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EVIDENZE CLINICHE edizione settembre 2003

E V I D E N Z E CLINICHE - studiofisioterapicoseveso.com · brevi le patologie che riguardano ginocchio, spalla, anca, caviglia, colonna vertebrale, ... guente aumento dei praticanti;

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E V I D E N Z E CLINICHE edizione settembre 2003

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IN T R ODUZIONE

La TECARTERAPIA, introdotta in Italia da alcuni anni, è l’ultimo frutto della ricerca infisioterapia. Riduce il dolore e abbrevia i tempi di recupero riabilitativo. Tecnica deltutto innovativa, stimola energia dall’interno dei tessuti, attivando naturali processiriparativi e antinfiammatori attraverso uno strumento d’alta tecnologia. L’idea di trasfe-rire energia ai tessuti lesi a scopi terapeutici è comune a molte terapie fisioterapiche chesi fondano sull’irradiazione di energia. Tuttavia, ciò che le differenzia dalla Tecarterapiaè la modalità di trasferimento energetico: irradiazione di energia dall’esterno nelle primee utilizzo di energia endogena nella seconda, che si realizza attraverso il richiamo nel-l’area di trattamento di cariche elettriche presenti sotto forma di ioni nei tessuti. Questomeccanismo crea una forte stimolazione a livello cellulare, riattiva la circolazione, incre-menta la temperatura interna e innesca precocemente i meccanismi fisiologici.

IL MECCANISMO DI FUNZIONAMENTO

La Tecarterapia funziona nell’ambito delle radiofrequenze a onde lunghe a 0,5 MHz,inferiore quindi alle frequenze usate in diatermia ad onde corte (27,1 MHz) e superiorealle frequenze che determinano contrazioni muscolari.Ma, la sua peculiarità nell’ambito degli apparecchi per fisioterapia consiste nel generareenergia all’interno dei tessuti con un elettrodo capacitivo o con uno resistivo.Il professor Carlo Tranquilli, medico della Squadra Nazionale Under 21, nonché medi-co dello sport dell’Istituto di Scienza dello Sport del CONI di Roma, così descrive ilmeccanismo di funzionamento e d’azione: “Si tratta di un generatore che emette unsegnale di radiofrequenza di 0,5 MHz ad una potenza variabile con un massimo di 300W. La frequenza è notevolmente inferiore a quella utilizzata dalla diatermia ad ondecorte (27 MHz), in ipertermia (454 MHz) e in radarterapia (2,5 GHz). Non venendoprodotta alcuna radiazione diretta è necessaria un’applicazione per contatto con ilcorpo. Tale sistema, grazie al principio di funzionamento che utilizza il tessuto biologi-co da trattare come parte di un condensatore, consente di interessare omogeneamentesia gli strati più esterni che quelli più profondi del tessuto biologico. Un obiettivo per-seguito con scarso successo dalle tecniche tradizionali in quanto con i sistemi radiantigià nei primi micron di tessuto biologico avviene una dispersione dell’80/50 per centodell’energia erogata. Per questa ragione, allo scopo di ottenere risultati apprezzabili inprofondità (come nelle lesioni muscolari e nelle patologie osteoarticolari), si è costretti

MECCANISMO DI FUNZIONAMENTO.

EFFETTI FISIOLOGICI.

VANTAGGI.

LA TECARTERAPIA

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a utilizzare energie e frequenze elevatissime con grosse limitazioni nell’applicazionelegate alla forte azione termica prodotta dal segnale. Il trasferimento energetico capaci-tivo e resistivo funziona con due modalità: quella capacitiva e quella resistiva, con elet-trodi differenti: protetti quelli capacitivi e quindi isolati, non protetti e quindi non iso-lati quelli resistivi. Gli effetti sul tessuto biologico sono differenti. L’attrazione e la con-centrazione delle cariche in prossimità dell’elettrodo capacitivo si sviluppa solo nellasede di applicazione e consente specificità di intervento sulle aree per le quali esiste indi-cazione terapeutica e facilità il controllo dell’area di trattamento. Questo permette diescludere zone prossimali all’area di applicazione dell’elettrodo per le quali possono esi-stere controindicazioni. Il sistema capacitivo ha azione riparativa soprattutto sullemasse muscolari. Nella modalità resistiva, dove si fa uso di elettrodi non isolati, la zonadi concentrazione delle cariche elettriche si localizza nel punto più resistivo del tessutobiologico, vale a dire tendini, articolazioni e tessuto osseo. Risulta così possibile tratta-re con grande efficacia anche patologie osteoarticolari di tipo cronico”.

GLI EFFETTI FISIOLOGICI

Gli effetti fisiologici dell’aumento dell’energia endogena sono rappresentati da: ! aumento dell’estensibilità del tessuto collagene per riduzione della viscosità;! riduzione del dolore per azione controirritante o per liberazione di endorfine;! riduzione degli spasmi e contratture muscolari per ridotta attività degli efferentisecondari;! più rapida e completa dissociazione dell’ossigeno dall’emoglobina con maggioredisponibilità che si accompagna a riduzione dell’energia di attivazione di importantireazioni chimiche metaboliche;! vasodilatazione con aumento del flusso ematico locale che contribuisce al riforni-mento di ossigeno e di sostanze nutritizie e all’asportazione di cataboliti;! velocizzazione del riassorbimento di raccolte emorragiche.

I VANTAGGI

L’eliminazione del dolore è un effetto percepito dal paziente sin dalla prima seduta: essafacilita e rende più efficaci le successive manovre riabilitative, che vengono attuate sumuscoli e tendini già liberati dalla cosiddetta contrattura antalgica. L’assenza del dolo-re permette di spingere in profondità il massaggio, ottenendo risultati più rapidi e allostesso tempo più stabili. La Tecarterapia è in grado di trattare con efficacia e in tempibrevi le patologie che riguardano ginocchio, spalla, anca, caviglia, colonna vertebrale,mani e muscoli. Ma anche le patologie dolorose infiammatorie osteoarticolari e musco-lari quali artrosi, lombalgie e sciatalgie.La terapia può essere ripetuta anche più volte nell’arco della stessa giornata, a tutto van-taggio dei tempi di recupero motorio e di guarigione.

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3Teca rt erapia 2003

Da sempre il mondo dello sport è il banco di prova più severo per tutte le tecnologieavanzate. È in questo mondo, dove le capacità degli individui e le potenzialità dei mezzisono portate all’estremo, che vengono testati materiali, tecnologie, meccanismi per poiessere estesi ai più. Anche la TECARTERAPIA, sistema a trasferimento energetico capaciti-vo e/o resistivo, è stata in prima battuta oggetto di studi, sperimentazioni e verificheproprio in questo settore.

“La sempre pressante necessità di conciliare, nell’area delle lesioni muscolo-tendineedegli atleti, lo stato di salute dell’individuo, la conservazione del patrimonio societariodel professionista - afferma Carlo Tranquilli, medico della Squadra Nazionale Under 21e medico dello sport presso l’Istituto della Scienza dello sport del CONI di Roma - edil recupero in tempi più rapidi possibili, a volte oltre ogni ragionevole considerazionedi ordine fisiologico e clinico, pone il medico dello sport di atleti di elevato livello, spes-so al centro di interessi, almeno apparentemente, in contrasto tra loro. Particolare atten-zione meritano, in questo senso, le lesioni muscolari che, secondo una logica tradizio-nale, rappresentano un dato di fatto oggettivo ed insuperabile che rende l’atleta sicura-mente non idoneo per periodi di tempo variabili, ma sempre in maniera assoluta. I sem-pre più frequenti tentativi terapeutici alternativi trovano spesso terreno fertile nellanecessità di atleti, allenatori e dirigenti che pongono il medico in condizioni di subireo condividere la necessità di ‘far presto’. Nel panorama dei possibili interventi fisiotera-pici per il recupero precoce degli infortuni muscolo-tendinei di atleti di elevato livellosi è inserito recentemente il Tecar (Terapia a Trasferimento Energetico CapacitivoResistivo)”.

Fare presto e fare bene: due requisiti a cui la Tecarterapia sembra rispondere nel modopiù adeguato, come hanno dimostrato numerose sperimentazioni e studi clinici chehanno applicato questa nuova terapia per il trattamento di numerose patologie trau-matiche sportive.

LA MEDICINA DELLO SPORT

BANCO DI PROVA DELLA

TECARTERAPIA

EVIDENZE CLINICHE

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L’attività sportiva, agonistica e non, negli ultimi anni ha coinvolto progressivamente sempre più fasce di età, con conse-

guente aumento dei praticanti; di pari passo sono aumentate le problematiche della Medicina dello Sport, soprattutto nel

campo della prevenzione ed il recupero degli infortuni dell’apparato muscolo-scheletrico dello sportivo.

Il servizio di Traumatologia - Cinesiologia e Riabilitazione dell’Istituto di Medicina dello Sport di Bologna sta svolgendo

un’attività di ricerca e sperimentazione su nuove apparecchiature per la terapia fisica strumentale allo scopo di individua-

re protocolli terapeutici che, nel rispetto dei meccanismi fisiologici di riparazione del nostro organismo, accelerino efficace-

mente, con la minima invasività, i tempi di recupero da infortuni di natura muscolo-scheletrica. Per il trattamento dei trau-

mi muscolari acuti diretti e indiretti negli atleti si sono valutati gli effetti dell’apparecchiatura per TECARTERAPIA, facendo

riferimento alle caratteristiche tecniche dello strumento ed alle teorie riguardanti le interazioni chimico-biologiche con i tes-

suti. Con questo lavoro si presentano i risultati di un protocollo di ricerca biennale inteso a verificare, attraverso valuta-

zioni clinico-strumentali (dolore, tumefazione, impotenza funzionale, ecografia muscolo-tendinea) prima e dopo un ciclo di

trattamento standardizzato, l’efficacia della Tecarterapia nelle lesioni muscolari di vario grado dell’atleta. Si sono trattati

30 soggetti (27 maschi e 3 femmine) di età media 32 anni (max 58, min. 16), giunti alla nostra osservazione per traumi

muscolari di tipo distrattivo. Ogni paziente è stato valutato dal punto di vista clinico sintomatologico e la diagnosi è stata

posta con esame ecografico con sonda da 7,5 MHz. I soggetti sono stati trattati con cadenza di una seduta al giorno, non

oltre 5 settimanali e ad almeno 72 ore dal trauma, e la terapia è stata continuata fino a risoluzione del quadro ecografico

(riassorbimento ematoma, comparsa delle fibre nell’area di lesione, cicatrizzazione), per un massimo di 18 e un minimo di

5 applicazioni totali (media 8). Nonostante l’entità di alcune delle lesioni trattate non è mai stato necessario eseguire più di

18 trattamenti, per una durata complessiva di 4 settimane di terapia.

Gli ottimi risultati, ottenuti in termini di rapidità di risoluzione del quadro clinico-sintomatologico ed ecografico uniti alla

maneggevolezza dell’apparecchio, ci permettono di indicare la Tecarterapia come strumento di notevole efficacia nel tratta-

mento precoce non chirurgico delle lesioni muscolari.

Medicina dello Sport, traumatologia, traumi muscolari

NUOVE METODOLOGIE NEL TRATTAMENTO

DELLA PATOLOGIA MUSCOLARE TRAUMATICA

DELL’ ATLETA

LA TECARTERAPIA

(TERAPIA A TRASFERIMENTO ENERGETICO CAPACITIVO RESISTIVO)

RI A S S U N TO

P. Mondardini, R. Tanzi, L. Verardi, S. Briglia, A. Maione, E. Drago

Istituto di Medicina dello Sport CONI, FMSI BolognaCentro Interuniversitario di Studi e Ricerche in Medicina dello Sport, Sede di Bologna

PA R O L A C H I AV E

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La funzione del muscolo è quella di creare unaforza per stabilizzare o per muovere un’articola-zione. La forza che il muscolo produce attraver-so la contrazione dipende da diversi fattori, maè in ogni caso direttamente proporzionale allasezione traversa del muscolo1.È un’osservazione comune che l’allenamentoproduce ipertrofia muscolare, mentre l’immobi-lizzazione comporta in breve tempo la diminu-zione del volume muscolare, della forza, dellacapacità dell’esercizio e della coordinazioneneuromuscolare. È evidente, quindi, come lamacchina muscolare sia dotata di grande plasti-cità, modificando la propria struttura e, quindi,le prestazioni in rapporto alle diverse richiestemuscolari; la plasticità del tessuto muscolare èsubordinata alle caratteristiche morfologiche efunzionali del muscolo stesso. Nel corpo umanovi sono 400 muscoli che rappresentano nel loroinsieme il 40% del peso corporeo e hanno unalunghezza variabile da 2 mm a 60 cm. Il musco-lo è avvolto da una guaina connettivale, l’epimi-sio, che ai due estremi continua nei tendini o inaponeurosi e prende inserzione nel periostio.Propaggini fibrose a partenza dell’epimisio divi-dono il ventre muscolare in fascicoli, circondatida uno strato di collagene detto perimisio. Inogni fascicolo sono presenti 10 o più fibremuscolari addossate l’un l’altra e separate dal-l’endomisio, rete di sottili fibre collagene. Lafibra muscolare è una cellula cilindrica allungatamultinucleata di lunghezza variabile da pochimillimetri e più di dieci cm, e di diametro oscil-lante tra i 20 e i 100 µm. La fibra muscolare èdelimitata da una membrana detta sarcolemma eall’interno è composta da:" sarcoplasma (meno del 10% del volume cellu-lare);" sistema di membrane interne disposto tra lemiofibrille e costituito da tubuli trasversi (inva-ginazione del sarcolemma) e reticolo sarcopla-smatico;" centinaia o migliaia di miofibrille stipate eparallele tra loro che occupano circa il 90% del

volume cellulare. Le miofibrille sono sottilissimicilindri del diametro di 1-3 µm, caratterizzatidall’alternanza regolare di dischi A scuri (aniso-tropi) e dischi I chiari (isotropi) responsabilidella striatura muscolare (muscolo striato). Ildisco chiaro I è separato a metà da una linea piùscura, la linea Z: la parte di miofibrilla compre-sa tra due linee Z è il sarcomero, ossia l’unitàcontrattile del muscolo scheletrico. Il sarcomeroè a sua volta costituito da fasci di filamenti inter-calati regolarmente tra loro, i miofilamenti.Questi sono distinti in base allo spessore in fila-menti spessi, dotati di ‘ponti trasversali’ e for-mati da molecole di miosina, e filamenti sottili,formati da molecole di actina tropomiosina etroponina (affinità con Ca++).L’accorciamento della fibra muscolare con gene-razione di forza contrattile è il risultato di unoscivolamento reciproco dei due set di filamentidi ciascuna metà del sarcomero.Un muscolo di una data lunghezza è formato dauna certo numero di miofibrille poste in paralle-lo e di lunghezza uguale a quella del muscolostesso; a sua volta ciascuna miofibrilla è formatada un certo numero di sarcomeri di lunghezzauguale tra loro e disposti uno di seguito all’altro,ossia in serie.La forza prodotta da un muscolo con la contra-zione è proporzionale al numero di miofibrilleposte in parallelo, e cioè alla sezione trasversadel muscolo stesso; la velocità di accorciamentodel muscolo che si contrae è, invece, proporzio-nale al numero dei sarcomeri posti in serie, cioèalla lunghezza del muscolo medesimo2.Nella contrazione del muscolo si ha trasforma-zione di energia chimica in energia meccanica.L’energia chimica è fornita dall’ATP idrolizzata aADP con liberazione di energia secondo la for-mula:ATP+H2O=ADP+H++P+EDove E rappresenta l’energia resa disponibileper la contrazione delle fibre muscolari.La riserva di ATP entro la fibra è però moltolimitata e sufficiente solo per poche contrazioni,

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quindi è necessario il ripristino del pool di ATPattraverso risintesi. Questa avviene mediante trevie utilizzate in modo complementare in fun-zione dell’intensità e della durata dell’esercizio:

1) Via anaerobica alattacida: idrolisi della fosfo-creatina muscolare secondo la reazione:PC+ADP+H+=CR+ATP

2) Via anaerobica alattacida: glicolisi anaerobicacon trasformazione del glicogeno muscolare inacido lattico secondo la reazione:ADP+P+glicogeno=ATP+lattato

3) Via aerobica (glicolisi aerobica): in presenzadi O2, gli acidi grassi, il lattato e piruvato entra-no bel ciclo di Krebs mitocondriale che da luogoalla formazione di CO2 e H2O con liberazionedi energia (fosforilazione ossidativa secondo lareazione: glicogeno o lipidi++O2+ADP+P=ATP+CO2+H2O)3

Dette vie si differenziano in base ai parametriche seguono:! potenza: massima quantità di energia dispo-nibile per unità di tempo;! capacità: quantità totale di energia prodottadal sistema;! latenza: tempo necessario per ottenere la mas-sima potenza;! ristoro: tempo necessario per la ricostituzionedel sistema.L’unità funzionale del muscolo è l’unità motoriacomposta dal nervo di moto o motoneurone,situato nelle corna anteriori del midollo spinalee dalle fibre muscolari, innervate dall’assone(nervoso) con le sue ramificazioni terminali.Lo stimolo del nervo motorio viene trasmessoalla fibra muscolare a livello della placca neuro-muscolare. Lo stimolo nervoso, giunto al termi-nale presinaptico del nervo, libera quanti di ace-tilcolina che attraversano lo spazio sinaptico edepolarizzano la zona postsinaptica motoria.Da qui la depolarizzazione si propaga al sarco-

lemma lungo tutta la fibra muscolare4.Studi sperimentali5 hanno dimostrato che lefibre muscolari appartenenti alla stessa unitàmotoria hanno in comune le caratteristich emorfologiche, biochimiche e funzionali control-late in gran parte del motoneurone stesso.In base a queste caratteristiche le fibre muscola-ri sono distinte in:! fibre di tipo 1, rosse (alto contenuto di mio-globina) a contrazione lenta, a metaolismo ossi-dativo, con grande resistenza alla fatica, innerva-te da motoneuroni più piccoli;! fibre di tipo 2B, bianche (scarso o assente con-tenuto di mioglobina), a contrazione rapida, ametabolismo anaerobio, poco resistenti alla fati-ca, innervate da motoneuroni più grossi;! fibre di tipo 2A con caratteri intermedi rispet-to alle prime due.

LESIONI MUSCOLARI ACUTE

DA TRAUMA DIRETTO

Lesioni da causa esogena in cui il muscolo vienecolpito con violenza da un agente esterno con-tundente (contusione).

Aspetti clinici e diagnosticiNella contusione di modesta entità i segni obiet-tivi caratteristici sono: iperemia cutanea, tume-fazione superficiale in sede di lesione ed ecchi-mosi (anche declive) a distanza di alcuni giorni.Nelle forme più gravi compare una tumefazionedi consistenza duro-elastica provocata dall’ema-toma localizzato in sede più profonda; in alcunicasi l’ematoma è situato in prossimità del pianoscheletrico, pertanto ne risulta difficile l’indivi-duazione con i soli reperti obiettivi.La sintomatologia6 è caratterizzata da dolore divario grado in sede lesionale e perilesionale chesi accentua alla contrazione attiva ed all’allunga-mento passivo, nonché da impotenza funziona-le. In presenza di manifestazioni cliniche di que-sto tipo l’indagine ecografica permette di valuta-re con molta precisione gli aspetti anatomo-

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patologici della lesione:" muscolo localmente o diffusamente aumenta-to di volume ed ipoecogeno per semplice imbi-bizione edematosa;" presenza di area anecogena intramuscolare daraccolta ematica localizzata. All’interno dellaraccolta talora è possibile osservare piccole areeiperecogene di tessuto necrotico e coaguli.

DA TRAUMA INDIRETTO

Lesioni da causa endogena in cui il muscolo infase di contrazione viene allungato passivamen-te da una forte distrazione, oppure si ha unacontrazione troppo veloce a partire da una con-dizione di completo rilassamento.

Fattori predisponenti! Intrinseci: squilibrio di forza tra muscoli ago-nisti–antagonisti, insufficiente o scorretto statomuscolare, inadeguato riscaldamento, eccessivoaffaticamento.! Estrinseci: tenuta di gioco inadeguata (movi-menti incongrui), condizioni ambientali e cli-matiche sfavorevoli (es.: basse temperature).

Aspetti clinici e diagnosticiElongazioneCausata da uno stiramento muscolare che nonproduce alcun punto di concentrazione lesiva,poiché è di intensità inferiore alla capacità mas-sima di tensione del muscolo7.Il dolore, sordo e non ben localizzato, insorgeall’improvviso, costringendo spesso l’atleta adinterrompere il gesto atletico. Qualora il dolorenon sia di intensità tale da costringere l’atleta afermarsi, il danno può essere aggravato dallamancata interruzione dell’esercizio.Mentre il riposo attenua la sintomatologia dolo-rosa, la palpazione, superficiale e profonda e lemanovre contro resistenza l’accentuano. Quasicostante è la contrattura di difesa6.All’ecografia, in questi casi, si rileva un’areamuscolare ipoecogena da edema perifibrillare,senza soluzione di continuità.

Lesione di I grado (distrazione-contrattura)Il danno anatomo-patologico risulta di modestaentità poiché la soluzione di continuo interessapoche fibre muscolari8. Il dolore, in questi casipiù localizzato ed acuto rispetto all’elongazione,è accompagnato da minima impotenza funzio-nale, ma costringe quasi sempre l’atleta ad inter-rompere l’attività sportiva.La sintomatologia dolorosa è accentuata dallapalpazione superficiale e profonda, dalla contra-zione attiva e dallo stiramento passivo delmuscolo.Ecograficamente è possibile apprezzare una pic-cola area anecogena intramuscolare, indice di unversamento ematico e soluzione di continuofibrillare di minima entità.Lesione di II grado (stiramento-strappo)Il danno anatomo-patologico è di media entitàcon interessamento di un più elevato numero difibre muscolari9.L’atleta, in questi casi, avverte un dolore intensoaccompagnato da impotenza funzionale più omeno rilevante.A parte il rilievo palpatorio di una tumefazionenodulare in corrispondenza del punto di lesio-ne, le caratteristiche obiettive sono simili a quel-le delle lesioni di I grado, anche se più evidentie di maggiore entità.Ecograficamente è possibile apprezzare l’interru-zione delle fibre muscolari (inferiore al 30%della sezione muscolare totale), assieme ad unacavità anecogena riferibile ad ematoma di variaentità.Lesione di III grado (lacerazione)Il notevole numero di fibre lese comporta l’in-terruzione anatomica, parziale o totale, delmuscolo. È la più grave patologia muscolaretraumatica acuta, la cui prognosi è da considerar-si riservata per quanto riguarda il completo recu-pero nelle attività sportive di elevato livello10.Il dolore è molto intenso e spesso caratteristico:crampiforme, trafittivo o consuntivo (‘sassata’ o‘colpo di bastone’). L’arto interessato è posizio-nato in atteggiamento antalgico, allo scopo di

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mantenere il muscolo nelle posizioni di maggiorr i l a s samento. La rottura di diversi capillarimuscolari determina una precoce infiltrazioneematica che, di solito in 48-72 ore, confluisce inun vasto ematoma.Obiettivamente si apprezza una tumefazionelocale di consistenza duro-elastica mentre la pal-pazione, oltre a risvegliare vivo dolore, permettedi percepire un avvallamento muscolare da per-dita di continuità e retrazione delle fibre musco-lari lese.Ecograficamente si osserva una vasta area aneco-gena, da cospicuo versamento ematico, che sepa-ra due regioni iperecogene corrispondenti ai capimuscolari retratti (aspetto a ‘batacchio di cam-pana’)11.Talora, quando la rottura coinvolge anche lefasce avvolgenti il muscolo, il versamento e m a-tico, sotto forma di area transonica, può incu-nearsi tra le guaine dei muscoli adiacenti.

EVOLUZIONE

Indipendentemente dall’entità (o grado) dellalesione il processo di guarigione inizia moltoprecocemente. La regolarità della sua evoluzionecondiziona il ripristino, più o meno valido, dellecaratteristiche di elasticità, distensibilità e con-trattilità tipiche del tessuto normale7.Nelle forme di modesta gravità prevalgono ifenomeni di rigenerazione cellulare su quelli diriparazione cicatriziale: le cellule satelliti mono-nucleate (situate tra la membrana cellulare dellefibrocellule e la lamina basale) si attivano, proli-ferano, si trasformano in mioblasti e si fondonolongitudinalmente in miotubuli per poi diffe-renziarsi definitivamente in cellule muscolarimature.Al contrario nelle lesioni di maggiore entità ifenomeni di guarigione risultano più complessipoiché, accanto alla rigenerazione, si assiste allaformazione di tessuto riparativo cicatriziale.Nell’area circostante la lesione, compare preco-cemente una reazione flogistica con intensa

vasodilatazione locale, migrazione di celluleinfiammatorie polinucleate e di macrofagi versol’area necrotica.Il processo di guarigione risulta favorevolmenteinfluenzato dalla proliferazione di neovasi capil-lari che, dalla periferia verso il centro, portanoO2 e nutrimenti necessari ai processi metabolicidei tessuti in fase di rigenerazione-riparazione10.Di pari passo all’attivazione delle cellule satelliti(che evolvono a formare le fibre muscolari), ini-zia la proliferazione fibroblastica, che determinala produzione di tessuto di granulazione ed infi-ne della cicatrice connettivale. In queste fasi latensione locale di O2 gioca un ruolo fondamen-tale. Infatti, in presenza di una valida neovasco-larizzazione e di un idoneo apporto di ossigeno,prevalgono i processi di rigenerazione mioblasti-ca; di contro, nel caso di insufficiente apporto diO2 prevalgono quelli cicatriziali.Sono quindi molto importanti le fasi iniziali deltrattamento che deve tendere a stimolare lacapillarizzazione, onde evitare una formazionedisordinata ed esuberante di tessuto connettivofibroso che possa pregiudicare la funzionalitàmuscolare (guarigione).

TERAPIA FISICA STRUMENTALE

Dal punto di vista molecolare la materia viventeè costituita da un insieme di molecole instabiliin continuo movimento. Le molecole appenacostituite tendono, in brevissimo tempo, a scin-dersi in ioni che si mettono in movimento aricostituire neo-molecole (Moti di Brown). Ilmoto browniano determina modificazioni del-l’equilibrio chimico-elettrico della materia(scambio ionico) che rappresenta la base dell’at-tività cellulare della vita, ma nulla di tutto que-sto si realizzerebbe se il sistema chimico-biologi-co cellulare non avesse a disposizione energia.Questa rappresenta la capacità delle forze fisichedi compiere un ‘lavoro’, calcolabile come pro-dotto della potenza (watt) per il tempo (sec.).In fisica ne sono descritte diverse forme: termi-

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ca, cinetica, elettrica, elettromagnetica, ecc., chepossono trasformarsi l’una nell’altra; ad esempiol’energia elettrica può trasformarsi in energia ter-mica o meccanica e viceversa.L’applicazione a un tessuto biologico di uncampo elettromagnetico artificiale, dotato delleopportune caratteristiche di potenza, frequenzae lunghezza d’onda, fornisce energia al substra-to, modificandone l’equilibrio chimico-elettricocompromesso dall’evento patologico.È questa la teoria che giustifica l’utilizzo dicampi elettromagnetici in terapia fisica12.

