Doglio Samaritano MI 12marzo2014

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    LA PARABOLA DEL BUON SAMARITANO (Lc 10,25-37)

    Claudio Doglio

    Fra i testi pi noti del terzo evangelista, la parabola del buon Samaritano incastonata

    allinterno di una disputa tra Ges e un esperto della legge: allinizio del grande viaggio

    essa segue alcuni brani che parlano di vocazione, sottolineando differenti modi di

    relazione con colui che chiama; subito dopo inoltre il narratore propone lemblematico

    episodio dellospitalit che Marta e Maria offrono a Ges. Il contesto dunque invita a

    considerare il tema dellaccoglienza, che si esprime soprattutto nellascoltare la parola

    del Signore.

    La questione del precetto

    Questa parabola esclusiva di Luca, ma la cornice narrativa in cui inserita compare

    anche in Matteo e Marco. Si tratta infatti della controversia sul comandamento

    principale, che per si trova in un insieme organico di dispute ambientate a

    Gerusalemme nellultima fase del ministero di Ges. Luca segue lo stesso ordine

    narrativo, in dipendenza dalla tradizione seguita pure da Marco e Matteo; tuttavia

    omette questo episodio. Uno schema sinottico ci pu aiutare anche visivamente a

    comprendere il procedimento redazionale adoperato dal terzo evangelista:

    Marco Luca

    11,27-33 disputa: lautorit di Ges 20, 1-8 disputa: lautorit di Ges

    12, 1-12 parabola: i vignaioli omicidi 9-19 parabola: i vignaioli omicidi13-17 disputa: il tributo a Cesare 20-26 disputa: il tributo a Cesare

    18-27 disputa: la risurrezione dei morti 27-40 disputa: la risurrezione dei morti

    28-34 disputa: il primo comandamento 35-37 disputa: su Sal 110,1 41-44 disputa: su Sal 110,1

    Luca sposta intenzionalmente questa pericope e la inserisce dove la ritiene pi utile per

    linsieme del suo racconto, facendola diventare il quadro narrativo di una parabola non

    riportata dagli altri evangelisti. Un tale procedimento redazionale ci fa comprendere

    come lordine del materiale non voglia anzitutto ricostruire la cronaca dei fatti, quanto

    piuttosto offrire un insegnamento organico e ben strutturato, frutto della sapiente

    riflessione del narratore, autore del Vangelo. Tuttavia proprio questo intervento pesante

    di Luca rispecchia fedelmente il modo storico in cui sono state proposte le parabole di

    Ges, in quanto strumenti argomentativi, usati dal maestro per trasmettere unidea

    importante (cf. Lc 7,36-50).Il dibattito in cui Luca inserisce la parabola incentrato sul tema del precetto. Sembra

    che Marco abbia rielaborato a modo suo lepisodio (Mc 12,28-34), mentre in Matteo

    riconosciamo molte somiglianze con la versione lucana: diamo unocchiata sinottica

    ai due testi per cogliere rapidamente ci che il terzo evangelista ha ricevuto dalle sue

    fonti e ci che ha innovato.

    Mt 22,34-40 Lc 10,25-28

    Allora i farisei, avendo udito che egli aveva

    chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme35

    e uno di loro, un dottore della legge, lo interrog

    per metterlo alla prova:

    25

    Ed ecco, un dottore della legge si alz per

    metterlo alla prova e chiese:36

    Maestro, nella legge, qual il grande

    comandamento?.

    Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita

    eterna?.

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    Gli rispose: Ges gli disse: Che cosa sta scritto nella legge?

    Come leggi?.

    Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore,con tutta la tua anima

    e con tutta la tua mente.

    38

    Questo il grande e primo comandamento.

    27

    Costui rispose: Amerai il Signore tuo Dio con

    tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta

    la tua forza econ tutta la tua mente,

    39Il secondo poi simile a quello: Amerai il tuo

    prossimo come te stesso.

    e il tuo prossimo come te stesso.

    40

    Da questi due comandamenti dipendono tutta lalegge e i Profeti.

    28

    Gli disse: Hai risposto bene; fa questo e

    vivrai.

