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Luigi Pirandello Mal giocondo www.liberliber.it Luigi Pirandello Mal giocondo www.liberliber.it

E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

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Page 1: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

Luigi PirandelloMal giocondo

www.liberliber.it

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Questo e-book è stato realizzato anche grazie al so-stegno di:

E-textWeb design, Editoria, Multimedia

(pubblica il tuo libro, o crea il tuo sito con E-text!)http://www.e-text.it/

QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Mal giocondoAUTORE: Pirandello, LuigiTRADUTTORE: CURATORE: NOTE:

CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

TRATTO DA: Mal giocondo / Luigi Pirandello. – Paler-mo : Libreria internazionale L. Pedone Lauriel di C.Clausen, 1889 (Palermo : Tipografia Michele Amenta).– 220 p. ; 16 cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 25 ottobre 2017

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa

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TITOLO: Mal giocondoAUTORE: Pirandello, LuigiTRADUTTORE: CURATORE: NOTE:

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DIRITTI D'AUTORE: no

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TRATTO DA: Mal giocondo / Luigi Pirandello. – Paler-mo : Libreria internazionale L. Pedone Lauriel di C.Clausen, 1889 (Palermo : Tipografia Michele Amenta).– 220 p. ; 16 cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 25 ottobre 2017

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1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:POE000000 POESIA / Generale

DIGITALIZZAZIONE:Alyssa Violle

REVISIONE:Paolo Oliva, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Alyssa Violle

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

Informazioni sul "progetto Manuzio"Il "progetto Manuzio" è una iniziativa dell'associa-zione culturale Liber Liber. Aperto a chiunque vo-glia collaborare, si pone come scopo la pubblicazio-ne e la diffusione gratuita di opere letterarie informato elettronico. Ulteriori informazioni sono di-sponibili sul sito Internet:http://www.liberliber.it/

Aiuta anche tu il "progetto Manuzio"Se questo "libro elettronico" è stato di tuo gradi-mento, o se condividi le finalità del "progetto Ma-nuzio", invia una donazione a Liber Liber. Il tuosostegno ci aiuterà a far crescere ulteriormente lanostra biblioteca. Qui le istruzioni:http://www.liberliber.it/online/aiuta/

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Indice generale

I. Peristi? In vano te da le pagine....................................9ROMANZI....................................................................12I. Come tenace auriga antico, il quale..........................13II. Udite. Da le pagine immortali..................................14III. Parve un sublime incendio del cielo.......................20IV. Quasi cristallo liquido ondeggiante........................21V. Il paese che un dì sognai, del mondo.......................24VI. Un canto a l'Armonia..............................................26VII. Col primo raggio del mattin d'aprile.....................32VIII. Saturno la tua favola crudele...............................34IX. O messer Lodovico, in su ’l cimiero......................35X. Andiamo altrove. Qui, tra queste mura....................39XI. O superbi dei pubblici giardini...............................41XII. Quale di rose pioggia purissima............................43XIII. Giacea sul verginal letto la pia:............................45XIV. Scendea pensosa l'ampia scalinata.......................47XV. Quando ella sola, o mar perfido e bello.................48ALLEGRE....................................................................50I. Chi vorrà comprare le mie nuvole?...........................51II. Tu m'hai tessuto, o Diva, come serico velo..............53III. «T'abbia in grazia Minerva, o Imperatore..............55IV. Io non so che bestie sieno.......................................58V. Tu che a l'amico Massimo Gilorda...........................60VI. Già di ritorno, stagione dei fiori.............................63VII. Su i prim'anni ancora tenero..................................66

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Indice generale

I. Peristi? In vano te da le pagine....................................9ROMANZI....................................................................12I. Come tenace auriga antico, il quale..........................13II. Udite. Da le pagine immortali..................................14III. Parve un sublime incendio del cielo.......................20IV. Quasi cristallo liquido ondeggiante........................21V. Il paese che un dì sognai, del mondo.......................24VI. Un canto a l'Armonia..............................................26VII. Col primo raggio del mattin d'aprile.....................32VIII. Saturno la tua favola crudele...............................34IX. O messer Lodovico, in su ’l cimiero......................35X. Andiamo altrove. Qui, tra queste mura....................39XI. O superbi dei pubblici giardini...............................41XII. Quale di rose pioggia purissima............................43XIII. Giacea sul verginal letto la pia:............................45XIV. Scendea pensosa l'ampia scalinata.......................47XV. Quando ella sola, o mar perfido e bello.................48ALLEGRE....................................................................50I. Chi vorrà comprare le mie nuvole?...........................51II. Tu m'hai tessuto, o Diva, come serico velo..............53III. «T'abbia in grazia Minerva, o Imperatore..............55IV. Io non so che bestie sieno.......................................58V. Tu che a l'amico Massimo Gilorda...........................60VI. Già di ritorno, stagione dei fiori.............................63VII. Su i prim'anni ancora tenero..................................66

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VIII. Poi che Pompea, l'adultera, a le voglie................69IX. Una vecchia parente e la figliuola..........................70X. Un coperchio di vecchia casseruola.........................72XI. Mi ronzano intorno a le orecchie............................74XII. O del pianeta Giove abitatore................................76XIII. La mia vicina, su 'l mattin d'aprile.......................78INTERMEZZO LIETO................................................81I. Naviga lenta pei silenzi arcani..................................82II. Passammo ne la notte profumata.............................84III. Tale mi vien da te sana fortezza..............................86IV. Tra il cupo verde l'ultime........................................87V. Grato, o Lina, non più suona l'invito........................89VI. Da la stanza terrena, ove il mio vecchio.................93VII. Io ti sento io ti sento tra queste acute spine...........96VIII. Teco sogno passar per la memoria.......................98MOMENTANEE........................................................100I. Dolci voci lontane...................................................101II. Quasi sottil ferita rilucente.....................................103III. Quando le lungo faticate vene..............................104IV. Ogni attimo che fugge m'ammaestra....................105V. Si come donna, cui non più desio...........................106VI. Sento ne l'amarezza quanto la vita vale................107VII. Dal dì che il dio racchiuso...................................108VIII. Eterno, eterno, eterno.........................................109IX. Dolce da Monte Porzio il rimirare........................111X. Fuggono i giorni miei sì come accolti...................112XI. Ne la primaveril molle quiete...............................113XII. Vorrei veder bandiere a ogni balcone..................114XIII. Stanco di dare quasi preda al vento....................115

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VIII. Poi che Pompea, l'adultera, a le voglie................69IX. Una vecchia parente e la figliuola..........................70X. Un coperchio di vecchia casseruola.........................72XI. Mi ronzano intorno a le orecchie............................74XII. O del pianeta Giove abitatore................................76XIII. La mia vicina, su 'l mattin d'aprile.......................78INTERMEZZO LIETO................................................81I. Naviga lenta pei silenzi arcani..................................82II. Passammo ne la notte profumata.............................84III. Tale mi vien da te sana fortezza..............................86IV. Tra il cupo verde l'ultime........................................87V. Grato, o Lina, non più suona l'invito........................89VI. Da la stanza terrena, ove il mio vecchio.................93VII. Io ti sento io ti sento tra queste acute spine...........96VIII. Teco sogno passar per la memoria.......................98MOMENTANEE........................................................100I. Dolci voci lontane...................................................101II. Quasi sottil ferita rilucente.....................................103III. Quando le lungo faticate vene..............................104IV. Ogni attimo che fugge m'ammaestra....................105V. Si come donna, cui non più desio...........................106VI. Sento ne l'amarezza quanto la vita vale................107VII. Dal dì che il dio racchiuso...................................108VIII. Eterno, eterno, eterno.........................................109IX. Dolce da Monte Porzio il rimirare........................111X. Fuggono i giorni miei sì come accolti...................112XI. Ne la primaveril molle quiete...............................113XII. Vorrei veder bandiere a ogni balcone..................114XIII. Stanco di dare quasi preda al vento....................115

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Page 6: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

XIV. Pe ’l cielo, su le tacite case buie.........................116XV. Sono, io dico, come un uomo che si sia..............117XVI. Su ’l piano, a la furia del vento..........................118TRISTE.......................................................................119I. Bruciai le vecchie carte. Or via, l'alacre..................120II. Ecco la folla. – Chierici e beoni.............................121III. Godi, o mia carne, fino a che perdura...................122IV. O le parrucche de la gente seria!...........................123V. Era la notte e su dal Celio ponte.............................124VI. Vecchia, che segui presso il davanzale.................128VII. Fori: un fanale e nel cristallo opaco....................130VIII. Sono a la mia finestra al quinto piano...............133IX. È troppo poco un secolo. Mill'anni.......................136SOLITARIA...............................................................139

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XIV. Pe ’l cielo, su le tacite case buie.........................116XV. Sono, io dico, come un uomo che si sia..............117XVI. Su ’l piano, a la furia del vento..........................118TRISTE.......................................................................119I. Bruciai le vecchie carte. Or via, l'alacre..................120II. Ecco la folla. – Chierici e beoni.............................121III. Godi, o mia carne, fino a che perdura...................122IV. O le parrucche de la gente seria!...........................123V. Era la notte e su dal Celio ponte.............................124VI. Vecchia, che segui presso il davanzale.................128VII. Fori: un fanale e nel cristallo opaco....................130VIII. Sono a la mia finestra al quinto piano...............133IX. È troppo poco un secolo. Mill'anni.......................136SOLITARIA...............................................................139

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LUIGI PIRANDELLO

Mal giocondo

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LUIGI PIRANDELLO

Mal giocondo

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a l'Eletta

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a l'Eletta

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I. Peristi? In vano te da le pagine

Peristi? In vano te da le paginesacre richiamo dunque, o purissimoamore di tempi lontani,vergin diva, tra gli uomini novi?

In vano, o vergin greca, la limpidatua voce chiamo su le marmoreefidiache labbra del tuo simulacro, da secoli muta?

Mutaro i tempi. L'antico genio,li antichi affetti già un fiero turbineincalza da l'imo, e respingeacre, fuor de la vita, ventando.

Al suo gagliardo soffio già crollanole vecchie sedi (son chiese e reggie)e tanta rovina recentecon vïolenta furia pervade

soverchiatrice onda di popolo,che spezza e abbatte, che freme e s'agitaal fin di sua possa cosciente,reclamante il suo dritto a la vita.

I dolci inganni che tu, pia vergine,

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I. Peristi? In vano te da le pagine

Peristi? In vano te da le paginesacre richiamo dunque, o purissimoamore di tempi lontani,vergin diva, tra gli uomini novi?

In vano, o vergin greca, la limpidatua voce chiamo su le marmoreefidiache labbra del tuo simulacro, da secoli muta?

Mutaro i tempi. L'antico genio,li antichi affetti già un fiero turbineincalza da l'imo, e respingeacre, fuor de la vita, ventando.

Al suo gagliardo soffio già crollanole vecchie sedi (son chiese e reggie)e tanta rovina recentecon vïolenta furia pervade

soverchiatrice onda di popolo,che spezza e abbatte, che freme e s'agitaal fin di sua possa cosciente,reclamante il suo dritto a la vita.

I dolci inganni che tu, pia vergine,

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sì come pioggia di rose rorideda grembo divino pioventesu l'umane sciagure, ne davi,

ha già spogliato, severa e rigida,d'ogni lor verde, una novissimaiddia da gli occhi di falcoscrutatrice ostinata del vero.

Per lei l'antica vista (o del secoloinestimabil trionfo e gloria)il mondo ha cangiato, e più intensaride agli uomini e varia la vita.

Ecco: lontane genti in un attimohanno di loro casi notizia:l'umana fraterna parolaper metalliche fila trascorre.

Per lei su terre su fiumi e oceani,solo una patria del globo agli uominifacendo, in attivo commerciovittorioso vola il vapore.

Per lei più eque leggi correggonole nove genti, per lei l'industries'accendono, agli uopi traendode la comune madre i tesori.

E lei dovunque, iddia benefica,

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sì come pioggia di rose rorideda grembo divino pioventesu l'umane sciagure, ne davi,

ha già spogliato, severa e rigida,d'ogni lor verde, una novissimaiddia da gli occhi di falcoscrutatrice ostinata del vero.

Per lei l'antica vista (o del secoloinestimabil trionfo e gloria)il mondo ha cangiato, e più intensaride agli uomini e varia la vita.

Ecco: lontane genti in un attimohanno di loro casi notizia:l'umana fraterna parolaper metalliche fila trascorre.

Per lei su terre su fiumi e oceani,solo una patria del globo agli uominifacendo, in attivo commerciovittorioso vola il vapore.

Per lei più eque leggi correggonole nove genti, per lei l'industries'accendono, agli uopi traendode la comune madre i tesori.

E lei dovunque, iddia benefica,

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ne le parole nostre, ne l'aria,in seno al domestico lare,ovunque, sentiamo presente.

Ma tu fra noi, divina vergine,tu da l'Olimpo sacro de gli Elleni,fra noi, sol ne l'ozio invocata,scenderai, con incesso di dea?

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ne le parole nostre, ne l'aria,in seno al domestico lare,ovunque, sentiamo presente.

Ma tu fra noi, divina vergine,tu da l'Olimpo sacro de gli Elleni,fra noi, sol ne l'ozio invocata,scenderai, con incesso di dea?

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ROMANZI

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ROMANZI

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I. Come tenace auriga antico, il quale

Come tenace auriga antico, il qualesu l'agil biga per lungo discorsofrenò l'ardor de l'arabo animale,subitamente, fatto arco del dorso,i freni allenta e aizza con vocalesprone la coppia dei focosi al corso,e va, che par saetta, e scossa polvelontano in una nube aurea l'involve;

tale il teso a fuggire interno duolo,sciolto a la fantasia l'ala gioconda,pe 'l fantastico ciel mi caccio a volo;e la nube dei sogni mi confonda.

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I. Come tenace auriga antico, il quale

Come tenace auriga antico, il qualesu l'agil biga per lungo discorsofrenò l'ardor de l'arabo animale,subitamente, fatto arco del dorso,i freni allenta e aizza con vocalesprone la coppia dei focosi al corso,e va, che par saetta, e scossa polvelontano in una nube aurea l'involve;

tale il teso a fuggire interno duolo,sciolto a la fantasia l'ala gioconda,pe 'l fantastico ciel mi caccio a volo;e la nube dei sogni mi confonda.

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II. Udite. Da le pagine immortali

Udite. Da le pagine immortalidel divin Ferrarese a raccontareuna diversa favola di straniversi a voi vengo.

Vi condurrò sotto un velame anticoa intender novo caso e nova pena.Chi nel giovin ch'io fingo sè vedesse,mesto acconsenta.

Corse infrequenti vie spronando a sanguel'animoso destrier fiero annitrentein fuga impetuosa, erte le orecchie,le nari ansanti.

Valli dal verno desolate corsee inculti piani sterminati e soli,fiumi guadò, valicò monti, ignarodel suo viaggio.

Ira di tempo o sorriso d'aprilegià mai no 'l vinse o gli allentò la furia:Sprone d'insani desideri avantisempre lo spinse.

L'inseguiron pe ’l ciel nuvole fosche,

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II. Udite. Da le pagine immortali

Udite. Da le pagine immortalidel divin Ferrarese a raccontareuna diversa favola di straniversi a voi vengo.

Vi condurrò sotto un velame anticoa intender novo caso e nova pena.Chi nel giovin ch'io fingo sè vedesse,mesto acconsenta.

Corse infrequenti vie spronando a sanguel'animoso destrier fiero annitrentein fuga impetuosa, erte le orecchie,le nari ansanti.

Valli dal verno desolate corsee inculti piani sterminati e soli,fiumi guadò, valicò monti, ignarodel suo viaggio.

Ira di tempo o sorriso d'aprilegià mai no 'l vinse o gli allentò la furia:Sprone d'insani desideri avantisempre lo spinse.

L'inseguiron pe ’l ciel nuvole fosche,

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Page 15: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

quasi a gittar su lui funereo manto;e a lui sempre atterrita eco rispose,nunzia di morte.

Raccolse al suo passar grida e sospiridi genti grame, e mestizie profondedi offesi campi da i venti autunnalial verde infesti.

E gonfio il petto d'angosciose penesenza mai posa andò, come rapitodietro un fantasma innanzi a lui fuggente,lusingatore.

Andò fin che a la furia il generosoanimale non giacque: allor fermossi,compreso ancor da l'impeto e stupitodi quel suo stare.

E in torno si guardò: per ogni latouna gran selva di misteri intensaeragli sopra, e contendeagli il passosilenziosa.

Raggio di sol non penetrò giammail'immenso intrico di quei rami torti;non mai furore di rapaci ventispogliò quel verde;

ma d'ogni parte il guardo ansio escludendo,

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quasi a gittar su lui funereo manto;e a lui sempre atterrita eco rispose,nunzia di morte.

Raccolse al suo passar grida e sospiridi genti grame, e mestizie profondedi offesi campi da i venti autunnalial verde infesti.

E gonfio il petto d'angosciose penesenza mai posa andò, come rapitodietro un fantasma innanzi a lui fuggente,lusingatore.

Andò fin che a la furia il generosoanimale non giacque: allor fermossi,compreso ancor da l'impeto e stupitodi quel suo stare.

E in torno si guardò: per ogni latouna gran selva di misteri intensaeragli sopra, e contendeagli il passosilenziosa.

Raggio di sol non penetrò giammail'immenso intrico di quei rami torti;non mai furore di rapaci ventispogliò quel verde;

ma d'ogni parte il guardo ansio escludendo,

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Page 16: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

senza limiti stava, in contro al cielo:In lei l'in van per tanta via seguitofantasma vano

era disparso. Il giovine ostinatonon disperò, non imprecò la sorte:Dal rovesciato arcion tolta una scure,mosse a la selva.

Ma al primo colpo su una quercia anticaudì levarsi in grembo al verde orroreun clamor sordo d'indistinte vocimisteriose.

Ristette impaurito, ogni vitaleforza acuïta ne l’orecchio teso:Vasto silenzio ovunque. Era un ingannodei sensi, certo.

E dièssi a l'opra immane. Un dopo l'altrovigorosi scendean su tronchi pregnidi selvatica vita i colpi, comesu membra umane.

Quando al fin tra stillanti offesi ramis'aprì capace a pena un primo varcoe in esso si cacciò, subitamenteal guardo un novo

inatteso spettacolo s'offerse:

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senza limiti stava, in contro al cielo:In lei l'in van per tanta via seguitofantasma vano

era disparso. Il giovine ostinatonon disperò, non imprecò la sorte:Dal rovesciato arcion tolta una scure,mosse a la selva.

Ma al primo colpo su una quercia anticaudì levarsi in grembo al verde orroreun clamor sordo d'indistinte vocimisteriose.

Ristette impaurito, ogni vitaleforza acuïta ne l’orecchio teso:Vasto silenzio ovunque. Era un ingannodei sensi, certo.

E dièssi a l'opra immane. Un dopo l'altrovigorosi scendean su tronchi pregnidi selvatica vita i colpi, comesu membra umane.

Quando al fin tra stillanti offesi ramis'aprì capace a pena un primo varcoe in esso si cacciò, subitamenteal guardo un novo

inatteso spettacolo s'offerse:

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tra le innumeri foglie erongli in tornovolti di leggiadrissime fanciullesupplici in vista:

Da gli occhi loro immobili partiaun guardo intenso a lui chiedente pacecon promessa d'amor non mai provatod'alcun mortale.

Eron le loro labbra piccolinedi süadevol sorriso atteggiate;pace chiedean le labbra, e pur: ne bacia,dicean, ma lieve.

A tale incanto il giovine perplesso,senza respiro e tutto intento stava:Parlar volea ma gliel vietava un nodostretto a la gola.

Se non che tosto, come sogno lieveche a poco a poco si sciolga da i sensi,stupor mesto lasciando; ecco vanirele imagin belle.

Volle egli allor lanciarsi contro, presod'acre desio, ma si trovò captivode la gran selva, per non sospettatavirtù d'incanto.

Rapito in quella visïon fatale

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tra le innumeri foglie erongli in tornovolti di leggiadrissime fanciullesupplici in vista:

Da gli occhi loro immobili partiaun guardo intenso a lui chiedente pacecon promessa d'amor non mai provatod'alcun mortale.

Eron le loro labbra piccolinedi süadevol sorriso atteggiate;pace chiedean le labbra, e pur: ne bacia,dicean, ma lieve.

A tale incanto il giovine perplesso,senza respiro e tutto intento stava:Parlar volea ma gliel vietava un nodostretto a la gola.

Se non che tosto, come sogno lieveche a poco a poco si sciolga da i sensi,stupor mesto lasciando; ecco vanirele imagin belle.

Volle egli allor lanciarsi contro, presod'acre desio, ma si trovò captivode la gran selva, per non sospettatavirtù d'incanto.

Rapito in quella visïon fatale

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Page 18: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

scender non vide a lui silenzïosi,quasi furtive braccia, de la selvamagica i rami;

verdi non vide serpentelli argutida viluppi disciorsi, ed a le gambeal collo al seno ai polsi attorcigliarsitenacemente;

mille steli di fior strani non vided'ogn'intorno allungarsi insidïosi,nè sentì de le spine, ond'eron aspri,l'acuto morso:

tanta fu di quei volti feminilila traditrice possente malia;tanto di quegli immobili occhi valsel'intenso sguardo.

Ora egli sta ne la gran selva chiuso,de i verdi serpi, de i rami, de i fiori,de lo stupor; de le spine in potere,tutto tenuto.

Suoni lontani di danze e di cori,dolci concenti d'arcani strumenti,limpidi canti di ninfe gioconde,ode ne l'ombra.

E, scherno atroce, da presso gli splende

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scender non vide a lui silenzïosi,quasi furtive braccia, de la selvamagica i rami;

verdi non vide serpentelli argutida viluppi disciorsi, ed a le gambeal collo al seno ai polsi attorcigliarsitenacemente;

mille steli di fior strani non vided'ogn'intorno allungarsi insidïosi,nè sentì de le spine, ond'eron aspri,l'acuto morso:

tanta fu di quei volti feminilila traditrice possente malia;tanto di quegli immobili occhi valsel'intenso sguardo.

Ora egli sta ne la gran selva chiuso,de i verdi serpi, de i rami, de i fiori,de lo stupor; de le spine in potere,tutto tenuto.

Suoni lontani di danze e di cori,dolci concenti d'arcani strumenti,limpidi canti di ninfe gioconde,ode ne l'ombra.

