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E-DIÁLOGUE • Nr 5 anno 2010 1 Nr 5 anno 2010 SOMMARIO Lettera del presidente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 Vita della Chiesa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 la ostensione della sindone Giornata delle vocazioni Viaggio in Portogallo- Fatima Vita della CMIS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Consiglio esecutivo Come aderire alla cmis? Vita degli istituti: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 Figlie della regina degli Apostoli Oblatas Diocesanas Missionari della regalità Oblatas franciscanas COMI Khristusa Krola Misioneras apostolicas de la caridad Volontarie della carità Missionarie della regalità Oblatos diocesanos Sacerdoti missionari della regalità CIIS Integrazione di informazione Comis Testimonianze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 viaggio Missionario a Roraima Il peso delle parole Suonerò l’arpa a dieci corde Lettera dalla Sierra Leone Spigolando . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 ricordando Oscar Romero E-DIALOGUE Conference Mondiale Instituts Seculiers cmis

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E-DIÁLOGUE • Nr 5 anno 2010 1

Nr 5 anno 2010

SOMMARIO Lettera del presidente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2

Vita della Chiesa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3la ostensione della sindone Giornata delle vocazioni Viaggio in Portogallo- Fatima

Vita della CMIS. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5Consiglio esecutivoCome aderire alla cmis?

Vita degli istituti:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6Figlie della regina degli ApostoliOblatas Diocesanas Missionari della regalitàOblatas franciscanasCOMIKhristusa KrolaMisioneras apostolicas de la caridadVolontarie della caritàMissionarie della regalitàOblatos diocesanosSacerdoti missionari della regalitàCIIS Integrazione di informazione Comis

Testimonianze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10viaggio Missionario a RoraimaIl peso delle paroleSuonerò l’arpa a dieci cordeLettera dalla Sierra Leone

Spigolando . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20ricordando Oscar Romero

E-DIALOGUEConference Mondiale Instituts Seculierscmis

E-DIÁLOGUE • Nr 5 anno 2010 2

Comunicazione urgenteFinalmente siamo in grado di farvi accedere al nuovo sito. La pagina web è stata

rinnovata. Ora abbiamo bisogno della vostra collaborazione: vi preghiamo di accedereall’indirizzo cmis-int.org e verificare le informazioni del vostro istituto in esso riportate.Se fosse necessario integrarle o correggerle siete pregati di inviare comunicazione urgentea [email protected]

grazie

Giungiamo a questo nuovo e-dialogue numero 5 in un momento difficile . sì corronotempi difficili.

In una prospettiva mondiale la crisi economica e morale , continua a farsi sentire e sonomolte le sofferenze delle persone e delle famiglie che vediamo nei nostri paesi.

Sembra che sia ancora lontano l’orizzonte del ritorno alla normalità.

Nello stesso tempo , all’interno della Chiesa , sebbene siamo nel tempo pasquale, sembrasi stia prolungando una via crucis di passione , per il terribile scandalo degli abusi sessuali,che ci tocca tutti come membri di una chiesa di santi e peccatori .

Quale dovrebbe essere le nostra risposta come consacrati secolari?

In primo luogo una profonda riflessione , a tutti i livelli .

Una riflessione che deve essere illuminata dalla luce della fede nel Signore . Unariflessione e una fede che ci facciano intendere che la fragilità e l’inclinazione al peccato è undato permanente nell’uomo. Che teniamo un tesoro in vasi di argilla . E ogni essere umano ècosì: creato e scelto da Dio, però debole e peccatore . Una riflessione che non si rifugi nelsemplice lamento, ma che dica, con parole di fede, quello che ha espresso con vigore il PapaBenedetto XVI nella lettera ai cattolici di Irlanda :” credo fermamente nel potere risanatoredel suo amore sacrificale”.

In secondo luogo la nostra parola non deve essere diversa da quella della chiesa, nellapersona del Santo Padre: vegliare perché non accada ; bloccare il male con prontezza,abbondare in carità e misericordia alle vittime .

Ma la più grande risposta che possiamo dare è la nostra santità di vita . E’ la miglioreriposta alla crisi del mondo e agli scandali nella Chiesa .. la nostra missione nel mondo cicolloca in un luogo privilegiato per per testimoniare questa santità di vita.

Che la nostra vita sia una manifestazione della espressione paolina:”Dove abbondò ilpeccato sovrabbondò la grazia” (Rm 5,20)

Lettera del presidenteTEMPO DI CRISI, TEMPO DI FEDE

E-DIÁLOGUE • Nr 5 anno 2010 3

OSTENSIONE DELLA SINDONENella primavera del 2010, dopo 10 anni dall’Ostensione del Giubileo, la Sindone sarà

nuovamente esposta nel duomo di Torino dal 10 aprile al 23 maggio.

Nel 2010 per la prima volta sarà possibile vedere direttamente la Sindone dopol’intervento per la la conservazione a cui è stata sottoposta nel 2002.

Nuovo e più ricco di informazioni sarà l’allestimento del percorso di introduzione allavisione del Lenzuolo, che, tra le altre cose, nell’area di pre lettura proporrà inedite immaginiad altissima risoluzione.

per visitare la Sindone occorre prenotarsi rivolgendosi ad un call center telefonico(numero verde 008000SINDONE oppure 0114399901 per chi chiama da cellulare). Neigiorni dell’ostensione sarà anche reso disponibile un servizio di prenotazione “immediata”(per visite in giornata) presso un punto di accoglienza che sarà allestito in piazza Castello,nelle adiacenze del Duomo. Massima attenzione sarà riservata alle esigenze di ammalati,disabili, religiosi e pellegrinaggi diocesani.

L’ostensione della Santa Sindone sarà accompagnata da iniziative ecclesiali e culturali,appuntamenti che nei prossimi mesi saranno definiti dal comitato organizzatore.

Durante l’ostensione, domenica 2 maggio il santo Padre Benedetto XVI sarà a Torino ecelebrerà la Messa in piazza San Carlo.

GIORNATA DELLE VOCAZIONIIl 25 APRILE 2010 - IV DOMENICA DI PASQUA è stata la giornata delle vocazioni.

Come consuetudine il santo padre ha affidato un suo messaggio di cui riportiamo alcune parti

l Tema: La testimonianza suscita vocazioni.

(…) Già nell’Antico Testamento i profeti erano consapevoli di essere chiamati con la loroesistenza a testimoniare ciò che annunciavano, pronti ad affrontare anche l’incomprensione,il rifiuto, la persecuzione. Il compito affidato loro da Dio li coinvolgeva completamente,come un “fuoco ardente” nel cuore, che non si può contenere (cfr Ger 20,9), e perciò eranopronti a consegnare al Signore non solo la voce, ma ogni elemento della loro esistenza. Nellapienezza dei tempi, sarà Gesù, l’inviato del Padre (cfr Gv 5,36), a testimoniare con la suamissione l’amore di Dio verso tutti gli uomini, senza distinzione, con particolare attenzioneagli ultimi, ai peccatori, agli emarginati, ai poveri. Egli è il sommo Testimone di Dio e del suoanelito per la salvezza di tutti. All’alba dei tempi nuovi, Giovanni Battista, con una vitainteramente spesa per preparare la strada a Cristo, testimonia che nel Figlio di Maria diNazaret si adempiono le promesse di Dio. Quando lo vede venire al fiume Giordano, dovestava battezzando, lo indica ai suoi discepoli come “l’agnello di Dio, colui che toglie ilpeccato del mondo” (Gv 1,29). La sua testimonianza è tanto feconda, che due dei suoidiscepoli “sentendolo parlare così, seguirono Gesù” (Gv 1,37).

Vita della Chiesa

E-DIÁLOGUE • Nr 5 anno 2010 4

(…) Elemento fondamentale e riconoscibile di ogni vocazione al sacerdozio e allaconsacrazione è l’amicizia con Cristo. Gesù viveva in costante unione con il Padre, ed è questoche suscitava nei discepoli il desiderio di vivere la stessa esperienza, imparando da Lui lacomunione e il dialogo incessante con Dio. Se il sacerdote è l’ “uomo di Dio”, che appartienea Dio e che aiuta a conoscerlo e ad amarlo, non può non coltivare una profonda intimità conLui, rimanere nel suo amore, dando spazio all’ascolto della sua Parola. La preghiera è la primatestimonianza che suscita vocazioni. Come l’apostolo Andrea, che comunica al fratello di averconosciuto il Maestro, ugualmente chi vuol essere discepolo e testimone di Cristo deve averlo“visto” personalmente, deve averlo conosciuto, deve aver imparato ad amarlo e a stare con Lui.

(…) Ogni presbitero, ogni consacrato e ogni consacrata, fedeli alla loro vocazione,trasmettono la gioia di servire Cristo, e invitano tutti i cristiani a rispondere all’universalechiamata alla santità. Pertanto, per promuovere le vocazioni specifiche al ministero sacerdotaleed alla vita consacrata, per rendere più forte e incisivo l’annuncio vocazionale, è indispensabilel’esempio di quanti hanno già detto il proprio “si” a Dio e al progetto di vita che Egli ha suciascuno. La testimonianza personale, fatta di scelte esistenziali e concrete, incoraggerà igiovani a prendere decisioni impegnative, a loro volta, che investono il proprio futuro. Peraiutarli è necessaria quell’arte dell’incontro e del dialogo capace di illuminarli e accompagnarli,attraverso soprattutto quell’esemplarità dell’esistenza vissuta come vocazione.

