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Giornale italiano di tricologia anno 21 - n° 40 - Novembre 2017 Fatica da compassione: rischio burnout per i medici - pag. 5 Protocollo di comportamento per chi si occupa di Tricologia - pag. 6 La figura del Tricologo - pag. 8 La figura del Tricologo e l'utilizzo della microscopia all'interno di un Salone di acconciatura - pag. 11 Tricopatie da malassorbimento: la malattia celiaca - pag. 17 Geometria e colore dei capelli nelle diverse etnie - pag. 23 L'evoluzione dei trattamenti chimici e dei trattamenti curativi per il fusto del capello - pag. 33 Terapie tricologiche: i "si dice" sugli effetti collaterali dei farmaci - pag. 57 SOMMARIO EDIZIONI TricoItalia (Firenze) Direttore scientifico: Andrea Marliani Giornale Italiano di Tricologia anno 21 - n° 40 - Novemb re 2017 Proprietà letteraria ed artistica riservata. © gitriQXP2015.qxp_gitri 40 25/09/17 10:53 Pagina 1

EDIZIONI TricoItalia (Firenze) - Società Italiana di Tricologia · 2018-05-28 · Tricologia si occupano. A questo proposito la Società Italiana di Tricologia ha sentito la necessità

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Fatica da compassione: rischio burnout per i medici - pag. 5Protocollo di comportamento per chi si occupa di Tricologia - pag. 6La figura del Tricologo - pag. 8La figura del Tricologo e l'utilizzo della microscopia

all'interno di un Salone di acconciatura - pag. 11Tricopatie da malassorbimento: la malattia celiaca - pag. 17Geometria e colore dei capelli nelle diverse etnie - pag. 23L'evoluzione dei trattamenti chimici

e dei trattamenti curativi per il fusto del capello - pag. 33Terapie tricologiche:

i "si dice" sugli effetti collaterali dei farmaci - pag. 57

SOMMARIO

EDIZIONI TricoItalia (Firenze)Direttore scientifico: Andrea Marliani

Giornale Italiano di Tricologiaanno 21 - n° 40 - Novembre 2017

Proprietà letteraria ed artistica riservata.©

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EDIZIONI TricoItalia(Firenze)

Giornale Italiano di Tricologiaanno 21 - n° 40 - Novembre 2017

Direttore Responsabile: Guido Vido TrotterDirettore Scientifico: Andrea Marliani

Tutti i diritti riservati©

Collaboratori:

Paolo GigliTorello LottiFiorella BiniPiero TesauroMarco ToscaniDaniele CampoMichele RobertoRoberto d’OvidioElisabetta BianchiVincenzo GambinoGuido Vido Trotter

Gaetano Agostinacchio

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SOMMARIO:

Fatica da compassione: rischio burnout per i medici - pag. 5

Protocollo di comportamento per chi si occupa di Tricologia - pag. 6

La figura del Tricologo - pag. 8

La figura del Tricologo e l’utilizzo della microscopiaall’interno di un Salone di acconciatura - pag. 11

Tricopatie da malassorbimento: la malattia celiaca - pag. 17

Geometria e colore dei capelli nelle diverse etnie - pag. 23

L’evoluzione dei trattamenti chimici e dei trattamenti curativiper il fusto del capello - pag. 33

Terapie tricologiche:i “si dice” sugli effetti collaterali dei farmaci - pag. 57

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Novembre 2017 - N° 40 - Giornale Italiano di Tricologia

EditorialeFatica da compassionerischio burnout per i medici

Andrea MarlianiFirenze

Si parla sempre più spesso per i Medici di“Sindrome di Fatica Da Compassione”.

Aiutare gli altri è un valore indiscusso dell’u-manità intera e rappresenta, come ha da sem-pre rappresentato, il modo più efficace percontinuare la nostra evoluzione a partiredalla sopravvivenza della specie fino a giunge-re alla massima espressione culturale, scienti-fica e spirituale. La vita di ognuno di noi èincentrata nell'aiutare gli altri.

Molte persone lamentano l'attuale carenza dirapporto affettivo fra medico e paziente, che èin gran parte da ricondurre all’incrementosempre maggiore del carattere tecnologicodella medicina, fino al punto che, paradossal-mente, può essere un computer a fare diagno-si ed a stabilire protocolli di terapia.

A questa situazione di snaturamento dellamedicina tradizionale, si va a contrapporre lostato affettivo di tanti medici che, all'opposto,prendono anche troppo a cuore il dolore e lasofferenza dei loro pazienti fino a farseli pro-pri. Questo può provocare un turbamentodella salute mentale del medico, provocandol'insorgenza di una particolare situazione,definita “Sindrome di fatica da compassio-ne”, cioè del “patire insieme”.

La fatica da compassione è dunque uno statodi profondo esaurimento psicofisico, emotivoe spirituale accompagnato da un acuto doloreemozionale.

La “fatica da compassione” ha un alto costoin termini di salute per il medico che oppres-so dai problemi dei suoi pazienti può arrivarea un vero e proprio "esaurimento depressivo".Quando poi, invece di avere semplicemente "acuore" i problemi del paziente, il medico licala dentro di sé, vivendoli, i possibili conflittiesistenziali possono diventare un peso insop-portabile per la vita di relazione e può insor-gere una situazione turbativa, che supera lasemplice “depressione” fino ad un vero e pro-prio “disturbo post traumatico da stress”.I sintomi della Sindrome di fatica da compas-sione includono stanchezza cronica, irritabili-tà e scoppi di collera, difficoltà a concentrarsi,ipervigilanza ed esagerate risposte di allarme,mancanza di gioia nella vita, comportamentiche dovrebbero essere moderati, come bere ofumare a livello distruttivo. Proprio come chiè colpito da stress post traumatico. La faticada compassione può portare a proteggere oisolare se stessi con l’apparente perdita dicompassione, cinismo, noia, perdita di pro-duttività.È il burnout!

Chi lavora in Tricologia, branca che a chi nonè del settore pare semplice e priva di rischi, èfacilmente soggetto a questa patologia.

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Per non essere trascinati in questa spirale epoter sopportare senza troppi danni questostato emotivo, la nostra medicina classica sug-gerisce ai medici il ricorso, se non a psicofar-maci, almeno ad un professionista della salutementale (psichiatra o psicologo), per sottopor-si a dei “briefing”, sicché, consapevoli del pro-blema, si sia meno vulnerabili alla depressio-ne e alle malattie fisiche psicosomatiche cau-sate dal continuo stress.

Viene insegnato al medico ad essere coraggio-so ed a essere forte. Il medico ma anche l’in-fermiere e gli altri membri del team sanitariodevono essere fonte costante di sostegno delpaziente ma ci deve essere anche un tempo edun luogo per l’espressione emotiva e forseanche per piangere. Quando poi l'incontrocon il paziente è terminato, alla fine dellagiornata, il medico (o l'infermiere) deve esserein grado di elaborare tutto quello che ha vistoe vissuto nella giornata ed entrare in un com-parto di vita diverso. Si torna a casa. È impor-tante anche, di tanto in tanto, saper staccaredal lavoro, andare in ferie. Si dovrebbe anchesaper lasciare a casa computer, tablet e telefo-nino.Ma questo è davvero difficile...

Protocollo di comportamentoper chi si occupa di Tricologia

Consiglio DirettivoSocietà Italiana di Tricologia (SITri).

Fra di noi alcuni autorevoli Soci pensano chela Tricologia altro non sia se non una partedella Dermatologia e pertanto non può esiste-re nessuna figura professionale che possaoccuparsene al di fuori del MedicoDermatologo. Questa posizione, rispettabilis-sima, ci sembra superata dai tempi e dai fattie la maggior parte di noi oggi distingue, inmodo non esaustivo, queste figure professio-nali ognuna con competenze specifiche:

Tecnici della Tricologia (parrucchieri, barbie-ri, acconciatori ecc), che devono occuparsidella “cura estetica” dei capelli. Va sottolinea-to come il lavoro di un Parrucchiere, Barbiereed Acconciatore sia cosa delicata, spesso sotto-valutata e coinvolge lo stato d’animo e la psi-cologia del cliente che gli si affida. Questideve saper interpretare i desideri del clientenel modo migliore anche consigliando“cosmetici” appropriati ma non deve spinger-si oltre il cosmetico. Come un medico nonpuò improvvisarsi parrucchiere così un par-rucchiere non deve improvvisarsi medico enon dovrà mai avventurarsi in terapie.Riteniamo anche che un Tecnico, che haseguito con profitto corsi e percorsi di studiospecifici, possa eseguire semplici test ed esamimicroscopici che, senza mai fare “diagnosimediche”, lo aiutino nel suo lavoro spesso dif-ficile.

Tricologi non medici (farmacisti, biologi, chi-mici, infermieri, psicologi ecc): sono figureprofessionali che hanno seguito un percorsodi studi accademico con valore legale e che, seconoscono la Tricologia intesa come anato-

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mia, fisiologia e problematiche, possono,ognuno nelle loro rispettive competenze,occuparsi dei capelli e del cuoio capelluto manon sono autorizzati a fare nessuna diagnosio prescrivere una qualsivoglia terapia medicané tantomeno occuparsi di ChirugiaTricologica in assenza del Medico Chirurgo.Queste figure professionali sono sicuramente,a nostro vedere, autorizzate a fare ricerca,esami e test, senza tuttavia mai sconfinarenella diagnosi o nella prescrizione terapeuticae sono autorizzate, quando capaci, ad inse-gnare la Tricologia ad altre figure professiona-li.

Laureati in Medicina e Chirurgia: sono i soliautorizzati a fare diagnosi ed a “curare” insenso medico, anche con farmaci, chi ha pro-blemi di capelli o di cuoio capelluto.

Tricologi medici (Trichiatri): sono i laureatiin Medicina e Chirurgia con specializzazionein Dermatologia o (per i chirurghi) inChirurgia Plastica e Ricostruttiva e/o chehanno acquisito competenze in materia conpubblicazioni o studi accademici (come unMaster universitario in Scienze Tricologiche)oltre la laurea e/o la specializzazione. Questisono autorizzati a proporre protocolli di tera-pia tricologica, a fare diagnosi ed a “curare”in senso medico chi ha problemi di capelli odi cuoio capelluto e sono il punto di riferi-mento naturale di tutti coloro che diTricologia si occupano. A questo proposito laSocietà Italiana di Tricologia ha sentito lanecessità di istituire un Pubblico Registro(senza valore legale ma con grande valoremorale) che indichi i medici, da essa cono-sciuti, che possono essere considerati MediciTricologi (Trichiatri) a tutti gli effetti e cherispondono ai requisiti necessari per la tuteladei pazienti con condizioni patologiche o ine-stetismi a carico dei capelli e del cuoio capel-

luto (http://www.sitri.it/pubblico-registro-dei-medici-tricologi/).

Riteniamo che chi si propone al pubblicocome interlocutore per curare i problemi deicapelli senza possedere le dovute qualificheaccademiche e legali, debba esserne impeditoin quanto questo costituisce reato di esercizioabusivo di una professione protetta nonchécirconvenzione.

Fra i Medici Tricologi distinguiamo anche iChirurghi Tricologi.Si pone qui anche il problema di chi possa“operare o lavorare” in Sala Operatoria negliinterventi di Tricochirurgia.

Riteniamo che solo il Medico Chirurgo lau-reato, abilitato ed iscritto ad un Albo profes-sionale del Paese dove intende operare possafare trapianti di capelli e che senza la presen-za di questa figura non sia possibile neppurepensare ad un trapianto. Solo il MedicoChirurgo, rispettando la legislazione delpaese dove lavora, è abilitato e autorizzato atagliare o incidere. Il Medico Chirurgo è sem-pre il responsabile finale della corretta esecu-zione della pratica chirurgica e di tutto l’in-tervento. Questo Medico Chirurgo, quandopoi si trovi in un paese diverso dal proprio,dovrà ottenere l’abilitazione dal Paese ospiteper poter operare o anche solo visitare unpaziente e porre diagnosi, diversamente siconfigura il reato di esercizio abusivo di unaprofessione protetta.

In sala operatoria, negli interventi diTricochirurgia, lavorano anche altre figure:Infermieri Professionali e Tecnici.Solo l’Infermiere Professionale (o comunqueuna figura professionale con laurea di 1° o 2°livello in materie medico-biologiche), chedovrà anche prendersi la sua parte di respon-

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sabilità per la mansione che svolge, potrà aiu-tare il Chirurgo ad estrarre o inserire i follico-li di un trapianto, potrà maneggiare materialevivente per preparare gli innesti, non potràcomunque né incidere né preparare siti diricezione.

Un Tecnico non laureato e comunque nonabilitato dalla Legge del proprio Paese o delPaese dove lavora a prendere parte alla proce-dura chirurgica, potrà occuparsi dell’organiz-zazione della Sala Operatoria e potrà averecura degli innesti, proteggerli, tenerli al fred-do e porgerli all’infermiere professionale o/eal chirurgo per farli impiantare.

Richiederà comunque un’ulteriore attentavalutazione la posizione di coloro che damolti anni, pur senza gli adeguati titoli profes-sionali, fanno abitualmente quanto loro noncompeterebbe ma hanno cominciato a farloquando questo era lecito e non vi erano anco-ra regole certe.

La figura del TricologoAndrea Vanni

Firenze

L'intento di questo articolo è semplicementequello di fare un po' di chiarezza sulla figuradel Tricologo e sulle sue competenze.

L'uomo da tempo immemorabile, da quandoè diventato sapiens e forse ancora da prima, siè sempre preoccupato per i suoi capelli finoalla nevrosi. Appena nata la medicina subitosi è occupata dei capelli: il più antico speciali-sta in malattie dei capelli di cui si ha notiziaè l'egizio Hakiem el Demagh del 4000 a.C.Quando però la medicina occidentale ha cre-duto di essere diventata nobile, ha rinnegatola tricologia come scienza impura. Tanto che,salvo poche grandi eccezioni, la maggiorparte dei dermatologi ha prestato scarso inte-resse ai problemi dei capelli. Tanto che il ter-mine “tricologia” compare sullo Zingarellisolo dal 1997.Solo 30 anni fa non esisteva nessun libro diDermatologia (almeno in lingua italiana) cheparlasse di tricologia e le lezioni durante icorsi di specializzazione all’Università eranolimitate alla trattazione delle tigne, dell’alope-cia areata ed a qualche ora di racconti, per lopiù aneddotici.Un Dermatologo "serio" non doveva occuparsidi tricologia: un notissimo professore toscano,direttore di cattedra, faceva malamente cac-ciare dal suo studio tutti coloro che andavanoa disturbarlo per problemi di capelli. Chi, frai giovani specialisti, si voleva occupare di tri-cologia lo faceva praticamente di nascosto,quasi vergognandosi e senza dirlo ai colleghie soprattutto ai docenti; non aveva maestri equel che apprendeva lo imparava sul campo.Altri, ovviamente, si sarebbero occupati dicapelli... nonne, parrucchieri, farmacisti e,soprattutto, centri tricologici di estrazione

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imprecisata ed imprecisabile. Questi centrierano ovviamente criticati dalla Dermatologiaufficiale che però niente faceva per la tricolo-gia e neppure ci provava; semplicemente nonse ne curava, limitandosi a criticare.Lo stesso termine “tricologia” non veniva maipronunziato ma si parlava e si doveva parlaresolo di "malattie degli annessi cutanei".Del resto la tricologia, come la intendiamo algiorno d'oggi, era allora giovane. Gli stessistudi di Hamilton, con i quali si può dire chenasca la tricologia moderna, risalgono al1942 e le pubblicazioni di Norwood al 1970.Poi negli anni '80 qualcosa è cambiato...Improvvisamente, quando l'industria farma-ceutica ha prodotto i primi farmaci ufficial-mente diretti a cambiare il decorso naturaledella calvizie maschile (progesterone e mino-xidil prima, finasteride poi) ed ha cominciatoa spenderci fiumi di denaro, la tricologia hainiziato ad avere una sua dignità. Sono statipubblicati i primi libri. La Dermatologia uffi-ciale ha rivendicato i sui diritti. Si è dichiara-to guerra ai Centri Tricologici. I GrandiProfessori, subito aggiornatisi su nuovi testiamericani, sono stati nominati d'ufficioGrandi Tricologi e chi, in Italia, si occupavada tempo, seriamente, di tricologia è stato(ancora una volta) emarginato.

Fino ad arrivare ad oggi in cui...La figura del Tricologo, benché facilmenteassociabile e identificabile in colui il quale sioccupa di Tricologia, sembra ancora oggi unafigura avvolta nel mistero e non riconosciutadalla Società. Negli anni questa figura sembraquasi che sia cresciuta in maniera inversa-mente proporzionale alla Tricologia. Per spie-garci meglio, la Tricologia in generale è cre-sciuta in maniera esponenziale ed il pubblicoha imparato sempre più ad identificarla e ariconoscerla come la branca della dermatolo-gia che studia l'anatomia, la fisiologia e la

patologia dei capelli e dei peli. Al contrario,la figura del Tricologo è stata sempre piùmistificata e utilizzata per molteplici scopi enon sempre etici. Tutto questo ha generato uncaos e un disorientamento da parte del pub-blico nell'identificare la vera figura delTricologo, quali sono i suoi ruoli e i suoi com-piti. Probabilmente questo è accaduto proprio per-ché la medicina inizialmente non riconoscevatale figura legittimando così chiunque sioccupasse di Tricologia, o più volgarmente di“capelli”, a chiamarsi Tricologo.Sta di fatto che adesso, nel sentire comune, ilTricologo è associato contemporaneamentead un medico, un biologo, un cosmetologo,un farmacista, un parrucchiere e forse addi-rittura ad un mago. In pratica tutti quelli chehanno a che fare con i capelli possono chia-marsi Tricologi.È questo il grande paradosso che si è venutoa creare in Italia. Ma anche all’estero purtrop-po la situazione non è diversa, ogni paese hadato un ruolo e ha interpretato questa figurain maniera diversa. Troppo facile altrimentisarebbe stato prendere il modello estero ereplicarlo fedelmente in Italia. Molti di voi dopo una piccola riflessione sipotrebbero dunque chiedere: “ma nonpotrebbe semplificarsi tutto se esclusivamenteil Medico si potesse chiamare Tricologo?”Purtroppo non è così semplice.Il titolo di specializzazione in medicina, comein ogni altra disciplina, attesta la competenzaall’esercizio autonomo della professionenell’area di specializzazione corrispondente. Ititoli di specializzazione sono tutelati daldiritto privato e per conseguire tale qualificail medico deve aver necessariamente frequen-tato una scuola di specializzazione. Scuolache al momento non esiste in Italia. Ed è perquesto che sul ricettario dei medici non trove-rete mai (se le cose non cambiano):

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“Specialista in Tricologia”.Altrettanto facile sarebbe se esistesse una sem-plice scuola per diventare Tricologi. Cosìalmeno nel bene o nel male chi l'avesse fre-quentata potrebbe vantarsi di tale qualifica.Questo però potrebbe non essere comunquesufficiente. Per citare un esempio basta vede-re la confusione che spesso facciamo nell’as-sociare lo Psicologo allo Psichiatra. Due figu-re totalmente diverse, che hanno seguito dif-ferenti percorsi di studio.Lo Psicologo ha una laurea in Psicologia, maper utilizzare il titolo di “Psicologo”, oltrealla laurea, deve aver superato l’Esame diStato ed essere regolarmente iscritto all’AlboProfessionale dell’Ordine degli Psicologi. LoPsichiatra invece ha una laurea in Medicina eChirurgia e una specializzazione post-laureain Psichiatria. Nonostante tutte queste quali-fiche e titoli di studio, la somiglianza degliargomenti che entrambi trattano li portanospesso ad essere scambiati e accomunati dallagente. Probabilmente inserendo nella Società lafigura del Trichiatra, identificandola esclusi-vamente come Medico Chirurgo specializzatoin Tricologia, riusciremmo almeno a distin-guere tra medici che si occupano diTricologia e Tricologi in generale. Che nonnecessariamente debbono essere squalificati osminuiti. Grottesco sarebbe pensare di ridurre ai mini-mi termini tutti coloro che si definisconoTricologi senza un effettivo titolo di studio.Perché, faccio solo un esempio, in una realtàpriva di regole se un individuo dedica si dedi-ca completament allo studio di una disciplinaper anni dimostrando di aver veramenteappreso tale argomento, chi siamo noi pernegargli un titolo? Sarebbe un po’ come direche Einstein non era uno scienziato ma unostudioso di scienza.Dunque in mancanza di regole ben precise

siamo nel caos. Ma è proprio nel caos chespetta all’intelligenza dell’essere umanodistinguere tra il bene e il male.Del resto il mondo è pieno di truffatori, mil-lantatori e perché no di Tricologi che vera-mente nulla hanno a che fare con la discipli-na della Tricologia. Questa distinzione, inmancanza di regole, spetta a noi. Alla nostracultura e alla voglia di informarsi, di appren-dere e di sapere sempre che persona abbiamodavanti, quale percorso di studi e quali espe-rienze lo hanno formato in modo che possadecidere in piena autonomia cosa è giusto ecosa è sbagliato.La Società Italiana di Tricologia ha lo scopodi fare della Tricologia una Branca Scientificadella Medicina Polispecialistica e, più in gene-rale, della cultura umanistica. Ne fanno partei più noti esperti di Tricologia in Italia.Insieme da ormai molti anni i membri siriuniscono periodicamente, si scambiano opi-nioni e informazioni cercando di non arresta-re mai quello che è il percorso di apprendi-mento di una disciplina complessa e ancora ingran parte, per molti aspetti, misteriosa. Conl’anno accademico 2008-9, presso l’Universitàdegli Studi di Firenze, è stato istituitoil Master Universitario in “ScienzeTricologiche Mediche e Chirurgiche”. Conquesto Master (coordinato dalla professoressaSilvia Moretti) la Tricologia ha ottenuto, perla prima volta al mondo, un riconoscimentoscientifico ed un titolo accademico che con-traddistingue un medico con competenze spe-cifiche nel trattamento delle patologie delcapello e del cuoio capelluto. Chissà forse è il primo tassello di un puzzleancora non ben definito che condurrà final-mente a delinearela figura del Tricologo nellasocietà moderna.