E, scherno atroce, da presso gli splende

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Page 19: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

di tra le fronde allargate, sì comeun vivo sole, il fantasma agognato:Splende e l'irride.

Pria ch'egli il giunga, o sfiorir quell’immensadee primavera, che avvinto lo tiene,o lui le carni tra quegli aspri nodilasciare a brani.

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di tra le fronde allargate, sì comeun vivo sole, il fantasma agognato:Splende e l'irride.

Pria ch'egli il giunga, o sfiorir quell’immensadee primavera, che avvinto lo tiene,o lui le carni tra quegli aspri nodilasciare a brani.

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III. Parve un sublime incendio delcielo

Giove parla

Parve un sublime incendio del cieloquell'ultimo tramonto. E su le novecristiane genti stese un negro velola Notte. E disse, moribondo, Giove:

Le braccia, tra cui stretta il vecchio cerrotenea la terra vigorosamente,segò il villano; ma il dente di ferrode la rigida sega pazïente

le braccia, che in profondo erono tese,non raggiunse: la scure le troncò.Quindi un gemito sordo il tronco rese,e maestoso il gran cerro crollò.

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III. Parve un sublime incendio delcielo

Giove parla

Parve un sublime incendio del cieloquell'ultimo tramonto. E su le novecristiane genti stese un negro velola Notte. E disse, moribondo, Giove:

Le braccia, tra cui stretta il vecchio cerrotenea la terra vigorosamente,segò il villano; ma il dente di ferrode la rigida sega pazïente

le braccia, che in profondo erono tese,non raggiunse: la scure le troncò.Quindi un gemito sordo il tronco rese,e maestoso il gran cerro crollò.

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IV. Quasi cristallo liquidoondeggiante

Quasi cristallo liquido, ondeggiantecon lieve moto, ne l'accidia, l'onda

soverchiatrice, comel'onda del tempo, copre

di pieghevol vestiti d'alga i restidel greco porto d'Agrigento greca.

Vengo da i templi antichia tuffarmi nel mare.

O conscio mar di tante egemonie,conscio di tante lotte, o mar conteso,

Mediterraneo, dammidammi l'oblio, l'oblio.

Pallade fiera, de la polve astersii fianchi ai suoi destrieri, e della spuma

(o idillio di Callimaco!)l’umide nar fumanti,

a l'acque anch'ella, l'elmo aureo gittatoe l'armi ancor sanguigne, espugnatrice

di città bella, usa erachieder ristoro e pace,

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IV. Quasi cristallo liquidoondeggiante

Quasi cristallo liquido, ondeggiantecon lieve moto, ne l'accidia, l'onda

soverchiatrice, comel'onda del tempo, copre

di pieghevol vestiti d'alga i restidel greco porto d'Agrigento greca.

Vengo da i templi antichia tuffarmi nel mare.

O conscio mar di tante egemonie,conscio di tante lotte, o mar conteso,

Mediterraneo, dammidammi l'oblio, l'oblio.

Pallade fiera, de la polve astersii fianchi ai suoi destrieri, e della spuma

(o idillio di Callimaco!)l’umide nar fumanti,

a l'acque anch'ella, l'elmo aureo gittatoe l'armi ancor sanguigne, espugnatrice

di città bella, usa erachieder ristoro e pace,

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Page 22: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

Me non achee fanciulle al sacro eletteuffizio dei lavacri accolgon baldo

su lo sciolto, treennepoledro al mar veniente;

ma l'egra torma al desolato lidode le memorie accoglie e dei rimpianti;

e solo ad obliareentro ne l'onda fredda,

ad obliare il mal triste di vivere,mentre il volgo trionfa e il culto muore

de la bellezza eterna,divin nostro ideale.

Tra le colonne de l'integro tempiode la Concordia udii, dove un dì greche

a Dei greci le turbecantavan prosodie,

rozzo un pastor del gregge non curante,cullar l'ozio de l'anima villana

ne l'abbandon di molle,araba cantilena;

e nel languor monotono del cantola rinunzia del popolo sorpresi

agl'ideali sacriche fan le patrie forti.

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Me non achee fanciulle al sacro eletteuffizio dei lavacri accolgon baldo

su lo sciolto, treennepoledro al mar veniente;

ma l'egra torma al desolato lidode le memorie accoglie e dei rimpianti;

e solo ad obliareentro ne l'onda fredda,

ad obliare il mal triste di vivere,mentre il volgo trionfa e il culto muore

de la bellezza eterna,divin nostro ideale.

Tra le colonne de l'integro tempiode la Concordia udii, dove un dì greche

a Dei greci le turbecantavan prosodie,

rozzo un pastor del gregge non curante,cullar l'ozio de l'anima villana

ne l'abbandon di molle,araba cantilena;

e nel languor monotono del cantola rinunzia del popolo sorpresi

agl'ideali sacriche fan le patrie forti.

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O conscio mare, in te, cui la rivieraagrigentina in lieve seno abbraccia,

mar che mi desti primolo stupor de le grandi

visïoni serene, ecco, io mi caccio;ma in te pur cala il sol flammeo, solenne,

come l'eroe morented'una tragedia greca.

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O conscio mare, in te, cui la rivieraagrigentina in lieve seno abbraccia,

mar che mi desti primolo stupor de le grandi

visïoni serene, ecco, io mi caccio;ma in te pur cala il sol flammeo, solenne,

come l'eroe morented'una tragedia greca.

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V. Il paese che un dì sognai, delmondo

Il paese che un dì sognai, del mondoinesperto e dei mali, su la terragià lungo tempo lo cercai, fidentenel vago imaginar che scorta m'era.Molti paesi visitai deluso,molti da lungi salutai fuggendo,e su i lor tetti, declinante il giorno,con la notte, la pace e il dolce ingannosempre invocai dei sogni e il calmo oblio.Ma per incerte vie, tra sassi e spine,tacito andando nel desio pungente,quanta parte di me viva lasciai!Folle, e sperai; folle, ebbi fede. E soloai danni miei presiede ora crudelela coscienza che mai, che mai dal suoloin cui giaccio, menzogne pietose,amor di donna o carità d'amico,a rialzarmi non varran – più mai.Nè a te, paese dei miei sogni novi,ora più credo; e tardi, ahimè, compresiche vano era cercarti sotto il sole.Se tristi grue pe 'l ciel fosco passarevedea mesto, tra gli alberi battuti

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V. Il paese che un dì sognai, delmondo

Il paese che un dì sognai, del mondoinesperto e dei mali, su la terragià lungo tempo lo cercai, fidentenel vago imaginar che scorta m'era.Molti paesi visitai deluso,molti da lungi salutai fuggendo,e su i lor tetti, declinante il giorno,con la notte, la pace e il dolce ingannosempre invocai dei sogni e il calmo oblio.Ma per incerte vie, tra sassi e spine,tacito andando nel desio pungente,quanta parte di me viva lasciai!Folle, e sperai; folle, ebbi fede. E soloai danni miei presiede ora crudelela coscienza che mai, che mai dal suoloin cui giaccio, menzogne pietose,amor di donna o carità d'amico,a rialzarmi non varran – più mai.Nè a te, paese dei miei sogni novi,ora più credo; e tardi, ahimè, compresiche vano era cercarti sotto il sole.Se tristi grue pe 'l ciel fosco passarevedea mesto, tra gli alberi battuti

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da i primi venti d'autunno, in menteio mi dicea: «Là giù, là giù, lontano,nel bel paese dei miei sogni andranno,ove eterna fiorisce primavera.»E a lui credea n'andassero, portatedal lungo vento, anche le foglie ai ramistrappate; a lui le nuvole, e le vagheda i petti umani illusïon fuggite...

Era follia, follia certo; ma dolce.

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da i primi venti d'autunno, in menteio mi dicea: «Là giù, là giù, lontano,nel bel paese dei miei sogni andranno,ove eterna fiorisce primavera.»E a lui credea n'andassero, portatedal lungo vento, anche le foglie ai ramistrappate; a lui le nuvole, e le vagheda i petti umani illusïon fuggite...

Era follia, follia certo; ma dolce.

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VI. Un canto a l'Armonia

Un canto a l'Armonia;e nasca l'imagin da 'l suono,

sì come da le spumedel mare, tra ninfe e tritoni,

Venere nacque, e lietala drèpana rise marina.

Onda più tersa e purasei tu veramente, Armonia:

In te sovrano il cignobianchissimo incede sognando,

in te le mie feriteio lavo, oblïando, e risano.

A salutar lavacrole vergini figlie del Sogno

vengono a te (gittando,del vivo candore gelosi,

a l'aura molle i veli)e in te, senza un brivido, nude

si tuffano e sorridono.O come, fresca onda, di dolce

abbracciamento cingile figlie del Sogno leggiadre!

Da 'l cielo un verde lume

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VI. Un canto a l'Armonia

Un canto a l'Armonia;e nasca l'imagin da 'l suono,

sì come da le spumedel mare, tra ninfe e tritoni,

Venere nacque, e lietala drèpana rise marina.

Onda più tersa e purasei tu veramente, Armonia:

In te sovrano il cignobianchissimo incede sognando,

in te le mie feriteio lavo, oblïando, e risano.

A salutar lavacrole vergini figlie del Sogno

vengono a te (gittando,del vivo candore gelosi,

a l'aura molle i veli)e in te, senza un brivido, nude

si tuffano e sorridono.O come, fresca onda, di dolce

abbracciamento cingile figlie del Sogno leggiadre!

Da 'l cielo un verde lume

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su loro riversa la Luna.

Fremon le vive spumenel cavo del seno, ove l'una

grazia e l'altra ricolmesi partono, e paiono insieme

due ritondette pomeo due melograni ancor chiusi.

Vengon a te le figliedel Sogno, e per quanti d'oblio

in te assetati sonomortali, o sacra onda benigna,

hanno esse un bacio un risoun atto d'amor che consola.

Ne la tempesta fierade i foschi pensieri, di un nero

odio ne l'ozio natidi questa, che inutile fugge,

vana vita mortale,nel petto ruggenti malsano;

la tua voce, Armonia,di teneri suoni vibrante,

serenatrice viene,sì come uno stormo di bianche

colombe un picciol ramoin bocca recanti d'ulivo.

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su loro riversa la Luna.

Fremon le vive spumenel cavo del seno, ove l'una

grazia e l'altra ricolmesi partono, e paiono insieme

due ritondette pomeo due melograni ancor chiusi.

Vengon a te le figliedel Sogno, e per quanti d'oblio

in te assetati sonomortali, o sacra onda benigna,

hanno esse un bacio un risoun atto d'amor che consola.

Ne la tempesta fierade i foschi pensieri, di un nero

odio ne l'ozio natidi questa, che inutile fugge,

vana vita mortale,nel petto ruggenti malsano;

la tua voce, Armonia,di teneri suoni vibrante,

serenatrice viene,sì come uno stormo di bianche

colombe un picciol ramoin bocca recanti d'ulivo.

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Page 28: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

Mi fingo allor, lontana,in grembo a la notte celata,

una vergine ignota,che bianche colombe m'invia;

ma deluso già tropponon credo a le nunzie d'amore.

Su l'angoscioso pettosu gli òmeri esse e su 'l capo

si posano, scuotendomalferme con strepito l'ale:

«Oh chiudete più spessoi tondi e neri occhi, o innocenti

colombe, e de le pennesu 'l volto che brucia, la dolce

soavità, qual mite.materna carezza, provate.Non per amor ben vedo

la vergine ignota v'invia.»

Maliarda ella, toccandole corde d'arcano strumento,

ne la notte, a un castelloattira d'inganni i mortali,

e, liberale, a tuttiivi offre un veleno, che ambrosia

divina pare. E leiche mille diversi racchiude

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Mi fingo allor, lontana,in grembo a la notte celata,

una vergine ignota,che bianche colombe m'invia;

ma deluso già tropponon credo a le nunzie d'amore.

Su l'angoscioso pettosu gli òmeri esse e su 'l capo

si posano, scuotendomalferme con strepito l'ale:

«Oh chiudete più spessoi tondi e neri occhi, o innocenti

colombe, e de le pennesu 'l volto che brucia, la dolce

soavità, qual mite.materna carezza, provate.Non per amor ben vedo

la vergine ignota v'invia.»

Maliarda ella, toccandole corde d'arcano strumento,

ne la notte, a un castelloattira d'inganni i mortali,

e, liberale, a tuttiivi offre un veleno, che ambrosia

divina pare. E leiche mille diversi racchiude

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Page 29: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

desideri e speranzee sogni, come astri, fulgenti;

lei che mille sprigionaper l'aura che brucia, commossa,

de la sua febre istessafantasime vive di luce;

lei indarno, indarno invoco:l'immite, l'immite non viene.

Sto con ardenti labbraun morso agognanti, protese,

avidamente o un bacioo un alito fresco, che il foco

ond'ardo, muto, dentro,lenisca; ma indarno invocata,

indarno ahimè bramata,l'immite, l'immite non viene.

Oh verso qual mai lido,o fievoli suoni languenti,

quasi parole vanesu candida neve segnate,lungi or con voi la vaga

mia anima naviga incerta?

Innanzi, innanzi! il maredi palpiti lucido trèmola,

l'agile nave fendeil cerulo piano de l'acque...

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desideri e speranzee sogni, come astri, fulgenti;

lei che mille sprigionaper l'aura che brucia, commossa,

de la sua febre istessafantasime vive di luce;

lei indarno, indarno invoco:l'immite, l'immite non viene.

Sto con ardenti labbraun morso agognanti, protese,

avidamente o un bacioo un alito fresco, che il foco

ond'ardo, muto, dentro,lenisca; ma indarno invocata,

indarno ahimè bramata,l'immite, l'immite non viene.

Oh verso qual mai lido,o fievoli suoni languenti,

quasi parole vanesu candida neve segnate,lungi or con voi la vaga

mia anima naviga incerta?

Innanzi, innanzi! il maredi palpiti lucido trèmola,

l'agile nave fendeil cerulo piano de l'acque...

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Innanzi, innanzi! oh questonon è l'arcipelago stretto

quasi corona in tornola greca Penisola madre?e questi suoni adunque,

te, Grecia sospirano antica,forte, dal vario suolo

la varia potenza nei canti

dei rapsodi spirantegià sotto l'eterno cilestredel ciel d’Omero? Salve,

o Lesbo, dolce isola, salve!Non trema de l'ardentedi Saffo fatal passïone

qui l'onda consapevole?i lieti convivi gli amori

del mitilèneo Alceo,poeta e guerriero, non dice?

Or su, vergini achee:con sette dolcissime corde

d'una vaga parteniaal canto la cetra v'invita.E io vorrei a un sonno

di miti fantasmi affollatoabbandonarmi, a un sonnoche l'ultimo, l'ultimo sia...

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Innanzi, innanzi! oh questonon è l'arcipelago stretto

quasi corona in tornola greca Penisola madre?e questi suoni adunque,

te, Grecia sospirano antica,forte, dal vario suolo

la varia potenza nei canti

dei rapsodi spirantegià sotto l'eterno cilestredel ciel d’Omero? Salve,

o Lesbo, dolce isola, salve!Non trema de l'ardentedi Saffo fatal passïone

qui l'onda consapevole?i lieti convivi gli amori

del mitilèneo Alceo,poeta e guerriero, non dice?

Or su, vergini achee:con sette dolcissime corde

d'una vaga parteniaal canto la cetra v'invita.E io vorrei a un sonno

di miti fantasmi affollatoabbandonarmi, a un sonnoche l'ultimo, l'ultimo sia...

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o morir lentamenteda un nugol leggiero di foglie

di rose soffocatointatta stillanti rugiada

e pioventi da l'alto,dal divo tuo grembo, o Armonia...

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o morir lentamenteda un nugol leggiero di foglie

di rose soffocatointatta stillanti rugiada

e pioventi da l'alto,dal divo tuo grembo, o Armonia...

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VII. Col primo raggio del mattind'aprile

Co 'l primo raggio del mattin d'aprilene la mia stanza irruppe Primavera,dea giovinetta, e a piene man profusedal pieno grembo

rose d'ogni color, su 'l letto mio,rose dischiuse al bacio de l'aurora,rose stillanti ancor notturna brina,rose su rose.

Sogno d'amor tra le sue dolci spireme rattenea, di quell'arrivo ignaro;ma ciò vedendo Primavera, i labrischiusi a un sorriso,

con un gambo di fior la fronte lietae il collo diéssi a vellicarmi, lieve:allor balzai dallo stupor compresodel sogno ancora.

Rise ella forte un riso schietto al goffodestarsi d’un mortale. Inebrïatode le innumeri rose su 'l mio letto,io travedea.

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VII. Col primo raggio del mattind'aprile

Co 'l primo raggio del mattin d'aprilene la mia stanza irruppe Primavera,dea giovinetta, e a piene man profusedal pieno grembo

rose d'ogni color, su 'l letto mio,rose dischiuse al bacio de l'aurora,rose stillanti ancor notturna brina,rose su rose.

Sogno d'amor tra le sue dolci spireme rattenea, di quell'arrivo ignaro;ma ciò vedendo Primavera, i labrischiusi a un sorriso,

con un gambo di fior la fronte lietae il collo diéssi a vellicarmi, lieve:allor balzai dallo stupor compresodel sogno ancora.

Rise ella forte un riso schietto al goffodestarsi d’un mortale. Inebrïatode le innumeri rose su 'l mio letto,io travedea.

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Ma tra le belle man lattee la testacon dolce atto mi prese, e su me chinala bocca mi baciò d'un fresco baciodicendo: Sorgi!

E quindi uscì. La vidi in una gloriadi luce errar pe i piani, e novo vidimiracolo gentile: sotto i finisuoi piè la terra

rifiorir di color vivi, diversi,e l’aura al suo respir puro allargarsi,e gir mill'api intorno a lei succhiandoi fior novelli.

Poi da lungi vêr me si volse ancora:Chiara nel ciel vibrò (tacquer gli uccelli)sua voce e disse: «Cantami la sacrapasqua di Gea».

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Ma tra le belle man lattee la testacon dolce atto mi prese, e su me chinala bocca mi baciò d'un fresco baciodicendo: Sorgi!

E quindi uscì. La vidi in una gloriadi luce errar pe i piani, e novo vidimiracolo gentile: sotto i finisuoi piè la terra

rifiorir di color vivi, diversi,e l’aura al suo respir puro allargarsi,e gir mill'api intorno a lei succhiandoi fior novelli.

Poi da lungi vêr me si volse ancora:Chiara nel ciel vibrò (tacquer gli uccelli)sua voce e disse: «Cantami la sacrapasqua di Gea».

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VIII. Saturno la tua favola crudele

Saturno, la tua favola crudelespietatamente il secolo rinnova,e noi, suoi figli (latte no, ma fielesugger ci dette già ne l'età nova,genitrice di vittime, Cibele)nati a la morte senza l'ardua provade la vita, che pur triste innamora,noi, suoi figli, non sazio mai, divora.

Di sua man cadde un regno, e le rovineor gli son trono, e chiede a la consortevittime ancora. O tu, Cibele, al fineun novo scampa ultor Giove a la morte.

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VIII. Saturno la tua favola crudele

Saturno, la tua favola crudelespietatamente il secolo rinnova,e noi, suoi figli (latte no, ma fielesugger ci dette già ne l'età nova,genitrice di vittime, Cibele)nati a la morte senza l'ardua provade la vita, che pur triste innamora,noi, suoi figli, non sazio mai, divora.

Di sua man cadde un regno, e le rovineor gli son trono, e chiede a la consortevittime ancora. O tu, Cibele, al fineun novo scampa ultor Giove a la morte.

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IX. O messer Lodovico, in su ’lcimiero

cavalleresca

O messer Lodovico, in su ’l cimierod'Orlando, una cornacchia si posò:«Sii tu la spada, io sarò il tuo pensiero»disse, e Orlando Margutte diventò.

Ora, ei lascia che Angelica e Medorosfoglino in pace il fiore de l'età;e senza freno in tanto, Brigliadorospringando via per selve orride va.

Va senza freno, e quanti su la groppaaudaci cavalier tentan saltar,egli atterra, indomabile, e galoppanè sa dove l'adduca il folle andar.

Ma su l'irta criniera io me gli avvento:le braccia al collo, e stretto ai fianchi il piè,lo domo, e volo come in preda al vento,ogni cura oblïando e il mondo e me.

*

De l'alte querce il bosco secolare

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IX. O messer Lodovico, in su ’lcimiero

cavalleresca

O messer Lodovico, in su ’l cimierod'Orlando, una cornacchia si posò:«Sii tu la spada, io sarò il tuo pensiero»disse, e Orlando Margutte diventò.

Ora, ei lascia che Angelica e Medorosfoglino in pace il fiore de l'età;e senza freno in tanto, Brigliadorospringando via per selve orride va.

Va senza freno, e quanti su la groppaaudaci cavalier tentan saltar,egli atterra, indomabile, e galoppanè sa dove l'adduca il folle andar.

Ma su l'irta criniera io me gli avvento:le braccia al collo, e stretto ai fianchi il piè,lo domo, e volo come in preda al vento,ogni cura oblïando e il mondo e me.

*

De l'alte querce il bosco secolare

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Page 36: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

ha lungo e grande fremito d'orror,e le Ninfe che in quelle aman sognarede la mia corsa destansi al romor.

Basta un acuto sibilo di frecciaa rompere il lor sonno vegetal:Svegliate, esse, stracciando la cortecciatendon da i tronchi il bel capo ninfal.

Or mille voci chiamanmi frementi,tra spasimi di fiera voluttà:

«Vieni!... mi bacia!... toglimi!... rattienti!...son tua!... ti voglio!... t'amo!... ardo!... ristà!»

Ha un'anima ogni foglia ed ha una voce,e fiamma è l'aria, che in contro mi vien...Ahi, de la febre che il mio sangue cocebrucia la selva, e in sè chiuso mi tien.

Via, Brigliadoro, e contro tutti in guerra;tutto calpesta, e avanti sempre più!Ebro di lotta, ogni ostacolo atterra,la pace un sogno ne l'ignavia fu.

A quest'aura fischiante tra gli orecchi,da l'impeto commossa, al tuo fuggir,lasciam le vecchie cure e i sogni e i vecchiaffetti, e andiamo in contro a l'avvenir.

*

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ha lungo e grande fremito d'orror,e le Ninfe che in quelle aman sognarede la mia corsa destansi al romor.