CAMPI ELETTROMAGNETICI

Con una semplificazione, la corrente elettricapuò essere definita come il passaggio di elettro-ni da un atomo all’altro della materia (condut-tori di 1ª specie) o come spostamento di ioni inun liquido complesso (conduttori di 2ª specie).Un conduttore percorso da corrente genera alsuo interno un insieme di linee di forza ad anda-mento circolare: l’insieme di queste linee costi-tuisce il campo elettromagnetico. Se il condut-tore è avvolto a spirale (solenoide), le linee diforza si disporranno nello spazio secondo unandamento sferico-cilindrico con un polomagnetico ‘nord’ ed uno ‘sud’ ai due estremi delcampo. La posizione di questi poli dipende dalsenso di “scorrimento” della corrente all’internodel conduttore; quando questa si inverte anche idue poli invertono la loro posizione.All’aumentare della frequenza di inversionedella corrente il campo elettromagnetico siespande nello spazio fino a che, per frequenzesuperiori ai 10.000 cicli al secondo le linee diforza si spezzano e si proiettano nello spazio tra-sportando energia (radiazione).A frequenze al di sotto dei 100 Hz si colloca lamagnetoterapia, fra 20 e 40 MHz laMarconiterapia, tra 2 e 3 GHz la radarterapia eoltre 1 THz (miliardi di cicli al secondo) la laser-terapia.L’onda elettromagnetica trasferisce quindi ener-

gia da un generatore nello spazio.Quando un conduttore di 1ª o 2ª specie vieneinvestito dall’onda, al suo interno si dissipa l’e-nergia trasportata dall’onda stessa.La materia vivente si comporta come un con-duttore di 2ª specie ed il passaggio di correnteavviene con il movimento fisico di ioni in liqui-di intra ed extracellulari.Il trasferimento energetico tramite onda elettro-magnetica può avvenire con diverse modalità, inrelazione con la frequenza di pulsazione delcampo: " per concatenamento di conduttori di1ª e 2ª specie (legge di Faraday-Noimann); " pereffetto antenna; " per proiezione; " per contattocapacitivo e resistivo.

" La magnetoterapia sfrutta l’effetto Faraday-Noimann: si inserisce la parte da trattare all’in-terno di un campo elettromagnetico generato daun solenoide.Gli effetti biologico-terapeutici cambiano infunzione del campo applicato (induzionemagnetica, misurata in Gauss) e della durata deltrattamento:" cambiamento di fase fisico-chimica (precipitati,opalescenza, orientamento molecolare di com-posti chimico-organici, ecc.);" azione delle forze di Lorenz sulle cariche inmovimento (es: aumento del flusso salino);" effetti elettrici indotti, macroscopici (correntisulle superfici ossee) e microscopici (variazionidel potenziale di membrana cellulare);" effetti micromeccanici magnetoindotti (modi-ficazione della forma delle cellule e delle micro-strutture).L’effetto terapeutico è riconducibile quindi adun’azione di stimolo metabolico (lieve a causadella limitata potenza), del circolo e delle strut-ture a metabolismo rallentato.

" L’effetto antenna è quello sfruttato negli appa-recchi per Marconi e radarterapia.Le apparecchiature per Marconiterapia sonocostituite da un vero e proprio trasmettitore

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marconiano per radiotrasmissione. L’energia, tra-sferita al paziente tramite un sistema di antennea bracci piani, è dell’ordine dei 400w ad una fre-quenza tra i 20 e 40 MHz.Di concezione analoga alla Marconiterapia, laradarterapia si avvale di una tecnologia piùmoderna: la frequenza di lavoro, molto più alta(2-3 GHz), consente l’uso di antenne ad emetti-tore parabolico che proiettano energia in fasciostretto. L’area irradiata è molto più definita per-tanto, a pari densità (W/cm2), la potenza com-plessiva in gioco è molto minore. Ciò favorisceuna migliore definizione dell’area da trattare edun miglior controllo degli effetti. Questi sonorappresentati principalmente dalla vasodilatazio-ne ad origine macroscopicamente esotermica,accompagnata però, purtroppo, da disidratazio-ne tissutale superficiale e lieve flogosi.

" A frequenze superiore ad 1 THz si propaga perproiezione la radiazione elettromagnetica degliapparecchi per laserterapia.Le principali interazioni con il tessuto sono ditipo fotochimico, fototermico e fotomeccanico.L’energia elettromagnetica viene cioè trasforma-ta in calore, energia chimica e meccanica.Gli effetti terapeutici variano in funzione deltipo di laser ma principalmente sono:" interazione con i tessuti di conduzione (antal-gia);" attivazione reazioni biochimiche di difesa(antiflogistico);" stimolo metabolico." La Tecarterapia sfrutta una forma differente diinterazione elettromagnetica che fa riferimentoal modello fisico del condensatore: il contattocapacitivo e resistivo.Il condensatore è un dispositivo costituito dadue elementi di materiale conduttore, affacciatie separati da un sottile strato isolante quando idue elementi sono collegati ad un generatoreelettrico di differenza di potenziale. A causa del-l’attrazione reciproca fra cariche di segno oppo-sto si ha un aumento della densità di carica sulla

superficie di ciascun elemento prossiamale allostrato di isolante interposto. Man mano che ilcondensatore accumula cariche la corrente siriduce, fino ad annullarsi quando il sistema ècarico. A questo punto, se la polarità del genera-tore si inverte, si avrà corrente in senso inversoche caricherà il sistema con polarità opposta allaprecedente.Trasferendo il concetto per un’applicazione bio-logica, avremo un condensatore costituito daun’armatura metallica isolata (elettrodo mobile)collegata ad un generatore ad alta frequenza (0,5MHz) ed una armatura costituita da tessuto bio-logico che, come abbiamo visto, è un condutto-re di 2ª specie13.Con l’applicazione degli elettrodi isolati il movi-mento e la concentrazione di cariche si sviluppasoprattutto nello spessore dei tessuti molliimmediatamente sottostanti l’elettrodo mobile. Mentre utilizzando un elettrodo non rivestito daisolante (resistivo), a parità di frequenza di emis-sione, la concentrazione di cariche, e quindi l’ef-fetto biologico, si verifica nei punti più resistividel tessuto frapposti fra l’elettrodo attivo e unapiastra di ritorno. Detti punti più resistivi sonorappresentati da osso, tendini, legamenti e fascemuscolo-tendinee che, sottoposti al trattamento,si comportano come il materiale isolante cheriveste l’elettrodo capacitivo14.

LA TECARTERAPIA

Ogni attività della cellula si realizza attraversomodificazioni dell’equilibrio ch i m i c o - e l e t t r i c odi suoi componenti per cui, ogni modificazionedi questo equilibrio altera l’attività della cellula.Ogni singola cellula partecipa alla funzione deltessuto attraverso interazioni morfologiche e ditipo chimico-elettrico15.Quando un’onda od un campo elettromagneti-co interagisce con un sistema cellulare ed è dota-ta delle opportune caratteristiche, determinamodificazioni nell’attività del sistema. In parti-colare sulla base dei concetti sopra esposti si è

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elaborata la seguente teoria, attualmente in fasedi dimostrazione sperimentale.! A bassi livelli energetici (50-100W), pur nonverificandosi dissipazione endotermica, si ha sti-molazione ultrastrutturale cellulare (vedi magne-toterapia), da cui consegue un aumento delle tra-sformazioni energetiche (produzione ATP) e delconsumo di O2. Da ciò discende l’attivazioneindiretta, per aumento delle richieste metaboli-che del tessuto, del microcircolo arterioso evenolinfatico senza dilatazione dei grandi vasi.! A medi livelli energetici (100-200W), oltreall’effetto biostimolante, si verifica un incre-mento della temperatura endogena, dipendentedall’aumento dei moti browniani. Questo innal-zamento termico stimola la dilatazione dei vasidi calibro maggiore aumentando ulteriormenteil flusso ematico.L’effetto termico è in stretta relazione con le cor-renti di spostamento che, dalle zone più perife-riche, si concentrano nelle aree di applicazione erisulta direttamente proporzionale alla lorointensità. Non raggiunge mai, quindi, livelli dan-nosi, come invece può accadere con i sistemiradianti tradizionali (radar, Marconi, ecc.).! Ad alti livelli energetici (200-300W) risultaminore l’effetto di biostimolo cellulare e mag-giore, invece, l’effetto endotermico, con notevo-le aumento del flusso emolinfatico.Da ultimo, quindi, si ottiene una stimolazione euna precoce riossigenazione dei tessuti lesi, unapronta rimozione dei cataboliti tossici e un piùrapido ripristino dei normali potenziali di mem-brana. Inoltre un’accelerazione dei tempi di atti-vazione dei sistemi di difesa e riparazione, com-promessi in caso di patologia:

1) Nocicettori e fibre nervose periferiche: reintegrodel potenziale di membrana, iperpolarizzzionedi membrana fino al blocco di conduzione perscambio ionico indotto.

2) Vasi sanguigni e linfatici: grande aumento dellavelocità del macro e microcircolo ematico e del

drenaggio venolinfatico.

3) Muscoli: lo stimolo metabolico determina unaumento della velocità di riparazione del dannofibrillare, mentre la scomparsa degli eventualiedema e/o ematoma facilita un rapido e com-pleto recupero funzionale delle fibre.

4) Capsula, cartilagine e osso articolare: per i mec-canismi suddetti, rapido riassorbimento delliquido sinoviale e ritorno alla normalità dellestrutture alterate.Da quanto sopra discende che la Tecarterapiasembra trovare razionale di applicazione soprat-tutto laddove il principale evento patologico èl’alterazione microcircolatoria con lesione tissu-tale.Applicando questi concetti alla terapia delle lesio-ni muscolari acute, l’effetto che si ottiene è:" nelle lesioni di basso grado un’accelerazione deinormali processi di recupero;" nelle lesioni più gravi il prevalere dei processi dirigenerazione mioblastica e capillarizzazione suquelli di cicatrizzazione fibrosa, con miglioreripristino della funzionalità del muscolo leso.

OBIETTIVI

Da sempre, sia in campo chirurgico, farmacolo-gico che strumentale, l’attività di ricerca incampo terapeutico persegue l’obiettivo dellamassima efficacia con la minima invasività.Soprattutto nel settore della terapia fisica questoha portato allo sviluppo di una grande varietà diapparecchiature elettromedicali che si sono però,purtroppo, rivelate negli anni passati di poca onessuna utilità. Le principali cause della scarsaefficacia della terapia strumentale erano da ricer-carsi nella inadeguatezza degli strumenti di piùvecchia concezione e costruzione e nella man-canza di una ricerca clinica e di laboratorio seria.Sono diverse, infatti, le sorgenti di energia uti-lizzate e le interazioni fisico-biologiche che sonostate e vengono sfruttate, spesso in assenza di

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un’opportuna sperimentazione e di un verorazionale terapeutico.Presso l’Istituto di Medicina dello Sport CONIFMSI di Bologna da diversi anni l’attività delServizio di Traumatologia, Cinesiologia eRiabilitazione è volta alla sperimentazione dinuove apparecchiature ad ultrasuoni, magnetoe-lettriche e laser, allo scopo di identificare gli stru-menti più efficaci e di individuare le possibilitàe modalità di intervento nella traumatologiadello sport (Tabella 1). In questo contesto abbia-mo sviluppato un protocollo di ricerca biennalesull’utilizzo, in terapia fisica, di una nuova appa-r e c chiatura magnetoelettrica che sfrutta ilTrasferimento Energetico Capacitivo Re s i s t i v o(Tecar) per il trattamento della patologia distratti-va post-traumatica del muscolo.

MATERIALI E METODI

Lo strumento da noi utilizzato è un’apparec-chiatura per Tecarterapia con potenza di picco di300W regolabile a step del 10% e frequenza diemissione di 500.000 Hz.In questa ricerca l’apparecchio è stato da noii m p i e gato nel trattamento della patologiamuscolare utilizzando come metodi standard diimpiego terapeutico il massaggio circolare e lon-gitudinale cranio-caudale. L’apparecchiatura èdotata di un quadro comandi che permette divariare l’energia di erogazione, consentendo diadattare il protocollo terapeutico sulla base deltipo di risposta al rialzo termico del paziente.Per garantire la massima uniformità di applica-zione le sedute sono state effettuate tutte dallostesso operatore e le caratteristiche di emissionedell’apparecchiatura sono state testate periodica-mente. Il campione di atleti da noi trattati inquesta ricerca consta di 30 casi di cui 27 sonomaschi e 3 femmine, di età compresa fra 16 e 58anni (media 32), praticanti discipline sportivediverse, giunti alla nostra osservazione per trau-mi muscolari di tipo distrattivo (Tabella 2).La diagnosi è stata posta con esame ecografico

con sonda da 7,5 MHz ed ogni paziente è statovalutato dal punto di vista clinico sintomatolo-gico, in particolare:a) il sintomo dolore mediante valutazione conscala analogico-visiva VAS da 1 a 10;b) la funzionalità muscolo-articolare attiva e pas-siva con manovre contro resistenza.Si sono eseguiti controlli ecografici, seriati, ese-guiti dallo stesso operatore e con la medesimaapparecchiatura, con cadenza settimanale pervalutare le modificazioni orga n i che, indottedurante il periodo di trattamento, nella regioneinteressata dalla lesione muscolare.I soggetti sono stati trattati con cadenza di unaseduta al giorno, non oltre 5 settimanali e adalmeno 72 ore dal trauma, e la terapia è statacontinuata fino a risoluzione del quadro ecogra-fico (riassorbimento ematoma, comparsa dellefibre nell’area di lesione, cicatrizzazione), per unmassimo di 18 e un minimo di 5 applicazionitotali (media 8). Nel periodo precedente al trat-tamento i pazienti non sono stati sottoposti anessun tipo terapia, farmacologica o di altrotipo, se non l’applicazione di ghiaccio nellazona interessata dalla lesione. Ogni trattamento,della durata complessiva di 30 minuti, ha previ-sto l’utilizzo degli elettrodi non isolati (automa-tico e resistivo) ed isolato (capacitivo) alla massi-ma potenza consentita dalla sensibilità delpaziente al rialzo termico tissutale.L’applicazione è stata eseguita, come ricordato,con tecnica standard, e cioé massaggio circolaredel muscolo interessato dalla lesione con esten-sione alle strutture muscolo-tendinee immedia-tamente adiacenti, nonché massaggio longitudi-nale cranio-caudale. La durata del massaggio èstata di 10 minuti per gli elettrodi resistivo auto-matico, resistivo e capacitivo.Il segmento articolare interessato dalla lesionenon è stato immobilizzato ed è stata permessa ladeambulazione durante tutto il periodo di trat-tamento. In nessun caso si sono evidenziatieffetti collaterali di alcun tipo, né dal punto divista ecografico che clinico-sintomatologico,

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Circoscritta diminuzione ecogenicità peredema perifibrillare e/o

versamento sieroematico

I GRADO II GRADO III GRADO

Zona di ipoanecogenicità per ematomaintramuscolare con scomparsa dellastruttura fibrillare < 30% spessore

Zona di ipoanecogenicità per ematomaintramuscolare con scomparsa dellastruttura fibrillare < 30% spessore

13Teca rt erapia 2003

DESCRIZIONE

M. gastrocnemicoM. bicipite femoraleM. tibiale anteriore

N. CASI

131

DESCRIZIONE

M. retto femoraleM. bicipite femoraleM. addutori cosciaM. soleoM. pettorale

N. CASI

43121

DESCRIZIONE

M. retto femoraleM. bicipite femoraleM. gastrocnemicoM. vasto intermedio

N. CASI

2561

Totale 5 11

TABELLA 2 - CLASSIFICAZIONE PER MUSCOLO INTERESSATO E GRADO DI LESIONE

LESIONE

14

TERAPIA

FARMACOLOGICA

Antinfiammatori,per via sistematicae/o topica

PRINCIPALE INTERAZIONE

CON IL TESSUTO

Di tipo biochimico:alterazione dei meccanismi biochimici della flogosi

PRINCIPALI EFFETTI

Effetto antiflogistico diretto con, secondo il tipo di farmaco,effetto antalgico, antipiretico, antiedemigeno

INDICAZIONI

Patologia acuta dei tessuti molli,pussée di riacutizzazione diquadri cronici, sindromi dolorosemiofasciali per trattamentotopico e sistemico

TRATTAMENTO

Ultrasuonoterapia

Magnetoterapia

Elettroterapia

Tecarterapia

Laserterapia

PRINCIPALE INTERAZIONE

CON IL TESSUTO

Di tipo meccanico: ondesonore ad alta frequenzacon effetto termico associato

Di tipo elettromagneticodebole con alta. polarità dimembrana e modificazione livello metabolico cellulare

Di tipo elettromagneticosulle strutture di conduzione(eccitazione o depressionedella conducibilità)

Di tipo termico coneccitazione sistemi chimico-enzimatici ed effetto su macrocircolo

Di tipo elettromagnetico,fotochimico, fototermico e fotomeccanico

PRINCIPALI EFFETTI

Decalcificazione, fibrocalcificazione di strutture molli (lievissimo effetto di stimolo al circolo ematico e linfatico)

Effetto biostimolante su strutturecon metabolismo rallentato, lieveeffetto antalgico e di stimolo al circolo

Effetto antalgico nel casod’interessamento di strutturenervose e/o muscolari

Effetto biostimolante e di stimolo alcircolo con effetto antalgico ed antiflogistico secondario

Antalgico, antiflogistico e biostimolante in relazione al tipo di laser

INDICAZIONI

Tendinopatie, miopatie cronico-degenerative con fibrosi e/o fibrocalcificazioni

Lesioni muscolari, ematomi, fratture, lesioni cronico-degenerative di strutture molli,rachialgie

Rachialgie e dolori ad origineneuritica e/o muscolo-fasciale.Dolore cronico

Quadri infiammatori cronici, alterazioni del micro o macrocircolo, lesioni muscolari

Quadri infiammatori acuti e cronici, dolore ad origineneuritica o miofasciale.Artropatie acute o croniche

Trattamento di secondo livello quadri acuti o cronici di modera t a - g rave entità e per sindromi dolorose organich e

TABELLA 1 - TRATTAMENTO NON CHIRURGICO DI PATOLOGIA OSTEO-MUSCOLO-ARTICOLARE

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anzi, in genere fin dalle prime sedute, i pazientihanno riferito un miglioramento del sintomo‘dolore’ ed è stata verificata la riduzione dell’im-potenza funzionale.Ogni atleta è stato sottoposto a follow-up dopodue settimane dalla fine del trattamento, duran-te la fase di riabilitazione attiva, senza che si pre-sentassero modificazioni di rilievo in sensonegativo del quadro clinico presente al control-lo di fine terapia. Nonostante l’entità di alcunedelle lesioni trattate non è mai stato necessarioeseguire più di 18 trattamenti, per una duratacomplessiva di 4 settimane di terapia (Tabella 3).

CONCLUSIONI

Gli ottimi risultati ottenuti in termini di rapiditàdi risoluzione del quadro clinico-sintomatologi-co ed ecografico, uniti alla maneggevolezza del-

l ’ a p p a r e c chio, ci permettono di indicare laTecarterapia come strumento di notevole effica-cia nel trattamento precoce non chirurgico dellelesioni muscolari. In particolare la focalità diazione garantita dal sistema capacitivo-resistivocomporta una buona specificità di interventonelle aree interessate dalla lesione: la facilità dicontrollo dell’ampiezza dell’area trattata permet-te di escludere coinvolgimenti di eventuali zonetissutali particolarmente delicate (soluzioni dicontinuo della cute, mucose, ecc.).L’assenza di effetti collaterali, rilevata con laricerca, conferma la teorizzata sicurezza del tra-sferimento energetico capacitivo-resistivo.Risultati biologicamente apprezzabili in profon-dità sono ottenibili senza proiezione o concen-trazioni troppo elevate di energia.Per effetto del trasferimento capacitivo-resistivo,infatti, non è presente corrente di contatto, ma

14 E V I D E N Z E C L I N I C H E

LESIONE

PARAMETRI

I GRADO

TOTALE CASI 5

Max 10 sedute: 14 giorniMin 4 sedute: 7 giorniMedia 5,1 sedute: 8 giorni

II GRADO

11

14 sedute: 21 giorni4 sedute: 7 giorni

8,6 sedute: 14 giorni

III GRADO

14

18 sedute: 28 giorni6 sedute: 14 giorni

11,7 sedute: 19 giorni

TABELLA 3- NUMERO DI SEDUTE E TEMPI DI RISOLUZIONE ECOGRAFICA

FIGURA 1 FIGURA 2

Figure. 1-2 Applicazione Tecar con elettrodo capacitivo a sinistra, e resistivo a destra.

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movimento di attrazione e repulsione di cariche(ioni). Non è stato possibile effettuare un’inda-gine statistica sui tempi di recupero a causa dellascarsa letteratura reperibile sull’argomento. Sulla base della nostra esperienza ci sentiamo diaffermare, però, che si tratta di tempi estrema-mente rapidi con miglioramento, inoltre, dellepossibilità riabilitative. Ciò è consentito dall’ef-ficacia terapeutica del trattamento, riscontratanella sperimentazione, sui sintomi dolore eimpotenza funzionale, la cui rapida remissionepermette di iniziare precocemente manovre ria-bilitative corrette.

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15Teca rt erapia 2003

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In questo studio viene utilizzata la TECARTERAPIA, un sistema a trasferimento energetico capacitivo e/o resistivo, che fun-

ziona nell’ambito delle radiofrequenze a onde lunghe nel trattamento della patologia muscolo-articolare acuta e cronica del-

l’atleta. La caratteristica della Tecarterapia è quella di trasferire energia all’interno dei tessuti con un elettrodo capacitivo

rivestito da un isolante e un elettrodo resistivo conduttore, seguendo il meccanismo del condensatore. L’apparecchio utiliz-

zato è costituito da un generatore che eroga segnale alla frequenza di 0,5 MHz ad una potenza massima di 300 watt.

Sono stati presi in considerazione 327 soggetti (120 femmine, 207 maschi) fra i 18 e i 60 anni affetti da patologie acute e

croniche da sport. Sono stati divisi in due gruppi, uno composto da 68 casi di patologie acute non precedentemente tratta-

te, un altro di 259 casi di patologie croniche trattate variamente. Le sedute sono iniziate con il trattamento resistivo con elet-

trodo posto in corrispondenza della zona da trattare per 10 minuti (5 nelle patologie muscolari) e successivamente per altri

10 minuti (15 nelle patologie muscolari) con l’applicazione dell’elettrodo capacitivo.

L’evolversi della sintomatologia è stata controllata e valutata clinicamente da un osservatore indipendente con l’indice di

Steinbroker modificato per l’attività sportiva e con la scala visiva analogica VAS da 0 a 10, dove 0 corrisponde ad assen-

za di dolore e 10 a dolore insopportabile. Le patologie trattate sono articolari, muscolari, tendinee e tra queste quelle che

hanno evidenziato una più marcata modificazione della classe funzionale sono quelle muscolari.

I risultati ottenuti appaiono degni di attenzione in quanto indicano che la Tecarterapia è un utile strumento nella terapia di

patologie da sport dell’apparato locomotore, che si sovrappone ad altre terapie negli effetti positivi o nella mancanza degli

stessi, ma che ha anche caratteristiche peculiari che risultano efficaci anche dove altri trattamenti hanno fallito.

Ipertermia, patologie muscolo-articolari, vasodilatazione

PA R O L A C H I AV E

16 E V I D E N Z E C L I N I C H E

LA TECARTERAPIA

NEL TRATTAMENTO DI PATOLOGIE

ACUTE E CRONICHE DA SPORT

G.P. Ganzit, L. Stefanini, G. StesinaIstituto di Medicina dello Sport FMSI-CONI Torino

RI A S S U N TO

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17Teca rt erapia 2003

Nonostante la relativamente ampia strumenta-zione fisioterapica attualmente in uso, che com-prende anche varie apparecchiature per generarecorrenti elettriche indotte o trasmesse diretta-mente al corpo umano, vi sono diversi processipatologici articolari, tendinei, mioentesici cherisultano particolarmente resistenti al trattamen-to e limitano a lungo la possibilità di praticasportiva sia a livello agonistico che amatoriale. La possibilità che una nuova modalità di trasfe-rimento di energia in profondità possa essereutile anche solo in qualche caso ad abbreviare erisolvere patologie limitanti la prestazione spor-tiva e a volte anche l’attività quotidiana apparequantomeno meritevole di attenzione.L’ipertermia è nata e si è sviluppata per trattareassociata ad altri mezzi chimici e fisici le massetumorali allo scopo di distruggere le cellule piùcentrali, metabolicamente meno attive e pocoirrorate dal sangue circolante. Tra i metodi uti-lizzati vi è quello dell’ipertermia indotta daradiofrequenza1. Alcune osservazioni evidenzia-no oltre alla necrosi centrale una riduzione del-l’edema periferico alla massa carcinomatosa2 ehanno suggerito la possibilità di utilizzazioneanche in tessuti soggetti a reazione infiammato-ria con le dovute proporzioni di intensità etempo. In questo caso il flusso ematico, accen-tuato dall’aumento della temperatura potrebbe,aumentando lo scambio calorico, evitare il rag-giungimento di temperature che potrebberodeterminare necrosi cellulare, osservata nellaterapia dei tumori. Già Lehmann3 nel 1953aveva evidenziato come temperature fra 40 e45°C potessero avere effetti terapeutici in variesituazioni patologiche, ma le temperature di 44-45°C dovevano essere mantenute per breviperiodi di tempo.È stato messo recentemente a punto un sistemadetto a trasferimento energetico resistivo e capa-citivo e per questo denominato TECARTERAPIA,che funziona nell’ambito delle radiofrequenze aonde lunghe a 0,5 MHz, inferiore quindi allefrequenze usate in diatermia ad onde corte (27,1

MHz) e superiore alle frequenze che determina-no contrazioni muscolari.La Tecarterapia ha quale sua peculiarità, nell’am-bito degli apparecchi per diatermia, quella di tra-sferire energia all’interno dei tessuti con un elet-trodo capacitivo o con uno resistivo. Il primo ècostituito da un elettrodo rivestito da un isolan-te, il secondo da un elettrodo conduttore. Nelprimo caso possiamo immaginare di essere inpresenza di un condensatore con due armature,in cui una è costituita da una piastra conduttricemetallica (il dielettrico è quello opposto sullasua superficie), e l’altra è costituita da un con-duttore di 2ª specie, formato dal tessuto biologi-co e da un’altra piastra metallica conduttrice chechiude il circuito. Un conduttore di 2ª specie ècaratterizzato da correnti di spostamento piutto-sto che di conduzione, le particelle cariche ten-dono ad addensarsi maggiormente nei pressi deldielettrico e la loro energia tende ad aumentareprogressivamente dal controelettrodo all’elettro-do isolato con conseguente aumento di tempe-ratura. L’aumento di energia è quindi maggiorenei muscoli posti in prossimità dell’elettrodoisolato. Se l’elettrodo isolato viene tenuto fermola sensazione di calore sulla cute a contattodiventa presto insopportabile, di conseguenza iltrattamento comporta il movimento lento econtinuo dell’elettrodo in senso circolare e spo-stamenti successivi pari al raggio dell’elettrodo.Nel caso dell’elettrodo resistivo il circuito risultaformato da un condensatore in cui un’armaturaè costituita dall’elettrodo quale conduttore di 1ªspecie e dai tessuti biologici sottostanti concaratteristiche di conduttore di 2ª specie, da undieletrico formato dal tessuto osseo, da unaseconda armatura formata dal tessuto biologicoconduttore e dal controelettrodo. In questo casol’addensamento maggiore di energia si avrà vici-no alle superfici ossee e quindi a livello delleinserzioni dei tendini e dei legamenti e delle arti-colazioni. Infatti, in questo caso l’elettrodo atti-vo può essere mantenuto fisso e la sensazione diaumento di energia si avrà soprattutto in caso di

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18 E V I D E N Z E C L I N I C H E

patologia inserzionale o articolare a questo livel-lo. Tutte le strutture conduttrici investite dalleonde elettromagnetiche avranno un aumento dienergia come aumento del movimento ionico edove le onde si addensano in ogni caso avremoun incremento di temperatura, che aumentandola potenza del generatore è avvertito dal sogget-to come eccessivo, quindi anche nel caso di elet-trodo resistivo. Infatti si può osservare che latemperatura cutanea nell’uso dell’elettrodo resi-stivo va progressivamente diminuendo in dire-zione del controelettrodo. Ad esempio nel trat-tamento del tendine di Achille la massima tem-peratura cutanea si ha in corrispondenza del tal-lone (Tabella 1).La temperatura sale rapidamente nei primi 10minuti e più lentamente nei minuti successivi.Dopo 20 minuti gli incrementi sono moltomodesti ed in alcune zone la temperatura tendea scendere in funzione dei flussi circolatori.L’apposizione opportuna di elettrodo (più pic-colo con maggior addensamento di corrente) econtroelettrodo permette di trattare varie zonedel corpo. In particolare per il trattamento dimuscoli verrà usato un elettrodo capacitivo conil controelettrodo situato sul versante oppostodell’arto, per il trattamento di una articolazionel’elettrodo verrà posto su un versante dell’artico-lazione e il controelettrodo sul versante opposto.Gli effetti fisiologici di questo aumento di ener-gia sono rappresentati da: " Aumento dell’estensibilità del tessuto collage-

ne per riduzione della viscosità. " Riduzione del dolore per azione controirritan-te o per liberazione di endorfine. " Riduzione degli spasmi e contratture muscola-ri per ridotta attività degli efferenti secondari. " Più rapida e completa dissociazione dell’ossi-geno dall’emoglobina con maggiore disponibi-lità, che si accompagna a riduzione dell’energiadi attivazione di importanti reazioni chimichemetaboliche. " Vasodilatazione con aumento del flusso ema-tico locale che contribuisce al rifornimento diossigeno e di sostanze nutritizie e all’asportazio-ne di cataboliti. " Velocizzazione del riassorbimento di raccolteemorragiche.Altri possibili effetti legati all’azione specificadel campo elettromagnetico sono ipotizzabilima non dimostrati.

