18
60 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04 Biosensors: new prospects from molecular biology and nanotechnology Abstract A cross-branch approach inspired the birth of COSMIC (Coupling Smart Molecules into Chips) at ENEA. The activities have been focused on several aspects of the biosensing science, ranging from new functions or activities due to engineered molecules or genetically modified microorganisms, their oriented and reversible immobilisation on electrodes, optical surfaces and nano-composite materials, electrochemical deposition and patterning of proteins or oligonucleotide monolayers, real analytical applications. The title “Coupling Smart Molecules into Chips” strictly represents the activities in these three years which were focused to handle model biological mediators onto model surfaces made of inorganic materials with a bottom-up approach. Interaction of bioactive proteins with these surfaces, oriented and patterned immobilisation of thin biolayers, diffusion properties of substrates and direct electron transfer were studied with model molecules, microrganisms and technological materials. The main result of this three year activity is the ability to handle, address and pattern such different model materials and biomaterials for biosensing purposes at the micro- and the nano-scale for further development of μ-array and μ-flow-devices studi & ricerche WALTER VASTARELLA JAN MALY, AMEDEO MASCI CHIARA DI MEO VALENTINA PINTO CARLO CREMISINI ROBERTO PILLOTON ENEA UTS Protezione dell’Ambiente e del Territorio, Tecnologie Ambientali La tecnonologia dei biosensori negli ultimi decenni si è sempre avvalsa del progresso interdisciplinare della ricerca per integrare biomateriali con trasduttori elettronici. L’applicazione di nuove tecnologie, quali l’ingegneria molecolare, proteica e genetica apre oggi possibilità pressoché illimitate Biosensori: le nuove tecnologie tra biologia molecolare e nanotecnologie

ENEA studi & ricerche for further development of µ-array

  • Upload
    others

  • View
    1

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

60 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04

Biosensors: new prospectsfrom molecular biology and

nanotechnology

AbstractA cross-branch approach inspired the birth of COSMIC (Coupling

Smart Molecules into Chips) at ENEA. The activities have been focusedon several aspects of the biosensing science, ranging from new

functions or activities due to engineered molecules or geneticallymodified microorganisms, their oriented and reversible immobilisation

on electrodes, optical surfaces and nano-composite materials,electrochemical deposition and patterning of proteins or

oligonucleotide monolayers, real analytical applications. The title“Coupling Smart Molecules into Chips” strictly represents the activities

in these three years which were focused to handle model biologicalmediators onto model surfaces made of inorganic materials with a

bottom-up approach. Interaction of bioactive proteins with thesesurfaces, oriented and patterned immobilisation of thin biolayers,

diffusion properties of substrates and direct electron transfer werestudied with model molecules, microrganisms and technological

materials. The main result of this three year activity is the ability tohandle, address and pattern such different model materials and

biomaterials for biosensing purposes at the micro- and the nano-scalefor further development of µ-array and µ-flow-devicess

tudi &

ric

erc

he

WALTER VASTARELLAJAN MALY, AMEDEO MASCI

CHIARA DI MEOVALENTINA PINTOCARLO CREMISINI

ROBERTO PILLOTONENEA

UTS Protezione dell’Ambiente e delTerritorio, Tecnologie Ambientali

La tecnonologia dei biosensori negli ultimi decenni si è sempreavvalsa del progresso interdisciplinare della ricerca per integrarebiomateriali con trasduttori elettronici. L’applicazione di nuove

tecnologie, quali l’ingegneria molecolare, proteica e genetica apreoggi possibilità pressoché illimitate

Biosensori: le nuove tecnologietra biologia molecolare e nanotecnologie

I biosensoriI biosensori sono sistemi biochimico-fisicicostituiti da mediatori biologici, anche viven-ti, immobilizzati secondo particolari schemioperativi ed accoppiati a idonei trasduttoridi segnale capaci di registrare, selettiva-mente e reversibilmente, la concentrazioneo l’attività di analiti diversi presenti nel cam-pione.Lo schema di funzionamento di un biosen-sore, riportato nella figura 1, è relativamen-te semplice: il mediatore biologico immobi-lizzato sulla superficie del sensore prendeparte ad uno o più processi che determina-no un segnale chimico, fisico o chimico-fisi-co, il quale viene rivelato dal trasduttore,che lo converte in un segnale elettrico, a suavolta amplificato, elaborato e visualizzato.Di solito i biosensori possono essere clas-sificati in modo generico sia in base alla natu-ra del mediatore biologico, responsabiledella selettività, sia in base al tipo di tra-sduttore impiegato. In accordo con il primocriterio, i biosensori si differenziano in:– biosensori biocatalitici o sensori enzima-

tici nei quali il mediatore biologico puòessere un enzima purificato o un sistemapiù complesso con un certo numero dienzimi che lavorano in cascata, organellisubcellulari, cellule o batteri, tessuti inte-ri contenenti una o più molecole protei-che specifiche, fattori di protezione ecc.;

– biosensori chemorecettoriali o sensori arecettore che impiegano, invece, anticor-pi monoclonali, recettori endogeni o dimembrana o ancora enzimi;

– biosensori immunologici o immunosen-sori, ossia biosensori basati sulle intera-zioni antigene-anticorpo.

In base al tipo di trasduzione del segnale sipuò operare invece la distinzione tra:– biosensori elettrochimici o bioelettrodi;– biosensori ottici o bio-optrodi;– biosensori calorimetrici o biotermistori;– biosensori acustici.Nei biosensori di prima generazione, i pro-dotti o i reagenti di una reazione diffondo-no fino al trasduttore originando il segnale,

mentre in quelli di seconda generazionevengono impiegati mediatori specifici tra lareazione biologica e il trasduttore peraumentare la resa della reazione ed ottenereuna migliore sensibilità analitica; infine, inquelli di terza generazione, si osserva il tra-sferimento elettronico diretto (DET) tra ilsito enzimatico ed il trasduttore. Ad esem-pio, l’enzima colina ossidasi (ChOx) è unaossidasi flavinica che possiede come grup-po prostetico, saldamente legato, il FlavinAdenin Dinucleotide (FAD), da cui deriva ilcolore giallo dei preparati enzimatici, che vie-ne sostanzialmente ridotto a FADH2 e suc-cessivamente riossidato dall’ossigenodisciolto in soluzione, con formazione diacqua ossigenata. Nel contempo la colinaviene ossidata a betaina, secondo la reazionequi di seguito riportata:

Il coenzima, al termine di ogni ciclo reatti-vo, viene così rigenerato a spese dell’ossi-geno disciolto in soluzione. I biosensori diprima generazione erano realizzati con sen-sori elettrochimici sensibili a O2 o H2O2. Lapressione parziale dell’ossigeno nella solu-zione (pO2) costituiva però un limite percampioni ad elevata concentrazione di ana-lita. La soluzione a questo problema è venu-ta con i biosensori di seconda generazioneche impiegavano la coppia red-ox ferroce-ne/ferricinio come mediatore, al posto del-

STUDI & RICERCHE

61ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04

Figura 1Rappresentazioneschematica di unbiosensore in cui èvisibile il riconosci-mento selettivo del-la biomolecola versoun analita fra le tan-te specie presenti nelcampione

la coppia O2/H2O2. La bassa solubilità delferrocene o dei suoi derivati consentì diintrappolare il mediatore all’interno dei mate-riali costituenti il trasduttore (grafite) o dilasciarlo adsorbire sulla loro superficie (es.glassy carbon) mentre, l’elevata solubilitàdello ione ferricinio (forma ossidata) per-metteva di impiegare questi biosensori sucampioni non diluiti. Questi biosensori ave-vano però il limite di esaurirsi presto, per ilprogressivo rilascio della forma ossidatadel mediatore. Oggi i biosensori di terzagenerazione utilizzano il DET attraverso l’im-mobilizzazione orientata degli enzimi e/opolimeri conduttori immobilizzati sulla super-ficie del sensore. Con il DET la risposta diun sensore non dipende più dalla lenta dif-fusione di reagenti, prodotti, o mediatoriattraverso membrane fino a raggiungere lasuperficie del sensore. Gli elettroni fluisco-no dal sito red-ox dell’enzima o dei gruppiprostetici, direttamente all’elettrodo o attra-versando cavi elettrici “molecolari”, comevedremo più avanti.

I biosensorie l’ingegneria geneticaLa tecnologia dei biosensori negli ultimidecenni si è avvalsa del progresso interdi-sciplinare della ricerca che riguarda l’inte-grazione di biomateriali con i trasduttorielettronici. La strategia consiste, da un latonell’applicazione di tecnologie avanzate nelcampo della microelettronica, dell’elettro-chimica, dell’ottica, dell’acustica, della mec-canica, dall’altro nell’utilizzo di tecniche disintesi chimica e di nuove importanti tec-nologie quali l’ingegneria molecolare, pro-teica e genetica per l’ottenimento di “bio-sensing materials” con molteplici proprietàe applicazioni.La sensibilità e la selettività di un biosensoredipendono in larga misura dalle caratteri-stiche strutturali e funzionali della biomole-cola utilizzata; altrettanta importanza rive-stono l’immobilizzazione sulla superficie delsensore, la corretta orientazione e l’omo-

geneità del deposito13: la superficie del sen-sore deve presentarsi uniforme in modo chelo strato del materiale biologico risulti com-patto e ordinato; la tecnica di immobilizza-zione deve inoltre permettere di poter orien-tare la biomolecola per interagire con l’a-nalita. A tal proposito sono state individua-te ed elaborate molteplici tecniche d’im-mobilizzazione su svariati materiali che sibasano sostanzialmente sull’utilizzo di com-posti bifunzionali, quali glutaraldeide (GA),lisina, carbodiimmide in grado di reagirespecificamente sia con la superficie elet-trodica opportunamente attivata, sia con ungruppo funzionale della biomolecola.Negli ultimi anni l’ingegneria molecolare equella proteica hanno dato un notevoleimpulso al miglioramento e all’ampliamen-to del “material design”, all’introduzione disiti di legame o funzioni caratteristiche di tra-sduzione del segnale. Attraverso sintesi chi-mica o funzionalizzazione con tioli, ad esem-pio possono essere inseriti gruppi proste-tici all’interno della proteina; o ancora, otte-nere l’accoppiamento con sistemi fluorofo-ri come la green fluorescent protein (GFP),approccio utilizzato con successo nella rea-lizzazione di sensori ottici.Con la manipolazione del gene si apronopossibilità pressoché illimitate nel creare“biosensing materials” con caratteristicheintrinseche migliorate e/o dotati di proprietàcompletamente aggiunte. I traguardi che sipossono raggiungere con l’introduzione ditecniche d’ingegneria genetica nella ricer-ca nel campo dei biosensori sono molteplici:• la creazione di proteine con specificità nuo-

ve per la determinazione di particolari ana-liti o classi di analiti, tra cui molecole inqui-nanti di notevole importanza in campoambientale, come pesticidi, o sostanze diinteresse clinico e diagnostico;