Benedetto XVI

l Dal viaggio in Portogallo- Fatima

La Vergine Maria è venuta dal Cielo per ricordarci verità del Vangelo che costituiscono perl’umanità, fredda di amore e senza speranza nella salvezza, sorgente di speranza. Certo, questasperanza ha come prima e radicale dimensione non la relazione orizzontale, ma quella verticale etrascendente. La relazione con Dio è costitutiva dell’essere umano: questi è stato creato e ordinatoverso Dio, cerca la verità nella propria struttura conoscitiva, tende verso il bene nella sferavolitiva, ed è attratto dalla bellezza nella dimensione estetica. La coscienza è cristiana nella misurain cui si apre alla pienezza della vita e della sapienza, che abbiamo in Gesù Cristo. La visita, cheora inizio sotto il segno della speranza, intende essere una proposta di sapienza e di missione.

Da una visione sapiente sulla vita e sul mondo deriva il giusto ordinamento della società.Posta nella storia, la Chiesa è aperta per collaborare con chi non marginalizza né riduce alprivato l’essenziale considerazione del senso umano della vita. Non si tratta di un confrontoetico fra un sistema laico e un sistema religioso, bensì di una questione di senso alla quale siaffida la propria libertà. Ciò che distingue è il valore attribuito alla problematica del senso e lasua implicazione nella vita pubblica. (…)Il vivere nella pluralità di sistemi di valori e di quadrietici richiede un viaggio al centro del proprio io e al nucleo del cristianesimo per rinforzare laqualità della testimonianza fino alla santità, trovare sentieri di missione fino alla radicalità delmartirio.

Benedetto XVI

E-DIÁLOGUE • Nr 5 anno 2010 5

Nei giorni 18-21 marzo si è avuta la riunione del consiglio esecutivo della conferenzamondiale nella sede di casa La Salle. L’agenda dei lavori è stata molto intensa …

Il presidente, dopo una ampia relazione sul lavoro svolto ha invitato i consiglieri adapprofondire temi quali: -la riforma degli Statuti della CMIS.- La preparazione dellaprossima assemblea generale e la preparazione di un congresso di studio che la precederà -lacreazione di una nuova rivista di approfondimento,- la ri-attualizzazione della pagina web chesta per vedere la luce e di cui i consiglieri hanno potuto vedere la realizzazione in anteprima.

Sul tema degli Statuti si è avuto un interessante incontro con il P. Paciolla sottosegretariodella congregazione nonché esperto canonista che ha offerto contributi di lettura della normae delle sue interpretazioni nel rispetto del cammino di organismi come la CMIS che egli hadefinito organismi di comunione e non di governo.

Sul tema della creazione di una nuova rivista la presidenza CMIS ha predisposto unapprofondimento seminariale del consiglio esecutivo con alcuni esperti e professori risultatomolto interessante, aprendo stimoli e prospettive per continuare ad essere leader nelcammino di formazione degli istituti.

Per il capitolo congresso e si è deciso di dare vita ad un comitato organizzatore checollaborerà con Ewa Kusz e dovrà definire nei dettagli il tema e il metodo di lavororaccogliendo dalle suggestioni offerte dai consiglieri

Riguardo all’assemblea il consiglio ha deciso che sarà celebrata in Assisi, luogo suggestivoe carico di spiritualità, sarà preceduta dal congresso . La data fissata è quella del 23-29 luglio2012. Cominciamo a prepararci fin da questo momento con la preghiera e con la riflessionisui temi che man mano saranno fatti conoscere.

l Per aderire alla CMIS

Ci sembra importante ricordare alcune notizie utili relative all’adesione alla CMIS da partedegli istituti secolari di diritto diocesano e pontificio:

Prima adesione: richiesta scritta della /del responsabile generale dell’Istituto con accettazione degli Statuti

della CMIS (art 3 degli Statuti)

versamento della quota di adesione (stabilito dal Consiglio esecutivo cf.art 15 degli Statuti)

Alla richiesta vanno allegati:

a) copia del decreto di erezione dell’istituto da parte dell’autorità competente (Vescovodiocesano o Santa Sede).

Vita della CMIS

E-DIÁLOGUE • Nr 5 anno 2010 6

b) una breve presentazione dell’istituto, con indicazione delle coordinate di riferimentoquali: la sede- la diffusione- il numero dei membri- la composizione del consiglio, - ilnome e l’indirizzo della persona a cui inviare la corrispondenza - indirizzo mail- paginaweb- lingua preferita per le comunicazioni .

c) la data dell’ultima assemblea elettiva celebrata

L’importo della quota da versare sarà indicato alla/al responsabile generale in seguito allarichiesta di iscrizione.

Rinnovo di adesione:1) richiesta di rinnovo con indicazione numero membri

2) versamento della quota di adesione per l’anno in corso.

Il mancato versamento della quota equivale a mancata adesione, salvo eventuale dispensadel Consiglio esecutivo

l Figlie della Regina egli Apostoli (FRA) Italia

Sabato e domenica 10-11 aprile 2010 in tre sedi diverse in ITALIA, è stata organizzatauna due giorni di orientamento vocazionale. Il tema dell’incontro “ABBIAMO TROVATOIL MESSIA” è determinato dal tema della giornata mondiale delle vocazioni 2010.

A ciascuna due gg farà seguito un appuntamento di ripresa a tema in date diverse aseconda della sede di riferimento.

Le sedi dei tre incontri sono: Affi (Vr), Firenze, Palermo

l Oblatas Diocesanas-Argentina

Cambio di Responsabilità Buenos Aires L’istituto secolare delle oblate diocesane, riunito in assemblea generale

ordinaria ha rinnovato il proprio direttivo per il periodo che va da febbraio 2010 a febbraio2013. responsabile generale è stata eletta Rosa Estela Giachetti, mentre MatildeGermanovich è stata eletta vice responsabile e incaricata per la formazione. Comeresponsabile per la missione è risultata Margarita Carrizo, e responsabile di amministrazionee povertà Maria Isabel Iannizzotto.

A tutte auguriamo un fecondo lavoro.

l Missionari della Regalità Italia

Organizza un Tempo di ricerca – ovvero una proposta per chi desidera riflettere sullapropria vocazione

A tale scopo propone un corso di orientamento per una scelta di vita. Ovvero unaoccasione per conoscere una particolare forma di vita consacrata, in cui si è chiamati a vivere

Dagli Istituti

E-DIÁLOGUE • Nr 5 anno 2010 7

da laici nella propria famiglia e nell’esercizio del proprio lavoro , presenti con cuore nuovo espirito nuovo, in ogni ambiente e nelle situazioni più diverse della vita . il corso sarà realizzatoin tre incontri fine settimana nei giorni 1-3ottobre 2010-sul tema Una proposta di vita

gennaio 2011 la chiamataMarzo 2011 le beatitudiniGli incontri sono aperti a tutti i giovani dai 20ai 35 anni

l Oblatas Franciscanas Messico

Nei giorni 28 31 marzo ha celebrato la assemblea generale

l COMI Italia

Il 12 marzo Giovanna Cl. è ritornata a Kinshasa,accompagnata da Andreina. Con Antonietta e le altre due Comi del posto continuerà a

portare avanti una missione non facile, in un paese in cui i bisogni materiali e spirituali deipiù poveri sono sempre enormi. In seguito anche Giovanni B., Ausiliare delle COMI, si èrecato a Kinshasa.

Andreina e Giovanni sono rientrati in Italia a fine marzo.CALL

l Khristusa Króla Polonia

pone un interrogativo aperto: “Lo sapevate che si può servire Dio come personaconsacrata nel mondo?

Se stai cercando di capire il loro modo di vivere e vorresti donarti a Gesù restando laicoconsacrato ti invitiamo a

incontro di PREGHIERAdurante il quale pregare insieme per conoscere la vocazione specificaData della riunione:inizio - 19 Giugno 2010 (Sabato), 09.30 g.,fine - 20 giugno 2010 (Domenica), 13.00 g.

Luogo: Centro “Emmaus” sarà presente: fr. Dr. Peter Walkiewicze membri dell’Istituto Secolare Khristusa Króla

l Misioneras Apostolicas De La Caridad -Spagna

Accompagnate dalla preghiera di tante persone amiche hanno felicemente celebrato laloro assemblea elettiva dal 21 al 28 febbraio 2010

E’ risultata eletta Mercedes Moratinos Torres dopo un accurato lavoro e una lungariflessione e sul carisma e la vita dell’istituto secolare

E-DIÁLOGUE • Nr 5 anno 2010 8

l Volontarie della carità- Italia

in vista e in preparazione della prossima ‘assemblea,, sabato 17 aprile si è svolto a SanDonà un incontro zonale dell’Istituto, all’interno della formazione permanente programmataogni anno, con la partecipazione di Volontarie ed Associati.