    Ha conservato la qualifica dellinterlocutore, presentato come un nomiks (= dottore

    della legge), e ha precisato la sua intenzione come un test di verifica per saggiare le

    convinzioni dellaltro; il discorso diretto inizia riconoscendo a Ges il titolo di

    maestro (didskale) e lattenzione rivolta a ci che contenuto nella legge. Luca

    per non propone una questione sul primo comandamento, forse perch troppotecnica e legata a problematiche giudaiche; preferisce invece riprendere la stessa

    domanda che la tradizione sinottica ha posto sulle labbra del ricco, relativa al modo di

    ottenere la vita eterna1. Inoltre il terzo evangelista interviene a complicare il dialogo,

    perch non pone direttamente la risposta in bocca a Ges, ma lo fa rispondere con due

    domande che mirano a coinvolgere personalmente linterlocutore: non solo egli

    invitato a rispondere su ci che sta scritto nella legge, ma soprattutto sul suo modo di

    leggere, cio di interpretare le norme. Tale metodo dialogico esprime molto bene il

    contesto di una parabola, che serve proprio a far progredire il dialogo e approfondire

    linterpretazione del precetto.

    Lesperto di legge non ha chiesto per sapere ci che ignorava, ma ha domandato per

    verificare lopinione di Ges; ma il maestro gli ha rigirato la questione, portandolo ad

    esplicitare il proprio pensiero. Cos egli cita due passi della legge, cio del Pentateuco.

    Il primotratto da Deuteronomio 6,5 appartiene alla classica preghiera giudaica che

    costituisce una fondamentale professione di fede (Ascolta Israele: Dt 6,4-9)2; il

    secondo testo invece preso da Levitico 19,18 deriva da una ricca antologia di

    precetti allinterno del Codice sacerdotale di santit (Lv 1726). Laccostamento di

    questi due precetti (enfatizzato da Mt 22,38-39) frutto della tradizione cristiana, ma

    Luca li pone tranquillamente in bocca al dottore giudeo con lintento di mostrare la sua

    competenza teorica. La reazione di Ges un commento positivo, che approva quella

    lettura biblica, ma aggiunge un importante imperativo pratico: Fa questo e vivrai3.

    Per ereditare la vita eterna non basta sapere la teoria normativa, ma necessarioeseguirla con costanza e sempre.

    1 Lepisodio di triplice tradizione conserva sostanzialmente la stessa domanda: Maestro, che

    cosa devo fare per ereditare (avere) vita eterna? (cf. Mt 19,16 // Mc 10,17 // Lc 18,18).

    2 Rispetto al testo originale del Dt, in Lc aggiunto un quarto modo (con tutta la tua forza),

    che presente anche nella stessa citazione in Mc 12,30 seppure spostata in fondo.

    3 In greco viene adoperato un imperativo presente (piei), che esprime una continuit abitualedellazione: il fare dunque un comportamento costante e necessario.

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    La questione del prossimo

    A questo punto il racconto potrebbe essere finito e infatti negli altri sinottici termina

    cos. Invece Luca lo fa proseguire con una nuova domanda del nomiks, esplicitando di

    nuovo la sua intenzione recondita: come prima aveva detto che intendeva mettere alla

    prova Ges, ora spiega che vuole giustificare se stesso4

    . Dal tenore del raccontoinfatti sembra che questo maestro della legge abbia fatto una brutta figura, ponendo una

    domanda elementare di cui conosceva bene la risposta; perci la sua precisazione mira a

    sottolineare la complessit della domanda e focalizza lattenzione sulla questione del

    prossimo.

    Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Ges: E chi mio prossimo? (10,29).

    In italiano il termine prossimo ha perso la sua valenza originale di superlativo che si

    riconosce nel latino proximus (= vicinissimo), derivando dallavverbio prope, che

    significa vicino. Con questo vocabolo traduciamo il greco plson, che corrisponde

    bene al termine latino e designa semplicemente il vicino. Il riferimento per

    allinterpretazione della normativa citata da Lv 19,18: in ebraico il precetto usa iltermine rea~ che ha il significato pi pregnante di amico, compagno, collega,

    designando in genere colui che appartiene allo stesso ambiente ed legato da vincoli e

    relazioni positive. Non si tratta quindi di oggettiva vicinanza, ma piuttosto di soggettiva

    relazione di amicizia: cos si comprende meglio la questione ermeneutica posta a Ges.

    Il passaggio dalla prima alla seconda questione risulta perci significativo: si passa

    infatti dalfareallessere. Su questo punto insiste linsegnamento di Luca: non si tratta

    solo di fare qualcosa di buono, quanto piuttosto di essere prossimo, cio vicino, attento

    e solidale. Nella prospettiva del fariseo, legato ad un ambiente sociale e religioso

    distinto dagli altri, unautentica questione interpretativa stabilire chi sia il vicino: il

    giurista infatti chiede a Ges chi si merita di essere amato.

