q ≡ w. Considerando l’ambiente come un termostato a temperatura Tamb., la corrispondente variazione
di entropia e quindi pari a
∆Samb. =mg∆h
Tamb.=
0.5 kg × 9.81m s−2 × 1.5m
298K= 2.5 × 10−2 J K−1
dove si e posto Tamb. = 298 K (25 C ). [Per un confronto calorimetrico, tale variazione di entropia
corrisponde alla quantita di calore da fornire (reversibilmente) a circa 2 grammi di acqua per innalzarne
la temperatura di 1 C a temperatura ambiente.]
36
Esercizio 3.2
Dimostrare in tutta generalita che (wvol)rev. < (wvol)irr. per trasformazioni isoterme (sia compressioni
che espansioni o loro combinazioni).
Ricorrendo al Secondo Principio, possiamo in realta dimostrare l’enunciato piu generale (w)rev. <
(w)irr. per generiche trasformazioni isoterme, dove w indica lavoro generico. Consideriamo due stati di
equilibrio del sistema, A e B, e due trasformazioni, una reversibile e una irreversibile, tra tali stati. Le
variazioni di energia interna e di entropia devono essere identiche (sono variazioni di funzioni di stato,
quindi indipendenti dal percorso seguito, purche gli stati iniziale e finale siano gli stessi nei due casi, e
siano stati di equilibrio). Possiamo quindi stabilire che
(∆UA→B)rev = (∆UA→B)irr1 Principio⇒ (qA→B)rev + (wA→B)rev = (qA→B)irr + (wA→B)irr
e quindi
(wA→B)rev − (wA→B)irr = (qA→B)irr − (qA→B)rev (1)
Per dimostrare l’enunciato del problema, tale equazione deve essere trasformata in una diseguaglianza
stabilendo una relazione tra i calori (qA→B)rev e (qA→B)irr; il Secondo Principio e utile allo scopo.
Indichiamo con Text la temperatura del termostato a contatto con il sistema in trasformazione; le due
situazioni sono raffigurabili come segue:
T = Text
Text
(δq)rev
sistema
termostato
rev.
Text
(δq)irrsistema
termostato
irr.
dove nel caso della trasformazione irreversibile la temperatura del sistema non e specificabile (esso non si
trova in uno stato di equilibrio interno). Sfruttiamo la seguente forma della diseguaglianza di Clausius:∫
A→B
δq
Text≤ ∆SA→B (Clausius)
37
dove Text indica la temperatura dell’ambiente che scambia calore con il sistema; il segno = vale se la
trasformazione del sistema e reversibile (il che implica che la temperatura del sistema sia definibile e
sia costantemente uguale a Text), mentre il segno < vale nel caso di trasformazione irreversibile. Segue
quindi che
(qA→B)rev
Text= ∆SA→B ,
(qA→B)irr
Text< ∆SA→B ⇒ (qA→B)irr < (qA→B)rev
e quindi (qA→B)irr − (qA→B)rev < 0 al secondo membro della relazione (1). Pertanto segue
(wA→B)rev < (wA→B)irr
che e quanto si voleva dimostrare.
• Dimostrare la forma particolare della disuguaglianza di Clausius usata sopra a partire dalla forma
generale∮
δq
Text≤ 0
• Cosa occorre considerare per una corretta interpretazione della disuguaglianza (wA→B)rev < (wA→B)irr?
Provare a verificarla nel caso di espansione isoterma, reversibile e irreversibile, di un gas ideale.
38
Esercizio 3.3
Su una resistenza di 10 Ohm con capacita termica Cp = 8.4 J/K ed inizialmente alla temperatura di
25 C , viene fatta passare una corrente di 1 Ampere per un secondo. Calcolare la variazione di entropia
della resistenza
1) se la resistenza e termicamente isolata
2) se viene mantenuta a temperatura costante.
1) In primo luogo occorre specificare lo stato finale del sistema-resistenza, cioe la sua temperatura finale
Tf . A pressione esterna costante abbiamo
pext = cost. ⇒ ∆H = q + weladiab.≡ wel = Ri2∆t
dove si e utilizzata l’espressione del lavoro elettrico compiuto su una resistenza (Joule). Del resto, a
pressione costante si ha anche ∆H = Cp(Tf − T0), e eguagliando le due espressioni si ricava Tf come
Tf = T0 +Ri2
Cp∆t = 298.15K +
10Ohm× 1A2 × 1 sec
8.4 J K−1= 299.34K
La trasformazione avviene in condizioni di irreversibilita [• Domanda: quali dovrebbero essere le
condizioni operative per realizzare la trasformazione in modo reversibile?]. Tuttavia, essendo interessati
alla variazione di una funzione di stato (l’entropia in questo caso), possiamo sostituire la trasformazione
effettiva con una ipotetica trasformazione reversibile tra gli stessi stati (di equilibrio) iniziale e finale.
Scegliamo quindi di seguire un virtuale riscaldamento reversibile a pressione costante tra T0 e Tf ; si ha
pertanto
∆S =
∫
T0→Tf
(
δq
T
)
rev.
∗= Cp
∫ Tf
T0
dT/T = Cp lnTf
T0= 8.4 JK−1 ln
299.34
298.15= +0.035 JK−1 > 0
dove per il passaggio ∗ si e considerato che, a pressione esterna costante, vale δq ≡ dH = Cp dT ; inoltre
si e assunto che la capacita termica della resistenza sia essenzialmente costante nell’intervallo di tem-
perature in questione.
2) La temperatura della resistenza viene mantenuta costante, quindi Tf = T0. Inoltre anche la pres-
sione e costante (e pertanto sara invariato anche il volume della resistenza sulla base di una qualche
equazione di stato V = V (T, p)). Essendo tutte le variabili di stato invariate, lo stato termodinamico
finale e identico a quello iniziale, quindi la variazione di generiche funzioni di stato e nulla, e nel caso
specifico si ha ∆S = 0. La resistenza e quindi solo un ”tramite” che trasforma l’energia della pila in
calore ceduto al termostato con il quale e in contatto, senza mutare il proprio stato. • Domanda: quanto
vale la variazione di entropia del termostato?
39
Esercizio 3.4
Con riferimento alla macchina termica descritta in figura, qual e il massimo lavoro ottenibile da 1
m3 di acqua inizialmente alla temperatura T1 = 100 C e mantenuta a volume costante? Si supponga
T2 = 20 C .
H2O
T2 = cost.
M
T1 iniziale
V = cost.
q1
q2
w
Osserviamo che la macchina in esame e definibile come complessa, in quanto la temperatura di una
delle riserve termiche varia nel corso del funzionamento. Supponiamo che la macchina operi compiendo
un numero finito di cicli N , prima di arrestarsi quando T1 = T2. Chiamiamo T(n)1 la temperatura della
riserva d’acqua alla fine del ciclo n-esimo, indichiamo con q(n)1 e q
(n)2 l’ammontare di calore prelevato
dalla sorgente calda e ceduto alla riserva fredda nel corso del ciclo n-esimo, e con w(n) l’ammontare di
lavoro compiuto dalla macchina nello stesso ciclo. (Tutte queste quantita sono positive, quindi nei bilanci
seguenti saranno inserite con i segni opportuni in accordo con la convezione sui segni). Consideriamo
quindi la sequenza
T(0)1 ≡ T1
1 ciclo→ T(1)1
2 ciclo→ T(2)1
3 ciclo→ T(3)1
4 ciclo→ · · · T (N−1)1
N ciclo→ T(N)1 ≡ T2
Il Primo Principio applicato al sistema-macchina stabilisce che
∆U(n)M = q
(n)1 − q
(n)2 − w(n)
ma, funzionando la macchina ciclicamente, cioe tornando nello stesso stato termodinamico alla fine del
ciclo, deve essere ∆U(n)M = 0, e quindi
w(n) = q(n)1 − q
(n)2 (1)
Per valutare il calore q(n)1 consideriamo il Primo Principio applicato alla riserva di acqua. Tale riserva
e mantenuta a volume costante (non viene compiuto lavoro di volume), e pertanto
VH2O = cost. ⇒ ∆UH2O ≡ −q(n)1
40
A volume costante si ha inoltre ∆UH2O = mcv(T(n)1 − T
(n−1)1 ), e pertanto
q(n)1 = mcv(T
(n−1)1 − T
(n)1 ) (2)
Come valutare q(n)2 ? Essendo richiesto il lavoro massimo ottenibile dalla macchina, ci poniamo nel limite
di funzionamento ideale. Consideriamo il sistema globale macchina + riserve termiche adiabaticamente
isolato, e imponiamo che la trasformazione dell’intero sistema nel corso di un ciclo sia reversibile. Il
Secondo Principio stabilisce che in tale situazione ∆S(n)tot = 0, quindi
∆S(n)tot = 0 = ∆S
(n)1 + ∆S
(n)M + ∆S
(n)2
Essendo ∆S(n)M = 0, in quanto la macchina compie un ciclo, si ottiene ∆S
(n)2 = −∆S
(n)1 . Possiamo
subito correlare ∆S(n)2 alla quantita di calore incognita q
(n)2 mediante
∆S(n)2 =
q(n)2
T2
Per specificare ∆S(n)1 consideriamo il raffreddamento della riserva d’acqua nel corso del ciclo,
∆S(n)1 =
∫
ciclo n
(
δq1
T1
)
rev.= mcv
∫ T(n)1
T(n−1)1
dT1
T1= mcv ln
T(n)1
T(n−1)1
Si ottiene quindi
∆S(n)2 = −∆S
(n)1 ⇒ q
(n)2 = −mcvT2 ln
T(n)1
T(n−1)1
(3)
Sostituendo le espressioni (2) e (3) per q(n)1 e q
(n)2 nell’espresione (1) si ricava il lavoro compiuto nel ciclo
n-esimo:
w(n) = mcv
[
T(n−1)1 − T
(n)1 + T2 ln
T(n)1
T(n−1)1
]
Per ottenere il lavoro totale sommiamo i contributi su N cicli,
w =N∑
n=1
w(n)∗
= mcv
[
T(0)1 − T
(N)1 + T2 ln
T(N)1
T(0)1
]
= mcv
[
T1 − T2 + T2 lnT2
T1
]
= 1000 kg × 4.187 kJ kg−1 K−1 ×[
(373 − 293)K − 293K × ln293
373
]
= 38.8 kJ
• Si noti che sviluppando la sommatoria (passaggio ∗) tutti i termini intermedi si elidono, e il risultato
e indipendente dal numero di cicli N (ad esempio il lavoro massimo ottenibile e lo stesso se la macchina
compie un unico ciclo o molti cicli) e dipende solo dalla temperatura di partenza della riserva di acqua.
Come si spiega?
41
Esercizio 3.5
Calcolare il lavoro minimo necessario per congelare 250 grammi di acqua liquida gia a 0 in una stanza
alla temperatura di 20C. Quale sarebbe il minimo tempo richiesto se il refrigeratore operasse con una
potenza di 100 W ? [∆Hfus = 336 kJ kg−1 per la trasformazione di ghiaccio in acqua liquida].
Riformuliamo il problema in termici ”pratici”: si immagini di porre un bicchiere di acqua liquida, che
gia si trova a 0C, in congelatore. Che lavoro deve fare il congelatore per solidificare l’acqua, operando
in modo reversibile e cedendo calore alla stanza a 20C ? Consideriamo un refrigeratore funzionante in
modo reversibile, cioe ideale, in quanto il problema chiede di valutare il lavoro minimo necessario per
l’operazione. Schematizziamo il sistema globale come segue:
refrigeratore
q1
q2
w
ambiente T1 = 20 °C
H2O T
2= 0 °C
A tutti gli effetti, la macchina e definibile semplice, in quanto lavora tra due riserve termiche a tem-
peratura costante (l’acqua si trova gia a 0 C e solidifica a tale temperatura costante). Il calore q2 e il
lavoro w sono correlati dal coefficiente di rendimento del refrigeratore, definito come
ǫR =q2
w
dove nel caso specifico, operando in ambiente a pressione costante, si ha q2 = m∆Hfus. Si dimostra
(vedere la nota alla fine dell’esercizio) che il rendimento del refrigeratore (ideale) operante tra riserve
termiche a temperatura costante e dato da
ǫ0R =
T2
T1 − T2=
273K
20K= 13.65
Ponendo quindi ǫR = ǫ0R si ricava
w =m∆Hfus
ǫ0R
=250× 10−3 kg × 336 kJ kg−1
13.65= 6.2 kJ
• Cosa cambierebbe nell’impostazione del problema se, invece di partire da acqua gia a 0C, si partisse
da acqua a 10C ?
42
Rendimento (efficienza) del refrigeratore ideale
Si vuole quantificare il rendimento ǫ0R = q2/w della macchina refrigerante operante in modo ideale (re-
versibile) tra le riserve termiche a temperature costanti T1 > T2. Partiamo dall’imporre la condizione
di funzionamento reversibile, cioe imponiamo che ∆Stot = 0 per il sistema globale (isolato) costituito
dalle riserve termiche + Macchina refrigerante:
∆Stot =q1
T1+ ∆SM +
−q2
T2
dove le quantita q1 e q2 sono positive e la convenzione sui segni e stata considerata per q2 ceduto dalla
riserva fredda e q1 acquisito dalla riserva calda (si veda la figura del problema). Facendo riferimento
ad un ciclo si ha ∆SM = 0, in quanto la macchina ritorna nello stesso stato termodinamico; pertanto,
dall’equazione precedente segue
q1 = q2T1
T2(∗)
che correla le quantita di calore prelevato/ceduto dalla macchina. Questa correlazione, che segue diret-
tamente dall’avere imposto funzionamento ideale, consente di derminare univocamente l’ammontare di
lavoro richiesto per asportare la quantita di calore q2. Infatti, il Primo Principio applicato alla Macchina
stabilisce che
∆UM = −q1 + q2 + w
dove anche w e preso positivo ed e stata considerata la convenzione sui segni (il lavoro e fatto sul
sistema-Macchina). In un ciclo si ha ∆UM = 0, quindi
w = q1 − q2 = q2
(
q1
q2− 1
)
= q2
(
T1
T2− 1
)
(∗∗)
dove e stata utilizzata eq (∗). Sostituiamo le eqs (∗) e (∗∗) nella definizione di rendimento, ottenendo
ǫ0R =
1
T1/T2 − 1=
T2
T1 − T2
che e la relazione utilizzata per risolvere il problema. Dal fatto che T1 > T2 segue ǫ0R > 1. Fissate
le due temperature, il valore di ǫ0R e quindi determinato, e ci consente di valutare il lavoro da dover
compiere per prelevare una quantita di calore q2 fissata (ad es., per congelare i 250 grammi di acqua
nel problema in esame); tale ammontare di lavoro e il minimo necessario per compiere l’operazione,
nel senso che operando in qualsiasi modalita non reversibile (funzionamento non ideale) il rendimento e
sempre inferiore, e per asportare lo stesso calore q2 occorre compiere un lavoro maggiore. Per verificare
che il rendimento ǫR < ǫ0R nel caso di macchina non ideale basta imporre ∆Stot > 0, corrispondente a
trasformazioni irreversibili all’interno del sistema globale. Questo porta immediatamente a
macchina non ideale : q1 > q2T1
T2
Dalla relazione w = q1 − q2, sfruttando la disuguaglianza ottenuta stabiliamo che
w = q1 − q2 > q2T1
T2− q2 = q2
(
T1
T2− 1
)
⇒ q2
w<
1
T1/T2 − 1
43
Richiamando la definizione di rendimento e usando tale disuguaglianza otteniamo infine
ǫR =q2
w<
1
T1/T2 − 1=
T2
T1 − T2≡ ǫ0
R
cioe ǫR < ǫ0R.
Si noti inoltre che abbiamo ottenuto l’espressione di ǫ0R senza dover specificare la modalita di fun-
zionamento tecnico della macchina (ad es., potrebbe sfruttare un ciclo inverso di Carnot, oppure trasfor-
mazioni del tutto diverse...), ma solo assumendo che essa funzioni in modo reversibile: il rendimento
massimo risulta solo funzione delle temperature delle due riserve termiche tra le quali essa opera, e
non dalla caratteristiche della macchina. Possiamo chiederci in quali condizioni si puo massimizzare il
rendimento della macchina ideale. Dall’espressione di ǫ0R si nota che esso aumenta per T1 → T2. Cosa
significa? Ad esempio, nel caso del problema in esame questo significa che (lavorando in modo ideale)
occorre compiere meno lavoro per congelare i 250 grammi di acqua in una stanza a 5 C rispetto a
quanto ne occorre quando la stanza e a 20 C ...
• Si provi ad esplicitare il rendimento massimo di una macchina funzionante in modo ideale con ciclo
diretto tra le due sorgenti a temperatura T1 e T2, definito come η0 = w/q1, dove ora q1 e prelevato dalla
sorgente calda e il lavoro e compiuto dal sistema-Macchina sull’esterno. Il risultato e η0 = 1− T2/T1.
44
Esercizio 3.6
Tre chilogrammi di neve alla temperatura di 0 C sono gettati in un recipiente termicamente isolato
contenente 3 Kg di acqua a 90 C . Determinare la variazione globale di entropia del sistema, se il calore
di fusione del ghiaccio e di 336 kJ/kg ed il calore specifico dell’acqua e di 4.2 kJ/kg K.
Rappresentiamo il problema in figura:
3 kg acqua liq.
T0 = 90°C
3 kg neve
Tfus = 0°C
pareti
abiabatiche
La trasformazione effettiva e certamente irreversibile. Per valutare il ∆Stot del sistema e pero sufficiente
specificare gli stati (di equilibrio) iniziale e finale, e scegliere una conveniente trasformazione reversibile
tra di essi. Lo stato iniziale e definito dal problema, mentre per definire lo stato finale dei 6 kg di acqua
liquida dopo il mescolamento occorre determinarne la temperatura Tf . A tale scopo consideriamo il
bilancio termico imposto dalla condizione di adiabaticita a pressione costante:
pext = cost. ⇒ ∆Htot = qtot = 0
Immaginiamo (per convenienza) di potere idealmente distinguere, durante la trasformazione, i 3 kg di
neve dai 3 kg di acqua liquida inizialmente separati. Si ha quindi
∆Htot = ∆Hneve + ∆Hliq.pext=cost
= m∆Hfus + mcp(Tf − Tfus) + mcp(Tf − T0) ≡ 0
da qui segue
Tf =1
2[T0 + Tfus −∆Hfus/cp] = 278K
Passiamo ora a valutare la variazione di entropia delle due parti del sistema, seguendo per ognuna una
trasformazione reversibile tra gli stati iniziale e finale. Per i 3 kg di neve si ha
neve : H2O(s) 0Cfus.→ H2O(l) 0C → H2O(l) Tf
∆Sneve = m∆Hfus
Tfus+ mcp
∫ Tf
Tfus
dT/T = m∆Hfus
Tfus+ mcp ln
Tf
Tfus= +3.92 kJ K−1
45
Per i 3 kg di acqua inizialmente liquida abbiamo invece
liq : H2O(l) T0 = 90C → H2O(l) Tf
∆Sliq. = mcp
∫ Tf
T0
dT/T = mcp lnTf
T0= −3.36 kJ K−1
Infine,
∆Stot = ∆Sneve + ∆Sliq. = +0.56 kJ K−1 > 0
Si noti che la variazione di entropia del sistema globale risulta positiva, in accordo con il carattere
irreversibile della trasformazione in condizioni di isolamento adiabatico.
46
Esercizio 3.7
Calcolare la variazione di U , H, A e G durante l’evaporazione di 20 gr. di etanolo (PM = 46.07) al
suo punto normale di ebollizione (Teb = 351.4K) noto il calore latente di evaporazione di 837.4 kJ per
chilogrammo di sostanza.
A pressione costante, e con solo lavoro di volume, possiamo stabilire
pext = cost. ⇒ ∆H ≡ q = m∆Hev = 20 × 10−3 kg × 827.4 kJ kg−1 = 16.7 kJ
Per valutare la variazione di energia interna partiamo dalla sua relazione con l’entalpia, U = H − pV .
A pressione esterna costante deriviamo
pext = cost. ⇒ ∆U = ∆H − pext∆V
dove la variazione di volume conseguente all’evaporazione di ∆n moli di etanolo, ∆V , e approssimabile
al volume di vapore prodotto. Assumendo comportamento ideale dell’etanolo vapore stabiliamo
∆V =∆nRTeb
pext
dove ∆n = m/PM = 0.434 moli e il numero di moli passate allo stato vapore. Sostituendo otteniamo
∆U = ∆H −∆nRTeb = 16.7 kJ− 1.3 kJ = 15.4 kJ
Per valutare la variazione delle energie libere di Helmholtz e Gibbs, teniamo presente che una tran-
sizione di fase e un processo reversibile in cui le variabili di stato del sistema, pressione e temperatura,
sono specificabili e costanti (in questo caso si tratta di evaporazione del liquido all’ebollizione, cioe
ad una pressione esterna costante e costantemente uguale alla pressione del vapore alla temperatura
fissa di ebollizione). Dato che la trasformazione e reversibile e avviene a temperatura costante con solo
lavoro di volume, si pone subito ∆A = wvol, dove wvol = −pext∆V = −∆nRTeb = −1.3 kJ; quindi
∆A = −1.3 kJ. Tenendo presente che la trasformazione avviene a pressione esterna costante (oltre che
a temperatura fissa), e con solo lavoro di volume, si ha anche che ∆G = 0.
• Variazioni delle energie libere e lavoro utile
Riassumiamo le seguenti proprieta generali che riguardano le variazioni ∆A e ∆G per un sistema che
passa da uno stato di equilibio ”1” ad uno stato di equilibrio ”2” con modalita diverse:
1) Sistema a contatto con un termostato (T1 = T2 = Tterm): ∆A ≤ w
1) Sistema a contatto con un termostato (T1 = T2 = Tterm) e sottoposto a pressione esterna costante
(p1 = p2 = pext): ∆G ≤ w − wvol
Le uguaglianze valgono solo se la trasformazione e reversibile. Nel caso in cui il lavoro sia solo ”di
volume” si ha, nelle stesse condizioni date sopra, che ∆A ≤ wvol e ∆G ≤ 0. Da queste ultime relazioni,
prendendo l’uguaglianza, seguono subito le espressioni usate nel presente esercizio.
47
Esercizio 3.8
Una mole di gas perfetto e contenuta in un cilindro munito di pistone mobile senza attriti, avente un
diametro di 10 cm, in equilibrio termico e meccanico con l’ambiente esterno alla temperatura di 25 C ed
alla pressione di 1 bar. Sul pistone viene istantaneamente appoggiata una massa di 100 kg che provoca
la compressione del gas. Sapendo che l’accelerazione di gravita e pari a 9.81 m/s2, determinare il lavoro
di volume fatto sul sistema e la corrispondente variazione di entropia del sistema e dell’ambiente.
p0, V
0, T0
pf , Vf , Tf
m
Specifichiamo innanzitutto gli stati iniziale e finale del gas. Sappiamo che il gas e mantenuto in equilibrio
termico con l’esterno, quindi la sua temperatura e T = 298 K. Per lo stato iniziale si ha
p0 = 1bar , T0 = T = 298K , V0 =nRT0
p0=
1mole × 8.314 J K−1 mol−1 × 298 K
105 Pa= 0.0248m3
Valutiamo ora la pressione finale del gas; essa deve eguagliare la pressione esercitata dal pistone (p0) +
il contributo aggiuntivo dovuto alla massa applicata (forza peso / area della superficie):
pf = p0 +mg
AreaArea=πR2
= 105 Pa +100 kg × 9.81m s−2
7.85 × 10−3 m2= 2.25× 105 Pa (2.25 bar)
Quindi, lo stato finale e specificato da
pf = 2.25 bar , Tf = T = 298K , Vf =nRTf
pf= 0.0110m3
Il lavoro di volume per la compressione (irreversibile) a pext = pf = cost e quindi dato da
w = −pf(Vf − V0) = 3.1 kJ
Avendo specificato gli stati iniziale e finale, siamo in grado di valutare la variazione di entropia del
gas. A tale scopo, sostituiamo l’effettiva trasformazione irreversibile con una conveniente compressione
48
isoterma reversibile da (T, p0) a (T, pf ). Applichiamo il Primo Principio,
dUgasrev.= TdSgas − pdV
T=cost= 0 ⇒ dSgas = pdV/T
dove e stato posto dUgas = 0 in virtu del fatto che il gas e ideale, quindi la sua energia interna dipende
solo dalla temperatura e non varia nel corso della trasformazione isoterma. Dall’equazione di stato
V = nRT/p segue (dV )T=cost = −nRT (dp/p2), e sostituendo si ricava
T = cost : dSgas = −nRdp
p⇒ ∆Sgas = −nR ln
pf
p0= −6.7 J K−1
Per valutare la variazione di entropia dell’ambiente-termostato dobbiamo conoscere l’ammontare di
calore da esso scambiato con il gas a temperatura costante T . Applichiamo il Primo Principio al gas
ponendo ∆Ugas = 0; segue
∆Ugas = q + w = 0 ⇒ q = −w = −3.1 kJ
La variazione di entropia dell’ambiente e quindi data da
∆Samb. =−q
T=
3.1× 103 J
298K= 10.4 J K−1
dove −q e l’ammontare di calore acquisito dall’ambiente se q e il calore ceduto dal gas. La variazione di
entropia del sistema globale (gas + ambiente) risulta ∆Stot = +3.7 J K−1 > 0, quindi c’e aumento di
entropia in quanto la trasformazione e irreversibile.
• Come si dovrebbe operare per realizzare ∆Stot = 0 ?
49
Esercizio 3.9
Un recipiente contiene una mole di elio alla temperatura di 20 C ed alla pressione di 10 bar. Un
secondo recipiente contiene mezza mole di elio alla temperatura di 80 C ed alla stessa pressione. Ad un
certo istante viene aperta una valvola che mette in comunicazione i due recipienti. Determinare lo stato
di equilibrio finale e la variazione di entropia rispetto allo stato iniziale, supponendo che i recipienti
siano termicamente isolati ed a volume costante, e che l’elio si comporti come un gas ideale.
Raffiguriamo il problema come segue:
n1= 1 mole
T1 = 20°C
p1 = p2 = 10 bar
n2 = 0.5 moli
T2 = 80°C
Per valutare la variazione di una funzione di stato quale l’entropia dobbiamo innanzitutto specificare lo
stato di equilibrio finale (lo stato iniziale del sistema e noto). Possiamo subito stabilire che la pressione
finale e identica alle pressioni iniziali (uguali) dei gas separati, pf = p0 = 10 bar. Per determinare
la temperatura di equilibrio dopo il mescolamento, Tf , applichiamo il Primo Principio imponendo la
condizione ∆U = 0 in quanto le pareti esterne del contenitore sono rigide (non si compie lavoro di
volume) e adiabatiche (nessun scambio di calore con l’esterno):
∆U = 0
= ∆U1 + ∆U2gas ideali
= n1cv(Tf − T1) + n2cv(Tf − T2)
Si ricava
Tf =n1T1 + n2T2
n1 + n2= 313K (40C)
Per valutare la variazione di entropia possiamo operare in modi diversi. Ad esempio, come utile esercizio
possiamo ricavare la forma dell’entropia molare per il gas ideale in funzione di temperatura e pressione,
indicata nel seguito con Sm(T, p), e utilizzarla per calcolare la variazione di entropia del sistema globale
come segue:
∆S = Sf − Si = (n1 + n2)Sm(Tf , pf )− [n1Sm(T1, p1) + n2Sm(T2, p2)]
= (n1 + n2)Sm(Tf , p0)− [n1Sm(T1, p0) + n2Sm(T2, p0)] (1)
Per derivare la funzione Sm(T, p) possiamo partire da dU = TdS−pdV , ponendo dU = ncvdT per il gas
ideale. Si ricava quindi dS = ncvdT/T +pdV/T . Differenziando l’equazione di stato dei gas perfetti nella
forma V = nRT/p si ottiene dV = nRdT/p−nRTdp/p2, e quindi dS = ncvdT/T +nRdT/T −nRdp/p.
50
Raccogliendo i termini, e usando la relazione cp = cv + R tra le capacita termiche molari del gas ideale,
si ottiene dS = ncpdT/T −nRdp/p. Integrando tra un generico stato di riferimento (ad esempio lo stato
standard del gas ideale...) e lo stato termodinamico in esame, si arriva a S(T, p) = cost + ncp ln T −nR ln p. Dividendo per il numero di moli si ottiene la funzione cercata per l’entropia molare del gas
ideale
Sm(T, p) = cost + cp ln T −R ln p (2)
dove nell’addendo cost sono inglobati i logaritmi della temperatura e della pressione dello stato di
riferimento, e il valore dell’entropia per tale stato; essendo interessati a valutare differenze di entropia,
tale costante additiva si elide e non occorre specificarla. Utilizzando la forma (2) nell’espressione (1) si
ottiene
∆S = cp[(n1 + n2) ln Tf − n1 ln T1 − n2 lnT2] = 0.12 J K−1 > 0
dove si e inserito cp = 5R/2 per il gas ideale monoatomico. Si osservi che l’entropia aumenta in seguito
al processo irreversibile che avviene nel sistema adiabaticamente isolato, in accordo con il Secondo
Principio.
51
Esercizio 3.10
Calcolare il lavoro di volume ed il calore assorbito da 5 moli di acqua durante l’ebollizione a pressione
atmosferica, nota la corrispondente variazione entropica molare ∆Seb = 109.0 J/K mole.
Alla pressione di una atmosfera, la temperatura normale di ebollizione dell’acqua e Teb = 373 K. Il
lavoro di volume compiuto dalle 5 moli di acqua evaporate contro la pressione esterna pext e dato da
w = −pext∆V
dove ∆V e la variazione di volume del sistema in seguito alla trasformazione. Trascurando la variazione
di volume dell’acqua liquida, tale ∆V e essenzialmente pari al volume del vapore prodotto; assumendo
comportamento ideale del vapore acqueo abbiamo quindi
∆V =∆nRTeb
pext
e quindi
w = −∆nRTeb = −5 moli× 8.314 J K−1mol−1 × 373 K = −15.5 kJ
Il calore assorbito e ricavabile dalla conoscenza della variazione di entropia:
∆S =q
Teb⇒ q = Teb × n∆Seb = 203.3 kJ
52
ESERCIZI DA SVOLGERE
Esercizio 3.11
a) Si dia l’espressione di ∆S per n moli di gas ideale sottoposto alla trasformazione (p1, V1)→ (p2, V2).
Quanto vale ∆S per una mole di gas ideale sottoposta ad una espansione isoterma in cui il volume
raddoppia?
b) Quanto vale ∆S per una mole di gas ideale sottoposta a dimezzamento del volume e raddoppia-
mento della temperatura (assoluta)?
Risultato: a) ∆S1→2 = ncp ln V2V1
+ ncv ln p2
p1, ∆S = R ln 2 , b) ∆S = (cv −R) ln 2
Esercizio 3.12
Un pezzo di ferro di 2 Kg a 500 C viene gettato nell’acqua a 100 C in equilibrio con il suo vapore alla
pressione di 1 bar. Quant’e la variazione totale di entropia? (Il calore specifico del ferro e pari a 450
J/kg K).
Risultato: ∆Stot = 309 J K−1
Esercizio 3.13
Un campione di 10 kg di acqua a 20 C e convertito in ghiaccio a −10 C ponendolo a contatto con
un termostato a −10 C . Calcolare la variazione di entropia per il sistema costituito dal termostato e
dal campione. Il calore di fusione del ghiaccio e di 334 kJ/kg, mentre i calori specifici dell’acqua e del
ghiaccio sono rispettivamente 4.18 kJ/kg K e 2.09 kJ/kg K.
Risultato: ∆SH2O = −15.97 kJ K−1, ∆STerm. = +16.06 kJ K−1, ∆Stot = +92 J K−1 > 0,
53
Esercizio 3.14
Calcolare la variazione di entropia quando 100 gr. di etanolo (cp = 111.46 J/K mol , PM = 46.07
gr/mole) a 60 C sono mescolati a 150 gr. di etanolo a 10 C in un recipiente termicamente isolato.
Risultato: ∆S = 2.0 J K−1.
Esercizio 3.15
Del ghiaccio immerso in acqua viene parzialmente fuso mettendolo a contatto per 10 minuti con
una resistenza di 100 Ohm su cui passa una corrente di 0.1 Ampere. Quanto valgono le variazioni di
entropia, di entalpia e di energia libera di Gibbs del sistema acqua + ghiaccio supposto essere a pressione
costante?
Risultato: ∆S = 2.2 J K−1, ∆H = 600 J, ∆G = 0
Esercizio 3.16
Due campioni di 1 kg di acqua (cp = 4.18 kJ/ K kg) a temperature diverse vengono mescolati a
pressione costante, e all’interno di un contenitore che non consente scambio di calore con l’esterno, per
ottenere dell’acqua alla temperatura di 25 C . Qual e la temperatura dei due campioni se la variazione
di entropia nel mescolamento e ∆S = 11.8 J/K ?
Risultato: T1 = 9.2 C , T2 = 40.8 C (o viceversa)
Esercizio 3.17
Una mole di gas ideale monoatomico compie un ciclo di Carnot tra le temperature T1 = 400 C e
T2 = 300 C . Nel ramo di espansione isoterma a temperatura superiore il volume iniziale e di 1 litro e
quello finale e di 5 litri. Calcolare il lavoro compiuto durante un ciclo e le quantita di calore scambiato
con le due riserve termiche.
Risultato: w = 1338 J, q1 = 9005 J, q2 = 7667 J
54
55
56
Capitolo 4
Grandezze Standard
57
Esercizio 4.1
Dati i valori di ∆fH⊖ e ∆fG⊖ di una sostanza, quali altre informazioni sono necessarie per derivare
∆fS⊖, ∆fU⊖ e ∆fA⊖ ?
Partiamo dall’entropia di formazione standard, ∆S⊖f . Essa e correlabile ai valori forniti di ∆H⊖
f e
∆G⊖f mediante ∆G⊖
f = ∆H⊖f − T ∆S⊖
f , da cui
∆S⊖f =
∆H⊖f − ∆G⊖
f
T
Occorre quindi sapere a quale temperatura sono riferiti i valori forniti. Per l’energia interna di formazione
standard si ha poi
∆U⊖f = ∆H⊖
f − p⊖ ∆V ⊖f
Per valutarla dobbiamo quindi potere stimare il ∆V ⊖f sulla base dei volumi standard delle specie
coinvolte nella reazione di formazione alla temperatura in esame. Infine,
∆A⊖f = ∆U⊖
f − T ∆S⊖f
= ∆U⊖f − ∆H⊖
f + ∆G⊖f
= ∆G⊖f − p⊖ ∆V ⊖
f
Anche in questo caso occorre conoscere ∆V ⊖f .
58
Esercizio 4.2
Derivare le forme esplicite di ∆rH⊖(T ) e ∆rG
⊖(T ), sulla base dei loro valori a T0 e per una generica
dipendenza ∆rc⊖p (T ) dalla temperatura. Stabilire una gerarchia di approssimazioni.
Partiamo dalle relazioni basilari che specificano la variazione di ∆rH⊖ e ∆rG
⊖ con la temperatura a
pressione costante p⊖:
d∆rH⊖(T )
dT= ∆rc
⊖p (T ) (1)
d(∆rG⊖/T )
d(1/T )= ∆rH
⊖(T ) (2)
con
∆rc⊖p (T ) =
∑
J
νJc⊖p (J, T )
dove la somma e effettuata sulle specie J-esime (prodotti e reagenti) coinvolte nella reazione, e νJ
indicano i coefficienti stechiometrici con il segno opportuno... La sequenza di integrazioni rispetto alla
temperatura e quindi la seguente:
∆rc⊖p (T ) ⇒ ∆rH
⊖(T ) ⇒ ∆rG⊖(T )
Deriviamo innanzitutto le forme generali, non approssimate, di ∆rH⊖(T ) e ∆rG
⊖(T ) sulla base dei
loro valori noti ad una temperatura di riferimento T0, e nota la dipendenza di ∆rc⊖p nell’intervallo di
temperatura T0 - T . Integrando eq (1) si ottiene
∆rH⊖(T ) = ∆rH
⊖(T0) +
∫ T
T0
dT ′ ∆rc⊖p (T ′) (3)
Riscriviamo ora eq (2) come segue:
d(∆rG⊖(T )/T ) = ∆rH
⊖(T )d(1/T ) = −∆rH⊖(T )dT/T 2
e integriamo rispetto alla temperatura ottenendo
∆rG⊖(T )
T=
∆rG⊖(T0)
T0−∫ T
T0
dT ′ ∆rH⊖(T ′)
T ′2
Sostituendo nell’integrale la forma eq (3) per ∆rH⊖(T ′) si deriva
∆rG⊖(T )
T=
∆rG⊖(T0)
T0− ∆rH
⊖(T0)
∫ T
T0
dT ′ 1
T ′2 −∫ T
T0
dT ′ 1
T ′2
∫ T ′
T0
dT ′′ ∆rc⊖p (T ′′)
=∆rG
⊖(T0)
T0+ ∆rH
⊖(T0)
(
1
T− 1
T0
)
−∫ T
T0
dT ′ 1
T ′2
∫ T ′
T0
dT ′′ ∆rc⊖p (T ′′)
e quindi la soluzione generale e
∆rG⊖(T ) = ∆rG
⊖(T0)T
T0+ ∆rH
⊖(T0)
(
1− T
T0
)
− T
∫ T
T0
dT ′ 1
T ′2
∫ T ′
T0
dT ′′ ∆rc⊖p (T ′′) (4)
A questo punto possiamo operare alcune semplicazioni sulla base di assunzioni relative al ∆rc⊖p .
59
1) ∆rc⊖p (T ) ≃ 0. Questo e un caso speciale che si realizza per compensazione reagenti/prodotti; ad es-
empio, si puo invocare tale assunzione nel caso di reazioni in fase gassosa che avvengono senza variazione
del numero di moli, se le specie hanno comportamento di gas ideale e se sono strutturalmente simili
(ad es. se tutti i gas sono monoatomici, o tutti biatomici, ecc.) [• Perche ?]. Sotto tale assunzione, le
equazioni (3) e (4) si riducono a
∆rH⊖(T ) ≃ ∆rH
⊖(T0) (5)
∆rG⊖(T ) = ∆rG
⊖(T0)T
T0+ ∆rH
⊖(T0)
(
1− T
T0
)
(6)
2) ∆rc⊖p (T ) ≃ ∆rc
⊖p (T0). Questa e nota come approssimazione di Kirchhoff, e presuppone che il ∆rc
⊖p
sia debolmente dipendente dalla temperatura nel campo di interesse, e viene valutato alla temper-
atura di riferimento T0. Sostituendo in eqs (3) e (4), con qualche passaggio si ottengono le seguenti
approssimazioni
∆rH⊖(T ) ≃ ∆rH
⊖(T0) + ∆rc⊖p (T0)(T − T0) (7)
∆rG⊖(T ) = ∆rG
⊖(T0)T
T0+ ∆rH
⊖(T0)
(
1− T
T0
)
− ∆rc⊖p (T0)
[
T lnT
T0+ (T0 − T )
]
(8)
Una relazione alternativa ad eq (2) e la seguente:
d∆rG⊖(T )
dT= −∆rS
⊖(T )
la cui integrazione rispetto alla temperatura conduce a
∆rG⊖(T ) = ∆rG
⊖(T0)−∫ T
T0
dT ′ ∆rS⊖(T ′)
Seguendo questa via alternativa, occorre conoscere come ∆rS⊖ dipende dalla temperatura. • Si dimostri
che la precedente assunzione 1), cioe porre ∆rc⊖p (T ) ≃ 0, equivale ad assumere ∆rS
⊖(T ) ≃ ∆rS⊖(T0)
(debolmente dipendente dalla temperatura), e si ricavi la conseguente forma approssimata eq (6). A
cosa corrisponde l’assunzione ∆rc⊖p (T ) ≃ ∆rc
⊖p (T0) in termini di ∆rS
⊖(T ) ?
60
Esercizio 4.3
A 25 C l’energia libera standard di formazione dell’ossido di azoto NO gassoso e di 86.55 kJ mol−1, men-
tre le entropie standard di O2(g), N2(g), NO(g) sono rispettivamente 29.355, 20.125, 29.844 JK−1mol−1.
Calcolare l’energia libera standard di formazione dell’ossido di azoto gassoso a 110 C .
Consideriamo la reazione di formazione di una mole di ossido di azoto:
1
2O2(g) +
1
2N2(g) = NO(g)
Il problema richiede di valutare ∆rG⊖(T1) ≡ ∆G⊖
f (NO(g), T1) a T1 = 383 K (110 C ) per tale reazione.
Partiamo dalla seguente equazione che definisce la variazione di ∆rG⊖ con la temperatura:
d∆rG⊖(T )
dT= −∆rS
⊖(T ) (1)
In mancanza di informazioni specifiche assumiamo
∆rS⊖(T ) ≃ ∆rS
⊖(T0) , T0 = 298K (2)
nell’intervallo di temperature tra 25 C e 110 C . Cio e equivalente ad assumere che, per qualche effetto
di compensazione tra reagenti e prodotti, si abbia ∆rc⊖p (T ) ≃ 0 in tale intervallo. [• Data la reazione in
esame, e ragionevole tale assunzione? In quali condizioni si puo giustificare?] Integrando eq (1) rispetto
alla temperatura facendo uso dell’approssimazione eq (2) otteniamo
∆G⊖f (T1) = ∆G⊖
f (T0)− ∆S⊖f (T0)(T1 − T0) (3)
Il ∆S⊖f (T0) e calcolabile dalle entropie standard fornite:
∆S⊖f (T0) = S⊖(NO, g) − 1
2S⊖(O2, g)− 1
2S⊖(N2, g)
= (29.844 − 29.355/2 − 20.125/2) J K−1 mol−1 = 5.104 J K−1 mol−1
Sostituendo tale valore in eq (3) si ottiene
∆G⊖f (T1 = 383K) = (86.55 − 5.104 × 10−3 × 85) kJ mol−1 = 86.12 kJ mol−1
61
Esercizio 4.4
Dai seguenti dati termodinamici per l’ozono gassoso, O3(g), a 25 C :
∆H⊖f kJ/mol ∆G⊖
f kJ/mol S⊖ J/K mol
142.7 163.2 238.93
si valuti l’entropia standard di O2(g) alla stessa temperatura.
Consideriamo la reazione di formazione di una mole di ozono gassoso:
3
2O2(g) = O3(g)
Alla temperatura di riferimento T0 = 298K valutiamo ∆S⊖f (O3(g), T0) come il ∆rS
⊖(T0) per la reazione
di formazione, cioe
∆S⊖f (O3(g), T0) = S⊖ (O3(g), T0)−
3
2S⊖ (O2(g), T0)
da cui si ricava
S⊖ (O2(g), T0) =2
3
[
S⊖ (O3(g), T0)− ∆S⊖f (O3(g), T0)
]
(1)
Si ha poi che
∆S⊖f (O3(g), T0) =
∆H⊖f (O3(g), T0)− ∆G⊖
f (O3(g), T0)
T0= −68.8 J K−1 mol−1
Sostituendo tale valore in eq (1), e usando il valore fornito per S⊖ (O3(g), T0), otteniamo S⊖ (O2(g), T0) =
205.1 J K−1 mol−1.
62
Esercizio 4.5
Dai seguenti dati termodinamici standard a 25 C
∆H⊖f kJ/mol ∆G⊖
f kJ/mol S⊖ J/K mol
H2(g) 0.0 0.0 130.684
O2(g) 0.0 0.0 205.138
H2O(l) −285.83 −237.13 69.91
calcolare la variazione dell’energia libera di formazione (di Gibbs) di una mole di acqua quando viene
riscaldata da 25 C a 35 C alla pressione standard.
La reazione di formazione di H2O(l) e la seguente
H2(g) +1
2O2(g) = H2O(l)
I dati del problema consentono di valutare ∆G⊖f (H2O(l),T0), per T0 = 298 K (25 C ), ed e richiesto
∆G⊖f (H2O(l),T1) a T1 = 308 K. Dai dati forniti non e possibile dedurre come ∆rc
⊖p varia con la
temperatura, ne e possibile valutarlo alla temperatura di riferimento T0. Per procedere adottiamo
l’approssimazione piu cruda, invocando effetti di compensazione tra i calori specifici di reagenti e prodotti
e ponendo ∆rc⊖p ≃ 0. Tale assunzione e equivalente (lo si dimostri) a porre ∆rH
⊖(T ) ≃ ∆rH⊖(T0)
(costante) e ∆rS⊖(T ) ≃ ∆rS
⊖(T0) (costante) per temperature T comprese tra T0 e T1. Su tali basi,
il problema puo essere risolto in molti modi tra loro equivalenti. Ad esempio, possiamo partire dalla
seguente equazione che definisce la dipendenza di ∆rG⊖ dalla temperatura:
d∆rG⊖(T )
dT= −∆rS
⊖(T ) ≃ −∆rS⊖(T0)
Integrando tra la temperatura di riferimento T0 (alla quale sono riferiti i dati tabulati) e la temperatura
T1 si ottiene
∆rG⊖(T1) ≃ ∆rG
⊖(T0)− ∆rS⊖(T0)(T1 − T0) (1)
Valutiamo ora ∆rG⊖(T0) e ∆rS
⊖(T0) per la reazione di formazione di una mole di H2O:
∆rG⊖(T0) ≡ ∆G⊖
f (H2O(l), T0) = −237.13 kJ mol−1
e
∆rS⊖(T0) = S⊖ (H2O(l), T0)− S⊖ (H2(g), T0)−
1
2S⊖ (O2(g), T0) = −164.43 J K−1 mol−1
Sostituendo tali valori in eq (1) si ottiene ∆rG⊖(T1) ≡ ∆G⊖
f (H2O(l), T1) = −235.5 kJ mol−1.
63
Esercizio 4.6
Si calcoli il calore di reazione del benzene a cicloesano dai seguenti valori per l’entalpia standard di
formazione di benzene liquido (∆H⊖f = 49.0 kJ/mol) e di cicloesano liquido (∆H⊖
f = -156.0 kJ/mol)
a 25 C . Stimare la variazione di energia interna per la reazione.
La reazione in esame e la seguente:
C6H6(l) + 3H2(g) = C6H12(l)
Per valutare il calore di reazione, cioe il ∆rH⊖ della reazione, applichiamo la legge di Hess:
∆rH⊖ Hess
= ∆H⊖f (C6H12(l),T0)− ∆H⊖
f (C6H6(l),T0) = −205 kJ mol−1
per T0 = 298 K. Consideriamo ora la variazione di energia interna nel processo di formazione di una mole
di cicloesano a pressione costante (pari a p⊖) e a temperatura costante (T0), cioe valutiamo ∆rU⊖(T0)
per la rezione scritta. Dalla relazione generale U = H − pV , applicata al caso specifico, ricaviamo
∆rU⊖(T0) = ∆rH
⊖(T0)− p⊖∆rV⊖(T0) (1)
dove ∆rV⊖(T0) e il volume standard di reazione:
∆rV⊖(T0) = V ⊖(C6H12(l),T0)− V ⊖(C6H6(l),T0)− 3V ⊖(H2(g),T0)
∗≃ −3V ⊖(H2(g),T0)∗∗≃ −3
RT0
p⊖= −0.074 m3
dove per il passaggio ∗ si e assunto che i volumi di una mole di cicloesano e di benzene liquidi siano circa
uguali e si elidano nella somma algebrica, o che comunque la loro differenza sia trascurabile rispetto
al volume di tre moli di idrogeno gassoso; per il passaggio ∗∗ si e invece assunto che l’idrogeno gassoso
abbia comportamento ideale, adottando l’equazione di stato dei gas perfetti. Sostituendo in eq (1) si
ottiene
∆rU⊖(T0) ≃ ∆rH
⊖(T0) + 3RT0 = −197.6 kJ mol−1
64
Esercizio 4.7
Dati i seguenti valori per le grandezze standard dell’acqua (liquida e vapore) a 25 C , stimare la
differenza del suo calore latente di evaporazione tra 0 C e 100 C
∆H⊖f kJ/mol ∆G⊖
f kJ/mol S⊖ J/K mol c⊖p J/K mol−1
H2O(l) −285.83 −237.13 69.91 75.29
H2O(g) −241.82 −228.57 188.83 33.58
I dati tabulati sono riferiti alla trasformazione seguente
H2O(l) = H2O(g)
alla pressione standard p⊖. La variazione di entalpia standard della ”reazione” in esame e il ∆H⊖ev(T )
ad una generica temperatura T . I dati del problema ci consentono di calcolare ∆H⊖ev(T0) per T0 = 298
K (25 C ), ed e richiesta la differenza ∆H⊖ev(T2)−∆H⊖
ev(T1) con T2 = 373 K (100 C ) e T1 = 273 K (0C ). Abbiamo quindi bisogno di una relazione che definisca come ∆H⊖
ev(T ) dipende dalla temperatura.
Utilizziamo la relazione
d∆H⊖ev(T )
dT= ∆evc
⊖p (T ) (1)
con
∆evc⊖p (T ) = c⊖p (H2O(l), T )− c⊖p (H2O(g), T )
Assumendo che i calori specifici standard dell’acqua liquida e vapore siano in prima approssimazione
costanti nell’intervallo di temperatura tra 0 C e 100 C , allora possiamo porre ∆evc⊖p (T ) ≃ cost. e
valutarlo alla temperatura T0 compresa in tale campo. Integrando eq (1) tra le temperature T1 e T2 si
ottiene quindi
∆H⊖ev(T2) ≃ ∆H⊖
ev(T1) + ∆evc⊖p (T0)(T2 − T1)
e pertanto
∆H⊖ev(T2)−∆H⊖
ev(T1) ≃ ∆evc⊖p (T0)(T2 − T1)
= (33.58 − 75.29) × 10−3 kJ K−1 mol−1 × 100K = −4.17 kJ mol−1
65
Esercizio 4.8
Quando una miscela di aria e di vapore viene fatta passare su carbone avvengono le seguenti reazioni:
(1) C(s, grafite) +1
2O2(g) = CO(g)
(2) C(s, grafite) + H2O(g) = CO(g) + H2(g)
A 25 C le entalpie standard di formazione di CO(g) e H2O(g) rispettivamente di -110.53 kJ/mol e di -
241.82 kJ/mol. A tale temperatura, quale rapporto in volume deve esistere fra aria e vapore (considerati
alla stessa pressione) affinche il processo sia isotermo? Si ricorda che nell’aria il rapporto in moli tra
azoto e ossigeno e circa 4.
Rappresentiamo il processo nella seguente figura:
C
H2O(g)
+
aria
CO(g)
+
H2(g)
(p = costante)
Fissiamo l’attenzione su una porzione di aria/vapore/carbonio in reazione (il sistema). Nelle condizioni
stabilite il sistema subisce una trasformazione (chimica) a pressione costante, pertanto possiamo stabilire
che
pext = cost. ⇒ ∆H = q
Nelle condizioni operative in cui la temperatura della miscela si mantiene costante senza termostatazione
esterna, cioe non si ha ne assorbimento ne cessione di calore da parte della massa in reazione, deve
essere q = 0 e quindi ∆H = 0. Appare chiaro che tale condizione puo essere realizzata solo bilanciando
opportunamente gli effetti esotermici ed entotermici delle due reazioni.
Il problema chiede di considerare la reazione a pressione atmosferica, pertanto possiamo porre pext =
1 atm ≃ p⊖, e alla temperatura T0 = 298 K. Per i bilanci entalpici possiamo quindi utilizzare le entalpie
standard di formazione fornite. Indichiamo con x il numero di moli di CO(g) prodotto dalla reazione
(1) per una mole di CO(g) prodotto dalla reazione (2). Si deriva la condizione
∆H = x∆rH⊖(1)
+ ∆rH⊖(2) ≡ 0 ⇒ x = −∆rH
⊖(2)/∆rH
⊖(1)
66
Le entalpie standard di reazione per (1) e (2) sono ottenibili applicando la legge di Hess:
∆rH⊖(1) ≡ ∆H⊖
f (CO(g), T0) = −110.53 kJ mol−1
∆rH⊖(2)
= ∆H⊖f (CO(g), T0)− ∆H⊖
f (H2O(g), T0)
= (−110.53 − (−241.82)) kJ mol−1 = 131.29 kJ mol−1
Inserendo tali valori nel bilancio precedente si ricava x = 1.2. Dalla stechiometria delle due reazioni si
deduce che sono richieste 0.6 moli di O2(g) per mole di H2O(g) che reagisce. Assumendo che l’ossigeno
e il vapore acqueo abbiano comportamento di gas ideali, al rapporto tra il numero di moli corrisponde
il rapporto tra i relativi volumi immessi alla stessa pressione e temperatura, cioe
VO2(g)/VH2O(g) = 0.6
Dal rapporto VN2(g)/VO2(g) ≃ 4 nell’aria si ricava (considerando l’aria come costituita unicamente da
ossigeno e azoto)
Varia/VO2(g) =VO2(g) + VN2(g)
VO2(g)= 1 +
VN2(g)
VO2(g)= 5
e quindi
Varia/VH2O(g) = (VO2(g)/VH2O(g))× (Varia/VO2(g)) = 0.6× 5 = 3.0
Pertanto, affinche la temperatura si mantenga costante (e pari a 25 C ) nel corso della reaziane, e
necessario immettere aria con una portata volumetrica tripla rispetto al vapore d’acqua.
67
ESERCIZI DA SVOLGERE
Esercizio 4.9
Calcolare ∆rG⊖ a 375 K per la reazione
2CO(g) + O2(g)→ 2CO2(g)
dai seguenti valori tabulati sull’Atkins a 25 C :
∆H⊖f kJ/mol ∆G⊖
f kJ/mol
CO(g) −110.53 −137.17
O2(g) 0 0
CO2(g) −393.51 −394.36
Risultato: ∆rG⊖(T = 373 K) = −501.05 kJ mol−1
68
Capitolo 5
Relazioni differenziali e loro
applicazioni alle sostanze pure.
Potenziale chimico di gas reali
69
Esercizio 5.1
Si dimostrino le seguenti identita:
1) Cv = T
(
∂S
∂T
)
V
2) Cp = T
(
∂S
∂T
)
p
3) Cp = V Tα
(
∂p
∂T
)
S
4) Cp − Cv = α2TV/kT
5)
(
∂H
∂p
)
T
= V − T
(
∂V
∂T
)
p= V (1− αT )
6)
(
∂T
∂V
)
S= −
(
∂p
∂S
)
V= − αT
CvkT
7)
(
∂T
∂p
)
S
=
(
∂V
∂S
)
p=
TαV
Cp
8)
(
∂S
∂V
)
T=
(
∂p
∂T
)
V= α/kT
9)
(
∂S
∂p
)
T
= −(
∂V
∂T
)
p= −V α
10)
(
∂T
∂V
)
U=
1
Cv
(
∂p/T
∂1/T
)
V
dove
kT = − 1
V
(
∂V
∂p
)
T
, α =1
V
(
∂V
∂T
)
p
sono il coefficiente di compressione isoterma (kT ) e di espansione isobara (α), e
Cv =
(
∂U
∂T
)
V, Cp =
(
∂H
∂T
)
p
sono le capacita termiche a volume costante (Cv) e a pressione costante (Cp).
Relazioni 1) e 2)
Per verificare la 1) possiamo procedere in modo conciso come segue: partiamo dal differenziale fon-
damentale per l’energia interna,
dU = TdS − pdV
da cui segue (dividendo m. a m. per dT )
dU
dT= T
dS
dT− p
dV
dTV =cost.⇒
(
∂U
∂T
)
V= T
(
∂S
∂T
)
V≡ Cv
70
in cui nell’ultimo passaggio la derivata del volume e sparita e le derivate totali sono state sostituite
dalle derivate parziali (stiamo fissando il volume). In realta, per ricavare tale relazione in modo formale
dobbiamo effettuare un cambio di variabili, passando dall’energia interna espressa come U(S, V ) alla
forma U(T, V ). Per fare questo consideriamo l’entropia in funzione delle nuove variabili T e V , e inseri-
amo il suo differenziale dS =(
∂S∂T
)
VdT +
(
∂S∂V
)
TdV in quello fondamentale per dU . Raccogliendo poi i
termini in dV si ottiene dU = T(
∂S∂T
)
VdT +
[(
∂S∂V
)
T− p
]
dV . Del resto possiamo scrivere direttamente
il differenziale di U(T, V ) nella forma dU =(
∂U∂T
)
VdT +
(
∂U∂V
)
TdV . Uguagliando le due forme differen-
ziali per dU , e isolando i termini in dT , otteniamo proprio Cv ≡(
∂U∂T
)
V= T
(
∂S∂T
)
V. Per la relazione
2) si procede allo stesso modo. In modo conciso, partendo dal differenziale
dH = TdS + V dp
e dividendo per dT m. a m. si ottiene
dH
dT= T
dS
dT+ V
dp
dT
p=cost.⇒(
∂H
∂T
)
p= T
(
∂S
∂T
)
p
≡ Cp
Anche in questo caso la procedura formale prevede un cambio di variabili: da H(S, p) a H(T, p).
Relazione 3)
Abbiamo gia stabilito (vedere relazione 2)) che
Cp = T
(
∂S
∂T
)
p(1)
Si nota che le variabili S, T e p entrano nella derivata parziale che appare nella relazione da verificare,
ma occorre ”scambiarle” rispetto al loro ordinamento in eq (1). A tale scopo utilizziamo la relazione
ciclica:(
∂S
∂T
)
p
(
∂T
∂p
)
S
(
∂p
∂S
)
T= −1
da cui si ricava(
∂S
∂T
)
p= −
(
∂T
∂p
)
S
−1( ∂p
∂S
)
T
−1
= −(
∂p
∂T
)
S
(
∂S
∂p
)
T
(2)
Inoltre, una delle relazioni di Maxwell (che si ricava dal differenziale di G = G(T, p)) e(
∂S
∂p
)
T
= −(
∂V
∂T
)
p= −V α (3)
dove, per l’ultimo passaggio, si e utilizzata la definizione del coefficiente di espansione isobara. Sos-
tituendo eq (3) in (2) otteniamo quindi(
∂S
∂T
)
p=
(
∂p
∂T
)
SV α
e inserendo tale derivata parziale in eq (1) otteniamo infine la relazione cercata.
71
Relazione 4)
Ricorriamo alle relazioni 1) e 2) gia verificate. Sottraendo l’una dall’altra otteniamo
Cp − Cv = T
[
(
∂S
∂T
)
p−(
∂S
∂T
)
V
]
(4)
Appare chiaro che, per verificare la relazione 4), la differenza in eq (4) deve essere convertita in un
prodotto mediante l’elisione di uno dei due termini. A tale scopo torna utile la seguente relazione,(
∂S
∂T
)
V=
(
∂S
∂T
)
p+
(
∂S
∂p
)
T
(
∂p
∂T
)
V(5)
che si deriva uguagliando i differenziali dS per le funzioni S = S(T, p(T, V )) e S = S(T, V ). Sostituendo
eq (5) in (4) l’addendo (∂S/∂T )p viene eliminato, ottenendo
Cp − Cv = −T
(
∂S
∂p
)
T
(
∂p
∂T
)
V(6)
Abbiamo gia dimostrato che(
∂S
∂p
)
T
= −V α (7)
Inoltre, dalla relazione ciclica(
∂p
∂T
)
V
(
∂T
∂V
)
p
(
∂V
∂p
)
T
= −1
si ottiene(
∂p
∂T
)
V= −
(
∂V
∂T
)
p
(
∂V
∂p
)
T
−1
= αk−1T (8)
dove sono state richiamate le definizioni dei coefficienti α e kT . Sostituendo le espressioni (7) e (8) in
eq (6) si ottiene la relazione cercata. [• Si verifichi che per il gas ideale vale Cp − Cv = nR.]
Relazione 5)
La relazione da verificare e(
∂H
∂p
)
T
= V − T
(
∂V
∂T
)
p(9)
dato che l’ultima forma segue poi direttamente utilizzando la definizione del coefficiente α. Per di-
mostrare eq (9) partiamo dal differenziale dell’entalpia
dH = TdS + V dp ⇒ dH
dp= T
dS
dp+ V
T=cost.⇒(
∂H
∂p
)
T
= T
(
∂S
∂p
)
T
+ V (10)
Una delle relazioni di Maxwell (si ricava dal differenziale di G = G(T, p)) e
(
∂S
∂p
)
T
= −(
∂V
∂T
)
p
72
che sostituita in eq (10) fornisce l’equazione (9).
Relazione 6)
La prima uguaglianza nella relazione 6) e una delle relazioni di Maxwell (si ricava immediatamente
dal differenziale di U = U(V, S)). Per verificare la seconda partiamo dalla derivata (∂T/∂V )S e ap-
plichiamo la relazione ciclica come segue:(
∂T
∂V
)
S
(
∂V
∂S
)
T
(
∂S
∂T
)
V= −1
e ricordiamo (si veda la relazione 1)) che (∂S/∂T )V = Cv/T . Si ottiene quindi
(
∂T
∂V
)
S= − T
Cv
(
∂S
∂V
)
T= − T
Cv
(
∂p
∂T
)
V(11)
dove per l’ultimo passaggio si e usata la relazione di Maxwell (∂S/∂V )T = (∂p/∂T )V . Dobbiamo ora
”produrre” i fattori α e k−1T a partire da (∂p/∂T )V . A tale scopo usiamo ancora la relazione ciclica:
(
∂p
∂T
)
V
(
∂T
∂V
)
p
(
∂V
∂p
)
T
= −1 ⇒(
∂p
∂T
)
V= −
(
∂V
∂T
)
p
(
∂V
∂p
)
T
−1
= αk−1T (12)
dove sono state richiamate le definizioni di α e kT . Sostituendo eq (12) in eq (11) si ottiene
(
∂T
∂V
)
S= − T
Cv
α
kT
che e la forma cercata.