MATERIALI E METODI

L’apparecchio utilizzato è costituito da un gene-ratore che eroga un segnale alla frequenza di 0,5MHz ad una potenza massima di 300watt(HCR900 Unibell). La potenza è regolabile perconsentire di controllare la quantità di energiatrasferita e la relativa azione biologica. Gli elet-trodi attivi sono costituiti da elementi metallicidi varie dimensioni (da alcuni centimetri a pochimillimetri), alcuni dei quali sono completamen-te rivestiti da uno speciale materiale ceramico

TABELLA 1- TEMPERATURA CUTANEA IN ºC DURANTE IL TRATTAMENTO CON ELETTRODO RESISTIVO

PER TENDINOPATIA ACHILLEA

TALLONE

A 5 CM

A 10 CM

A 20 CM

CONTROLAT.

27.7

28.4

30.0

31.2

27,6

38.7

38.8

36.9

34.5

27.7

39.8

39.7

39.6

36.7

27.7

40.1

38.7

38.2

37.2

27.7

INIZIO 10’ 20’ 30’

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19Teca rt erapia 2003

che ha la funzione di dielettrico. Il controelet-trodo consiste in una placca metallica che vieneapplicata in contrapposizione o un cilindro cheviene impugnato. La zona da trattare vienecoperta da un leggero strato di un gel specialeche ha l’unica funzione di rendere omogeneo ilcontatto fisico tra elettrodo e pelle.La seduta inizia con il trattamento resistivo conelettrodo che viene posto in corrispondenzadella zona da trattare, mantenuto fisso per 10minuti (5 minuti nelle patologie muscolari) conpotenza regolata in modo tale da ottenere lamassima temperatura cutanea accettabile dalsoggetto senza senso di fastidio (per questo pos-sono essere necessari aggiustamenti ripetuti).Successivamente viene eseguita per 10 minuti(15 minuti nelle patologie muscolari) applica-zione con elettrodo capacitivo. In questo casol’elettrodo deve essere mosso in continuazionedall’operatore con movimenti circolari per evita-re fastidiose sensazioni cutanee da eccessivocalore locale. Sono state eseguite mediamente 10sedute giornaliere in giorni successivi con pausedi due giorni al fine settimana.Sono stati presi in considerazione 327 soggetti(120 femmine e 207 maschi) fra i 18 e i 60 annirisultati affetti da patologie acute e croniche dasport. Sono stati suddivisi in due gruppi, l’unocomposto da 68 soggetti portatori di patologieacute non precedentemente trattate, l’altro di259 soggetti portatori di patologie croniche giàtrattate precedentemente a volte con vari tratta-menti (FANS, infiltrazioni con steroidi, US,ionoforesi…). In nessun caso è stato utilizzatoaltro trattamento, fisico o farmacologico, duran-te la fase di Tecarterapia. Nelle patologie acutesono stati usati quando ritenuto opportuno ben-daggi od ortesi e la Tecarterapia è stata iniziatasolo dopo 72 ore dal trauma.L’evolversi della sintomatologia è stata controlla-ta e valutata clinicamente da un osservatore indi-pendente con l’indice di Steinbroker modificatoper l’attività sportiva e cioè:" attività sportiva possibile senza limitazioni;

" le fasi più impegnative della pratica sportivasono condizionate e limitate;" l’attività sportiva è possibile solo a livellomoderato;" il soggetto non è in grado di svolgere alcunaattività sportiva.Inoltre al soggetto è stata sottoposta una scalavisiva analogica (VAS) da 0 a 10, dove 0 corri-spondeva ad assenza di dolore al movimento e10 a dolore insopportabile che rende impossibi-le il movimento interessato. La valutazione èstata ripetuta all’inizio ed alla fine del tratta-mento. Alla fine del trattamento è stato chiestoinoltre al soggetto un giudizio sull’efficacia e latollerabilità della terapia.

RISULTATI E DISCUSSIONI

I soggetti trattati sono atleti appartenenti a diver-se discipline: nuoto, sci, calcio, pallacanestro,pallavolo, ciclismo ed in particolare podismo etennis. Le varie patologie trattate sono state sud-divise in tre gruppi:! articolari in cui abbiamo compreso distorsioni,versamenti, artrosinoviti, sinoviti da sovraccari-co e da impatto, sinoviti meniscali, condropatie,lombalgie;! muscolari comprendenti lesioni con perdita dicontinuità di 1-3º grado, mioentesiti, esiti fibro-cicatriziali;! tendinee costituite da tendiniti acute e croni-che, paratenoniti ed entesopatie.Le patologie articolari sono così risultate 145pari al 44,3%, quelle muscolari 46 pari al 14,1%e quelle tendinee 136 pari al 41,5%.La scelta delle patologie ha tenuto conto delleindicazioni alla diatermia ad onde corte4,5 checomprende fibrosi muscolare e legamentosa,lesioni tendinee ed articolari, borsiti, infiamma-zioni ricorrenti come artriti traumatiche ed epi-condiliti. Come controindicazioni abbiamofatto riferimento a quelle generali per applica-zione di calore quali infezioni, deficit della sen-sibilità per cui il paziente non è in grado di per-

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20 E V I D E N Z E C L I N I C H E

1

2

3

4

6

146

145

30

1.8

44.3

44.3

9.2

93

177

54.0

3.0

28.4

54.1

16.5

0.9

TABELLA 2- INDICE DI STEINBROKER MODIFICATO

IN TUTTI I SOGGETTI PRIMA E DOPO TRATTAMENTO

(X2=143.1)

PRIMA DOPO

I.SI S. N. % N. %

cepire o comunicare la sensazione di eventualedolore e a quelle più specifiche relative alla dia-termia elettromagnetica quali coagulopatie etromboflebiti. Altre situazioni di controindica-zione al trattamento con onde corte qualiedemi, versamenti articolari e presenza di ogget-ti metallici potrebbero invece essere trattati con

il sistema a trasferimento energetico capacitivosecondo i costruttori e secondo alcune osserva-zioni sperimentali2. Nella presente sperimenta-zione abbiamo trattato 12 casi di idrartro delginocchio. È necessario in ogni caso una corret-ta applicazione degli elettrodi, del rispetto deitempi, dell’energia trasmessa che deve essere

I.SI S. N. % N. %

1

2

3

4

0

28

31

9

0.0

41.2

45.6

13.2

27

35

6

0

39.7

51.5

8.8

0.0

TABELLA 3- INDICE DI STEINBROKER MODIFICATO

NEI CASI ACUTI (X2=53.6) E CRONICI (X2=53,6)PRIMA E DOPO TRATTAMENTO

PRIMA DOPO

ACUTI

CRONICI

1

2

3

4

6

118

114

21

2.3

45.6

44.0

8.1

66

142

48

3

25.5

54.8

18.5

1.2

# mediana

$ 75° perc

% 25°perc

$

$%

%

P R I M A D O P O

0

2

4

6

8

10

Grafico 3. Valori della scala analogica visiva prima e dopo trattamento nel caso di patologia cronica.

Grafico 2. Valori della scala analogica visiva prima e dopo trattamento nel caso di patologia acuta.

Grafico 1. Valori della scala analogica visiva di tutti gli atleti prima e dopo trattamento.

# mediana

$ 75° perc

% 25°perc

$

$%

%

P R I M A D O P O

0

2

4

6

8

10

# mediana

$ 75° perc

% 25°perc

$

$%

%

P R I M A D O P O

0

2

4

6

8

10

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21Teca rt erapia 2003

1

2

3

4

2

54

65

15

1.5

39.7

47.8

11.0

38

75

22

1

27.9

55.1

16.2

0.7

regolata in funzione delle sensazioni riferite dalsoggetto, al fine di evitare di produrre lesioni daeccessivo aumento di temperatura. La maggior parte dei soggetti ha dichiarato unacerta riduzione del dolore e miglioramento dellariduzione funzionale al termine del trattamentoe le classi dell’indice di Steinbroker modificato e

i valori di VAS (Tabella 2 e Grafico 1) sonorisultati statisticamente modificati. Le modifica-zioni sono risultate analogamente significativenei casi acuti e cronici e nei tre gruppi patologi-ci considerati (Tabelle 3 e 4 e Grafici 2-6).Per verificare meglio i risultati abbiamo conside-rato per i vari tipi di patologia la differenza del-

I.DI S. N. % N. %

1

2

3

4

2

63

68

12

1.4

43.4

46.9

8.3

34

77

32

2

23.4

53.1

22.1

1.4

TABELLA 4 - INDICE DI STEINBROKER MODIFICATO

NEI 3 GRUPPI DI PATOLOGIE PRIMA E DOPO TRATTA-MENTO

PRIMA DOPO

ARTICOLARI X2=49.9

MUSCOLARI X2=31.8

1

2

3

4

2

28

13

3

4.3

60.9

28.3

6.5

21

25

0

0

45.7

54.3

0.0

0.0

TENDINEE X2=69.3

Grafico 4. Valori della scala analogica visiva prima e dopo trattamento nel caso di patologia articolare.

Grafico 5. Valori della scala analogica visiva prima e dopo trattamento nel caso di patologia muscolare.

Grafico 6. Valori della scala analogica visiva prima e dopo trattamento nel caso di patologia tendinea.

# mediana

$ 75° perc

% 25°perc

$

$%

%

P R I M A D O P O

0

2

4

6

8

10

# mediana

$ 75° perc

% 25°perc

%

%

P R I M A D O P O

0

2

4

6

8

10

$

$

# mediana

$ 75° perc

% 25°perc

P R I M A D O P O

$

%

%

$

0

1

2

3

4

5

6

78

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22 E V I D E N Z E C L I N I C H E

0

1

2

3

23

32

12

1

33.8

47.1

17.6

1.5

117

113

23

6

45.2

43.6

8.9

2.3

TABELLA 5- DIFFERENZA FRA L’INDICE DI STEINBROKER MODIFICATO PRIMA E DOPO TRATTAMENTO

(X2=5.81) NEI CASI ACUTI E CRONICI

DIFFERENZA

I. DI S.N. % N. %

ACUTI CRONICI

TABELLA 6- DIFFERENZA FRA L’INDICE DI STEINBROKER MODIFICATO PRIMA E DOPO TRATTAMENTO

(X2=58.7) NEI 3 GRUPPI DI PATOLOGIE

0

1

2

3

55

78

11

1

37.9

53.8

7.6

0.7

14

22

8

2

30.4

47.8

17.4

4.3

53

60

17

6

39.0

44.1

12.5

4.4

patologia ARTICOLARE MUSCOLARE TENDINEA

DIFFERENZA

I. DI S.N. % N. % N. %

TABELLA 7- GIUDIZIO SULLA TERAPIA AL TERMINE DEL TRATTAMENTO DELL’ATLETA E DEL MEDICO

scadente

discreto

buono

ottimo

47

68

178

34

14.4

20.8

54.4

10.4

57

73

173

24

17.4

22.3

52.9

7.3

13

44

230

40

4.0

13.5

70.3

12.2

giudizio ATLETA MEDICO TOLLERABILITÀ

N. % N. % N. %

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23Teca rt erapia 2003

l’indice di Steinbroker fra prima e dopo tratta-mento. Così possiamo osservare che nei casi cro-nici (Tabella 5) il 45,2% dei soggetti non ha evi-denziato modificazioni della classe funzionale enei casi acuti il 33,8%. La differenza non risultaperò statisticamente significativa, considerandola distribuzione in tutte le classi e quindi stati-sticamente dobbiamo dire che non abbiamo rile-vato differenze significative fra patologie acute ecroniche nell’entità dei miglioramenti denuncia-ti. Se consideriamo invece i tre gruppi di patolo-gie (Tabella 6) possiamo osservare che le patolo-gie muscolari hanno evidenziato una più marca-ta modificazione della classe funzionale ma isoggetti che sono rimasti nella stessa classeprima e dopo trattamento sono risultati il 30%nelle patologie muscolari il 38-39% in quellearticolari e tendinee. Se però osserviamo il giu-dizio finale (Tabella 7) vediamo che solo il14,4% dei soggetti reputa il trattamento scaden-te e quindi senza alcun risultato. Il giudiziomedico è un po’ più severo (il 17,4%) probabil-mente perché in alcuni casi non si è verificato ilmiglioramento atteso in base all’esperienza cli-nica. Possiamo quindi osservare come l’indice diSteinbroker comprenda classi abbastanza ampiee quindi possa sottostimare la presenza di effettipositivi, nel senso che il soggetto può denuncia-re un miglioramento della sintomatologia manon tale da comportare il passaggio ad unad i v e r sa classe funzionale. Potremo pensa r eanche però che queste modificazioni di nongrande entità possano essere in relazione ad unaguarigione spontanea o a un effetto placebo eche quindi dovremo tenere conto solo del pas-saggio almeno da una classe funzionale maggio-re ad una inferiore quale effetto positivo tera-peutico. La maggior parte dei casi ci siamo peròtrovati di fronte a patologie croniche sempre giàtrattate in precedenza con diverso approccio,sovente più di uno, e questo spiega da un lato lasoddisfazione degli sportivi anche per migliora-menti modesti e dall’altro sottolinea l’interessedi questa nuova terapia. Può stupire che non

siano stati rilevati effetti statisticamente differen-ti nel trattamento di patologie acute o croniche. Ma le patologie acute, considerate come tali poi-ché comparse da meno di 3 settimane, in realtàsi presentavano in alcuni casi come formepotenzialmente cronicizzanti (tendiniti, condro-patie, artrosinoviti) o nel caso delle lesionimuscolari sono state prese in considerazionesolo quelle più gravi per cui non era prevedibileuna guarigione spontanea in 15 giorni.

CONCLUSIONI

I risultati ottenuti sono interessanti e indicativiche la Tecarterapia è un utile strumento nellaterapia di patologie da sport dell’apparato loco-motore, che si sovrappone ad altre terapie neglieffetti positivi o nella mancanza degli stessi, mache ha anche caratteristiche peculiari che risulta-no efficaci anche dove altri trattamenti hannofallito.

BIBLIOGRAFIA

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24 E V I D E N Z E C L I N I C H E

STUDIO MULTICENTRICO

CON TECARTERAPIA NELLE

PATOLOGIE DA SPORT

RI A S S U N TO

Questo studio è il risultato di una

sperimentazione multicentrica

condotta su 116 atleti affetti da

patologie acute e croniche muscolo-

scheletriche e tendinee, sottoposti a

protocolli con Tecarterapia, una

terapia a trasferimento energetico

capacitivo e/o resistivo. L’obiettivo

dello studio era di misurare la

riduzione del dolore con la VAS e

l’accorciamento dei tempi di

recupero motorio.

La sperimentazione è stata

condotta sotto il controllo del

Professor Carlo Tranquilli a Roma,

da Gian Paolo Ganzit a Torino, da

Pasquale Bergamo a Reggio Emilia

e da Franco Combi a

Cinisello Balsamo

presso l’ospedale Bassini.

I risultati globali e quelli

esemplificativi di alcuni gruppi

sono riportati

nelle pagine a seguire.

C. Tranquilli, GP. Ganzit,A.Ciuffetti, P. Bergamo e F.CombiFederazione Italiana Giuoco Calcio

Istituto di Medicina dello SportFMSI Torino - AC. ReggianaAzienda Ospedaliera Bassini

Cinisello Balsamo (MI)

PA R O L E C H I AV E

Ipertermia endogena, traumi muscolo-tendinei,

patologie dei tessuti molli.

La sempre pressante necessità di conciliare, nella cura delle lesio-ni muscolo-tendinee degli atleti, la salvaguardia dello stato disalute dell’individuo, la conservazione del patrimonio societariodel professionista e il recupero nei tempi più rapidi possibili, avolte oltre ogni ragionevole considerazione di ordine fisiologicoe clinico, pone il medico dello sport di atleti di elevato livellospesso al centro di interessi talora, almeno apparentemente, for-temente contrastanti tra loro.Particolare attenzione meritano, in questo senso le lesioni musco-lari che, secondo una logica ‘tradizionale’ rappresentano un datodi fatto oggettivo ed insuperabile che rende l’atleta sicuramentenon idoneo per periodi variabili di tempo ma sempre in manieraassoluta. I sempre più frequenti tentativi ‘terapeutici alternativi’trovano speso terreno fertile nella necessità di atleti, allenatori edirigenti che pongono il medico in condizione di subire o condi-videre la necessità di ‘fare presto’.La possibilità di eseguire trattamenti fisioterapici nei primissimigiorni dopo l’infortunio con la speranza di accelerare in manierasignificativa i tempi di recupero rappresenta certamente una gran-de speranza ma spesso è solo una forte tentazione non giustifica-ta da sufficienti dati scientifici.Nel panorama dei possibili interventi fisioterapici per il recuperoprecoce degli infortuni muscolo-tendinei di atleti di elevato livel-lo si è inserito recentemente il Tecar (terapia a trasferimento ener-getico capacitivo e/o resistivo). Si tratta di un generatore cheemette un segnale di radiofrequenza di 0,5 MHz, a una potenzavariabile con un massimo di 300 W. La frequenza usata è note-volmente inferiore a quella utilizzata dalla diatermia ad ondecorte (27 MHz), in ipertermia (454 MHz) ed in radarterapia (2,5GHz). Non venendo prodotta alcuna radiazione diretta è neces-saria una applicazione per contatto con il corpo. Tale sistema, gra-zie al principio di funzionamento che utilizza il tessuto biologicoda trattare come una resistenza elettrica o, alternativamente comeparte di un condensatore, consente di interessare omogeneamen-

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25Teca rt erapia 2003

te sia gli strati più esterni che quelli più profon-di del tessuto biologico. Tale possibilità è vir-tualmente inesistente con i sistemi radianti inquanto già nei primi 10 micron di tessuto biolo-gico avviene una dispersione del 30-40% dell’e-nergia erogata. Per questa ragione, per ottenererisultati apprezzabili in profondità (come nellelesioni muscolari) si è costretti ad utilizzare ener-gie a frequenze elevatissime con grosse limita-zioni nell’applicazione e con problemi legati allaforte azione termica prodotta dal segnale. Ilsistema Tecar è in grado di produrre un effettoendotermico che dipende dalla potenza applica-ta e dall’impedenza offerta dai tessuti al passag-

gio di corrente. Si ritiene che l’azione dipendadall’ipertermia endogena profonda e probabil-mente dall’innalzamento del potenziale energe-tico delle membrane cellulari.Una serie di osservazioni sono state compiute,nell’ultimo periodo, nell’uso di questa apparec-chiatura nella riabilitazione dei traumi muscolo-tendinei di atleti di elevato livello. Vengono quiriferiti i risultati di queste osservazioni eseguitecontemporaneamente da vari gruppi - a Torino,Milano, Roma, Reggio Emilia - che, pur essendosperimentali e suscettibili di ulteriore approfon-dimento, mostrano un sicuro interesse nel trat-tamento precoce di tali patologie.

DOLORE ALLA PRESSIONE NEI CASI ACUTI

VAS PRIMA 8+/-0.5 DOPO

4+/-1.1

scala analogica visiva nei casi acuti scala analogica visiva nei casi cronici

VAS PRIMA 7+/-1.3 DOPO

3+/-1.5

DOLORE ALLA PRESSIONE NEI CASI CRONICI

DOLORE A RIPOSO NEI CASI ACUTI

VAS PRIMA 6+/-1.2 DOPO

3+/-1.7VAS PRIMA 5+/-1.8 DOPO

1+/-0.8

DOLORE A RIPOSO NEI CASI CRONICI

DOLORE AL MOVIMENTO NEI CASI ACUTI

VAS PRIMA 8+/-1.9 DOPO

3+/-1.7VAS PRIMA 7+/-1.2 DOPO

2+/-0.5

DOLORE AL MOVIMENTO NEI CASI CRONICI

tutte le scale precedenti sono da 0 a 10

INTERFERENZA CON LA NORMALE ATTIVITÀ SPORTIVA (scala da 0 a 4)

PRIMA

4+/-0.2DOPO

1+/-0.5

casi acuti casi cronici

PRIMA

3+/-1DOPO

1+/-1.2

(Torino, Milano, Reggio Emilia, Roma) 116

TOTALE CASI TRATTATI

TOTALE CASI ACUTI 76 TOTALE CASI CRONICI 40

INDAGINE SUL DOLORE MEDIANTE VAS SUL TOTALE DEI 116 CASI TRATTATI DALLO STUDIO MULTICENTRICO

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pressione

dolriposo

dolmovim

interfADL

TOTALE CASI CRONICI

RISULTATI STATISTICI

7

(p<0,01)

0

1

2

3

4

10

-1

9

5

6

7

8

pressione1 pressione2 dolriposo1 dolriposo2 dolmov1 dolmov2 InterADL1 InterADL2

CASI

CRONICI

26 E V I D E N Z E C L I N I C H E

pressione

dolriposo

dolmovim

interfADL

TOTALE CASI ACUTI

RISULTATI STATISTICI

18

(p<0,001)

0

1

2

3

4

-1

9

5

6

7

8

pressione1 pressione2 dolriposo1 dolriposo2 dolmov1 dolmov2 InterADL1 InterADL2

CASI

ACUTI

10

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27Teca rt erapia 2003

CASISTICA DEL GRUPPOCONTROLLATO DA C. TRANQUILLI

Sono stati trattati 25 soggetti di ambo i sessi trai 16 ed i 35 anni affetti da patologie croniche dasport. Tutti i soggetti erano atleti che svolgevanoattività agonistica ed in alcuni casi (il 45%) svol-gevano attività ad altissimo livello (atleti di livel-lo nazionale ed internazionale). Mediamente gliatleti svolgevano cinque sedute settimanali diallenamento. Di questi, 18 erano portatori dipatologie traumatiche acute (non precedente-mente trattate) e 7 erano portatori di patologiecroniche già trattate (da noi o da altri) con tera-pie antinfiammatorie locali e generali, FKT, ecc.L’evolversi delle sintomatologie è stata controlla-ta da un osservatore indipendente tramite VAS(scala visiva analogica) da 0 a 10, in cui 0 corri-sponde all’assenza di dolore e 10 al massimo deldolore soggettivamente percepito. La valutazio-ne è stata seguita alla pressione, a riposo ed almovimento. Inoltre, con una scala da 1 a 4,abbiamo valutato l’interferenza della patologiacon la normale pratica sportiva (intendendo l’at-tività agonistica costituita da regolari sedute diallenamento variamente periodizzato e l’attivitàdella gara). La valutazione è stata eseguita all’i-nizio e alla fine del trattamento. I dati sono statielaborati statisticamente tramite il test T diStudent per dati appaiati.I risultati evidenziati nei grafici rivelano una ele-vata significatività statistica. Sia nelle lesioniacute (p<0,001) che nelle lesioni cronich e(p>0,01). Inoltre la significatività è altrettantoelevata quando vengono analizzate le singolevariabili (dolore alla pressione, dolore a riposo,dolore al movimento).Per quanto riguarda l’interferenza con il ritornoalla normale attività sportiva la maggioranza deisoggetti (9 acuti e 6 cronici) è stata in grado diriprendere gli allenamenti in tempi relativamen-te rapidi rispetto ai normali tempi di recupero

per le singole patologie e soprattutto in assenzadi recidive e complicazioni. In un solo caso, inuna distorsione tibio-tarsica di grado II in un cal-ciatore abbiamo sospeso il trattamento, tempo-raneamente, dopo le prime due sedute in segui-to ad un aumento dell’edema e dell’iperemia. Iltrattamento è stato regolarmente ripreso dopo ilquarto giorno e dopo dieci giorni dal trauma l’a-tleta è tornato ad allenarsi gradualmente.In tutti i pazienti sono state eseguite 10 sedutegiornaliere nei casi acuti e 15 sedute giornalierenei casi cronici.

CONCLUSIONI

I risultati hanno evidenziato una forte significa-tività sia nelle lesioni acute che nelle lesioni cro-niche, con una drastica e immediata riduzionedel dolore e un accorciamento dei tempi di recu-pero, determinante per una pronta ripresa del-l’attività.

CASISTICA DEL GRUPPOCONTROLLATO DA P. BERGAMO

Nella stagione calcistica 1996/97 abbiamo adottatouna nuova metodica di trasferimento energeticoper le patologie traumatiche acute a carico dei tes-suti molli. I soggetti, in numero di 12, erano tutti calciatoriprofessionisti della A.C. Reggiana e presentavano:! 5 contusioni agli arti inferiori (4 muscolari di cui1 a livello del quadricipite, 1 al tricipite surale, 1 altensore della fascia lata, 1 sottocalcaneare).! 7 lesioni agli arti inferiori (2 rotture sub-totalidel grande adduttore all’inserzione prossimale; 3lesioni di II grado a livello del capo lungo del bici-pite femorale; una lesione di II grado del rettofemorale; una lesione di I-II grado al gastrocnemiointerno).La diagnosi clinica era confermata da quella stru-mentale mediante esame ecografico iniziale e suc-

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28 E V I D E N Z E C L I N I C H E

7 CASI

LESIONI

MUSCOLARI

A. A. INFERIORI

5 CASI

CONTUSIONI

A. A. INFERIORI

2 rotture subtotali del grandeadduttore all’inserzione prox.