    Il racconto parabolico invece lo porta ad una conclusione paradossale, per cui constata

    di dover capovolgere la prospettiva. Una parabola in genere ha lo scopo di coinvolgere

    il destinatario, portandolo a formulare un giudizio in cui sia personalmente coinvolto,

    anche senza rendersene conto. Anzi, proprio perch non se ne rende conto, pi libero

    nel formulare una valutazione e cos il parabolista pu concludere la propria

    argomentazione, mostrando i legami col caso concreto in questione. Ges dunque

    racconta una vicenda esemplare con personaggi diversi che mettono in scena reazioni

    differenti; termina quindi con una domanda di valutazione:

    Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che caduto nelle mani dei briganti?

    (10,36).

    Il dottore della legge deve compromettersi e giudicare. Ma la domanda posta da Ges ha

    capovolto il modo di vedere la questione e lo ha condotto ad ammettere che limportante

    essere capace di amare. La questione non : Chi si merita di essere amato da me? Chi

    mi amico?. Deve invece essere riformulata cos: Di chi io sono prossimo? Chi sono

    capace di amare? A chi mi faccio vicino? Chi tratto da amico?. In base al racconto

    4 Il verbo greco dikaisai appartiene al linguaggio tipico di Paolo e richiama la decisiva

    questione teologica della giustificazione affrontata dalla prima comunit cristiana. Unasfumatura negativa deriva dal fatto di avere come complemento oggetto se stesso; Lucaadopera la stessa formula in un aspro rimprovero contro di farisei: Voi siete quelli che siritengono giusti(hoi dikaiountes heautous) davanti agli uomini (Lc 16,15).

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    proposto e alla domanda che gli stata rivolta, anche se non apprezza il personaggio del

    Samaritano, il giurista costretto ad ammettere che lui il modello positivo.

    Quello rispose: Chi ha avuto compassione di lui (10,37a).

    Letteralmente bisognerebbe tradurre: Colui che ha fatto (ho poisas) la misericordia

    (t leos) con lui (met auto). Lespressione non corretta in greco, ma costituisce uncalco semitizzante usato talvolta dai LXX per rendere alla lettera lespressione ebraica

    fare misericordia con, nel senso concreto di dimostrare affetto agendo in modo

    benevolo5.

    Ges gli disse: Va e anche tu fa cos(10,37b).

    Lobiettivo della parabola stato raggiunto: il destinatario ha compreso e condiviso il

    messaggio di Ges. Si ritorna perci al verbo iniziale (che cosa devo fare?) e alla

    conclusione della prima parte (fa questo e vivrai). Limperativo presente di fare

    (piei) segue per limperativo presente di camminare (poruou): proprio nel contesto

    narrativo del viaggio, Ges invita il dottore a mettersi anchegli in cammino in modo

    abituale,per divenire capace di vedere nellaltro un amico da amare.

    Un racconto esemplare

    Nelloriginale greco lultima parola del testo lavverbio ugualmente (homis): esso

    sta a significare che il racconto inserito nella disputa ha una valenza esemplare, offre

    cio un modello buono da imitare.

    Ges riprese: Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei

    briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo

    mezzo morto (10,30).

    Lambientazione del racconto geograficamente precisa: la strada che porta da

    Gerusalemme a Gerico attraverso il deserto di Giuda un itinerario ben noto aipellegrini e nella direzione inversa sar la strada percorsa da Ges stesso alla fine

    del suo viaggio (cf. Lc 19,1.28). La vicenda narrata riguarda diverse persone che si

    incontrano casualmente: tutti sono caratterizzati dal fatto di essere in cammino. Il

    personaggio principale, presente in tutto il racconto, assolutamente passivo e

    silenzioso: un uomo generico (nthrpos tis), vittima di unaggressione, spogliato

    dei vestiti e di ci che possedeva, gravemente ferito e abbandonato sulla strada fra la

    vita e la morte.

    Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, pass oltre.

    Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e pass oltre (10,31-32).

    Due altri personaggi compaiono sulla medesima strada e casualmente si imbattono inquelluomo. A differenza di lui, questi sono qualificati in modo preciso: entrambi

    appartengono alla classe sacerdotale e sono quindi identificati certamente come Israeliti.

    In tutti e due i casi il narratore descrive le loro azioni, ripetendo gli stessi verbi: vedono,

    ma passano oltre6; percepiscono cio la situazione problematica, ma non si avvicinano e

    non entrano in relazione.