Relazione 7)
Si procede come per la relazione 6). La prima uguaglianza e una delle relazioni di Maxwell (si ri-
cava dal differenziale di H = H(p, S)). Per dimostrare la forma esplicitata partiamo dalla derivata
(∂T/∂p)S e ricorriamo alla relazione ciclica come segue:
(
∂T
∂p
)
S
(
∂p
∂S
)
T
(
∂S
∂T
)
p= −1
Usando la relazione 2) gia dimostrata, cioe (∂S/∂T )p = Cp/T , ricaviamo
(
∂T
∂p
)
S
= − T
Cp
(
∂S
∂p
)
T
=T
Cp
(
∂V
∂T
)
p=
T
CpV α
dove si e utilizzata la relazione di Maxwell (∂S/∂p)T = −(∂V/∂T )p, e per l’ultimo passaggio e stata
richiamata la definizione del coefficiente α.
Relazione 8)
La prima uguaglianza e una delle relazioni di Maxwell (si ricava subito dal differenziale di A = A(T, V ));
passiamo quindi a ricavare la forma esplicita. Dati i fattori che vogliamo mettere in evidenza (α e kT )
73
appare conveniente partire dalla forma (∂p/∂T )V nella quale entrano gia le variabili di stato ”giuste”.
Applichiamo le relazione ciclica,(
∂p
∂T
)
V
(
∂T
∂V
)
p
(
∂V
∂p
)
T
= −1
e ricaviamo(
∂p
∂T
)
V= −
(
∂V
∂T
)
p
(
∂V
∂p
)
T
−1
= αk−1T
dove per l’ultimo passaggio abbiamo richiamato le definizioni di α e kT .
Relazione 9)
La prima uguaglianza e una delle relazioni di Maxwell (che si ricava facilmente dal differenziale di
G = G(T, p)), e la forma esplicita segue direttamente richiamando la definizione del coefficiente α.
Relazione 10)
Partiamo dalla relazione ciclica, che ci consente di ”rimescolare” le grandezze coinvolte:(
∂T
∂V
)
U
(
∂V
∂U
)
T
(
∂U
∂T
)
V= −1 ,
(
∂U
∂T
)
V= Cv
dalla quale ricaviamo(
∂T
∂V
)
U= − 1
Cv
(
∂U
∂V
)
T(13)
A questo punto, per confronto con l’espressione alla quale vogliamo arrivare, appare evidente che dobbi-
amo lavorare sulla derivata (∂U/∂V )T . Possiamo procedere in vari modi. Il metodo piu diretto consiste
nel prendere spunto dall’analogia tra la forma alla quale vogliamo arrivare ed una delle espressioni di
Gibbs-Helmholtz:
U =
(
∂A/T
∂1/T
)
V
(Gibbs−Helmholtz)
Derivando tale forma di U rispetto al volume otteniamo(
∂U
∂V
)
T=
[
∂
∂V
(
∂A/T
∂1/T
)
V
]
T
∗=
[
∂
∂1/T
(
∂A/T
∂V
)
T
]
V
∗∗≡[
∂
∂1/T
1
T
(
∂A
∂V
)
T
]
V
∗∗∗= −
(
∂p/T
∂1/T
)
V
(14)
dove per il passaggio ∗ abbiamo applicato la relazione di Schwartz scambiando l’ordine di derivazione
rispetto alle variabili V e 1/T , mentre ∗∗ e una semplice identita in quanto la variabile T e stata portata
fuori dalla derivata parziale rispetto a V a T fissata; infine, per il passaggio ∗∗∗ abbiamo utilizzato la
relazione (∂A/∂V )T = −p che segue direttamente dal differenziale dA = −pdV −SdT dell’energia libera
di Helmholtz A = A(T, V ). Sostituendo eq (14) in (13) otteniamo la relazione cercata.
Se non si riconosce l’analogia strutturale con la Gibbs-Helmholtz, una via alternativa (anche se piu
laboriosa) potrebbe essere la seguente... Partiamo dalla relazione U = A + TS e deriviamo rispetto al
volume a temperatura costante, ottenendo(
∂U
∂V
)
T=
(
∂A
∂V
)
T+ T
(
∂S
∂V
)
T
74
Sostituendo le seguenti relazioni (si derivano dal differenziale di A = A(T, V )),
(
∂S
∂V
)
T=
(
∂p
∂T
)
V(Maxwell) ,
(
∂A
∂V
)
T= −p
si ottiene(
∂U
∂V
)
T= −
[
p− T
(
∂p
∂T
)
V
]
(15)
Sostituendo eq (15) in (13) arriviamo a
(
∂T
∂V
)
U=
1
Cv
[
p− T
(
∂p
∂T
)
V
]
(16)
Consideriamo ora la seguente identita:
(
∂(p u)
∂u
)
V= p + u
(
∂p
∂u
)
V= p + u
(
∂p
∂T
)
V
dT
du
dove u(T ) e una generica funzione della temperatura. Ponendo u(T ) = 1/T , si verifica che udT/du =
−T , e sostituendo nell’identita precedente otteniamo l’uguaglianza
(
∂p/T
∂1/T
)
V
= p− T
(
∂p
∂T
)
V
che, considerando eq (16), fornisce la relazione che volevamo ottenere.
• Il Quadrato di Maxwell
Esiste una rappresentazione, nota come ”Quadrato di Maxwell”, che condensa in modo grafico i dif-
ferenziali delle funzioni di stato e le relazioni di Maxwell (attenzione: si puo utilizzare il Quadrato di
Maxwell per ottenere rapidamente tali relazioni ma bisogna sapere come esse si ricavano formalmente!).
Il Quadrato di Maxwell e rappresentato in figura:
V T
S p
A
H
GU
75
Sui vertici sono disposte (in questo ordine preciso) le quattro variabili ”naturali” V , T , p e S rispetto
alle quali vengono espresse le funzioni di stato. Al centro dei suoi lati, a partire da quello superiore,
vengono posizionate le funzioni di stato A, G, H e U seguendo l’ordine alfabetico in senso orario. Ven-
gono infine tracciate le diagonali, mettendo due frecce che puntano verso i vertici superiori.
Come usare il Quadrato?
1) Differenziali delle funzioni di stato e derivate parziali fondamentali. Consideriamo il lato sul quale
si trova la funzione di stato in esame. Agli estremi del lato ci sono gia le corrette variabili naturali che
entrano nel differenziale. Per trovare le variabili moltiplicative basta seguire le diagonali che partono
dalle variabili naturali: le variabili ad esse connesse vengono poi prese con il segno + se sono indicate da
una freccia, con il segno − se non sono indicate da una freccia. Ad esempio consideriamo il differenziale
di H. Il lato e quello inferiore, e sugli estremi ci sono proprio le variabili naturali S e p per l’entalpia,
quindi compariranno i differenziali dS e dp. Per trovare le variabili moltiplicative vediamo che il ver-
tice con S e connesso con il vertice T , e che tale variabile e indicata dalla freccia (quindi comparira
come +T ). Poi vediamo che il vertice con p e connesso con V , e anche tale variabile e indicata dalla
freccia (quindi viene presa come +V ). Componendo il differenziale si avra quindi dH = TdS + V dp.
Per ottenere le derivate parziali fondamentali, ad esempio (∂H/∂S)p = T e (∂H/∂p)S = V in questo
caso, basta vedere quale variabile e connessa (mediante una diagonale) a quella rispetto alla quale si sta
derivando, e poi prendere segno + se la variabile indicata ha una freccia o segno − altrimenti.
2) Le relazioni di Maxwell. Si noti che in tutte le relazioni di Maxwell entrano derivate parziali solo della
forma (∂v1/∂v2)v3in cui le tre variabili sono disposte su tre vertici contigui con v2 nel mezzo, cioe per
seguire la sequenza v1 → v2 → v3 si rimane sempre sui lati senza effettuare salti (ad esempio, (∂V/∂T )p
entrera in una delle relazioni di Maxwell, mentre (∂V/∂p)S no). Per ricavare una relazione di Maxwell
si procede in questo modo. Supponiamo di volere trovare a cosa e uguale la generica (∂v1/∂v2)v3. Si
considera la variabile v′1 che sta sullo stesso lato di v1, poi si parte da tale variabile e si construisce
(∂v′1/∂v′2)v′3seguendo il senso di rotazione opposto rispetto a quello della prima derivata. Infine si
prende il segno + se entrambe le variabili di arrivo v3 e v′3 sono indicate da una freccia oppure sono
entrambe non indicate, mentre si prende il segno − se una delle due e indicata da una freccia e l’altra
no. Facciamo un esempio: a cosa e uguale (∂V/∂T )p ? La variabile che sta sullo stesso lato di V e
S. Nella sequenza V → T → p si procedeva in senso orario, quindi a partire da S procediamo lungo
i lati in senso antiorario: orreniamo (∂S/∂p)T . Vediamo che le variabili di arrivo p e T sono una non
indicata e l’altra indicata da una freccia, quindi prendiamo il segno −. Si ottiene pertanto la relazione
di Maxwell (∂V/∂T )p = − (∂S/∂p)T .
76
Esercizio 5.2
Dimostrare la seguente riduzione del coefficiente di Joule-Thomson,
µJT ≡(
∂T
∂p
)
H
=V (αT − 1)
Cp
e verificare che µJT = 0 per il gas ideale.
Applichiamo la relazione ciclica come segue:(
∂T
∂p
)
H
(
∂p
∂H
)
T
(
∂H
∂T
)
p= −1
dove identifichiamo, tra i fattori, (∂T/∂p)H = µJT e (∂H/∂T )p = Cp. Ricaviamo quindi
µJT = − 1
Cp
(
∂H
∂p
)
T
Si dimostra inoltre (vedere la relazione no. 5 nell’esercizio 1 del capitolo) che(
∂H
∂p
)
T
= V (1− αT )
ottenendo quindi la forma cercata. Nel caso di gas ideale, dall’equazione di stato V = nRT/p segue
α =1
V
(
∂V
∂T
)
p
gas id.=
1
T⇒ αT − 1 = 0 ⇒ µJT = 0
77
Esercizio 5.3
Dimostrare la relazione
Cv kT
Cp= 1/βs
dove Cp e Cv sono le capacita termiche a pressione e volume costanti, kT e il coefficiente di compressibilita
isoterma e βs = −V (∂p/∂V )S e il modulo adiabatico di compressione.
Riarrangiando l’espressione data, si tratta di dimostrare la seguente equivalenza:
Cp
Cv
?= kT βs ≡
(
∂V
∂p
)
T
(
∂p
∂V
)
S
dove per l’uguaglianza finale sono state richiamate le definizioni di kT e βs. Adottando le seguenti
espressioni per le capacita termiche a pressione e volume costanti (si vedano le relazioni 1 e 2 nell’esercizio
1 del capitolo),
Cp = T
(
∂S
∂T
)
p, Cv = T
(
∂S
∂T
)
V
segue che dobbiamo dimostrare se vale
Cp
Cv=
(
∂S
∂T
)
p(
∂S
∂T
)
V
?=
(
∂V
∂p
)
T
(
∂p
∂V
)
S
cioe, riarrangiando, dobbiamo verificare la seguente uguaglianza(
∂S
∂T
)
p
(
∂T
∂S
)
V
?=
(
∂V
∂p
)
T
(
∂p
∂V
)
S(1)
Concentriamoci sul termine (∂p/∂V )S al secondo membro, che scriviamo come prodotto di due fattori,(
∂p
∂V
)
S≡(
∂p
∂T
)
S
(
∂T
∂V
)
S(2)
Il primo dei due fattori in eq (2) puo essere ulteriormente esplicitato applicando la relazione ciclica come
segue,(
∂p
∂T
)
S
(
∂T
∂S
)
p
(
∂S
∂p
)
T
= −1 ⇒(
∂p
∂T
)
S= −
(
∂S
∂T
)
p
(
∂p
∂S
)
T
Il secondo fattore in eq (2), analogamente, puo essere esplicitato come segue:(
∂T
∂V
)
S
(
∂V
∂S
)
T
(
∂S
∂T
)
V= −1 ⇒
(
∂T
∂V
)
S= −
(
∂S
∂V
)
T
(
∂T
∂S
)
V
Sostituendo tali espressioni per i due fattori in eq (2) otteniamo(
∂p
∂V
)
S=
(
∂S
∂T
)
p
(
∂p
∂S
)
T
(
∂S
∂V
)
T
(
∂T
∂S
)
V(3)
Sostituendo infine eq (3) al secondo membro di eq (1) si ha(
∂S
∂T
)
p
(
∂T
∂S
)
V
?=
(
∂V
∂p
)
T
(
∂S
∂T
)
p
(
∂p
∂S
)
T
(
∂S
∂V
)
T
(
∂T
∂S
)
V
78
e semplificando i fattori uguali m. a m. ci si riduce a dovere verificare la seguente identita:(
∂V
∂p
)
T
(
∂p
∂S
)
T
(
∂S
∂V
)
T
?= 1 (4)
ma si nota subito, data la catena di derivate parziali tutte a temperatura fissata, che il primo membro
coincide formalmente con (∂V/∂V )T ≡ 1. Quindi l’identita eq (4) e verificata, e lo e pertanto anche la
relazione di partenza dalla quale e essa stata dedotta per serie di equivalenze.
79
Esercizio 5.4
La variazione di entropia per una espansione isotermica e data da
∆S =
∫ V2
V1
(
∂S
∂V
)
TdV
Valutare tale integrale per un gas ideale ricorrendo alla relazione di Maxwell opportuna.
La relazione data dal problema e del tutto generale, ed esprime la variazione di entropia S = S(T, V )
in seguito a variazioni di volume (espansioni/compressioni) isoterme. Infatti, a temperatura costante si
ha (dS)T = (∂S/∂V )T dV , e integrando rispetto al volume tra i valori V1 e V2 si ottiene l’espressione
data per il ∆S.
Per risolvere il problema si tratta essenzialmente di sostituire (∂S/∂V )T nell’integrale con una
derivata facilmente calcolabile dall’equazione di stato della specifica sostanza in esame. L’opportuna
relazione di Maxwell che consente cio e(
∂S
∂V
)
T=
(
∂p
∂T
)
V
(si ricava subito dal differenziale di A = A(T, V ) applicando l’identita di Schwartz), e quindi
T = cost. : ∆S =
∫ V2
V1
(
∂p
∂T
)
VdV (1)
dove l’integrando
(
∂p
∂T
)
Ve inteso come funzione di T e V . Si noti che l’eq (1) e generale, e vale per
una sostanza generica. Se ora consideriamo l’equazione di stato del gas ideale abbiamo
gas ideale , pV = nRT ⇒(
∂p
∂T
)
V= nR/V
e, sostituendo nell’integrale, si ottiene
gas ideale , T = cost. : ∆S = nR lnV2
V1
80
Esercizio 5.5
Trovare la relazione tra la quantita di calore assorbito da un liquido durante un’espansione isoterma
reversibile, e la differenza ∆p tra la pressione iniziale e finale, dato il coefficiente
α =1
V
(
∂V
∂T
)
p
di espansione isobara.
Possiamo schematizzare il problema come in figura:
p0
p1
T , V0 T , V1
qrev
exp. rev.
a T=cost.
Stiamo considerando un’espansione reversibile, quindi possiamo correlare la quantita di calore infinites-
ima scambiata dal sistema (in equilibrio termico con l’esterno) alla variazione infinitesima di entropia:
dS ≡(
δq
T
)
rev⇒ (δq)rev = TdS (1)
Consideriamo l’entropia come funzione delle variabili di stato p e T ; a temperatura costante (l’espansione
del liquido e isoterma), il differenziale dS e dato da
T = cost. ⇒ dS =
(
∂S
∂p
)
T
dp
Una delle relazioni di Maxwell (ottenibile dal differenziale di G = G(T, p) applicando Schwartz) e
(∂S/∂p)T = −(∂V/∂T )p, pertanto otteniamo
T = cost : dS = −(
∂V
∂T
)
pdp = −V αdp
dove per l’ultimo passaggio abbiamo richiamato la definizione del coefficiente di espansione isobara α.
Utilizzando eq (1) stabiliamo quindi
T = cost , exp. rev. : (δq)rev = −TV αdp
per una variazione infinitesima di pressione. Per ottenere la quantita totale di calore scambiato dobbiamo
integrare rispetto alla pressione, tenendo presente che V (T, p) e α(T, p) dipendono da tale variabile. La
soluzione generale e quindi
qrev = −T
∫ p1
p0
dp V (T, p)α(T, p)
81
Il sistema in esame e pero un liquido, pertanto possiamo assumere che il volume e il coefficiente α siano
debolmente dipendenti dalla pressione applicata, e portarli fuori dall’integrale ottenendo
qrev ≃ −T V α ∆p
che e la relazione richiesta dal problema.
82
Esercizio 5.6
Dare una forma esplicita per la dipendenza dalla pressione (a temperatura costante) dell’entropia di
un solido caratterizzato da coefficienti di compressibilita isoterma kT e di espansione isobara α, assunti
indipendenti dalla pressione.
Il contesto del problema ci induce a considerare l’entropia come funzione di temperatura e pressione,
S = S(T, p). A temperatura costante, il differenziale dS e dato da
T = cost. ⇒ dS =
(
∂S
∂p
)
T
dp
Integrando rispetto alla pressione abbiamo
T = cost. : S(T, p) = S(T, p0) +
∫ p
p0
dp′(
∂S
∂p′
)
T
(1)
dove S(T, p0) e il valore dell’entropia ad una generica pressione di riferimento p0. Una delle relazioni di
Maxwell e(
∂S
∂p
)
T
= −(
∂V
∂T
)
p= −V α (2)
dove per l’ultima uguaglianza e stata richiamata la definizione del coefficiente di espansione isobara α.
Sostituendo eq (2) in (1) otteniamo
S(T, p) = S(T, p0)− α
∫ p
p0
dp′ V (T, p′) (3)
dove α e stato portato fuori dall’integrale in quanto considerato indipendente dalla pressione (dato del
problema). Dobbiamo ora esplicitare la dipendenza del volume dalla pressione a temperatura costante,
V (T, p′). A tale scopo consideriamo il coefficiente di compressibilita isoterma kT ,
kT = − 1
V
(
∂V
∂p
)
T
= −(
∂ lnV
∂p
)
T
Integrando m. a m. rispetto alla pressione, tra p0 di riferimento e il valore p′, otteniamo
ln V (T, p′) = ln V (T, p0)− kT (p′ − p0)
dove kT e stato assunto indipendente dalla pressione (dato del problema). Passando agli esponenziali,
dall’equazione scritta segue
V (T, p′) = V (T, p0)e−kT (p′−p0) (4)
Sostituendo eq (4) nell’integrale di eq (3) otteniamo
S(T, p) = S(T, p0)− αV (T, p0)
∫ p
p0
dp′e−kT (p′−p0)
ed esplicitando l’integrale si arriva infine a
S(T, p) = S(T, p0)− (α/kT )V (T, p0)(
1− e−kT (p−p0))
(5)
che e la soluzione cercata. Tale espressione puo essere semplificata sotto l’assunzione che il volume
del solido sia debolmente dipendente dalla pressione, almeno per differenze di pressione p − p0 non
83
eccessive. In questo caso, ripartendo da eq (3) ponendo V (T, p′) ≃ V (T, p0), o in modo equivalente
ponendo 1− exp−kT (p− p0) ≃ kT (p− p0) in eq (5), si deriva la seguente forma approssimata
V ≃ indip. dalla pressione ⇒ S(T, p) ≃ S(T, p0)− αV (T, p0)(p− p0)
84
Esercizio 5.7
Il coefficiente di espansione termica α = (∂V/∂T )p/V dell’acqua e negativo per temperature tra 0 C e
4 C . Dimostrare che in questo intervallo di temperatura l’acqua viene raffreddata da compressioni
adiabatiche reversibili.
Come affrontare un simile problema? Si sta parlando di trasformazioni adiabatiche reversibili, quindi
possiamo specificare la variazione di entropia in questione. Inoltre si parla di ”compressioni” e ”raffred-
damento”, quindi le variabili intensive da chiamare in causa sono p e T . Partiamo quindi dal considerare
la dipendenza della funzione di stato entropia da p e T , cioe S = S(T, p). Sulla base delle variabili scelte,
il suo differenziale e
dS =
(
∂S
∂T
)
pdT +
(
∂S
∂p
)
T
dp (1)
Se la trasformazione alla quale il sistema e sottoposto e una adiabatica reversibile, allora e anche isoen-
tropica,
(δq)rev = 0 ⇒ dS = 0 ⇒ S = cost
e quindi, da eq (1), sotto tale condizione segue
dS = 0 , S = cost. ⇒ dT
dp≡(
∂T
∂p
)
S
= −
(
∂S
∂p
)
T(
∂S
∂T
)
p
(2)
Si noti che eq (2) non e altro che la relazione ciclica che deriva dal porre dS = 0 per la funzione
S = S(T, p).
Per dimostrare l’enunciato del problema occorre determinare il segno di
(
∂T
∂p
)
S
. A tale scopo
dobbiamo convertire (in gergo: ridurre) la forma eq (2) ad una espressione nella quale entrino coffi-
cienti valutabili sperimentalmente e ben caratterizzati. Una delle relazioni di Maxwell (ottenibile dal
differenziale di G = G(T, p)) e(
∂S
∂p
)
T
= −(
∂V
∂T
)
p= −αV (3)
dove per l’ultimo passaggio e stata richiamata la definizione del coefficiente di espansione isobara, α.
Inoltre vale (si veda la relazione no. 2 dell’esercizio 1 del capitolo)(
∂S
∂T
)
p=
Cp
T(4)
con Cp la capacita termica dell’acqua a pressione costante. Sostituendo le espressioni (3) e (4) a
numeratore e denominatore di eq (2) otteniamo(
∂T
∂p
)
S
=αV T
Cp(5)
A questo punto osserviamo che la capacita termica e sempre positiva, Cp > 0, e quindi
tra 0C e 4C : α < 0 ⇒(
∂T
∂p
)
S
< 0 ⇒ se pր allora T ց a S = cost.
85
cioe una compressione adiabatica reversibile raffredda l’acqua entro l’intervallo di temperature in cui si
ha α < 0.
Si noti che il ragionamento fatto sopra e stato condotto intendendo compressione in termini di
aumento di pressione applicata al sistema. Tuttavia, si giunge allo stesso risultato anche ragionando
in termini di compressione intesa come diminuzione di volume del sistema. Ripetendo la procedura a
partire dall’entropia S = S(T, V ), si deriva l’analogo di eq (5):(
∂T
∂V
)
S= −αkT T
Cv
dove ora, oltre ad α, entrano il coefficiente di compressibilita isoterma, kT > 0, e la capacita termica a
volume costante, Cv > 0. Pertanto,
α < 0 ⇒(
∂T
∂V
)
S> 0 ⇒ se V ց allora T ց a S = cost.
• Osservazione importante: a differenza del coefficente α, possiamo stabilire kT > 0 ad ogni temperatura.
Come si puo spiegare?
• Domanda: se la trasformazione adiabatica non fosse reversibile, potremmo ancora affermare che e
isoentropica?
86
Esercizio 5.8
Tre chilogrammi di acqua inizialmente a 25 C e p = 1 bar vengono riscaldati di un grado a volume
costante. Calcolare la pressione finale del sistema, noti il coefficiente di compressibilita isoterma kT =
5.0× 10−5 bar−1 e di espansione isobara α = 2.1× 10−4 K−1.
Traduciamo il problema in termini pratici: si sta riscaldando il liquido a volume costante, e si vuole
valutare l’incremento di pressione necessario per contrastare la dilatazione. Intuitivamente, abbiamo
bisogno di una relazione che ci fornisca il legame tra le variazioni di pressione e di temperatura a
volume costante, cioe, in termini matematici, dobbiamo esplicitare (∂p/∂T )V . Infatti, se consideriamo
la pressione come funzione di T e V , cioe p = p(T, V ), a volume costante il suo differenziale e
V = cost. : dp =
(
∂p
∂T
)
VdT
da cui segue, integrando tra due temperature,
∆p = p1 − p0 =
∫ T1
T0
(
∂p
∂T
)
VdT (1)
Per esplicitare (∂p/∂T )V da inserire nell’integrale consideriamo la relazione ciclica che deriva dal porre
dV = 0 per la funzione di stato V = V (T, p):
(
∂V
∂T
)
p
(
∂T
∂p
)
V
(
∂p
∂V
)
T= −1 ⇒
(
∂p
∂T
)
V= −
(
∂p
∂V
)
T
(
∂V
∂T
)
p= −
(
∂V
∂p
)
T
−1(∂V
∂T
)
p= α/kT
dove per l’ultimo passaggio sono state richiamare le definizioni dei coefficienti di compressione isoterma,
kT , e di espansione isobara, α. Se assumiamo α e kT costanti data la piccola variazione di temperatura
∆T = T1 − T0 = 1 K, allora sostituendo in eq (1) otteniamo
∆p =α
kT∆T =
2.1× 10−4 K−1
5.0× 10−5 bar−1× 1 K = 4.2 bar
Quindi, se i 3 kg di acqua vengono portati a 26 C mantenendo fisso il volume, la pressione finale
applicata e 5.2 bar.
87
Esercizio 5.9
Per il benzene (peso molecolare 78.12 gr/mole) a 20 C e 1 bar, la densita vale 0.987 gr/cm3, il
coefficiente di espansione isobara α vale 12.4 × 10−4 K−1, ed il calore molare standard a pressione
costante, c⊖p , vale 136 J/K mole. Utilizzando le appropriate approssimazioni, calcolare la variazione
di entropia di 2 moli di benzene se 1) la pressione viene triplicata a temperatura costante, o se 2) la
temperatura viene aumentata di 10 K a pressione costante.
Per risolvere il problema dobbiamo derivare un’espressione per la variazione dell’entropia del benzene
liquido in funzione di pressione e temperatura. Partiamo quindi con l’idea di esplicitare la funzione
S = S(T, p), e consideriamone il differenziale:
dS =
(
∂S
∂T
)
pdT +
(
∂S
∂p
)
T
dp (1)
Utilizziamo ora le seguenti relazioni:
(
∂S
∂T
)
p=
Cp
T,
(
∂S
∂p
)
T
= −(
∂V
∂T
)
p= −αV
(per la prima si veda la relazione no. 2 dell’esercizio 1 del capitolo, mentre la seconda e una delle
relazioni di Maxwell che si ricava dal differenziale di G = G(T, p) applicando Schwartz, e in cui per
ottenere l’ultima uguaglianza e stata richiamata la definizione del coefficiente α). Sostituendo tali
espressioni nel differenziale (1), e passando alle grandezze molari, otteniamo
dS = ncp(T, p)
TdT − nα(T, p)Vm(T, p)dp (2)
con n il numero di moli; il calore specifico molare a pressione costante, cp, il coefficiente α e il volume
molare Vm sono funzioni di T e p.
Consideriamo ora le due trasformazioni proposte, indicando con T0 e p0 la temperatura e la pressione
iniziali.
1) Compressione a temperatura costante T0.
Il differenziale eq (2) si riduce a
T = cost. ≡ T0 ⇒ dS = −nα(T0, p)Vm(T0, p)dp
Integriamo la forma differenziale rispetto alla variazione di pressione tra p0 e p1 = 3p0. Sotto l’assunzione
che α e Vm siano costanti nell’intervallo di pressioni in esame, e riferendoli alla pressione p0, cioe ponendo
α(T0, p) ≃ α(T0, p0) e Vm(T0, p) ≃ Vm(T0, p0), si ottiene
∆S = S(T0, p1)− S(T0, p0) = −nα(T0, p0)Vm(T0, p0)(p1 − p0)
Valutiamo il volume molare dalla densita del liquido a T0, p0:
Vm(T0, p0) =PM
ρ=
78.12 gr/mol
0.987 × 106 gr/m3= 7.9× 10−5 m3 mol−1
88
Sostituendo i valori numerici in unita S. I. si ha
∆S = −2 moli× 12.4 × 10−4 K−1 × 7.9 × 10−5 m3 mol−1 × 2× 105 Pa = −0.0392 J K−1
2) Riscaldamento a pressione costante p0.
Il differenziale eq (2) si riduce a
p = cost. ≡ p0 ⇒ dS = ncp(T, p0)dT/T
Integrando rispetto alla temperatura tra T0 e T1 = T0 + 10 K, e assumendo che cp sia essenzialmente
costante in tale intervallo ponendolo pari a cp(T, p0) ≃ cp(T0, p0), otteniamo
∆S = S(T1, p0)− S(T0, p0) = ncp(T0, p0) lnT1
T0≡ nc⊖p (T0) ln
T1
T0
dove cp(T0, p0) ≡ c⊖p (T0) dato che p0 = p⊖. Sostituendo i valori numerici,
∆S = 2 moli× 136 J K−1 mol−1 × ln303
293= 9.12 J K−1
• Domanda: quanto vale ∆S nel caso di riscaldamento di 10 K e triplicazione della pressione?
89
Esercizio 5.10
L’energia interna U di una certa sostanza puo essere espressa in funzione del volume V , dell’entropia
S e del numero di moli n come
U = an5/3 V −2/3 e2S/3nR
dove a e una costante. Dimostrare che la sostanza e un gas ideale.
Il problema e certamente risolvibile in diversi modi, sfruttando le diverse definizioni (equivalenti!)
di gas ideale. Una possibilita e dimostrare che la forma data per l’energia interna e compatibile con
l’equazione di stato pV = nRT . Occorre quindi ricavare, ad esempio, le espressioni di p e T , e vedere se
U fornita ⇒ p, T?⇒ p
T=
nR
V
Il problema fornisce la funzione U = U(S, V ). Consideriamone il differenziale,
dU =
(
∂U
∂V
)
SdV +
(
∂U
∂S
)
VdS ≡ −pdV + TdS
da cui seguono le relazioni(
∂U
∂V
)
S= −p ,
(
∂U
∂S
)
V= T
che consentono di esplicitare p e T . Derivando la funzione U data dal problema otteniamo(
∂U
∂V
)
S= − 2
3VU ⇒ p =
2U
3V(
∂U
∂S
)
V=
2
3nRU ⇒ T =
2U
3nR
e osserviamo che il rapporto tra p e T e proprio quello del gas ideale.
90
Esercizio 5.11
Esplicitare la dipendenza dal volume molare v dell’energia libera di Helmholtz (A = U − TS) a
temperatura costante per il gas di van der Waals,
(p + a/v2)(v − b) = RT
Partiamo dal differenziale di A = A(T, V ),
dA = −pdV − SdT
A temperatura costante si ha
T = cost. : dA = −pdV
dove p = p(T, V ) e esplicitabile dall’equazione di stato fornita. Integrando rispetto al volume otteniamo
A(T, V ) = A(T, V0)−∫ V
V0
dV ′p(T, V ′)V ′→v′=V ′/n
= A(T, V0)− n
∫ v
v0
dv′p(T, v′)
dove (T, V0) e uno stato di riferimento arbitrario. Dall’equazione di van der Waals ricaviamo
p(T, v′) =RT
v′ − b− a
v′2
e sostituendo nell’integrale otteniamo
A(T, V ) = A(T, V0)− nRT
∫ v
v0
dv′
v′ − b+ na
∫ v
v0
dv′
v′2
= A(T, V0)− nRT ln
(
v − b
v0 − b
)
− na
(
1
v− 1
v0
)
(1)
91
Esercizio 5.12
Esplicitare la derivata parziale (∂U/∂V )T per il gas di van der Waals:
(p + an2/V 2)(V − n b) = n R T
Dal differenziale fondamentale dU per la funzione di stato U = U(V, S) siamo in grado di stabilire
subito
dU = TdS − pdV ≡(
∂U
∂S
)
VdS +
(
∂U
∂V
)
SdV ⇒
(
∂U
∂S
)
V= T ,
(
∂U
∂V
)
S= −p (1)
mentre il problema richiede la derivata parziale (∂U/∂V )T . Per esplititare tale derivata e utile uguagliare
i differenziali delle funzioni U = U(V, S) e U = U(V, S(T, V )) (cambio di variabili). Questa operazione
(si veda la dimostrazione data alla fine dell’esercizio) porta alla relazione(
∂U
∂V
)
T=
(
∂U
∂V
)
S+
(
∂U
∂S
)
V
(
∂S
∂V
)
T(2)
dove al secondo membro entrano le derivate parziali date in eq (1). Dobbiamo ora esplicitare la derivata
dell’entropia sulla base dell’equazione di stato fornita. Una delle relazioni di Maxwell e(
∂S
∂V
)
T=
(
∂p
∂T
)
V
[• si provi a ricavarla: dal differenziale di quale funzione di stato si parte?]. Pertanto, sostituendo in eq
(2) arriviamo a(
∂U
∂V
)
T= −p + T
(
∂p
∂T
)
V(3)
[Si noti che si puo arrivare equivalentemente alla relazione (3) dividendo m. a m. il differenziale dU per
dV , ottenendo
dU
dV= T
dS
dV− p
Poniamoci ora a temperatura fissata, per cui le funzioni U = U(T, V ) e S = S(T, V ) diventano para-
metriche in T e le derivate totali rispetto al volume coincidono con le derivate parziali a T costante:
T fissata :dU
dV= T
dS
dV− p ⇒
(
∂U
∂V
)
T= T
(
∂S
∂V
)
T− p
che fornisce la eq (3) ricorrendo alla relazione di Maxwell gia richiamata.]
Dall’equazione di stato fornita ricaviamo
p =nRT
V − nb− an2
V 2⇒
(
∂p
∂T
)
V=
nR
V − nb≡ T−1
(
p +an2
V 2
)
dove l’ultima equivalenza segue riarrangiando l’equazione di stato. Sostituendo tale espressione in eq
(3) e semplificando, si ottiene infine
(
∂U
∂V
)
T=
an2
V 2
92
• Cambio di variabili
Consideriamo una determinata proprieta fisica rappresentabile come funzione di due variabili x e y (che
determinano lo ”stato” al quale tale proprieta e riferita), e indichiamola con f = f(x, y), differenziabile;
il suo differenziale e dato da
df =
(
∂f
∂x
)
ydx +
(
∂f
∂y
)
x
dy (∗)
Consideriamo ora y stessa come funzione y = y(x, z), coinvolgendo una terza variabile z. Il differenziale
della funzione y e dato da
dy =
(
∂y
∂x
)
zdx +
(
∂y
∂z
)
xdz
e, sostituendolo in eq (∗) e raccogliendo i termini in dx, otteniamo
df =
[
(
∂f
∂x
)
y+
(
∂f
∂y
)
x
(
∂y
∂x
)
z
]
dx +
(
∂f
∂y
)
x
(
∂y
∂z
)
xdz (∗∗)
In sostanza, esplicitando y in termini di x e z abbiamo effettuato il cambio di variabili (x, y)→ (x, z) per
la rappresentazione della proprieta in esame. Del resto, tale proprieta deve potere essere rappresentata
anche direttamente sulla base delle variabili x e z mediante la funzione f ′(x, z) (l’apice ′ e introdotto
per indicare la diversa forma di tale funzione rispetto a f(x, y)); differenziando si ha
df ′ =
(
∂f ′
∂x
)
z
dx +
(
∂f ′
∂z
)
x
dz (∗ ∗ ∗)
Ovviamente, se il differenziale e riferito al medesimo cambio (infinitesimo) di stato, esso deve essere
indipendente dalla rappresentazione scelta, e pertanto dobbiamo porre df ≡ df ′. Confrontando le eqs
(∗∗) e (∗ ∗ ∗) e uguagliando i termini in dx e in dz otteniamo le relazioni(
∂f ′
∂x
)
z
=
(
∂f
∂x
)
y+
(
∂f
∂y
)
x
(
∂y
∂x
)
z,
(
∂f ′
∂z
)
x
=
(
∂f
∂y
)
x
(
∂y
∂z
)
x
dove la prima e la relazione comunemente utilizzata per esplicitare le derivate parziali di funzioni di
stato rispetto a variabili non naturali (l’apice ′ e generalmente sottointeso). Ad esempio, per la funzione
energia interna le variabili naturali sono S e V (entrano nel differenziale fondamentale), mentre il
problema chiedeva la derivata parziale a T costante. Per stabilire la connessione con il problema svolto,
le variabili x e y erano V e S, mentre la variabile z era T , dove y = y(x, z) era S = S(V, T ) e il cambio
di variabili per la rappresentazione della proprieta energia interna e stato (V, S)→ (V, T ).
93
Esercizio 5.13
Dimostrare che la capacita termica a volume costante, Cv, per il gas di van der Waals
(p + an2/V 2)(V − n b) = n R T
dipende solo dalla temperatura. Suggerimento: dimostrare prima, in tutta generalita, la seguente
relazione:(
∂Cv
∂V
)
T= T
(
∂2P
∂T 2
)
V
Il problema puo essere affrontato in vari modi. Ad esempio, consideriamo la capacita termica a volume
costante (per un certo ammontare di sostanza) come funzione delle due variabili temperatura e volume,
Cv = Cv(T, V ). Dimostrare che Cv dipende solo dalla temperatura equivale a dimostrare che(
∂Cv
∂V
)
T
?= 0
per la specifica sostanza in esame. Per verificare la relazione scritta partiamo dalla seguente forma di
Cv (si veda la relazione no. 1 dell’esercizio 1 del capitolo):
Cv = T
(
∂S
∂T
)
V
e deriviamo rispetto al volume,(
∂Cv
∂V
)
T= T
[
∂
∂V
(
∂S
∂T
)
V
]
T
Schwartz≡ T
[
∂
∂T
(
∂S
∂V
)
T
]
V
Grazie alla relazione di Maxwell (∂S/∂V )T = (∂p/∂T )V (che si ricava dal differenziale di A = A(T, V ))
otteniamo l’espressione
(
∂Cv
∂V
)
T= T
(
∂2p
∂T 2
)
V
che ci consente di esplicitare la derivata in questione sulla base dell’equazione di stato del gas:
p =nRT
V − nb− an2
V 2⇒
(
∂p
∂T
)
V=
nR
V − nb⇒
(
∂2p
∂T 2
)
V
= 0 ⇒(
∂Cv
∂V
)
T= 0
e quindi Cv non dipende esplicitamente dal volume ma solo dalla temperatura. [In modo analogo,
anche se la procedura e piu elaborata, si puo partire dalla funzione Cv = Cv(T, p) e dimostrare che
(∂Cv/∂p)T = 0.]
94
Esercizio 5.14
Determinare la dipendenza dell’energia interna dalla pressione per un gas che a pressioni moderatamente
basse obbedisce all’equazione del viriale troncata al primo ordine
Z ≡ pV
nRT= 1 + Bp
con B = costante. [Suggerimento: prima esplicitare (∂U/∂p)T ].
Consideriamo l’energia interna, per un certo ammontare di sostanza, come funzione di temperatura e
pressione, U = U(T, p). La dipendenza di U dalla pressione (a temperatura fissata) data da
U(T, p) = U(T, p0) +
∫ p
p0
dp′(
∂U
∂p′
)
T
(1)
dove p0 e una generica pressione di riferimento. E quindi necessario esplicitare la derivata (∂U/∂p′)Tsulla base dell’equazione di stato del gas. Partiamo dal differenziale fondamentale per l’energia interna,
dU = TdS − pdV , da cui segue
dU
dp= T
dS
dp− p
dV
dpT fissata⇒
(
∂U
∂p
)
T
= T
(
∂S
∂p
)
T
− p
(
∂V
∂p
)
T
Ricorrendo alla relazione di Maxwell (∂S/∂p)T = −(∂V/∂T )p si ottiene
(
∂U
∂p
)
T
= −T
(
∂V
∂T
)
p− p
(
∂V
∂p
)
T
(2)
Per valutare le derivate parziali richieste esplicitiamo il volume dall’equazione fornita per il fattore di
compressibilita Z, ottenendo
V =nRT
p+ nRT B
da cui segue(
∂V
∂T
)
p=
nR
p+ nRB ,
(
∂V
∂p
)
T
= −nRT
p2
e pertanto, sostituendo le due espressioni in eq (2), si ottiene(
∂U
∂p
)
T
= −nRT B
Inserendo tale forma nell’integrale eq (1) si deriva infine
U(T, p) = U(T, p0)− nRT B (p− p0)
che evidenzia una dipendenza lineare dell’energia interna del gas in esame dalla pressione.
• Come dipende il coefficiente di fugacita dalla pressione (ad una data temperatura) per questo tipo di
gas? • Qual e la dipendenza di U dalla pressione per il gas ideale?
95
Esercizio 5.15
Calcolare la variazione di energia libera di Gibbs molare per l’idrogeno quando viene compresso isoter-
micamente da 1 atm a 100 atm alla temperatura di 298 K. Si assuma per l’idrogeno la seguente equazione
di stato
p(v − b) = RT
dove v indica il volume molare, e con b = 2.661 × 10−2 l/mol.
L’energia libera di Gibbs molare e il potenziale chimico: µ ≡ G/n. Dobbiamo quindi valutare come
esso varia in seguito alla compressione isoterma del gas. L’equazione di stato fornita ci consente di
esplitare la dipendenza di µ dalla pressione a temperatura fissata. Infatti,(
∂G
∂p
)
T
= V ⇒(
∂µ
∂p
)
T
= vcaso in esame≡ RT
p+ b
Per valutare la variazione ∆µ dobbiamo integrare la derivata parziale (∂µ/∂p)T tra i due valori di
pressione, a T fissata:
∆µ = µ(T, p1)− µ(T, p0) =
∫ p1
p0
dp
(
∂µ
∂p
)
T
=
∫ p1
p0
dp
(
RT
p+ b
)
= RT lnp1
p0+ b(p1 − p0)
Sostituendo i valori numerici nelle unita forni te (R = 8.20578 × 10−2 l atm K−1mol−1) otteniamo
∆µ = 2.661 × 10−2 lmol−1 × (100 − 1) atm + 8.20578 × 10−2 l atmK−1mol−1 × 298K × ln100 atm
1 atm= 115.2 l atm mol−1 ≡ 11.7 kJ mol−1
dove si e usato 1 l× atm ≡ 101.3 J per la conversione finale tra le unita di energia.
96
Esercizio 5.16
Derivare la funzione µ = µ(T, p) per la dipendenza del potenziale chimico dalla pressione a temperatura
costante, nel caso di un gas che segue l’equazione di stato
p(v − b) = RT
con v il volume molare e b = b(T ). Come dipende il coefficiente di fugacita dalla pressione?
Consideriamo il potenziale chimico (cioe l’energia libera di Gibbs molare) come funzione di temperatura
e pressione, µ = µ(T, p). Il suo differenziale a temperatura costante segue direttamente dalla forma
differenziale di G:
dG = V dp− SdT ⇒ dµ = vdp − SmdTT=cost.⇒ (dµ)T = vdp
con v il volume molare. Integrando la forma differenziale tra una generica pressione di riferimento p0 e
la pressione p otteniamo
µ(T, p) = µ(T, p0) +
∫ p
p0
dp′ v(T, p′)
dove v = v(T, p) si ricava dall’equazione di stato fornita,
v(T, p) =RT
p+ b
ottenendo infine
µ(T, p) = µ(T, p0) + RT lnp
p0+ b(p− p0) (1)
Per determinare il coefficiente di fugacita, γ(T, p), richiamiamo la relazione nella quale esso entra,
cioe l’espressione del potenziale chimico di un gas reale,
µ(T, p) = µ⊖(T ) + RT ln γ(T, p)p
p⊖= µ⊖(T ) + RT ln
p
p⊖+ RT ln γ(T, p) (2)
dove appare chiaro che γ(T, p) ha il significato di fattore correttivo che gode della proprieta limite
γ(T, p→ 0) = 1 (condizione in cui il gas tende al comporamento ideale). [• Domanda: come e definito
lo stato standard del gas reale?]. Deriviamo eq (2) rispetto alla pressione a T fissata, ottenendo(
∂µ
∂p
)
T
= RT
[
1
p+
(
∂ ln γ
∂p
)
T
]
D’altra parte, il nostro modello per il gas reale fornisce la seguente derivata (da eq (1)):(
∂µ
∂p
)
T
=RT
p+ b
Uguagliando le due espressioni stabiliamo quindi che(
∂ ln γ
∂p
)
T
= b/RT
e integrando tra due valori di pressione otteniamo
ln γ(T, p) = ln γ(T, p0) +b
RT(p − p0)
97
da cui segue
γ(T, p) = γ(T, p0)eb
RT(p−p0)
Del resto, possiamo sfruttare il comportamento limite del coefficiente di fugacita per pressioni tendenti
a zero, e scegliere p0 = 0 alla quale corrisponde coefficiente di fugacita unitario; pertanto,
γ(T, p) = eb
RTp (3)
che denota una dipendenza esponenziale dalla pressione a temperatura fissata (il segno del parametro b
determinera il ”tipo” di deviazione, se ”positiva” o ”negativa”, rispetto all’idealita).
Allo stesso risultato si puo arrivare utilizzando la seguente relazione che correla direttamente il
coefficiente di fugacita all’equazione di stato del gas (• come si ricava?):
ln γ(T, p) =
∫ p
0dp′[
Z(T, p′)− 1
p′
]
(4)
dove Z(T, p) e il fattore di compressibilita definito come
Z(T, p)def.≡ pv
RTcaso in esame
= 1 +bp
RT
Sostituendo tale forma per Z(T, p′) in eq (4) ed esplicitando l’integrale si ha
ln γ(T, p) =b
RTp
da cui segue il risultato eq (3) gia ottenuto.
98
Esercizio 5.17
Supponendo che l’ammoniaca per temperature nell’intorno di 750 K segua la legge di stato
v =RT
p+ b− a
RT
dove v = V/n e il volume molare del gas, e dati a = 0.4052m3 J mol−1, b = 3.6 × 10−5 m3 mol−1 e
c⊖p = 48.1 J K−1 mol−1, calcolare
a) la variazione di H e cp molari per un aumento di pressione da 1 a 40 bar;
b) il valore del coefficiente di Joule-Thomson, µJT , a 40 bar;
c) la temperatura di inversione di NH3.
a) Per risolvere la prima parte del problema abbiamo bisogno di determinare come l’entalpia e il calore
specifico dipendono dalla pressione a temperatura fissata.
Abbiamo gia dimostrato (si veda la relazione no. 5 dell’esercizio 1 del capitolo) la seguente relazione:(
∂H
∂p
)
T
= V − T
(
∂V
∂T
)
p
Dividendo m. a m. per il numero di moli e passando quindi alle grandezze molari otteniamo(
∂Hm
∂p
)
T
= v − T
(
∂v
∂T
)
p(1)
Derivando l’equazione di stato fornita dal problema ricaviamo(
∂v
∂T
)
p=
R
p+
a
RT 2(2)
e sostituendo in eq (1) l’espressione (2) e la forma di v data dal problema otteniamo(
∂Hm
∂p
)
T
= b− 2a
RT(3)
A questo punto possiamo integrare eq (3) tra la pressione di pi = 1 bar e la pressione pf = 40 bar,
ottenendo la conseguente variazione di entalpia molare:
∆Hm = Hm(T, 40 bar)−Hm(T, 1 bar) =
∫ pf
pi
dp
(
∂Hm
∂p
)
T
=
(
b− 2a
RT
)
(pf − pi)
=
(
3.6× 10−5 − 2× 0.4052
8.314 × 750
)
× (40 − 1)× 105 J mol−1
= −366 J mol−1
dove tutte le grandezze sono state inserite in unita S. I.
Per valutare la variazione di cp sfruttiamo la seguente relazione gia dimostrata (si veda la relazione
no. 2 dell’esercizio 1 del capitolo):
cp = T
(
∂Sm
∂T
)
p
dove cp e la capacita termica molare (calore specifico) a pressione costante. Valutiamone la derivata
rispetto alla pressione a temperatura fissata,(
∂cp
∂p
)
T
= T
[
∂
∂p
(
∂Sm
∂T
)
p
]
T
∗= T
[
∂
∂T
(
∂Sm
∂p
)
T
]
p
∗∗= −T
(
∂2v
∂T 2
)
p
99
dove per il passaggio ∗ abbiamo scambiato l’ordine di derivazione rispetto alle variabili p e T (identita
di Schwartz), mentre per il passaggio ∗∗ abbiamo fatto ricorso alla relazione di Maxwell (∂S/∂p)T =
−(∂V/∂T )p che, in termini di grandezze molari, diventa (∂Sm/∂p)T = −(∂v/∂T )p. Si vede quindi che
possiamo esplicitare la derivata parziale di cp rispetto alla pressione a partire dall’equazione di stato
fornita dal problema. Infatti,(
∂2v
∂T 2
)
p
= − 2a
RT 3
da cui segue(
∂cp
∂p
)
T
=2a
RT 2(4)
Integriamo ora eq (4) tra le pressioni pi e pf , ottenendo
∆cp = cp(T, 40 bar)− cp(T, 1 bar) =
∫ pf
pi
dp
(
∂cp
∂p
)
T
=2a
RT 2(pf − pi) =
=2× 0.4052
8.314 × 7502× (40 − 1)× 105 J K−1 mol−1 = 0.68 J K−1 mol−1
b) Partiamo dalla definizione del coefficiente di Joule-Thomson:
µJT =
(
∂T
∂p
)
H
≡(
∂T
∂p
)
Hm
(5)
che correla la variazione di temperatura alla variazione di pressione dovute a trasformazione (compres-
sione/espansione) isoentalpica di un gas; l’ultima uguaglianza in eq (5) e una semplice identita, in quanto
fissare H implica che anche Hm = H/n sia fissata. Dobbiamo ora convertire la relazione differenziale
eq (5) in termini di quantita calcolabili dall’equazione di stato fornita. A tale scopo applichiamo la
relazione ciclica per ”rimescolare” le grandezze T , p e Hm che entrano in eq (5):(
∂T
∂p
)
Hm
(
∂p
∂Hm
)
T
(
∂Hm
∂T
)
p= −1 (6)
In eq (6) riconosciamo subito che (∂Hm/∂T )p = cp, e ricaviamo(
∂T
∂p
)
Hm
≡ µJT = − 1
cp
(
∂Hm
∂p
)
T
Del resto, abbiamo gia valutato la derivata (∂Hm/∂p)T , che e fornita da eq (3). Sostituendo otteniamo
quindi la seguente relazione,
µJT = − 1
cp
(
b− 2a
RT
)
(7)
che ci consente di valutare µJT alla pressione di 40 bar:
µJT (T, 40 bar) = − b− 2a/RT
cp(T, 40 bar)(8)
dove
cp(T, 40 bar) = cp(T, 1 bar) + ∆cp(T, 1 bar→ 40 bar)
100
Il valore di cp alla pressione (standard) di 1 bar e il c⊖p dato dal problema, e il ∆cp conseguente alla
compressione e gia stato calcolato. Si ottiene
cp(T, 40 bar) = (48.1 + 0.68) J K−1 mol−1 = 48.78 J K−1 mol−1
e sostituendo i valori numerici in eq (8) si valuta µJT (T, 40 bar) = 1.9 × 10−6 K Pa−1 = 0.19 K bar−1.
Si osservi che risulta µJT (T, 40 bar) > 0, cioe una espansione isoentalpica raffredda il gas, e quindi
l’ammoniaca (a tali pressioni) potrebbe essere utilizzata come refrigerante.
c) Il coefficiente µJT e funzione di temperatura e pressione. Fissata la pressione (ad esempio i 40
bar in questione) esso puo in generale assumere valori positivi e negativi al variare della temperatura.
Si definisce temperatura di inversione (alla pressione in esame), Tinv, la temperatura alla quale il coef-
ficiente di Joule-Thomson si annulla:
Tinv tale che µJT (Tinv, p) = 0 (9)
Vediamo se l’equazione (9) ammette una soluzione nel nostro caso specifico (ammoniaca a 40 bar).
Infatti l’equazione (7) esplicita µJT in funzione della temperatura alla pressione in esame, e vediamo
che µJT si annulla per
µJT = 0 ⇔ b− 2a
RTinv= 0 ⇒ Tinv =
2a
Rb= 2707 K a p = 40 bar
• La temperatura di inversione e ovviamente funzione della pressione, e l’equazione (9) puo ammettere
nessuna o piu soluzioni. In figura e schematizzata la tipica partizione sul piano (T, p) delle regioni con
µJT (T, p) > 0, µJT (T, p) < 0 e la curva dei punti con µJT (T, p) = 0.
µJT < 0µJT > 0
T
p40 bar
750 K
Supponiamo che questo profilo tipico valga per l’ammoniaca. Si vede che, procedento in verticale per una
certa pressione fissata, l’equazione µJT (T, p) = 0 ammette 2, 1 o nessuna soluzione. Avendo trovato
che a 40 bar e 750 K il coefficiente di Joule-Thomson e > 0, allora dovremmo attenderci due valori
della temperatura di inversione a tale pressione (uno al di sopra e uno al di sotto dei 750 K), eppure
dall’equazione di stato fornita ne abbiamo determinato solo uno. Come si puo spiegare?
101
ESERCIZI DA SVOLGERE
Esercizio 5.18
Stimare la variazione ∆H dell’entalpia di un litro di benzene a 25 C quando la pressione viene portata
da 1 a 2 bar, conoscendo il coefficiente di espansione isobara α = 1.24×10−3 K−1. [Suggerimento: prima
esplicitare (∂H/∂p)T ]
Risultato: ∆H = 63 J
Esercizio 5.19
Un gas obbedisce all’equazione di stato
p (v − b) = R T
con v il volume molare e b costante. Valutare(
∂U
∂V
)
Te
(
∂H
∂p
)
T
Risultato:(
∂U
∂V
)
T= 0 ,
(
∂H
∂p
)
T
= nb (con n il numero di moli)
Esercizio 5.20
Per il ferro solido in condizioni normali i coefficienti di compressibilita isoterma e di espansione isobara
valgono rispettivamente kT = 5.97 × 10−7 atm−1 e α = 3.54 × 10−5 K−1. Quanto vale la variazione di
entropia di 1 dm3 di ferro se viene compresso da 1 a 1000 atmosfere?
Risultato: ∆S = −3.58 J/K
102
Esercizio 5.21
Derivare un’equazione esplicita per la dipendenza dalla pressione di cp (calore specifico a pressione
costante) nel caso di un gas che obbedisce alla seguente equazione del viriale:
p V = n(R T + B p) , B = b0 + b1T + b2T2/2
con b0, b1, b2 costanti. [Suggerimento: prima esplicitare (∂cp/∂p)T in termini di derivate del volume]
Risultato: posto cp = Cp/n, con Cp la capacita termica a pressione costante,(
∂cp
∂p
)
T
= −Tb2 ⇒ cp(T, p) = cp(T, p0)− Tb2(p− p0)
con p0 una generica pressione di riferimento (ad esempio la pressione standard p⊖).
Esercizio 5.22
Il metano segue la legge pVm = A + Bp intorno a 0 C , dove A = 22410 cm3 atm/mol, B =
−55.6 cm3/mol e Vm e il volume molare. Calcolare la variazione del potenziale chimico quando 1
mole di CH4 subisce una compressione isoterma da 1 a 80 atm.
Risultato: ∆µ = 9503 J mol−1
Esercizio 5.23
Si sa che per CO2 a 273 K il fattore di compressibilita varia come
Z = 1− 2.38 × 10−3p + 5.22 × 10−6p2
per p espressa in atmosfere. Calcolare la fugacita f per CO2 a 273 K e 100 atm. [La fugacita di un gas
reale e f(T, p) = γ(T, p)p, con γ(T, p) il coefficiente di fugacita dipendente da temperatura e pressione]
Risultato: γ = 0.81, f = 81 atm.
103
104
Capitolo 6
Transizioni di fase per sostanze pure
105
Esercizio 6.1
Puo la pendenza della linea di sublimazione essere minore di quella della linea di vaporizzazione in
prossimita del punto triplo (per una generica sostanza) ?
In termini grafici, il problema chiede se entrambe le situazioni sotto rappresentate sono plausibili:
p
T
s
g
l
p
T
s
g
l
a) b)
Per rispondere alla domanda consideriamo l’equazione di Clapeyron che specifica proprio la pendenza
delle linee di coesistenza per entrambi i rami s↔ g (sublimazione) e l↔ g (evaporazione):
dp∗(T )
dT=
∆Hm,trans
T∆Vm,trans
dove i pedici ”m, trans” indicano che le grandezze coinvolte sono molari e riferite alla specifica tran-
sizione. Applichiamo tale relazione per valutare la pendenza delle due linee di coesistenza alla temper-
atura del Punto Triplo, Tt, dove esse sono congiunte:
s↔ g :
[
dp∗(T )
dT
]
T=Tt
=∆Hm,subl
Tt∆Vm,subl
l↔ g :
[
dp∗(T )
dT
]
T=Tt
=∆Hm,ev
Tt∆Vm,ev
Verificare l’asserzione del problema equivale quindi a verificare se
∆Hm,subl
Tt∆Vm,subl
?<
∆Hm,ev
Tt∆Vm,ev(1)
Tenendo presente che il volume molare del gas e molto maggiore rispetto ai volumi molari di liquido e
solido (tra l’altro confrontabili), possiamo ragionevolmente assumere
∆Vm,subl ≃ ∆Vm,ev ≃ Vm,g (2)
e semplificare i fattori a denominatore di eq (1). Dobbiamo quindi stabilire se
∆Hm,subl?< ∆Hm,ev (3)
106
Scomponendo il processo di sublimazione secondo il seguente schema (fusione + evaporazione),
s l
g
fus.
subl. evap.
otteniamo
∆Hm,subl = ∆Hm,fus + ∆Hm,ev
Tenendo presente che il calore latente di fusione e una quantita positiva (per la fusione occorre fornire
calore al sistema, tranne nell’esotica eccezione di 3He ...), segue che ∆Hm,subl > ∆Hm,ev. Pertanto, la
relazione (3) non puo essere verificata, e quindi la risposta al problema e negativa e solo la situazione
a) in figura e realistica.
107
Esercizio 6.2
Il calore latente di evaporazione dell’acqua a 25 C vale 44 kJ/mole, e la tensione di vapore dell’acqua
a questa temperatura e di 23.8 Torr. Se la pressione parziale del vapore acqueo nell’atmosfera e 22.2
Torr, calcolare:
1) l’umidita relativa in una giornata in cui la temperatura dell’aria e 30 C ;
2) la temperatura alla quale si forma la rugiada.
1) L’umidita relativa e espressa dal rapporto tra la pressione parziale dell’acqua nell’atmosfera e la ten-
sione di vapore dell’acqua alla stessa temperatura, pH20/p∗ ≤ 1. Il problema fornisce pH20, e dobbiamo
quindi valutare la tensione di vapore a 303 K (30 C ) noto il valore a 298 K (25 C ). Schematizziamo
la situazione nel diagramma seguente:
p
T
sl
g
p* a 303 K
H2Op
303 K
= 22.2 Torr
Per valutare p∗(303K) consideriamo l’equazione di Clausius-Clapeyron per la linea di coesistenza liquido-
vapore:
d ln p∗
dT=
∆Hm,ev
RT 2⇒ ln
p∗(T2)
p∗(T1)= −∆Hm,ev
R
(
1
T2− 1
T1
)
⇒ lnp∗(303K)
p∗(298K)= −∆Hev
R
(
1
303− 1
298
)
dove nell’integrazione tra le due temperature si e fatta l’usuale assunzione che il calore latente di
evaporazione molare sia costante al variare della temperatura stessa in tale intervallo. Sostituendo i
valori forniti dal problema si ottiene p∗(303K) = 31.9 Torr. L’umidita relativa e quindi data da
umidita rel. a 303 K = pH20/p∗(303K) =
22.2 Torr
31.9 Torr= 0.69 (69%)
2) Determinare la temperatura alla quale si forma la rugiada significa stabilire in quale punto del
diagramma di fase pH20 uguaglia la tensione di vapore dell’acqua: in quel caso ci si trova sulla linea di
coesistenza liquido-vapore e parte del vapore condensa. Chiamando Tx tale temperatura, la situazione
e schematizzata come segue:
108
p
T
sl
g
H2Op = p* a Tx
Tx = ?
22.2 Torr
Per determinare Tx applichiamo ancora la forma integrata della Clausius-Clapeyron tra le temperature
Tx e 298 K, imponendo p∗(Tx) = pH20 = 22.2 Torr:
ln22.2 Torr
23.8 Torr= − 44× 103 J mol−1
8.314 J K−1 mol−1
(
1
Tx− 1
298
)
K−1
da cui si ricava Tx = 296.8 K (23.7 C )
109
Esercizio 6.3
La tensione di vapore del mercurio liquido e rappresentata nell’intorno di 25 C dalla relazione
ln(p∗/p⊖) = 11.90 − 7375/T
Determinare l’energia libera standard di formazione, l’entalpia standard di formazione e l’entropia stan-
dard di formazione del mercurio gassoso a 25 C (il mercurio liquido essendo lo stato di riferimento).