3 lesioni di 2° grado a livellodel bicipite femorale

1 lesione di 2° grado a livellodel retto femorale

1 lesione di 1° e 2° grado alivello del gastroecnemico interno

2 lesioni muscolari a livellodel quadricipite

1 lesione a livello del tricipitesurale

1 lesione a livello del tensoredella fascia lata

1 lesione a livello del sottocalcaneare

RACCOLTA EMATICA

PERILESIONALE

CONSISTENTE (3-4CM)

IMBIBIZIONE

EMORRAGICA

DELLA ZONA

INTERESSATA

DAL TRAUMA

4-5 giorni

7 giorni

8 giorni

4-5 settimane

D I A G N O S I C L I N I C A P R I M A D E L T R A T T A M E N T O RISOLUZIONE DELL’EDEMA

cessivi monitoraggi ecografici quotidiani personal-mente eseguiti nel nostro ambulatorio che è dota-to di tale strumentazione. In tutte le lesioni erapresente imbibizione emorragica della zona inte-ressata dal trauma, negli strappi dell’adduttore, inparticolare si evidenziavano raccolte ematiche con-sistenti (3-4 cm di diametro) perilesionali.Per tutti la terapia iniziata in fase acuta (entro le 24-48 ore dall’infortunio) prevedeva: per i primi 5/6giorni 2 sedute al giorno della durata di 30-35minuti fino alla risoluzione della sintomatologiadolorosa. Nei traumi contusivi trattati, che producevanoimmediata impotenza funzionale (ad esclusionedel trauma sottocalcaneare, che ha richiesto tempipiù lunghi, 4-5 settimane), la risoluzione dell’ede-ma e della sintomatologia dolorosa è risultatanotevolmente influenzata tanto che i 2 atleti affet-ti da traumi contusivi a livello del quadricipitehanno ripreso l’attività agonistica dopo 7 giorni,mentre per gli altri 2, colpiti dalla stessa patologiaa carico del tricipite surale e del tensore della fascialata, hanno ripreso regolarmente ad allenarsi dopo

8/9 giorni. Per le lesioni muscolari maggiori a livel-lo dei muscoli adduttori è stato verificato e regi-strato con documentazione ecotomografica quoti-diana un progressivo e rapido riassorbimento delversamento ematico risoltosi per entrambe allafine della prima settimana di trattamento. Nonsono stati osservati fenomeni di aggregazione ossi-calcifica dei depositi ematici. Anche l’edema peri-lesionale (infarcimento o imbi-bizione peritessutale che si evidenzia normalmen-te all’esame ecografico come area iperecogena acomparsa precoce) osservato nelle altre lesionimuscolari, è evoluto nel giro di 4-5 giorni in rias-sorbimento completo e totale.

CONSIDERAZIONI

I risultati preliminari di tale esperienza portano auna considerazione che è stata frutto di verifichequotidiane cliniche, strumentali e rieducative sulcampo. Certamente si può affermare che tale stru-mentazione procura un trasferimento energetico afavore dei tessuti molli in grado di migliorare gli

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29Teca rt erapia 2003

scambi di membrana, favorendo il drenaggio deiversamenti siero-ematici nonostante l’impiego delcalore. Eravamo un po’ scettici e titubanti nell’a-dottare tale metodica nella fase acuta e soprattuttoin tessuti riccamente vascolarizzati. Purtuttavia èproprio in tali sedi anatomiche dove abbiamoriscontrato un più spiccato effetto risolutivo. L’unico caso, infatti, che non ha mostrato significa-tivo miglioramento riguardava il trauma sottocalca-neare, zona notoriamente poco vascolarizzata.

CONCLUSIONI

A n che se le moderne metodologie d’indaginihanno portato ad una sicura interpretazione deitraumi a carico dei tessuti molli, il supporto tera-peutico non possiede ancora oggi strumentazioni emetodologie codificate in grado di risolvere rapi-damente traumatismi muscolari anche semplici, inun mondo, quello del calcio professionistico ita-liano, sempre più esasperato.Tale apparecchiatura risulta a nostro avviso un vali-do presidio per un’adeguata e veloce risoluzionedell’edema o delle eventuali raccolte siero-emati-che. Ben accettata dal nostro sofisticato pazienteche il più delle volte avverte benefici effetti sia suldolore che sulla limitazione funzionale già dopo leprime sedute.Certamente il celere superamento di tale fase (riso-luzione della contrattura dolorosa riflessa; riacco-stamento dei monconi della lesione) costituisce unterreno fertile per la successiva fase cicatriziale,creando i presupposti per una completa e sicuraguarigione della lesione.Sottolineo completa e sicura e non rapida e mira-colosa poiché ben sa, chi si occupa di tali patolo-gie, quanto sia aleatorio e pericoloso cercare in talecampo record con metodologie suggestive e talvol-ta invasive piuttosto che la fisiologica via di untrattamento privo di effetti collaterali che sia il giu-sto presupposto per una adeguata riabilitazione siain palestra che in campo.

CASISTICA DEL GRUPPO CONTROLLA-TO DA F. COMBI

Sono stati trattati 41 soggetti d’ambo i sessi fra i20 e 60 anni suddivisi in patologie acute e cro-niche. 33 casi erano sofferenze acute, 8 cronichesottoposte periodicamente a vari trattamenti.Così suddivise: n° 5 tendiniti t. Achille, n° 3 lesioni bicipite surale, n° 3 lesioni inserzionali gemello mediale, n° 2 tendinosi retto ed obliquo, n° 2 tendiniti t. rotuleo, n° 2 trauma t. tarsico, n° 4 lesioni bicipite femorale, n° 2 epitrocleiti, n° 2 contusioni spalle, n° 1 cruralgia adduttore,n° 1 lesione quadricipite, n° 1 lesione retto-femorale, n° 2 tendiniti adduttori 1° dito, tendinite tunnelmetacarpale, n° 1 dolore articolare LS-S1, n° 3 spondiloartrosi, n° 2 artrosi bilaterale, n° 2 coxartrosi. L’evolversi della sintomatologia è stata controlla-ta con una scala visiva da 0 a 10 in cui lo 0 cor-risponde ad assenza di dolore alla pressione, almovimento, a riposo; 10 a dolore massimorispettivamente alla pressione, al movimento e ariposo. Con una scala da 1 a 4 abbiamo valuta-to l’interferenza alle attitudini della vita quoti-diana. Con pressione 1, movimento 1, riposo 1abbiamo indicato la sintomatologia dolorosapre-trattamento; con pressione 2, movimento 2,riposo quella post-trattamento. La valutazione èstata eseguita tramite elaborazione statistica deidati. Come è visualizzabile dalle tabelle e da gra-fici alla pagina successiva, la maggior parte deisoggetti ha dichiarato un sensibile miglioramen-to del dolore sia alla pressione che a riposo ed

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30 E V I D E N Z E C L I N I C H E

PAIRED T AND NON-param Tests: IPERTpressione1 e pressione2

VARIABILE

PRESSIONE1N41

MEDIA

4.0732StdDev2.0783

StdErr0.3246

Confronti Appaiati: pressione1 vs. pressione2Statistiche descrittive:

VARIABILE

PRESSIONE2N41

MEDIA

1.7317StdDev1.7324

StdErr0.2706

VARIABILE

PRESS-PRESS

N

41

MEDIA

2.3415

StdDev

1.9951

StdErr

0.3116

Test Statistico: Nessuna ipotesi. Differenza media=0.0000

T-test controllato:

anche durante il movimento; oltre ad un ritornoalle normali attitudini della vita quotidiana.Dalla elaborazione statistica dei dati del valore Prisulta < di 0,001 in casi di lesione muscolare. In 4 casi di lesione muscolare (2 lesioni al gemel-

lo mediale, 1 al retto femorale e 1 al bicipitefemorale) sono state effettuate ecografie musco-lari prima e dopo il trattamento.Le scansioni ecotomografiche hanno dimostratouna riduzione del diametro della lesione.

PAIRED T AND NON-param Tests: IPERT-Dolmovim1 e dolmovim2

VARIABILE

DOLMOVIM1N41

MEDIA

4.5854StdDev2.1210

StdErr0.3312

Confronti Appaiati: dolmovim1 vs. dolmovim2Statistiche descrittive:

VARIABILE

DOLMOVIM2N41

MEDIA

1.7073StdDev1.6770

StdErr0.2619

VARIABILE

Dolmo-dolmo

N

41

MEDIA

0.8780

StdDev

2.0760

StdErr

0.3242

Test Statistico: Nessuna ipotesi. Differenza media=0.0000

VALORE T

8.8769DF40

VALORE P

0.0000

T-test controllato:

PAIRED T AND NON-param Tests: IPERTdolriposo1 e dolriposo2

VARIABILE

DOLRIPOSO1N41

MEDIA

1.8049StdDev1.8196

StdErr0.2842

Confronti Appaiati: dolriposo1 vs. dolriposo2Statistiche descrittive:

VARIABILE

DOLRIPOSO2N41

MEDIA

0.9512StdDev1.3407

StdErr0.2094

VARIABILE

DOLRI-DOLRI

N

41

MEDIA

0.8537

StdDev

1.3146

StdErr

0.2053

Test Statistico: Nessuna ipotesi. Differenza media=0.0000

T-test controllato:

PAIRED T AND NON-param Tests: IPERT-InterfADL1 e interfADL2

VARIABILE

INTERFADL1N41

MEDIA

1.8049StdDev1.0055

StdErr0.1570

Confronti Appaiati: interfADL1 vs. interfADL2Statistiche descrittive:

VARIABILE

INTERFADL2N41

MEDIA

0.8293StdDev0.5875

StdErr0.0917

VARIABILE

INTER-inter

N

41

MEDIA

0.9756

StdDev

1.0837

StdErr

0.1692

Test Statistico: Nessuna ipotesi. Differenza media=0.0000

VALORE T

5.7645DF40

VALORE P1.0729E-06

T-test controllato:

VALORE T

7.5147DF40

VALORE P

0.0000VALORE T

4.1581DF40

VALORE P

0.0002

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31Teca rt erapia 2003

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Neurochirurgia 1992; 3ç:118-123.

0

1

2

3

4

10

-1

9

5

6

7

8

TEST STATISTICO

pressione

dolriposo

dolmovim

interfADL

7,5147

4,1581,

8,8769

5,7645

40

40

40

40

0,0000

0,0002

0,0000

1,07x10-6

VALORE T DF VALORE P

pressione1 pressione2 dolriposo1 dolriposo2 dolmov1 dolmov2 InterADL1 InterADL2

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32 E V I D E N Z E C L I N I C H E

Le tendinopatie rappresentano una patologia di frequente riscontro nella pratica del calcio. Secondo una recente indagine

epidemiologica condotta su un campione di soggetti professionisti di alto livello le tendinopatie del rotuleo rappresentano le

più frequenti patologie tendinee del calciatore, seguite da quelle dell’achilleo. Il trattamento delle forme da sovraccarico fun-

zionale è tuttora ampiamete dibattuto, ma esiste accordo comune sul fatto che quello conservativo deve essere considerato

come la prima scelta terapeutica, peraltro risolutiva nella maggioranza dei casi.

Tale trattamento prevede in fase iniziale il controllo del dolore e dell’infiammazione mediante l’impiego di farmaci antiin-

fiammatori non steroidei e di mezzi fisici selezionati e il riposo attivo, regolato dal sintomo del dolore. Pur risultando gene-

ralmente utili, tali presidi terapeutici non sono sufficienti per il completo recupero funzionale che deve passare attraverso la

fase del ripristino delle qualità di forza e resistenza muscolo-tendinee. Dal momento che la massima sollecitazione a carico

dell’unità miotendinea avviene durante la fase eccentrica della contrazione, è verosimile che la patologia tendinea sia cau-

sata dalle microsollecitazioni ripetute durante il sovraccarico eccentrico. Il recupero funzionale della forza eccentrica median-

te impiego di esercizi specifici rappresenta la chiave per il rimodellamento del tendine e il conseguente ripristino delle condi-

zioni fisiologiche della struttura tendinea alterata dai processi degenerativi.

Parallelamente al recupero delle qualità strutturali del tendine il programma rieducativo prevede il recupero delle qualità

coordinative neuromuscolari mediante esercizi propriocettivi progressivi, che agiscono sia a livello corticale che a livelli infe-

riori, sino all’allenamento mediante esercizi di stabilizzazione dinamica riflessa. L’attività aerobica, per il mantenimento

di un adeguato funzionamento del sistema cardiocircolatorio, funge da collante lungo tutto l’iter riablitativo. Vengono trat-

tati nel presente lavoro i principali aspetti riabilitativi che regolano il processo di normalizzazione di tutte le conseguenze

funzionali che accompagnano le tendinopatie su base microtraumatica nello sport del calcio.

Tendinopatie da sovraccarico, biostimolazione cellulare, riparazione cellulare, produzione del collagene

LA RIABILITAZIONE NELLE

TENDINOPATIE

G. Melegati*, P. Volpi**, D. Tornese*, e G. Mele*

*Dipartimento di Terapia Fisica e Riabilitazione, Istituto Ortopedico G. Pini, Milano,

**Clinica Ortopedico-Traumatologica dell’Università degli Studi di Milano, Centro di Traumatologia dello Sport,

Istituto Ortopedico G. Pini, Milano – Settore Medico F.C. Internazionale, Milano

RI A S S U N TO

PA R O L A C H I AV E

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33Teca rt erapia 2003

Il gioco del calcio è una disciplina sportiva cherichiede dei costi elevati, non solo sotto il profi-lo energetico ma anche per ciò che riguarda l’u-sura cui viene sottoposto l’apparato muscolo-scheletrico. La corsa, nelle sue differenti forme,è l’attività dominante nel calcio soprattutto acarico degli arti inferiori.Le tendinopatie del calciatore rappresentanouna classica patologia da sovraccarico. Numerosistudi in letteratura hanno inquadrato questapatologia dal punto di vista eziopatogenetico:alcuni tra i più comuni fattori eziologici riporta-ti in letteratura riguardano una cattiva gestionedei carichi in allenamento, condizioni di giocoinappropriate, fattori anatomici (ipossia, iperter-mia tendinea indotta dall’esercizio), squilibrimuscolari1-4. Tuttavia l’eziopatogenesi delle ten-dinopatie rimane ancora incerta. Non è ancorapossibile stabilire una relazione tra il tipo e l’in-tensità del sovraccarico funzionale e l’insorgen-za della patologia.

RISPOSTA DEL TENDINE AL SOVRACCARICO

La struttura tendinea subisce un continuo rimo-dellamento causato dal sovraccarico, sia a livellocellulare che a livello della matrice extracellula-re5-7. Attraverso questo progressivo rimodella-mento il tessuto tendineo si adatta ai carichi cre-scenti cui viene sottoposto durante l’esercizio.Se tale adattamento è sufficiente a mantenerel’integrità tendinea, il tendine risulta ‘pronto’ aricevere il progressivo aumento del carico. Seviceversa l’adattamento e il tempo di recuperosono insufficienti a mantenere l’integrità tendi-nea, il tendine rimane in una situazione tempo-ranea di debolezza, che in caso di improvvisesollecitazioni predispone lo stesso tessuto tendi-neo alla lesione.Un appropriato intervento terapeutico in questafase favorisce il normale rimodellamento, neces-sario ad adattare il tessuto al sovraccarico.Archambault4 ha recentemente proposto un dia-

gramma che mette in relazione il sovraccaricotendineo, il conseguente responso cellulare e lapossibile patologia. Esiste una sottile linea didemarcazione tra il corretto quantitativo di cari-co favorente il fisiologico adattamento tendineoe l’eccessivo carico applicato, che stressa il tessu-to connettivo oltre i normali limiti di manteni-mento e riparazione cellulare.I tendini sono strutture poco vascolarizzate8.Per tale motivo la capacità di recupero risultaessere bassa a seguito di un eccessivo carico fun-zionale9. La chiave di un appropriato recuperofunzionale risiede nella capacità da parte dell’o-peratore di non eccedere tali limiti fisiologici diadattamento e di proporre carichi crescenti nelrispetto delle capacità di sopportazione dei cari-chi del tendine in quel momento e dei relativitempi di recupero necessari al normale processodi adattamento.Se esiste consenso generale circa gli effetti posi-tivi dell’esercizio a lungo termine sul tendinedegenerato, tale esercizio va tagliato a misura delpaziente, prestando estrema attenzione ai segni eai sintomi clinici apprezzati durante le differen-ti fasi riabilitative. Il tendine non è una strutturainerte avente la funzione puramente meccanicadi trasferire energia dai muscoli alle leve ossee:oltre a una importante funzione sensoriale pro-priocettiva10,11 il tendine deve essere consideratocome una struttura metabolicamente attiva cherisponde all’esercizio adattandosi gradualmentealle sollecitazioni, come avviene per i muscoli eil tessuto osseo.In ultima analisi, la ricerca indica che, a lungotermine, l’esercizio ha un effetto positivo sullastruttura del tendine, in quanto ne aumenta laresistenza al sovraccarico12,13.Il riposo, come terapia per le tendinopatie dasovraccarico, se da un lato favorisce l’attenua-zione del sintomo dolore, dall’altro ha un effet-to negativo sull’unità muscolo-tendine-osso.L’immobilizzazione favorisce l’insorgenza diatrofia muscolare14, riassorbimento osseo e dimi-nuisce le proprietà di forza e resistenza ai carichi

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34 E V I D E N Z E C L I N I C H E

del tendine15-18.Nei soggetti atleticamente attivi il tendine costi-tuisce la porzione più vulnerabile dell’unità fun-zionale muscolo-tendine-osso1 9. Un recuperofunzionale affrettato o inadeguato in termini diprogressione dei carichi, a seguito di un lungoperiodo di immobilizzazione, può favorire larecidiva4.

PROCESSI RIPARATIVI DEL TENDINE

Vengono arbitrariamente riconosciute tre fasi nelprocesso di guarigione del tessuto tendineo, fasiche vengono descritte distinte per convenzionema che rappresentano un continuum funziona-le: la fase infiammatoria, la fase della sintesi dicollagene e la fase del rimodellamento biologi-co23. Inizialmente, nella fase infiammatoria, nonsi riscontrano processi di sintesi collagena, mal’influsso di sostanze vasoattive, fattori chemio-tattici ed enzimi degradanti. Orientativamente dal terzo giorno post-infortu-nio hanno inizio i processi riparativi ad opera dicellule pluripotenti provenienti dalla guaina ten-dinea e dalla matrice extracellulare, differenzia-tesi in senso fibroblastico. L’orientamento casua-le delle fibre collagene prodotte in questa faserende la struttura neoformata dotata di scarsaforza meccanica. L’incremento di quest’ultima èottenuto progressivamente con la terza fase delprocesso di guarigione, detta di rimodellamento,durante la quale si compie il graduale orienta-mento delle fibre collagene in senso longitudi-nale. Intorno alla 6ª-8ª settimana il contenutototale di collagene neoformato è stabile e laforza del tessuto tendineo cresce gradualmente,fino alla completa maturazione della cicatriceche avviene tra il 4° ed il 6° mese.Il razionale alla base del processo riabilitativo siracchiude proprio in questa fase poiché l’au-mento della forza tendinea si verifica in direzio-ne della linea di forza muscolare. Per questomotivo il tessuto molle non viene immobilizza-to per un tempo prolungato (a meno che l’entità

della lesione non lo consigli), bensì sottoposto asollecitazioni progressive aventi lo scopo di otti-mizzare per quanto possibile la forza tensiva deltessuto cicatrizionale neoformato. La mobilizza-zione e il carico precoci hanno effetti beneficisui processi riparativi del tendine24. Tuttavia èconsigliato evitare una mobilizzazione aggressi-va entro i primi 3-4 giorni dalla lesione tendinea,ma iniziare l’applicazione di moderato stressmeccanico mediante mobilizzazione passiva edattiva-assistita dopo il 5°-6° giorno25,26.

L’ESERCIZIO ECCENTRICO

Numerosi studi in letteratura dimostrano che l’e-sercizio fisico aumenta la forza di sopportazionedei carichi nel tessuto tendineo favorendo i pro-cessi metabolici di produzione del collagene27, 28.L’esercizio prevede un certo tipo di azionemuscolare. Esistono sostanzialmente due tipi dicontrazione muscolo-tendinea: la contrazionestatica o isometrica e la contrazione dinamica oansiometrica. L’esercizio risulta essere compostodalla somma di diverse contrazioni statiche edinamiche29.Durante la contrazione statica o isometrica ilmuscolo sviluppa tensione senza che i suoi estre-mi si avvicinino. In questo caso non può essereespresso un lavoro meccanico. Nella contrazio-ne dinamica il muscolo produce una tensionevariando la sua lunghezza e quindi compiendolavoro meccanico: quando la tensione muscola-re prodotta è maggiore della resistenza, il musco-lo si accorcia e abbiamo una contrazione con-centrica; quando invece la tensione è minoredella resistenza il muscolo viene allungato e siparla di contrazione eccentrica, durante la qualeil muscolo compie lavoro negativo, in allunga-mento.Abbiamo infine una contrazione isocineticadurante la quale il muscolo si contrae a velocitàcostante per tutto l’arco di movimento30.La contrazione dinamica eccentrica risulta gene-rare la maggior tensione a carico dell’unità

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muscolo-tendinea rispetto alla contrazione con-centrica e isometrica, con un conseguente mag-gior sviluppo di forza muscolare31, 32.Tuttavia l’esercizio eccentrico provoca affatica-mento muscolare; Komi33 e coll., in uno studiocondotto su un gruppo di soggetti allenatieccentricamente, riportano che a 2 settimanedall’inizio del programma eccentrico nessunsoggetto era in grado di mostrate i valori di forzaespressi prima dell’inizio del training. Un programma di lavoro eccentrico deve essereaccuratamente dosato per evitare periodi di“overstress” che possono rallentare la progressio-ne32. Si suppone che il tendine sopporti le solle-citazioni massimali durante la fase eccentrica delmovimento: è probabile che le lesioni tendineeavvengano durante tale fase20-22. In effetti i sinto-mi clinici di tendinopatie nel calciatore soprat-tutto a carico del tendine di Achille e del tendi-ne rotuleo si manifestano caratteristicamentesoprattutto durante la fase eccentrica del movi-mento (es: concerne la decelerazione dopo unoscatto per ciò che concerne il rotuleo e atterrag-gio da una fase di stacco aereo per ciò che riguar-da l’achilleo). Alfredson e coll. hanno rilevatovalori di forza eccentrica decisamente diminuitia carico del tricipite surale in soggetti affetti datendinopatia achillea. Secondo gli autori taledeficit funzionale potrebbe predisporre il tendi-ne alla lesione, anche se il deficit potrebbe esse-re insorto a causa della lesione; in quest’ultimocaso però si dovrebbe riscontrare il deficit anchea carico del gruppo muscolare controlaterale34.È importante considerare il tendine non comesingola entità anatomica ma come componentedi una unità funzionale muscolo-tendine-osso.Jonhagen e coll.35 hanno evidenziato un deficitevidente di forza eccentrica e di flessibilità a cari-co della muscolatura flessoria in atleti che ave-vano subito lesioni muscolari ai flessori dellacoscia.Come possibile spiegazione per i positivi effettidell’allenamento eccentrico nelle tendinopatie èstato ipotizzato un effetto di allungamento del-

l’unità muscolo-tendine con conseguente minorsollecitazione durante i movimenti articolari. Inaggiunta l’esercizio eccentrico pare induca iper-trofia del tessuto tendineo con conseguenteaumentata resistenza ai carichi34. La concentra-zione eccentrica (in allungamento) permette unimmagazzinamento di grandi quantità di ener-gia elastica, dovuto all’allungamento della com-ponente elastica, connettivale del muscolo.L’esercizio eccentrico provoca dolenzia muscola-re. Vi sono diverse ipotesi in proposito per giu-stificare tale evenienza: un certo grado di dan-neggiamento delle fibre, deplezione di ATP,infiammazione del tessuto connettivo, alterazio-ne del meccanismo neuromuscolare contrazio-n e - r i l a s c i a m e n t o36, 37. Inoltre, dopo esercizioeccentrico, si assiste a una diminuzione dellequalità neuromuscolari di destrezza e coordina-zione necessarie durante l’attività sportiva33.Sulla base di queste considerazioni risulta evi-dente che l’esercizio eccentrico risulta moltoimpegnativo per l’atleta; i tempi e le modalitàdell’esercizio vanno programmati con attenzio-ne rispettando i sintomi soggettivi. Risulta quin-di indispensabile la “compliance” del soggetto aifini di un soddisfacente risultato funzionale.

PRINCIPI RIABILITATIVI GENERALINELLE TENDINOPATIE

Per tendinopatie si intende una sindrome clincacaratterizzata da dolore, tumefazione diffusa olocalizzata e limitazione funzionale. Maffulli ec o l l .3 8 sottolineano che il termine tendinitedovrebbe essere usato solo dopo esame istopa-tologico, dal momento che spesso nella praticacorrente si definisce tendinite una tendinopatiacronica sostenuta da un processo degenerativo,con scarsa evidenza di un vero quadro infiam-matorio. La natura degenerativa delle tendino-patie da sovraccarico indica che i sintomi clinicisono il risultato di un processo patologico piut-tosto che di un evento acuto, tale processoimplica degli adattamenti biomeccanici da ricer-

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care sia localmente, in prossimità del sito dilesione, sia distalmente lungo la catena cinetica.È compito del riabilitatore normalizzare tutte leconseguenze funzionali che accompagnano lalesione tendinea cronica su base microtraumati-ca, e non focalizzare l’attenzione solo sul sito dilesione. Ai sintomi clinici (dolore, tumefazione,limitazione funzionale) si accompagnano sem-pre deficit biomeccanici quali debolezza musco-lare del muscolo interessato o dei gruppi musco-lari sinergici, contrattura e conseguente perditadi elasticità dell’unità muscolo-tendinea, altera-zioni dell’equilibrio muscolare tra agonisti eantagonisti.Ne sono esempi il deficit di forza del tricipitesurale nella tendinopatia dell’achilleo oppuredella muscolatura flessoria nella tendinopatiarotulea, o ancora la rigidità delle strutture capsu-lari posteriori nella sindrome da conflitto suba-cromiale. Se tali alterazioni biomeccaniche, checome detto possono instaurarsi anche lontanodal sito di lesione, lungo la catena cinetica, nonvengono risolte, possono impedire il recuperofunzionale completo e predisporre l’atleta allarecidiva al ritorno alla competizione39.Per facilitare la valutazione di tutti i fattori checompongono il quadro clinico di tendinopatia edi conseguenza per intervenire con un’appro-priata e razionale riabilitazione, Kibler ha pro-posto di analizzare i seguenti aspetti clinici40:" Complesso dei tessuti sottoposti a sovraccarico" Complesso delle strutture lesionate" Complesso dei sintomi clinici (che caratteriz-zano la lesione)" Complesso del deficit funzionale biomeccani-co (contratture o squilibri muscolari che altera-no il corretto gesto biomeccanico, ad esempio:corsa, calcio, stacco, ecc.)" Complesso degli adattamenti subclinici (atti-vità sostitutive che l’atleta pone in atto per com-pensare l’alterata biomeccanica).Ad esempio, nel caso di tendinopatia inserzio-nale del tendine rotuleo, è possibile che si pre-senti il seguente scenario clinico:

" Complesso dei tessuti sottoposti a sovraccari-co: quadricipite, bendeletta ileotibiale, tendinerotuleo" Complesso delle strutture lesionate: inserzionedel tendine al polo inferiore della rotula e por-zione prossimale dello stesso tendine" Complesso dei sintomi clinici: dolore localiz-zato, dolore perirotuleo, dolore in fase di dece-lerazione" Complesso del deficit funzionale biomeccani-co: rigidità del quadricipite e della bendellettaileotibiale, debolezza dei flessori, alterazionedello schema della corsa" Complesso degli adattamenti subclinici: defi-cit dell’estensione completa del ginocchio, ten-denza a shiftare il peso del corpo sull’arto con-trolaterale in atterraggio o in decelerazione.

LE FASI RIABILITATIVE

Generalmente si divide il processo riabilitativodelle tendinopatie da sovraccarico in tre fasi,distinte tra loro solo per convenzione ma che inrealtà risultano intimamente connesse tra loro:! la fase sintomatica,! la fase del recupero funzionale! la fase del mantenimento del recupero otte-nuto.In ciascuna fase il riabilitatore si prende cura dialcuni degli aspetti che, nel loro insieme, costi-tuiscono la lesione. I presupposti per il recuperofunzionale sono così sintetizzati:! È necessaria la completa collaborazione delpaziente, soprattutto nella fase del recupero fun-zionale.! Ciascun paziente necessita di un’accurata per-sonalizzazione del trattamento rieducativo.! La progressione dei carichi deve essere guida-ta dal raggiungimento di precisi obiettivi, rap-presentati dai sintomi clinici, dalla risposta sog-gettiva del paziente all’incremento progressivodei carichi e dalla conoscenza dei principi bio-meccanici che regolano i processi biologici diguarigione del tessuto connettivo.