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La figura del Tricologoe l’utilizzo della microscopia

all’interno di un Salonedi acconciatura

Sara BonicchioBergamo

Il ruolo del parrucchiere si è progressivamen-te evoluto da “barbiere” a “hairstylist”. In anni recenti il parrucchiere è diventato ilpunto di riferimento per i problemi legati almondo dei capelli che sono tuttavia prevalen-temente estetici; per questo motivo la figuradel parrucchiere è molto più conosciutarispetto a quella del tricologo.Il parrucchiere fidelizza il cliente, offrendoservizi aggiuntivi rispetto al puro trattamentotecnico ed estetico e rappresenta per il clientel’occasione per dedicare del tempo a se stesso.La maggior parte dei saloni offre ai clienticaffè, bevande o snack durante il servizio, cer-cando in tal modo di rendere più piacevolel’attesa ed i trattamenti. Andare dal parrucchiere è diventato un modoper prendersi del tempo ed essere coccolati esvagarsi: il team del salone diventa così unaseconda famiglia.Il parrucchiere è un artigiano, ogni servizio èpersonalizzato per il cliente, pensato ad hocper lui. Se le parole d’ordine sono qualità e persona-lizzazione, la tricologia all’interno di un salo-ne di acconciatura è un’opportunità.L’osservazione dei capelli e del cuoio capellu-to nel processo di consulenza rappresenta unprimo momento in cui la distanza personaleviene violata ed è una fase importante perconquistare la fiducia del cliente. Il ruolo del parrucchiere diventa fondamenta-le nella vendita del prodotto e del trattamen-to, in quanto il rapporto di fiducia è spessoinstaurato con il titolare e non con l’esperto. All’interno di un salone di acconciatura, il tri-

cologo dà un valore aggiunto in quanto per-mette di fare una valutazione dello stato dibenessere di cuoio capelluto e capelli e mettea disposizione del parrucchiere le sue compe-tenze al fine di consigliare un eventuale pro-dotto o trattamento per migliorare il lorobenessere. Il tricologo approccia il cliente durante la fasedi esame, prima di ogni trattamento.All’interno di un salone di tricologia la figuradel tricologo non medico è utile ed esercita lasua professione attraverso l’anamnesi, gliesami strumentali non invasivi, valuta lasituazione e se necessario lo indirizza da unmedico tricologo.Durante l’anamnesi, una delle prime doman-de da porre è relativa all’età e alle abitudinicosmetiche che danno una prima indicazionesullo stato dei capelli, in quanto col passaredel tempo anche essi subiscono, come la pelledi cui fanno parte, mutamenti fisiologici edestetici inevitabili. Si assiste ad una progressi-va riduzione del numero dei capelli legata alnaturale processo di invecchiamento cutaneo:questo fenomeno inizia generalmente intornoall’età di 35 anni e procede con tempi e gradiche variano da persona a persona.Microscopicamente è caratterizzato da altera-zioni del ciclo di crescita dei follicoli: si assistead un progressivo accorciamento della faseanagen (di crescita attiva) con allungamentodell’intervallo tra la caduta del capello e l’ini-zio della fase anagen successiva (kenogen).Queste alterazioni follicolari danno luogo adun assottigliamento e diradamento della capi-gliatura che avviene in maniera progressiva euniforme su tutto il cuoio capelluto. Oltreall’invecchiamento biologico e al photoaging,i capelli subiscono l’aggressione di fattoriesterni (dalle tinture agli stress termici e mec-canici, dovuti all’uso di phon, piastre e spaz-zole) che a tutte le altre parti del corpo vengo-no risparmiate. Nella donna i cambiamenti

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ormonali tipici della menopausa influisconomoltissimo anche sulla capigliatura: la ridu-zione degli estrogeni, che si verifica intorno ai40-45 anni, rende i capelli più sottili, diradati,con una caduta spesso prematura, senza chepossano raggiungere una lunghezza soddisfa-cente. Un capello invecchiato è fragile, poro-so, sfibrato, secco soprattutto sulle punte,spento o comunque poco brillante, bianco.Tuttavia questi stessi segni possono presentar-si non solo a causa dell’età: infatti, indipen-dentemente dal tempo e dall’impatto ormona-le, esistono altri fattori, solitamente tempora-nei, che possono portare ad un invecchiamen-to dei capelli alterandone il ciclo biologico ela rigenerazione delle cellule a livello delcuoio capelluto. Tra questi si segnalano: unascorretta alimentazione o uno stile di vitatroppo disordinato, uno stress psico-fisico,l’uso di farmaci contenenti principi attivi chepossono interferire con il ciclo dei capelli ocausarne ipopigmentazione. Inoltre, manmano che il capello si allunga, aumentano lepossibili aggressioni esterne: smog, trattamen-ti chimici, asciugature con phon, energicicolpi di spazzola. Tutte queste cause possonoprovocare un degrado strutturale dei capelli.È necessario ricordare che un capello “vergi-ne” e ben curato, anche se vecchio d’età, puòavere un aspetto più sano di un capello giova-ne ma sottoposto a molti trattamenti chimicie fisici.In seguito a stress, il follicolo pilifero vaincontro a disordini biochimici, messaggiormonali e alla formazione di radicali liberiche sono la conseguenza di questi danni meta-bolici più o meno transitori. I radicali liberipossono ossidare grassi, proteine, DNA, dan-neggiando la struttura cellulare. I cheratinoci-ti deputati alla produzione della cheratina ealla formazione del fusto del capello sono incostante attività di replicazione cellulare epossono risentire pesantemente dello stress

ossidativo da radicali liberi. Questi danneggia-no gli enzimi e le molecole del bulbo pilifero,scatenando una reazione a catena che neglianni provoca un accelerato invecchiamentodella struttura del capello. Anche il catagen,che è la fase più delicata del ciclo del capello,viene alterato e risulta imperfetto. Le cellulegerminative della matrice sono costrette adanticipare la loro morte ed entrano in apopto-si.Un altro punto da investigare durante l’anam-nesi è la storia personale in ambito di salutegenerale e di capelli.Informarsi sullo stato di salute e sulle abitudi-ni del paziente chiedendo informazioni alriguardo di problemi di salute generali: ipo oipertiroidismo e anemia sideropenica sonospesso causa di aumentata caduta dei capelligiustificando un telogen effluvio o un rapidopeggioramento di un’alopecia androgenetica.A questo proposito è importante ricordareche i valori ematici di ferro, zinco, minerali evitamine non corrispondono alle concentra-zioni follicolari necessari per il benessere otti-male del capello.In riferimento ai valori ematici, è importantechiedere sempre al cliente se ha intrapresodiete o cali ponderali in quanto l’alimentazio-ne è fondamentale per la salute dei capelli,poiché esiste un rapporto diretto tra le condi-zioni nutrizionali e la produzione dei princi-pali costituenti del follicolo pilifero.I capelli hanno bisogno di tutti i nutrientinella giusta quantità e qualità: proteine, car-boidrati, grassi, vitamine e oligoelementi.La carenza proteica comporta una riduzionesignificativa del diametro del fusto, poiché ildeficit dei principali amminoacidi provocaun’alterazione nella produzione di cheratinae pigmenti melanici. Le diete dimagrantisquilibrate e restrittive possono costituiremotivi di perdita di capelli proprio perchédeterminano carenze dei più importanti

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nutrienti. All’interno di un salone è possibile trovarsi difronte ad un cliente che lava i capelli soloquando va dal parrucchiere e quindi con scar-sa igiene: dermatiti seborroiche possono esse-re associate a cattive abitudini igieniche.Anche alcuni trattamenti quali extension etrattamenti alla cheratina possono portare adanni permanenti. Dopo aver chiesto al cliente il motivo dellarichiesta del consulto tricologico è necessarioosservare la cute ed i capelli mantenendo l’in-terazione con il cliente, ponendo domande echiedendo informazioni circa la percezionedel fastidio alla base dei capelli (tricodinia), ilprurito, la sensazione di benessere di cute ecapelli. È importante osservare la cute ed i capellivalutando arrossamenti, desquamazioni, pre-senza di aree prive di capelli o diradate, ridu-zione della massa oppure capelli che si spezza-no.La valutazione del cliente va effettuata in unambiente illuminato in modo che la testapossa essere analizzata a 360° per valutare almeglio l’aspetto, la densità, la distribuzione,l’attaccatura, il vertice e tutte le regioni.Anche quando l’alopecia è evidente in un’uni-ca parte del capo, è necessario analizzarecomunque tutto il cuoio capelluto. Sarebbedunque opportuno scegliere all’interno di unsalone di acconciatura una postazione chepermetta di girare attorno al/alla cliente eche sia luminosa.Dopo un’attenta osservazione è utile passarealla fase di analisi con l’ausilio della microsco-pia. Per poter fare paragoni e visualizzare imiglioramenti in seguito ad un trattamento èfondamentale documentare tutto con immagi-ni e fotografie.In un salone di acconciatura non è semprepossibile fotografare la testa della cliente inquanto questa operazione crea imbarazzo;

risulta invece più agevole effettuare scatti conla microcamera.La microcamera è un microscopio che ingran-disce dalle 40 alle 200 volte, anche se attual-mente ne esistono con ingrandimenti maggio-ri. Grazie alla microcamera è possibile indivi-duare inestetismi del cuoio capelluto e tenerlimonitorati nel tempo, trovando il prodottocurativo idoneo al tipo di cute e capello edalle esigenze del cliente personalizzando iltrattamento. La microcamera è un importante strumentodi analisi, che consente di vedere lo stato diinfiammazione del cuoio capelluto, la presen-za di forfora secca o grassa. L’intero cuoiocapelluto può essere visualizzato e mostratoin tempo reale al cliente che prende atto dellasua situazione. Alla microcamera la cute sana è rosea, lucida,ben vascolarizzata ma senza capillari eviden-ti, senza irritazione o desquamazione, l’ostiorisulta ben visibile in quanto libero da sebo edello stesso colore della pelle. Le lunghezzeappaiono lucide e integre, senza doppie punteo danni dello stelo.

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Un capello sano cresce in un ambiente pulito:se necessario è utile lavare i capelli quotidia-namente perché lo smog e le polveri sottilirovinano il capello e irritano la cute, tropposebo rappresenta un terreno fertile per la pro-liferazione di batteri e miceti. Con lo sham-poo viene rimosso il film idrolipidico che diper sé, se prodotto nella giusta quantità, rap-presenta una protezione verso le infezioni e lacolonizzazione del cuoio capelluto e dei capel-li da parte di agenti patogeni. Un cuoio capel-luto povero di film idrolipidico appare seccoed irritato, facilmente aggredibile da agentipatogeni, di contro un cuoio capelluto riccodi film idrolipidico rappresenta un terrenofertile per la colonizzazione di agenti poten-zialmente patogeni. Grazie alla microcameraè possibile verificare lo stato del cuoio capel-luto e consigliare un trattamento idoneo.Il coinvolgimento visivo del cliente è fonda-mentale in quanto renderlo partecipe e spie-gare ciò che si vede aumenta la consapevolez-za del problema e la visione dei risultati portaalla continuità dell’utilizzo del prodotto chedà il beneficio. È necessario considerare cheil cuoio capelluto si trova in una zona nondirettamente visibile al cliente in quanto gliocchi si trovano sotto il cuoio capelluto e solonella zona frontale (il cliente non riesce avedere la nuca)La microscopia a luce polarizzata ed il trico-gramma in un salone di parrucchiere risulta-no essere utili supporti che consentono divalutare lo stato di benessere dei capelli, lafase in cui si trovano e le incidenze che posso-no facilitare la perdita di capelli o influenzar-ne la bellezza. È possibile inoltre fare unavalutazione in merito al loro fusto ed allacompetenza cheratinica.La cheratina che costituisce il capello è unaproteina che si comporta come un cristalloscomponendo la luce: i colori che si notanodall’osservazione di un capello in microscopia

a luce polarizzata derivano proprio da unritardo nell’attraversare lo strato cheratinico.Il tricogramma si è evoluto nel corso deglianni: attualmente prevede lo strappo di circa15 capelli che viene effettuato con una pinzaemostatica modificata dal punto medio delcuoio capelluto che corrisponde all’incrociotra la linea immaginaria che collega la parteanteriore delle orecchie e la linea che collegala gabella alla nuca.

A seguito della preparazione del vetrino è pos-sibile osservare il bulbo del capello e la guai-na interna del follicolo in fase anagen ed otte-nere alcune informazioni.Le cellule della matrice del capello, in conti-nua attività, sono un importante spettro di ciòche succede all’interno del nostro organismo.Il capello è molto sensibile ai cambiamentistressogeni che capitano al nostro organismo.È sempre più veritiera e attuale la visione oli-stica dell’individuo umano per la quale ilbenessere è da intendersi sia in senso fisicoche psicologico, tant’è che sempre con piùconvinzione si parla di malattie psico-fisiche e

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di somatizzazione. L’organismo umano va quindi considerato nelsuo insieme, diventa pertanto logico pensareche il capello viva e risenta di quello che acca-de alla totalità dell’organismo.Anche se i meccanismi precisi attraverso cuila psiche agisce sulla pelle e sui capelli nonsono del tutto chiari, è sicuro che tra cute epsiche esiste uno stretto legame. La pellenasce dallo stesso ectoderma embrionario dacui nasce il sistema nervoso, e l'innervazionedel follicolo del capello nasce anatomicamen-te nella corteccia cerebrale prefrontale, doveha luogo l'ideazione. Oggi dalla psico-neuro-endocrino-immunologia sappiamo che la sere-nità, il sentirsi bene è un equilibrio di neuro-trasmettitori.I neurotrasmettitori come la serotonina, ladopamina, la noradrenalina, l'ossitocina sonodi per sé importati per la crescita normale deicapelli. Se l'equilibrio dei neurotrasmettitoriè alterato, i capelli cadono o stentano a cresce-re. Contemporaneamente si è spesso soggetti adepressione, disturbi intestinali, disturbi delsonno, svogliatezza, cefalea fino alla polimial-gia. Tutte le patologie più diffuse come l’acne,l’orticaria, la psoriasi, l'alopecia areata, la per-dita di capelli anche androgenetica, possonoessere aggravate e sovente determinati dallacomponente psichica. Il tricogramma di un cuoio capelluto sano,considerato secondo la nuova suddivisione(superata la suddivisione di Van Scott) attra-verso la microscopia in luce polarizzata appa-re così:• Anagen: 80%• Catagen: 19%• Telogen: 1%Le percentuali sono diverse rispetto al trico-gramma classico in quanto c’è diversità tra lamicroscopia a luce bianca e quella a lucepolarizzata.In microscopia a luce polarizzata è possibile

distinguere meglio i capelli in catagen daquelli in telogen facilitandone la categorizza-zione. In microscopia a luce bianca un capel-lo in fase catagen viene confuso con un capel-lo in fase in fase telogen in quanto in lucebianca una guaina di un capello telogen IIInon è visibile. Ecco perché il tricogramma diVan Scott sovrastimava i capelli in telogen. La microscopia a luce polarizzata offre impor-tanti informazioni sullo stato di benessere delcapello.Le incidenze sono situazioni parafisiologicheo caratteriali che incidono sull’evoluzione del-l’alopecia e ne favoriscono il decorso. Agiresulle incidenze significa dare beneficio aicapelli. Le incidenze provocano e/o conseguo-no a dei corto circuiti metabolici che si auto-mantengono con produzione di mediatorilocali, di ormoni paracrini, di adrenalina enoradrenalina, con inibizione delle adenilci-clasi, alterazione della glicolisi e ciclo diKrebs, anomalie del metabolismo dei triglice-ridi, accumulo di acido lattico tra cuticola ecapello e la guaina interna o di squalene frale guaine, diminuzione del pH ideale 7,35delle funzioni metaboliche. Tutto questoporta al blocco della produzione di energiacon conseguente effluvio o accelerazione diun defluvio. Le incidenze condizionano pro-gressivamente il follicolo facendolo passaredallo stato terminale ideale dell’anagen VIperfetto, a quello che possiamo considerare lostato terminale normale: l’anagen VI comune.Dall’anagen VI perfetto il follicolo passa allasituazione anagen intermedio che chiamiamoanagen pseudo-displasico; dallo stato pseudo-displasico al displasico e dal displasico all’ana-gen vellus o miniaturizzato. Osservare le incidenze e confrontarle con leinformazioni ottenute dall’anamnesi e dall’a-nalisi tricologica, è utile per completare ilquadro tricologico del cliente.Alla luce di quanto detto appare evidente

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come la figura del tricologo con il supportodella microscopia, sia attraverso la microca-mera che la microscopia a luce polarizzata,risulti di notevole importanza per dare unquadro ed un’interpretazione più completa aiproblemi tricologici, riuscendo spesso a forni-re una risposta ad hoc per il cliente.

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Tricopatie da malassorbimentola malattia celiaca

Antonio SoverinaCatanzaro

Stati carenziali di micro e macronutrientipossono rappresentare la causa di un effluvioe possono aggravare la situazione clinica diun defluvio anche in modo irreparabile. Una vasta trattazione sulla malattia celiacapotrebbe apparire superflua per una rivistascientifica che si occupa di tricologia ma que-sta patologia è molto più frequente di quantopensiamo nella popolazione generale ed èspesso causa di disturbi con cui il MedicoTricologo si trova ad avere a che fare nel quo-tidiano della sua attività professionale.La malattia celiaca è infatti spesso associata atricopatie come l’alopecia areata o il telogeneffluvium cronico ed è quindi indispensabileuna dettagliata conoscenza della patologiaperché, sebbene la consulenza dello speciali-sta gastroenterologo si renda sempre necessa-ria, il Medico Tricologo si trova spesso a dove-re gestire queste situazioni e deve quindi pos-sedere le conoscenze necessarie su eziopatoge-nesi, diagnosi, terapia ed eventuali complican-ze.

