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ENERGEO MAGAZINE (www.energeomagazine.com) è il periodico delle Comunità energetiche sostenibili che puntano ad una maggiore conoscenza delle attività di un mercato in forte crescita. La mission di Energeo Magazine è quella di raccontare le vicende, le storie e le notizie che animano l’intero territorio nazionale nell’ambito delle iniziative di promozione delle energie rinnovabili
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Anno VI - gennaio/febbraio 2013 - Prezzo di copertina 5,50 euro
Periodico per la promozione dell’attività dell’Istituto Internazionale Conoscenze Tradizionali - ITKI UNESCO, Banca Mondiale
sulle Conoscenze Tradizionali - TKWB, Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, Distretti Energetici e Ambientali,
Poli di ricerca, Rete delle Reti Angelo Vassallo, Osservatorio Europeo del paesaggio di Arco Latino.
Il territorio come bene culturale
Università di Pisa, una nuova branca della psicologia studia
l’interazione tra uomo e ambiente
Res Tipica, la terra come risorsa:il recupero delle tradizioni costruttive locali
In Trentino la grande occasione per cento giovani talenti
UN’ASSOCIAZIONISMO ISPIRATO AI VALORI DELLA COOPERAZIONEL’A.N.C.I. ha riconosciuto statutariamente (art. 32) il Consorzio dei Comuni Trentini quale sua articolazione istituzionale in Provincia di Trento. Il Consorzio dei Comuni Trentini (A.N.C.I. TRENTINO) è una Società Cooperativa costituita il 9 luglio 1996 alla quale sono associati la totalità dei Comuni (217) e delle Comunità (16).
Considerati gli scopi statutari, il Consorzio dei Comuni Trentini:
presta ai Comuni e alle Comunità ogni forma di assistenza anche attraverso servizi, con particolare riguardo al settore contrattuale, amministrativo, contabile, legale fiscale, sindacale, organizzativo, economico e tecnico;
esercita tutte le prerogative, compiti e funzioni atte ad assicurare al Consigliodelle Autonomie Locali ogni forma di assistenza, collaborazione e supporto;
rappresenta, difende e tutela gli interessi dei Comuni e delle Comunità intrattenendo, allo scopo, opportuni contatti con enti, istituzioni, uffici ed organi di ogni ordine e grado;
promuove e favorisce l’innovazione nei Comuni e nelle Comunità attuando iniziativee compiendo operazioni atte a favorirne l’ottimale assetto organizzativo, anche attraverso relazioni con enti di ricerca;
presta ai Comuni e alle Comunità ogni forma di assistenza per i problemi legati all’applicazione dei contratti provinciali di lavoro al personale dipendente; è presente con un proprio rappresentante nell’A.P.R.A.N. per la definizione degli strumenti contrattuali;
promuove e attua la formazione e l’aggiornamento professionale del personale dipendente dei Comuni e delle Comunità; attiva specifici interventi di formazione e aggiornamento per gli Amministratori comunali;
attua tutte le iniziative previste per il mantenimento della certificazione della gestione forestale sostenibile delle foreste di proprietà comunale secondo lo schema PEFC.
Consorzio dei Comuni TrentiniVia Torre Verde, 23 - 38122 TRENTO
Tel. 0461-987139 - Fax 0461-981978 [email protected] - www.comunitrentini.it
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Il progetto di Energeo Magazine, avviato da una piccola casa editrice con
l’obiettivo di studiare e descrivere le diverse possibilità di lettura del territo-
rio, amplia e completa il proprio piano di lavoro, muovendosi in sintonia con
alcuni programmi televisivi che dedicano a questi argomenti grande attenzione.
Si tratta di un’occasione straordinaria per approfondire il confronto culturale sui
temi della tutela del territorio e del paesaggio, sulle iniziative e sulle nuove sfide
che la società riserva, in un momento in cui si sente il bisogno di riflettere su
questi sacrosanti valori. Nuovi, autorevoli collaboratori arricchiscono i contenuti
già stuzzicanti, che si richiamano a programmi televisivi di grande prestigio e di
consolidata tradizione. Ma non solo. Il confronto si sposta decisamente sul
territorio per affrontare le diverse dimensioni del problema della tutela e della
salvaguardia dell’ambiente, in particolare quella agro-ecologica e la dimensione
storica dei luoghi, che inquadra anche gli aspetti della lingua e dei dialetti, come
è il caso della piccola Comunità di Resia, in Friuli, che ha fornito gli strumenti ai
più giovani per facilitare l’apprendimento del dialetto resiano.
Un argomento che sarà affrontato nel prossimo numero di Energeo. Senza
dimenticare i paesaggi agrari, anch’essi a rischio, com’è il caso dell’Istituto di
istruzione superiore Tecnica Agraria Bernardo Marsano, dove si diplomò, nella
Regia Scuola, un giovanissimo Rodolfo Valentino, prima di approdare ai fasti del
cinema che lo resero famoso in tutto il mondo. Si tratta di un orto giardino storico,
laboratorio spontaneo e museo a cielo aperto per la sua ubicazione ambientale
e la peculiarità morfologica sulle colline di Sant’Ilario, che ha grande valenza
pedagogica e formativa per migliaia di studenti. La partecipazione diretta dei docenti di alcune prestigiose Università
garantirà, in ogni numero, un supporto sugli esempi concreti di approccio olistico al paesaggio. Infine gli specialisti dell’E-
nea, che ha patrocinato il Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, ideato dal nostro giornale, ci aiuteranno ad esami-
nare i temi dello sviluppo sostenibile e del suo legame con l’utilizzo delle risorse dei territori, dell’innovazione scientifica
per la tutela dell’ambiente e della green economy. Su Energeo potete seguire tutti gli aspetti che renderanno più accat-
tivante il percorso del Premio dedicato a Giovanni Spadolini, fondatore del Ministero per i Beni culturali e Ambientali, che
quest’anno si svolgerà a Modena nell’avveniristica location della Casa natale Enzo Ferrari, trasformata in museo.
Il periodico darà spazio al progetto di dar vita, attraverso la Rete delle Reti Angelo Vassallo, ad una “finestra di dialogo”
con Expo 2015 per offrire una collaborazione concreta sui temi dello sviluppo e della sostenibilità, organizzando una road
map sul territorio sulle tematiche che caratterizzeranno i prossimi numeri di Energeo.
La rampa di lancio è nel cuore di una terra antica: il Cilento. Quella che fu la Lucania occidentale, tra i golfi di Salerno e di
Policastro, territorio riconosciuto dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità, è diventata, infatti, un’officina aperta sul futuro
del territorio, tra le prime individuate da Expo 2015. In questo luogo che da millenni ha ispirato poeti e cantori, è decollato
l’Osservatorio che, oltre a valorizzare la Dieta Mediterranea a 360 gradi, a cominciare dagli aspetti economici, sociali e
culturali, è chiamato a favorire l’integrazione tra le attività istituzionali e la cooperazione tra le Regioni, i Paesi e i popoli
del Mediterraneo. Il tutto promuovendo la partecipazione di enti, associazioni, aziende nazionali ed estere, operanti nei
diversi settori della ricerca, della cultura, della salute, dell’istruzione, della produzione e distribuzione, dell’associazionismo
culturale, ambientale e sociale, attraverso la Rete delle Reti Angelo Vassallo.
Il magazine avrà cura dei dettagli, ponendo particolare attenzione ai temi trattati e la giusta sensibilità nel proporli ai lettori.
Impareremo insieme a guardare con l’intenzione di “vedere”. T.R.
Sui passi di Bellitalia
Il conduttore della rubrica Bellitalia Marco Hagge, sul set delle Biancane,
un affioramento geotermico nel cuore della Toscana dove si è recato
per registrare una puntata delle nota trasmissione della Rai TGR,
messa in onda sabato 23 febbraio e riproposta sul sito www.bellitalia.rai.it
Il Cacioricotta ottenuto esclusivamente da latte di capra è prodotto solo in alcune zone del Cilento.
In alto: una vecchia stampa della Regia Scuola di Tecnica Agraria Bernardo Marsano. Un giovanissimo Rodolfo Valentino, studente della Scuola di Sant’Ilario che si diplomò in agraria nel 1912, interessato non solo alle lezioni
di ginnastica e ballo, ma con ottimo rendimento in tutte le materie.
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SOM
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ODirettore responsabile: Taty [email protected]:Pierpaolo [email protected]: Luigi Letteriello - 334.120.71.85Progetti speciali e Pubblicità:Promedia [email protected] di Redazione:Lucrezia LocatelliRealizzazione grafica: Stefania De Cristofaro
Comitato Scientifico:• AugustoMarinelli,giàMagnificoRettore dell’Università degli Studi di Firenze, Presidente della Giuria Premio Eco and the City Giovanni Spadolini.•Prof.GiovanniPuglisiPresidente CNI UNESCO e Magnifico Rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM.•GiuseppeBlasi,giàresponsabiledellesedeRai della Campania, coordinatore dei corsi della Scuola di Giornalismo dell’Università di Salerno.• DarioCarella,MdAMéritEuropeenne, FondationduMériteEuropeenne, Lussemburgo.• AndreaChiaves,progettistaemerito di impianti innovativi di cogenerazione e teleriscaldamento. •StefanoMasini,responsabileAmbiente e Consumi Coldiretti.•FabrizioMontepara,Presidente Res Tipica ANCI.• DomenicoNicoletti, Docente Università degli Studi Scienze Ambientali di Salerno.• AngeloPaladino,Presidente dell’Osservatorio Europeo per il Paesaggio di Arco Latino. •DipakPant,ProfessorediAntropologia e Economia, fondatore e direttore dell’Unità di Studi Interdisciplinari per l’Economia Sostenibile presso l’Università di Castellanza.• CarlinPetrini,fondatoreePresidente di Slow Food.•LuigiSpagnolli,PresidenteCommissione Ambiente ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani). •PieroSardo,PresidentedellaFondazione Slow Food per la Biodiversità. •AlessandroVercelli,docentediEconomia e Ambiente Università di Siena.
Consulente tematiche e sviluppo azioni:•DichiarazioneUNESCOsulPaesaggio•SistemidiScienzelocali,Tecniche e Conoscenze Tradizionali•BancaMondialeConoscenzeTradizionali (Banca del sapere) - TKWB•PietroLaureano,Presidentedell’Itki International Traditional Knowledge Institute UNESCO
Collaboratori:Maja Argenziano, Michaela Barilari, Gaia Bollini, Serena Ciabò, Claudio Chiaves, Alberto Chini, Leone Chistè, Angela Comenale, Puccio Corona, Filippo Delogu, Marco Devecchi, Lello Gaudiosi, Gabriele Maniscalco, Viviana Martini, Maria Mazzei, Isidoro Parodi, Adriano Pessina, Marco Pontoni, Loredana Renaudo, Federica Rolle, Bernardino Romano, Maurilio Ronci, Carlo Sacchettoni, Alessandro Sbrana, Enzo Siviero, Francesca Vassallo.
Le fotografie di questo numero• EDITORIALE:(LucaGabellini;UfficioStampa ComunediPollica;ArchivioIstitutodiistruzione superiore Tecnica Agraria. Bernardo Marsano). • ISTANTANEE:(StefanoCastronovo-contro copertina).• PRIMOPIANO:(FondazioneSpadoliniNuova Antologia;ComunediPollica;RelazioniEsterne Expo2015;Studio129Modena(MuseoCasa nataleEnzoFerrari);FotoGermogli; ProvinciaAutonomadiTrento; ProvinciadiModena;TgrRai).
• BESTPRACTICE:(ArchivioUfficioStampa Provincia autonoma di Trento - Piero Cavagna, Romano Magrone, Luca Franceschi). • LEGGEREILTERRITORIO:(LucaGabellini; Ufficio Stampa Consiglio Regionale del Piemonte).• RESTIPICAEDINTORNI:(ResTipicaANCI; ComunediNOVI;AssociazioneNazionaleCittà dellaTerraCruda;LaCasaVerdeCO2.0; arch.IsidoroParodi;arch.GaiaBollini).• PAESAGGIAGRARI:(StefanoCastronovo; Archivio Istituto di istruzione superiore TecnicaAgraria.BernardoMarsano; Angela Comenale Pinto).• INIZIATIVELOCALI:(SegreteriaComunità delle Giudicarie).• APPROFONDIMENTO:(SerenaCiabò; Bernardino Romano).• ARCHINELLOSPAZIO:(EnzoSiviero & Partners srl). • ILPUNTODIVISTA:(PaoloRognini).• ANNIVERSARI:(Co.Svi.G.RelazioniEsterne, Podere Paterno).• LABIBLIOTECADIENERGEOMAGAZINE: (EditoreFrancoAngeli;UnioncamerePiemonte).
Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la direzione e la redazione di Energeo Magazine.
Tutela della Privacy:Energeo Magazine viene inviato in abbonamento postale. Il fruitore del servizio può chiedere la cancellazione o la rettifica dei dati ai sensi della Legge 675/96.Prezzo di copertina: Euro 5,50Abbonamento a 6 numeri Euro 30,00
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Direzione, Redazione, Abbonamenti:Edipress Communications SasCorso Re Umberto, 82 - 10128 Torino(+39)011.568.20.82 - 335.606.04.90334.120.71.85 - [email protected]
Uffici di Corrispondenza:•DistrettoEnergieRinnovabili Via Bellini, 58 - Firenze Tel. (+39)055.36.81.23 - Fax (+39)055.321.70.26•Trento-ConsorziodeiComuniTrentini Via Torre Verde, 23 - Tel. 0461 987139•ITKIUNESCO-Ipogea(CentroONU) Via Roma 595 - 50012 Bagno a Ripoli (Firenze)•OsservatorioEuropeodelPaesaggio Arco latino - Certosa di San Lorenzo 84034 Padula (Patrimonio UNESCO) (+39)366.980.14.55 - Fax 0974.95.38.14
Stampa:Società Tipografica Ianni SrlStrada Circonvallazione, 180 - SantenaTel. (+39)011.949.25.80
Registrazione Tribunale di Torino N° 4282 del 18-12-1990Copyright Energeo MagazineEdipress Communications Sas
Periodico bimestralePoste Italiane SpaSpedizione Postale Dl 353/2003(conv. in L.27.02.2004 n.46) art.1, comma 1, CB/ TorinoAnno VI - N° 1 - Gennaio/Febbraio 2013
Il periodico Energeo Magazine è iscrittonel Registro degli Operatori della Comunicazione (ROC) - N° iscrizione 17843
Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana.
ISTANTANEE6 Il territorio per il dialogo tra le genti
PRIMO PIANO8 Il Premio 2013 si muove su identità, ricostruzione solidale, innovazione Una scelta di campo In rete per agire insieme Un territorio di qualità internazionale Un linguaggio che tiene insieme i territori Il ruolo di Res Tipica ANCI Un nuovo spazio nel bando: l’identità dei luoghi “virtuosi” La ricostruzione solidale “fiore all’occhiello” del Premio Innovare sotto il segno del mito Enzo Ferrari Una finestra aperta sull’informazione televisiva BEST PRACTICE14 La grande occasione per cento giovani talenti
LEGGERE IL TERRITORIO16 Territorio, cioè cultura Bellitalia, la rubrica di successo della TGR (Testata Giornalistica Regionale) Rai
RES TIPICA E DINTORNI20 Modellatrici del Paesaggio24 La terra che sussurra
PAESAGGI AGRARI26 Gli antichi orti Le tracce di un magico mondo di celluloide Un lungimirante benefattore28 Madre terra, fratello sole30 Dove c’era l’erba, ora c’è Il podere Costigliolo Un paesaggio pedagogico
INIZIATIVE LOCALI32 Dai “paesaggi rifiutati” ai “paesaggi riciclati” I giovani autorevoli protagonisti Le comunità di valle33 Reinventiamoci il territorio Il parco fluviale del Sarca e del Chiese
APPROFONDIMENTO36 Il Valore “invisibile” del paesaggio38 Corridoi ecologici da salvaguardare
ARCHI NELLO SPAZIO40 I ponti ad arco nel paesaggio
IL PUNTO DI VISTA44 Psicologia socio-ambientale, un nuovo campo da esplorare
ANNIVERSARI46 Comunicare il territorio47 Dai pastori emigranti a imprenditori di successo: un affresco di storia familiare
LA BIBLIOTECA DI ENERGEO MAGAZINE48 Un esempio concreto di approccio al paesaggio Una storia lunga 150 anni
La campagna novese, sul confine con la Ligura è costellato di tantissime costruzioni rurali che costituiscono il patrimonio architettonico immateriale in terra cruda.
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Il territorio per ildialogo tra le gentiP
rendere decisioni sul paesaggio
significa far dialogare interessi
e discipline profondamente dif-
ferenti fra loro per linguaggi utilizzati,
fenomeni studiati e metodi di ricerca.
È quindi necessario trovare un terreno
per il reciproco confronto, allo scopo
di paragonare gli esiti delle rispettive
indagini e di giungere a esiti condivisi
e il più possibile integrati.
Il confronto spesso si svolge, affron-
tando le complesse interrelazioni tra
le diverse dimensioni del paesaggio.
Prendiamo in prestito la presentazione
del libro di Federica Larcher (edito da
Franco Angeli), per meglio interpretare
i servizi proposti in questo numero di
Energeo.
Nella controcopertina abbiamo voluto
privilegiare una storia (pag. 26) che
riguarda i luoghi dove Fabrizio De Andrè
mise insieme, nella ballata “Bocca di
Rosa”, “l’amore sacro e l’amor pro-
fano”. Un vicenda che riguarda il pae-
sino di Sant’Ilario, dove grazie
all’iniziativa del borghese illuminato
Bernardo Marsano, autorevole bene-
fattore, fu fondata, sulla collina rimo-
dellata a terrazze dove un tempo era
praticata un’agricoltura di sussistenza,
una scuola agraria conosciuta in tutto
il mondo per la coltivazione delle orta-
glie primaticce, degli agrumi, della
floricoltura e frutticoltura. In questo
luogo, grazie alla Scuola, ebbero origine
generazioni di coltivatori che lasciarono
un segno importante nella storia della
frutticoltura e della floricoltura.
Nel paesaggio, come in questo caso,
si stratificano i racconti, le memorie, i
segni e le rappresentazioni che costi-
tuiscono il fondamento dell’apparte-
nenza a un luogo. E’ l’identità che
ciascuno di noi va cercando. Maestosi ulivi caratterizzano la collina, rimodellata a terrazze, di Sant’Ilario, il borgo ricordato nella filastrocca incantata composta
e interpretata dal cantautore genovese Fabrizio De Andrè.