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! Il recupero funzionale di un atleta affetto datendinopatia da sovraccarico dura tutta la vitaagonistica dell’atleta.! Trattare il particolare senza perdere di vistal’insieme delle strutture che compongono lacatena cinetica.! Il recupero della forza muscolare, qualora esi-sta un deficit, non deve essere ottenuto a scapi-to dell’equilibrio tra i gruppi muscolari agonisti-antagonisti.

FASE ACUTA, SINTOMATICA

Il sintomo dolore caratterizza la fase finale.Curwin ha proposto una classificazione del dolo-re in relazione al livello di attività sportiva 41.L’obiettivo di questa fase è il controllo del dolo-re e dell’infiammazione. In presenza di sintoma-tologia dolorosa è utile il trattamento farmaco-logico mediante antinfiammatori non steroidei,la cui efficacia sul controllo del dolore e dell’in-fiammazione locale risulta provata da diversistudi clinici prospettici42, 43.L’immobilizzazione in apparecchio gessato omediante tutore funzionale del segmento artico-lare interessato, da alcuni evocata nelle fasi ini-

ziali, non è consigliabile anche nei casi piùimpegnati, dati i potenziali effetti dannosi suitessuti (tendineo, osseo, muscolare, cartilagi-neo), anche per periodi relativamente brevi diimmobilizzazione44. Il riposo attivo è incorag-giato e una cauta mobilizzazione attiva-assistitaviene applicata a partire dal terzo giorno.Esercizi per il ripristino della escursione articola-re vengono eseguiti dal paziente sotto il control-lo del terapista, che al bisogno si avvale di tecni-che manuali. Ciò entro i limiti del dolore.Per le situazioni più impegnate in termini didolore e limitazione articolare risulta utile l’i-drokinesiterapia, assistita o autoassistita, persfruttare gli effetti positivi dell’ambiente acqua-tico. L’effetto idrostatico permette un più rapidoe sicuro recupero dell’escursione articolare e delnormale schema del cammino, grazie probabil-mente a una sorta di “glove effect”45, favoritodalla pressione idrostatica che produce una sortadi stimolazione propriocettiva a livello deldistretto corporeo interessato dalla lesione, chefavorisce il recupero neuromuscolare. Vengonointrodotti esercizi propriocettivi di posiziona-mento - riposizionamento articolare, per il recu-pero del senso di posizione articolare e della per-

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TABELLA 1

LIVELLO DESCRIZIONE DEL DOLORE LIVELLO DI ATTIVITÀ

Nessun dolore

Dolore solo dopo esercizio strenuo

Dolore dopo esercizio strenuo, che persiste per 1-2 ore successive

Dolore durante e dopo ogni attività impegnativa

Dolore durante l’attività e conseguente interruzione dell’attività sportiva

Dolore durante le attività quotidiane

Normale

Normale

Normale o lievemente diminuito

Moderatamente diminuito

Decisamente diminuito

Attività non praticabile

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cezione del movimento (kinestesia)46. In acqua,vengono precocemente introdotti esercizi pro-priocettivi per il recupero dell’equilibrio, inizial-mente in carico bipodalico e successivamntemonopodalico, occhi aperti - occhi chiusi.Quando il dolore e la tumefazione diminuisco-no, vengono incoraggiati esercizi di contrazionemuscolare isometrica e successivamente isotoni-ca, entro ambiti articolari ridotti e crescenti,contro la resistenza manuale del terapista. Vienein sostanza introdotta una iniziale e gradualesollecitazione in allungamento a carico dellestrutture tendinee in via di guarigione, avendocura di applicare stress veramente modesti,lungo l’asse longitudinale del tendine, affinchéfungano da stimolo per un iniziale correttoorientamento delle fibre collagene neoformate.Tale sollecitazioni devono rimanere ben entro ilimiti fisiologici della escursione articolare.Risulta utile la crioterapia locale, sotto forma dimassaggio con ghiaccio, effettuato per 3-4 minu-ti e ripetuto 2-3 volte nella giornata (1). I criteri per avanzare alla fase successiva sono:" risoluzione della tumefazione e diminuzionedel dolore locale;" recupero della escursione articolare entro ilimiti fisiologici;" deambulazione libera con normalizzazionedello schema del cammino.

TERAPIE CON MEZZI FISICI

Le terapie trovano spazio applicativo in questafase iniziale, per favorire i fisiologici processirigenerativi del tendine. Accanto alle tradiziona-li terapie fisiche, la cui validità e reale efficacia ètuttora molto controversa, ci pare opportunoanalizzare alcune tra le più recenti terapie cheutilizzano mezzi fisici per il trattamento delletendinopatie: la terapia mediante impiego diLaser Neodimio Yag e la terapia a trasferimentoenergetico capacitivo-resistivo (Tecarterapia).Per completezza occorre ricordare che le tendi-nopatie rappresentano uno dei campi di appli-

cazione della terapia con onde d’urto extracor-poree, argomento trattato in modo esaustivo inaltra sezione. Le terapie fisiche nella nostra impostazione rive-stono ruolo primariamente antalgico, (compro-vabile da quanto riferito dal paziente) poiché glieffetti biologici attribuiti in letteratura, a cuifaremo di seguito accenno, mancano a nostroavviso di un adeguato sostegno scientifico. Lecaratteristiche proprie delle patologie da sovrac-carico funzionale consentono il ricorso al tratta-mento fisioterapico in qualsiasi momento dell’e-voluzione clinica, sotto forma di trattamentoassociativo.La sigla laser è l’acronimo di Light Amplificationby Stimulated Ernission of Radiation, ossiaamplificazione della luce mediante emissionestimolata della radiazione. La radiazione liberatadal processo di stimolazione ha la stessa fre-quenza in funzione del materiale attivo adope-rato (monocromaticità), è costituita da onde condifferenza di fase costante (coerenza), si propagasecondo una direzione definita e con minimadivergenza (direzionalità) e può raggiungereintensità di energia elevata in aree molto ristret-te (brillanza)47. Le caratteristiche elencate rendo-no la radiazione laser una risorsa particolarmen-te utile a disposizione del fisiatra per il tratta-mento dei disordini muscolo-tendinei e articola-ri minori. Gli apparecchi attualmente disponibi-li si classificano in base al materiale attivo e allapotenza erogata dal macchinario. L’esperienzamaturata fin dal 1992 indica nel laser ad altapotenza Neodimio Yag una risorsa preziosa neltrattamento delle tendinopatie48-50. Trattasi di unlaser a stato solido, in cui il materiale attivo ècostituito da un cristallo di yag (granato di ittrioe alluminio), drogato con impurezze di allumi-nio. La lunghezza d’onda a cui opera è di 1060nm, appartenente al campo dell’infrarosso A,all’interno dell’intervallo di lunghezze d’ondadefinito “finestra terapeutica” (400-1400 nm),avente una profondità di azione terapeutica rag-giungibile fino oltre i 6 cm. La definizione “fine-

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stra terapeutica” è giustificata dal fatto che ler.e.m. appartenenti a questo campo non possie-dono controindicazioni da radiazione ionizzan-te, che si presentano per valori minori di 400nm, e i relativi fotoni non risultano preferen-zialmente assorbiti dalla molecola acqua comeavviene per valori maggiori di 1400 nm. Glieffetti biologici del laser sono riassumibili in treeffetti principali51:" antalgico: aumento della soglia delle termina-zioni algotrope e produzione di ß-endorfine alivello sinaptico;" antiflogistico: stimolazione di polimorfonu-cleati e macrofagi, ridotta secrezione di prosta-glandine, aumento di prostacicline, attivazionedel microcircolo con conseguente aumento deldrenaggio linfatico e del flusso ematico locale;" biostimolazione: stimolazione della sintesiproteica per azione sulla membrana del reticoloendoplasmatico granulare, aumento della sintesidi ATP per stimolazione mitocondriale.A scopo puramente indicativo consigliamo leseguenti linee comportamentali:" continuità giornaliera del trattamento;" fase preliminare di riscaldamento spazzolandol’area da trattare con emissione continua, senzacampana distanziatrice, con la sonda mantenutaa una distanza di circa 3 cm dal piano cutaneo;" successiva esposizione del distretto tendineoricorrendo a campana distanziatrice ed emissio-ne pulsata della radiazione laser;" potenze comprese tra 10 e 25 W.In casi selezionati di entesopatie, in preparazio-ne alla seduta con terapia ad onde d’urto, utiliz-ziamo il laser a elio-neon a scansione per 15’ sul-l’area da trattare successivamente con gli impul-si pressori, al fine di ottenere un incrementolocale del microcircolo. Trattasi di un laser a gas,operante a una lunghezza d’onda di 633 nm,compresa nel campo del rosso. Appartenendo algruppo dei soft-mid laser, il laser a elio-neonlimita la sua azione ai primi strati cutanei ren-dendo la sua applicazione nelle tendinopatie deltutto inadeguata al risolvimento del quadro

infiammatorio. I successi terapeutici ottenibilicon il laser ND-Yag non devono farci dimenti-care che, trattandosi di una termoterapia endo-gena con trasferimento energetico a proiezione,esso possiede il limite di tutte le terapie fisichead energia radiante, ossia non consente di deter-minare esattamente la quota di energia che rag-giunge il tessuto che si vuole trattare sulla quotatotale emessa dall’apparecchio.Con il termine di Tecarterapia si indica l’iperter-mia e biostimolazione mediante trasferimentoenergetico per contatto capacitivo e resistivo. Daalcuni mesi abbiamo intrapreso la sperimenta-zione di questa risorsa fisica innovativa nel trat-tamento delle tendinopatie da sovraccarico fun-zionale. La particolarità dell’apparecchio consi-ste nel fatto che, lavorando ad una frequenza di0,5 MHz, non si realizza proiezione di energiaverso il paziente ma, sfruttando il principio delcondensatore, modello fisico a cui viene fattoriferimento, si realizza una corrente di sposta-mento di cariche all’interno del tessuto biologi-co determinante un interessamento uniformedegli strati profondi e conseguente omogeneitàdella risposta endotermica in profondità52. Aseconda del livello di trasferimento energetico acui si decide di operare si ottengono risultatidiversi:" basso livello: biostimolazione ultrastrutturalecellulare con aumento delle trasformazioni ener-getiche e del consumo di ossigeno;" medio livello: aggiunta di un iniziale incre-mento della temperatura interna e di una vaso-dilatazione del microcircolo con relativoaumento del flusso locale;" alto livello: minore biostimolazione, ma effet-to francamente termico con maggiore vasodila-tazione e notevole aumento del flusso emolinfa-tico.Da un punto di vista pratico, orientativamente,a una fase di circa 15’ con l’elettrodo resistivofisso sui punti dolenti, facciamo seguire una fasedi circa 5’ utilizzando l’elettrodo capacitivo am a s saggio sull’area tendinea e peritendinea.

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Come per la laserterapia è necessaria la conti-nuità giornaliera del trattamento.I risultati fin qui ottenuti sia con la tecarterapia,che con il laser ad alta potenza (quest’ultimo danoi utilizzato da alcuni anni) ci permettono diaffermare che entrambe le metodiche risultanodecisamente efficaci in particolare per la preco-cità e intensità dell’effetto antalgico ottenibile.Tuttavia è bene evitare di cadere in quei facilientusiasmi che accompagnano sempre l’introdu-zione di una nuova terapia fisica nel panoramariabilitativo, ed aspettare le necessarie confermescientifiche per aumentare le nostre conoscenzecirca il reale meccanismo d’azione di tali mezzifisici.

FASE DEL RECUPERO FUNZIONALE

Gli aspetti clinici caratteristici di questa fase acui il riabilitatore deve prestare attenzione sono,il complesso dei tessuti sottoposti a sovraccaricoe il deficit funzionale biomeccanico. È questa lafase in cui il soggetto inizia il lavoro di gradualesovraccarico del tendine per recuperare e incre-mentare la resistenza ai carichi della unitàmuscolo-tendinea, in modo da rendere la stessapronta a ricevere gli stress legati alla ripresa del-l’attività sportiva. Prima di iniziare il lavoro con-tro resistenza, il soggetto deve recuperare lacompleta escursione articolare. Vengono intro-dotte tecniche di massaggio trasverso profondo,applicate in modo molto graduale, per favorire ilcorretto orientamento delle fibre cicatriziali. Ilpaziente inizia il lavoro contro resistenzamediante esercizio isotonico, e successivamentemediante l’impiego di elastici a differente ten-sione, per sfruttare anche la fase eccentrica diritorno. Dopo gli iniziali esercizi effettuati inisolamento articolare (catena cinetica aperta)vengono introdotti esercizi in catena cineticachiusa, per migliorare la funzione globale delsegmento corporeo interessato. I vantaggi di taliesercizi in termini di stabilizzazione articolare,miglior distribuzione dei carichi a livello artico-

lare, in termini di reclutamento e coordinazio-ne muscolare e di miglioramento della funzio-ne globale, sono ampiamente descritti in lette-ratura53.Il punto focale di questa fase risiede nell’intro-duzione del lavoro muscolare eccentrico, secon-do tempi e modalità ben definite. Abbiamoricordato come tale esercizio sia molto impe-gnativo in termini di fatica e dolenzia muscola-re: per tale motivo è indispensabile la buona pre-disposizione del paziente.Stanish21 ha proposto un protocollo di lavoroeccentrico per il trattamento della tendinopatiadel rotuleo, di grande attualità, che prende inconsiderazione tre aspetti fondamentali:! Allungamento dell’unità muscolo-tendinea.Gli esercizi di stretching risultano parte inte-grante di tale programma, per il fatto che il recu-pero di una normale tensione risolve la contrat-tura dell’unità muscolo-tendinea favorendo diconseguenza una diminuzione della tensionedurante il movimento articolare.! Carico. Aumentando progressivamente i cari-chi applicati si ottiene un aumento della forza eresistenza dell’unità muscolo-tendinea.! Velocità di contrazione. Nell’esercizio eccen-trico, fisiologicamente, aumentando la velocitàdi contrazione aumenta la tensione muscolareed il conseguente sviluppo di forza22.Questi tre criteri vengono utilizzati dal pazientee guidano lo stesso paziente nella progressionedell’esercizio (tabella 2). Il sintomo dolore agisceda feedback per la progressione del carico. Ilpaziente in genere avverte dolore al passaggiodalla fase eccentrica a quella concentrica, nelmomento di massima flessione delle ginocchia.Tale dolore diminuisce progressivamente conl’allenamento, ed è spesso necessario tranquilliz-zare il paziente su questo punto e indurlo a con-tinuare l’esercizio anche in presenza didiscomfort a livello del polo inferiore della rotu-la.Se tale dolore persiste è necessario adattare l’e-sercizio e rallentare la progressione dei carichi, a

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giudizio del terapista.L’impiego delle terapie fisiche sopradescritte(terapia ad onde d’urto extracorporee,Tecarterapia, Laser Nd-Yag) trova un interessan-te spazio in questi casi, per sfruttare l’effettoantalgico importante che tali metodiche innova-tive possono garantire.Il programma di rinforzo eccentrico dura ingenere 6 settimane.

L’IMPIEGO DEL DINAMOMETROISOCINE T ICO CON MODA L I TA’ DIESERCIZIO ECCENTRICO

È opportuno completare tale recupero muscola-re con l’impiego del dinamometro isocinetico

utilizzato in modo eccentrico. Abbiamo ricor-dato come venga sviluppata maggior forza incondizioni eccentriche rispetto alle condizioniisometriche o concentriche. Tuttavia può acca-dere che a elevate velocità angolari di utilizzo equindi di stiramento il muscolo subisca unasorta di feedback inibitorio propriocettivo perpreservare l’integrità. Tale inibizione si verifiche-rebbe quando i livelli di forza superano del 40%la rispettiva forza in condizioni concentriche54.Il vantaggio dell’esercizio isocinetico eccentriconel trattamento di patologie tendinee sarebbequello di fornire una sollecitazione controllatadel tendine, data la possibilità di impostare unavelocità di esercizio costante. Esiste evidenza in letteratura degli effetti positi-vi dell’esercizio isocinetico eccentrico nellepatologie tendinee55-57. Studi sperimentali evi-denziano che l’esercizio isocinetico eccentrico,contrariamente a quanto ritenuto comunemen-te, provoca un danno muscolare minore rispet-to a un normale esercizio eccentrico con sovrac-carichi54.Noi consigliamo di introdurre il lavoro eccentri-co al dinamometro isocinetico durante la 5° e la6° settimana, mediante due sedute la settimanautilizzando velocità angolari medie-elevate(120°-180°/sec.) per sei-otto serie di cinque ripe-tizioni per ciascuna velocità, avendo cura dimantenere almeno 2’ di recupero tra una serie el’altra e almeno 53 di recupero tra le due velo-cità. I vantaggi di tale metodica risiedono nellapossibilità di monitorare i guadagni ottenutimediante test funzionali e di permettere alpaziente di lavorare in modo massimale, graziealle caratteristiche fisiologiche dell’esercizio iso-cinetico (velocità costante, resistenza del bracciodi leva del dinamometro che si adatta alla forzaespressa dal soggetto, quindi possibilità di espri-mere una tensione muscolare massimale). Non è consigliabile effettuare test di valutazioneisocinetica eccentrica prima delle 3 settimane,dal momento che i risultati ottenuti risultanogeneralmente non attendibili per la componen-

TABELLA 2 - SCHEMA DI ESERCIZIO ECCENTRICO

PER TENDINOPATIA DEL ROTULEO DA CURWIN E

COLL.41, MODIFICATO.

1 Stretching statico 20’’ per 5 volte pre e post esercizio

2 Esercizio eccentrico (mezzo squatt) 3 sets per 5 ripetizioniprogressione: 1-2° giorno: esecuzione lenta-troncoinclinato 30°

3-5° giorno: esecuzione a velocitàmoderata6-7° giorno: esecuzione veloce

3 Ghiaccio a massaggio 3-5’ dopo ogniseduta d’allenamento

3 2° settimana: ripetere il ciclo, aggiungendocarico (10% del peso corporeo conbilanciere, zaino) ed effettuando squatcompleto (> lunghezza) z passando a 3 per 8 ripetizioni

4 3°-6° settimana: 3 sedute settimanali; ripetere il ciclo ogni 7 giorni, aggiungendocarico (aggiungere progressivamente 5 kgfino a 15-20 kg con bilanciere, zaino) edeffettuando squat completo (> lunghezza) e passando a 3 per 10 ripetizioni

5 5°-6° settimana: possibile isocineticaeccentrica, 2 sedute settimanali + 1 sedutaeccentrica come sopra. Vedi modalità piùavanti.

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te dolore-affaticamento caratteristica di questoesercizio33. Il soggetto durante l’esercizio eccen-trico continua a mantenere in lavoro submassi-male concentrico, mediante ad esempio elastici.I protocolli che prevedono entrambe le modalitàdi esercizio sembrano particolarmente utili58.L’attività di corsa a carichi progressivi è ripresagradualmente con l’inizio del training eccentri-co, e viene permesso solo se procura modesto“discomfort” ma non dolore. Ciò riveste grandeimportanza per la necessità di “trasformare” iguadagni di forza e resistenza muscolo-tendineiottenuti in laboratorio in attività funzionali allaprestazione. Parallelamente alla ripresa dell’atti-vità di corsa, al giocatore è permessa la ripresadell’allenamento tecnico di base (palleggio, con-trollo del pallone in situazioni poco dinamiche),per incentivare la ripresa del controllo neuro-muscolare.Alfredsno e coll.34 hanno recentemente propostoun programma di esercizio eccentrico per il trat-tamento di tendinopatie croniche dell’Achilleo,con evidenza di effetti molto positivi a breve ter-mine sul recupero funzionale del tendine. Il pro-gramma è incentrato su due tipi di esercizio: unaelevazione del soggetto sull’avampiede a ginoc-chio esteso ed uno simile a ginocchio flesso, uti-lizzando un gradino. Il terapista controlla che il paziente effettui unafase eccentrica con l’arto interessato ed eviti lasuccessiva fase concentrica di risalita in punta dipiedi (posizione di partenza) avendo accortezzadi riportarsi in posizione di partenza utilizzandol’arto controlaterale. Il programma dura 12 setti-mane, per un carico di lavoro giornaliero (7 gior-ni la settimana) di 3 sets di 15 ripetizioni per cia-scuno dei due esercizi. I pazienti vengono avvi-sati del fatto che possono avvertire doloremuscolare durante le prime 2 settimane e ven-gono sollecitati a continuare gli esercizi anche inpresenza di moderato dolore, tale da non richie-dere la sospensione dell’esercizio. Quando l’e-sercizio non provoca più dolore, ai pazientiviene concesso di aumentare il carico gradual-

mente (5-10 Kg ogni 2-3 giorni) mediante pesiliberi o zaino appesantito. Noi utilizziamo datempo questo programma modificato con l’ag-giunta di lavoro eccentrico mediante dinamo-metro isocinetico per l’incremento dei valori diforza eccentrica dei flessori plantari, gruppimuscolari che evidenziano invariabilmente undeficit di forza (soprattutto eccentrica) in sog-getti affetti da tendinopatia dell’Achilleo59, 60. Ingenere vengono consigliati supporti dinamici inquesta fase riabilitativa, da utilizzare durante gliesercizi di recupero muscolare e durante l’atti-vità di corsa, come la fascia sottorotulea nelletendinopatie del rotuleo o il classico rialzo deltallone nelle tendinopatie dell’Achilleo median-te impiego di talloniere viscoelastiche. Se nelprimo caso esistono pareri concordi circa la realeefficacia clinica, viceversa nel caso delle tallonie-re in materiale viscoelastico non esistono ragio-nevoli motivi sia biomeccanici sia clinici per talesoluzione61.Parallelamente al recupero articolare e muscola-re viene condotto l’allenamento propriocettivo,che deve essere graduale e deve procedere utiliz-zando esercizi in grado di stimolare diversi livel-li di controllo motorio; tali esercizi vengonoorganizzati in funzione del recupero del senso diposizione articolare e del movimento articolare,del recupero dell’equilibrio posturale fino alrecupero del controllo neuromuscolare ottenutomediante esercizi di stabilizzazione dinamicariflessa.I criteri per passare all’ultima fase sono:" nessun dolore durante gli esercizi di rinforzomuscolare o durante le fasi di allenamento tec-nico;" nessun dolore durante le attività di corsa leg-gera;" risoluzione dei processi riparativi del tendine;" articolarità pressoché uguale al controlaterale.

FASE DEL MANTENIMENTO

È questa la fase della ripresa graduale della atti-

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vità agonistica. Gli obiettivi principali riguarda-no il recupero completo di qualità muscolari diforza, resistenza, elasticità, coordinazione neuro-muscolare, esecuzione del gesto tecnico-atleticospecifico in modo corretto senza disturbi bio-meccanici favorenti un’ulteriore situazione disovraccarico. In effetti spesso capita di incontra-re notevole resistenza nel risolvere determinatiadattamenti biomeccanici scorretti, favoriti dallapersistenza di contratture muscolari in determi-nati distretti lungo la catena muscolare interes-sata. È compito del riabilitatore, soprattutto inquesta fase, veificare la persistenza di tali squili-bri biomeccanici, mediante tecniche di valuta-zione chinesiologica e tecniche posturali appro-priate, che solo l’osservazione clinica diretta el’esperienza possono affinare. Ad esempio, nelcaso di un atleta affetto da fascite plantare, adat-tamenti scorretti come la corsa in punta deipiedi o un accorciamento della normale lun-ghezza del passo, o ancora un atteggiamento ininversione del piede sono favoriti dalla persi-stenza di un deficit di elasticità e di forza deimuscoli flessori plantari, favorevole allo svilup-po nel tempo ad una eccessiva pronazione fun-zionale.Eccessiva pronazione che può favorire a suavolta un sovraccarico al tendine di Ach i l l e(1)????: L’eccessiva pronazione genera una rota-zione interna forzata della tibia che tende a gui-dare il tendine di Achille medialmente in modopiù brusco quanto più veloce è il movimentopronatorio (ad esempio nelle fasi molto dinami-che quali una ricaduta da una fase aerea, un cam-bio di direzione, la conduzione della palla invelocità, ecc.). questo meccanismo riconducibilequasi a una “frustata” predispone all’insorgenzadi microtraumatismi che sono alla base dellatipica patologia da sovraccarico. Alcuni autori (1)??? hanno ipotizzato l’insorgen-za di una situazione di ridotta vascolarizzazionedel tendine di Achille, sostenuta dal conflittoche si verifica tra la rotazione esterna tibiale pro-dotta dalla estensione del ginocchio e la rotazio-

ne tibiale interna favorita dalla pronazione pro-lungata. Tale conflitto può favorire l’insorgenzadi alterazioni degenerative a carico dei tendini diAchille. In questi casi risulta utile l’impiego di una solet-ta plantare che sostenga la volta piantare e cor-regga l’eventuale malallineamento del retropie-de. Il giocatore deve essere gestito durante gliallenamenti affinché non si verifichi una nuovasituazione di sovraccarico. I tempi di recupero tra le fasi dell’allenamentodevono essere appropriati e l’atleta mantieneuna costante attività di rinforzo sia concentricoche eccentrico fino al recupero dell’eventualedeficit di forza; sarà compito del preparatore tra-sformare questo lavoro di mantenimento in fun-zione delle necessità specifiche di velocità, resi-stenza allo sforzo, forza esplosiva, coordinazio-ne neuromotoria.Esistono svariati test, funzionali che permettonodi valutare le condizioni dell’atleta: tra questi iltest isocinetico sia concentrico che eccentricoriveste per noi grande importanza per obiettiva-re il recupero muscolare e l’equilibrio tra gruppimuscolari agonisti ed antagonisti. Nel caso specifico dell’atleta dopo il recupero dauna tendinopatia del tendine rotuleo, il rappor-to tra la forza concentrica degli estensori e laforza eccentrica dei flessori (Hecc/Qcon) rappre-sentativo dell’estensione, ed il rapporto tra laforza concentrica dei flessori e la forza eccentri-ca degli estensori (Qecc/Hcon) rappresentativodella flessione del ginocchio62, assume notevolevalore predittivo di un buon recupero funziona-le, soprattutto in termine di prevenzione dellerecidive.Esercizi pliometrici effettuati secondo modalitàdifferenti risultano indispensabili in questa fasee vengono consigliati dopo le sedute di rinforzomuscolare concentrico ed eccentrico. Mediante un lavoro di balzi da altezze crescenti,cui fa seguito un’azione di sprint, effettuatidopo una seduta di rinforzo muscolare, è possi-bile ottimizzare, trsformandolo, il guadagno di

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forza ottenuto.CONCLUSIONI

Le tendinopatie da sovraccarico nel calciatorerappresentano una patologia che risponde inmodo eccellente alla terapia conservativa nellamaggior parte dei casi. Tuttavia un lavoro riedu-cativo superficiale non in linea con i più recentiprincipi biomeccanici di conoscenza di base enon sorretto da una attenta osservazione degliaspetti clinici, rischia di compromettere il com-pleto recupero funzionale e di predisporre l’atle-ta alla cronicizzazione ed alle recidive. Il ricono-scimento di eventuali deficit biomeccanici, evi-denziati da adattamenti scorretti, risulta fonda-mentale per il processo di normalizzazione ditutte le conseguenze funzionali che accompa-gnano invariabilmente le patologie tendinee dasovraccarico

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I traumi distorsivi della caviglia sono per incidenza gli infortuni più frequenti in ambito sportivo. Un’attenta gestio-

ne dell’atleta nelle prime fasi dopo l’infortunio è in grado di orientare al meglio il recupero all’attività agonistica.

L’entità del versamento periarticolare non è sempre indice di gravità della lesione. La sua frequente imponenza richie-

de però l’applicazione nelle prime 48 ore dello schema RICE (Rest Ice Compression Elevation). In questo studio, 15

soggetti andati incontro a trauma distorsivo di caviglia di I e II grado con meccanismo in inversione sono stati sot-

toposti dalla terza giornata postinfortunio a trattamento con la Tecarterapia (terapia di biostimolazione a trasferi-

mento capacitivo e resistivo), una risorsa fisica di recente acquisizione che riconosce nel condensatore il suo modello

fisico di riferimento.