La situazione e rappresentata in figura:
p
T
sl
g
T0 = 298 K
p*(T0)
Dall’equazione fornita, relativa alla linea di coesistenza liquido-vapore, possiamo ricavare il calore latente
di evaporazione. A tale scopo utilizziamo l’equazione di Clausius-Clapeyron:
d ln p∗
d(1/T )
Clausius−Clapeyron= −∆Hm,ev
Rdalla relaz. data≡ −7375 K
⇒ ∆Hm,ev = 61.3 kJ mol−1
Mettiamo ora in relazione tale calore latente (molare) con l’entalpia standard di formazione del mercurio
gassoso alla stessa temperatura, relativa alla trasformazione
Hg(l) = Hg(g) a T0 = 298K (25C) , p⊖
Dobbiamo valutare
∆H⊖f (Hg(g), T0) = H⊖
m(Hg(g), T0, p⊖)−H⊖
m(Hg(l), T0, p⊖) (1)
avendo invece a disposizione
∆Hm,ev(T0) = H⊖m(Hg(g), T0, p
∗(T0))−H⊖m(Hg(l), T0, p
∗(T0)) (2)
Assumendo che il mercurio gassoso si comporti come un gas ideale, stabiliamo subito che
Hg(g) come gas ideale ⇒ H⊖m(Hg(g), T0, p
⊖) = H⊖m(Hg(g), T0, p
∗(T0))
110
in quanto l’entalpia del gas ideale non dipende dalla pressione ma solo dalla temperatura. Per quanto
riguarda l’entalpia della fase liquida, in mancanza di informazioni applichiamo l’approssimazione piu
estrema, cioe assumiamo che essa sia essenzialmente indipendente dalla pressione, quindi
H⊖m(Hg(l), T0, p
⊖) ≃ H⊖m(Hg(l), T0, p
∗(T0))
Nel fare questo si sta ricorrendo al cosiddetto ”modello a volume molare nullo” per la fase condensata (in
merito si rimanda alla nota alla fine dell’esercizio). In accordo con le approssimazioni fatte, confrontando
eqs (1) e (2) stimiamo
∆H⊖f (Hg(g), T0) ≃ ∆Hm,ev(T0) = 61.3 kJ mol−1
Valutiamo ora l’energia libera di formazione standard. A tale scopo partiamo dall’imporre la condizione
di uguaglianza dei potenziali chimici di liquido e vapore all’equilibrio:
Liquido : modello del volume molare nullo, µl(T0, p∗) ≃ µ⊖
l (T0)
Vapore : modello del gas ideale, µg(T0, p∗) ≃ µ⊖
g (T0) + RT0 lnp∗(T0)
p⊖
dove per il liquido e stato adottato il ”modello a volume molare nullo” che trascura completamente la
dipendenza del potenziale chimico dalla pressione (si veda la nota alla fine dell’esercizio). Uguagliando
i due potenziali otteniamo
µ⊖l (T0) = µ⊖
g (T0) + RT0 lnp∗(T0)
p⊖⇒ ln
p∗(T0)
p⊖= −µ⊖
g (T0)− µ⊖l (T0)
RT0
≡ −∆G⊖
l→g(T0)
RT0
Hess= −
[
∆G⊖f (Hg(g), T0)−∆G⊖
f (Hg(l), T0)
RT0
]
= −∆G⊖
f (Hg(g), T0)
RT0(3)
dove per l’ultimo passaggio si e tenuto conto del fatto che ∆G⊖f (Hg(l), T0) = 0 dato che il mercu-
rio liquido e lo stato di riferimento. Del resto, il logaritmo ln p∗(T0)/p⊖ e valutabile dalla relazione
parametrica data dal problema:
lnp∗(T0)
p⊖= 11.90 − 7575/T0 = −12.85
Quindi, da eq (3) ricaviamo
∆G⊖f (Hg(g), T0) = −RT0 ln
p∗(T0)
p⊖= −8.314 J K−1 mol−1 × 298 K× (−12.85) = 31.8 kJ mol−1
Infine, valutiamo l’entropia standard di formazione direttamente dai valori di ∆H⊖f e ∆G⊖
f ottenuti:
∆G⊖f (Hg(g), T0) = ∆H⊖
f (Hg(g), T0)− T0∆S⊖f (Hg(g), T0)
⇒ ∆S⊖f (Hg(g), T0) =
∆H⊖f (Hg(g), T0)−∆G⊖
f (Hg(g), T0)
T0
=(61.3 − 31.8) × 103 J mol−1
298 K= 99 J K−1 mol−1
111
• Si confrontino i valori sopra stimati con dati delle grandezze standard di formazione reperibili negli
Handbook di proprieta chimico-fisiche.
Modelli per la dipendenza dalla pressione di grandezze termodinamiche per liquidi e solidi
Partiamo dalle seguenti relazioni differenziali che definiscono la dipendenza dalla pressione delle princi-
pali funzioni di stato molari:(
∂µ
∂p
)
T
= Vm(T, p)(
∂Hm
∂p
)
T
= Vm(1− αT )(
∂Sm
∂p
)
T
= −Vmα(
∂Um
∂p
)
T
= Vm(pkT − Tα)(
∂Am
∂p
)
T
= Vm p kT
dove α e kT sono il coefficiente di espansione isobara e il coefficiente di compressibilita isoterma. (• Si
provi a ricavare tali espressioni utilizzando le proprieta delle relazioni differenziali). Integrando rispetto
alla pressione, tra p⊖ di riferimento e un valore p, otteniamo
µ(T, p) = µ(T, p⊖) +
∫ p
p⊖dp′(
∂µ
∂p′
)
T
= µ⊖(T ) +
∫ p
p⊖dp′Vm(T, p′)
Hm(T, p) = Hm(T, p⊖) +
∫ p
p⊖dp′(
∂Hm
∂p′
)
T
= H⊖(T ) +
∫ p
p⊖dp′Vm(T, p′) [1− α(T, p′)T ]
Sm(T, p) = Sm(T, p⊖) +
∫ p
p⊖dp′(
∂Sm
∂p′
)
T
= S⊖(T )−∫ p
p⊖dp′Vm(T, p′)α(T, p′)
Um(T, p) = Um(T, p⊖) +
∫ p
p⊖dp′(
∂Um
∂p′
)
T
= U⊖(T ) +
∫ p
p⊖dp′Vm(T, p′) [p′kT (T, p′)− Tα(T, p′)]
Am(T, p) = Am(T, p⊖) +
∫ p
p⊖dp′(
∂Am
∂p′
)
T
= A⊖(T ) +
∫ p
p⊖dp′p′ Vm(T, p′) kT (T, p′)
dove e stata adottata la notazione convenzionale per le grandezze standard: F⊖(T ) ≡ Fm(T, p⊖) per una
generica grandezza estensiva, e g⊖(T ) ≡ g(T, p⊖) per generiche grandezze intensive (ad es. i coefficienti
α e kT ).
Le relazioni sopra scritte sono generali; consideriamo ora esplicitamente una fase condensata, solida
o liquida. Possiamo assumere che il volume molare sia essenzialmente costante nel campo di pres-
sioni considerato, ponendo quindi Vm(T, p′) ≃ Vm(T, p⊖) ≡ V ⊖(T ). Coerentemente dobbiamo porre
kT (T, p′) = 0 per il coefficiente di compressibilita isoterma, mentre α(T, p′) ≃ α(T, p⊖) ≡ α⊖(T ) e
considerato indipendente dalla pressione. Portando tali quantita fuori dagli integrali, ed eliminando i
termini in kT , giungiamo al seguente primo livello di approssimazione:
1) fase condensata, modello ”a volume molare costante” :
µ(T, p) ≃ µ⊖(T ) + V ⊖(T ) (p− p⊖)
Hm(T, p) ≃ H⊖(T ) + V ⊖(T ) [1− α⊖(T )T ] (p − p⊖)
Sm(T, p) = S⊖(T )− V ⊖(T )α⊖(T ) (p− p⊖)
112
Um(T, p) = U⊖(T )− T V ⊖(T )α⊖(T ) (p− p⊖)
Am(T, p) = A⊖(T )
Possiamo procedere ulteriormente assumendo che tutti i contributi in V ⊖(T ) siano trascurabili rispetto
agli altri termini, ottenendo
2) fase condensata ,modello ”a volume molare nullo” :
µ(T, p) ≃ µ⊖(T )
Hm(T, p) ≃ H⊖(T )
Sm(T, p) ≃ S⊖(T )
Um(T, p) ≃ U⊖(T )
Am(T, p) ≃ A⊖(T )
in cui la dipendenza dalla pressione (supposta debole) viene completamente trascurata. L’espressione
”volume molare nullo” deriva dalla condizione nella quale tali forme approssimate sono (idealmente)
esatte.
113
Esercizio 6.4
La tensione di vapore dell’ammoniaca solida nell’intorno del punto triplo, Tt = 195 K, e data dall’equazione
ln p∗/p⊖ = 16.41 − 3754/T
Derivare l’analoga equazione (ed i corrispettivi coefficienti) per la tensione di vapore dell’ammoniaca
liquida in prossimita del punto triplo, noto il calore di fusione dell’ammoniaca pari a 351.6 J/mole.
Nel seguente diagramma e rappresentato il problema da risolvere: data l’equazione parametrica de-
scrivente il tratto di linea solido-vapore (in prossimita del punto triplo), si tratta di ”costruire” il ramo
liquido-vapore.
p
T
sl
g
equaz. data
equaz. incognita
Osserviamo innanzitutto che le due linee di coesistenza, s↔ g e l↔ g, hanno la stessa forma paramet-
rica se vengono derivate dall’equazione di Clapeyron sotto le stesse assunzioni (ovviamente cambiano
i parametri). Partiamo dall’equazione di Clausius-Clapeyron differenziale come livello intermedio, ed
integriamola tra una temperatura di riferimento T0 e la temperatura T sotto l’assunzione che il calore
latente di transizione non dipenda sensibilmente dalla temperatura nell’intervallo considerato; arran-
giando i termini otteniamo
d ln p∗
d(1/T )= −∆Hm,trans
R⇒
lnp∗(T )
p⊖= A− B
T
A = lnp∗(T0)
p⊖+
∆Hm,trans
RT0, B =
∆Hm,trans
R
dove con ”trans” si intendono l’evaporazione o la sublimazione. Abbiamo quindi specificato il significato
fisico dei parametri A e B. Osserviamo che per determinarne il valore occorrono le seguenti informazioni:
(i) il calore latente di transizione e (ii) la tensione di vapore ad una generica temperatura sulla linea di
coesistenza. Per risolvere il problema dobbiamo ottenere tali informazioni per la linea liquido-vapore
sfruttando quelle relative alla solido-vapore.
114
Indichiamo con a e b i parametri che entrano nell’espressione per la linea di sublimazione, e con a′ e b′
i parametri per la linea di evaporazione. Dalla linea di sublimazione ricaviamo subito il corrispondente
calore latente per temperature prossime al punto triplo:
s↔ g : lnp∗(T )
p⊖= a− b
T, a = 16.41 , b = 3754 K−1 ⇒ ∆Hm,subl = R b = 31210 J mol−1
Noto il calore latente di fusione possiamo determinare il calore latente di evaporazione come segue:
∆Hm,ev = ∆Hm,subl −∆Hm,fus = (31210 − 351.6) J mol−1 = 30858 J mol−1
e siamo quindi in grado di quantificare il parametro b′:
b′ =∆Hm,ev
R= 3712 K
Pes valutare a′ abbiamo bisogno di conoscere la tensione di vapore ad una temperatura sulla linea di
coesistenza liquido-vapore. Sfruttiamo il fatto che le linee liquido-vapore e solido-vapore sono congiunte
al punto triplo (Tt = 195 K), al quale siamo in grado di valutare la tensione di vapore usando l’equazione
data per la linea di sublimazione. Quindi
Al punto triplo : lnp∗(Tt)
p⊖= a− b
Tt= 16.41 − 3754/195 = −2.84
che porta a
a′ = lnp∗(Tt)
p⊖+
∆Hm,ev
RTt= −2.84 +
30858 J mol−1
8.314 J K−1mol−1 × 195 K= 16.19
Pertanto l’equazione cercata e
l↔ g : ln p∗/p⊖ = 16.19 − 3712/T
115
Esercizio 6.5
Lungo la curva di coesistenza liquido-vapore di sostanze pure ed in prossimita del punto critico, la
tensione di vapore e la differenza di volume molare tra gas e liquido sono descrivibili come
p∗ = pc + a ln(T/Tc)
Vm,g − Vm,l = b(Tc − T )1/3
dove a e b sono delle costanti, mentre pc e Tc sono rispettivamente la pressione critica e la temperatura
critica. Come dipende l’entalpia di vaporizzazione dalla temperatura nelle stesse condizioni?
In figura e rappresentato il tratto della curva di coesistenza liquido-vapore in prossimita del punto
critico c:
p
T
liq.
vap.
c
equaz. fornita
Per determinare l’entalpia molare di vaporizzazione utilizziamo l’equazione di Clapeyron esatta:
dp∗(T )
dT=
∆Hm,ev(T )
T∆Vm,ev(T )
da cui ricaviamo
∆Hm,ev(T ) = T∆Vm,ev(T )dp∗(T )
dT(1)
Dalle relazioni date dal problema otteniamo
∆Vm,ev(T ) = Vm,g − Vm,l = b(Tc − T )1/3 ,dp∗(T )
dT=
a
T
e sostituendo in eq (1) si ottiene la relazione richiesta:
∆Hm,ev(T ) = ab(Tc − T )1/3
In particolare osserviamo il comportamento limite
limT→Tc
∆Hm,ev(T ) = 0
cioe anche l’entalpia di transizione, come il volume, si annulla al punto critico, in quanto perde di sig-
nificato la distinzione tra vapore e liquido.
116
• Ci si puo chiedere perche, invece dell’equazione di Clapeyron, non e stata utilizzata l’equazione di
Clausius-Clapeyron usualmente adottata per descrivere la linea liquido-vapore. Occorre tenere presente
che quest’ultima, a differenza della Clapeyron che e esatta, vale sotto le seguenti condizioni: (i) che
∆Vm,trans ≃ Vm,g, e (ii) che il vapore abbia comportamento di gas ideale; entrambe tali assunzioni non
sono valide per temperature prossime al punto critico (in particolare la prima, dato che ∆Vm,ev(T )→ 0).
• Al punto critico possiamo ancora parlare di ”transizione del primo ordine” liquido-vapore? Si ri-
fletta su questo punto dopo avere svolto l’esercizio no. 14 del capitolo.
117
Esercizio 6.6
Determinare la temperatura di ebollizione normale del bromo molecolare dai seguenti valori delle
grandezze standard delle sue forme liquida e gassosa a 25 C
∆G⊖f (kJ/mol) S⊖ (J/K mol)
Br2(l) 0.0 152.23
Br2(g) 3.110 245.46
Partiamo dall’equivalenza dei potenziali chimici di liquido e vapore all’equilibrio, µl(T, p∗) = µg(T, p∗),
specificando i due termini in accordo al modello a volume molare nullo per il liquido (si veda la nota
nell’esercizio no. 3 del capitolo) e al modello del gas ideale per la fase vapore:
µl(T, p∗) ≃ µ⊖l (T ) , µg(T, p∗) = µ⊖
g (T ) + RT lnp∗(T )
p⊖
Uguagliamo i potenziali specificandoli alla temperatura normale di ebollizione Teb, ottenendo
µ⊖l (Teb) = µ⊖
g (Teb) + RTeb lnp∗(Teb)
p⊖
Sappiamo pero che la temperatura normale di ebollizione e riferita alla pressione di equilibrio p∗(Teb) =
1 atm = 1.013 bar, e quindi otteniamo
µ⊖l (Teb) = µ⊖
g (Teb) + Teb × 8.314 J K−1 mol−1 × ln1.013 bar
1 bar
dalla quale si ricava la relazione
Teb = −9.312 [µ⊖g (Teb)− µ⊖
l (Teb)] ≡ −9.312∆G⊖f (Br2(g), Teb) (1)
Sulla base dei dati forniti dal problema dobbiamo ora esplicitare la dipendenza di ∆G⊖f (Br2(g), Teb) dalla
temperatura di ebollizione, per ottenere cosı un’equazione nell’incognita Teb. Partiamo dalla relazione
generale
∆G⊖f (T )
dT= −∆S⊖
f (T )
(dove e sottointeso che ci si riferisce alla formazione di bromo gassoso), e integriamo rispetto alla
temperatura tra T0 = 298 K (alla quale sono riferiti i dati tabulati) e Teb, sotto l’assunzione che
∆S⊖f (T ) ≃ ∆S⊖
f (T0) sia costante in tale campo di temperature. [• In mancanza di informazioni dobbi-
amo necessariamente invocare tale condizione per procedere: su quali basi fisiche la si puo giustificare?]
Otteniamo
∆G⊖f (Teb) ≃ ∆G⊖
f (T0)− (Teb − T0)∆S⊖f (T0) (2)
Dai dati tabulati si ricavano le grandezze di formazione standard del bromo gassoso a 298 K:
∆G⊖f (T0) = 3.110 × 103 J mol−1 , ∆S⊖
f (T0) = S⊖(Br2(g), T0)− S⊖(Br2(l), T0) = 93.23 J K−1 mol−1
Sostituendo i valori numerici in eq (2), e riarrangiando, si ottiene
∆G⊖f (Teb) = (30.9 × 103 − 93.23Teb) J mol−1 (3)
118
Inseriamo ora eq (3) in eq (1), ottenendo la seguente equazione
Teb = −9.312 (30.9 × 103 − 93.23Teb)
che ci consente di valutare la temperatura di ebollizione, Teb = 331.4 K (58.3 C ).
119
Esercizio 6.7
Sperimentalmente si trova che, entro un certo campo di temperature, la tensione di vapore del bromo
liquido e riprodotta dalla seguente relazione parametrica
ln p∗/p⊖ = −5090/T − 4.08 ln T + 39.02
Si esplicitino le dipendenze dalla temperatura di ∆U , ∆S, ∆H, e ∆G per l’evaporazione di una mole
di bromo in condizioni di equilibrio. La temperatura normale di ebollizione del bromo liquido e pari a
332.4 K. Verificare che la relazione data e valida nell’intorno di tale temperatura, e valutare le variazioni
sopra richieste in tali condizioni di equilibrio.
Scriviamo la relazione data come
ln p∗/p⊖ = a− b/T + c ln T (1)
con a = 39.02, b = 5090 K, c = −4.08. Osservando tale relazione si nota subito che si tratta di
un’estensione rispetto all’usuale Clausius-Clapeyron integrata (che e del tipo ln p∗/p⊖ = A − B/T ):
evidentemente qualche assunzione semplificatrice deve essere abbandonata. Supponiamo che la Clausius-
Clapeyron resti invece un punto di partenza valido,
Clausius− Clapeyron :d ln p∗(T )
dT=
∆Hm,ev(T )
RT 2(2)
Per potere ottenere una forma integrata del tipo eq (1) dobbiamo ora abbandonare l’assunzione che
il calore latente di evaporazione sia costante lungo la curva di coesistenza liquido-vapore, ammettendo
cioe una sua dipendenza dalla temperatura. Per ricavare tale entalpia di transizione deriviamo rispetto
a T l’equazione di ln p∗(T ) data dal problema, ottenendo
d ln p∗
dT= b/T 2 + c/T (3)
Confrontando eq (3) con (2) si ha quindi l’uguaglianza
b/T 2 + c/T =∆Hm,ev(T )
RT 2
la quale ci consente di stabilire che
∆Hm,ev(T ) = R(b + cT )
evidenziando una dipendenza lineare del calore latente dalla temperatura. Nell’adottare l’eq (2) derivan-
dola dalla Clapeyron abbiamo gia fatto implicitamente le seguenti assunzioni sulle quali essa si basa:
∆Vm,ev(T )(i)≃ Vm,g(T, p∗)
(ii)≃ RT
p∗(T )(4)
cioe che (i) il volume molare del liquido sia molto minore del volume molare del vapore, e (ii) che
il vapore si comporti come gas ideale. Coerentemente con tali assunzioni procediamo nel valutare la
variazione di energia interna alla pressione (costante) pari a p∗(T ):
∆Um,ev(T ) = ∆Hm,ev(T )− p∗(T )∆Vm,ev(T )
≃ ∆Hm,ev(T )−RT = R(b + cT − T )
120
Infine, dalla condizione ∆Gm,ev(T ) = 0 sulla linea di coesistenza (uguaglianza dei potenziali chimici
all’equilibrio di fase) otteniamo
∆Sm,ev(T ) =∆Hm,ev(T )
T= R(b/T + c)
Raggruppiamo di seguito le espressioni ottenute, che esplicitano la dipendenza dalla temperatura delle
funzioni termodinamiche molari in condizioni di equilibrio:
∆Hm,ev(T ) = R(b + cT )
∆Um,ev(T ) = R(b + cT − T ) (5)
∆Sm,ev(T ) = R(b/T + c)
∆Gm,ev(T ) = 0
Passiamo ora alla seconda parte del problema. Inserendo i valori Teb = 332.4 K e p⊖(Teb) = 1 atm =
1.013 bar nella relazione data dal problema otteniamo uguaglianza numerica tra primo e secondo mem-
bro, quindi deduciamo che tale relazione e valida anche in prossimita del punto normale di ebollizione
sulla curva liquido-vapore. Sostituendo nelle relazioni (5) i valori numerici di a, b, c e Teb otteniamo
∆Hm,ev(Teb) = 31.0 kJ mol−1
∆Um,ev(Teb) = 28.2 kJ mol−1
∆Sm,ev(Teb) = 97 J K−1 mol−1
∆Gm,ev(Teb) = 0
• Si cerchi negli Handbook di dati chimico-fisici il valore tabulato di ∆Hm,ev(Teb) per il bromo liquido,
e lo si confronti con il valore ottenuto.
• Rivediamo globalmente il problema svolto. Abbiamo dato una risposta al problema ammettendo che
l’equazione di Clausius-Clapeyron, eq (2), fosse comunque corretta, e che semplicemente ∆Hm,ev(T )
fosse dipendente dalla temperatura. Tuttavia non possiamo escludere che l’eq (2) stessa sia una ”cat-
tiva” approssimazione del sistema fisico, ad esempio se si invocano forti deviazioni dall’idealita per il
bromo gassoso. Partiamo quindi da un punto ”piu a monte” rispetto alla Clausius-Clapeyron, cioe dalla
Clapeyron stessa (che e esatta), posta nella seguente forma ad essa equivalente:
d ln p∗(T )
dT= −Ω(T )
T 2, Ω(T ) =
∆Hev,m(T )
R∆Zev(T ), ∆Zev(T ) =
p∗(T )∆Vm,ev(T )
RT
dove Z(T, p) e il fattore di compressibilita per le fasi liquida e vapore, con ∆Zev(T ) = Zg(T, p∗) −Zl(T, p∗) la sua variazione alla transizione. A questo punto, per integrare rispetto a T occorre modellare
la dipendenza della funzione Ω(T ) dalla temperatura, il che equivale a modellare la dipendenza dalla
temperatura di ∆Hm,ev(T ) e dei fattori di compressibilita di liquido e vapore. Adottiamo uno sviluppo
di Ω(T ) in serie di Taylor rispetto ad un punto a temperatura T0:
Ω(T ) = Ω(T0) + Ω′(T0)(T − T0) +1
2Ω′′(T0)(T − T0)
2 + · · · (6)
dove
Ω′(T0) =dΩ(T )
dT
∣
∣
∣
∣
T0
, Ω′′(T0) =d2Ω(T )
dT 2
∣
∣
∣
∣
∣
T0
, · · ·
121
sono le derivate valutate in T0. Sostituendo lo sviluppo eq (6) ed integrando tra T0 e la temperatura T
generica, si ottiene un’espressione che puo essere posta nella seguente forma:
lnp∗(T )
p⊖= a− b/T + c ln T + dT + · · · (7)
con i seguenti parametri
a = lnp∗(T0)
p⊖+ b/T0 − c ln T0 − dT0 + · · ·
b = Ω(T0)− Ω′(T0)T0 +1
2Ω′′(T0)T
20 + · · ·
c = Ω′(T0)− Ω′′(T0)T0 + · · ·d = Ω′′(T0)/2 + · · ·· · ·
che per essere specificati richiedono appunto un modello per Ω(T ). Ad esempio, una nota forma para-
metrica per la tensione di vapore determinata modellando Ω(T ) e stata ottenuta da Riedel, dove entrano
i primi tre termini di eq (7) piu un termine in TN con N intero usualmente compreso tra 1 e 6 (scegliendo
opportunamente i parametri e aggiustando N l’equazione di Riedel e in grado di riprodurre l’intera linea
liquido-vapore di molte sostanze, tra punto triplo e punto critico, con deviazioni comprese tra 0.5 e 2
%)... Notiamo che l’equazione parametrica data dal problema non e altro che la forma generale eq (7)
troncata ai primi tre termini. Inoltre si osserva che adottando le condizioni di validita della Clausius-
Clapeyron, cioe ponendo ∆Zev = 1 (per Zg(T, p∗) = 1 assumendo comportamento ideale del vapore,
e Zl(T, p∗) = 0 nel limite di volume molare nullo del liquido), e poi ponendo ∆Hm,ev(T ) dipendente
linearmente dalla temperatura, allora si ottiene una funzione funzione Ω(T ) essa stessa dipendente lin-
earmente da T ; cio porta effettivamente ad una soluzione con solo a, b, c 6= 0, ma questa non e l’unica
soluzione possibile: sotto altre condizioni opportune potremmo arrivare ad una forma tipo eq (7) in cui
solo i primi tre termini sono non nulli! A livello di procedura, vale comunque il principio della soluzione
piu semplice e immediata, tenendo pero presenti i limiti, le assunzioni semplificatrici, e le eventuali
alternative.
122
Esercizio 6.8
La dipendenza dalla temperatura della tensione di vapore p∗ (espressa in Pascal), del freon liquido
(CCl2F2) e data dall’equazione
ln p∗ = 79.4 − 5540.2
T− 9.26 ln T + 0.0085T
Determinare il calore latente di evaporazione, e stimare la corrispondente variazione ∆cp dei calori
specifici molari alla temperatura di 298 K in condizioni di equilibrio di fase.
Per svolgere il problema adottiamo la stessa traccia presentata per l’esercizio no. 7 del capitolo (valgono
qui le stesse considerazioni e discussioni). Per semplicita riscriviamo la relazione data come
ln p∗ = a− b
T+ c ln T + dT
con a = 79.4, b = 5540.2, c = −9.26, d = 0.0085. Derivando tale relazione rispetto alla temperatura, ed
utilizzando l’equazione di Clausius-Clapeyron come modello interpretativo, otteniamo
d ln p∗(T )
dT
Clausius−Calpeyron=
∆Hm,ev(T )
RT 2
equaz. data=
b
T 2+
c
T+ d
⇒ ∆Hm,ev(T ) = R(b + cT + dT 2) (1)
Inserendo i valori numerici dei parametri, e ponendo T = 298 K come richiesto dal problema, otteniamo
∆Hm,ev(298 K) = 29.4 kJ mol−1. Per valutare la variazione del calore specifico in condizioni di equilibrio
partiamo dalla definizione
cp(T, p) =
(
∂Hm(T, p)
∂T
)
p
che porta direttamente a
∆cp,ev(T ) =
(
∂(Hm(g, T, p) −Hm(l, T, p))
∂T
)
p
]
p=p∗(T )
=
(
∂∆Hm,l→g(T, p)
∂T
)
p
]
p=p∗(T )
(2)
Osserviamo subito che l’avere adottato l’equazione di Clausius-Clapeyron, cioe implicitamente assumere
che la fase vapore abbia comportamento di gas ideale, ci consente di stabilire che Hm(g, T, p) e indipen-
dente dalla pressione. Inoltre, ai fini di una stima, per la fase liquida possiamo adottare il ”modello a
volume molare nullo”, il che equivale a porre Hm(l, T, p) essenzialmente indipendente dalla pressione.
Sotto queste assunzioni, la variazione di entalpia ∆Hm,l→g(T, p) diventa funzione solo della temperatura,
e possiamo riferirla ad una generica pressione applicata; scegliendo la pressione di equilibrio possiamo
sostituire ∆Hm,l→g(T, p) con ∆Hm,ev(T ) in eq (2), e quindi
∆cp,ev(T ) ≃ d∆m,ev(T )
dT= R(c + 2dT )
dove per l’ultimo passaggio e stata richiamata l’espressione eq (1). Inserendo i valori numerici si ottiene
∆cp,ev(298 K) ≃ −35 J K−1 mol−1.
123
Esercizio 6.9
In un contenitore a volume costante sono inizialmente presenti mezza mole di vapore acqueo e mezza
mole di acqua liquida, in equilibrio a 100 C . Quant’e la pressione esercitata dal sistema ed il numero
di moli di liquido se la temperatura viene innalzata di 5 gradi? (Assumere una densita dell’acqua
liquida pari a 1 gr/cm3 costante al variare della temperatura, ed una entalpia di vaporizzazione di 40.7
kJ/mole).
Il problema e schematizzato in figura:
nl0 = 0.5
ng0 = 0.5
H2O (l)
H2O (g)
nl = ?
ng = ?
+ 5 °C
Occorre determinare la pressione finale e la nuova ripartizione tra liquido e vapore conseguente alla
trasformazione da T0 = 373 K a T1 = 378 K.
Pressione finale
La pressione finale e pari a p∗(378 K), dato che e mantenuto l’equilibrio tra le fasi. Per determinarla
utilizziamo l’equazione di Clausius-Clapeyron (assumendo comportamento ideale del vapore acqueo),
tenendo presente che alla temperatura di 100 C (373 K) la tensione di vapore e p∗(373 K) = 1 atm. La
forma integrata tra le due temperature e
lnp∗(378 K)
1 atm= −∆Hm,ev
R
(
1
378− 1
373
)
, ∆Hm,ev = 40.7 kJ mol−1
dalla quale si ricava p∗(378 K) = 1.19 atm = 1.205 × 105 Pa (ricordare che 1 atm ≡ 1.013 × 105 Pa).
Nuova ripartizione liquido/vapore
Possiamo ragionevolmente assumere che il volume totale del contenitore (costante) sia interamente oc-
cupato dal vapore, sia a 373 K che a 378 K. Tale assunzione puo essere facilmente verificata nota la
densita della fase liquida fornita dal problema; a 373 K il volume molare del liquido e dato da
Vm,l =PMH2O
ρH2O(l)=
18 gr mol−1
1 gr cm−3= 18 cm3 mol−1 = 1.8 × 10−5 m3 mol−1
124
mentre per stimare il volume molare del vapore utilizziamo l’equazione di stato dei gas ideali:
Vm,g =RT0
p∗(T0)=
8.314 JK−1mol−1 × 373 K
1.013 × 105 Pa= 3.1 × 10−2 m3 mol−1
Si osserva che Vm,g ≫ Vm,l e quindi, dato che il numero di moli di liquido e gas a T0 e identico,
n0g = n0
l = 0.5 moli, si ha anche Vg ≫ Vl e quindi V = Vg + Vl ≃ Vg. Tale approssimazione sara a
maggior ragione lecita a 378 K, dato che parte del liquido e evaporato. Imponiamo quindi la condizione
che il volume del vapore sia identico alle due temperature, ottenendo
n0gRT0
p∗(T0)=
ngRT1
p∗(T1)
dalla quale segue
ng = n0g
T0
T1
p∗(T1)
p∗(T0)= 0.5moli × 373 K
378 K× 1.19 atm
1.00 atm= 0.59 moli
Le moli di liquido si ottengono infine per differenza:
nl = ntot − ng = (1− 0.59) moli = 0.41 moli
125
Esercizio 6.10
Stimare il punto di fusione dell’acqua sotto la pressione di 100 atmosfere (le densita del ghiaccio e
dell’acqua valgono 0.917 e 1.000 gr/cm3 rispettivamente, e l’entalpia di fusione e 6008 J/mole).
Per stimare il punto di fusione T1 alla pressione p1 = 100 atm conviene sfruttare l’evidenza che la linea
di coesistenza solido-liquido e approssimativamente una retta di elevata pendenza: grandi aumenti di
presione realizzano piccoli abbassamenti del punto di fusione. In figura e schematizzata tale situazione:
p
T
sl
g
T0 = 273.15 KT1 = ?
1 atm
100 atm
Per sfruttare tale informazione e conveniente utilizzare l’equazione di Clapeyron nella forma-base
seguente,
dp(T )
dT=
∆Sm,fus(T )
∆Vm,fus(T )
Ammettere una dipendenza lineare di p(T ) verso T equivale a porre costante la pendenza della curva,
cioe a stabilire che∆Sm,fus(T )
∆Vm,fus(T )≃ ∆Sm,fus(T0)
∆Vm,fus(T0))∼ costante lungo la linea s↔ l
dove si e scelta la temperatura T0 = 273.15 K alla quale possiamo intendere riferiti i dati forniti dal
problema. Quindi,
dp(T )
dT=
∆Sm,fus(T0)
∆Vm,fus(T0)
e integrando tra le temperature T0 e T1 si ottiene
p(T1)− p(T0) =∆Sm,fus(T0)
∆Vm,fus(T0)(T1 − T0)
126
da cui ricaviamo
T1 = T0 +∆Vm,fus(T0)
∆Sm,fus(T0)(p(T1)− p(T0)) (1)
La variazione di entropia alla transizione e data da
∆Sm,fus(T0) =∆Hm,fus(T0)
T0=
6008 J mol−1
273.15 K= 22.0 J K−1 mol−1
e stimiamo il volume di transizione come
∆Vm,fus(T0) = Vm(l, T0, p(T0))− Vm(s, T0, p(T0))
≃ V ⊖(l, T0)− V ⊖(s, T0) in quanto p(T0) = 1 atm ≃ 1 bar
=PMH2O
ρH2O(l)− PMH2O
ρH2O(s)=
18 gr mol−1
1.000 × 106 gr m−3− 18 gr mol−1
0.917 × 106 gr m−3= −1.6× 10−6 m3 mol−1
Sostituendo tali valori in eq (1) otteniamo
T1 = 273.15 K +(−1.6 × 10−6) m3 mol−1
22.0 J K−1 mol−1× [(100 − 1)× 1.013 × 105] Pa = 272.4 K
L’abbassamento del punto di fusione risulta pari a ∆Tfus = −0.73 K.
127
Esercizio 6.11
Dai seguenti dati termodinamici a 25 C relativi alle due forme cristalline di CaCO3(s) (peso molecolare
= 100.09 gr/mole)
calcite aragonite
∆G⊖f (kJ/mol) −1128.76 −1127.71
densita (gr/cm3) 2.710 2.930
stimare la pressione a cui si instaura l’equilibrio tra le due fasi a 25 C .
Sul piano pressione-temperatura, le zone di stabilita delle due forme appaiono ripartire come schema-
tizzato in figura:
p
T
aragonite
calcite
T0 = 298 K
?
Per determinare la pressione di equilibrio incognita, p(T0), imponiamo l’uguaglianza tra i potenziali
chimici alla temperatura T0 = 298K,
µcalc(T0, p(T0)) = µarag(T0, p(T0))
Per entrambe le fasi solide adottiamo il modello del volume molare indipendente dalla pressione (si veda
la nota alla fine dell’esercizio no. 3 del capitolo), ottenendo
µcalc(T0, p(T0)) ≃ µ⊖calc(T0) + V ⊖
calc(p(T0)− p⊖)
µarag(T0, p(T0)) ≃ µ⊖arag(T0) + V ⊖
arag(p(T0)− p⊖)
Uguagliando i potenziali ricaviamo la seguente relazione
µ⊖calc(T0)− µ⊖
arag(T0) = −(V ⊖calc − V ⊖
arag)(p(T0)− p⊖)
≡ ∆G⊖arag→calc(T0)
dalla quale segue
p(T0) = p⊖ −∆G⊖
arag→calc
∆V ⊖arag→calc
(1)
128
Valutiamo ora le variazioni richieste in eq (1). Per la variazione di energia libera standard della trasfor-
mazione aragonite → calcite applichiamo la legge di Hess,
∆G⊖arag→calc = ∆G⊖
f (calc, T0)−∆G⊖f (arag, T0) = [−1128.76 − (−1127.71)] kJ mol−1 = −1.05 kJ mol−1
Per la variazione del volume standard utilizziamo i valori delle densita fornite dal problema:
V ⊖calc =
PM
ρcalc=
100.09 gr mol−1
2.710 × 106 gr m−3= 36.93 × 10−6 m3 mol−1
V ⊖arag =
PM
ρarag=
100.09 gr mol−1
2.930 × 106 gr m−3= 34.16 × 10−6 m3 mol−1
da cui
∆V ⊖arag→calc = 2.78 × 10−6 m3 mol−1
Sostituendo i valori in eq (1) otteniamo
p(T0) = 105 Pa − (−1.05 × 103 J mol−1)
2.78 × 10−6 m3 mol−1= 3.8× 108 Pa ≃ 3740 atm
Quindi, a 25 C la calcite e la forma stabile del carbonato di calcio fino a pressioni di ∼ 3740 atmosfere.
• Osserviamo il diagramma pressione-temperatura in figura. Sulla base dei dati forniti dal problema, e
del risultato ottenuto, siamo in grado di giustificare la ”collocazione” dell’aragonite e la calcite su tale
piano? Rispondere a tale domanda equivale a rispondere a quanto segue: dato un generico punto (T, p),
qual e la fase termodinamicamente stabile? Consideriamo un sistema chiuso costituito da na moli di
aragonite e nc moli di calcite; l’energia libera di Gibbs e data da
G(T, p, na) = naµarag + ncµcalc , ntot = na + nc = cost.
dove i potenziali chimici delle due forme forme cristalline dipendono solo dalla temperatura e dalla
pressione (sostanze pure). Se partiamo dal presupposto che il sistema non si trovi all’equilibrio, allora
una delle due forme deve trasformarsi spontaneamente nell’altra in modo che da raggiungere l’equilibrio
che corrisponde al minimo dell’energia libera di Gibbs a T e p fissate. Esprimendo l’energia libera in
funzione di na (preso come grado di avanzamento), il suo differenziale e
(dG)T,p = (µarag − µcalc)dna ≤ 0
(si e posto dnc = −dna), dove la disuguaglianza con < vale fuori dall’equilibrio. Si osserva che, se
µarag > µcalc, per avere una quantita negativa occorre che dna < 0, cioe che l’aragonite si converta in
calcite; tale processo procedera fino a totale scomparsa dell’aragonite, e la calcite risulta essere la fase
termodinamicamente stabile. Se a T e p scelte risultasse invece che µcalc > µarag, allora l’aragonite
sarebbe la forma stabile. In caso di uguaglianza dei potenziali chimici, ci si trova all’equilibrio tra le
fasi. Tra i dati del problema abbiamo i ∆G⊖f delle due forme cristalline; tali dati non sono altro che i
potenziali chimici delle due forme riferiti a T = T0 = 298 K e p = p⊖ = 1 bar e ”shiftati” rispetto ad
un comune riferimento (l’energia libera degli elementi chimici che formano lo stesso composto, nel loro
stato standard). Quindi, dal fatto che ∆G⊖f (arag, T0) > ∆G⊖
f (calc, T0) deduciamo che µarag(T0, p⊖) >
µcalc(T0, p⊖) e pertanto, sulla base delle considerazioni fatte sopra, stabiliamo che a 25 C e 1 bar la
129
calcite e la forma stabile. Salendo lungo la verticale a T = 298 K, si deve quindi attraversare il campo
di stabilita della calcite prima di arrivare al punto di equilibrio sulla curva di coesistenza alla pressione
di 3740 atmosfere. Oltre tale pressione l’aragonite e la forma stabile.
130
Esercizio 6.12
Sulla base dei seguenti dati per lo zolfo solido rombico, S(s, α), zolfo solido monoclino, S(s, β), e zolfo
atomico gassoso, S(g) a 25 C ,
∆G⊖f (kJ/mol) S⊖ (J/K mol)
S(s, α) 0.0 31.80
S(s, β) 0.056 32.60
S(g) 238.25 167.62
determinare sotto quali condizioni termodinamiche si dovrebbe avere coesistenza delle tre fasi.
Indichiamo con T3 e p3 = p∗(T3) la temperatura e la pressione (incognite) che specificano le condizioni
termodinamiche alle quali si ha coesistenza delle tre fasi. Si osservi che i valori di T3 e p3 sono unici: la
copresenza delle tre fasi e un ”punto triplo” a varianza zero per il sistema ad un solo componente. Per
determinare le due incognite imponiamo l’uguaglianza dei potenziali chimici per lo zolfo nelle tre fasi:
µs,β(T3, p3)(a)= µs,α(T3, p3)
(b)= µg(T3, p3)
1) Determinazione di T3.
Sfruttiamo l’uguaglianza (a), esplicitando i due potenziali chimici sulla base del ”modello a volume
molare nullo” per le fasi condensate (si veda la nota nell’esercizio no. 3 del capitolo):
µs,α(T3, p3) ≃ µ⊖s,α(T3) , µs,β(T3, p3) ≃ µ⊖
s,β(T3)
da cui si ricava, in accordo con (a), che
∆G⊖α→β(T3) = µ⊖
s,β(T3)− µ⊖s,α(T3) ≃ 0 (1)
D’altro canto abbiamo anche
∆G⊖α→β(T )
dT= −∆S⊖
α→β(T ) ⇒ ∆G⊖α→β(T3) = ∆G⊖
α→β(T0)− (T3 − T0)∆S⊖α→β(T0) (2)
dove nell’integrazione rispetto alla temperatura tra T0 di riferimento e T3 si e assunto che ∆S⊖α→β(T ) ≃
∆S⊖α→β(T0) sia essenzialmente costante, il che equivale ad assumere che i calori specifici standard delle
forme α e β siano circa uguali tra loro nel campo di temperature in esame. Uguagliando eqs (1) e (2),
cioe ponendo uguale a zero l’espressione al secondo membro in (2), e risolvendo rispetto a T3, si arriva
a
T3 = T0 +∆G⊖
α→β(T0)
∆S⊖α→β(T0)
(3)
Dai dati tabulati alla temperatura T0 = 298 K otteniamo
∆G⊖α→β(T0) = 0.056 × 103 J mol−1 , ∆S⊖
α→β(T0) = (32.60 − 31.80) J K−1 mol−1 = 0.8 J K−1 mol−1
Sostituendo tali valori in eq (3) si ottiene T3 = 368 K (95 C ).
2) Determinazione di p3.
131
Per determinare la tensione di vapore e necessario coinvolgere il potenziale chimico della fase gassosa.
Utilizziamo il modello del gas ideale per tale fase, cioe
µg(T3, p3) = µ⊖g (T3) + RT3 ln
p3
p⊖
Utilizzando l’uguaglianza (b) tra i potenziali chimici del vapore e del solido nella forma α (analogamente
potremmo scegliere la forma β...) otteniamo la relazione
lnp3
p⊖= −µ⊖
g (T3)− µ⊖s,α(T3)
RT3≡ −
∆G⊖f (S(g), T3)
RT3(4)
in cui si e tenuto presente che la forma α e lo stato di riferimento dello zolfo solido. Tra le quantita
che entrano in eq (4) abbiamo gia determinato T3; occorre ora valutare l’energia libera standard di
formazione dello zolfo gassoso a tale temperatura. Seguendo la stessa procedura applicata sopra abbiamo
∆G⊖f (T )
dT= −∆S⊖
f (T ) ⇒ ∆G⊖f (T3) = ∆G⊖
f (T0)− (T3 − T0)∆S⊖f (T0) (5)
sotto l’ipotesi che ∆S⊖f (T ) ≃ ∆S⊖
f (T0) sia costante nell’intervallo di temperature tra T0 e T3. Ovvia-
mente tale ipotesi puo essere discutibile, dato che ∆c⊖p,α→g e certamente non-nullo nella conversione di
zolfo solido in zolfo gassoso. Tuttavia, sulla base dei dati forniti dal problema, allo scopo di stimare p3
l’eq (5) e la migliore approssimazione che ci e consentito ottenere per ∆G⊖f (T3). Dai dati tabulati a T0
ricaviamo
∆G⊖f (S(g), T0) = 238.25 × 103 J mol−1
∆S⊖f (S(g), T0) = (167.62 − 31.80) J K−1 mol−1 = 135.82J K−1 mol−1
Sostituendo tali valori in eq (5) per valutare ∆G⊖f (S(g), T3), e poi inserendo il risultato in eq (4),
otteniamo
lnp3
p⊖= −74.8 ⇒ p3 = 3.4× 10−33 bar
Le forme Sα, Sβ e Sg risultano quindi coesistenti alla temperatura di 95 C e alla pressione di 3.4 ×10−33 bar. Sperimentalmente si osserva che le due forme allotropiche dello zolfo e il vapore si trovano
all’equilibrio alla temperatura di 95.5 C e alla pressione di 0.01 mmHg. Vediamo che la temperatura
del punto triplo e stata correttamente stimata, mentre le approssimazioni fatte per determinarne la
pressione, evidentemente troppo radicali, hanno portato ad un risultato non realistico...
132
Esercizio 6.13
L’energia libera standard di formazione del diamante (peso atomico = 12.01 gr/mole, stato di riferi-
mento: carbonio grafitico) dipende dalla temperatura secondo la relazione
∆G⊖f (diam., T ) = 1895 + 3.363(T − 298.15) (in J/mol)
Calcolare la pressione a cui si ha equilibrio di fase tra grafite e diamante a 25 C e le corrispondenti
entalpia ed entropia di transizione, assumendo che le densita del diamante e della grafite, rispettivamente
5.51 gr/cm3 e 2.25 gr/cm3, siano costanti (cioe indipendenti dalla temperatura e dalla pressione).
In figura e rappresentato il diagramma di fase del carbonio (da F. P. Bundy, ”The P,T Phase and
Reaction Diagram for elemental Carbon”, J. Geophys. Res., 85 (B12) 6930 (1980)), mentre sotto e
considerato il dettaglio di interesse nel problema specifico:
voi siete qui
133
p
T
diamante
grafite
T0 = 298.15 K
p(T0)
Determinazione della pressione di coesistenza
La prima parte del problema consiste nel determinare la pressione p(T0) sulla linea di coesistenza
diamante-grafite, corrispondente alla temperatura T0. A tale scopo sfruttiamo l’uguaglianza dei poten-
ziali chimici per le due fasi all’equilibrio:
µgr(T0, p(T0)) = µdiam(T0, p(T0))
Per risolvere tale equazione rispetto all’incognita p(T0) dobbiamo esplicitare le forme dei potenziali.
Trattandosi di fasi solide, quindi in prima approssimazione incomprimibili (come dato del problema la
densita delle fasi e da assumersi indipendente dalla pressione), possiamo adottare il ”modello a volume
molare costante” (si veda la nota alla fine dell’esercizio no. 3 del capitolo):
µgr(T0, p(T0)) ≃ µ⊖gr(T0) + (p− p⊖)V ⊖
gr
µdiam(T0, p(T0)) ≃ µ⊖diam(T0) + (p− p⊖)V ⊖
diam (1)
Uguagliando i potenziali ricaviamo la pressione di coesistenza,
p(T0) = p⊖ − µ⊖diam(T0)− µ⊖
gr(T0)
V ⊖diam − V ⊖
gr= p⊖ −
∆G⊖f (diam, T0)
∆V ⊖gr→diam(T0)
(2)
dove e stato considerato il fatto che la grafite e lo stato di riferimento del carbonio. L’energia lib-
era standard di formazione del diamante a T0 = 298.15 K e valutabile direttamente dall’espressione
parametrica data dal problema:
equaz. data ⇒ ∆G⊖f (diam., T0) = 1895 J mol−1
Per valutare il volume standard della trasformazione grafite→ diamante utilizziamo le densita delle due
fasi:
V ⊖gr =
PA
ρgr=
12.01 gr mol−1
2.25 × 106 gr m−3= 5.34 × 10−6 m3 mol−1
V ⊖diam =
PA
ρdiam=
12.01 gr mol−1
5.31 × 106 gr m−3= 2.18 × 10−6 m3 mol−1
⇒ ∆V ⊖gr→diam(T0) = −3.16× 10−6 m3 mol−1
134
Sostituendo i valori numerici in eq (2) otteniamo
p(T0) = 105 Pa − 1895 J mol−1
(−3.16 × 10−6) m3 mol−1= 6.0× 108 Pa ≃ 5900 atm
Entropia ed entalpia di transizione a 25 C
L’entropia di transizione che dobbiamo valutare (in condizioni di equilibrio a T0 = 298.15 K e p(T0)) e
data da
∆Sm,trans(T0) = Sm(diam., T0, p(T0))− Sm(gr., T0, p(T0))
=
[
−(
∂µdiam(T, p)
∂T
)
p
]
T=T0, p=p(T0)
−[
−(
∂µgr(T, p)
∂T
)
p
]
T=T0, p=p(T0)
= −[
(
∂(µdiam − µgr)
∂T
)
p
]
T=T0, p=p(T0)
(3)
Adottando le eqs (1) per i potenziali chimici si ha
µdiam(T, p)− µgr(T, p) = ∆G⊖gr→diam(T ) + (p − p⊖)∆V ⊖
gr→diam(T )
≡ ∆G⊖f (diam., T ) + (p − p⊖)∆V ⊖
gr→diam(T )
e sostituendo in eq (3) e derivando rispetto alla temperatura si arriva a
∆Sm,trans(T0) = −∆G⊖
f (diam., T )
dT
]
T=T0
− (p(T0)− p⊖)∆V ⊖
gr→diam
dT
]
T=T0
(4)
Il secondo addendo in eq (4) e trascurabile dato che, per ipotesi del problema, la densita delle fasi viene
assunta costante al variare della temperatura, quindi la derivata del volume di transizione rispetto a T
e praticamente nulla. Quindi,
∆Sm,trans(T0) ≃ −∆G⊖
f (diam., T )
dT
]
T=T0
da equaz. data= −3.363 J K−1 mol−1
dove per l’ultimo passaggio e stata utilizzata l’equazione parametrica fornita dal problema. Infine, dalla
condizione ∆Gm,trans(T0) = 0 (siamo all’equilibrio, sulla linea di coesistenza) otteniamo
∆Hm,trans(T0) = T0∆Sm,trans(T0) = −1002 J mol−1
• Perche, pur essendo la grafite lo stato termodinamico piu stabile, in condizioni ordinarie (temperatura
ambiente e pressione atmosferica) si trova anche il diamante?
135
Esercizio 6.14
Secondo la catalogazione di Ehrenfest (fisico austriaco, Vienna 1880 - Leiden 1933), una transizione di
fase del 2 ordine di una sostanza pura e caratterizzata da variazioni nulle di entropia, ∆Sm,trans = 0, e
di volume, ∆Vm,trans = 0, mentre sono diverse da zero le variazioni delle derivate seconde del potenziale
chimico, µ(T, p). Dimostrare che in questo caso valgono le seguenti relazioni (dette di Ehrenfest) per la
pressione di coesistenza p(T ) delle due fasi:
dp
dT=
∆α
∆kT,
dp
dT=
∆cp
TV ∆α
dove ∆α, ∆kT e ∆cp sono rispettivamente le variazioni del coefficiente di espansione isobara, del coef-
ficiente di compressibilita isoterma e del calore specifico molare tra le due fasi alla transizione.
Per una presentazione generale dell’argomento si rimanda ai testi didattici di Termodinamica (ad es.,
K. Denbigh, ”I principi dell’equilibrio chimico”); per approfondimenti, L. Landau, E. M. Lifsitz, ”Fisica
Statistica”, 5 volume della collana ”Fisica Teorica”. Verranno qui richiamati solo i concetti basilari.
Secondo l’originaria classificazione di Ehrenfest, si definisce transizione di n-esimo ordine una tran-
sizione di fase per la quale le prime derivate parziali del potenziale chimico (fatte rispetto ad una
variabile termodinamica) ad essere discontinue alla transizione sono quelle di ordine n. Ad esempio,
esprimendo il potenziale chimico in funzione delle sue variabili naturali T e p, possiamo discriminare tra
primo e secondo ordine monitorando il profilo delle sue derivate parziali prime (∂µ/∂T )p = −Sm(T, p)
e (∂µ/∂p)T = Vm(T, p) in funzione della temperatura a pressione fissata (come nelle figure seguenti), o
viceversa.
Le transizioni del primo ordine, per le quali gia le derivate prime del potenziale chimico sono
discontinue, sono caratterizzate da
1 ordine :
∆Vm,trans 6= 0
∆Sm,trans 6= 0
∆Hm,trans 6= 0 ⇒ cp diverge alla transizione
dove la divergenza di cp e legata all’esistenza di calore latente di transizione.
Per le transizioni del secondo ordine abbiamo invece
2 ordine :
∆Vm,trans = 0
∆Sm,trans = 0
∆Hm,trans = 0 ⇒ cp e discontinuo alla transizione ma non diverge
La continuita delle derivate prime del potenziale chimico nel passare da una fase all’altra in condizioni di
equilibrio impone infatti ∆Vm,trans = 0 e ∆Sm,trans = 0, mentre la discontinuita delle derivate seconde
si traduce nei cambi di pendenza nei profili del volume e dell’entropia (vedere la figura). L’assenza di
calore latente alla transizione implica discontinuita ma non divergenza del calore specifico. La forma
caratteristica dell’andamento di cp in prossimita della transizione ha indotto a chiamare le transizioni
del secondo ordine ”transizioni lambda” (il profilo ricorda appunto la lettera greca λ). Un tipico esempio
e la transizione a circa 2.2 K tra le due fasi liquide di 4He: 4HeI e 4HeII (superconduttore).
136
Ttrans. T
µ
Ttrans. T
Vm
Ttrans
.
T
Sm
Ttrans
.
T
Hm cp
Ttrans
.
T
Transizioni del 1°°°° ordine
Ttrans. T
µ
Ttrans
.
T
Hm
Ttrans. T
Vm
Ttrans
.
T
Sm
cp
Ttrans
.
T
Transizioni del 2°°°° ordine
137
Per dimostrare le relazioni di Ehrenfest relative alle transizioni del secondo ordine e possibile procedere
in diversi modi. Il metodo piu diretto consiste nel ricorrere ad una costruzione analoga a quella che
si adotta per derivare l’equazione di Clapeyron per le transizioni del primo ordine, solo che in questo
caso la continuita lungo la curva di coesistenza viene imposta non sul potenziale chimico ma sulle sue
derivate prime. Consideriamo la generica transizione del 2 ordine
Atrans.→ B
con ∆Vm,trans(T, p(T )) = 0 e ∆Sm,trans(T, p(T )) = 0 per un generico punto (T, p(T )) di equilibrio. Le
uguaglianze
[Sm,A(T ′, p′)]T,p(T ) = [Sm,B(T ′, p′)]T,p(T ) (1)
[Vm,A(T ′, p′)]T,p(T ) = [Vm,B(T ′, p′)]T,p(T ) (2)
devovo valere spostandosi sulla curva di coesistenza, e questo impone le seguenti restrizioni sui rispettivi
differenziali:
[dSm,A]T,p(T ) = [dSm,B ]T,p(T ) , [dVm,A]T,p(T ) = [dVm,B ]T,p(T )
Sviluppando i differenziali si ottiene
[
(
∂Sm,A
∂T ′
)
p′
]
T,p(T )
dT +
[(
∂Sm,A
∂p′
)
T ′
]
T,p(T )
dp(T ) =
[
(
∂Sm,B
∂T ′
)
p′
]
T,p(T )
dT +
[(
∂Sm,B
∂p′
)
T ′
]
T,p(T )
dp(T )
(3)
e[
(
∂Vm,A
∂T ′
)
p′
]
T,p(T )
dT +
[(
∂Vm,A
∂p′
)
T ′
]
T,p(T )
dp(T ) =
[
(
∂Vm,B
∂T ′
)
p′
]
T,p(T )
dT +
[(
∂Vm,B
∂p′
)
T ′
]
T,p(T )
dp(T )
(4)
Consideriamo ora le seguenti relazioni
(
∂Sm,A
∂T ′
)
p′
I=
cp,A(T ′, p′)T ′ ,
(
∂Sm,A
∂p′
)
T ′
II≡ −(
∂Vm,A
∂T ′
)
p′
III= −Vm,A(T ′, p′)αA(T ′, p′)
(
∂Vm,A
∂T ′
)
p′= Vm,A(T ′, p′)αA(T ′, p′) ,
(
∂Vm,A
∂p′
)
pT ′
IV= −Vm,A(T ′, p′)kT,A(T ′, p′)
dove (I) deriva dall’identita cp ≡ (∂Hm/∂T )p = T (∂Sm/∂T )p (si veda la relazione 2 dell’esercizio
no. 1 nel Capitolo sulle relazioni differenziali); la (II) e una delle relazioni di Maxwell (si ricava dal
differenziale dell’energia libera di Gibbs applicando l’identita di Schwartz); le relazioni (III) e (IV)
seguono direttamente dalle definizioni dei coefficienti di espansione isobara (α) e di compressibilita
isoterma (kT ). Le stesse identita valgono ovviamente anche per la fase B. Sostituendo tali espressioni,
le eqs (3) e (4) diventano
cp,A
TdT − Vm,AαA dp(T ) =
cp,B
TdT − Vm,BαB dp(T ) (5)
Vm,AαA dT − Vm,AkT,A dp(T ) = Vm,BαB dT − Vm,BkT,B dp(T ) (6)
138
dove tutte le quantita sono implicitamente riferite a T, p(T ) sulla curva di coesistenza. Da eq (5)
ricaviamo
dp(T )
dT=
cp,B − cp,A
T (Vm,BαB − Vm,AαA)
Questa espressione si riduce alla seconda delle relazioni di Ehrenfest considerando che Vm,A = Vm,B ≡ V
(alla transizione del secondo ordine non si ha variazione di volume), e ponendo ∆α = αB − αA, ∆cp =
cp,B − cp,A. Dalla eq (6) otteniamo invece
dp(T )
dT=
Vm,BαB − Vm,AαA
Vm,BkT,B − Vm,AkT,A
che porta immediatamente alla prima delle relazioni di Ehrenfest raccogliendo e semplificando i volumi
molari, e ponendo ∆kT = kT,B − kT,A.
• Si osservi che, formalmente, anche per le transizioni del 2 ordine si puo derivare l’equazione di
Clapeyron
dp(T )
dT=
∆Sm,trans(T )
∆Vm,trans(T )(Clapeyron)
solo che ora ci si imbatte in una forma [0/0] quando si tenta si valutare l’espressione al secondo membro.
Tuttavia, tale forma puo essere trattata mediante un passaggio al limite (tale limite deve esistere, dato
che esiste la curva di coesistenza!):
dp(T )
dT= lim
(T ′,p′)→(T,p(T ))
∆Sm,A→B(T ′, p′)∆Vm,A→B(T ′, p′)
con le variazioni ∆Sm,A→B(T ′, p′) = Sm(B,T ′, p′) − Sm(A,T ′, p′) e ∆Vm,A→B(T ′, p′) = Vm(B,T ′, p′)−Vm(A,T ′, p′) che si riducono a ∆Sm,trans(T ) e ∆Vm,trans(T ) quando il punto (T ′, p′) viene portato sulla
curva di equilibrio. Si provi a risolvere il problema seguendo questa procedura, ricordando come vengono
trattate le forme indeterminate [0/0] in Analisi Matematica (Regola di de L’Hospital).
139
ESERCIZI DA SVOLGERE
Esercizio 6.15
La tensione di vapore del cloroformio a 20 C e 161 mmHg, ed aumenta del 5.4 % per un incremento
di un grado della temperatura. Determinare la temperatura di ebollizione normale ed il calore latente
di evaporazione del cloroformio.
Risultato: ∆Hev = 37.73 kJ mol−1, Teb = 326 K (53 C ).
Esercizio 6.16
L’entalpia di vaporizzazione dell’acqua pura in condizioni di equilibrio dipende dalla temperatura
secondo l’equazione
∆Hm,ev(kJ/mole) = 57.433 − 0.045T
Calcolare la tensione di vapore dell’acqua a 0 C , noto che 100 C e la sua temperatura normale di
ebollizione.
Risultato: p∗(273 K) = 6.1× 10−3 atm.
Esercizio 6.17
La dipendenza dalla temperatura delle tensioni di vapore dell’Argento solido e liquido, espresse in
Pascal, e data dalle seguenti espressioni:
solido) ln p∗ = 31.988 − 3.228 × 104/T
liquido) ln p∗ = 30.733 − 3.072 × 104/T
Si determinino temperatura e pressione al punto triplo, e i calori latenti di evaporazione, di sublimazione
e di fusione in corrispondenza di tale punto.
Risultato: Tt = 1240 K, pt = 385 Pa, ∆Hm,ev = 255.4 kJ mol−1, ∆Hm,subl = 268.4 kJ mol−1,
∆Hm,fus = 13.0 kJ mol−1
140
Esercizio 6.18
Date le grandezze standard a 25 C per l’alluminio solido e liquido
∆H⊖f kJ/mol ∆G⊖
f kJ/mol S⊖ J/K mol
Al(s) 0.0 0.0 28.33
Al(l) 10.56 7.20 39.65
stimare la temperatura di fusione dell’alluminio alla pressione atmosferica ed il calore latente di fusione.
Risultato: Tfus = 934 K, ∆Hm,fus ≃ 10.6 kJ mol−1
Esercizio 6.19
Il punto di fusione del bismuto (peso atomico = 208.98 gr/mole) quando la pressione applicata e pari a
1 atmosfera e di 271 C . La variazione di volume alla transizione e pari a −0.00345 cm3/gr, e il calore
latente di fusione vale 8.92 kJ/mole. Si determini il punto di fusione alla pressione di 5000 atmosfere.