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Un giornale che si ispira al
Premio Eco and the City Gio-
vanni Spadolini, o un Premio
che si ispira al giornale. Certo è che
entrambe le iniziative procedono nella
stessa direzione, muovendosi in siner-
gia con la Fondazione Spadolini Nuova
Antologia che si avvale dell’Alto Patro-
nato Permanente del Presidente della
Repubblica. Nelle passate edizioni il
Premio ha ottenuto i più autorevoli
patrocini istituzionali, il Tg2 come media
partner, l’UNESCO con il quale sono
stati impostati alcuni progetti di pro-
mozione della Campagna DESS (Decen-
nio dell’Educazione allo Sviluppo
Sostenibile), senza dimenticare l’ap-
poggio delle organizzazioni territoriali
più operative. Tutti insieme vogliono
procedere sulla traccia dell’Expo 2015:
l’obiettivo è di offrire una collaborazione
concreta agli organizzatori della rasse-
gna milanese, sui temi dello sviluppo
e della sostenibilità. Lungo il percorso
è stata colta una grande occasione,
vale a dire una collaborazione concreta
con la Fondazione Casa di Enzo Ferrari-
Museo che ha messo a disposizione
per la Cerimonia ufficiale di conferi-
mento della Medaglia Spadolini, pre-
vista il 9 novembre 2013, una struttura
che è già diventata un’icona a livello
internazionale: il Museo di Modena
dedicato alle origini del mito Enzo Fer-
rari. La road map è caratterizzata dal
coinvolgimento concreto di partners
d’eccezione (Fondazione Spadolini
Nuova Antologia, Trentino, Alto Adige,
Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Abruzzo,
Res Tipica ANCI, il Comprensorio geo-
termico della Toscana, attraverso il
Co.Svi.G, l’Osservatorio Europeo del
Paesaggio di Arco Latino, 100 sindaci
per la Bellezza e il Paesaggio, Rete
degli Osservatori del Paesaggio del
Piemonte, UNPLI) che sono poi i pro-
motori della Rete delle Reti Angelo
Vassallo, in rappresentanza di una
buona fetta del territorio del nostro
Paese, partendo da Pioppi (una frazione
di Pollica), nel Cilento, il luogo dove
visse Ancel Keys (1904 -2004) che fu
il primo studioso a dare visibilità inter-
nazionale alla Dieta Mediterranea.
Un progetto sicuramente ambizioso
che si rafforza con scambi e azioni
comuni su scala interregionale e inter-
nazionale, ora che dovrà interagire con
il Centro internazionale della Dieta
Mediterranea di Palazzo Capano di
Pollica (Salerno) e il museo vivente di
Pioppi (Salerno), quali poli per la diffu-
sione, la formazione, la ricerca e lo
studio del regime alimentare.
UNA SCELTA DI CAMPOAll’attuale Sindaco di Pollica Stefano
Pisani, ha fatto recentemente riferi-
mento l’Amministratore delegato di
Expo 2015 Giuseppe Sala, il quale ha
voluto incontrare, a Castel dell’Ovo, il
giovane successore del compianto
Vassallo, Stefano Pisani, proponendo
di lavorare insieme per la grande ras-
segnaplanetaria,affinchél’Italiadiventi
il centro mondiale della nutrizione nel
2015, puntando soprattutto sulla Dieta
Mediterranea. Expo Milano 2015 sarà
un’opportunità per educare le future
generazioni a fare un uso consapevole
del cibo e a non sprecare, pur godendo
del piacere che dal cibo traiamo.
Erano presenti il Sindaco di Milano,
Giuliano Pisapia e Luigi De Magistris,
Sindaco del capoluogo campano che
hanno avviato un percorso condiviso
per promuovere la rassegna mondiale,
tenendo in particolar conto il Cilento,
antica terra di eccellenze: i siti arche-
ologici di Paestum, e Velia, la Certosa
di Padula, nel confinante Vallo di Diano,
e la Riserva della Biosfera dell’UNESC0.
Quella che fu la Lucania occidentale,
che si protende come una penisola tra
i golfi di Salerno e di Policastro, rico-
nosciuto dall’UNESCO Patrimonio
dell’Umanità, è diventata un’officina
aperta sul futuro del territorio, tra le
prime individuate da Expo 2015. In
questo territorio che da millenni ha
ispirato poeti e cantori, è decollato
l’Osservatorio che, oltre a valorizzare
la Dieta Mediterranea a 360 gradi, a
cominciare dagli aspetti economici,
sociali e culturali è chiamato a favorire
l’integrazione tra le attività istituzionali
e la cooperazione tra le Regioni, i Paesi
e i popoli del Mediterraneo. Il tutto
promuovendo la costituzione di una
rete della Dieta Mediterranea aperta
alla partecipazione di enti, associazioni,
aziende nazionali ed estere, operanti
nei diversi settori della ricerca, della
cultura, della salute, dell’istruzione,
della produzione e distribuzione, dell’as-
sociazionismo culturale e ambientale.
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Il Premio 2013 si muove su identità, ricostruzione solidale, innovazione
La navicella del Premio approda a Modena, presso il nuovo Museo
che comprende la casa in cui il grande costruttore Enzo Ferrari nacque
nel 1898 e una nuova Galleria espositiva a forma di cofano d’auto
Angelo Vassallo, il Sindaco pescatore è stato un uomo capace di fare il bene, di pensare per gli altri, di alzare lo sguardo verso quell’orizzonte limpido che aveva imparato a guardare durante le albe al lavoro sul suo peschereccio. Un uomo che era già un eroe prima che qualcuno lo ammazzasse. Il Professor Ancel Keys sul terrazzo della sua casa di Pioppi fotografato nel 1990 da Giuseppe Cucco. In alto: le alici di Menaica.
Giovanni Spadolini, statista e senatore fiorentino, nella sua Casa dei Libri a Pian de Giullari.
Expo 2015 apre le porte alla Dieta
Mediterranea e alla Rete delle Reti
Angelo Vassallo e di conseguenza
al Premio dedicato a Giovanni
Spadolini, fondatore del Ministero
per i Beni Culturali e Ambientali
che sta promuovendo entrambe le
iniziative. L’obiettivo è di avviare
una collaborazione concreta
con gli organizzatori
della rassegna milanese
sui temi dello sviluppo e della
sostenibilità. Lo scopo è, infatti,
il coinvolgimento di tutti i partners
del progetto, in rappresentanza
di una buona fetta del territorio
del nostro Paese.
IN RETE PER AGIRE INSIEMESulla stessa linea è la Rete delle Reti,
avviata anche per sostenere il Premio.
L’iniziativa è parte integrante di un
ampio progetto, lanciato dal Sindaco
di Bari Michele Emiliano e da quello di
Pollica. L’idea è quella di unire cento
sindaci, cento rappresentanti di altret-
tante comunità diverse tra loro in un
unico ideale, concretizzato in un “Mani-
festo della bellezza”. Un cambio di
paradigma culturale per uscire dalla
crisi e migliorare la qualità della vita.
Progettare comunità insieme ai citta-
dini, parlando anche di città sostenibili,
dove si riesce a soddisfare i bisogni
dell’individuo affiancando questo ele-
mento alla realizzazione di una vera e
propria crescita umana. Il progetto parte
da lontano anche se il lancio definitivo
dell’iniziativa è recente.
La data di quando si cominciò a parlare
di queste problematiche, è impressa
nei ricordi di chi fu, nei fatti, pioniere
di questo percorso innovativo che
avrebbe segnato la svolta per la
gestione del paesaggio, sviluppo locale
e pianificazione strategica, con l’obiet-
tivo di dialogare e confrontarsi con altri
territori. Era il solstizio d’estate del
1973 quando venne istituito un tavolo
di lavoro per capire come non compro-
mettere irrimediabilmente il territorio.
Le altre tappe significative furono il
riconoscimento del territorio come
Parco Nazionale del Cilento e Vallo di
Diano (istituito nel 1991), frutto di una
sinergia e volontà comune non sempre
condivisa dalla popolazione e il pas-
saggio successivo del riconoscimento
come patrimonio UNESCO avvenuto
nel 1998 a Kyoto, in Giappone che
consacrava la qualità internazionale del
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territorio. Un excursus storico che ha
segnato altri riconoscimenti: dal 1997
è Riserva della Biosfera e dal 2010 è
il primo parco nazionale italiano a diven-
tare Geoparco.
Quarant’anni di storia recente del
Cilento, un territorio che oggi scom-
mette sul suo futuro attraverso la Rete
delle Reti dedicata ad Angelo Vassallo,
destinata a diventare uno strumento
di scambio e di condivisione anche con
i Paesi del Mediterraneo.
UN TERRITORIO DI QUALITÀ INTERNAZIONALEIl Parco Nazionale del Cilento e Vallo
di Diano è il parco mediterraneo per
eccellenza, uno dei più grandi parchi
nazionali italiani su una superficie com-
plessiva di 178.172 ettari sparsi su
ottanta comuni, grazie alla tipologia
ambientale che lo contraddistingue,
macchia mediterranea con lecci, ulivi,
pinete e vestigia di tutte le civiltà che
si sono affacciate su questo mare, dal
Paleolitico agli insediamenti di Paestum
e Velia, dagli insediamenti medievali
fino al capolavoro barocco della Certosa
Castellabate un convegno sui Parchi
costieri Mediterranei”.
“In quella sede - continua Nicoletti -
l’origine del Parco del Cilento e la sua
legittimazione scientifica e culturale
era nelle parole ardite di Max Nicolson
dell’International Institute for Envi-
ronment and Developement di Londra,
che mirabilmente interpretava le nostre
aspettative. Una perfetta integrazione
tra uomo e natura tra interno e costa
nella creazione di un Parco Nazionale
come quello del Cilento che avrebbe
dato slancio ad una nuova visione dei
parchi nel mediterraneo. E per noi fu
un punto di partenza che ci sta portando
lontano”. Fu una prima idea di coope-
razione tra territori.
UN LINGUAGGIO CHE TIENE INSIEME I TERRITORIUna rete di scambio e di condivisione,
si basa su un linguaggio comune che
è cosa nota, uno dei più affidabili indizi
del modo di sentire, e pensare di un
popolo. Un linguaggio fatto di saperi,
pratiche, abitudini, gusti che ha tenuto
insieme territori geograficamente e
storicamente diversi, eppure ricono-
scibili come parti di un unico paese,
non semplice espressione geografica,
ma espressione culturale, nel segno
della legalità e del riscatto, attraverso
la salvaguardia dell’ambiente
E’ questa la mission della Rete delle
Reti che è la stessa del Premio Eco
and the City, dedicato a Giovanni Spa-
dolini, fondatore del Ministero per i
Beni Culturali e Ambientali. Anche Expo
2015 va alla ricerca di una vera identità
italiana e di un’autentica cultura del
cibo e in relazione all’argomento por-
tante della rassegna planetaria: “Nutrire
il Pianeta, Energia per la Vita”, appro-
di Padula. Situato sulla costa del Mar
Tirreno, è oggi un paesaggio che man-
tiene un ruolo attivo nella società con-
temporanea ma conserva i caratteri
tradizionali che lo hanno generato:
organizzazione del territorio, trama dei
percorsi, struttura delle coltivazioni e
sistema degli insediamenti. “Abbiamo
instaurato allora un rapporto di sinergia
organica e duratura, condivisa con la
popolazione locale, - commenta l’av-
vocato Angelo Paladino, all’epoca
amministratore della Provincia di
Salerno - anche grazie al sostegno
dell’Ente intermedio che rappresentavo
che ha dato i suoi frutti, mettendo in
moto un meccanismo per preservare
e generare valori naturali e culturali
attraverso una gestione scientifica-
mente corretta, culturalmente creativa
ed operativamente sostenibile”.
“Sembra quasi un ritorno al futuro -
ricorda Domenico Nicoletti, docente
di Gestione e Salvaguardia delle Aree
Protette Università di Salerno -, quando
nel 1973, grazie all’impegno di tanti
scienziati di tutto il mondo sapiente-
mente guidati dal grande e mai dimen-
ticato Pietro Dhorn, si tenne a
fondisce il tema dell’alimentazione e
le sue numerose sfaccettature, come
la tutela del territorio. Si prende,
dunque, avvio dalla molteplicità dei
paesaggi modellati dalla natura e dal
lavoro dell’uomo. La rassegna milanese
offre molte opportunità di promozione
e di comunicazione alle comunità pro-
duttive di base, agli agricoltori, alle
imprese alimentari, alla catena della
logistica e della distribuzione, al com-
parto della ristorazione, ai centri di
ricerca e alle aziende che intendono
valorizzare le innovazioni e le tecnolo-
gie produttive che generano un pro-
dotto alimentare sano, pulito e giusto,
coniugando saperi e cultura che ci
aiuteranno a scoprire le bellezze, tra-
dizioni, e sapori dei tanti luoghi che
evidenziano il grande valore della cul-
tura del nostro Paese.
IL RUOLO DI RES TIPICA ANCIUn ruolo di primo piano lo avranno le
Associazioni Nazionali delle Città di
identità che aderiscono alla rete Res
Tipica Anci, che promuovono e valoriz-
zano le identità enogastronomiche,
culturali ed artigianali dei Comuni ita-
liani, promotori della Rete delle Reti
Angelo Vassallo. Recentemente,
insieme ad Italia Nostra, Res Tipica ha
lanciato l’iniziativa di destinare spazi
Il Premio 2013 si muove su identità, ricostruzione solidale, innovazione
verdi abbandonati per la coltivazione
di prodotti agricoli. Ciò significa, per
un’amministrazione comunale, dare
qualità ad una zona residenziale, con-
sentendo una nuova visione del pae-
saggio metropolitano ed offrire ai propri
cittadini un servizio; a questo si
aggiunge la riqualificazione di aree
degradate, consentendo una nuova
visione del paesaggio metropolitano
e, più in generale, la prospettiva di una
vita migliore. Scopo dell’accordo è
quello di favorire lo sviluppo degli orti
urbani al fine di avvicinare i cittadini
alla realtà agricola, stimolare la coe-
sione sociale, favorire la riqualificazione
di aree dismesse ed inutilizzate, osta-
colare il consumo del territorio, miglio-
rare il paesaggio urbano, valorizzare le
produzioni tradizionali italiane.
L’istituzione degli orti urbani rientra
nella filosofia di promozione del terri-
torio agricolo comunale, individuando
in essa un mezzo efficace per salva-
guardare il territorio attraverso le col-
tivazioni ortofrutticole. Salvaguardare,
ma anche valorizzare: è indubbio che
un’area territoriale destinata a coltiva-
zioni venga preservata dal degrado,
Dall’antica terra del Cilento partirà l’ambizioso progetto di favorire scambi e azioni comuni con Expo 2015 che dovrà interagire con il Centro internazionale della Dieta Mediterranea di Palazzo Capano di Pollica (Salerno), il museo vivente di Pioppi (Salerno), e la RETE delle RETI Angelo Vassallo, quali poli di coordinamento delle azioni avviate sull’intero territorio nazionale. Ne discutono: Stefano Pisani, Sindaco di Pollica, il Professor Domenico Nicoletti e l’Avv. Angelo Paladino, presidente dell’Osservatorio Europeo del Paesaggio di Arco Latino. La torre dell’orologio di Finale Emilia distrutta dal terremoto.
Giuseppe Sala, Amministratore Delegato di Expo 2015. Enzo Ferrari, un uomo destinato a diventare un mito. Nella pagina a fianco (in alto): il Premio ha reso omaggio a Trento ad una terra ferita, lo scorso anno,
dal grave sisma, conferendo ai Sindaci del “cratere” la Medaglia Spadolini.
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dall’abbandono, e venga rivisitata e
rivissuta dai cittadini in una ottica dina-
mica di appartenenza e tutela. Da non
sottovalutare la conseguenza positiva
anche sull’aspetto sociale di tali inizia-
tive, che permettono ai cittadini di
riappropriarsi del loro territorio in forma
di protagonisti. Da ultimo è indubbio
che la diffusione degli orti urbani possa
rappresentare, soprattutto nei piccoli
centri, una fotografia del paesaggio più
armoniosa per i turisti in visita.
E’ soltanto un esempio delle variegate
iniziative avviate dall’Associazione delle
Città di Identità Res Tipica (raggruppa
oltre duemila Comuni) che ha sotto-
scritto il Manifesto dei valori, impe-
gnandosi a fare sistema. Altre le
approfondiremo.
UN NUOVO SPAZIO NEL BANDO: L’IDENTITÀ DEI LUOGHI “VIRTUOSI”Molto più che nelle vicende politiche
e istituzionali, l’identità italiana si è
costruita entro uno spazio culturale che
nel corso dei secoli ha cementato il
tessuto della nazione. L’ente identita-
rio di base è sempre il Comune, ma
esso tende nel tempo a trasformarsi
in un ente sempre più funzionale per
la gestione dei servizi al cittadino in
applicazione del principio di sussidia-
retà. “La scala di identità locale si
sposta - avverte in un rapporto la
Società Geografica Italiana - entro bacini
di continuità più ampi, aderendo ai
processi localizzativi, residenziali e di
flusso reticolari già presenti”.
Molti piccoli Borghi del nostro Bel
Paese rischiano di scomparire. Res
Tipica per promuoverli punta sull’au-
tenticità, la bellezza e le conoscenze
tradizionali dei piccoli Comuni, valoriz-
zandone le peculiarità, in un’ottica
globale. Il Premio Eco and the City
Giovanni Spadolini, per la prossima
edizione, ha voluto inserire una Sezione
Speciale dedicata all’identità dei luoghi.
LA RICOSTRUZIONE SOLIDALE “FIORE ALL’OCCHIELLO” DEL PREMIOLa ricostruzione solidale, almeno nel
bando del Premio, parte da lontano.
L’argomento è stato suggerito il 19
settembre scorso, a Firenze, in occa-
sione del debutto, a Pian de Giullari,
della Rete delle Reti per la tutela e
valorizzazione del paesaggio naturale
e culturale italiano, e la sottoscrizione
di un Patto per attivare un processo di
aggregazione finalizzato alla fondazione
di una “costituente per la bellezza e il
paesaggio” a salvaguardia del territorio.
Il progetto, promosso dalla Fondazione
Spadolini Nuova Antologia, attraverso
il Premio Eco and the City e dall’Os-
servatorio Europeo del Paesaggio di
Arco Latino, è sostenuto, come si è
visto, dal Sindaco di Pollica Stefano
Pisani; all’iniziativa stanno aderendo
tante altre municipalità dell’intero
Paese e organizzazioni territoriali che
operano a tutela del paesaggio e
dell’ambiente. Alla base c’è la “Dichia-
razione di Firenze sul Paesaggio” dif-
fusa dall’UNESCO in tutto il mondo.
Il Premio Eco and the City Giovanni
Spadolini, con un’ambizione e una
prospettiva internazionale, opera in
sinergia con l’ITKI e l’UNESCO e con
il patrocinio delle più importanti istitu-
zioni ed altri organismi nazionali ed
internazionali intergovernativi e asso-
ciazioni nazionali e non governative.
La Sessione Speciale che riguarda la
“Ricostruzione solidale” prende spunto
dall’appello lanciato da Francesco Ban-
darin, vice direttore generale UNESCO
per non ripetere in Emilia l’esperienza
dell’Abruzzo, indicando il cambio di
rotta dell’UNESCO, con una risposta
adattiva e partecipata ai rischi e alle
catastrofi. L’UNESCO, infatti, ha pro-
posto, attraverso l’International tradi-
tional knowledge institute (Itki), il
“Patto per le popolazioni colpite dal
sisma”. Un protocollo che punta a dare
“una risposta rapida, di qualità e par-
tecipata all’emergenza”, individuando
“modalità” innovative di tutela del
territorio “così” da “dare nel mondo
un’immagine un po’ diversa di un Paese
che mostra non pochi problemi”.