Il protocollo di trattamento si è composto di 10 sedute a cadenza giornaliera della durata di 24 minuti (12 minuti con

elettrodo resistivo automatico e 12 minuti con elettrodo capacitivo). Ciascun paziente è stato sottoposto prima e dopo

la prima e l’ultima seduta di Tecarterapia a rilevazione dell’impedenza nella sede trattata, come metodo per stimare

le modificazioni tissutali indotte dalla terapia. L’ipotizzato effetto di stimolazione del microcircolo da parte della

Tecarterapia ha potuto in primo luogo essere stimato tramite la variazione di impedenza locale manifestatasi. Si sono

inoltre evidenziate le riduzioni della soggettività dolorosa al carico deambulatorio (VAS) e della misura della circon-

ferenza bimalleolare. Al termine del ciclo di trattamento, all’esame ecografico è stata rilevata una risoluzione subto-

tale del versamento periarticolare in 7 soggetti.

Distorsione di caviglia, riabilitazione, fisioterapia

L’IMPIEGO DELLA TECARTERAPIA

NEI TRAUMI DISTORSIVI DI CAVIGLIA

G. Melegati, D. Tornese, M. Bandi

Dipartimento di Terapia Fisica e Riabilitazione (Capo Dipartimento Dott. Feliciantonio Di Domenica)

Istituto Ortopedico Gaetano Pini, Milano

RI A S S U N TO

PA R O L A C H I AV E

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47Teca rt erapia 2003

Le lesioni a carico del complesso laterale dellacaviglia (legamento peroneo-astralgico anteriore-LPAA; peroneo-calcaneare-LPC; peroneo-astral-gico posteriore-LPAP) costituiscono il 38-45% ditutti gli infortuni in ambito sportivo. Circal’85% delle lesioni della caviglia sono rappresen-tate da distorsioni capsulo-legamentose; di que-ste, l’85% riconoscono un meccanismo in inver-sione, il 5% in eversione, mentre il restante 10%investe la sindesmosi tibio-peroneale1-3.Lanzetta4, da un punto di vista temporale suddi-vide i traumi distorsivi di caviglia in acuti (primoepisodio), acuti su precedenti e lassità croniche.Le distorsioni con meccanismo in inversione, insenso anatomopatologico si distinguono in:" I grado: lesione parziale LPAA;" II grado: lesione del LPAA e del LPC;" III grado: lesione di LPAA, LPC, LPAP (even-tualmente anche del legamento interosseo).In caso di lesione acuta di I e II grado il tratta-mento è classicamente conservativo e si articolain tre fasi fondamentali:! controllo del versamento;! recupero articolare;! recupero del controllo neuromuscolare conrieducazione propriocettiva e potenziamentoconcentrico-eccentrico di peronei, tibiale ante-riore, tibiale posteriore, tricipite surale.L’adeguatezza del trattamento contribuisce aprevenire complicanze quali artralgia cronica,lassità residua o degenerazione artrosica5.Per tale motivo la prima fase, quella del control-lo del versamento, rappresenta un momentofondamentale nel recupero del soggetto andatoincontro a un trauma distorsivo della caviglia.In tal modo, infatti, risulta più precoce il recu-pero articolare ed è ipotizzabile una minore inci-denza nella comparsa di aderenze fibrose deri-vandone in ultima istanza un globale migliora-mento dell’outcome clinico-funzionale.

CONTROLLO DEL VERSAMENTO

L’entità dell’edema perimalleolare laterale che sievidenzia in caso di distorsioni della caviglia ininversione non è indice diretto di gravità dellalesione legamentosa, essendo riconducibile nellelesioni di I grado alla rottura dell’arteriola pero-neale (che topograficamente risulta prossima alLPAA) o, nelle lesioni di II grado, all’interessa-mento di un suo terminale che attraversa lamembrana interossea 4-5 cm sopra il malleololaterale6.Accumulandosi lo stravaso sieroematico, si rea-lizza un incremento della pressione interstiziale(vn 1-2 mmHg) che conduce al collasso delmicrocircolo flebolinfatico (perpetuando la stasilocale) e al rallentamento della diffusione deinutrienti. Si innesca uno stato di ischemia tissu-tale (cellulare) che riconosce nel meccanismocompressivo il suo fattore scatenante.Per questi motivi il primo obiettivo da porsi neltrattamento di una distorsione acuta di cavigliadeve essere quello di ridurre al minimo la tume-fazione periarticolare.Nelle prime 48 ore dopo l’infortunio deve quin-di essere seguito il classico schema RICE (RestIce Compression Elevation).La nostra impostazione prevede l’applicazionedella crioterapia per periodi di 20 minuti ogniora in modo da evitare la vasodilatazione cuta-nea riflessa insorgente con tempi di esposizionesuperiori.In letteratura sono stati confrontati i dati relativiall’effettuazione nei primi due giorni postinfor-tunio di cicli di ginnastica vascolare in forma diimmersione del piede infortunato in bagni alter-nati di acqua calda e fredda con pazienti sotto-posti alle sole immersioni fredde. Il trattamentocrioterapico si è dimostrato il più efficace nelcontrollo dell’edema periarticolare7.

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TECARTERAPIA

La continua evoluzione nel campo delle terapiefisiche ci ha portati a considerare dalla terza gior-nata postinfortunio, l’applicazione della terapiaa trasferimento energetico capacitivo e resistivo(Tecarterapia)8. La particolarità dell’apparecchioconsiste nel fatto che, lavorando a una frequen-za di 0,5 MHz, non si realizza proiezione dienergia verso il paziente, ma sfruttando il prin-cipio del condensatore, modello fisico a cuiviene fatto riferimento, si verifica una correntedi spostamento di cariche all’interno del tessuto.Sono disponibili due tipi fondamentali di elet-trodi:" capacitivi, rivestiti da materiale isolante cera-mizzato;" resistivi, sistemi non isolati.L’applicazione degli elettrodi isolati (capacitivi)porta alla concentrazione delle cariche in prossi-mità della zona loro sottostante. L’utilizzo del-l’elettrodo non rivestito da isolante (resistivo)evoca invece la concentrazione delle cariche neipunti tissutali più resistivi frapposti tra l’elettro-do attivo e la piastra di ritorno (osso, tendini,legamenti che si comportano quindi come il die-lettrico che riveste gli elettrodi capacitivi)9.A seconda del livello di trasferimento energeticoa cui si decide di operare si ottengono risultatidiversi:! basso livello (fino a 100W di potenza o piùprecisamente differenza di potenziale applicatache corrisponde a una potenza fino a 100W):biostimolazione ultrastrutturale cellulare conaumento delle trasformazioni energetiche e delconsumo di ossigeno. Ne consegue attivazioneindiretta del microcircolo per le aumentaterichieste metaboliche;! medio livello (100-200W): aggiunta di un ini-ziale incremento della temperatura endogena e

di una vasodilatazione del microcircolo con rela-tivo aumento del flusso locale;! alto livello (200-300W): minore biostimolazio-ne cellulare, ma effetto francamente termico conmaggiore vasodilatazione e notevole aumentodel flusso emolinfatico.Da un punto di vista biofisico i vantaggi dellaTecarterapia rispetto ai sistemi a proiezione dienergia deriva dal fatto che la corrente non è pre-sente per contatto diretto, ma come movimentodi attrazione e repulsione di cariche (correntealternata). In tal modo la biostimolazione deitessuti profondi non è realizzata proiettando ele-vate concentrazioni di energia ai piani cutaneidel paziente.

MATERIALI E METODI

Sono stati sottoposti al trattamento Tecarterapico15 soggetti praticanti varie discipline sportive(rugby, calcio, pallavolo, tennis), di età media35,73 ± 13,33 anni, andati incontro a traumadistorsivo della caviglia con meccanismo in inver-sione. Sono stati esclusi da questo studio i sog-getti che al momento della prima visita presenta-vano segni clinici tipici di lesioni di III grado ecoloro i quali all’esame radiografico presentavanofratture malleolari associate. Il protocollo diTecarterapia è stato intrapreso dalla terza giorna-ta postinfortunio e si è composto di 10 sedute acadenza giornaliera della durata di 24 minuticosì ripartiti:" 12 minuti a elevati livelli energetici, utilizzan-do l’elettrodo resistivo automatico applicato conla piastra di ritorno secondo una disposizionegeometrica che localizzasse il punto più resistivoalla tibio-tarsica (piastra posta sotto la pianta delpiede e elettrodo resistivo automatico applicatoalla faccia laterale del III distale della gamba);" 12 minuti a livelli energetici medio-bassi,

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49Teca rt erapia 2003

secondo la tolleranza del paziente, utilizzandol’elettrodo capacitivo a massaggio sulla tibio-tar-sica estendendosi fino alla III distale dellagamba e al dorso del piede.Prima di ogni seduta di Tecarterapia è stata rile-vata la circonferenza bimalleolare in posizioneeretta e pianta appoggiata al terreno. La misura-zione è stata ripetuta tre volte, calcolando infinela media delle tre rilevazioni.La soggettività dolorosa al carico deambulatorioè stata valutata a mezzo di un analogo visivoimpostato su 10 livelli crescenti. L’esame ecogra-fico della caviglia è stato eseguito sempre dallostesso operatore all’inizio del ciclo terapeutico eal termine dello stesso al fine di verificare l’e-ventuale riduzione del versamento periarticola-re. Onde stabilire una possibile riduzione dellaresistività tissutale riconducibile all’ipotizzatoeffetto drenante il microcircolo, prima e dopo laprima e l’ultima seduta del ciclo terapeutico, perciascun paziente abbiamo effettuato una rileva-zione dell’impedenza locale. È stato impiegato un impedenzimetro digitale(controllato da un computer), al fine di effettua-re una serie di acquisizioni temporizzate per sta-bilire la variazione di impedenza10 quale indicedelle modificazioni tissutali (compartimentali)indotte dalla terapia 11,12. Abbiamo utilizzatocome sonda, una coppia di elettrodi di superfi-cie semiellittica a sezione nota, in cui l’analizza-tore ha inviato una tensione di riferimento auto-regolata e a frequenza nota come segnale di con-trollo. La scala di lettura utilizzata (in Mohm) èstata continuamente aggiornata ogni 3 secondinel corso dell’acquisizione di durata totale paria 2 minuti. La metodica di rilevazione da noiimpiegata concorda, in forma e sostanza, con iprincipi della Tecarterapia a trasferimento capa-citivo, nella quale gli effetti a carico del tessutotrattato si esplicano in primo luogo attraverso

trasformazioni compartimentali, a livello dellasuperficie cutanea per quanto riguarda il movi-mento di cariche (cute=II armatura del conden-satore) per poi evidenziarsi man mano in sedeendotissutale per quanto riguarda endotermia ebiostimolazione che si propagano dalla profon-dità alla superficie. Le serie di dati acquisiti sono stati sottopostiquindi a validazione statistica.

RISULTATI

Nella Tabella 1 sono riportati i dati relativi allasoggettività dolorosa al carico deambulatorio.Nella Figura 1 il grafico rappresenta la variazio-

TABELLA 1 - PUNTEGGI VAS AL CARICO

DEAMBULATORIO

& VAS pre-trattamento: 5,5±1,17

& VAS post-trattamento: 1,58±1,00

& p <00,5

FIGURA 1 - CIRCONFERE NZ A B IM A L L EOLA RE

28,5

28

29

29,5

27,5

27

30

Inizio trattamento Fine trattamento

Post-trattamento27,57±2,30 cm

Pre-trattamento29,11±2,32 cm

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50 E V I D E N Z E C L I N I C H E

ne media della circonferenza bimalleolare trainizio e fine trattamento Tecarterapico. NellaTabella 2 sono indicati i valori medi di impe-denza locale registrati prima della prima sedutae al termine dell’ultima e i valori registrati primae dopo la prima e l’ultima seduta di Tecarterapia.Sono inoltre indicati i valori medi di riferimen-to di una popolazione di 33 soggetti sani.

DISCUSSIONE

Per quanto concerne il protocollo di Tecarterapiaabbiamo optato, vista la precocità della sua effet-tuazione (terza giornata postinfortunio), per untrattamento che individuasse nel versa m e n t operiarticolare il suo principale punto di impatto.La prima fase, che ha previsto l’impiego dell’e-lettrodo resistivo automatico, per le sue caratte-ristiche di azione profonda effettuata geometri-camente ha quindi assunto significato di otti-mizzazione dell’area trattata, in preparazione allafase capacitiva specificamente mirata all’effetto

di drenaggio del microcircolo emolinfatico.Le misurazioni della circonferenza bimalleolare,così come i rilievi ecografici (risoluzione subto-tale del versamento periarticolare in 7 soggetti,riduzione significativa nei restanti 8 casi) hannodeposto per una progressiva riduzione del versa-mento periarticolare durante il ciclo diTecarterapia. L’immediata sensazione di svuota-mento a livello della regione trattata, riferita daipazienti al termine di ciascuna seduta ci ha sug-gerito di ricercare un sistema che ci consentissedi valutare cosa potesse essere avvenuto dopo i24 minuti di Tecarterapia.Abbiamo testato la resistività cutanea di 33 sog-getti sani (età media 36,8 ± 12,13 anni), con lemedesime modalità impiegate per i 15 soggetticon distorsione di caviglia presenti in questo stu-dio al fine di stabilire dei valori di normalità cuifare riferimento. È stata rilevata una modifica-zione dell’impedenza locale sia interseduta, siaal termine del ciclo tecarterapico, presumibil-mente riconducibile sia a un effetto drenante

TABELLA 2 - IMPEDENZA LOCALE

& Valori basali soggetti sani: 1,41±1,05 Mohm

& Soggetti con trauma distorsivo

Pre-trattamento: 10,00±1,15 Mohm

Post-trattamento: 0,77±0,09 Mohm

p=0,008*

I seduta pre-seduta: 10,00±1,15 Mohm

post-seduta: 1,81±0,19 Mohm

p=0,01*

X seduta pre-seduta: 2,38±0,51 Mohm

post-seduta: 0,77±0,09 Mohm

p=0,048*

*p<0,05

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51Teca rt erapia 2003

diretto (ipotizzato con l’utilizzo di livelli ener-getici medi) che indiretto (utilizzando bassi livel-li di energia) sul microcircolo.Nei 15 soggetti trattati non si sono manifestatiepisodi di riacutizzazione né del versamento nédella sintomatologia dolorosa da carico che,come dimostrato dal punteggio VAS, è andataprogressivamente migliorando.

CONCLUSIONI

Sulla base di soggettività, clinica, esame ecogra-fico e rilievi strumentali, la Tecarterapia si pro-pone come una risorsa utile nel controllo delversamento dopo episodio distorsivo della tibio-tarsica. Il fatto che non si siano evidenziati epi-sodi di riacutizzazione o di intolleranza al trat-tamento nel gruppo di pazienti presentato, fissanella terza giornata postinfortunio un punto dipartenza sufficientemente sicuro visto l’effettoendotermico profondo che la Tecarterapia è ingrado di evocare. Punto fermo nelle prime 48ore dopo l’episodio distrosivo resta lo schemaRICE.

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52 E V I D E N Z E C L I N I C H E

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53Teca rt erapia 2003

I primi straordinari risultati ottenuti sull’onda dell’emergenza nella Medicina dello

Sport, in cui, come abbiamo visto, la rapidità del recupero motorio e la scomparsa del

dolore sono necessità primarie, gli studi clinici si sono moltiplicati nell’ambito della

traumatologia e dell’ortopedia per cercare evidenze cliniche di conforto per quanto

riguarda le patologie articolari e muscolari acute e croniche, estendendosi all’artrosi,

malattia tipica dell’anziano e agli effetti antalgici dei pazienti con disabilitazione grave.

In quest’area della medicina, una riabilitazione efficace riveste un ruolo fondamentale,

in considerazione dell’incidenza sociale e dell’onere sanitario che generano i problemi

connessi a traumi e lesioni. Un’incidenza così onerosa che le direttive sanitarie del

Ministero della Salute per il 2003-2005 indicano la riabilitazione come area di inter-

vento programmatica e prioritaria.

In questa sezione sono raggruppati studi clinici riguardanti il trattamento con

Tecarterapia di lesioni muscolo-scheletriche acute e croniche (E. Parolo e M. P. Onesta),

del dolore osteoarticolare in geriatria (J.R. Bordas Serrat e Dory Martines), di patologie

del ginocchio e della colonna vertebrale (M. Perez Bonitez, Jordi Fores Colomer), delle

lombalgie, sciatalgie e cervicali (A. Molina, B. Estacho, M. V. Molina, Y. S. Mariscal) e

un lavoro sul dolore da arto fantasma (D. Orlandini, G. Cavallari, A. Amoresano) con-

dotto presso il centro protesi INAIL di Vigorso di Budrio.

PATOLOGIE ARTICOLARI

E MUSCOLARI ACUTE E CRONICHE

EVIDENZE CLINICHE

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54 E V I D E N Z E C L I N I C H E

IPERTERMIA A TRASFERIMENTO

ENERGETICO RESISTIVO E CAPACITIVO NEL

TRATTAMENTO DI LESIONI

MUSCOLO-SCHELETRICHE ACUTE E CRONICHE

E. Parolo*, M.P. Onesta**

*Fisiatra U.O. di riabilitazione, Ospedale Bassini (Primario, Dr. F. Combi)

**Specializzanda in Terapia Fisica e Riabilitazione Università di Catania

RI A S S U N TO

L’obiettivo di questo studio clinico è stato quello di valutare l’efficacia del trasferimento energetico resistivo e capaciti-

vo, indotto tramite l’applicazione di un’apparecchiatura Tecar (HCR 900), in pazienti che presentavano patologie

acute e croniche dell’apparato muscolo-scheletrico. Valutando l’intensità e il tempo di esposizione, esiste la possibilità

di utilizzare questa nuova modalità di trasferimento di energia in profondità in tessuti sottoposti a reazione infiam-

matoria. De Lauteur e Lehmann avevano notato come l’incremento termico endogeno può avere degli effetti tera-

peutici legati all’intensificato flusso ematico. Il tessuto, infatti, si comporta come semiconduttore, offre una resistenza

al passaggio di energia elettrica e questa si trasforma in temperatura. Si ritiene pertanto che l’azione terapeutica dipen-

da sia dall’effetto endotermico, sia dall’aumento del potenziale energetico delle membrane cellulari.

In questo studio viene valutata l’efficacia dell’ipertermia per affezioni croniche e acute muscolo scheletriche. A secon-

do della potenza usata si possono osservare 3 fasi caratterizzate da effetti biologici ben definiti come la biostimolazio-

ne cellulare, analgesia, aumento del flusso e fenomeni di drenaggio linfatico. Vengono studiati 41 pazienti (33 con

patologie acute): la maggior parte ha dichiarato un miglioramento della sintomatologia dolorosa.

PA R O L A C H I AV E

Ipertermia, biostimolazione cellulare, analgesia, drenaggio linfatico, patologia muscolo-scheletrica.

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55Teca rt erapia 2003

Il calore è sempre stato un mezzo fisico di gran-de importanza nella cura delle patologie artro-reumatiche. Sin dai tempi più antichi ha semprestimolato la ricerca di fonti di calore sempre piùfocalizzate e mirate al problema, prima confonti di calore esogeno poi, negli ultimi tempi,con mezzi fisici in grado di elevare la tempera-tura corporea in tessuti profondi. Tutti questi mezzi terapeutici hanno riscontratodei limiti applicativi nel corpo umano che, per ilsistema di termoregolazione e per l’isolamentocutaneo non è stato possibile riscaldare inprofondità. Negli anni 60 studi in oncologiahanno scoperto sistemi fisici in grado di agire inprofondità, con lo scopo di distruggere le cellu-le più centrali, metabolicamente meno attive epoco irrorate.Già nel 1953 Lehmann aveva evidenziato chetemperature tra i 40° e i 45° potevano avere effet-ti terapeutici in varie situazioni patologiche.Infatti l’intensificato flusso ematico indotto dal-l’aumento della temperatura, accrescendo loscambio di calore, consente di raggiungere tem-perature efficaci dal punto di vista terapeuticoma non così elevate da determinare necrosi cel-lulare. Il tessuto infatti, si comporta come semicondut-tore, offre resistenza al passaggio di energia elet-trica e questa si trasforma in aumento di tempe-ratura. L’azione terapeutica dipende da questoincremento di temperatura, ma anche da aumen-to del potenziale energetico delle membrane cel-lulari.È stato recentemente messo a punto un sistemadetto a trasferimento energetico capacitivo eresistivo (ipertermia) che funziona nell’ambitodelle radiofrequenze tra 0,4-0,8 Mhz., capace diraggiungere in profondità i tessuti senza danneg-giare quelli superficiali.I dati in letteratura sono molto incoraggianti,pertanto abbiamo voluto valutare l’efficacia del-

l’ipertermia in alcune patologie muscolo-tendi-nee seguendo la risposta clinica mediante datioggettivi e soggettivi.Nonostante l’ampia strumentazione in fisiotera-pia attualmente in uso, ci sono diversi processipatologici, tendinei e mioentesici che risultanoparticolarmente resistenti al trattamento e limi-tano la possibilità di pratica sportiva agonistica enon agonistica. La possibilità che una modalità di trasferimentodi energia a doppia valenza (stimolazione biolo-gica e rialzo termico) possa essere utilizzato peralleviare i tempi di recupero nello sportivo e nel-l’attività di vita quotidiana ci è parsa particolar-mente meritevole di attenzione.

MECCANISMO D’AZIONE

L’efficacia del trattamento nelle patologiemuscolo-tendinee con la metodica dell’iperter-mia si basa sull’intensificazione di alcune fasipeculiari del processo flogistico che si accompa-gna all’aumento di temperatura. La vasodilata-zione ottenuta con il calore provoca un aumen-to degli scambi di sostanze che si estrinseca conun aumento del drenaggio del sito infiammato,con allontanamento di scorie e detriti e con unmiglioramento della perfusione tessutale conaumento dell’afflusso locale di cellule deputateai processi riparativi

MATERIALI E METODI

L’HCR 900 è l’apparecchio usato per il nostrostudio. È costituito da un generatore di radio fre-quenze a 0,5 Mhz con una potenza massima di300 Watt.Il trasferimento resistivo permette di utilizzare,per la prima volta, l’ipertermia senza l’uso di unasorgente di calore esterna. Esso, infatti, utilizzaun generatore di radiofrequenze a bassa poten-

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56 E V I D E N Z E C L I N I C H E

za, che sviluppa un innalzamento di temperatu-ra endogeno. In tale modo si sfrutta l’impeden-za del corpo umano che si trova tra due elettro-di per generare l’aumento di temperatura.Una piastra neutra con ampia superficie e unelettrodo attivo di dimensioni più piccole pro-ducono l’effetto terapeutico limitato solo nellaparte compresa tra i due elettrodi.Tali effetti producono un notevole incrementodel flusso sanguigno e della tensione di ossige-no, oltre a una riduzione notevole dell’acidositessutale. Il trasferimento capacitivo sfrutta unprincipio ben noto, il condensatore. Questo èun’unità elettrica capace di accumulare energiaall’interno di una sostanza frapposta tra dueelettrodi. L’effetto del sistema capacitivo sarebbedovuto all’aumento del potenziale di membranacellulare, ad un effetto cinetico sugli ioni pre-senti sia nel liquido intracellulare sia interstizia-le e a un conseguente aumento della temperatu-ra interna. A seconda della potenza utilizzata sipossono osservare tre fasi, caratterizzata ciascu-na da effetti biologici ben definiti:

1° fase (potenza a minimi livelli):! Biostimolazione cellulare!Aumento del fabbisogno di ossigeno! Analgesia per azione sulle terminazioni ner-vose e libere

2° fase (potenza media)! Microiperemia! Incremento della velocità del flusso ematico! Ossigenazione intracellulare! Accelerazione del metabolismo cellulare

3° fase (potenza alta)! Vasolidatazione meccanica! Iperafflusso ematico! Drenaggio linfatico! Calore profondo

TOTALE 60

MASCHI 43

FEMMINE 17

ETÀ RANGE TRA I 17 E 60

TABELLA 1- DATI DEMOGRAFICI

La seduta inizia con il trattamento resistivo:viene posto un elettrodo in corrispondenzadella zona infiammata mantenendolo fisso per10 minuti. Successivamente per 20 minuti si hal’applicazione del trattamento capacitivo: que-sto invece deve essere mosso in continuazionedall’operatore con movimenti circolari.

LA NOSTRA ESPERIENZA

Abbiamo utilizzato un protocollo terapeuticoche prevedeva 10 sedute giornaliere di 1/2 ora,con pausa di due giorni nel fine settimana.Viene somministrata durante la visita inizialeuna scala visu-analogica (VAS) con estremi 0(assenza del dolore) a 10 (max dolore concepibi-le). Al termine del ciclo di sedute il pazienteviene sottoposto a una nuova valutazione deldolore nel corso della visita di controllo.La seduta inizia con il trattamento resistivo conl’elettrodo che viene posto in corrispondenzadella zona da trattare, mantenuto fisso per 10minuti con potenza regolata in modo da otte-nere il valore massimo senza che il pazienteavverta aumento di temperatura a livello cuta-neo sottostante.

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57Teca rt erapia 2003

Poi successivamente viene eseguito per 20 min.il trattamento capacitivo.Sono stati trattati 60 soggetti di età compresa frai 17 e i 60 anni affetti da patologie muscolo-ten-dinee acute o croniche (Tabella 1, 2 e 3).Per la patologia muscolare acuta (rotture) e per letendiniti è stata eseguita un’ecografia prima deltrattamento e alla fine del ciclo terapeutico.

RISULTATI

I pazienti esaminati fanno parte di un’ampiafascia di età. Sono tutti pazienti con lesioniacute o subacute.Le lesioni hanno interessato l’arto inferiore per49 casi, 11 l’arto superiore 7 la cuffia dei rotato-ri con tendinite da sovraccarico e 4 il gomito

TENDINITI 31

ROTTURE MUSCOLARI 4

ENTESITI 7

DISTRAZIONI MUSCOLARI 18

TABELLA 2 - TIPI DI PATOLOGIE

SEDE

ARTO SUPERIORE 11

ARTO INFERIORE 49

TABELLA 3

10

9

8

7

6

5

4

3

2

1

0

P A T O L O G I E

tendiniti rotture miste entesiti distrazioni

VSA prima

VSA dopo

SCALA VISU-ANALOGICA DEL DOLORE

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58 E V I D E N Z E C L I N I C H E

con una borsite degli estensori. La maggior partedei soggetti ha dichiarato un miglioramentodella sintomatologia dolorosa, oltre che ad unritorno alle normali attività della vita quotidia-na, alla fine del trattamento con HCR 900.Solo due pazienti presentavano ancora una limi-tazione funzionale alla scapolo-omerale, proba-bilmente da addebitare ad una lesione cronicadegenerativa della cuffia, pur riscontrando unnetto miglioramento della sintomatologia algica.

CONCLUSIONI

I risultati, legati anche al rispetto delle indica-zioni, sono estremamente incoraggianti, vistoche la quasi totalità dei soggetti trattati hamostrato un netto miglioramento algico e fun-zionale.La scelta delle indicazioni è stata la stessa delladiatermia a onde corte, già proposta da Cole eEaglestone (1994) e in seguito da McMeeken(1995), che riguarda le fibrosi muscolari e lega-mentose, le lesioni tendinee e articolari, borsiti.Per quanto riguarda le controindicazioni cisiamo attenuti a quelle generali per l’applicazio-ne al calore, quali infezioni, deficit di sensibilità,e a quelle specifiche relative alla diatermia elet-tromagnetica, quali coagulopatie e tromboflebiti.