È importante prima di tutto comprendere ladifferenza fra malassorbimento, sindrome damalassorbimento ed enteropatia; terminispesso considerati sinonimi ma che hanno inrealtà un significato ben preciso e distinto.Per malassorbimento si intende il difettosopassaggio attraverso la mucosa dell’intestinotenue dei prodotti della normale digestione.Meccanismo distinto quindi dalla cattiva dige-stione, in cui l’intestino tenue sano non puòassorbire i nutrienti perché non è avvenuta laloro demolizione. Per sindrome da malassorbimento si intendeil corteo di segni e sintomi, intestinali ed

extraintestinali, insorti a causa di un malas-sorbimento.Per enteropatia si intende il processo patologi-co che ha come conseguenza un malassorbi-mento.Questi tre fenomeni, anche se fisiopatologica-mente dipendenti fra loro, sono spesso clini-camente separati. Anche un’enteropatiaimportante come la malattia celiaca, infatti,se non sufficientemente estesa, può nonaccompagnarsi a malassorbimento oppureaccompagnarsi a malassorbimento biochimi-camente rilevabile ma non clinicamente evi-dente.Tale dissociazione è legata alla grande capaci-tà di compenso funzionale dell’intestinotenue, superata la quale si sviluppa una sin-drome da malassorbimento la cui gravitàdipende dall’estensione e dalla sede del trattocolpito.Grazie alla presenza delle pliche di Kerckring,dei villi e dei microvilli intestinali, la superfi-cie luminale del tenue raggiunge i 200 metriquadri ma, mentre i macronutrienti (carboi-drati, proteine e lipidi) hanno superfici diassorbimento molto ampie, alcuni micronu-trienti (come vitamine e minerali) attraversa-no la mucosa solo in particolari distretti e nelcaso in cui l’enteropatia interessi uno di que-sti distretti il paziente sviluppa una sindromeda malassorbimento selettiva. Ad esempio,l’interessamento della prima parte del duode-no comporta un malassorbimento di ferro;l’interessamento della prima parte del digiu-no un malassorbimento di folati o calcio; l’in-teressamento dell’ultima ansa ileale un malas-sorbimento di vitamina B12. È importantesottolineare che l’anemia causata da deficit divitamina B12 è molto simile a quella causatada deficit di acido folico e che risponde allasomministrazione di quest’ultimo. Di frontead un’anemia megaloblastica carenziale, nonsi deve mai iniziare una terapia se prima non

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si è appurato con certezza quale sia l’elemen-to deficitario perché l’acido folico, sebbenesia in grado di correggere anche l’anemia dacarenza di vitamina B12, non è però in gradodi prevenirne le gravi complicanze neurologi-che.Se l’enteropatia coinvolge la maggior partedella superficie mucosale, il paziente svilup-perà una sindrome da malassorbimento glo-bale con segni e sintomi dovuti al mancatoutilizzo dei nutrienti (astenia, calo ponderale,edemi declivi per il malassorbimento di pro-teine e una serie di deficit nutrizionali speci-fici) ed alla persistenza degli stessi nel lumeintestinale (meteorismo, dolore addominale,diarrea e steatorrea).Nella pratica clinica, però, è molto più fre-quente imbattersi in pazienti affetti da un’en-teropatia con un malassorbimento la cuiespressione clinica è modesta ed ingannevole.Il riscontro di una sindrome da malassorbi-mento globale è infatti molto raro e bisognasospettare la possibilità del disturbo anche inpresenza di uno solo dei sintomi sopra men-zionati. Analogamente, non bisogna assoluta-mente escludere la diagnosi in presenza di unsintomo con caratteristiche differenti da quel-le descritte ed anche l’obesità può accompa-gnarsi ad un malassorbimento.

La malattia celiaca è un’enteropatia cronicacaratterizzata da lesioni della mucosa deltenue causate dall’ingestione del glutine daparte di individui geneticamente predisposti.È una condizione molto più frequente diquanto ritenuto in passato con una prevalen-za nel mondo occidentale stimata fra lo 0,5%e l’1,25% che sale al 10-15% quando si consi-derano particolari gruppi a rischio comefamiliari di I grado, pazienti affetti da anemiasideropenica e da alcune malattie autoimmu-ni.Può presentarsi in qualsiasi momento della

vita. La sintomatologia può insorgere nel lat-tante al momento dell’introduzione dei primialimenti contenenti glutine, persistere duran-te l’infanzia oppure risolversi spontaneamen-te per poi, eventualmente, ripresentarsi in etàadulta. Può anche insorgere direttamente nel-l’adulto, a volte in occasione di condizionipatologiche o fisiologiche come gastroenteritiinfettive o gravidanza ed in questi casi è quasiimpossibile distinguere quelli che hanno svi-luppato le lesioni intestinali nell’infanzia conassenza di sintomatologia da quelli che hannosviluppato le lesioni mucosali direttamente daadulti.La celiachia è caratterizzata da una presenta-zione clinica estremamente variabile. Alcunipazienti vengono diagnosticati per un quadroclinico di grave malassorbimento globale,altri per sintomi molto più subdoli e modestied altri ancora in assenza di sintomatologiacaratteristica, solo per la presenza di familia-rità o di una condizione patologica associata.L’eziologia è da ricondurre sia a fattoriambientali che genetici. Il fattore ambientaleè rappresentato dal glutine, la componenteproteica della farina di frumento. Il glutinecomprende due frazioni proteiche maggiori:le gliadine e le glutenine. Simili alle gliadineper la loro composizione aminoacidica sonole prolamine cioè le componenti alcol-solubilidi orzo (ordeina), segale (secalina) ed avena(avenina). Oltre a questi ultimi sono vietati alceliaco anche altre tipologie di cereali tipo

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bulgur, cous cous, farro, kamut, seitan, speltaecc. che, grazie alla globalizzazione, sonoentrati a fare parte della nostra cultura gastro-nomica e che è importante conoscere perinformare adeguatamente il paziente.L’importanza dei fattori genetici è conferma-ta dall’elevata prevalenza tra i familiari di Igrado delle persone affette, 10-15% che sale al35% quando si considerano fratelli e sorellecon HLA identico. La malattia celiaca è carat-terizzata infatti da una forte associazione congli aplotipi HLA DQ2 e DQ8. Più del 90% deipazienti sono positivi per l’HLA DQ2 ed ipazienti DQ2 negativi presentano quasi inva-riabilmente positività per l’HLA DQ8. Latipizzazione dell’HLA non serve a fare diagno-si perché nella popolazione generale la fre-quenza dell’aplotipo DQ2 è pari al 20-25% equella del DQ8 al 5-8%. La negatività permet-te però di escludere la patologia celiaca.Anche i geni non HLA sono implicati nellapatogenesi della malattia e questo è dimostra-to dalla maggiore concordanza fra gemelliomozigoti (80%) rispetto a quella fra fratelliHLA identici (35%). Il glutine, negli individui predisposti, nonnecessariamente induce da subito le lesionimucosali e le cause di tali differenze non sonoattualmente note. Nella stragrande maggio-ranza dei casi, fin dalla diagnosi si presentano

le tipiche lesioni intestinali che partono dalduodeno e si estendono distalmente riducen-do progressivamente la superficie assorbenteintestinale e condizionando quindi gradivariabili di malassorbimento. In rari casi, purin presenza di familiarità, di geni HLA predi-sponenti e di positività anticorpale, le lesioniintestinali possono mancare ed è necessariomonitorare con attenzione il paziente al finedi evidenziare con tempestività l’eventualeevoluzione in una forma franca.La sintomatologia è estremamente variabile.La forma maggiore è caratterizzata dai classi-ci sintomi da malassorbimento globale comediarrea, steatorrea e calo ponderale. La formaminore è caratterizzata da sintomi riconduci-bili a malassorbimenti selettivi o a condizioniassociate come anemia micro, macro e nor-mocitica, bassa statura, ipertransaminasemia,dolori ossei, fratture patologiche, dispepsia,menarca tardivo, amenorrea, menopausa pre-coce, infertilità, sintomi neurologici, altera-zioni di cute e annessi, ipoplasia dello smaltodentario e stomatite aftosa. Può presentarsianche in forma silente caratterizzata dallatotale assenza di sintomatologia.Numerose condizioni patologiche, a prevalen-temente patogenesi autoimmune, sono stateosservate in associazione alla celiachia e que-ste rivestono grande importanza perché il

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loro riscontro potrebbe rappresentare l’unicamanifestazione di una malattia celiaca altri-menti inapparente. Le più frequenti sono ladermatite erpetiforme, il diabete mellito ditipo I, le tiroiditi autoimmuni, il deficit selet-tivo di IgA, la sindrome di Down, la cirrosibiliare primaria, la colangite sclerosante, l’e-pilessia con calcificazioni cerebrali e l’alope-cia areata. L’introduzione di una dieta privadi glutine potrebbe portare a guarigioneanche questi disturbi.Indipendentemente dalle modalità di esordiodel quadro clinico, una diagnosi precoce el’instaurazione di una rigorosa dieta aglutina-ta comportano la risoluzione del quadro clini-co-istopatologico e proteggono dall’insorgen-za delle eventuali complicanze. L’aderenzaalla dieta può comportare qualche difficoltà.La farina, infatti, non solo è la base dellanostra cucina ma viene anche utilizzata comeaddensante o eccipiente nella produzione diinsaccati, affettati, salse e prodotti confeziona-ti. Occorre quindi che il paziente venga ade-guatamente istruito al fine di evitare erroriaccidentali.La diagnosi richiede la dimostrazione di unaserie di alterazioni della mucosa del tenueche regrediscono eliminando il glutine dalladieta: atrofia dei villi intestinali, ipertrofiadelle cripte ed aumento dell’infiltrato infiam-matorio a livello intraepiteliale e della laminapropria. Lo sviluppo di tali lesioni è un pro-cesso dinamico che può essere colto in unafase più o meno precoce per cui l’isolata lin-focitosi intraepiteliale o il completo appiatti-mento dei villi possono essere entrambi dia-gnostici. Tutte queste lesioni, pur essendocaratteristiche, non sono però specifiche e lastrategia diagnostica deve essere impostata sulrischio che il paziente ha di essere affettodalla malattia. In un paziente in cui sonostate riscontrate delle lesioni compatibili, ladiagnosi può essere formulata se risulta una

positività agli anticorpi sierici specifici perceliachia e se si dimostra che le lesioni intesti-nali regrediscono eliminando il glutine dalladieta.Gli anticorpi specifici sono quelli antigliadi-na, antiendomisio ed antitransglutaminasi tis-sutale. Gli anticorpi antigliadina sono diretticontro la gliadina e si ricercano in ELISA.Sono oggi superati e hanno significato solonel caso di bambini al di sotto dei due anni dietà. Gli anticorpi antiendomisio e gli antitran-sglutaminasi sono diretti contro la transgluta-minasi tissutale; i primi si ricercano in immu-nofluorescenza indiretta ed i secondi inELISA. Questi anticorpi permettono di for-mulare diagnosi di malattia celiaca in pazien-ti con riscontro di lesioni mucosali compatibi-li e sono estremamente utili in alcune condi-zioni considerate a rischio (familiarità di Igrado, anemia sideropenica, ipertransamina-semia idiopatica, diabete mellito tipo I, tiroi-diti autoimmuni, sindrome di Down) per indi-viduare coloro che necessitano dell’esecuzio-ne della biopsia duodenale.La positività anticorpale non è di per sé dia-gnostica ma deve essere usata per selezionarequei pazienti da sottoporre a biopsia intesti-nale. È infatti possibile trovare pazienti chepresentano positività agli anticorpi antiendo-misio ma nei quali la mucosa intestinale risul-

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ta essere ancora normale. Tali pazientidovrebbero essere considerati come possibiliportatori di malattia celiaca e non è ancorachiaro se si giovino di una dieta aglutinata ose sia semplicemente preferibile seguirli neltempo. La biopsia duodenale rappresenta iltest di conferma alla sierologia positiva.Le alterazioni mucosali e gli anticorpi siericisono glutine-sensibili e quindi scompaionouna volta iniziata una dieta aglutinata.Eliminare il glutine dalla dieta prima di avereeseguito la biopsia duodenale e la ricercadegli anticorpi sierici è pertanto un graveerrore che complica l’intero iter diagnostico.È importante sottolineare che basare la dia-gnosi sulla sola risposta clinica alla dieta aglu-tinata o sulla semplice positività anticorpaleconduce a numerosi errori diagnostici. Unadiagnosi certa di malattia celiaca si pone soloin concomitanza della positività anticorpale,della positività bioptica e dopo avere dimo-strato una significativa regressione delle lesio-ni in seguito ad un congruo periodo di dietaaglutinata. La tipizzazione HLA non può esse-re assolutamente utilizzata per fare diagnosidi malattia ma la negatività di tali geni neesclude la presenza.È stato proposto che una sufficiente confermadiagnostica possa essere rappresentata dallarisposta clinica e sierologica alla dieta agluti-nata abolendo quindi il disagio dell’esecuzio-ne di una seconda biopsia per dimostrare laregressione delle lesioni. Tuttavia, di frontead una condizione che vedremo essere poten-zialmente preneoplastica, le difficoltà nellavalutazione di pazienti silenti e paucisintoma-tici e la non assoluta specificità degli anticor-pi antitransglutaminasi, inducono ad unatteggiamento assolutamente prudenziale esarebbe pertanto opportuno effettuare unabiopsia di controllo dopo 12-15 mesi di allon-tanamento del glutine dalla dieta, intervallodi tempo sufficientemente ampio perché le

lesioni si normalizzino.L’esecuzione di una biopsia duodenale di con-trollo è indispensabile nel caso di una manca-ta risposta clinica alla dieta aglutinata. Inquesti casi bisogna rivalutare la diagnosi ini-ziale di malattia celiaca, essere sicuri che ilpaziente sia affetto da enteropatia e che que-sta sia glutine-dipendente e bisogna poi assi-curarsi che il paziente abbia seguito una rigo-rosa dieta. Chiariti questi aspetti, la biopsia dicontrollo darà importanti informazioni suuna mancata o ritardata risposta clinica (incui i sintomi potrebbero essere mantenutianche da situazioni concomitanti come intol-leranza al lattosio, intestino irritabile e colitemicroscopica) oppure su una refrattarietà siaclinica sia istologica e si dovranno in questocaso considerare le complicanze a prognosisfavorevole che condizionano la refrattarietàalla dieta.A differenza dei pazienti diagnosticati in etàpediatrica e sottoposti a rigorosa dieta agluti-nata, la mortalità dei celiaci diagnosticati inetà adulta è pressoché raddoppiata rispettoalla popolazione generale. La causa è daricondurre ad una ritardata diagnosi con lacomparsa di una delle complicanze dellamalattia come il linfoma intestinale a celluleT, la digiuno-ileite ulcerativa, il cancro dell’in-testino tenue, la sprue collagenosica e lamalattia celiaca refrattaria in cui si assisteall’incapacità di rispondere istologicamente equindi clinicamente alla dieta aglutinata.Queste complicanze vanno sempre sospettatein tutti quei pazienti che, pur continuando aseguire una rigorosa dieta priva di glutine,manifestano una sintomatologia come doloriaddominali, calo ponderale, febbre e diarrea.A volte la storia clinica del paziente puòanche esordire direttamente con queste com-plicanze, senza cioè che la malattia celiacafosse mai stata sospettata prima.

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Nella pratica clinica bisogna pensare allamalattia celiaca di fronte ad un effluvio croni-co accompagnato ad un corteo sintomatologi-co da malassorbimento come astenia, caloponderale, edemi declivi, meteorismo, doloreaddominale, diarrea e steatorrea oppure a sin-tomi riconducibili a malassorbimenti selettivio a condizioni associate come anemia, bassastatura, ipertransaminasemia, dolori ossei,fratture patologiche, dispepsia, menarca tar-divo, amenorrea, menopausa precoce, inferti-lità, sintomi neurologici, ipoplasia dello smal-to dentario e stomatite aftosa. Purtroppo,come è stato già detto, queste modalità di pre-sentazione sono molto rare e spesso la patolo-gia decorre subdolamente quindi anche solouno di questi sintomi deve rappresentare uncampanello d’allarme per il MedicoTricologo, tenendo bene a mente che la celia-chia può presentarsi anche in forma comple-tamente silente.Bisogna porre particolare attenzione alle con-dizioni patologiche associate come la dermati-te erpetiforme, il diabete mellito tipo I, letiroiditi autoimmuni, il deficit selettivo di IgAe la sindrome di Down. L’anemia sideropeni-ca, condizione che si presenta al MedicoTricologo molto frequentemente, se nonrisponde alla somministrazione di ferro conmodalità ottimali per un periodo congruo ead opportuni dosaggi, potrebbe essere dovutaa malattia celiaca, come anche l’alopecia area-ta e, teoricamente, anche le altre patologie tri-cologiche a patogenesi autoimmune come lealopecie cicatriziali.Vista la sua presentazione clinica pleomorfa,è importante considerare la malattia celiacadifronte a qualsiasi situazione di caduta dicapelli aumentata e duratura nel tempo in cuinon si riesce a risalire alla causa scatenante,soprattutto in caso di febbre o familiaritàpositiva.In tutti questi casi è opportuno eseguire una

valutazione anticorpale per celiachia senzaeliminare il glutine dalla dieta perché questopotrebbe portare ad errori diagnostici. In pro-posito, viste le mode in ambito nutrizionaleche viaggiano periodicamente in rete, occorresempre accertarsi che il paziente non abbiaeliminato il glutine autonomamente. In casodi positività anticorpale, sempre sconsiglian-do una dieta aglutinata, bisogna inviare ilpaziente dallo specialista gastroenterologoche approfondirà le indagini per giungere aduna diagnosi di certezza.Non dimentichiamo poi, in linea generale,che di fronte al paziente che presenta cadutadi capelli, è importante valutarne sempre lecaratteristiche antropometriche ed indagaresu eventuali diete particolari, disturbi intesti-nali che possano condizionare un malassorbi-mento, sull’uso di lassativi o farmaci direttiad inibire l'assorbimento di determinatinutrienti (clofibrato, destrano, fitati ecc.) e seha assistito ad un calo ponderale nell'ultimoperiodo.

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Geometria e colore dei capellinelle diverse etnie

Antonio BellinoVerona

Fenotipi etnici: prima un po’ di chiarezza.

Le differenze inter-individuali delle caratteri-stiche dei capelli così come il colore dellapelle insieme ad altri caratteri fenotipici, sonoil risultato di vari stadi dell’evoluzione, dicambiamenti climatici nonché di migrazionie fusioni tra popoli più o meno antichi. Tali differenze sono state a lungo usate comecriteri di suddivisione degli uomini in gruppirazziali. Se Carl Nilsson Linneus ( Botanico,medico e zoologo svedese 1707-1778) classifi-cò la razza umana in base al semplice coloredella pelle (Europeus Albus, Afer Niger,Asiaticus Luridus and American Rutus) giàJohann Friedrich Blumenback (Antropologo,medico, naturalista e fisiologo tedesco, 1752-1840) di lì a poco, propose una suddivisionedella razza umana in cinque grandi gruppi: ICaucasici (bianchi), i Mongoli (gialli/bianchi),i Malayani ( olivastri ), gli Etiopi ( neri) e gliAmericani (rossi) notando altresì una miriadedi gradazioni intermedie anche nel colore enelle caratteristiche dei capelli, oltre che nellapelle e nei tratti somatici, che si intercalavanotra i vari gruppi individuati, per cui tutte lerazze risultavano avere in comune, comun-que, delle correlazioni. Gli Antropolgi avreb-bero solo in seguito maturato una classifica-zione ben diversa, studiata sulle antiche origi-ni geografiche dei popoli, ovvero quella diCarleton Stevens Coon, asserente che i diffe-renti tratti biologici nelle razze si siano ini-zialmente manifestati onde facilitare l’adatta-mento a determinati ambienti di origine. In questa chiave verrebbero letti, quando rav-visati, alcuni caratteri tricologici d’origine.