“Naturalmente - commenta la vicepresidente dell’Istituto questo incontro ha avuto untaglio particolare: riflettere sui problemi emergenti dell’Istituto. L’incontro è stato benpartecipato, intenso anche per il tempo che non è mai sufficiente, gioioso come semprequando ci si incontra in famiglia”.

Dal 31 luglio al 5 agosto 2010 a Camposampiero in provincia di PadovaSi svolgerà dall’assemblea generale elettiva dell’Istituto secolare Volontarie della Carità .

Avrà per tema: “Riscoprire le proprie radici per rispondere alle sfide dell’uomo d’oggi”.Sarà preceduta dall’annuale corso di esercizi spirituali riservati ai membri dell’Istituto,associati e Volontarie.

l Missionarie della regalità- Italia

L’Istituto vive quest’anno un momento particolare con l’Assemblea delle due Zone, Italiaed USA, e con l’Assemblea Generale che si terrà a La Verna dal 21 al 27 agosto.

È un evento che nella vita dell’Istituto si verifica solo una volta ogni venti anni, quando lediverse scadenze delle Zone (4 anni) e del Consiglio Centrale (5 anni) coincidono.

Riteniamo questo un evento di grazia straordinario poiché la maggior parte delleMissionarie dell’Istituto sono coinvolte insieme nel progettare il futuro.

L’Assemblea è infatti il momento più significativo della verifica e della progettualitaall’interno della comunità fraterna alla luce del carisma dell’Istituto. È la Parola di Dio che ciaccompagna e ancora una volta ci spinge a cogliere le sfide della storia, del mondo e dellaChiesa di oggi aprendo il cuore alla missione e ripensando la struttura e la vita dell’Istitutoalla luce delle Parole del Signore: “Duc in altum”. Sarà, infatti, il tema della Missione, cuoredel nostro carisma, a unificare i cammini assembleari e a guidarci nella novità dello Spirito,consapevoli che il carisma non è un fossile ma un organismo vivente capace di sempre nuovie creativi sviluppi.

l Oblatos diocesanos -Argentina

Il 5-6 giugno presso il centro Padre Elizalde nella città di Resistencia L’istituto promuoveun incontro di formazione per i propri membri

l Sacerdoti Missionari della Regalità -Italia

La Commissione Formazione Permanente presenta alcune schede su “la virtù della fedenelle relazioni di vita del prete” da utilizzare per gli incontri mensili di gruppo del 2010 . suiseguenti temi:

1) “Fede senza speranza: prete angosciato?”2) “Vita senza fede: prete funzionario?”3) “Fede senza vita: prete intimista?”

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4) “Parola senza fede: prete speaker?”5) “Fede senza profezia: prete miope?”6) “Fede senza rischio: prete solitario?”

Come si può già evincere dai titoli, le schede risultano particolarmente stimolanti perchési aprono con una domanda che tocca il vissuto del prete e invita alla verifica in ordine alservizio ministeriale, alle scelte pastorali, al linguaggio nella comunicazione della fede, alrapporto col mondo e la storia

l CIIS - Conferenza italiana istituti secolari

Svolgerà a Sassone (Roma) la assemblea generale elettiva nei giorni 8-9 Maggio p.v. sultema “NOI CITTADINI DEL MONDO Inculturazione-Discernimento-Formazione”

E’ prevista al mattino del giorno 8 una relazione di Giorgio Mazzola dal titolo:“Con il mondo nel cuore, il cammino degli Istituti Secolari”

l Corso formatori

nei giorni 4-6 giugno presso l’istituto di Maria Bambina , realizza un corso per formatorisul tema “il formatore accompagna ad accogliere , vivere, ravvivare , il dono della chiamata”

l KKIS conferenza polacca istituti secolari

Ha tenuto a Czerna il 27.04.2010 la riunione del Consiglio esecutivo sono stati programmatiCorso per formatori – durata 2 anni e si svolgerà in 4 weekend. Saranno privilegiati

temi della formazione umana Un simposio per l’ autunno 2011 sul tema della secolarità. Partendo dal la spiritualità

dell’incarnazione Curare un database di psicologi, che possano essere utili gli istituti secolari per scopi

diagnostici e terapeutici, o anche formativi Cercare di ottenere da parte della nostra conferenza la partecipazione ai Consigli ed alle

commissioni della Conferenza Episcopale Polacca, specialmente al consiglio per i laici e lapastorale.

l Comis – Conferenza messicana istituti secolari

Precisiamo che nell’ultima assemblea della comis anche Maricela Zarate , è entrata a farparte del nuovo consiglio insieme a Cristina Ventura vice presidente –Laura de Leonsegretaria –Irma de la Garza Quintanilla- Ana Maria Quiles-Yolanda Escobar

E-DIÁLOGUE • Nr 5 anno 2010 10

l Viaggio missionario A Roraima

Ultimamente lo Stato brasiliano di Roraima ha fatto parlare molto di sé nei giornali e neimedia nazionali in occasione del riconoscimento della Terra Indigena Raposa Serra do Soldaparte della Corte Suprema Federale. Un dibattito collegato a questioni importanti, tra lequali l’internazionalizzazione dell’Amazzonia il polmone verde dell’umanità, la sovranitànazionale, il diritto degli indigeni a vivere in pace nei loro territori ancestrali?. Talidiscussioni hanno evidenziato i conflitti esistenti già da molto tempo tra i grandi produttoriagricoli e i popoli indigeni, tra l’azione politica regionale e quella della chiesa cattolica, chespesso è criticata e perfino perseguitata, perché difende i diritti di chi non ha voce: gli indios,i piccoli produttori rurali e i lavoratori delle città.

Roraima si trova nel nord del Brasile in piena foresta amazzonica ed è come un grandemosaico di culture e di diversità etniche, formatosi attraverso un processo storico che haavuto inizio nel secolo XVIII. Oggi questo territorio ospita, oltre ai suoi cittadini autoctoni,anche molti migranti e figli di migranti provenienti da vari Stati del Brasile, soprattutto dalleregioni del nordest e del sud.

Come un immenso mosaico è anche la natura che forma lo scenario di Roraima: boschi,montagne, foresta vergine, laghi, ruscelli e lunghi corsi d’acqua come l’imponente RioBranco, fiume dalle acque chiare che attraversa tutto lo Stato per diventare, poi, uno deiprincipali affluenti del Rio Negro.

Questa grande festa delle diversità, che la fauna e la flora ci presentano, molte volte vienesoffocata da interessi individuali ed egoistici, che arrivano non solo a danneggiare l’ambiente,ma anche a negare gli esseri umani nella loro originalità, cultura e persino nella loro stessaesistenza. Talvolta, anzi, è più facile accogliere e ammirare la varietà della natura cheaccogliere e ammirare la diversità dell’uomo.

Anch’io sono originaria di Roraima, da cui sono partita circa otto anni fa per seguire lamia vocazione come missionaria secolare scalabriniana. In questo periodo ho potutocompiere nella mia vita alcuni passi di esodo, camminando, migrante con i migranti, allasequela di Gesù nella vita consacrata, con i voti di povertà, castità e obbedienza, che hopronunciato nel 2005, a Solothurn, in Svizzera. Quel giorno ho ricevuto il mio primo inviomissionario che oggi mi chiama a vivere a San Paolo al Centro Internacional de Formaçãopara Jovens Scalabrini.

Al Centro Internazionale condividiamo la sete e la ricerca dei giovani, che hanno tanterisorse e aspettative, ma che sono a volte oppressi dalla difficile ricerca di un lavoro edisorientati dal movimento frenetico e frammentato della città. Come in un laboratorio,tentiamo di vivere l’accoglienza delle diversità, partendo dall’esperienza che prima di tutto èDio ad accogliere ed amare ciascuno di noi, donando senso alla nostra esistenza.

In questi anni ho potuto incontrare immigrati e rifugiati nella Casa do Migrante deimissionari scalabriniani, anche attraverso il servizio di un corso di portoghese. E un’altra

Testimonianze

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occasione per vivere la collaborazione con i missionari è stata la presenza all’istitutoCristoforo Colombo, dove ho insegnato religione ai bambini che alloggiano in quella casa, iquali provengono da famiglie in difficoltà dei quartieri più poveri. Questi ragazzi portanocon sé tante ferite e sofferenze, ma sono pieni di vita e di desiderio di amore. E un grandedono e una responsabilità poter coltivare in loro la fiducia e la speranza in Dio e negli altriperché possano costruire il proprio futuro.

Dopo la laurea in Lingua portoghese, da due anni ho iniziato un master nel campo dellecomunicazioni sociali. La tesi a cui sto lavorando s’intitola: “I popoli indigeni nel discorso deimedia” e prende in considerazione la difficile realtà degli indios a Roraima. Dal tempo dellacolonizzazione fino ad oggi essi sono rimasti uomini senza voce e senza diritto alla terra. Il loropunto di vista non ha spazio nella comunicazione, ciò che conosciamo di loro ci viene trasmessoda altri: dai politici, dai grandi latifondisti e dai mass media. È una condizione propria anche ditante altre minoranze portatrici di diversità, tra cui gli immigrati, la cui immagine è spessocostruita dai mezzi di comunicazione in base ad interessi politici ed economici.