Basta un acuto sibilo di frecciaa rompere il lor sonno vegetal:Svegliate, esse, stracciando la cortecciatendon da i tronchi il bel capo ninfal.

Or mille voci chiamanmi frementi,tra spasimi di fiera voluttà:

«Vieni!... mi bacia!... toglimi!... rattienti!...son tua!... ti voglio!... t'amo!... ardo!... ristà!»

Ha un'anima ogni foglia ed ha una voce,e fiamma è l'aria, che in contro mi vien...Ahi, de la febre che il mio sangue cocebrucia la selva, e in sè chiuso mi tien.

Via, Brigliadoro, e contro tutti in guerra;tutto calpesta, e avanti sempre più!Ebro di lotta, ogni ostacolo atterra,la pace un sogno ne l'ignavia fu.

A quest'aura fischiante tra gli orecchi,da l'impeto commossa, al tuo fuggir,lasciam le vecchie cure e i sogni e i vecchiaffetti, e andiamo in contro a l'avvenir.

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Page 37: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

O paese dei sogni, ove non suona,di mie catene il lugubre stridor,a te, lontano, io volo, a te mi spronanecessità d'oblio, sete d'amor.

Che van tu sia, lo so; ti cerco in vano;so che già mai non giungerò il mio fin,ma in questo mio fuggir sdegnoso e stranosprezzo la vita, irrisa dal destin.

Via dunque, avanti, ove il sentier ne mena,fino al punto, che dato è a noi toccar:anch'io vorrei veder quella Sirena,che co 'l suo dolce canto accheta il mar...

*

Alcina, fata crudele e diversa,da lungi non sorridermi così:La turba rea, che il passo tien, dispersanon ho per anco, e pugno notte e dì.

Una vecchia maledica e rissosaschizzando fiele aizza contro mel'iniqua turba, e senza tregua e posala meta mi contende: o Alcina, te.

Vengan, ch'è tempo, come un dì a Ruggero,le miti ancelle, e porganmi la man,le ancelle tue di pace, e con l'altero

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O paese dei sogni, ove non suona,di mie catene il lugubre stridor,a te, lontano, io volo, a te mi spronanecessità d'oblio, sete d'amor.

Che van tu sia, lo so; ti cerco in vano;so che già mai non giungerò il mio fin,ma in questo mio fuggir sdegnoso e stranosprezzo la vita, irrisa dal destin.

Via dunque, avanti, ove il sentier ne mena,fino al punto, che dato è a noi toccar:anch'io vorrei veder quella Sirena,che co 'l suo dolce canto accheta il mar...

*

Alcina, fata crudele e diversa,da lungi non sorridermi così:La turba rea, che il passo tien, dispersanon ho per anco, e pugno notte e dì.

Una vecchia maledica e rissosaschizzando fiele aizza contro mel'iniqua turba, e senza tregua e posala meta mi contende: o Alcina, te.

Vengan, ch'è tempo, come un dì a Ruggero,le miti ancelle, e porganmi la man,le ancelle tue di pace, e con l'altero

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Page 38: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

gesto, dòmin lo stuolo aspro e villan.

*

O vaga Alcina, al fin tra le tue braccia,se non è sogno, stretto anch'io mi sto:Fa che una notte sola io teco giaccia,e lieto e pago i giorni chiuderò.

Perchè sì bella e pur sì trista sei,dimmi, dolce amor mio, dimmi perchè...Prendi tutto il vigor degli anni miei,ond'io, felice, mi distrugga in te.

Vecchia sei tu, ma celami la veraessenza tua con vista giovanil,come la vecchia Terra a primaverale rughe cela coi fiori d'april.

Quando una notte avrò di te goduto,uno sterpo fammi, e non trarmi mai più.Io ti dirò, co' l mio miglior saluto:«Come sei brutta, o bella Alcina, tu...»

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gesto, dòmin lo stuolo aspro e villan.

*

O vaga Alcina, al fin tra le tue braccia,se non è sogno, stretto anch'io mi sto:Fa che una notte sola io teco giaccia,e lieto e pago i giorni chiuderò.

Perchè sì bella e pur sì trista sei,dimmi, dolce amor mio, dimmi perchè...Prendi tutto il vigor degli anni miei,ond'io, felice, mi distrugga in te.

Vecchia sei tu, ma celami la veraessenza tua con vista giovanil,come la vecchia Terra a primaverale rughe cela coi fiori d'april.

Quando una notte avrò di te goduto,uno sterpo fammi, e non trarmi mai più.Io ti dirò, co' l mio miglior saluto:«Come sei brutta, o bella Alcina, tu...»

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X. Andiamo altrove. Qui, tra questemura

Andiamo altrove. Qui, tra queste mura(d'altri qui fosti non amata sposa:sanguina il cuore sotto la gravosaoppression de la memoria oscura)

come in angusto vaso albero a forzacostretto perde il natural rigoglio,nè foglia mette nè caccia germoglio,e impietra sotto la cinerea scorza;

così tra queste mura doloroseracchiuso langue e a poco a poco mancail grande amor ch'a te mi lega e francapiù non ti dice l'anima le cose.

Altrove andiam: Qual nugolo sonorodi fini insetti, le memorie incertesento gridar per le stanze diserte,in questa calma che non è di pace.

Echi irrisori, o sia che tu mi parlidolci d'amor parole, o che mi baci,in torno a noi risvegliansi. Deh, taci,altro mezzo non è per acchetarli.

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X. Andiamo altrove. Qui, tra questemura

Andiamo altrove. Qui, tra queste mura(d'altri qui fosti non amata sposa:sanguina il cuore sotto la gravosaoppression de la memoria oscura)

come in angusto vaso albero a forzacostretto perde il natural rigoglio,nè foglia mette nè caccia germoglio,e impietra sotto la cinerea scorza;

così tra queste mura doloroseracchiuso langue e a poco a poco mancail grande amor ch'a te mi lega e francapiù non ti dice l'anima le cose.

Altrove andiam: Qual nugolo sonorodi fini insetti, le memorie incertesento gridar per le stanze diserte,in questa calma che non è di pace.

Echi irrisori, o sia che tu mi parlidolci d'amor parole, o che mi baci,in torno a noi risvegliansi. Deh, taci,altro mezzo non è per acchetarli.

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«A te, l'eco m'insinua, ella ripete

ciò che ad altri già disse, al tempo amico,così com'io sue parole or ridico:Qui non avrete mai pace e quiete.

Andiamo, andiamo altrove: Sotto il soleson tetti a mille, ove non sdegna il nidoappendere la rondine. Più fidouno ci accoglierà, come amor vuole.

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«A te, l'eco m'insinua, ella ripete

ciò che ad altri già disse, al tempo amico,così com'io sue parole or ridico:Qui non avrete mai pace e quiete.

Andiamo, andiamo altrove: Sotto il soleson tetti a mille, ove non sdegna il nidoappendere la rondine. Più fidouno ci accoglierà, come amor vuole.

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XI. O superbi dei pubblici giardini

O superbi dei pubblici giardinischierati alberi lungo i bei viali,quasi a scortar gli sciocchi cittadinie le più sciocche vanità mortali;quanta pietà, superbi alberi, sentoora che foschi chiaman gli autunnalimesi le piogge a flagellarvi e il vento,di voi, dannati da contraria sortea far da malinconico ornamento.Co 'l pomeriggio le sue ferree porteapre il giardino, e la comedia vana,sotto le vostre nude rame torte,d'una folla, che a voi par certo nana,torna a svolgersi, piena di languoree di menzogne – umana, umana, umana!Là giù, di tra le nuvole, il rossorecupo del vespro tinge di sanguignole cupole lontane e i tetti: Muorecosì, senza il sorriso d'un benignoraggio di sole, un altro giorno ancora.Io guardo voi, grandi alberi, e un malignoe tristo accenno parmi a ora a orami facciano per l'aria i vostri ramitorcendosi, e il mio viso si scolora:Parmi che ognun di voi freddo mi chiami

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XI. O superbi dei pubblici giardini

O superbi dei pubblici giardinischierati alberi lungo i bei viali,quasi a scortar gli sciocchi cittadinie le più sciocche vanità mortali;quanta pietà, superbi alberi, sentoora che foschi chiaman gli autunnalimesi le piogge a flagellarvi e il vento,di voi, dannati da contraria sortea far da malinconico ornamento.Co 'l pomeriggio le sue ferree porteapre il giardino, e la comedia vana,sotto le vostre nude rame torte,d'una folla, che a voi par certo nana,torna a svolgersi, piena di languoree di menzogne – umana, umana, umana!Là giù, di tra le nuvole, il rossorecupo del vespro tinge di sanguignole cupole lontane e i tetti: Muorecosì, senza il sorriso d'un benignoraggio di sole, un altro giorno ancora.Io guardo voi, grandi alberi, e un malignoe tristo accenno parmi a ora a orami facciano per l'aria i vostri ramitorcendosi, e il mio viso si scolora:Parmi che ognun di voi freddo mi chiami

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con la notte a finir, che fosca incombe,a un tronco appeso: «Or su, folle, che brami?

Pace hanno i morti giù, ne le lor tombe!»

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con la notte a finir, che fosca incombe,a un tronco appeso: «Or su, folle, che brami?

Pace hanno i morti giù, ne le lor tombe!»

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XII. Quale di rose pioggia purissima

Quale di rose pioggia purissimada i cieli accesi piovve l'aurorasu Roma grave, da un gran silenziotenuta ancora,

il dì che, dietro l'ombra fuggevolerapito io folle d'un sogno vano,t'abbandonai senza una lacrima,o amor lontano.

Del bel Tritone fuor da la buccinasentii, correndo la piazza ratto,al cuor l'arguto zampillo gelidopiombarmi a un tratto.

Inebriate del lume roseole vaghe rondini garriano intorno,e le campane lontan squillavano,nunzie del giorno.

Quale di rose pioggia purissima!Da lungi i vetri de le dormenticase romane mi salutavano,razzando ardenti.

Su le memorie care, su i fervidi

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XII. Quale di rose pioggia purissima

Quale di rose pioggia purissimada i cieli accesi piovve l'aurorasu Roma grave, da un gran silenziotenuta ancora,

il dì che, dietro l'ombra fuggevolerapito io folle d'un sogno vano,t'abbandonai senza una lacrima,o amor lontano.

Del bel Tritone fuor da la buccinasentii, correndo la piazza ratto,al cuor l'arguto zampillo gelidopiombarmi a un tratto.

Inebriate del lume roseole vaghe rondini garriano intorno,e le campane lontan squillavano,nunzie del giorno.

Quale di rose pioggia purissima!Da lungi i vetri de le dormenticase romane mi salutavano,razzando ardenti.

Su le memorie care, su i fervidi

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amor miei vani, su 'l van desiocadeva in Roma di rose pallideil nembo pio.

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amor miei vani, su 'l van desiocadeva in Roma di rose pallideil nembo pio.

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XIII. Giacea sul verginal letto la pia:

Giacea su 'l virginal letto la pia:le amiche inginocchiate in torno al lettoteneano un giglio in mano, e il buon Baldia,vescovo dotto, orava. Al sacro dettorispondea la giacente: «Così sia»con le braccia incrociate sopra il petto.Poi l’ostia santa ricevette, e al piedee al fronte il bacio estremo del la fede.

Ma ne la stanza irruppe in quel momentoun giovin fiero. Ella rizzossi, tesele braccia, e al sen d'un forte abbracciamento,l'avvinse stretto: «T'ho aspettato un mese!»E stretto il tenne, e al ciel lieta mostravala bianca fronte, ed un sorriso pienod'alta beatitudine, e tremava,poi ch'egli le sue lagrime su 'l senopurissimo coi baci le asciugava;ma, cerea, a tanto ardore venia meno,quasi da i baci suggersi la vitadolcemente sentisse, illanguidita.

Quando da i suoi capelli a poco a pocoil giovine sentì sciorre le mani,e del seno sentì spento ogni foco,

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XIII. Giacea sul verginal letto la pia:

Giacea su 'l virginal letto la pia:le amiche inginocchiate in torno al lettoteneano un giglio in mano, e il buon Baldia,vescovo dotto, orava. Al sacro dettorispondea la giacente: «Così sia»con le braccia incrociate sopra il petto.Poi l’ostia santa ricevette, e al piedee al fronte il bacio estremo del la fede.

Ma ne la stanza irruppe in quel momentoun giovin fiero. Ella rizzossi, tesele braccia, e al sen d'un forte abbracciamento,l'avvinse stretto: «T'ho aspettato un mese!»E stretto il tenne, e al ciel lieta mostravala bianca fronte, ed un sorriso pienod'alta beatitudine, e tremava,poi ch'egli le sue lagrime su 'l senopurissimo coi baci le asciugava;ma, cerea, a tanto ardore venia meno,quasi da i baci suggersi la vitadolcemente sentisse, illanguidita.

Quando da i suoi capelli a poco a pocoil giovine sentì sciorre le mani,e del seno sentì spento ogni foco,

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Levossi e disse:«Attendimi dimani».

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Levossi e disse:«Attendimi dimani».

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XIV. Scendea pensosa l'ampiascalinata

Scendea pensosa l'ampia scalinatamarmorea de la villa signorile,ne la luce del vespero pacata,quand'io la vidi e la nomai gentile.Un rosso fiore in man pe 'l lungo steloteneva; erono i miti idi d'aprile.L'occhio stellante del color del ciclovêr me rivolse, e chinò tosto il mentosu 'l petto ansante sotto il fosco velo.Poi seguitò a discendere, ma a lentopasso e indolente. Giunta quasi al piede,fosse per caso o per divisamento,mise un piedino in fallo, e insieme diedeun breve acuto grido. Accorsi io ratto,e per la vita la sostenni in piede:Ella tremante mi sorrise. Il fattofu senz'altro così; ma, lusinghiera,il fior mi porse, e andando disse: «A patto

che me 'l riportiate questa sera...»

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XIV. Scendea pensosa l'ampiascalinata

Scendea pensosa l'ampia scalinatamarmorea de la villa signorile,ne la luce del vespero pacata,quand'io la vidi e la nomai gentile.Un rosso fiore in man pe 'l lungo steloteneva; erono i miti idi d'aprile.L'occhio stellante del color del ciclovêr me rivolse, e chinò tosto il mentosu 'l petto ansante sotto il fosco velo.Poi seguitò a discendere, ma a lentopasso e indolente. Giunta quasi al piede,fosse per caso o per divisamento,mise un piedino in fallo, e insieme diedeun breve acuto grido. Accorsi io ratto,e per la vita la sostenni in piede:Ella tremante mi sorrise. Il fattofu senz'altro così; ma, lusinghiera,il fior mi porse, e andando disse: «A patto

che me 'l riportiate questa sera...»

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XV. Quando ella sola, o mar perfido ebello

Quando ella sola, o mar perfido e bello,tranquilla siede, e di mille astri viva,su te la Notte, e in te versa la Lunail suo bel raggio;

allor l'immensità cerula tua,da l'ampio lido a l'orizzonte estremo,correr tutta vogl'io, come velocedelfino, o Mare.

Infaticato nuotator gagliardo,correr vogl'io la luminosa viadel lunar raggio su le palpitantiacque infiammate;

e del cielo e del mar le pauroseprofonde immensità su ’l capo e in torno,nel silenzio, sentir, rotto da i lieviromor del nuoto.

Ora, la Luna attendo, e le mie forze,sì come antico lottator, preparo:Io voglio, io voglio in voi tutto, o vaste acquepurificarmi.

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XV. Quando ella sola, o mar perfido ebello

Quando ella sola, o mar perfido e bello,tranquilla siede, e di mille astri viva,su te la Notte, e in te versa la Lunail suo bel raggio;

allor l'immensità cerula tua,da l'ampio lido a l'orizzonte estremo,correr tutta vogl'io, come velocedelfino, o Mare.

Infaticato nuotator gagliardo,correr vogl'io la luminosa viadel lunar raggio su le palpitantiacque infiammate;

e del cielo e del mar le pauroseprofonde immensità su ’l capo e in torno,nel silenzio, sentir, rotto da i lieviromor del nuoto.

Ora, la Luna attendo, e le mie forze,sì come antico lottator, preparo:Io voglio, io voglio in voi tutto, o vaste acquepurificarmi.

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Di tanta ignavia e dei lunghi ozi vogliopurificarmi. Inascoltato padre,immenso Mar, ridammi tu le fiereaudacie prime;

i miei ritempra tu muscoli rosida i mal de la città, dove è menzognatutto, e per cui te, Padre, un di lasciai,non più contento

del plauso schietto, onde gli adusti tuoifigli eron larghi al giovinetto, arditonuotatore, allorché tutti su 'l lidoraccolti e intenti

me, de gli emuli destri sfidatore,ne i trionfi seguian, forte acclamandoda lungi, e quindi, innanzi a te plaudente,m'offrian da bere.

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Di tanta ignavia e dei lunghi ozi vogliopurificarmi. Inascoltato padre,immenso Mar, ridammi tu le fiereaudacie prime;

i miei ritempra tu muscoli rosida i mal de la città, dove è menzognatutto, e per cui te, Padre, un di lasciai,non più contento

del plauso schietto, onde gli adusti tuoifigli eron larghi al giovinetto, arditonuotatore, allorché tutti su 'l lidoraccolti e intenti

me, de gli emuli destri sfidatore,ne i trionfi seguian, forte acclamandoda lungi, e quindi, innanzi a te plaudente,m'offrian da bere.

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ALLEGRE

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I. Chi vorrà comprare le mie nuvole?

Chi mai vorrà comprare le mie nuvole?Da l'Atlantiade nembi-adunatore,m'ebbi in retaggio quante van pe 'l cielonuvole in giro.

Sappi, mi disse il dio, ch'esse son vacchesparse pe i campi liberi de l'aria;n'abbi custodia e cura: io te ne cedol'alto dominio.

Gran mercè, rispos'io, liberal nume:ben largo io vedo è il dono. Ma le poppedi quelle vacche non dàn latte, e in vanoor premo e spremo.

Ereditato in vece avrei più tostola tua sagacità fine in rubarebovi ai pastori, e la facondia e il rattoalato piede.

Che non mi starei ora, resupinoda mane a sera, afflitto aerimante,il viaggio a seguir di tante vanenuvole, vano.

Or su, chi vuol comprare le mie nuvole?

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I. Chi vorrà comprare le mie nuvole?

Chi mai vorrà comprare le mie nuvole?Da l'Atlantiade nembi-adunatore,m'ebbi in retaggio quante van pe 'l cielonuvole in giro.

Sappi, mi disse il dio, ch'esse son vacchesparse pe i campi liberi de l'aria;n'abbi custodia e cura: io te ne cedol'alto dominio.

Gran mercè, rispos'io, liberal nume:ben largo io vedo è il dono. Ma le poppedi quelle vacche non dàn latte, e in vanoor premo e spremo.

Ereditato in vece avrei più tostola tua sagacità fine in rubarebovi ai pastori, e la facondia e il rattoalato piede.

Che non mi starei ora, resupinoda mane a sera, afflitto aerimante,il viaggio a seguir di tante vanenuvole, vano.

Or su, chi vuol comprare le mie nuvole?

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Io de i doni del dio non fo mercato,ma a gran derrata vendo e senza usural'aerea merce.

Ne consiglio ai filosofi l'acquisto,al papa, ai re regnanti e decaduti,agli amanti fedeli, ai sognatori,ai mille illusi;

ed agli uomini onesti ed ai poeti,specialmente: Potranno su le nuvolevivere gli uni onestamente, e gli altridi poesia.

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Io de i doni del dio non fo mercato,ma a gran derrata vendo e senza usural'aerea merce.

Ne consiglio ai filosofi l'acquisto,al papa, ai re regnanti e decaduti,agli amanti fedeli, ai sognatori,ai mille illusi;

ed agli uomini onesti ed ai poeti,specialmente: Potranno su le nuvolevivere gli uni onestamente, e gli altridi poesia.

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II. Tu m'hai tessuto, o Diva, comeserico velo

Tu m'hai tessuto, o Diva, come serico velo,un nuovo canto. Egli ha li umani desiderile speranze, gli affetti, per fila; e su pe 'l cielosta sospeso a quattro astri in torno agli emisferi.Enorme ragno in grembo a immenso ragnatelo,

or vi porgo il cervello. E dove più s'intricafitto l'ordito, ei vigile e tutto in sè raccolto,ne l'ansia che di smanie represse l'affatica,fa la posta, spiando; poi salta, e de lo stoltomidollo dei terreni insetti si notrica.

Da lungi un gufo avvisa nel suo maligno verso,che d'aura un lieve spiro l'ordito strapperà:Una nottola in tanto per torto e per traversovi svola sotto, e stride: «Forse, io dico, saràil pensier d'un filosofo ebro, per l'aer perso.

Ma già la Luna supera, tonda e flammea, del maree vaste treman l'acque continuamente sottoil luminoso bacio. Lenta ella sale, e pare,pei silenzi dal murmure misurati del fiotto,una diva che passi intenta a vigilare.

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II. Tu m'hai tessuto, o Diva, comeserico velo

Tu m'hai tessuto, o Diva, come serico velo,un nuovo canto. Egli ha li umani desiderile speranze, gli affetti, per fila; e su pe 'l cielosta sospeso a quattro astri in torno agli emisferi.Enorme ragno in grembo a immenso ragnatelo,

or vi porgo il cervello. E dove più s'intricafitto l'ordito, ei vigile e tutto in sè raccolto,ne l'ansia che di smanie represse l'affatica,fa la posta, spiando; poi salta, e de lo stoltomidollo dei terreni insetti si notrica.

Da lungi un gufo avvisa nel suo maligno verso,che d'aura un lieve spiro l'ordito strapperà:Una nottola in tanto per torto e per traversovi svola sotto, e stride: «Forse, io dico, saràil pensier d'un filosofo ebro, per l'aer perso.

Ma già la Luna supera, tonda e flammea, del maree vaste treman l'acque continuamente sottoil luminoso bacio. Lenta ella sale, e pare,pei silenzi dal murmure misurati del fiotto,una diva che passi intenta a vigilare.

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Le numerose fila del sottile mio velohan brividi di luce, come gli astri del cielo.

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Le numerose fila del sottile mio velohan brividi di luce, come gli astri del cielo.

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III. «T'abbia in grazia Minerva, oImperatore

la caccia di Domiziano

«T'abbia in grazia Minerva, o Imperatore:la caccia come va? Goccia il sudorepe 'l divin fronte: Con l'estivo ardorele mosche ricominciano abondare.