• la funzionalizzazione di proteine per con-sentirne la purificazione o l’immobilizza-zione;

• la sintesi di proteine con proprietà elet-troniche per la trasduzione di segnali elet-trochimici;

STUDI & RICERCHE

62 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04

• l’ottenimento di proteine resistenti a diver-se condizioni ambientali e ad agenti dena-turanti.

Un esempio piuttosto complesso riguarda laselezione di biosensing molecules da libre-rie disponibili di anticorpi che possonoessere espressi su fago attraverso la tecni-ca del biopanning. Il fago è un microrgani-smo spesso impiegato come vettore: sullasua superficie vengono espresse sia la pro-teina sia una sua specifica funzione (adesempio un anticorpo), mentre al suo inter-no è presente il materiale genetico che lacodifica. In questo modo il fago può esse-re selezionato da una libreria, proprio inbase alla funzione espressa sulla sua super-ficie (ad esempio l’affinità di legame per unantigene specifico) e successivamenteimpiegato per infettare microorganismi (deltipo escherichia coli) che produrranno l’an-ticorpo ricombinante (cioè geneticamentemodificato) su vasta scala.Tra le metodiche più recenti d’immobiliz-zazione e confinamento delle molecole bio-logiche si devono citare la produzione difilms monomolecolari di proteine (Langmuirfilms, di cui è riportata una breve descrizionenel riquadro 1) e la creazione di immunoli-posomi, ossia di strutture fosfolipidiche sfe-riche sulla cui superficie sono immobilizzatianticorpi o frammenti di anticorpi. Per immo-bilizzare proteine sui trasduttori di segnale,ad esempio, sono state inserite genetica-mente delle code di cisteina sfruttando l’in-terazione dell’oro con i gruppi tiolici. A que-sto proposito la Prot A, componente dellaparete cellulare dello Staphilococcus aureus,è stata modificata inserendo geneticamen-te una cisteina all’estremità C-terminale delpeptide. In questo modo, la proteina risul-tante può ancorarsi in modo orientato suuna superficie d’oro grazie all’ossidazionedei gruppi –SH della cisteina e alla forma-zione di un legame covalente S-Au. L’affinitàdella Prot A per le immunogloguline G (IgG)consente di ancorare successivamente glianticorpi sulla superficie senza interferire sulriconoscimento dell’antigene da parte di

questi ultimi. In un secondo passaggio, dun-que, si può ottenere la deposizione di unmonostrato ordinato (denominato SelfAssembled Monolayer, SAM) di IgG *spe-cifiche verso un particolare antigene( su unmonostrato di Prot A precedentementeimmobilizzata su oro, arrivando alla realiz-zazione finale di un immunosensore1.Per fare un altro esempio, le molecole di anti-corpi possono essere immobilizzate su sup-porti insolubili, quali le superfici lipidiche diliposomi o i film di Langmuir-Blodgett (LB),la cui descrizione sommaria è riportata nel-la prima parte del riquadro 1. Nel recentepassato si procedeva con la sintesi chimicalegando i gruppi acilici dei lipidi a gruppisolfidrilici opportunamente esposti sullasuperficie proteica. Questo però comportavauna notevole varietà di punti d’attacco equindi di prodotti con conseguente disordinedella struttura formata. Inoltre, con tale trat-tamento l’anticorpo spesso perdeva o peg-giorava la capacità di binding verso l’anti-gene. Oggi attraverso tecniche di DNAricombinante sono state ottenute una seriedi proteine modificate con una coda lipidi-ca in un sito specifico per la costituzione diimmunoliposomi stabili e funzionali.Le tecniche d’ingegneria genetica sonoapplicate anche agli enzimi al fine di miglio-rare o modificare l’interazione con i substrati

STUDI & RICERCHE

63ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04

Figura 2Un esempio di geno-sensore e dell’inte-razione specifica frala sonda di ricono-scimento e uno spe-cifico substrato. So-no schematizzati an-che il filamento diRNA ed una sondadi cattura immobi-lizzata sull’elettrodo

STUDI & RICERCHE

64 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04

L’auto assemblaggio e i fili molecolari; i primi mattoni di un sistema bottom-up

Riquadro 1

La possibilità di depositare monostrati molecolari su sub-strato solido data ormai quasi un secolo. Si basa sulle pro-prietà anfifiliche di molte molecole organiche; tipici, e stori-camente i più studiati, sono gli acidi grassi, che da questo pun-to di vista possono essere descritti come dei bastoncini conuna testa polare (il gruppo COOH), quindi idrofila, e unacoda alchilica idrofobica. Prendendo in esame una soluzioneacquosa, una sorta di compromesso stabile fra due diversepolarità viene raggiunto con una espansione di questi siste-mi micellari lungo la superficie del liquido all’interfaccia aria-acqua, fino a formare un monostrato (di Langmuir), che puòa sua volta essere compresso mediante barriere.Fu una collaboratrice di Irving Langmuir, Katharine Blodgett,che negli anni 30 ebbe l’idea di immergere una lastrina divetro in un una vasca di acqua sulla cui superficie galleggiavaun monostrato di Langmuir, le cui molecole erano state oppor-tunamente compresse fino ad avere un film densamenteimpacchettato, quasi-solido.Il fatto straordinario, e ancora non interpretato teoricamentein modo quantitativo, fu che il monostrato si trasferiva man-tenendo inalterata la morfologia che aveva all’interfaccia aria-acqua. La tecnica restò per molti decenni quasi una curiosità,fino a quando, negli anni 70 se ne riconobbe il grande poten-ziale applicativo alla nascente scienza delle nanostrutture. Latecnica di Langmuir-Blodgett (LB) è infatti fondamentale perla preparazione di strati e multistrati molecolari, di alta qua-lità strutturale, controllati su scala molecolare.Oggi si possono depositare strati di una grande varietà di mole-cole, sempre più complesse: dai semplici acidi grassi degliinizi, si è arrivati ai polimeri e alle biomolecole. Risulta dun-que una tecnica versatile, relativamente poco costosa, che per-mette la costruzione di architetture molecolari controllate suscala nanoscopica.Un processo per la deposizione di strati monomolecolariconsiste nell’autoassemblaggio. La differenza fondamentaleè che la deposizione LB coinvolge una situazione di nonequilibrio: le molecole sono costrette ad assumere una con-figurazione di “quasi solido” dalla compressione delle bar-riere sulla vasca; solo così possono poi collettivamente tra-sferirsi sul substrato, mantenendo la configurazione che ave-vano all’interfaccia aria-acqua.Nel caso di deposizione mediante l’autoassemblaggio sisfrutta invece, in una situazione d’equilibrio, la capacità di spe-cifici gruppi molecolari (almeno finora dei tioli; ma anche deisilani e dei clorosilani su altri substrati) di attaccarsi a sub-strati di oro secondo un legame chimico forte. In questocaso, immergendo il substrato su cui è stato evaporato un filmdi oro in una soluzione contenente le molecole, queste si lega-no attraverso il gruppo tiolico alla superficie, formando una

strato monomolecolare ordinato.La ricerca in questo campo ha già permesso di ottenere tut-ta una serie di dispositivi di dimensioni molecolari capaci diimitare le funzioni compiute dai componenti delle apparec-chiature elettroniche e fotoniche macroscopiche: fili capaci dicondurre elettroni o energia, interruttori capaci di permette-re o proibire il passaggio di questi flussi, sistemi presa/spinae prolunga, rettificatori di corrente, antenne per la raccolta del-l'energia luminosa, elementi di memoria, porte logiche ecc.Ma le prospettive più affascinanti della nanoelettronica mole-colare si hanno quando si considerano le singole molecolela parte attiva dei dispositivi, in configurazioni ibride (cioè elet-trodi e circuiti metallici strutturati con le attuali tecniche lito-grafiche) o, più in prospettiva, in configurazioni interamentemolecolari utilizzando come elettrodi i polimeri conduttori,come circuiti i fili molecolari. In questo contesto più futuribi-le, la prospettiva sarebbe di cambiare radicalmente l’attualeapproccio tecnologico nella creazione di nanostrutture sfrut-tando a pieno le potenzialità delle molecole all’uopo inge-gnerizzate o delle biomolecole di autoorganizzarsi in strut-ture funzionalmente ordinate. In questo campo sono già sta-ti ottenuti alcuni risultati importanti grazie alla chimica supra-molecolare del carbonio, che ha prodotto il fullerene (Kroto,1985) e i suoi derivati, il famoso C60 a forma di pallone dacalcio, ma anche strutture di dimensioni maggiori a forma ditubo allungato (nanotubi) e a multi-strato (strutture “a cipol-la”). Nanotubi e nanofibre, con opportuni accorgimenti, pos-sono essere prodotti in quantità relativamente elevate e di buo-na purezza, con un aspect ratio (il rapporto fra la lunghezzae il diametro della struttura) particolarmente elevato. Questipotenzialmente potrebbero essere i fili, di dimensioni tipiche1 micron di lunghezza e 5 nm diametro, in grado di connet-tere le varie componenti molecolari di un chip.Anche le molecole di C60 possono, in determinate condizio-ni, dar luogo a strutture planari in seguito a polimerizzazio-ne. Tali strutture sono resistenti all'ossidazione fornendo quin-di, potenzialmente, la possibilità di realizzare strati protettiviper strutture elettroniche costituite da fullereni o nanotubidrogati, altrimenti estremamente sensibili all'ossigeno.Tra i materiali che principalmente hanno attirato gli interessidei ricercatori come fili molecolari possiamo citare il politio-fene, la polianilina, il polipirrolo, il polifenilene, il poliacetilenee i loro derivati. Per le ricerche svolte su tali polimeri conduttori,agli scienziati H. Shirakawa, A. G. McDiarmid e A. J. Heeger èstato conferito nel 2000 il premio Nobel per la Chimica. I poli-meri conduttori sono materiali innovativi per le loro funzionie trovano impiego come elettroliti nelle batterie ricaricabili,nei sensori chimici e come potenziali biomateriali. Essi uni-scono le proprietà tecnologicamente importanti delle mate-