    5 Cf. Gen 24,12; Es 20,6; Gs 2,12.14; Gdc 1,24; 8,35; Rt 1,8.

    6 In greco il verbo adoperato due volte un composto significativo: anti-par-rchomai indicainfatti un movimento a fianco (par), ma dallaltra parte (ant). Gli passano accanto, madallaltro lato della strada, per non entrare in contratto.

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    Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione.

    Gli si fece vicino, gli fasci le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caric sulla suacavalcatura, lo port in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tir fuori due

    denari e li diede allalbergatore, dicendo: Abbi cura di lui; ci che spenderai in pi, te lo

    pagher al mio ritorno (10,33-35).

    Con una forte contrapposizione compare finalmente il personaggio positivo, che

    espressamente indicato come appartenente al gruppo dei Samaritani, ben distinti dai

    Giudei e da questi disprezzati come eretici e considerati estranei al popolo eletto.

    Sembra chiaro che un tale personaggio sia introdotto volutamente con una motivazione

    provocatoria: il racconto non cerca semplicemente di evidenziare un contrasto fra chi

    generoso e chi resta insensibile; tende piuttosto a rimarcare in modo problematico una

    distinzione socio-religiosa.

    Il narratore si dilunga a descrivere molti particolari di per s inutili, ma che vogliono

    sottolineare con grande enfasi il ritratto positivo di una persona che, secondo il normale

    punto di vista del giurista, avrebbe dovuto essere valutato come un cattivo. Anzitutto

    di lui si dice che era in viaggio: il participio presente hodunrichiama il sostantivo

    hods (= via) e indica propriamente uno che per strada, che compie un cammino.Fin dallinizio il personaggio dunque presentato in forte sintonia con il Cristo stesso

    che ha iniziato il suo viaggio decisivo. Giunto sul posto, il Samaritano vide il ferito,

    esattamente come era successo al sacerdote e al levita; ma la reazione che ne segue

    ben diversa. Luca adopera al proposito unespressione molto significativa:

    esplanchnsth (= si commosse in modo viscerale). Tale verbo deriva dal sostantivosplnchnache designa propriamente le viscere (cf. Lc 1,78) e indica quindi una forte

    emozione affettiva, un profondo e appassionato coinvolgimento materno. Il terzo

    evangelista adopera lo stesso verbo solo altre due volte, attribuendolo a Ges quando

    incontra la vedova di Nain (7,13) e al padre della parabola quando pu riabbracciare il

    figlio minore che torna a casa (15,20)7. Tale sentimento di misericordia si concretizza in

    tutte le azioni seguenti, descritte con cura. Anzitutto si avvicin8 e medic le ferite

    con mezzi di fortuna che poteva aveva con s; quindi si fece carico di quelluomo,

    prendendosi cura di lui in modo ancor pi coinvolgente, pensando ad un intervento che

    potesse portare lo sconosciuto alla piena guarigione.

    Entra cos in scena un albergo: in greco detto pan-dochion, termine che letteralmente

    significa il luogo che accoglie tutti; analogamente lalbergatore (pandochus)

    indicato come lonni-accogliente. A lui il Samaritano, pagando di persona, affida il

    compito di continuare a curarsi9 di quelluomo e promette di passare di nuovo10,

    impegnandosi a pagare ogni ulteriore spesa.

    7 Ricorre anche negli altri Sinottici ed usato sempre per indicare una reazione di Ges (cf.Mt 9,36; 14,14; 15,32; 20,34; Mc 1,41; 6,34; 8,2; 9,22). In Mt 18,27 detto del padrone chesi commuove per la supplica del servo debitore.

    8 Questa volta il verbo rchomai (= andare) adoperato in composizione con pros (=

    verso): infatti prosrchomai significa farsi vicino ed scelto per contrastare ilprecedente doppio uso del verbo passare a fianco dallaltra parte.

    9 Viene ripetuto come imperativo (v. 35) il verbo epimelomaigi usato allindicativo (v.34)

    per descrivere il primo intervento del Samaritano: tale forma verbale non tipica del medicoche d una terapia, ma esprime il senso comune di prendersi cura.

    10 Questo un altro interessante verbo di movimento, composto di rchomai: ep-an-rchomaiesprime il cammino di chi ritorna alla stesso punto.