Calvo, le gambe povere, ed accesoin volto, il divo imperatore, intesoa la caccia, più mosche a l'ago ha preso,e pago esclama: Questo, è un bel cacciare!

Scocca, stiletto, e infilza quel moscone:È un discepol di Paride istrïone;questo che ronza è Acilio Glabrione.e quello è Orfito; vieta lor l'andare.

O perchè vai tant'alto, Ceriale,bel moscone proconsole? Lo stralemio va più ratto che non le tue ale,e ti coglie nel ventre consolare.

Pe 'l natal celebrato il divo Ottone,o Cocceian, devoto calabrone,questa freccia or ti manda in su 'l groppone,

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III. «T'abbia in grazia Minerva, oImperatore

la caccia di Domiziano

«T'abbia in grazia Minerva, o Imperatore:la caccia come va? Goccia il sudorepe 'l divin fronte: Con l'estivo ardorele mosche ricominciano abondare.

Calvo, le gambe povere, ed accesoin volto, il divo imperatore, intesoa la caccia, più mosche a l'ago ha preso,e pago esclama: Questo, è un bel cacciare!

Scocca, stiletto, e infilza quel moscone:È un discepol di Paride istrïone;questo che ronza è Acilio Glabrione.e quello è Orfito; vieta lor l'andare.

O perchè vai tant'alto, Ceriale,bel moscone proconsole? Lo stralemio va più ratto che non le tue ale,e ti coglie nel ventre consolare.

Pe 'l natal celebrato il divo Ottone,o Cocceian, devoto calabrone,questa freccia or ti manda in su 'l groppone,

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Meglio era il funeral tuo celebrare.

Tu, Sallustio Lucullo, hai già messo ale?se più de le tue lance or questo valemio stil, giudica tu, savio animale,che il nome su le lance ami fermare.

O mosche nere, che svolate in festa,questo sole divin, che mi molesta,ebre di luce, vi farà la testasu 'l mio marmo fengite esercitare.

Dice, e su i lunghi labbri un tristo risosi torce in una smorfia. «Io sono avvisoche per un ch'io mi sia, molti avrò ucciso,pria ch'abbia effetto il vostro congiurare»,

E ne l'occhio di bue, freddo e severo,vaga torvo fra tanto un gran pensiero:Ne lo stile infilzar tutto l'impero,il moscon matto, che un'aquila pare.

O calvo imperator Domiziano,nepote vostro, anch'io, se ben lontano,infilzo ne l'aguzzo stil, che ho in mano,ogni insetto che vienmi a molestare.

Ma ne l'accidia, nel tedio mortaledi far bene, e financo di far male,la mia vita io vorrei, mosca senz'ale,

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Meglio era il funeral tuo celebrare.

Tu, Sallustio Lucullo, hai già messo ale?se più de le tue lance or questo valemio stil, giudica tu, savio animale,che il nome su le lance ami fermare.

O mosche nere, che svolate in festa,questo sole divin, che mi molesta,ebre di luce, vi farà la testasu 'l mio marmo fengite esercitare.

Dice, e su i lunghi labbri un tristo risosi torce in una smorfia. «Io sono avvisoche per un ch'io mi sia, molti avrò ucciso,pria ch'abbia effetto il vostro congiurare»,

E ne l'occhio di bue, freddo e severo,vaga torvo fra tanto un gran pensiero:Ne lo stile infilzar tutto l'impero,il moscon matto, che un'aquila pare.

O calvo imperator Domiziano,nepote vostro, anch'io, se ben lontano,infilzo ne l'aguzzo stil, che ho in mano,ogni insetto che vienmi a molestare.

Ma ne l'accidia, nel tedio mortaledi far bene, e financo di far male,la mia vita io vorrei, mosca senz'ale,

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Page 57: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

anche lei, ne lo stil freddo infilzare.

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anche lei, ne lo stil freddo infilzare.

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IV. Io non so che bestie sieno

Io non so che bestie sienole viventi, o Stelle, in voi;ma sien pur come si sieno,non essendo come noi,

questo è certo, che degli essericurïosi in voi saranno,che, si come noi, de l'esserela ragione non sapranno.

Voi non siete accese lampade,nè men chiodi da solaioconficcati in una splendidalastra concava d'acciaio;

se ben poco me ne torni,so che siete mostruosicorpi o fissi o perdigiornivia pei ciel silenziosi,

proprio come, e non v'incomodiil notturno paragone,questa sciocca enorme trottolache ci porta in su 'l groppone.

Ora, voi parete, o Stelle

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IV. Io non so che bestie sieno

Io non so che bestie sienole viventi, o Stelle, in voi;ma sien pur come si sieno,non essendo come noi,

questo è certo, che degli essericurïosi in voi saranno,che, si come noi, de l'esserela ragione non sapranno.

Voi non siete accese lampade,nè men chiodi da solaioconficcati in una splendidalastra concava d'acciaio;

se ben poco me ne torni,so che siete mostruosicorpi o fissi o perdigiornivia pei ciel silenziosi,

proprio come, e non v'incomodiil notturno paragone,questa sciocca enorme trottolache ci porta in su 'l groppone.

Ora, voi parete, o Stelle

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Page 59: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

splendienti costà sune la notte, tanto belle,che non v'è cane qua giù,

che non v'abbia insieme a moltigrandi e piccoli poeti,in latrati, o in versi sciolti,inni sciolto or tristi or lieti...

Però ho vivo desideriodi saper, Stelle, se puretra le bestie che in voi vivono,vi sia almeno un cane, oppure

un consimile animale,cui, veduta da lontano,la mia Terra piaccia, e qualese mai n'abbia pensier strano.

Come voi parete agli uomini,d'oro forse ella a voi pare?e non fango, o Stelle vigili?e non fango, o Stelle care?

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splendienti costà sune la notte, tanto belle,che non v'è cane qua giù,

che non v'abbia insieme a moltigrandi e piccoli poeti,in latrati, o in versi sciolti,inni sciolto or tristi or lieti...

Però ho vivo desideriodi saper, Stelle, se puretra le bestie che in voi vivono,vi sia almeno un cane, oppure

un consimile animale,cui, veduta da lontano,la mia Terra piaccia, e qualese mai n'abbia pensier strano.

Come voi parete agli uomini,d'oro forse ella a voi pare?e non fango, o Stelle vigili?e non fango, o Stelle care?

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V. Tu che a l'amico Massimo Gilorda

serenata ad Allegra

Tu che a l'amico Massimo Gilorda,meglio acconcio a uccellar a merli e a tordi,frullar fai tutto il mondo per la testa

così e cosìla notte e il dì,

o bella Allegra, non mi far la sorda;ma de la mia chitarra ai dolci accordisorridi in sonno prima, indi ti desta,

ti desta, or su!e vieni giù...

Io canto le canzoni innamorate,che a notte mi procacciano ventura,e fan gittar da le finestre a terra

(non so il perchè,nè dico te)

le donne che più paiono impietrate:Ma tu che ridi sempre, e d'ogni curascevra ti vivi, non mi dar più guerra:

Levati, su!e vieni giù...

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V. Tu che a l'amico Massimo Gilorda

serenata ad Allegra

Tu che a l'amico Massimo Gilorda,meglio acconcio a uccellar a merli e a tordi,frullar fai tutto il mondo per la testa

così e cosìla notte e il dì,

o bella Allegra, non mi far la sorda;ma de la mia chitarra ai dolci accordisorridi in sonno prima, indi ti desta,

ti desta, or su!e vieni giù...

Io canto le canzoni innamorate,che a notte mi procacciano ventura,e fan gittar da le finestre a terra

(non so il perchè,nè dico te)

le donne che più paiono impietrate:Ma tu che ridi sempre, e d'ogni curascevra ti vivi, non mi dar più guerra:

Levati, su!e vieni giù...

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Page 61: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

Vieni; io mi muoio dal disio d'amare;voglio una donna e non abbado a patto,che amor mi stringe e tiene in mala pena:

Odimi un po',odi, non fo

non fo non fo non fo che soffiare...Or la tòrrei, se mi venisse fatto,in fino a Cristo un'altra Maddalena!

Levati, su!e vieni giù.

Freme scorrendo in queste corde il suono,sì come il sangue per ogni mia vena:Oh sii tu acconcia a far quel che mi piace...

No sangue, no,sì fuoco m'ho,

e addormento il brucior ne l'abbandonodi questa rotta, e matta cantilena...Ladra del sonno, ladra de la pace,

levati, su!e vieni giù...

Un sospiretto sbadigliar non sai?Al buio, come il meglio puoi, ti vesti;sospingi l'uscio, divora le scale,

un salto, e a me!Tardi? oh perchè?

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Vieni; io mi muoio dal disio d'amare;voglio una donna e non abbado a patto,che amor mi stringe e tiene in mala pena:

Odimi un po',odi, non fo

non fo non fo non fo che soffiare...Or la tòrrei, se mi venisse fatto,in fino a Cristo un'altra Maddalena!

Levati, su!e vieni giù.

Freme scorrendo in queste corde il suono,sì come il sangue per ogni mia vena:Oh sii tu acconcia a far quel che mi piace...

No sangue, no,sì fuoco m'ho,

e addormento il brucior ne l'abbandonodi questa rotta, e matta cantilena...Ladra del sonno, ladra de la pace,

levati, su!e vieni giù...

Un sospiretto sbadigliar non sai?Al buio, come il meglio puoi, ti vesti;sospingi l'uscio, divora le scale,

un salto, e a me!Tardi? oh perchè?

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Page 62: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

Vedrai, bel giuoco!... vieni a me; vedrai...Allegra, oh via, ti desti o non ti desti?Oh che tu trema, non vi sia del male?

Levati, sue vieni giù...

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Vedrai, bel giuoco!... vieni a me; vedrai...Allegra, oh via, ti desti o non ti desti?Oh che tu trema, non vi sia del male?

Levati, sue vieni giù...

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VI. Già di ritorno, stagione dei fiori

Già di ritorno, stagione dei fiori,stagione degli amori?

Tra gli orrori de l'ultima vernatami s'era questa nozïon scordata,che c'è una primavera ne l'annata,per dar fiori a la terra e pace ai cuori.

E se non pace, o stagion nova, in fondo,d'ogni cura ne dà l'oblio giocondo:Di giovinezza vesti il vecchio mondo,e con ben fatta maschera innamori.

Sotto ogni fiore in tanto si nascondeun nudo e freddo teschio, che rispondeco 'l riso de la morte a le giocondevanità de la vita e ai nostri amori.

Già, l'ho veduto, quest'inverno, il grulloVecchio, sol rido al tuo crudel trastullo,che sì me 'l concia, ch'ei paia un fanciullo,e grinze e rughe imbiaccate di fiori.

Trista sei, ma pur bella. Io t'amo, e rido,ed il segreto del cuor mio t'affido:tu nascondilo dentro un vecchio nido

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VI. Già di ritorno, stagione dei fiori

Già di ritorno, stagione dei fiori,stagione degli amori?

Tra gli orrori de l'ultima vernatami s'era questa nozïon scordata,che c'è una primavera ne l'annata,per dar fiori a la terra e pace ai cuori.

E se non pace, o stagion nova, in fondo,d'ogni cura ne dà l'oblio giocondo:Di giovinezza vesti il vecchio mondo,e con ben fatta maschera innamori.

Sotto ogni fiore in tanto si nascondeun nudo e freddo teschio, che rispondeco 'l riso de la morte a le giocondevanità de la vita e ai nostri amori.

Già, l'ho veduto, quest'inverno, il grulloVecchio, sol rido al tuo crudel trastullo,che sì me 'l concia, ch'ei paia un fanciullo,e grinze e rughe imbiaccate di fiori.

Trista sei, ma pur bella. Io t'amo, e rido,ed il segreto del cuor mio t'affido:tu nascondilo dentro un vecchio nido

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Page 64: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

di rondine, o se vuoi, cantalo fuori.

Ma se ne nasce scandalo e vergogna,ai poeti del secolo rampognanon mover tu: Gli opprime tanta rogna,che non è cosa che non gli addolori.

E un'altra volta ti farò lamentodel brutto tempo; e dirò come il ventogl'inganni tutti ed ogni sentimentosoffiando dentro m'abbia tratto fuori.

Nel vecchio mondo, o non mai vecchia, tuda sei mil'anni, in tanto ed anche più,ancor ti piaci di ritornar susempre ad un modo, vestita di fiori.

Ma non ti s'è crepata ancor la pellesotto le rime a pioggia, a manatelle,in vario stile, in tutte le favelle?non ne hai cocciuole in carne e pizzicori?

Oggi i versi han l'umore de l'ortica,e ridon acre i vati: «Gran nimica,urlan la vita!» e il ciel gli benedica...Che cocomeri in corpo e che dolori!

Saluta Primavera, e va, canzone;dille il nome dei re vivi, LeoneXIII papa, idest prigione,

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di rondine, o se vuoi, cantalo fuori.

Ma se ne nasce scandalo e vergogna,ai poeti del secolo rampognanon mover tu: Gli opprime tanta rogna,che non è cosa che non gli addolori.

E un'altra volta ti farò lamentodel brutto tempo; e dirò come il ventogl'inganni tutti ed ogni sentimentosoffiando dentro m'abbia tratto fuori.

Nel vecchio mondo, o non mai vecchia, tuda sei mil'anni, in tanto ed anche più,ancor ti piaci di ritornar susempre ad un modo, vestita di fiori.

Ma non ti s'è crepata ancor la pellesotto le rime a pioggia, a manatelle,in vario stile, in tutte le favelle?non ne hai cocciuole in carne e pizzicori?

Oggi i versi han l'umore de l'ortica,e ridon acre i vati: «Gran nimica,urlan la vita!» e il ciel gli benedica...Che cocomeri in corpo e che dolori!

Saluta Primavera, e va, canzone;dille il nome dei re vivi, LeoneXIII papa, idest prigione,

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e quei che han fama, se tu non gl'ignori.

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e quei che han fama, se tu non gl'ignori.

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VII. Su i prim'anni ancora tenero

Cnf. Machiavelli

Su i prim'anni ancora tenero,Roderico di Castiglia(Belfagor arcidïavolo)lasciò Spagna e la famiglia.

In Soria visse; in Aleppeacquistò dovizia e onore;e in Italia, poi che seppech'è il paese de l'amore,

a tôr giovine più bella,dal desio d'amor portatose ne venne. La favelladel paese gli ha garbato,

e il bel cielo e il clima mite,e il bel suolo fruttuosode l'arancio e de la vite;ma il nero occhio pensieroso

de le donne del paese,il crin d' oro pettinatoe le labbra fine e accesedi più certo gli han garbato.

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VII. Su i prim'anni ancora tenero

Cnf. Machiavelli

Su i prim'anni ancora tenero,Roderico di Castiglia(Belfagor arcidïavolo)lasciò Spagna e la famiglia.

In Soria visse; in Aleppeacquistò dovizia e onore;e in Italia, poi che seppech'è il paese de l'amore,

a tôr giovine più bella,dal desio d'amor portatose ne venne. La favelladel paese gli ha garbato,

e il bel cielo e il clima mite,e il bel suolo fruttuosode l'arancio e de la vite;ma il nero occhio pensieroso

de le donne del paese,il crin d' oro pettinatoe le labbra fine e accesedi più certo gli han garbato.

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Ogni onesto fiorentinosa da un pezzo quest'istoria,e l'onesto cervellinocon onesta e grave boria

la rivolge, accarezzandol'amor proprio cittadino(ogni c dura aspirandoda sputato fiorentino):

Bella è Napoli e fangosa,è città da carnasciale;ma Firenze grazïosavive e pensa, genïale.

Roma sta su i colli assisa,grave, almen ne l'apparenze;l'Arno porta sabbia a Pisa,porta ciottoli a Firenze;

e a Firenze, a Ognissanti,Roderico elesse stanza,per nutrirvi de gli amantiil tormento e la speranza.

(E dirò fuori ballata,per usar discrezïone,che il demonio a l'impensatanon elesse, ma a ragione

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Ogni onesto fiorentinosa da un pezzo quest'istoria,e l'onesto cervellinocon onesta e grave boria

la rivolge, accarezzandol'amor proprio cittadino(ogni c dura aspirandoda sputato fiorentino):

Bella è Napoli e fangosa,è città da carnasciale;ma Firenze grazïosavive e pensa, genïale.

Roma sta su i colli assisa,grave, almen ne l'apparenze;l'Arno porta sabbia a Pisa,porta ciottoli a Firenze;

e a Firenze, a Ognissanti,Roderico elesse stanza,per nutrirvi de gli amantiil tormento e la speranza.

(E dirò fuori ballata,per usar discrezïone,che il demonio a l'impensatanon elesse, ma a ragione

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Page 68: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

veramente quella sede:Si procaccia gran venturachi vi esercita, si crede,la bell'arte de l'usura.)

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veramente quella sede:Si procaccia gran venturachi vi esercita, si crede,la bell'arte de l'usura.)

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VIII. Poi che Pompea, l'adultera, a levoglie

Poi che Pompea, l'adultera, a le vogliedel giovine, lascive apre le braccia,i fior di furto maritali coglieClodio, e ventura a notte si procaccia,quando Colui che già fu a Nicomedemoglie fatal, va d'altri amori in caccia.Dolci vezzi ha Pompea. Nuda concedegagliardamente tutta la persona,e vita e onore a un solo bacio cede.Stolto chi a tanto amor non s'abbandona!Crispo Sallustio il sa, che nova astuziapensa per riamar Fausta, matrona.Viva l'amor furtivo! In braccio a Muzia,romani, o a Lollia, o a Postumia, o a Tertulla!Egli solo non sa, che fine arguziao grave stile, in cui, tuonando, cullain sacro amor di patria, in concione,or di Roma in favor spreca per nulla,

urbano seccatore, Cicerone.

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VIII. Poi che Pompea, l'adultera, a levoglie

Poi che Pompea, l'adultera, a le vogliedel giovine, lascive apre le braccia,i fior di furto maritali coglieClodio, e ventura a notte si procaccia,quando Colui che già fu a Nicomedemoglie fatal, va d'altri amori in caccia.Dolci vezzi ha Pompea. Nuda concedegagliardamente tutta la persona,e vita e onore a un solo bacio cede.Stolto chi a tanto amor non s'abbandona!Crispo Sallustio il sa, che nova astuziapensa per riamar Fausta, matrona.Viva l'amor furtivo! In braccio a Muzia,romani, o a Lollia, o a Postumia, o a Tertulla!Egli solo non sa, che fine arguziao grave stile, in cui, tuonando, cullain sacro amor di patria, in concione,or di Roma in favor spreca per nulla,

urbano seccatore, Cicerone.

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Page 70: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

IX. Una vecchia parente e la figliuola

Una vecchia parente e la figliuola,di quarant'anni a pena,

ricorrendo non so che festicciuola,m'invitarono a cena.

La vecchia madre è stata al manicomiotre volte o quattro pazza.

La figliuola ha il furor del matrimonioe veste da ragazza.

Ma, ahimè, la pesca è andata male. Il pesceha fiutato l'insidia:

abbocca altrove. Ella ne gli anni cresce,e la guasta l'invidia.

Già è rimprosciuttita; il tempo or maipassa e nemmen la sfiora...

La zia mi chiede: «Quanti anni le dài?non n'ha ventitré ancora.»

Oh guarda caso! solo gli anni mieison cresciuti e gli affanni...

Ero ragazzo, e sì com' ora leiavea ventitré anni:

Me la ricordo a un vecchio uscier promessa,

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IX. Una vecchia parente e la figliuola

Una vecchia parente e la figliuola,di quarant'anni a pena,

ricorrendo non so che festicciuola,m'invitarono a cena.

La vecchia madre è stata al manicomiotre volte o quattro pazza.

La figliuola ha il furor del matrimonioe veste da ragazza.

Ma, ahimè, la pesca è andata male. Il pesceha fiutato l'insidia:

abbocca altrove. Ella ne gli anni cresce,e la guasta l'invidia.

Già è rimprosciuttita; il tempo or maipassa e nemmen la sfiora...

La zia mi chiede: «Quanti anni le dài?non n'ha ventitré ancora.»

Oh guarda caso! solo gli anni mieison cresciuti e gli affanni...

Ero ragazzo, e sì com' ora leiavea ventitré anni:

Me la ricordo a un vecchio uscier promessa,

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Page 71: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

tutta smorfie e moine,brutta così com'è, sempre l'istessa,

con quest'arti assassine...

Dal dì che l'uscio infilò l'usciere, ottocoltri ella in tutto ha ordito,

sempre sperando di schiacciarvi sottoun povero marito.

Ben vedo al fin, com'è l'Arte al presentein condizion non lieta,

se a la vecchia mia zia venir può in mentedar tal figlia a un poeta.

Io vado a farmi monaco: Ho paura!Troppo buona la cena,

e troppa ti prendesti di me cura,o quarantenne a pena.

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tutta smorfie e moine,brutta così com'è, sempre l'istessa,

con quest'arti assassine...

Dal dì che l'uscio infilò l'usciere, ottocoltri ella in tutto ha ordito,

sempre sperando di schiacciarvi sottoun povero marito.

Ben vedo al fin, com'è l'Arte al presentein condizion non lieta,

se a la vecchia mia zia venir può in mentedar tal figlia a un poeta.

Io vado a farmi monaco: Ho paura!Troppo buona la cena,

e troppa ti prendesti di me cura,o quarantenne a pena.

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X. Un coperchio di vecchia casseruola

Un coperchio di vecchia casseruolada i gobbi di scrignute bestie (o monti!)sorge, e i poeti de la nuova scuolada le liliacee fronti,

salutan Cintia. Come di zitellecisposi occhi, a quel canti vegetali,lappoleggiando diventan le stellefontini lacrimali.

Sale per la cerulea cartapestatra nubi di bambagia il rame (o lume!)e in un'enorme sputacchieradesta gialli desii d'untume:

«Ave, clarissimo radio d'ariento!su per le verdi perfidie del marenàviga, nàviga, nàviga lento,fa Sirene cantare.

Nàviga, nàviga, suscita, o radio,liquidi incendi nel mar sottostante:Luca ogni flutto, sì come al sol gladiod'acciaio battagliante».