STUDI & RICERCHE

65ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04

e quindi la loro attività catalitica. I micror-ganismi sono una fonte insostituibile di enzi-mi, cofattori enzimatici e sistemi multienzi-matici. L’utilizzo di cellule intere e comple-te al posto di proteine purificate offre nume-rosi vantaggi: in primo luogo evita i processid’estrazione e purificazione, che sono spes-so lunghi e costosi; in secondo luogo il siste-ma in vivo, complesso e completo com’è,può offrire attività migliori e più elevate del-le stesse proteine. Per questo motivo imicroorganismi nella forma nativa (wild-

type) o ingegnerizzati sono spesso usaticome biosensing materials. Ad esempio, ilmicrorganismo Pseudomonas putida con-tiene al suo interno un plasmide che reca igeni specifici per la degradazione di com-posti benzen-derivati. Il gene della luciferasiè stato introdotto in questo plasmide dandovita ad un microrganismo ricombinantecapace di emettere luce nel momento in cuisi trova a metabolizzare composti aromati-ci come il m-xilene1.Un cenno va fatto ad una particolare classe

rie plastiche, per esempio la bassa densità, ed alcune proprietàdei metalli come la conducibilità elettrica.

Sintesi elettrochimica di PAN: meccanismo di crescitadel monomero. L’elettrodeposizione di film di polipirrolo damezzi organici ha aperto la strada ad un’intensa ricerca neipolimeri conduttori polieterociclici e poliaromatici a partireda molecole quali il tiofene, il furano, l’anilina, l’azulene.L’ossidazione elettrochimica di queste molecole aromaticheè diventato uno dei principali metodi di sintesi dei polimericonduttori.La deposizione in situ del polimero sulla superficie dell’elet-trodo permette il controllo dello spessore e della morfologiaattraverso la quantità di carica, esso viene simultaneamenteossidato nella sua forma conduttrice durante la crescita del-la catena. Uno dei polimeri più studiati è la polianilina, il cuiinteresse è essenzialmente legato alla sua alta conduttività elet-trica, alla buona stabilità all’aria, la facilità di sintesi, al pecu-liare cambiamento del colore del film con il potenziale appli-cato e al basso costo del monomero.È stato stabilito che la sua struttura è composta da più di 1000anelli aromatici che si ripetono, dando vita alla struttura del-la base emeraldina (non conduttrice) riassumibile nellaseguente formula:

(1) (1)

La sua particolarità discende dal fatto che le unità con cui siripete contengono due entità diverse per peso e stato d’os-sidazione: per y = 1 viene detta leucoemeraldina, e rappre-senta lo stato ossidato, per y = 0 è detta pernigranilina, la for-ma ridotta. Lo stato intermedio, nel quale il grado di ox e ridsono uguali, y = 0,5 corrisponde allo stato conosciuto comebase emeraldina. Lo stato conduttivo è rappresentato nella for-ma di sale di emeraldina.

Struttura della polianilina conduttrice:l’emeraldina sale (dicatione diradicale)

I film vengono preparati attraverso una ossidazione chimicae/o elettrochimica di anilina sotto condizioni acide. Mentre dal-la ossidazione chimica si ottiene PAN in forma di polvere, conla procedura elettrochimica (galvanostatica, potenziostatica,potenziodinamica) si produce un film aderente alla superfi-cie dell’elettrodo.

Applicazioni ai biosensori. I polimeri conduttori rappre-sentano una plausibile matrice per l’intrappolamento di enzi-mi (Trojanowicz, 1995). La tecnica d’incorporazione delle bio-molecole nel film di polimero elettrodepositato permette lalocalizzazione di molecole biologicamente attive su elettrodidi ogni dimensione e geometria ed è appropriata per lacostruzione di biosensori microamperometrici per il moni-toraggio di più analiti. Al contrario, la maggioranza dei meto-di convenzionali per l’immobilizzazione di biomolecole, comeil cross-linking (reticolazione), il legame covalente, l’intrap-polamento in gel o membrane comporta una bassa riprodu-cibilità e un limitato controllo spaziale della deposizione.I polimeri conduttori hanno l’abilità di trasferire in modo effi-ciente la carica elettrica prodotta da reazioni biochimiche allasuperficie metallica o di carbone del circuito elettrico. Essipossono essere depositati su aree definite dell’elettrodo.Ramanathan et al. da un lato hanno immobilizzato la glucosioossidasi su diverse matrici conduttrici quali polipirrolo, polia-nilina, acido poliamino benzoico; hanno inoltre studiato l’im-mobilizzazione ed il comportamento di diversi enzimi sulsolo film di polianilina.

STUDI & RICERCHE

66 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04

di biosensori che utilizza materiale genicoper il riconoscimento di oligomeri di DNAo RNA. Le sonde, costituite da singoli fila-menti di acidi nucleici (oligonucleotidi com-plementari alla sequenza che si desideradeterminare), sono sintetizzate e poi ampli-ficate tramite tecnica PCR, e quindi accop-piate con diversi trasduttori quali sistemielettrochimici, piezoelettrici9 o ottici. Unesempio di genosensore è costituito da unostrumento di fluorescenza a fibre ottichesulle quali sono immobilizzate con svariatetecniche le sonde oligonucleotidiche; ilsistema è atto a rivelare target di oligonu-cleotidi a singola catena in seguito al rico-noscimento e accoppiamento con la sonda(ibridazione) e alla conseguente reazione difluorescenza dovuta alla presenza di mar-catori o a fluorofori intercalanti. Sistemi simi-li possono essere realizzati anche utilizzan-do trasduttori elettrochimici (figura 2) o pie-zoelettrici16.

Le nanotecnologieI materiali nanostrutturati sono da più di undecennio la nuova tendenza dello sviluppotecnologico e della ricerca, perché trovanointeressanti applicazioni in diverse branchedella scienza. Questo fenomeno è spiega-bile soprattutto con le particolari proprietàdei nanomateriali che non si ritrovano su sca-la macroscopica. Molti studi hanno confer-mato che esiste una graduale transizionequando si scende da regimi dimensionali diun solido metallico o un semiconduttorecosiddetto di bulk fino a quelle molecolari(dimensioni medie dei nanometri appun-to); in questo intervallo di transizione muta-no drasticamente diverse proprietà chimi-co-fisiche, ad esempio quelle ottiche, optoe-lettroniche, meccaniche, fotocatalitiche o ditrasporto2,24. Scendendo in regimi dimen-sionali dell’ordine dei nanometri si è in gra-do di controllare e variare molte di tali pro-prietà, secondo le particolari esigenze. Lamodulazione della maggior parte delle pro-prietà chimiche e fisiche avviene tramite il

controllo ed una misura efficace delle dimen-sioni nanostrutturate ed è peraltro effettua-ta senza alterarne la loro composizione chi-mica intrinseca27.Le peculiari caratteristiche dei nanomaterialidipendono essenzialmente da due principalieffetti: il fenomeno di confinamento quanti-co (quantum size effect); l’effetto geometri-co, legato all’elevato rapporto area-volumedel materiale. Sarebbe opportuno soffer-marsi sul secondo aspetto, senza entrareeccessivamente nel dettaglio dello studioteorico dei materiali nanostrutturati, compi-to che esula da quest’ambito, e soprattuttonel fenomeno del confinamento quantico, lacui interpretazione chimico-fisica richiedeconcetti avanzati di meccanica quantistica,per giustificare il comportamento degli elet-troni negli stati occupati dei sistemi solidi,metalli isolanti o semiconduttori.Per semplificare si può dire che esistono, aseconda dei materiali ottenuti, nanostruttu-re in 3D (quando questo fenomeno di con-finamento si verifica nelle tre dimensioni),oppure 2D (su un piano x/y), oppure diquantum wires 1D (solo una dimensionenanostrutturata) fino ad arrivare ai cosid-detti punti quantici (quantum dots) a strut-tura zerodimensionale3.D’altro canto la caratteristica davvero impor-tante delle nanostrutture, per le applicazio-ni di cui parleremo, è quella di avere un ele-vato rapporto tra area superficiale e volu-me del materiale stesso. In altri termini ilnumero d’atomi superficiali delle nanopar-ticelle è dello stesso ordine di grandezzadegli atomi all’interno del cristallo. Questofenomeno è estremamente utile nei settoriapplicativi ove giocano un ruolo fonda-mentale le superfici e le interazioni cheentrano in gioco fra il primo strato superfi-ciale e le biomolecole, ovvero fra i suppor-ti ed i materiali organici/inorganici e le mole-cole immobilizzate.Esistono due differenti approcci sperimen-tali per la costituzione di oggetti, dispositi-vi, materiali di dimensioni nanometriche. Ilprimo approccio, a partire dall’alto (top-