L’obiettivo è evitare, ad esempio, che
la ricostruzione porti ad un eccessivo
consumo di territorio o vi introduca
tipologie architettoniche estranee, pri-
vilegiando il recupero dell’esistente e
salvaguardando gli assetti urbani.
Il Premio (www.ecoandthecity.it),
tenendo ferma l’impostazione delle
prime quattro Sezioni ordinarie (Politi-
cheterritoriali integrateesostenibili;
valorizzazione dei patrimoni paesaggi-
sticieculturali;riqualificazionedeiter-
ritoriagricoli;settoreprivatoeimprese
virtuose e innovative), punterà sulla
“ricostruzione solidale”, un tema di
grande attualità, anche per via della
location prestigiosa che ospiterà la
prossima edizione. Il Premio Eco and
the City Giovanni Spadolini approda
nelle terre dell’Emilia colpite dal sisma,
ospitato nell’officina dove ha avviato i
suoi grandi progetti, un uomo destinato
a diventare un mito: Enzo Ferrari. Il
luogo magico, esclusivo, avvolgente,
avveniristico, pieno di identità, e al
tempo stesso innovativo, è diventato
lo spazio polivalente Museo Casa Enzo
Ferrari di Modena. Da qui il Premio
tornerà in pista per ripartire con più
slancio, anche per rendere omaggio
ad una terra ferita, lo scorso anno, dal
grave sisma. La Fondazione Spadolini
Nuova Antologia è già entrata in con-
tatto con le popolazioni dell’Emilia e
dell’Oltrepò mantovano, dando un
segnale significativo con il conferi-
mento di un riconoscimento ufficiale
ai sindaci dei Comuni terremotati, al
fine di premiare l’alto senso civico in
virtù del quale si sono adoperati con
abnegazione, coraggio e generosità a
vantaggio delle popolazioni colpite. Una
condotta esemplare che ha saputo
trasformare l’emergenza in una grande
occasione per ripensare il rapporto con
il territorio ferito: l’uso e la tutela del
paesaggio, l’attenzione al consumo del
suolo, la necessità di investimenti per
la messa in sicurezza e la prevenzione
dei rischi, la ricostruzione in chiave di
sostenibilità e solidarietà. L’iniziativa
dovrà consentire ai Comuni colpiti di
confrontarsi con altre realtà della peni-
sola sul futuro del nostro Paese,
sempre a rischio di gravi calamità.
INNOVARE SOTTO IL SEGNO DEL MITO ENZO FERRARILa navicella del Premio è giunta ad un
approdo situato nella sede prestigiosa
ed esclusiva del nuovo Museo di
Modena che comprende la casa in cui
il grande costruttore Enzo Ferrari
nacque nel 1898 ed una nuova Galleria
espositiva a forma di cofano d’auto.
Questo ha spinto gli organizzatori a
dedicare al mito Ferrari il focus del
Premio, che comprende anche la
Sezione Speciale “Innovazione”.
Si prende avvio dal territorio, si prose-
gue tra le iniziative che mettono in
connessione i territori e le risorse del
territorio, attraverso l’innovazione.
Il bando è aperto ai suggerimenti di
qualificati partners, in prima fila l’ENEA,
altri sono pronti a collaborare, per defi-
nire la dimensione culturale delle azioni
da portare avanti in questo percorso.
Uno staff di esperti è al lavoro per
capire come dovrà essere la Sezione
Speciale “Innovazione”, ben sapendo
che la geografia e la storia hanno “con-
giurato” per fare del paese Italia un
luogo privilegiato per manifestare e
“raccontare”, in territori che diventano
“officine”, iniziative e nuovi modelli di
sviluppo auspicabili, anche attraverso
l’innovazione.
UNA FINESTRA APERTA SULL’INFORMAZIONE TELEVISIVAPunta tutto sul giornalismo d’inchiesta
televisivo la Sezione Speciale del
Premio dedicata al compianto Ezio
Trussoni, che aveva ben capito come
la presenza capillare della Rai sul ter-
ritorio è elemento distintivo importante
del servizio pubblico radiotelevisivo.
Ezio Trussoni, il responsabile della
redazione di Milano, che è stato un
esempio di attaccamento alla vita e
alla professione di giornalista, svolta
con impegno e senso etico non comuni.
Aveva a cuore in particolare i giovani
precari, per i quali vedeva un’azienda
nuova dove tutti hanno una possibilità
per farcela. L’assegnazione della Meda-
glia Spadolini, dedicata a Ezio Trussoni,
ai giornalisti della TGR vuole far emer-
gere il grande lavoro che si svolge nelle
redazioni Rai delle sedi regionali, attra-
verso i reportage che raccontano il
territorio, facendolo assurgere a pro-
tagonista, con la dignità del bene cul-
turale, cioè come memoria collettiva
formatasi attraverso il tempo: il pae-
saggio e le tradizioni immateriali, le
vicende, anche negative come il dis-
sesto ambientale, che caratterizzano i
luoghi, le denunce di mancata tutela
dell’ambiente, le storie di vita e di genti,
che rappresentando uno dei più impor-
tanti momenti di riflessione e dibattito
sul giornalismo d’inchiesta televisivo.
Luigi Letteriello
Il Premio 2013 si muove su identità, ricostruzione solidale, innovazione
I territori sono autentiche “officine del fare” con la capacità di organizzare la creazione di valore. La Sezione Speciale del Premio, dedicata al compianto giornalista Ezio Trussoni, responsabile della Sede regionale di Milano della TGR.
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Il Trentino lancia una nuova sfida. E’
alla ricerca di giovani di talento da
ogni angolo del mondo da inserire
in un contesto ideale per un ecosistema
di start-up innovative. L’iniziativa, pro-
mossa da Trento RISE (consorzio di
ricerca riconosciuto dalla Commissione
Europea come parte dell’Istituto Euro-
peo di Tecnologia in ambito ICT, deno-
minato Eit ICT Labs di cui fanno parte,
tra gli altri, la Fondazione Bruno Kesler
e l’Università degli Studi di Trento) in
collaborazione con Trentino Sviluppo,
e con la partecipazione del Gruppo
Earlybird Venture Capital, servirà per
trasformare il Trentino in un hub euro-
peo delle iniziative di successo nel
settore delle nuove tecnologie dell’in-
formazione e della comunicazione.
L’ambizioso progetto, che dovrà aiutare
i giovani ad affrontare nuove iniziative,
grazie ad una crescita assistita, con
servizi e agevolazioni offerti da Trento
Rise, dovrà fornire al Trentino gli stru-
menti per diventare una ICT Valley
italiana, puntando su nuove aziende
strutturate, capaci di affrontare da sole
il mercato, in maniera da far emergere
le capacità e le competenze dei giovani
all’interno di un mercato in questi anni
falsato da troppe distorsioni.
E’ quello che si sta cercando di fare
con il programma pubblico “Techpe-
aks” per aprire le porte della ricerca ai
giovani promettenti, capaci di produrre
innovazione. Il Professor Fausto Giun-
chiglia, presidente di Trento Rise, con-
ferma: “Il contributo di TechPeaks alla
trasformazione del Trentino in una vera
e propria economia della conoscenza
si realizza abbassando le barriere eco-
nomiche, culturali e psicologiche che
separano i giovani di talento dalla filiera
dell’innovazione ICT”.
L’obiettivo, dunque, è creare team di
qualità capaci da un lato di valorizzare
le persone di talento, dall’altro di sfrut-
tare le idee innovative sviluppate
nell’ambito della ricerca e dell’alta for-
mazione, e raffinate grazie ai mentori
del programma stesso.
Nella selezione sarà riservata una par-
ticolare attenzione all’Italia e ad alcuni
Paesi dell’Europa dell’est e dei Balcani,
considerati particolarmente promet-
tenti, come ad esempio la Romania,
la Polonia, la Russia, la Slovenia e la
Croazia. Trento RISE selezionerà attra-
verso criteri altamente meritocratici un
numero massimo di 100 candidati, allo
scopo di individuare e lanciare fino a
30 progetti imprenditoriali in ambito
ICT. Dal 5 febbraio al 5 aprile sarà
possibile fare richiesta di partecipazione
al programma, mentre i risultati delle
selezioni arriveranno entro il 30 aprile.
La grande occasione per cento giovani talentiIl programma pubblico “Techpeaks”, messo a punto da Trento Rise, consentirà di aprire le porte della ricerca alle
nuove generazioni, capaci di produrre innovazione. L’aspettativa degli startupper, man mano che il progetto si
completa, è di lavorare concretamente in questa provincia “virtuosa”.
Il Trentino mira a diventare la ICT Valley italiana
Durante il percorso di formazione i
giovani selezionati incontreranno
imprenditori, manager, uomini di finanza
e investitori che li aiuteranno a prepa-
rarsi per affrontare al meglio il mercato
e partire con nuove startup, ovvero per
avviare nuove aziende.
I partecipanti potranno usufruire gra-
tuitamente di vitto, spazi di lavoro,
alloggio e avranno un supporto econo-
mico mensile di 500 euro.
I progetti imprenditoriali ritenuti migliori
riceveranno un contributo di 25 mila
euro. Per ricevere il contributo, ogni
gruppo di lavoro, in cui saranno divisi
i partecipanti, dovrà fondare una società
in Trentino o aprirvi una sede operativa
di una società. Le società saranno
supportate nella ricerca di un investitore
privato che finanzi il loro progetto
imprenditoriale e potranno ottenere un
ulteriore finanziamento pari a quello
dell’investimento privato fino a un mas-
simo di 200 mila euro. Quella che si
prefigura è una realtà con un’ osmosi
molto forte tra mondo della ricerca,
impresa e tessuto sociale. Ne è con-
vinto il presidente della Provincia Auto-
noma di Trento Alberto Pacher:
“L’entusiasmo e la capacità dei giovani
di trasformare alte competenze scien-
tifiche e tecnologiche in nuove imprese
innovative, ci incoraggia molto: la
ricerca e l’innovazione portano valore
aggiunto al territorio.
Per questo abbiamo scommesso sulle
nuove generazioni. E’ questo l’obiettivo
finale”. L’aspettativa degli startupper,
man mano che il progetto si completa,
è di lavorare concretamente in questa
provincia virtuosa. T.R.
BES
T PRA
CTIC
E
BES
T PRA
CTIC
E
Fausto Giunchiglia, Presidente di Trento Rise. In alto: la città di Trento, in primo piano il Castello del Buonconsiglio.
Alberto Pacher, Presidente della Provincia Autonoma di Trento.
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Fra le rubriche tematiche della
TGR (la Testata per l’Informa-
zione Regionale della RAI) c’è
quella dedicata ai Beni Culturali.
Si chiama “Bellitalia”, viene realizzata
dalla Redazione per la Toscana e va in
onda il sabato mattina, su RaiTre.
Il coordinatore, da ormai parecchie
edizioni, è Marco Hagge, che è anche
l’autore del servizio che in gergo gior-
nalistico si potrebbe definire “di coper-
tina”, cioè quello che in ogni puntata
propone un itinerario di approfondi-
mento scelto fra i tanti temi legati
appunto al mondo dei Beni Culturali.
Restauri, mostre, musei, edifici storici,
ovviamente, ma non solo: spesso il
protagonista è il Territorio (lo scrivo con
la maiuscola, per sottolinearne l’impor-
tanza).
Ne deduco che c’è una precisa scelta editoriale: il Territorio come bene culturale a pieno titolo.E’ così. Oggi la cosa è scontata, ma
non lo era, ad esempio, negli anni
Ottanta o Novanta, quando si pensava
che i temi legati al territorio coincides-
sero con quelli ambientali.
Certo, c’è stato un momento in cui
sembrava che il nostro patrimonio di
arte figurativa o architettonica dovesse
lentamente scomparire, cancellato dal
tempo e dall’incuria. Non ci dobbiamo
dimenticare che le Storie della Vera
Croce, il capolavoro di Piero della Fran-
cesca, alla metà degli anni Ottanta
stava letteralmente per scomparire a
causa di un processo chimico causato
dall’inquinamento atmosferico combi-
nato con l’umidità e con le conse-
guenze di restauri precedenti: non si
sapeva assolutamente come proce-
dere. Sono stati i tecnici dell’Opificio
delle Pietre Dure a trovare la soluzione.
Adesso, restaurare significa applicare
dei protocolli precisi: è una conquista
di enorme importanza, di cui l’Italia
deve andare orgogliosa, ma che si
rischia appunto di sottovalutare.
Tutto questo per dire che, fino a una
ventina di anni fa, le emergenze erano
altre. Poi si è capito che è assurdo fare
di tutto per salvare un’opera d’arte se
non ci si preoccupa anche di conser-
varne il contesto.
Ed è qui che entra in ballo il Territo-rio…Direi che è inevitabile. Ma permettimi
una puntualizzazione. Antonio Paolucci
Territorio, cioè culturaIl giornalista toscano ha maturato un’esperienza professionale che negli ultimi quindici anni, lo ha portato in giro
nel nostro Paese, a scoprire luoghi e territori, con il piglio di chi possiede il “mestiere” a guardare i luoghi con
l’intenzione di vedere.
Intervista al giornalista televisivo Marco Hagge
mi ha detto, che bisogna fare atten-
zione a come si usa il termine. Dire
“territorio”, secondo lui, può essere
pericoloso, se non ci si mette d’accordo
su che cosa si intende davvero.
“Territorio”, in senso nobile, è, come
dire, un potenziamento del termine
”paesaggio”, che a sua volta indica la
trasformazione prodotta dalla presenza
umana sull’ambiente naturale. A volte,
però, c’è chi usa la parola al contrario,
per depotenziarla.
Degradare cioè il contesto paesaggi-
stico da tutelare a bene di consumo,
da utilizzare senza riguardi. Credo che
Paolucci abbia ragione da vendere.
Basta vedere che cosa succede in Italia:
ci sono amministratori virtuosi che
mantengono il territorio a loro affidato
come se fosse un giardino, magari a
costo della vita (penso ad Angelo Vas-
sallo, che ho avuto l’onore di conoscere
in occasione di un servizio nel Cilento),
e ci sono quelli che lo sfruttano in
maniera ignobile, come un bottino di
guerra da depredare. E poi, ovviamente,
dire, le abitudini, le tradizioni, la cucina.
Ti racconto un aneddoto che risale agli
inizi della mia carriera. Il caporedattore,
molti anni fa, mi chiese di fare un
servizio sul “Chiantishire” (come sai,
io sono nato e vivo nel Chianti Fioren-
tino). Dovevo cioè rispondere a questa
domanda: ma perché, con tutti i posti
che ci sono al mondo, gli inglesi si sono
innamorati di questo territorio? Allora
mi sono chiesto (confesso che non lo
segnante mi chiese una copia del
servizio per usarlo come materiale
didattico per insegnare ai suoi allievi
come si “legge” un paesaggio.
Beh, il “protocollo” è questo: guardare
con l’intenzione di “vedere” .
Come in ogni altro settore dell’espe-
rienza, del resto.
Ma un territorio non è fatto solo di colori…
ci sono quelli fra i due estremi: che
magari non si pongono neanche la
questione.
Ma da un punto di vista giornalistico, come si racconta un territorio?Io credo che lo si debba raccontare
come si racconta un’opera d’arte. Guar-
darsi intorno, osservare, cercare quel
“carattere” particolare che è fatto di
luce, di clima, di tradizione… Di geo-
grafia e di storia, insomma.
Ascoltarlo, perché un territorio ci manda
sempre qualche messaggio. Anche
attraverso i suoi abitanti, i loro modi di
avevo mai fatto prima): qual è il carat-
tere distintivo del paesaggio in cui sono
nato? Mi sono reso conto che consiste
in due colori: il verde scuro del cipresso
e il verde pallido dell’ulivo.
Sempreverde il cipresso, sempreverde
l’ulivo: dunque, due elementi costanti
in tutto l’arco dell’anno, che risaltano
però in maniera sempre diversa rispetto
a quelli che variano secondo i mesi e
le stagioni, come i vigneti e i boschi a
foglia caduca.
Mi sembrava di avere scoperto l’acqua
calda, e rimasi sorpreso (anche lusin-
gato, devo ammetterlo) quando un’in-
Marco Hagge (nella foto in alto), giornalista di Raitre e coordinatore della trasmissione “BelliItalia”, ha il
grande merito di realizzare servizi sui tesori del nostro Paese, proponendo una lettura trasversale del ter-
ritorio, anche quelli meno conosciuti.“BelliItalia” è la rubrica della TGR dedicata ai beni culturali, nell’accezione
più ampia del termine. Si occupa infatti di musei e di restauri, ma anche di paesaggio, di centri urbani, di tradizioni,
personaggi e curiosità collegati in qualche maniera alla storia e alla cultura del nostro Paese. Ogni puntata propone
un viaggio a tappe attraverso le varie regioni italiane, mettendo in evidenza non solo i tesori artistici e monumentali
più celebrati, ma anche e soprattutto quelli meno noti, così da fornire un quadro a tutto tondo dedicato anche e
soprattutto alle persone che vogliono informarsi sull’arte, la cultura e il paesaggio d’Italia. [email protected]
LEGGER
E IL
TER
RITO
RIO
LEGGER
E IL
TER
RITO
RIO
Le colline Metallifere, in alta Maremma. Sullo sfondo si intravedono le isole dell’Arcipelago Toscano e in lontananza la Corsica.
Bellitalia, la rubrica di successo della TGR (Testata Giornalistica Regionale) Rai
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Certamente. Ci sono gli insediamenti
umani. Grandi e piccoli. Forse bisogne-
rebbe parlare, in generale, di paesaggio
urbano e paesaggio aperto.
E poi ci sono, come dicevo, le persone,
le loro storie. Fra l’altro, non mi sembra
un caso che questi temi vengano evi-
denziati all’interno di una testata gior-
nalistica che, istituzionalmente, si
occupa di “raccontare” le realtà locali.
Paradossalmente, è proprio la globa-
lizzazione che valorizza la dimensione
locale, in tutti i suoi aspetti, anche nei
beni “immateriali”, come li ha definiti
l’UNESCO, che ha deciso di tutelarli
con pari dignità rispetto agli altri.
Quali sono i territori che hai trovato più interessanti?Dal punto di vista professionale, tutti
quelli che permettono una lettura a più
livelli, “multistrato”, se mi passi il
termine. Di solito sono anche quelli
dove la popolazione è più sensibile ai
temi della tutela. Penso alle Langhe
(guarda la coincidenza: territorio di
grandi vini, come il Chianti); al Trentino,
che è una miniera di storie relative alla
convivenza con un ambiente difficile;
ma non vorrei fare un elenco, perché
sarei ingiusto con quelli che inevitabil-
mente non potrei citare. Una cosa ti
posso dire con sicurezza: il territorio è
una miniera incredibile. Recentemente
mi sono occupato delle Biancane, un
affioramento geotermico nel cuore
della Toscana, di cui (e lo dico con una
certa vergogna) non mi ero mai occu-
pato prima.