Risultato: Tfus = 249 C
Esercizio 6.20
Alla pressione di 1 atmosfera e alla temperatura di−43 C le due forme cristalline del carbonato di calcio
(peso molecolare = 100.09 gr/mole), aragonite e calcite, si trovano in equilibrio. In tali condizioni, la
variazione di volume per la transizione aragonite→ calcite e pari a 2.75 cm3/mole, e il calore latente vale
125 J/mole. Sotto quale pressione l’aragonite e la forma termodinamicamente stabile alla temperatura
di 0 C ?
Risultato: per pressioni maggiori di 78 atmosfere.
141
142
Capitolo 7
Grandezze parziali molari, miscele
ideali e reali, funzioni di eccesso
143
Esercizio 7.1
A 25 C i coefficienti di compressibilita del cicloesano e del normal-esano sono rispettivamente 11.4 ×10−10 Pa−1 e 16.7×10−10 Pa−1. Calcolare il coefficiente di compressibilita isoterma del liquido ottenuto
mescolando 0.2 litri di cicloesano con 0.4 litri di normal-esano, assumendo un comportamento ideale
della miscela.
La soluzione e ideale, pertanto non si ha variazione di volume in seguito al mescolamento, ∆Vmix = 0,
e quindi
V = Vc + Vn (1)
dove V e il volume totale, Vc e Vn sono rispettivamente i volumi di cicloesano e n-esano mescolati.
Abbiamo quindi V = 0.6 litri. Il coefficiente di compressibilita isoterma della miscela e dato da
kT = − 1
V
(
∂V
∂p
)
T
Sostituendo eq (1) per il volume totale nella derivata parziale otteniamo
kT = −Vc
V
1
Vc
(
∂Vc
∂p
)
T
− Vn
V
1
Vn
(
∂Vn
∂p
)
T
=Vc
VkT,c +
Vn
VkT,n
=
[
0.2
0.6× 11.4 × 10−10 +
0.4
0.6× 16.7 × 10−10
]
Pa−1 = 14.9× 10−10 Pa−1
144
Esercizio 7.2
Un contenitore cubico del volume complessivo di 1 m3 e diviso in otto comparti uguali, anch’essi cubici.
Ogni comparto contiene un gas alla temperatura di 273 K e alla pressione di 105 Pa. Se si eliminano
tutte le pareti interne del contenitore, qual e la variazione di entropia del sistema?
La variazione di entropia del sistema e nulla. Infatti il gas nei vari comparti si trova nelle stesse
condizioni termodinamiche (temperatura e pressione), che quindi non vengono alterate in seguito al
mescolamento quando le pareti vengono rimosse: il gas finale occupa tutto il volume, ed ha la stessa
temperatura e pressione dei gas inizialmente isolati. L’entropia finale del sistema e quindi pari a quella
iniziale (che data dalla somma dei contributi delle singole parti inizialmente isolate che lo componevano).
In altri termini, sulla base dell’estensivita dell’entropia, avere un gas che occupa il volume di 1 m3 a
273 K e 105 Pa, oppure avere il gas in otto scomparti isolati ognuno a 273 K e 105 Pa, e equivalente sul
piano di una qualsiasi funzione di stato del sistema.
• Il testo contiene dei dati superflui. Quali sono e perche sono superflui?
• Quanto vale invece la variazione di energia interna del sistema?
• Cambia qualcosa (e, se sı e in quali casi, cosa cambia?) se il gas nei vari scomparti e diverso ma
sempre alla stessa temperatura e pressione in ognuni di essi?
145
Esercizio 7.3
Miscele di C6H5Cl e C6H5Br sono considerabili sostanzialmente ideali. A 136.7 C la tensione di vapore
di C6H5Cl e di 1.137 bar, mentre quella di C6H5Br e di 0.604 bar. Determinare la composizione della
miscela la cui pressione di vapore totale e di 1 bar.
L’assunzione di comportamento ideale della miscela ci consente di adottare la legge di Raoult per le
pressioni parziali dei componenti in fase vapore, ed ottenere quindi l’equazione ptot in funzione della
composizione:
Raoult :pφCl = p∗φCl xφCl
pφBr = p∗φBr xφBr
=⇒ ptot = pφCl + pφBr = p∗φCl + xφBr (p∗φBr − p∗φCl)
dove si e posto xφCl = 1− xφBr per ottenere la pressione totale in funzione della variabile indipendente
xφBr. Ponendo ptot = 1 bar, e sostituendo i valori dati dal problema per le tensioni di vapore dei
componenti puri, ricaviamo xφBr = 0.257.
146
Esercizio 7.4
Un campione costituito da due liquidi immiscibili A e B viene distillato a T = 350K ed alla pressione
di 1 bar, ottenendo una fase vapore con una frazione molare yA = 0.62. Qual e tensione di vapore dei
due componenti A e B a T = 350K ?
A + B
A AB
liq.
vap.
In figura e rappresentato il sistema in forma pittorica. I due liquidi immiscibili hanno aree esposte alla
superficie, e sono in equilibrio con il rispettivo vapore in fase gas. Essendo i due liquidi immiscibili
(quindi si trovano in fase liquida come componenti puri separati) non possiamo ovviamente applicare
la legge di Raoult per correlare le pressioni parziali alle tensioni di vapore! Partiamo invece dalla
condizione di equilibrio tra le fasi liquida e vapore per i singoli componenti, cioe imponiamo uguaglianza
dei potenziali chimici
µA,l(T, p) = µA,g(T, p) , µB,l(T, p) = µB,g(T, p) (1)
dove T, p sono la temperatura fissata e la pressione totale. Per il potenziale chimico dei componenti in
fase liquida adottiamo il ”modello a volume molare nullo”, quindi ne trascuriamo la dipendenza dalla
pressione. Ad esempio, per A possiamo porre
µA,l(T, p)§≡ µA,l(T, p∗A)
‡≡ µ⊖A,g(T ) + RT ln
p∗Ap⊖
(2)
dove per il passaggio § abbiamo convenientemente scelto di sostituire p con la tensione di vapore di A
puro, p∗A; per il passaggio ‡ abbiamo sostituito il potenziale chimico del liquido puro con il potenziale del
suo vapore puro alla pressione di equilibrio p∗A (sotto l’assunzione che quest’ultimo si comporti come gas
ideale). Analoga espressione si ottiene per il compomente B. Per i potenziali chimici dei componenti in
fase vapore adottiamo il modello del gas ideale, ponendo quindi
µA,g(T, p) = µ⊖A,g(T ) + RT ln
pA
p⊖(3)
147
e analogamente per B. Inserendo le espressioni (2) e (3) nelle uguaglianze (1), e semplificando i termini,
otteniamo
lnp∗Ap⊖
= lnpA
p⊖, ln
p∗Bp⊖
= lnpB
p⊖
dalle quali seguono
p∗A ≡ pA , p∗B ≡ pB
Sulla base delle approssimazioni fatte, abbiamo quindi stabilito che se A e B sono immiscibili allo stato
liquido, allora la loro tensione di vapore coincide con la pressione parziale. Per valutare p∗A e p∗B basta
quindi valutare pA e pB , note la pressione totale e le frazioni molari in fase vapore:
p∗A ≡ pA = yA p = 0.62× 1 bar = 0.62 bar
p∗B ≡ pB = yB p = 0.38× 1 bar = 0.38 bar
148
Esercizio 7.5
Una miscela liquida e costituita da una mole di benzene e da una mole di toluene e viene mantenuta
alla temperatura di 25 C . In queste condizioni la tensione di vapore del benzene puro ed il suo calore
latente di evaporazione sono rispettivamente 0.0427 bar e 30.8 kJ/mole, mentre le analoghe quantita per
il toluene sono 0.1373 bar e 34.0 kJ/mole. Mediante un pistone la pressione esterna viene lentamente
diminuita (a temperatura costante) da quella atmosferica fino ad un valore di 0.08 bar. Si verifichi che
in tali condizioni il sistema e ripartito tra fase liquida e fase vapore, e si risponda alle seguenti domande:
1) qual e la composizione finale delle due fasi?, 2) quant’e la variazione di volume ed il calore scambiato
nel processo? (Assumere comportamento ideale sia per la miscela liquida che per quella gassosa)
In figura e rappresentato il processo in esame:
pf
B + T
B + Tliq.
vap.
pi
B + T liq.
fraz. molare in Toluene
p
pB*
pT*
0.5
pf
1.00.0 xT yT
curva del liquido
curva del vapore
a
f
c
T costante
Nel contenitore raffigurato abbiamo i due componenti, benzene e toluene, che possono essere variamente
ripartiti (in condizioni di equilibrio a temperatura fissata) tra fase liquida e fase vapore, in base alla
pressione applicata. Definiamo innanzitutto le variabili del problema facendo riferimento al caso generale
in cui ci sia separazione di fase. Indichiamo con nT,l e nT,g il numero di moli di toluene rispettivamente
in fase liquida e in fase vapore, con nT = nT,l + nT,g le moli totali di toluene nel contenitore, con nB,l,
nB,g e nB le analoghe quantita per il benzene, e con ntot il numero totale di moli dei due componenti.
149
Indichiamo inoltre con nl = nT,l +nB,l le moli totali in fase liquida, e con ng = nT,g +nB,g le moli totali
in fase vapore. Infine, scegliamo di esprimere la composizione globale del sistema liquido + vapore nel
contenitore in termini di frazione molare totale di toluene, zT , data da
zT =nT
ntot=
1 mole
2 moli= 0.5
Ovviamente, dato che il sistema e chiuso, tale valore di zT rimane costante durante la trasformazione.
Inizialmente viene applicata al sistema la pressione atmosferica pi = 1 atm e la miscela di benzene
+ toluene si trova completamente allo stato liquido. La pressione agente sul pistone viene poi grad-
ualmente diminuita, il che equivale a discendere la verticale a zT = 0.5 in figura; ad un certo punto
(indicato con (a) in figura), quando si interseca la curva del liquido, la pressione e tale che si forma una
prima bolla di gas in seno al liquido (la composizione della miscela liquida e praticamente xT ≡ zT ,
mentre la composizione della bolla di gas e ottenibile tracciando la retta orizzontale passante per (a)
fino ad intersecare la curva del vapore e leggendo in ascissa yT ). Diminuendo ulteriormente la pressione
si entra nel campo in cui il sistema e macroscopicamente ripartito tra miscela liquida e miscela vapore,
fino al punto (c) quando la retta verticale interseca la curva del vapore; in questa situazione la pressione
e tale che il sistema si trova interamente allo stato gasssoso, ed e presente una ”goccia” miscroscopica
di miscela liquida in equilibrio con esso (la composizione del vapore e praticamente yT ≡ zT , mentre la
composizione della goccia di liquido e ottenibile tracciando la retta orizzontale passante per (c), inter-
secando la curva del liquido e leggendo il valore xT in ascissa). Nel caso specifico, la pressione viene
arrestata al valore pf = 0.08 bar, intermedia tra p∗B e p∗T . Dobbiamo per prima cosa verificare di trovarsi
tra il punto (a) e il punto (c) in figura, cioe di avere il sistema ripartito tra liquido e vapore.
Curve del liquido e del vapore.
Deriviamo innanzitutto le relazioni che descrivono la pressione totale del sistema in funzione delle
variabili indipendenti xT (curva del liquido) e in funzione di yT (curva del vapore), assumendo compor-
tamento ideale per le miscele liquida e vapore. La curva del liquido si ottiene applicando la legge di
Raoult per le pressioni parziali dei due componenti:
Raoult :pB = p∗B xB
pT = p∗T xT
=⇒ curva del liquido : p(xT ) = pB + pT = p∗B + xT (p∗T − p∗B) (1)
dove si e posto xB = 1−xT . La curva del vapore puo essere ricavata partendo dalle seguenti uguaglianze
per le pressioni parziali dei componenti
pB = p yB = p∗BxB
pT = p yT = p∗TxT
=⇒xB =
p
p∗ByB
xT =p
p∗TyT
xB+xT =1=⇒ p
p∗ByB +
p
p∗TyT = 1
Dall’ultima relazione ricaviamo l’equazione della curva del vapore in funzione di yT
1
p=
yB
p∗B+
yT
p∗T=
1
p∗B+ yT
(
1
p∗T− 1
p∗B
)
dove si e posto yB = 1− yT . Invertendo tale relazione e riarrangiando si ottiene
curva del vapore : p(yT ) =p∗Bp∗T
p∗T − yT (p∗T − p∗B)(2)
150
Valutiamo ora le pressioni pa e pc corrispondenti ai punti (a) e (c) in figura. In corrispondenza di (a)
poniamo xT ≡ zT = 0.5 in eq (1) (abbiamo ancora solo fase liquida: la composizione della miscela
liquida coincide con la composizione totale), e sostituendo i valori p∗B = 0.0427 bar e p∗T = 0.1327 bar
otteniamo pa = 0.0877 bar. Se vogliamo determinare la pressione in (b) dobbiamo invece utilizzare
la curva del vapore eq (2) e inserire yT ≡ zT = 0.5 (solo fase vapore), ottenendo pc = 0.0646 bar.
Notiamo che pc < pf < pa, quindi alla pressione finale di 0.08 bar il sistema che ha la composizione
globale zT = 0.5 si trova effettivamente ripartito tra fase liquida e fase vapore. Determiniamo ora la
composizione di tali fasi.
Composizione delle fasi a pf = 0.08 bar
Per determinare la composizione del liquido utilizziamo eq (1) per la curva del liquido, ponendo
p(xT ) = 0.08 bar; risolvendo rispetto a xT otteniamo
A p = 0.08 bar : xT = 0.394 , xB = 0.606
Per determinare la composizione della fase vapore consideriamo l’equazione eq (2) ponendo p(yT ) = 0.08
bar, e ricaviamo
A p = 0.08 bar : yT = 0.677 , yB = 0.323
Si osserva che, effettivamente, abbiamo trovato xT < 0.5 < yT come in figura.
Variazione di volume e calore scambiato nel processo
Finora abbiamo ragionato in termini di composizione (globale e delle fasi), e le considerazioni fatte val-
gono indipendentemente dall’estensione del sistema a composizione globale zT = 0.5 fissa. Per valutare
la variazione di una grandezza estensiva quale il volume, o per valutare l’ammontare di calore scambiato
dal sistema con l’esterno durante la trasformazione (si immagini di mantenere costante la temperatura
termostatando il contenitore) dobbiamo ora quantificare il numero di moli dei componenti che passano
allo stato vapore. Lo stato iniziale e la miscela liquida a pressione atmosferica, mentre lo stato finale e il
sistema in cui si trovano nT,g moli di toluene nB,g moli di benzene allo stato vapore in equilibrio con la
soluzione. Consideriamo la variazione di volume; l’assumere comportamento ideale della fase gassosa
ci consente di stimarne il volume nelle condizioni finali usando l’equazione di stato dei gas ideali:
Vg,f =(nB,g + nT,g)RT
pf(3)
La variazione di volume e quindi data da
∆V = Vtot,f − Vtot,i = (Vg,f + Vl,f )− Vl,i ≃ Vg,f (4)
dove la variazione di volume della fase liquida, Vl,f −Vl,i, e stata assunta trascurabile rispetto al volume
di vapore sviluppato (tale assunzione e ragionevole, ma la verificheremo a posteriori...).
La determinazione del calore scambiato nel processo richiede una trattazione complessa; si tratta
infatti di una trasformazione in cui solo la variabile temperatura e fissata, mentre variano notevolmente
sia la pressione del sistema, sia la composizione delle fasi in cui esso si trova ad essere ripartito. In una
151
trattazione formale del problema occorre introdurre una quantita denominata ”calore latente differen-
ziale di evaporazione”, che sostituisce il concetto di calore latente di un componente puro; mediante una
procedura di integrazione si correla tale grandezza (differenziale) al calore totale scambiato. Per dettagli
si rimanda a K. Denbigh, ”I principi dell’equilibrio chimico”, Cap. 7 dell’edizione italiana (1977). In
modo informale, possiamo comunque dare una risposta al problema scomponendo il processo globale in
due stadi:
1) stato iniziale −→ punto (a) in figura
2) punto (a) −→ stato finale
Nello stadio 1) la composizione del liquido rimane inalterata, e si ha solo la sua de-compressione a
temperatura costante; possiamo quindi ritenere che gli effetti termici siano trascurabili [• sotto quali
assunzioni per la fase liquida questo e accettabile?], e quindi lo scambio rilevante di calore con il ter-
mostato avviene solo nello stadio 2) della trasformazione. Dato che pf ≃ pa, possiamo approssimare
l’evaporazione di parte della miscela liquida ad un processo a pressione costante. Pertanto,
p ≃ cost. ⇒ q ≃ ∆H2) = (Hl,f + Hg,f)−Hl,a (5)
dove Hl,f e Hg,f sono le entalpie della miscela liquida e vapore nello stato finale, e Hl,a e l’entalpia
del liquido nel punto (a) quando inizia l’evaporazione. Dato che la miscela liquida e ideale, la sua
entalpia e esprimibile sulla base delle entalpie molari dei componenti puri (di seguito contrassegnate
dagli asterischi)
Hl,a(T, pa) = nB H∗B(l, T, pa) + nT H∗
T (l, T, pa)
Hl,f(T, pf ) = nB,l H∗B(l, T, pf ) + nT,l H
∗T (l, T, pf )
Analogamente, per l’entalpia della miscela vapore ideale abbiamo
Hg,f(T, pf ) = nB,g H∗B(g, T, pf ) + nT,g H∗
T (g, T, pf )
Sostituendo tali relazioni in eq (5) e utilizzando le scomposizioni nB = nB,l + nB,g, nT = nT,l + nT,g,
otteniamo
q ≃ nB,l [H∗B(l, T, pf )−H∗
B(l, T, pa)] + nT,l [H∗T (l, T, pf )−H∗
T (l, T, pa)]+
nB,g [H∗B(g, T, pf )−H∗
B(l, T, pa)] + nT,g [H∗T (g, T, pf )−H∗
T (l, T, pa)] (6)
Se per i componenti puri allo stato liquido trascuriamo la dipendenza dell’entalpia dalla pressione,
possiamo sostituire entrambe pa e pf con p∗B per il benzene, e con p∗T per il toluene. Inoltre, considerando
i componenti puri allo stato vapore come gas ideali, le loro entalpie sono indipendenti dalla pressione, e
anche in questo caso e lecito sostituire pf con le tensioni di vapore. Quindi eq (6) si semplifica portando
a
q ≃ nB,g [H∗B(g, T, p∗B)−H∗
B(l, T, p∗B)] + nT,g [H∗T (g, T, p∗T )−H∗
T (l, T, p∗T )]
≡ nB,g∆Hm,ev,B(T ) + nT,g∆Hm,ev,T (T ) (7)
In definitiva abbiamo dimostrato un risultato solo apparentemente ovvio: che il calore assorbito dalla
miscela ideale e essenzialmente dato dalla somma dei calori di evaporazione dei singoli componenti puri
alla stessa temperatura.
152
Vediamo ora che in eqs (3)-(4) e (7) dobbiamo inserire il numero di moli di benzene e toluene
sviluppatesi in fase vapore. Le variabili connesse le une alle altre sono pero quattro: nT,l, nB,l,nT,g, nB,g,
tutte riferite alle condizioni finali del sistema. Per ricavare nT,g e nB,g che ci occorrono dobbiamo quindi
impostare e risolvere un sistema di 4 equazioni per le 4 incognite. Una prima equazione e costituita
dal bilancio di materia relativo alla conservazione del numero totale di moli dei singoli componenti; ad
esempio scegliamo il toluene:
ntotzT ≡ (ng + nl)zT = ngyT + nlxT ⇒ nl
ng=
zT − yT
xT − zT(8)
Sostituendo zT = 0.5 e i valori gia determinati xT = 0.394 e yT = 0.677 otteniamo nl/ng = 1.67. Eq
(8) e nota come ”Regola della leva”, ed esplicita il rapporto tra le moli totali nella fase liquida e le
moli totali nella fase gassosa, date le composizioni delle due fasi e la composizione globale. Altre due
equazioni del sistema riguardano l’ammontare del numero di moli dei due componenti:
nB,l + nB,g = 1 (9)
nT,l + nT,g = 1 (10)
Infine, come ultima equazione possiamo scegliere l’assegnazione della composizione della fase liquida:
xT =nT,l
nT,l + nB,l= 0.394 (11)
(avremmo potuto scegliere, equivalentemente, di assegnare xB, o yT , oppure yB). Raggruppiamo le
equazioni (8)-(11) nel sistema seguente:
nT,l + nB,l
nT,g + nB,g= 1.67
nB,l + nB,g = 1
nT,l + nT,g = 1nT,l
nT,l + nB,l= 0.394
Risolvendo il sistema algebrico ricaviamo le quattro incognite:
nT,l = 0.493 moli
nB,l = 0.758 moli
nT,g = 0.507 moli
nB,g = 0.242 moli
Sostituendo i valori ottenuti di nT,g e nB,g in eq (3) valutiamo Vg,f = 0.23 m3, e con eq (4) stabiliamo
quindi che
∆V = 0.23 m3
Dato che Vg,f = 230 litri, possiamo ritenere lecito l’avere trascurato la variazione di volume della fase
liquida in eq (4). Inserendo i valori di nT,g e nB,g in eq (7) stimiamo infine il calore assorbito dal sistema:
q = 24.7 kJ
• Un’informazione del problema e che la pressione viene abbassata lentamente fino al valore pf , cioe
153
la trasformazione e quasi-statica ed e idealizzabile come processo reversibile. Su tale base, e sempre
trascurando gli effetti termici dovuti alla de-compressione del liquido fino al punto (a) in figura, si provi
a derivare una approssimazione migliore di eq (5) in cui non venga invocata la condizione p ≃ cost
durante l’evaporazione.
• Osservazione. In eq (6) compaiono le entalpie H∗B(g, T, pf ) e H∗
B(g, T, pa) , H∗T (l, T, pf ) e H∗
T (l, T, pa),
riferite al benzene e al toluene puri nelle condizioni specificate. Tuttavia, considerando i valori delle
rispettive tensioni di vapore alla temperatura T in esame, alle pressioni pa e pf il benzene puro e liquido
e il toluene puro e gassoso! Quando si parla di funzioni di stato (potenziali chimici, entalpia, entropia,
ecc...) occorre tenere presente che queste sono definibili anche nel campo di parametri (T e p in questo
caso) in cui la fase specificata non e quella termodinamicamente stabile.
154
Esercizio 7.6
Si consideri il mescolamento di due liquidi A e B a pressione e temperatura costanti. Diagrammando
il calore assorbito, ∆Hmix,m per mole di soluzione, verso la frazione molare xA, in corrispondenza di
xA = 0.4 si hanno ∆Hmix,m = 1000 J/mole ed una pendenza della curva pari a 25 J/mole. Calcolare la
differenza tra l’entalpia parziale molare e l’entalpia molare di A a questa composizione.
Supponiamo di effettuare esperimenti di mescolamento di A e B creando miscele liquide a diversa
composizione (specificata da xA) a T, p costanti, e di valutare gli effetti termici (ad esempio misurando
il calore calore scambiato con il termostato, pari a ∆Hmix). Rappresentando ∆Hmix,m (per mole di
miscela) contro xA potremmo ottenere un profilo del seguente tipo:
∆Hmix,m
xA
1000 K/mol 25 J/mol
0.40.0 1.0HB
–H
B*
HA
–H
A*
T , p costanti
Il problema fornisce (∂∆Hmix,m/∂xA)T,p (pendenza del profilo) nel punto xA = 0.4, e il corrispondente
valore di ∆Hmix,m; da tali dati dobbiamo valutare la differenza HA −H∗A, con HA l’entalpia parziale
molare del componente nella miscela a tale composizione e H∗A l’entalpia molare del componente puro.
Deriviamo innanzitutto un’utile relazione valida per generiche grandezze parziali molari Ei(T, p, comp.),
dove ”comp.” sta per composizione della miscela. Partiamo dalla definizione di grandezza di mescola-
mento generica in un sistema a molti componenti,
∆Emix =∑
i
ni(Ei − E∗i )
e dividendo per il numero di moli totali otteniamo la corrispondente grandezza molare:
∆Emix,m =∑
i
xi(Ei − E∗i ) (1)
155
Differenziamo tale espressione ottenendo
d∆Emix,m =∑
i
dxi (Ei − E∗i ) +
∑
i
xi dEi (2)
Tenendo presente la proprieta generale
T, p = cost. :∑
i
xi dEi = 0
[• come si ricava ?], eq (2) si semplifica portando a
T, p = cost. : d∆Emix,m =∑
i
dxi (Ei − E∗i )
Per una miscela binaria A/B la relazione scritta diventa esplicitamente
T, p = cost. : d∆Emix,m = dxA [(EA − E∗A)− (EB − E∗
B)]
e quindi(
∂∆Emix,m
∂xA
)
T,p= (EA − E∗
A)− (EB −E∗B) (3)
Esplicitiamo anche eq (1) per tale miscela binaria,
∆Emix,m = xA(EA −E∗A) + xB(EB − E∗
B)
≡ EB − E∗B + xA[(EA −E∗
A)− (EB − E∗B)] (4)
≡ EA − E∗A − xB [(EA − E∗
A)− (EB − E∗B)] (5)
Sostituendo eq (3) in eq (4) otteniamo
∆Emix,m = EB − E∗B + xA
(
∂∆Emix,m
∂xA
)
T,p
dalla quale ricaviamo
EB − E∗B = ∆Emix,m − xA
(
∂∆Emix,m
∂xA
)
T,p(6)
In modo analogo, sostituendo eq (3) in eq (5) si arriva a
EA − E∗A = ∆Emix,m + xB
(
∂∆Emix,m
∂xA
)
T,p(7)
Le relazioni (6) e (7) valgono per generiche grandezze E in miscele binarie (volumi, entalpie, energie
libere, ecc.); adattiamo ora eq (7) al caso specifico, in cui E viene identificata con l’entalpia, ottenendo
l’espressione per la grandezza richiesta dal problema:
HA −H∗A = ∆Hmix,m + (1− xA)
(
∂∆Hmix,m
∂xA
)
T,p(8)
Inserendo in eq (8) i seguenti dati forniti
xA = 0.4 :
∆Hmix,m = 1000 J mol−1(
∂∆Hmix,m
∂xA
)
T,p= 25 J mol−1
156
otteniamo HA − H∗A = 1015 J mol−1. In modo analogo si puo procedere per ricavare HB − H∗
B =
990 J mol−1.
• Si dimostri che le relazioni eqs (6) e (7) possono essere utilizzate per ricavare graficamente le differenze
EA − E∗A e EB − E∗
B, ad una composizione specificata, direttamente dal profilo di ∆Emix mediante la
procedura nota come metodo grafico o metodo delle intercette per le grandezze parziali molari; in figura
e illustrato il metodo nel caso specifico: le differenze di entalpia richieste corrispondono alle intercette
della retta tangente al profilo sugli assi-ordinata in corrispondenza di A puro (dove si legge HA −H∗A)
e B puro (dove si legge HB −H∗B).
• Indicando con Vm il volume molare della miscela, e identificando in eq (7) la grandezza E con il
volume, si ricavi la relazione
VA = Vm + xB
(
∂Vm
∂xA
)
T,p
157
Esercizio 7.7
L’entalpia di mescolamento a temperatura e pressione costanti (per mole di soluzione) di due liquidi A
e B e data dalla relazione
∆Hmix,m = axA xB (xA − xB)
deve xA e xB sono le frazioni molari dei componenti, ed a e una costante. Esprimere la dipendenza
dalla composizione delle entalpie parziali molari dei due componenti.
Il problema si puo svolgere in piu modi equivalenti; nel seguito ne vengono proposti due.
Primo svolgimento
Procediamo come nell’esercizio no. 6, al quale si rimanda per la derivazione delle seguenti relazioni che
correlano le grandezze parziali molari HA e HB alla funzione ∆Hmix,m:
HA = H∗A + ∆Hmix,m + (1− xA)
(
∂∆Hmix,m
∂xA
)
T,p(1)
HB = H∗B + ∆Hmix,m − xA
(
∂∆Hmix,m
∂xA
)
T,p(2)
Riscriviamo ∆Hmix,m fornita dal problema in funzione della variabile indipendente xA,
∆Hmix,m(xA) = axA (1− xA) (2xA − 1)
e inserendola nelle espressioni (1) e (2) otteniamo subito
HA = H∗A + a(4x3
A − 9x2A + 6xA − 1) (3)
HB = H∗B + a(4x3
A − 3x2A) (4)
Secondo svolgimento
Partiamo dalla definizione di grandezza di mescolamento a T e p costanti per una generica funzione E,
∆Emix =∑
i
ni(Ei − E∗i )
e differenziamo m. a m. tenendo presente che in tali condizioni vale il vincolo∑
i nidEi = 0; si ottiene
T, p = cost. : d∆Emix =∑
i
dni (Ei − E∗i )
dalla quale segue(
∂∆Emix
∂ni
)
T,p,n′i
= Ei − E∗i
e quindi ricaviamo l’importante proprieta generale
Ei(T, p, comp.) = E∗i (T, p) +
(
∂∆Emix(T, p, n1, n2, · · ·)∂ni
)
T,p,n′i
(5)
dove ”comp.” sta per composizione della miscela, e la notazione n′inelle derivate parziali indica che la
derivazione e effettuata rispetto al numero di moli ni del componente i-esimo tenendo fisso il numero
158
di moli di tutti gli altri componenti. Nel caso specifico in cui E e l’entalpia e la miscela e binaria A/B,
eq (5) diventa
Hi = H∗i (T, p) +
(
∂∆Hmix
∂ni
)
T,p,n′i
, i ≡ A,B (6)
Per ottenere la funzione ∆Hmix(T, p, nA, nB) moltiplichiamo la grandezza molare per il numero di moli
totali n = nA + nB:
∆Hmix = n∆Hmix,m = anAxB(xA − xB)§= a
nAnB(nA − nB)
(nA + nB)2
dove nel passaggio § sono stati moltiplicati numeratore e denominatore per n2 allo scopo di eliminare le
frazioni molari ottenendo una funzione dei numeri di moli. Applichiamo ora la relazione (6) per ottenere
l’entalpia parziale molare del componente A:
HA = H∗A +
(
∂∆Hmix(T, p, nA, nB)
∂nA
)
T,p,nB
= H∗A + a
n2B(3nA − nB)
(nA + nB)3
‡= H∗
A + ax2B(3xA − xB) = H∗
A + a(1− xA)2(4xA − 1)
dove per il passaggio ‡ si e diviso a numeratore e denominatore per il numero totale di moli ritornando
cosı alle frazioni molari. Sviluppando l’espressione si trova che tale risultato e equivalente ad eq (3). In
modo analogo, applicando eq (6) per il componente B si ottiene
HB = H∗B + axA[(xA − xB)2 − xB] = H∗
B + ax2A(4xA − 3)
equivalente al risultato in eq (4).
159
Esercizio 7.8
Secondo il modello di Margules l’energia libera di eccesso per una miscela binaria e espressa come
GE = nx1x2(Ax1 + A2x2)
con n = n1 + n2 il numero totale di moli. Si esprimano i coefficienti A1 e A2 in termini di gME e
xM1 , che rappresentano rispettivamente il massimo di energia libera di eccesso molare e la corrispettiva
composizione.
Supponiamo di rappresentare l’energia libera di eccesso molare, GE,m = GE/n, contro la frazione
molare del componente 1. Un possibile andamento e schematizzato in figura:
GE,m
x1
0.0 1.0x1M
gEM
T , p costanti
Dobbiamo correlare A1 e A2 al punto di massimo xM1 e al valore ad esso corrispondente, gM
E . Dividendo
per n l’espressione di GE fornita otteniamo la grandezza molare
GE,m = x1x2(Ax1 + A2x2) = x21(1− x1)A1 + x1(1− x1)
2A2
Derivando rispetto a x1 otteniamo
dGE,m
dx1= (2x1 − 3x2
1)A1 + (1 + 3x21 − 4x1)A2
e quindi possiamo costruire il seguente sistema per le due incognite A1 e A2,
[2xM1 − 3(xM
1 )2]A1 + [1 + 3(xM1 )2 − 4xM
1 ]A2 = 0
(xM1 )2(1− xM
1 )A1 + xM1 (1− xM
1 )2A2 = gME
160
dove la prima equazione e la condizione di annullamento della derivata prima nel massimo, e la seconda
e la specificazione del valore GE,m(xM1 ) = gM
E . Risolvendo rispetto ad A1 e A2 otteniamo
A1 =gME
α− gM
E
α′βα(αβ′ − α′β)
, A2 = gME
α′
α(αβ′ − α′β)
con
α = (xM1 )2(1− xM
1 )
β = xM1 (1− xM
1 )2
α′ = 2xM1 − 3(xM
1 )2
β′ = 1 + 3(xM1 )2 − 4xM
1
161
Esercizio 7.9
La dipendenza dalla composizione a p e T costanti dell’energia libera di Gibbs delle miscele di due
particolari liquidi e data dall’equazione
G = Gid + (a + bT )n1n2
n1 + n2
con a e b parametri dipendenti solo dalla pressione, n1 e n2 il numero di moli dei due componenti, e
Gid l’energia libera della corrispondente miscela ideale. Si ricavino le espressioni per la variazione di
entalpia e di entropia quando si mescolano n1 e n2 moli dei componenti puri a p e T costanti.
Il problema ci fornisce in pratica l’energia libera di eccesso, identificabile come la variazione di energia
libera di Gibbs nella creazione della miscela a partire dallo stato (ipotetico) di miscela ideale, cioe
proprio
GE = G−Gid = (a + bT )n1n2
n1 + n2(1)
ed e richiesta la valutazione del ∆Hmix e del ∆Smix nel processo di mescolamento. Il ∆Hmix puo essere
posto nella forma
∆Hmix = ∆H idmix + HE ≡ HE
dato che ∆H idmix = 0 per definizione di miscela ideale. Quindi dobbiamo valutare l’entalpia di eccesso
dalla forma di GE . A tale scopo utilizziamo la relazione di Gibbs-Helmholtz nella forma
HE(T, p, n1, n2) =
(
∂GE/T
∂1/T
)
p,n1,n2
Da eq (1) otteniamo
GE/T =a
T
n1n2
n1 + n2+ b
n1n2
n1 + n2
e derivando rispetto a 1/T (tenendo conto che a e b sono considerati indipendenti dalla temperatura)
si arriva a
HE ≡ ∆Hmix = an1n2
n1 + n2
In modo analogo a quanto fatto per l’entalpia di mescolamento, scriviamo il ∆Smix come
∆Smix = ∆Sidmix + SE (2)
In generale, per un sistema a molti componenti l’entropia di mescolamento nella creazione della miscela
ideale e data da
∆Sidmix = −R
∑
i
ni lnxi (3)
[• Come si ricava?], mentre l’entropia di eccesso e correlabile all’energia libera di eccesso mediante la
seguente relazione differenziale per il sistema chiuso
SE = −(
∂GE
∂T
)
p,ni
(4)
162
Nel caso specifico di miscela a due componenti, eq (3) diventa
∆Sidmix = −R[n1 ln x1 + n2 ln x2] = −R
[
n1 ln
(
n1
n1 + n2
)
+ n2 ln
(
n2
n1 + n2
)]
e derivando GE data in eq(1), eq(4) fornisce
SE = −bn1n2
n1 + n2
Sommando i contributi in eq (2) otteniamo quindi
∆Smix = −R
[
n1 ln
(
n1
n1 + n2
)
+ n2 ln
(
n2
n1 + n2
)]
− bn1n2
n1 + n2
• Osservazione: una miscela binaria che ha un profilo di GE,m ∝ x1x2 (con costante di proporzionalita
dipendente solo dalla pressione), simmetrico contro la composizione di uno dei due componenti, e per la
quale SE = 0 e quindi HE = GE , e definita ”regolare” (K. Denbigh, ”I principi dell’equilibrio chimico”,
Cap. 14 dell’edizione italiana (1977)). Si verifichi che la miscela trattata nel problema e ”regolare” se
b = 0.
163
Esercizio 7.10
Dato il seguente modello per la dipendenza dalla composizione, dalla temperatura e dalla pressione
dell’energia libera molare di eccesso di una miscela liquida binaria,
GE,m = (a + bT + cp)x1x2
dove a, b e c sono delle costanti, determinare come il volume e l’entalpia di mescolamento dipendono
dalla composizione.
Il problema chiede di valutare ∆Hmix e ∆Vmix nella creazione della miscela a T e p costanti a partire
dai componenti puri. Possiamo scomporre tali quantita immaginando di creare la miscela ideale come
stadio intermedio della trasformazione (le conseguenti variazioni di entalpia e volume sono ∆H idmix e
∆V idmix), e da questa ottenere poi la miscela effettiva (i contributi ”extra” sono i termini di eccesso HE
e VE). Quindi abbiamo
∆Hmix = ∆H idmix + HE ≡ HE
∆Vmix = ∆V idmix + VE ≡ VE
dove si e tenuto conto del fatto che ∆H idmix = 0 e ∆V id
mix = 0. Partendo dalla forma di GE dobbiamo
pertanto valutare HE e VE . Esplicitiamo innanzitutto l’energia libera di eccesso in termini di numero
di moli dei componenti:
GE(T, p, n1, n2) = (a + bT + cp)n1n2
n1 + n2(1)
Per valutare HE utilizziamo la Gibbs-Helmholtz nella forma(
∂GE/T
∂1/T
)
p,n1,n2
= HE (2)
Da eq (1) si ottiene subito
GE/T = (a/T + b + cp/T )n1n2
n1 + n2
che sostituita nella derivata in eq (2) porta a
HE ≡ ∆Hmix = n(a + cp)x1x2
con n = n1 + n2. Il volume di eccesso e ottenibile dalla relazione differenziale(
∂GE
∂p
)
T,n1,n2
= VE (3)
Sostituendo eq (1) in eq (3) si ottiene
VE ≡ ∆Vmix = n cx1x2
164
Esercizio 7.11
Due particolari liquidi sono completamente miscibili in tutte le proporzioni; supponiamo di poter
rappresentare i coefficienti di attivita della miscela binaria come
ln γ1 = a1 + b1x2 + c1x22
ln γ2 = a2 + b2x1 + c2x21
Quali vincoli devono essere imposti ai coefficienti aj, bj, cj?
I coefficienti di attivita in una miscela a molti componenti sono correlati. Partendo dall’equazione di
Gibbs-Duhem per il sistema a T, p costanti, cioe
T, p = cost. :∑
i
xi dµi(T, p, comp.) = 0 (Gibbs−Duhem)
e sostituendo la forma esplicita per il potenziale chimico dei componenti in fase liquida
µi(T, p, comp.) = µ∗(T, p) + RT ln[xiγi(T, p, comp.)]
(µ∗(T, p) e il potenziale del componente i-esimo allo stato puro), si deriva il seguente vincolo sui coeffi-
cienti di attivita γi:
T, p = cost. :∑
i
xi d ln γi(T, p, comp.) = 0
Per la miscela binaria in esame abbiamo quindi
x1 d ln γ1 + x2 d ln γ2 = 0
Considerando γ1(T, p, x2) e γ2(T, p, x1), e differenziandoli a T e p fissati, la relazione precedente fornisce
x1
(
∂ ln γ1
∂x2
)
T,pdx2 + x2
(
∂ ln γ2
∂x1
)
T,pdx1 = 0
dalla quale segue (tenendo conto che dx2 = −dx1) un primo vincolo che deve essere soddisfatto:
x1
(
∂ ln γ1
∂x2
)
T,p= x2
(
∂ ln γ2
∂x1
)
T,p(1)
Dalle espressioni fornite dal problema valutiamo le derivate(
∂ ln γ1
∂x2
)
T,p= b1 + 2c1x2 ,
(
∂ ln γ2
∂x1
)
T,p= b2 + 2c2x1
Inserendole in eq (1), sostituendo x2 = 1− x1 e raccogliendo i termini si ottiene
b2 + (2c2 − b2 − 2c1 − b1)x1 + 2(c2 − c1)x21 = 0 (2)
Dato che i due liquidi sono miscibili in tutte le proporzioni, allora tale uguaglianza deve essere soddisfatta
per ogni valore di x1; affinche cio si realizzi dobbiamo porre uguali a zero tutti i coefficienti dell’equazione
algebrica (2) ottenendo il sistema
b2 = 0
2c2 − b2 − 2c1 − b1 = 0
c2 − c1 = 0
165
il quale fornisce i vincoli
b1 = 0 , b2 = 0 , c1 = c2 ≡ c
Un ulteriore vincolo deriva infine dal comportamento limite dei coefficienti di attivita quando la frazione
relativo molare del componente t ende a uno (componente puro):
limx1→1
γ1 = 1 =⇒ ln γ1 = 0 per x2 = 0 =⇒ a1 = 0
limx2→1
γ2 = 1 =⇒ ln γ2 = 0 per x1 = 0 =⇒ a2 = 0
I vincoli imposti portano quindi a stabilire che se i logaritmi dei coefficienti di attivita in miscela binaria
vengono modellati come forme quadratiche nelle frazioni molari, queste devono essere del tipo
ln γ1 = c x22 , ln γ2 = c x2
1
• Scrivere l’espressione dell’energia libera di eccesso, GE , sulla base di tali espressioni per i coefficienti di
attivita. Sotto quali vincoli ulteriori si ha miscela binaria ”regolare”? (vedere la nota finale nell’esercizio
no. 9).
166
Esercizio 7.12
Derivare i coefficienti di attivita di una miscela binaria secondo il modello di Margules. Si ricorda che
tale modello si basa sulla seguente forma dell’energia libera di eccesso
GE = nx1x2(A1x1 + A2x2)
con n = n1 + n2 il numero totale di moli e A1, A2 parametri dipendenti dalla temperatura e dalla
pressione della soluzione.
Dimostriamo innanzitutto una relazione generale molto utile. L’energia libera di eccesso e definita
come
GE = G−Gid
dove G e l’energia libera effettiva della miscela e Gid e l’energia libera della miscela se questa si com-
portasse in modo ideale. Passando alle grandezze parziali molari tale relazione e riscritta come
GE =∑
i
ni(µi − µidi ) (1)
dove µidi sono i potenziali chimici nella soluzione ideale. I potenziali chimici sono espressi da
µi(T, p, comp.) = µ∗i (T, p) + RT ln xiγi(T, p, comp.)
µidi (T, p, comp.) = µ∗
i (T, p) + RT ln xi
dove ”comp.” sta per composizione della miscela. Sostituendo tali relazioni in eq (1) e semplificando i
termini otteniamo
GE(T, p, n1, n2, · · ·) = RT∑
i
ni ln γi(T, p, comp.)
Differenziando tale relazione a T, p costanti, e tendendo presente che∑
i nid ln γi = 0 come conseguenza
della Gibbs-Duhem, si ottiene
T, p = cost. : dGE = RT∑
i
dni ln γi
dalla quale segue subito l’importante relazione
RT ln γi(T, p, comp.) =
(
∂GE(T, p, n1, n2, · · ·)∂ni
)
T,p,n′i
(2)
Eq (2) stabilisce che nota la funzione GE possiamo determinare i coefficienti di attivita dei componenti.
Consideriamo ora il caso specifico della miscela binaria in esame. In primo luogo trasformiamo la
forma data per GE in una funzione esplicita del numero di moli dei componenti:
GE = nx1x2(A1x1 + A2x2) ×n2
n2=⇒ GE =
n1n2(A1n1 + A2n2)
(n1 + n2)2
Inserendo tale espressione in eq (2) e derivando rispetto a n1 otteniamo
RT ln γ1 =
(
∂GE
∂n1
)
T,p,n2
=n2(2A1n1 + A2n2)
(n1 + n2)2− 2n2(A1n
21 + A2n1n2)
(n1 + n2)3
167
= 2A1x1x2 + A2x22 − 2x2(A1x
21 + A2x1x2)
che fornisce il coefficiente γ1. In modo analogo, per il secondo componente otteniamo
RT ln γ2 =
(
∂GE
∂n2
)
T,p,n1
= · · · = 2A2x1x2 + A1x21 − 2x1(A2x
22 + A1x1x2)
• Verificare che le espressioni ottenute soddisfano alla condizione x1d ln γ1 + x2d ln γ2 = 0, e quindi che
il modello di Margules per GE e compatibile con i vincoli imposti dalla relazione di Gibbs-Duhem.
• Sotto quali condizioni il modello di Margules descrive una miscela ”regolare”? (vedere la nota fi-
nale nell’esercizio no. 9).
168
Esercizio 7.13
Ad una data temperatura le tensioni di vapore di due liquidi puri sono p∗1 = 0.08 bar e p∗2 = 0.12 bar,
mentre nelle loro miscele il coefficiente di attivita del primo componente e dato dalla relazione
ln γ1 = 0.2(1 − x1)2
A quale pressione si ha ebollizione della soluzione equimolare nei due componenti?
Immaginiamo di costruire il diagramma pressione-composizione (ad una certa temperatura fissata) per
il sistema binario in esame; il profilo potrebbe essere del tipo rappresentato in figura,
fraz. molare comp. 2
pp2*
peb
1.00.0
curva del liquido
curva del vapore
p1*
0.5
T costante
dove la curva del liquido esprime la pressione totale in funzione della composizione della miscela liquida,
p(x2), e la curva del vapore esprime la pressione in funzione della composizione della fase vapore, p(y2).
Immaginiamo di termostatare il sistema alla temperatura T e di partire da miscela liquida sottoposta ad
elevata pressione, e poi di diminuire gradualmente la pressione discendendo la verticale corrispondente
alla composizione globale nel componente 2 pari a z2 = 0.5 (miscela equimolare) costante (sistema
chiuso). Quando si interseca la curva del liquido si ha la formazione di una prima ”bolla” di vapore:
in queste condizioni si ha l’ebollizione del liquido a composizione x2 ≡ z2 = 0.5. Il problema chiede
quindi la valutazione di tale pressione peb = p(x2 = 0.5). Tenendo presente che la soluzione non e ideale,
le pressioni parziali dei due componenti sono espresse dalla legge di Raoult generalizzata includente i
coefficienti di attivita:
p1 = p∗1x1γ1 , p2 = p∗2x2γ2
169
dove γ1 e γ2 stessi dipendono dalla composizione. La pressione totale e quindi data da
p(x2) = p∗1 (1− x2) γ1(T, p, x2) + p∗2 x2 γ2(T, p, x2) (1)
che e l’equazione della curva del liquido. Chiaramente dobbiamo disporre della dipendenza di entrambi
i coefficienti di attivita da x2, mentre il problema fornisce tale dipendenza solo per il componente
1. Occorre pero tenere presente che i due coefficienti sono tra loro correlati. Infatti, una conseguenza
dell’equazione di Gibbs-Duhem in miscele binarie a T, p costanti e il seguente vincolo al quale i coefficienti
di attivita devono soddisfare:
x1d ln γ1 + x2d ln γ2 = 0
Differenziando ln γ1 e ln γ2 a T, p costanti segue
(1− x2)
(
∂ ln γ1
∂x2
)
T,pdx2 + x2
(
∂ ln γ2
∂x2
)
T,pdx2 = 0
dalla quale(
∂ ln γ2
∂x2
)
T,p= −1− x2
x2
(
∂ ln γ1
∂x2
)
T,p
e integrando tra una frazione molare x02 di riferimento e il valore generico x2 otteniamo
ln γ2(T, p, x2) = ln γ2(T, p, x02)−
∫ x2
x02
dx′2
1− x′2
x′2
(
∂ ln γ1(T, p, x′2)
∂x′2
)
T,p
In particolare, scegliamo convenientemente x02 = 1, composizione alla quale corrisponde il componente
2 allo stato puro, e quindi γ1(T, p, x02 = 1) = 1; pertanto
ln γ2(T, p, x2) = −∫ x2
1dx′
2
1− x′2
x′2
(
∂ ln γ1(T, p, x′2)
∂x′2
)
T,p
(2)
La correlazione eq (2) vale in generale per miscele binarie (le sue varianti equivalenti si ottengono
facilmente...); applichiamola ora al caso specifico, riscrivendo ln γ1 dato dal problema in funzione di x2:
ln γ1 = 0.2 x22 =⇒
(
∂ ln γ1
∂x2
)
T,p= 0.2× 2x2 = 0.4x2
Inserendo tale derivata in eq (2) otteniamo
ln γ2 = −0.4
∫ x2
1dx′
2
1− x′2
x′2
x′2 = −0.4
∫ x2
1dx′
2(1− x′2) = 0.2(1 − x2)
2
Valutiamo quindi i coefficienti di attivita per x2 = 0.5,
x2 = 0.5 =⇒ ln γ1 = ln γ2 = 0.05 =⇒ γ1 = γ2 = 1.05
e inseriamo infine tali valori in eq (1) ottenendo
peb = p(x2 = 0.5) = (0.08 × 0.5 × 1.05 + 0.12 × 0.5 × 1.05) bar = 0.105 bar
che e la pressione alla quale il liquido inizia a bollire.
170
• Se la miscela liquida fosse ideale, bollirebbe ad una pressione minore o maggiore?
• Se anziche esprimere i due coefficienti di attivita in funzione si x2 li si esprime in funzione di x1, si
dimostri la seguente relazione equivalente ad eq (2):
ln γ2(T, p, x1) = −∫ x1
0dx′
1
x′1
1− x′1
(
∂ ln γ1(T, p, x′1)
∂x′1
)
T,p
• Esplicitare le espressioni di GE e ∆Gmix per la miscela in esame.
• Si impostino le equazioni per determinare la pressione massima alla quale la miscela equimolare e
interamente gassosa (e si provi a stimare tale pressione).
171
Esercizio 7.14
In una data soluzione liquida binaria, la tensione di vapore del primo componente dipende dalla
composizione ad una data temperatura secondo la relazione
p1 = p∗1 x1 expa(1 − x1)2
dove p∗1 e la tensione di vapore del componente puro, ed a una costante. Descrivere la dipendenza dalla
composizione della tensione di vapore del secondo componente.
Osservando la relazione fornita ci rendiamo conto che la soluzione non e ideale, bensı vale la legge di
Raoult ”generalizzata”
p1 = p∗1 x1 γ1 con γ1(T, p, comp.) = expa(1− x1)2 =⇒ ln γ1(T, p, comp.) = a(1− x1)
2 = ax22
A partire da questa informazione dobbiamo determinare come il coefficiente di attivita del secondo
componente, γ2, varia con la composizione, in modo tale da potere esplicitare
p2 = p∗2 x2 γ2(T, p, comp.) , γ2(T, p, comp.) = ?
Quale variabile di composizione, per entrambi i coefficienti di attivita scegliamo x2. A T e p costanti,
l’equazione di Gibbs-Duhem relativa i potenziali chimici dei componenti porta al seguente vincolo sui
coefficienti di attivita:
x1d ln γ1 + x2d ln γ2 = 0
Differenziando ln γ1(T, p, x2) e ln γ2(T, p, x2) a T, p costanti, tale vincolo si traduce in
(1− x2)
(
∂ ln γ1
∂x2
)
T,p+ x2
(
∂ ln γ2
∂x2
)
T,p= 0 (1)
Del resto, abbiamo gia stabilito che ln γ1(T, p, x2) = ax22, quindi
(
∂ ln γ1
∂x2
)
T,p= 2ax2 (2)
Inserendo eq (2) in eq (1) ricaviamo(
∂ ln γ2
∂x2
)
T,p= −2a(1 − x2)
Integrando tale espressione tra x2 = 1 e un valore di composizione generica otteniamo
ln γ2(T, p, x2) = ln γ2(T, p, x2 = 1) − 2a
∫ x2
1dx′
2(1− x′2) = a(1− x2)
2
dove si e tenuto conto del fatto che γ2(T, p, x2 = 1) = 1 per il componente 2 puro. Segue quindi che
γ2(T, p, x2) = expa(1− x2)2, e pertanto
p2 = p∗2 x2 expa(1 − x2)2
e l’espressione cercata.
• Qual e l’espressione per la costante di Henry del componente 1?
172
Esercizio 7.15
A 65 C etanolo e toluene formano una miscela azeotropica con frazione molare 0.82 in etanolo, e che
bolle alla pressione di 460 mmHg. Note le tensioni di vapore di 160 mmHg e 440 mmHg di etanolo e
toluene puri, determinare i coefficienti di attivita dei componenti e l’energia libera di eccesso (per mole
di soluzione) della miscela azeotropica. Si assuma comportamento ideale della miscela gassosa.
Dal fatto che paz > p∗T > p∗E (dove E e T indicano etanolo e toluene, ”az” l’azeotropo), si puo dedurre
il seguente profilo per il diagramma pressione-composizione a temperatura fissata:
fraz. molare etanolo
p
pE*
paz
1.00.0
pT*
xE = yEaz az
= 0.82
T costante
curva del liquido
curva del vapore
azeotropo
Il punto di partenza e la determinazione dei coefficienti di attivita dei componenti alla concentrazione
dell’azeotropo. Per l’etanolo, ad esempio, sotto l’assunzione che la miscela gassosa sia ideale, possiamo
utilizzare l’uguaglianza pE = p∗ExEγE ≡ p yE per la sua pressione parziale. Applicandola al punto
azeotropo stabiliamo
p∗ExazE γaz
E = pazyazE
xazE
=yazE=⇒ γaz
E =paz
p∗E=
460 mmHg
160 mmHg= 2.875
dove si e utilizzata la condizione di uguaglianza della composizione della fase liquida e vapore all’azeotropo
(le curve del liquido e del vapore sono congiunte in tale punto). In modo analogo si procede per il toluene,
stabilendo che
γazT =
paz
p∗T=
460 mmHg
440 mmHg= 1.045
173
I coefficienti di attivita quantificano le deviazioni dall’idealita della miscela, e quindi consentono di
determinare l’energia libera di eccesso GE interpretabile come il contributo ”extra” dell’energia libera
di mescolamento a pressione e temperatura costanti, rispetto al caso ipotetico di creazione di miscela
ideale. Nel caso particolare occorre pero cautela... Infatti abbiamo gia osservato che paz > p∗T , p∗E ,
quindi alla pressione costante di mescolamento p = paz entrambi i componenti puri si trovano allo stato
liquido, e la non-idealita e la causa della separazione di fase quando essi vengono mescolati. Pertanto, il
processo di mescolamento che porta alla creazione dell’azeotropo puo essere schematizzato come segue:
T = 338 K , p = paz = 460 mmHg
E + T
E + T
liq.
vap.
p
T liq.
pE
liq.
p
+ =
in cui p = paz e T vengono mantenute costanti, e si immagina di immettere nel sistema il numero esatto
di moli nE e nT che produce l’azeotropo. Indichiamo con ni,l e ni,g il numero di moli del componente
i-esimo nella fase liquida e nella fase vapore, e con ni = ni,l + ni,g il suo numero totale di moli nel
sistema. Il ∆Gmix e dato da
∆Gmix = Gmiscela −Gcomp. puri separati
=
[
∑
i
ni,lµi,l +∑
i
ni,gµi,g
]
−∑
i
niµ∗i,l
ni,l=ni−ni,g≡∑
i
ni[µi,l − µ∗i,l] +
∑
i
ni,g[µi,g − µi,l]‡=
∑
i
ni[µi,l − µ∗i,l] (1)
dove per il passaggio ‡ abbiamo tenuto conto del fatto che i potenziali chimici dei componenti nelle mis-
cele liquida e vapore all’equilibrio sono uguali, µi,l = µi,g. Quindi, anche nel caso in cui la miscelazione
avvenga con separazione di fase ritroviamo la relazione usuale
∆Gmix =∑
i
ni[µi,l − µ∗i,l] (2)
174
dove entrano i numeri di moli totali dei componenti mescolati. Ricaviamo ora l’espressione generale di
GE in termini dei coefficienti di attivita. Esplicitando i potenziali dei componenti nella miscela liquida
come
µi,l = µ∗i,l + RT ln xiγi (3)
e sostituendo in eq (2) semplificando poi i termini, otteniamo
∆Gmix = RT∑
i
ni ln xiγi (4)
Possiamo ora scomporre tale ∆Gmix come segue
∆Gmix = ∆Gidmix + GE (5)
dove ∆Gidmix e l’energia libera di mescolamento che si avrebbe in caso di comportamento ideale, mentre
GE e il contributo di eccesso cercato. Per ottenere il contributo ideale basta porre i coefficienti di
attivita pari a 1 in eq (4), ottenendo
∆Gidmix = RT
∑
i
ni ln xi
Sottraendo tale quantita a ∆Gmix otteniamo quindi la relazione cercata:
GE = RT∑
i
ni ln γi
Nel caso specifico di miscela E/T all’azeotropo tale relazione diventa
GE = RT [nE ln γazE + nT ln γaz
T ]
e dividendo m. a m. per il numero totale di moli otteniamo l’energia libera di eccesso molare
GE,m = RT [zazE ln γaz
E + zazT ln γaz
T ] (6)
dove tutte le quantita sono riferite alla composizione dell’azeotropo, e dove zazE e zaz
T = 1− zazE sono le
frazioni molari totali di etanolo e di toluene nel sistema. Ci si convince facilmente che, all’azeotropo,
vale zazE = xaz
E = yazE ; basta infatti considerare il seguente bilancio di materia:
ntotzazE = nlx
azE + ngy
azE
xazE
=yazE= (nl + ng)x
azE = ntotx
azE =⇒ zaz
E = xazE (= yaz
E )
dove ntot e il numero di moli totali nel sistema, e nl, ng sono le moli totali in fase liquida e vapore.
Inseriamo quindi i valori numerici in eq (6), tenendo presente il dato fornito dal problema: xazE = 0.82;
otteniamo
GE = 8.814 J K−1 mol−1 × 338 K× [0.82 ln 2.875 + (1− 0.82) ln 1.045] = 2456 J mol−1
• Come sara fatto il diagramma isobaro T contro composizione in toluene?
• Si provi a scrivere l’espressione per ∆Hmix a T e p fissate nel processo in esame in cui si ha sep-
arazione di fase (facendo le ragionevoli approssimazioni). Che dati mancano per potere valutare tale
quantita?
175
Esercizio 7.16
Quattro moli di cloroformio liquido e una mole di etanolo liquido vengono mescolate a 35 C e a
pressione costante, ottenendo una soluzione sopra la quale la pressione del vapore e pari a 304.2 Torr.
Sapendo che nella fase vapore il cloroformio e presente con frazione molare 0.862, e note le tensioni di
vapore dei liquidi puri a tale temperatura pari a 295.1 Torr per il cloroformio e 102.8 Torr per l’etanolo,
si determini l’energia libera di mescolamento. Assumere comportamento ideale solo per la fase vapore.
Indichiamo con la lettera ”C” il cloroformio, e con ”E” l’etanolo. Vediamo che la situazione in esame
e simile a quella trattata nell’esercizio no. 15. Infatti, la pressione del sistema (mantenuta costante nel
mescolamento) e maggiore sia di p∗E che di p∗C , quindi la non-idealita del sistema fa sı che etanolo e clo-
roformio liquidi mescolati diano luogo a separazione di fase liquido/vapore. Esprimiamo coerentemente
l’energia libera di mescolamento come
∆Gmix =
[
∑
i
ni,lµi,l +∑
i
ni,gµi,g
]
−∑
i
niµ∗i,l (1)
dove µ∗i,l(T, p) e il potenziale chimico dei componenti allo stato liquido, puri e separati, mentre µi,l e
µi,g sono i potenziali chimici dei componenti nelle miscele liquida e vapore nel sistema finale. Ponendo
ni = ni,l + ni,g il numero di moli totali del componente i-esimo nel sistema, e utilizzando l’uguaglianza
µi,l = µi,g all’equilibrio, eq (1) diventa
∆Gmix =∑
i
ni(µi,l − µ∗i,l) (2)
e sostituendo in essa la forma esplicita dei potenziali chimici in miscele liquide non ideali, cioe
µi,l = µ∗i,l + RT ln xiγi
si ottiene
∆Gmix = RT∑
i
ni ln xiγi (3)
La legge di Raoult generalizzata fornisce xiγi = pi/p∗i , con pi la pressione parziale del componente e p∗i
la sua tensione di vapore. Quindi, sostituendo in eq (3) otteniamo
∆Gmix = RT∑
i
ni lnpi
p∗i
‡= RT
∑
i
ni lnp yi
p∗i(4)
dove per il passaggio ‡ si e posto pi = pyi in quanto la miscela gassosa e ideale per assunzione. Esplici-
tiamo ora eq (4) per la miscela binaria C/E:
∆Gmix = RT
[
nE lnp(1− yC)
p∗E+ nc ln
pyC
p∗C
]
= 8.314 J K−1 mol−1 × 308 K×[
1mole× ln304.2 × 0.138
102.8+ 4moli× ln
304.2 × 0.862
295.1
]
= −3500 J
• Cosa significa, in generale, avere ∆Gmix < 0 nel mescolamento a T e p costanti?
176
Esercizio 7.17
Dimostrare che sotto opportune condizioni i coefficienti di attivita γA e γB della soluzione azeotropica
dei componenti A e B soddisfano alle relazioni γA = p/pA e γB = p/pB, con pA e pB le pressioni parziali
dei due componenti all’azeotropo. Specificare esattamente le condizioni di validita.