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    Un esempio di triangolo drammatico

    Il racconto che Ges ha proposto al dottore della legge termina con una domanda, che

    porta inevitabilmente alla conclusione voluta. Possiamo cos osservare utilizzando il

    metodo dellanalisi narrativa che questa parabola strutturata secondo uno schema

    che stato definito triangolo drammatico11

    : lo si riconosce nei racconti in cuicompaiono tre personaggi, significativamente correlati fra di loro. In genere due

    personaggi stanno sullo stesso piano, ma esercitano una funzione differente: sono

    denominati rispondenti, in quanto rappresentano risposte contrastanti al tema centrale

    proposto dal racconto. Invece il terzo personaggio sta su un piano diverso, spesso ha

    una funzione di prestigio e soprattutto gioca il ruolo dellarbitro: perci viene

    chiamato determinante (o sovrano dellazione). Applicando tale schema narrativo alla

    nostra parabola per scoprirne il contenuto teologico, dobbiamo riconoscere che il

    personaggio determinante paradossalmente luomo ferito: egli a tutti gli effetti

    arbitro della situazione, perch la valutazione degli altri personaggi determinata dal

    confronto con lui.

    Sacerdote e levita sono strettamente accomunati e rappresentano quindi ununica

    posizione; laltra risposta invece impersonata dal Samaritano. Ma ci dobbiamo

    domandare: perch Ges ha scelto come esemplari proprio questo tipo di personaggi?

    Non essendoci nel testo indicazioni precise, le risposte restano ipotetiche. Una potrebbe

    essere questa: secondo le norme di purit rituale i membri della classe sacerdotale erano

    tenuti ad evitare assolutamente il contatto coi cadaveri e coi moribondi; il loro

    comportamento si spiegherebbe quindi non come pigrizia o cattiveria, bens come

    intenzione di osservare con scrupolo la legge. Paradossalmente invece un fuori-legge

    come il Samaritano compie un gesto di misericordia e cos realizza veramente

    lessenziale della legge. La nota critica sarebbe dunque verso la mentalit legalista che,

    osservando la lettera, rischia di tradirne lo spirito: il punto di vista di Ges inveceinduce lascoltatore (e il lettore) a scoprire una prospettivadiversa e migliore.

    Unaltra spiegazione risulta ancora pi convincente. Nel racconto evidente il contrasto

    fra i leviti appartenenti al popolo di Israele e il Samaritano che ne escluso:

    lappartenenza religiosa sembra quindi discriminante nel caratterizzare i personaggi. Il

    dottore della legge, che ha sollevato la questione del prossimo, si trova di fronte ad una

    storia con persone diverse da lui, appartenenti ad altri partiti e movimenti: nella

    prospettiva di chi vede laltro come potenziale nemico da cui distanziarsi e difendersi, il

    giurista (molto probabilmente fariseo) si trova spiazzato nel dover interpretare i

    differenti comportamenti. Comprendiamo cos che limpianto narrativo della parabola

    risulta un valido stratagemma per indurre lascoltatore a valutare i personaggi,

    rimodellando il proprio punto di vista sulla visuale del narratore stesso. In tal modo

    Ges ha guidato il dottore della legge a cambiare prospettiva, riconoscendo che proprio

    quel bastardo di Samaritano stato prossimo, cio capace di superare le barriere

    ideologiche, facendosi vicino a chi aveva bisogno, senza pregiudizi.

    11 Un pregevole studio su tale metodologia stato condotto da M. CRIMELLA, Marta, Marta!Quattro esempi di triangolo drammaticonel grande viaggiodi Luca, Cittadella, Assisi2009. Lesegesi della parabola del buon Samaritano occupa le pp. 59-133.

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    Linterpretazione cristologica

    Gli antichi lettori cristiani, oltre allorientamento etico, hanno riconosciuto in questa

    parabola anche una componente cristologica: il personaggio del Samaritano infatti

    potrebbe essere unimmagine di Ges stesso che, mosso da misericordia, si prende cura

    dellumanit, realizzando cos il divino progetto della salvezza. La pi antica testimonianza di questa lettura si trova in Ireneo di Lione che, verso il 180

    d.C., a proposito dello Spirito Santo afferma:

    Il Signore affid allo Spirito Santo il suo uomo, che era caduto in potere dei briganti: ne

    ebbe compassione, gli fasci le ferite, dando due denari regali affinch, ricevendo mediantelo Spirito limmagine e la scritta del Padre e del Figlio, facciamo fruttificare il denaro a noi

    affidato e lo riconsegniamo al Signore moltiplicato (Adversus haeresesIII,17,3)12