Un barbagianni in tanto senza mora

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X. Un coperchio di vecchia casseruola

Un coperchio di vecchia casseruolada i gobbi di scrignute bestie (o monti!)sorge, e i poeti de la nuova scuolada le liliacee fronti,

salutan Cintia. Come di zitellecisposi occhi, a quel canti vegetali,lappoleggiando diventan le stellefontini lacrimali.

Sale per la cerulea cartapestatra nubi di bambagia il rame (o lume!)e in un'enorme sputacchieradesta gialli desii d'untume:

«Ave, clarissimo radio d'ariento!su per le verdi perfidie del marenàviga, nàviga, nàviga lento,fa Sirene cantare.

Nàviga, nàviga, suscita, o radio,liquidi incendi nel mar sottostante:Luca ogni flutto, sì come al sol gladiod'acciaio battagliante».

Un barbagianni in tanto senza mora

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Page 73: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

in torno al capo d'ogni vate svola,mentr'egli tasta, posa, gusta, odora,cantando, ogni parola.

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in torno al capo d'ogni vate svola,mentr'egli tasta, posa, gusta, odora,cantando, ogni parola.

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Page 74: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

XI. Mi ronzano intorno a le orecchie

Mi ronzano intorno a le orecchie,nel tedio, con suono confuso,sì come uno sciame di pecchie,

le vecchieparole sconciate dall’uso.

Ahi fiore non sboccia, o stuol nerodi pecchie, a quest'algido sole:nel fosco cervello più un fiero

pensieronon nasce, o sconciate parole.

Gli amor de la terra ed i vanipiaceri, le glorie ed i mali,pagani cristiani nostrani

estranipoeti (e son morti immortali)

han detto già tutto; ed i loropensieri, voi pigre, involuto,avete, aggirandovi a coro

sonoro,sì come le mosche uno sputo.

E nulla più a dire or ci resta.Anch'essa, la noia, ha trovato,

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XI. Mi ronzano intorno a le orecchie

Mi ronzano intorno a le orecchie,nel tedio, con suono confuso,sì come uno sciame di pecchie,

le vecchieparole sconciate dall’uso.

Ahi fiore non sboccia, o stuol nerodi pecchie, a quest'algido sole:nel fosco cervello più un fiero

pensieronon nasce, o sconciate parole.

Gli amor de la terra ed i vanipiaceri, le glorie ed i mali,pagani cristiani nostrani

estranipoeti (e son morti immortali)

han detto già tutto; ed i loropensieri, voi pigre, involuto,avete, aggirandovi a coro

sonoro,sì come le mosche uno sputo.

E nulla più a dire or ci resta.Anch'essa, la noia, ha trovato,

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Page 75: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

che m'introni la testa,molesta

legione, un poeta annoiato.

È vecchio, o vecchissime, il mondo.Sol una è la storia in eterno:Mutatis mutandis, in fondo

è tondopur sempre, e non ha che un sol perno.

E movemi a riso codestocontinuo ronzar che voi fate,qual vago per futil pretesto

ridestogrugnito di bimbe imbronciate.

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che m'introni la testa,molesta

legione, un poeta annoiato.

È vecchio, o vecchissime, il mondo.Sol una è la storia in eterno:Mutatis mutandis, in fondo

è tondopur sempre, e non ha che un sol perno.

E movemi a riso codestocontinuo ronzar che voi fate,qual vago per futil pretesto

ridestogrugnito di bimbe imbronciate.

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XII. O del pianeta Giove abitatore

O del pianeta Giove abitatore,per cortesia

qua giù disceso a far da professored'astronomia,

come par che mortal cosa terrenavoi già non siete:

la vostra lunga chioma nazarenaè da comete,

ma da comete popolate, credo,che troppo spesso

vi grattate la zucca, e sempre, vedo,nel punto istesso.

O professor d'astronomia rapitoserenamente

ne la contemplazion de l'infinito,ponete mente

a ciò che fa la vaga vostra moglie:la poverina

dicitur che un incomodo vi togliee ogni mattina,

mentre che voi studiate pei lunari,

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XII. O del pianeta Giove abitatore

O del pianeta Giove abitatore,per cortesia

qua giù disceso a far da professored'astronomia,

come par che mortal cosa terrenavoi già non siete:

la vostra lunga chioma nazarenaè da comete,

ma da comete popolate, credo,che troppo spesso

vi grattate la zucca, e sempre, vedo,nel punto istesso.

O professor d'astronomia rapitoserenamente

ne la contemplazion de l'infinito,ponete mente

a ciò che fa la vaga vostra moglie:la poverina

dicitur che un incomodo vi togliee ogni mattina,

mentre che voi studiate pei lunari,

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Page 77: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

massaia accorta,in casa le lunar con gli scolari

corna vi porta.

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massaia accorta,in casa le lunar con gli scolari

corna vi porta.

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XIII. La mia vicina, su 'l mattind'aprile

La mia vicina, su 'l mattin d'aprile,compresa ancora dei tepor del letto,esce al terrazzo, e al sol primaverilespiega i tesori del ricolmo petto.

Ella ha più grazie, la vicina, in quellaacconciatura che le cangia aspetto:Un camicino bianco, e una gonnelladi panno lano oscura. Io mai vedutocreatura più semplice e più bellanon ho. Dal mio poggiuolo la saluto;ed ecco, ella venendo al pilastrino,su cui ride beffardo un fauno arguto,mi risponde «Buon dì caro vicino»,e aggiunge. «Sogno ancora? o com'è andata?qual gallo v'ha cantato il mattutino?»Così, tra i fior, su la balaustrata,dei vasi messi in fila e con amorecoltivati da lei lungo l'annata,un grande anch'ella pare e vivo fiore.E dei fiori or mi parla, e d'una manosi fa solecchio. È certo che l'odore,io penso, s'ella è un vivo fiore umano,saran le sue parole (e in questo intralcio

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XIII. La mia vicina, su 'l mattind'aprile

La mia vicina, su 'l mattin d'aprile,compresa ancora dei tepor del letto,esce al terrazzo, e al sol primaverilespiega i tesori del ricolmo petto.

Ella ha più grazie, la vicina, in quellaacconciatura che le cangia aspetto:Un camicino bianco, e una gonnelladi panno lano oscura. Io mai vedutocreatura più semplice e più bellanon ho. Dal mio poggiuolo la saluto;ed ecco, ella venendo al pilastrino,su cui ride beffardo un fauno arguto,mi risponde «Buon dì caro vicino»,e aggiunge. «Sogno ancora? o com'è andata?qual gallo v'ha cantato il mattutino?»Così, tra i fior, su la balaustrata,dei vasi messi in fila e con amorecoltivati da lei lungo l'annata,un grande anch'ella pare e vivo fiore.E dei fiori or mi parla, e d'una manosi fa solecchio. È certo che l'odore,io penso, s'ella è un vivo fiore umano,saran le sue parole (e in questo intralcio

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un madrigale, che dirò persiano)– Cara vicina, o di che cuore un calciodarei con forza ad ogni vasellino,che vi sta in torno co 'l novello tralcio...Ogni vaso mi pare un cervellinodi moderno botanico poeta,che levi dal suo fango un inno finotra il cessin le pillaccole e la creta,e faccia fede dei non fatti studia la dolce stagione che l'allieta.Spesso, di notte, lumaconi ignudiquei metallici fiori, che son rime,infestano, ma voi coi piedi crudi,voi li schiacciate, e accorta, dal concimeanche i vermi traete, che la neraumida terra dal suo grasso esprime.Oh dei terrazzi sciocca primavera,sciocca di nuove rime fioritura!Mi duol che voi, vicina giardiniera,ve ne prendiate così assidua cura...Codesti fior che vi civettan smorti,non vi paion sforzi di naturaGuardate: I fauni ammiccano con tortiocchi da i pilastri-ni, argutamente;ma pur nei loro versi aspri e scontortilo sforzo de l'artefice si sente,e in quel sogghigno su i labri impietrato,una furbesca smorfia ridente.Due tartarughe, cui il sole ha scaldato;

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un madrigale, che dirò persiano)– Cara vicina, o di che cuore un calciodarei con forza ad ogni vasellino,che vi sta in torno co 'l novello tralcio...Ogni vaso mi pare un cervellinodi moderno botanico poeta,che levi dal suo fango un inno finotra il cessin le pillaccole e la creta,e faccia fede dei non fatti studia la dolce stagione che l'allieta.Spesso, di notte, lumaconi ignudiquei metallici fiori, che son rime,infestano, ma voi coi piedi crudi,voi li schiacciate, e accorta, dal concimeanche i vermi traete, che la neraumida terra dal suo grasso esprime.Oh dei terrazzi sciocca primavera,sciocca di nuove rime fioritura!Mi duol che voi, vicina giardiniera,ve ne prendiate così assidua cura...Codesti fior che vi civettan smorti,non vi paion sforzi di naturaGuardate: I fauni ammiccano con tortiocchi da i pilastri-ni, argutamente;ma pur nei loro versi aspri e scontortilo sforzo de l'artefice si sente,e in quel sogghigno su i labri impietrato,una furbesca smorfia ridente.Due tartarughe, cui il sole ha scaldato;

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su i torti piè s'inseguono, in amore,raspando il piano d'asfalto bruciato.Cara vicina, fatemi il favoredi rivoltare, a la rabbia del sole,su la scatola d'osso, pe 'l pudore,codeste sciocche e sozze bestiole,che sono, ahimè, per fare atto villano,mentre che noi facciam solo parole:

Le vedremo armeggiar, nel vuoto, in vano.

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su i torti piè s'inseguono, in amore,raspando il piano d'asfalto bruciato.Cara vicina, fatemi il favoredi rivoltare, a la rabbia del sole,su la scatola d'osso, pe 'l pudore,codeste sciocche e sozze bestiole,che sono, ahimè, per fare atto villano,mentre che noi facciam solo parole:

Le vedremo armeggiar, nel vuoto, in vano.

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INTERMEZZO LIETO

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INTERMEZZO LIETO

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I. Naviga lenta pei silenzi arcani

Naviga lenta pei silenzi arcanide la tranquilla notte, e l'ampio ascendearco sidereo la crescente Luna.

Ne la piena letizia del suo lumebeate il corso per l'immenso cieloseguono ondate nuvolette lievi.

Ma a tanta de le sfere alta quietel'infinita de l'acque sottopostadistesa con fragor vasto risponde;

come al sognato de le genti umanedivino Eliso, ove ogni affetto è muto,il perpetuo tumulto de la vita.

In vano il ciel su l'Inquieto eternoil suo velo purissimo distende,e tutto, in largo cerchio, lo ricinge:

Non ei s' acqueta; ma la terra muta,indocil mostro, senza posa battee con perenne lamentanza affligge.

Anima umana, e tal sei tu. Perdutane l'infinita immensità dei cieli,

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I. Naviga lenta pei silenzi arcani

Naviga lenta pei silenzi arcanide la tranquilla notte, e l'ampio ascendearco sidereo la crescente Luna.

Ne la piena letizia del suo lumebeate il corso per l'immenso cieloseguono ondate nuvolette lievi.

Ma a tanta de le sfere alta quietel'infinita de l'acque sottopostadistesa con fragor vasto risponde;

come al sognato de le genti umanedivino Eliso, ove ogni affetto è muto,il perpetuo tumulto de la vita.

In vano il ciel su l'Inquieto eternoil suo velo purissimo distende,e tutto, in largo cerchio, lo ricinge:

Non ei s' acqueta; ma la terra muta,indocil mostro, senza posa battee con perenne lamentanza affligge.

Anima umana, e tal sei tu. Perdutane l'infinita immensità dei cieli,

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su breve terra, inestimabil parte,

t'agiti e fremi, e dei tuoi vani amoripieno e degli odî tuoi vorresti il mondo,nè mai, che in tanto ciel, pensi, vanisce

del globo, ove ti stai, l'essere inane,quasi profumi di maligno fioreche dolorose al cielo apra le foglie.

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su breve terra, inestimabil parte,

t'agiti e fremi, e dei tuoi vani amoripieno e degli odî tuoi vorresti il mondo,nè mai, che in tanto ciel, pensi, vanisce

del globo, ove ti stai, l'essere inane,quasi profumi di maligno fioreche dolorose al cielo apra le foglie.

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II. Passammo ne la notte profumata

Passammo ne la notte profumata,per l'alta via tra taciti giardini,tu su l'omero mio leve poggiatala bella testa da i capelli fini,io su le labbra tue volto a succhiare,come dal fresco calice d'un fiore,coi lunghi baci il pieno oblio dei mali.Ma non udisti tu de i vegetaliin torno a noi, per l'aria tutta aulente,il fremito d'amore,le stelle non vedesti palpitareallor più intensamente,e l'indistinte voci, onde ai mortalinei momenti propizi al dolce inganno,la Terra parla, pietosa madre,e a sempre amar consiglia,tu non sentisti, o innamorata figlia.

Ben io l'intesi, e ne diceano: Vannocon passo lento i secoli nel nulla,e si portan con lorole umane genti (noverarle è in vano):Amate, amate, amate,nè mai, tranne l'amore, altro tesorosu me grama cercate.

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II. Passammo ne la notte profumata

Passammo ne la notte profumata,per l'alta via tra taciti giardini,tu su l'omero mio leve poggiatala bella testa da i capelli fini,io su le labbra tue volto a succhiare,come dal fresco calice d'un fiore,coi lunghi baci il pieno oblio dei mali.Ma non udisti tu de i vegetaliin torno a noi, per l'aria tutta aulente,il fremito d'amore,le stelle non vedesti palpitareallor più intensamente,e l'indistinte voci, onde ai mortalinei momenti propizi al dolce inganno,la Terra parla, pietosa madre,e a sempre amar consiglia,tu non sentisti, o innamorata figlia.

Ben io l'intesi, e ne diceano: Vannocon passo lento i secoli nel nulla,e si portan con lorole umane genti (noverarle è in vano):Amate, amate, amate,nè mai, tranne l'amore, altro tesorosu me grama cercate.

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In un attimo vano,se in un bacio d'amore lo chiudete,intera accoglieretee vivrete la vitade i secoli, de i secoli infinita.

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In un attimo vano,se in un bacio d'amore lo chiudete,intera accoglieretee vivrete la vitade i secoli, de i secoli infinita.

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III. Tale mi vien da te sana fortezza

Tale mi vien da te sana fortezzatranquillamente, o amore, e tal gentileserenità di pace, e tal vaghezzadi quanto è bello al mondo e giovanile,ch'io del tempo oblïando ora la stranadei mali ebbrezza, per cui l'ebbi a vile,e il tormento dei dubi, onde l'insanamente nostra folleggia, in cuor rivivola serena dei padri età pagana.Fluisce come chiaro e fresco rivosoavemente per ogni mia venala pace, ch'è un amor d'impeti schivo.Sia pur la terra di miserie piena,amo la terra, e a lei forte mi lego,e questo amore non mi dà mai pena.Ogni fede per lui vana rinnego,che l'uomo annienti e da lui dio escluda:Viltà, la fede. Al solo amor mi piego:

Venere bella, a me discendi, ignuda.

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III. Tale mi vien da te sana fortezza

Tale mi vien da te sana fortezzatranquillamente, o amore, e tal gentileserenità di pace, e tal vaghezzadi quanto è bello al mondo e giovanile,ch'io del tempo oblïando ora la stranadei mali ebbrezza, per cui l'ebbi a vile,e il tormento dei dubi, onde l'insanamente nostra folleggia, in cuor rivivola serena dei padri età pagana.Fluisce come chiaro e fresco rivosoavemente per ogni mia venala pace, ch'è un amor d'impeti schivo.Sia pur la terra di miserie piena,amo la terra, e a lei forte mi lego,e questo amore non mi dà mai pena.Ogni fede per lui vana rinnego,che l'uomo annienti e da lui dio escluda:Viltà, la fede. Al solo amor mi piego:

Venere bella, a me discendi, ignuda.

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IV. Tra il cupo verde l'ultime

Tra il cupo verde l'ultimedel vespro fiamme d'orol’alpestre bosco incendono.«Cessi, o genti, il lavoro».

Scende su i pian, beneficaiddia, la Pace a sera,e par tanto silenzioun'arcana preghiera.

Tinniscono le pendulecampane degli armenti,che riedono da i pascolial noto stabbio, lenti.

Gli uccelli tra i vecchi alberitripudiano vivaci,e il bosco par che s'animid'un scoppiettio di baci.

Oh se tu fossi, o tenerafanciulla, meco. In questatranquilla solitudined'amor che gioie e festa!

pe i viali che allungansi

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IV. Tra il cupo verde l'ultime

Tra il cupo verde l'ultimedel vespro fiamme d'orol’alpestre bosco incendono.«Cessi, o genti, il lavoro».

Scende su i pian, beneficaiddia, la Pace a sera,e par tanto silenzioun'arcana preghiera.

Tinniscono le pendulecampane degli armenti,che riedono da i pascolial noto stabbio, lenti.

Gli uccelli tra i vecchi alberitripudiano vivaci,e il bosco par che s'animid'un scoppiettio di baci.

Oh se tu fossi, o tenerafanciulla, meco. In questatranquilla solitudined'amor che gioie e festa!

pe i viali che allungansi

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sotto i tigli accoppiati,in su 'l languir del vesperoce n'andremmo abbracciati;

al passar nostro, tacitisu l'alto stelo i fioria noi s'inchinerebberocome servi a signori.

Io ti direi: «le nuvoleguarda, o fanciulla, comemisterïose naviganpe ’l chiaro cielo: il nome,

la vanità de gli uomini,l'ansie le pene il piantoesse in quest'ora assorbonosacra a l'amor soltanto;

e tutti ugual ci rendonosu la terra, o fanciulla,mentre, lievi, si portanole vanità nel nulla.»

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sotto i tigli accoppiati,in su 'l languir del vesperoce n'andremmo abbracciati;

al passar nostro, tacitisu l'alto stelo i fioria noi s'inchinerebberocome servi a signori.

Io ti direi: «le nuvoleguarda, o fanciulla, comemisterïose naviganpe ’l chiaro cielo: il nome,

la vanità de gli uomini,l'ansie le pene il piantoesse in quest'ora assorbonosacra a l'amor soltanto;

e tutti ugual ci rendonosu la terra, o fanciulla,mentre, lievi, si portanole vanità nel nulla.»

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V. Grato, o Lina, non più suonal'invito

nozze di Lina

Grato, o Lina, non più suona l'invitoal nume, e muore su le labbra in tanto,poi che il decoro de l'antico ritonon ride al canto.

E se l'amor per te dolce fortezzaserenamente in ogni vena spira,non trova, che ne esprima ansia ed ebrezza,eolia lira.

Non più vergini elette il dio, dal SantoElicona, Imeneo, che a l'amorosamaterna cura, cinto d'amaranto,tolga la sposa,

chiamano a coro; e non fanciulli in manosacre faci recando in gaia festa!Di tanta leggiadria nulla al profanosecolo resta.

Un desiderio vano. E sempre, in fugaansïosa, a l'età cara rivolapagana, e in tanto l'anima ne fruga

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V. Grato, o Lina, non più suonal'invito

nozze di Lina

Grato, o Lina, non più suona l'invitoal nume, e muore su le labbra in tanto,poi che il decoro de l'antico ritonon ride al canto.

E se l'amor per te dolce fortezzaserenamente in ogni vena spira,non trova, che ne esprima ansia ed ebrezza,eolia lira.

Non più vergini elette il dio, dal SantoElicona, Imeneo, che a l'amorosamaterna cura, cinto d'amaranto,tolga la sposa,

chiamano a coro; e non fanciulli in manosacre faci recando in gaia festa!Di tanta leggiadria nulla al profanosecolo resta.

Un desiderio vano. E sempre, in fugaansïosa, a l'età cara rivolapagana, e in tanto l'anima ne fruga

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senza parola,

e trema e freme. – Oh Venere immortale,unica dea, sorridi al desiderio...Sorgi, e ricanta l'inno rituale,Caio Valerio:

l'epitalamio a Manlio. – Ahi non più lieta,ne l'agonia del secolo che muore,suona la voce del latin poetaebra d'amore.

E sol la ripercote eco solennetra le rovine de l'età sepolta,e langue: Austera e ferma in su le penne,l'aquila ascolta.

Triste del secol nostro incombe e lento,Lina, il tramonto: e il sol, quasi di grecatragedia eroe morente, al cuor sgomento,occiduo, reca.

Ai nuovi amori, a le penose lottede la vita mortale, o Sol, dimanirisplenderai; ma in cuor tu sempre, o notte,fredda rimani.

E generose in tanto opere e fralioltraggia il tempo, e nel dissolvimentole più superbe vanità mortali

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senza parola,

e trema e freme. – Oh Venere immortale,unica dea, sorridi al desiderio...Sorgi, e ricanta l'inno rituale,Caio Valerio:

l'epitalamio a Manlio. – Ahi non più lieta,ne l'agonia del secolo che muore,suona la voce del latin poetaebra d'amore.

E sol la ripercote eco solennetra le rovine de l'età sepolta,e langue: Austera e ferma in su le penne,l'aquila ascolta.

Triste del secol nostro incombe e lento,Lina, il tramonto: e il sol, quasi di grecatragedia eroe morente, al cuor sgomento,occiduo, reca.

Ai nuovi amori, a le penose lottede la vita mortale, o Sol, dimanirisplenderai; ma in cuor tu sempre, o notte,fredda rimani.

E generose in tanto opere e fralioltraggia il tempo, e nel dissolvimentole più superbe vanità mortali

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affida al vento.

Oh solo Amor su l'anima d'obliodolce ha potere. E tu, Lina, a l'amorevivi, e devota a lui, che solo è dio,consacra il cuore.

Rotta l'imagin diva, ed in frantumiil tempio e l'ara; non più finto in marmiper mano d'un artefice di numi,non più nei carmi

sacri invocato e in prosodia solenne,egli pur vive eterno, e i dolci arcani,che, pretestato, in tra i misteri tennechiusi agli umani,

or chiari svela a chi, conscio d'affetti,presente il nume ne la febre sente,ed agli oscuri prima e arcani dettiapre la mente.

Sotto il Sole per Lui verde risorgela Terra: il Sol da l'alto con roventibaci la morde e la feconda. Porgeella frementi

di Cerere le bionde carni, e dovel'orma d'un bacio ancor brucia profondo,fiori ella esprime ed erbe e vite nove

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affida al vento.

Oh solo Amor su l'anima d'obliodolce ha potere. E tu, Lina, a l'amorevivi, e devota a lui, che solo è dio,consacra il cuore.