Una specie di “isola” intorno alla quale
tutti passano, e dove quasi nessuno
si ferma. Un mondo incredibile, da tutti
i punti di vista.
Vorrei tornare a una cosa che hai detto prima, cioè che il territorio è uno solo.Certo. Fra una città e il suo contado
non ci sono certo muraglie cinesi.
Il problema è appunto che si è perso
questo senso di continuità. Il mio col-
lega Claudio Francini, che realizza le
immagini dei miei servizi, dice, scher-
zando ma forse non troppo, che noi
raccontiamo l’Italia meglio di com’è,
perché ovviamente scegliamo il meglio,
mentre ci sono tante brutture in giro.
Devo dire che non ha tutti i torti, anche
se evidentemente c’è anche molto di
buono, come dimostrano le centinaia
e centinaia di servizi che abbiamo rea-
lizzato insieme. Io gli rispondo che
dobbiamo sostenere e valorizzare gli
esempi virtuosi, anche per non dare
alibi a chi dissimula l’incuria trinceran-
dosi dietro i più incredibili pretesti.
Quindi, il giornalismo può avere una funzione positiva?Penso e spero di sì. Quanto meno,
come incoraggiamento. Guarda, io mi
sono convinto che si potrebbe fare
molto con pochissimo, semplicemente
rivedendo tante cattive abitudini, prima
fra tutte il disinteresse. Pensa all’inqui-
namento visivo… Ma io dico: come
mai a Parigi per indicare una zona
pedonale basta un piccolo cartello, e
da noi ce ne vogliono decine, magari
in posizioni che disturbano pesante-
mente il campo visivo? Hai notato ad
esempio che nelle porte delle poche
cinte murarie superstiti il divieto di
passaggio viene segnalato fissando il
cartello proprio sull’ingresso?
Ed è possibile che gli skyline dei centri
storici siano deturpati da centinaia di
antenne e di parabole? Tempo fa, sul
tetto della Cattedrale di Siena,non cre-
devo ai miei occhi: una distesa di tetti
assolutamente puliti, come potevano
esserlo nel medioevo: più che una
veduta, una visione. Indimenticabile.
Come hanno fatto? Semplice: con il
cablaggio. Dunque, se si vuole, si può.
E allora, perché, secondo te, non si vuole?Probabilmente perché non ci si pensa.
E’ un lavoro lungo. Ma mi fa almeno
piacere pensare che, nel nostro piccolo,
possiamo partecipare anche noi.
T.R.
LEGGER
E IL
TER
RITO
RIO
Territorio, cioé cultura
Il tele cineoperatore Claudio Francini, braccio destro del conduttore di Bellitalia, che realizza le immagini dei servizi curati da Marco Hagge.
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Guardare al futuro nel segno
della tradizione. Un obiettivo
tanto semplice quanto nobile
per avviare nuove strategie per la con-
servazione e la valorizzazione del patri-
monio in terra cruda.
Con il programma “Terre di Terra” e il
progetto C.O.L.O.R.E., già sperimen-
tato dall’Amministrazione comunale di
Novi Ligure, una ridente cittadina a
cavallo tra la Liguria e il Piemonte,
l’Associazione Nazionale Città della
Terra Cruda, aderente a RES Tipica
ANCI, in occasione del decennale
dell’associazione, rilancia la cultura
della terra cruda allo scopo di diffondere
i valori del modello di vita e di organiz-
zazione sociale ed economica proprio
dei territori che a questa cultura appar-
tengono. Promuovere lo sviluppo soste-
nibile - non solo in campo edilizio - in
grado di qualificare i sistemi insediativi
Modellatrici del PaesaggioCon il programma Terre di Terra e il progetto comunitario C.O.L.O.R.E. (Countryside and Landscape Opportunities
in Renewable Energies), già sperimentato dall’Amministrazione comunale di Novi Ligure, l’Associazione Nazionale
Città della Terra Cruda, aderente a RES Tipica ANCI, in occasione del decennale dell’associazione, rilancia la cultura
della terra cruda allo scopo di diffondere i valori del modello di vita e di organizzazione sociale ed economica proprio
dei territori che a questa cultura appartengono.
Il recupero delle tradizioni costruttive del territorio qualifica i sistemi insediativi
con la conservazione dei caratteri del
territorio e nel rispetto degli equilibri
eco sistemici, attraverso il recupero
dei materiali, delle architetture e dei
paesaggi legati alla terra cruda, appare
non meno impellente dell’esigenza di
ristabilire interconnessioni di ambito
storico, economico, etnologico, a loro
volta frutto e ad un tempo modellatrici
del paesaggio (le case di terra, i percorsi
campestri, le viti, i gelsi).
Se n’è parlato lo scorso dicembre, nel
corso di un confronto di approfondi-
mento sul tema del paesaggio, dal
titolo invitante: “(in) torno alla terra”.
La locations scelta, il Museo dei Cam-
pionissimi di Novi Ligure, ha reso più
significativo l’evento. Nella stessa
occasione è stato presentato il libro
“Questa è la mia terra”, immagini (le
foto sono di Giovanni Sacchetti che ne
è anche autore) e racconti delle case
di terra in Italia.
Lorenzo Robbiano, Sindaco della citta-
dina nota per i suoi pregiati vini, luoghi
cari agli eroi della bicicletta e del cam-
pionissimo più amato, Fausto Coppi,
approfittando del tour del territorio, ha
evidenziato come occorra intraprendere
una strategia di sviluppo locale incen-
trata sulla valorizzazione delle proprie
risorse endogene, puntando su una di
quelle più caratterizzanti qual è il tradi-
zionale patrimonio architettonico in
terra cruda.
Nell’ambito della gestione del territorio
è molto sentita la necessità di recupe-
rare le preesistenze architettoniche
tradizionali, frutto del paesaggio stesso,
inteso addirittura nella stretta fisicità
della sua materia costituente: la terra.
Ecco allora che il “materiale” si fa
anche “immateriale” assurgendo da
risorsa “fisica” a patrimonio culturale,
attorno al quale nasce e ruota tutta una
vivace volontà che si traduce in un
programma di governance territoriale,
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Gaia Bollini, architetto libero professionista, ph.d in ingegneria civile, consulente energetico Casaclima. Isidoro Parodi, architetto, Settore Urbanistica Comune di Novi Ligure. Luca Becciu, Sindaco di Serrenti, Presidente dell’Associazione Nazionale Città della Terra Cruda.
Fabrizio Montepara, Presidente di Res Tipica ANCI.
La campagna novese, sul confine con la Ligura è costellata di tantissime costruzioni
rurali che costituiscono il patrimonio architettonico materiale in terra cruda.
Nelle foto due esempi di edifici costruitiinteramente in terra battuta. A sinistra la
cascina di Aldo Coscia, casa studio (e rifugio) del noto pittore novese.
A fianco una cascina in terra battuta con la tessitura in pisè lasciata a vista.
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teso a “ricucire” le anime di un terri-
torio, a comunicarlo ai suoi abitanti e
riconsegnarlo loro.
In tal senso l’intento ultimo è quello di
consentire alla comunità locale di pro-
gettare il proprio futuro, fondandolo su
aspetti di sostenibilità sociale e ambien-
tale, in coerenza e continuità con la
propria storia.
Questo programma, denominato Terre
di Terra, cerca di andare oltre la tradi-
zionale prassi di interventi di sola tra-
sformazione spaziale e locale e la sua
portata innovativa risiede nell’articolato
mix dei suoi principi informatori.
“Stiamo lavorando - puntualizza l’ar-
chitetto Isidoro Parodi, del settore
Gestione del Territorio del Comune -
sulla valorizzazione di risorse localizzate
(sia naturali sia prodotte dal lavoro),
considerando il locale e il patrimonio
sociale e materiale come cerniera di
relazioni con il sovralocale (a tutti i
che già interagiscono tra di loro, attra-
verso contatti e scambi in progetti di
diffusione, ricerca, integrazione, coo-
perazione a livello internazionale.
Ne è convinto anche il presidente
dell’Associazione Luca Becciu, Sindaco
di Serrenti, località della Sardegna dove
l’iniziativa è stata avviata dieci anni fa.
Il progetto di mettere in rete i territori
dove si conservavano le antiche tradi-
zioni che nei secoli avevano sviluppato
modelli di architettura e di vita articolati
e validi, decollò a Samassi, dove c’è la
sede dell’Associazione, in una casa di
terra cruda, che ospita un ricco Centro
di Documentazione (www.terracruda.
org). “Usare la terra cruda - sottolinea
Becciu - significa riappropriarci di cul-
tura materiale, conoscenze, saperi che
abbiamo trascurato e che intendiamo
recuperare”. Ed aggiunge:“In dieci
anni abbiamo organizzato numerosi
momenti di divulgazione, sia nella dif-
livelli)”. L’architetto Gaia Bollini, che si
occupa di promozione del patrimonio
in terra, nell’ambito dell’architettura
bioecologica, ribadisce: “Occorre inqua-
drare la tecnologia costruttiva e il patri-
monio esistente all’interno di una
normativa tecnica, mediante un ruolo
attivo da parte del comune, che si
propone come soggetto referente nel
processo di sperimentazione, agendo
nel campo della sostenibilità sociale e
ambientale, avviando reti di soggetti
con propri ruoli all’interno dei processi
di sviluppo”.
La specificità della risorsa interessata
(il patrimonio in terra cruda ed il suo
secolare legame con il territorio), uni-
tamente al forte connotato organizza-
tivo del progetto, configurano la
proposta come una vera e propria
politica complessa di innovazione e di
valorizzazione locale: un laboratorio di
sviluppo locale proiettato su scenari
fusione culturale di base, sia come
confronto scientifico internazionale,
anche in collaborazione con l’UNESCO,
accompagnati spesso da workshop
pratici per apprendere come utilizzare
questa risorsa, che ci aiuta a vivere in
ambienti sostenibili, a salvaguardia
della salute e nel contenimento dei
consumi energetici.
Occasioni di confronto che si realizzano
anche in occasione del tradizionale
appuntamento con la Festa della Terra
che si tiene a metà settembre a Casa-
lincontrada, in provincia di Chieti”.
Fabrizio Montepara, responsabile
dell’Associazione Res Tipica ANCI, non
manca di elogiare il grande impegno
profuso nel tenere vive le varie e arti-
colate forme di cooperazione dell’As-
sociazione Nazionale Città di Terra
Cruda, considerata un autentico fiore
all’occhiello e un valido esempio per
promuovere l’Italia da conoscere in
sovra locali e orientato alla sostenibilità
nella molteplicità dei suoi aspetti.
In sintesi si tratta di un’iniziativa di
sviluppo locale incentrata sui concetti
di saper fare, di “risorse locali”, di
“patrimonio”, di “ecosostenibilità”, di
sostenibilità sociale ed economica, che
prende spunto e forza da una risorsa
“materiale” la cui umiltà la rende così
ricca di poliedriche possibilità anche
“immateriali”.
Il progetto, destinato a coinvolgere la
nuova imprenditoria e lo sviluppo
locale, si articola su diversi livelli che
interessano gli aspetti di tipo tecnico
normativo, di ricerca e documentari-
stico, toccando anche gli aspetti di tipo
formativo di rete e gestione locale e
potrebbe essere replicato su vasta
scala a livello nazionale, coinvolgendo
i 38 Comuni associati a Res Tipica ANCI,
le cinque Province, l’Ente Parco, Asso-
ciazioni, Imprese e liberi professionisti
quanto“Il recupero delle tradizioni
costruttive del territorio è una delle
innumerevoli iniziative di Res Tipica
ANCI” e ciò è pienamente in sintonia
con quanto sostenuto, in molteplici
occasioni dagli architetti Bollini e Parodi,
secondo cui ”approcciarsi ad una disci-
plina particolare quanto affascinante
come la costruzione in terra cruda
significa, innanzi tutto, sfatare alcuni
radicati quanto erronei luoghi comuni,
derivati dal riferire questo materiale,
antico quanto l’uomo, a condizioni di
miseria, stenti, abbrutimento e preca-
rietà (climatica, economica, sociale e
culturale). La terra altro non è, laddove
sia impiegata, che una risorsa come
molte altre, anzi, spesso la più preziosa,
perché l’unica che affonda le radici
nella storia dell’umanità”.
Pierpaolo Bo
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Modellatrici del Paesaggio
Paesaggio di pianura con la cascina fortificata “Gerola”. Il territorio di Novi, conosciuto per i suoi pregiati vini, punta al recupero delle tradizioni costruttive, qualificando i sistemi integrativi di tutta l’area. Sullo sfondo l’azienda vitivinicola Valditerra.
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Lorenzo Robbiano, Sindaco della Città di Novi Ligure.
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Il materiale terra è per sua natura
estremamente versatile. Le tecno-
logie costruttive sono molteplici,
molto legate alla peculiarità del terreno
locale. Il Piemonte, insieme alla Sar-
degna, è una delle regioni con il più
esteso ed articolato patrimonio storico
architettonico in terra cruda.
La concentrazione maggiore è rilevabile
nella provincia di Alessandria, dove è
riscontrabile una variegata tipologia di
manufatti: essi vanno dalla semplice
cascina, alle opere pubbliche o private,
caratterizzando, caso unico in Italia
insieme, a Sardegna e Calabria, sia
l’ambito rurale quanto quello urbano.
Per l’esattezza sono individuabili tre
aree distinte: la zona del mattone
crudo, la zona della terra battuta che
adotta latecnicadelpiséorammed
earth, applicata nell’area del basso
Piemonte, soprattutto la parte meri-
dionale della provincia di Alessandria,
infine una zona a tecnologia mista,
dove il mattone e la terra battuta si
trovano impiegati assieme nella rea-
lizzazione di strutture portanti.
Queste costruzioni erano un tempo
case coloniche legate al mondo
contadino, dotate di autenticità di
linguaggio compositivo, sfaccetta-
ture tecnologiche e contenuti
sociali.
L’azione intrapresa dall’Amministra-
zione Comunale di Novi Ligure prevede
una strategia di sviluppo locale incen-
trata sulla valorizzazione delle proprie
risorse endogene: l’apparente gioco di
parole Terre di Terra (TdT), è in verità
un articolato programma che mira a
sistematizzare le future azioni di tutela
e promozione dell’esistente patrimonio
architettonico in terra cruda. Ma la terra
è anche un pretesto per parlare e agire
concretamente in merito al territorio.
Si tratta infatti di un’iniziativa di sviluppo
locale incentrata sui concetti di saper
fare, di utilizzo delle risorse locali, di
tutela del patrimonio, di sostenibilità
sociale, economica e ambientale,
basata sulla centralità del territorio, del
paesaggio e della popolazione attra-
verso lo strumento della partecipazione.
Terre di Terra, facendo sua la mission
che è propria degli ecomusei, definisce
innanzi tutto un processo, da intendersi
come strategia che consente ad una
comunità locale di ritornare ad essere
tale, di riconoscersi nella propria storia,
nelle tradizioni e nella memoria di tutti
colorochelacompongono,nonchénei
segni lasciati sul territorio (in termini
antropici quanto naturali), assurgendo
a momento di riflessione critica sui
La terra che sussurraLa costruzione in terra cruda diviene spunto e comune denominatore per la creazione di una mappa culturale che,
nascendoalivellolocale,hainsétuttelepotenzialitàpersvilupparsisuscalanazionaleeinternazionale.
Il programma è una valorizzazione del territorio, e quindi del paesaggio, in chiave turistica di qualità. Attraverso il
recuperodiffusodiedificiruralidipregio(giacchéinterra),sipuntasullespecificitàesucircuiticulturalidedicati.
Il mondo contadino che ritorna in auge
nostri attuali modelli di sviluppo.
La scelta di individuare il patrimonio
locale in crudo quale elemento fon-
dante di questo approccio/processo,
sottende tre precise volontà: recupe-
rare la dignità del materiale costruttivo
terra, evidenziandone le profonde qua-
lità, soprattutto in ambito di sostenibi-
litàebiocompatibilità;darerispostaad
una esigenza territoriale di ricettività
turistica attualmente scarsa, poco dif-
ferenziataepernullainnovativa;defi-
nire percorsi tematici legati alla cultura
e alle tradizioni (socio-economiche,
storiche ecc.) del territorio, ascrivendo
a questi due ambiti quell’articolato
livello di beni materiali e immateriali
che, intrecciandosi sul territorio, ne
definiscono e caratterizzano l’identità
e trasferiscono alle comunità locali quel
senso di appartenenza che si vuole
recuperare e sollecitare.
In altre parole la costruzione in terra
cruda diviene spunto e comune deno-
minatore per la creazione di una mappa
culturale che, nascendo a livello locale
hainsétuttelepotenzialitàpersvilup-
parsi a scala sovralocale (nazionale e
internazionale).
In ultima battuta il programma è una
valorizzazione del territorio, e quindi
del paesaggio, in chiave turistica di
qualità, che, attraverso il recupero dif-
fusodiedificiruralidipregio(giacché
in terra), punta sulle specificità e su
circuiti culturali dedicati, in un contesto
in cui il settore ricettivo è sottodotato
rispetto alle potenzialità del territorio.
Ciò significa anche provare a costruire
e coordinare sotto un’unica regia un
insieme di relazioni immateriali a rete,
in un ottica di governance territoriale
multilivello.
Con la collaborazione di
Gaia BolliniArchitetto che si occupa di promozione
e recupero del patrimonio in terra, temi su cui pubblica e tiene consulenze e lezioni.
Isidoro ParodiArchitetto, che si occupa per conto
del Comune di Novi Ligure, in particolare restauro e conservazione
del patrimonio locale.
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Tre metodi di applicazione di intonaco nel recupero delle costruzioni rurali: intonaco costituito da terra e gramigna - finitura di terra cruda e vinacce di Cannonau- aggrappaggio per terra cruda. In alto: paesaggio di pianura nel Novese. Tutto le case sullo sfondo sono realizzate con la tecnica della terra battuta.
La locandina che ha illustrato la campagna,dell’Associazione Nazionale Città della Terra Cruda. All’Assemblea annuale, svoltasi a Novi Ligure, hanno partecipato i soci aderenti all’Associazione (35 Comuni), provenienti dalle regioni Abruzzo, Marche, Sardegna e Piemonte. Nella stessa occasione (foto in alto) è stato presentato il libro “Questa è la mia terra” dedicato al decennale dell’Associazione.
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Il primo importante riconoscimento
fu assegnato nel 2011 da “Italia
Nostra” che, in occasione della
settimana nazionale dedicata ai “Pae-
saggi agrari”, inserì il Podere Costi-
gliolo, dove è ubicata una Scuola di
Agraria di altissimo livello, tra i paesaggi
da proteggere. Il Podere Costigliolo è
oggi minacciato da una strada che lo
dovrebbe attraversare in pieno per
arrivare a via del Pianello (altra zona
della collina), pena l’esproprio e quindi
la cessazione delle attività educativo/
didattico/formative che hanno una così
unica e preziosa ricaduta in tutt’Italia.