STUDI & RICERCHE

67ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04

down approach), consiste nella miniaturiz-zazione di strutture estremamente com-plesse per la costruzione di congegni micro-elettromeccanici e/o per la microelettroni-ca (ad esempio usando fotolitografia, tecni-che plasmochimiche, doping controllato oLASER), arrivando a strutturare i materiali atti-vi dei dispositivi fino sotto i 250 nm. Sononumerosi gli esempi, nella vita di tutti i gior-ni, non solo di produzioni su vasta scala(chips a larghissima scala di integrazione,dispositivi superminiaturizzati), ma anchedi nuove strumentazioni disponibili neimigliori laboratori di ricerca (si pensi a tito-lo di esempio all’avvento della microscopiaa scansione a effetto tunnel e a forza atomica)basati su tale approccio.Il secondo approccio, quello dal basso (bot-tom-up approach), è quello preferito daichimici, perché si basa essenzialmente nel-la costruzione, mattone dopo mattone, del-la nanostruttura desiderata, a partire dagliatomi e dalle molecole stesse, e che ha datoforte impulso alle nuove frontiere della cosid-detta chimica supramolecolare4. Le princi-pali ragioni alla base di questa preferenzasono dettate dal fatto che i ricercatori stan-no sempre più imitando la natura, in modoquasi inevitabile, nella capacità di crearenuove strutture altrettanto fondamentali apartire dalle più piccole unità: la maggiorparte dei processi chimici che si eseguononei laboratori ha d’altronde a che fare conmolecole, più o meno piccole, dotate di loroforme specifiche e di proprietà modificabi-li a piacimento, in grado di auto-assemblarsio unirsi, arrotolarsi o trasformarsi, interagi-re col sistema o l’ambiente, e quindi di dareorigine a nuove forme biochimiche.L’approccio dal basso risulta ancora più vali-do ed efficace quando si è in grado di inter-pretare gli aspetti meccanicistici e moleco-lari dei complicati sistemi/congegni edificatidalle particelle fondamentali che sonoresponsabili delle funzioni biologiche.Particolarmente importanti a questo riguar-do sono stati i contributi dati dalla sintesiorganica, che ha prodotto una grande di

varietà di sistemi utilizzabili come “matto-ni” per costruire strutture più complesse, dal-la fotochimica, per lo studio di particolaricomplessi proteici, e dall’ingegneria gene-tica stessa, cui si è fatto ampio cenno sopra.Con le nanotecnologie finora è stato possi-bile ottenere strutture ordinate di moleco-le, secondo dei nanostrati molecolari, seguir-ne il processo di autoassemblamento, uti-lizzarne altre per incidere, depositare, scri-vere, per formare strutture secondo un dise-gno preordinato, per formare altri mono-strati ordinati sempre delle dimensioni deinanometri, o ancora disporre di sisteminanosagomati che servono da stampo perimmobilizzare5 o creare nuove strutture all’in-terno dei loro pori25, o studiare reazioni alivello di molecole singole (nel riquadro 1vi sono ulteriori dettagli a riguardo).L’ingegneria molecolare e la chimica orga-nica pura hanno accompagnato il progres-so nanotecnologico nella progettazione dinuove sintesi e modificazione di molecoleo di polimeri (si pensi a polimeri elettrolu-minescenti o quelli conduttori utili per appli-cazioni in optoelettronica o elettrochimica)che rispondono a determinati prerequisiti,o nella creazione di sistemi che rechino del-le funzionalità desiderate, per agganciare inseguito altre molecole sul sito terminalereattivo.Per quanto concerne i campi applicativi piùvicini ai nostri scopi, i biosensori e la bioe-lettronica, sono notevoli gli esempi in lette-ratura di tecniche d’immobilizzazione dibiomateriali (ad esempio proteine, DNA,frammenti, antigeni, anticorpi, specie bio-mimiche) su sistemi conduttivi o semicon-duttori nanostrutturati e di traduzione dellafunzione associata con l’elemento biologi-co stesso8,15,38. A tale proposito sono statesviluppate interfacce bioattive a base disistemi a singolo enzima o multienzimatici,con strutture combinate secondo diversi cri-teri d’immobilizzazione su matrici nano-strutturate21; ancora notevole sviluppo haavuto negli ultimi decenni la creazione diframmenti (ad esempio di oligomeri) di

STUDI & RICERCHE

68 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04

DNA o di singole fibre che fungono come ele-mento attivo per il riconoscimento di certifenomeni12, accoppiati o intrappolati fra duenanoelettrodi o immobilizzati su nanosistemidi traduzione, con elevata capacità di rico-noscimento a livello biologico; si ricordino adesempio i semiconduttori fluorescenti14 o ibiorecettori usati per il labeling biologico37.Il campo di ricerca è anche qui veramentevasto e multidisciplinare e richiede semprepiù una forte interrelazione di competenzetecnico-scientifiche che non sono appan-naggio del solo fisico, o del chimico-fisico odell’ingegnere, o del biologo molecolare.

La ricerca all’ENEANegli ultimi 3 anni all’ENEA, in collabora-zione con gruppi italiani e stranieri e nelquadro della linea di ricerca CoSMiC(Coupling Smart Molecules into Chips),accanto alle applicazioni dei biosensori perla caratterizzazione dell’ambiente, è statasviluppata una nuova procedura per l’im-mobilizzazione orientata e reversibile dibiomolecole ingegnerizzate su materialielettrodici nanocompositi (Au, grafite/Au,grafite/Pt) e il loro indirizzamento specifi-

co in una matrice di biosensori in un µ-chip23. A tale scopo sono state impiegatediverse biomolecole modello.Punto di partenza di tale ipotesi è stata l’os-servazione che molte proteine naturali pos-sono essere ingegnerizzate per migliorarele loro funzioni a fini biotecnologici. Moltedelle proteine ricombinanti prodotte oggisono dotate di una coda di 6 istidine (His6x-tag) introdotta geneticamente al fine di sem-plificarne il processo di purificazione. Infattiquesta coda è in grado di legarsi a ionimetallici complessi, a loro volta intrappola-ti in matrici funzionalizzate con acido nitri-lotriacetico (NTA) (figura 3). L’acido nitrilo-triacetico è un chelante tetradentato ed è ingrado di complessare gli ioni Ni(II) occu-pando 4 dei 6 legami di coordinazione del-lo ione. Gli altri due legami di coordinazio-ne sono normalmente occupati dai lone pairdi 2 molecole d’acqua, e sono disponibili aformare 2 legami di coordinazione con idoppietti sull’azoto della coda di istidina.Quest’ultima, si comporta da chelante biden-tato per lo ione Ni(II) in virtù dei sei residuipresenti sulla proteina modificata che per-mettono un notevole aumento della proba-bilità d’interazione con il Ni-NTA. Le matri-ci funzionalizzate con il complesso Ni-NTAsono normalmente impiegate per separarecromatograficamente le proteine His-tag.L’eluizione di queste proteine dalla colonnasi ottiene con molecole complessanti comeEDTA o imidazolo in elevata concentrazio-ne (0,2 M). Questa tecnica è stata vantag-giosamente trasferita nell’immobilizzazionedi biomolecole ingegnerizzate su superficielettrodiche o ottiche ottenute con diversetecniche (serigrafia, sputtering, deposizio-ne galvanica) attraverso la formazione diSAMs di tioli o silani e la successiva intro-duzione di un Ni-NTA terminale.I vantaggi sono molteplici: anzitutto la fusio-ne genetica delle code d’istidina sulla pro-teina può essere compiuta in diverse posi-zioni, consentendo di ottenere per l’orien-tamento ottimale della biomolecola per larivelazione elettrochimica, la rapida diffusione

Figura 3Schema del Ni-NTAancorato ad un elet-trodo d’oro e com-plessato dalla codaistidinica di una pro-teina. Si può osser-vare che lo ioneNi(II), complessatodai ligandi dell’aci-do nitrilotriacetico,NTA, assume l’im-portante ruolo dicerniera tra gli EDMsull’elettrodo e laHis-tag della mole-cola ingegnerizzata