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È questa la base razionale che riporta fino ainostri giorni anche una prima traccia arcaicadi origini, affinità e diversità tricologiche, poiperò miscelatesi nel corso dell’evoluzione.E’ vero infatti che risulta difficile ravvederechiaramente tale suddivisione nell’era odier-na, viste le migrazioni e le ricombinazionigenetiche, le evoluzioni ed i continui riadatta-menti del genere umano. Tra l’altro anche levariazioni di alcuni caratteri tra i singolimembri di una razza o di un gruppo etnico,assumono spesso una importanza maggioredella variabilità interrazziale.

Fenotipi etnici tricologici.

Il risultato è che al giorno d'oggi, a questopunto della nostra evoluzione, della nostraevoluzione si giunge in ambito tricologico aduna suddivisione unanimamente adoperata(sulla scorta degli studi effettuati, della lette-ratura presente e delle sostanziali diversitàobiettivabili) che considera tre grandi gruppietnici maggiori: i Caucasici, gli Asiatici e gliAfricani.

È nell’ambito di questi tre grandi gruppi,infatti, che si rende estremamente agevole unnetto discernimento dei diversi caratteri trico-logici e non solo. Tale suddivisione trova fon-damento anche in una diversa anatomia delcapo, della risposta ai farmaci e ai cosmeticinonchè negli approcci trico-chirurgici chepossono variare anche notevolmente da un’et-

nia all’altra. Esempio emblematico è l’etnia asiatica cheracchiude un ampio range di tipi di pelle perla presenza di cinesi, di giapponesi, di vietna-miti, di filippini e di thai tra i quali varianoanche alcune risposte fisiologiche cutanee. “Tricologicamente parlando” è giusto a que-sto punto chiarire i tre concetti pertinenti: - Con il termine “africano” si individuano siapersone che vivono in Africa sia i discendentidagli abitanti indigeni di questa terra (Si

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includono pertanto anche individui discen-denti dal commercio degli schiavi lungol’Atlantico, come gli Afro-Americani, gli Afro-Canadesi, gli Afro-Latino-Americani, gli Afro-Caraibici e gli Afro-Britannici). Con il termine invece meno specifico, ma piùche attuale di “persone di colore”, si è solitiindividuare, in particolare, gli individui diprovenienza sub-sahariana. - Il termine “asiatico” più comunemente siriferisce a persone dell’Asia prevalentementeorientale o del sud-est asiatico.- Il termine “caucasico” identifica invece iltratto fenotipico di alcune o di tutte le popo-lazioni indigene dell'Europa, del Nord Africa,dell’Asia centrale e meridionale.

Geometrie del capello.

Il termine “caucasico” o “indo-europeo” rac-chiude in sé una grande diversità di diversisottogruppi etnici provenienti siadall’Europa, sia dal Nord Africa, che dall’Asiaoccidentale (così come anche dal sud e dalcentro dell’Asia). Pertanto, è questo il gruppo che mostra lamaggiore eterogeneità di forma e di calibrodel fusto del capello, manifestandosi nel com-plesso con capigliature più o meno folte, piùo meno ondulate o lisce. La forma esterna del capello è solo uno deisuoi “aspetti geometrici”. Da considerareinfatti sono anche lo spessore dello stesso e iparametri della sezione trasversa. Parlarequindi al riguardo genericamente di “diame-tro” del capello può risultare sovente fuor-viante se non si prende in considerazione ilgrado di ellitticità dello stesso. Generalmente si riscontrano in letteraturadati che descrivono “sommariamente” ilcapello caucasico come con un diametrovariabile da 50 a 90 micron. Più in particola-

re negli europei, il diametro del fusto delcapello può variare orientativamente da unminimo di circa 50 ad un massimo di circa120 micron. I capelli molto sottili, con diame-tro di sezione inferiore ai 50 micron sono piùfrequentemente osservati nelle popolazioniscandinave e del nord-ovest dell’ Europa.Invece i capelli dei pazienti provenienti dall’Asia orientale (Cina, Corea e Giappone) gene-ralmente descritti in letteratura come capelliorientali o asiatici, mostrano un diametro ten-denzialmente maggiore, da 100 a 130 micron. La tabella che segue mostra però i risultati dimisurazioni combinate ottenute nei caucasici,negli asiatici e negli afro-americani. Le fibre ,donate da privati, sono state recise alla base e

misurate con una umidità standard del 65%. Entra allora in gioco a questo punto un con-cetto specifico che più accuratamente defini-sce il parametro in esame, ovvero quello didiametro equivalente (D), estrapolato dallerelazioni evinte dalla sezione del capello, percui chiamando “A” il diametro maggiore dellasezione ellittica del fusto e “B” il diametrominore , la “D” è definita dalla formula D =(A + B) ½. Esso definisce i diametri che risulterebbero sele sezioni dei capelli esaminati fossero tutteperfettamente circolari.

L’ellitticità (E) è invece determinata come E =A/B; parametro comunemente usato nellamisurazione del fusto dei capelli.

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Il tratto distintivo evincibile da questa tabellariguarda in particolare il capello africano incui si può osservare un ampio range di varia-zione del valore dell’ellitticità nonché unampio range di variazione del diametro equi-valente. Sulla sponda opposta sono i capellidegli asiatici che mostrano una certa unifor-mità. Il fusto del capello asiatico infatti è uniforme-mente rettilineo, senza o al massimo solo conminime torsioni o incurvature lungo il fusto.Inoltre hanno una sezione trasversa pratica-mente rotonda ed un diametro equivalentemaggiore. In sintesi il capello asiatico ha perarea di sezione trasversa “più sostanza”. Eresiste di più. All’opposto si pone invece quel-lo dell’etnia africana (Resistenza tensilerispettivamente 60-65 gr vs 30-35 gr)I capelli delle persone dell'Africa sub-saharia-na hanno poi una forma altamente caratteri-stica. Sono infatti notevolmente appiattiti,con una scalanatura lungo l’asse maggiore espesso il fusto del capello subisce delle varia-zioni di diametro lungo il suo decorso (spiega-bile appunto dalle ampie variazioni di rangedel diametro equivalente), con degli inginoc-chiamenti recidivanti in tali sedi che rendonoil capello più fragile e vulnerabile anche incorso di pettinatura. Essi infatti sono più facil-mente lesi da applicazione di bigodini e risul-

tano difficilmente gestibili e pettinabili quan-do asciutti. Si presentano fortemente intrec-ciati e con inversioni casuali nella direzionedi torsione del fusto. Il che, insieme al loroaspetto tipicamente “nastriforme” si traducein un capello che regala un effetto di maggio-re volumetria.

Invece i capelli lisci della razza caucasicahanno una sezione trasversa leggermenteappiattita e tendenzialmente ovalizzata. Nellacapigliatura caucasica variante liscia si riscon-tra a carico del capello solo una parziale tor-sione lungo l’asse maggiore del fusto, mentrenella variante mossa o riccia si riscontra ungrado di torsione maggiore e direttamenteproporzionale al grado di arricciatura delcapello.La causa dell’arricciamento del capello è stataa lungo discussa con ipotesi cui sottendonosia i diversi parametri trasversi evinti dallasezione del fusto sia il rapporto orto/paraco-tex all’interno dello stesso. Lindelof et al. confermato poi da Bernard etal. ha dimostrato che il follicolo del capelloafricano è spiraliforme. Con i loro studihanno determinato che il decorso e la formadel fusto del capello sono conformi alla formadel relativo follicolo e variano con essa intutte e tre le principali etnie (caucasica, asia-tica, africana). I capelli di persone provenienti da diversidistretti africani mostrano inoltre grandevariabilità nel grado di arricciatura, con ilminor grado di arricciatura presente solonegli afro-asiatici. De la Mettrie et al. si sono distaccati dallaclassificazione convenzionale dei tre gruppietnici in quanto a loro avviso essa difficilmen-te spiega la grande eterogeneità del capelloumano; hanno pertanto sviluppato un nuovoapproccio per classificare i capelli in base allediverse caratteristiche fisiche dello stesso. I

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tipi di capelli sono stati suddivisi in base a trediversi criteri basati sulla loro forma (diame-tro della curvatura, indice di arricciamento enumero di ondulazioni) senza riferimentoalcuno all’etnia di provenienza. Questo meto-do comporta una classificazione in otto cate-gorie ben definite e può essere più appropria-tamente applicabile sia in ambito cosmetolo-gico che antropologico.

Colore dei capelli nelle diverse etnie

Il colore dei capelli è determinato principal-mente dal pigmento della melanina deposita-ta nei cheratinociti del fusto del capello. La pigmentazione del capello e dell’epidermi-de sono dei processi simili: nella pelle, lamelanina confezionata in melanosomi, vienetrasportata dai melanociti ai cheratinocitiadiacenti; nei capelli, esiste un processo simi-le, con il pigmento che però viene aggiunto aicheratinociti in crescita. La melanina deicapelli viene sintetizzata da melanociti situatinell'epitelio del bulbo pilifero, intorno allametà superiore della papilla dermica tra lecellule destinate a formare la corteccia. Il pig-mento viene poi donato alle cellule in fase didifferenziazione precoce che formeranno lacorteccia dei capelli. I melanosomi si trovanoanche nel midollo del capello, mentre è rarotrovare melanina nella sua cuticola. Duediversi tipi di melanina possono essere distin-ti: l’ eumelanina, pigmento più scuro ed inso-

lubile, che è marrone o nera e la feomelaninache deriva dalla incorporazione di cisteina,ricca di zolfo ed è gialla o rossa. Melanosomi eumelaninici e feomelaninicipossono coesistere nello stesso melanocita,ma sono prodotti di percorsi biosintetici diver-si. L'assenza o la relativa assenza di entrambii tipi di melanina è associata ai capelli bian-chi; una preponderanza di eumelanina confe-risce capelli marroni o capelli neri; una pre-ponderanza di feomelanina conferisce capellirossi o biondi.Poiché il termine Caucasico comprende ungran numero di sottogruppi etnici , si sottoli-nea che tale etnia è l’unica in cui è possibileriscontrare l'intera gamma di colori che uncapello può assumere. La gente discendentedai Celti, sembra avere predominante la feo-melanina con capelli rosso-castani o biondi,mentre nelle persone provenienti dall'Europameridionale, dall’ Africa settentrionale o occi-dentale, Sud-Africa o Asia centrale, l’ eumela-nina è il cromoforo predominante con tonali-tà che vanno dal marrone al nero corvino. Inlinea di massima i capelli asiatici ed africanisono di solito densamente pigmentati coneumelanina e quindi risultano neri o marro-ne scuro. Le differenze di pigmentazione dei capelli tragli individui non sono determinate dal nume-ro dei melanociti, ma sono soprattutto dettateda differenze quantitative e qualitative dellamelanina prodotta, nonchè dalla relativastruttura, dal suo inglobamento e dal confe-

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zionamento macromolecolare. I capelli bion-di appaiono chiari perché i melanosomi sonoscarsamente melaninizzati. I melanosomisono secreti in diverse forme e dimensioni etali differenze modulano il grado di diffusio-ne della luce e quindi il colore dei capelli.Nell’etnia africana ad esempio essi sonomolto grandi e ricchi di eumelanina. Nei cau-casici sono più piccoli, sempre con eumelani-na. Nei celtici però sono ad esempio molto piùpiccoli e per di più con feomelanina.Il colore dei capelli inoltre può variare coltempo e coi luoghi. Ad esempio, i capelli delcuoio capelluto possono essere biondi duran-te l'infanzia e divenire marroni o neri in ado-lescenza, prima di diventare di nuovo bianchinella mezza età o da anziani; la barba o i pelipubici possono essere di colore rosso e ilcuoio capelluto dello stesso individuo nero omarrone scuro.Tutti i capelli pigmentati si illuminano quan-do esposti alla luce solare; l'effetto è partico-larmente evidente alle basse latitudini ed inambienti ad alta umidità. Il meccanismo diquesto processo dipende dall'interazione dellamelanina con l’ossigeno molecolare che gene-ra specie altamente reattive come l’anionesuperossido O2 , che dismutando in presenzadi umidità produce perossido di idrogeno cheè un noto agente estremamente “sbiancante”.È interessante notare che al riguardo i capellieumelaninici si schiariscono di più dei feome-laninici, fenomeno legato probabilmente aduna maggiore resistenza della feomelaninaalla degradazione ossidativa.Il colore dei capelli nelle diverse etnie trovaquindi spiegazione in un saggio equilibrio trafattori genetici e risposte a stimoli ambientaliche la natura mette in atto quale normale pro-cesso evolutivo.

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Sideropenia e Telogen effluviumnella donna

l'importanza della ferritinaSara Merelli

Macerata

Una dieta adeguata e completa di tutte lesostanze di cui necessita l'organismo, qualiaminoacidi, vitamine ed oligoelementi, è fon-damentale per il mantenimento di un buonostato di salute dei capelli. Gli stati carenziali,quindi, possono fortemente compromettere lacrescita e i processi metabolici del capello,causando o peggiorando effluvi con conse-guenze talvolta irreversibili. Secondo Rook: “Diete troppo rigide e male equilibrate hannocontribuito all’aumento delle alopecie e delleipotrichie riscontrato negli ultimi anni, specienelle donne”.La carenza nutrizionale che più frequente-mente si riscontra, soprattutto in donne in etàfertile, è la sideropenia: condizione in cui ilferro totale, presente nell’organismo, è ridottoin modo considerevole. Le cause possono esse-re diverse: diete inadeguate, gravidanza, flus-so mestruale abbondante in donne in età fer-tile, malassorbimento o emorragie, spesso pic-cole e inosservate dal tratto gastro-intestinale,in uomini e donne in post-menopausa. Lacarenza di ferro è associata a ritardo nello svi-luppo, alterato comportamento, diminuzionedelle capacità intellettive, diminuita resisten-za alle infezioni. Se non curata adeguatamen-te e prontamente, si può incorrere in deple-zione dei depositi di ferro del nostro organi-smo, ridotta eritropoiesi e anemia.Il fabbisogno giornaliero di ferro è di circa 18-20 mg, la sideremia normale oscilla fra 0,6 e1,5 mg/ml di siero. Il ferro viene introdottocon la dieta e l'assorbimento a livello intesti-nale è favorito dalla vitamina C. Nel nostrocorpo il ferro è presente in tre forme: il ferrodi trasporto, legato alla transferrina, destinato

ai tessuti; il ferro di deposito, legato principal-mente alla ferritina che costituisce le riservedi ferro del nostro organismo; il ferro in“forma libera” quindi biodisponibile utilizza-to per la sintesi dell'emoglobina, metallo-pro-teina essenziale per il trasporto dell'ossigenoai tessuti. Il ferro è utilizzato per l’attività dimolti metallo-enzimi come ad esempio la cata-lasi che ci protegge dal perossido di idrogeno(H202) e per i citocromi, necessari al trasferi-mento degli elettroni nella catena respiratorianecessaria alla vita del cheratinocita perché,in carenza di ossigeno, la catena respiratoriamitocondriale rallenta e conseguentementediminuisce la produzione di energia, sottoforma di ATP, necessaria alle sintesi protei-che. In ultimo, ma non meno importante,rientra nella composizione del capello.Tuttavia il ferro funzionale può anche cataliz-zare la formazione di radicali liberi nocivi perDNA, proteine e lipidi di membrana.È fondamentale quindi mantenere l'omeosta-si del ferro per evitare sia una carenza qualecausa di arresto della crescita cellulare e ane-mia nell'organismo, sia un sovraccarico conconseguente danno ossidativo.In molti studi condotti soprattutto daRushton e colleghi è stata presa in considera-zione la possibile relazione tra sideropenia ecaduta dei capelli, esaminando gruppi didonne di età compresa tra i 18-70 anni contelogen effluvium. Dai risultati, di cui alcuniun po' controversi, è emerso che donne chelamentavano una caduta di capelli mostrava-no una carenza di ferro, evidenziata da fattoriematici piuttosto bassi quali Ferritina ed emo-globina.La ferritina è una proteina globulare con lacapacità di legare il ferro, è infatti conosciutacome la principale proteina chelante il ferro esvolge quindi un ruolo importante nell’imma-gazzinamento di questo minerale. Può conte-nere fino a 4500 ioni di ferro (Fe3+) racchiusi

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in un guscio proteico detto “apoferritina”. Ingenerale la ferritina sierica è direttamenteproporzionale alla ferritina intracellulare equindi alle riserve di ferro di tutto il nostrocorpo. Il ferro legato alla ferritina è rapida-mente mobilizzabile, per questo una carenzadi ferro provoca una forte riduzione della con-centrazione di ferritina sierica. Quindi bassilivelli di ferritina sierica rivelano una carenzadi ferro e sono più attendibili rispetto a fattoricome transferrina e zinco-protoporfirina eri-trocitaria. Quando invece il ferro nel nostrocorpo aumenta, si verifica un incrementodella ferritina e in tal caso questa importanteproteina svolge un ruolo protettivo nel nostroorganismo sequestrando il ferro “libero” che,in eccesso, potrebbe reagire con l’ossigeno for-mando radicali liberi tossici e trasformandoloda ferro ferroso a ferro ferrico più innocuo.Ad oggi, confermata la correlazione tra side-ropenia e caduta di capelli, di fronte ad unadonna che mostra un telogen effluvium èsempre consigliabile uno screening per lacarenza di ferro, di facile esecuzione con un

prelievo di sangue, determinando i valoriematici della ferritina.I parametri della ferritina da considerare intricologia sono più ristretti rispetto a quelli diuso comune in Medicina e sono il risultato diuno studio condotto da Rushton et al. nel2001:⁃40 ng/ml è la concentrazione di ferritinaminima per mantenere un buono stato disalute del capello;⁃70 ng/ml è la concentrazione di ferritinaminima necessaria per la ricrescita del capel-lo.

In ambito tricologico, si considera 30 ng/ml ilvalore limite della ferritinemia, al di sotto delquale è inevitabile un effluvio in telogen.Accertata la sideropenia, la terapia da adotta-re consiste in un adeguamento della dieta e inun'integrazione di ferro per os o intramusco-lo, nei casi più gravi. In alcuni casi il tratta-mento non sarà risolutivo, ma sicuramentecontribuirà ad un miglioramento generale.