La tenuta di 27 ettari, donata al Re
Umberto I nel 1882, da Bernardo Mar-
sano, ricco commerciante genovese,
è oggi un bene culturale a rischio: un
orto giardino storico, laboratorio spon-
taneo e museo a cielo aperto per la
sua ubicazione ambientale e la pecu-
liarità morfologica che ha grande
valenza pedagogica e formativa per
Gli antichi ortiNei luoghi dove Fabrizio De Andrè mise insieme, nella ballata “Bocca di Rosa”, “l’amore sacro e l’amor profano”,
grazie all’iniziativa del borghese illuminato Bernardo Marsano, autorevole benefattore, fu fondata, sulla collina
rimodellata a terrazze di Sant’Ilario, dove un tempo era praticata un’agricoltura di sussistenza, una scuola agraria
conosciuta in tutto il mondo per la coltivazione delle “ortaglie primaticce”, degli agrumi, della floricoltura e
frutticoltura. In questo luogo, grazie alla Scuola, ebbero origine generazioni di coltivatori che lasciarono un segno
importante nella storia della frutticoltura e della floricoltura.
In questo luogo si conservano “i saperi e i sapori”
dell’agricoltura di qualitàmigliaia di studenti. A Sant’Ilario studiò
anche Rodolfo Valentino, che nella
Regia Scuola di Agricoltura fondata dal
benefattore genovese si diplomò in
agraria, prima di affinare le sue grandi
doti di ballerino e di divo del cinema
che lo fecero diventare uno dei primi
sex symbol se non addirittura un vero
e proprio oggetto del desiderio, desti-
nato al culto di massa. La peculiarità
del Podere Costigliolo è determinata
dalle caratteristiche del paesaggio, dalla
giacitura, dall’esposizione, dalle carat-
teristiche climatiche, ma anche dalla
storia di questo territorio e dell’Istituto
Professionale per l’Agricoltura e l’Am-
biente “Bernardo Marsano”, sorto
centotrentuno anni fa. Il ricco commer-
ciante, nato nel 1811, aveva intuito
come attraverso l’istruzione sarebbe
stato possibile rendere produttivi i
terreni nei quali, fino ad allora, si era
praticata un’agricoltura di sussistenza.
Bernardo Marsano era consapevole
che l’esposizione a sud di quel versante
della collina, a mezza costa del Monte
Giugo e da tempi antichi rimodellato a
terrazze, in case civili e rurali, poteva
consentirne la trasformazione in “giar-
dini d’inverno” e la coltivazione dei
ricchissimi prodotti, migliorando le
condizioni socio economiche della
popolazione di Sant’Ilario che, fino ad
allora, si era dedicata alla coltivazione
di piante arido resistenti.
La collina del borgo è un balcone sul
mare dalla ricca vegetazione e dalla
vista mozzafiato, da dove si scorge il
monte di Portofino. Da qui parte una
passeggiata panoramica lungo le creuze
secolari che s’inerpicano ripide su per
la collina. Sant’Ilario, invece, è entrata
nell’immaginario collettivo per la cono-
sciutissima ballata “Bocca di Rosa”,
composta da Fabrizio De Andrè nel
1967. La stazione di Sant’Ilario, immor-
talata nei celebri versi, è ancora lì, in
via Bonanno, un piccolo monumento
di archeologia ferroviaria, con l’insegna
mutilata, nei pressi della via Aurelia,
meta di curiosi turisti.
La stessa da cui scese Bocca di Rosa
in un giorno di tanti anni fa, “per metter
l’amore sopra ogni cosa”, sicuramente
prima del 1959, l’anno in cui la fermata
fu definitivamente soppressa, per tra-
sformarsi anni dopo in un edificio pri-
vato. Nei paraggi venne posto un cippo
commemorativo realizzato dallo scul-
tore Adriano Leverone, amico di De
Andrè, che riporta un’epigrafe poetica
(in terzine), dedicata alla ballata del
cantautore genovese, al termine di un
mese di celebrazioni musicali di De
Andréedeicantautorigenovesinella
calata di Capolungo, a Nervi-Sant’Ilario.
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Sullo sfondo della collina di Sant’Ilario, da dove si vede il promontorio di Portofino e il golfo di Genova, si delinea la bella palazzina della Regia Scuola di Agricoltura, dove si diplomò in agraria anche Rodolfo Valentino. In primo piano il giardino medievale e il campo catalogo di piante da frutto.
In basso: Bartolomeo Pagano in una foto di scena del film Maciste, girato negli Anni Venti. In alto, a sinistra: il giovane allievo del Marsano Rodolfo Valentino con un compagno di corso. A destra: il benefattore Bernardo Marsano e l’insegna mutilata della Stazione di Sant’Ilario, descritta in un paio di strofe
dal cantautore genovese Fabrizio De Andrè nella ballata “Bocca di Rosa”.
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LE TRACCE DI UN MAGICO MONDO DI CELLULOIDE Sant’Ilario è perennemente arroccata
sulle alture, con la sua unica, straordi-
naria bellezza. All’epoca di Bernardo
Marsano si viveva soprattutto di pasto-
rizia e olivicoltura e S. Ilario era poco
più di un villaggio di contadini che
risalivano il crinale alla ricerca di nuovi
pascoli da sfruttare. La terra era l’unico
patrimonio. Oggi è un borgo verticale,
minacciato dalla speculazione edilizia.
Italia Nostra è intervenuta più volte per
dire no all’ ennesimo sfregio a un pae-
saggio che è l’emblema di quello ligure,
ad una speculazione che non si arresta
nemmeno di fronte all’ amara lezione
dell’ultima alluvione del novembre del
2011. Qui vissero il grande poeta dia-
lettale genovese Edoardo Firpo e Bar-
tolomeo Pagano, per tutti Maciste,
nativo di Sant’Ilario, dove visse nella
grande villa fatta costruire da Bertumè,
con i risparmi accumulati durante la
sua lunga carriera, e il vasto appezza-
mento del circostante terreno, che
l’attore nelle pause tra l’uno e l’altro
dei quaranta film girati si dilettava a
coltivare ad orto e giardino. L’erculeo
eroe degli anni 20, personaggio cine-
matografico del film “Cabiria”, fino al
1914 camallo nel porto di Genova,
abbandonò il lavoro di scaricatore di
navi, per entrare definitivamente nella
storia del cinema muto.
Tutte queste coincidenze non devono
far dimenticare il valore dell’opera meri-
toria di Bernardo Marsano che nel suo
testamento scriveva: “Revocando ogni
precedente disposizione istituisco mio
erede universale la Regia Scuola Pratica
di Agricoltura Marsano in Sant’ Ilario
di Nervi, alla cui fondazione ho consa-
crato tutta la mia vita e la maggior parte
de’ miei averi allo scopo di creare nella
Liguria, mia terra natale, un centro di
istruzione ove si insegnino i metodi
migliori per trasformare le nostre terre,
oggi così poco rimuneratrici, in giardini
d’inverno, capaci dei ricchissimi pro-
dotti delle ortaglie primaticce, degli
agrumi, della Floricoltura e Frutticol-
tura” (Marsano, 1925).
Negli atti della Società Economica di
Chiavari del 1843 si rilevava: “Che l’i-
gnoranza sia fatale origine di molti
disordini, e sovente la rovina delle
famiglie, ella è una verità riconosciuta
… i nostri agricoltori difficilmente si
perfezionano nelle arti loro perché sono
meno perseveranti nello studio teore-
tico … questo solo io penso, che spar-
gendo a mano larga l’istruzione, si
otterrà un giorno che la povertà non
sia fatale e perpetuo retaggio di una
classe di uomini; che la ricchezza non
sia esclusiva di un’altra privilegiata”.
“Il benefattore che ha dato il nome al
nostro Istituto - racconta la professo-
ressa Angela Comenale Pinto, tutta
grinta e passione per questa terra, ma
anche della “sua” d’origine: il Cilento
- fu un personaggio certamente geniale.
Le indicazioni di Bernardo Marsano in
merito alla coltivazione delle ortaglie
primaticce, degli agrumi, della Floricol-
tura e Frutticoltura, furono vincenti e
grazie alla Scuola di Agricoltura ebbero
origine generazioni di coltivatori che
lasciarono un segno importante nella
storia della frutticoltura e della floricol-
tura. Basti pensare che Domenico
Tamaro, autore di diversi importanti
testi di frutticoltura, fu direttore della
Regia Scuola di Agricoltura di Sant’Ila-
rio e che, grazie all’istruzione, come
preconizzato da Bernardo Marsano, si
sviluppò a Sant’ Ilario il lavoro di miglio-
ramento genetico per diverse colture
floricole e in particolare per le camelie,
per le quali ibridatori esperti crearono
centinaia di varietà nuove”. Per le
nuove colture introdotte da Bernardo
Marsano sarebbe stata necessaria
l’irrigazione, perciò oltre alla fondazione
della Scuola di Agricoltura fu realizzato
un acquedotto che rendesse regolare
l’approvvigionamento idrico.
UN LUNGIMIRANTE BENEFATTORE Avevano la precedenza per l’Istruzione
“i più poveri e abbisognevoli”, ma non
poche furono le difficoltà che Bernardo
Marsano dovette affrontare per rendere
reale questo sogno in cui l’istruzione
diventava strumento di libertà e sov-
vertiva la struttura sociale dell’epoca,
mettendo in pericolo i privilegi della
nobiltà e della ricca borghesia.
“L’importanza del contributo di Ber-
nardo Marsano - ricorda il responsabile
dell’Ufficio Tecnico Giampiero Alloisio,
ex allievo dell’Istituto Marsano - ha
fatto sì che oggi il suo nome sia con-
templato nella recente opera pubblicata
dall’Ufficio Studi del Ministero delle
Attività culturali, coordinata da Vincenzo
Cazzato, Atlante del giardino ita-
liano:1750-1940: dizionario biografico
di architetti, giardinieri, botanici, com-
mittenti, letterati e altri protagonisti”.
La Scuola Agraria di Sant’Ilario è altresì
citata nel testo di Giuseppe Murolo
“Fatti e figure dell’insegnamento agra-
rio dall’unità d’Italia ad oggi”.
Pierpaolo BoPAES
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GRA
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Gli antichi orti
La peculiarità del Podere Costigliolo è determinata dalle caratteristiche del paesaggio, dall’esposizione, dalle caratteristiche climatiche, ma anche dalla storia di questo territorio e dell’Istituto Professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente “Bernardo Marsano”, sorto centotrentuno anni fa. Il viaggio per conoscere Sant’Ilario prendeva inizio dalla Stazione ferroviaria, soppressa nell’estate 1959, in via Bonanno,
dove si fermavano i treni diretti a Genova.
PAES
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GRA
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Madre terra, fratello sole
E’ una vecchia centralina solare, un prototipo a concentrazione che utilizzava
gli specchi Fresnel, la prima costruita in Italia, oggi abbandonati e rotti.
Eppure Sant’Ilario, negli anni sessanta e settanta del secolo scorso, fu
sede delle pionieristiche imprese “solari” di Giovanni Francia. Matematico e
ingegnere nato a Torino nel 1911, fu il primo al mondo che progettò e costruì
nel Podere Costigliolo, diversi tipi di centrali solari capaci di ottenere vapore ad
alte temperature (500° e oltre) e di produrre energia elettrica. Era una specie di
Archimede dei tempi moderni, Francia realizzò dei campi di specchi che inseguono
il sole e ne riflettono la radiazione su un ricevitore (nelle foto il professor Giovanni
Francia e il suo prototipo costruito a Sant’Ilario) e con le sue scoperte richiamò
l’attenzione del mondo intero su Genova, che allora fu soprannominata “capitale
del solare”. Francia, oltre a dimostrare che era possibile far funzionare macchine
e impianti delle società tecnologicamente e industrialmente avanzate con le
radiazioni solari, sviluppò insieme a due giovani architetti, l’iraniano Karim Amir-
feiz e la genovese Bruna Moresco, il progetto di una città da 100 mila abitanti
capace di funzionare esclusivamente grazie allo sfruttamento di energia solare
rinnovabile. La validità dei concetti alla base degli impianti costruiti da Giovanni
Francia resta intatta ancora oggi tanto che in Australia e in Germania, come
raccontava un filmato visibile alla mostra itinerante del Comitato Nazionale “La
Storia dell’Energia Solare”, sono nate imprese che hanno costruito installazioni
i cui antenati sono proprio quelli che Francia realizzò nella stazione solare di
Sant’Ilario dove, purtroppo, oggi non resta che una testimonianza di archeologia
industriale degli ultimi suoi impianti. E pensare che oltreoceano il 7 dicembre
2011 a Las Vegas l’azienda californiana eSolar è stata premiata per il miglior
impianto costruito nel 2009 nel settore dell’energia solare in base al principio
degli impianti di Giovanni Francia. E’ interessante conoscere che nello stesso
anno di fondazione della scuola (1882) venne teorizzato da Alessandro Battaglia
il collettore multiplo, presentato presso l’Istituto di Incoraggiamento di Napoli,
il primo brevetto per lo sfruttamento dell’energia solare, e cento anni dopo la
nascita del benefattore Bernardo Marsano, nel 1911, nacque Giovanni Francia.
Corsi e ricorsi di una storia che non deve essere dimenticata. Pierpaolo Bo
Il pioniere dell’energia solare
Giovanni Francia fece i primi
esperimenti a Sant’Ilario
La prima centralina solare, costruita in Italia, è stata realizzata nel Podere Costigliolo di Sant’Ilario. E’ un prototipo a concentrazione, progettato dall’ing. Giovanni Francia, che utilizzava gli specchi Fresnel, oggi purtroppo in cattivo stato di conservazione.
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Anno VI - gennaio/febbraio 2013 Anno VI - gennaio/febbraio 2013
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Straordinario, coinvolgente,
magico, il paesaggio della col-
lina di Sant’Ilario, lungo il ver-
sante naturale rimodellato dall’azione
antropica per mezzo dei terrazzamenti,
appartiene in toto alla Formazione dei
Calcari Marnosi di Monte Antola.
Dal punto di vista morfologico il ver-
sante, di forma subtriangolare, è stato
prodotto dall’azione di una faglia, a
direzione est-ovest, appartenente ad
un sistema che ha fortemente interes-
sato il substrato calcareo-marnoso, si
estende fino a 480 m s.l.m. con espo-
sizione sud. I terrazzamenti si interse-
cano alle rocce calcaree ad elmintoidi
come in un unico disegno e permettono
la coltivazione anche laddove la pen-
denza è maggiore. La realizzazione dei
terrazzamenti con i materiali lapidei
ricavati sul posto ha consentito una
straordinaria armonia tra le caratteri-
stiche naturali e l’azione dell’uomo.
Il paesaggio di Sant’Ilario è talmente
peculiare che è stato oggetto del primo
piano paesaggistico nel 1953 in attua-
zione della legge n.1497/1939.
Il paesaggio agricolo della collina, grazie
alla Scuola di Agricoltura, evolve dalla
coltivazione di piante aromatiche, olivi
e agrumi, che venivano venduti alle
navi mercantili inglesi nel porto di
Genova per prevenire lo scorbuto fra
i marinai, nella frutticoltura e nella
floricoltura specializzata. La coltura
degli agrumi si sviluppa a Sant’Ilario
grazie a interessanti sistemi irrigui di
canalette di coccio invetriato lungo i
muri di ispirazione araba e vasche di
raccolta in pietra, che ancora esistono
nel Podere Chiappella dell’Istituto Mar-
sano, a sud del Podere Costigliolo, ma
il valore di questa coltura è anche nei
colori e nei profumi: “qui tocca anche
a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l’odore dei limoni” (E. Montale).
E’ evidente che la Scuola Agraria con
i suoi ventisette ettari sulla collina,
caratterizzati da condizioni microclima-
tiche differenti in funzione dell’altitu-
dine e dell’esposizione, è un’elemento
fondamentale della straordinarietà del
paesaggio di Sant’Ilario.
Allo stesso modo le caratteristiche
architettoniche dell’edificio ottocente-
Dove c’era l’erba, ora c’è... Un autentico giacimento di varietà da frutto locali che mira della conservazione in situ a tutela della biodiversità.
Con lo stesso obiettivo gli studenti dell’Istituto Agrario di Sant’Ilario che rappresenta una realtà dell’eccellenza per
chi consideri l’agricoltura, la cura del territorio, la tutela della biodiversità e la passione nel fare scuola, elementi di
valore da promuovere e sostenere, stanno realizzando un parco didattico del giardino storico, del quale sono già
visitabili un giardino con le specie vegetali utilizzate in epoca medioevale e un giardino con le piante utilizzate in
epoca rinascimentale.
Un laboratorio spontaneo nel mezzo della natura della riviera
sco edificato per ospitare gli studenti
fanno sì che ai primi del novecento nei
depliant turistici di Sant’Ilario fossero
indicati solo la chiesa e la scuola come
mete turistiche. Tra le pietre calcaree
dei muri a secco nascono l’erba rug-
gine, l’Asplenium, l’ombelico di Venere,
la Cymbalaria muralis, i Sedum.
Dai cancelli lungo le mulattiere si scor-
gono pergolati di vite e di glicine,
mentre la Clivia miniata regala appari-
scenti fioriture primaverili. Lungo gli
impluvi nei quali si raccolgono le acque
piovane si sviluppa il Phragmites com-
munis, così come descrive Montale:
“le viuzze che seguono i ciglioni discen-
dono tra i ciuffi delle canne e mettono
negli orti, tra gli alberi dei limoni”.
IL PODERE COSTIGLIOLOIl Podere Costigliolo è ricco di ecotoni,
aree ad elevata biodiversità che forni-
scono ospitalità, nutrimento e siti per
la riproduzione a molte specie fauni-
cole, rappresentando, così, un ele-
salamandrina dagli occhiali, la Salaman-
drina terdigitata, classificata oggi come
Salamandrina perspicillata, a protezione
speciale. In ottemperanza alla conven-
zione Internazionale di Rio de Janeiro
nel podere Costigliolo dell’Istituto Mar-
sano è stato realizzato un campo cata-
logo di varietà da frutto locali che si
propone l’obiettivo della conservazione
in situ a tutela della biodiversità.
Con lo stesso obiettivo gli studenti
stanno realizzando un parco didattico
mento importante per l’equilibrio
ecologico. Sono presenti molte specie
faunicole protette dalla legge regionale
22 gennaio 1992 per la “tutela della
fauna minore”, come specie entomo-
logiche, tra le quali la rara formica cieca
Strumigenys tenuipilis e il coleottero
curculionide Heteromeira variegata,
rettili e anfibi, tra i quali l’orbettino,
Anguis fagilis, il biacco, Coluber viridi-
flavus, il geco comune, la Tarentola
mauritanica, la Raganella mediterranea,
l’Hyla meridionalis, il Bufo bufo e la
del giardino storico, del quale sono già
visitabili un giardino con le specie vege-
tali utilizzate in epoca medioevale e un
giardino con le piante utilizzate in epoca
rinascimentale.