La regione amazzonica, dove sono nata e cresciuta, e la megalopoli di San Paolo, dove so-no inviata come missionaria, sono due contesti molto diversi, ma entrambi attraversati darealtà contrastanti e dolorose. Realtà che chiedono risposte coerenti con la fede cristiana:l’opzione a favore dei meno fortunati e di chi non ha diritti, la ricerca di vivere il vangelonelle situazioni di ingiustizia sociale e la scelta della fraternità con tutti.

Seguire la propria vocazione di consacrazione a Dio non significa allontanarsi dalla realtàstorica o diventarne indifferenti, ma vuol dire lasciare che il protagonista della mia e nostrastoria sia lo stesso Dio Padre. Egli desidera compiere, anche attraverso di noi, il suo regno digiustizia e di pace. Aderendo al suo progetto di amore, posso consegnare a Lui la mia vita, ilmio popolo, tutta l’umanità e le situazioni di ingiustizia che hanno bisogno di una rispostaevangelica radicale. L’offerta totale di me stessa e del mondo a Lui apre la possibilità di averparte al movimento inarrestabile di amore che riceviamo ogni giorno nell’Eucaristia, unmovimento di trasformazione che può penetrare ovunque e dare luce alle azioni e agliavvenimenti di ogni glomo.

Durante questi anni di cammino missionario, ho già potuto contemplare molti segni dellapresenza di Dio. Uno di questi è stato il viaggio che, insieme ad altre quattro missionarie, hocompiuto di recente a Roraima in occasione di un grande congresso giovanile organizzatodalla diocesi.

Nella spiritualità dell’esodo, condividendo l’esperienza viva dei migranti, non si ritornamai al proprio luogo di origine come si era prima. E stato proprio questo ciò che ho vissuto.Il mio viaggio a casa non era più un fatto individuale, ma un invio comunitario. E anchel’accoglienza della mia famiglia e della chiesa locale si è allargata a tutta la mia comunità:un’espressione del grande amore di Dio che ci unisce, al di là delle appartenenze di sangue edi cultura, perché diventiamo la sua famiglia divina nella diversità dei nostri doni.

Abbiamo incontrato una chiesa viva, giovane e attiva, che, nonostante le sfide e le con-traddizioni, cammina testimoniando una dimensione missionaria a 360°, sia nel capoluogoche nelle cittadine disperse nel vastissimo territorio di Roraima. Anche questo è frutto della

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presenza di Dio che conduce la storia del suo popolo: la diocesi ha accolto numerosimissionari provenienti da diverse parti del mondo e del Brasile, disponibili a collaborare conla chiesa locale.

La mia visita in Roraima mi ha fatto ricordare un incontro avuto anni fa con il vescovodella diocesi, Dom Roque Paloschi, che mi ha segnato profondamente. Mentre il Vescovo miparlava dei missionari che erano presenti in diocesi e del bel lavoro che stavano svolgendoaveva aggiunto: “Figlia, la nostra terra ha già accolto molti missionari e missionarie che hannodato e continuano a dare la vita per il regno di Dio. Tu sei la nostra piccola risposta che diceche possiamo dare della nostra povertà. Segui la strada che Dio ti ha indicato e per la quale tiha chiamato. Ma ricordati sempre di cercare la santità, è questo che Dio vuole da noi”.

Ho accolto queste sapienti parole come un vero e proprio invio missionario, con la stessagioia profonda che mi aveva fatto lasciare Roraima per camminare, non solo con il miopopolo, ma con tutti i popoli e, col cuore universale, accogliere il dolore e le speranze delmondo nella certezza che è Lui, Gesù Cristo, il Signore della storia di ogni uomo.

Egli è più che mai presente con il suo Santo Spirito, amore creativo di Dio, che vuoleformare di tutti i popoli una sola famiglia, unita nella diversità, e chiede la nostradisponibilità ogni giorno.

Elisangela

1 Per approfondire il tema del processo di riconoscimento della Terra Indigena Raposa-Serra do Sol vedi:www.socioambiental.org/ins/esp/raposa;www.survival.it/notizie/4357.

Da: Sulle strade dell’esodo, n. 1 –

l Il peso delle parole

Abbiamo raccolto a Basilea la testimonianza di un’amica svizzera, Anne Claire Galli, chelavora come volontaria presso il Servizio pastorale ecumenico per i richiedenti asilo dove siamopresenti anche noi missionarie. Con semplicità ci ha raccontato cosa è avvenuto durante unaserata informativa, organizzata dalle autorità cittadine, nel suo quartiere. La popolazione dellazona era stata invitata per ricevere spiegazioni riguardo all’apertura di un nuovo alloggio perstranieri che hanno richiesto asilo politico in Svizzera.

“Sono arrivata con un po’ di ritardo, a dibattito già iniziato. Alcune voci stavanocriticando l’ipotesi di aprire nel nostro quartiere un nuovo Centro per i richiedenti asilo,vicinissimo ad uno preesistente. In seguito a questi commenti si era subito creato un clima diostilità contro i rifugiati: le osservazioni critiche e negative si rafforzavano e stimolavano avicenda. I rappresentanti delle autorità cittadine, come pure il responsabile della polizia sisono presi allora il tempo per spiegare con calma, tatto e molta pazienza perché eranecessaria un’ulteriore struttura di accoglienza nel nostro quartiere.

C’era bisogno, però, di maggiore chiarezza: taluni interpretavano erroneamente la

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proposta delle autorità di utilizzare guardie di sorveglianza private (“Securitas”) percontrollare i dintorni delle due case come prova della pericolosità dei rifugiati.L’argomentazione delle autorità si snodava invece intorno allo scopo di “tranquillizzare lapopolazione e diminuirne la paura”!

L’atmosfera in sala sembrava svilupparsi in modo molto spiacevole e avverso ai richiedentiasilo, finché una persona – anche lei un po’ ansiosa e preoccupata – è riuscita a farsi avanti erivolgersi ai partecipanti chiedendo loro chi avesse già avuto concretamente delle esperienzenegative con i rifugiati e di che genere fossero state. La parte del pubblico contraria alCentro, inizialmente abbastanza rumorosa, si è ridotta alla fine a due persone: una signora silamentava per il “fastidio di aver già ricevuto delle offerte di matrimonio da parte deirifugiati, passando davanti a casa loro”, un’altra sosteneva di essere stata “disturbata dalrumore di una famiglia di richiedenti asilo, che abitavano vicino a lei”. Ma, a poco a poco sisono fatte anche sentire delle voci che raccontavano di aver avuto incontri sereni con personestraniere, con le quali erano poi nati scambi molto arricchenti e talvolta persino un’amicizia!Altri si dicevano curiosi di sapere “come entrare in contatto con dei richiedenti asilo” e“come fare per conoscerli”. C’è stato poi chi ha lanciato l’idea di organizzare qualcosainsieme a loro in occasione della tradizionale festa di quartiere in autunno.

La stessa persona che aveva chiesto che cosa concretamente si dovesse temere dai rifugiatiha poi proposto un nuovo incontro della popolazione con le autorità e la polizia alcuni mesidopo l’apertura dell’alloggio: un’occasione per fare una valutazione e per constatare magariche la convivenza non è poi così terribile come si era temuto e per cercare di risolvereassieme eventuali problemi. L’idea è stata approvata da tutti e l’incontro è terminato inun’atmosfera molto più aperta e gradevole di quella iniziale. Le voci forti ed aggressivedell’inizio non si sono fatte più sentire: si sono progressivamente chetate, forse accorgendosidi non aver più la maggioranza dalla propria parte.

È stata un’esperienza forte vedere il peso che possono avere parole e testimonianzepositive contro la paura, la xenofobia e l’aggressività che ne risulta. Certo quest’influenzapositiva dipende da ciascuno e fa appello ad ogni singola voce! E lì, all’inizio, quandol’aggressività è ancora allo stadio delle parole, che si può (e si deve) intervenire; dopo diventamolto più difficile e spesso più rischioso. Rimane da sperare che tra la popolazione locale e irichiedenti asilo si aprano possibilità ed occasioni per degli incontri veri: saranno quelli, nesono convinta, che aiuteranno a diminuire le paure.

A cura di FelicinaDa: Sulle strade dell’esodo n°4 dicembre 2009

l Suonerò l’arpa a dieci corde

Suonerò l’arpa a dieci corde dopo dieci, venti, trenta e più anni di consacrazione!

E importante riscoprire l’anima canora di noi consacrate: ogni consacrato canta, suona e danza,ringrazia il Signore per gli anni di vita, scopre ogni giorno il dono della vocazione, un grande dono.

Tutti i nostri anni, tutti gli eventi devono risuonare come un canto di lode, anche se ci

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sono alcune corde stonate, i piccoli e i grandi dispiaceri, le prove, le delusioni, che con lagrazia di Dio possiamo accordare. Queste non devono farci impantanare, non devono farciperdere la letizia. Spesso, invece, con l’avanzare degli anni ci troveremo a lodare Dio proprioper quelle cose e non per altre che forse ci pesano, ci appiattiscono.