Rotta l'imagin diva, ed in frantumiil tempio e l'ara; non più finto in marmiper mano d'un artefice di numi,non più nei carmi

sacri invocato e in prosodia solenne,egli pur vive eterno, e i dolci arcani,che, pretestato, in tra i misteri tennechiusi agli umani,

or chiari svela a chi, conscio d'affetti,presente il nume ne la febre sente,ed agli oscuri prima e arcani dettiapre la mente.

Sotto il Sole per Lui verde risorgela Terra: il Sol da l'alto con roventibaci la morde e la feconda. Porgeella frementi

di Cerere le bionde carni, e dovel'orma d'un bacio ancor brucia profondo,fiori ella esprime ed erbe e vite nove

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dal sen fecondo.

Tu, nova sposa, vieni. Al tempio immensode la Natura, iniziata vieniai più dolci misteri. E il sangue e il senso,che freme e freni,

sentiran dentro l'amorosa voce,che scoppia con i fiori a primavera,con le chiare acqua da fremente foce,costante, vera,

in ogni luogo, da ogni aperta vena,la voce de l'immensa genituraprorompente dal sen de la serenamadre Natura.

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dal sen fecondo.

Tu, nova sposa, vieni. Al tempio immensode la Natura, iniziata vieniai più dolci misteri. E il sangue e il senso,che freme e freni,

sentiran dentro l'amorosa voce,che scoppia con i fiori a primavera,con le chiare acqua da fremente foce,costante, vera,

in ogni luogo, da ogni aperta vena,la voce de l'immensa genituraprorompente dal sen de la serenamadre Natura.

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VI. Da la stanza terrena, ove il miovecchio

la pioggia benefica.

Da la stanza terrena, ove il mio vecchiofattor governa, giungonmi le incultee maschie voci dei lavoratoridel campo, accolti in torno al desco amico;nè turban esse la quiete gravede la campestre casa, anzi le dànno,suonando ad ora ad or pacatamente,una solennità religïosa.Fuor la pioggia vien giù continua e lenta.La notte è buia, e senza vento. Un canelà giù, lontan, con pena lunga abbaia;ma il suo lamento nel silenzio muore,e ne dà un senso al cuor mesto e profondo.Sorgo, e da i vetri del balcon serrato,su cui la pioggia picchia e agevol goccia,mi perdo in seno a l'alta notte, assorto.Un improvviso pàlpito di lucedi tratto in tratto apre il ciel tenebroso,che dietro lui più nero si richiude.Ma nel verde baglior subitamentei monti in fondo foschi si disegnano

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VI. Da la stanza terrena, ove il miovecchio

la pioggia benefica.

Da la stanza terrena, ove il mio vecchiofattor governa, giungonmi le incultee maschie voci dei lavoratoridel campo, accolti in torno al desco amico;nè turban esse la quiete gravede la campestre casa, anzi le dànno,suonando ad ora ad or pacatamente,una solennità religïosa.Fuor la pioggia vien giù continua e lenta.La notte è buia, e senza vento. Un canelà giù, lontan, con pena lunga abbaia;ma il suo lamento nel silenzio muore,e ne dà un senso al cuor mesto e profondo.Sorgo, e da i vetri del balcon serrato,su cui la pioggia picchia e agevol goccia,mi perdo in seno a l'alta notte, assorto.Un improvviso pàlpito di lucedi tratto in tratto apre il ciel tenebroso,che dietro lui più nero si richiude.Ma nel verde baglior subitamentei monti in fondo foschi si disegnano

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in lungo ondeggiamento, e su, ne l'alto,le fluttuanti nuvole più dense.E in quest'attimo vivo luminosotutto l'insazïato occhio sorprendela pianura vastissima, beatasotto la pioggia lungamente attesa,ne l'atto che in sé, paga, la riceve.E nulla penso. Ascolto. L'abbandonovoluttuoso, immenso, de la terraanche me vince, ed è un languir soave.L'anima mia su i piani si diffondede le messi a goder tenere ancorala fresca, intima ebrezza, avidamente,mentre il vitale umor da le materneumide zolle assorbono, assetate;e de i tralci torcentisi per dolcespasimo al romper novo dei germoglipe i diritti filari del vigneto;e degli alberi in fior, da i forti ramirinverditi testé con l'april mite.In essi io vivo, e benedico il cieloe le vaganti nuvole ed il vento,che su noi le adunò, provvido, ieri.

Ma ad orïente or l'aria, ecco, s'allargaa un indizio di luce nel cinereovel che l'affigge. E più non piove. Straccheerran le nubi e torpide pe 'l cielo,quasi un soffio aspettanti, che le spingaa far del bene altrove. È buio ancora.

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in lungo ondeggiamento, e su, ne l'alto,le fluttuanti nuvole più dense.E in quest'attimo vivo luminosotutto l'insazïato occhio sorprendela pianura vastissima, beatasotto la pioggia lungamente attesa,ne l'atto che in sé, paga, la riceve.E nulla penso. Ascolto. L'abbandonovoluttuoso, immenso, de la terraanche me vince, ed è un languir soave.L'anima mia su i piani si diffondede le messi a goder tenere ancorala fresca, intima ebrezza, avidamente,mentre il vitale umor da le materneumide zolle assorbono, assetate;e de i tralci torcentisi per dolcespasimo al romper novo dei germoglipe i diritti filari del vigneto;e degli alberi in fior, da i forti ramirinverditi testé con l'april mite.In essi io vivo, e benedico il cieloe le vaganti nuvole ed il vento,che su noi le adunò, provvido, ieri.

Ma ad orïente or l'aria, ecco, s'allargaa un indizio di luce nel cinereovel che l'affigge. E più non piove. Straccheerran le nubi e torpide pe 'l cielo,quasi un soffio aspettanti, che le spingaa far del bene altrove. È buio ancora.

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Nero, sotto la fresca ombra, e indecisoperò già il pian si rappresenta al guardo.Cresce il chiaror de l'alba, e lentamentecominciano ad imbeversi di luile cose: ecco, tra rosei vapori,là i monti, quasi monstri in sonno accolti,qua gli alberi più grandi. Un gallo canta,ed un altro da lunge gli risponde.Oggi vedremo il sole. Oh come tuttamolle di pioggia e stanca si riposasotto i miei non gravati occhi dal sonnola Terra madre! Apro le imposte, e voi,fresche di primavera aure soavi,in fronte mi baciate. È puro, è sacroquest'odore che emanano le nerezolle bagnate: Il tuo respiro, o Madre,egli è, se pur di grazie un rendimentomuto e solenne al cielo or non intendi,grata, innalzar con esso. Or su, ti desta,ti desta, o Madre, ed al tuo eterno amante,al Sol ti volgi, e fervido ei ti baci,dopo questa d'amor notte feconda,luccicante di stille il verde manto.

Ecco, un'allegra lodola si levatrillando in alto per l'umido cielo,e saluta il bel dì di primavera.

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Nero, sotto la fresca ombra, e indecisoperò già il pian si rappresenta al guardo.Cresce il chiaror de l'alba, e lentamentecominciano ad imbeversi di luile cose: ecco, tra rosei vapori,là i monti, quasi monstri in sonno accolti,qua gli alberi più grandi. Un gallo canta,ed un altro da lunge gli risponde.Oggi vedremo il sole. Oh come tuttamolle di pioggia e stanca si riposasotto i miei non gravati occhi dal sonnola Terra madre! Apro le imposte, e voi,fresche di primavera aure soavi,in fronte mi baciate. È puro, è sacroquest'odore che emanano le nerezolle bagnate: Il tuo respiro, o Madre,egli è, se pur di grazie un rendimentomuto e solenne al cielo or non intendi,grata, innalzar con esso. Or su, ti desta,ti desta, o Madre, ed al tuo eterno amante,al Sol ti volgi, e fervido ei ti baci,dopo questa d'amor notte feconda,luccicante di stille il verde manto.

Ecco, un'allegra lodola si levatrillando in alto per l'umido cielo,e saluta il bel dì di primavera.

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VII. Io ti sento io ti sento tra questeacute spine

Io ti sento, io ti sento tra queste acute spine,onde giaccio nel mezzo del cammino

avvinto e strazïato, mentre sanguigno incombesu la terra d'un secolo il tramonto,

spirar d'anime denso, o de la vita novagagliardo vento, su la fronte fosca.

Fremono a l'urto i nervi, sì come tese cordedi cetra antica, ed ansio il petto anela,

però che al guardo assiduo indagator diradile stanti nebbie a l'orizzonte oscuro,

e di non mai veduti aspetti lo ricrei,ben che lontani e da un vel bigio afflitti.

Stupor novo, qual d'epici sogni meravigliosi,m'invade i sensi, e sol negli occhi ho vita.

Cadranno al poderoso fiato, cadranno, o vento,del vecchio mondo l'ultime rovine,

e fin le tracce estreme disperderai per sempre,e ogni vestigio di nostre miserie.

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VII. Io ti sento io ti sento tra questeacute spine

Io ti sento, io ti sento tra queste acute spine,onde giaccio nel mezzo del cammino

avvinto e strazïato, mentre sanguigno incombesu la terra d'un secolo il tramonto,

spirar d'anime denso, o de la vita novagagliardo vento, su la fronte fosca.

Fremono a l'urto i nervi, sì come tese cordedi cetra antica, ed ansio il petto anela,

però che al guardo assiduo indagator diradile stanti nebbie a l'orizzonte oscuro,

e di non mai veduti aspetti lo ricrei,ben che lontani e da un vel bigio afflitti.

Stupor novo, qual d'epici sogni meravigliosi,m'invade i sensi, e sol negli occhi ho vita.

Cadranno al poderoso fiato, cadranno, o vento,del vecchio mondo l'ultime rovine,

e fin le tracce estreme disperderai per sempre,e ogni vestigio di nostre miserie.

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Page 97: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

Sento la varia voce che da lungi mi rechiconfusa in te dei tempi che saranno,

e in lei l'anima assorta vive agognando l'opereventure, e gli ozî del presente occùpa.

Parlanmi lieve in torno (veracemente, io credo)quei che saran di noi gli eredi un giorno,

e son diffuse idee per l'etere viventepria ancor che salde sieno persone.

E da le loro voci, distinguibili a pena,intendo ben come ogni lotta nostra

ed ogni nostro affanno non sian già stati in vano,però che il frutto varrà bene il fiore

di nostra età caduto assai miseramentesenza d'april sorriso, o d'aura bacio.

Così il dissidio interno nel tempestato pettosi tace e tutto lietamente oblio

in un vasto tranquillo non mai provato sognoda un fresco lume e limpido sorriso,

qual d'autunnale vespro, allor che, bianca iddiasu le terre e su i mar scende la Pace.

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Sento la varia voce che da lungi mi rechiconfusa in te dei tempi che saranno,

e in lei l'anima assorta vive agognando l'opereventure, e gli ozî del presente occùpa.

Parlanmi lieve in torno (veracemente, io credo)quei che saran di noi gli eredi un giorno,

e son diffuse idee per l'etere viventepria ancor che salde sieno persone.

E da le loro voci, distinguibili a pena,intendo ben come ogni lotta nostra

ed ogni nostro affanno non sian già stati in vano,però che il frutto varrà bene il fiore

di nostra età caduto assai miseramentesenza d'april sorriso, o d'aura bacio.

Così il dissidio interno nel tempestato pettosi tace e tutto lietamente oblio

in un vasto tranquillo non mai provato sognoda un fresco lume e limpido sorriso,

qual d'autunnale vespro, allor che, bianca iddiasu le terre e su i mar scende la Pace.

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VIII. Teco sogno passar per lamemoria

Teco sogno passar per la memoriade le lontane genti, o amica tenera,quante volte la Terra, da le nebbiedisciolta rinnovellisi;

sogno passar si come due fantasimidi pace apportatori in mezzo agli uominid'un mio canto perenne ricordevolia la stagione florida;

strette in un puro amplesso l'ombre e l'anime,io con un braccio a la tua vita, trepido,e tu co 'l capo dolcemente languidodel tuo fedel su l' omero.

Incende il vespro ad onor nostro e gloriapacatamente i piani e freschi effluvi,quasi sospiri, i novi fior ci mandanodai variopinti calici.

Il fronte molle di sudor da l'operagrave gli adusti agricoltori levanoa noi guardare, e con letizia esclamano:«Ombre di pace, amateci».

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VIII. Teco sogno passar per lamemoria

Teco sogno passar per la memoriade le lontane genti, o amica tenera,quante volte la Terra, da le nebbiedisciolta rinnovellisi;

sogno passar si come due fantasimidi pace apportatori in mezzo agli uominid'un mio canto perenne ricordevolia la stagione florida;

strette in un puro amplesso l'ombre e l'anime,io con un braccio a la tua vita, trepido,e tu co 'l capo dolcemente languidodel tuo fedel su l' omero.

Incende il vespro ad onor nostro e gloriapacatamente i piani e freschi effluvi,quasi sospiri, i novi fior ci mandanodai variopinti calici.

Il fronte molle di sudor da l'operagrave gli adusti agricoltori levanoa noi guardare, e con letizia esclamano:«Ombre di pace, amateci».

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È sogno pien di luce e pieno d'aria:Lieve e limpida forma gli dà l'anima,nel lontano avvenire inconcepibilebeatamente naufraga.

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È sogno pien di luce e pieno d'aria:Lieve e limpida forma gli dà l'anima,nel lontano avvenire inconcepibilebeatamente naufraga.

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MOMENTANEE

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MOMENTANEE

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I. Dolci voci lontane

Dolci voci lontanepe 'l notturno silenzionel buio denso traggonmil'anima or qua or là,

e l'anima a le vanevoci, si come tremuloriflesso d'acqua mobilepe 'l tetto, intenta va.

Ditemi, o voci, dite:da quali labbra roseeuscite carezzevoli,e perchè mai, perchè?

Siete un inganno mitee insieme strazïevole,voci de le memoriesparse d'intorno a me.

Là giù, su 'l vasto piano,ove or la notte squallidasiede e il freddo silenzio,io le parlai d'amor...

ed or l'inganno strano

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I. Dolci voci lontane

Dolci voci lontanepe 'l notturno silenzionel buio denso traggonmil'anima or qua or là,

e l'anima a le vanevoci, si come tremuloriflesso d'acqua mobilepe 'l tetto, intenta va.

Ditemi, o voci, dite:da quali labbra roseeuscite carezzevoli,e perchè mai, perchè?

Siete un inganno mitee insieme strazïevole,voci de le memoriesparse d'intorno a me.

Là giù, su 'l vasto piano,ove or la notte squallidasiede e il freddo silenzio,io le parlai d'amor...

ed or l'inganno strano

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ripete a me le trepidesue parole, dolci alitidi già odorato fior.

Là, su quel bosco alpestre,le più bizzarre favole,sì come erbe selvatiche,rupper dal mio cervel:

ora le voci destredi lassu mi ripetonoquei miei sogni fantasticipe 'l fantastico ciel.

Ditemi, o voci, dite:perchè dentro la squallidanotte chiamate l'anima?e destarvi, perchè?

Siete un inganno mitee insieme strazïevole,voci de le memoriesparse d'intorno a me.

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ripete a me le trepidesue parole, dolci alitidi già odorato fior.

Là, su quel bosco alpestre,le più bizzarre favole,sì come erbe selvatiche,rupper dal mio cervel:

ora le voci destredi lassu mi ripetonoquei miei sogni fantasticipe 'l fantastico ciel.

Ditemi, o voci, dite:perchè dentro la squallidanotte chiamate l'anima?e destarvi, perchè?

Siete un inganno mitee insieme strazïevole,voci de le memoriesparse d'intorno a me.

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Page 103: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

II. Quasi sottil ferita rilucente

Quasi sottil ferita rilucente,nel cerulo, il postremo arco lunare,ai primi e freschi albori d'orïente,trema e qual bianco cirro in lui dispare.Pia madre in tanto di novella aulenteprole, la Terra, al bacio salutaresi rivolge del sole, e lo presentede l'erbe in fiore al vasto palpitare.

De lo stabbio, a una voce, il fitto greggebelando rompe la custodia, e sbranca;ma il pastore con l'asta lo corregge,mentre il suo cane gli arguti occhi puntasu una trillante lodoletta franca,ferma su l'ale innanzi al sol che spunta.

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II. Quasi sottil ferita rilucente

Quasi sottil ferita rilucente,nel cerulo, il postremo arco lunare,ai primi e freschi albori d'orïente,trema e qual bianco cirro in lui dispare.Pia madre in tanto di novella aulenteprole, la Terra, al bacio salutaresi rivolge del sole, e lo presentede l'erbe in fiore al vasto palpitare.

De lo stabbio, a una voce, il fitto greggebelando rompe la custodia, e sbranca;ma il pastore con l'asta lo corregge,mentre il suo cane gli arguti occhi puntasu una trillante lodoletta franca,ferma su l'ale innanzi al sol che spunta.

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III. Quando le lungo faticate vene

Quando le lungo faticate venel'ardore giovenil più non riscalda,e come stanco fior, de gli autunnalirigidi venti a l'urto, in sen la fedecrolla indifesa, e annebbiansi le careimagini serene e la focosaaudacia balda in reo sopor si scioglie;tu allor, gigante severo, t'imponia le menti impassibile, e vi spiriun alito mortal, che tutte prostrale membra, o Dubbio; e ogni conforto langue.Bianche colombe, di desio nudritee di speranze, il petto dolorosodisertano gl'inganni, a uno a unocon grido strazïevole fuggendo.E l'anima, che dianzi al volo apriale vaghe ali vêr l'alto, ora, assalita,tra le tue strette torcesi e repugna;ma le sue forze e sé dentro, sì comenovo germoglio pazïente, sottodura scorza su 'l rompere represso,in lunghissimo spasimo consuma.

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III. Quando le lungo faticate vene

Quando le lungo faticate venel'ardore giovenil più non riscalda,e come stanco fior, de gli autunnalirigidi venti a l'urto, in sen la fedecrolla indifesa, e annebbiansi le careimagini serene e la focosaaudacia balda in reo sopor si scioglie;tu allor, gigante severo, t'imponia le menti impassibile, e vi spiriun alito mortal, che tutte prostrale membra, o Dubbio; e ogni conforto langue.Bianche colombe, di desio nudritee di speranze, il petto dolorosodisertano gl'inganni, a uno a unocon grido strazïevole fuggendo.E l'anima, che dianzi al volo apriale vaghe ali vêr l'alto, ora, assalita,tra le tue strette torcesi e repugna;ma le sue forze e sé dentro, sì comenovo germoglio pazïente, sottodura scorza su 'l rompere represso,in lunghissimo spasimo consuma.

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IV. Ogni attimo che fuggem'ammaestra

Ogni attimo che fugge m'ammaestra:Assiduo indagator d'ignoti benisia tu. Ratto che il tempo mi balestra,uomo o forza non è che più m'affreni.Or godi in fin che la tua vita è destra,e ti paiano miei tutti i veleniche suggerai, come ape industriosa,nel giardin de la vita dolorosa.

Ogni ideale è in van s'egli t'impaccia,e stolto sei se mai d'un ben ti priviper un rispetto sociale. Stracciale leggi; tu l'hai scritto, e tu mentivi.

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IV. Ogni attimo che fuggem'ammaestra

Ogni attimo che fugge m'ammaestra:Assiduo indagator d'ignoti benisia tu. Ratto che il tempo mi balestra,uomo o forza non è che più m'affreni.Or godi in fin che la tua vita è destra,e ti paiano miei tutti i veleniche suggerai, come ape industriosa,nel giardin de la vita dolorosa.

Ogni ideale è in van s'egli t'impaccia,e stolto sei se mai d'un ben ti priviper un rispetto sociale. Stracciale leggi; tu l'hai scritto, e tu mentivi.

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V. Si come donna, cui non più desio

Si come donna, cui non più desiopunga di novi affetti e di gagliardiamplessi, e dica ai dolci inganni addio;volge la Terra, o sol che immoto guardi,a te le spalle, austeramente muta,quasi che solo di dormir le tardi,e nè pur, vecchio amante, ti saluta.Diman ti rivedrà. Squallida, enorme,in un manto di tenebre involutafitte di cupi sogni erranti a torme,ora prosegue per lo spazio il vanofatale andar su l'immutabil orme.E lungo il vento, come un urlo umano,geme a la furia de l'impetuosasua corsa. Ed io vagheggio un pensier strano,in una visïone mostruosa.

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V. Si come donna, cui non più desio

Si come donna, cui non più desiopunga di novi affetti e di gagliardiamplessi, e dica ai dolci inganni addio;volge la Terra, o sol che immoto guardi,a te le spalle, austeramente muta,quasi che solo di dormir le tardi,e nè pur, vecchio amante, ti saluta.Diman ti rivedrà. Squallida, enorme,in un manto di tenebre involutafitte di cupi sogni erranti a torme,ora prosegue per lo spazio il vanofatale andar su l'immutabil orme.E lungo il vento, come un urlo umano,geme a la furia de l'impetuosasua corsa. Ed io vagheggio un pensier strano,in una visïone mostruosa.

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VI. Sento ne l'amarezza quanto lavita vale

Sento ne l'amarezza quanto la vita vale:Ch'io non ti giunga mai, mio superbo ideale!

Soffrir, lottare io voglio:Naufrago, in mezzo il mare,veder lungi uno scoglio,e nuotare... e nuotare.

Beni non ha la terra che una volta godutiai nostri occhi non paiano già d'ogni pregio muti.

Dato non sia fruiredi ciò che il cuore adora:«Fammi, o donna, soffrire,e t'amerò lung'ora.»

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VI. Sento ne l'amarezza quanto lavita vale

Sento ne l'amarezza quanto la vita vale:Ch'io non ti giunga mai, mio superbo ideale!

Soffrir, lottare io voglio:Naufrago, in mezzo il mare,veder lungi uno scoglio,e nuotare... e nuotare.

Beni non ha la terra che una volta godutiai nostri occhi non paiano già d'ogni pregio muti.

Dato non sia fruiredi ciò che il cuore adora:«Fammi, o donna, soffrire,e t'amerò lung'ora.»

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VII. Dal dì che il dio racchiuso

Dal dì che il dio racchiusoentro il mio sen, si come in cinerariaantica urna, destossi e a vol per l'aria

lo spirito deluso,

lo spirito mortalein alto, in alto, per gli spazi vanispoglio mi balestrò d'affetti umani,

quasi da l'arco strale;

e naufragai smarrito oltre l'azzurro, nei silenzi oscuri,e corsi (anima, pensi e ti spauri)

le vie de l'infinito;

altro da quel ch'io erasu la Terra, tra gli uomini discesi,però che tutta dolorando appresi

nostra miseria vera.