UN PAESAGGIO PEDAGOGICOIl paesaggio del Podere Costigliolo per
la sua ubicazione ambientale, la sua
ricchezza naturalistica, la sua valenza
culturale, la sua eccezionale bellezza
e la peculiarità geomorfologica, si
presta in maniera particolarmente effi-
cace a divenire laboratorio spontaneo
per esperire una gamma di scoperte
e conoscenze non solo scientifico-
naturalistiche ma anche relative alla
sferadeivaloriedell’identitàpersonale;
si può perciò considerare paesaggio
pedagogico.
L’Istituto Marsano con il suo Podere
Costigliolo ha vinto la sfida di rendere
la scuola un luogo piacevole, dove gli
studenti vanno “perché ne sono
attratti” (Skinner, 1992). Esporsi con-
sapevolmente agli influssi di un pae-
saggio, esplorandone e ascoltandone
le voci, palpandone i misteri, cogliendo
la sua storia, la sua evoluzione, assa-
porandone le ricchezze variegate, in
relazione ai propri vissuti, conduce a
un’esperienza educativa e formativa
che andrebbe incoraggiata all’interno
di ogni programma didattico allo scopo
di accrescere, fin dall’età evolutiva,
nella società civile, la sensibilizzazione
al valore dei paesaggi, e, al tempo
stesso, la capacità critica e quella deci-
sionale e partecipativa rispetto alle
politiche ambientali e territoriali.
Con il contributo di Angela Comenale Pinto
Insegnate dell’Istituto Agrario Bernardo Marsano
PAES
AGGI A
GRA
RI
PAES
AGGI A
GRA
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La floricoltura, l’orticoltura e il paesaggio delle serre arricchiscono di contrasti la collina di Sant’Ilario, dove l’ulivo modificò profondamente il paesaggio naturale con i terrazzamenti a strapiombo sul mare. In alto: Angela Comenale Pinto, docente dell’Istituto Agrario e il suo collega Giampiero Alloisio, responsabile dell’ufficio tecnico,
ex allievo del Marsano.
Uno studente che lavora nell’aula all’aperto.
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Anno VI - gennaio/febbraio 2013 Anno VI - gennaio/febbraio 2013
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Aiutare a riflettere per ripensare
l’ambiente e ritrovare il pae-
saggio perduto, attraverso un
laboratorio “territoriale-paesaggistico”,
per riqualificare il territorio, coinvol-
gendo giovani con specializzazioni
diverse (architetti, paesaggisti, urbani-
sti, agronomi, ingegneri, botanici) da
tutta Italia. E’ l’obiettivo di un’interes-
sante iniziativa avviata dalla Comunità
delle Giudicarie, nelle vallate omonime,
in un contesto paesaggistico mozza-
fiato. Il progetto tiene conto dell’attua-
zione di una politica per i cittadini
auspicata dalla Comunità, con “la Per-
sona al centro”: giovani, famiglia,
salute, cultura, sport, edilizia abitativa,
ed altro ancora. Insomma una politica
di sistema ben oliata per il governo del
territorio e delle risorse: urbanistica,
mobilità, energia, ciclo dell’acqua.
Senza trascurare l’aspetto etico ed
estetico del paesaggio come suggeri-
scel’UNESCO,perchéilprogettorap-
presenta un’autentica rivoluzione a
tutto campo.
Una proposta che potrebbe essere
Dai “paesaggi rifiutati” ai “paesaggi riciclati” In Trentino è nato un laboratorio territoriale-paesaggistico per riqualificare e valorizzare le risorse. I protagonisti
sono un gruppo di giovani allievi progettisti, che hanno trovato gli stimoli per trovare spunti di qualità per il nuovo
Piano Territoriale di Comunità. Il progetto è stato promosso dalla Comunità delle Giudicarie che comprende 39
Comuni amministrativi ed oltre 120 centri abitati, lungo i bacini dei fiumi Chiese e Sarca, immissario del Lago di
Garda.
Il progetto rappresenta un modo per apprezzare e interpretare il territorio, applicando soluzioni innovative
presa come modello anche per altre
comunità, al fine di attuare il proposito
auspicato nella recente Dichiarazione
UNESCO dello scorso settembre, a
Firenze, nella quale venne evidenziata
come “è apparsa con sempre maggiore
evidenza, l’impossibilità di proteggere
il Patrimonio separatamente dall’am-
biente e ignorando i saperi e le pratiche
che lo hanno generato”.
Il paesaggio è stato definito, in quella
circostanza, proprio come quella stretta
relazione tra umanità e ambiente che
ogni civiltà e comunità stabilisce rea-
lizzando il proprio universo sociale e
produttivo. Nel documento ufficiale
che ha messo in moto la procedura
Nazioni Unite per arrivare a una nuova
convenzione internazionale sul pae-
saggio, si considerava la richiesta delle
comunità locali e dei rappresentanti
amministrativi per migliori e sostenibili
condizioni di vita basate sulla condivi-
sione globale delle opportunità e
comuni obiettivi. La bella iniziativa
avviata nelle vallate delle Giudicarie
potrebbe essere inserita come un’a-
zione di sostegno, in ambito locale, al
progetto UNESCO che avrà valore
planetario, avviato in occasione del 40°
anniversario della Convenzione del
Patrimonio Mondiale. Il progetto non
ha niente di preordinato: è maturato
all’estremità sud-occidentale della Pro-
vincia di Trento, lungo i bacini dei fiumi
Chiese e Sarca, immissario del Lago
di Garda. Nella località di Tione si sono
svolti gli incontri più significativi volti a
valorizzare le risorse locali, rafforzando
la consapevolezza dei cittadini sulla
necessità di salvaguardare e migliorare
i paesaggi come elemento integrante
dello sviluppo sostenibile e dell’identità
locale. Un modo esclusivo per proget-
tare in area alpina, nuovi interventi di
tutela, utilizzando il territorio come
“un’officina a cielo aperto”. Il luogo è
magico. Le Giudicarie si estendono per
circa un quinto del territorio provinciale,
con una popolazione di quasi 38 mila
abitanti. Comprendono 39 Comuni
amministrativi ed oltre 120 centri abi-
tati. Il territorio include le antiche “sette
pievi”, riunite tra le Giudicarie Esteriori,
con le zone di Lomaso, Bleggio e
Banale, e le Giudicarie Interiori, che
comprendono l’alto corso del Sarca
(con la Val Rendena e la Busa di Tione)
ed il bacino del Chiese. Come se non
bastasse, dalle Giudicarie svetta il mas-
siccio dell’Adamello che fronteggia le
Dolomiti di Brenta, riconosciute Patri-
monio dell’Umanità nel 2009, proprio
nel cuore del Parco Naturale Adamello
Brenta. “L’obiettivo centrale del Piano
Territoriale è quello di garantire un
approccio sostenibile allo sviluppo, che
veda nell’ambiente e nel paesaggio gli
elementi più preziosi da valorizzare -
afferma Patrizia Ballardini, Presidente
della Comunità delle Giudicarie, che
aggiunge: - un paesaggio che nel segno
del recupero, della riqualificazione e
dell’integrazione ma anche della ricerca
e della sperimentazione, riesca a tro-
vare una visione unitaria di qualità, nella
consapevolezza che tutto assume
significato e conquista concretezza
solo se associato ad una nuova sensi-
bilità degli Amministratori”.
Il programma si è aperto con un ciclo
di mostre, seminari e sessioni di con-
fronto con cittadini, professionisti locali,
operatori, Sindaci e amministratori, con
la partecipazione della Commissione
Paesaggio della Comunità delle Giudi-
carie, al fine di stabilire partenariati
efficaci, e muovere i passi necessari
per procedere nella giusta direzione.
I GIOVANI AUTOREVOLI PROTAGONISTINelle giornate di studio si è mostrato
l’uso concreto e operativo di questa
ottica sul paesaggio non categoria per
disquisizioni estetiche ma strumento
INIZ
IATI
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OCALI
Patrizia Ballardini, Presidente della Comunità delle Giudicarie. L’area imponente (circa 52.800 m2)delladiscaricadiZuclochetraalcuniannitermineràlasuafunzionediareaadibitaasmaltimentodeirifiuti,
per la quale la Comunità delle Giudicarie ritiene essenziale trovare una modalità innovativa di riqualificazione. Non quindi solo una messa in sicurezza dell’area ma un progetto che la trasformi da luogo inospitale a risorsa per il territorio.
Reinventiamoci il territorio
Riscoprire, percorrere, osservare,
proporre, innovare. E’ la filoso-
fia dei gruppi di lavoro che si
occupano del Progetto da Paesaggi
rifiutati, ai paesaggi riciclati.
Ad esempio, il ripensamento delle
località turistiche alpine sviluppatisi tra
gli anni Sessanta e gli Ottanta è una
delle nuove sfide dell’architettura e del
governo del territorio. Un progetto
riguarda Madonna di Campiglio, la
“Perla delle Dolomiti”, il luogo simbolo
del turismo alpino in Trentino.
Un progetto che si configura come una
visione futura della località alpina.
Una proposta per nuovi spazi, flessibili,
che facciano rivivere Campiglio nella
contemporaneità e non solo come
ricordo di una gloriosa modernità, e
per la differenziazione dell’offerta turi-
stica anche nei mesi primaverili e autun-
nali. Una Campiglio che cambia, che
si rinnova, che si ripensa.
A partire dalla porta del paese: un’e-
norme colata di cemento considerata
un vero pugno in un occhio.
IL PARCO FLUVIALE DEL SARCA E DEL CHIESEIl tentativo di riportare l’acqua entro il
paesaggio del quotidiano è l’obiettivo
che si è prefissato il gruppo che si è
occupato del parco fluviale.
L’acqua nelle Giudicarie era vissuta
come elemento dal quale difendersi e
come risorsa produttiva (centrali idro-
elettriche, termalismo, imbottiglia-
mento e itticoltura).
Durante il sopralluogo è risultato però
evidente che non c’era necessità di
costruire “strutture fisiche” ma bensì
“strutture relazionali”, tramite le quali
ritrovare e dare nuovo significato al
rapporto uomo-acqua.
INIZ
IATI
VE L
OCALI
Una proposta per nuovi spazi flessibili
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Dai “paesaggi rifiutati” ai “paesaggi riciclati”
per promuovere un nuovo modello
basato su benessere delle genti.
I giovani, innanzitutto, sono stati chia-
mati a confrontarsi con l’obiettivo di
offrire idee e contributi progettuali e
di strategia per alimentare un’ avanzata
stesura del Piano Territoriale delle Giu-
dicarie, avvicinandolo ad obiettivi mirati
e concretamente fattibili in pochi anni.
Questa iniziativa ha preso le mosse
dal lavoro fin qui raccolto nel volume
“Rifiuti da problema ecologico a risorsa
del paesaggio” realizzato dalla Comu-
nità delle Giudicarie insieme all’Univer-
sità di Trento (www.comunitadelle
giudicarie.it). Al seminario di apertura,
lo scorso gennaio, hanno fornito i con-
tributi i giovani docenti, che hanno
affiancato quelli di alcune figure impor-
tanti del panorama scientifico europeo:
i paesaggisti PROAP/Lisbona, lo studio
Modus di Bressanone, e l’Università
di Pescara, che hanno illustrato casi
esemplificativi di realizzazioni e approcci
sostenibili ai luoghi alpini che valoriz-
zano la sensibilità al paesaggio come
elemento chiave attorno a cui costru-
ire con attenzione e qualità.
Nella giornata conclusiva del laborato-
rio (sono programmate in futuro altre
sezioni), un team di esperti, insieme
ai componenti della Commissione per
la pianificazione territoriale e il paesag-
gio della Comunità delle Giudicarie, ha
valutato le proposte di progetto,
lasciando poi spazio al confronto aperto
a tutti i partecipanti.
La sfida, lanciata dalla Comunità delle
Giudicarie (la più ampia tra le Comunità
di Valle) di restituire accessibilità a
luoghi deturpati o classificati solo come
“problema ambientale” è stata raccolta
dall’Università di Trento a testimonianza
della relazione, sempre più salda e
proficua, che si sta creando negli ultimi
anni tra realtà locali e ricerca applicata.
“Attraverso questa sperimentazione
- spiega Giuseppe Scaglione, Prof. di
Progettazione urbana e coordinatore
del Laboratorio TALL dell’Università di
Trento - questi luoghi divengono ele-
mento strategico, da utilizzare come
risorsa per ripensare tutto il paesaggio
circostante. L’area della discarica, ad
esempio, potrà assumere un ruolo più
significativo, diventando un’occasione
di vita in ogni contesto, dalla realtà
urbana a quella rurale e montana”.
“In un ambito tanto delicato come
quello della gestione del territorio e dei
rifiuti - commenta Patrizia Ballardini,
presidente della Comunità delle Giu-
dicarie - è fondamentale cambiare
approccio, immaginando opportunità
innovative anche per i luoghi oggi rifiu-
tati poiché dequalificati dall’intervento
umano. Perché un “laboratorio” con
l’Università? Perché credo solo attra-
verso il contributo di tanti, professio-
nisti e studiosi, si potranno trovare i
percorsi innovativi che contesti ormai
intaccati richiedono, per dare loro nuova
vita e qualità”.
LE COMUNITA’ DI VALLE Le Comunità di Valle sono enti pubblici
locali intermedi tra la Provincia Auto-
noma di Trento ed i Comuni. Previste
dalla legge di riforma istituzionale, le
Comunità hanno sostituito i Compren-
sori. Mentre questi ultimi rappresen-
tavano un “braccio operativo” della
Provincia, con limitato potere decisio-
nale, le Comunità sono titolari di fun-
zioni proprie ed hanno la responsabilità
di costruire ed adottare le politiche che
più rispondono alle esigenze e alle
caratteristiche del proprio territorio.
Con le Comunità di valle, si è voluto
portare più vicino ai territori le decisioni
rilevanti, al fine di poter costruire rispo-
ste più puntuali alle esigenze dei Cit-
tadini. Al tempo stesso, le Comunità
sono al servizio dei Comuni al fine di
garantire servizi in modo più efficace
ed efficiente anche in una fase critica
per le finanze pubbliche. Tra le com-
petenze attive della Comunità delle
Giudicarie, si ricordano: politiche per
la casa (edilizia pubblica e agevolata),
politiche sociali e per la salute, gestione
della filiera dei rifiuti, pianificazione
territoriale e urbanistica di comunità,
assistenza scolastica, trasporti turistici,
pianificazione e finanziamento delle
opere di valenza sovracomunale attra-
verso il Fondo Unico Territoriale. Attivati
ed operativi anche progetti specifici
quali: “Parco fluviale del Sarca”, “Pro-
getto Family Giudicarie”, “Giovani:
costruiamo insieme il Futuro”. P. B.
INIZ
IATI
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In alto: i seminari hanno registrato una grande partecipazione di giovani che sono stati affiancati da alcune figure professionali importanti del panorama scientifico europeo.
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Anno VI - gennaio/febbraio 2013 Anno VI - gennaio/febbraio 2013
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Quando parliamo di valore natu-
rale di un paesaggio, istinti-
vamente, la maggior parte di
noi, vola col pensiero verso luoghi
spettacolari, lontani da casa, inse-
guendo il concetto (ormai desueto) di
“bellezza naturale”.
Ciò è dovuto al fatto che la cultura
occidentale, o meglio del mondo indu-
strializzato, non ha aiutato la comunità
a percepire la natura nella sua interezza,
néadidentificarlaemotivamentecon
il paesaggio quotidiano, mente è prassi
comune rimanere in ammirazione di
paesaggi spettacolari e isolati (Naveh,
1995). Questa situazione è particolar-
mente evidente in Italia dove la com-
ponente estetica è stata, sin dall’origine
della questione “paesaggio”, il filo
rosso che ha guidato indirizzi ed appli-
cazioni pratiche influenzando anche i
processi di gestione e salvaguardia del
paesaggio. Oggi però la Convenzione
Europea del Paesaggio (di seguito CEP)
ci insegna che il paesaggio è ovunque
e non fatto soltanto da singoli elementi
di inconfutabile pregio ovvero “di note-
vole interesse pubblico”.
Al concetto di “beni paesaggistici”
dovrebbe sostituirsi quello di “paesag-
gio” inteso come “una parte di terri-
torio così come è percepita dalle
popolazioni, il cui carattere risulta dall’a-
zione di fattori naturali e/o umani e dalle
loro interrelazioni”. Alla luce di ciò sono
altri i valori che, a fianco a quelli este-
tici, dovrebbero guidare le politiche
paesaggistiche. Uno di questi è rap-
presentato dal valore ecologico che si
identifica con la capacità di un paesag-
gio di supportare i processi naturali che
in esso si svolgono e di garantire la
sopravvivenza della biodiversità.
Questo tipo di valore viene convenzio-
nalmente attribuito ai cosiddetti monu-
menti naturali, a zone poco antropizzate,
spesso protette, ma quasi mai si pensa
che anche i nostri paesaggi quotidiani
possano avere un’importanza deter-
minante per la conservazione e la valo-
rizzazione degli aspetti naturali.
Eppure la partita sulla conservazione
delle qualità del paesaggio si gioca
tutta qui, dove le modificazioni all’as-
setto del territorio avvengono più rapi-
damente ed in modo più incisivo, e
dove entrano in gioco interessi econo-
mici difficilmente rapportabili al valore
aggiunto intrinseco nel capitale naturale
e determinato dall’espletamento delle
Il valore “invisibile” del paesaggio Energeo Magazine, che in occasione del “The International Protection of Landscapes”, promosso dall’UNESCO e
dall’ITKI, svoltosi a Firenze lo scorso settembre- di cui è stato, insieme al Tg2, media-partners-, ha preso l’impegno
di individuare le iniziative avviate localmente, continua il suo viaggio in Italia, per meglio interpretare, a livello locale,
i principi di lettura del paesaggio e del territorio.
La nostra esperta Serena Ciabò ci fa conoscere quali sono gli strumenti a cui si ricorre sempre più spesso per
inserire la tutela di questi spazi all’interno di piani urbanistici e territoriali.
Le reti ecologiche appaiono come lo strumento più utilizzato e riconosciuto
per la tutela del territorio dal punto di vista ambientale
funzioni ecologiche. Nelle cosiddette
“aree remote” infatti, collocate cioè
oltre una certa distanza dal più vicino
agglomerato urbano (Romano, 2010),
la bellezza del paesaggio si pone come
caratteristica “ombrello” per la con-
servazione dei valori eco-funzionali.
Nel “mondo reale” (Farina, 2010)
invece, gli elementi di pregio naturali-
stico possono assumere agli occhi dei
non addetti ai lavori a volte anche
connotazioni insulse e passare in
secondo piano rispetto al principio
secondo cui “la terra non rende se non
è murativa” (Settis, 2010), ovvero
rispetto alla possibilità di capitalizzare
il suolo nell’immediato attraverso il suo
sfruttamento, generalmente a scopo
edificatorio. Ma quali sono questi ele-
menti di cui troppo spesso ci dimenti-
chiamo, anche nel programmare gli
assetti futuri delle nostre città?