All’azeotropo vale la condizione di uguale composizione per fase vapore e fase liquida. Assumendo
comportamento ideale per la miscela gassosa, ricaviamo subito le relazioni seguenti
p∗AxazA γaz
A = pazyazA , p∗Bxaz
B γazB = pazyaz
B =⇒ γazA =
paz
p∗A, γaz
B =paz
p∗B(1)
dove le quantita sono riferite all’azeotropo (”az”). Il problema chiede di provare che sotto opportune
condizioni (quali?) valgono anche le seguenti relazioni
γazA =
paz
pazA
, γazB =
paz
pazB
In quali condizioni ? (2)
dove pazA e paz
B sono le pressioni parziali all’azeotropo, anziche le tensioni di vapore dei componenti
puri. Affinche le relazioni (1) e (2) per i coefficienti di attivita siano equivalenti deve valere pazA = p∗A
e pazB = p∗B, il che equivale ad avere γaz
A xazA = 1 e γaz
B xazB = 1. In sostanza, devono valere γaz
A = 1/xazA
e γazB = 1/xaz
B . Quindi, per continuita delle funzioni in un intorno del punto azeotropo, la condizione
cercata e
γA(T, p, xA) ≃ 1/xA
γB(T, p, xB) ≃ 1/xB
per xA ≃ xazA (3)
dove la pressione p alla quale e sottoposta la miscela dipende essa stessa dalla composizione del liquido,
ed e descritta dalla curva del liquido p = p(xB) (vedere la figura). Dobbiamo pero stabilire se le
condizioni (3) sono accettabili su base fisica, cioe verificare che esse siano compatibili con i legami
esistenti tra i coefficienti di attivita in miscela liquida binaria. Partiamo dalla condizione che l’azeotropo
sia corrispondente ad un punto di estremo (massimo o minimo) delle curve del liquido e del vapore nei
diagrammi pressione-composizione (in merito si veda la nota finale). Considerando ad esempio la curva
del liquido, in corrispondenza dell’estremo si ha (dp/dxA)az = 0, quindi in un intorno dell’azeotropo
possiamo ritenere che la pressione sia costante (si veda la figura). Essendo anche la temperatura fissata,
siamo quindi nel limite di applicabilita della relazione di Gibbs-Duhem, la quale comporta il seguente
vincolo sui differenziali dei coefficienti di attivita:
T, p cost. ⇒ xAd ln xA + xBd ln xB = 0 (4)
Sostituendo γA = 1/xA e γB = 1/xB vediamo che eq (4) e soddisfatta, quindi in un intorno dell’azeotropo
tali dipendenze dei coefficienti di attivita dalla composizione della miscela liquida sono accettabili.
Manca infine una interpretazione fisica delle relazioni (3). Considerando la seguente correlazione gen-
erale tra coefficiente di attivita di un generico componente in miscela liquida e i potenziali chimici del
componente puro e in miscela ad una data composizione,
γi(T, p, comp.) =1
xiexp
µi,l(T, p, comp.)− µ∗i,l(T, p)
RT
177
vediamo subito che si ha γA ≃ 1/xA e γB ≃ 1/xB quando le interazioni tra A e B nel liquido sono tali
che i due componenti si comportano come se a quella temperatura e pressione fossero puri e separati
(µA,l ≃ µ∗A,l e pA ≃ p∗A, µB,l ≃ µ∗
B,l e pB ≃ p∗B).
p
pB*
paz
0.0
pA*
T costante
curva del liquido
curva del vapore
1.0
fraz. molare di B
xB = yBazaz
, xA = yAazaz
( )
p ≈ costante
Azeotropo come punto stazionario nei diagrammi p contro composizione.
Dimostriamo nel seguito che il punto azeotropo in miscela binaria A/B, per il quale vale xazA = yaz
A , e
un punto stazionario per entrambe le curve del liquido e del vapore; si parlera di punto stazionario in
generale, senza specificare se si tratta di un massimo o minimo.
Partiamo dal problema generale in cui piu componenti sono ripartiti tra fase liquida (non ideale)
e fase vapore (per la quale assumiamo comportamento ideale), a temperatura T fissata. Facciamo
riferimento alla fase liquida sottoposta alla pressione p. A T costante, le variazioni di pressione p e dei
potenziali chimici sono legate dalla seguente relazione
T = cost. :∑
i
ni,ld ln µi,l = Vldp (5)
dove Vl e il volume della fase liquida, ed ni,l sono le moli dei componenti in tale fase; la relazione
(5) si ridurrebbe alla Gibbs-Duhem se la pressione fosse costante, ma nel caso in esame variazioni
di composizione delle fasi liquida e vapore determinano un cambiamento della pressione di equilibrio
nel sistema chiuso. All’equilibrio imponiamo uguaglianza dei potenziali chimici dei singoli componenti
178
ripartiti tra fase liquida e fase vapore,
µi,l ≡ µi,g = µ⊖i,g(T ) + RT ln pi/p
⊖
con pi le pressioni parziali dei componenti in fase gas. Sostituendo µi,l in eq (5) otteniamo
RT∑
i
ni,ld ln pi = Vldp (6)
e dividendo m. a m. per il numero di moli totali in fase liquida, nl =∑
i ni,l, si ha
RT∑
i
xid ln pi = Vm,ldp
dove Vm,l = Vl/nl e il volume molare del liquido. Sostituiamo ora pi = p yi, ottenendo
RT∑
i
xid ln p + RT∑
i
xid ln yi = Vm,ldp
da cui, tenendo presente che∑
i xi = 1, si deriva subito
RTd ln p + RT∑
i
xid ln yi = Vm,ldp
Dividiamo m. a m. per la pressione p, considerando che dp/p = d ln p, e tenendo poi presente che il
comportamento ideale della fase gassosa implica
RT
p=
Vg
ng= Vm,g
con ng le moli totali in fase gas, Vg il volume, e Vm,g il volume molare di tale fase. Riarrangiando
l’espressione che si ottiene arriviamo a
∑
i
xid ln yi ≡∑
i
xi
yidyi =
(
1− Vm,l
Vm,g
)
d ln p
La relazione ottenuta e generale per un sistema a molti componenti; esplicitiamola ora nel caso
specifico di due componenti A/B per il quale dyB = −dyA:
(
xA
yA− 1− xA
1− yA
)
dyA =xA − yA
yA(1− yA)dyA = −
(
1− Vm,l
Vm,g
)
d ln p (7)
Da eq (7) otteniamo subito la relazione(
∂ ln p
∂yA
)
T
=xA − yA
yA(1− yA)(1 − Vm,l/Vm,g)(8)
che definisce la pendenza della curva del vapore p(yA) al variare di yA. Dal fatto che xazA = yaz
A
all’azetropo, segue(
∂ ln p
∂yA
)
T
]
az
= 0
e quindi tale punto e stazionario per la curva del vapore. Dobbiamo ora verificare che la stazionarieta
in tale punto vale anche per la curva del liquido (se cosı non fosse, all’azeotropo le due curve si incro-
cerebbero...). A tale scopo possiamo ancora utilizzare eq (7), effettuando il cambio di variabile da yA
179
a xA. Consideriamo il seguente vincolo relativo alla conservazione di materia per il componente A nel
sistema chiuso,
ntotzA = nlxA + ngyA
dove zA = nA/ntot e la frazione molare totale di A nel sistema, con ntot = nl + ng. Tenendo presente
che zA e fissa, differenziando tale relazione segue
yAdng + ngdyA + xAdnl + nldxA = 0
e sostituendo dnl = −dng (dal fatto che ntot = cost.) si ottiene
(yA − xA)dng + nldxA + ngdyA = 0
dalla quale ricaviamo il differenziale
dyA = (xA − yA)d ln ng −nl
ngdxA
Sostituendo tale forma per dyA in eq (7) si arriva a
(xA − yA)2
yA(1− yA)d ln ng −
xA − yA
yA(1− yA)
nl
ngdxA = −
(
1− Vm,l
Vm,g
)
d ln p
dalla quale otteniamo subito la derivata cercata,
(
∂ ln p
∂xA
)
T= − (xA − yA)2
yA(1− yA)(1 − Vm,l/Vm,g)
(
∂ ln ng
∂xA
)
T+
(xA − yA)(nl/ng)
yA(1− yA)(1− Vm,l/Vm,g)
dove p = p(xA) descrive ora la curva del liquido. Vediamo ancora che al punto azeotropo tale derivata
si annulla in quanto xazA = yaz
A . Concludendo, abbiamo dimostrato che se la miscela A/B presenta un
azeotropo, allora per entrambe le curve del liquido e del vapore tale punto e stazionario. Non abbiamo
indagato la natura di tale punto, per stabilire le condizioni sotto le quali esso e un massimo, o un
minimo, o per stabilire se sono possibili punti del tipo ”flessi orizzontali”...
180
Esercizio 7.18
Bismuto e cadmio non formano leghe, e dal loro fuso si ottiene un eutettico. Noti i punti di fusione dei
metalli puri, T ∗fus,Cd = 594.0 K e T ∗
fus,Bi = 544.5 K, e i rispettivi calori latenti di fusione ∆Hm,fus,Cd =
6.07 kJ/mol e ∆Hm,fus,Bi = 10.88 kJ/mol, si stimino la composizione e la temperatura di solidificazione
dell’eutettico. Assumere comportamento ideale della miscela dei metalli fusi.
Nel caso di Bi e Cd, praticamente immiscibili allo stato solido (non formano leghe), l’eutettico e definito
”eutettico semplice”. In tale contesto, ricaviamo in primo luogo una relazione generale che definisce
come la temperatura di solidificazione dei componenti in miscela liquida binaria dipende dalla compo-
sizione della stessa, ed applichiamola poi al caso specifico del sistema Cd/Bi per risolvere il problema:
determinare la temperatura di solidificazione (fusione) dell’eutettico equivale infatti a determinare a
quale temperatura (comune) entrambi i componenti solidificano.
In figura e idealizzato il sistema binario A/B e il relativo diagramma di fase isobaro:
p
A + B
solido
miscela liquida
solidoA B
1.0xB0.0 xB
e
e
Te
Tfus,A*
Tfus,B*
1
2
Tp costante
liquido
liquido+
A solido
liquido +
B solido
A e B solidi
Nel diagramma, la composizione della miscela liquida e descritta dalla frazione molare del componente
B, e i punti xeB, Te indicano la composizione e la temperatura di solidificazione (fusione) dell’eutettico
alla pressione costante p. Come interpretare tale diagramma? Partendo da una miscela liquida a
composizione xB < xeB , e abbassando progressivamente la temperatura come raffigurato, ad un certo
181
punto (indicato con 1 in figura) iniziera la solidificazione del componente A in eccesso rispetto alla
composizione dell’eutettico; tale separazione di A dal liquido determina un arricchimento della miscela
nel componente B, e pertanto un progressivo abbassamento del punto di solidificazione (fusione) di
A, indicato con Tfus,A(xB), fino a quando si raggiunge la composizione xB = xeB e Tfus,A(xe
B) =
Te: in pratica, abbiamo ”disceso” il tratto di curva dal punto 1 al punto ”e” in figura. Al punto
”e” il liquido ha la composizione dell’eutettico, e solidifica a temperatura costante con formazione di
A e B solidi e separati. In modo analogo, partendo da una composizione del liquido xB > xeB e
abbassando la temperatura, ad un certo punto (indicato con 2 in figura) solidifica il componente in
eccesso B, e il progressivo arricchimento in A fa sı che la temperatura di solidificazione di B diminuisca
progressivamente discendendo la curva fino al raggiungimento dell’eutettico a Tfus,B(xeB) = Te, che
solidifica a temperatura costante con separazione di A e B puri.
Un problema generale e specificare come Tfus,A(xB) e Tfus,B(xB) dipendono da xB, cioe derivare
l’equazione delle due curve noti i punti di fusione T ∗fus,A, T ∗
fus,B e i calori latenti di fusione ∆Hm,fus,A,
∆Hm,fus,B dei componenti puri alla pressione p. Consideriamo ad esempio il componente A, e poni-
amoci in corrispondenza del punto 1 in figura quando esso inizia a solidificare alla temperatura Tfus,A.
Imponiamo l’uguaglianza tra i potenziali chimici di A in miscela liquida e A puro allo stato solido:
µ∗A,s(Tfus,A, p) = µA,l(Tfus,A, p) (1)
Esplicitiamo ora il potenziale chimico di A nella miscela liquida come
µA,l(Tfus,A, p) = µ∗A,l(Tfus,A, p) + RTfus,A ln aA(Tfus,A, p) (2)
dove aA(T, p, comp.) = xAγA(T, p, comp.) e l’attivita di A nella miscela (la dipendenza dalla compo-
sizione in eq (2) e implicitamente contenuta in Tfus,A(xB)). Inserendo eq (2) in (1) segue subito
ln aA(Tfus,A, p) = −µ∗
A,l(Tfus,A, p)− µ∗A,s(Tfus,A, p)
RTfus,A= −∆Gm,A,s→l(Tfus,A, p)/Tfus,A
R(3)
dove ∆Gm,A,s→l(Tfus,A, p) e la variazione di energia libera di Gibbs nella trasformazione solido→ liquido
per A puro riferita alla temperatura Tfus,A e alla pressione p. Richiamando la relazione differenziale di
Gibbs-Helmholtz abbiamo(
∂∆Gm,A,s→l(Tfus,A, p)/Tfus,A
∂1/Tfus,A
)
p
= ∆Hm,A,s→l(Tfus,A, p) (4)
Derivando eq (3) rispetto a 1/Tfus,A a p fissata e tenendo conto di eq (4) si ha quindi(
∂ ln aA(Tfus,A, p)
∂1/Tfus,A
)
p
= −∆Hm,A,s→l(Tfus,A, p)
R(5)
Trattandosi di fasi condensate, possiamo ritenere che le entalpie di A solido e liquido siano debol-
mente dipendenti dalla pressione; pertanto e ragionevole sostituire l’effettiva pressione p con la pressione
p(Tfus,A) alla quale si ha equilibrio di fase solido/liquido per A puro alla temperatura Tfus,A:
∆Hm,A,s→l(Tfus,A, p) ≃ ∆Hm,A,fus(Tfus,A)
dove ∆Hm,A,fus(Tfus,A) e il calore latente di fusione di A puro a Tfus,A. Inoltre, possiamo fare l’ulteriore
approssimazione di ritenere il calore latente di fusione sostanzialmente indipendente dalla temperatura,
182
immaginando di spostarsi lungo la curva di coesistenza solido/liquido tra Tfus,A(xB) e T ∗fus,A; quindi
poniamo
∆Hm,A,fus(Tfus,A) ≃ ∆Hm,A,fus(T∗fus,A)
dove ∆Hm,A,fus(T∗fus,A) e il calore latente di A alla pressione p. Sostituendo in eq (5) otteniamo quindi
(
∂ ln aA(Tfus,A, p)
∂Tfus,A
)
p
≃∆Hm,A,fus(T
∗fus,A)
RT 2fus,A
e integrando rispetto alla temperatura considerando T ∗fus,A come riferimento, si arriva a
ln aA(Tfus,A, p) = ln aA(T ∗fus,A, p) +
∆Hm,A,fus(T∗fus,A)
R
(
1
T ∗fus,A
− 1
Tfus,A
)
(6)
Tenendo pero presente che in corrispondenza di T ∗fus,A abbiamo il componente A puro in fase liquida,
allora aA(T ∗fus,A, p) = 1, e quindi eq (6) diventa
ln aA(Tfus,A, p) =∆Hm,A,fus(T
∗fus,A)
R
(
1
T ∗fus,A
− 1
Tfus,A
)
(7)
Eq (7) fornisce quindi il legame tra (i) la composizione del liquido A + B, (ii) il calore latente di
fusione di A puro alla pressione p, e (iii) lo scostamento del punto di solidificazione di A rispetto al
valore T ∗fus,A. Una analoga equazione vale ovviamente anche per il componente B. Eq (7) puo essere
semplificata sotto le assunzioni che la miscela liquida abbia comportamento ideale (quindi aA ≡ xA), e
che Tfus,A(xB) ≃ T ∗fus,A. Sotto tali assunzioni deriviamo la seguente forma approssimata
∆Tfus,A ≡ Tfus,A − T ∗fus,A ≃
RT ∗fus,A
2
∆Hm,A,fusln xA (8)
frequentemente utilizzata per descrivere le due curve che si congiungono all’eutettico, ed e proprio questa
utilizzeremo per determinare temperatura e composizione dell’eutettico Cd/Bi.
Torniamo al problema della miscela Cd/Bi, il cui comportamento e assunto ideale. Applichiamo
quindi la relazione approssimata eq (8) riferendoci direttamente alla composizione dell’eutettico speci-
ficata da xCd ≡ xeCd incognita:
Te − T ∗fus,Cd =
RT ∗fus,Cd
2
∆Hm,Cd,fusln xe
Cd (9)
Analogamente per il bismuto vale
Te − T ∗fus,Bi =
RT ∗fus,Bi
2
∆Hm,Bi,fusln(1− xe
Cd) (10)
Ricavando Te da eqs (9) e (10), ed uguagliando le espressioni, otteniamo
T ∗fus,Cd +
RT ∗fus,Cd
2
∆Hm,Cd,fusln xe
Cd = T ∗fus,Bi +
RT ∗fus,Bi
2
∆Hm,Bi,fusln(1− xe
Cd)
e sostituendo i valori numerici dati dal problema si arriva all’equazione
ln xeCd − 0.469 ln(1− xe
Cd) + 0.1024 = 0
183
Per ispezione numerica si trova che xeCd ≃ 0.6 e soluzione. Sostituendo tale valore in eq (9) o in eq (10)
ricaviamo infine la temperatura dell’eutettico Te ≃ 350 K.
• Si noti che Te stimata e molto inferiore sia a T ∗fus,Cd che a T ∗
fus,Bi, quindi l’utilizzo della forma
approssimata eq (8) puo essere critico! Si provi a ricalcolare Te ripartendo dalla relazione (6) sotto la
sola assunzione che la miscela liquida abbia comportamento ideale.
184
ESERCIZI DA SVOLGERE
Esercizio 7.19
Le tensioni di vapore di benzene e toluene puri sono rispettivamente 0.0417 bar e 0.1373 bar a 25 C .
In quali intervalli di pressione il sistema contenente 3 moli di benzene ed una mole di toluene e costituito
da a) solo fase liquida, b) solo fase gassosa ? (Assumere comportamento ideale della miscela).
Risultato: per p > 0.0656 bar si ha solo fase liquida; per p < 0.0505 bar si ha solo fase gassosa; per
pressioni intermedie il sistema e ripartito tra miscela liquida/miscela gassosa.
Esercizio 7.20
Una soluzione di cloroformio e acetone con frazione molare di acetone pari a 0.713 ha una tensione di
vapore di 220.5 Torr a 301.3 K, e presenta una frazione molare di acetone nel vapore pari a 0.818. Alla
stessa temperatura la tensione di vapore del cloroformio puro e di 221.8 Torr. Calcolare l’attivita del
cloroformio nella soluzione, ammettendo che il vapore sia una miscela gassosa perfetta.
Risultato: aCHCl3 = 0.181.
Esercizio 7.21
A 25 C le tensioni di vapore di toluene, cicloesano e benzene sono rispettivamente 0.05 bar, 0.13
bar e 0.16 bar. Quale deve essere la composizione (in frazioni molari) della miscela dei tre liquidi in
equilibrio con la fase gassosa avente un rapporto 1:1:1 nel numero di moli dei tre composti? (assumere
comportamento ideale della soluzione e della fase vapore)
Risultato: xbenz. = 0.184, xtol. = 0.589, xcicl. = 0.227
185
Esercizio 7.22
Calcolare l’energia libera di Gibbs, l’entropia e l’entalpia di mescolamento quando si miscelano 100
gr di n-esano (PM=86.06 gr/mole), 100 gr di n-eptano (PM=100.07 gr/mole) e 100 gr di n-ottano
(PM=114.08 gr/mole) alla temperatura di 273 K (assumere comportamento ideale della miscela).
Risultato: ∆Gmix = −7.54 kJ, ∆Smix = 27.6 J/K, ∆Hmix = 0.
Esercizio 7.23
Il benzene (peso molecolare 78.06 gr/mole, densita 0.884 gr/cm3) ed il toluene (peso molecolare 93.07
gr/mole, densita 0.867 gr/cm3) formano una soluzione che soddisfa la legge di Raoult a tutte le com-
posizioni. Calcolate l’entalpia, l’energia libera di mescolamento ed il volume totale di una soluzione
ottenuta mescolando 1 litro di benzene con 0.5 litri di toluene a 300 K.
Risultato: ∆Hmix = 0, Vtot = 1.5 litri, ∆Gmix = −24 kJ.
Esercizio 7.24
Il coefficiente di attivita dello zinco in ottone liquido, per temperature comprese tra 1000 e 1500 K, e
dato (in J) dall’espressione RT ln γZn = −38399xCu, dove xCu e la frazione molare del rame. Calcolare
la pressione parziale dello zinco in equilibrio con una lega contenente 40% di moli di zinco a 1200 K,
sapendo che a tale temperatura la pressione di vapore dello zinco puro e pari a 1.17 atm.
Risultato: pZn = 0.046 atm.
186
Esercizio 7.25
L’energia libera di eccesso di una particolare miscela ternaria liquida e espressa da
GE/n = A(x1x2 + x1x3 + x2x3)
con n il numero di moli totali, x1, x2, x3 le frazioni molari dei componenti, e A un fattore dipendente
da temperatura e pressione. Qual e la dipendenza del coefficiente di attivita del componente 1 dalla
composizione?
Risultato: RT ln γ1 = A(x22 + x2
3 + x2x3)
Esercizio 7.26
Per una miscela binaria liquida A/B si ha che il volume parziale molare del componente A dipende
dalla composizione secondo VA = V ∗A + ax2
B con a costante a temperatura e pressione fissate. Qual e la
dipedenza del volume parziale di B dalla composizione?
Risultato: VB = V ∗B + ax2
A
Esercizio 7.27
Per una data miscela liquida binaria si ha che l’energia libera di eccesso dipende dalla pressione secondo
GE = (a + b p)n2
1n2 + n22n1
(n1 + n2)2
con a e b dipendenti solo dalla temperatura. Qual e la variazione di volume (rispetto ai componenti puri
separati) quando si mescolano n1 moli del componente ”1” e n2 moli del componente ”2”? Se b > 0 si
ha aumento o diminuzione del volume in seguito al mescolamento?
Risultato: ∆Vmix = b(n21n2 + n2
2n1)/(n1 + n2)2 e si ha aumento di volume.
187
Esercizio 7.28
Mescolando 2 moli di un componente ”A”, 3 moli di un componente ”B” e 0.5 moli di un certo ”C” a
320K si ha ∆Gmix = −17500 J. La miscela in questione e ideale?
Risultato: no...
Esercizio 7.29
Per una miscela binaria liquida si trova, empiricamente, che il coefficiente di attivita del componente ”1”
dipende dalla composizione secondo γ1(T, p, comp.) = ea(T )x22 in cui a(T ) = 0.3+350/T per temperature
nell’intorno di 300K e a pressione atmosferica. Qual e la quantita di calore scambiata con un termostato
quando si mescolano 1 mole del componente ”1” e 3 moli del componte ”2” alla temperatura di 300K
e a pressione atmosferica?
Risultato: q = 2182J
188
Capitolo 8
Soluzioni diluite
189
Esercizio 8.1
A 40 C i coefficienti di attivita di benzene e cicloesano nelle loro miscele liquide binarie risultano
esprimibili, in tutto l’intervallo di composizione, mediante la relazione
ln γi = 0.458 (1 − xi)2 per i = 1, 2
Determinare il valore della costante di Henry per il cicloesano in benzene a tale temperatura, sapendo
che la corrispondente tensione di vapore del cicloesano puro vale 0.246 bar.
xC0.0 1.0
pC
Henry: pC = KC xC
Raoult: pC = pC xC*
pC*
KC
T = cost.
I coefficienti di attivita dati per benzene e cicloesano quantificano le deviazioni dall’idealita rispetto al
modello delle miscele liquide ideali, ed entrano nelle seguenti espressioni per i potenziali chimici
µi,l(T, p, comp.) = µ∗i,l(T, p) + RT lnxiγi(T, p, comp.) (1)
dove ”comp.” sta per composizione della miscela. Eq (1) e valida a tutte le composizioni della miscela,
sotto la condizione limite
limxi→1
γi = 1 (componente puro)
190
Corrispondentemente, la pressione parziale dei componenti in fase vapore segue la legge di Raoult
generalizzata:
xi generica : pi = p∗i xiγi (Raoult generalizzata) (2)
Tale relazione si riduce alla legge di Raoult per il componente i-esimo quando si tende allo stato di
componente puro (γi → 1), cioe
xi → 1 : pi = p∗i xi (Raoult)
mentre nel caso opposto in cui tale componente e presente nel liquido solo in tracce (xi → 0) le deviazioni
dalla legge di Raoult possono essere molto pronunciate, e la legge sperimentalmente osservata e quella
di Henry:
xi → 0 : pi = Kixi (Henry) (3)
Nel caso specifico, questi comportamenti sono rappresentati in figura per la pressione parziale del ci-
cloesano (”C”). Dato che eq (2) deve valere per ogni composizione xC , possiamo applicarla nel limite
in cui e valida anche eq (3), cioe per xC → 0, e imporre l’uguaglianza tra le due espressioni:
xC → 0 : p∗CxCγC = KCxC
da cui segue
KC = p∗C γC(T, p, xC = 0) (4)
Il valore limite del coefficiente di attivita del cicloesano nella sua soluzione infinitamente diluita e
ottenibile direttamente dalla relazione data dal problema,
ln γC(T, p, xC = 0) = 0.458 =⇒ γC(T, p, xC = 0) = 1.58
e sostituendo in eq (4) si ottiene
KC = 0.246 bar× 1.58 = 0.389 bar
191
Esercizio 8.2
La costante di Henry per l’ossigeno in acqua vale 4.15 × 104 bar a 25 C , e a 30 C aumenta dell’8%.
Quanto valgono l’entalpia e l’energia libera standard di formazione dell’ossigeno disciolto in acqua a
25 C ?
Partiamo dalla condizione di uguaglianza dei potenziali chimici di ossigeno gassoso e solvatato all’equi-
librio:
µO2(acq) = µO2(g) (1)
Dobbiamo ora esplicitare tali potenziali secondo gli appropriati modelli e convenzioni. Per l’ossigeno
gassoso adottiamo il modello della miscela gassosa ideale (nella quale sono presenti ossigeno e vapore
acqueo):
miscela gassosa ideale : µO2(g)(T, p) = µ⊖O2(g) + RT ln
pO2
p⊖(2)
dove pO2 e la pressione parziale dell’ossigeno. Per la specie solvatata in soluzione sicuramente molto
diluita esprimiamo il potenziale chimico secondo il modello delle soluzioni diluite ideali, adottando la
scala delle molalita per esprimere la concentrazione:
soluzione diluita ideale : µO2(acq)(T, p,mO2) = µ2
O2(acq)(T, p) + RT lnmO2
m⊖‡≃ µ⊖
O2(acq)(T ) + RT lnmO2
m⊖ (3)
dove µ2
O2(acq)(T, p) e identificato come il potenziale chimico di ossigeno solvatato in acqua in soluzione
1 molale ideale; per il passaggio ‡ si e trascurata la dipendenza di tale potenziale dalla pressione,
sostituendo p con p⊖ e passando quindi al potenziale standard µ⊖O2(acq)(T ). Sostituendo eq (2) e (3) in
eq (1) otteniamo
µ⊖O2(acq) + RT ln
mO2
m⊖ = µ⊖O2(g) + RT ln
pO2
p⊖(4)
Essendoci posti nel limite di soluzioni diluite ideali, la pressione parziale di ossigeno deve essere coer-
entemente espressa dalla legge di Henry:
pO2 = KO2(acq)xO2
§≃ KO2(acq) MH2OmO2 (5)
dove KO2(acq) e la costante di Henry di ossigeno in acqua; per il passaggio § e stata utilizzata l’approssi-
mazione xO2 ≃MH2OmO2 valida per soluzioni diluite, con MH2O la massa molare del solvente espressa
in kg/mole. Sostituendo eq (5) in (4) e riarrangiando si ottiene
lnm⊖ MH2O KO2(acq)
p⊖=
µ⊖O2(acq) − µ⊖
O2(g)
RT=
∆G⊖O2(g)→O2(acq)
RT
=∆G⊖
f (O2(acq), T )−∆G⊖f (O2(g), T )
RT
∗≡∆G⊖
f (O2(acq), T )
RT(6)
dove per il passaggio ∗ si e tenuto conto del fatto che per l’ossigeno gassoso (stato di riferimento) si ha
∆G⊖f (O2(g), T ) = 0. I valori numerici da inserire in eq (6) sono
m⊖ = 1 mol kg−1
192
MH2O = 18× 10−3 kg mol−1
p⊖ = 1 bar
KO2(acq) = 4.15 × 104 bar
T = 298 K
e si ricava il seguente valore dell’energia libera di formazione standard per l’ossigeno solvatato in acqua:
∆G⊖f (O2(acq), 298 K) = 16.4 kJ mol−1
Per valutare l’entalpia standard di formazione della specie solvatata teniamo presente che essa e
correlata all’energia libera standard di formazione mediante la relazione differenziale di Gibbs-Helmholtz
nella forma seguente:
∆H⊖f =
d(∆G⊖f /T )
d(1/T )
Del resto, la derivata richiesta e valutabile nota la variazione della costante di Henry con la temperatura;
infatti, da eq (6) ricaviamo
∆G⊖f /T = R ln
m⊖ MH2O KO2(acq)
p⊖
e derivando rispetto a 1/T si ottiene
d(∆G⊖f /T )
d(1/T )=
R
KO2(acq)
dKO2(acq)
d(1/T )= − RT 2
KO2(acq)
dKO2(acq)
dT≡ ∆H⊖
f (O2(acq), T ) (7)
Data la variazione percentuale della costante di Henry nel ristretto intervallo di temperatura di soli
5 C , possiamo approssimare dKO2(acq)/dT a 298 K al rapporto incrementale:
dKO2(acq)
dT≃ ∆KO2(acq)
∆T=
KO2(acq)(303 K)−KO2(acq)(298 K)
5 K= 664 bar K−1
dove e stato inserito il valore KO2(acq)(303 K) = KO2(acq)(298 K) × (1 + 0.08) corrispondente ad un
aumento dello 0.08%. Da eq (7) otteniamo infine
∆H⊖f (O2(acq), 298 K) = −8.314 J K−1 mol−1 × (298 K)2
4.15 × 104 bar× 664 bar K−1 = −11.8 kJ mol−1
193
Esercizio 8.3
A 25 C la costante di Henry dell’azoto e di 6.51 × 107 Torr per la sua dissoluzione in acqua (PM =
18.02 gr/mole), ed e di 1.79 × 106 Torr per la dissoluzione in benzene (PM = 78.12 gr/mole). Quanto
vale il coefficiente di ripartizione dell’azoto tra acqua e benzene, espresso come rapporto delle molalita?
Consideriamo la fase liquida costituita da benzene e acqua immiscibili tra loro, ed esposta ad una
atmosfera di azoto il quale si scioglie ripartendosi tra i due solventi (la situazione e idealizzata in
figura).
N2 + acqua + benz.
benz. + N2acqua + N2
vap.
Possiamo ragionevolmente assumere che l’azoto sia presente in tracce in entrambe le soluzioni, cosı
da poterle considerare soluzioni diluite ideali. Coerentemente, la relazione tra la pressione parziale
dell’azoto e la sua frazione molare nelle due soluzioni e esplicitata dalla legge di Henry; non disponendo
del valore di pN2 non siamo in grado di determinare le frazioni molari dell’azoto nelle due soluzioni, ma
possiamo valutarne il rapporto (la ”ripartizione” richiesta):
pN2 = KN2(benz.) xN2(benz.)
pN2 = KN2(acq.) xN2(acq.)
=⇒ xN2(acq.)
xN2(benz.)=
KN2(benz.)
KN2(acq.)= 0.0275
Dobbiamo ora convertire il rapporto tra le frazioni molari in rapporto tra molalita. Tenendo presente
che in soluzione diluita e lecita l’approssimazione xi ≃ miM0 dove M0 e la massa molare del solvente
espressa in kg/mole, si deriva subito
mN2(acq.)
mN2(benz.)= 0.0275 × Mbenz.
Macq.≡ 0.0275 × PMbenz.
PMacq.= 0.0275 × 78.12
18.02= 0.1192
194
Esercizio 8.4
Da dati termodinamici su amminoacidi risulta che il coefficiente di attivita di una soluzione acquosa
satura (3.33 molale) di glicina a 25 C vale 0.729. Nota l’energia libera standard di formazione della
glicina solida pari a ∆G⊖f = −370.7 kJ/mole, calcolare l’energia libera standard di formazione della
glicina in soluzione acquosa ideale.
Il problema si riferisce ad una soluzione satura di glicina (”gl” nel seguito) in acqua (”acq”), quindi
tale composto e presente sia in soluzione che allo stato solido come corpo di fondo. In condizioni di
equilibrio imponiamo quindi la seguente uguaglianza dei potenziali chimici:
µgl(s) = µgl(acq) (1)
Per il potenziale chimico del solido assumiamo trascurabile la sua dipendenza dalla pressione applicata
(”modello a volume molare nullo”), e quindi poniamo
µgl(s)(T, p) ≃ µgl(s)(T, p⊖) ≡ µ⊖gl(s)(T ) (2)
Esprimiamo ora il potenziale chimico della glicina solvatata in acqua secondo il modello delle soluzioni
diluite adottando la scala delle molalita per esprimere la concentrazione:
µgl(acq)(T, p,mgl) = µ2
gl(acq)(T, p) + RT ln γ2
gl
mgl
m⊖ (3)
in cui mgl e la molalita della glicina, m⊖ = 1 mol/kg e la molalita standard, e dove µ2
gl(acq)(T, p) e iden-
tificato con il potenziale chimico di una soluzione ideale 1 molale di glicina, alla temperatura e pressione
specificate. Infine, γ2
gl e il coefficiente di attivita dato dal problema, che quantifica la deviazione rispetto
alla condizione di soluzione diluita ideale secondo la convenzione scelta. Trascurando la dipendenza di
µ2
gl(acq) dalla pressione, poniamo µ2
gl(acq)(T, p) ≃ µ2
gl(acq)(T, p⊖) ≡ µ⊖gl(acq)(T ), che e il potenziale standard
della soluzione ideale 1 molale di glicina in acqua. Quindi, sotto questa approssimazione, eq (3) assume
la seguente forma comunemente adottata per le soluzioni diluite:
µgl(acq)(T, p,mgl) = µ⊖gl(acq)(T ) + RT ln γ2
gl
mgl
m⊖ (4)
Inserendo eqs (2) e (4) nell’uguaglianza eq (1) ricaviamo
µ⊖gl(acq) − µ⊖
gl(s) = −RT ln γ2
gl(acq)
mgl
m⊖
≡ ∆G⊖gl(s)→gl(acq)
Hess= ∆G⊖
f (gl(acq), T ) −∆G⊖f (gl(s), T ) (5)
Da eq (5) otteniamo infine il dato richiesto:
∆G⊖f (gl(acq), T ) = ∆G⊖
f (gl(s), T )−RT ln γ2
gl(acq)
mgl
m⊖= −370.7 × 103 J mol−1 − 8.314 J K−1 mol−1 × 298 K× ln(0.729 × 3.33)
= −372.9 kJ mol−1
195
Esercizio 8.5
Si consideri la soluzione costituita da 68.4 grammi di zucchero (PM = 342 gr/mole) in 1 kg di acqua
(PM = 18 gr/mole). Calcolare la tensione di vapore della soluzione a 100 C e la sua temperatura di
ebollizione, noto il calore latente di evaporazione dell’acqua pari a ∆Hm,ev = 40.7 kJ/mole.
L’abbassamento della tensione di vapore dell’acqua dovuto alla presenza dello zucchero non volatile e
direttamente correlabile alla molalita del soluto,
pH2O = p∗H2OxH2O = p∗H2O(1− xi)soluz. diluita≃ p∗H2O(1−MH2O mi)
dove MH2O e la massa molare dell’acqua espressa in kg/mole, e per l’ultimo passaggio si e utilizzata
l’approssimazione xi ≃MH2Omi per soluzioni diluite (xi ≪ 1). Valutiamo la concentrazione molale del
soluto:
mi = 68.4 gr/PMi = 0.2 moli soluto per 1 kg solvente
Quindi, sapendo che a 100 C la tensione di vapore dell’acqua pura e pari a 1 atmosfera, determiniamo
pH2O = 1 atm × (1− 18× 10−3 kg/mole × 0.2 moli/kg) = 0.9964 atm
Tale abbassamento della tensione di vapore determina un innalzamento del punto ebullioscopico, pro-
porzionale alla molalita dello zucchero secondo la relazione
∆Teb = Kebmi (1)
dove Keb e la costante ebullioscopica del solvente:
Keb =RT ∗
eb2MH2O
∆Hm,ev
con T ∗eb il punto di ebollizione del solvente puro. Sostituendo i valori numerici otteniamo
Keb =8.314 J K−1 mol−1 × (373 K)2 × 18× 10−3 kg mol−1
40.7 × 103 J mol−1= 0.512 kg K mol−1
e inserendo tale valore in eq (1) si ha infine
∆Teb = Teb − T ∗eb = 0.512 kg K mol−1 × 0.2 mol kg−1 = 0.102 K
196
Esercizio 8.6
La temperatura di solidificazione di un dato solvente e di 21.0 C quando e puro, e diminuisce di
3.0 C quando la sua frazione molare e ridotta a 0.98 per aggiunta di un composto insolubile nella fase
solida. Determinare l’entalpia di fusione del solvente.
L’abbassamento del punto di congelamento di un solvente (abbassamento crioscopico), a causa di soluti
disciolti in fase liquida, e correlato alla molalita del soluto, mi, mediante
|∆Tf | = Kfmi (1)
con Kf la costante crioscopica del solvente,
Kf =RT ∗
f2
∆Hm,fusM0
dove T ∗f indica il punto di congelamento del solvente puro, ∆Hm,fus e il suo calore latente di fusione, e
M0 indica la massa molare del solvente in kg/mole. Sostituendo tale espressione in eq (1) otteniamo
|∆Tf | =RT ∗
f2
∆Hm,fusM0 mi
‡=
RT ∗f
2
∆Hm,fus(1− x0) (2)
dove per il passaggio ‡ si e tenuto conto del fatto che per soluzioni diluite (xi ≪ 1) vale M0 mi ≃ xi =
1− x0. Da eq (2) ricaviamo quindi il calore latente di fusione come
∆Hm,fus =RT ∗
f2
|∆Tf |(1− x0)
=8.314 J K−1 mol−1 × (294 K)2
3 K× (1− 0.98) = 4790 J mol−1
197
Esercizio 8.7
Quant’e l’abbassamento della temperatura di congelamento di una soluzione di un polimero in ac-
qua, data la pressione osmotica Π = 38 mmHg a 25 C ? (la costante crioscopica dell’acqua e
Kf = 1.86 K kg mol−1).
Le informazioni di cui disponiamo, abbassamento crioscopico e valore della pressione osmotica, sono
correlate alla concentrazione del soluto mediante le relazioni
|∆Tf | = Kf mi (1)
Π =RT
Vni (2)
dove mi e la molalita del soluto, mentre in eq (2) ni e il numero di moli di soluto in un volume di
soluzione V . Notiamo subito che per determinare l’abbassamento crioscopico dobbiamo valutare mi.
Per soluzioni acquose diluite a 25 C , dato che la densita dell’acqua e pari a 1 kg/litro, e lecito assumere
che, numericamente, valga mi ≃ ci con ci la concentrazione molare del soluto. Per ricavare ci utilizziamo
eq (2), convertendo prima la pressione osmotica in unita S. I.:
Π = [(38/760)atm × 1.013 × 105] Pa = 5065 Pa
Quindi,
ni/V =Π
RT=
5065 Pa
8.314 J K−1 mol−1 × 298 K= 2.04 moli/m3 = 2.04 × 10−3 moli/litro ≡ ci ≃ mi
Sostituendo tale valore di mi nell’espressione (1) otteniamo infine
|∆Tf | = 1.86 kg K mol−1 × 2.04 × 10−3 moli kg−1 = 3.8× 10−3 K
cioe Tf − T ∗f = −3.8 × 10−3 K e la variazione della temperatura di congelamento rispetto al solvente
puro.
198
Esercizio 8.8
Su una soluzione di saccarosio a frazione molare 0.001 e misurata una pressione osmotica Π = 1.34
bar a 25 C . Quant’e la variazione del potenziale chimico del solvente puro quando la pressione viene
incrementata di Π?
In figura e schematizziamo un possibile esperimento di misura della pressione osmotica:
H2OH2O +
saccarosiop p + Π
A B
In condizioni di equilibrio meccanico (annullamento del flusso netto di solvente dallo scomparto A dove
si trova il solvente puro allo scomparto B dove si trova la soluzione) si ha uguaglianza dei potenziali
chimici del solvente specificati a due pressioni diverse:
µ∗H2O(T, p) = µH2O(sol)(T, p + Π)
§= µ∗
H2O(T, p + Π) + RT ln xH2O (1)
dove µ∗H2O(T, p) indica il potenziale del solvente puro nelle codizioni di temperatura e pressione spec-
ificate; per il passaggio § il potenziale chimico dell’acqua in soluzione e stato esplicitato adottando il
modello delle soluzioni ideali per il solvente in largo eccesso (xH2O → 1). Da eq (1) ricaviamo subito la
differenza
µ∗H2O(sol)(T, p + Π)− µ∗
H2O(T, p) = −RT ln xH2O = −RT ln(1− xi)‡≃ RTxi
dove xi dica la frazione molare del soluto, e per ‡ e stata adottata l’approssimazione ln(1 − xi) ≃ −xi
lecita per xi ≪ 1. Sostituendo i valori numerici si ottiene
µ∗H2O(sol)(T, p + Π)− µ∗
H2O(T, p) = 2.48 J mol−1
che e proprio la quantita richiesta, cioe la variazione del potenziale chimico dell’acqua pura quando
la pressione viene incrementata di Π. Vediamo quindi che misure di pressione osmotica in soluzioni a
concentrazioni variabili possono essere utilizzate per determinare sperimentalmente come il potenziale
chimico di un liquido-solvente varia in funzione della pressione.
199
Esercizio 8.9
La pressione osmotica dell’acqua di mare a 25 C e di 25 bar. Stimare la concentrazione di soluti
nell’acqua del mare noto il volume molare dell’acqua pura pari a 0.018 l/mole. Quant’e la pressione
parziale del vapore sopra l’acqua di mare se la tensione di vapore dell’acqua pura nelle stesse condizioni
e di 4.6 Torr?
Calcoliamo in primo luogo la concentrazione molare dei soluti nell’acqua marina applicando l’equazione
di van’t Hoff per la pressione osmotica:
Π =RT
V
∑
i
ni
dove V e un generico volume di soluzione e∑
i ni e il numero totale di moli di specie disciolte in tale
volume. Inserendo i valori in unita S. I. ricaviamo
∑
i
ni /V =25× 105 Pa
8.314 J K−1 mol−1 × 298 K= 1009 moli/m3 ≡ 1.009 moli/litro
Valutiamo ora la frazione molare del solvente (acqua) corrispondente a tale concentrazione. Assumendo
trascurabile la differenza di densita tra acqua pura e acqua marina, dal volume molare dell’acqua fornito
dal problema stabiliamo la corrispondenza
1 litro di acqua marina ↔ ∼ 55.5 moli di H2O
da cui ricaviamo la frazione molare globale dei soluti come rapporto tra numeri di moli riferiti ad 1 litro
di soluzione:
∑
i
xi =1.009 moli
(55.5 + 1.009)moli= 0.018
e quindi
xH2O = 1−∑
i
xi = 0.982
Utilizziamo tale risultato per determinare la pressione del vapore dell’acqua marina applicando la legge
di Raoult sotto l’assunzione che la soluzione abbia comportamento ideale rispetto al solvente-acqua:
pH2O = p∗H2OxH2O = 4.6 Torr× 0.982 = 4.5 Torr
200
Esercizio 8.10
L’albumina nel siero umano ha un peso molecolare di circa 69 kg/mole. Quant’e a 25 C il dislivello della
colonna d’acqua in equilibrio, attraverso una membrana impermeabile all’albumina, con una soluzione
a 20 gr/litro? (assumere densita dell’acqua pari a 1 kg/litro).
Rappresentiamo l’esperimento nella seguente figura:
∆h
H2O H2O
+ a
lbum
ina
hdxhsin
patm
In primo luogo giustifichiamo il disegno fatto. In condizioni di non-equilibrio, sia meccanico che chimico,
l’acqua tende a fluire spontaneamente dallo scomparto del solvente puro a quello della soluzione; infatti
in tal modo la soluzione di albumina viene progressivamente diluita e i potenziali chimici dell’acqua nei
due scomparti tendono ad uguagliasi. Questo flusso di solvente e contrastabile applicando una pressione
pari alla pressione osmotica, Π, dalla parte dello scomparto con la soluzione. Cio pu farlo un operatore
esterno, ad esempio mediante azione su di uno stantuffo; nel caso in esame, invece, con il ”trucco” del
tubo ad U avente entrambi i lati aperti all’atmosfera, e il sistema stesso che blocca il flusso portandosi
all’equilibrio meccanico (ma non chimico) grazie alla creazione del dislivello sinistra-destra: l’eccesso
di peso della colonna di destra (scomparto della soluzione) rispetto alla colonna di sinistra (solvente
puro) fornisce da se al livello della membrana quell’extra-pressione (che e appunto la pressione osmotica)
necessaria per constrastare il flusso di solvente.
In termini formali, con riferimento al livello posto in corrispondenza della membrana semi-permeabile
possiamo scrivere
patm + pidr.,sin + Π = patm + pidr.,dx
dove Π e la pressione osmotica della soluzione, e pidr.,sin, pidr.,dx sono le pressioni idrostatiche a sinistra
e a destra valutate allo stesso livello in corrispondenza della membrana. Semplificando i termini ed
201
esplicitando le pressioni idrostatiche (legge di Stevino) otteniamo
ρH2O g hsin + Π = ρsol. g hdx
con ρH2O e ρsol. le densita dell’acqua pura e della soluzione, e g = 9.81 m/s2 l’accelerazione di gravita.
Ponendo ρsol. ≃ ρH2O per soluzioni diluite, ricaviamo quindi l’espressione per il dislivello incognito
∆h = hdx − hsin:
∆h =Π
ρH2O g(1)
in cui entra la pressione osmotica ancora da stimare. A tale scopo utilizziamo la relazione di van’t Hoff
Π =RT
Vn (2)
con V un volume di soluzione e n il numero di moli di soluto in esso contenute. Dai dati del problema
valutiamo n/V in unita S. I.:
soluzione a 20 gr/litroPM=69×103 gr/mole
=⇒ n/V = 2.9 × 10−4 moli/litro = 0.29 moli/m3
Sostituendo tale valore di concentrazione in eq (2) otteniamo il valore della pressione osmotica
Π = 8.314 J K−1 mol−1 × 298 K× 0.29 moli/m3 = 718 Pa (≡ 0.007 atm)
Inserendo il valore di Π in eq (1) otteniamo infine
∆h =718 Pa
103 kg m−3 × 9.81 m s−2= 0.07 m = 7 cm
202
Esercizio 8.11
Noto che a 25 C il coefficiente di espansione isobara dell’acqua pura, α, vale 2.1 × 10−4, stimare la
variazione percentuale della pressione osmotica di una soluzione diluita di saccarosio in acqua quando
la temperatura viene aumentata di un grado.
Il punto di partenza e l’equazione di van’t Hoff per la pressione osmotica:
Π =RT
Vn
in cui n sono le moli di saccarosio dissolte. Derivando membro a membro rispetto alla temperatura a
pressione p fissata (alla quale e sottoposto il solvente puro) si ottiene(
∂Π
∂T
)
p= n
R
V− n
RT
V 2
(
∂V
∂T
)
p
Tenendo presente la definizione di coefficiente di espansione isobara,
α = V −1(
∂V
∂T
)
p
e usando ancora l’espressione di Π data sopra, la precedente relazione prende la forma(
∂Π
∂T
)
p= Π
(
1
T− α
)
Da questa relazione differenziale, dato che il cambio di temperatura e piccolo (il problema chiede infatti
la variazione percentuale di Π quando T aumenta di un grado), e la seguente approssimazione sulle
differenze finite:(
∆Π
Π
)
p≃(
1
T− α
)
∆T
Inserendo i valori a 25 C si ricava ∆ΠΠ = 3.1 × 10−3, e quindi la pressione osmotica aumenta dello
0.3% quando la temperatura e innalzata di un grado; notare che il risultato e indipendente dalla con-
centrazione del soluto.
203
ESERCIZI DA SVOLGERE
Esercizio 8.12
A 30 C una soluzione di uno zucchero non volatile in acqua ha una tensione di vapore di 31.207 Torr,
mentre l’acqua pura ha una tensione di vapore di 31.824 Torr. Calcolare la pressione osmotica della
soluzione (peso molecolare dell’acqua = 18 gr/mole , densita = 1 gr/cm3).
Risultato: Π = 27 bar.
Esercizio 8.13
Per una data soluzione acquosa si misura un abbassamento crioscopico pari a 0.39K. Inoltre, alla
temperatura di 10 C si misura una pressione osmotica di 4.96 bar. Quant’e la costante crioscopica
dell’acqua? Assumere una densita di 1 kg/litro per l’acqua.
Risultato: Kf = 1.85 K kg mol−1.
Esercizio 8.14
0.1 kg di etere (PM = 74.0 gr/mole) contengono 0.01 kg di un composto non volatile. La pressione di
vapore e di 426 mmHg a 20 C , mentre quella dell’etere puro alla stessa temperatura e di 442 mmHg.
Calcolare il peso molecolare del soluto.
Risultato: PM = 204 gr/mole
Esercizio 8.15
Una membrana permeabile al solo solvente separa due soluzioni di zucchero in acqua con concentrazioni
0.03 moli/litro (scomparto A) e 0.01 moli/litro (scomparto B). Sotto quali condizioni il sistema a 25 C e
all’equilibrio?
Risultato: Occorre applicare una pressione di 0.496 bar dalla parte dello scomparto A per arrestare
il flusso di acqua dalla soluzione piu diluita (in B) a quella piu concentrata (in A).
204
Esercizio 8.16
Sul numero 4, Vol. 226, pag. 106 della rivista Scientific American del 1972, all’interno della rubrica
”The Amateur Scientist”, viene discusso il progetto della cosiddetta ”fontana osmotica”.
hihe< he
0 he> he0
mare mare
membrana permeabile all’acqua
Si immagini di disporre di un lungo tubo, un’estremita del quale e aperta all’atmosfera mentre l’altra
e chiusa da una membrana permeabile solo all’acqua. Si immagini di immergere il tubo in un punto
dell’oceano e di raggiungere una profondita he rispetto alla superficie come illustrato in figura; acqua
pura entra nel tubo attraverso la membrana, raggiungendo un’altezza interna pari a hi tale da avere
bilanciamento di pressione al livello della membrana (vedere la figura):
pe = pi + Π
dove pe e pi sono le pressioni idrostatiche esterna ed interna, e Π e la pressione osmotica dell’acqua
marina. Indicando con ρe e ρi rispettivamente le densita dell’acqua marina e dell’acqua pura (con
ρe > ρi), e considerando che pe = ρeghe e pi = ρighi con g l’accelerazione di gravita, si verifichi che
se he > h0e =
Π
g(ρe − ρi)allora hi > he
e quindi, se il tubo viene immerso ad una profondita he sufficiente e poi segato al livello del mare, allora
da esso dovrebbe zampillare acqua pura come illustrato. Si realizzarebbe cosı un dispositivo che, a costo
nullo, consentirebbe di estrarre acqua potabile dal mare! (Ovviamente la situazione descritta e idealiz-
zata, ad esempio si assume che non ci siano cadute di pressione nel tubo dovute ad attriti, e molte altre
complicazioni...). Dai seguenti valori medi, Π = 25.9 atm, ρmare = 1.025 gr/cm3, ρH20 = 1.000 gr/cm3,
e considerando g = 9.81 m/s2, si stimi la profondita minima per fare funzionare la ”fontana osmotica”.
205
Sia esperti di Termodinamica che dilettanti continuano a confrontarsi sulla questione, sostenendo o
ponendo in discussione la realizzabilita del dispositivo e la sua consistenza con i Principi Primi (molti
siti Internet sono dedicati al dibattito...). Immaginate che un imprenditore visionario vi assuma come
consulente scientifico in merito al progetto; argomentate criticamente sul problema. Si consideri inoltre
l’esperimento descritto nella seguente figura:
acqua marina
acqua pura
Tale dispositivo consentirebbe di realizzare un de-mixing dell’acqua marina a costo nullo (realmente
nullo?).
206
Capitolo 9
Equilibri di reazione in fase gassosa
207
Esercizio 9.1
Si consideri la miscela gassosa costituita da 5 moli di PCl5(g), 3 moli di PCl3(g) e 2 moli di Cl2(g).
Per quali valori della pressione la reazione
PCl5(g) = PCl3(g) + Cl2(g)
e all’equilibrio a 25 C , date le energie libere standard di formazione (alla stessa temperatura) di -305.0
kJ/mole per PCl5(g) e di -272.3 kJ/mole per PCl3(g) ?
Valutiamo la costante di equilibrio della reazione mediante
Keq(T ) = e−∆rG⊖(T )/RT
Dai dati termodinamici forniti, applicando la legge di Hess otteniamo
∆rG⊖(T ) = ∆G⊖
f (Cl2(g), T ) + ∆G⊖f (PCl3(g), T )− ∆G⊖
f (PCl5(g), T ) = 32.7 kJ mol−1
da cui
Keq(T ) = exp
− 32.7 × 103 J mol−1
8.314 J K−1 mol−1 × 298K
= e−13.2 = 1.85× 10−6
Dobbiamo ora esplicitare tale costante di equilibrio in funzione della pressione totale p nell’ambiente di
reazione, e stabilire per quale valore il sistema contenente i numeri di moli stabiliti si trova all’equilibrio.
Assumendo comportamento ideale della miscela gassosa abbiamo
Keq(T ) =(pCl2/p
⊖)(pPCl3/p⊖)
pPCl5/p⊖ =
pCl2pPCl3
pPCl5
1
p⊖pi=pyi=
yCl2yPCl3
yPCl5
(
p
p⊖
)
yi=ni/ntot=
nCl2nPCl3
nPCl5
1
ntot
(
p
p⊖
)
dove nelle espressioni precedenti pi, yi e ni indicano rispettivamente la pressione parziale, la frazione
molare e il numero di moli della specie i-esima, mentre ntot e il numero di moli totali nel sistema.
Dall’ultima uguaglianza ricaviamo la pressione totale come
p = p⊖ Keq(T )ntotnPCl5
nCl2nPCl3
e sostituendo i valori p⊖ = 1 bar, nPCl5 = 5 moli, nPCl3 = 3 moli, nCl2 = 2 moli, ntot = 10 moli, e il
valore di Keq gia determinato, si ottiene
p = 1.5× 10−5 bar
208
Esercizio 9.2
La costante di equilibrio della reazione
H2(g) + I2(g) = 2HI(g)
assume il valore 50 a 693 K. Calcolare l’energia libera di reazione, ∆rG, per una miscela con concen-
trazioni 2, 5, 10 moli/litro rispettivamente di H2, I2 e HI. In quale direzione procede la reazione?
Partiamo dalla forma dell’energia libera di reazione,
∆rG(ξ) =∑
i
νiµi(T, p, ξ) (1)
dove ξ e una variabile che specifica la composizione attuale della miscela, µi sono i potenziali chimici
delle specie nelle condizioni specificate, e νi sono i coefficienti stechiometrici della reazione scritta (presi
positivi se riferiti ai prodotti e negativi se riferiti ai reagenti). Esplicitando i vari µi secondo il modello
della miscela gassosa ideale, cioe inserendo in eq (1) le forme
µi(T, p, ξ) = µ⊖i (T ) + RT ln
pi
p⊖
otteniamo subito
∆rG = ∆rG⊖(T ) + RT ln Πi(pi/p
⊖)νi (2)
Dal valore della costante di equilibrio (Keq = 50) alla temperatura in questione (T = 693 K) possiamo
ricavare ∆rG⊖(T ):
∆rG⊖(T ) = −RT ln Keq(T ) = −22.5 kJ mol−1
Valutiamo ora il secondo contributo in eq (2):
Πi(pi/p⊖)νi =
(pHI/p⊖)2
(pH2/p⊖)(pI2/p
⊖)=
p2HI
pH2pI2
∗
=y2HI
yH2yI2
∗∗
≡ 102
2× 5= 10
dove per il passaggio ∗ e stata adottata la relazione pi = p yi, mentre per ∗∗ le frazioni molari sono state
valutate dai numeri di moli nel volume di 1 litro (yi = ni/ntot, nH2 = 2 moli, nI2 = 5 moli, nHI = 10
moli). Inserendo i due contributi in eq (2) otteniamo
∆rG = (−22.5 × 103 + 8.314 × 693× ln 10) J mol−1 = −9.2 kJ mol−1
Per rispondere alla seconda domanda del problema osserviamo che, nelle condizioni specificate, si ha
∆rG < 0. E ovvio che non siamo in condizioni di equilibrio (in tal caso si avrebbe ∆rG = 0), e si tratta
di stabilire se la reazione procede spontaneamente verso i reagenti oppure verso i prodotti (rispetto
a come e scritta). Il segno negativo di ∆rG implica che la reazione procede verso la formazione del
prodotto HI. Come si dimostra? Consideriamo il differenziale dell’energia libera a T e p fissate,
T, p fissate : dG =
(
∂G
∂ξ
)
T,p
dξ ≡ ∆rG(T, p, ξ)dξ
in cui ξ e il grado di avanzamento della reazione. La condizione di reazione spontanea a temperatura e
pressione costanti richiede dG < 0 e quindi, avendo determinato ∆rG(T, p, ξ) < 0, segue che deve essere
dξ > 0; quindi il parametro ξ aumenta e la reazione avanza spontaneamente verso la formazione del
prodotto.
209
Esercizio 9.3
Per la reazione
A(g) + B(g) = C(g)
condotta in fase gassosa a p = 0.2 bar e T = 298 K (costanti) si ha la seguente variazione dell’energia
libera del sistema contro il grado di avanzamento ξ della reazione
G(ξ)−G(0) = −aξ + bξ2 , a = 12.0 kJ mol−1 , b = 15.0 kJ mol−2
rispetto alla miscela iniziale contenente 1 mole di A, 1 mole di B, e C assente. Quanto vale la costante
di equilibrio della reazione?
Riscriviamo la relazione data dal problema come
G(ξ) = G(0) − aξ + bξ2
che definisce l’energia libera della miscela in reazione in funzione del grado di avanzamento ξ (a tem-
peratura e pressione fissate). Derivando rispetto a ξ otteniamo l’energia libera di reazione,
∆rG(ξ) ≡(
∂G
∂ξ
)
T,p
= −a + 2bξ
Ponendo ∆rG(ξeq) = 0 all’equilibrio, ricaviamo il corrispondente grado di avanzamento della reazione
ξeq =a
2b= 0.4 moli
Note le condizioni di partenza possiamo ricavare il numero di moli delle specie all’equilibrio:
ξdef.=
ni − n0i
νi=⇒ neq
i = n0i + νiξeq =⇒
neqA = n0
A − ξeq = (1− 0.4) moli = 0.6 moli
neqB = n0
B − ξeq = (1− 0.4) moli = 0.6 moli
neqC = n0
C + ξeq = (0 + 0.4) moli = 0.4 moli
All’equilibrio abbiamo in totale ntot = 1.6 moli nel sistema; possiamo ricavare le frazioni molari dei
singoli componenti in miscela, e quindi determinare le loro pressioni parziali:
ntot = 1.6 moli , yi =ni
ntot=⇒
yeqA = yeq
B = 0.375
yeqC = 0.250
pi=pyi , p=0.2 bar=⇒
peqA = peq
B = 0.075 bar
peqC = 0.050 bar
Note le pressioni parziali otteniamo infine il valore della costante di equilibrio assumendo comportamento
ideale della miscela gassosa:
Keq(T ) = Πi(pi/p⊖)νi =
peqC /p⊖
(peqA /p⊖)(peq
B /p⊖)=
0.050
0.075 × 0.075= 8.9
210
Esercizio 9.4
L’energia libera standard per la reazione di idrogenazione dell’etilbenzene a etilcicloesano
C6H5C2H5(g) + 3H2(g) = C6H11C2H5(g)
dipende dalla temperatura T secondo la relazione
∆rG⊖(T ) = −a + bT
con a = 184 kJ/mole e b = 0.345 kJ/mole K. In quale campo di temperatura si ha formazione di
etilcicloesano a partire da una miscela alla pressione di 1 bar avente la seguente composizione (in moli):
10 % di etilbenzene, 50 % di idrogeno, 40 % di etilcicloesano?