Or non è cosa alcunache più mi piaccia o m'addolori. Sentola viltà de la terra, e non lamento

nostri casi e fortuna.

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VII. Dal dì che il dio racchiuso

Dal dì che il dio racchiusoentro il mio sen, si come in cinerariaantica urna, destossi e a vol per l'aria

lo spirito deluso,

lo spirito mortalein alto, in alto, per gli spazi vanispoglio mi balestrò d'affetti umani,

quasi da l'arco strale;

e naufragai smarrito oltre l'azzurro, nei silenzi oscuri,e corsi (anima, pensi e ti spauri)

le vie de l'infinito;

altro da quel ch'io erasu la Terra, tra gli uomini discesi,però che tutta dolorando appresi

nostra miseria vera.

Or non è cosa alcunache più mi piaccia o m'addolori. Sentola viltà de la terra, e non lamento

nostri casi e fortuna.

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Page 109: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

VIII. Eterno, eterno, eterno

«Eterno, eterno, eterno,»urla di fuori il vento.Dentro, il dissidio internoruggere in sen mi sento.

Sento de l'egra vita,d'ogni lotta tenacela vanità infinita:Sospir vano, la pace.

A spegnere la setedel mio lungo desioacqua non v'è di Lete:Sospir vano, l'oblio.

Ecco, rinunzia ad ognialto ideal la mente;fuggon da gli occhi i sognicon voi tardo e silente.

Labbri di donna, fiorida i calici esalantii veleni, i tesori,ond'ebri van gli amanti;

non chiedo a voi più sciocchi

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VIII. Eterno, eterno, eterno

«Eterno, eterno, eterno,»urla di fuori il vento.Dentro, il dissidio internoruggere in sen mi sento.

Sento de l'egra vita,d'ogni lotta tenacela vanità infinita:Sospir vano, la pace.

A spegnere la setedel mio lungo desioacqua non v'è di Lete:Sospir vano, l'oblio.

Ecco, rinunzia ad ognialto ideal la mente;fuggon da gli occhi i sognicon voi tardo e silente.

Labbri di donna, fiorida i calici esalantii veleni, i tesori,ond'ebri van gli amanti;

non chiedo a voi più sciocchi

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baci, non più parole:Già de l'amore agli occhimiei si nasconde il sole.

Gloria, fatal sirena,rido il tuo vano incanto.Di greve tedio piena,senza riso nè pianto,

non più triste nè lieta,tra le maligne spinel'anima mia s'acquetaaspettando la fine:

orba di ciò che piace,dietro il suo van desio:Sospir vano, la pace,Sospir vano, l'oblio.

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baci, non più parole:Già de l'amore agli occhimiei si nasconde il sole.

Gloria, fatal sirena,rido il tuo vano incanto.Di greve tedio piena,senza riso nè pianto,

non più triste nè lieta,tra le maligne spinel'anima mia s'acquetaaspettando la fine:

orba di ciò che piace,dietro il suo van desio:Sospir vano, la pace,Sospir vano, l'oblio.

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IX. Dolce da Monte Porzio il rimirare

Dolce da Monte Porzio il rimiraredi contro i monti là de la Sabinaondeggiante di biade, come mare,la pianura vastissima latina.I Castelli romani, sì come arepropizianti a la lor gran vicina,siedon su i verdi colli a rimirareRoma eterna, là giù, l'Urbe divina.

Ma pe 'l cielo di maggio radiante,tra una folla di rondini canorae il fresco odor de le novelle piante,la memoria de i secoli svapora,e del presente sol vivo dinante,o latin piano, il cuore s'innamora.

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IX. Dolce da Monte Porzio il rimirare

Dolce da Monte Porzio il rimiraredi contro i monti là de la Sabinaondeggiante di biade, come mare,la pianura vastissima latina.I Castelli romani, sì come arepropizianti a la lor gran vicina,siedon su i verdi colli a rimirareRoma eterna, là giù, l'Urbe divina.

Ma pe 'l cielo di maggio radiante,tra una folla di rondini canorae il fresco odor de le novelle piante,la memoria de i secoli svapora,e del presente sol vivo dinante,o latin piano, il cuore s'innamora.

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X. Fuggono i giorni miei sì comeaccolti

Fuggono i giorni miei sì come accoltiin un momento, e un'acerbezza durasolo nel cuor mi lasciano, ché moltiquasi fuor d'ogni vita, in vana cura,ne ho di già spesi inutilmente, e cortocammin prescrisse ai giorni miei natura.Dàmmi tu pace, amor, dàmmi conforto:menzogne io chiedo, e ingannami se puoi!Entro il cervello un mondo vano porto...A te mi lega innanzi che m'ingoiil vortice fatale, o pia fanciulla:Un sogno ancora, una menzogna, e poila nera e fredda eternità del nulla.

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X. Fuggono i giorni miei sì comeaccolti

Fuggono i giorni miei sì come accoltiin un momento, e un'acerbezza durasolo nel cuor mi lasciano, ché moltiquasi fuor d'ogni vita, in vana cura,ne ho di già spesi inutilmente, e cortocammin prescrisse ai giorni miei natura.Dàmmi tu pace, amor, dàmmi conforto:menzogne io chiedo, e ingannami se puoi!Entro il cervello un mondo vano porto...A te mi lega innanzi che m'ingoiil vortice fatale, o pia fanciulla:Un sogno ancora, una menzogna, e poila nera e fredda eternità del nulla.

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XI. Ne la primaveril molle quiete

Nella primaveril molle quiete,mentre i fiori sbadigliano l'usatoinno odoroso al sol, quasi segretesmanie del tempo, ora che il ciel velatolievemente han le nuvole, un lontanosordo romor di tuoni odo, e m'è grato.È forse l'eco d'un mio affetto vano,che si perde nei cieli aspra, con pena,come voce che chiami l'uragano

a turbar de le vie l'eterna scena?

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XI. Ne la primaveril molle quiete

Nella primaveril molle quiete,mentre i fiori sbadigliano l'usatoinno odoroso al sol, quasi segretesmanie del tempo, ora che il ciel velatolievemente han le nuvole, un lontanosordo romor di tuoni odo, e m'è grato.È forse l'eco d'un mio affetto vano,che si perde nei cieli aspra, con pena,come voce che chiami l'uragano

a turbar de le vie l'eterna scena?

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XII. Vorrei veder bandiere a ognibalcone

Vorrei veder bandiere a ogni balcone,e de i monelli udir l'allegro corotra un animato andare di persone,e per le vie, che d'una luce d'orol'ultimo raggio del tramonto avviva,udir le genti a conversar tra loro:calda su i labbri la parola e vivasì come fiamma, e un romorio confuso,una voce continua giulivacorrere la città, dismesso l'usodel giornaliero traffico, e l'usatomodo di vita da ogni gente escluso,

per folle entusïasmo irrefrenato.

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XII. Vorrei veder bandiere a ognibalcone

Vorrei veder bandiere a ogni balcone,e de i monelli udir l'allegro corotra un animato andare di persone,e per le vie, che d'una luce d'orol'ultimo raggio del tramonto avviva,udir le genti a conversar tra loro:calda su i labbri la parola e vivasì come fiamma, e un romorio confuso,una voce continua giulivacorrere la città, dismesso l'usodel giornaliero traffico, e l'usatomodo di vita da ogni gente escluso,

per folle entusïasmo irrefrenato.

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XIII. Stanco di dare quasi preda alvento

Stanco di dare, quasi preda al vento,le forze e i giorni a conseguir l'umanoalto ideale del conoscimento,triste in braccio al piacer mi spinge vanoad oblïarmi, il mesto intendimentoche ogni nostro indagar riesce in vano;e novi cerco godimenti, e il sensoa ripor de la vita in essi penso.

Raggiunto l'ideal che n'è concessoa poco a poco da un'ignota sorte,avrà fine la vita: Ogni progressoè attuoso cammin verso la morte.

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XIII. Stanco di dare quasi preda alvento

Stanco di dare, quasi preda al vento,le forze e i giorni a conseguir l'umanoalto ideale del conoscimento,triste in braccio al piacer mi spinge vanoad oblïarmi, il mesto intendimentoche ogni nostro indagar riesce in vano;e novi cerco godimenti, e il sensoa ripor de la vita in essi penso.

Raggiunto l'ideal che n'è concessoa poco a poco da un'ignota sorte,avrà fine la vita: Ogni progressoè attuoso cammin verso la morte.

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XIV. Pe ’l cielo, su le tacite case buie

Pe ’l cielo, su le tacite case buie,una divina vergine pïetosa,ne la notte d'aprile cerula, passa.Lieve, tra silenzi puri, salïentela fredda Luna scorta il viaggio pio.Di frondi pieno, pieno di fiori il grembo,la pïetosa passa, quei fior lasciandoa caso e quelle frondi sparte cadereda le man pure su le tacite case.«Ave, Ave, Ave, purissima Pace,eterno de l'anime stanche sospiro!»Solo su 'l tetto mio non cade mai foglia,però che amico, di visïoni mitidatore, il Sonno sovr'esso non discende,e dal ciel stella amica non veglia su me.

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XIV. Pe ’l cielo, su le tacite case buie

Pe ’l cielo, su le tacite case buie,una divina vergine pïetosa,ne la notte d'aprile cerula, passa.Lieve, tra silenzi puri, salïentela fredda Luna scorta il viaggio pio.Di frondi pieno, pieno di fiori il grembo,la pïetosa passa, quei fior lasciandoa caso e quelle frondi sparte cadereda le man pure su le tacite case.«Ave, Ave, Ave, purissima Pace,eterno de l'anime stanche sospiro!»Solo su 'l tetto mio non cade mai foglia,però che amico, di visïoni mitidatore, il Sonno sovr'esso non discende,e dal ciel stella amica non veglia su me.

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XV. Sono, io dico, come un uomo chesi sia

Sono, io dico, come un uomo che si sialentamente rinvenuto,dopo un lungo tra memorie doloroseangosciare, e al fin respira.

Sono come senza meta un vïandanteche, da fiero turbin colto,scampa al vento, che ruggendo l'ha stordito,sotto un tetto abbandonato.

Non memorie, non dolori. Sono in predaa un confuso stupor vago,levemente di lontani dolor conscio,di lontani desideri.

E un fantastico stupor di sogni straniho negli occhi, e parmi al guardouna luce fresca e mite alberghi il cielooltre i limiti visivi.

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XV. Sono, io dico, come un uomo chesi sia

Sono, io dico, come un uomo che si sialentamente rinvenuto,dopo un lungo tra memorie doloroseangosciare, e al fin respira.

Sono come senza meta un vïandanteche, da fiero turbin colto,scampa al vento, che ruggendo l'ha stordito,sotto un tetto abbandonato.

Non memorie, non dolori. Sono in predaa un confuso stupor vago,levemente di lontani dolor conscio,di lontani desideri.

E un fantastico stupor di sogni straniho negli occhi, e parmi al guardouna luce fresca e mite alberghi il cielooltre i limiti visivi.

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XVI. Su ’l piano, a la furia del vento

Su ’l piano, a la furia del vento,la triste de l'erbe onda verde,s'atterra, d'angoscia un lamentosoffiando, che serpe e si perde.

Ne l'aria commossa è uno strazio:Se stessa in sè lacera e fugge,divora, impazzata, lo spazio,e abbatte ogni ostacolo e rugge.

In vano, nel ciel tenebroso,di luce un sospiro e di pacesuade co 'l vespro al riposo:Non l'ira del tempo si tace.

Ne l'aria è uno spasimo atroce:Lontan, là giù, in fondo, lontano,in preda al gran vento una voces'allunga in un gemito vano.

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XVI. Su ’l piano, a la furia del vento

Su ’l piano, a la furia del vento,la triste de l'erbe onda verde,s'atterra, d'angoscia un lamentosoffiando, che serpe e si perde.

Ne l'aria commossa è uno strazio:Se stessa in sè lacera e fugge,divora, impazzata, lo spazio,e abbatte ogni ostacolo e rugge.

In vano, nel ciel tenebroso,di luce un sospiro e di pacesuade co 'l vespro al riposo:Non l'ira del tempo si tace.

Ne l'aria è uno spasimo atroce:Lontan, là giù, in fondo, lontano,in preda al gran vento una voces'allunga in un gemito vano.

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TRISTE

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TRISTE

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I. Bruciai le vecchie carte. Or via,l'alacre

Bruciai le vecchie carte. Or via, l'alacrea me lotta, e il tumulto de le coseperpetuo. A me l'odio e l'amore, e l'acremorso dei forti affetti, e le focoseaudacie, e le frementi ansie. Dal pettopieno di sdegno strappo le gravosecure, che m'han sì fieramente stretto:Naufragare or voglio nel voracemare inquïeto de l'umano affetto.Solo così, se dentro il cuor si tace,me ne gli altri oblïando e in quel febrilecontinuo agitamento senza pace,

la viltà umana non avrò più a vile.

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I. Bruciai le vecchie carte. Or via,l'alacre

Bruciai le vecchie carte. Or via, l'alacrea me lotta, e il tumulto de le coseperpetuo. A me l'odio e l'amore, e l'acremorso dei forti affetti, e le focoseaudacie, e le frementi ansie. Dal pettopieno di sdegno strappo le gravosecure, che m'han sì fieramente stretto:Naufragare or voglio nel voracemare inquïeto de l'umano affetto.Solo così, se dentro il cuor si tace,me ne gli altri oblïando e in quel febrilecontinuo agitamento senza pace,

la viltà umana non avrò più a vile.

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II. Ecco la folla. – Chierici e beoni

Ecco la folla. – Chierici e beoni,giovani e vecchi, femine ed ostieri,soldati, rivenduglioli, accattoni,voi nati d'ozio e di lascivia, seriuomini no, ma pance, lieti amanti,bottegai, vetturini, gazzettieri,voi vagheggini, anzi stoffe ambulanti,donne vendute da l'inceder franco,goffe nutrici, e voi dame eleganti,quale strano spettacolo a lo stancodi rimirar, non sazio, occhio offeritecosì male accozzate in largo branco.Oh vïaggio curioso de le vitesciocche d'innumerabili mortali!Oh per le vie de le città spedite,

che retata di drammi originali!...

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II. Ecco la folla. – Chierici e beoni

Ecco la folla. – Chierici e beoni,giovani e vecchi, femine ed ostieri,soldati, rivenduglioli, accattoni,voi nati d'ozio e di lascivia, seriuomini no, ma pance, lieti amanti,bottegai, vetturini, gazzettieri,voi vagheggini, anzi stoffe ambulanti,donne vendute da l'inceder franco,goffe nutrici, e voi dame eleganti,quale strano spettacolo a lo stancodi rimirar, non sazio, occhio offeritecosì male accozzate in largo branco.Oh vïaggio curioso de le vitesciocche d'innumerabili mortali!Oh per le vie de le città spedite,

che retata di drammi originali!...

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III. Godi, o mia carne, fino a cheperdura

Godi, o mia carne, fino a che perdurade gli anni il giovanil baldo vigore;vivi senza legami, e sol procurache il rider troppo non ci spezzi il cuore.Viltà, la passione. Età maturanon a lento ne strugga, in reo torpore;dieci anni ancora, e ci trarrem la curadi vivere senz'odio e senza amore.

Oltraggia il tempo; e i vecchi odio, che senzauna speranza, in tedio, egri, per viatrascinano la propria decadenza;noi, morti ai godimenti, avrem riposo,e ti darò a la terra, o carne mia,perchè rinasca in fungo velenoso.

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III. Godi, o mia carne, fino a cheperdura

Godi, o mia carne, fino a che perdurade gli anni il giovanil baldo vigore;vivi senza legami, e sol procurache il rider troppo non ci spezzi il cuore.Viltà, la passione. Età maturanon a lento ne strugga, in reo torpore;dieci anni ancora, e ci trarrem la curadi vivere senz'odio e senza amore.

Oltraggia il tempo; e i vecchi odio, che senzauna speranza, in tedio, egri, per viatrascinano la propria decadenza;noi, morti ai godimenti, avrem riposo,e ti darò a la terra, o carne mia,perchè rinasca in fungo velenoso.

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IV. O le parrucche de la gente seria!

Oh le parrucche de la gente seria!solo esse per le vie sacre di Romaserban la gravità ne la miseria;la gravità che è troppo grave soma,massime al tempo degli estivi ardoriappiccicata a un cranio senza chioma.I Galli, graziosi derisori,non per nulla qui vennero a tastareil bianco pel dei gravi senatori;essi vennero prima a misurarela gravità con occhi da barbiere,ed or, poi che si piaccion professareil nobile di Figaro mestiere,a quella stregua mandano ai nepotigravi parrucche, e paion chiome vere,

paion trattati di Basilio Puoti.

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IV. O le parrucche de la gente seria!

Oh le parrucche de la gente seria!solo esse per le vie sacre di Romaserban la gravità ne la miseria;la gravità che è troppo grave soma,massime al tempo degli estivi ardoriappiccicata a un cranio senza chioma.I Galli, graziosi derisori,non per nulla qui vennero a tastareil bianco pel dei gravi senatori;essi vennero prima a misurarela gravità con occhi da barbiere,ed or, poi che si piaccion professareil nobile di Figaro mestiere,a quella stregua mandano ai nepotigravi parrucche, e paion chiome vere,

paion trattati di Basilio Puoti.

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V. Era la notte e su dal Celio ponte

Era la notte, e su dal Celio ponte,te, padre Tebro, io rimirava. Il ventostrani fantasmi mi rompea su 'l fronte,i quali, un dietro l'altro, al vïolentourto ne l'acque tue cadean fangose,mettendo un riso, che parea lamento.Eran l'anime forse virtuosede i nepoti di Remo fluttuantisu la notturna pace de le cose?Sotto la bianca Luna gorgogliantistorcean l'acqua con rabbia, serpeggiando,l'ombra del Celio ponte irto di santi;e pareva tra loro, ringorgando,pensier cupi rodessero, che poi,più giù, i gorghi ingoiavano mugghiando.– O vecchio padre, brontoli? e che vuoi?ti stracca forse questo eterno andare,o de la terza Roma ora ti annoi?Mentre alcun non sta il ponte a traversare,il duol ch' ogni dì più t'ingialla il viso,non me 'l potresti, o padre, confidare?Dissi, e l'acque si fransero in un riso,fremendo in torno ai solidi pilonicosì, ch'io mi sentii quasi deriso.Ma vaghi tosto si levaron suoni

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V. Era la notte e su dal Celio ponte

Era la notte, e su dal Celio ponte,te, padre Tebro, io rimirava. Il ventostrani fantasmi mi rompea su 'l fronte,i quali, un dietro l'altro, al vïolentourto ne l'acque tue cadean fangose,mettendo un riso, che parea lamento.Eran l'anime forse virtuosede i nepoti di Remo fluttuantisu la notturna pace de le cose?Sotto la bianca Luna gorgogliantistorcean l'acqua con rabbia, serpeggiando,l'ombra del Celio ponte irto di santi;e pareva tra loro, ringorgando,pensier cupi rodessero, che poi,più giù, i gorghi ingoiavano mugghiando.– O vecchio padre, brontoli? e che vuoi?ti stracca forse questo eterno andare,o de la terza Roma ora ti annoi?Mentre alcun non sta il ponte a traversare,il duol ch' ogni dì più t'ingialla il viso,non me 'l potresti, o padre, confidare?Dissi, e l'acque si fransero in un riso,fremendo in torno ai solidi pilonicosì, ch'io mi sentii quasi deriso.Ma vaghi tosto si levaron suoni

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da i gorghi, e in breve furono parole:(Parla di notte il Tevere ai beoni,ai poeti ed ai miseri, cui suoleumido offrir nel suo fondo ricetto.Paiono i gorghi tante aperte gole).– Vieni a me, figliuol mio, se hai tanto affettodi conoscere il mal, che in male penee in un menar di smanie su pe 'l lettoirrequïetamente ognor mi tiene.Vieni a me per maggior precauzione,ché alzar troppo la voce non conviene:Tu guarda a manca, e mi darai ragione:La tozza mole d'Adrïan mutatohanno in caserma, e prima anche in prigione...L’Imperatore in essa addormentatoninnai gran tempo; ora mi fan paural'Angel di bronzo e il vigile soldato.Stretto, o figlio, per mia disavventuratra cittadine sponde io so la storia,e assai m'è grave l'ombra de le mura...Me 'n vo dimesso e senza vanagloria,ma per Giove! a quei seri bertuccionidel Parlamento, pieni de la gloriadegli avi, a tutti i retori poltroniio vorrei dir che... zitto! odo rumore...Che buffoni, o figliuolo, che buffoni!L'Italia han fatto e scudo de l'amoredi patria affagottato e tolto in bracciosi fan dei sassi del popol censore...

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da i gorghi, e in breve furono parole:(Parla di notte il Tevere ai beoni,ai poeti ed ai miseri, cui suoleumido offrir nel suo fondo ricetto.Paiono i gorghi tante aperte gole).– Vieni a me, figliuol mio, se hai tanto affettodi conoscere il mal, che in male penee in un menar di smanie su pe 'l lettoirrequïetamente ognor mi tiene.Vieni a me per maggior precauzione,ché alzar troppo la voce non conviene:Tu guarda a manca, e mi darai ragione:La tozza mole d'Adrïan mutatohanno in caserma, e prima anche in prigione...L’Imperatore in essa addormentatoninnai gran tempo; ora mi fan paural'Angel di bronzo e il vigile soldato.Stretto, o figlio, per mia disavventuratra cittadine sponde io so la storia,e assai m'è grave l'ombra de le mura...Me 'n vo dimesso e senza vanagloria,ma per Giove! a quei seri bertuccionidel Parlamento, pieni de la gloriadegli avi, a tutti i retori poltroniio vorrei dir che... zitto! odo rumore...Che buffoni, o figliuolo, che buffoni!L'Italia han fatto e scudo de l'amoredi patria affagottato e tolto in bracciosi fan dei sassi del popol censore...