Sono tutti quei frammenti naturali fatti
di siepi, filari alberati, boschetti, fossi
e corsi d’acqua che differenziano l’o-
mogeneità degli ambienti antropizzati
e connettono tra loro i territori a più
elevata naturalità.
Uno degli strumenti a cui si ricorre
sempre più spesso per inserire la tutela
di questi spazi all’interno di piani urba-
nistici e territoriali è la “rete ecologica”.
Secondo le indicazioni del Ministero
dell’Ambiente con il termine “rete
ecologica” si indica “una infrastruttura
naturale e ambientale che persegue il
fine di interrelazionare e di connettere
ambiti territoriali dotati di una maggiore
presenza di naturalità ove migliore è
stato ed è il grado di integrazione delle
comunità locali con i processi naturali,
recuperando e ricucendo tutti quegli
ambiti relitti e dispersi nel territorio che
hanno mantenuto viva una seppur
residua struttura originaria, ambiti la
cui permanenza è condizione neces-
saria per il sostegno complessivo di
una diffusa e diversificata qualità natu-
rale nel nostro Paese” (Deliberazione
C.I.P.E. 22 dicembre 1998).
La pianificazione di una rete ecologica
si pone l’obiettivo, sotto uno stretto
profilo di conservazione naturale, di
mantenere o ripristinare una connetti-
mentale, tanto che l’ISPRA sta portando
avanti dal 2010, con cadenza
biennale,un monitoraggio sul recepi-
mento dei concetti di connettività e
rete ecologica all’interno degli stru-
menti di pianificazione a scala locale.
Nel programma del monitoraggio per
l’anno 2012 sono coinvolti circa 60
focal points (amministrazioni provinciali
e regionali, ARPA, enti parco, università,
istituti di ricerca, liberi professionisti)
che si occuperanno di analizzare 110
Piani di governo del territorio con
valenza regionale (20 Normative Tec-
niche), provinciale (65 Piani), comunale
(15 Piani), aree protette (10 Piani).
Piani) quale quello ad oggi presente
nell’Annuario dei Dati Ambientali di
ISPRA, ma un indicatore di tipo quali-
tativo che possa, quindi, approfondire
il reale recepimento di tutti i concetti
che rientrano sotto la più vasta acce-
zione di rete ecologica all’interno degli
strumenti di governo del territorio.
Ad oggi, le reti ecologiche, appaiono
come lo strumento più utilizzato e
riconosciuto per la tutela dei valori
ecologici, così difficili da riconoscere
in altro modo.
Serena CiabòPianificatore territoriale
e ecologa del Paesaggio
APPRO
FONDIM
ENTO
APPRO
FONDIM
ENTO
Un ambito territoriale dotato di una maggiore presenza di naturalità. Serena Ciabò, l’autrice del servizio.
vità fra le popolazioni biologiche in
paesaggi frammentati, ricongiungendo
le aree naturali residuali ancora presenti
in una matrice tendenzialmente antro-
pizzata a causa dell’urbanizzazione,
della presenza di aree agricole ecc..
La presenza di tale strumento all’in-
terno dei piani è riconosciuta fonda-
L’indagine è volta a mettere in luce
come il concetto di rete ecologica è
declinato in ogni Piano garantendo,
successivamente, di poter costruire
un indicatore non più di tipo quantitativo
(che dà cioè informazione esclusiva-
mente sulla presenza/assenza del con-
cetto di rete ecologica all’interno dei
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Anno VI - gennaio/febbraio 2013APPRO
FONDIM
ENTO
APPRO
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ENTO
Il progetto RERU (Rete Ecologica
della Regione dell’Umbria) nasce
da una risposta che la sensibilità
amministrativa umbra ha dato alle sol-
lecitazioni che, ormai quasi da un
decennio, pervadono il panorama ita-
liano delle istituzioni scientifiche e, a
seguire, di quelle di governo del terri-
torio. L’azione promossa dalla Regione
Umbria è la prima in Italia a riguardare
un intero distretto amministrativo regio-
nale, con un’intenzione dichiarata di
costituire uno strumento operativo che
dialoga con gli altri contenuti del Piano
Urbanistico Territoriale condizionando
effettivamente le trasformazioni future
del territorio. Il progetto, che nella sua
logica organizzativa ripropone alcuni
schemi già in parte introdotti alla scala
nazionale (es. Paesi Bassi o Polonia) o
a quella provinciale anche in Italia (es.
Piano Provinciale di Milano), ha coin-
volto tre unità di ricerca italiane operanti
in altrettanti Atenei (Università di Peru-
gia, Università di Camerino e Università
dell’Aquila), oltre ad un centro di ricerca
olandese (Alterra) e all’Università di
Cambridge (UK). Il programma RERU1,
i cui risultati sono stati pubblicati nel
2009, ha prodotto un cospicuo quadro
conoscitivo portando ad un disegno
della rete esteso all’intero territorio
regionale e ad uno “zoning” funzionale
delle sue parti componenti (unità di
connessione, corridoi e frammenti).
Il recepimento dei contenuti del lavoro
nell’articolato della L.R. 22 febbraio
2005, n. 11 (Norme in materia di
governo del territorio: pianificazione
urbanistica comunale) ha segnato un
duplice traguardo importante e inno-
vativo: l’accoglimento della rete eco-
logica nel quadro legislativo regionale
e il suo inserimento nella norma di
governo urbanistico del territorio. Al
primo programma ne è seguito un
secondo di approfondimento (RERU2),
ultimato nel 2008 e attualmente in fase
di pubblicazione, che ha raffinato i
contenuti delle ricerche precedenti,
Corridoi ecologicida salvaguardare La Rete Ecologica della Regione Umbria (RERU), primo caso in Italia a riguardare l’intero territorio regionale, si
pone l’ambizioso obiettivo di integrare le esigenze ecologiche della fauna con gli strumenti urbanistici comunali,
proponendo una sperimentazione di dettaglio su un territorio campione (la Valle Umbra), un contesto insediativo
molto denso, dove sono stati individuati fisicamente alcuni corridoi ecologici residuali, fondamentali per progettare
concretamente il miglioramento delle condizioni ambientali locali per la biodiversità.
Il progetto innovativo RERU
concentrando le attenzioni su un ter-
ritorio campione (la Valle Umbra), le cui
dettagliate informazioni possono age-
volmente dialogare, ancor più di quelle
precedenti già in scala 1:10.000, con
gli strumenti urbanistici comunali.
Una terza fase del programma (RERU3),
dovrebbe puntare al conseguimento,
su tutto il territorio regionale, di una
configurazione di rete ecologica scien-
tificamente molto “robusta” ed in
grado di colloquiare pienamente nei
prossimi anni con tutte le altre forme
di pianificazione della regione (agricola,
paesaggistica, turistica, trasportistica,
urbanistica).
Bernardino RomanoProfessore di pianificazione territoriale
presso l’Università degli Studi dell’Aquila
Un paesaggio dell’Umbria cuore verde dell’Italia. In alto: Bernardino Romano, grande appassionato di montagna.
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Il tema del paesaggio è questione
dibattuta, in parte controversa e
fonte praticamente inesauribile di
spunti di riflessione. E’ un argomento
complesso frutto di approcci culturali
diversi che nel tempo, con processi
evolutivi e talvolta involutivi, non è
sfuggito al tentativo di essere imbri-
gliato e codificato da parte di una
coscienza umana che ne ha compreso
il valore e la necessità. Tale esigenza
si fa sentire in modo forte anche nel
nostro Paese che, recentemente, con
il recepimento di norme e regolamenti,
sta delineando i contorni di una nuova
rabili. In questa operazione di “ridise-
gno” la scommessa è quanto il ponte
potrà integrarsi con il territorio mante-
nendo identità ed autonomia formale.
E’ così che il ponte entra nel paesaggio,
o meglio diviene parte del paesaggio,
gli appartiene, quasi se fosse lì da
sempre. Tra le varie tipologie di ponti,
sensibilità al territorio, visto non solo
come risorsa materiale ma anche come
fonte di benessere. Questa sensibilità
(formatasi, non di rado, anche in ammi-
nistratori pubblici e progettisti), per
quanto si scontri ancora quotidiana-
mente con forze speculative che ten-
dono alla devastazione del territorio
causata dalla cementificazione, talvolta
riesce a tracciare testimonianze distin-
guibili della propria essenza attraverso
opere puntuali quali i ponti.
In tal senso, all’idea del ponte come
collegamento fisico si affianca la meta-
fora della ricongiunzione tra antico e
I ponti ad arco nel paesaggio L’idea del ponte come collegamento fisico si affianca alla metafora della ricongiunzione tra antico e moderno,
tra passato e futuro dove, attraverso una nuova visione dell’opera che vede la cura architettonica al centro della
percezione umana e quindi come elemento di paesaggio, viene scalzata la concezione della serialità del ponte che
standardizza i luoghi. Il ponte nella sua capacità di interpretare un’esigenza di carattere funzionale, attraverso le sue
forme stabilisce nuovi gradi di relazione con il suo contesto modificando, anche solo in piccola parte, il significato
dei luoghi. In questo senso si sviluppa l’inchiesta di Energeo che ha voluto affrontare anche gli aspetti che legano,
nelle varie epoche, queste infrastrutture alle opere d’arte.
L’ infrastruttura, utilizzata anche ai tempi dei Romani, è quasi sempre riconoscibile rispetto
al paesaggio che la contiene e nel contempo ha una forte capacità
di essere identitaria dei territori.
moderno, tra passato e futuro dove,
attraverso una nuova visione dell’opera
che vede la cura architettonica al centro
della percezione umana e quindi come
elemento di paesaggio, viene scalzata
la concezione della serialità del ponte
che standardizza i luoghi.
Il ponte nella sua capacità di interpre-
tare un’esigenza di carattere funzionale,
attraverso le sue forme stabilisce nuovi
gradi di relazione con il suo contesto
modificando, anche solo in piccola
parte, il significato dei luoghi. Si tratta
di un disegnare su un disegno già dato
con vincoli estetici oggi non più trascu-
tra i quali troviamo quelli sospesi e
quelli strallati, a fare da padrona è
l’accattivante forma del ponte ad arco
nelle sue variazioni strutturali.
D’altra parte, l’arco in antico era anche
metaforicamente associato al genius
loci, ovvero alla divinità protettrice di
un determinato luogo che, in qualità di
forza creatrice, vis generandi, veniva
immaginata come essere superiore
animato. L’animale sacro era il ser-
pente, e con questa forma, sovente,
lo troviamo rappresentato o descritto
in diverse espressioni artistiche o let-
terarie, come in una bella favola di
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Goethe, dove il serpente diviene ponte,
acquisendo nel contempo il significato
di unione e dialogo quanto di materia
e forma. E l’arco del ponte, perfetto
elemento strutturale, è anche il sim-
bolo della grandiosità dell’imperatore,
monumentalizzato e investito di una
forte carica semantica leggibile nel
significato proprio di “onore” e
“trionfo”, di “landmark” del luogo,
utilizzato fin dall’antichità nelle opere
pontiere più grandiose che ne hanno
fatto un vero e proprio punto di accu-
mulazione, luogo di conflitto o mezzo
di pressione psicologica. Ampia appare,
in questo senso, l’iconografia che ritrae
scene di guerra ambientate nei più
grandi ponti ad arco dell’epoca romana
o raffigurazioni pittoriche che hanno
per sfondo paesaggi in cui compare il
ponte, quasi sempre ad arco.
Soprattutto in età rinascimentale infatti,
con il ridestarsi del culto umanistico,
molti furono gli artisti e gli scrittori che
interpretano il modello del ponte ad
arco integrandolo con la propria espe-
rienza figurativa. E’ l’esempio del
famoso affresco di Raffaello Sanzio
conservato presso i Musei Vaticani,
che raffigura la battaglia e celebra la
vittoria di Costantino a ponte Milvio,
nel quale la figura del ponte è posta in
secondo piano, quasi ad essere uno
spettatore timido che guarda da lontano
per non disturbare la visione ascetica
dell’Imperatore, in un’atmosfera di
Raffaello e Giulio Romano: “Visione della croce a Costantino”. Affresco. Roma, Musei Vaticani. Madonna dei Fusi, Leonardo Da Vinci, 1501. La Gioconda, Leonardo Da Vinci, 1503-1514. Ponte Buriano, 1277.
Enzo Siviero, Ordinario di Tecnica delle Costruzioni Università IUAV di Venezia Michele Culatti, Phd, architetto Viviana Martini, Phd student, architetto
precaria tranquillità prima della batta-
glia. Anche Leonardo dipinse valli,
montagne, colline, un fiume e un ponte
nello sfondo del suo più famoso dipinto.
Alcuni storici dell’arte ritengono che il
paesaggio rappresentato nella Gio-
conda sia una vista immaginaria, altri
affermano che si tratti della Valmarec-
chia o di Arezzo con il Ponte ad arco
di Buriano. Il ponte raffigurato è a sette
arcate a sesto ribassato, e questo
numero, considerato sacro in antico,
richiama risvolti magico-simbolici,
alchemici, ricordando i misteriosi
legami tra umano e divino, microcosmo
e macrocosmo, tra uomo e natura,
nell’eterno e dinamico fluire della vita.
Il paesaggio rappresentato sullo sfondo
si allontana man mano verso l’orizzonte,
facendosi sempre più indefinito e sfo-
cato con la distanza, e i colori si atte-
nuano fino a disperdersi in una
nebbiolina di colore grigio–azzurro nella
quale il ponte assume la propria iden-
tità integrandosi nel contempo mira-
bilmente nel paesaggio.
Anche in un’altra opera, La Madonna
dei Fusi, Leonardo, avvalendosi dell’u-
tilizzo della prospettiva aerea, raffigurò
un ponte simile, leggermente arcuato
a schiena d’asino e con sette arcate di
luce diversa. L’arco dunque, che nell’e-
poca romana ha avuto una grande
espansione sia dal punto di vista for-
male che simbolico, e che è divenuto
protagonista di rappresentazioni figu-
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rative o letterarie, è ancora oggi una
delle geometrie che nel disegno archi-
tettonico arricchisce le opere di una
potenza espressiva che racchiude sia
la forza strutturale, sia la dolcezza della
linea curva che evoca diversi significati.
Del resto, se solo percorriamo con gli
occhi la linea dell’arco vediamo che
esso contiene l’inizio di un percorso,
un punto massimo ed una fine, stante
a ribadire metaforicamente il ciclo della
vita. E’ una forma naturale oltre che
artificiale usata per scopi strutturali.
Proprio per tale motivo l’utilizzo dei
ponti ad arco in contesti anche tra loro
diversi, siano essi urbani o rurali, non
è solo una scelta tecnica ma anche
una scelta linguistica.
Infatti il ponte ad arco nelle sue diverse
forme ha la capacità di modulare la
relazione con il paesaggio calibrando
la propria presenza secondo modalità
diverse. Possiamo trovare esempi di
grande autonomia formale ad esempio
nella maestosa opera del 1959 di Giulio
Krall a Merizzano, in provincia di Bene-
vento, dove l’impressionante paesag-
gio della breve fase costruttiva, si
trasforma in ponte a doppia arcata che
domina il paesaggio in modo perma-
nente. Ma ci sono altre forme di inse-
rimento nel paesaggio dove, ad
esempio, il ponte ad arco internalizza
i rifermenti del contesto. Un esempio
lo si può osservare a Battaglia Terme,
in provincia di Padova, dove il nuovo
ponte carrabile ad arco a via superiore
entra in netta relazione formale con il
ponte storico in muratura.
Antico e moderno dialogano con lo
stesso linguaggio sia pur con uno stile
diverso. Il moderno, in calcestruzzo
armato, espone la snellezza delle sue
forme sintesi di un virtuoso gioco dia-
letticotra ingegneriaedarchitettura;
l’antico diviene monumento, espres-
sione di storia e segno della memoria.
Il nuovo ponte in questo caso non
domina il paesaggio ma ne fa parte,
diviene elemento compositivo di un
quadro composto da primi e secondi
piani dove si colgono soprattutto le
infrastrutture e da sfondi dove le
forme ondulate della vegetazione ci
avvertono della presenza di un paesag-
gio collinare. Esso ridisegna il sistema
delle stratificazioni degli elementi e
delle direzioni e orienta, con il suo
impalcato, la vista verso le parti edifi-
cate, diventando così anche un rego-
latore di direzione visiva senza però
alterare il quadro paesaggistico.
Un altro esempio di inserimento dei
ponti ad arco nel paesaggio può avve-
nire con la ripetizione dell’arco come
sistema continuo: è il caso dell’ade-
guamento funzionale del ponte a Borgo
Tossignano in provincia di Bologna,
dove la necessità di allargare un ponte
storico ad arco in muratura per con-
sentire il passaggio pedonale è stata
risolta creando una passerella posta
su un lato del ponte storico sostenuta
In alto: Giulio Krall, Ponte a Melizzano -1959 - Costruzione con centinature e realizzazione finale. Passerella sul torrente Santerno - Borgo Tossignano - Bologna - 2005. Ponte sul Canale Battaglia - Battaglia Terme (Padova) - 1995.
I ponti ad arco nel paesaggio
da archi metallici inclinati. Questo inter-
vento ridisegna il “paesaggio” archi-
tettonico del ponte storico stabilendo
una gerarchia tra antico e moderno: il
moderno, più leggero, non sovrasta
l’antico ma lo rispetta seguendo la
proiezione dell’arco in muratura su un
piano inclinato nello spazio.
L’utilizzo del ponte ad arco in pittura
con l’ampia gamma di significati che
esso ha rappresentato nella storia ed
i pochi esempi illustrati danno già la
dimostrazione di quanto esso sia un’o-
pera architettonica dotata di una grande
potenza comunicativa.
La possibilità di essere impiegato con
una geometria “elastica” rispetto al
paesaggio che lo contiene e nel con-
tempo la sua capacità di essere iden-
titario ovvero, sempre riconoscibile, lo
portano a caratterizzare il luogo in cui
è inserito, a segnarlo attraverso un
Landmark, ma anche a creare nuove
relazioni spaziali e nuovi significati
funzionali e simbolici stanti a ribadire
la stratificazione del luogo e il mutare
del suo significato nel tempo.
Enzo Siviero Ordinario di Tecnica delle Costruzioni
Università IUAV di Venezia
Michele Culatti, Phd, architetto
Viviana Martini, Phd student, architetto
Per informazioni:MONDADORI EDUCATION SPA Servizio PeriodiciViale M. Fanti 53 - 50137 Firenze Telef. [email protected]
anno 148°
Serie trimestrale fondata da Giovanni SpadoliniDirettore Responsabile: Cosimo Ceccuti, affiancato da un Comitato di garanti presieduto da Carlo Azeglio Ciampi e composto da Pierluigi Ciocca, Antonio Maccanico, Claudio Magris, Antonio Paolucci.