Per semplificare la notazione indichiamo con A l’etilbenzene, con B l’idrogeno e con C l’etilcicloesano;
la reazione in fase gassosa e quindi
A + 3B = C
Affinche la reazione proceda spontaneamente verso la formazione del prodotto etilcicloesano deve essere
∆rG < 0 [• Perche ?]. Adottando il modello della miscela gassosa ideale, ∆rG assume la forma
∆rG = ∆rG⊖(T ) + RT ln Πi(pi/p
⊖)νi (1)
dove pi sono le pressioni parziali delle specie nel sistema (a reazione ”bloccata”), e νi i rispettivi coef-
ficienti stechiometrici (presi positivi per i prodotti, negativi per i reagenti). Il contributo ∆rG⊖(T ) e
fornito dal problema, mentre il contributo di concentrazione e esplicitabile come segue:
Πi(pi/p⊖)νi =
pC
pAp3B
(p⊖)3∗
= (p⊖/p)3yC
yAy3B
p=p⊖=1 bar= 1× 0.4
0.1 × 0.53= 32
dove per il passaggio ∗ si e fatto uso di pi = pyi per passare alle frazioni molari, ottenibili dalla
composizione percentuale data dal problema (yA = 0.1, yB = 0.5, yC = 0.4). Inserendo i due contributi
in eq (1), e imponendo la condizione ∆rG < 0, si ottiene
−a + bT + RT ln(32) < 0
Risolvendo rispetto alla temperatura stabiliamo quindi che la miscela in esame reagisce producendo
etilcicloesano per temperature
formazione di C6H11C2H5(g) ⇔ T < 492 K
A T = 492 K la miscela, alla composizione e alla pressione date, si troverebbe invece all’equilibrio,
mentre a temperature superiori si avrebbe decomposizione spontanea del prodotto con formazione dei
reagenti.
211
Esercizio 9.5
Quale ossido di ferro e stabile (dal punto di vista termodinamico) a contatto con l’aria a 25 C :
l’ematite Fe2O3(s) (∆fG⊖ = −742.2 kJ/mol) o la magnetite Fe3O4(s) (∆fG
⊖ = −1015.4 kJ/mol)? Si
giustifichi la risposta. Assumere pO2 = 0.2 bar.
Il problema della stabilita relativa dei due ossidi puo essere tradotto nello stabilire in quale verso
procede la seguente reazione di interconversione tra di essi in un’atmosfera con pO2 = 0.2 bar:
6Fe2O3(s) = 4Fe3O4(s) + O2(g)
Tale analisi richiede di partire dal differenziale dell’energia libera a T e p fissate:
T, p fissate : dG =
(
∂G
∂ξ
)
T,p
≡ ∆rG(ξ)dξ
dove ξ e il grado di avanzamento della reazione a partire da certe condizioni iniziali sulle moli delle
specie coinvolte. Considerando il fatto che i due ossidi sono presenti allo stato solido in forma pura, e
assumendo comportamento ideale dell’ossigeno in fase gas, l’energia libera di reazione ha la forma
∆rG = ∆rG⊖ + RT ln
pO2
p⊖(1)
(per la derivazione generale di eq (1) si veda la nota alla fine dell’esercizio). Ponendo dG < 0 per avere un
processo spontaneo, il verso della trasformazione (cioe il segno di dξ) e determinato dal valore di ∆rG(ξ):
se nelle condizioni specificate risultasse ∆rG(ξ) < 0 la reazione procederebbe verso la formazione del
prodotto (dξ > 0); se risultasse ∆rG(ξ) > 0 si avrebbe invece conversione della magnetite in ematite
(dξ < 0); nel caso ∆rG(ξ) = 0 le due specie si troverebberero all’equilibrio nell’atmosfera di ossigeno
alla pressione stabilita (dξ = 0).
Per la reazione scritta, applicando la legge di Hess otteniamo
∆rG⊖(T ) = 4∆G⊖
f (Fe3O4(s), T )− 6∆G⊖f (Fe2O3(s), T ) = 391.6 kJ mol−1
e sostituendo tale valore in eq (1) si ha
∆rG = (391.6 × 103 + 8.314 × 298 × ln 0.2) kJ mol−1 = 388 kJ mol−1 > 0
Sulla base delle premesse fatte possiamo stabilire quindi che la magnetite posta in atmosfera di ossigeno
a 0.2 bar a 25 C dovrebbe convertirsi interamente in ematite, che risulta essere la forma termodinami-
camente stabile in tali condizioni.
• La cinetica di tale conversione e tuttavia molto lenta, consentendo l’esistenza della magnetite in
uno stato metastabile. Sul testo ”Chimica Inorganica” di Cotton & Wilkinson si afferma che effettiva-
mente la magnetite si trova in Natura sotto forma di cristalli neri, ottaedrici. Si afferma inoltre che tale
ossido puo essere ottenuto per arrostimento di Fe2O3 sopra i 1400 C . Dai seguenti dati termodinam-
ici, ∆H⊖f (Fe2O3(s), 25
C) = -1118.4 kJ/mole e ∆H⊖f (Fe3O4(s), 25
C) = -824.2 kJ/mole, e facendo le
opportune approssimazioni, si verifichi infatti che per temperature superiori ai 1400 C e alla pressione
pO2 = 0.2 bar la magnetite e termodinamicamente piu stabile dell’ematite.
212
Reazioni in fase eterogenea.
Consideriamo una generica reazione
(−νR1)R1 + (−νR2)R2 + · · · = νP1P1 + νP2P2 + · · ·
in cui i reagenti e i prodotti sono distribuiti tra piu fasi. Vogliamo esplicitare ∆rG(T, p, ξ) e la costante
di equilibrio per tale reazione. Applichiamo la relazione generale
∆rG(T, p, ξ) =∑
i
νiµi(T, p, ξ) (2)
dove T, p, ξ specificano le condizioni istantanee del sistema in reazione (immaginando di bloccarlo in uno
stato di equilibrio con l’esterno), con ξ il grado di avanzamento a partire da certe condizioni iniziali sui
numeri di moli, e µi(T, p, ξ) i potenziali chimici delle varie specie. Tali potenziali sono esplicitabili in
generale come segue,
fase solida o liquida : µi(T, p, ξ) = µi(T, p)∗ + RT ln ai(T, p, ξ)‡≃ µ⊖
i (T ) + RT ln ai(T, p, ξ)
fase gassosa : µi(T, p, ξ) = µ⊖i (T ) + RT ln ai(T, p, ξ)
in cui µi(T, p)∗ sono i potenziali chimici dei solidi/liquidi puri, µ⊖i (T ) e il potenziale chimico standard dei
gas, e ai(T, p, ξ) sono le attivita delle varie specie. Per il passaggio ‡ e stata trascurata la dipendenza del
potenziale chimico dalla pressione per le fasi condensate (”modello a volume molare nullo”), sostituendo
i potenziali alla pressione effettiva p con i potenziali standard. Inserendo tali relazioni in eq (2) otteniamo
quindi
∆rG(T, p, ξ) = ∆rG⊖(T ) + RT ln Πiai(T, p, ξ)νi (3)
con
∆rG⊖(T ) =
∑
i
νiµ⊖i (T )
Hess=
∑
i
νi ∆G⊖f (i, T )
Ponendo ∆rG(T, p, ξeq) = 0 corrispondente alla condizione di equilibrio dG = 0 a T e p fissate, otteniamo
la forma generale della costante di equilibrio termodinamica
Keq(T ) = Πiai(T, p, ξeq)νi = e−∆rG
⊖(T )/RT (4)
che risulta essere adimensionale (talvolta vengono utilizzate altre forme della costante, non adimension-
ali, quali Kp = Πipνii ...). Nelle relazioni scritte, le attivita dei componenti vengono specificate sulla base
di modelli per le varie fasi:
miscela gassosa : ai(T, p, ξ) =fi(T, p, ξ)
p⊖=
piγi(T, p, ξ)
p⊖miscela liquida o solida : ai(T, p, ξ) = xiγi(T, p, ξ)
soluti in soluzione diluita : ai(T, p, ξ) =miγ
2
i (T, p, ξ)
m⊖
in cui entrano i coefficienti di attivita/fugacita coerenti con gli stati di riferimento adottati. Quando si
esplicita la produttoria eq (4) per Keq, quindi, occorre anche specificare quale modello si sta adottando
per descrivere il comportamento delle varie specie nel sistema.
213
In particolare, nei casi in cui (i) i componenti in fase condensata si trovino allo stato puro (non si
formino miscele), e (ii) i componenti in fase gas costituiscano una miscela perfetta, allora le relazioni
precedenti si riducono a
miscela gassosa ideale : ai(T, p, ξ) =pi
p⊖componenti liquidi/solidi puri : ai(T, p, ξ) ≡ 1
Sotto queste assunzioni, nelle equazioni (3) e (4) per ∆rG e Keq entrano solo le pressioni parziali
all’equilibrio delle specie in fase gassosa. Applicando ad esempio tali modelli al problema specifico (in
cui i due ossidi sono solidi e allo stato puro, e l’ossigeno e in fase gassosa assunta ideale) da eq (3) si
ottiene subito l’eq (1).
214
Esercizio 9.6
Si consideri la sintesi dell’ammoniaca in fase gassosa,
N2(g) + 3H2(g) = 2NH3(g)
assumendo comportamento ideale della miscela. 1) Si dimostri che la concentrazione massima di am-
moniaca nel reattore e realizzata quando il rapporto tra azoto e idrogeno all’equilibrio e 1:3. 2) Si
supponga di partire da n0H2
= 3n0N2
moli iniziali dei reagenti, e ammoniaca assente; si discuta come la
resa in ammoniaca dipende dalla pressione applicata.
Prima parte)
Sotto l’assunzione di comportamento ideale della fas gas, la costante di equilibrio della reazione e
esplicitata come
Keq =(pNH3/p
⊖)2
(pN2/p⊖)(pH2/p
⊖)3=
p2NH3
pN2p3H2
(p⊖)2pi=[i]RT
=[NH3]
2
[N2][H2]3
(
p⊖
RT
)2
(1)
dove [i] indicano concentrazioni volumetriche delle specie. Da eq (1) segue
[NH3]2 = βT [N2][H2]
3 (2)
con βT ≡ keq(T )(RT/p⊖)2 dipendente solo dalla temperatura (fissata). Altra equazione che lega le
concentrazioni delle tre specie e
pNH3 = p− (pN2 + pH2) = p−RT ([N2] + [H2])
dalla quale, dividendo m. a m. per RT , segue
[NH3] = p/RT − ([N2] + [H2]) (3)
Introducendo il rapporto
r =[N2]
[H2]
le eqs (2) e (3) diventano
[NH3]2 = βT [H2]
4 r (4)
[NH3] = p/RT − [H2] (1 + r) (5)
Ricavando [H2] da eq (4) e sostituendo in eq (5) otteniamo la seguente equazione per [NH3] in funzione
del rapporto r:
[NH3] + f(r)[NH3]1/2 − p/RT = 0 , f(r) =
1 + r
(βT r)1/4
215
Risolvendo eq (6) come equazione di 2 grado nell’incognita [NH3]1/2, otteniamo la seguente radice
significativa:
[NH3]1/2 = −f(r)
2+
√
(
f(r)
2
)2
+p
RT
Determiniamo ora i punti stazionari della funzione [NH3]1/2 verso r imponendo d[NH3]
1/2/dr = 0; tale
condizione porta a
d[NH3]1/2
dr= 0 ⇔ df(r)
dr
f(r)
2√
(f(r)/2)2 + p/RT− 1
= 0
Si verifica facilmente che il termine tra parentesi graffe e sempre < 0, e quindi l’annullamento della
derivata prima e realizzato per
d[NH3]1/2
dr= 0 ⇔ df(r)
dr=
4r1/4 − r−3/4(1 + r)
4r1/2= 0 ⇔ r =
1
3
Con qualche passaggio algebrico si verifica inoltre la seguente condizione sulla derivata seconda valutata
nel punto stazionario,
d2[NH3]1/2
dr2
∣
∣
∣
∣
∣
r=1/3
< 0
pertanto r = 1/3 e un punto di massimo per la funzione [NH3]1/2 e, quindi, lo e anche per la funzione
[NH3] [• si verifichi questa affermazione]. Riassumendo, abbiamo stabilito che la massima concentrazione
di ammoniaca nel reattore e ottenuta quando r = 1/3, cioe per [H2] = 3[N2] all’equilibrio.
Seconda parte)
Poniamo n0 = n0N2
, e consideriamo il bilancio di moli tenendo presente che si parte dal rapporto
stechiometrico azoto/idrogeno 1:3 in assenza di ammoniaca,
N2(g) + 3H2(g) = 2NH3(g)
n0 − x 3n0 − 3x 2x
Ponendo pi = p yi, la costante di equilibrio in eq (1) viene esplicitata in termini di frazioni molari:
Keq(T ) =y2NH3
yN2y3H2
(
p⊖
p
)2
(7)
Dal numero totale di moli pari a ntot = 4n0 − 2x ricaviamo le frazioni molari come yi = ni/ntot, e
sostituendole in eq (7) dopo qualche passaggio algebrico si ottiene
Keq(T ) =16
27
x2(2n0 − x)2
(n0 − x)4
(
p⊖
p
)2
(8)
Ponendo y = n0 − x, eq (8) viene convenientemente trasformata in
Keq(T ) =16
27
(
n20 − y2
y2
)2 (p⊖
p
)2
216
dalla quale si ricava facilmente l’incognita y2, estraendo poi da questa la radice positiva
y = n0
[
1 +
(
p⊖
p
)
√
16
27Keq
]−1/2
≡ n0 − x
Da tale relazione ricaviamo infine la resa in ammoniaca come
resa ≡ x/n0 = 1− 1[
1 +(
p⊖
p
)√
1627Keq
]1/2(9)
che esprime il grado di conversione di N2 in NH3 partendo dal rapporto stechiometrico tra i reagenti
(cambiando tale rapporto cambia la resa!). A 450 C la costante di equilibrio della reazione scritta e
dell’ordine Keq ≃ 4 × 10−5; inserendo tale dato in eq (9) otteniamo il seguente profilo della resa in
funzione della pressione applicata:
10-1 100 101 102 103 104 1050
20
40
60
80
100
resa
%
p /bar
Notiamo che un incremento di pressione determina un aumento della resa, ma che la maggiore sensi-
bilita rispetto a tale parametro di controllo e limitata al campo di pressioni tra 102÷104 bar, dopodiche
per realizzare incrementi anche minimi della resa occorre aumentare di molto la pressione. Tenendo
presente che la reazione e esotermica, sarebbe piu conveniente operare a basse temperature per avere
un valore piu elevato di Keq. Tuttavia la forza intrinseca del legame N ≡ N comporta elevata energia
di attivazione e conseguente cinetica lenta, quindi lavorare a bassa temperatura diventa proibitivo. In
sede industriale il processo di sintesi viene effettuato in presenza di catalizzatori. Nel processo Haber
si utilizza un catalizzatore a base di Fe metallico + allumina + sali di potassio, attivo alle temperature
dell’ordine di 450-500 C ; a tali temperature, come visto, per incrementare la resa e necessario applicare
elevate pressioni di esercizio, dell’ordine di 200 atm.
Importante: tutte le considerazioni sopra fatte valgono rigorosamente sotto l’assunzione che la mis-
cela gassosa abbia comportamento ideale; cio non e verificato nel caso in esame, se non a pressioni
sufficientemente basse. Il diagramma presentato sopra ha quindi solo importanza qualitativa...
217
Esercizio 9.7
L’ossido di argento, che puo decomporsi come
2Ag2O(s) = 4Ag(s) + O2(g)
ha una energia libera standard di formazione di -11.20 kJ/mole a 25 C . Quanto argento metallico
(PA= 107.87 gr/mole) si potra formare a partire da un grammo di ossido di argento (PM = 231.74
gr/mole) posto in un contenitore chiuso contenente una mole di azoto, il tutto mantenuto a pressione
costante di 1 bar ed alla temperatura di 25 C ?
In figura rappresentiamo lo stato iniziale del sistema: l’ossido di argento in atmosfera inerte di azoto
nel contenitore chiuso a pressione e temperatura mantenute costanti.
Stato iniziale:
1 mole N2 (g)
1 gr. Ag2O (s)
T = 298 K (fissata)
p = 1 bar (fissata)
Grazie ai rapporti stechiometrici della reazione, la quantita di argento prodotto e correlabile alla quantita
di ossigeno sviluppato fino al raggiungimento dell’equilibrio nel sistema chiuso. Allo scopo di determinare
il numero di moli di ossigeno sviluppato, calcoliamo innanzitutto la costante di equilibrio della reazione
alla temperatura T = 298 K:
Keq(T ) = e−∆rG⊖(T )/RT
dove
∆rG⊖(T ) = ∆G⊖
f (O2(g), T ) + 4∆G⊖f (Ag(s), T )− 2∆G⊖
f (Ag2O(s), T )
= −2× (−11.20) kJ mol−1 = 22.40 kJ mol−1
e quindi
Keq(T ) = exp
− 22.4 × 103 J mol−1
8.314 J K−1 mol−1 × 298 K
= 1.2× 10−4
218
Assumendo comportamento ideale della miscela gassosa, e considerando che Ag e Ag2O solidi si trovano
nell’ambiente di reazione allo stato puro, abbiamo inoltre (si veda la nota generale alla fine dell’esercizio
no. 5 per le reazioni in fase eterogenea):
Keq(T ) =pO2
p⊖=⇒ pO2 = 1.2 × 10−4 bar
Sapendo che la pressione totale e fissata al valore p = 1 bar, ricaviamo la frazione molare dell’ossigeno
in fase gas all’equilibrio
p = 1 bar , pO2 = p yO2 =⇒ yO2 = 1.2× 10−4
e quindi ne determiniamo le moli generate:
yO2 =nO2
nN2 + nO2
nO2≪nN2≃ nO2
nN2
=⇒ nO2 ≃ yO2nN2 = 1.2 × 10−4 × 1 mole = 1.2× 10−4 moli
Dalla stechiometria della reazione ricaviamo quindi la corrispondente quantita di argento prodotto
nAg = 4nO2 = 4.8× 10−4 moliPAAg=107.87 gr/mole↔ 0.05 grammi di Ag
Occorre pero fare una verifica finale: c’e ossido di argento a sufficienza per raggiungere l’equilibrio
oppure la quantita di argento che si forma e limitata dall’ammontare iniziale dell’ossido? Per rispondere
alla domanda determiniamo le moli iniziali di Ag2O nel sistema:
n0Ag2O =
1 gr
231.74 gr/mole= 4.3× 10−3 moli
Dalla stechiometria 1:2 tra ossido e argento vediamo che tale ammontare di ossido puo produrre fino a
8.6× 10−3 moli di argento metallico, quindi viene raggiunto l’equilibrio prima che l’ossido si esaurisca.
219
Esercizio 9.8
I gradi di dissociazione del vapore acqueo
H2O(g) = H2(g) +1
2O2(g)
e dell’anidride carbonica
CO2(g) = CO(g) +1
2O2(g)
alla stessa temperatura, T = 1500 K, ed alla stessa pressione, sono rispettivamente 2.2×10−4 e 4.8×10−4.
Determinare la costante di equilibrio per la reazione
CO(g) + H2O(g) = CO2(g) + H2(g)
a 1500 K.
Esplicitiamo innanzitutto le costanti di equilibrio relative alle due reazioni di dissociazione:
KH2O =(pH2/p
⊖)(pO2/p⊖)1/2
(pH2O/p⊖)=
pH2 p1/2O2
pH2O(p⊖)−1/2 =
yH2 y1/2O2
yH2O(p/p⊖)1/2 (1)
KCO2 =(pCO/p⊖)(pO2/p
⊖)1/2
(pCO2/p⊖)
=pCO p
1/2O2
pCO2
(p⊖)−1/2 =yCO y
1/2O2
yCO2
(p/p⊖)1/2 (2)
Osserviamo che la reazione data e la sottrazione delle due reazioni di dissociazione; formalmente vale
∆rG⊖ = ∆rG
⊖H2O − ∆rG
⊖CO2
e poiche
∆rG⊖
H2O = −RT ln KH2O , ∆rG⊖
CO2= −RT ln KCO2 , ∆rG
⊖ = −RT ln Keq
segue subito che
Keq =KH2O
KCO2
(3)
dove tutte le costanti sono riferite alla stessa temperatura. Per valutare Keq dobbiamo quindi deter-
minare KH2O e KCO2 dai gradi di dissociazione αH2O e αCO2 forniti. Per la dissociazione dell’acqua a
partire da n0 moli abbiamo il seguente bilancio stechiometrico
H2O(g) = H2(g) +1
2O2(g)
n0 − n0αH2O n0αH2O n0αH2O/2
da cui segue ntot = n0(1 + αH2O/2), e quindi otteniamo le frazioni molari
yH2O =1− αH2O
1 + αH2O/2≃ 1
yH2 =αH2O
1 + αH2O/2≃ αH2O = 2.2 × 10−4
yO2 =αH2O/2
1 + αH2O/2≃ 1
2αH2O = 1.1× 10−4
220
dove le approssimazioni fatte sono lecite in quanto αH2O ≪ 1. Sostituendo tali valori in eq (1) si ottiene
KH2O = 2.31 × 10−6 (p/p⊖)1/2
Procedendo allo stesso modo per la decomposizione di CO2 si ricava
KCO2 = 7.44 × 10−6 (p/p⊖)1/2
Inserendo tali espressioni nel rapporto eq (3) le pressioni incognite si elidono (i gradi di dissociazione
forniti sono riferiti alle stesse condizioni di temperatura e pressione), e quindi ricaviamo
Keq = 0.31
• Avrei potuto risolvere il problema se il grado di dissociazione del vapore acqueo fosse stato dato alla
temperatura di 1000 K e quello dell’anidride a 1500 K?
• Si verifichi che la varianza del sistema all’equilibrio e pari a F = 4.
221
Esercizio 9.9
Quant’e la concentrazione di ozono, O3, nell’aria in assenza di fonti inquinanti? Fare una valutazione
sulla base dell’energia libera di formazione ∆fG⊖(O3(g), 25C) = 163.2 kJ/mole. (La frazione molare
dell’ossigeno nell’aria e pari a 0.2).
Consideriamo la reazione di formazione dell’ozono dall’ossigeno (produzione di 1 mole):
3
2O2(g) = O3(g)
Stabiliamo subito che, essendo l’ossigeno gassoso lo stato di riferimento, per tale reazione si ha ∆rG⊖(T ) ≡
∆G⊖f (O3(g), T ) = 163.2 kJ mol−1 a T = 298 K. Da tale dato valutiamo la costante di equilibrio
Keq(T ) = e−∆rG⊖(T )/RT = 2.5× 10−29
che ci consente di determinare la frazione molare di ozono nell’aria:
Keq =pO3/p
⊖
(pO2/p⊖)3/2
pi=pyi= (p/p⊖)−1/2 yO3
y3/2O2
=⇒ yO3 = y3/2O2
(p/p⊖)1/2 Keq
= (0.2)3/2 × (1.013)1/2 × 2.5× 10−29
= 2.2× 10−30
dove si e posto p = 1 atm = 1.013 bar. Vediamo quindi che l’ozono e fortemente sfavorito termodi-
namicamente rispetto all’ossigeno; tuttavia, in assenza di catalizzatori della sua decomposizione, esso
e ”cineticamente stabile” e puo accumularsi negli strati elevati dell’atmosfera tra i 15 e i 25 km di
altitudine, dove la sua concentrazione raggiunge anche il 27% in peso...
222
Esercizio 9.10
In un recipiente vuoto, termostatato alla temperatura di 400 K, viene introdotto del n-pentano gassoso
che si trasforma parzialmente sia nell’isomero isopentano che nell’isomero neopentano, entrambi gassosi.
Sapendo che l’energia libera standard di formazione di n-pentano, isopentano e neopentano alla temper-
atura di 400 K vale, nell’ordine, 40.2, 34.4 e 37.6 kJ/mole, determinare la composizione del sistema in
condizioni di equilibrio supponendo che le deviazioni dal comportamento ideale delle tre specie gassose
siano simili.
Per semplificare la notazione, stabiliamo le seguenti associazioni:
n− pentano ↔ A , i− pentano ↔ B , neo− pentano ↔ C
Nel contenitore si hanno simultaneamente due reazioni di isomerizzazione (indipendenti) in fase gas
1) A(g) = B(g) ↔ KAB
2) A(g) = C(g) ↔ KAC
con KAB e KAC le rispettive costanti di equilibrio. Dalle energie libere di formazione standard date dal
problema ricaviamo le costanti di equilibrio a T = 400 K come segue
−RT ln KAB = ∆rG⊖
AB(T ) = −5.8 kJ mol−1 ⇒ KAB = 5.720
−RT ln KAC = ∆rG⊖
AC(T ) = −2.6 kJ mol−1 ⇒ KAC = 2.185
Dobbiamo ora mettere in relazione tali costanti con la concentrazione delle specie in fase gas. Esplici-
tiamo le due costanti di equilibrio in termini delle fugacita delle specie gassose:
KAB =fB/p⊖
fA/p⊖=
pBγB
pAγA
∗≃ pB
pA=
yB
yA=
yB
1− yB − yC≡ 5.720
KAC =fC/p⊖
fA/p⊖=
pCγC
pAγA
∗≃ pC
pA=
yC
yA=
yC
1− yB − yC≡ 2.185
dove per i passaggi ∗ abbiamo semplificato i coefficienti di fugacita assumendoli circa uguali: la devi-
azione dal comportamento ideale e simile per le tre specie (dato del problema). Disponiamo quindi di
un sistema di due equazioni per le due incognite yB e yC che, risolto, porta al seguente risultato:
yB =KAB
1 + KAB + KAC= 0.642 , yC =
KAC
1 + KAB + KAC= 0.245 , yA = 1− yB − yC = 0.113
dove sono stati inseriti i valori delle costanti di equilibrio determinati in precedenza. All’equilibrio la
miscela e quindi formata dall’11.3 % di n-pentano, 64.2 % di i-pentano e 24.5 % neo-pentano.
• Qual e la varianza del sistema?
223
Esercizio 9.11
La pressione dell’ossigeno nell’equilibrio di dissociazione del biossido di manganese
4MnO2(s) = 2Mn2O3(s) + O2(g)
e di 0.729 bar a 836 K, e di 0.259 bar a 791 K. Quant’e il calore assorbito per mole di biossido di
manganese dissociato?
Immaginiamo di fare avvenire la decomposizione del biossido in ambiente termostatato e mantenuto a
pressione costante; a pressione costante il calore scambiato con il termostato e pari alla variazione di
entalpia tra lo stato iniziale (grado di avanzamento 0) e lo stato finale (grado di avanzamento ξ). In
generale vale
p = cost. : q = ∆H =
∫ ξ
0dξ′(
∂H
∂ξ′
)
T,p
≡∫ ξ
0dξ′∆rH(ξ′)
Nel caso in cui la miscela gassosa sia ideale si verifica facilmente che ∆rH(ξ′) ≡ ∆rH⊖, consentendo di
portare tale grandezza fuori dall’integrale ottenendo
miscela gassosa ideale : q = ξ ∆rH⊖ (1)
Per determinare il calore scambiato dobbiamo quindi stabilire di quanto e avanzata la reazione, cioe ξ,
e quanto vale ∆rH⊖ alla temperatura in questione. Nota la quantita di biossido dissociato otteniamo
il corrispondente grado di avanzamento della reazione:
ξ =nMnO2 − n0
MnO2
νMnO2
=−1 mole
−4= 0.25 moli (2)
Per valutare il ∆rH⊖ utilizziamo i valori della pressione di equilibrio dell’ossigeno alle due temperature,
correlati l’un l’altro dall’equazione di van’t Hoff integrata,
van′t Hoff :d ln Keq(T )
dT=
∆rH⊖(T )
RT 2
∗=⇒ ln
Keq(T2)
Keq(T1)=
∆rH⊖
R
(
1
T1− 1
T2
)
∗∗≡ lnpO2(T2)
pO2(T1)= ln
0.729
0.259= 1.035
dove per il passaggio ∗ si e assunto che ∆rH⊖ sia essenzialmente costante nell’intervallo di temperature
tra T1 = 791 K e T2 = 836 K, mentre per ∗∗ sono state esplicitare le costanti di equilibrio per la reazione
in fase eterogenea,
Keq = Πiaνi
i =a3
Mn2O3(s) aO2(g)
a4MnO2(s)
=pO2
p⊖
dove ai sono le attivita delle specie coinvolte: aMn2O3(s) = aMnO2(s) = 1 in quanto sono specie solide
pure, e aO2(g) = pO2/p⊖ assumendo comportamento ideale dell’ossigeno gassoso (si veda la nota generale
alla fine dell’esercizio no. 5). Ricaviamo quindi il valore di ∆rH⊖,
∆rH⊖
8.314 J K−1 mol−1
(
1
791− 1
836
)
K−1 = 1.035 ⇒ ∆rH⊖ = 126.4 kJ mol−1 (3)
e sostituendo eqs (2) e (3) in eq (1) otteniamo q = 31.6 kJ > 0. Per la dissociazione del biossido di
manganese e quindi necessario fornire calore dall’esterno.
224
Esercizio 9.12
Bromo molecolare si sviluppa da bromuro rameico secondo la reazione
2CuBr2(s) = 2CuBr(s) + Br2(g)
Per temperature nel campo 50 C - 110 C , la pressione del bromo gassoso all’equilibrio e descritta dalla
relazione
ln(p/p⊖) = 21.03 − 11642/T
Estrapolare la costante di equilibrio, ∆rG⊖, ∆rS
⊖ e ∆rH⊖ per la reazione a 25 C .
Il problema fornisce in pratica l’equazione per ln Keq in funzione della temperatura; infatti, per la
reazione in esame si ha
Keq =pBr2
p⊖
(i bromuri sono entrambi puri allo stato solido, quindi non entrano nell’espressione di Keq; si veda la
nota alla fine dell’esercizio no. 5), e quindi l’equazione data dal problema e riscrivibile come
ln Keq(T ) = a− b/T , a = 21.03 , b = 11642 K
Tale equazione vale nel campo di temperature tra 50 C e 110 C , nel quale si suppone essere stata
ricavata sperimentalmente; tuttavia, essendo richiesta una estrapolazione della costante di equilibrio a
25 C , e in mancanza di ulteriori informazioni, e lecito applicarla al di fuori di tale campo, assumendo
che per temperature non troppo lontane dagli estremi dell’intervallo essa sia ancora valida con buona
approssimazione. Quindi, inserendo T = 298 K stimiamo
Keq(T = 298 K) = 1.5× 10−8
Correliamo Keq all’energia libera di reazione standard mediante
∆rG⊖(T ) = −RT ln Keq(T ) = (−aT + b)R
e alla temperatura di 298 K otteniamo il valore
∆rG⊖(T = 298 K) = (−21.03 × 298 + 11642) K× 8.314 J K−1 mol−1 = 44.7 kJ mol−1
Valutiamo ∆rS⊖(T ) derivando l’espressione di ∆rG
⊖(T ) rispetto alla temperatura:
∆rS⊖(T ) = −d∆rG
⊖(T )
dT= aR = 175 J K−1 mol−1
Infine,
∆rH⊖(T ) = ∆rG
⊖(T ) + T ∆rS⊖(T ) = bR = 96.8 kJ mol−1
225
Esercizio 9.13
A 25 C l’energia libera e l’entalpia standard di formazione di HBr(g) valgono rispettivamente -53.45
kJ mol−1 e -36.40 kJ mol−1; alla stessa temperatura, le analoghe quantita per Br2(g) valgono 3.110
kJ mol−1 e 30.907 kJ mol−1. Si calcoli la costante di equilibrio della seguente reazione di decomposizione
a 1000 K
HBr(g) =1
2Br2(g) +
1
2H2(g)
Assumendo comportamento ideale della fase gassosa, si valuti la percentuale di HBr che risulta dissociato
alla temperatura di 1000 K, all’interno di un contenitore in cui sia stato inizialmente introdotto solo
l’acido.
Indichiamo con T1 = 298 K la temperatura alla quale sono riferiti i dati termodinamici forniti, e con
T2 = 1000 K la temperatura alla quale viene instaurato l’equilibrio. La costante di equilibrio richiesta
e ottenibile mediante
Keq(T2) = e− ∆rG⊖(T2)/RT2 (1)
e quindi dobbiamo in primo luogo valutare ∆rG⊖(T2). A tale scopo ricorriamo alla relazione di Gibbs-
Helmholtz nella seguente forma
d(∆rG⊖(T )/T )
d(1/T )= ∆rH
⊖(T )
e integriamo tale relazione tra le temperature T1 e T2, assumendo (in mancanza di informazioni ulteriori)
che ∆rH⊖(T ) ≃ ∆rH
⊖(T1) sia essenzialmente costante in tale intervallo; si ottiene quindi
∆rG⊖(T2)
T2− ∆rG
⊖(T1)
T1= ∆rH
⊖(T1)
(
1
T2− 1
T1
)
e riarrangiando
∆rG⊖(T2) = ∆rG
⊖(T1)T2
T1+ ∆rH
⊖(T1)
(
1− T2
T1
)
(2)
Dai dati forniti, applicando la legge di Hess otteniamo
∆rG⊖(T1) =
1
2∆G⊖
f (Br2(g), T1)− ∆G⊖f (HBr(g), T1) = 55.005 kJ mol−1
∆rH⊖(T1) =
1
2∆H⊖
f (Br2(g), T1)− ∆H⊖f (HBr(g), T1) = 51.854 kJ mol−1
in cui si e tenuto conto del fatto che l’idrogeno gassoso e lo stato di riferimento a 298 K. Sostituendo
tali valori in eq (2) ricaviamo
∆rG⊖(T2) = 62.428 kJ mol−1
e inserendo in eq (1) si ha infine
Keq(T2) = exp
− 62.428 × 103 J mol−1
8.314 J K−1 mol−1 × 1000 K
= e−7.51 = 5.5× 10−4
226
Per determinare il grado di dissociazione dell’acido consideriamo il seguente bilancio stechiometrico,
sapendo che nel sistema sono inizialmente presenti solo n0 moli di HBr:
HBr(g) =1
2Br2(g) +
1
2H2(g)
n0 − n0α n0α/2 n0α/2
dove α indica il grado di dissociazione. Il numero totale di moli presenti nel sistema e quindi costante,
ntot = n0, e le frazioni molari risultano
yHBr = 1− α , yBr2 = yH2 = α/2
dalle quali otteniamo le pressioni parziali
pHBr = p(1− α) , pBr2 = pH2 = pα/2
con p la pressione totale. In condizioni di equilibrio le pressioni parziali devono soddisfare al vincolo
imposto dalla costante di equilibrio, cioe
Keq(T2) =(pBr2/p
⊖)1/2(pH2/p⊖)1/2
pHBr/p⊖=
p1/2Br2
p1/2H2
pHBr=
α/2
1− α≡ 5.5 × 10−4
dove si e assunto che la miscela abbia comportamento ideale (fugacita ≡ pressioni parziali). Dall’ultima
uguaglianza ricaviamo il valore di α
Equilibrio a 1000K : α = 1.1× 10−3
cioe l’acido risulta dissociato per lo 0.11 %.
• Si verifichi che, per tale sistema preparato partendo da HBr(g) puro, la varianza e pari a F = 2.
Quanti e quali vincoli sulle variabili di composizione entrano nel conteggio dei componenti indipen-
denti?
227
Esercizio 9.14
Calcolare la pressione parziale dell’idrogeno atomico a 2000 K e 1 bar di pressione in presenza della
reazione H2(g) = 2H(g). Sono noti i seguenti dati: ∆rH⊖(298K) = 0.21799 kJ mole−1, ∆rS
⊖(298K) =
49.35 J K−1 mole−1; la capacita termica di H2 gassoso si stima costante con la temperatura e pari a 31
J K−1 mole−1; la capacita termica di H gassoso si stima costante e pari a 3R/2.
Per la reazione in esame la costante di equilibrio e data da
Keq =(pH/p⊖)2
pH2/p⊖ ≡ p2
H
(p − pH)p⊖
dove per l’ultimo passaggio si e considerato che pH2 = p−pH. Da tale espressione otteniamo l’equazione
di algebrica di secondo grado p2H + pH(p⊖Keq) − pp⊖Keq = 0, per la quale si ha la seguente radice
significativa:
pH = −p⊖Keq
2+
1
2
√
(p⊖Keq)2 + 4pp⊖Keq (∗)
Per determinare pH dobbiamo prima valutare la costante di equilibrio, alla temperatura T = 2000 K,
mediante
Keq(T ) = e−∆rG⊖(T )/RT , ∆rG⊖(T ) = ∆rH
⊖(T )− T∆rS⊖(T )
I dati termodinamici a disposizione sono pero riferiti alla temperatura T0 = 298 K. Per valutare
∆rH⊖(T ) e ∆rS
⊖(T ) adottiamo l’approssimazione di Kirchhoff (vedi esercizio 4.2) che consiste nel
porre ∆rc⊖p (T ) ≃ ∆rc
⊖p (T0) costante al variare della temperatura. Integrando rispetto alla temperatura
tra T0 di rifeimento e T , si ottiene
∆rH⊖(T ) ≃ ∆rH
⊖(T0) + (T − T0)∆rc⊖p (T0)
∆rS⊖(T ) ≃ ∆rS
⊖(T0) + ∆rc⊖p (T0) ln
T
T0
Dai dati forniti ricaviamo il valore
∆rc⊖p (T0) = 2c⊖p (H(g), T0)− c⊖p (H2(g), T0) =
(
2× 3× 8.314
2− 31
)
J K−1 mole−1 = −6.1 J K−1 mole−1
con cui stimiamo ∆rH⊖(T ) = [217.99 + (2000− 298)× (−6.1)]J mol−1 = −10164 J mol−1 e ∆rS
⊖(T ) =
[49.35+(−6.1)× ln(2000/298)]J K−1 mol−1 = 37.74 J K−1 mol−1. Da questi valori si ottiene ∆rG⊖(T ) =
(−10164 − 2000 × 37.74) J mol−1 = −85644 J mol−1, e quindi Keq(T ) = exp[85644/(8.314 × 2000)] =
172.5. Inserendo questo valore nell’espressione (∗), con p = p⊖ = 1 bar, si arriva al risultato pH = 0.994
bar all’equilibrio (cioe l’idrogeno e essenzialmente presente in forma dissociata alla temperatura di 2000
K).
228
Esercizio 9.15
A 1 bar di pressione e 25 C i calori di combustione di grafite, idrogeno e benzene liquido sono rispet-
tivamente pari a 94.20, 68.31 e 783.4 kcal per mole. L’entropia molare a 1 bar e 25 C e pari a 1.36
calK−1 mol−1 per la grafite, 31.23 calK−1 mol−1 per l’idrogeno, e 41.50 calK−1 mol−1 per il benzene liq-
uido. A quale fugacita dell’idrogeno sarebbero in equilibrio benzene liquido e grafite a 25 C in presenza
di un catalizzatore in grado di decomporre il benzene esclusivamente in grafite e idrogeno?
Consideriamo l’equilibrio al quale siamo interessati (nell’ipotesi che un opportuno catalizzatore consenta
che esso si instauri):
C6H6(l) = 6C(s) + 3H2(g) (∗)La fugacita dell’idrogeno entra nell’espressione della costante di equilibrio alla temperatura in esame
T0 = 298 K:
Keq =
(
fH2
p⊖
)3
≡ e−∆rG⊖(T0)/RT0
Per ottenere fH2 dobbiamo quindi valutare ∆rG⊖(T0) dai calori di combustione e dalle entropie molari
standard delle tre sostanze.
Il calore di combustione di una sostanza e definito come la quantita di calore che si sviluppa dall’ossidazione
di 1 mole della sostanza con produzione di H2O(l) e CO2(g) (ed eventualmente anche N2(g) se e pre-
sente azoto nella sostanza); la reazione si intende in condizioni di temperatura/pressione standard. Il
segno del calore di combustione e quindi determinato dal punto di vista dell’ambiente esterno che lo
assorbe: per ottenere l’entalpia standard di combustione, cioe il ∆rH⊖ della reazione, si prende il calore
di combustione con il segno invertito.
Su tali premesse, consideriamo le tre reazioni di combustione e le rispettive entalpie di reazione
standard a T0 in unita di misura del Sistema Internazionale (ricordare che 1 cal corrisponde a 4.186 J):
C(s) + O2(g) = CO2(g) ∆rH⊖
1) = −394.32 kJ mol−1
H2(g) +1
2O2(g) = H2O(l) ∆rH
⊖2) = −285.94 kJ mol−1
C6H6(l) +15
2O2 = 6CO2(g) + 3H2O(l) ∆rH
⊖3) = −3279.31 kJ mol−1
Si vede che l’opportuna combinazione di tali reazioni fornisce la (∗): si inverte la prima reazione molti-
plicandone i coefficienti per 6, si inverte la seconda moltiplicando i coefficienti per 3, e si somma la
terza; questo porta ad avere il ∆rH⊖ della reazione in esame espresso come
∆rH⊖(T0) = −6∆rH
⊖1) − 3∆rH
⊖2) + ∆rH
⊖3) = −55.57 kJ mol−1
Valutiamo ora ∆rS⊖(298 K) per la reazione in esame dalle entropie molari fornite:
∆rS⊖(T0) = 6S⊖(C(s),T0) + 3S⊖(H2(g),T0)− S⊖(C6H6(l),T0) = 252.62 J K−1 mol−1
Da questi dati si ottiene ∆rG⊖(T0) = ∆rH
⊖(T0)− T0 ∆rS⊖(T0) = (−55570− 298× 252.62) J mol−1 =
−130.9 kJ mol−1, da cui ricaviamo Keq = 8.7 × 1022. Estraendo la radice cubica si ottiene infine la
fugacita dell’idrogeno gassoso all’equilibrio con grafite e benzene, pari a fH2 = 4.4× 107 bar.
229
Esercizio 9.16
In un recipiente munito di pistone mobile, su cui agisce una pressione esterna costante di 1 bar, vengono
introdotti ferro solido e acqua e viene aspirata l’aria inizialmente contenuta. Tale sistema viene quindi
termostatato prima a 900 C e successivamente a 1025 C , attendendo in entrambi i casi che si instauri
l’equilibrio di reazione
Fe(s) + H2O(g) = FeO(s) + H2(g)
L’analisi della miscela gassosa rivela che, all’equilibrio, la pressione parziale di idrogeno vale 427 Torr a
900 C e 450 Torr a 1025 C . Ricavare il ∆rS⊖ per tale reazione a 1025 C .
Esplicitiamo la forma della costante di equilibrio per la reazione in esame,
Keq(T ) =pH2/p
⊖
pH2O/p⊖=
pH2
pH2O
∗=
pH2
p− pH2
dove si e assunto comportamento ideale della miscela gassosa, e in cui le attivita del ferro e dell’ossido
sono state poste uguali a 1 (solidi allo stato puro); per il passaggio ∗ si e tenuto conto del fatto che la
pressione totale e fissata, quindi pH2O = p− pH2. Inserendo i valori delle pressioni parziali dell’idrogeno
alle due temperature T1 = 1173 K (900 C ) e T2 = 1298 K (1025 C ), e facendo la conversione
p = 1 bar ≡ 760 Torr/1.013 = 750 Torr, ricaviamo
Keq(T1) = 1.322 , Keq(T2) = 1.500
Correliamo tali valori alle energie libere standard di reazione come segue
∆rG⊖(T1) = −RT1 ln Keq(T1) = −2722 J mol−1
∆rG⊖(T2) = −RT2 ln Keq(T2) = −4376 J mol−1
Per valutare l’entropia standard di reazione sfruttiamo la seguente relazione differenziale
∆rS⊖(T ) = −d∆rG
⊖(T )
dT
che, sotto l’assunzione che ∆rS⊖(T ) sia debolmente dipendende dalla temperatura tra T1 e T2, porta a
stimare
∆rS⊖(T2) ≃ −
∆rG⊖(T2)− ∆rG
⊖(T1)
T2 − T1= 13.2 J K−1 mol−1
230
Esercizio 9.17
Riportare il numero C dei componenti indipendenti, il numero F dei gradi di liberta (varianza) e
proporre un gruppo conveniente di variabili interne indipendenti per ciascuno dei seguenti sistemi:
a) H2 e O2 sciolti in acqua ed in equilibrio con la fase gassosa;
b) vapore d’acqua riscaldato a temperature molto alte, ove sono presenti anche le specie H2, O2, O e H;
c) una miscela arbitraria di idrogeno e ossigeno alla stessa temperatura di b).
La Regola delle Fasi
Prima di considerare i tre casi specifici definiamo la ”varianza” di un sistema, F , in termini gener-
ali, e poi consideriamone il calcolo per la categoria particolare di sistemi in cui tutte le specie chimiche
sono ripartite tra le varie fasi coesistenti. La varianza e il numero di variabili intensive che posso variare
indipendentemente le une dalle altre (entro certi limiti) senza alterare lo stato fisico del sistema; le
rimanenti variabili risultano univocamente fissate. La varianza e quindi sinonimo di ”gradi di liberta”
del sistema. Nei casi generali (si veda ad esempio l’esercizio no. 18) per determinare F occorre una
analisi dettagliata del sistema. Qui trattiamo la situazione in cui tutte le specie sono presenti in ognuna
delle fasi, e ricaviamo la cosiddetta ”Regola delle Fasi” dovuta a J. W. Gibbs:
F = C + 2 − P (1)
dove:
C ... numero di componenti indipendenti;
P ... numero di fasi presenti;
Nella relazione (1) il termine difficile da quantificare e C; per dargli un significato non ambiguo nel caso
in cui siano presenti equilibri di reazione e/o vincoli stechiometrici ricaviamo eq (1) nel caso generale,
sotto l’unica assunzione che N specie chimiche siano ripartite tra tutte le P fasi. Identifichiamo il
gruppo minimo di variabili intensive necessarie per specificare lo stato del sistema:
Variabili intensive : T , p, (N − 1)× P frazioni molari
dove T e p vanno intese come variabili intensive controllabili dall’esterno, mentre le frazioni molari
sono considerate variabili interne; per definire la composizione del sistema occorre specificare N − 1
frazioni molari per ogni fase, quindi in totale sono necessarie (N − 1) × P variabili di composizione.
[Occorre tenere presente che le variabili intensive possono essere combinate tra loro per ottenere la
rappresentazione piu conveniente; ad esempio, e equivalente specificare p + il set di frazioni molari in
fase gas, e specificare p + il set di pressioni parziali...]. In totale abbiamo
• n di variabili intensive = 2 + (N − 1)P
Per determinare la varianza dobbiamo sottrarre da tale numero di variabili il numero di equazioni che
le correlano (vincoli); il risultato e pari al numero delle variabili specificabili indipendentemente dalle
altre (gradi di liberta del sistema). Le equazioni alle quali le variabili devono soddisfare sono le seguenti:
♦ N specie ripartite tra le P fasi =⇒ N × (P − 1) equilibri di ripartizione che implicano al-
trettante uguaglianze tra i potenziali chimici;
231
♦ R equilibri chimici indipendenti tra le specie =⇒ R equazioni (costanti di equilibrio);
♦ S vincoli stechiometrici relativi alle variabili di concentrazione =⇒ S equazioni (bilanci stechiom.).
Sommando i numeri di vincoli otteniamo
• n di vincoli = N(P − 1) + R + S
e quindi
F = n di variabili intensive − n di vincoli = (N −R− S) + 2 − P
Per confronto con eq (1) possiamo dare quindi il seguente significato al numero di componenti indipen-
denti
C = N −R− S (2)
e vediamo che esso si riduce al numero delle specie chimiche solo in assenza di equilibri chimici e di
vincoli stechiometrici tra di esse. Rimane da specificare l’espressione usata sopra ”equilibri chimici
indipendenti” a proposito di R: nel loro conteggio vanno esclusi gli equilibri associati a reazioni date da
combinazioni di altre. Negli esempi seguenti verranno chiariti i vari punti.
Caso a)
In figura e rappresentato il sistema in questione.
H2 (acq) O2 (acq) H2O (l)
H2 (g) O2 (g) H2O (g)
liq.
gas
a)
Identifichiamo subito N = 3 per le specie chimiche presenti: H2, O2 e H2O (ripartite tra le due fasi);
inoltre si ha R = 0 (non si hanno reazioni chimiche tra le specie) e S = 0 (nessun vincolo stechiometrico
sulle concentrazioni). Pertanto da eq (2) otteniamo il seguente numero di componenti indipendenti
N = 3 , R = 0 , S = 0 ⇒ C = 3
232
Essendo P = 2 il numero delle fasi (liquida e gas), da eq (1) segue
F = 3 + 2− 2 = 3
Che significato dare a tale risultato? Elenchiamo in primo luogo le variabili intensive necessarie per
specificare lo stato del sistema:
variabili intensive : T , p, xH2 , xO2 , yH2 , yO2 (3)
Avere determinato F = 3 implica che solo a 3 di tali variabili possiamo assegnare un valore arbitrario
(entro certi limiti). In particolare, possiamo variare indipendentemente al massimo 3 variabili interne;
ad esempio, queste potrebbero essere le seguenti frazioni molari
variabili interne indipendenti :
fase liquida : xH2 , xO2
fase gassosa : yH2
Attribuendo ad esse dei valori, risultano univocamente determinate le rimanenti frazioni molari e i valori
di T e p. Oppure: se fissiamo T , p e una delle variabili interne, ad esempio xH2 nella fase liquida, allora le
rimanenti variabili intensive del gruppo eq (3), cioe xO2, yH2 e yO2, risultano univocamente determinate.
Proviamo a renderci conto di tale fatto cercando di impostare un sistema di equazioni che consenta di
ricavare tali incognite da T , p e xH2 dati. Per semplicita facciamo l’ipotesi che la fase gassosa abbia
comportamento ideale, e che per la fase liquida siano applicabili la legge di Raoult per il solvente H2O e
la legge di Henry per i soluti diluiti H2 e O2. Alla temperatura scelta risultano specificate la tensione di
vapore dell’acqua pura, p∗H2O(T ), e le due costanti di Henry, KH2(acq)(T ) e KO2(acq)(T ). Consideriamo
le espressioni delle pressioni parziali delle tre specie in fase gassosa,
pH2 = KH2(acq) xH2
pO2 = KO2(acq) xO2
pH2O = p∗H2O xH2O = p∗H2O (1− xH2 − xO2)
Sommando le pressioni parziali otteniamo la pressione totale, che risulta essere una funzione p =
p(xH2 , xO2). Avendo assegnato anche il valore di p, nota xH2 ricaviamo da tale equazione l’incognita
xO2 . Disponendo ora delle tre frazioni molari in fase liquida possiamo valutare le tre pressioni parziali
utilizzando le relazioni date sopra, e valendo pi = p yi ricaviamo anche le tre frazioni molari in fase gas.
Caso b)
Nella seguente figura e rappresentata la preparazione del sistema in questione:
233
b)
H2O (g)
H2 (g) O2 (g)
H (g) O (g)
gas
H2O (g)
gas
stato iniziale a T bassa stato finale a T elevata
Identifichiamo subito N = 5 specie chimiche. Inoltre, nel sistema si hanno i seguenti equilibri chimici
indipendenti
H2O(g) = H2(g) +1
2O2(g)
H2(g) = 2H(g)
O2(g) = 2O(g)
e quindi R = 3. Alle tre reazioni scritte potremmo pensare di aggiungere, ad esempio, anche la seguente
H2O(g) = 2H(g) + O(g)
ma questa reazione e ottenibile come combinazione lineare delle tre precedenti, quindi non porta nuovi
vincoli e non deve essere considerata (come altre simili che potremmo scrivere) nel conteggio di R.
Infine, tenendo presente che si parte da H2O(g) pura che poi si decompone (vedere la figura), dobbiamo
considerare anche il vincolo stechiometrico sulle quantita totali di idrogeno e di ossigeno (quantita
espresse in termini di moli totali di atomi H e O presenti come tali o in forma di idrogeno e ossigeno
molecolari) da essa generate in rapporto 2:1, e pertanto S = 1. Volendo tradurre il vincolo stechiometrico
in forma di equazione si parte dal bilancio di materia sopra esposto, cioe
2nH2 + nH = 2 (2nO2 + nO)
e dividendo per il numero totale di moli presenti si ha
2yH2 + yH = 4yO2 + 2yO
che e l’equazione cercata. Da quanto stabilito, il numero di componenti indipendenti risulta pari a
N = 5 , R = 3 , S = 1 ⇒ C = 1
ed essendo P = 1 (solo fase gassosa) si ottiene infine
F = 1 + 2− 1 = 2
Tale risultato implica che solo due delle variabili intensive, scelte tra T , p e le frazioni molari delle
specie, possono essere variate indipendentemente (entro certi limiti...). In particolare possiamo stabilire
234
indipendentemente il valore di due frazioni molari al massimo. Quali variabili interne possiamo ad
esempio scegliere
variabili interne indipendenti : yO2 , yH2
• Si rifletta su quanto determinato: C = 1 e F = 2. La presenza dell’equilibrio chimico e del vincolo
stechiometrico rende le concentrazioni delle specie fortemente correlate, e il sistema si comporta come
se fosse un’unica specie gassosa ”H2O” nonostante la dissociazione (C = 1). Tale sistema ha inoltre
varianza 2, proprio come una sostanza pura in fase gas.
Caso c)
Il sistema e rappresentato in figura:
c)
H2O (g)
H2 (g) O2 (g)
H (g) O (g)
gas
La temperatura e la stessa del caso b), quindi sono presenti le stesse stesse specie chimiche in equilibrio,
ma a differenza di b) il sistema non e preparato partendo da H2O pura bensı da idrogeno e ossigeno in
quantita arbitraria; cio significa che non si ha piu il vincolo stechiometrico eq (4) e pertanto
N = 5 , R = 3 , S = 0 ⇒ C = 2
Essendo P = 1 risulta quindi
F = 2 + 2− 1 = 3
Al massimo sono quindi variabili indipendentemente 3 tra le frazioni molari; quale gruppo di variabili
interne indipendenti possiamo convenientemente adottare le frazioni molari delle specie molecolari:
variabili interne indipendenti : yO2 , yH2 , yH2O
• Si e piu volte affermato che i valori di F variabili intensive sono assegnabili (indipendentemente) entro
certi limiti. Che significato ha questo ”entro certi limiti”? Si diano alcuni esempi...
235
• Cosa cambia, nella derivazione della Regola delle Fasi data sopra, se non tutte le N specie chimiche
sono ripartite tra le P fasi? Si immaginino dei sistemi che rispecchiano tale situazione, e si provi a
determinarne la varianza e il set opportuno di variabili interne indipendenti (si veda in merito anche
l’esercizio no. 18).
236
Esercizio 9.18
Del carbonato di calcio viene posto in un contenitore, e poi portato ad elevata temperatura instaurando
l’equilibrio
CaCO3(s) = CaO(s) + CO2(g)
Si determini la varianza del sistema nei casi in cui a) nel contenitore venga inizialmente fatto il vuoto,
e b) nel contenitore sia presente N2(g) inerte.
Si osservi in primo luogo che la Regola delle Fasi di Gibbs non e applicabile al caso in esame, in quanto
le tre specie chimiche non sono presenti in tutte le fasi, anzi siamo nel caso limite in cui ogni specie
forma una fase a se stante e non c’e mescolamento: CaCO3(s) e CaO(s) costituiscono due fasi solide
immiscibili (pure) e CO2(g) e presente solo in fase gassosa. Per determinare la varianza del sistema
possiamo ignorare i due solidi puri (purche siano presenti nel sistema!), in quanto ad essi non viene
associata una variabile di composizione. Consideriamo i due casi.
a) CO2(g) pura in fase gas.
Le variabili intesive necessarie per specificare il sistema sono solo due: T e p ≡ pCO2,eq. Tenendo
presente la condizione di equilibrio chimico, se viene specificata la temperatura allora la pressione e
determinata (e viceversa); pertanto il sistema ha varianza 1. Infatti, assumendo comportamento ideale
della fase gas la costante di equilibrio e data da
Keq(T ) =pCO2,eq
p⊖
e correla in modo univoco pCO2,eq a T . Applicando una pressione maggiore si sposta la reazione verso la
formazione irreversibile del carbonato (quindi viene soppressa la fase gassosa o si consuma tutto l’ossido
se e presente in difetto), mentre se il sistema viene mantenuto costantemente ad una pressione inferiore
tutto il carbonato si decompone: in entrambi i casi, mantenendo una pressione diversa da pCO2,eq(T )
il sistema viene alterato sopprimendo una fase. Per convincersi di cio in altro modo si puo esprimere
l’energia libera di reazione per il processo: ∆rG = ∆rG⊖ + RT ln(p/p⊖) in cui si e gia tenuto conto del
fatto che in fase gas c’e solo la CO2. Se realizzo la condizione p = pCO2,eq si e all’equilibrio in quanto
∆rG = 0, se invece mantengo p > pCO2,eq si ha che ∆rG > 0 e il processo procede irreversibilmente
con formazione del carbonato, mentre se mantengo p < pCO2,eq risulta ∆rG < 0 e il processo procede
irreversibilmente con decomposizione del carbonato.
b) CO2(g) + N2(g) in fase gas.
Le variabili intensive necessarie per specificare il sistema sono ora tre: T , p e yCO2 (oppure yN2).
L’equilibrio chimico impone che, scelta T , sia determinata pCO2. Dato pero che pCO2,eq = p yCO2, posso
variare indipendentemente p oppure yCO2 per realizzare il valore di pCO2,eq imposto. Quindi il sistema
ha varianza 2: scegliendo ad esempio T e p si ha che yCO2 risulta automaticamente determinata.
237
ESERCIZI DA SVOLGERE
Esercizio 9.19
Determinare la temperatura alla quale la pressione di equilibrio pCO2 dell’anidride carbonica sopra
CaCO3(s) e di 105 Pa, noto che essa e 13332 Pa a 1035 K, e che il calore della reazione
CaCO3(s) = CaO(s) + CO2(g)
e di 167.91 kJ/mole.
Risultato: 1154 K.
Esercizio 9.20
Una certa quantita di PCl5 gassoso, introdotta in un recipiente vuoto alla temperatura di 200 C , e
dissociata per il 40% in PCl3 e Cl2 gassosi quando la pressione totale e di 1 bar. Calcolare la percentuale
di PCl5 dissociato, a tale temperatura, quando la pressione totale e di 0.5 bar.
Risultato: 52 %
Esercizio 9.21
In un cilindro munito di pistone viene fatto il vuoto e poi introdotta 1 mole di N2O4 gassoso, che si
decompone secondo la reazione
N2O4(g) = 2NO2(g)
In condizioni di equilibrio, alla temperatura di 298.15 K e alla pressione di 0.5 bar sono presenti 0.525
moli di NO2. Supponendo che il comportamento della miscela gassosa sia ideale, calcolarne la compo-
sizione se il sistema viene compresso isotermicamente fino a portare la pressione a 1 bar.
Risultato: 32 % di NO2, 68 % di N2O4. Suggerimento: si ricavi e si utilizzi la seguente espressione
per la costante di equilibrio,
Keq =4α2
1− α2
(
p
p⊖
)
in cui α e il grado di dissociazione di N2O4. Mentre Keq(T ) dipende solo dalla temperatura, e quindi
rimane invariata, il valore di α dipende dalla pressione applicata... Qual e la varianza di tale sistema?
238
Esercizio 9.22
Chi fuma al bordo di una piscina inala sia ossido di carbonio che cloro. E possibile che nei polmoni
avvenga la reazione che porta alla formazione di fosgene? (CO+Cl2 = COCl2). Assumere pCO = pCl2 =
10−5atm; le energie libere di formazione in kJ/mole valgono -164.1 per l’ossido di carbonio e -288.7 per
il fosgene.
Risultato: la risposta e affermativa. Per convincersene, si provi a verificare che per tale reazione a
25 C risulta ∆rG < 0 fino a pressioni elevatissime di fosgene, quindi la sua formazione del composto
tossico e possibile nell’ambiente polmonare.
239
Esercizio 9.23
In un serbatotio introduco 3 moli di H2 e 3 moli di Br2 gassosi, e porto la temperatura a 1000 K
instaurando l’equilibrio con l’acido bromodrico. Qual e la varianza del sistema?
240
Capitolo 10
Elettrochimica: equilibri in soluzione e
celle elettrochimiche
241
Esercizio 10.1
A 25 C la solubilita in acqua di AgCl(s) espressa in molalita e di 1.3×10−5 moli/kg. Di quanto varia la
solubilita dell’argento cloruro in seguito all’aggiunta di 0.1 moli di NaNO3 per kilogrammo di solvente?
Stimare i coefficienti di attivita degli ioni secondo l’equazione di Debye-Huckel
log10 γ± = −0.509|z+z−|√
I
dove I = 12
∑
i miz2i e la forza ionica della soluzione.