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L’evoluzione dei trattamenti chimicie dei trattamenti curativi per il

fusto del capelloCinzia Castaldo

Varese

Il corpo è il principale mezzo che consente dientrare in contatto con gli altri, per presentar-si e per creare dei rapporti interpersonali. Neirapporti sociali l’uomo usa il corpo come “lin-guaggio dei segni” con il quale invia messag-gi, segnali, informazioni di tipo diverso.Questi segnali vengono usati sia in modo con-scio, sia in modo inconscio, ed allo stessomodo vengono recepiti dagli altri.L’aspetto esteriore è, quindi, il punto di par-tenza dal quale le persone formulano giudizie formano pareri, gli uni sugli altri, all’iniziodi una conoscenza. Solitamente occorre unafrazione di secondo per formarsi un’idea dellapersona che si vede per la prima volta e inclu-derla in uno stereotipo. Questo fa capirequanto è importante nella società il primoimpatto. Al giorno d’oggi la bellezza è sinoni-mo di successo, autostima e sicurezza. Il moti-vo principale del ricorso a trattamenti esteticiper migliorare il proprio aspetto è quindi dinatura psicologica: apparire al meglio risultaimportante per avere successo sia nel camposociale che in quello commerciale. Le personeattraenti infatti godono di riconoscimento, diappartenenza ad un gruppo. Quasi tutte lepersone sono inoltre alla ricerca di una giovi-nezza costante, e ciò riflette il pensiero comu-ne che vede la vecchiaia come un processoche conduce alla bruttezza, all’isolamento ealla tristezza.In questo mondo rientra a pieno titolo ancheil modo in cui appaiono i capelli. Se ricadonomorbidi, lucenti e chiari risvegliano similitu-dini, richiameranno i morbidi e lucidi capelliinfantili. I capelli hanno però anche una forzadi attrazione erotico–sessuale, ed il loro colo-

re gioca un ruolo fondamentale. Non perniente nel medioevo le donne sposate nascon-devano i loro capelli sotto le cuffie e ciò avvie-ne ancora oggi nelle donne di alcune culture,dove questo è imposto dalla tradizione o dallareligione. La lunghezza, il colore e l’acconcia-tura dei capelli sono importanti per l’aspettodelle persone e la percezione di sé, non sonosolamente un importante attributo del dimor-fismo sessuale. Capelli sani, belli e curatigeneralmente donano più sicurezza e permet-tono di essere percepiti come più competitivi. Anche i capelli sono diventati un attributo sucui si basa successo sociale e opportunità dicarriera. Essendo di norma desiderio dellapersona, all’interno del suo gruppo sociale,dare un’impressione positiva, esiste spesso lavolontà di cambiare colore dei capelli ritenu-ti, a torto o a ragione, di un colore non soddi-sfacente, cioè non corrispondente all’idea dibello predominante nel gruppo di riferimen-to. Il desiderio di cambiare il colore dei capel-li poichè quello naturale non piace è proba-bilmente così vecchio quanto l’umanità stes-sa. Sappiamo che le donne romane, per citareun esempio, duemila anni fa desideravanoavere i capelli biondi come le donne nordichee affrontavano grossi sacrifici di tempo, dena-ro e anche salute per potersi almeno avvicina-re a questo ideale. Si racconta anche che alcu-ne si incipriavano i capelli con la polvered’oro.

In questi ultimi due secoli si è assistito a unaforte e rapida crescita sia tra gli uomini chetra le donne dei trattamenti estetici, ed in par-ticolare quelli rivolti ai capelli. Oltre il 50%delle donne e in età sempre più giovane, ricor-re a trattamenti chimici quali colorazione edecolorazione, specialmente in concomitanzadella comparsa dei primi capelli bianchi. Inquesto caso molte persone sentono il bisognodi farli sparire completamente e di riavere un

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colore di capelli “più giovane”.La decolorazione dei capelli tramite perossidodi idrogeno pare sia stata presentata per laprima volta nel 1867, mentre i moderni colo-ranti ad ossidazione brevettati per primi risal-gono al 1883 e al 1888. Essendo entrambiquesti prodotti ad ossidazione attivati conperossido di idrogeno a pH alcalini, si deveessere consapevoli che se utilizzati in modoerrato o troppo frequentemente la strutturadei capelli viene alterata. Il processo di colo-razione infatti è un sistema dinamico com-plesso ed è necessario seguire procedure cor-rette per evitare lesioni ai capelli.Per ottenere quindi buoni risultati, è preferi-bile rivolgersi a professionisti del settore, chesappiano utilizzare i prodotti in modo corret-to e sappiano consigliare, in base alle esigenzedei capelli, i trattamenti più adatti, sia cheessi siano effettuati in prevenzione di possibilidanni futuri, sia che essi siano effettuati perristrutturare la fibra già trattata chimicamen-te.

In questo ambito, le aziende cosmetiche con-tinuano a finanziare la ricerca scientifica persviluppare da un lato prodotti chimici menoaggressivi, intraprendendo intensi studi versonuovi precursori e verso tecnologie alternati-ve, e dall’altro prodotti curativi che prevenga-no eventuali danni o che cerchino di stabiliz-zare la cheratina del capello e di ricreare labarriera idrofobica della cuticola.

Lo scopo del presente lavoro sarà quello diandare a vedere l’evoluzione negli anni diquesti prodotti trattanti, la loro modalità diazione e i loro possibili sviluppi futuri.

Struttura del capello

Il capello umano è una fibra molto eteroge-nea costituita da diverse componenti morfolo-giche e numerose sostanze chimiche. È unsistema “integrato”, nel quale la componenteprincipale è la cheratina, un polimero protei-co, fibroso e corneo, che costituisce il 65-95%del peso del capello. Gli altri suoi componentisono acqua, lipidi, pigmenti e oligoelementi.

La cheratina è una scleroproteina assai com-plessa, costituita da 18 aminoacidi, che per lesue caratteristiche di compattezza, resistenza,elasticità, insolubilità e durezza viene definitacome “cheratina dura” (fibrocheratina). Sidistingue una cheratina filamentosa e unacheratina amorfa con diversa organizzazionemolecolare e in stretta relazione tra loro. Laprima è costituita da alfa-cheratina, organiz-zata in forma elicoidale (alfa-elica), e beta-che-ratina, organizzata in forma lineare. La chera-tina amorfa invece costituisce la matrice, cheriempie gli spazi vuoti e ingloba la cheratinafilamentosa.Tra i numerosi aminoacidi, la cistina è uno

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dei più importanti. Ogni unità di cistina con-tiene due aminoacidi di cisteina posti sudiverse catene le quali giacciono una accantoall’altra e sono legate assieme tramite dueatomi di zolfo, formando un legame moltoforte chiamato ponte disolfuro. In aggiunta, ilcapello è ricco anche in legami peptidici, e igruppi CO- e NH- presenti creano ponti idro-geno tra catene adiacenti. Un alto contenutoin cistina corrisponde a un elevato numero diponti disolfuro, i quali conferiscono elevateproprietà meccaniche.

Il capello è composto da tre strutture princi-pali: cuticola, corteccia e midollo.La cuticola ricopre il capello dalla radice alle

punte ed è costituita da circa 6 – 10 strati dicellule cheratinizzate sovrapposte, prive dipigmento e di forma quadrangolare. Ognistrato è composto da una singola fila di cellu-le, le quali embricandosi con il bordo liberorivolto verso l’alto formano il tipico disegno“a tegolato” della superficie del capello.

Ogni cellula della cuticola è costituita daquattro subunità:•Epicuticola: lo strato più esterno e il piùimportante, idrofobo, composto principal-mente da acido 18-metil eicosanoico (18-MEA);•Strato A: una struttura idrofoba relativa-mente resistente sia dal punto di vista fisico

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che chimico, grazie all’elevato contenuto incistina (>30%);•Esocuticola: chiamata anche strato B, idro-foba, fisicamente rigida sempre grazie all’ele-vato contenuto in cistina (>15%);•Endocuticola: costituita da materiale noncheratinico, più molle, che si dilata in acqua;•Complesso membrana cellulare (CMC):separa tutte le cellule cheratinizzate ed ècostituito da materiale idrofilo ricco in ami-noacidi polari e lisina.

Lo strato A e l’esocuticola aiutano il capello aresistere agli attacchi chimici, mentre lo stra-to di 18-MEA dell’epicuticola è responsabiledell’attrito, agendo come uno strato lubrifi-cante. L’endocuticola aiuta il capello a resiste-re a urti ed attriti, e assieme al complessomembrana cellulare è il percorso di diffusio-ne principale all’interno del capello. Lo statodella cuticola è responsabile delle proprietàvisive e tattili della fibra capillare.

La corteccia costituisce la maggior parte delcapello ed è formata da cellule cheratinizzatefusiformi e pigmentate, separate tra loro dalcomplesso membrana cellulare. Queste cellu-le hanno una struttura interna fibrillare,costituita cioè da macrofibrille, immerse inuna matrice ricca di zolfo, la cheratina amor-fa, la quale cementa i fusi cellulari corticali enella quale si trovano i granuli di melanina.Ogni macrofibrilla è costituita da filamentiintermedi chiamati microfibrille, che sonol’entità elementare della struttura cheratini-ca, costituiti essi stessi da sei o sette protofila-menti cementati fra loro dalla matrice amorfaproteica della cheratina mediante ponti disol-furo.Il midollo è un sottile strato cilindrico al cen-tro del capello, con un’alta percentuale lipidi-ca e povero in cistina. Esso è costituito da tresubunità: strutture globulari riempite d’aria,

cellule corticali cheratinizzate non organizza-te (lassamente connesse) e uno strato liscio dirivestimento simile al CMC. Il midollo somi-glia a una corteccia informe, e può essere sot-tile, denso o assente. Il midollo sottile hadimensioni molto piccole e presenta un’inter-faccia ben definita con la corteccia. Il midollodenso presenta più strutture globulari, incavipiù larghi e una graduale organizzazionedall’interno verso l’esterno. Sembra comun-que che il midollo contribuisca in modo tra-scurabile alle proprietà meccaniche del capel-lo.

Proprietà fisiche

Se le proprietà visive e tattili del capellodipendono dalla cuticola, la quale assicurauna certa resistenza chimica, le proprietàmeccaniche dipendono dalla corteccia.Quindi la condizione della corteccia determi-na: resistenza alla rottura, estensibilità e pote-re di assorbimento.•La resistenza alla rottura è la sollecitazionedel capello, espressa in grammi, necessariaalla sua rottura. Essa è funzione del diametrodella fibra, dello stato strutturale della cortec-cia ed è influenzata negativamente dai tratta-menti chimici. Inoltre questa resistenza èmaggiore nei capelli asciutti e minore neicapelli umidi e bagnati.•L’estensibilità del capello è la sua capacitàdi allungarsi su sollecitazione e tornare, entrocerti limiti, alla sua lunghezza iniziale.Questo allungamento può arrivare al 20-30%quando il capello è asciutto, fino al 50%quando è bagnato. A contatto con l’ammonia-ca il capello può diventare ancora più elasti-co.•La cheratina è in grado di assorbire acquadall’ambiente e questa capacità si chiamaigroscopicità. Il capello può assorbirla sia sot-

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toforma liquida, sia sottoforma di vapore,fino al 40% del suo peso. Il potere di assorbi-mento del capello può essere favorito dall’au-mento della temperatura, da pH alcalini e datutti quei solventi polari che rompono i pontiidrogeno.

La cuticola è invece responsabile delle seguen-ti proprietà della superficie del capello: poro-sità e imbibizione, attrito e carica elettrostati-ca, punto isoelettrico, lucentezza e pettinabili-tà. • La superficie del capello è caratterizzata dauna certa porosità, proprietà fisica che rap-presenta il rapporto tra il volume complessivodei vuoti e il volume totale. La porosità puòessere aumentata da pH alcalini, quindi daitrattamenti chimici. Grazie a questa proprie-tà, la cuticola è responsabile anche del proces-so fisico chiamato imbibizione, il quale consi-ste nella capacità di assorbimento dei liquidi.La cuticola è quindi in grado di assorbire,oltre all’acqua, anche tinture e oli naturalicome il sebo.• La geometria della cuticola e il suo statofisico-chimico determinano un coefficiente diattrito direzionale. Questo significa che lasuperficie del capello è caratterizzata da unaforza che si oppone allo scivolamento di uncorpo su di esso. Il coefficiente di attrito èmantenuto basso dall’acido 18-metileicosanoi-co dell’epicuticola e dal suo particolare pro-cesso di autoriparazione. Quando i capellivengono spazzolati, piccoli pezzettini si stac-cano dalla superficie: avviene cioè la perditadel margine libero delle squame cornee.Questo permette di esporre continuamenteun nuovo strato di 18-MEA. Il suo completoripristino sembra possa avvenire fino a circa12 volte prima che la cuticola venga completa-mente eliminata. Il coefficiente di attrito puòessere modificato dall’umidità relativa e dalleabitudini cosmetiche, che causano un’altera-

zione della struttura dei capelli, cioè un pro-gressiva degenerazione dalle radici alle punte.Quando la forza di attrito o di sfregamento èelevata, avviene il fenomeno di accumulodell’elettricità statica sui capelli, cioè l’accu-mulo di cariche negative. Questa elettrizzazio-ne è aumentata anche da un ambiente asciut-to, che solitamente scaturisce nel fenomenodel “fly away”, cioè il capello che tende a“volare”, mentre viene ridotta dal sebo e dasostanze oleose.• La cuticola ha il proprio punto isoelettrico,cioè il valore di pH al quale una molecola pre-senta carica nulla, a un pH uguale a 3.8.Quando il pH supera questo valore la cuticolasi carica negativamente, quando il pH è infe-riore la cuticola si carica positivamente.• La lucentezza del capello dipende dalla geo-metria della sua superficie, dall’indice dirifrazione e dall’angolo di incidenza dellaluce. Essa è favorita da un rivestimento sottilee continuo sulle squame cornee della cuticolae da un alto indice di rifrazione di questo rive-stimento. È invece influenzata negativamenteda un rivestimento discontinuo o irregolarelungo il capello e dai trattamenti chimici.• La pettinabilità è la percezione soggettivadel pettinare facilmente o difficilmente icapelli. Essa è direttamente correlata al coef-ficiente di attrito, alla malleabilità e ai dannimeccanici che ne possono derivare.

Traumatismi capillari

I processi che danneggiano i capelli possonoessere sia di natura meccanica sia di naturachimica. I danni meccanici possono esserecausati quotidianamente pettinando i capellicon oggetti in plastica, pettinando la stessazona molteplici volte, grattando il cuoio capel-luto con le unghie, tagliando le punte deicapelli o asciugandoli a temperature troppo

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elevate. I danni chimici possono avvenireinvece attraverso trattamenti quali permanen-te, stiratura, colorazione e decolorazione.Se questi danni raggiungono livelli elevati,possono provocare la frattura del fusto. Siriconoscono tre tipologie di danno: tricoressinodosa, tricoptilosi e tricoschisi.La tricoressi nodosa è una comune alterazio-ne del fusto e può essere causata anche damodesti traumi chimico-fisici. Le squame cor-nee della cuticola si disgregano in alcuneparti del fusto e le cellule cheratiniche corti-

cali si sfilacciano e si estendono all’esterno,formando dei noduli bianchi. Questi nodulisono dei rigonfiamenti tondeggianti, fragili efacilmente soggetti a frattura, che avviene conun tipico aspetto a pennello. Se presenti innumero elevato, si noteranno capelli che sispezzano a diverse lunghezze, che perdono laloro naturale lucentezza e risultano opachi.La tricoptilosi consiste nella fessurazione lon-gitudinale del fusto dopo la perdita della cuti-cola. Può avvenire sia lungo il fusto sia a livel-lo terminale, formando la cosiddetta doppiapunta. È il danno causato più facilmente,anche solo da ripetute spazzolature. La tricoschisi invece è una frattura netta tra-sversale di cuticola e corteccia, senza rigonfia-menti.

Trattamenti chimici

Ondulazione permanente

La permanente, trattamento chimico perarricciare i capelli, avviene attraverso l’utiliz-zo di due prodotti, il liquido ondulante e illiquido di fissaggio. Il liquido ondulante èalcalino ed è costituito da ammoniaca e daagenti riducenti, come tioglicolato di ammo-nio (mercaptani) o bisulfiti. Il liquido di fis-saggio contiene perossido di idrogeno (agenteossidante o neutralizzatore) in una soluzionea pH acido.

Questo trattamento chimico avviene in duefasi:- La prima, data dal liquido ondulante, consi-ste in una reazione di riduzione a pH alcalino(pH 9), mentre i capelli sono avvolti in cioc-che attorno ai bigodini. L’ammoniaca permet-te l’apertura delle squame della cuticola, e

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quindi l’assorbimento dell’agente riducentefino allo strato corticale; l’agente riducenteentra in contatto con i ponti disolfuro dellacheratina e li rompe.- La seconda fase è data dal liquido di fissag-gio e consiste in una reazione di ossidazionein ambiente acido. Il perossido di idrogeno,liberando ossigeno, permette ai ponti disolfu-ro di rinsaldarsi con una nuova disposizione;l’acidità del liquido permette invece la chiusu-ra delle squame cheratiniche della cuticola.I capelli possono riportare cambiamenti siafisici, come aumento della porosità, sia chimi-ci, che possono aumentare moltissimo se lapermanente non è eseguita attentamente.Questo trattamento può infatti danneggiaresia le squame cornee della cuticola che le cel-lule cheratiniche della corteccia, arrivandoanche a fenomeni di tricoressi e tricoschisi.

Stiratura

La stiratura chimica utilizza anch’essa unagente alcalino (solitamente idrossido di sodioo idrossido di guanidina) per rompere i pontidisolfuro; i capelli vengono poi raddrizzati(stirati) meccanicamente con un pettine o unapiastra durante la fase riducente per riorga-nizzare la posizione dei ponti disolfuro tra lenuove molecole di cheratina. Infine questinuovi legami vengono stabilizzati da un agen-te ossidante.

Decolorazione

La decolorazione implica la parziale o com-pleta schiaritura della melanina naturalmen-te presente nei capelli. Esistono due tipologiedi agenti decoloranti: uno schiarente più deli-cato e una polvere decolorante più potente.Entrambi agiscono attraverso l’ossidazione

della melanina con perossido di idrogeno inambiente alcalino, solitamente ottenuto gra-zie all’ammoniaca. La polvere decoloranteperò ha un risultato più potente dovuto all’u-tilizzo di sali di persolfato e perossido di idro-geno.La decolorazione idealmente dovrebbe agiresolamente sui granuli di melanina, ma poichéquesti ultimi sono situati nella matrice tra lemacrofibrille della corteccia, gli agenti deco-loranti hanno un impatto considerevole suicomponenti strutturali del capello situatilungo il percorso che porta al pigmento mela-nico. È necessario infatti, come per la perma-nente, un ambiente alcalino (pH 10) che aprale squame della cuticola.Questo trattamento chimico si svolge in trefasi: - durante la prima fase avviene la distruzionedi diversi legami e la solubilizzazione di unaparte dei granuli di melanina (mantenendo leparticelle di pigmento);- durante la seconda fase avviene la decompo-sizione delle strutture polimeriche di melani-na (cromosfere) e vengono rilasciati molti ele-menti metallici con esse coordinati;- durante la terza fase anche la struttura mole-colare della melanina viene decomposta etutti gli elementi metallici vengono liberati.Questi ultimi diventano purtroppo un cataliz-zatore per il perossido di idrogeno e promuo-vono un circolo vizioso di crescente dannoper i capelli, con il conseguente aumento dipermeabilità e reattività.

Come risultato della decolorazione si ha quin-di un indebolimento della struttura dei capel-li e un cambiamento delle loro proprietà fisi-che. L’erosione della cuticola e dell’acido 18-metileicosanoico, sommati alla rottura dialcuni ponti disolfuro all’interno della chera-tina, portano ad una diversa texture dei capel-li e ad un aumento della loro porosità e attrito

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superficiale. I capelli si rompono quindi piùfacilmente e sono più sensibili all’umidità.

Tintura

La tintura dei capelli può avvenire con diver-se sostanze chimiche e si suddividono in duecategorie principali: ossidative e non ossidati-ve. In base alla durata del colore dopo l’appli-cazione, in queste categorie possiamo distin-guere ulteriori tipologie di tinture. La primacategoria comprende la colorazione perma-nente e demipermanente, la seconda invececomprende la colorazione temporanea e semi-permanente.Le tinture non ossidative temporanee e semi-permanenti sono basate su molecole ricche dipigmento che interagiscono unicamente conla cuticola. Solo nella colorazione semiperma-nente qualche molecola riesce a penetrareleggermente nella corteccia.La tintura temporanea è costituita da coloran-ti con un elevato peso molecolare, pH solita-mente acido e caratteristiche anioniche.Hanno una penetrazione veramente minimanel capello, quindi sono rimosse già al primolavaggio.La tintura semipermanente è costituita per lopiù da coloranti sintetici basici o cationici conun basso peso molare e un’alta affinità per lacheratina. Penetrano leggermente nella cor-teccia grazie al pH elevato, che promuove l’a-pertura delle cellule cuticolari, e quindi pos-sono restare sul capello fino a sei lavaggi.Nonostante questo, la tintura semipermanen-te danneggia solo minimamente i capelli. Laformulazione di questa tipologia di colorazio-ne può prevedere l’utilizzo di diverse sostan-ze, che permettono una prolungata resistenzanel tempo, come ad esempio le nitroaniline,coloranti vegetali come henna e camomilla,coloranti metallici derivanti da sali d’argento,piombo e bismuto.