Dalla lettura quotidiana della Parola di Dio sappiamo bene che il vero atteggiamentobiblico è la letizia, la gioia, l’esultanza: un atteggiamento profondo, autentico come quello delnostro padre e maestro Don Bosco. Dove possiamo attingere questa letizia, non certo da noi,ma dalla fede in Dio che ce la dona nella preghiera paziente e vigilante. Questa letizia è ilsegreto profondo della vita consacrata, è il segno che il nostro rapporto con Dio, con lemediazioni nell’Istituto e con il prossimo è a posto.

Certo è facile il canto agli inizi del nostro cammino di consacrazione, ma poco a poco ilfiato per cantare si fa corto e dobbiamo chiedere al Signore la stessa grazia che ha fattocantare Maria con entusiasmo, sia alla nascita di Gesù quando Simeone le ha profetizzato laspada, sia quando Gesù si è allontanato da casa, sia quando era sotto la croce. Proprio perquesta grazia Maria non ha mai perso la convinzione del suo primo “sì” e non ha mai pensatodi aver sbagliato tutto quando non riusciva a capire la volontà del Padre. Maria deve essere ilnostro modello sempre: dobbiamo guardare a Lei per attingere forza e coraggio e perimparare la fede e l’umiltà della preghiera.

Il Padre vuole che tutto il nostro essere vibri per Lui nel canto e nella gioia e ci aspettasempre, come quel padre aspettava il figlio che si era allontanato e ci accoglie e ci aiutasempre. La nostra letizia, raccomandata da Don Bosco, è fondata su questo amore prevenientedel Padre e sulla consapevolezza che Cristo che noi seguiamo ha cantato prima della Passione,ha vinto il peccato e la morte abbandonandosi al Padre. Certo al canto del salmo 118 èsopraggiunta l’angoscia che si è trasformata in un grido “Passi da me questo calice, non comevoglio io, ma come vuoi tu!” (Mt 26,39) È sempre la stessa anima di Gesù che canta.

Cosa, quindi, può farci paura e affievolire il nostro canto di lode al Signore? Dio addestrale mie mani per la battaglia (cfr Sal 144) della fede, del sacrificio, della dedizione; nullaoffuscherà la gioia del canto se il Signore è con me! Questa letizia che ci viene dalla fiducia inDio non è solo un bene nostro, che ci fa superare le difficoltà, le prove con serenità, ma èanche la nostra missione.

Coloro che vivono accanto a noi, la nostra famiglia, i nostri colleghi, le nostre sorelle delGruppo si attendono qualcosa da noi; possiamo aiutarli soprattutto con la testimonianzadella serenità dell’anima biblica oppure possiamo deluderli con la nostra diffidenza, con lanostra sfiducia, con il nostro cattivo umore. Specialmente in questo mondo dove regna lalotta, la violenza, I’incredulità, l’indifferenza noi consacrate dobbiamo suonare tutte le cordedell’arpa per dare la speranza che viene da DIO.

Nel Gruppo poi, per chi ha qualche anno in più, proprio la testimonianza di serenità, digioia nonostante gli acciacchi e le difficoltà, la testimonianza della sicurezza che ci sentiamoal posto giusto, quello voluto dal Signore per il nostro bene e per quello degli altri dàsperanza alle sorelle, specialmente alle più giovani che incontrano le prime difficoltà inquesta avventura meravigliosa. Non smorziamo il loro canto entusiasta, ma uniamoci a loro

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ringraziando il Signore per il dono della vocazione e vivendola ogni giorno con la stessameraviglia che Maria esprime nel Magnificat per le grandi cose che Dio compie in noi ognigiorno. Saremo così fedeli al nostro “sì” ed aiuteremo le sorelle a vivere con fedeltà il loro“sì” e certamente il nostro canto farà avvicinare altre giovani che vorranno scoprire la fontedi questa gioia ed attingervi.

DoraDa: Crescere n. 2 Aprile 2010

l Lettera dalla Sierra Leone

Mentre era ancora in Sierra Leone l’anno scorso, Renato scriveva questa lettera per laQuaresima. Dato il quadro a tinte vivissime che dipinge e che è ancora tragicamente attuale, isuoi auguri di buona Quaresima valgono certamente anche per quest’anno.

Care Amiche/amici,

quando al mattino vado al lavoro, dieci minuti a piedi, devo attraversare un pezzetto diquesta periferia, sono semplici case con tetto in lamiere zincate, mattoni in fango, ricoperte conun po’ di strato di cemento; due, tre piccoli locali all’interno, 2x3 metri, 3x4 metri non di più.

Privacy

In effetti la vita si svolge sulla strada, al mattino quando esco, 7,30, qualcuno sta andandoai campi, altri si stanno lavando, cioè prima tirano su l’acqua dal pozzo, poi la mettonodentro dei secchi, i bambini si lavano così come natura li ha fatti, nessun imbarazzo anzisalutano contenti con macchie di sapone sparpagliate addosso; gli altri/altre le cui fattezzesono ormai consolidate o vanno in costruzioni separate mezze docce, mezzo WC con unsecchio, altri coperti/e con un grande asciugamano le parti strategiche e con varicontorsionismi si lavano dove sono. E comunque, come al solito incredibile, da povere caseescono infine persone ben abbigliate, pulite, belle ragazze e bei ragazzi.

Si prestano manciatine di carboni già rossi per facilitare l’accensione di un braciere, su cuiscaldano una specie di porridge prima di andare a scuola od al lavoro.

In Europa si dice privacy, ma qui la vita é sulla strada, naturale la esposizione anche deicorpi. Ogni famiglia è quel che è, non può nascondere nulla, non c’è modo da stare tra di sé.Le case sono piccole e non adatte a proteggere dal caldo, il cibo si prepara fuori, su deibracieri, il sabato la cura del corpo è più prolungata. Talvolta io sono imbarazzato adattraversare fisicamente la loro vita, mi sembra di violare la loro privacy, ma io sono sullastrada e la loro vita è sulla strada.

Fino ad un certo livello di ricchezza. Credo che fra famiglie della stessa condizione, ci siaanche un certo obbligo di non chiudersi; sarebbe un rompere con i vicini ma più si va sunella scala sociale meno vita pubblica c’è. Le case si circondano di mura e poi di filo spinato.Si nascondono. Nei quartieri agiati di molte città africane si dovrebbe parlare di bunker piùche di case, talvolta sono interi quartieri bunkerizzati con l’accesso molto regolato esottoposto ad autorizzazione. Quando il livello di vita è scandalosamente diverso ci si deve

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proteggere; se si vive nella stessa città si vive in case, quartieri, simili a fortezze; se ladifferenza è scandalosamente diversa fra le nazioni si chiudono le frontiere.

Zoppicando? No. Una sola ciabatta

Quando cammino cerco di osservare e di osservare come mi guardano, ormai faccio partedel paesaggio, ma infine sono sempre uno che sta meglio di altri, bianco.

Una mattina incrocio una ragazzina che vista da lontano zoppica, un vestitino blu bordatodi rosso che doveva essere elegante, ora é solo smunto e non troppo pulito, qualche buchinoqua e là, copre a malapena le ginocchia, in testa una padellina con coperchio; siccomezoppica deve tenere con una mano la pentolina, il vestito é tirato su da una parte, ha unosguardo triste, vedo che osserva con insistenza i miei piedi, le mie scarpe per passeggiared’estate, quechua, traforate stile antico romano, comperate da Decatlon, Piazza Castello,Milano. Allora anch’io guardo ai suoi piedi, non zoppica, porta, su un solo piede, una pietosae malmessa ciabatta infradito che si trascina dietro nella polvere; potrebbe andarsene a piedinudi, sarebbe meglio, ma forse questa unica ciabattina è per lei importante, è una ricchezza.Le sorrido, la saluto, sono imbarazzato delle mie quechua, (ormai consumate); ma... le parolemolto spesso non servono, registro dentro di me questo piccolo fatto. Vorremmo preparareun briefing culturale per chi arriva nuovo, ma a che serve se uno non ha gli occhi per vedere.

Malnutrizione?

Ben vestita, telefonino, bella, borsetta di un certo valore, sguardo altero un po’strafottente, truccata con cura, 20 anni?, bambino malnutrito, malmesso, malvestito inbraccio.

Capita, e non é il solo caso, di dover curare bambini accompagnati da persone ben vestite,con un minimo di entrate. Un telefonino costa almeno 50 dollari e con 50 dollari si mangia alungo qui.

Il padre? la nonna? le zie? la famosa famiglia allargata africana dove é? Non c’é ragione inquesto Paese, né per le famiglie, né per le comunità locali, né per il governo che in questoPaese ci sia la malnutrizione

Le guerre, l’entrata dei modelli di vita europei, una società in transizione provocano anchequeste assurdità; noi curiamo gratuitamente e talvolta abbiamo l’impressione di essere una scomodascappatoia per genitori, giovani donne, intere famiglie che stanno perdendo alcune priorità.