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Son vecchio, or mai, m'annoio, e però taccio.Solo mi piace rider de l'umanasciocchezza, sotto i ponti, come faccio.Mi duol che Roma non sia più pagana,però che fra codesta genterellaogni dì più diveniente nana,alcun non v'è che in una manatelladi buoni versi sappia ora cantarmi.Romana poesia come eri bella,e come lieto io mormorava i carmiche in lode mia scioglievano preclarii poeti di Roma, ad onorarmi!A me i poeti furon sempre cari,massime quelli che han di me cantato,innocui fanciulloni visionari.Ma il conte Gnoli ahi quanto m'ha seccato,e le scimmie, le scimmie, ohimè, d'Orazio!Figliuolo mio, nessun l'ha bastonato?Tu vieni a me, che è meglio. Ho fatto straziode la mia voce: Or salta, e fatti cuore:le belle cose io ti dirò del Lazio,menandoti su l'onde con onore,gonfio di gloria, come tra accorrenteturba per la via Sacra un vincitore».Così da i gorghi a me sommessamenteil padre Tebro favellò. Mi duole,non abbia, ad altre idee volta la mente,tenuto dietro a l'ultime parole.Pensavo, a quanti ancor per avventura

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Son vecchio, or mai, m'annoio, e però taccio.Solo mi piace rider de l'umanasciocchezza, sotto i ponti, come faccio.Mi duol che Roma non sia più pagana,però che fra codesta genterellaogni dì più diveniente nana,alcun non v'è che in una manatelladi buoni versi sappia ora cantarmi.Romana poesia come eri bella,e come lieto io mormorava i carmiche in lode mia scioglievano preclarii poeti di Roma, ad onorarmi!A me i poeti furon sempre cari,massime quelli che han di me cantato,innocui fanciulloni visionari.Ma il conte Gnoli ahi quanto m'ha seccato,e le scimmie, le scimmie, ohimè, d'Orazio!Figliuolo mio, nessun l'ha bastonato?Tu vieni a me, che è meglio. Ho fatto straziode la mia voce: Or salta, e fatti cuore:le belle cose io ti dirò del Lazio,menandoti su l'onde con onore,gonfio di gloria, come tra accorrenteturba per la via Sacra un vincitore».Così da i gorghi a me sommessamenteil padre Tebro favellò. Mi duole,non abbia, ad altre idee volta la mente,tenuto dietro a l'ultime parole.Pensavo, a quanti ancor per avventura

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sarebber, sopra i ponti e sotto il sole,passati, in fin che Roma al tempo dura.Gl'imaginavo (strana visïone!)e a guardar mi spingevo con paura;ma quella folla senza interruzionecresceva sempre contra me venendo,e angoscia era d'enorme oppressione!Era una folla varia, che tenendomille diversi modi, il ponte strettoa valicare mi venia stringendo,e le vie, con tenace odio e dispetto,le piazze, la città tutta, irrompente,senza mai posa: In vano opporre il petto:tra quella turba immensa, ebra, furente,anche tu mi spingevi, o donna mia,dicendomi tra i baci, süadente:

– Ad altri il posto! amor vàttene via.

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sarebber, sopra i ponti e sotto il sole,passati, in fin che Roma al tempo dura.Gl'imaginavo (strana visïone!)e a guardar mi spingevo con paura;ma quella folla senza interruzionecresceva sempre contra me venendo,e angoscia era d'enorme oppressione!Era una folla varia, che tenendomille diversi modi, il ponte strettoa valicare mi venia stringendo,e le vie, con tenace odio e dispetto,le piazze, la città tutta, irrompente,senza mai posa: In vano opporre il petto:tra quella turba immensa, ebra, furente,anche tu mi spingevi, o donna mia,dicendomi tra i baci, süadente:

– Ad altri il posto! amor vàttene via.

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VI. Vecchia, che segui presso ildavanzale

Vecchia, che segui presso il davanzalel'agil volo dei rondini pe 'l cielo,ne la perlata luce occidentale,qual mai pensiero agli occhi tuoi fa velo?Invidi forse la lieta lor sorte,or che t'affligge il raro antico pelo?Ma impennerà le braccia tue la morte,vecchia, tra breve! E il nido appenderaide le povere case in su le porte;e i tuoi garriti non saran che lai...Sur una canna, allora, insidïosaio legherò una piuma, e tu verrai,tu vecchia rondinella vanitosa...E – perchè, ti dirò, quando per anconon eri uccello, ma vecchia grinzosa,curva dagli anni, e dal pel rado e bianco,ti stavi per de l'ore intere interea la finestra de la casa a fianco?A che uccellavi? Al giovin cavaliere,che per danaro a le vecchie matronefa la corte sgobbando a uno scacchiere?E allora tu piangendo, e con ragione,mi dirai che era vile il mio sospetto,

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VI. Vecchia, che segui presso ildavanzale

Vecchia, che segui presso il davanzalel'agil volo dei rondini pe 'l cielo,ne la perlata luce occidentale,qual mai pensiero agli occhi tuoi fa velo?Invidi forse la lieta lor sorte,or che t'affligge il raro antico pelo?Ma impennerà le braccia tue la morte,vecchia, tra breve! E il nido appenderaide le povere case in su le porte;e i tuoi garriti non saran che lai...Sur una canna, allora, insidïosaio legherò una piuma, e tu verrai,tu vecchia rondinella vanitosa...E – perchè, ti dirò, quando per anconon eri uccello, ma vecchia grinzosa,curva dagli anni, e dal pel rado e bianco,ti stavi per de l'ore intere interea la finestra de la casa a fianco?A che uccellavi? Al giovin cavaliere,che per danaro a le vecchie matronefa la corte sgobbando a uno scacchiere?E allora tu piangendo, e con ragione,mi dirai che era vile il mio sospetto,

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e mi dirai che il mondo è mascalzone;però che tu, fedele a un primo affetto,amoreggiavi platonicamenteco 'l vecchio che ti stava dirimpetto...Oh come male giudica la gente;oh come ha messo pancia la coscienza;come più non si vive idealmente;

come pare che siamo in decadenza!

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e mi dirai che il mondo è mascalzone;però che tu, fedele a un primo affetto,amoreggiavi platonicamenteco 'l vecchio che ti stava dirimpetto...Oh come male giudica la gente;oh come ha messo pancia la coscienza;come più non si vive idealmente;

come pare che siamo in decadenza!

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VII. Fori: un fanale e nel cristalloopaco

Fuori: – Un fanale, e nel cristallo opacol'insegna «Vini scelti» in cifre rosse;due scalini d'invito, e l'uscio a vetri.Dentro: (Aguzza lo sguardo), tra una nubesoffocante di fumo, un tanfo acutodi vino inacidito tra la muffadi vecchie botti, e un sordo acciottoliodi stoviglie rimosse, e un odor caldodi cucina, e un sommesso borbottaredi voci rauche e fesse. A manca, entrando,un tavolo da giuoco ricopertoda un panno verde vecchio e sfrittellato.Curvi, quasi volessero l'un l'altrorubarsi il fiato, con mano tremantedue vecchi calvi giuocano a le carte,tra i grugniti or di rabbia or di consensod’un accolta d’intenti spettatoristretti a le loro spalle. Ubbrïacatinon dal vino bevuto, ma dal lezzonauseante dei fiati e da le pipeintartarite dei vicini, i duevecchi accaniti giuocano, e non fiatano.Pende dal tetto basso e tra la densa

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VII. Fori: un fanale e nel cristalloopaco

Fuori: – Un fanale, e nel cristallo opacol'insegna «Vini scelti» in cifre rosse;due scalini d'invito, e l'uscio a vetri.Dentro: (Aguzza lo sguardo), tra una nubesoffocante di fumo, un tanfo acutodi vino inacidito tra la muffadi vecchie botti, e un sordo acciottoliodi stoviglie rimosse, e un odor caldodi cucina, e un sommesso borbottaredi voci rauche e fesse. A manca, entrando,un tavolo da giuoco ricopertoda un panno verde vecchio e sfrittellato.Curvi, quasi volessero l'un l'altrorubarsi il fiato, con mano tremantedue vecchi calvi giuocano a le carte,tra i grugniti or di rabbia or di consensod’un accolta d’intenti spettatoristretti a le loro spalle. Ubbrïacatinon dal vino bevuto, ma dal lezzonauseante dei fiati e da le pipeintartarite dei vicini, i duevecchi accaniti giuocano, e non fiatano.Pende dal tetto basso e tra la densa

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nube la sua giallezza aduggia un lume– Un quintino del bianco di Velletri!urla un siciliano. Oh mio buon vino,de le verdi d’aranci Madonie,il tuo foco non han questi vinellidi Toscana e di Roma, e tu la forzadegli isolani e l'anima tu sei.I socî buona gente veneziana,ridono de l'apostrofe, e pensandoa le bianche colombe di S. Marcogustan l'acquetta e se ne tengon paghi.Ma il siciliano, un giovine toroso,a cui de l'Urbe le mollezze e i vizihan guastato lo stomaco e corrosole vigorose fibre, scompigliandocon le dita convulse i neri, incolticapelli, scaccia un ricordo soavede la patria lontana, che – oh potenzadel vino inesplicabile! – lo stringequasi quasi a le lagrime. -Toh! piangeil bestione! – nota in uno scrosciodi secche risa un venezian rompendo.– Piango? sì, piango! poveretto... io dicoche il pensare a la patria è... come dire?come il veder tagliare le cipolle:non si piange, ma lacrimano gli occhi...La mamma mia mi disse: a la tavernai maiali ci vanno!... – or ella è morta,povera mamma! sangue di... lo porti

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nube la sua giallezza aduggia un lume– Un quintino del bianco di Velletri!urla un siciliano. Oh mio buon vino,de le verdi d’aranci Madonie,il tuo foco non han questi vinellidi Toscana e di Roma, e tu la forzadegli isolani e l'anima tu sei.I socî buona gente veneziana,ridono de l'apostrofe, e pensandoa le bianche colombe di S. Marcogustan l'acquetta e se ne tengon paghi.Ma il siciliano, un giovine toroso,a cui de l'Urbe le mollezze e i vizihan guastato lo stomaco e corrosole vigorose fibre, scompigliandocon le dita convulse i neri, incolticapelli, scaccia un ricordo soavede la patria lontana, che – oh potenzadel vino inesplicabile! – lo stringequasi quasi a le lagrime. -Toh! piangeil bestione! – nota in uno scrosciodi secche risa un venezian rompendo.– Piango? sì, piango! poveretto... io dicoche il pensare a la patria è... come dire?come il veder tagliare le cipolle:non si piange, ma lacrimano gli occhi...La mamma mia mi disse: a la tavernai maiali ci vanno!... – or ella è morta,povera mamma! sangue di... lo porti

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o non lo porti, orso che sei, quel vino?.E Costantino dal teston velloso,da le movenze in ver d'orsaccio stracco,porta il quintino, e nel risetto argutoche gli allunga le labbra, si palesal'anima d'un filosofo incosciente.O Costantin da i miti occhi di capro,da le orecchie di bestia mansueta,dimmi tu come, tra i vapor del vino,di morale discutono, e di quantinobili affetti ha l'uomo gli avventoride la taverna tua; dimmi tu comecodesti ubriaconi gentiluominiintendono rifar la terza Roma.

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o non lo porti, orso che sei, quel vino?.E Costantino dal teston velloso,da le movenze in ver d'orsaccio stracco,porta il quintino, e nel risetto argutoche gli allunga le labbra, si palesal'anima d'un filosofo incosciente.O Costantin da i miti occhi di capro,da le orecchie di bestia mansueta,dimmi tu come, tra i vapor del vino,di morale discutono, e di quantinobili affetti ha l'uomo gli avventoride la taverna tua; dimmi tu comecodesti ubriaconi gentiluominiintendono rifar la terza Roma.

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VIII. Sono a la mia finestra al quintopiano

Sono a la mia finestra, al quinto piano,e guardo giù per via: – C’è molto fango;oggi non scenderò. – Nubi vaganti,nubi ideal d'ogni ideale vano,nubi amor dei poeti e degli amanti,egli è dunque così che va a finirel'alta idealità che vi sublima?Ahimè tutto quel fango, altere nubi,(colla che i piedi attacca dei mortalia questa enorme trottola sciocchissimaper gli spazi lanciata a raggirarsiin eterno) da voi, da voi diviene.Oggi non scenderò: Socchiudo gli occhi,e mi pare d'assistere da l'altoad un sedizioso di formichecommovimento. Oh via! formiche... È troppo:Chi mi dice che giù, tra tanta gentenon possa a un tratto capitare un qualchegrand'uomo? È ben probabile: in Italia,al dì d'oggi i grand'uomini si contanoa centinaia di migliaia, e ovunquese ne incontrano, e sempre. Quando menote l'aspetti, t’imbatti, a mo' d'esempio,

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VIII. Sono a la mia finestra al quintopiano

Sono a la mia finestra, al quinto piano,e guardo giù per via: – C’è molto fango;oggi non scenderò. – Nubi vaganti,nubi ideal d'ogni ideale vano,nubi amor dei poeti e degli amanti,egli è dunque così che va a finirel'alta idealità che vi sublima?Ahimè tutto quel fango, altere nubi,(colla che i piedi attacca dei mortalia questa enorme trottola sciocchissimaper gli spazi lanciata a raggirarsiin eterno) da voi, da voi diviene.Oggi non scenderò: Socchiudo gli occhi,e mi pare d'assistere da l'altoad un sedizioso di formichecommovimento. Oh via! formiche... È troppo:Chi mi dice che giù, tra tanta gentenon possa a un tratto capitare un qualchegrand'uomo? È ben probabile: in Italia,al dì d'oggi i grand'uomini si contanoa centinaia di migliaia, e ovunquese ne incontrano, e sempre. Quando menote l'aspetti, t’imbatti, a mo' d'esempio,

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in un che a prima vista un onest'uomodiresti – e bene – trema – egli è quel talepoeta, o mettiamo, quel pittore,quello scultor di cui parlò pur ieritutto il mondo – e l'han fatto senatore.Ma un cane oggi non v'è che lo rammenti.– Buona gente, fermatevi un istantesotto la mia finestra, e udite, udite:Ho perduto tra voi, come si perdeuna berretta o una parrucca, il miocervello e de la vita il vero scopo.Ora, a voi: Getto quanto mi rimanein sen d'affetti: amore, odî , speranze,desideri, virtù, vizî, ogni cosa,e il vile ossequio che prestai per tantotempo a le vostre leggi! A voi: Dal visola maschera, or compunta or gioviale,mi strappo – e ve l'avvento: La portaigià troppo; e sol con essa vi baciai...Raccattatela or voi –vi farà ancoraun benevolo ed ultimo sorriso,e vi dirà: «Buon dì, cari fratelli;Dio vi conservi lungamente sani»Tutto, tutto vi getto, onesta gente;ma i miei pensieri no – sarebber pioggiadi ciottoli roventi su di voi.Fango e menzogna costà giù s'impasta,e novi figli crescono a la patria.Io sto, qui, in alto. – O centenari corvi,

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in un che a prima vista un onest'uomodiresti – e bene – trema – egli è quel talepoeta, o mettiamo, quel pittore,quello scultor di cui parlò pur ieritutto il mondo – e l'han fatto senatore.Ma un cane oggi non v'è che lo rammenti.– Buona gente, fermatevi un istantesotto la mia finestra, e udite, udite:Ho perduto tra voi, come si perdeuna berretta o una parrucca, il miocervello e de la vita il vero scopo.Ora, a voi: Getto quanto mi rimanein sen d'affetti: amore, odî , speranze,desideri, virtù, vizî, ogni cosa,e il vile ossequio che prestai per tantotempo a le vostre leggi! A voi: Dal visola maschera, or compunta or gioviale,mi strappo – e ve l'avvento: La portaigià troppo; e sol con essa vi baciai...Raccattatela or voi –vi farà ancoraun benevolo ed ultimo sorriso,e vi dirà: «Buon dì, cari fratelli;Dio vi conservi lungamente sani»Tutto, tutto vi getto, onesta gente;ma i miei pensieri no – sarebber pioggiadi ciottoli roventi su di voi.Fango e menzogna costà giù s'impasta,e novi figli crescono a la patria.Io sto, qui, in alto. – O centenari corvi,

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Page 135: E-book campione Liber Liber...Peristi? In vano te da le pagine sacre richiamo dunque, o purissimo amore di tempi lontani, vergin diva, tra gli uomini novi? In vano, o vergin greca,

che raccogliete il vol su i campanilide le romane chiese, e accoccolatisu le croci di ferro o su le testede le marmoree sante, ruminatedi tanti anni gli eventi e i fasti novidi questa eterna Roma; a voi do in pasto,neri corvi, il cuor mio. su, su, volate,e gracchiate, e gracchiate a piena gola,da un capo a l'altro la città correndo,ciò che del mondo e ciò che de la vita

un illuso pensò. – Chiudo le imposte.

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che raccogliete il vol su i campanilide le romane chiese, e accoccolatisu le croci di ferro o su le testede le marmoree sante, ruminatedi tanti anni gli eventi e i fasti novidi questa eterna Roma; a voi do in pasto,neri corvi, il cuor mio. su, su, volate,e gracchiate, e gracchiate a piena gola,da un capo a l'altro la città correndo,ciò che del mondo e ciò che de la vita

un illuso pensò. – Chiudo le imposte.

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IX. È troppo poco un secolo.Mill'anni

È troppo poco un secolo. Mill'anni,due, tremil'anni sono troppo pochi.Voglio viver di più. Voglio in eternofar la memoria mia famosa e sacra.Tardi nepoti dei nepoti miei,io per voi scrivo, e mi rivolgo a voi.(Tanto, i presenti badano a tutt'altro,gente seria, sennata e positiva,e non sanno che farsene di versi.)Quegli autori, che scrissero al tempodei nei di seta nera e de le biancheparrucche dal codino saltellantedietro la nuca, si finsero maiper avventura posteri conciatisì come noi? Chi sa! Posteri, certo,che al difetto d'un candido codino,con una coda d'asino o di un lupofurbescamente ascosa entro i calzonihan supperito, eh via! già ne hanno avutoma lo sa Iddio (per modo avverbïale),tardi nepoti dei nepoti miei,che sorte mai di coda avrete voi!Comunque sia, vi prendo con le buone;

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IX. È troppo poco un secolo.Mill'anni

È troppo poco un secolo. Mill'anni,due, tremil'anni sono troppo pochi.Voglio viver di più. Voglio in eternofar la memoria mia famosa e sacra.Tardi nepoti dei nepoti miei,io per voi scrivo, e mi rivolgo a voi.(Tanto, i presenti badano a tutt'altro,gente seria, sennata e positiva,e non sanno che farsene di versi.)Quegli autori, che scrissero al tempodei nei di seta nera e de le biancheparrucche dal codino saltellantedietro la nuca, si finsero maiper avventura posteri conciatisì come noi? Chi sa! Posteri, certo,che al difetto d'un candido codino,con una coda d'asino o di un lupofurbescamente ascosa entro i calzonihan supperito, eh via! già ne hanno avutoma lo sa Iddio (per modo avverbïale),tardi nepoti dei nepoti miei,che sorte mai di coda avrete voi!Comunque sia, vi prendo con le buone;

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e chiudo gli occhi e sogno l'avvenire:Che posteri per bene! Da per tutto,ovunque l'occhio volgo, è il libro mio;in ogni scuola, in ogni biblioteca,ed in ogni domestico scaffale,ne le vetrine dei librai, tra i novivolumetti dei miei bravi nepoti,proprio ovunque, perfin nei salumai.Su le nuove facciate dei palagi;giù giù da le grondaie al marciapiedi,son trascritti i miei versi; e su ogni portaMercurio novo, ride ai rispettosinepoti la mia imagine adorata.Abolite le carte da parato,le pareti domestiche son tantedei miei volumi squadernate pagine.Ogni onesto mortale sa a memoriaquesto o quel canto, a seconda dei gusti,e se lo rode seco pienamente.Per le vie, per le piazze, in su la sera,odo come un susurro d'alveare,un basso salmeggiar d'anime buone:Sono i posteri miei, con sotto il braccioil mio libro immortal, che, serî, vannoper la città in riposo recitando,a un bel chiaro di luna, i versi miei.Ma ahimè, s'annebbia il sogno! Che è accaduto?Mi scampi il cielo! È il finimondo! il fini...Or che ci penso! e come farò io

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e chiudo gli occhi e sogno l'avvenire:Che posteri per bene! Da per tutto,ovunque l'occhio volgo, è il libro mio;in ogni scuola, in ogni biblioteca,ed in ogni domestico scaffale,ne le vetrine dei librai, tra i novivolumetti dei miei bravi nepoti,proprio ovunque, perfin nei salumai.Su le nuove facciate dei palagi;giù giù da le grondaie al marciapiedi,son trascritti i miei versi; e su ogni portaMercurio novo, ride ai rispettosinepoti la mia imagine adorata.Abolite le carte da parato,le pareti domestiche son tantedei miei volumi squadernate pagine.Ogni onesto mortale sa a memoriaquesto o quel canto, a seconda dei gusti,e se lo rode seco pienamente.Per le vie, per le piazze, in su la sera,odo come un susurro d'alveare,un basso salmeggiar d'anime buone:Sono i posteri miei, con sotto il braccioil mio libro immortal, che, serî, vannoper la città in riposo recitando,a un bel chiaro di luna, i versi miei.Ma ahimè, s'annebbia il sogno! Che è accaduto?Mi scampi il cielo! È il finimondo! il fini...Or che ci penso! e come farò io

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quando il sol sarà spento e l'altre stelle,

e non avrò più posteri nè fama?

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quando il sol sarà spento e l'altre stelle,

e non avrò più posteri nè fama?

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SOLITARIA

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Eterno immenso e variocomporre un canto solo, e tutta in quellochiuder l'anima, come in uno snello

bel vaso cinerario:questo vorrei; ma de l'umane gentiraccoglier pria, perchè il perenne cantotragga voce da loro e vivi accenti,i pensieri e gli affetti e gli odî e il pianto.Questo. Ed a te, profonda notte, in vanosu noi pregata senza dipartita,dire co 'l poderoso canto umanola vanità de l'essere infinita.

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Eterno immenso e variocomporre un canto solo, e tutta in quellochiuder l'anima, come in uno snello

bel vaso cinerario:questo vorrei; ma de l'umane gentiraccoglier pria, perchè il perenne cantotragga voce da loro e vivi accenti,i pensieri e gli affetti e gli odî e il pianto.Questo. Ed a te, profonda notte, in vanosu noi pregata senza dipartita,dire co 'l poderoso canto umanola vanità de l'essere infinita.

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