Le tinture ossidative demipermanenti e per-manenti sono basate su precursori incoloriche sviluppano le loro caratteristiche coloran-ti solamente in presenza di un agente ossidan-te. La differenza principale è che l’agentealcalinizzante usato nella prima tipologia è lamonoetanolammina (MEA), che ha un bassopotere schiarente perché non ossida la mela-nina, mentre nella seconda solitamente èammoniaca o idrossido di ammonio.Come per permanente e decolorazione, esseprevedono inizialmente un percorso di diffu-sione delle molecole coloranti nelle regioniintercuticolari attraverso le regioni non che-ratinizzate dell’endocuticola e il complessomembrana cellulare. Negli stadi successiviqueste molecole migrano alle regioni cherati-nizzate della corteccia per capillarità e vengo-no incorporate nella matrice tra le macrofi-brille.Questa tipologia di tintura è irreversibile epuò provocare danni ai capelli perché è ilrisultato di una reazione di ossidoriduzioneche avviene all’interno del capello, grazie adun ambiente alcalino che solleva le squamecornee della cuticola. La reazione richiedel’utilizzo di due tipologie di precursori di pic-colissime dimensioni, entrambi costituiti dacomposti aromatici derivati dal benzene: lebasi di ossidazione, chiamate cromogeni pri-mari, costituiti da molecole incolori il cui pro-dotto di ossidazione fornirà un colorante; icopulanti, chiamati cromogeni secondari, chemodificano il colore primario e la cui combi-nazione consente di creare diverse tonalità.Le basi di ossidazione solitamente utilizzatesono para-fenilendiamina (PPD), para-toluen-diamina (PTD) e para-aminofenolo (PAP); icromogeni secondari invece includono fenoli,meta-aminofenoli e meta-diaminobenzeni.Per far avvenire la reazione, oltre ai precurso-ri è necessario l’utilizzo di una sostanza ossi-

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dante (perossido di idrogeno) in ambientealcalino (pH 9.5), ottenuto grazie all’ammo-niaca. Questa miscela consente di ossidare icromogeni primari e schiarire il colore natu-rale dei capelli.Il meccanismo della tintura permanente pre-vede quindi più passaggi:- Inizialmente le squame cornee cuticolarivengono sollevate dal pH basico, per permet-tere l’ingresso dei precursori nel capello;- Successivamente i cromogeni primari vengo-no ossidati per dar vita a molecole più com-plesse come benzochinone-dimina o monoi-mina;- Quest’ultime reagiscono con i cromogenisecondari per formare molecole ancora inco-lori come difenilamina o leucocoloranti;- La difenilamina o i leucocoloranti vengono aloro volta ossidati in molecole più grandi,colorate, insolubili e integrate all’interno delfusto del capello.Tutta questa serie di reazioni chimiche altera-no la struttura del capello, che viene erosaspecialmente dall’utilizzo del perossido diidrogeno in ambiente alcalino, portando ilcapello ad essere ruvido e fragile.

Possibili evoluzioni della tintura

Vi possono essere due strade da intraprendereper diminuire i danni alla struttura del capel-lo: da una parte prendendosene cura con pro-dotti specifici, dall’altra migliorando la chimi-ca dei prodotti utilizzati, sviluppando nuovemolecole ed evitando pH così elevati.

Sono passati circa 150 anni dalla scoperta diHofmann della tintura dei capelli basata sulprocesso ossidativo, e da allora un elevatonumero di nuovi precursori coloranti sonostati brevettati nel corso degli anni.Recentemente una nota azienda di prodotti

per capelli ha lanciato sul mercato una colo-razione ossidativa basata su nuovi cromogeniprimari, i derivati del diidropirazolone.Queste nuove molecole riescono ad essereossidate ad un pH neutro, il che riduce alminimo i danni ai capelli. Un altro possibilemetodo si basa sulla sostituzione dell’acquaossigenata con la polifenolossidasi (laccasi),che può catalizzare l’ossidazione dei precurso-ri e colorare i capelli.

Anche il rapido sviluppo della genetica e dellenanotecnologie potrebbe portare grandi novi-tà in questo campo, favorendo l’evoluzione diuna ripigmentazione naturale, biotecnologicao semisintetica dei capelli, magari andando asfruttare nanostrutture come i cristalli fotoni-ci già presenti in natura.

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Prodotti condizionanti per capelli

I prodotti condizionanti o balsami per lo stelodei capelli si sono sviluppati in tempi piùrecenti rispetto ad esempio ai prodotti lavanti,alla tintura dei capelli o alla loro acconciatu-ra. Questa tipologia di prodotti ha iniziato adevolversi solo successivamente alla nascitadelle tinture sintetiche, più precisamenteattorno al 1960. I primi condizionanti vennero creati su baseoleosa, richiedendo spesso l’applicazionesotto fonte di calore, per contrastare l’azioneaggressiva degli shampoo che si trovavano incommercio, costituiti da tensioattivi anionicicon pH alcalino. Successivamente, dalla tec-nologia sviluppata nella produzione degliammorbidenti per tessuti, fu sviluppata unanuova generazione di condizionanti senzarisciacquo, con l’utilizzo di tensioattivi catio-nici quaternari e alcol cetilstearilico. L’introduzione nei condizionanti dei siliconi,come il dimeticone, avvenne solo negli anni’80 e andarono pian piano a sostituire i com-posti quaternari, in quanto si accorsero che isiliconi garantivano una serie di benefici aicapelli: ne aumentavano la lucentezza e nefacilitavano la pettinabilità. Sono attualmente

i principali componenti dei balsami e vengo-no inclusi anche nella formulazione deglishampoo condizionanti “due in uno”, cioèshampoo che detergono e contemporanea-mente proteggono e districano i capelli.

I balsami sono stati concepiti per mimare l’ef-fetto del sebo sullo stelo dei capelli, il qualesolitamente riveste la cuticola e rende i capellilucidi e malleabili. Infatti le funzioni di que-sti prodotti solitamente sono: migliorare lapettinabilità e la lucentezza dei capelli, ripri-stinare la loro idrofobicità, neutralizzare lacarica elettrostatica e prevenire i danni ominimizzarli se utilizzati in concomitanza oprecedentemente ai trattamenti chimici. Si deve essere consapevoli però che, qualsiasiprodotto si utilizzi, non si possono riparare icapelli, in quanto la riparazione non puòavvenire, ma si può aumentare temporanea-mente la qualità cosmetica e il funzionamen-to del fusto del capello, per lo meno finchénon avviene la rimozione del prodotto con illavaggio.

Nella formulazione dei balsami vengonoincluse diverse sostanze, ma essenzialmente sipossono distinguere tre categorie di ingre-

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dienti principali:- Tensioattivi cationici;- Alcoli grassi;- Siliconi.

I tensioattivi cationici sono molecole dotate dicarica elettrica positiva. I capelli, specialmen-te quelli danneggiati da trattamenti chimici,hanno carica negativa, e quindi attraggono asé le sostanze contenute nel balsamo, chevanno a depositarsi sui capelli. Come risultatosi ha una riduzione della carica elettrostaticasulla superficie dei capelli e un livellamentodelle squame della cuticola, il quale porta un

aumento di luminosità e colore dei capelli.

Gli alcoli grassi sono tensioattivi non ionici,cioè senza carica elettrostatica, e hanno fun-zione idratante e lubrificante.

I siliconi sono polimeri ibridi inerti, elastici eresistenti al calore, derivati da cristalli diquarzo. Solitamente la loro funzione è diricreare una pellicola protettiva attorno alcapello.Sono compresi in questa famiglia: il dimetico-ne, che ha effetto di protezione dalle azioniabrasive; i silossisilicati, che aumentano la

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corposità dei capelli; i polimeri di polisilossa-no, che rinsaldano le squame cuticolari e pre-vengono i danni termici; i siliconi amino fun-zionali, polimeri cationici il cui assorbimentodipende dalla loro dimensione ma che graziealla loro carica si legano fortemente allasuperficie dei capelli creando un “effettocuscino” e prevenendo in questo modo ulte-riori danni.

Attualmente sono presenti in commerciodiversi tipi di prodotti condizionanti per lostelo dei capelli e in genere sono basati suun’emulsione di olio-in-acqua con carica elet-trostatica positiva. Si possono trovare: balsamiveloci, trattamenti intensivi, spray o sieri con-dizionanti istantanei senza risciacquo.

Prodotti condizionanti veloci

Sono trattamenti che prevedono un utilizzofrequente. Solitamente vengono applicatisubito dopo la detersione vengono lasciatiagire per pochi minuti. Possono conteneretensioattivi cationici, polimeri siliconici, pro-teine e altre sostanze.

Prodotti condizionanti intensivi

Questi trattamenti sono più concentrati esono formulati solitamente in crema.Prevedono un’applicazione meno frequente eun tempo di posa che va dai 15 ai 30 minuti,a volte supportato da una fonte di calore, chepermette un maggiore assorbimento. Possonoessere utilizzati a volte come filtri prima di untrattamento chimico, per diminuire al mini-mo i danni.

Prodotti condizionanti istantanei senzarisciacquo

Questi prodotti vengono applicati su capellitamponati prima dell’asciugatura (senzarisciacquo) o su capelli asciutti. Per questomotivo sono formulati su base acquosa o susolventi alcoli-acqua. Possono quindi contene-re alcoli, tensioattivi cationici, polimeri silico-nici e proteine, ma non oli, che vengono ingenere esclusi dalla loro formulazione. Inquesta categoria rientrano anche quei prodot-ti che aumentano il diametro del capello,dando la sensazione di capelli più spessi epieni.

Ingredienti dei prodotti condizionanti

Oli

Tra i primi prodotti condizionanti intensiviutilizzati per migliorare il capello, soprattuttoquello decolorato, vi sono gli oli. Vengono uti-lizzati per lo più quelli di origine vegetale e laloro funzione principale è di prevenire idanni. La loro affinità per i capelli dipendedal peso molecolare, dalla polarità e dallasaturazione della catena degli acidi grassi cheli compongono. Gli oli costituiti da acidi gras-si saturi e monoinsaturi sono quelli cheriescono a penetrare meglio nei capelli, graziealla loro struttura molecolare compatta e latesta polare.

Tra gli acidi grassi monoinsaturi più impor-tanti si ricorda l’acido oleico, acido grassocostituito da 18 atomi di carbonio e un solodoppio legame, mentre tra gli acidi grassisaturi vi è l’acido laurico, l’acido palmitico el’acido stearico. L’acido laurico è un acidograsso costituito da 12 atomi di carbonio, l’a-

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cido palmitico da 16 atomi di carbonio, men-tre l’acido stearico da 18 atomi di carbonio.

In genere questa tipologia di trattamentiviene utilizzata sotto forma di “bagni”: dopoaver effettuato la detersione, il trattamentocontenente l’olio viene applicato ciocca a cioc-ca sui capelli ancora umidi, diffuso tramitepettinatura e lasciato in posa per 15-30 minu-ti sotto vaporizzatore. Solitamente l’olio sitrova diluito con altre sostanze o scisso inmolecole più piccole per consentirne la pene-trazione attraverso la cuticola. Si andrà avedere quali sono gli oli più diffusi, da qualiacidi grassi sono composti e quali sono i loroeffetti sui capelli.Tra i primi oli utilizzati è sicuramente daricordare l’olio di oliva, ricco di acido oleico econ piccole quantità di acido linoleico (acidograsso diinsaturo). Considerando che la cuti-cola è ricoperta da uno strato di acidi grassi,di cui il 30-40% costituito da 18-MEA, e chespesso i danni fisico-chimici ai capelli altera-

no per primo questo strato, trattamenti conl’olio di oliva possono andare a ricreare que-sta barriera idrofoba sul capello. Purtroppoperò al giorno d’oggi è relativamente poco uti-lizzato a causa di qualche suo inconveniente:un odore poco piacevole e un veloce irrancidi-mento.

Un altro olio molto utilizzato in passato èstato l’olio di mandorle, anch’esso ricco diacido oleico, con piccole quantità di acidolinoleico e acidi grassi saturi. Attualmenteviene utilizzato meno come ristrutturante percapelli perché ha un debole potere ingrassan-te e la sua consistenza è molto fluida.

L’olio di cocco è stato utilizzato per moltotempo sui capelli nei paesi in via di sviluppodelle regioni tropicali, dove vi sono estese col-tivazioni di palme da cocco. E’ noto che il suoprolungato utilizzo permette di avere capellidall’aspetto sano, perché previene i danni allacuticola dovuti ad abrasione, cioè causati dal

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pettinare i capelli. L’olio di cocco è costituitoper lo più da trigliceridi dell’acido laurico eha un’alta affinità per le proteine dei capelli,grazie al suo basso peso molecolare e alle cate-ne lineari dei trigliceridi. Queste proprietà gliconsentono di penetrare nella corteccia e rive-stire il capello, inibendo in questo modo lapenetrazione dell’acqua e riducendo la perdi-ta di proteine. È stato inoltre dimostrato chequesta sua protezione è superiore rispettoall’utilizzo di olio minerale e olio di semi digirasole, i quali hanno un effetto filmogenosui capelli ma non riducono in alcun modo laperdita di proteine.

L’olio estratto invece dai semi di Moringa olei-fera contiene tutti gli acidi grassi dell’olio dioliva, tranne l’acido linoleico. È caratterizzatoda un elevato contenuto di acido oleico (71%)e delta-tocoferolo, il quale ha un’elevata attivi-tà antiossidante. Questo componente donaprotezione al prodotto durante stoccaggio elavorazione. Può essere quindi utilizzato nellaformulazione di prodotti per la cura dei capel-li sia per ricreare la barriera idrofobica delcapello, sia per conservare al meglio il cosme-tico.

Vi sono anche alcune tipologie di olio e burrobrasiliani utilizzate attualmente nella curadei capelli, come quelli estratti dai semi delfrutto della passione (costituito per il 77% daacido linoleico), dalle noci brasiliane (conte-nenti un 38% di acido oleico e un 35% diacido linoleico), l’oleina di palma (47% diacido oleico), l’olio di buriti (79% di acidooleico), stearina di palma (42% di acido pal-mitico e 41% di acido oleico), tucumã (48% diacido laurico e 27% di acido miristico), ucuú-ma (75% di acido miristico). Tra questi tratta-menti, è stato dimostrato che quello contentel’olio estratto dalle noci brasiliane ha dimi-nuito maggiormente la tricoptilosi.

L’olio di ricino è un olio vegetale molto pre-giato estratto dai semi della pianta delRicinus communis, e sembra essere tuttora ilmiglior olio per capelli. È costituito per piùdel 90% da acidi grassi insaturi idrossilati, dicui almeno un 80% da acido ricinoleico, unacido grasso monoinsaturo a 18 atomi di car-bonio. È un olio viscoso e stabile che spessoviene utilizzato idrogenato o etossilato perpoter permettere una penetrazione profondanella corteccia del capello. Ha proprietà emol-lienti, idratanti e dona al capello maggior resi-

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stenza alla trazione e una notevole lucentezza,andando a diminuire efficacemente l’inciden-za di tricoptilosi e tricoressi nodosa.

L’olio di Argan è diventato molto famosocome ingrediente cosmetico per capelli ed èattualmente l’olio edibile più costoso almondo. Esso viene estratto dai gherigli dinoci di Argania spinosa, pianta endemica delMarocco, ed è costituito da acilgliceroli, toco-feroli e polifenoli. I due principali acidi gras-si che si trovano in questo olio sono acido olei-co (fino al 48%) e acido linoleico (fino al35%). Grazie a queste caratteristiche l’utilizzodi olio di Argan sui capelli riduce statistica-mente la perdita di proteine, la scheggiaturadelle squame cornee cuticolari e il rigonfia-mento della cuticola.

Nel trattamento curativo di capelli già dan-neggiati, finalizzato al reintegro delle protei-ne perdute, gli oli hanno purtroppo pocopotere. Anzi, su di essi possono causare ulte-riori danni da disidratazione, perché nonvanno a sostituire le proteine perse da unastruttura cheratinica. È stato osservato infattiche i trattamenti ad ossidazione vanno adalterare il contenuto di serina, treonina, lisinae triptofano, mentre il sito più suscettibile aidanni da ossidazione e da pH alcalino è lacisteina, principale costituente dei capelli.Quindi un prodotto ristrutturante che possarestituire al capello una condizione prossimaa quella ideale, dopo essere stato sottopostoad un trattamento chimico, deve conteneremolecole proteiche. I trattamenti a base diolio possono essere utilizzati: da un lato perlubrificare i capelli, cioè per diminuire l’attri-to in modo da prevenire i danni da abrasione;dall’altro come pre-trattamento, cioè prima dieseguire trattamenti ossidativi, per ridurre laperdita di proteine.Secondo la Mintel, agenzia che si occupa di

ricerche di mercato, attualmente gli oli piùutilizzati in shampoo e trattamenti per capellisono l’olio di Argan, l’olio di cocco e l’olio diricino. In un prossimo futuro, invece, vi saràforse una maggior diffusione di nuovi oli pro-venienti dall’Africa, come l’olio di Baobab edi Marula.

Proteine e aminoacidi

L’utilizzo di materiali proteici nella formula-zione di prodotti condizionanti moderni perla cura dei capelli, che forniscano lucentezza,forza, sofficità e buona pettinabilità, iniziòpiù di 50 anni fa. La penetrazione di questipeptidi avviene solamente su capelli danneg-giati ed è influenzata dalla loro struttura, con-formazione e localizzazione della carica elet-trostatica, poiché l’assorbimento di questemolecole da parte del capello avviene in unorientamento specifico ed è guidato da forzedi attrazione e repulsione delle cariche.Queste molecole possono penetrare fino allostrato corticale dei capelli se sono di piccoladimensione e se vengono lasciate agire perlungo tempo ad alte temperature.

Tra le proteine più utilizzate e più utili per ilcapello si trovano le proteine cheratinichedella lana, che hanno più funzioni, sono natu-rali, biodegradabili ed ecosostenibili. Al lorostato naturale sono capaci di formare una pel-licola coesiva attorno ai capelli, che va adaumentare la loro idratazione, ripristinando-ne l’idrofobicità. Contengono inoltre cistinanella forma attiva solfonata, grazie alla qualesono in grado di riformare i ponti disolfuronei capelli danneggiati da trattamenti chimi-ci. Per essere incorporata al meglio nei capellie ottenere il massimo beneficio, la cheratinadeve essere presente in forma idrolizzata(meglio se scomposta enzimaticamente), in

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modo da avere un basso peso molecolare,riuscendo così ad aumentare l’elasticità emigliorare le proprietà meccaniche dei capel-li. Per permettere un assorbimento più faciledi cheratina idrolizzata da parte della cuticolae della corteccia del capello è ipotizzabile lasua incorporazione in elevate quantità all’in-terno del perossido di idrogeno, in generedannoso per il capello. Vi è però la necessitàche il perossido d’idrogeno sia formulato conun pH leggermente acido e non alcalino, inmodo che, durante un trattamento chimico,possa avvenire anche una reintegrazione pro-teica.

Un’altra classe di proteine che possono essereutilizzate sono quelle della seta. Si possonotrovare incluse in questi prodotti condizio-nanti per capelli sia idrolizzate sia sottoformadi polimeri incrociati con siliconi. Vi è adesempio uno studio in cui è stato sviluppatoun nuovo polimero costituito da alchilmetil-polisilossano e proteine della seta idrolizzate,caratterizzato da una parte idrofila e unaparte idrofoba. La sua particolare conforma-zione permette alle proteine della seta di esse-re assorbite dal capello, mentre la parte silico-nica forma una pellicola sulla superficie.Grazie a questo meccanismo, si è potuto nota-re un effetto preventivo contro lo scolorimen-to dei capelli tinti e un maggior effetto idra-tante.