Intanto cominciamo a rinnovare un padiglione di 36 metri, dove si curano i bambinimalnutriti seriamente con qualche complicazione medica, per ora é una strutturasemipermanente e la trasformiamo in permanente. Bisogna finire prima di maggio quandocominciano le piogge, e, secondo il calendario, comincia anche il picco dei malnutriti. Edicono che in Africa non sono puntuali.

Natale 2008, nomadi

Il mio Natale 2008 è stato un po’ movimentato, qualche giorno prima c’era stato il Paeseconfinante, in Guinea Conakry, un colpo di stato. Morto il Presidente a vita, i militari hannopreso il potere, qualche tafferuglio e Medici Senza Frontiere (MSF) ha evacuato le famiglie.

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La mia S. Messa di Natale, che qui dura tre ore, é stata interrotta due volte da telefonate fattee ricevute uscendo dalla Chiesa, per seguire il viaggio ed il passaggio di frontiere di 12 persone.

Grande sollievo quando alla fine erano fuori dal paese; infine il buon Gesù avrà scusato lamia maleducazione, mi avrà capito perché infine anche Lui é nato fuori casa, ed abbastanzapresto ha dovuto evacuare all’estero.

Febbre gialla, 191.000 vaccinazioni, in 5 giorni

Qualche giorno prima di Natale si é accertato che sicuramente una persona era morta difebbre gialla. Secondo le regole internazionali, é sufficiente il sicuro accertamento di undecesso per fare scattare l’obbligo di una vaccinazione di massa, in questo caso mezzomilione di persone.

Fra accertamenti, rinvii, dubbi, problemi organizzativi, ritardi aerei, blocco alla frontieradi un camion proveniente dal Burkina Faso, discussioni con l’ASL, il Ministero della Sanità’infine con una catena del freddo trovata sul posto, con molti mezzi trovati od acquistati sulposto, vetture affittate, in cinque giorni cinque, MSF ha vaccinato la sua parte di 191.000persone. Sì, centonovantuno mila!

La domenica mattina, giorno di vaccinazione incrocio una mamma con tre bambiniorgogliosi che mi sventolano il cartellino giallo della avvenuta vaccinazione e ringraziano;all’uscita della S. Messa, una anziana sconosciuta signora ringrazia. un altro signore ringrazia,non guasta ricevere un ringraziamento.

Anche stavolta, e non é la prima, la felice sorpresa di constatare come i nostri amici dipelle nera su cui ci sono molti pregiudizi , in queste occasioni cambiano decisamentevelocità e fanno cose che a freddo sembravano impossibili, con competenza.

Fu anche una bellissima, faticosa esperienza comunitaria di tutto lo staff; ognuno per lasua parte e fuori dalla sua parte si é dato da fare. Alle sei del mattino bisognava preparare le35 squadre che dovevano andare sul terreno con vaccini, diluenti in box termici, siringhe,disinfettanti, cotone, bacinelle, schede di registrazione, stampi, biro, registri. Alle 6 delmattino si era tutti là in catena di montaggio a fare partire camionette, camion, con tutto quelche serviva per la giornata.

Un po’ di fiato e via di nuovo a smaltire, bruciare con regolare procedura i rifiuti deigiorni prima, poi a riempire i freezer e preparare i blocchetti ghiacciati per il giorno dopo,assicurarsi che i generatori elettrici e tutta la catena del freddo fosse efficiente, pena diinoculare dei vaccini inattivi e supporre di aver protetto le persone.

L’acqua

Questo é un Paese che ha tremila millimetri di piogge all’anno tutti nella stagione dellepiogge; é una quantità enorme: Milano deve essere sui 1200 millimetri l’anno; nel sottosuolo,c’é acqua, ma dopo tre mesi di secco qualche pozzo poco profondo, comincia a scarseggiared’acqua e le code si allungano dove c’é l’acqua. I pozzi sono i cyber caffè locali, i più velocisono quelli con installata una pompa a mano, i più lenti sono quelli con una semplice cordacon un secchio attaccato, con una apertura che non protegge da intrusione di polvere,

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sporcizia, insetti. Più sono mal fatti, faticosi più la gente ha tempo di parlare, sparlare,socializzare. Pensare positivo.

Ma se tutto l’esotismo, il tradizionale modo di vivere finissero e tutti avessero l’acqua incasa sarebbe meglio. E qui sotto terra l’acqua c’é, sempre, in stagione delle piogge l’acqua ésopra il terreno e molti terreni diventano paludi, non c’é raccolto ed arrivano i malnutriti.

Se pompassero abbondante acqua per tutti, non ci sarebbero le paludi, l’acqua starebbesotto terra etc.

In città ci sono dei punti d’acqua dove la coda c’é giorno e notte, forse anche il rubinettoé inutile, tanto deve sempre stare aperto.

Tempo di bilanci, di numeri

Ogni anno questo é tempo di bilanci per la sede centrale, per i donatori che voglionosapere come abbiamo speso i soldi; c’é ora qui anche Carlo Ciavoni, giornalista del “Venerdì”di Repubblica, inviato/ invitato da MSF Italia.

E’ tempo di ore al computer ma é anche l’ora di guardare indietro e vedere se ho faticatoper qualcosa o no. Io sono poco a contatto con i malati; mi dispiace ed i numeri nonsostituiscono la vicinanza fisica, ma aiutano; ve ne do alcuni:418.000 consultazioni, 18000 inpiù del 2007, primi due mesi del 2009 siamo a 35.000 al mese, ma sono i mesi piùcalmi.182.000 casi di malaria trattati da volontari locali istruiti e formati per seguire lamalaria; si ripete qui con poche varianti quanto già esperimentato in Ciad. La malaria é “thefirst killer”, la prima causa di mortalità, per vincerla é importante, stare il più vicino possibileai malati, senza barriere di distanza, spese, ignoranze e paure. 7.000 ammissioni in pediatria,200 letti sempre occupati nell’ospedale, 9000 trasfusioni nonostante le consolidate ed anticheresistenze e rifiuti. Il 40% dei parti che seguiamo sono a rischio, sono da sala operatoria,arrivano tardi al limite della sopravvivenza.

Abbiamo una squadra di quattro persone addette alle statistiche, all’inizio mi sembravauna esagerazione, ma poi ne ho compreso l’utilità; per esempio capire da quali strutture dibase arrivano i casi più complicati permette di scoprire perché lì e non oltre non ci sia unaadeguata risposta oppure permette di scoprire che c’é una negligenza di base. I numeriservono.

Se nelle schede di consultazione si vaglia quante vaccinazioni vengono regolarmente fattedal Governo, si scopre come nel nostro caso, che ci sono dei buchi nelle vaccinazioni deibambini con relative conseguenze.

Fra poco con statistiche alla mano, gentilmente ma chiaramente si solleverà il problemacome si dice, nelle opportune sedi, Governo, UNICEF, OMS e se non ci saranno reazioniMSF farà qualcosa al posto di chi di dovere; sovente la sola minaccia riattiva i meccanismi, esblocca le pigrizie, le incoscienze, le... corruzioni.

La statistica sul tasso di mortalità media della popolazione va avanti da tre anni e nellazona dove operiamo la situazione é decisamente migliorata, ben diversa dal resto del Paese.

E-DIÁLOGUE • Nr 5 anno 2010 19

Pregare

Nell’appezzamento che confina con il nostro, c’é una povera famiglia, la più povera, la piùmisera casa dei dintorni, situato in cima ad un piccolo rilievo; esco al mattino e guardo su ec’é il padre di famiglia, seduto a gambe incrociate su una stuoia, testa coperta, indossa unlungo e vecchio abito bianco, Corano in mano, rosario fra le dita, piega il corpo in direzionedella Mecca, che in questo caso é il muro di casa nostra.

Tutte le mattine, mentre i suoi quattro figli, 210 anni mal vestiti giocherellano attorno, silavano, mentre la moglie prepara il fuoco o rimestola qualcosa in una padella, lui pregaincurante di quello che lo circonda, con un suo interno ritmo, é li ma non é li, é altrove.

Lo guardo: penso alla mia preghiera, normalmente appartata, non pubblica, confusa chenon riesce a staccarsi dalla realtà ed a concentrarsi sull’Unico; non riesco mai a staccarmi, adaffidarmi; la mia preghiera é sempre una specie di affare, patteggiamenti con il tempo, conquello che dovrò fare, una continua intersecazione di pensieri, fra quello letto nella Parola osuggerito da un commento, e le suggestioni personali, le incombenze, le vicende, i rancori, lepassioni...

Preghiera pubblica, Islam, Cristiani

Qui come in Ciad é normale vedere persone che pregano in pubblico anche durante illavoro, dove sono, talvolta guardando ad Est si trovano a pregare in faccia al garage, o ad unmuro, non importa, pregano in pubblico, alle ore previste lì dove si trovano. Ricordo ilmarciapiede pieno di gente inginocchiata in Via Jenner con il traffico della circonvallazionemilanese a mezzo metro. Matteo 61, 5 6: “e quando pregate non fate come gli ipocriti i qualihanno piacere di pregare in piedi nelle sinagoghe o negli angoli delle piazze per essere vistidagli uomini.. ma tu quando vuoi pregare entra nella tua stanza, chiudi la porta e prega ilPadre tuo che é nel segreto... “ Due versetti dopo questa direttiva su come pregare, Gesùaffida agli Apostoli il Padre Nostro che è lo schema obbligato di ogni preghiera.