STUDI & RICERCHE

69ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04

di substrati e prodotti e l’esposizione di sitired-ox della proteina alla stessa superficieelettrodica; la molecola si trova legata sta-bilmente al supporto, ma è persino possi-bile rimuoverla impiegando molecole com-plessanti come l’EDTA o l’imidazolo in altaconcentrazione (0,2 M).Quest’ultimo aspetto è particolarmenteimportante in quanto le molecole biologichesi denaturano velocemente, perdendo laloro attività. Con questa procedura è possi-bile allontanare la molecola eventualmentedenaturata per rinnovare la superficie delbiosensore, in pochi minuti (quindici) e ope-rando in flusso continuo senza dover smon-tare il biosensore dal dispositivo o dal µ-siste-ma in cui è inserito. Dopo la rimozione del-la molecola His-tag si possono inoltre immo-bilizzare altre molecole dotate di diversaattività e quindi realizzare biosensori per ladeterminazione di altri analiti.Le superfici sulle quali sono state immobi-lizzate le molecole ingegnerizzate con ilmetodo di immobilizzazione proposto sonoi comuni supporti (oro, grafite, vetro, quar-zo) impiegati per la realizzazione di bio-sensori ottici o elettrochimici, depositati consvariate tecniche, come la serigrafia, lo sput-tering, la deposizione galvanica10.Sulle superfici di grafite sono stati impiegatii silani che reagiscono con i leganti polimericicontenuti negli inchiostri per le stampe (inparticolare con i gruppi –OH) convertendola funzionalità esterna da gruppo ossidrili-co in gruppo amminico primario. Sullesuperfici d’oro è stata impiegata la CYS che,legandosi con il gruppo sulfidrilico allasuperficie, mantiene libero un gruppo ammi-nico per le successive reazioni. La CYS è sta-ta depositata sia come SAM con un tratta-mento chimico, che come EDM, un termi-ne coniato per definire l’autoassemblaggioelettrochimico (si veda più avanti). Dopoquesto primo trattamento è possibile intro-durre spaziatori di GA o GA/lisina/GA checon il loro gruppo aldeidico terminale per-mettono l’inserimento del NTA per reazio-ne con Na-Na-bis(carbossimetil)-L-lisina e

infine del Ni(II) con una soluzione di NiSO4.L’impiego di un’altra tipologia di proteine,la Prot A, non trattato qui per brevità, sidiscosta leggermente dalla tecnica d’im-mobilizzazione con Ni-NTA, ma si mostramolto potente per la specificità ottenibile uti-lizzando anticorpi per parti specifiche del-le biomolecole che si vogliono immobiliz-zare. L’efficacia di tale immobilizzazione èstata verificata nei nostri laboratori con unanticorpo specifico per la proteina D1 delPSII (Photosystem II, vedi riquadro 2).L’attività del PSII immobilizzato con questaprocedura e la sua sensibilità agli erbicidiè stata verificata con successo.Sono state utilizzate alcune molecole model-lo disponibili nel nostro laboratorio graziealla collaborazione multidisciplinare congruppi nazionali e internazionali: un fram-mento scFv dell’anticorpo contro il virus delmosaico del cetriolo ingegnerizzato conuna His6x-tag oppure con un’attività alcalinfosfatasica (AP), d’ora in poi indicato conHis6x-AP-scFv (dr. R.Franconi, ENEA), unPSII da Thermosynechococcus elongatusgeneticamente modificato con His6x-tag (dr.M. Sugiura, CEA-Parigi, Francia e OsakaUniversity, Giappone), d’ora in poi indicatocon His6x-PSII e un anticorpo policlonaleAnti-D1 (una proteina costituente il PSII) cor-tesemente concesso dal Dr. J.Komenda, MBUAVCR Trebon, Repubblica Ceca.Impiegando come confronto un prodotto

Figura 4Elettrodi di oro de-positati su wafer disilicio forniti da ITC-IRST, Trento

STUDI & RICERCHE

70 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04

Il PSII da Thermosynechococcus elongatus

Riquadro 2

Il PSII è una proteina trasmembrana di oltre 600 kD che si tro-va all’interno dei tilacoidi di alghe e piante superiori produt-trici di ossigeno. È l’unico tra i sistemi fotosintetici a produr-re un elevato potenziale redox tale da ossidare l’acqua: il PSIIè infatti responsabile del trasferimento, indotto dalla luce,degli elettroni dall’acqua al plastochinone, indicato con lasigla Q, secondo la reazione globale:

2H2O + 4 fotoni + 2 Q + 4H+ → O2 + 4H+ + 2QH2 (2)

Il plastochinone, l’accettore d’elettroni naturalmente presen-te, passa dalla forma ossidata Q alla forma ridotta QH2 (pla-stochinolo), che ha elettroni ad un potenziale superiore aquello dell’acqua, in maniera ciclica attraverso una formaintermedia di riduzione ad un elettrone, l’anione semichinoi-de Q–.Il PSII è costituito da tre complessi fondamentali: un complessoantenna per la cattura della luce, uno con un centro di rea-zione e un complesso che libera ossigeno. L’antenna princi-pale del sistema è la LHC-II (light harvesting complex): la suasubunità principale di 26 kD è la proteina più abbondante deicloroplasti e contiene sette molecole di clorofilla a, sei di clo-rofilla b e due carotenoidi. L’LHC-II è adibita al trasferimen-to dell’energia dalla clorofilla b alla clorofilla a e al suo inca-nalamento verso il centro di reazione. L’unità funzionale mini-ma del PSII capace della produzione di ossigeno, costituitada circa 10 subunità di proteine di membrana e da tre pro-teine estrinseche, è chiamata PSII core complex.Le proteine di membrana del PSII core complex sono costi-tuite da una coppia di proteine D1 e D2, subunità di 32 kDinserite nella membrana tilacoide che contengono globalmente:il centro di reazione e la catena per il trasferimento elettro-nico, una coppia di proteine antenna interne CP47 e CP43 checontengono clorofilla, una emoproteina (citocromo b-559) e

diverse altre proteine a basso peso molecolare 33 kD, 17 kD(citocromo c-550) e 12 kD associate al centro manganese, ilcomplesso adibito alla generazione di ossigeno.La luce catturata dalla clorofilla delle antenne CP43 e CP47è incanalata verso la clorofilla P680 del centro di reazione, pig-mento che presenta il massimo d’eccitazione alla lunghezzad’onda di 680 nm. Dallo stato eccitato P680* in un tempo del-l’ordine dei picosecondi un elettrone è trasferito alla feofiti-na (Ph), molecola porfirinica uguale alla clorofilla a ma privadi magnesio, lasciando un radicale cationico P680+.Nel sito QA della subunità D2 è legato in maniera permanenteun plastochinone che accetta l’elettrone dalla feofitina e lo tra-sferisce ad un plastochinone che occupa temporaneamenteil sito QB di D1 generando il radicale Q–. Acquisendo un secon-do elettrone da QA, la specie ridotta QH2 lascia il sito QB con-servando nel suo potere riducente l’energia di due fotoni.Contemporaneamente nel core complex del PSII avviene l’os-sidazione dell’acqua: il radicale P680+ ha un forte potereossidante e toglie elettroni all’acqua generando O2, riportandocosì il centro di reazione nello stato non eccitato. Questa ossi-doriduzione coinvolge quattro elettroni ed è catalizzata da uncomplesso di quattro ioni manganese cha passa attraverso cin-que stati di ossidazione, da S0 a S4, liberando per ogni ciclouna molecola di O2 da due molecole di acqua; questo siste-ma di controllo fa in modo che non si formino durante la rea-zione intermedi di parziale riduzione potenzialmente dannosi.Il ciclo fotosintetico prosegue poi con il trasferimento deglielettroni dal QH2 del PSII al PSI attraverso il complesso delcitocromo bf (o citocromo b6f ) che sfrutta la riduzione delloione Cu2+ coordinato nella plastocianina (PC).L’importanza del PSII per scopi analitici17-19 è dovuta al fattoche molte sostanze usate come erbicidi inibiscono la fotosintesibloccando proprio siti specifici nei cloroplasti, dunque lastessa reazione di inibizione può essere sfruttata per deter-

Schema del processo fotosintetico globale

STUDI & RICERCHE

71ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04

commerciale per la purificazione di mole-cole His-tag, sono stati verificati:• l’immobilizzazione delle proteine su Ni-

NTA tramite la misura dell’attività della AP(per via spettrofotometrica ed elettrochi-mica) e la misura dell’attività del PSII (pervia spettrofotometrica, elettrochimica efluorimetrica);

• l’adsorbimento aspecifico delle proteinee cioè la frazione delle biomolecole cheaderisce aspecificamente al supporto sen-za essere legata al Ni-NTA;

• l’effetto di uno spaziatore di GA/lisina/GA;• la possibilità di ottenere al contempo sia

l’immobilizzazione che la purificazione/pre-concentrazione on-chip delle due protei-ne a partire da estratti batterici crudi;

• a possibilità di rimuovere la proteina conimidazolo 200 mM.

Il miglioramento nella sensibilità e nellavelocità di risposta in presenza dell’inibito-re è quello che ci si aspetta dai film sottili edai monolayers di proteine, proprietà que-ste, non incontrate di solito nelle proteine reti-colate in matrici (ad es. immobilizzazione conBSA-GA, figura 5a, confrontata col nuovometodo, figura 5b). Con il PSII (si veda ilriquadro 2) immobilizzato tramite i residuiistidinici si osserva una rapida cinetica di ini-bizione all’aggiunta dell’erbicida. Questocomportamento è dovuto all’esposizionediretta dei centri attivi del PSII alla soluzio-ne, contrariamente a quanto accade con ilPSII reticolato con BSA-GA. Infatti con que-

minare l’eventuale presenza di erbicidi residui nelle acque.Sono inibitori della fotosintesi le triazine, le feniluree, gli ura-cili, i benzotiodiazoli, i nitrili, i carbammati e gli acidi carbossilici;in particolare i derivati della triazina (es: atrazina) e dell’urea(es: diuron) si legano al sito plastochinonico QB della subu-nità D1 del PSII core complex e impediscono l’accesso allamolecola accettrice di elettroni (A = chinone) bloccando dun-que la reazione di Hill di evoluzione di ossigeno, qui di segui-to riportata:

2H2O + A →hnAH2 + O2 (3)

Il PSII accoppiato ad un opportuno sistema di trasduzione puòessere quindi utilizzato per la rivelazione della concentrazioneresidua di erbicida in campioni ambientali tramite una sem-plice misura di ossigeno o della forma ridotta del chinone.Nelle misure sperimentali si preferisce usare il durochinone(DQ) in soluzione che agisce da accettore artificiale di elet-troni al posto del chinone naturale.Il PSII core complex è un sistema che riveste una notevoleimportanza per le potenziali applicazioni in molteplici studisulla struttura e funzione del complesso di catalisi dell’ossi-dazione dell’acqua, e ne possono essere isolati diversi tipi dapiante, alghe verdi o cianobatteri con la solubilizzazione deitilacoidi in vari detergenti seguita da ultrafiltrazione e cro-matografia a scambio ionico o su gel.La metodologia (His)6x-tag è stata impiegata nella prepara-zione di PSII core complex da Chlamydomonas 34,35 e daSynechocystis raggiungendo notevoli miglioramenti del livel-lo di purezza e omogeneità della proteina rispetto a quelleottenute con procedure tradizionali. Ma l’attività di produzio-ne d’ossigeno da parte di questi PSII ricombinanti si è rive-

lata troppo instabile per poter effettuare studi sul sistema diossidazione dell’acqua. Il PSII-(His)6x ottenuto da S. elongatustermofilico è risultato estremamente stabile in termini strut-turali e funzionali, non ha mostrato cambiamenti nell’attivitàossidante durante incubazione a 20 °C per otto e più giorni(diminuzione dell’attività inferiore al 10%) ed è stato per giun-ta utilizzato in molteplici studi biochimici e spettroscopici.Inoltre, il genoma di questo microorganismo è conosciuto26

e la struttura della proteina cristallizzata è stata analizzata conuna risoluzione di 3.5 Å11,39). Molteplici altri studi sono statieffettuati sulla proteina, da misure di termoluminescenza a spet-troscopia EPR, a cristallizzazione, confermando il successo rag-giunto con l’applicazione della metodologia (His)6x-tag al cia-nobatterio termofilico S. elongatus per la purificazione di unPSII core complex ricombinante estremamente stabile ed effi-ciente per studi sull’ossidazione dell’acqua per l’evoluzionefotosintetica di ossigeno34.