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59Teca rt erapia 2003

DOLORE OSTEOARTICOLARE INGERIATRIA: TRATTAMENTO CONIL SISTEMA A TRASFERIMENTOENERGETICO CAPACITIVO

J.R. Bordas SerratDory Martinez

Unità di Fisioterapia Centro Medico “Fabra i Puig” Paseo Fabra Barcellona

RI A S S U N TO

Questo studio è stato condotto

su 214 pazienti con dolore

articolare, incapacità funzionale,

rigidità muscolare,

trattati con il sistema a

Trasferimento Energetico

Capacitivo.

I risultati ottenuti

hanno rilevato un importante

miglioramento nel

62 per cento circa dei casi,

miglioramento mantenuto come

condizione stabile nel tempo.

La valutazione

è stata operata

soggettivamente dal

paziente, verificata

dal fisioterapeuta

e dal medico.

PA R O L E C H I AV E

Dolore osteoarticolare nell’anziano.

Il dolore osteoarticolare nell’anziano è attribuibile a diverse patolo-gie che producono lo stesso effetto: dolore articolare, incapacitàfunzionale, rigidità muscolare. Più del 75% delle persone oltre i 65anni sono soggetti a dolori cronici o acuti che vengono trattati confarmaci a carico del sistema sanitario, senza effetti duraturi. Il sistema a Trasferimento Energetico Capacitivo rappresenta, inquesti casi, una terapia priva di effetti collaterali adatta a soggetti chenon possono assumere analgesici per le loro controindicazioni oche non hanno ricavato benefici dalla fisioterapia.

MATERIALI E METODI

Sono stati scelti 214 pazienti, oltre i 65 anni, che sono stati trattati nelnostro centro (tra il giugno 1986 e il giugno 1990), 63 maschi e 151femmine. Soffrivano di dolori muscolo-scheletrici da più di 3 mesi enecessitavano trattamenti di fisioterapia e/o medici. Le patologieerano diverse: artrosi, artriti, osteoporosi, contrazioni muscolari.

RISULTATI

I risultati ottenuti sono stati:" nessun miglioramento nel 2,33% dei casi" lieve miglioramento nel 5,14% " importante miglioramento (senza mantenimento) nel 25,70% " importante miglioramento (con mantenimento) nel 61,68% " completa scomparsa del dolore nel 5,14% La valutazione è stata fatta dallo stesso paziente alla fine del tratta-mento e dal fisioterapeuta all’inizio e alla fine del trattamento.

CONCLUSIONI

Il sistema a Trasferimento Energetico Capacitivo risulta essere unbuon metodo complementare nel trattamento del dolore ostoarti-colare in geriatria, che non ostacola l’utilizzo congiunto di altrimezzi terapeutici. Il Trasferimento Energetico Capacitivo rappresenta uno strumentodi grande ausilio per il fisioterapeuta, e può dare molte soddisfazio-ni a livello professionale in ambito geriatrico.

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60 E V I D E N Z E C L I N I C H E

Oggigiorno le infermità reumatiche causano un gran numero diinvalidità. L’artrosi del ginocchio è la patologia più diffusa neipaesi industrializzati. Uno dei fattori determinanti è l’età. Laseguono, per frequenza, i traumi, l’usura da fattori meccanici e/odall’obesità. Poiché un eccessivo o maldistribuito carico sulle arti-colazioni determina a lungo termine una lesione del tessuto car-tilagineo e dell’osso subcondrale.

ARTROSI DEL GINOCCHIO

Nel nostro centro abbiamo realizzato uno studio su 35 pazienticon artrosi del ginocchio, come denominazione comune. In tuttiil sintomo comune era il dolore e la limitazione al movimento delginocchio. Di questi 35 pazienti, 24 erano donne e 11 eranouomini. L’età media era di 58 anni. Il riferimento anamnesticodella sintomatologia (dolore+limitazione funzionale) datava per5 pazienti ai 12 mesi precedenti l’osservazione, mentre per gli altri30 era relativa a parecchi anni.Tutti i pazienti, avevano precedentemente effettuato diversi trat-tamenti con metodi terapeutici, senza però ottenere risultati sod-disfacenti. 12 pazienti di questo gruppo erano stati operati mahanno continuato a manifestare sintomatologia analoga. Il dolo-re era il motivo principale per il quale si erano rivolti a noi. Ledonne presentavano in maggior numero una sintomatologiadolorosa di grado moderato/severo che peggiorava al movimentocon rigidità mattutina.All’esame obiettivo dell’articolazione abbiamo constatato dolora-bilità alla palpazione e edema tissutale con crepitazione ossea infase di movimento. In qualche caso più grave si sono rivelatedeformazioni importanti, ipertrofia ossea e perdita considerevoledi mobilità articolare.A livello radiologico, in tutti i pazienti, la riduzione dello spazioarticolare era presente in maggior o minor grado.

RI A S S U N TO

I risultati positivi ottenuti con

l’apparecchiatura HCR 900 nelle

diverse patologie possono essere

attribuiti a una serie di effetti

biologici prodotti dalla tecnica del

Trasferimento Energetico

Capacitivo e Resistivo.

In particolare, si possono

relazionare con l’aumento della

temperatura interna e

la contemporanea

microvasodilatazione, responsabile

del miglioramento del biochimismo

cellulare; con l’aumento del flusso

emolinfatico che incrementa

l’apporto nutrizionale e

ossigenativo,

ottimizzando la respirazione

endocellulare e l’eliminazione

dei cataboliti tossici.

Sulla base di queste conoscenze è

stato possibile sperimentare

le azioni cliniche dell’HCR 900

presso il centro di Medicina

Omeopatica e Biologica

di Barcellona.

Maria Perez BenitezJordi Fores Colomer

Centro di medicina omeopatica ebiologica, Capo dipartimento

Fores-Perez Manresa (Barcellona)

PA R O L E C H I AV E

Artrosi del ginocchio, sciatica, rachide cervicale,

colpo di frusta, ernia del disco.

LA TECARTERAPIA NELLA

PATOLOGIA DEL GINOCCHIO E

DELLA COLONNA VERTEBRALE

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61Teca rt erapia 2003

Il protocollo terapeutico iniziale era identico pertutti i pazienti. Si sono effettuate due sedute set-timanali durante le prime tre settimane, 10minuti di Trasferimento Energetico Resistivo e 5minuti di Trasferimento Energetico Capacitivonella parte anteriore del ginocchio e 5 minuti dientrambe le metodiche nella parte posterioredello stesso. Dalla quarta settimana si è passati auna seduta settimanale. Durante il trattamento,a tutti i pazienti è stata somministrata una curaomeopatica diversa, in base alla sintomatologiasoggettiva.

RISULTATI

I risultati di questo studio sono stati i seguenti:" in 3 pazienti si è avuta una eccellente riduzio-ne del dolore con miglioramento della deambu-lazione alla terza settimana di trattamento. Perquesto si è passati alla terapia di mantenimentocon una seduta ogni 15 giorni per 3 mesi, perio-do al termine del quale sono stati dimessi." 21 pazienti hanno ottenuto un’elevata dimi-nuzione della sintomatologia dolorosa conripresa della deambulazione tra la 6ª e la 12ª set-timana di trattamento. A questi pazienti è statapoi somministrata come terapia di mantenimen-to una seduta ogni 15 giorni per 3 mesi, periodoal termine del quale sono stati dimessi." 5 pazienti sono stati trattati per 12 settimane eal termine hanno mostrato un miglioramentoaccettabile della sintomatologia dolorosa comepure della deambulazione, ma hanno continua-to ancora a percepire dolore quando si alzavanoalla mattina o dopo un periodo di inattività.Si è programmato il mantenimento di una sedu-ta ogni 15 giorni, ma i sintomi sono riapparsi. Siè ripreso il piano terapeutico di due sedute setti-manali per tre settimane. Uno dei pazienti haabbandonato il trattamento. I quattro che lohanno continuato, dopo tre settimane hanno

constatato un miglioramento, ma passa n d oun’altra volta al piano di mantenimento hannodi nuovo riscontrato i sintomi iniziali, anche seil dolore era meno intenso." 6 pazienti sono statti trattati per 6 settimanesenza significativi risultati e per questo è statocambiato il trattamento.Dei 12 pazienti operati, 5 non hanno avutoalcun beneficio significativo, 3 hanno registratouna riduzione del dolore e un miglioramentodella deambulazione significativi e 4 notevoli. Itre pazienti che sono migliorati nelle prime tresettimane, appartenevano al gruppo dei pazientii cui sintomi non superavano i 12 mesi di mani-festazione.

RACHIDE CERVICALE

Un’altra patologia dolorosa di frequente osser-vazione, è quella che si manifesta a livello delrachide cervicale: aumenta con l’età (nell’83%delle persone tra i 60-70 anni è la patologia piùfrequente) e si localizza con alterazioni defor-manti all’altezza della V, VI e VII vertebra cervi-cale, dove il sovraccarico meccanico-funzionaleè maggiore.La postura cifotica del rachide cervicale inferio-re (dalla V alla VII vertebra cervicale) è spesso lacausa dell’osteocondrite. Il dolore generato inquesta zona si percepisce nel collo e nella parteposteriore della testa e di solito si irradia a spal-la, braccio, avambraccio e mano; il dolore si pro-duce e aumenta per determinati movimenti oposture del collo, accompagnato da ipersensibi-lità e limitazione dei movimenti.Per questo studio abbiamo scelto 24 pazienti, 18donne e 6 uomini, con un’età media di 51 anniche avevano dolori cervicali con irradiazione allespalle. In questo gruppo il dolore variava dalieve/moderato a intenso, secondo l’attività pro-fessionale e i ritmi stagionali.

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62 E V I D E N Z E C L I N I C H E

Si somministrava una seduta settimanale diTrasferimento Energetico Resistivo di 15 minuti,seguita da una seduta di Tr a s f e r i m e n t oEnergetico Capacitivo di 10 minuti. Solo quan-do il dolore era intenso, la seduta diventava gior-naliera.

RISULTATI

I risultati di questo studio sono stati i seguenti:" 20 pazienti dopo due mesi di trattamento, conuna seduta settimanale, hanno mostrato miglio-ramenti con scomparsa del dolore. Di questi 20pazienti, 9 presentavano ancora dolori modera-ti, isolati, correlati al lavoro che svolgevano. Con l’applicazione di ulteriori 3-4 sedute acadenza giornaliera, sono divenuti asintomatici. " 4 pazienti, dopo due mesi di trattamento, pre-sentavano ancora sintomatologia dolorosalieve/moderata. Questi pazienti svolgevano un’attività lavorativafaticosa dalla quale non si potevano asteneredurante il trattamento; pensiamo sia questo ilmotivo del mancato miglioramento.

CONTUSIONE VERTEBRALE DA‘COLPO DI FRUSTA’

Altra causa frequente del dolore al rachide cervi-cale è il trauma ai legamenti e ai muscoli dopoun incidente in cui il collo presenta una esten-sione forzata. Per esempio nella contusione ver-tebrale da ‘colpo di frusta’ l’estensione forzatadel collo è accompagnata a volte da frammenta-zione di un disco intravertebrale che causa undolore persistente aggravato dall’ipertensione edalla rotazione con una riduzione dei movi-menti di flessione laterale del capo.Abbiamo realizzato uno studio su 4 pazienti condolore cervicale, in seguito a un incidente. Presentavano un forte dolore alla iperestensione

e alla rotazione del collo.Provenivano da diversi centri sanitari con la dia-gnosi di sindrome dolorosa cervicale post-trau-matica (contusione vertebrale da “colpo di fru-sta”). Come trattamento erano stati prescrittianalgesici, antinfiammatori e collare cervicale.Si è effettuata una seduta giornaliera, tralascian-do le domeniche. La seduta era di 10 minuti di TrasferimentoEnergetico Resistivo e 20 minuti di TrasferimentoEnergetico Capacitivo. Sono state eliminate lecure analgesiche e antinfiammatorie, sostituitecon cure omeopatiche. Dovevano ancora usare ilcollare cervicale.

RISULTATI

I risultati sono stati decisamente positivi." 3 dei 4 pazienti denunciavano poco dolore allarotazione e alla iperestensione del collo, dopo la4ª seduta consecutiva. Poi si è passati a sedutealternate e alla 6ª seduta erano asintomatici." L’altro paziente ha mostrato un significativomiglioramento dopo la 6ª seduta consecutiva. Èpoi passato a sedute alternate e dopo la 10ª sedu-ta non presentava più dolore.

SCIATICA

Altro motivo frequente di visita medica è ildolore dovuto a irritazione della IV e V radicenervosa lombare e della I sacrale punto in cui sidiparte il nervo sciatico; tale patologia è dettacomunemente sciatica. Il dolore è sordo, inten-so, circoscritto all’area di innervazione, cioè siestende principalmente verso la parte posterioredella coscia e verso le zone posteriori e lateralidella gamba; questa irritazione talora si estendesino alla caviglia ed è accompagnata da pareste-sia o intorpidimento che può irradiarsi nelpiede, accompagnato da sensibilità dolorosa

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63Teca rt erapia 2003

cutanea. Durante l’esame obiettivo si nota unaperdita di riflessi, debolezza e a volte, edema dastasi, imputabili alla irritazione infiammatoria oalla compressione della radice midollare a livel-lo del forame intervertebrale, quando si colpi-scono le fibre motorie della radice anteriore.Nel nostro centro medico abbiamo effettuatouno studio su un gruppo di 43 pazienti, di cui34 donne e 9 uomini. L’età media del gruppo eradi 41 anni. Il denominatore comune era unintenso dolore a livello lombare con affezionedel nervo sciatico che creava un dolore sordonella parte posteriore della coscia e della gamba.Tutti i pazienti si erano rivolti direttamente alnostro centro, senza aver effettuato nessun trat-tamento precedente.Dei 43 pazienti, a 30 di essi si è applicato un trat-tamento con HCR 900 alla mattina e al pome-riggio. Agli altri 13 è stato effettuato un solo trat-tamento giornaliero. Per tutti fatta eccezione perla domenica.Le sedute erano di 15 minuti di TrasferimentoEnergetico Resistivo seguita da 10 minuti diTrasferimento Energetico Capacitivo.

RISULTATI

I risultati del primo gruppo, formato da 30pazienti trattati con sedute mattutine e pomeri-diane, sono stati:" 20 pazienti erano totalmente asintomaticidopo la 5ª seduta consecutiva." 7 pazienti erano asintomatici dopo l’8ª sedutaconsecutiva." 2 pazienti, all’8ª seduta, avvertivano un legge-ro dolore, inferiore rispetto all’inizio del tratta-mento. Questi pazienti hanno continuato il trat-tamento con sedute bisettimanali per una dura-ta di 2 settimane; alla fine del trattamento eranoasintomatici." 1 paziente ha abbandonato il trattamento alla

2ª seduta perché non presentava alcun migliora-mento significativo.16 pazienti di questo primo gruppo, mostravanouna considerevole diminuzione del dolore già alsecondo giorno di trattamento e hanno prose-guito il trattamento conducendo una vita nor-male. Dei 30 pazienti, 6 hanno avuto una rica-duta con gli stessi sintomi nei seguenti due mesi.Si è ripetuto lo stesso piano terapeutico conbuoni risultati.I risultati del secondo gruppo, trattati in un’uni-ca seduta giornaliera, sono stati:" 10 pazienti erano asintomatici dopo la 7ª sedu-ta consecutiva." 3 pazienti erano asintomatici dopo la 10ª sedu-ta consecutiva. Di questi 13 pazienti, in 8 il dolore è diminuitonotevolmente a partire dalla 3ª seduta e la lorovita è continuata normalmente. Solo 1 pazienteha avuto una ricaduta dopo la quarta settimana.Si è ripetuto il trattamento, ma con due sedutegiornaliere. Il terzo giorno il paziente era asinto-matico.Al gruppo di 43 pazienti sono state sommini-strate giornalmente cure omeopatiche.

ERNIA DEI DISCHI INTRAVERTEBRALILOMBARI

La causa principale del dolore intenso, cronico orecidivo, nella parte inferiore della schiena edella gamba, è l’ernia dei dischi intravertebralilombari, con maggior frequenza tra la V lomba-re e la I sacrale. La causa più frequente è la degenerazione dell’a-nello fibroso del disco intervertebrale e l’altera-zione dei legamenti longitudinali posteriori lega-ta all’invecchiamento. A volte la causa determi-nante può essere un trauma, ma la maggior partedei pazienti ha sofferto di dolori lievi o modera-ti nella zona lombare, prima che fosse diagnosti-

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64 E V I D E N Z E C L I N I C H E

cata un’ernia al disco. Alcuni pazienti con que-sta patologia, presentavano dolore alla gamba,con scarsi sintomi alla schiena a livello lombare,e altri avevano solo dolori lombari.Questo dolore lombare si aggravava con il movi-mento e con altri gesti, anche con un semplicestarnuto. Ci siamo occupati di un gruppo di 15pazienti, 10 uomini e 5 donne, di età media 46anni, tutti con ernia al disco. Nessuno di loroaveva subito intervento chirurgico prima deltrattamento.Il piano terapeutico consisteva in due sedute set-timanali per un mese. Poi si è passati a una sedu-ta settimanale per altri due mesi. Nella zona vertebrale lombosacrale e nella zonaglutea, si sono applicati il Tr a s f e r i m e n t oEnergetico Resistivo per 20 minuti e poi, ilTrasferimento Energetico Capacitivo per 15minuti. Come trattamento parallelo sono statiusati prodotti omeopatici a livello locale.

RISULTATI

I risultati sono stati:" 6 pazienti erano asintomatici dopo tre mesi ditrattamento, con un significativo miglioramentoa partire dalla 12ª seduta. Poi si è effettuata unaseduta di mantenimento ogni 15 giorni per altri3 mesi. Attualmente sono asintomatici." 4 pazienti sono notevolmente migliorati dopotre mesi. Poi, la terapia e continuata con unaseduta settimanale, ma avvertivano ancora dolo-re al movimento. I 4 pazienti hanno abbandonato il trattamentodopo il 4º-5º mese, poichè si era ripresentata lasintomatologia dolorosa. Nessuno di loro avevaperò potuto abbandonare lavori pesanti, cheerano controindicati nella loro patologia." 5 pazienti non hanno mostrato miglioramentosignificativo dopo la 12ª seduta, ragione per cuihanno interrotto il trattamento.

CONCLUSIONI

Sulla base dei risultati si può affermare che latecnica di Trasferimento Energetico Capacitivo eResistivo è uno strumento molto utile nella mag-gior parte delle patologie osteoarticolari; la suavalidità aumenta se combinata ad altre terapie.La sua facilità d’applicazione, la mancanza dieffetti secondari, dimostrano l’eccezionalità diquesto strumento elettromedicale.

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65Teca rt erapia 2003

A.Molina, B. Eschacho, M.V. Molina, Y S. Mariscal

Servizio di Riabilitazione,Ospedale Universitario diValladolid, Barcellona

RI A S S U N TO

In questo studio clinico

sono stati selezionati un totale

di 23 pazienti inviati presso

il Servizio di Riabilitazione

dell’Ospedale Universitario di

Valladolid con le diagnosi di

lombalgia semplice,

lombosciatalgia, cervicalgia

e cervicobrachialgia

dopo essere stati trattati con

antinfiammatori non steroidei

e elettroterapia convenzionale

senza risultati positivi.

Nel Centro sono stati trattati

con applicazioni del sistema a

Trasferimento Energetico

Capacitivo.

Nello studio si descrive

il protocollo del trattamento,

i parametri diagnostici,

l’evoluzione clinica

e i risultati ottenuti.

PA R O L E C H I AV E

Lombosciatalgia,

cervicobrachialgia, cervicalgia.

CERVICALI, LOMBALGIE,

SCIATALGIE: APPLICAZIONE DEL

SISTEMA A TRASFERIMENTO

ENERGETICO CAPACITIVO

L’obiettivo di questo studio clinico è quello di comprovare l’effi-cacia della Tecarterapia a trasferimento capacitivo in pazienti chepresentano dolori cervicali e lombari, fissi o irradiati alle estre-mità, così come nella patologia sussidiaria al trattamento chirur-gico con diagnosi di lombalgia e/o cervicalgia di tipo meccaniconon connessa a eziologia infiammatoria o post-chirurgica.Questi pazienti, prima di ricorrere al Servizio di Riabilitazionedell’Ospedale Universitario, erano stati trattati con antinfiamma-tori con steroidei ed elettroterapia convenzionale.In alcuni casi la riabilitazione era stata perseguita in precedenzacon trattamenti idro e chinesioterapici presso il nostro servizio.Il denominatore comune a tutti era la cattiva risposta ai tratta-menti, con persistenza del sintomo.I trattamenti precedenti sono esposti alla Tabella 1.

CHIRURGICO

ELETTROTERAPIA

CHINESITERAPIA

IDROTERAPIA

NESSUN TRATTAMENTO

" 1 paziente (4,3%)

" 12 pazienti (52,1%)

" 6 pazienti (26%)

" 1 paziente (4,3%)

" 19 pazienti (82,6%)

Dall’esame obiettivo si evidenzia in tutti i soggetti la persistenzadi dolore cronico di tipo meccanico e, in tutti i casi, le analisistrumentali e di laboratorio realizzate non pongono in rilievoproblemi specifici.

TABELLA 1- T R AT TA MENTI PRECEDEN T I

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66 E V I D E N Z E C L I N I C H E

MATERIALI E METODI

Abbiamo studiato 23 pazienti, 13 donne e 10uomini, con età compresa tra i 36 e i 77 anni,con una media di 47,5 anni.In base alla diagnosi 7 soffrivano di lomboscia-talgia, 4 di lombalgia semplice e 4 di cervicalesemplice (Tabella 2).Per lo studio abbiamo realizzato un protocollonel quale si analizzano i seguenti parametri:! età, sesso, professione;! diagnosi;! trattamenti preventivi ricevuti;! grado di dolore soggettivo e oggettivo;! esplorazione fisica.

Il grado di dolore soggettivo è stato calcolato suuna scala da 0 a 10. Successivamente all’esame obiettivo, è stata ana-lizzata la mobilità cervicale e/o dorso-lombare,la presenza o meno di dolore nell’area, la pre-senza di contrazioni muscolari, le reazioni amanovre di carico, i segni di sofferenza radico-lare, le affezioni dei riflessi osteotendinei, le alte-razioni della sensibilità, la forza muscolare e, nelcaso di lombalgia e sciatalgia, l’alterazione del-l’andatura.

TRATTAMENTO

Il trattamento somministrato a questi pazienti èstato l’endotermia mediante Tr a s f e r i m e n t oEnergetico Capacitivo. Nel caso delle cervicalgiee cervicobrachialgie è stato applicato l’elettrodoneutro cilindrico sotto l’ascella del paziente; perle lombalgie e sciatalgie l’elettrodo neutro informa di placca, collocato sotto l’addome.Con l’elettrodo attivo si è agito sulla zona dolo-rante, o meglio all’estremità della radice interes-sata. Sono stati usati elettrodi piani con diversodiametro secondo la grandezza della zona datrattare. Per assicurare la conduzione è statousato il gel specifico neutro. Il numero dellesedute del trattamento per paziente si è aggiratoda un massimo di 7 a un minimo di 4, con unamedia di 6. Il tempo di applicazione del tratta-mento per ogni seduta è stato dai 5-10 minuti,nella colonna cervicale 8 minuti e in quella lom-bare 9 minuti. L’intensità ben tollerata nellascala di valutazione dell’apparecchiatura (da 0 a10) variava tra 3 e 5: nella regione cervicale eradi 3,4 e in quella lombare di 4.

RISULTATI

I soggetti studiati sono per la maggioranza per-sone che compiono abitualmente sforzi fisici

TABELLA 2- D I A G N O SI

D O N N E U O M I N I

4

2

5

2

Lombosciatalgia

Lombalgia

Cervicobrachialgia

Cervicalgia

3

2

3

2

TABELLA 3- PRO FE SS IO N I

Lavori di casa

Lavoro sotto sforzo

Lavoro sedentario

Pensionati

9

6

4

4

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67Teca rt erapia 2003

durante il lavoro (Tabella 3). I dati concernentila valutazione clinica e l’analisi fisica studiatiprima e dopo il trattamento sono risultati iseguenti:

! Cervicalgie o cervicobrachialgieGrado di dolore: il dolore obiettivo del pazienteva da 3 a 10 con una media di 6,8 prima del trat-tamento; da 1 a 8 con una media di 4,6 dopo iltrattamento.Oggettivamente, prima del trattamento unamedia di dolore ++ e di + dopo.Segno di Spurling:positivo in 5 pazienti prima ein 3 dopo il trattamento.Trazione del plesso cervicale: positivo in 3 pazien-ti nella prima verifica e negativo in tutti dopo iltrattamento.Riflessi osteotendinei: prima del trattamento solo2 pazienti presentavano alterazioni che nonsono state modificate dalla terapia.Parestesia negli arti superiori: presente in tutti ipazienti prima del trattamento, e solo in 5

pazienti dopo il trattamento. Mobilità cervicale: limitata in 5 pazienti prima, èmigliorata in 2 pazienti dopo il trattamento.

! Lombalgie e sciatalgieGrado di dolore: prima del trattamento era pre-sente un dolore soggettivo tra 5 e 10 (media di6,8), e da noi valutato con una media di 1,3. Dopo il trattamento, il valore soggettivo deldolore dei pazienti si era collocato tra 1 e 8, conuna media di 5,6; dopo l’analisi la media da noistabilita era di 0,8.Segno di Lasègue: positivo in 2 pazienti prima edopo il trattamentoSegno di Bragard: positivo in 2 pazienti prima, in1 dopo il trattamentoRiflessi osteotendinei: invariati col trattamento.Andatura sulle punte e sui talloni: effettuata cor-rettamente prima e dopo il trattamento da tuttii soggettiMobilità dorsolombare: limitata in 5 pazientiprima, e in 3 pazienti dopo (Tabella 4).

Spurling

Trazione

ROT

Parestesia

Mobilità

5/7

3/9

2/10

12/0

5/7

3/9

0/12

1/11

5/7

3/9

Lasegue

Brogard

ROT

Andatura

Mobilità

1/10

2/9

1/10

0/11

5/6

2/9

2/9

1/10

0/11

4/7

TABELLA 4- E S P L O R A Z I O N E F I S I CA

COLONNA CERVICALE COLONNA LOMBARE

1° SEDUTA

+/-ALTA

+/-1° SEDUTA

+/-ALTA

+/-

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68 E V I D E N Z E C L I N I C H E

Rianalizzati dopo il trattamento, in base allavalutazione soggettiva del paziente e all’esameobiettivo, i risultati sono stati così valutati:" buono: se l’obiettività è negativa e il pazientenon sente dolore;" mediocre: se l’obiettività è negativa ma ilpaziente sente dolore residuo;" cattivo: quando permangono segni patologiciall’esame obiettivo.Sulla base di queste considerazioni, abbiamoottenuto i seguenti risultati finali:" buono: 10 pazienti (43,47%);" mediocre: 5 pazienti (21,73%);" cattivo: 8 pazienti (34,78%).

CONCLUSIONI

Sulla base della valutazione clinica dei dati otte-nuti si può concludere che si è avuto un miglio-ramento sostanziale nel 65% dei pazienti tratta-ti con il Trasferimento Energetico Capacitivo. Va sottolineato che le patologie scelte per speri-mentare questo sistema di endoterapia, sono dif-ficili da curare coi metodi tradizionali, poiché sitratta di pazienti cronici, che hanno consultatovari medici e sono stati sottoposti a vari tratta-menti ma sempre con risultati scoraggianti.