Non credo che siano ipocrite queste sconosciute persone o colleghi di lavoro che vedopregare in pubblico ed al contrario c’é da riflettere sulla ormai totale assenza di preghierapubblica dei Cristiani; ricordo la fatica in AEM di riunire i cristiani almeno nei tempi fortidell’anno liturgico. Solo presenza nascosta? solo in camera propria? Ad ogni tempo unarisposta adeguata.

Fra tre mesi dovrei essere a casa, dopo un altro anno, via, lontano da casa, un altro annoche il Signore mi regala.

Buona Quaresima e soprattutto Buona Pasqua.

Da: Comunicare - Condividere n. 372, 2010

E-DIÁLOGUE • Nr 5 anno 2010 20

Mercoledì 24 marzo 2010, 30° anniversario del martirio di mons. Oscar Romero,arcivescovo di San Salvador noi lo ricordiamo

I poveri come luogo teologico

Vescovo Romero, aiutaci a comprendere che i poveri sono il luogo teologico dove Dio simanifesta e il roveto inconsumabile da cui egli ci parla.

Omelia di don Tonino Bello

Carissimi fratelli e sorelle,

ci siamo riuniti in questa stupenda basilica dei Dodici Apostoli in Roma per celebrare nonl’exploit degli uomini, ma l’exploit di Dio.Ricordare un martire, infatti, significa individuare il punto in cui la Parola si gonfia cosìtanto, che la sua piena rompe gli argini e straripa in colate di sangue. Che è sempre il sanguedi Cristo: quello del martire ne è come il sacramento.Oscar Romero, perciò, è solo lo squarcio della diga. Gli innumerevoli testimoni che hannodato la vita per Cristo, e che stasera ricordiamo in questa liturgia pasquale, sono solo il varcoda cui il Dio dell’alleanza fa sgorgare sulla terra, in cento rigagnoli, i fiotti della sua fedeltà.Al Dio dei martiri, quindi, più che ai martiri di Dio, gloria, onore e benedizione.

Se, però, il sangue dei martiri, è sacramento del sangue di Cristo, ci sarà pur lecito staserasostare in riverente contemplazione dinanzi a questo sangue. Così come in adorantecontemplazione sosteremo tra poco davanti al calice eucaristico del sangue di Cristoprovocato anch’esso dalla Parola. Che diviene così densa ed efficace nella celebrazione deisacramenti, da realizzare quello che annuncia.

Ecco allora il tema generatore della nostra riflessione: il martirio di Romero come fruttodella Parola.

Scomporremo questo tema in tre momenti, sottolineando come la Parola di Dio hacostruito nel santo vescovo salvadoregno la spiritualità dell’esodo, la spiritualità del ditopuntato, la spiritualità del servo sofferente.

Spiritualità dell’esodo

Esodo da dove? Dal nascondiglio di una fede rassicurante, intimistica, senza sussulti.Quando ho letto che la conversione spirituale di Romero è avvenuta esattamente dieci anni fa,allorché nel marzo 1977 venne ammazzato, con altri due compagni di fede, padre RutilioGrande (un prete che aveva scelto di operare per la redenzione di un mondo gravato dallamiseria e dalla sofferenza), mi è venuto subito in mente un libro di von Balthasar: “Cordula,ovverosia il caso serio.Cordula era una giovinetta di cui si parla nella leggenda delle undicimila vergini. Sfuggita allamorte, come vide che le sue compagne erano state tutte uccise per la causa di Cristo, uscì dalnascondiglio in cui si era rintanata per paura, e sì offrì volontariamente alla spada del carnefice.

SPIGOLANDO

E-DIÁLOGUE • Nr 5 anno 2010 21

Ebbene, Cordula (autentica o leggendaria la sua figura, non importa) mi sembral’archetipo di Romero.

Il quale, intendiamoci bene, non è che fosse pavido, ma certo era prudente. Era unprofessore della fede, non un confessore. Era uno di quelli che scorgevano nei documenti diMedellin e di Puebla un attentato all’ortodossia del Vaticano Il. Non simpatizzava certo perla teologia della liberazione. Era così sospettoso nei confronti di quei preti che si facevanocarico dei problemi d’ingiustizia e di oppressione vissuti dal popolo, che la sua nomina adarcivescovo di San Salvador nel febbraio 1977 venne salutata con entusiasmo da tutti i quadridel potere costituito.

Un mese dopo, la via di Damasco.

Quando, sotto le raffiche delle armi cadde pa-dre Rutilio, in ultima analisi fu lui a caderesotto l’urto della Parola di Dio e, come per Paolo, “all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo”.

Forse, a determinare il suo passaggio deciso dalla solidarietà col potere all’intransigenteop-posizione fu proprio la telefonata del presidente Molina che, ritenendo di fargli cosagradita, gli annunziò per primo l’avvenuta esecuzione di pa-dre Rutilio.

Gli si aprirono allora gli occhi e le orecchie, e intuì tutta la portata delle parole dell’Esodo:“Ho Osservato la miseria del mio popolo... ho udito il suo grido... e sono sceso per liberarlo”.

I tre anni di lotta che seguirono, fino alla sua morte, sono legati a queste risonanzebibliche. Basta leggere le sue omelie per rendersi conto come, alla radice del suocambiamento, ci sia solo la Parola di Dio e non la smania di chi si serve degli oppressi peremergere e trovare consensi.

Da quell’istante egli cominciò a vivere non pe-ricolosamente, al punto che la morte se lasarebbe cercata con la sua caparbietà sia pure carica di tensioni morali. Ma fedelmente,scandendo cioè le sue scelte sugli stessi ritmi di Dio, fedele all’alleanza, che ha compassionedei suoi poveri.

E’ ora di finirla con le ingenerose speculazioni che fanno di Romero un eroe ma non unmartire; che presentano quest’uomo come travolto dall’ideologia ma non afferrato dalloSpirito; e che, delle quattro virtù cardinali, gli accreditano la giustizia ma non la prudenza, gliriconoscono la fortezza ma non la temperanza!

Spiritualità del dito puntato

Ma la Parola di Dio, oltre la spiritualità dell’esodo, ha costruito nel santo vescovosalvadoregno la spiritualità che, raccogliendo lo spunto da un apologo, potremmo chiamaredel dito puntato.

Fu lo stesso Romero a raccontarlo, nell’omelia del funerale di padre Navarro, un altroprete ucciso nel maggio del 1977: “Si narra che una carovana, guidata da un beduino deldeserto, era di-sperata per la sete e andava cercando acqua nei miraggi del deserto. E la guidadiceva loro: Non di là, di qua. E così varie volte, finché uno della Carovana, innervositosi,tirò fuori la pistola e sparò alla guida che, ormai agonizzante, tendeva ancora la mano perdire: non di là, ma di qua. E così morì, indicando la strada”.

E-DIÁLOGUE • Nr 5 anno 2010 22

C’è in questo apologo il riverbero di una coscienza profetica che in Romero ha ormaipreso corpo e che, di giorno in giorno, diventa sempre più chiara. “Così dice il Signore: gridaa squarciagola, non avere riguardo. Come una tromba, alza la voce. Dichiara al mio popolo isuoi delitti, alla casa di Giacobbe i suoi peccati”.

Romero percepisce che vi sono potenze antitetiche alla salvezza proposta da Cristo e vi sioppone risolutamente con quegli atteggiamenti tipici che connotano lo stile dei primi martiricristiani: la parresia, la kàuchesis, la speranza.

Parresia è lo stile di chi, in piedi, a faccia alta pur senza protervia, parla apertamente e conpiena libertà di linguaggio del suo incontro con Dio, alla cui Parola si sente ormaiirrevocabilmente consacrato.

Kàuchesis è il vanto che uno mena della croce del Cristo. E’ il gloriarsi di lui, della suapersona, della sua unica signoria, che diventa fondamento delle proprie scelte personali.Speranza è l’atteggiamento di colui che, mentre sì addensano le tribolazioni sulle sue spalle,non lascia spegnere il canto sulla sua bocca.

Basterà leggere le omelie di Romero per rendersi conto di come queste tre dimensioniinnervarono la sua esistenza teologica. il parlare con coraggio e a viso aperto rivela, alle suespalle, il “più grande io” a cui si è ormai abbandonato, anche se non mancano i fremiti dellapaura. “E’ normale che ci tremino le ginocchia - diceva spesso - ma almeno che ci treminonel posto in cui dobbiamo essere”.

E’ parresia anche questa.