STUDI & RICERCHE

72 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04

st’ultimo si ottiene un segnale di inibizionedopo ben 15 min di esposizione all’erbici-da. Questo tempo è necessario affinché l’er-bicida raggiunga l’equilibrio dinamico tra ilgel di BSA-GA-PSII e la soluzione tamponecircostante. La diffusione dell’erbicida nel gelè un processo lento a paragone di quello cheavviene con il PSII immobilizzato con il com-plesso Ni-NTA e questo influenza pesante-mente la sensibilità ed il limite di rivelabi-lità (LOD).Un altro dei fattori determinanti nell’uso deibiosensori è il tempo di vita. Nel caso delPSII-GA-BSA, il valore di emi-vita è di circa24 ore ed è ciò che lo rende adeguato adun uso pratico. Nel caso dell’elettrodo su cuiviene effettuata la procedura con cisteami-na, Ni-NTA e PSII (Au-CYS-NTA-PSII) ènecessaria la presenza del detergente DM(figura 6) nel tampone di misura, per otte-nere un tempo di vita paragonabile. Infattiil PSII libero in soluzione necessita normal-mente di un detergente, il dodecil maltosi-de (DM), come agente protettivo, per impe-dire la denaturazione causata dall’ambien-te idrofilico. In assenza di detergente, l’atti-vità del Au-CYS-NTA-PSII decresce rapida-mente (half-time = 1 ora) rispetto alle stes-se condizioni in presenza di esso. Al con-trario, il PSII reticolato con BSA-GA nonrichiede il detergente perché è meno espo-sto all’ambiente idrofilico denaturante.Questo risultato è una prova indiretta del tipod’immobilizzazione che si ottiene con ilcomplesso Ni-NTA e la coda di HIS: una bio-molecola stabilmente legata al supporto ilcui comportamento è molto simile a quellodella molecola libera in soluzione.La sintesi chimica del complesso Ni-NTA sudiversi materiali elettrodici o ottici, frutto diun recente studio compiuto nel nostro labo-ratorio22, è stata ultimamente migliorata conuno stadio elettrochimico che consente diimmobilizzare sequenzialmente diverse bio-molecole su un µ-array di sensori comevedremo più avanti.La tecnica di deposizione elettrochimica èstata, in seguito, applicata con successo

Figura 5Schema di diversi tipi d’immobilizzazione del PSII su elettrodo d’oro. A)Metodo tradizionale basato sulla reticolazione del PSII con BSA-GA. Si trat-ta di una struttura spessa con molti strati reticolati disordinatamente dal-l’agente bifunzionale GA. Questi strati costituiscono una barriera alla dif-fusione di molecole. B) Metodo proposto attraverso la formazione di mono-strati di CYS-GA-Ni-NTA su Au. La diffusione del mediatore (DQ) è facilita-ta nel caso B. Vedremo più avanti che con polimeri conduttori (PAN) è pos-sibile ottenere il trasferimento elettronico dal sito red-ox della proteina all’e-lettrodo senza l’impiego del mediatore

Figura 6Tempo di vita degli elettrodi modificati con PSII-NTA-EDM, il cui valore puòessere prolungato in modo significativo dall’aggiunta del detergente, il dode-cilmatoside, nel buffer di misura. Di fatto, questo valore diventa confron-tabile con quello determinato per il PSII reticolato con BSA-GA

STUDI & RICERCHE

73ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04

all’immobilizzazione di biomolecole su µ-chip. Il µ-chip, ottenuto litograficamente, ciè stato fornito dal CNR-IFN di Roma (Dr. V.Foglietti e dr. M. Ilie) ed è costituito da unamatrice di 49 elettrodi di oro disposti in 7righe e 7 colonne. Il chip è stato coperto daun coperchio di vetro scavato litografica-mente per ottenere una cella a flusso delvolume di 60 µL. Gli esperimenti hanno con-sentito di indirizzare elettrochimicamentel’immobilizzazione della biomolecola inge-gnerizzata con la coda di HIS su un solo elet-trodo d’oro nel µ-array. Nella figura 7, insie-me alla cella fluidica (a), sono riportati isegnali elettrochimici (b) ottenuti alimen-tando il µ-chip in flusso con una soluzionedi ascorbato 2-fosfato, substrato dell’enzimaimmobilizzato.Sull’elettrodo ove era stata indirizzata la sin-tesi del complesso Ni-NTA si osserva unsegnale di circa 0,5 pA, mentre su un elet-trodo vicinale non si osserva alcun segna-le (elettrodo n. 3). Sull’elettrodo n.16 a val-le e nella direzione del flusso (la freccia infigura 7b) si osserva un piccolo segnale,dovuto alla produzione di acido ascorbicoda parte dell’enzima sull’elettrodo 4.La densità superficiale del Ni-NTA è stataottenuta con metodi polarografici (AdCSV)valutando la concentrazione dello ione Ni+2

per unità di superficie, e poi confrontandoi valori con l’attività enzimatica immobiliz-zata. Ulteriori considerazioni, riguardo ledimensioni della molecola modello (His-tag-PSII) e la carica elettrica necessaria perla deposizione della CYS, hanno permessodi stabilire che le teste del complesso Ni-NTA disponibili per l’immobilizzazione sonoridondanti con un rapporto calcolato PSII:Ni-NTA di 1:40000. Una densità superficiale diNi-NTA così elevata rispetto al fotosistemaII non influisce in alcun modo sulla possibi-lità di incrementare la concentrazione del-la biomolecola sulla superficie elettrodica ecostituisce semmai una barriera diffusivaindesiderabile.Questo risultato può essere sfruttato van-taggiosamente attraverso la sostituzione dei

gruppi funzionali ridondanti di Ni-NTA conmolecole utili a migliorare le caratteristichedel biosensore: polimeri conduttori (vediriquadro 1), o molecole dotate di cateneidrofobiche sulla superficie elettrodica. Ladeposizione di strati misti di CYS e OCT, adesempio, ha consentito il miglioramento del-le caratteristiche analitiche del biosensorefotosintetico (figura 8). Il confronto su 3 dif-ferenti tipi d’immobilizzazione è stato ese-guito misurando, come parametro fonda-mentale, la concentrazione d’erbicida (nelnostro caso l’atrazina) che inibisce il 50% del-l’attività (I50) (figura 8). Il biosensore realiz-zato con un monostrato di PSII tramite la sin-tesi del complesso Ni-NTA ha mostrato unleggero miglioramento (I50 = 2x10-8 mol/L),circa 5 volte più basso) rispetto al biosen-sore realizzato tramite il metodo d’immobi-lizzazione tradizionale, consistente nella reti-colazione del PSII con BSA-GA (I50 = 9x10-8

mol/L). A paragone dei primi due, il terzoelettrodo su cui è stato depositato elettro-

a) Dettaglio dei compo-nenti del µ-chip aflusso progettato dalCNR: 1. coperchio divetro per realizzarela micro-cella a flusso;2. e 3. capillari di ali-mentazione; 4. con-tatti in alluminio

b) Segnali di correntedovuti ad ascorbato2P 1mM, il substratodi AP, generati daglielettrodi n. 4 (con APdepositata elettro-chimicamente), n. 3(elettrodo non rico-perto), e n. 16 (elet-trodo nudo situato avalle dell’elettrodo n.4). Nello sfondo del-la figura sono mostra-te le posizioni relati-ve degli elettrodi e ladirezione del flusso

Figura 7µ-chip a flusso realizzato con l’Istituto di Nano-tecnologie e Fotonica del CNR