Una nuova tendenza che si sta sviluppando inquesti anni è l’utilizzo delle proteine cristalli-ne umane, le maggiori componenti proteichedel cristallino del bulbo oculare. In questaclasse di proteine, quella di maggior interesseè la proteina gammaD-cristallina, proteinacaratterizzata da una struttura con motivo achiave greca, che nell’occhio funge da “colla”per legare tra loro le altre cristalline.Utilizzata sui capelli danneggiati da decolora-

zione, ripristina e migliora le proprietà mec-caniche dei capelli, essendo in grado di pene-trare nella corteccia e stabilizzare la strutturaad alfa elica della cheratina. I fattori chiave diquesto successo sono la loro dimensione, lacarica elettrostatica e la loro struttura.

All’utilizzo di questi polimeri e polipeptidi siè andato ad affiancare l’utilizzo di aminoaci-di, ottenuti per idrolisi dalle proteine.L’assorbimento di questi aminoacidi è con-trollato anch’esso da interazioni ioniche: ami-noacidi con pH acido o neutro che presenta-no una carica negativa o neutra a pH 3-7 dif-ficilmente vengono assorbiti dai capelli. Vi sono trattamenti contenenti l’aminoacidoalanina che permette di aumentare l’idrofobi-cità dei capelli, mentre istidina e fenilalaninane aumentano la resistenza alla rottura.Negli ultimi anni sono stati messi in commer-cio dei complessi ristrutturanti che agisconogià durante i processi chimici a cui i capellisono sottoposti. Ne è un esempio l’arginina,un aminoacido basico che ha un’elevata affi-nità per i capelli a pH superiori a 4, graziealla forte interazione con i gruppi acidi delfusto.È stato testato che l’arginina, se integrata neitrattamenti chimici in sostituzione a unaparte di ammoniaca, viene depositata all’in-terno dei capelli e riduce i danni ossidativicausati dal perossido di idrogeno.L’arginina può essere utilizzata inoltre come“ancora” per favorire il deposito di sostanzeacide all’interno dei capelli, come ad esempiol’acido carbossilico pirrolidone. Quest’ultimoè un costituente del fattore idratante naturalepresente all’interno dei corneociti (una misce-la di aminoacidi liberi e altri composti conbasso peso molecolare), ma essendo un deriva-to dell’acido glutammico di piccole dimensio-ni e con caratteristiche acide, ha una bassaaffinità per i capelli. È stato provato che

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quando l’acido carbossilico pirrolidone vieneapplicato sui capelli sottoforma di sale di argi-nina, il suo assorbimento aumenta molto epermette di migliorare il mantenimento delcolore nei capelli tinti.

Un ulteriore esempio di complessi ristruttu-ranti che agiscono già durante i processi chi-mici sono quelli contenenti cisteina, cherati-na e magnesio. In questi trattamenti, la cistei-na è presente sia in forma naturale sia informa reticolata, e permette di proteggere erinnovare i ponti disolfuro, stabilizzando inquesto modo la struttura del capello. La che-ratina riempie i vuoti strutturali all’internodel fusto, irrobustendolo, mentre il magnesio

concorre a stabilizzare i ponti salini. L’utilizzo di questi complessi in concomitanzadi trattamenti chimici prevede, al terminedella detersione, l’utilizzo di uno spray e uncondizionante intensivo che sigilli i capelli ele sostanze fatte penetrare. Lo spray ha lo stes-so contenuto del complesso molecolare inseri-to nella miscela colorante o decolorante. Ilcondizionante intensivo, invece, contiene l’e-stratto di semi di Moringa oleifera, ceramidi epeptidi della seta. È stato scientificamente testato che capellisottoposti a decolorazione assieme a questicomplessi hanno riportato un contenuto inaminoacidi inalterato, un maggior manteni-mento dei ponti disolfuro, maggiore resisten-

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za alla rottura e migliore estensibilità rispettoa capelli decolorati senza questo trattamento.

I trattamenti ristrutturanti proteici quindipossono essere formulati in base alle necessitàdei capelli da trattare. Se i capelli vengono giàtinti da molto tempo, in genere si impoveri-scono di polipeptidi legati alla cisteina, quin-di si cercherà di reintegrare gli aminoacidisolforati. Se invece i capelli hanno subito

danni di diversa natura, si cercherà di reinte-grarli anche con glicoproteine, che di solito sitrovano in prodotti polivalenti.

Composti fenolici

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Tra i composti fenolici utilizzati nel tratta-mento dei capelli si possono trovare sia sem-plici acidi fenolici, sia acidi polifenolici, finoai più complessi flavonoidi. Sono compostilargamente diffusi nel mondo vegetale carat-terizzati da proprietà antiossidanti e che inte-ragiscono fortemente con le proteine.Un esempio di acido fenolico utilizzato è l’aci-do gallico diglucosidico, che è stato dimostra-to ancorarsi fortemente alla superficie deicapelli danneggiati e formare uno strato idro-fobo artificiale attorno alla cuticola, soprat-tutto se applicato in combinazione con untensioattivo cationico come lo steariltrimeti-lammonio cloride.

Un composto polifenolico utilizzato in questoambito è l’estratto idrofilico di Rosmarinusofficinalis L., contenente al suo interno acidorosmarinico (un acido polifenolico idrofilo) ecarnosolo (un diterpene lipofilo). Grazie aqueste sue componenti, l’estratto idrofilico dirosmarino funge da antiossidante, prevenen-do l’ossidazione e i cambiamenti morfologicinei capelli danneggiati. Se applicato subitodopo il trattamento chimico infatti, è in gradodi prevenire la formazione di acido cisteico ela formazione di doppie punte.

Per quanto riguarda l’utilizzo di flavonoidi,invece, si è sperimentato l’utilizzo di oligome-ri delle procianidine, una sottoclasse dei fla-vonoidi costituiti da monomeri di catechine,che vengono estratte dalla corteccia essiccatadell’olmo. Le procianidine sono conosciuteper la loro azione antiossidante e antiinfiam-matoria, e sono utilizzate nella medicina tra-dizionale coreana per curare edemi e infiam-mazioni come artrite e gastrite. Per quanto riguarda i capelli, uno studio hadimostrato che gli oligomeri di procianidinahanno un effetto protettivo sui danni causatida decolorazione, se pretrattati con questi fla-

vonoidi prima del processo ossidativo, graziealla loro capacità di intrappolare i radicaliliberi e di chelare i metalli. Questo può avve-nire dato che la procianidina si lega salda-mente alla cheratina dei capelli, formando deicomplessi insolubili, aumentando la resisten-za alla trazione e inibendo la frattura deicapelli provocata da danni ossidativi.

Conclusioni

I capelli sono biologicamente delle strutturefiliformi cheratiniche originate da un’invagi-nazione dell’epidermide. La parte visibile chefuoriesce dal cuoio capelluto è il fusto, trattoinerte del capello. Vengono considerati unornamento del nostro corpo e un carattere deldimorfismo sessuale, ma in realtà i capellihanno risvolti psicologici e sociali molto piùprofondi. È importante quindi prendersenecura per conservare la loro salute e le lorofunzioni da un lato, per conferire loro unaspetto bello e curato dall’altro. Al giornod’oggi sempre più persone chiedono di cam-biare l’aspetto dei loro capelli in modo perma-nente, soprattutto per quel che riguarda ilmondo della colorazione, ma purtroppo i trat-tamenti necessari per raggiungere questoobiettivo vanno ad alterare la struttura delcapello tramite reazioni ossidative.

In questi ultimi cinquant’anni si è riusciti acomprendere meglio le proprietà chimico-fisi-che della struttura dei capelli e dei meccani-smi coinvolti nella loro tintura e decolorazio-ne. Conoscere la composizione del capello, inparticolare la struttura chimica della cuticola,e comprendere in modo più approfonditocome avviene la diffusione dei precursoricoloranti e dei fattori che influenzano la cine-tica delle loro reazioni, sta aiutando a svilup-

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pare precursori più adatti e nuove tecnologie,le quali si prefiggono di raggiungere tinturepermanenti più intense e durature ma menodannose, come ad esempio i derivati del dii-dropirazolone. Il numero considerevole dinuovi cromogeni brevettati in questi anni sug-geriscono che la reazione ossidativa rimarràla tecnologia dominante nell’immediato futu-ro. Ciò nonostante, questo rimane un ambitoconsiderevole per la ricerca verso nuove tec-nologie per la tintura permanente dei capelli.Il rapido sviluppo della genetica e l’emergentecomprensione delle basi molecolari della pig-mentazione dei capelli potrebbero essere glielementi chiave nello sviluppo di sistemi chepromuovano una ripigmentazione naturale,biotecnologica o semisintetica dei capelli.

Per quanto riguarda ciò che attualmente èpossibile fare, si deve riconoscere che i tratta-menti chimici disponibili causano invariabil-mente dei cambiamenti nella struttura delcapello. Ciò che è possibile fare per ridurli alminimo è utilizzare dei trattamenti ossidatividi qualità, affidandosi a mani esperte checonoscano alla perfezione le modalità di uti-lizzo e valutino quale trattamento è miglioreper quella tipologia di capello. I professionistidi questo settore sanno anche consigliare sepuò essere necessario un trattamento che pre-venga i danni ai capelli, prima di procederecon trattamenti ossidativi. In previsione di un trattamento chimico, èpossibile infatti prevenire o almeno diminuirela perdita di proteine eseguendo dei tratta-menti a base di olio, che vadano a rinforzarele squame cornee cuticolari. Attualmentesono in commercio anche sostanze da poteraggiungere alla miscela decolorante o colo-rante contenenti aminoacidi fondamentaliper il capello, che permettono di diminuire idanni ossidativi. Immediatamente dopo un trattamento chimi-

co è invece importante utilizzare prodotti concaratteristiche acide e possibilmente conte-nenti proteine e polimeri cationici. Il pHacido consente di diminuire la permeabilità,le proteine consentono di accelerare il ripri-stino del capello. Le proteine, specialmentequelle idrolizzate con basso peso molecolare,sono infatti molto importanti come tratta-mento per capelli colorati o decolorati, inquanto riescono a penetrare nello stelo delcapello e migliorare la sua struttura.

Per quanto riguarda la detersione ordinaria,si consiglia l’utilizzo di shampoo non aggres-sivi e specifici in base alle caratteristiche deicapelli, che prevengano l’effetto crespo, inabbinamento all’utilizzo di un prodotto con-dizionante che assomigli allo strato lipidiconaturale più esterno del capello (l’acido 18-metileicosanoico). Anche se non avvieneun’incorporazione permanente di questesostanze, esse consentono di ripristinare lostrato idrofobo, di neutralizzare la carica elet-trostatica, di facilitare la pettinatura, e dona-re lucentezza, sofficità e trattabilità ai capelli.

Si può quindi affermare, a conclusione delpresente articolo, che il numero di prodottiattualmente in commercio è elevato, cosìcome la loro qualità è eterogenea. Ciò perònon garantisce un risultato ottimale se non cisi affida ad esperti che sappiano analizzare lostato e le caratteristiche del capello, che cono-scano le dinamiche dei singoli prodotti e inche modo utilizzarli per avere capelli il piùpossibile sani, belli e luminosi.

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Terapie tricologiche: i “si dice”sugli effetti collaterali dei farmaci

Mariano Di BiasioLatina

La cura dei capelli ha da sempre rivestitonelle varie epoche, culture e società un ruoloimportantissimo. Con la ricerca e l’evolversi delle tecniche tera-peutiche farmacologiche negli anni sono statiapplicati alle terapie tricologiche farmaci ori-ginariamente studiati per altre patologie .I risultati raggiunti dal punto di vista di rin-foltimento ed arresto della caduta dei capellisono stati davvero notevoli, basti pensareall’utilizzo in tricologia della finasteride o delminoxidil.Naturalmente con l’estendersi dell’utilizzo diqueste molecole ad una fascia di popolazionepiù ampia, sono aumentati anche gli effetticollaterali e contestualmente altri ipoteticieffetti dannosi attribuiti ai suddetti farmaci.

Un importante fenomeno emerso negli ultimianni, è quello dei “si dice” sui possibili effetticollaterali dei farmaci utilizzati nelle terapietricologiche.Nella quotidianità del lavoro medico-tricologi-co ci si trova continuamente a rispondere adubbi e paure più o meno fondate dei pazien-ti verso gli effetti collaterali dei farmaci utiliz-zati per la cura del capello.Basta fare una veloce ricerca in “rete” peravere migliaia di risultati di siti o blog in cuisi tratta l’argomento da un punto di vista nonsempre scientifico. Sicuramente quando si parla di terapia trico-logica ed effetti collaterali, la molecola piùspesso imputata risulta essere la finasteride.

Finasteride

Il farmaco in questione è stato introdottonegli Stati Uniti nel 1992 con il nome diProscar (Finasteride 5 mg) per il trattamentodell'ipertrofia prostatica e nel 1997 con ilnome di Propecia (Finasteride 1 mg) per iltrattamento dell'alopecia androgenetica.La Finasteride agisce con un meccanismo cheha come conseguenza la riduzione del diidro-testosterone (DHT) un metabolita coinvoltonella calvizie androgenetica e implicato nel-l’individuo adulto nel circuito degli ormoniandrogeni che tra le altre cose hanno la fun-zione di un mantenimento delle funzioni ses-suali, favorendo la libido e la potenza sessua-le.Andando ad analizzare nel dettaglio la posolo-gia della finasteride utilizzata nell’alopeciaandrogenetica dell’uomo, cioè 1 mg/die, sievince l’effettiva possibile presenza di effetticollaterali già riportati in scheda tecnica:

Effetti indesideratiLe reazioni avverse riportate durante gli studiclinici e/o nell'uso dopo la commercializzazio-ne sono elencate nella tabella sottostante.La frequenza delle reazioni avverse riportatenell'uso dopo la commercializzazione nonpuò essere stimata poiché esse provengono dasegnalazioni spontanee.

Negli studi clinici con Propecia su uomini dietà compresa tra 18 e 41 anni, il valore mediodell’antigene prostatico specifico (PSA) sieri-co è diminuito da 0,7 ng/ml, valore basale, a0,5 ng/ml, al 12° mese. Prima di valutare ilrisultato di questa analisi, negli uomini interapia con Propecia, si deve tener presente diraddoppiare i valori del PSA.I dati a lungo termine sulla fertilità nell’uomosono mancanti e studi specifici negli uominiipofertili non sono stati condotti. I pazienti

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maschi che avevano in programma di diventa-re padri erano stati inizialmente esclusi daglistudi clinici. Sebbene studi sugli animali nonhanno mostrato effetti negativi rilevanti sullafertilità, dopo la commercializzazione sonostate ricevute segnalazioni spontanee di infer-tilità e/o di liquido seminale di scarsa qualità.In alcune di queste segnalazioni i pazientiavevano altri fattori di rischio che possonoaver contribuito all'infertilità. Dopo l'interru-zione della finasteride è stata riportata nor-malizzazione o miglioramento della qualitàdel liquido seminale.

L’effetto dell’insufficienza epatica sulla far-macocinetica della finasteride non è stato stu-diato.Durante il periodo post-marketing è statoriportato cancro della mammella negli uomi-ni che assumevano finasteride da 1 mg.Quindi come medici dobbiamo istruire inostri pazienti a riferire prontamente ognivariazione a carico del tessuto mammariocome tumefazioni, dolore, ginecomastia osecrezione dal capezzolo.

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Oltre agli effetti collaterali riportati in schedatecnica, sono facilmente reperibili su internetrecenti lavori come quello svolto dal centro diendocrinologia della George WashintonUniversity (Persistent sexual side effects offinesteride for male pattern hair loss; 2011)riguardante gli effetti collaterali persistenti ditipo sessuali nell’uomo (disfunzioni sessuali eproblemi di erezione). Altro interessante lavoro sugli effetti collatera-li della finasteride è la ricerca pubblicatasulla rivista Pharmacotherapy a luglio 2015(Persistent sexual dysfunction and suicidalideation in young men treated with low-dosefinasteride: a pharmacovigilance study);Questa recente ricerca ha ribadito l’esistenzadi numerosi e spiacevoli effetti collaterali chesi possono manifestare a seguito di assunzio-ne della Finasteride. Lo studio, effettuato sudati reali raccolti dalla Food and DrugAdministration fra il 1998 e il 2013, ha presoin considerazione, in particolare, le reazioniavverse al farmaco riscontrate su uomini fra i18 e i 45 anni di età che avevano precedente-mente assunto una quantità pari a 1 mg diFinasteride (la dose solitamente assunta neicasi di alopecia androgenetica).I ricercatori, per definire meglio gli obiettividella ricerca, hanno innanzitutto identificatodue categorie ben precise di effetti collateralisui quali svolgere lo studio:Quelli legati alla sfera sessuale (calo della libi-do, disfunzione erettile, problemi di eiacula-zione ecc).Quelli legati a depressione e istinti suicidi.Uno dei primi dati che è emerso dalla ricercaè che il numero di reazioni avverse legato allasfera sessuale è cresciuto in modo esponenzia-le negli ultimi anni. Tuttavia, come spieganoanche gli scienziati nello studio, non si puòridurre la specificità di questo dato all’enor-me copertura mediatica data a partire dal2011 al “rischio Finasteride”. Questo perché,

dalla ricerca, è emerso che le reazioni avverseriscontrate a livello sessuale erano presenti inmaniera significativa già prima del 2011(anno in cui è “esploso” il problema finasteri-de).Osservando i dati: dei 4910 casi di effetti col-laterali riportati a seguito di assunzione diFinasteride i ricercatori ne hanno identificati611 in cui gli uomini presi in considerazionedallo studio hanno lamentato seri e persisten-ti disturbi sia a livello sessuale (577 casi, parial 11,8%), sia a livello mentale (39 casi, 7,9%).Su questa ristretta fascia è stata realizzataun’accurata indagine statistica che ha portatogli studiosi ad affermare che esiste un rischioconcreto di sviluppare serie disfunzioni ses-suali a seguito di assunzione di Finasteride 1mg. Magra consolazione, invece, è il risultatodello studio sugli effetti a livello mentale, lacui percentuale (sebbene consistente) non èsufficiente per potersi dire significativa.Da questo studio risulta nettamente maggiorela percentuale di effetti collaterali rispetto aquella riportata in scheda tecnica (3,8%).Continuando la ricerca sulla “rete”, da questirisultati riguardanti studi scientifici si passa aforum dove di scientifico rimane a volte dav-vero poco, infatti le percentuali degli effetticollaterali salgono in alcuni forum addirittu-ra al 50%... e la varietà dei disturbi si estendea tremori, fatica, tachicardia, incurvamentodel pene, diminuzione delle capacità atleti-che, ipospermia, oltre alla “classica” diminu-zione della libido.Con molta probabilità questa discrepanza dipercentuali e di risultati tra la letteraturascientifica ed i forum, è da riferirsi alla com-posizione dei forum stessi, infatti in questiultimi, tendono a confrontarsi pazienti chehanno riscontrato effetti o possibili effetti col-laterali della terapia, (chi non ha problemicon le terapie non va quasi mai a scriverlo suun forum).

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Ultimamente si discute molto sulla sindromeda “post Finasteride” che impazza sui massmedia, in particolare sui forum e sembra cheabbia colpito alcuni utilizzatori dellaFinasteride.