Nel maggio del ‘79, durante la sua permanenza a Roma, venne proprio in questa chiesadei Santi Apostoli e, nella cripta dove si venerano le tombe degli apostoli Filippo e Giacomo,chiese a Dio il coraggio di morire, se necessario, come erano morti i testimoni della fede.Un mese prima della sua morte, sul quaderno degli esercizi spirituali, annotò: “Il nunzio diCosta Rica mi ha messo in guardia da un pericolo imminente proprio in questa settimana...Le circostanze impreviste si affronteranno con la grazia di Dio. Gesù Cristo aiutò i martiri e,se ce ne sarà bisogno, lo sentirò molto vicino quando gli affiderò il mio ultimo respiro. Ma,più dell’ultimo istante di vita, conta dargli tutta la vita e vivere per lui... Accetto con fede lamia morte per quanto difficile essa sia. Né voglio darle un’intenzione, come vorrei, per lapace del mio paese e per la crescita della nostra chiesa... Perché il cuore di Cristo saprà darleil destino che vuole. Mi basta, per essere felice e fiducioso, sapere con certezza che in lui è lamia vita e la mia morte; che, nonostante i miei peccati, in lui ho riposto la mia fiducia, e nonresterò confuso, e altri proseguiranno con più saggezza e santità il lavoro per la chiesa e perla patria”.

Splendido! E’ la Kàuchesis.

E’ il “nos autem gloriari oportet in cruce Domini nostri Jesu Christi”!

E, infine, la speranza: orizzonte globale di que-sta spiritualità che abbiamo chiamato “deldito puntato” e che spinge il beduino morente a indi-care ancora, alla carovana smarrita, lepiste da percorrere. Forse non c’è nessuna parola così frequente del vocabolario: di Romerocome la parola speranza.

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Anzi, lo sapete, fu l’ultima parola da lui pronunciata quella domenica del 24 marzo 1980alle ore 18,25, nella chiesa dell’ospedale della Divina Provvidenza mentre celebraval’offertorio: “In questo calice il vino diventa sangue che è stato il prezzo della salvezza. Possaquesto sacrificio darci il coraggio di offrire il nostro sangue per la giu-stizia e la pace delnostro popolo. Questo mo-mento di preghiera ci trovi saldamente uniti nella fede e nellasperanza”. Un colpo di fucile lo introdusse nella cena del Signore.

Spiritualità del servo sofferente

A ispirare le scelte di Romero non furono certo la lettura dei testi marxiani e neppure letrascrizioni in chiave ideologica di qualche esponente deteriore della teologia della liberazione, enep-pure l’ambigua suggestione di riconquistare nuovi spazi sociali da parte della chiesa,riscoprendo i bisogni dei poveri e utilizzando a scopo strumentale le sofferenze degli oppressi.Furono invece le assidue meditazioni sui carmi del servo sofferente di Jahweh.

Quanto dolore e quanta tenerezza, quanta passione e quanto coraggio, quanta rabbia equanta preghiera, quanta denuncia e quanta pazienza vibrano nelle parole di questo “vescovofatto popolo”!

“Abbiamo incontrato i contadini senza terra e senza lavoro stabile, senz’acqua, senza lucee senza scuole. Abbiamo incontrato gli operai privi di diritti sindacali, licenziati dallefabbriche quando reclamano e completamente alla mercé dei freddi calcoli dell’economia.Abbiamo trovato gli abitanti dei tuguri, la cui miseria supera ogni immaginazione, conl’insulto permanente dei palazzi vicini. In questo mondo disumano, la chiesa della miaarcidiocesi, sacramento attuale del servo sofferente di Jahweh, ha cercato di incarnarsi”.

Si staglia così nella visione pastorale di Romero, con tutta la limpidezza dei contornibiblici e con tutta la cogenza di un impegno di “compagnia” e di “consolazione”, la categoriadei poveri, che diventano il principio architettonico di ogni rinnovamento sociale. “Il mondodei poveri è la chiave per comprendere la fede cristiana... I poveri sono quelli che ci diconocos’è la “polis”, la città, e che cosa significa per la Chiesa vivere realmente nel mondo... Tuttoquesto non solo non ci allontana dalla nostra fede, ma ci rimanda al mondo dei poveri comeal nostro vero posto!...”

Bisognerebbe leggere tutto intero il discorso pronunciato da Romero all’università diLovanio, prima che venisse insignito della laurea honoris causa, per capire quanto sapore divangelo c’è sempre nelle parole di questo santo vescovo salvadoregno:

“La speranza che predichiamo ai poveri, la predichiamo per restituire loro dignità e perincoraggiarli a essere essi stessi autori del proprio destino. In una parola, la Chiesa non solo si èmessa dalla parte del povero, ma fa di lui il destinatario delta sua missione, perché, come dicePuebla Dio prende le loro difese e li ama... Le maggioranze povere del nostro paese sonooppresse e represse quotidianamente dalle strutture economiche e po-litiche. Da noicontinuano a essere vere le terribili parole dei profeti d’Israele. Esistono tra noi quelli chevendono il giusto per un denaro e il povero per un paio di sandali; quelli che accumulanoviolenza e saccheggio nei loro Palazzi; quelli che schiacciano i poveri; quelli che accumulanocasa su casa e aggiungono campo a campo fino a occupare tutto il terreno... Questi testi deiprofeti Amos e Isaia non sono voci lontane di molti secoli fa... Sono realtà quotidiane, la cui

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intensa crudeltà viviamo giorno per giorno. Le viviamo quando vengono da noi madri e sposedi prigionieri e di scomparsi, quando appaiono cadaveri sfigurati in cimiteri clandestini, quandosono uccisi coloro che lottano per la giustizia e per la pace!... Noi crediamo con l’apostoloGiovanni che Gesù è la parola di vita e che, dove c’è la vita, ci si manifesta Dio. Dove il poverocomincia a vivere, dove il povero comincia a liberarsi, dove gli uomini sono capaci di sedersiintorno a una tavola comune per condividere ciò che hanno, là è presente il Dio della vita”.

C’è in queste parole non solo la consapevolezza che il vangelo non è una metodica diemancipazione, ma anche il convincimento che la povertà e la sofferenza non sono soltanto unoggetto da eliminare, bensì una realtà di cui farsi carico come il servo sofferente di Jahweh.

Ecco le coordinate che hanno strutturato il martirio di Oscar Arnulfo Romero, alla cuiorigine, come a tutte te origini sacramentali, c’è la Parola. E ora permettete che davanti alsegno sacramentale del sangue di questo martire esprima una preghiera che dia significato alsilenzio ado-rante che riserveremo tra poco al segno sacramentale del sangue di Cristo.

Noi t’invochiamo

Noi t’invochiamo, vescovo dei poveri, intrepido assertore della giustizia, martire dellapace: ottienici dal Signore il dono di mettere la sua Parola al primo posto e aiutaci a intuirnela radicalità e a sostenerne la potenza, anche quando essa ci trascende.

Liberaci dalla tentazione di decurtarla per paura dei potenti, di addomesticarla perriguardo di chi comanda, di svilirla per timore che ci coinvolga.

Non permettere che sulle nostre labbra la Parola di Dio si inquini con i detriti delleideologie. Ma dacci una mano perché possiamo coraggiosamente incarnarla nella cronaca,nella piccola cronaca personale e comunitaria, e produca così storia di salvezza.Aiutaci a comprendere che i poveri sono il luogo teologico dove Dio si manifesta e il rovetoardente e inconsumabile da cui egli ci parla.

Prega, vescovo Romero, perché la Chiesa di Cristo, per amore loro, non taccia.

Implora lo Spirito perché le rovesci addosso tanta parresia da farle deporre, finalmente, lesottigliezze del linguaggio misurato e farle dire a viso aperto che la corsa alle armi è immorale,che la produzione e il commercio degli strumenti di morte sono un crimine, che gli scudi spazialisono oltraggio alla miseria dei popoli sterminati dalla fame, che la crescente militarizzazione delterritorio è il distorcimento più barbaro della voca-zione naturale dell’ambiente.

Prega, vescovo Romero, perché Pietro che ti ha voluto bene e che due mesi prima dellatua morte ti ha incoraggiato ad andare avanti, passi per tutti i luoghi della terra pellegrino dipace e continui audacemente a confermare i fratelli nella fede, nella speranza, nella carità enella difesa dei diritti umani là dove essi vengono calpestati.

Prega, vescovo Romero, perché tutti i vescovi della terra si facciano banditori dellagiustizia e operatori di pace, e assumano la nonviolenza come criterio ermeneutico del loroimpegno pastorale, ben sapendo che la sicurezza carnale e la prudenza dello spirito non sonograndezze commensurabili tra loro.

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Prega, vescovo Romero, per tutti i popoli del terzo e del quarto mondo oppressi daldebito. Facilita, con la tua implorazione presso Dio, la remissione di questi disumani fardellidi schiavitù. Intenerisci il cuore dei faraoni. Accelera i tempi in cui un nuovo ordineeconomico internazionale liberi il mondo da tutti gli aspiranti al ruolo di Dio. E infine,vescovo Romero, prega per noi qui presenti, perché il Signore ci dia il privilegio di farciprossimo, come te, per tutti coloro che faticano a vivere.

E se la sofferenza per il Regno ci lacererà le carni, fa’ che le stigmate, lasciate dai chiodinelle nostre mani crocifisse, siano feritoie attraverso le quali possiamo scorgere fin d’ora cielinuovi e terre nuove.

* Omelia pronunciata da don Tonino Bello nella Basilica dei Santi Apostoli in Roma, il 23 marzo 1987, nelsettimo anniversario del martirio di Oscar Romero.