13

42

STUDI & RICERCHE

74 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04

chimicamente uno strato misto (CYS + OCT)dalle accentuate proprietà idrofobiche, haevidenziato un valore del tutto differente(I50 = 2x10-10 mol/L) ben 450 volte più bas-so (figura 8). Questo effetto sembra esseredovuto a una locale pre-concentrazione del-l’erbicida all’interfaccia tra l’ambiente idro-filico-idrofobico in prossimità della superfi-cie dell’elettrodo.Un’altra possibilità per ridurre la ridondan-za del Ni-NTA è quella del molecular wiring.Il Ni-NTA viene sostituito parzialmente da filmconduttori di PAN (si veda il riquadro 1) chepossono essere facilmente sintetizzati, secon-do procedure descritte in letteratura6,7, sul-l’elettrodo nudo o su eventuali EDM di NTAgià depositati sull’elettrodo, utilizzando tec-niche di voltammetria ciclica (CV). Sono sta-ti impiegati anche elettrodi di carbone dro-gati con oro o platino per ridurre la densitàsuperficiale dei gruppi Ni-NTA. Gli elettro-di stampati serigraficamente con inchiostria base di polveri di grafite/Au, preparate neilaboratori dell’ENEA (M. De Francesco), o conuna polvere analoga di grafite/Pt commer-ciale, sono stati impiegati per la deposizio-ne elettrochimica della CYS.L’ossidazione del gruppo tiolico di CYSavviene già a 700 mV su elettrodi d’oro, perla conseguente formazione di un legamecovalente Au-S; nella figura 9b si può osser-vare che lo stesso comportamento si veri-fica su elettrodi di grafite drogati con nano-particelle di Au, mentre sulla sola grafite

l’ossidazione avviene a ben 900 mV. Poichéil potenziale di deposizione della CYS sul-la sola grafite risulta spostato di circa 200mV rispetto alla grafite drogata con parti-celle di Au, si può calcolare che la deposi-zione di CYS sui materiali nano-compositiAu-grafite e Pt-grafite, operata a 850 mV,avviene per circa l’80% sulle particellemetalliche e per il 20% sulla superficie digrafite, lasciandola in gran parte libera perla deposizione di altre molecole utili, comead esempio i già citati polimeri conduttoridi PAN.Nella figura 9a è riportato il tipico voltam-mogramma ottenuto nei nostri laboratoricon un elettrodo stampato di Au commer-ciale (BDV). Come si evince dalla figura siottiene un tipico voltammogramma parten-do da una soluzione di 50 mM di anilinadisciolta in acido diluito acquoso (0,5 MH2SO4) applicando ciclicamente un poten-ziale da –0,2 V a +0.9 V vs. Ag/AgCl (60 mV/svelocità di scansione, 10 mV potential step,tipicamente 15 scansioni). Un graduale incre-mento dei picchi di ossidazione/riduzionedurante la scansione sta ad indicare unacrescita progressiva delle fibre di PAN. Lastessa procedura è stata applicata ad elet-trodi stampati di grafite/Au e grafite/Pt (figu-ra 9b) preparati nei laboratori dell’ENEA,ottenendo la deposizione di film condutto-re di PAN.Con questa tipologia di cavi molecolari e ilPSII immobilizzato attraverso Ni-NTA (Au-(PAN)CYS-GA-NiNTA-PSII) si sono osser-vati due picchi che risultano assenti nelbianco costituito dallo stesso supporto, ugual-mente trattato ma senza il PSII (Au-(PAN)CYS-GA-Ni-NTA). Si è ipotizzato allo-ra che il sito red-ox di un componente fon-damentale del PSII (Cyt b559), orientatoopportunamente attraverso la coda istidini-ca, ed esposto verso la superficie elettrodi-ca alla distanza di pochi nanometri, ceda l’e-lettrone alla catena del polimero condutto-re che lo trasferisce a sua volta alla super-ficie elettrodica.La tecnica d’immobilizzazione reversibile e

Figura 8Curve di calibrazionee I50 di biosensori aPSII per l’atrazina,ottenuti con il meto-do tradizionale diimmobilizzazione(cross-linking BSA-GA) con EDM di CYSe con EDM misti diCYS+OCT

orientata, basata sull’impiego di tioli per lasintesi chimica o elettrochimica del com-plesso Ni-NTA si è dimostrata molto versa-tile. Infatti con essa è possibile:• introdurre spaziatori di lisina-GA per

modulare la distanza della biomolecoladal WE,

• inserire molecole aggiuntive per aumen-tare l’idrofobicità dell’ambiente immedia-tamente intorno al WE e alla proteina,modificando così la diffusione di reagen-ti e prodotti,

• inserire polimeri conduttori per ottenereil trasferimento elettronico da biomoleco-le red-ox alla superficie del WE.

Il confronto del comportamento del PSIIimmobilizzato su oro, attraverso la coda diHis6 con Ni-NTA, con quello del PSII retico-lato secondo metodologie tradizionali, hamesso in evidenza notevoli miglioramentidovuti alla diffusione dei substrati, dei pro-dotti e degli inibitori. Il comportamentodipendente dalla presenza del detergenteDM ha messo in evidenza il fatto che il PSIIimmobilizzato impiegando il Ni-NTA si tro-

va in una situazione molto simile a quella delPSII libero in soluzione, a differenza del PSIIreticolato con BSA-GA. Nel caso della reti-colazione una maggiore quantità di PSII èintrappolata sulla superficie dell’elettrododi Au. Questo, a fronte di un valore molto piùelevato d’intensità di corrente, corrispondead una maggiore lentezza della risposta alsegnale luminoso e all’inibizione per la pre-senza di erbicidi, proprio a causa del piùelevato spessore del film diffusivo che laforma ridotta del DQ deve attraversare perraggiungere la superficie dell’elettrodo eper riossidarsi. Negli altri casi, il PSII, inquantità minore, rimane libero in soluzioneseppur saldamente legato alla superficiedell’elettrodo attraverso le catene di HIS equindi più esposto e raggiungibile dalmediatore, dai substrati e dagli inibitori.La constatazione della ridondanza del Ni(II)complessato sulla superficie elettrodicarispetto alla biomolecola (PSII) immobiliz-zata sugli elettrodi d’oro, ci ha spinto a veri-ficare le possibilità: 1) di impiegare diversimateriali (grafite drogata con oro o platino);

STUDI & RICERCHE

75ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04

Figura 9a. CV della deposizione elettrochimica (-0,2/+0,9V vs Ag/AgCl) di film di PAN su oro con acido acquosodiluito (H2SO4). Si evidenzia la presenza di due picchi ben risolti. I picchi di debole intensità, denomi-nati ”centrali”, appartengono ai prodotti di degradazione della PAN. b. Elettrodeposizione di PAN sugrafite (-0,2/+0,9V vs Ag/AgCl) con acido acquoso diluito in presenza del suo sale (0,5 M HCl + 1 M NaCl,Si osservano picchi analoghi al caso dell’oro; c. e d. Elettrodo di grafite/Au (è ben visibile la porositàdella matrice di carbone). e. ed f. Elettrodo di grafite/Au ricoperto da un film sottile di PAN. Si osservala ricopertura dell’elettrodo con evidente scomparsa della porosità della grafite

a

b

c

e

d

f

2) di depositare altre molecole con specifi-che funzioni come l’OCT, per migliorare ladiffusione di substrati, prodotti e mediatorinei pressi del WE, o come la PAN per fun-gere da cavo molecolare trasportatore dielettroni. Con la deposizione di film misti diCYS e OCT su elettrodi di oro, abbiamoottenuto come risultato il miglioramento delLOD del biosensore fotosintetico di un fat-tore 450.È nostra opinione che la deposizione elet-trochimica di CYS dia luogo a film struttu-ralmente differenti rispetto ai SAM, per lavelocità (pochi secondi rispetto a 20 oredella deposizione chimica) con cui ha luo-go la deposizione. Per questo motivo abbia-mo coniato il termine di multistrati deposi-tati elettrochimicamente, EDM. In attesa dicompletare la caratterizzazione delle super-fici ottenute con AFM (Atomic ForceMicroscopy), la nostra ipotesi è che i film diCYS depositati elettrochimicamente siano piùdisordinati e spessi (non monolayers) e piùrigidi dei corrispondenti SAM ottenuti pervia chimica. Nonostante questo, l’immobi-lizzazione elettrochimica si mostra moltoconveniente per indirizzare l’immobilizza-zione di biomolecole su singoli elettrodispecifici di un µ-chip. Anche tale possibilitàè stata verificata direttamente su un µ-chip(CNR-IFN) con successo.I risultati ottenuti per la deposizione elet-trochimica di CYS su elettrodi d’oro sono sta-ti poi trasferiti agli elettrodi stampati di car-bone. Le paste serigrafiche di carbone sonostate miscelate con grafite composta di par-ticelle nano-disperse di Au o Pt. Su questonano-materiale composito la deposizionedella CYS avviene allo stesso potenzialesperimentato con gli elettrodi di solo oro, cioèa 0,85 V vs Ag/AgCl. Poiché il potenziale dideposizione della CYS sulla grafite risulta piùelevato, si può ipotizzare che la deposizio-ne di CYS sui materiali compositi Au-grafi-te e Pt-grafite avvenga solo sulle particellemetalliche. Questo consentirebbe di ottenerefilm misti formati da CYS, depositata sulleparticelle metalliche di Au o Pt, e da PAN

conduttrice, depositata sulla restante super-ficie carboniosa del WE.Tutti i risultati conseguiti costituiscono un pun-to di partenza molto promettente per la rea-lizzazione del patterning spaziale di bio-molecole a livello microscopico e la costru-zione di biosensor arrays con migliori perfor-mance sia in termini di diffusione attraver-so la matrice sia di trasferimento elettroni-co diretto tra proteine red-ox ed elettrodi.

Bibliografia1. AIZAWA M., YANAGIDA Y., HARUYAMA T., KOBATAKE E.,

Genetically engineered molecular networks forbiosensing systems, Sensors and Actuators B 52(1998) 204-211.

2. ALIVISATOS A.P., Nanocrystals: building blocks formodern materials design, Endeavour, vol. 21 (2),1997, 56-60.

3. BANIN U., LEE J.C., GUZELIAN A.A., KADAVANICH A.V.,Alivisatos A.P., Exchange interaction in InAs nano-crystal quantum dots, Superlattices and Mi-crostructures, vol. 22 (4), 1997, 559-568.

4. BONHOTE P., GOGNIAT E., CAMPUS F., WALDER L.,GRAETZEL M., Nanocrystalline electrochromicdisplays, Displays, 20, 1999, 137–144.