La reazione di dissociazione del sale e la seguente,
AgCl(s) = Ag+(acq) + Cl−(acq)
alla quale e associato il prodotto di solubilita
Ks(T ) = e−∆rG⊖/RT = aAg+(acq)aCl−(acq)
A temperatura fissata, la costante termodinamica Ks(T ) e invariante rispetto al cambio di forza ionica
della soluzione, mentre ne risentono le due attivita. Per gli ioni, secondo la convenzione sui soluti in
soluzioni diluite, abbiamo
aAg+(acq) =mAg+
m⊖ γ± ≡m
m⊖ γ± , aCl−(acq) =mCl−
m⊖ γ± ≡m
m⊖ γ±
dove γ± e il coefficiente di attivita medio associato alla coppia di ioni, e m e la concentrazione molale di
AgCl in soluzione (solubilita). Indicando con m0 e γ0± la solubilita e il coefficiente di attivita in acqua,
l’invarianza di Ks implica
(
m
m⊖ γ±
)2
=
(
m0
m⊖ γ0±
)2
=⇒ m
m⊖ γ± =m0
m⊖ γ0±
e quindi
m = m0 γ0±
γ±(1)
Per deterninare γ± e γ0± utilizziamo il modello di Debye-Huckel:
γ± = 10−0.509 |z+z−|√
I , I =1
2
∑
i
miz2i
in cui z+ e z− sono le cariche degli ioni (in unita di carica |e|) della coppia alla quale e riferito γ±, e I e
la forza ionica del mezzo nella cui espressione entrano le molalita e le cariche di tutti gli ioni in soluzione
(compresi quelli della coppia in esame). Per i due casi (dissoluzione in acqua pura e in soluzione di
NaNO3) abbiamo
Acqua pura : I =1
2× 2× (m0 × 1) = m0 =⇒ γ0
± = 10−0.509√
m0 ≃ 1
Soluz. NaNO3 0.1 molale : I =1
2× 2× (mNaNO3 × 1) +
+ contributo di Ag+ e Cl− trascurabile ≃ mNaNO3
=⇒ γ± = 10−0.509√
mNaNO3 = 0.69
242
Inserendo tali valori in eq (1) otteniamo infine
m = 1.3× 10−5 moli kg−1 × 1
0.69= 1.9 × 10−5 moli kg−1 > m0
Vediamo quindi che l’aumento di forza ionica dovuto all’aggiunta di nitrato comporta un incremento
della solubilita del cloruro di argento; tale effetto e noto come effetto sale.
• Cosa cambia, nella derivazione e nel risultato, se invece di NaNO3 si aggiunge NaCl ? (effetto ione
comune).
243
Esercizio 10.2
Si consideri una soluzione acquosa di NaCl nelle condizioni in cui vale la seguente espressione per il
coefficiente di attivita medio
ln γ± = −am1/2
dove a e una costante e m e la molalita del sale nella soluzione. Determinare la dipendenza da m del
coefficiente di attivita dell’acqua.
Le specie in soluzione sono Cl−(acq), Na+(acq) e il solvente H2O(l). A temperatura e pressione fissate,
i loro coefficienti di attivita (riferiti alle rispettive convenzioni sui potenziali chimici) sono correlati dalla
relazione di Gibbs-Duhem:
∑
i
ni dµi = 0
con ni i numeri di moli dei componenti; estesamente,
nNa+(acq) dµNa+(acq) + nCl−(acq) dµCl−(acq) + nH2O(l) dµH2O(l) = 0 (1)
Esplicitiamo i potenziali chimici da inserire in eq (1):
µNa+(acq) = µ⊖Na+(acq) + RT ln
mNa+
m⊖ γ±
µCl−(acq) = µ⊖Cl−(acq) + RT ln
mCl−
m⊖ γ±
µH2O(l) = µ⊖H2O(l) + RT ln xH2OγH2O
dove per gli ioni e stata adottata la convenzione sui soluti in soluzioni diluite, con γ± il coefficiente
di attivita medio associato alla coppia Na+ e Cl−, mentre per H2O e stata adottata la convenzione
del componente in largo eccesso (solvente) in soluzione. Adottando tali forme nei differenziali in eq
(1), e tenendo presente che valgono le relazioni mNa+ = mCl− ≡ m (molalita del sale completamente
dissociato) e nNa+ = nCl− ≡ nNaCl, si arriva a
2nNaCl d ln
(
m
m⊖ γ±
)
+ nH2Od ln(xH2OγH2O) = 0
e quindi
2xNaCl d ln
(
m
m⊖ γ±
)
+ xH2Od ln(xH2OγH2O) = 0 (2)
La frazione molare del sale e del solvente sono correlate l’una all’altra dalla seguente relazione (esatta)
xNaCl = m xH2O MH2O (3)
dove MH2O e la massa molare del solvente espressa in kg/mole. [• Come si ricava eq (3)?]. Sostituendo
eq (3) in eq (2), e semplificando xH2O, otteniamo
2mMH2O d ln
(
m
m⊖γ±
)
+ d ln(xH2OγH2O) = 0
da cui
d ln(xH2OγH2O) = −2m MH2O d ln
(
m
m⊖ γ±
)
(4)
244
Notiamo che, a T e p fissate, le grandezze xH2O, γH2O e γ± dipendono solo dalla molalita m del sale.
In particolare, possiamo sviluppare il differenziale al secondo membro di eq (4) differenziando rispetto
a m ottenendo
T, p fissate : d ln
(
m
m⊖γ±
)
=dm
m+
(
∂lnγ±∂m
)
T,pdm
e sostituendo in eq (4) si ha
d ln(xH2OγH2O) = −2MH2O
(
1 + m∂ ln γ±
∂m
)
dm (5)
Integriamo ora i due membri di eq (5) tra il valore m = 0 (solvente puro), al quale corrispondono
xH2O(m = 0) = 1 e γH2O(m = 0) = 1, e un valore generico di molalita; si ottiene
ln(xH2OγH2O) = −2MH2O m − 2MH2O
∫ m
0dm′ m′ ∂ ln γ±
∂m′ (6)
Per esplicitare la derivata di ln γ± nell’integrale ricorriamo alla relazione data dal problema,
ln γ± = −a (m′)1/2 =⇒ ∂ ln γ±∂m′ = − a
2(m′)1/2=⇒
∫ m
0dm′ m′ ∂ ln γ±
∂m′ = −a
3m3/2
Sostituendo tale risultato in eq (6), e adottando l’approssimazione xH2O ≃ 1 (soluzione diluita) nel
logaritmo al primo membro, si arriva al risultato
ln γH2O ≃MH2O
(
−2m +2
3am3/2
)
Si osservi che, correttamente, ln γH2O tende a 0 (cioe γH2O tende a 1) per m→ 0.
245
Esercizio 10.3
Nel processo di disinfezione delle acque superficiali con cloro gassoso si sfrutta la formazione dell’agente
disinfettante acido ipocloroso, HOCl, grazie all’equilibrio
Cl2(g) + H2O(l) = HOCl(acq) + H+(acq) + Cl−(acq)
Sulla base dei seguenti dati termodinamici riferiti a 25 C ,
∆G⊖f (kJ/mole)
Cl−(acq) −131.23
HOCl(acq) −79.05
H2O(l) −237.13
si verifichi che il processo e realizzabile insufflando cloro alla pressione di 1 bar in un’acqua a pH = 7
mantenuto costante, e con concentrazione di cloruri inizialmente presenti pari a 10 mg/litro (il P.A. del
cloro e 35.45 gr/mole). Assumere comportamento ideale di tutte le specie nel sistema.
Il problema e traducibile nel verificare che, nelle condizioni specificate, la reazione di formazione
dell’acido ipocloroso avviene spontaneamente (fino a produrre concentrazioni rilevanti dell’agente).
Dobbiamo verificare quindi che sia ∆rG < 0 fino a concentrazioni sufficientemente elevate di HOCl
per garantire la disinfezione; la relazione da utilizzare e
∆rG = ∆rG⊖ + RT ln Πia
νii (1)
Dai dati termodinamici forniti valutiamo in primo luogo ∆rG⊖ a T = 298 K:
∆rG⊖(T )
Hess= ∆G⊖
f (HOCl(acq), T ) + ∆G⊖f (H+(acq), T ) + ∆G⊖
f (Cl−(acq), T )
−[∆G⊖f (Cl2(g), T ) + ∆G⊖
f (H2O(l), T )]
≡ ∆G⊖f (HOCl(acq), T ) + ∆G⊖
f (Cl−(acq), T )− ∆G⊖f (H2O(l), T ) = 26.85 kJ mol−1
dove si e tenuto conto che il cloro gassoso costituisce lo stato di riferimento termodinamico per le
grandezze di formazione, e che ∆G⊖f (H+(acq), T ) = 0 (convenzione sullo ione idrogeno). Consideriamo
ora il contributo di concentrazione in eq (1):
Πiaνii =
aHOCl(acq)aH+(acq)aCl−(acq)
aCl2(g)aH2O(l)
in cui le attivita delle varie specie vanno esplicitate in accordo con le rispettive convenzioni sui potenziali
chimici,
aH2O(l) = γH2OxH2O∗≃ xH2O
aCl2(g) = γCl2
pCl2
p⊖∗≃ pCl2
p⊖= 1
aH+(acq) = γH+mH+
m⊖∗≃ mH+
m⊖
aCl−(acq) = γCl−mCl−
m⊖∗≃ mCl−
m⊖
aHOCl(acq) = γHOClmHOCl
m⊖∗≃ mHOCl
m⊖
246
dove per H2O(l) e stata adottata la convenzione sui solventi, per H+(acq), Cl−(acq) e HOCl(acq) la
convenzione sui soluti in soluzioni diluite, e per Cl2(g) l’attivita di specie gassose; tutti i coefficienti di
attivita/fugacita sono implicitamente riferiti alle deviazioni rispetto agli stati standard nelle rispettive
convenzioni, e sono stati posti uguali ad 1 nei passaggi indicati con ∗ (si assume comportamento ideale
di tutte le specie). In primo luogo possiamo porre xH2O ≃ 1, data la diluizione dei soluti. Poi, l’attivita
dello ione idrogeno solvatato e direttamente ottenibile dal pH dato e mantenuto costante:
pH = − log10 aH+(acq) = 7 =⇒ aH+(acq) = 10−7
Nota la concentrazione iniziale dei cloruri nell’acqua da depurare pari a 10 mg/litro, corrispondenti a
[Cl−]0 = 2.8× 10−4 moli/litro, dal rapporto stechiometrico 1:1 tra acido ipocloroso e cloruri deduciamo
che la concentrazione finale di cloruri sara pari a
[Cl−] = [Cl−]0 + [HOCl] = 2.8× 10−4 moli/litro + [HOCl]
Per valutare l’attivita del cloruro teniamo presente che, in soluzioni acquose diluite a 25 C aventi densita
circa pari a 1 kg/litro, la concentrazione molare e quella molale coincidono numericamente; quindi, dalla
precedente relazione tra le molarita, stabiliamo
mCl−
m⊖ ≃ 2.8× 10−4 +mHOCl
m⊖ =⇒ aCl−(acq) ≃ 2.8 × 10−4 + aHOCl(acq)
Inserendo i valori di ∆rG⊖ e delle attivita in eq (1), e imponendo la condizione di processo spontaneo,
si ottiene la seguente disuguaglianza in cui solo aHOCl(acq) rimane come parametro libero
26.85 × 103 + 8.314 × 298 ln
aHOCl(acq) × 10−7 × (2.8 × 10−4 + aHOCl(acq))
1× 1
< 0
e che e soddisfatta, dal punto di vista numerico, per valori aHOCl(acq) < 14 (il che significa, in termini
pratici, per tutte le concentrazioni di HOCl realizzabili...). Abbiamo quindi stabilito che, nelle con-
dizioni di esercizio, si forma acido ipocloroso.
• Si ripeta il calcolo nel caso in cui il pH dell’acqua sia inizialmente 7 ma non venga tamponato, e
poi nel caso di acqua molto acida a pH = 1 costante. Come cambia l’efficacia del processo abbassando
il pH?
247
Esercizio 10.4
Calcolare il prodotto di solubilita di AgCl dai seguenti valori dei potenziali standard a 25 C :
E⊖(Ag+/Ag) = 0.80 V, E⊖(AgCl/Cl−) = 0.22 V.
Consideriamo l’elettrodo di 2a specie
Ag(s) | AgCl(s) | KCl(acq)
per il quale possiamo scrivere le semireazioni di riduzione (convenzione europea)
1) AgCl(s) + e− = Ag(s) + Cl−(acq)
2) Ag+(acq) + e− = Ag(s)
Secondo 1), l’equilibrio redox si instaura tra l’argento metallico e Ag(I) del cloruro di argento depositato
su di esso; secondo 2) l’equilibrio redox si instaura invece tra l’argento metallico e gli ioni Ag+(acq) in
soluzione. I corrispondenti potenziali di elettrodo, esplicitati secondo l’equazione di Nernst, sono
E1)= E⊖
AgCl/Ag −RT
Fln aCl−(acq)
E2)= E⊖
Ag+/Ag −RT
Fln
1
aAg+(acq)
dove F = 96585 C mol−1 e la costante di Faraday, e in cui le attivita delle specie solide (presenti allo
stato puro) sono state poste uguali a 1. Trattandosi del potenziale riferito allo stesso elettrodo, le due
espressioni devono essere equivalenti; uguagliandole e riarrangiando si arriva a
−RT
Fln[aCl−(acq)aAg+(acq)] = E⊖
Ag+/Ag − E⊖AgCl/Ag
≡ −RT
Fln Ks
con Ks = aCl−(acq)aAg+(acq) il prodotto di solubilita del sale. Segue quindi
Ks = exp
− F
RT[E⊖
Ag+/Ag − E⊖AgCl/Ag]
= exp
− 96485 C mol−1
8.314 J K−1 mol−1 × 298 K× [0.80 − 0.22] V
= e−22.57 = 1.57 × 10−10
Osserviamo che i due potenziali standard sono correlati l’uno all’altro mediante il prodotto di solubilita.
248
Esercizio 10.5
Note l’energia libera standard di formazione, ∆G⊖f = 77.11 kJ/mole, e l’entalpia standard di for-
mazione, ∆H⊖f = 105.58 kJ/mole, dello ione Ag+(acq) solvatato in acqua a 25 C , calcolare il potenziale
standard dell’elettrodo Ag+(acq)/Ag(s) a 0 C .
Per risolvere il problema dobbiamo determinare come il potenziale standard dell’elettrodo dipende
dalla temperatura. Nella nota alla fine dell’esercizio sono ricavate due forme generali (equivalenti) che
esplicitano tale dipendenza; consideriamo nel seguito il caso specifico della semireazione di riduzione in
esame in cui e coinvolto un solo elettrone,
Ag+(acq) + e− = Ag(s)
per la quale
E⊖Ag+/Ag(T ) = − ∆rG
⊖(T )
F
∗≡∆G⊖
f (Ag+(acq),T)
F(1)
dove per il passaggio ∗ si e tenuto conto del fatto che Ag(s) e lo stato di riferimento per le grandezze di
formazione. Dividendo m. a m. eq (1) per la temperatura si ha
E⊖Ag+/Ag(T )/T =
∆G⊖f (Ag+(acq),T)/T
F
e derivando rispetto a 1/T si ottiene
d[E⊖Ag+/Ag(T )/T ]
d(1/T )=
1
F
d[∆G⊖f (Ag+(acq),T)/T ]
d(1/T )Gibbs−Helm.
=∆H⊖
f (Ag+(acq),T)
F
Integrando tale forma tra le temperature T1 = 298 K e T2 = 273 K sotto l’assunzione che la grandezza
∆H⊖f sia con buona approssimazione costante in tale intervallo, si ottiene
E⊖Ag+/Ag(T2)
T2=
E⊖Ag+/Ag(T1)
T1+
∆H⊖f (Ag+(acq), T1)
F
(
1
T2− 1
T1
)
(2)
dove ∆H⊖f (Ag+(acq), T1) = 105.58 kJ mol−1 e il dato fornito dal problema, mentre per determinare il
valore del potenziale a T1 = 298 K utilizziamo eq (1):
E⊖Ag+/Ag(298 K) =
77.11 × 103 J mol−1
96485 C mol−1= 0.80 V
Inserendo i valori numerici in eq (2) otteniamo infine
E⊖Ag+/Ag(273 K)
273 K=
0.80 V
298 K+
105.58 × 103 J mol−1
96485 C mol−1
(
1
273− 1
298
)
K−1 =⇒ E⊖(273 K) = 0.82 V
249
Dipendenza del potenziale standard di elettrodo dalla temperatura
Partiamo dalla relazione che correla il potenziale standard di elettrodo al ∆rG⊖ della generica semireazione
di riduzione (secondo la convenzione europea):
Ox + νe− = Red , E⊖Ox/Red(T) = − ∆rG
⊖(T)
νF
Da questa si ricavano immediatamente le relazioni
a)dE⊖
Ox/Red(T )
dT= − 1
νF
d∆rG⊖(T )
dT= − 1
νF(−∆rS
⊖(T )) =∆rS
⊖(T )
νF
b)d(E⊖
Ox/Red/T )
d(1/T )= − 1
νF
d(∆rG⊖/T )
d(1/T )= − ∆rH
⊖(T )
νF
dove alla base di a) c’e la relazione differenziale (∂G/∂T )p = −S, mentre per ottenere b) si e fatto
ricorso alla Gibbs-Helmholtz. Integrando a) e b) tra due temperature si ricavano le relazioni generali
A) E⊖Ox/Red(T2) = E⊖
Ox/Red(T1) +1
νF
∫ T2
T1
dT ∆rS⊖(T )
∗≃ E⊖Ox/Red(T1) +
∆rS⊖(T1)
νF(T2 − T1)
B) E⊖Ox/Red(T2) = E⊖
Ox/Red(T1)T2
T1+
T2
νF
∫ T2
T1
dT∆rH
⊖(T )
T 2
∗≃ E⊖Ox/Red(T1)
T2
T1− ∆rH
⊖(T1)
νF
(
1− T2
T1
)
dove le approssimazioni ∗ valgono sotto l’ipotesi che ∆rS⊖(T ) ≃ ∆rS
⊖(T1) e ∆rH⊖(T ) ≃ ∆rH
⊖(T1)
siano essenzialmente costanti nell’intervallo di temperatura tra T1 e T2. Le due relazioni differenziali
a) e b), o le corrispondenti forme integrate A) e B), sono ovviamente equivalenti tra loro: le une sono
preferibili alle altre in base ai dati termodinamici disponibili (∆rS⊖ o ∆rH
⊖) per la semireazione.
• Per un elettrodo in condizioni standard (ad esempio l’elettrodo standard a idrogeno, SHE) si ha
EOx/Red(T ) ≡ E⊖Ox/Red(T ), e il parametro dE⊖
Ox/Red/dT e detto coefficiente di temperatura dell’elettrodo
standard. Un buon elettrodo di riferimento da utilizzare in misure di f. e. m. deve avere elevato o basso
coefficiente di temperatura?
250
Esercizio 10.6
La pressione di ossigeno O2(g) in equilibrio di dissociazione con Ag2O(s) e di 5.0× 10−4 bar a 25 C .
Scrivere la reazione per la seguente cella galvanica:
Ag(s)|Ag2O(s)|NaOH(acq)|O2(g,p = 0.2 bar),Pt
e calcolarne la forza elettromotrice alla stessa temperatura.
Partiamo dalle semireazioni di riduzione per i processi agli elettrodi
Sin : Ag2O(s) + H2O(l) + 2e− = 2Ag(s) + 2OH−(acq)
Dx : O2(g) + 2H2O(l) + 4e− = 4OH−(acq)
Prendendo, per convenzione, ossidazione a sinistra e riduzione a destra, e bilanciando le semireazioni
(ν = 4), la reazione di cella che corrisponde alla scrittura data e
O2(g) + 4Ag(s) = 2Ag2O(s)
In merito alle convenzione sulla scrittura della reazione di cella si rimanda alla nota alla fine dell’esercizio.
Applicando la legge di Nernst, la f. e. m. (la cella funziona come pila) e data da
E = E⊖ − RT
4Fln
1
pO2/p⊖ (1)
dove le attivita dei solidi puri sono poste unitarie, e per l’ossigeno e stato assunto comportamento
ideale (fugacita ≡ pressione parziale). Per valutare E⊖ sfruttiamo l’informazione supplementare data
dal problema: la pressione di ossigeno in equilibrio con l’ossido alla stessa temperatura di esercizio della
cella. Con riferimento alla reazione scritta, la costante di equilibrio e data da
Keq =1
peqO2
/p⊖= 2× 103
in cui e stato inserito il valore peqO2
= 5.0× 10−4 bar. Da Keq risaliamo al ∆rG⊖ per la reazione di cella
∆rG⊖ = −RT ln Keq = −8.314 J K−1 mol−1 × 298K × ln(2× 103) = −18832 J mol−1
e quindi arriviamo a valutare E⊖ come
E⊖ = − ∆rG⊖
4F= − (−18832) J mol−1
4× 96485 C mol−1= 0.049 V
Equivalentemente, per arrivare al valore di E⊖ basta immaginare di lasciare che la pila si scarichi,
cioe che la pressione di ossigeno all’elettrodo di destra si riduca progressivamente dai 0.2 bar iniziali
fino al valore peqO2
corrispondente all’equilibrio chimico. In tali condizioni E = 0, e da eq (1) si ricava
direttamente
E⊖ =RT
4Fln
1
peqO2
/p⊖
Infine, inserendo i valori numerici in eq (1) si ottiene
E = 0.049 V− 8.314 J K−1 mol−1 × 298K
4× 96485 C mol−1× ln(1/0.2) = 0.038 V
• Se avessimo bilanciato le semireazioni con ν = 2 (cioe dividendo la semireazione a Dx per due),
oppure ad esempio con ν = 8 (moltiplicando la semireazione a Sin per 4 e quella a Dx per 2) cosa
sarebbe cambiato? Avrei ottenuto un diverso valore di E? Perche?
251
Scrittura delle celle, reazione di cella e convenzioni
La scrittura convenzionale di una cella elettrochimica (puo trattarsi indifferentemente di una pila o
di una cella elettrolitica) e del seguente tipo:
specie elettrodo di sinistra | specie del contatto interno | specie elettrodo di destra
Ad esempio,
Pt,H2(g) | HCl(acq) | O2(g),Pt (‡)
Secondo la convenzione europea, le semireazioni ai due elettrodi vengono scritte come riduzioni. Nel
caso dell’esempio:
Sin : 2H+(acq) + 2e− = H2(g)
Dx : O2(g) + 4H+(acq) + 4e− = 2H2O(l)
Sempre per convenzione, la reazione di cella viene ottenuta assumendo che la cella funzioni come pila,
cioe che all’elettrodo di sinistra avvenga l’ossidazione (anodo), che a quello di destra avvenga la riduzione
(catodo), quindi che il passaggio di elettroni avvenga da sinistra verso destra e la reazione sia spontanea;
bilanciando e sommando le due semireazioni si ottiene la redox globale. Nel caso dell’esempio:
Reaz. di cella : O2(g) + 2H2(g) = 2H2O(l)
Corrispondentemente, la caduta di potenziale misurabile tra gli elettrodi di destra e sinistra (chiudendo
esternamente il circuito con una resistenza) e data da ∆V = VDx − VSin. In particolare, il suo valore E
”a circuito aperto” (nel limite di resistenza esterna infinitamente elevata e quindi corrente tendente a
zero) e dato da
E = EDx −ESin
dove EDx e ESin sono i potenziali di riduzione ai due elettrodi (valutati rispetto ad un comune rifer-
imento). Essendo in condizioni di reversibilita (corrente i → 0), la connessione tra il lavoro elettrico
effettuato per trasferire di un certo ammontare di carica da sinistra a destra, e il ∆G, consente di
esplicitare E in termini di attivita delle specie agli elettrodi (equazione di Nernst).
La distinzione tra cella galvanica (pila) e cella elettrolitica viene fatta sulla base della spontaneita
o meno della reazione di cella. Dalla relazione ∆rG = −νFE segue che se E > 0 risulta ∆rG < 0,
e la reazione di cella avanza spontaneamente verso i prodotti: in tal caso la cella funziona come pila,
E e la sua f. e. m., e il flusso spontaneo di elettroni da Sin a Dx e utilizzabile per compiere lavoro
sull’esterno; se invece dalla differenza tra i potenziali di elettrodo risulta che E < 0, allora rispetto alla
reazione scritta il dispositivo e una cella elettrolitica: la reazione non e spontanea, e per farla avvenire
occorre intervenire sul sistema applicando un opportuna d. d. p. ∆Vext tale da ”vincere” quella opposta
della cella. Nel caso dell’esempio, supponiamo di operare con gli elettrodi in condizioni standard; da
E⊖H2(g)/H+(acq) = 0 V e E⊖
O2(g),H+(acq)/H2O(l) = +1.23 V a 25 C risulta E ≡ E⊖ = +1.23 V > 0, e quindi
la scrittura (‡) corrisponde ad una pila.
252
Esercizio 10.7
Si consideri la seguente cella galvanica a 773 K
Cd(l) | KCl,CdCl2(l) | amalgama Cd,Bi(l, xCd = 0.423)
in cui la fase elettrolitica e formata da una miscela di sali fusi dissociati, mentre gli elettrodi sono
costituiti da cadmio metallico liquido e da una miscela di Cd e Bi. Nota la f.e.m. della cella pari a
0.0329 V, si determini il coefficiente di attivita del cadmio nella miscela Cd,Bi(l). Inoltre, valutare la
pressione del cadmio sopra tale miscela, tenendo conto che a 773 K la tensione di vapore del cadmio
puro e di 14.84 mmHg.
Rispetto alla scrittura della cella, le semireazioni di riduzione agli elettrodi di sinistra (Sin) e destra
(Dx) sono le seguenti:
Sin : Cd2+ + 2e− = Cd(l)
Dx : Cd2+ + 2e− = Cd(mix)
dove Cd(mix) indica il cadmio in amalgama (miscela) con il bismuto. La reazione globale di cella,
ottenuta per convenzione considerando l’elettrodo Sin funzionante come anodo (ossidazione) e l’elettrodo
Dx come catodo (riduzione), risulta essere la semplice reazione di dissoluzione del cadmio nel bismuto:
Cd(l) = Cd(mix)
Del resto il problema afferma che si tratta di una pila, e infatti si ha E > 0: l’elettrodo di sinistra e
effettivamente l’anodo, quello di destra e il catodo, E e la f. e. m. (forza elettromotrice) della cella, e
la dissoluzione del cadmio nel bismuto avviene spontaneamente. Applicando la relazione Nernst, la f.
e. m. e esplicitata da
E = E⊖ − RT
2Fln
aCd(mix)
aCd(l)= E⊖ − RT
2Fln aCd(mix) (1)
dove si e posto attivita unitaria del cadmio liquido (puro). Valutiamo in primo luogo E⊖ per tale cella:
−2FE⊖ = ∆rG⊖ =⇒ E⊖ = − ∆rG
⊖
2F≡ − 1
2F[µ⊖
Cd(mix) − µ⊖Cd(l)]
∗= 0
dove per il passaggio ∗ si e considerato il fatto che µ⊖Cd(mix) = µ⊖
Cd(l) (infatti, per il potenziale chimico del
cadmio in miscela si adotta la forma µCd(mix) = µ∗Cd(l)+RT ln aCd(mix) ≃ µ⊖
Cd(l)+RT ln aCd(mix), e lo stato
standard e riferito ad attivita unitaria). Un altro modo per stabilire che E⊖ = 0 e osservare che il sistema
tende all’equilibrio mediante la continua riduzione e miscelazione di cadmio al catodo, con progressiva
diluizione del bismuto. Cio corrisponde al limite di due elettrodi identici: Cd(l) sia a sinistra che a destra,
con xCd(mix) = 1 e quindi aCd(mix) = 1. Inserendo in eq (1) tale valore limite di attivita, e ponendo
E = 0 corrispondente alla condizione di equilibrio, si ottiene appunto E⊖ = 0. Tenendo presente questo
risultato ed esplicitando l’attivita del cadmio in amalgama come aCd(mix) = xCd(mix)γCd(mix), eq (1)
diventa
E = −RT
2Fln[xCd(mix)γCd(mix)]
dato del problema≡ 0.0329 V (2)
253
Nota la composizione alla quale e riferita tale f. e. m., cioe xCd(mix) = 0.423, inserendo F =
96485 C mol−1 e T = 773 K in eq (2) ricaviamo
γCd(mix) = 0.88
Infine, per determinare la pressione parziale del cadmio sopra un amalgama che ha la composizione di
quella all’elettrodo, applichiamo la legge di Raoult generalizzata per miscele non ideali:
pCd = p∗Cd xCd(mix)γCd(mix) = 14.84 mmHg× 0.423 × 0.88 = 5.53 mmHg
254
Esercizio 10.8
Determinare la forza elettromotrice a 25 C della cella galvanica
Pt,H2(g,p = p⊖) | HCl(acq,m = 0.1mol/kg) | Cl2(g,p = p⊖),Pt
nota l’energia libera di formazione ∆G⊖f = −131.23 kJ/mole per il Cl−(acq), ed avendo stimato γ± =
0.796 come coefficiente di attivita medio dell’acido cloridrico nella soluzione a molalita m = 0.1 mol/kg.
Scriviamo le semireazioni di riduzione per i processi ai due elettrodi:
Sin : 2H+(acq) + 2e− = H2(g)
Dx : Cl2(g) + 2e− = 2Cl−(acq)
Prendendo, per convenzione, ossidazione a sinistra e riduzione a destra, la reazione di cella risulta essere
H2(g) + Cl2(g) = 2H+(acq) + 2Cl−(acq)
e la d. d. p. ”a circuito aperto” e valutabile applicando la relazione di Nernst,
E = E⊖ − RT
2Fln
a2H+(acq)a
2Cl−(acq)
aH2(g)aCl2(g)(1)
dove le varie ai sono le attivita delle specie coinvolte, esplicitabili secondo le rispettive convenzioni
sui potenziali chimici. Per le specie gassose agli elettrodi assumiamo comportamento ideale, quindi
aH2(g) = pH2/p⊖ ≡ 1 e aCl2(g) = pCl2/p
⊖ ≡ 1 (entrambe le pressioni agli elettrodi sono pari a p⊖). Per
le specie ioniche adottiamo la convenzione dei soluti in soluzioni diluite,
aH+(acq) =mH+(acq)
m⊖ γ± , aCl−(acq) =mCl−(acq)
m⊖ γ±
dove γ± = 0.796 e il coefficiente di attivita medio della coppia di ioni, e mH+(acq) = mCl−(acq) = mHCl =
0.1 mol kg−1. Risulta quindi aH+(acq) = aCl−(acq) = 0.0796.
Per valutare E⊖ da inserire in eq (1) determiniamo il ∆rG⊖ della reazione di cella a 298 K dal dato
termodinamico fornito,
∆rG⊖ Hess
= 2∆G⊖f (Cl−(acq), T ) + 2∆G⊖
f (H+(acq), T )− ∆G⊖f (H2(g), T )− ∆G⊖
f (Cl2(g), T )
≡ 2∆G⊖f (Cl−(acq), T ) = −262.46 kJ mol−1
dove si e tenuto conto del fatto che le grandezze di formazione degli elementi gassosi sono nulle, e che
l’energia libera di formazione di H+(acq) e posta uguale a zero a tutte le temperature (convenzione sullo
ione idrogeno). Quindi,
E⊖ = − ∆rG⊖
2F= 1.36 V
Inserendo i valori numerici in eq (1) si ottiene
E = 1.36 V − 8.314 J K−1 mol−1 × 298 K
2× 96485 C mol−1× ln
(0.0796)2 × (0.0796)2
1× 1= 1.49 V
Come afferma il problema, vediamo che la scrittura data corrisponde effettivamente ad una cella gal-
vanica (pila) in quanto risulta E > 0.
255
Esercizio 10.9
Una cella in cui avviene la reazione
Pb(s) + Hg2Cl2(s) = PbCl2(s) + 2Hg(l)
ha una f.e.m. di 0.5357 V a 25 C , e questa aumenta di 1.45 × 10−4 V/ C . Calcolare a 25 C :
a) il lavoro massimo ottenibile dalla cella per mole di Pb sciolto;
b) il calore di reazione;
c) la variazione di entropia;
d) il calore assorbito dalla cella per mole di Pb disciolto reversibilmente.
Il problema fornisce la reazione di cella
Pb(s) + Hg2Cl2(s) = PbCl2(s) + 2Hg(l)
e implicitamente stabilisce che si tratta di una pila; infatti E > 0 e la f. e. m. della cella, e la reazione
scritta avviene quindi spontaneamente. Le semireazioni agli elettrodi, scritte per convenzione come
riduzioni, sono le seguenti
Sin : PbCl2(s) + 2e− = Pb(s) + 2Cl−(acq) (←− , anodo)
Dx : Hg2Cl2(s) + 2e− = 2Hg(l) + 2Cl−(acq) (−→ , catodo)
dove tra parentesi sono indicati i versi effettivi dei processi. Vediamo subito che la f. e. m. e costante e
pari a E⊖ anche se la reazione di cella avanza; infatti tutte le specie sono presenti in forma condensata
allo stato puro (attivita unitarie). Consideriamo ora i vari punti del problema.
a) Lavoro massimo ottenibile per mole di Pb sciolto
Possiamo prevedere che wel < 0, in quanto il sistema-pila compie lavoro elettrico sull’esterno. Il lavoro
massimo e ottenibile facendo lavorare la pila in modo reversibile, e la derivazione formale delle relazioni
che lo esplicitano e fornita nella nota alla fine dell’esercizio. Nel caso specifico esso e ricavabile anche
intuitivamente come il elettrico nel trasferimento della quantita di carica ∆Q = (−2Fξ), con ξ il grado
di avanzamento della reazione, dall’elettrodo di sinistra a quello di destra sotto la d. d. p. costante
pari a E⊖,
wmax = (wel)rev = (−2Fξ)E⊖
Inserendo ξ = 1 mole (corrispondente alla dissoluzione di 1 mole di piombo) e E⊖ = 0.5357 V, si ottiene
wmax = (−2× 96485 C mol−1 × 1 mole)× 0.5357 V = −103.4 kJ
b) Calore di reazione
Il calore di reazione a T e p fissate e il ∆H del processo, e corrisponde al calore scambiato con il
termostato se la cella viene cortocircuitata (si veda l’eq (I) nella nota finale). Per un generico grado di
avanzamento ξ, esso e dato dall’integrale
qreaz = ∆H =
∫ ξ
0dξ′∆rH(T, p, ξ′)
256
con ∆rH(T, p, ξ′) riferito alla reazione di cella. Se tutte le specie coinvolte hanno comportamento ideale,
oppure se tutte le specie sono presenti in forma pura allo stato condensato, si ha che ∆rH(T, p, ξ′) ≡∆rH
⊖(T ) [• lo si dimostri]. Nel caso specifico siamo nella seconda situazione, quindi
qreaz ≡ ξ ∆rH⊖(T ) (1)
Il ∆rH⊖ a 25 C e ottenibile nota la variazione della f. e. m. con la temperatura. Infatti, partendo
dalla Gibbs-Helmholtz applicata alle grandezze standard di reazione, con alcuni passaggi si deriva
∆rH⊖ Gibbs−Helmholtz
=d(∆rG
⊖/T )
d(1/T )∆rG⊖=−νFE⊖
= −νFd(E⊖/T )
d(1/T )
(...)= −νF
[
E⊖ − TdE⊖
dT
]
(2)
in cui poniamo ν = 2. Dal fatto che E ≡ E⊖, il coefficiente di temperatura fornito dal problema e
proprio il dE⊖/dT da inserire in eq (2). Quindi,
∆rH⊖ = −2× 96485 C mol−1 × [0.5357 V− 298 K× 1.45× 10−4 V K−1] = −95.03 kJ mol−1
Inserendo tale valore in eq (1) si ottiene
qreaz = 1 mole× (−95.03 kJ mol−1) = −95.03 kJ
c) Variazione di entropia
Per un grado di avanzamento ξ la variazione di entropia e data da
∆S =
∫ ξ
0dξ′∆rS(T, p, ξ′)
ma, tenendo presente che tutte le specie sono in fase condensata allo stato puro (attivita unitarie), si ha
che ∆rS(T, p, ξ′) ≡ ∆rS⊖(T ) [• lo si dimostri], e portando tale quantita fuori dall’integrale si ottiene
∆S = ξ ∆rS⊖(T ) ≡ −ξ
d∆rG⊖
dT
∆rG⊖=−νFE⊖
= ξνFdE⊖
dT= 1 mole× 2× 96485 C mol−1 × 1.45× 10−4 V K−1
= 28.0 J K−1
d) Calore scambiato dalla cella per scioglimento reversibile del piombo
Nella nota alla fine dell’esercizio (vedere l’equazione (L)) si dimostra che se la cella opera in modo
reversibile allora il calore scambiato con l’esterno e dato da
Funzionamento reversibile : qrev = ∆H − (wel)rev
≡ T∆S
Avendo gia determinato sia ∆H = −95.03 kJ mol−1 e (wel)rev = −103.4 kJ che ∆S = 28.0 J K−1,
possiamo utilizzare indifferentemente l’una o l’altra delle due forme equivalenti, ottenendo
q = 8.4 kJ > 0
257
La pila assorbe quindi calore (dal termostato che la mantiene a temperatura costante).
• Quanto vale il calore scambiato se la cella viene cortocircuitata?
Lavoro massimo e calore scambiato da una cella galvanica
Consideriamo una cella galvanica, termostatata ed esposta a pressione esterna costante, che passa da
uno stato (di equilibrio) iniziale ad uno stato (di equilibrio) finale. La trasformazione tra tali stati puo
essere reversibile o irreversibile; ci proponiamo di stabilire le condizioni in cui la cella compie il massimo
lavoro elettrico sull’esterno (e di valutarlo), e di determinare l’ammontare di calore scambiato con il
termostato.
In generale, un sistema compie lavoro massimo se la trasformazione alla quale e sottoposto e
reversibile; questo principio si applica anche al lavoro elettrico compiuto dal sistema-pila: wmax ≡(wel)rev. Nel caso specifico, la condizione di trasformazione reversibile si realizza se (i) la cella e in
equilibrio termico e meccanico con l’esterno, cioe se la temperatura e la pressione interne sono definibili
e T ≡ Text= cost., p ≡ pext= cost., e (ii) se la reazione di cella e un processo quasi-statico; in tale limite
la corrente che circola e infinitesima (i→ 0) e il verso delle semireazioni puo essere invertito (invertendo
quindi la reazione globale) alterando infinitesimamente i parametri interni del sistema. Gli elettroni
vengono trasferiti dall’anodo al catodo sotto una d. d. p. pari alla f. e. m. della cella, E(T, p, ξ),
che dipende dalle condizioni interne ”attuali” specificate dal grado di avanzamento ξ della reazione
(a partire da certe condizioni iniziali). A T e p costanti l’unico parametro libero e ξ, e l’ammontare
infinitesimo di lavoro elettrico compiuto reversibilmente sotto tale d. d. p. e dato da
T , p costanti : (δwel)rev = −νF E(T, p, ξ) dξ (A)
dove (−νFdξ) rappresenta la quantita infinitesima di carica trasferita dall’anodo al catodo, con ν il
numero elettroni scambiati nella redox. Fissati gli stati iniziale e finale della cella, la quantita di lavoro
massimo ottenibile si ricava integrando rispetto a ξ:
wmax ≡ (wel)rev = −νF
∫ ξ
0dξ′E(T, p, ξ′) (B)
Esplicitando la f. e. m. secondo l’equazione di Nernst abbiamo
E(T, p, ξ′) = E⊖(T )− RT
νFln Πiai(T, p, ξ′)νi (C)
con ai(T, p, ξ′) e νi le attivita e i coefficienti stechiometrici delle specie coinvolte nella reazione di cella.
Inserendo eq (C) in eq (B) otteniamo
→ Relazione generale : (wel)rev = (−νFξ)E⊖ + RT
∫ ξ
0dξ′ ln Πiai(T, p, ξ′)νi (D)
Tale relazione e generale. Vediamo ora alcune semplificazioni. Usualmente si e nel caso in cui la
composizione agli elettrodi non cambia durante il funzionamento della pila, quindi le attivita delle
258
specie sono costanti e la f. e. m. E non dipende dal grado di avanzamento. Questo si realizza, ad
esempio, se tutte le specie sono in fase condensata allo stato puro, oppure se le varie specie vengono
continuamente ripristinate (ad es. mantenendo costante la pressione degli eventuali gas agli elettrodi).
In tale limite eq (B) diventa
→ E costante : (wel)rev = −νFE ξ (E)
= (−νFξ)E⊖ + ξ RT ln Πiai(T, p)νi
In particolare, se tutte le specie sono presenti in forma pura in fase condensata allora le attivita sono
pari a 1, ed eq (E) viene ulteriormente semplificata:
→ Specie pure in fase condensata : (wel)rev = (−νFξ)E⊖ (F )
Si noti che nelle eqs (D), (E), (F), la quantita (−νFξ) rappresenta la carica (in Coulomb) trasferita
dall’elettrodo di sinistra a quello destra sotto la differenza di potenziale VDx − VSin ≡ E; il segno −specifica che si tratta di elettroni trasferiti dall’anodo al catodo.
Per quanto riguarda il calore scambiato con l’esterno, q, quando il sistema-cella passa dallo stato
iniziale a quello finale (in modo generalmente irreversibile), utilizziamo la relazione ∆H = q+wel valida
in quanto si opera a pressione esterna costante; quindi
q = ∆H − wel (G)
Possiamo ottenere un’equivalente espressione per q, ma in termini di variazione entropica anziche
entalpica, osservando che il ∆H e lo stesso sostituendo l’effettiva trasformazione (generalmente irre-
versibile) con una trasformazione reversibile tra gli stessi stati iniziale e finale; quindi ∆H = q + wel ≡qrev + (wel)rev, con qrev = T∆S per una trasformazione isoterma reversibile, da cui ricaviamo
q = T∆S + [(wel)rev − wel] (H)
Nelle espressioni (G) e (H), equivalenti tra loro, wel e il lavoro effettivamente eseguito, operando in
modo reversibile o irreversibile, mentre (wel)rev e il lavoro eseguito (o che verrebbe eseguito) se la
trasformazione e (o fosse) reversibile. Osservando eq (G) notiamo che il calore scambiato puo differire
dal calore di reazione qreaz ≡ ∆H. Analizziamo due casi opposti...
→ La cella viene cortocircuitata. In tal caso non viene compiuto alcun lavoro, in quanto i due
elettrodi vengono direttamente connessi senza porre alcuna resistenza tra essi e il trasferimento di carica
avviene sotto una d. d. p. nulla; quindi wel = 0 e da eq (G) segue che il calore scambiato con l’esterno
e pari a
Pila cortocircuitata : q ≡ ∆H = qreaz (I)
Il processo e ovviamente irreversibile.
→ Funzionamento reversibile della cella. In tal caso wel ≡ (wel)rev e le equazioni (G) e (H)
si riducono subito a
Funzionamento reversibile : qrev = ∆H − (wel)rev (L)
259
∗≡ T∆S (M)
Rimangono infine da esplicitare le quantita (wel)rev, ∆H e ∆S che entrano nelle espressioni (G)-(M).
Il lavoro (wel)rev e gia stato discusso. Usualmente si si e nel caso in cui la f. e. m. della cella rimane
costante, quindi
E costante : (wel)rev = −νFE ξ (N)
Le quantita ∆H e ∆S vengono esplicitate come precedentemente fatto per ∆G,
∆H =
∫ ξ
0dξ′∆rH(T, p, ξ′) (O)
∆S =
∫ ξ
0dξ′∆rS(T, p, ξ′) (P )
Esplicitiamo ∆rS in eq (P) correlandola al ”coefficiente di temperatura” della cella:
∆rS = −(
∂∆rG
∂T
)
p,ξ
∆rG=−νFE= νF
(
∂E
∂T
)
p,ξ(Q)
Richiamando l’equazione di Nernst per E,
E(T, p, ξ) = E⊖(T )− RT
νFln Πiai(T, p.ξ)νi
ed inserendola nella derivata parziale in eq (Q), con qualche passaggio si ricava
∆rS(T, p, ξ′) = νF
[
dE⊖
dT+
E(T, p, ξ′)− E⊖
T
]
−RT
(
∂ ln Πiaνi
i
∂T
)
p,ξ′(R)
che e la forma da inserire nell’integrale in eq (P). Possiamo pero fare ulcune semplificazioni sotto le
seguenti assunzioni: (i) la composizione delle specie agli elettrodi rimane costante durante il funziona-
mento, quindi E non dipende dal grado di avanzamento della reazione; (ii) le specie agli elettrodi hanno
comportamento ideale, oppure sono in fase condensata allo stato puro: in tal caso la derivata parziale
rispetto a T in eq (R) si annulla. Sotto tali assunzioni si ottiene che il ∆rS non dipende da ξ′, ed e
dato da
E costante, specie comp. ideale o condensate : ∆rS = νF
[
dE⊖
dT+
E − E⊖
T
]
Inserendo tale espressione in eq (P) si ottiene ∆S = ξ∆rS nella forma
→ E costante, specie comp. ideale o condensate : ∆S = νFξ
[
dE⊖
dT+
E − E⊖
T
]
(S)
Esplicitiamo infine ∆rH da inserire in eq (O). Utilizzando la relazione di Gibbs-Helmholtz otteniamo
∆rH =
(
∂(∆rG/T )
∂(1/T )
)
p,ξ
∆rG=−νFE= −νF
(
∂(E/T )
∂(1/T )
)
p,ξ
e applicando l’equazione di Nernst per E si ricava
∆rH(T, p, ξ′) = −νFd(E⊖/T )
d(1/T )+ R
(
∂ ln Πiaνii
∂(1/T )
)
p,ξ′
260
Sotto le stesse assunzioni (i) e (ii) fatte per approssimare ∆rS arriviamo a
E costante, specie comportamento ideale o condensate : ∆rH = −νFd(E⊖/T )
d(1/T )
= −νF
[
E⊖ − TdE⊖
dT
]
che, inserita in eq (O), fornisce
→ E costante, specie comp. ideale o condensate : ∆H = −νFξd(E⊖/T )
d(1/T )= −νFξ
[
E⊖ − TdE⊖
dT
]
(T )
Le relazioni (S) e (T) sono poi utilizzabili, se e nota la variazione di E⊖ con la temperatura, per deter-
minate il calore di reazione secondo eq (I), o il calore scambiato secondo le eqs (G) o (H).
• Si verifichi che le eqs (N), (S), (T), ottenute sotto le stesse assunzioni, soddisfano all’uguaglianza
tra le forme (G) e (H).
261
Esercizio 10.10
Nella seguente cella costituita da due elettrodi di 2a specie
Pb(s) | PbSO4(s) | Na2SO4(acq) | Hg2SO4(s) | Hg(l)
vengono fatti passare, in condizioni reversibili, 500 Coulomb di carica dall’elettrodo di sinistra a quello
di destra a 25 C . Calcolare il lavoro elettrico ed il calore assorbito dalla pila, note le seguenti grandezze
standard di formazione:
∆H⊖f (kJ/mole) ∆G⊖
f (kJ/mole)
PbSO4(s) −743.12 −625.81
Hg2SO4(s) −919.94 −813.14
In forma naıf rappresentiamo la cella come in figura:
Hg(l) / Hg2SO4(s)
PbSO4(s)
Na+(acq)
Pb Pt
Sin Dx
∆Q = 500 C
SO42-(acq)
I processi agli elettrodi, scritti come riduzioni, sono
Sin : PbSO4(s) + 2e− = Pb(s) + SO2−4 (acq)
Dx : Hg2SO4(s) + 2e− = 2Hg(l) + SO2−4 (acq)
e la reazione di cella corrispondente alla scrittura data si ottiene assumendo ossidazione a sinistra e
riduzione a destra:
Pb(s) + Hg2SO4(s) = 2Hg(l) + PbSO4(s)
262
Dobbiamo valutare (wel)rev e qrev per il trasferimento reversibile di carica positiva da sinistra a destra.
Per determinare il lavoro elettrico (wel)rev stabiliamo in primo luogo sotto quale d. d. p. avviene il
trasferimento di carica. Notiamo che la reazione coinvolge solo specie pure in fase condensata, quindi
nell’equazione di Nernst le loro attivita sono unitarie e la d. d. p. tra gli elettrodi rimane costante
durante il funzionamento della cella, e pari a
Specie pure in fase condensata : E ≡ E⊖ , E⊖ = − ∆rG⊖
2F(1)
con ∆rG⊖ valutabile dai dati termodinamici forniti riferiti alla temperatura in esame (298 K):
∆rG⊖ Hess
= ∆G⊖f (PbSO4(s), T )− ∆G⊖
f (Hg2SO4(s), T )
= [−625.81 × 103 − (−813.14 × 103)] J mol−1 = 187.33 × 103 J mol−1
Inserendo tale valore in eq (1), con F = 96485 C mol−1, si ottiene
E ≡ E⊖ = −0.97 V < 0
Il fatto che risulti E < 0 significa che la cella, cosı come e scritta, non puo funzionare da pila, cioe
la reazione di cella non avviene spontaneamente: la reazione spontanea e quella opposta, in cui gli
elettroni (carica negativa) vanno da destra a sinistra, il che equivale a dire che da sinistra a destra va
spontaneamente una quantita di carica positiva. Da quanto detto, il processo in cui vengono trasferiti
+500 C da sinistra a destra e quindi spontaneo, e puo essere utilizzato per compiere lavoro sull’esterno;
pertanto dobbiamo attenderci (wel)rev < 0. Avendo stabilito che la d. d. p. tra gli elettrodi e costante,
il lavoro elettrico e ottenibile semplicemente moltiplicando tale quantita di carica trasferita, ∆Q, per la
d. d. p. stessa:
(wel)rev = ∆Q× (∆V )rev ≡ ∆Q× E = 500 C× (−0.97) V = −485 J < 0
Per determinare il calore scambiato teniamo presente che a pressione costante vale la relazione q =
∆H−wel (si veda la nota generale alla fine dell’esercizio no. 9), che in condizioni di reversibilita diventa
qrev = ∆H − (wel)rev (2)
Per ottenere qrev rimane quindi da determinare il ∆H corrispondente all’avanzamento ξ della reazione,
ed espresso da
∆H =
∫ ξ
0dξ′∆rH(T, p, ξ′)
∗= ξ ∆rH
⊖(T ) (3)
dove per il passaggio ∗ si e tenuto conto del fatto che ∆rH(T, p, ξ′) ≡ ∆rH⊖(T ) in quanto la reazione
coinvolge specie pure condensate [• si dimostri tale uguaglianza]. Valutiamo ∆rH⊖(T ) dalle entalpie
standard di formazione fornite alla temperatura in questione,
∆rH⊖ Hess
= ∆H⊖f (PbSO4(s), T )− ∆H⊖
f (Hg2SO4(s), T )
= [−743.12 × 103 − (−919.94 × 103)] J mol−1 = 176.82 × 103 J mol−1 (4)
Per valutare il grado di avanzamento ξ dobbiamo essere coerenti con la reazione di cella scritta, che
assume che da sinistra a destra vengano trasferiti elettroni; poniamo quindi ∆Q = −νFξ, da cui segue
ξ = −∆Q
νF=
500 C
2× 96485 C mol−1= −2.6× 10−3 moli < 0 (5)
263
che risulta correttamente negativo in quanto la reazione procede invece nel senso opposto rispetto a
come e scritta. Inserendo i valori eqs (4) e (5) in eq (3) si ha
∆H = (−2.6× 10−3 moli)× 176.82 × 103 J mol−1 = −460 J
Inserendo in eq (2) tale risultato e il valore gia determinato di (wel)rev si ottiene infine
qrev = [−460 − (−485)] J = +25 J > 0
La cella assorbe quindi calore dall’esterno (termostato).
264
Esercizio 10.11
In una cella galvanica che utilizza la seguente reazione
Pb(s) + H2S(g) = PbS(s) + H2(g)
viene misurata una f.e.m. dipendente dalla temperatura secondo l’equazione
E(in Volt) = 0.28501 − 0.3325 × 10−3(T − 298.15)
quando la pressione parziale di ambedue i gas e mantenuta costante e pari a 10 bar. Calcolare la costante
di equilibrio della reazione a 100 C , ed il calore sviluppato a tale temperatura per mole di Pb che ha
reagito, facendo funzionare reversibilmente la cella. Quant’e il calore sviluppato (per mole di piombo
ossidato) se invece la pila viene cortocircuitata?
Applichiamo l’equazione di Nernst per valutare la f. e. m. della pila; ponendo attivita unitaria per le
specie solide pure, e assumendo comportamento ideale dei due gas agli elettrodi, si ha
E = E⊖ − RT
2Fln
pH2
pH2S
pH2=pH2S≡ E⊖
dove ν = 2 e il numero di elettroni scambiati nella redox. Avendo stabilito che E⊖ concide con E,
possiamo valutarne il valore a 100 C usando la relazione data dal problema,
E⊖(373.15 K) = [0.28501 − 0.3325 × 10−3 × (373.15 − 298.15)] V = 0.26012 V
dalla quale ricaviamo la costante di equilibrio della reazione di cella a 100 C passando attraverso la
valutazione di ∆rG⊖ a tale temperatura:
∆rG⊖(T ) = −2FE⊖(T ) = −2× 96485 C mol−1 × 0.26012 V = −50196 J mol−1
≡ −RT ln Keq(T )
=⇒ Keq(373.15 K) = exp
50196 J mol−1
8.314 J K−1 mol−1 × 373.15 K
= 1.1× 107
Valutiamo ora gli effetti termici associati al funzionamento della pila. Nella nota alla fine dell’esercizio
no. 9 sono state ricavate le seguenti espressioni (tra loro equivalenti) per il calore scambiato, q, messo
in relazione alle variazioni entalpiche ed entropiche della cella:
q = ∆H − wel (1)
= T∆S + [(wel)rev −wel] (2)
dove wel e il lavoro elettrico effettivamente eseguito (reversibilmente o irreversibilmente), mentre (wel)rev
indica il lavoro compiuto se la trasformazione avviene reversibilmente tra gli stessi stati iniziale e finale
della cella. Volendo determinare il calore scambiato operando in modo reversibile poniamo
wel = (wel)rev; le eqs (1) e (2) si riducono a
qrev = ∆H − (wel)rev (3)
= T∆S (4)
265
Sotto la condizione che la composizione agli elettrodi sia mantenuta costante, e quindi che E non vari
nel corso del funzionamento della cella (nel caso specifico e vero perche abbiamo due fasi solide pure e
le pressioni dei gas sono mantenute costanti), si ha che
(wel)rev = −νFE ξ (5)
Sotto la stessa condizione, ma con l’ulteriore assunzione che le specie abbiano comportamento ideale
(in questo e verificato in quanto abbiamo due specie pure e due gas che abbiamo gia assunto avere
comportamento ideale), nella nota alla fine dell’esercizio no. 9 si e dimostrato anche che
∆H = −νFξd(E⊖/T )
d(1/T )≡ −νFξ
[
E⊖ − TdE⊖
dT
]
(6)
∆S = νFξ
[
dE⊖
dT+
E − E⊖
T
]
(7)
[• Si derivino tali equazioni]. Tutte le quantita dipendono ovviamente dal grado di avanzamento ξ della
reazione.
Per determinare il qrev richiesto possiamo adottare indifferentemente eq (3) con (5) e (6) oppure eq
(4) con (7), ottenendo l’espressione
qrev = νFξ
[
TdE⊖
dT+ E − E⊖
]
(8)
Nel caso specifico abbiamo gia stabilito che E = E⊖, e derivando rispetto a T la relazione data dal
problema otteniamo
dE⊖
dT= −0.3325 × 10−3 V K−1
Quindi, eq (8) porta a
qrev = 2× 96485 C mol−1 × 1 mole× 373.15 K× (−0.3325 × 10−3) V K−1 = −23.9 kJ
in cui e stato inserito ξ = 1 mole corrispondente ad una mole di piombo che reagisce. Risulta quindi che
la cella cede calore all’esterno (termostato). Per ottenere invece il calore scambiato cortocircuitando
la pila basta porre wel = 0 in eq (1): la pila non compie alcun lavoro. In tal caso il calore scambiato
coincide con il calore di reazione, ed e pari al ∆H. Per valutarlo utilizziamo ad esempio la prima forma
di eq (6), valutando dall’equazione data dal problema il termine
E⊖/T = −0.3325 × 10−3 + 0.38414/T =⇒ d(E⊖/T )
d(1/T )= 0.38414 V
e quindi
q ≡ ∆H = −2× 96485 C mol−1 × 1 mole× 0.38414 V = −74.1 kJ
Vediamo che la quantita di calore ceduto dalla pila all’esterno risulta maggiore rispetto al caso di
funzionamento reversibile: la pila non compie lavoro e l’intera variazione ∆H tra gli stessi stati iniziale
e finale e data da effetti termici.
266
Esercizio 10.12
Determinare l’energia libera standard di formazione, ∆G⊖f , e l’entalpia standard di formazione, ∆H⊖
f ,
di AgCl(s) a 25 C , sapendo che l’equazione
E = 1.138 − 0.59× 10−3(T − 298)
descrive la dipendenza dalla temperatura (in K) della f.e.m. E (in Volt) della seguente cella galvanica
Ag(s) | AgCl(s) | HCl(acq,m = 0.23mol/kg) | Cl2(g,p = 1bar) | Pt
Scriviamo i processi agli elettrodi come riduzioni,
Sin : AgCl(s) + e− = Ag(s) + Cl−(acq)
Dx : Cl2(g) + 2e− = 2Cl−(acq)
Considerando i processi a sinistra e destra rispettivamente come ossidazione e riduzione, bilanciando
(ν = 2) e sommando le semireazioni otteniamo la reazione di cella corrispondente alla scrittura data:
Cl2(g) + 2Ag(s) = 2AgCl(s)
Applicando la relazione di Nernst otteniamo la f. e. m. (viene affermato che la cella e una pila) nella
forma
E = E⊖ − RT
2Fln
1
pCl2/p⊖
in cui si e assunto comportamento ideale del cloro gassoso (fugacita ≡ pressione parziale) e le attivita
delle specie solide e pure sono state poste unitarie. Inoltre, dalle specifiche condizioni all’elettrodo di
destra otteniamo
pCl2 = 1 bar =⇒ E = E⊖
A 298 K l’equazione data da problema fornisce E⊖(298 K) ≡ E(298 K) = 1.138 V, e quindi ricaviamo
∆rG⊖ = −2FE⊖ = −2× 96485 C mol−1 × 1.138 V = −220 kJ mol−1
Mettiamo in relazione tale ∆rG⊖ con le grandezze standard di formazione,
∆rG⊖(T )
Hess= 2∆G⊖
f (AgCl(s), T )− 2∆G⊖f (Ag(s), T )− ∆G⊖
f (Cl2(g), T ) ≡ 2∆G⊖f (AgCl(s), T )
(argento e cloro sono nei rispettivi stati di riferimento rispetto alle grandezze di formazione), da cui
∆G⊖f (AgCl(s), T ) = ∆rG
⊖(T )/2 = −110 kJ mol−1
a T = 298 K. Valutiamo ora ∆rH⊖ mediante la relazione di Gibbs-Helmholtz,
∆rH⊖ =
d(∆rG⊖/T )
d(1/T )= −2F
d(E⊖/T )
d(1/T )(1)
267
Dalla relazione fornita per E ≡ E⊖ ricaviamo
E⊖ = 1.314 − 0.59 × 10−3T =⇒ E⊖/T = −0.59 × 10−3 + 1.314/T =⇒ d(E⊖/T )
d(1/T )= 1.314 V
e sostituendo tale fattore in eq (1) si ottiene
∆rH⊖ = −2× 96485 C mol−1 × 1.314 V = −253.5 kJ mol−1
Applicando la legge di Hess si arriva a stabilire che
∆H⊖f (AgCl(s), T ) = ∆rH
⊖(T )/2 = −127 kJ mol−1
268
Esercizio 10.13
Dai seguenti dati termodinamici a 25 C
∆H⊖f (kJ/mole) ∆G⊖
f (kJ/mole)
H2O(l) −285.83 −237.15
PbO(s) −217.32 −187.89
determinare la f.e.m. E ed il suo coefficiente di temperatura dE/dT per la seguente cella galvanica:
Pt | H2(g,p = 1bar) | NaOH(acq) | PbO(s) | Pb(s) | Pt
Quant’e il calore sviluppato dalla cella galvanica, facendola lavorare reversibilmente o cortocircuitandola,
per mole di biossido di piombo reagito?
Agli elettrodi abbiamo i seguenti processi (scritti come riduzioni),
Sin : 2H2O(l) + 2e− = H2(g) + 2OH−(acq)
Dx : PbO(s) + H2O(l) + 2e− = Pb(s) + 2OH−(acq)
e la reazione di cella corrispondente alla scrittura data e quindi
PbO(s) + H2(g) = Pb(s) + H2O(l)
Applicando la legge di Nernst otteniamo la f. e. m. della cella (che funziona come pila),
E = E⊖ − RT
2Fln
1
pH2/p⊖ (1)
in cui si e assunto comportamento ideale dell’idrogeno, e le attivita delle specie solide e pure sono poste
unitarie. Nota la pressione di esercizio dell’idrogeno all’elettrodo di sinistra pari a 1 bar, segue
pH2 = 1 bar =⇒ E ≡ E⊖ (2)
Dai dati termodinamici a 298 K determiniamo E⊖, e quindi E:
E⊖ = − ∆rG⊖
2FHess= − 1
2F
[
∆G⊖f (H2O(l), 298 K)− ∆G⊖
f (PbO(s), 298 K)]
= − [−237.15 − (−187.89)] × 103 J mol−1
2× 96485 C mol−1= 0.255 V ≡ E
Per valutare il coefficiente di temperatura, propriamente (∂E/∂T )p,ξ , avendo stabilito che E ≡ E⊖ si
ha(
∂E
∂T
)
p,ξ≡ dE⊖
dT(3)
che e ottenibile come
dE⊖
dT
E⊖=−∆rG⊖/2F= − 1
2F
d∆rG⊖
dT=
∆rS⊖
2F(4)
in cui
∆rS⊖ =
∆rH⊖ − ∆rG
⊖
T=
[−68.51 − (−49.26)] × 103 J mol−1
298 K= −64.6 J K−1 mol−1
269
e sostituendo tale valore nella relazione (4) si ottiene
dE⊖
dT= −3.35× 10−4 V K−1
Per determinare il calore scambiato in caso di pila cortocircuitata teniamo presente che esso
coincide con il calore di reazione (si veda la nota alla fine dell’esercizio no. 9), cioe
Pila cortocircuitata : q ≡ ∆H ≡∫ ξ
0dξ′∆rH(T, p, ξ′)
∗≡ ξ ∆rH⊖
= 1 mole× (−68.51) kJ mol−1 = −68.51 kJ
dove per il passaggio ∗ si e tenuto conto del fatto che PbO(s), Pb(s) e H2O(l) sono specie pure in fase
condensata (attivita unitarie) e per l’idrogeno si assume comportamento ideale: in tali condizioni ∆rH
non dipende dal grado di avanzamento della reazione e coincide con ∆rH⊖ [• lo si dimostri]. Infine
(si rimanda alla nota nell’esercizio no. 9), il calore scambiato in condizioni di funzionamento
reversibile e ottenibile mediante
Funzionamento reversibile : qrev ≡ T∆S ≡ T
∫ ξ
0dξ′∆rS(T, p, ξ′)
∗∗≡ T ξ ∆rS⊖
= 298 K× 1 mole× (−64.6) J K−1 mol−1 = −19.25 kJ
dove per il passaggio ∗∗ si e tenuto conto del fatto che ∆rS coincide con ∆rS⊖ nelle condizioni specifiche.