BIBLIOGRAFIA

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69Teca rt erapia 2003

È noto che i pazienti che hanno subito un’amputazione, vannofrequentemente incontro a particolari disturbi della sensibilitàlocalizzati nella zona dell’arto mancante: da ciò deriva il nome diarto fantasma. L’arto fantasma è una conseguenza naturale delladeafferentazione (cioè quando le cellule cerebrali o spinali perdo-no le loro afferenze), che non presenta problemi terapeutici.Occasionalmente l’arto fantasma diventa sede di dolore intenso,ed in questo caso ciò costituisce un grave ostacolo al compimen-to di un percorso riabilitativo con protesi sull’amputato di arto. Imeccanismi che sono alla base dell’arto fantasma e dei fenomeniad esso correlati, sono ancora ipotetici.L’esperienza dell’arto fantasma varia considerevolmente, andandoda una precisa replica della parte del corpo persa, fino ad una sen-sazione transitoria, vaga, pruriginosa, formicolante, di parti delcorpo; a questo proposito, in base alle caratteristiche sotto ripor-tate si potranno avere sensazioni non sempre uniformi, variatee/o coesistenti che possono essere descritte come sensazioni cine-stesiche, esterocettive, cinetiche. Un cenno a parte merita il feno-meno del telescoping, fenomeno che si riferisce alla riduzione escomparsa nel tempo della sensazione di arto fantasma non dolo-roso; le dita della mano e del piede gradualmente si avvicinano almoncone fino a che il paziente le sente attaccate ad esso. Se com-pare il dolore dell’arto fantasma durante gli attacchi il pazientesente l’arto che gradualmente si allunga nuovamente. Nella mag-gior parte dei casi il dolore post amputazione, si attenua per poiscomparire nell’arco di due anni; circa un terzo dei pazienti peròmantiene inalterata la sensazione di dolore fantasma per moltianni.I trattamenti fino ad oggi proposti per questo tipo di problema(terapie mediche, tecniche di rilassamento e biofeedback, stimo-lazione elettrica transcutanea, blocco del simpatico paravertebra-le, terapia chirurgica etc.), non hanno dato risultati definitivi, inrelazione alle varie metodiche adottate.Presso il Centro Inail di Vigorso di Budrio, per trattare un artofantasma doloroso le terapie fisiche più usate sono state le terapieelettriche e la laserterapia oltre all’eventuale massaggio di scolla-

RI A S S U N TO

Questo studio è stato condotto

presso il Centro Protesi INAIL

di Vigorso di Budrio

con l’obiettivo di testare l’efficacia

della Tecarterapia nella riduzione

del dolore dell’arto fantasma.

Quarantun pazienti sottoposti

ad amputazione e con sindrome

dell’arto fantasma sono stati

suddivisi in due gruppi, uno

trattato con Tecarterapia e uno

trattato con TENS

I risultati hanno dimostrato

un’immediata e rilevante azione

terapeutica del trattamento Tecar

rispetto alla somministrazione

della TENS

D. Orlandini, G. Cavallari, A. Amoresano

Centro Protesi INAILVigorso di Budrio (Bologna)

ARTO FANTASMA DOLOROSO:

TRATTAMENTO CON

TECARTERAPIA E TENS

PA R O L E C H I AV E

Sindrome dell’arto fantasma,

analgesia.

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70 E V I D E N Z E C L I N I C H E

mento delle cicatrici all’apice del moncone; nel-l’ambito delle terapie elettriche sicuramente lapiù usata è la TENS, cioè Tr a n s c u t a n e o u sElectrical Nerve Stimulation, e questo per quat-tro motivi fondamentali:" L’effetto analgesico immediato (teoria del GateControl, con azione a livello midollare nellasostanza gelatinosa di Rolando ove si avrebbeun blocco della trasmissione del dolore dallaperiferia al SNC, teoria delle endorfine secondola quale un debole stimolo nocicettivo quale lacorrente elettrica impiegata provoch e r e b b elocalmente il rilascio di endorfine con conse-guente analgesia)." L’assenza di effetti collaterali riscontrati,soprattutto a livello cutaneo all’apice del mon-cone." La maneggevolezza degli apparecchi usati checonsentono l’utilizzo domiciliare e/o applica-zioni prolungate." Il costo accettabile delle sedute e degli appa-recchi portatili, ormai accessibili praticamente atutti.Gli elettrodi vengono applicati sui punti“Trigger” (il negativo sulle zone più dolenti e ilpositivo ad una distanza inferiore a 3 centimetrida esso nella target area) e l’intensità degliimpulsi viene regolata in base alla sensibilità delpaziente (formicolio).Una nuova terapia fisica basata sul trasferimentoenergetico tramite onda elettromagnetica sfrut-tando il contatto capacitivo e resistivo, chiamataTecarterapia a Trasferimento Energetico per con-tatto Capacitivo e Resistivo ha attirato la nostraattenzione dopo aver avuto notizia dei buonirisultati ottenuti nella terapia del dolore in medi-cina sportiva (Ist. Medicina dello Sport CONI-FMSI di Bologna) e nel trattamento delle cica-trici cutanee. Questa apparecchiatura, che genera onde radio abassa frequenza, (0,5 Mhz), utilizza il principiodel condensatore per attrarre o respingere alter-nativamente delle cariche elettriche all’internodel tessuto biologico contrapposto all’elettrodo

stesso; in tal modo grazie al principio di funzio-namento, richiamando energia dall’interno dellebiostrutture, vengono eliminati disidratazione esurriscaldamento dei tessuti e possono esseretrattati pazienti con artroprotesi od osteoprotesicon effetti biologici (microiperemia ed iperter-mia endogena) sia a livello dei tessuti molli chedei tessuti osteoraticolari. Anche nellaTecarterapia l’intensità delle applicazioni è cor-relata alla sensibilità del paziente che avverteuna sensazione di calore nei tessuti sottostantil’elettrodo; i due tipi di elettrodi possono essereutilizzati in sequenza anche all’interno dellastessa seduta:Elettrodo capacitivo, isolato; le cariche si adden-sano in prossimità dell’elettrodo che deve esseresempre tenuto in movimento (tessuti molli sot-tostanti). Elettrodo resistivo, non isolato; in questo caso lecariche si addensano tra l’elettrodo e il controe-lettrodo localizzandosi nei tessuti biologici piùresistivi (tendini, articolazioni e tessuto osseo).La vera novità di questa terapia è che non vieneutilizzato un campo magnetico per creare ungeneratore di corrente secondario all’interno deitessuti, bensì utilizzando il principio del con-densatore, si crea un movimento di cariche elet-triche all’interno del tessuto biologico stesso(corrente capacitiva di spostamento) con la pos-sibilità di trattare tutti i piani del tessuto biolo-gico tanto in superficie che in profondità agen-do in modo selettivo sia sui tessuti molli che sultessuto osteoarticolare.Il trasferimento energetico per contatto capaciti-vo e resistivo nei tessuti biologici, a secondadella potenza erogata, ha diversi effetti:" Effetti a basso livello (atermico): con potenzaerogata ai minimi livelli si ha biostimolazioneper aumento delle trasformazioni energeticheendocellulari (ADP in ATP) con incremento delconsumo di ossigeno per aumento dei processiproliferativi." Effetti a medio livello (moderatamente termi-co): oltre agli effetti precedenti avremo microi-

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71Teca rt erapia 2003

peremia capillare e precapillare indotta dallarichiesta di ossigeno da parte dei tessuti, inoltrenella zona controllata dall’elettrodo attivo isolato." Effetti ad alto livello (francamente termico):nelle zone trattate oltre all’azione di biostimola-zione a livello cellulare si aggiunge iperafflussoematico, vasodilatazione e aumento del drenag-gio linfatico.Usando l’elettrodo resistivo si è in grado di otte-nere gli stessi effetti a livello del tessuto osseo,con un coinvolgimento tridimensionale del seg-mento trattato.

MATERIALI E METODI

Sono stati trattati 40 pazienti amputati con sin-drome dell’arto fantasma doloroso ricoveratipresso il Centro Protesi di Vigorso di Budriosuddivisi in due gruppi: il 1° gruppo di 20pazienti di età compresa tra i 27 e gli 84 anni(media 55,35), è stato trattato con Tecarterapia, ilsecondo gruppo di 20 pazienti con età compre-sa tra i 19 e i 78 anni (media: 51,05) è stato trat-tato con TENS.Ogni paziente è stato valutato dal punto di vista

A

N

N

I

P A Z I E N T I

D I S T R I B U Z I O N E E T À P A Z I E N T I T R AT TA T I C O N T E C A R T E R A P I A

E T À P A Z I E N T I T E N S

A N N I

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72 E V I D E N Z E C L I N I C H E

clinico e sintomatologico; all’ingresso è stataeffettuata la misurazione del dolore all’arto fan-tasma con scala di Scott-Huskinsson (VAS) convalori da 0 a10 (dolore assente, massimo dolore);è stato quindi programmato trattamento conTecarterapia a cadenza giornaliera, della duratadi 30 minuti e con elettrodo prima capacitivo(15 min.) e poi resistivo (15 min.) oppure conTENS, sempre sedute giornaliere di 30 minuti.Le applicazioni comprendevano sia l’apice delmoncone che le radici sensitive lungo il lorodecorso fino all’emergenza midollare. Al termi-ne del trattamento è stata riproposta la valuta-zione con scala VAS a seguito di breve colloquioindividuale con i pazienti e i risultati sono quin-di stati messi a confronto.

RISULTATI

Come si vede dai grafici ottenuti, anche seentrambi i gruppi di pazienti nella maggior partedei casi hanno ottenuto un notevole migliora-mento dalla terapia fisica effettuata, il gruppotrattato con Tecarterapia ha avuto una discretariduzione del dolore soggettivo, in alcuni casiaddirittura la scomparsa. In particolare, nel gruppo trattato con la TENSsi partiva da un VAS medio di 8,15 e al terminedel ciclo si è ottenuta una media di VAS pari a3,305; per contro nel gruppo trattato con laTecar si è partiti da un VAS medio di 8,365prima della terapia per arrivare ad un VAS mediofinale pari a 2,255.

C O N F R O N T O V A S C O N T E C A R T E R A P I A

PAZIENTI

VALORE VAS

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73Teca rt erapia 2003

R I S U LTA T I P A Z I E N T I T R A T TAT I C O N T E N S

I N D I C E V A S

R I S U L TA T I T R AT T A M E N T O C O N T E C A R T E R A P I A

I N D I C E V A S

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74 E V I D E N Z E C L I N I C H E

A seguito dei colloqui effettuati con i pazientisono emersi inoltre altri dati interessanti: se siosservano bene i grafici, si può notare che imiglioramenti più evidenti sono stati ottenuti daalcuni pazienti che partivano da un indice didolore pari a 10 o comunque molto alto; inoltreabbiamo notato che mentre con la Tecarterapia imiglioramenti sono stati evidenti sin dalle primesedute (in alcuni casi dalla prima), con la TENSsono iniziati dalla 5a-7a seduta. Il motivo di queste differenze a nostro avviso èlegato a diversi fattori: rispetto alla TENS, cheagisce esclusivamente come elettroanalgesia, laTecarterapia ha un’azione più generale sul mon-cone; dopo ogni seduta i tessuti e le cicatricirisultano più elastici, è presente una lieve ipere-mia con conseguente migliore ossigenazione deitessuti e, cosa molto importante, si instaura unrapporto più stretto con il terapista che ognigiorno dedica 30 minuti al paziente applicandol’elettrodo sulla regione dolente con un leggeromassaggio.

CONCLUSIONI

L’utilizzo della Tecarterapia ha dimostrato,rispetto alla TENS, un’azione terapeutica anal-gesica più rilevante e immediata nel trattamentoa breve termine del dolore da arto fantasma;questo è certamente dovuto alla netta diversitàdelle energie impiegate per il trattamento deimonconi. Naturalmente la casistica presentata non è moltovasta, ma pensiamo valga la pena continuare atrattare i pazienti affetti da sindrome dell’artofantasma doloroso con la Tecarterapia ed even-tualmente variare i protocolli impiegati per otte-nere un risultato ottimale, sfruttando interamen-te le risorse e le potenzialità dello strumento.Questo perché nel training di addestramentoall’utilizzo della protesi, è molto importanteottenere rapidamente un’attenuazione del dolo-re, che consentirà al paziente migliorando lacenestesi generale, di concentrare le sue energie

sugli aspetti puramente riabilitativi legati all’ad-destramento protesico.Per quel che riguarda la valutazione della stabi-lità nel tempo dei risultati ottenuti con la som-ministrazione di Tecarterapia e TENS, non èstato concluso uno studio di follow-up, suffi-cientemente affidabile su questo primo gruppodi casi studio, per cui si rinvia a lavori successivil’approfondimento di questo aspetto del proble-ma.

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75Teca rt erapia 2003

I risultati incoraggianti ottenuti con l’impiego della Tecarterapia nelle patologie artico-lari e muscolari acute e croniche, grazie alla stimolazione della circolazione e all’attiva-zione rapida dei naturali processi riparativi dei tessuti, hanno indirizzato l’interesse deiclinici verso indagini esplorative in altri settori della medicina: l’oftalmologia, l’oncolo-gia, la dermatologia, la broncopneumologia, la flebolinfologia.

Proprio quest’ultima patologia, per la quale non esistono né sul piano farmacologico,né sul piano fisioterapico trattamenti di sicura efficacia, la Tecarterapia è stata oggettodi numerosi studi clinici italiani, di cui ne riportiamo uno, recentissimo, condotto pres-so l’Unità Operativa di Chirurgia Vascolare Arcispedale di Sant’Anna di Ferrara, sotto ilcontrollo del professor Gasbarro.

Al proposito possiamo dire che l’assenza degli effetti collaterali, e la rapidità con laquale la circolazione sanguigna si riattiva aprono prospettive di trattamento non con-venzionale interessanti. Ma si tratta solo di un felice esempio di applicazione dellaTecarterapia in patologie, che esulano dal suo più conosciuto utilizzo in ortopedia efisiatria: campi già esplorati con successo ai quali si aggiungeranno quelli ancora in fasedi esplorazione.

VERSO NUOVI ORIZZONTI:

IL TRATTAMENTO

DI ALTRE PATOLOGIE

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76 E V I D E N Z E C L I N I C H E

RI A S S U N TO

PA R O L E C H I AV E

TECARTERAPIA NEI LINFEDEMI DEGLI ARTI:

INDICAZIONI, PRIME APPLICAZIONI CLINICHE

E RISULTATI

V. Gasbarro, C. Medini, A.Cataldi, R. Soverini, P.Teutonico.

Unità Operativa di Chirurgia VascolareArcispedale S.Anna Ferrara

La tecnologia biomedica ha raggiunto un importantissimo traguardo: la scoperta di un metodo assolutamente rivo-

luzionario, la TECARTERAPIA, destinato a diventare un ausilio terapeutico indispensabile nella patologia trau-

matologica non chirurgica, nella terapia del dolore, nella flebolinfologia e nella medicina estetica.

Sinteticamente si tratta di un’apparecchiatura a radiofrequenze che utilizza un segnale di frequenza relativamente

basso, 0,5 Mhz, e sfrutta per il trasferimento energetico un principio del tutto nuovo e originale mediante il quale

richiama energia dall’interno delle biostrutture in modo omogeneo.

Questo ha consentito di velocizzare i risultati terapeutici, evitando alcuni effetti collaterali tipici delle terapie radian-

ti. L’azione si svolge in modo semplice e rapido, coinvolgendo in maniera omogenea e selettiva sia gli strati profondi

che superficiali del tessuto e si traduce in:

" riequilibrio del potenziale elettrico della membrana cellulare e del glicocalice

" riequilibrio dei processi elettrici che regolano il passaggio gel/sol della matrice

" incremento della temperatura, prodotto dal movimento degli elettroliti tissutali, che si propaga dall’interno del tes-

suto stesso verso la superficie cutanea, contribuendo alla dinamica dei processi rigenerativi.

Sulla scorta di queste premesse, abbiamo condotto uno studio clinico e strumentale al fine di verificarne l’efficacia nei

pazienti affetti da linfedema degli arti. I risultati ottenuti su un numero di 20 pazienti, hanno confermato che tale

principio potrà avere un ruolo importante nel trattamento di una patologia così complessa e difficile.

Flebolinfologia, linfedema

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77Teca rt erapia 2003

PRINCIPI FISICI DELLA TECAR

Il sistema TECAR (acronimo di TrasferimentoEnergetico Capacitivo e Resistivo) si basa su unprincipio molto noto in fisica e in elettrologiache però trova per la prima volta un’applicazio-ne biologica: il trasferimento energetico per con-tatto capacitivo e resistivo. Questo sistema ha consentito di raggiungererisultati terapeutici estremamente rapidi evitan-do alcuni effetti collaterali tipici delle terapieradianti. L'ulteriore valutazione dellaTecarterapia riguarda gli aspetti bioelettrici per iquali è possibile formulare solo delle ipotesi distudio, mancando ancora una letteratura di datiscientifici al riguardo.Dal punto di vista dell’ultrastruttura l’azione sisvolge in modo semplice e rapido e si traduce in:! Riequilibrio del potenziale elettrico dellamembrana cellulare e del glicocalice. Il glicocali-ce, importante elemento della struttura dellamembrana cellulare, è dotato di un propriopotenziale, detto potenziale z, che ha unaimportanza decisiva per la trasmissione diretta diinformazioni al citoscheletro (filtraggio delleinformazioni, attivazione dei secondi messagge-ri citoplasmatici cAMP e cGMP, ecc.).! Riequilibrio dei processi elettrici che regolanoil passaggio gel/sol della matrice extracellulare.Il tutto è reso possibile da una variazionemomentanea della carica elettrica dei proteogli-cani, componenti fondamentali della matrice,che hanno le proprietà dei gel tixotropici, cioè ingrado di riassumere lo stato fisico iniziale unavolta tolto l’insulto stesso e opportunamente sti-molati.! Incremento della temperatura, conseguenzadel movimento degli elettroliti tissutali, che sipropaga dall’interno del tessuto stesso verso lasuperficie cutanea. Questa termogenesi profon-da permette il manifestarsi di una efficace azio-ne biostimolante sulle soglie energetiche dei pro-cessi metabolici ultrastrutturali e produce, siadirettamente sia attraverso la stimolazione delle

terminazioni nervose e dei mediatori chimici,una vasodilatazione.

EFFETTI CLINICI DELLA TECAR

Dal punto di vista biologico l’effetto può esseresintetizzato in un’azione fondamentale:Sviluppo di una Endotermia profonda ed omo-genea in grado di riossigenare velocemente i tes-suti sofferenti attraverso l’attivazione del micro-circolo.Si ottiene così uno spiccato aumento del flussosanguigno e linfatico con una pronta rimozionedei cataboliti pre-infiammatori e una precoceriossigenazione dei tessuti lesi.Ne consegue una immediata riduzione del dolo-re che si mantiene nel tempo, grazie alla attiva-zione dei processi riparativi connessi all’aumen-to del metabolismo cellulare distrettuale.Tali effetti sono modulabili attraverso differentilivelli di potenza consentendo all’operatore uncompleto monitoraggio del trattamento. Da notare che l’effetto termico, essendo propor-zionale all’intensità delle correnti di spostamen-to, non raggiunge mai livelli dannosi.Questi effetti sono stati comprovati dagli studiclinici e offrono prospettive molto promettentiin campo fisioterapico e riabilitativo data l’effi-cacia terapeutica di questa metodica sul sintomodoloroso e sull’impotenza funzionale la cui rapi-da remissione permette di anticipare i tempi diinizio delle manovre riabilitative specifiche.

MATERIALI E METODI

Presso la U.O di Chirurgia Vascolare di Ferrara,sono stati valutati 20 pazienti con età compresatra i 18 e 40 anni, affetti da linfedema congenitomonolaterale dell’arto inferiore. Tutti i pazientisono stati esaminati, prima dell’arruolamento,con un esame clinico accurato ed esami stru-mentali (linfoscintigrafia, ecografia tessuti molli,ecodoppler). Venivano determinati prima del-l’applicazione con Tecar sia la circonferenza, sia

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78 E V I D E N Z E C L I N I C H E

gli spessori ecografici in determinati punti del-l’arto inferiore affetto. I pazienti compilavanoun modulo per la qualità della vita con specifi-che domande riguardo al loro stato e all’applica-bilità della macchina. Il grado di linfedema era tra il II e III stadiosecondo la classificazione clinica operativa.L’ecografia veniva effettuata con sonda da 7,5MHz con apparecchio tipo ACUSON 128 X10.I parametri ecografici presi in considerazionesono stati: lo spessore del tessuto sottocutaneo,la presenza di ipoecogenicità nel sottocute(espressione di linfa libera), la variazione di con-sistenza tissutale espressa come il rapporto tra lacompressione che la sonda esplicava al massimosul punto di valutazione (A) e il valore con com-pressione zero (B), utilizzando uno spessoreecografico per migliorare la rilevazione dell’in-terfaccia sonda-cute. Abbiamo preso in considerazione le trabecola-ture interstiziali che in questi stadi si presentanoispessite ed iperecogeniche e se ne è valutato illoro spessore in millimetri e la loro disposizionegeometrica. Con un mapping ecografico dell’ar-to si sono osservate le aree di maggiore fibrosi edi maggior accumulo linfatico e si è rivalutato lostesso dopo applicazione della metodica.L’applicazione della Tecarterapia è stata effettua-ta seguendo le vie del drenaggio linfatico, asso-ciando così sia il beneficio del drenaggio linfati-co manuale, in questo caso effettuato con glielettrodi resistivi e capacitativi, sia l’energiaapplicata dalla macchina. Lo zero veniva effet-tuato trattando i pazienti (gruppo 0) prima dellametodica vera è propria con il solo drenaggiolinfatico manuale con elettrodi senza applica-zione della corrente. Per applicazione secondo gli schemi correnti deldrenaggio linfatico manuale (D.L.M.) si intendeil seguire le fasi principali di detta applicazioneovvero: preparazione delle stazioni linfonodalicentrali e periferiche e successivo drenaggioverso questi linfocentri seguendo le vie di flussolinfatico e prevalendo sulle aree di maggior

accumulo linfatico. L’applicazione della Tecarterapia era compresatra i 50 ed i 60 minuti e il ciclo era ripetuto 2volte la settimana per 2 mesi. Lo studio è stato protratto per 2 anni per valu-tare eventuali effetti negativi a distanza nell’ap-plicazione di questa metodica. La macchina per la Tecarterapia presenta una fre-quenza di lavoro di 485 KHZ ± 5 % , con unapotenza di uscita con elettrodo capacitivo di235W sopra i 1000 Ohm e di 200 Watt sopra i47 Ohm (elettrodo resistivo). La tensione effica-ce di uscita con elettrodo resistivo con cariconormale è di 100Volt, mentre la tensione effica-ce con un carico normale è di 485Volt (elettro-do capacitativo). Durante l’applicazione vieneutilizzata una specifica pasta elettrolitica. L’analisi statistica è stata effettuata con ilGraphPad Prism ®.

RISULTATI E CONCLUSIONI

I risultati sono molto interessanti in quanto intutti i pazienti si è osservato alla fine di ogniapplicazione sia la riduzione della circonferenza(1,1 ± 0,6 cm) sia la riduzione degli spessori eco-grafici (0,45 ± 0,32 cm). Dopo il ciclo di tratta-mento si è osservato in ogni paziente un miglio-ramento della consistenza dell’arto trattato condiminuzione del rapporto ecografico a livellomediale del terzo medio di coscia e di gamba(Tabella 1).Si è osservata inoltre la netta diminuzione del-l’edema sovrafasciale in queste sedi (Tabella 2).Riguardo alla trabecolatura interstiziale si èosservata in pratica una omogeneizzazione delsottocute nelle sedi dove le trabecole superava-no il millimetro, con netta riduzione dei tralcifibrotici in tutti i casi (Figure 1 e 2).I pazienti hanno espresso un parere positivo alivello dell’applicazione con il massimo del pun-teggio riguardo all’applicazione (scala da 0 perinsoddisfazione totale a 10 per massima gratifi-cazione). Alla domanda se questa terapia era

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COSCIA (p<0,05)

GAMBA (p<0,05)

PRIMA

15,32 ± 11,5 mm

11,24 ± 9,32 mm

DOPO

3,5 ± 8,6 mm

2,34 ± 7,1 mm

TABELLA 2- RIDUZIONE DELL’EDEMA SOVRAFASCIALE A LIVELLO DEL 1/3 MEDIO DI COSCIA

E DEL 1/3 MEDIO DI GAMBA.

79Teca rt erapia 2003

migliore rispetto al drenaggio linfatico manualeil parere è stato intorno ad 8. Non sono stati osservati effetti collaterali duran-te l’applicazione. Un elemento che si osservadopo il drenaggio linfatico manuale è quello diun aumentata diuresi che si protrae durante lanotte, in pazienti senza altre patologie concomi-tanti. In questi casi si è osservato un quadrosovrapponibile, in quanto tutti i pazienti aveva-no effettuato in precedenza dei cicli di drenag-gio linfatico manuale sec. Vodder o Leduc.Il mapping linfatico era completamente sovver-

tito con scomparsa dei laghi linfatici dove pre-senti, ridistribuzione della linfa con aumento diattività a livello dei linfonodi nelle sedute suc-cessive. Al termine di questo lavoro clinico si può espri-mere un parere positivo nell’applicabilità dellametodica Tecar nel linfedema, parere che è giàcondiviso in campo sportivo-traumatologico eriabilitativo dove già da vari anni è applicata. La soddisfazione dei pazienti all’applicazionedella metodica, il miglioramento dei dati stru-mentali la propongono come metodica alterna-

COSCIA (p=0,01)

GAMBA (p=0,01)

PRIMA

1,45 ± 0,13

1,12 ± 0,09

DOPO

1,6 ± 0,12

1,3 ± 0,1

TABELLA 1- VALUTAZIONE DEL VALORE DEI RAPPORTI (A/B) A LIVELLO DEL 1/3 MEDIO DI COSCIA

E DEL 1/3 MEDIO DI GAMBA.

Figure. 1-2 A destra, prima del trattamento, a sinistra dopo trattamento.

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80 E V I D E N Z E C L I N I C H E

tiva al trattamento del paziente con linfedema. Le azioni esplicate si esprimono in sintesi suquattro livelli tissutali:" azione sul microcircolo," azione sugli adipociti," azione sul gel mucopolisaccaridico," azione sulla trama interstiziale.Azione sul microcircolo: la Tecarterapia stimolauna microiperemia che consente di superare ildeficit arterio-arteriolare e di incrementare lavelocità di flusso nei capillari. In questo modo viene risolta la stasi microcirco-latoria e regredisce l’inondazione edematosa del-l’interstizio.Azione sugli adipociti: la ripresa del microcircoloinnalza il gradiente termico ed enzimatico, riat-tivando così la lipolisi. Inoltre l’attrito provocato dalle correnti di spo-stamento prodotte dalle cariche ioniche in movi-mento all’interno del tessuto, produce unaumento localizzato e omogeneo della tempera-tura, che ripristina il normale turn-over atto amantenere sempre qualitativamente giovane ilgrasso contenuto negli adipociti.Azione sul gel mucopolisaccaridico: restituisce lacorretta fluidità al gel sia intervenendo sullesostanze che lo compongono, sia ripristinandola selettività di membrana che regola l’osmosi frai compartimenti endoluminale, vasale e intersti-ziale.Azione sulla trama interstiziale: aumentando latemperatura riduce la compatezza delle fibreconnettivali con conseguente riduzione dell’eco-genicità, e conseguente miglioramento degliscambi microcircolatori e cellulari poiché èlungo le travate di sostegno che questi si eplica-no fisiologicamente.Come già citato, il rapporto dei pazienti con lamacchina ed il beneficio ottenuto è notevole:infatti tutti hanno espresso un parere moltofavorevole alla metodica. La cessione di energiabiocompatibile, attiva sulle soglie energetichedel metabolismo cellulare e subcellulare, l’effica-cia terapeutica anche sui tessuti poco reattivi per

la loro natura fibrotica e resistente ai trattamen-ti e la specificità di azione in base alla tipologiadel tessuto offrono una nuova prospettiva diapplicazione in questa grave patologia.

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