5. CHENG G.S., ZHANG L.D., ZHU X.G., CHEN S.H., LI Y.,ZHU Y., FEI G.T., Synthesis of Orderly Nanostructureof Crystalline GaN Nanoparticles on Anodic PorousAlumina Membrane, Nanostructured Materials,vol. 11 (3), 1999, 421-426.

6. COSNIER S., Biomolecule immobilization on electrodesurfaces by entrapment or attachment to elec-trochemically polymerized films. A review, Biosensor& Bioelectronics 14 (1999) 443-456.

7. CRUZ C.M.G.S., TICIANELLI E.A., Electrochemical andellipsometric studies of polyaniline films grownunder cycling conditions, Journal of ElectroanalyticalChemistry 428 (1997) 185-192.

8. D’Souza L., Bera P., Sampath S., Silver-PalladiumNanodispersions in Silicate Matrices: HighlyUniform, Stable, Bimetallic Structures, Journal ofColloid and Interface Science, vol. 246, 2002,92–99.

9. DENG L., LEI H., ZHOU Y., MO X., Microbalance-DNAprobe method for the detection of specific bac-teria in water, Enzyme and Microbial Technology30 (2002) 583-589.

10. DI MEO C., DELLA SETA L., DE FRANCESCO M., MASCI

A., PINTO V., VOLPE A., PILLOTON R. Reversible immo-bilisation of engineered molecules by NI-NTA che-lators; Sensors and µ-Systems C. Di Natale & A.D’amico Ed. - World Scientific, Singapore - NewJersey - London - Hong Kong; 2004.

11. FERREIRA K.N., IVERSON T.M., MAGHLAOUI K., BARBER

J., IWATA S.; Architecture of the PhotosyntheticOxygen-Evolving Center; Science (2004) Vol 303,Issue 5665, 1831-1838, 19 March 2004.

12. FINOTA E., BOURILLOTA E., MEUNIER-PRESTB R., LACROUTEA

Y., LEGAYA G., CHERKAOUI-MALKIC M., LATRUFFEC N.,SIRID O., BRAUNSTEIND P., DEREUXA A., Performance

STUDI & RICERCHE

76 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04

of interdigitated nanoelectrodes forelectrochemi-cal DNA biosensor, Ultramicroscopy, vol. 97, 2003,441–449.

13. HOCK B., SEIFERT M., KRAMER K., Engineering recep-tors and antibodies for biosensors, Biosensors &Bioelectronics 17 (2002) 239-249.

14. HOSHINO A., HANAKI K., SUZUKI K., YAMAMOTO K.,Applications of T-lymphoma labeled with fluore-scent quantum dots to cell tracing markers inmouse body, Biochemical and Biophysical ResearchCommunications, vol. 314, 2004, 46–53.

15. HSIN-YUN HSU, YI-YOU HUANG, RCA CombinedNanoparticle-based Optical Detection Techniquefor Protein Microarray: a Novel Approach,Biosensors and Bioelectronics vol. 20, 2004,123–126.

16. KLEINJUNG F., BIER F.F., WARSINKE A., SCHELLER F.W., Fibreoptic genosensor for specific determination offemtomolar DNA oligomers, Analytica ChimicaActa 350 (1997) 51-58.

17. KOBLIZEK M., KOMENDA J., MASOJIDEK J., KUCERA T.,MATTOO A.R., GIARDI M.T., PILLOTON R.; Two pho-tosystem II based biosensors for detection of pho-tosynthetic herbicides; Proceedings of The 2nd

Workshop on Chemical Sensors and Biosensors1999 March 18th-19th - F.Mazzei & R.Pilloton Eds.-(2000) ISBN 88-8286-072-8.

18. KOBLIZEK M., MALY J., MASOJIDEK J., KOMENDA J.,KUCERA T., GIARDI M.T., MATTOO A.K., PILLOTON R.;A biosensor for the detection of triazine andphenyl urea herbicides designed using photosy-stem II coupled to a screen printed electrode;Biotech.Bioeng., 78, No. 1, April 5, 2002.

19. KOBLIZEK M., MASOJIDEK J., KOMENDA J., KUCERA T.,PILLOTON R., MATTOO A.K., GIARDI M.T; A sensitivephotosystem II based biosensor for detection ofa class of herbicides; Biotech. Bioeng. 60, No. 6,December 20, 1998.

20. KROTO H.W., HEATH J.R., O’BRIEN S.C., CURL R.F.,SMALLEY R.E.; C60: Buckminsterfullerene, Nature,318 (No.6042), 162-163, (1985).

21. LIU S., DAI Z., CHEN H., JU H., Immobilization ofHemoglobin on Zirconium Dioxide Nanoparticlesfor Preparation of a Novel Hydrogen PeroxideBiosensor, Biosensors and Bioelectronics, vol. 19,2004, 963–969.

22. MALY J., DI MEO C., DE FRANCESCO M., MASCI A.,MASOJIDEK J., SUGIURA M., VOLPE A., PILLOTON R.;Reversible immobilisation of engineered molecu-les by NI-NTA chelators; Bioelectrochemistry (2004)63, 1-2, 271-275.

23. MALY, J., ILLIANO, E., SABATO, M., DE FRANCESCO, M.,PINTO, V., MASCI, A., MASCI D., MASOJIDEK, FRANCONI

J.R., PILLOTON R; Immobilisation of engineeredmolecules on electrodes and optical surfaces;Materials Science and Engineering: C Volume:22, Issue: 2, December 1, 2002, pp. 257-261.

24. MANNA L., SCHER E.C., ALIVISATOS A.P. , Shape Controlof Colloidal Semiconductor Nanocrystals, Journalof Cluster Science, vol. 13 (4), 2002, 521-532.

25. MARTIN C.R., Nanomaterials: A Membrane BasedSynthetic Approach, Science, vol. 266, Dec. 1994,1961-1966.

26. NAKAMURA Y., KANEKO T., SATO S., IKEUCH M., KATOH

H.,SASAMOTO S., WATANABE A., IRIGUCHI M., KAWASHIMA

K., KIMURA T., KISHIDA Y., KIYOKAWA C., KOHARA M.,MATSUMOTO M., MATSUNO A., NAKAZAKI N., SHIMPO

S., SUGIMOTO M., TAKEUCHI C., YAMADA M., TABATAS.;Complete Genome Structure of the ThermophilicCyanobacterium T hermosynechococcus elonga-tus BP-1; DNA Res.; (2002) 9, 123-130.

27. PUNTESA V.F., KRISHNANB K., ALIVISATOS A.P., Synthesisof colloidal cobalt nanoparticles with controlledsize and shapes, Topics in Catalysis, vol. 19 (2),2002, 145.

28. RAMANATHAN K., MEHROTRA R., JAYARAM B., MURTHY

A.S.N., MALHOTRA B.D, 1996a. Simulation of elec-trochemical process for glucose oxidase immobi-lized conducting polymer. Anal. Lett. 29,1477–1484.

29. RAMANATHAN K., PANDEY S.S., KUMAR R., GULATI A.,MURTHY A.S.N., MALHOTRA B.D., 2000. Covalentimmobilization of glucose oxidase to poly(o-ami-no benzoic acid) for application to glucose bio-sensor., J. Appl. Polym. Sci. 78, 662–667.

30. RAMANATHAN K., RAM M.K., MALHOTRA, B.D., MURTHY

A.S.N,1995b. Application of polyaniline-Langmuir-Blodgett films as a glucose biosensor. Mater. Sci.Engg. C 3, 159–163.

31. RAMANATHAN K., RAM M.K., VERGHESE M.M.,MALHOTRA B.D.,1996b. Dielectric spectroscopic stu-dies on polypyrrole glucose oxidase films. J. Appl.Polym. Sci. 60, 2309–2316.

32. RAMANATHAN K., SUNDARESAN N.S., MALHOTRA B.D.,1995c. Ion exchanged polypyrrole-based glucosebiosensor: enhanced loading and response.Electroanalysis 7, 579–582.

33. SHINOHARA H., KUSAKA T., YOKOTA E., MONDEN R., SISIDO

M., Electron transfer between redox enzymes andelecrodes through the artificial redox proteins andits application for biosensors, Sensors and ActuatorsB 65 (2000) 144-146.

34. SUGIURA M., INOUE Y., Highly Purified Thermo-StableOxygen-Evolving Photosystem II Core Complexfrom the Thermophilic Cyanobacterium Syne-chococcus elongatus Having His-Tagged CP43,Plant Cell Physiol. 40(12) (1999) 1219-1231.

35. SUGIURA M., INOUE Y., MINAGAWA J., Rapid anddiscrete isolation of oxygen-evolving His-taggedphotosystem II core complex from Chlamydomonasreinhardtii by Ni2+ affinity column chromatography,FEBS Letters 426(1998)140-144.

36. TROJANOWICZ M., GESCHKE O., KRAWCZYK T.K.,CAMMANN K., Biosensors based on oxidases immo-bilized in various conducting polymers, Sensorand Actuators B 28 (1995), 191-199.

37. Vo-Dinh T., Griffin G.D., Alarie J.P., Cullum B.,Sumpter B., Noid D., Development of nanosen-sors and bioprobes, Journal of NanoparticleResearch, vol. 2, 2000, 17–27.

38. WENG Y.C., RICK J.F., CHOU T.C., A Sputtered ThinFilm of Nanostructured Ni/Pt/Ti on Al2O3 Substratefor Ethanol Sensing, Biosensors and Bioelectronics,vol. 20, 2004, 41–51.

39. ZOUNI A., WITT H. T., KERN J., FROMME P., KRAUSS N.,SAENGER W., ORTH P. Crystal Structure of PhotosystemII from Synechococcus elongatus at 3.8 ÅResolution (2001) Nature 409, 739–74.

STUDI & RICERCHE

77ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/04