La Sindrome post Finasteride è qualcosa direlativamente recente, se n’è iniziato a parlareverosimilmente all’incirca cinque anni fa suun forum Americano dal nome suggestivo di“Propecia help”. Un forum nato per condivi-dere tra utenti tutta una serie di sintomi lacui causa viene ricondotta all’assunzione diFinasteride. Inizialmente, furono segnalatiprevalentemente problemi sulla sfera sessua-le, urologica: calo della libido, deficit erettile,prostatiti, seguiti da post su problematicheneurologiche e psichiatriche, fino a raggiun-gere la Sindrome post Finasteride, ossia lapermanenza dei disturbi prevalentemente dinatura sessuale anche dopo la sospensione delfarmaco.Il tambur battente della Sindrome postFinasteride dal web ha raggiunto le televisionie anche la Politica con un’interrogazione par-lamentare da parte di Alessandro Maran par-lamentare del Pd.La comunità scientifica non ha ancora trova-to evidenze concrete rispetto all’esistenzadella Sindrome post Finasteride, ci sonoattualmente degli studi in corso.

La libidoTra gli effetti collaterali della sfera sessualequello tra i più lamentati è la diminuzionedella libido. Quella pulsione, desiderio sessua-le o spinta che è il motore dei comportamentidi corteggiamento nell’uomo che quando èpresente rende l’atto sessuale naturale e pia-cevole, quando è assente trasforma l’atto inqualcosa di meccanico e in concomitanza conaltri fattori può favorire il deficit erettile.Questa condizione può causare una forte

preoccupazione che in alcuni soggetti attivaun comportamento ossessivo di controllodella funzionalità dell’organo con un conse-guente aumento dell’ansia e della preoccupa-zione non consoni al rapporto sessuale. SeFreud ha rilevato l’importanza della libidocome una delle energie vitali che scorre nel-l’uomo e una sua stagnazione come un canalebloccato che apre allo spettro nevrotico, oggi,se pur con una consapevolezza scientificadiversa, non possiamo non tener conto delpossibile rischio che una riduzione di questaspinta vitale può favorire nei soggetti, in par-ticolare in quella fascia di giovani di età com-presa fra 18 e 45 anni che sono i maggiori uti-lizzatori del farmaco contro la calvizie.Il calo della libido soprattutto per chi per etào per natura non dovrebbe provare la suariduzione può determinare turbamento, unasensazione di inadeguatezza, angoscia e piùin generale sofferenza che si accompagna,spesso, a sensi di colpa nei confronti del part-ner. Infatti, a un livello relazionale, il calo deldesiderio può essere interpretato, dal partner,come un disinteresse affettivo e attrattivo neipropri confronti, elementi che possono causa-re instabilità nella coppia.La riduzione della libido deve essere vistacome un importante fattore di rischio che inconcomitanza con altri fattori di rischio bio-logici, psicologici o sociali può condurre astati patologici nel soggetto come ansia, eventidepressivi, ossessione per il proprio corpo edismorfismo corporeo; turbe psicologiche chedirettamente o indirettamente mantengonoalterata la sessualità dell’individuo.Un aspetto che bisogna chiarire è che se glieffetti collaterali della Finasteride, come lariduzione della libido, anche se con un’inci-denza non del tutto chiara sugli utilizzatoridel farmaco, sono confermati dalla casa pro-duttrice e presenti nel foglio illustrativo, diffe-rentemente la Sindrome post Finasteride non

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ha ancora trovato conferme scientifiche checomprovino dei danni biochimici che spieghi-no il perdurare degli effetti collaterali, chealcuni ex utilizzatori lamentano, anche dopodiversi mesi dall’interruzione dell’assunzionedel farmaco.

Ipotesi psicologicheSi stanno cercando da più versanti evidenzeoggettive per spiegare il fenomeno in questio-ne, a oggi non ci sono certezze. Un aspettoimportante da non tralasciare è la variantepsicologica di chi lamenta tali effetti collatera-li. Con questo non si vuol sminuire i danniriportati né la sofferenza che questa condizio-ne porta con sé, ma occorre valutare comples-sivamente tutti i possibili fattori coinvolti.Un fattore psicologico che potrebbe esserecoinvolto nella sindrome post Finasteride è iltrauma che un giovane può subire, nel rap-porto sessuale, dal non sentirsi più sorrettodalla fisiologica rete di protezione che offre lalibido. Un’insicurezza, che una volta provatapuò permanere indipendentemente dall’as-sunzione del farmaco, che la metafora dell’in-cidente stradale ben spiega.Immaginatevi quale scombussolamento psico-logico può causare nel soggetto che corre inmoto sicuro della propria potenza giovanile,forte e invulnerabile, protetto dalla propriagiovinezza, non incline a percepire il pericolo,ad incontrare sulla propria strada un inaspet-tato e non pensato ostacolo che non si riescead evitare, che provoca inevitabilmente unbrutto incidente? Il risultato è che in alcunisoggetti questo evento causerà una forte insi-curezza, uno shock che nei casi più gravi faràabbandonare il mezzo e perdere il piaceredella guida, in altri renderà la futura guidameno naturale e più permeata da stati diansia e incertezza.Come per la metafora dell’incidente stradale,dove viene messo in pericolo qualcosa che il

giovane dà per certo e non pensa di perdereossia la vita, anche per il giovane che vive un“incidente nel rapporto sessuale” viene messoin pericolo qualcosa di molto importante cheè la propria sessualità che coinvolge anche l’i-dentità, la mascolinità, il senso di un Sé capa-ce.Già Freud aveva parlato di libido come pulsio-ne di vita, di un motore fondamentale per l’e-sistenza umana. Molto probabilmente in alcu-ni soggetti la riduzione della libido e il possi-bile deficit erettile che a volte questo compor-ta, causa un evento traumatico che in alcunisoggetti può scatenare un circolo vizioso diansia e comportamenti ossessivi.Comportamenti basati sul controllo della pro-pria funzionalità sessuale che innescano uninevitabile e negativo effetto domino sullapropria sessualità che, se non elaborati, posso-no permanere nel tempo.Un secondo aspetto psicologico da non sotova-lutare è l’effetto Nocebo (dal latino “nocere”,nuocere), un termine, contrario di placebo,utilizzato per etichettare le reazioni negativeo indesiderate che un soggetto manifesta adesempio a seguito della somministrazione diun falso farmaco completamente inerte, mada esso percepito nocivo; in medicina è altret-tanto potente quanto quello placebo.Uno studio Italiano del 2007 ha evidenziatol’influenza dell’effetto Nocebo sull’originedegli effetti collaterali sulla sfera sessualenegli utilizzatori della Finasteride da 5mg. Lostudio a doppio cieco ha rilevato una percen-tuale significativamente maggiore di disfun-zioni sessuali nei pazienti informati suglieffetti collaterali sessuali rispetto a quelli incui è stata omessa la stessa informazione.Da questi elementi si può ipotizzare cheanche nella pratica clinica tale effetto sia pre-sente, gli utilizzatori negli ultimi anni, con ladiffusione delle informazioni per mezzo deimass-media in particolare dei forum on line,

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sono stati bombardati da notizie relative aglieffetti collaterali del farmaco. In particolaresui forum c’è stato un dilagare di commentiallarmisti, alcune volte eccessivi, che comenell’esperimento possono influenzare tramitel’effetto Nocebo gli utilizzatori del farmaco.Questi sono solo alcuni degli aspetti psicologi-ci che possono essere coinvolti nella sindromepost Finasteride. Quest’intervento non puòessere esaustivo, la sessualità maschile non siriduce a dei semplicismi di qualsiasi natura:biologici o psicologici. La sessualità così comeper molti altri aspetti della vita umana ècaratterizzata da una stretta relazione tral’ambiente, la psiche e il corpo che ne caratte-rizzano la sua complessità e unicità.Non bisogna poi dimenticare che i giovanimaschi, diversamente dal sesso femminile,sono meno inclini per pregiudizi, abitudine,cultura alle visite di controllo dal medico spe-cialista che si occupa della fisiologia e delledisfunzioni dell'apparato riproduttore e uro-genitale. Visite dal medico Specialista inAndrologia che spesso sono necessarie adinquadrare per tempo tutta una serie di pro-blematiche della sfera sessuale e genitale pur-troppo presenti anche nel giovane.Per comprendere la causa della sindrome postFinasteride bisognerà approfondire tutti i pos-sibili aspetti e soprattutto porre una particola-re attenzione all'eziologia, se è correlata omeno all'assunzione del farmaco.

Minoxidil

Un'altra molecola molto utilizzata in tricolo-gia sulla quale è possibile reperire molti “sidice” riguardo i suoi effetti collaterali è ilminoxidil.Questa sostanza, poiché dotata di una potenteazione vasodilatatrice, è stata utilizzata nellaprima metà degli anni 80 nella terapia di iper-

tensioni gravi e resistenti ad altri farmaci; inseguito agli effetti ipertricotici provocati dalfarmaco, è stato poi largamente utilizzato neltrattamento dell’alopecia androgenetica.Distribuito nel cuoio capelluto (al 2% o 5%)sottoforma di lozione, il minoxidil è utilizzatocon un certo successo per contrastare la cadu-ta dei capelli; assunto per via orale, il farmacoesercita invece la suddetta potente azioneantipertensiva. Per os, il minoxidil diminuisce la pressionearteriosa favorendo la dilatazione dei vasi san-guigni. Meno chiaro risulta l'effetto stimolan-te sulla crescita dei capelli, ma si presume nepossa influenzare il ciclo vitale prolungandola fase anagen. La possibile utilità del minoxidil contro lacaduta dei capelli fu intravista già sul finiredegli anni '70, quando vennero riportati iprimi episodi di ipertricosi in seguito a tratta-mento antiipertensivo. Questo effetto collate-rale fu apprezzato anche negli anni a venire,in seguito alle varie segnalazioni di reversibi-lità dell'alopecia durante trattamento conminoxidil. Risultati sperimentali parzialmente positivihanno spinto l'FDA ad inserire il minoxidilnella ristrettissima cerchia di farmaci indicatinel trattamento dell'alopecia androgenetica.Al contrario della finasteride, il minoxidilnon contrasta le cause endocrine della calvi-zie; per questo motivo risulta meno efficacequando il problema è particolarmente accen-tuato, ma in compenso gli effetti collateralisono limitati.Come tutti i farmaci anche il minoxidil ripor-ta in scheda tecnica sia controindicazioni chepossibili effetti collaterali: Minoxidil 2% o 5% soluzione cutanea è con-troindicato nei pazienti con anamnesi di iper-sensibilità ai componenti del prodotto.Minoxidil non deve essere impiegato in pre-senza di coronaropatie, aritmie, scompenso

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cardiaco congestizio o valvulopatie. Di frontead altri disturbi cardiovascolari l'impiego diminoxidil è subordinato al giudizio del medi-co. I pazienti affetti da ipertensione, inclusiquelli in trattamento per tale patologia, devo-no essere tenuti sotto stretto controllo medi-co. Gli effetti indesiderati più frequenti verificati-si durante gli studi clinici con minoxidil 2%soluzione cutanea sono stati reazioni derma-tologiche minori. L'effetto indesiderato piùfrequente è stato l'irritazione locale, consi-stente in desquamazioni, eritemi, dermatite,cute secca, ipertricosi (in aree diverse da quel-le trattate con minoxidil 2% soluzione cuta-nea), sensazione di bruciore e rash.Altri effetti indesiderati verificatisi non fre-quentemente, comprendono: reazioni allergi-che (sensibilizzazione, orticaria, eritemageneralizzato ed edema facciale), vertigini,formicolii, cefalea, debolezza, neurite, edema,irritazione agli occhi, alterazione del gusto,infezioni delle orecchie (particolarmente otiteesterna) e disturbi visivi. Effetti indesiderati raramente verificatisicomprendono anormalità del capello, esacer-bazioni della perdita di capelli, alopecia, dolo-ri al petto, variazioni della pressione sangui-gna, variazioni della frequenza cardiaca, epa-tite, calcoli renali e disfunzioni sessuali.

A queste reazioni avverse attendibili seguonoi più svariati e fantasiosi effetti collateralireperibili sui forum: dalla “caduta indotta”(un effetto legato alla spinta maturativa delcapello causata dalla vasodilatazione da mino-xidil) vista come un preoccupante effetto col-laterale e non come una prevedibile ed inizia-le fase di caduta, alle istantanee “vertigini ecapogiri” avvertite già pochi secondi dopol’applicazione della lozione.

17 alfa estradiolo

Il 17 alfa estradiolo è un derivato corticoste-roideo, non ormonale, l’isomero dell’ormoneestradiolo, da usare sotto forma di lozionegalenica da applicare localmente. Agisce sultestosterone, trasformandolo in estrogeni.Può essere utilizzato per l’alopecia androge-netica. Il suo impiego è stato fino ad ora escluso nel-l'uomo; solo recentemente è stato accertatoche l'utilizzo dell'isomero alfa del 17 estradio-lo non produce effetti collaterali nel maschioe possiede un efficace ruolo terapeutico.

Gli estrogeni sono degli ormoni naturali pro-dotti sia dall'uomo che dalla donna, ma nel-l'uomo il livello di produzione è molto basso.Gli estrogeni naturali più comuni sono l'estro-ne, l'estradiolo e estriolo. Dal punto di vistoterapeutico quello più utilizzato è invece l'eti-nilestradiolo, il quale è molto più potentedegli estrogeni naturali e lo troviamo comecomponente di quasi tutte le pillole contrac-cettive accoppiato ad un progestinico; vieneanche utilizzato nella terapia sostitutiva nelledonne che hanno raggiunto la menopausa.Gli ormoni estrogeni oltre ad avere un direttoe preciso effetto biologico hanno anche lacapacità di deprimere la produzione degliormoni maschili, gli androgeni, ed in partico-lare del testosterone attraverso dei complessimeccanismi di feedback. Ed, inoltre, in vivogli estrogeni incrementano la produzione diSHBG, la globulina che nel sangue rendeindisponibile il testosterone, il quale se legatoalla SHBG non può essere convertito in DHT,l'ormone che promuove l'alopecia androgene-tica.Per quanto riguarda le attuali conoscenze sul-l'utilizzo di estrogeni in campo tricologico èstato dimostrato che esistono nelle cellule delfollicolo pilifero recettori degli estrogeni che

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possono avere una azione diretta nella stimo-lazione della crescita del capello. L'uomo,ovviamente, non può essere sottoposto a tera-pia medica con estrogeni tradizionali (isomeribeta) senza correre un serio rischio di gineco-mastia e perdita della libido, se non in terapietopiche, utilizzando estrogeni deboli ed inconcentrazioni limitate. Le donne, al contra-rio, possono assumere con più tranquillitàspecialità ormonali estrogeniche senza signifi-cativi effetti collaterali, e quindi se ne posso-no avvantaggiare nelle terapie tricologiche siaper via topica che per via generale e soprattut-to utilizzarle come terapia sostitutiva inmenopausa o come contraccettivi orali se inetà fertile.L'azione degli estrogeni a livello dei follicolidei capelli è oggetto di studio perché moltopromettente, e le ultime segnalazioni riguar-dano l'impiego di 17alfa estradiolo, un isome-ro ormonalmente inattivo del 17 beta che, inquanto tale, può essere prescritto ancheall'uomo. La storia tricologica di questasostanza inizia nel 1980 con due ricercatoritedeschi, Orfanos e Vogels, i quali con unostudio controllato hanno dimostrato che unalozione contenente 17 alfa estradiolo ha uneffetto terapeutico riducendo l'alopeciaandrogenetica se applicata topicamente perlungo tempo. La scuola tedesca in campoendocrinologico è sempre stata all'avanguar-dia ma questa segnalazione dei due ricercato-ri è stata, purtroppo, per molti anni trascura-ta. In Germania già da un po' tempo sono incommercio due specialità farmaceutiche, ilCrinohermal® e l'Alpicort®, che contengonoestradiolo ma sotto forma di isomero beta epertanto prescrivibile solo per il sesso femmi-nile. In Italia, attualmente, è disponibile soloil Crinohermal® presso le farmacia delVaticano e quelle dello stato di S. Marino.Nel 2001 altri due ricercatori di un istitutouniversitario tedesco Happle e Hoffmann,

hanno pubblicato un lavoro per definire l'a-zione del 17 alfa estradiolo come agente tera-peutico nell'alopecia androgenetica. Le con-clusioni sono state le seguenti: il 17 alfa estra-diolo è, in vitro, in grado di ridurre la forma-zione di DHT a partire da testosterone incu-bato in presenza di cellule follicolari prelevateda pazienti colpiti da alopecia androgenetica;ma l'attività del 17 alfa estradiolo è, comun-que, inferiore a quella dell'isomero beta emolto inferiore rispetto a quella della finaste-ride. Gli autori però concludevano la propriarelazione asserendo che probabilmente ilruolo del 17 alfa estradiolo non fosse mera-mente quello di inibire la 5 alfa reduttasi mache si potevano ipotizzare altri modelli speri-mentali come quello di una conversione deltestosterone verso un altro ormone androgenomeno potente o magari verso la conversionein un estrogeno oppure provocando la dimi-nuzione di testosterone disponibile alla con-versione in DHT.Un anno dopo, lo stesso gruppo di ricercadell'Istituto di Dermatologia dell'Università diMarburgo, ci propone un ulteriore lavoro,proprio per rispondere ai quesiti rimasti inso-luti precedentemente. Da questo emerge che,tra le diverse ipotesi, quella corretta è proprioquella più utile terapeuticamente, ovvero cheil 17 alfa estradiolo non solo diminuisce la for-mazione di DHT ma che attivando l'enzimaaromatasi trasforma una parte di testosteronein estradiolo ovvero in un ormone utile nelreprimere i geni della calvizie e nel favoriredirettamente la ricrescita.Queste acquisizioni sperimentali hanno aper-to nuove prospettive sulla applicazione degliestrogeni per via topica e cominciano soloadesso ad considerate e valutate con la giustaattenzione. In Germania è già entrata in ven-dita, in forma di lozione, la prima specialitàfarmaceutica a base di 17 alfa estradiolo. Ècommercializzata dalla Merz con il nome di

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Pantostin®, è anche commercializzata dallaGalderma con il nome di Ell Cranell Alpha®,in Italia viene prescritta da alcuni medicicome preparato galenico in concentrazioniche vanno dallo 0.015% allo 0.1%.Per quanto riguarda gli effetti collaterali del17 alfa estradiolo, in “rete” non si trovanomolti “si dice” se non effetti probabilmentelegati ad irritazione cutanea da eccipientidelle lozioni contenenti anche 17 alfa estra-diolo; la maggior parte dei blog si sofferma sutimori e problematiche dovute alla confusio-ne che molti pazienti fanno con il metabolitaattivo, il 17 beta estradiolo. Quindi spesso sualcuni forum si paventano disturbi ormonali,dislipidemia, femminilizzazione dei caratterisessuali, ginecomastia, depressione, cambia-menti della libido, K mammario ecc... tuttieffetti che non possono naturalmente essereattribuiti al metabolita inattivo 17 alfa estra-diolo.

Conclusioni

Andando ad esaminare una parte, seppurminima data l’enormità del numero deiforum e dei siti riguardanti le problematichetricologiche, emerge una grande confusioneda parte dei pazienti sugli effetti collaterali oavversi delle molecole più diffuse in tricolo-gia.Da questo mare magnum di informazioni pro-venienti dalle più svariate fonti generano per-lopiù paure e convinzioni errate che portanopoi in ultima analisi a errori terapeutici o allasospensione delle terapie indicate. Si evidenzia quindi la necessità di fonti scien-tifiche che possano dare informazioni attendi-bili tranquillizzando e indirizzando i pazientialle figure professionali più qualificate ridu-cendo così al minimo paure ed errori causatidai “si dice”... presenti in un numero eleva-

tissimo di forum-blog. Queste conclusioni naturalmente non pre-scindono da un’adeguata visita con anamnesiapprofondita e esami ematochimici (se siintende utilizzare finasteride è auspicabileprescrivere anche uno spermiogramma primadi iniziarne la somministrazione).

Riferimenti:

Orfanos CE, Vogels L. - "Local therapy of androge-netic alopecia with 17 alpha-estradiol. A controlled,randomized double-blind study" - Dermatologica1980;161(2):124-32.

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