    In questa interpretazione il Cristo si prende cura del genere umano il bene proprio di

    Dio (suum hominem)affidandolo allalbergatore che lo Spirito Santo, il quale porta

    a compimento lopera del Cristo, in quanto rende luomo capace di far fruttificare i doni

    di Dio.Unesegesi completa della parabola in chiave di allegoria cristologica condotta da

    Origene nelle sue Omelie su Luca, composte verso il 230; ma ancora pi interessante

    la sua sintesi in un prezioso frammento conservato nelloriginale greco, che traduco

    letteralmente13:

    Descriviamo dunque con un discorso sintetico il significato della parabola. Luomo pu

    essere ricondotto (angetai) ad Adamo ovvero al discorso sulluomo e sulla sua vita in

    precedenza e sulla caduta dovuta alla disobbedienza. Gerusalemme [rimanda] al paradisoovvero alla Gerusalemme di lass; Gerico invece al mondo. I briganti [rinviano] alle forze

    avverse, sia i demoni sia i falsi maestri che vengono al posto di Cristo: le ferite

    [richiamano] la disobbedienza e i peccati; mentre lo spogliamento delle vesti [allude] al

    fatto di essere denudato dellincorruttibilit e dellimmortalit e di essere stato privatodellintera virt; il fatto che lascino luomo mezzo morto dimostra che la morte raggiunge

    met della natura, giacch lanima immortale. Il sacerdote [rimanda] alla legge, il levita aldiscorso profetico, il Samaritano a Cristo, che ha preso la carne da Maria; lanimale da

    soma [rinvia] al corpo di Cristo, il vino alla parola che istruisce e corregge, lolio alla

    parola della bont e misericordia ovvero della carit viscerale. Lalbergo [richiama] la

    Chiesa; lalbergatore [allude] agli apostoli e ai loro successori, vescovi e maestri delle

    Chiese, ovvero agli angeli che presiedono alla Chiesa. I due denari [richiamano] i due

    testamenti, lantico e il nuovo, ovvero lamore verso Dio e quello verso il prossimo, oppurela conoscenza relativa al Padre e al Figlio. Infine il ritorno del Samaritano [si riferisce] alla

    seconda manifestazione di Cristo.

    Seguita pure da Agostino (Quest. Ev. 2,19), questa interpretazione divenne comune in

    Occidente e in tutto il Medioevo influenz anche la produzione artistica. Ne sonoesempio due splendide vetrate gotiche nelle cattedrali di Chartres e Bourges in cui i

    quadri della parabola sono accompagnati (e interpretati) dalle scene del peccato

    originale e della passione di Cristo, per evidenziare il ferimento delluomo e le cure

    prestate dalla misericordia divina.

    12 IRENEO DI LIONE, Contro le eresie e gli altri scritti (Introduzione e traduzione di Enzo

    Bellini), Jaca Book, Milano 1981, 272.

    13 ORIGENE, Homlies sur s. Luc (SC 87), Paris 1962. LOmelia 34 dedicata al buonSamaritano conservata nel testo latino tradotto da Girolamo (pp. 400-411). Il testo grecodel Frammento greco 71 (Rauer 168) su Lc 10,30 a p. 520.

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    Lesegesi moderna, seguendo il metodo storico-critico, ha rigettato assolutamente una

    simile interpretazione; tuttavia un approccio pi moderato pu riconoscervi degli

    elementi di valore, senza voler esagerare nella spiegazione allegorica dei particolari. Il

    Samaritano adotta in realt i sentimenti e riprende i gesti di Cristo stesso14: infatti il

    modello positivo che il racconto lucano intende proporre proprio Ges Cristo, che col

    suo cammino storico si fatto effettivamente vicino alluomo e se ne preso cura,offrendogli la possibilit di guarire. In questa linea si colloca anche la tradizione

    liturgica che nella nuova edizione italiana del Messale propone un Prefazio (comune

    VIII), intitolandolo Ges, buon Samaritano:

    Nella sua vita mortale egli pass beneficando e sanando tutti coloro che erano prigionieri

    del male. Ancor oggi come buon Samaritano viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo

    e nello spirito e versa sulle sue ferite lolio della consolazione e il vino della speranza. Per

    questo dono della tua grazia, anche la notte del dolore si apre alla luce pasquale del tuo

    Figlio crocifisso e risorto.

    14 F. BOVON,Vangelo di Luca, II, Paideia, Brescia 2007, 120.