Verifichiamo questa affermazione. Partendo da ∆rG = ∆rG⊖ + RT lnΠia
νii e utilizzando la relazione
fondamentale ∆rS = −(∂∆rG/∂T )p,ξ, otteniamo
∆rS = ∆rS⊖ −R ln Πia
νii −RT
(
∂ ln Πiaνii
∂T
)
p,ξ(5)
Nelle condizioni specifiche la derivata rispetto a T si annulla, in quanto PbO(s), Pb(s) e H2O(l) hanno
attivita unitaria (costante), e per l’idrogeno gassoso (per il quale abbiamo assunto comportameto ideale)
si ha aH2(g) = pH2/p⊖ indipendente dalla temperatura. Inoltre, si annulla anche il secondo addendo in
eq (5), cioe −R ln Πiaνi
i , ma solo per un caso fortuito: dato che pH2 = 1 bar allora anche aH2(g) = 1 e la
produttoria vale 1; risulta quindi ∆rS = ∆rS⊖.
270
Esercizio 10.14
Il processo Hall per la produzione di alluminio si basa sull’elettrolisi di Al2O3 fuso tra elettrodi di
carbone. Calcolare, dai seguenti dati, la tensione minima che deve essere applicata alla cella per
produrre alluminio a 1300 K, supponendo che la cella operi reversibilmente e che Al e Al2O3 non si
mescolino. Inoltre, per la stima della tensione si assuma che le pressioni parziali dei gas coinvolti siano
costanti e pari ad 1 bar.
I) C(s) + O2(g) = CO2(g) ∆rG⊖1300 K = −395 kJ/mol
II) 2Al(l) +3
2O2(g) = Al2O3(s) ∆rG
⊖1300 K = −1260 kJ/mol
III) Al2O3(s) = Al2O3(l) ∆rG⊖1300 K = 16 kJ/mol
Secondo la schematizzazione convenzionale, costruiamo una cella elettrolitica in cui all’elettrodo di
destra facciamo avvenire il processo di riduzione (catodo), mentre all’elettrodo di sinistra avviene ossi-
dazione (anodo); tale cella avra una d. d. p. a circuito aperto negativa (E < 0), in quanto sappiamo
che il processo non e spontaneo bensı occorre intervenire applicando una tensione. Il problema chiede
di valutare la tensione minima, cioe la differenza di potenziale in grado di controbilanciare esattamente
il valore di E: in assenza di sovratensioni, in tali condizioni si ha elettrolisi reversibile con passaggio di
corrente infinitesima.
Sul processo catodico non ci sono incertezze: deve essere (e questo che si vuole ottenere!) la
riduzione dell’alluminio dall’ossido fuso:
Dx : Al2O3(l) + 6e− = 2Al(l) + 3O2−
All’elettrodo di sinistra si hanno invece due possibili processi anodici:
Sin :CO2(g) + 4e− = C(s) + 2O2− A)
O2(g) + 4e− = 2O2− B)
Occorre individuare quale processo anodico richiede la piu bassa tensione da applicare per consentire la
deposizione di alluminio al catodo. Consideriamo il processo A); bilanciando le semireazioni con ν = 6
la reazione di cella e
Caso A) =⇒ Al2O3(l) +3
2C(s) = 2Al(l) +
3
2CO2(g)
Applicando la legge di Nernst, la d. d. p. ”a circuito aperto” e data da
EA = E⊖A −
RT
6Fln
(
pCO2
p⊖
)3/2
dove le attivita delle specie condensate (assumendo che non si formino miscele) e posta uguale a 1, e
per CO2(g) si e assunto comportamento ideale. Ponendo pCO2 = p⊖ (dato del problema) si ottiene
EA ≡ E⊖A , con
E⊖A = − ∆rG
⊖A
6F= − 1
6F
[
3
2∆G⊖
f (CO2(g), 1300 K)− ∆G⊖f (Al2O3(l), 1300 K)
]
(1)
271
in cui si e posto ∆G⊖f (O2(g), 1300 K) = 0 e ∆G⊖
f (Al(l), 1300 K) = 0 perche ossigeno gassoso e alluminio
liquido costituiscono gli stati stabili di tali elementi alla temperatura di 1300 K. Se all’anodo avviene
invece il processo B) la reazione globale e
Caso B) =⇒ Al2O3(l) = 2Al(l) +3
2O2(g)
alla quale corrisponde
EB = E⊖B −
RT
6Fln
(
pO2
p⊖
)3/2
Pondendo pO2 = p⊖ (dato del problema), si ha EB ≡ E⊖B , dove
E⊖B = − ∆rG
⊖B
6F= − 1
6F
[
−∆G⊖f (Al2O3(l), 1300 K)
]
(2)
Dai ∆rG⊖ forniti dal problema per i tre processi elencati ricaviamo le grandezze di formazione da
inserire in eqs (1) e (2). Dalla reazione I) ricaviamo
∆G⊖f (CO2(g), 1300 K) ≡ ∆rG
⊖I) = −395 kJ mol−1 (3)
”Sommando” le reazioni II) e III) otteniamo 2Al(l) + 3/2O2(g) = Al2O3(l), in cui l’ossido allo stato
solido non compare. A tale reazione corrisponde un ∆rG⊖ dato dalla somma ∆rG
⊖II) + ∆rG
⊖III), e
da esso ricaviamo
∆G⊖f (Al2O3(l), 1300 K) = ∆rG
⊖II) + ∆rG
⊖III) = (−1260 + 16) kJ mol−1 = −1244 kJ mol−1 (4)
Inserendo i valori (3) e (4) in eqs (1) e (2), con F = 96845 C mol−1, otteniamo
EA ≡ E⊖A = −1.12 V
EB ≡ E⊖B = −2.15 V
Vediamo quindi che, applicando una tensione ∆Vext = +1.12 V tra l’elettrodo di destra e quello di
sinistra, si fa avvenire l’elettrolisi in condizioni reversibili (corrente i→ 0). In tali condizioni all’anodo
avviene il processo A) con sviluppo di CO2(g). A tensioni minori l’elettrolisi non avviene (non c’e
alcun processo anodico che lo consenta), mentre se la tensione e sufficientemente elevata, oltre a CO2(g)
all’anodo si sviluppa anche O2(g): avvengono entrambi i processi anodici.
272
ESERCIZI DA SVOLGERE
Esercizio 10.15
Un processo ampiamente utilizzato per la rimozione di Mn2+ dalle acque primarie ne prevede l’ossidazione
a Mn(III) nella forma di idrossido complesso MnOOH poco solubile e, quindi, separabile per precipi-
tazione. La reazione e la seguente:
4Mn2+(acq) + O2(acq) + 8OH−(acq) = 4MnOOH(s) + 2H2O(l)
Dai seguenti dati termodinamici a 25 C
∆G⊖f (kJ/mole)
Mn2+(acq) −228.32
O2(acq) 16.32
OH−(acq) −157.24
H2O(l) −237.13
MnOOH(s) −558.80
si valuti l’applicabilita del processo, a 25 C , per un’acqua a pH = 7 tamponato e contenente Mn2+ in
concentrazione 1.5 mg/litro (il P. A. di Mn e pari a 54.94 gr/mole), se nel reattore viene continuamente
insufflata aria (pO2 = 0.2 bar). La costante di Henry per l’ossigeno disciolto in acqua (PM = 18 gr/mole)
vale KO2(acq) = 4.4 × 104 bar a 25 C . Si assuma comportamento ideale delle specie.
Traccia e risultato: il problema e simile a quello trattato nell’esercizio no. 3: si tratta di stabilire
se ∆rG della reazione e negativo per avere processo spontaneo. Dai dati termodinamici si determina
∆rG⊖ = −554.58 kJ mol−1 a 298 K; poi si valuta il contributo di concentrazione esplicitando le attivita
delle specie secondo le opportune convenzioni e assumendone comportamento ideale. Per ottenere
l’attivita di OH−(acq) si considera che Kw = aOH−(acq)aH+(acq) = 10−14, e dal valore di pH si ricava
aH+(acq). Per determinare la molalita dell’ossigeno solvatato (necessaria per valutarne l’attivita) si
applica la legge di Henry
pO2 = KO2(acq)xO2
∗≃ KO2(acq)MH2OmO2(acq)
dove per ∗ si e adottata l’approssimazione xO2 ≃MH2OmO2(acq) valida per soluzioni diluite, con MH2O
la massa molare dell’acqua in kg/mole. Infine risulta che, nelle condizioni iniziali, si ha ∆rG =
−110 kJ mol−1 < 0 e quindi la precipitazione di MnOOH(s) avviene spontaneamente. Inoltre si
verifica che il processo avanza fino a concentrazioni residue di Mn2+ dell’ordine di 4 × 10−10 moli/kg,
pertanto si puo ritenere che la rimozione del manganese sia quantitativa.
273
Esercizio 10.16
Dai seguenti dati termodinamici a 25 C ,
∆G⊖f (kJ/mole)
CaF2(s) −1167.3
Ca2+(acq) −553.58
F−(acq) −278.79
si determini il prodotto di solubilita del fluoruro di calcio in acqua a 25 C .
Risultato: Ks = aCa2+(acq)a2F−(acq) = e−∆rG
⊖(T )/RT = 1.4× 10−10, a T = 298 K, per la reazione di
dissociazione CaF2(s) = Ca2+(acq) + 2F−(acq).
Esercizio 10.17
Dai seguenti dati termodinamici a 25 C
∆H⊖f (kJ/mole) ∆G⊖
f (kJ/mole)
Cl−(acq) −167.16 −131.23
Hg2Cl2(s) −265.22 −210.75
determinare il potenziale standard a 50 C dell’elettrodo a calomelano
Hg2Cl2(s) | Hg(l),Cl−(acq)
Risultato: E⊖Hg2Cl2(s)/Hg(l),Cl−(acq) = 0.260 V a 50 C
274
Esercizio 10.18
Dai seguenti valori dei potenziali di riduzione standard a 25 C ,
E⊖Cu+/Cu = 0.52 V , E⊖
Cu2+/Cu = 0.34 V.
determinare la costante di equilibrio per la reazione
2Cu+(acq) = Cu2+(acq) + Cu(s)
Traccia e Risultato: indichiamo con 1) la semireazione di riduzione Cu+ + e− = Cu, e con 2)
Cu2+ + 2e− = Cu. Per la reazione di dismutazione scritta si ha −RT ln Keq = ∆rG⊖, in cui ∆rG
⊖ =
2∆rG⊖
Red,1) − ∆rG⊖
Red,2). Introducendo i potenziali standard di riduzione abbiamo ∆rG⊖
Red,1) =
−FE⊖Cu+/Cu e ∆rG
⊖Red,2) = −2FE⊖
Cu2+/Cu, da cui ∆rG⊖ = −2F (E⊖
Cu+/Cu − E⊖Cu2+/Cu). Il risultato
e Keq = 1.2× 106
Esercizio 10.19
Calcolare la f.e.m. a 25 C della cella galvanica
Fe(s) | FeSO4(acq,m = 0.01mol/kg) | Hg2SO4(s) | Hg(l)
date le energie libere standard di formazione, ∆G⊖f (Hg2SO4(s)) = −625.81 kJ/mole e ∆G⊖
f (FeSO4(acq)) =
−823.43 kJ/mole, alla stessa temperatura. Assumere un coefficiente di attivita medio γ± = 0.80 per gli
ioni in soluzione.
Risultato: E = 1.148 V
Esercizio 10.20
La forza elettromotrice della seguente pila e 0.0324 V a 483 C :
Cd(l) | KCl−NaCl− LiCl− CdCl2(soluzione liq.) | Cd− Sn(soluzione liq.)
Calcolare l’energia libera di formazione del Cd nell’amalgama Cd-Sn.
Risultato: −6.25 kJ mol−1 (nelle specifiche condizioni di temperatura e composizione)
275
Esercizio 10.21
Quanto vale la varianza di una soluzione ottenuta sciogliendo completamente del cloruro di sodio e del
cloruro di potassio in acqua?
Risultato: −F = 4
276
Capitolo 11
Cinetica chimica
277
Esercizio 11.1
La concentrazione di atomi di trizio (isotopo radioattivo dell’idrogeno) nell’aria e circa di 5 × 10−15
moli/litro. Il suo tempo di dimezzamento t1/2 e circa 12 anni. Quanto tempo e richiesto affinche si
abbia una riduzione del 90% della concentrazione di trizio in assenza di processi di formazione dello
stesso? [Nota: il decadimento radioattivo segue una cinetica del primo ordine]
Partiamo dall’espressione per la velocita di decadimento del trizio (primo ordine):
v ≡ −d[3H]
dt1 ord.
= k[3H]
dalla quale otteniamo
d ln[3H]
dt= −k
che integrata tra l’istante iniziale, al quale corrisponde la concentrazione [3H]0, e il tempo t generico
fornisce
ln[3H]
[3H]0= −kt (1)
Ponendo la concentrazione pari a [3H]0/2 otteniamo subito la ben nota relazione tra costante cinetica e
tempo di dimezzamento per le rezioni del primo ordine:
ln1
2= −kt1/2 =⇒ k =
ln 2
t1/2=
ln 2
12 anni= 0.0578 anni−1
Dobbiamo determinare a quale tempo t il decadimento ha raggiunto il 90% , cioe quando [3H]/[3H]0 =
0.10. Inserendo tale rapporto in eq (1) otteniamo
ln 0.1 = −kt =⇒ t = − ln 0.1
0.0578 anni−1= 39.8 anni
278
Terminologia: velocita di reazione e velocita di trasformazione (formazione o scomparsa) di specie
Il contesto generale nel quale si collocano tutti i casi trattati negli esercizi proposti e il seguente:
reazioni chimiche tra specie in miscela omogenea (ad es. tutte in fase gassosa o in soluzione), in un
reattore a volume fissato e a temperatura costante.
Condideriamo la generica reazione
(−νR1)R1 + (−νR2)R2 + · · · −→ νP1P1 + νP2P2 + · · ·
Secondo la convenzione IUPAC, adottiamo la seguente definizione di velocita di reazione basata sulle
concentrazioni volumetriche [i] delle specie nel reattore:
velocita di reazione : v =1
νi
d[i]
dt≡ 1
V
dξ
dt
in cui ξ = (ni − n0i )/νi e il grado di avanzamento della reazione. Secondo tale definizione, v e una
quantita positiva che dipende dalla stechiometria della reazione ma non dalla scelta della specie alla
quale riferirsi. Definiamo inoltre la velocita di trasformazione della specie i-esima:
velocita di trasformazione : vtrasf. =d[i]
dt
che viene ad essere indipendente dalla stechiometria ma dipendente dalla specie in esame; si noti che
vtrasf. puo essere positiva se si ha formazione della specie o negativa se si ha scomparsa.
Infine, supponiamo che la reazione globale sopra scritta non sia elementare bensı risulti scomponi-
bile in un meccanismo a piu stadi, e che la generica specie i-esima compaia in alcuni di essi. Allora, si
assume che ogni stadio elementare contribuisca indipendentemente alla velocita di trasformazione netta
della specie, cioe
d[i]
dt=∑
n
(
d[i]
dt
)
n
in cui l’indice n corre sugli stadi elementari nei quali e coinvolta la specie in esame (che puo apparire
tra i prodotti e/o reagenti), e (d[i]/dt)n indica il contributo alla velocita di trasformazione dato solo
dallo stadio n.
279
Esercizio 11.2
Il potassio in natura contiene 0.0118 % dell’isotopo radioattivo 40K che ha un tempo di dimezzamento di
1.27×109 anni. Quante disintegrazioni radioattive avvengono mediamente in un secondo in un grammo
di KCl? (I pesi atomici di K e Cl sono rispettivamente 39.10 e 35.45, mentre il numero di Avogadro e
6.022 × 1023).
Indichiamo con N40K il numero di atomi dell’isotopo presenti in un dato istante in un grammo di KCl
solido. Tenendo presente che il decadimento radioattivo segue una cinetica del primo ordine, la velocita
di decadimento e data da
vdecad. = kN40K (1)
Dato che il tempo di dimezzamento e dell’ordine del miliardo di anni, nell’intervallo di tempo ∆t = 1 sec.
il numero di atomi di 40K rimane praticamente inalterato e quindi in tale intervallo di tempo la velocita
di decadimento e a tutti gli effetti costante, ed esprimibile come rapporto incrementale −∆N40K/∆t
dove −∆N40K e il numero di disintegrazioni avvenute nel tempo ∆t = 1 secondo. Quindi,
no. disintegrazioni al secondo = vdecad.
Per valutare vdecad. secondo eq (1) dobbiamo determinare N40K e k. Valutiamo N40K dalla percentuale
dell’isotopo
N40K = 0.0118 × 10−2 × n moli KCl per grammo×NAv
= 0.0118 × 10−2 × 1 gr
PMKCl× 6.022 × 1023 = 9.53× 1017 atomi di 40K per grammo di KCl
dove NAv e il numero di Avogadro e PMKCl = 74.55 gr mol−1. Per determinare k utilizziamo il tempo
di dimezzamento fornito,
t1/2 = 1.27 × 109 anni ≃ 4.00 × 1016 s =⇒ k =ln 2
t1/2=
ln 2
4.00 × 1016 s= 1.73× 10−17 s−1
Inserendo i valori in eq (1) otteniamo
vdecad. = 9.53 × 1017atomi/grammo × 1.73 × 10−17 s−1 = 16 disintegraz. al secondo in 1 grammo
280
Esercizio 11.3
La costante di velocita per la decomposizione di SO2Cl2(g) e di 6.09×10−5 min−1 a 552.3 K. Calcolare
la costante di velocita a 600 K noto che l’energia di attivazione per il processo e di 210 kJ/mole.
Consideriamo la relazione di Arrhenius (vedere la nota alla fine dell’esercizio), che descrive fenomeno-
logicamente la dipendenza della costante cinetica dalla temperatura:
Arrhenius : k(T ) = Ae−Ea/RT
dove Ea rappresenta l’energia di attivazione. Applicando tale relazione alle temperature T1 = 552.3K
e T2 = 600K, assumendo che l’energia di attivazione sia la stessa, il rapporto tra le costanti cinetiche
risulta
k(T2)
k(T1)= e
−EaR
(
1T2
− 1T1
)
Inserendo i valori k(T1) = 6.09 × 10−5 min−1 e Ea = 210× 103 J mol−1 ricaviamo
k(T2) = 2.3× 10−3 min−1
• Dai dati del problema si deduca l’ordine della reazione in questione,
SO2Cl2(g) = SO2(g) + Cl2(g)
L’equazione di Arrhenius
L’equazione di Svante Arrhenius (Zeit. phys. Chem., 4, 226 (1889); 28, 317 (1899)) e una relazione
empirica dedotta osservando che in un certo intervallo di temperature esiste una correlazione lineare tra
ln k(T ) e 1/T . Matematicamente cio e traducibile nella nota forma esponenziale
Arrhenius : k(T ) = Ae−Ea/RT
in cui entrano solo due parametri indipendenti dalla temperatura (entro l’intervallo in cui la legge
vale): il fattore pre-esponenziale A (che ha le dimensioni della costante cinetica stessa) e l’energia di
attivazione Ea. Per dare un significato fisico a tali parametri e necessaria una teoria interpretativa
dell’evento reattivo. Particolarmente efficace e la Teoria dello Stato di Transizione (TST) proposta
indipendentemente da Eyring (J. Chem. Phys., 3, 107 (1935)) e da Evans & Polanyi (Trans. Faraday
Soc., 31, 875 (1935)). In tale modello si invoca l’esistenza di uno stato di transizione, o complesso
attivato (convenzionalmente indicato con il simbolo ‡), in equilibrio con i reagenti dai quali esso si
forma e che evolve irreversibilmente a prodotti. Dal confronto tra l’espressione di kTST (T ) e la forma
empirica di Arrhenius si deduce che A e Ea sono rispettivamente correlati a ∆S‡ e ∆H‡, le variazioni
di entropia ed entalpia per la creazione dello stato di transizione a partire dai reagenti.
281
Esercizio 11.4
Il tempo di dimezzamento di una data sostanza, a causa di una reazione di dissociazione del primo
ordine, e di 100 minuti a 323.2 K e 15 minuti a 353.2 K. Calcolare l’energia di attivazione della reazione
di dissociazione.
Dalla seguente relazione tra il tempo di dimezzamento t1/2 e la costante cinetica del primo ordine k,
t1/2 =ln 2
k
[• si derivi tale relazione] ricaviamo le costanti cinetiche alle due temperature date, T1 = 323.2 K e
T2 = 353.2 K :
k(T1) =ln 2
100 min= 6.93 × 10−3 min−1
k(T2) =ln 2
15 min= 0.0462 min−1
Per valutare l’energia di attivazione Ea consideriamo l’equazione di Arrhenius nella quale essa entra:
Arrhenius : k(T ) = Ae−Ea/RT
Esplicitando la costante cinetica alle due temperature, sotto l’assunzione che Ea sia la stessa, segue
lnk(T2)
k(T1)=
Ea
R
(
1
T1− 1
T2
)
Inserendo i valori numerici per le temperature e per le costanti cinetiche gia valutate ricaviamo
Ea = 60.02 kJ mol−1
282
Esercizio 11.5
L’equilibrio di interconversione in fase gassosa
A = B
e caratterizzato da una entalpia standard di reazione di ∆rH⊖ = −12.0 kJ/mol a 25 C , e la sua
cinetica segue un meccanismo del primo ordine in ambedue le direzioni
Ak→ B B
k′→ A
Alla stessa temperatura viene misurata una energia di attivazione Ea = 20 kJ/mole per la costante
cinetica k. Quant’e l’energia di attivazione per k′ ?
Poniamoci nella situazione di equilibrio in fase gassosa; le velocita di interconversione sono date da
1 ordine Ak→ B : veq
A→B = k[A]eq
1 ordine Bk′
→ A : veqB→A = k′[B]eq
e devono essere uguali, veqA→B = veq
B→A. Da tale uguaglianza otteniamo
k[A]eq = k′[B]eq =⇒ k
k′ =[B]eq[A]eq
[i]=pi/RT= =
peqB
peqA
= Keq
dove Keq e la costante di equilibrio se si assume comportamento ideale dei gas. Abbiamo cosı ottenuto
la correlazione tra costante di equilibrio e costanti cinetiche,
Keq =k
k′ (1)
Per coinvolgere le energie di attivazione della reazione diretta e inversa richiamiamo l’equazione fenomeno-
logica di Arrhenius nella quale esse entrano:
Arrhenius :k(T ) = Ae−Ea/RT
k′(T ) = A′ e−E′a/RT
∣
∣
∣
∣
∣
=⇒ k(T )
k′(T )=
A
A′ e−(Ea−E′
a)/RT =⇒ lnk(T )
k′(T )= ln
A
A′ −Ea − E′
a
RT
in cui A e A′ sono i fattori pre-esponenziali per le reazioni diretta e inversa. Derivando rispetto alla
temperatura (poniamo le energie di attivazione costanti) si ha
d ln(k/k′)dT
=Ea − E′
a
RT 2(2)
Da eq (1) segue
d ln Keq
dT≡ d ln(k/k′)
dT=
Ea − E′a
RT 2
van′t Hoff=
∆rH⊖(T )
RT 2
e arriviamo pertanto a
Ea − E′a = ∆rH
⊖ (3)
da cui
E′a = Ea − ∆rH
⊖ = (20− (−12)) kJ mol−1 = 32 kJ mol−1
283
Esercizio 11.6
La reazione
2NO(g) + Cl2(g)→ 2NOCl(g)
e del secondo ordine in NO e del primo ordine in Cl2. 5 moli di NO e 2 moli di Cl2 sono poste in un
recipiente termostatato di volume 2 litri, e si misura una velocita iniziale di reazione pari a 2.4× 10−3
moli/litro sec. Quale sara la velocita di reazione quando meta del cloro ha reagito?
Dalle informazioni sugli ordini di reazione parziali otteniamo la seguente espressione per la velocita di
reazione:
v = k[NO]2 [Cl2] (1)
Le concentrazioni iniziali delle specie chimiche sono
[NO]0 = 5 moli/2 litri = 2.5 moli/litro , [Cl2]0 = 2 moli/2 litri = 1 mole/litro
Dalla stechiometria della reazione stabiliamo che le concentrazioni al tempo t sono
[Cl2] = [Cl2]0 − x(t)
[NO] = [NO]0 − 2x(t)
[NOCl] = 2x(t)
con x(t) le moli di Cl2 per litro che hanno reagito. Ponendo x(t) = [Cl2]0/2 ricaviamo le concentrazioni
delle specie quando meta del cloro ha reagito
[Cl2] = 0.5 moli/litro , [NO] = 1.5 moli/litro (2)
da inserire in eq (1) per ottenere la velocita di reazione a tale stadio. Rimane ancora da determinare k;
dato il valore iniziale della velocita di reazione, v0 = 2.4× 10−3 moli litri−1 s−1, e note le concentrazioni
iniziali, applicando eq (1) otteniamo
v0 = k[NO]20 [Cl2]0 =⇒ k =v0
[NO]20 [Cl2]0= 3.84 × 10−4 litri2 mol−2 s−1
Inserendo i valori di k e delle concentrazioni eq (2) in eq (1) otteniamo
v = 3.84 × 10−4 litri2 mol−2 s−1 × (1.5 moli/litro)2 × 0.5 moli/litro = 4.3× 10−4 moli litri−1 s−1
• Quanto vale l’ordine globale della reazione?
• Data la reazione 2NO(g) + Cl2(g) → 2NOCl(g) e superfluo specificare che la cinetica e del secondo
ordine rispetto ad NO e del primo ordine rispetto a Cl2 oppure e necessario? Perche?
284
Esercizio 11.7
Per la reazione
A + 3B→ Prodotti
a partire dalle concentrazioni [A]0 = 1.5 mol/litro e [B]0 = 1.0 mol/litro si misura una velocita di
reazione iniziale v0 = 0.03 moli/litro s, che incrementa di un fattore 2 se la concentrazione iniziale di A
e raddoppiata, e di un fattore 4 se invece la concentrazione iniziale di B e raddoppiata. Determinare
l’ordine di reazione e calcolare la costante cinetica corrispondente.
Partiamo dall’espressione della velocita di reazione,
v = k[A]a [B]b
in cui k e gli ordini di reazione parziali a e b sono le incognite. Per determinare a e b utilizziamo le
informazioni relative a come cambia la velocita di reazione variando selettivamente la concentrazione
dei singoli reagenti. Indicando con v0 la velocita di reazione quando [A] ≡ [A]0 e [B] ≡ [B]0 stabiliamo
[A] ≡ 2[A]0 , [B] ≡ [B]0 =⇒ v = k 2[A]0a [B]b0 = 2av0dato del problema≡ 2v0 ⇒ a = 1
e
[A] ≡ [A]0 , [B] ≡ 2[B]0 =⇒ v = k [A]a0 2[B]0b = 2bv0dato del problema≡ 4v0 ⇒ b = 2
L’ordine globale della reazione e quindi a + b = 3. Avendo determinato a e b, per ottenere la costante
cinetica utilizziamo il valore di v0 relativo alle concentrazioni [A]0 e [B]0:
v0 = k[A]0 [B]20dato del problema
= 0.03 moli litro−1 s−1
= k × 1.5 moli litro−1 × (1.0 moli litro−1)2
da cui ricaviamo
k = 0.02 litri2 moli−2 s−1
285
Esercizio 11.8
La reazione
A + B→ Prodotti
ha una cinetica del secondo ordine (primo ordine rispetto ad A e rispetto a B). Con i reagenti alla stessa
concentrazione iniziale pari a 0.1 moli/litro, essa impiega 40 minuti per completarsi al 20%. Quale
valore deve avere la costante cinetica k ?
L’equazione cinetica per tale reazione (1 ordine rispetto ad A e 1 rispetto a B, 2 ordine globale) e
v ≡ −d[A]
dt= k[A] [B] (1)
Tenendo presente la condizione iniziale [A]0 = [B]0, dalla stechiometria segue che [A] = [B] durante
l’intero il decorso della reazione. Sotto tale vincolo, eq (1) si riduce ad un’equazione nella sola funzione
[A],
[A]0 = [B]0 =⇒ −d[A]
dt= k[A]2
da cui
−d[A]
[A]2≡ d(1/[A]) = k dt
e integrando tra il tempo 0 e il tempo t generico si ottiene
1
[A]=
1
[A]0+ kt (2)
Inserendo [A]0 = 0.1 moli/litro, [A] = 0.8[A]0 = 0.08 moli/litro (corrispondente all’avanzamento della
reazione pari al 20%) e t = 40× 60 = 2400 sec, da eq (2) ricaviamo
k = 1.04 × 10−3 litri moli−1 s−1
286
Esercizio 11.9
La cinetica irreversibile del secondo ordine in fase gassosa
A(g) + B(g)→ C(g)
(primo ordine rispetto ad A e rispetto a B) viene condotta isotermicamente ed a volume costante a
partire da una miscela equimolare dei due reagenti. Descrivere l’evoluzione temporale della pressione
p del sistema di reazione, in termini della costante cinetica k e della pressione p0 e temperatura T0
iniziali.
La velocita di reazione e data da
v ≡ −d[A]
dt= k[A] [B] (1)
Tenendo presente che [A]0 = [B]0 e C e inizialmente assente, dalla stechiometria della reazione segue
che [A] = [B] e [C] = [A]0 − [A] ad ogni istante. Inserendo [A] = [B] in eq (1) otteniamo l’equazione di
evoluzione per [A]:
[A]0 = [B]0 =⇒ −d[A]
dt= k[A]2 =⇒ −d[A]
[A]2≡ d(1/[A]) = k dt
che integrata tra l’istante iniziale e il tempo t porta a
1
[A]=
1
[A]0+ kt
da cui
[A] =1
1/[A]0 + kt(2)
Assumendo comportamento ideale delle specie in fase gassosa, le loro concentrazioni volumetriche sono
legate alle pressioni parziali mediante [i] = pi/RT ; la pressione totale al tempo t e quindi data da
p(t) = pA(t) + pB(t) + pC(t) = RT ([A] + [B] + [C])[A]=[B] , [C]=[A]0−[A]
= RT ([A]0 + [A])
e inserendo l’espressione di [A] data in eq (2) otteniamo
p(t) = RT [A]0
1 +1
1 + kt[A]0
(3)
All’istante iniziale nel sistema sono presenti solo le specie A e B, e la pressione p0 e quindi data da
p0 = RT ([A]0 + [B]0) = 2RT [A]0 ⇒ [A]0 =p0
2RT
Sostituendo tale forma per [A]0 in eq (3) otteniamo l’equazione cercata per l’evoluzione temporale della
pressione totale a partire dal valore iniziale p0:
p(t) =p0
2
1 +1
1 + p0
2RT kt
Si noti che per t → ∞, cioe a completamento della reazione, la pressione totale tende a p0/2. Cio
e attendibile in quanto da due moli di reagenti si forma una mole di prodotto, e a volume fissato la
pressione finale risultera la meta di quella iniziale.
287
Esercizio 11.10
La reazione di idrolisi basica dell’acetato di etile in soluzione acquosa,
CH3COOC2H5 + OH− → CH3COO− + C2H5OH
avviene con cinetica del secondo ordine (primo ordine rispetto ad entrambi i reagenti). Con costante
cinetica pari a 5.4 litri/ mol min, calcolare il tempo richiesto per l’idrolisi del 90% di estere in presenza
di una soluzione tampone a pH=12.
La reazione in esame e del secondo ordine; tuttavia, dato che il pH e tamponato al valore 12 (pOH = 2)
si ha che la concentrazione di ossidrili e fissata al valore [OH−] = 10−2 moli/litro, quindi
v ≡ −d[Acet.]
dt= k[Acet.][OH−]
[OH−] cost.= k′[Acet.]
dove
k′ = k[OH−] = 5.4 litri mol−1 min−1 × 10−2 moli litro−1 = 0.054 min−1
e la cosiddetta costante osservata della reazione di pseudo-primo ordine. Segue quindi
d[Acet.]
[Acet.]= −k′ dt =⇒ ln
[Acet.]
[Acet.]0= −k′ t
Ponendo la concentrazione residua di estere pari a [Acet.] = 0.10 × [Acet.]0, corrispondente all’idrolisi
del 90%, ricaviamo il tempo richiesto come
t = − ln 0.10
k′ = 43 min
288
Esercizio 11.11
La reazione
A + B→ Prodotti
e caratterizzata da un ordine di reazione frazionario, con velocita di reazione data da
v = k[A]1/2[B]
Determinare la dipendenza temporale delle concentrazioni quando il loro valore iniziale e identico:
[A]0 = [B]0.
Tenendo presente la condizione iniziale [A]0 = [B]0 e la stechiometria 1:1 per i reagenti, si verifica
che [A] = [B] ad ogni istante. Sfruttando tale condizione otteniamo l’equazione cinetica per la sola
concentrazione [A]
v ≡ −d[A]
dt= k[A]1/2[B]
[A]=[B]= k[A]3/2
e separando le variabili si ha
d[A]
[A]3/2= −kdt
Integrando tra l’istante iniziale e il generico tempo t si ottiene
2
[A]1/20
− 2
[A]1/2= −kt
da cui si ricava
[A] = [B] =
(
1
[A]1/20
+kt
2
)−2
289
Esercizio 11.12
La conversione del reagente A nel prodotto P e catalizzata dal prodotto stesso secondo la reazione
A + P = 2P
e segue una cinetica del secondo ordine
v = k[A][P ]
Dopo quanto tempo si dimezza la concentrazione del reagente, se k = 10−2 litri/ mol sec, e se le
concentrazioni iniziali sono [A]0 = [P ]0 = 0.01 mol/litro ?
Considerando la stechiometria della reazione stabiliamo che
[A] = [A]0 − x(t)
[P ] = [P ]0 − x(t) + 2x(t) = [P ]0 + x(t)
dove x(t) sono le moli/litro di A che hanno reagito. Rispetto a tale variabile, l’equazione cinetica risulta
essere
v = k([A]0 − x)([P ]0 + x)[A]0=[P ]0
= k([A]0 − x)([A]0 + x)
≡ −d[A]
dt=
dx
dtSeparando le variabili otteniamo
dx
([A]0 − x)([A]0 + x)= kdt
∗≡ dx
([A]0 − x)([A]0 + x)× ([A]0 − x) + ([A]0 + x)
2[A]0
=1
2[A]0
dx
[A]0 + x+
dx
[A]0 − x
∗∗=
1
2[A]0d ln([A]0 + x)− d ln([A]0 − x)
dove il passaggio ∗ e una semplice identita che consente di eliminare l’uno o l’altro fattore a denominatore,
mentre per ∗∗ si e considerato d ln(a± x) = ±dx/(a± x). Riarrangiando abbiamo
d ln([A]0 + x)− d ln([A]0 − x) = 2[A]0kdt
e integrando tra il tempo 0 (con condizione iniziale x(0) = 0) e il tempo t generico si ha
ln[A]0 + x
[A]0− ln
[A]0 − x
[A]0= 2[A]0k t (1)
Per ottenere il tempo di dimezzamento del reagente A, poniamo x(t1/2) = [A]0/2 in eq (1); semplificando
i fattori segue
ln3
2− ln
1
2= 2[A]0k t1/2 =⇒ t1/2 =
ln 3
2[A]0k=
ln 3
2× 0.01 moli litro−1 × 10−2 litri moli−1 s−1
= 5493 sec = 91 min
• Si risolva il problema senza la condizione [P ]0 = [A]0.
290
Esercizio 11.13
La reazione
A + 3B→ Prodotti
segue una cinetica del secondo ordine
v = k[A][B]
con k = 2 litri/ mol min. Determinare il tempo di dimezzamento della concentrazione di A se le
concentrazioni iniziali sono [A]0 = 0.1 moli/litro, [B]0 = 0.4 moli/litro.
Introduciamo la funzione x(t), corrispondente alle moli/litro di A che hanno reagito al tempo t; dalla
stechiometria della reazione segue
[A] = [A]0 − x(t)
[B] = [B]0 − 3x(t)
e l’equazione cinetica per x(t) risulta essere
v = k[A][B] = k([A]0 − x)([B]0 − 3x)
≡ −d[A]
dt=
dx
dt
Separando le variabili si ottiene
dx
([A]0 − x)([B]0 − 3x)= kdt
∗≡ dx
([A]0 − x)([B]0 − 3x)× 3([A]0 − x)− ([B]0 − 3x)
3[A]0 − [B]0
=1
3[A]0 − [B]0
3dx
[B]0 − 3x− dx
[A]0 − x
∗∗=
1
3[A]0 − [B]0−d ln([B]0 − 3x) + d ln([A]0 − x)
Il passaggio ∗ e una identita (il fattore moltiplicativo vale infatti uno) che consente di eliminare l’uno o
l’altro dei due fattori a denominatore come mostrato. Per il passaggio ∗∗ si e fatto uso di d ln(a− bx) =
−bdx/(a− bx). Riarrangiando si ha
d ln([B]0 − 3x)− d ln([A]0 − x) = −k(3[A]0 − [B]0)dt
e integrando m. a m. tra l’istante iniziale, con x(0) = 0, e il generico tempo t si ricava
ln[B]0 − 3x(t)
[B]0− ln
[A]0 − x(t)
[A]0= −k(3[A]0 − [B]0)t
ln[B]
[B]0− ln
[A]
[A]0=
ln[B] [A]0[A] [B]0
= (1)
291
Essendo interessati a valutare il tempo di dimezzamento del reagente A poniamo x(t1/2) = [A]0/2, al
quale corrispondono le concentrazioni
[A] = [A]0/2 = 0.05 moli litro−1
[B] = [B]0 − 3x(t1/2) = (0.4 − 3× 0.05) moli litro−1 = 0.25 moli litro−1
Sostituendo tali valori in eq (1) otteniamo
ln0.25 × 0.1
0.4× 0.05= −2 litri mol−1 min−1 × (3× 0.1− 0.4) moli× t1/2
da cui si ricava il valore
t1/2 = 1.11 min
• Come si semplifica la procedura se i reagenti sono immessi in rapporto stechiometrico? Fare il calcolo
per [A]0 = 0.1 moli/litro e [B]0 = 0.3 moli/litro. Si verifichi che in tal caso risulta t1/2 = 13k[A]0
=
1.67 min.
292
Esercizio 11.14
Si consideri la reazione in fase omogenea
A + B = C + D
descritta da un meccanismo bimolecolare in ambedue le direzioni
A + Bk→ C + D
C + Dk→ A + B
con la medesima costante cinetica k. Derivare la dipendenza temporale delle concentrazioni nell’ipotesi
che inizialmente ci siano solo le specie A e B ad eguale concentrazione.
Esprimiamo la velocita della reazione con riferimento alla trasformazione netta del reagente A. Per
esplicitarla sommiamo i contributi indipendenti dei due stadi: nel primo si ha scomparsa di A mentre
nel secondo si ha formazione della specie (si veda la nota generale alla fine dell’esercizio no. 1), quindi:
v ≡ −d[A]
dt= = k[A][B]− k[C][D] (1)
dove le reazioni diretta e inversa hanno la stessa costante cinetica k. Indicando con x(t) le moli/litro di
A trasformatesi in prodotti, dalla stechiometria della reazione globale segue
[A] = [A]0 − x(t) , [B] = [B]0 − x(t) , [C] = [D] = x(t) (2)
e partendo da [A]0 = [B]0 si ha quindi che [A] = [B] = [A]0−x ad ogni istante. Inserendo tali condizioni
in eq (1) si ottiene l’equazione cinetica per x(t)
dx
dt= k([A]0 − x)2 − kx2 = k([A]20 − 2x[A]0)
Separando le variabili abbiamo
dx
[A]20 − 2x[A]0= kdt
e tenendo presente che d ln([A]20 − 2x[A]0) = −2[A]0dx/([A]20 − 2x[A]0), tale equazione diventa
d ln([A]20 − 2x[A]0) = −2[A]0 k dt
Integrando tra l’istante iniziale, al quale corrisponde x(0) = 0, e il tempo t generico, si arriva alla
relazione
ln[A]20 − 2x[A]0
[A]20= −2[A]0 k t
dalla quale ricaviamo
x(t) =[A]02
1 + e−2[A]0 k t
Noto x(t) determiniamo infine le concentrazioni di tutte le specie secondo le eqs (2):
[A] = [B] =[A]02
1− e−2[A]0 k t
293
[C] = [D] =[A]02
1 + e−2[A]0 k t
• Si osservi che per t → ∞ si deve raggiungere lo stato di equilibrio; in effetti le concentrazioni delle
specie tendono asintoticamente allo stesso valore [A]eq = [B]eq = [C]eq = [D]eq = [A]0/2, e pertanto la
costante di equilibrio vale Keq = 1. Perche la costante di equilibrio vale proprio 1? Se fossimo partiti
da concentrazioni qualsiasi delle specie A, B, C, D il valore di Keq sarebbe stato diverso?
294
Esercizio 11.15
La reazione 2A + Bk→ 2D procede secondo il seguente meccanismo
I) A + Bk′→ C
II) C + Ak′′→ 2D
Applicando l’ipotesi dello stato stazionario all’intermedio labile C, determinare l’ordine di reazione e la
costante di velocita k.
Per potere definire l’ordine della reazione globale, 2A + Bk→ 2D, deve essere possibile esplicitare la
velocita della reazione in una forma del tipo
v ≡ −1
2
d[A]
dt= k[A]a[B]b
in cui a e b sono gli ordini di reazione parziali, a + b e l’ordine di reazione globale, e k e una costante
cinetica effettiva correlata a k′ e k′′. Non sempre la velocita di una reazione e riconducibile alla forma
data sopra; vediamo se sotto opportune condizioni cio e possibile nel caso specifico.
Per ogni specie consideriamo la velocita di variazione della concentrazione, ottenibile sommando i
contributi di formazione/scomparsa dati dai singoli stadi elementari. Dal meccanismo dato ricaviamo
a)d[A]
dt= −k′[A][B]− k′′[C][A]
b)d[B]
dt= −k′[A][B]
c)d[C]
dt= k′[A][B]− k′′[C][A]
d)d[D]
dt= 2k′′[C][A]
Il fattore 2 nella relazione d) si spiega tenendo presente che la costante cinetica k′′ e riferita alla velocita
di reazione dello stadio II), cioe vII = 12d[D]/dt = k′′[C][A], da cui segue che il contributo dello stadio II)
alla velocita di variazione della concentrazione di D e proprio la relazione d). In merito alla convenzione
sulle espressioni per le velocita di reazione e di trasformazione delle specie si veda la nota generale alla
fine dell’esercizio no. 1.
Sotto l’ipotesi dello stato stazionario per il componente C, la concentrazione di tale intermedio
raggiunge rapidamente un valore che si mantiene poi costante nel tempo (e molto inferiore alle concen-
trazioni delle altre specie), che indichiamo con [C]ss; corrispondentemente imponiamo d[C]/dt = 0 nella
relazione c), ottenendo cosı
[C]ss =k′
k′′ [B] (1)
Sostituendo eq (1) nella relazione a) ricaviamo
d[A]
dt= −2k′[A][B]
da cui
v = −1
2
d[A]
dt= k′[A][B]
295
Possiamo quindi affermare che, sotto l’ipotesi di raggiungimento dello stato stazionario per la specie
C, la reazione risulta del primo ordine rispetto ad A e a B, quindi del secondo ordine globale, e che la
costante cinetica effettiva coincide con la costante del primo stadio, k′.
296
Esercizio 11.16
La decomposizione dell’etere dimetilico in fase gassosa avviene in due stadi consecutivi
a) CH3OCH3ka→ CH4 + HCHO
b) HCHOkb→ CO + H2
A 770 K, ka = 8.5 × 10−3 s−1 e kb = 4.5 × 10−2 s−1. Se la concentrazione iniziale dell’etere e 10−4
moli/litro, qual e la massima concentrazione raggiunta da HCHO, ed a quale tempo e raggiunta?
Nel seguito, abbreviamo con ”Et” l’etere dimetilico. Indichiamo inoltre con [HCHO]∗ e con t∗ le incog-
nite del problema: la massima concentrazione raggiunta di aldeide formica e il tempo. Per risolvere
il problema dobbiamo in primo luogo esplicitare [HCHO] in funzione del tempo, poi imporre la con-
dizione di estremo d[HCHO]/dt = 0 dalla quale ottenere le incognite, e verificare infine che tale punto
corrisponda ad un massimo per la funzione in questione.
Partiamo dall’equazione per l’evoluzione temporale della concentrazione di aldeide, ottenibile dal
meccanismo dato tenendo presente che la specie si forma nel primo stadio e viene decomposta nel
secondo:
d[HCHO]
dt= ka[Et]− kb[HCHO] (1)
Per ridurci ad un’equazione differenziale nella sola funzione [HCHO] dobbiamo eliminare [Et] in eq (1).
A tale scopo scriviamo l’equazione cinetica per [Et] (che si decompone solamente, secondo una cinetica
del primo ordine):
d[Et]
dt= −ka[Et]
Integrandola tra l’istante iniziale, al quale corrisponde la concentrazione di partenza [Et]0 data dal
problema, e il tempo t generico, otteniamo
[Et] = [Et]0 e−kat (2)
Inseriamo ora eq (2) in eq (1), ottenendo
d[HCHO]
dt+ kb[HCHO] = ka[Et]0 e−kat (3)
Tale equazione differenziale e del primo ordine (solo derivata prima rispetto alla variabile t), lineare (la
funzione incognita entra al massimo con potenza 1), e non-omogenea (la quantita al secondo membro non
e nulla). Equazioni differenziali del tipo in esame sono risolvibili utilizzando, ad esempio, il ”metodo del
fattore integrante” (si veda la nota generale alla fine dell’esercizio). Nel caso specifico cio si concretizza
moltiplicando m. a m. per la funzione ekbt (che e il fattore integrante dell’equazione), e poi scrivendo
il termine al primo membro come unica derivata
dekbt[HCHO]dt
= ka[Et]0 e(kb−ka)t
297
Integrando m. a m. tra l’istante iniziale, al quale corrisponde [HCHO]0 = 0, e il tempo t generico, si
ottiene
ekbt[HCHO] = [Et]0ka
kb − ka
[
e(kb−ka)t − 1]
da cui ricaviamo la funzione cercata
[HCHO] = [Et]0ka
kb − ka
(
e−kat − e−kbt)
(4)
La derivata prima rispetto al tempo e
d[HCHO]
dt= [Et]0
ka
kb − ka
(
−kae−kat + kbe
−kbt)
(5)
e imponendo la condizione di estremo si ottiene la seguente unica soluzione per t∗:
d[HCHO]
dt
∣
∣
∣
∣
t∗= 0 ⇔ kae
−kat∗ = kbe−kbt
∗
=⇒ e(kb−ka)t∗ =kb
ka=⇒ t∗ =
ln(kb/ka)
kb − ka
Inserendo i valori delle costanti cinetiche ka e kb otteniamo
t∗ =ln(4.5× 10−2/8.5× 10−3)
(4.5 × 10−2 − 8.5 × 10−3) s−1= 45.7 s
e sostituendo tale valore di t∗ in eq (4) ricaviamo la concentrazione di aldeide corrispondente:
[HCHO]∗ = 10−4 moli/litro ×(
8.5 × 10−3
4.5× 10−2 − 8.5 × 10−3×)
×(
e−4.5×10−2 s−1×45.7 s − e−8.5×10−3 s−1×45.7 s)
= 1.3 × 10−5 moli/litro
Rimane infine da verificare che l’estremo individuato e effettivamente un punto di massimo. Derivando
ulteriormente eq (5) otteniamo la derivata seconda, e valutandola in t = t∗ con qualche passaggio si
arriva a
d2[HCHO]
dt2
∣
∣
∣
∣
∣
t∗
= −k2a [Et]0 e−kat∗ < 0
il che significa che a t∗ si raggiunge effettivamente il massimo della concentrazione della specie (del
resto, intuitivamente, non puo essere altrimenti partendo da un ambiente di reazione nel quale l’aldeide
e assente).
298
Integrazione di equazioni differenziali del primo ordine, lineari, non-omogenee.
Metodo del fattore integrante
L’equazione da integrare sia
dy(t)
dt+ y(t)α(t) = β(t) (A)
che descrive la dipendenza della funzione y dalla variabile t (in questo esempio si tratta di un’evoluzione
temporale, ma il metodo e generale), con condizione iniziale
y(0) = y0
Siano α(t), β(t) funzioni date. Moltiplichiamo m. a m. eq (A) per il fattore integrante
I(t) = exp
∫ t
0dt′α(t′)
(B)
ottenendo
I(t)dy(t)
dt+ I(t)y(t)α(t) = I(t)β(t) (C)
d
dt[I(t)y(t)] ≡
L’uguaglianza tra le due forme al primo membro in eq (C) si verifica facilmente a posteriori derivando;
infatti:
d
dt
[
e∫ t
0dt′α(t′)y(t)
]
= e∫ t
0dt′α(t′) dy(t)
dt+ y(t)
d
dt
[
e∫ t
0dt′α(t′)
]
= e∫ t
0dt′α(t′) dy(t)
dt+ y(t)α(t)e
∫ t
0dt′α(t′)
Rinominiamo ora la variabile temporale nell’equazione (C) (t diventa t′), ed integriamo m. a m. in t′
tra i tempi 0 e t:
∫ t
0dt′
d
dt′[
I(t′)y(t′)]
=
∫ t
0dt′I(t′)β(t′)
I(t′)y(t′) |t0 ≡I(t)y(t) − y(0) ≡
dove si e utilizzato I(0) = 1. Ricavando y(t) si ottiene la soluzione
y(t) = y(0)I(t)−1 + I(t)−1∫ t
0dt′I(t′)β(t′) (D)
In conclusione, sono richieste due integrazioni successive: la prima per esplicitare il fattore integrante I
secondo eq (B), e la seconda per integrarne il prodotto con la funzione β in eq (D).
299
Esercizio 11.17
Per la reazione in fase gassosa 2NO + O2 → 2NO2 e stato proposto il seguente meccanismo
2NOk1→ N2O2
N2O2k′1→ 2NO
N2O2 + O2k2→ 2NO2
Derivare la velocita di formazione di NO2 in funzione delle concentrazioni di O2 e NO applicando l’ipotesi
dello stato stazionario alla specie labile N2O2. Sotto quali condizioni si ottiene una cinetica del secondo
ordine?
Consideriamo innanzitutto le velocita di trasformazione delle varie specie, sommando i contributi di
formazione e di scomparsa dati dai singoli stadi del meccanismo:
a)d[NO]
dt= −2k1[NO]2 + 2k′
1[N2O2]
b)d[O2]
dt= −k2[N2O2] [O2]
c)d[NO2]
dt= 2k2[N2O2] [O2]
d)d[N2O2]
dt= k1[NO]2 − k′
1[N2O2]− k2[N2O2] [O2]
Per spiegare i fattori 2 nelle relazioni a) e c) si tenga presente che le costanti cinetiche k1, k′1 e k2
sono riferite alle velocita di reazione dei tre stadi, mentre nelle relazioni a) e c) entrano i contributi
di formazione e scomparsa delle specie; in merito alla convenzione sulle espressioni per le velocita di
reazione e di formazione/scomparsa delle specie si veda la nota generale alla fine dell’esercizio no. 1.
Ricorrendo all’ipotesi di stato stazionario per la specie labile N2O2 poniamo d[N2O2]/dt = 0 nella
relazione d), ricavando la concentrazione costante della specie
[N2O2]ss =k1[NO]2
k′1 + k2[O2]
Inserendo tale espressione nella relazione c), che definisce proprio la velocita di formazione di NO2
richiesta, otteniamo
vformaz. NO2 ≡d[NO2]
dt= 2k2[N2O2]ss [O2] =
2k1k2[NO]2 [O2]
k′1 + k2[O2]
(1)
Vediamo ora sotto quali condizioni la cinetica diventa del secondo ordine (globale). Con riferimento alla
reazione netta 2NO + O2 → 2NO2, cio significa individuare le condizioni sotto le quali eq (1) si riduce
a
vformaz. NO2 = k[NO]a [O2]b
con a + b = 2. Possiamo individuare due situazioni in cui questo si realizza:
1) Se la concentrazione [O2] e costante nell’ambiente di reazione, ad esempio se l’ossigeno e contin-
uamente immesso oppure se e presente in largo eccesso rispetto ad NO. Indicando con [O2]0 tale
concentrazione costante, allora da eq (1) segue
vformaz. NO2 = k[NO]2 , k =2k1k2 [O2]0k′1 + k2[O2]0
300
2) Se k2[O2] ≫ k′1, cioe se la concentrazione dell’ossigeno e tale che [O2] ≫ k′
1/k2. A partire da una
opportuna concentrazione iniziale di ossigeno, sulla base dei valori delle due costanti cinetiche tale
condizione puo risultare soddisfatta entro una certa finestra temporale, nella quale la cinetica appare
del secondo ordine. Infatti, eliminando k′1 al denominatore in eq (1) e semplificando [O2] si ottiene
vformaz. NO2 = k[NO]2 , k ≡ 2k1
301
Esercizio 11.18
La reazione A + 2B→ Prodotti e descritta dal seguente meccanismo cinetico
A + Bk1→ I
Ik′1→ A + B
I + Bk2→ Prodotti
dove I e un intermedio estremamente labile. Sotto quale condizione la cinetica della reazione e global-
mente del secondo ordine?
Si vuole vedere se, e sotto quali condizioni, la velocita di reazione e riconducibile alla forma
v ≡ −d[A]
dt= k [A]m [B]n (1)
con m + n = 2 (secondo ordine globale). Partiamo dalle velocita di trasformazione delle singole specie,
tenendo presente i contributi di formazione e scomparsa dati indipendentemente dai vari stadi:
a)d[A]
dt= −k1[A][B] + k′
1[I]
b)d[B]
dt= −k1[A][B] + k′
1[I]− k2[I][B]
c)d[I]
dt= k1[A][B]− k′
1[I]− k2[I][B]
Per semplificare il problema invochiamo l’ipotesi di stato stazionario per quanto riguarda la specie
labile I, cioe assumiamo che ad un certo tempo, grazie al bilanciamento tra formazione/scomparsa,
la concentrazione di I raggiunga il valore [I]ss e si mantenga (con buona approssimazione) costante.
Corrispondentemente imponiamo d[I]/dt = 0 nella relazione c) ottenendo l’espressione per [I]ss:
[I]ss =k1[A][B]
k′1 + k2[B]
(2)
Sostituendo eq (2) nella relazione a), con qualche passaggio si ottiene la velocita di reazione espressa
come
v = −d[A]
dt=
k1k2
k′1 + k2[B]
[A] [B]2 (3)
Si osserva che sotto le seguenti condizioni e effettivamente possibile ridursi ad un’espressione del tipo
eq (1) con ordine globale pari a 2:
1) Se k2[B] ≪ k′1 (quindi se in un certo intervallo temporale vale [B] ≪ k′
1/k2) e [A] ≃ [A]0 costante
(ad esempio se tale reagente viene continuamente reimmesso nel reattore, oppure se si parte da un suo
largo eccesso). Sotto tali condizioni eq (3) si semplifica portando a
v = k[B]2 , k =k1k2
k′1
[A]0
del secondo ordine rispetto a B.
302
2) Se k2[B] ≫ k′1, quindi se in un certo intervallo di tempo si realizza [B] ≫ k′
1/k2. In tale limite,
eq (3) si approssima a
v = k[A][B] , k ≡ k1
per una cinetica osservata del primo ordine sia rispetto ad A che a B.
303
Esercizio 11.19
Si consideri il seguente schema cinetico per la reazione globale Ak→ B in fase omogenea:
A + Xk1→ 2X
X + Yk2→ 2Y
Yk3→ B
Applicando l’ipotesi dello stato stazionario ai due intermedi X e Y si determini l’ordine della reazione
globale, la sua costante cinetica, e l’espressione per la concentrazione di [A] nel tempo. [Osservazione:
tale schema a tre stadi e noto come modello di Lotka-Volterra, studiato indipendentemente dal chimico
fisico Lotka (1925) e dal matematico Volterra (1926). Non sono note reazioni chimiche che seguono
tale meccanismo, ma e molto applicato nel campo delle dinamiche in ecosistemi. Ad esempio, esso
descrive (sufficientemente) bene la dinamica delle popolazioni preda-predatore; in questo caso specifico,
A rappresenta il cibo disponibile nell’ecosistema, X e l’intermedio-preda, Y e l’intermedio-predatore, e
B e la biomassa nella quale si converte infine il predatore che si trova al vertice della catena alimentare.
L’aspetto interessante e che se il sistema viene mantenuto lontano dall’equilibrio tenendo costante la
concentrazione di A (mediante un continuo flusso di tale reagente nel sistema), lo stato stazionario per
gli intermedi X e Y non viene raggiunto, bensı le loro concentrazioni oscillano nel tempo in modo
accoppiato. Lo schema di Lotka-Volterra costituisce quindi un semplice modello di reazione oscillante.
Caratteristica comune di tali reazioni e la presenza di piu stadi auto-catalitici accoppiati, quali i primi
due nel caso in esame...].
Esprimiamo la velocita della reazione riferendoci alla scomparsa del reagente A (equivalentemente
potremmo considerare la formazione del prodotto B):
v ≡ −d[A]
dt= k1[A] [X] (1)
Vediamo che, per ridurci ad un’equazione cinetica nella sola concentrazione [A], dobbiamo eliminare la
concentrazione dell’intermedio X. A tale scopo partiamo dall’espressione della velocita di trasformazione
di Y , tenendo presente i contributi di formazione e scomparsa:
d[Y ]
dt= −k2[X][Y ] + 2k2[X][Y ]− k3[Y ] = k2[X][Y ]− k3[Y ] (2)
Applicando l’ipotesi dello stato stazionario a tale intermedio, quindi ponendo d[Y ]/dt = 0 in eq (2),
otteniamo la concentrazione allo stato stazionario per l’altro intermedio:
[X]ss =k3
k2
(analogamente per l’intermedio Y , partendo dell’espressione della velocita di scomparsa di X si arriva
a [Y ]ss = k1k2
[A]). Sostituendo [X]ss in eq (1) otteniamo la seguente velocita di reazione
v ≡ −d[A]
dt=
k1k3
k2[A]
che corrisponde ad una cinetica del primo ordine con costante effettiva pari a k1k3/k2. Integrando
rispetto al tempo si ha infine
[A] = [A]0e− k1k3
k2t
304
ESERCIZI DA SVOLGERE
Esercizio 11.20
Per la reazione di formazione di acido bromodrico in fase gas, H2 + Br2 → 2HBr, si osserva speri-
mentalmente la seguente legge cinetica:
v =k[H2][Br2]
3/2
[Br2] + k′[HBr]
Il meccanismo proposto, di tipo radicalico, e il seguente:
Br2 + Mk1→ 2Br + M (iniziazione)
Br + H2k2→ H + HBr (propagazione)
H + Br2k3→ Br + HBr (propagazione)
H + HBrk−2→ Br + H2 (terminazione)
2Br + Mk−1→ Br2 + M (terminazione)
in cui M e una specie inerte immessa nella fase gas. Sulla base di tale meccanismo, e applicando
l’assunzione di stato stazionario agli intermedi, si ricavi la legge cinetica e si esprimano k e k′ in termini
di costanti cinetiche dei vari stadi elementari.
Risultato: k = k2(k1/k−1)1/2, k′ = k−2/k3
Esercizio 11.21
Per la reazione di formazione di acido iodidrico in fase gas, H2 + I2 → 2HI, si osserva sperimentalmente
una legge cinetica del secondo ordine:
v = k[H2][I2]
Il meccanismo proposto e il seguente:
I2k1→ 2I
2Ik−1→ I2
I + H2k2→ H2I
H2Ik−2→ I + H2
H2I + Ik3→ 2HI
dove H2I e un complesso stabilizzato da forze di van der Waals. Sulla base di tale meccanismo, si derivi
la legge cinetica e si interpreti la costante cinetica ”osservata” k in termini di costanti cinetiche degli
stadi elementari.
305