Una rivista ispirata ai sentimenti di libertà, di individualità, di spirito critico, che fanno parte insopprimibile della nostra storia. Dalle sue pagine classiche emerge un quadro fedele della cultura italiana, al di sopra delle mode vacillanti e oscillanti dell’industria culturale.
Abbonarsi è un contributo alla cultura per un mondo migliore
Il costo dell’abbonamento annuo a “Nuova Antologia” (4 fascicoli tri-mestrali, 1600 pagine complessive di testo), è di 54,00 euro per l’Italia e 62,00 euro per l’estero. Il prezzo di ogni fascicolo è di 16,00 euro per l’Italia e di 20,70 euro per l’estero. I versamenti possono essere effettuati sul c/c n. 30896864 intestato a Periodici Le Monnier - Firenze (Italia).
Dall’Unità d’Italia un periodico al servizio della cultura e del Paese
Periodicità: trimestrale
Dal 1866 sempre
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L’ ambiente e la tutela del terri-
torio e del paesaggio avranno
un percorso didattico nel campo
delle risorse umane: la Psicologia Socio-
Ambientale. E’ l’ultima novità nel
campo delle discipline scientifiche e
si avvia ad un sicuro successo. Da
quest’anno, insegnamento unico in
Italia presso l’Università di Pisa, prende
avvio un nuovo corso, del tutto all’a-
vanguardia nel campo delle scienze
umane. Questa nuova disciplina si
definisce come la Scienza che studia
l’interazione tra il comportamento
umano e l’ambiente. In tal senso, essa
pone al centro dell’analisi scientifica
Psicologia socio-ambientale, un nuovo campo da esplorareLa psicologia socio-ambientale è stata messa a punto con l’intento di creare una disciplina che possa comprendere,
in modo olistico, l’uomo e l’ambiente in un’unica accezione.
All’ individuazione dei problemi più gravi e nocivi per l’ambiente, deve corrispondere la sperimentazione di modelli
culturali alternativi, con l’obiettivo di offrire soluzioni sostenibili che tengano conto dell’interazione comportamento-
ambiente, orientate sia verso la modifica dell’ambiente, sia verso l’introduzione di nuovi stili di vita.
Nasce all’Università di Pisa una nuova disciplina che studia l’interazione tra il comportamento umano e l’ambiente
l’individuo (o il gruppo umano) intesi
non soltanto come prodotto delle grandi
cause esterne, ma anche come causa,
essi stessi, dei molteplici fenomeni
particolarmente rilevanti all’interno del
sistema “ambiente”. La trasformazione
dell’uno in funzione degli altri - e vice-
versa - è continua e rimane all’interno
di un unico processo interattivo circo-
lare. Oggetto generale di studio della
psicologia socio-ambientale è dunque
l’interazione - costante e imprescindi-
bile - tra il comportamento umano e
l’ambiente, intendendo per ambiente
sia quello naturale che antropico. Tale
interazione viene analizzata sia nei
paleocomportamenti, propri delle ere
preneolitiche e dunque riferita all’inte-
graleprocessodiominazione;sianei
residui di tali paleocomportamenti
riflessi sulle condotte attuali e riferiti
all’Homo “technologicus” apparte-
nente alle società tecnologicamente
avanzate. Campi d’indagine più speci-
fici sono: Evoluzione Umana in rapporto
all’ambiente;CondotteSpecifiche a
caricodell’ambiente;Complessitànello
sviluppo di comportamenti dannosi a
caricodell’ambiente;Energiadafonti
esauribili e rinnovabili; ProcessiPro-
duttivi e relative conversioni economi-
che;ProduzionediRifiuti e criteri di
raccolta,smaltimento,riutilizzoetc…;
Inquinamentointutteleforme;Sovrap-
popolazione e relative conseguenze
sociali ed ambientali.
La psicologia socio-ambientale è stata
messa a punto con l’intento di creare
una disciplina che possa comprendere
finalmente, in modo olistico l’uomo e
l’ambiente in un’unica accezione senza
vederne necessariamente separate le
parti. Infatti, la distinzione necessaria
rispetto ad altre discipline, si esprime
in primo luogo per la specificità dell’og-
getto: lo studio degli ambienti, dei
luoghi, dei contesti e degli stimoli fisici,
entro i quali l’uomo si muove, che
danno adito a specifici comportamenti.
Per comportamenti si intendono atti-
vità, condotte, abitudini e costumi che
cambiano tali luoghi generando nuovi
stimoli, all’interno di una continua reci-
proca variazione. In tale studio l’am-
biente tout court e i gruppi sociali che
lo abitano, le tecniche di produzione,
gli strumenti materiali ed ideali, le
tecnologie, le mode, la diffusione di
modelli di comportamento, hanno tutti
pari dignità e sono concepiti come
componenti di un sistema, di fatto,
inscindibile. Questa vuole essere una
ripartizione particolarmente specializ-
zata di cui si sente l’esigenza per la
velocità di mutazione dell’enorme com-
plesso di fenomeni osservabili in
questo settore, che appare in espan-
sione continua. Uno dei punti cardine
della psicologia socio-ambientale è
l’assunto secondo cui nell’interazione
uomo-ambiente insiste un’apparente
inconsapevolezza degli attori.
L’individuo, il gruppo, l’istituzione sem-
brano disconoscere i meccanismi
dell’interazione asserendo la propria
impotenza, incompetenza o estraneità
di fronte ai medesimi. Di conseguenza
non vengono percepite e riconosciute
dai singoli attori le conseguenze, dirette
o indirette, del proprio agire che appare
come effetto perverso di un sistema
immanente. A fronte di tale inconsa-
pevolezza/negazione che comporta
necessariamente pericolosi atteggia-
menti di indifferenza e di autoindul-
genza, vengono chiamate in causa la
psicologia, la sociologia ed in particolare
l’antropologia culturale.
Quest’ultima si rivela particolarmente
efficacepoichéneisuoiambiticanonici
di studio, vi sono schemi comporta-
mentali preordinati ed organizzati
secondo precisi modelli culturali che
sottendono all’implicito, ovvero ad un
comportamento del quale si è del tutto
o parzialmente inconsapevoli.
Inoltre il ricorso all’antropologia diviene
cogente in quanto non sarebbe possi-
bile comprendere globalmente gli
atteggiamenti umani odierni senza
un’accurata analisi delle interazioni che
si sono succedute in ambito culturale
nella storia dell’evoluzione umana.
Lo studio antropologico, quindi, se da
un lato dovrà porsi come obiettivo
generale quello di modificare schemi
culturali e comportamentali non più
adattivi nell’attuale contesto industriale/
post-industriale, dall’altro è finalizzato
alla ricerca di soluzioni ottimali capaci
di coniugare l’economia con la qualità
dell’ambiente e della vita. La corretta
individuazione dei problemi più gravi e
nocivi, deve andare di pari passo con
la sperimentazione di modelli culturali
e tecnologici alternativi con l’obiettivo
di offrire soluzioni sostenibili. Soluzioni
che terranno sempre conto dell’inte-
razione comportamento-ambiente e
che saranno quindi orientate sia verso
la modifica dell’ambiente, sia verso
l’introduzione di nuovi stili di vita.
Paolo RogniniProf. a c. Psicologia Socio-Ambientale
Università di Pisa
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Il Professor Paolo Rognini. Uno dei campi d’indagine della nuova disciplina scientifica è l’Evoluzione Umana in rapporto all’Ambiente.
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Il 1988, anno di nascita del Co.Svi.G.
(Consorzio di Sviluppo delle Aree
Geotermiche), resterà negli annali
delle iniziative territoriali di successo,
come pietra miliare per diverse e coin-
cidenti ragioni. “Siamo partiti senza
una struttura vera e propria, senza un
fondo di dotazione, senza nemmeno
l’assegnazione di un ufficio”, racconta
Sergio Chiacchella, oggi direttore gene-
rale del Consorzio, che racconta dell’im-
pegno, della passione e determinazione
con cui il gruppo di Comuni dell’area
geotermica della Toscana si è mosso
negli ultimi decenni con un unico obiet-
tivo: “traghettare il territorio, dalle dif-
ficoltà manifestatesi negli anni ’60 e
’70 attraverso un percorso in grado di
creare nuove opportunità, un’occasione
di rilancio, il punto della svolta” utiliz-
zando al meglio le risorse disponibili,
in un percorso di identità e sostenibilità
dei processi di sviluppo.
Un territorio che si appresta a festeg-
giare “le nozze d’argento della Terra”
(così recita il claim del manifesto che
ricorderà l’evento) e lancia una scom-
messa per il futuro, proponendo un
diverso terreno competitivo, sapendo
che questa vuole essere l’occasione
Comunicare il territorioIl territorio geotermico della Toscana ha dovuto, in passato, gestire situazioni di disagio, tuttavia, attraverso un
percorso orientato allo sviluppo sostenibile, ha saputo fare dell’emergenza un’occasione di rilancio.
Uno degli strumenti utilizzati è rappresentato da Co.Svi.G., che ha puntato sulla ricerca e l’innovazione, stabilendo
nuove relazioni con il mondo universitario e della cooperazione, nonchè con altre realtà simili operanti nel settore
energetico-ambientale con criteri di sostenibilità, avviando nuove alleanze internazionali.
L’esempio del comprensorio geotermico che in questi anni ha cambiato volto, sarà un caso di studio nell’educational,
previsto a settembre, tra esperti di comunicazione del territorio e giornalisti televisivi e della carta stampata, al fine
di definire le linee guida per una corretta comunicazione territoriale.
Un modo per festeggiare le nozze d’argento con la terra
per mettere in campo i reali punti di
forza: il territorio e la risorsa umana.
E lo vuol fare con una task force costi-
tuita da gente esperta e qualificata, in
grado di tener dritto il timone fra neces-
sità di occupazione e di rilancio del
territorio e voglia di innovazione.
Si tratta di giocare un ruolo di primo
piano nei prossimi anni per costruire
nuove relazioni (anche internazionali),
sotto il segno del green, alla luce di
quella cultura della sostenibilità che fa
parte del DNA del territorio, come
riferimento per lo sviluppo.
Nelle “grandi visioni” dei progetti
avviati si capisce che la leva strategica,
è una soltanto: costruire un sistema
emergente di sviluppo territoriale che
tenga conto di tutte le valenze ambien-
tali e paesaggistiche e dello sviluppo
della grande opportunità offerta da un
corretto uso delle energie rinnovabili.
Ed ancora: il rilancio della ricerca potrà
trovare nuovi sbocchi, costruendo
nuove relazioni con il mondo universi-
tarioedellacooperazione,nonchécon
altre realtà simili operanti in altri territori,
avviando nuove alleanze internazionali.
Occorre continuare orgogliosamente
sulla scia di un progetto iniziato oltre
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Sergio Chiacchella, direttore generale del Co.Svi.G.
Da pastori emigranti a imprenditori di successo: un singolare affresco di storia familiare
Attraverso una scorribanda nella memoria riusciamo a capire cosa è acca-
duto da queste parti. Mario Tanda, è oggi un imprenditore di successo
di Monterotondo Marittimo, insieme ai suoi tre fratelli nati qui da genitori
sardi, ha avviato un’:attività casearia di altissimo livello, che rappresenta un caso
pratico di come si possa applicare il concetto di sostenibilità ambientale alla
produzione alimentare. Nel Podere Paterno, situato in una zona collinare dell’Alta
Maremma ricca di olivi, pascola il gregge (oltre mille capi di ovini) che fornisce
ottimo latte con cui si realizzano un’ampia varietà di formaggi: dai prodotti freschi
come rovaggiolo, ricotta, fiocchi di latte, primo sale, ai pecorini di diversa stagio-
natura realizzati anche con lavorazioni particolari come il vellutato, il moro o il
pecorinodellevinacce.Quellicheeranounavoltaterritoriabbandonati,perché
gli abitanti erano stati attratti dal miraggio di un posto di lavoro alle Ferriere,
vennero occupati da interi nuclei familiari provenienti dalle zone interne della
Sardegna, dirette al “continente”. “Anche i miei genitori - ricorda Mario Tanda
- furono protagonisti della migrazione della transumanza delle greggi.
Il viaggio fu avventuroso. Mio padre Gianuario, classe 1906 e mia madre Giaco-
mina, di 27 anni più giovane, allora non ancora sposati, si incamminarono con
trecento pecore e un asino, utilizzato per trasportare le povere masserizie verso
il porto di Olbia. Il viaggio durò due giorni, senza tappe, prima di vedere il mare.
Finalmente l’imbarco, la stiva dove si sistemarono, alla bell’e meglio, con le
pecore per l’intera notte. Si può immaginare, fu molto difficoltoso!”. Si commuove
Tanda mentre mostra alcune fotografie ingiallite. Ricorda ancora: “Quel viaggio
che venne fissato nella memoria dei miei genitori, nonostante la faticosa avven-
tura, aveva il senso della scoperta di un luogo leggendario, un Eldorado, in cui
soddisfare i bisogni materiali, avere una masseria, tirar su la famiglia con molta
dignità. Era la Toscana. Dal porto di Civitavecchia ci vollero quattro giorni per
raggiungere l’Alta Maremma, dove si pensava di poter trovare dei pascoli in
grado di sfamare enormi greggi. Un viaggio senza ritorno per sfuggire alla povertà,
attraverso i campi, che segnava l’addio definitivo al luogo natio, di cui si conser-
vano i ricordi e le abitudini e dove rimangono alcuni parenti, con il quale mante-
nere solamente un forte legame a distanza”.
ANNIV
ERSA
RI
La vita come un film scorre semplicemente nella mente del casaro Mario Tanda, oggi imprenditore di successo. Suo padre Gianuario e la madre Giuseppina, negli anni sessanta, si incamminarono con trecento pecore e un asino, dalla Sardegna verso il continente, stipati all’inverosimile nella stiva insieme al gregge, andando incontro alla storia di queste terre dopo tanti anni di fatica. E’ la storia di un territorio che resterà negli annali, per tante iniziative di successo. Un territorio che ha imparato a comunicare….
due secoli fa, quando in quest’area si
inventò lo sfruttamento della geoter-
mia, sostenendo cambiamenti strut-
tu ra l i de l l ’ economia loca le ,
trasformando, già allora, il territorio in
una “officina dell’innovazione“.
Le attività che in esso si realizzano
sono finalizzate alla promozione di un
forte senso di identità e di appartenenza
ad una realtà territoriale particolare ed
esclusiva. Un mondo incredibile.
Il ricordo va alla storia degli anni ses-
santa segnati dal fenomeno dell’emi-
grazione, di gente che partiva in cerca
di fortuna, e gente nuova che arrivava,
in particolare dalla Sardegna.
Anni che videro i pastori sardi alla
ricerca di terre abbandonate a seguito
della scomparsa della mezzadria,
periodo in cui, in virtù della riforma
agraria andava sviluppandosi il feno-
meno della piccola proprietà contadina.
Si risollevò, in questo modo, il territo-
rio secondo un modello di equilibrato
rapporto tra lavoro e ambiente.
Si avviò così il rilancio del territorio
grazie al tessuto robusto delle comu-
nità locali che hanno saputo dimostrare
la loro forza, superando il problema
dello spopolamento e maturando nuove
esperienze, tanto da saper attirare le
luci della ribalta. Tra le manifestazioni
annunciate per celebrare l’anniversario,
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Comunicare il territorio
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ERSA
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LA BIBLIOTECA DI ENERGEO MAGAZINE
Un esempio concreto di approccio al paesaggioAutore: Federica Larcher Con i contributi di Enrico Borgogno Mondino, Claudia Cassatella, Marco Devecchi, Bruno Giau, Paola Gullino, Federica Larcher, Tiziana Malandrino, Silvia Novelli, Dario Rei, Bianca Maria Seardo, Mauro Volpiano.Editore: Franco Angeli
Prendere decisioni sul paesaggio significa far dialogare interessi
e discipline profondamente differenti fra loro per linguaggi
utilizzati, fenomeni studiati e metodi di ricerca. Grazie ad un lavoro sinergico
e integrato di studiosi dell’Università degli Studi e del Politecnico di Torino,
Federica Lacher ha voluto rappresentare un esempio concreto di approccio
olistico al paesaggio. Il volume si articola in tre parti.
La prima tratta gli aspetti metodologici per il riconoscimento esperto dei valori
paesaggistici;lasecondasiconcentrasull’analisidelleragioniditrasformazione
del paesaggio con particolare riferimento al contesto della società rurale e al
coinvolgimentodeglistakeholdersperlavalutazionediscenarifuturi;laterza
e ultima parte affronta la sintesi interpretativa e progettuale, ovvero prendere
decisioni sul paesaggio, proponendo un approccio integrato e critico sia sui
metodi sia sui risultati. Ciascuna fase di ricerca è stata applicata al caso studio
del paesaggio agrario a prevalenza viticola del Monferrato Astigiano, esempio
di particolare interesse per il contesto piemontese e italiano.
Il volume intende contribuire a livello scientifico e culturale all’individuazione
di strategie per una migliore gestione del territorio.
Una storia lunga 150 anni Centocinquanta anni fa - il 6 luglio 1862 - il primo Parlamento unitario emanava
la legge che istituiva “una rete di Camere di commercio estesa su tutto il
territorio nazionale”. Quella rete negli anni si è irrobustita, fino a diventare il
sostegno a un edificio ideale: “la casa delle imprese” che oggi ospita più di
6 milioni di aziende. In questo secolo e mezzo - anche attraverso le Camere
di commercio - i protagonisti del mondo economico hanno concorso in modo
determinante a costruire l’Italia di oggi. Imprenditrici e imprenditori che in
tutti questi anni si sono impegnati duramente, mettendosi in gioco in prima
persona per conservare tradizioni produttive antiche e ricercare modi sempre
nuovi per portarle sul mercato. Con la flessibilità,
l’innovazione, la qualità. Ma soprattutto con quella
fiducia nel mercato e nei valori dell’impresa.
Partendo da queste premesse, Unioncamere
Piemonte - in collaborazione con l’Agenzia Ansa
- ha voluto raccontare i cambiamenti nella vita
economica, sociale, artistica e culturale della
regione all’interno del libro fotografico “Una
storia lunga 150 anni”.
oltre ad una serie di eventi è prevista,
a settembre, un educational, ideato da
Energeo Magazine e sostenuta dal
Co.Svi.G., tra esperti di comunicazione
territoriale e affermati giornalisti tele-
visivi, al fine di definire le linee guida
per una corretta comunicazione del
territorio, sull’esempio del compren-
sorio geotermico che in questi anni ha
cambiato volto, riuscendo ad ottenere
risultati sorprendenti nell’innovazione,
anche in ambito internazionale, con-
servando l’identità dei territori.
In questi luoghi gli uomini si sono
confrontati con le difficoltà: contadini,
pastori, cacciatori, taglialegna, carbonai,
braccianti agricoli sono stati i protago-
nisti di questa terra, gli abitanti di questi
paesi arroccati tra le boscaglie. E’ stata
proprio questa gente a fare la storia e
a costruire il carattere di questa terra,
con i suoi costumi e tradizioni e con il
suo particolare patrimonio culturale.
Pierpaolo Bo
Manifestazioni naturali geotermiche.