Upload
buibao
View
215
Download
0
Embed Size (px)
Citation preview
DivinaProvvidenza
EMANUEL SWEDENBORG
Adattamento della traduzione di Loreto Scocia (Torino, 1874)a cura di fondazioneswedenborg.wordpress.com
2018 No copyright – Public domain (apporre il diritto d’autore sul significato interiore della Parola, è offendere il Signore e il cielo)
La presente versione è tratta dalla traduzione di Loreto Scocia, sulla versione originale inlatino edita in Tubinga nel 1855. Trattandosi di un’edizione del XIX sec. sono stateapportate minime variazioni per rendere l’esposizione al passo con la lingua. La presenteopera può essere riprodotta, distribuita, esposta al pubblico e rappresentata con qualsiasimezzo e formato con l’espresso divieto di utilizzarla a scopo commerciale e con l’obbligodi non modificare in alcun modo il contenuto, di non stravolgerne il senso e di citare lafonte (https://fondazioneswedenborg.wordpress.com).
INDICE
Divina Provvidenza
I (§§ 1–26) La Divina Provvidenza è il governo del Divino amore e della Divina sapienzadel Signore……………………………………………………………………………………..pag. 5II (§§ 27–45) La Divina Provvidenza del Signore ha per fine un cielo formato del genereumano……………………………………………………………………………………..….pag. 19
III (§§ 46–69) La Divina Provvidenza del Signore guarda all’infinito e all’eterno in tuttociò che compie…………………………………………… …………………………………pag. 29
IV (§ 70) Vi sono leggi della Divina Provvidenza che sono ignote agli uomini……..pag. 40
V (§§ 71–99) È una legge della Divina Provvidenza che l’uomo agisca liberamente esecondo ragione..…………………………………………………………………………….pag. 41
VI (§§ 100–128) È una legge delle Divina Provvidenza che l’uomo allontani dall’uomoesterno i mali in quanto peccati, come se ne fosse capace con le sue sole forze. Solo così ilSignore può allontanare i mali dall’uomo interno, e allo stesso tempo dall’uomoesterno…………..…………………………………………………………………………….pag. 60
VII (§§ 129–153) È una legge della Divina Provvidenza che l’uomo non sia costretto conmezzi esterni a pensare e volere, e di conseguenza a credere e amare le cose cheappartengono alla religione, ma che si guidi da sé, e talvolta vi si costringa…………pag. 78
VIII (§§ 154–174) È una legge della Divina Provvidenza che l’uomo sia guidato e istruitodal Signore, dal cielo mediante la Parola, la dottrina e le prediche desunte dalla Parola; eche avvenga in apparenza, come da se stesso…………………………………….………pag. 95
IX (§§ 175–190) È una legge della Divina Provvidenza che l’uomo non percepisca né sentanulla dell’operazione della Divina Provvidenza, e nondimeno, la conosca e lariconosca………..…………………………………………………………..……….………pag. 110
X (§§ 191–213) La propria prudenza è nulla ed esiste solo in apparenza, così come deveessere. La Divina Provvidenza invece include tutto, perché si estende fin nei minimidettagli………………………………………………………………………………………pag. 121
XI (§§ 214–220) La Divina Provvidenza considera le cose eterne, e non considera le cosetemporali se in quanto concordano con le cose eterne ……………………………..….pag. 134
XII (§§ 221–233) L'uomo non è introdotto interiormente nelle verità della fede e neibeni della carità se non in quanto può esservi mantenuto fino alla fine dellavita………………………………………………………………………………….…pag. 147
XIII (§§ 234–274) Anche le leggi di concessione sono leggi della DivinaProvvidenza………………………………………………………………………………...pag. 165
XIV (§§ 275–284) I mali sono permessi per uno scopo, che è la salvezza…………...pag. 196
XV (§§ 285–307) La Divina Provvidenza è presso i malvagi come presso i buoni…pag. 209
XVI (§§ 308–321) La Divina Provvidenza non attribuisce a nessuno alcun male, né alcunbene. È la nostra prudenza che ci attribuisce l’uno e l’altro……………………...…….pag. 227
XVII (§§ 322–330) Ogni uomo si può riformare e non esiste predestinazione……...pag. 244
XVIII (§§ 331–340) Il Signore non può agire contro le leggi della Divina Provvidenzaperché agire contro queste leggi significherebbe agire contro il suo Divino amore e controla sua Divina sapienza, dunque contro se stesso……………………..…………….…...pag. 261
I
La Divina Provvidenza è il governo del Divino amore e della Divinasapienza del Signore
1. Affinché sia noto cosa sia la Divina Provvidenza, e quale sia il governo del Divinoamore e della Divina sapienza del Signore, è necessario conoscere ciò che è stato detto emostrato sul Divino amore e sulla Divina sapienza nell’opera omonima dedicata a questosoggetto, con riguardo alle seguenti proposizioni:
– nel Signore il Divino amore amore appartiene alla Divina sapienza (nn. 34 – 39);
– il Divino amore e la Divina sapienza non possono che essere in altri oggetti creati da essi(nn. 47 – 51);
– tutte le cose dell’universo sono state create dal Divino amore e dalla Divina sapienza (nn.52, 53, 151 – 156);
– tutte le cose dell’universo sono recipienti del Divino amore e della Divina sapienza (nn.54 – 60);
– il Signore dinanzi agli angeli appare come sole. Il calore che ne procede è l’amore; e laluce che ne procede è la sapienza (nn. 83 – 98; 296 – 301);
– il Divino amore e la Divina sapienza che procedono dal Signore sono uno (nn. 99 – 102);
– il Signore ab eterno, che è Jehovah, ha creato l’universo e tutte le cose dell’universo da sestesso e non dal nulla (nn. 282 – 284; 290 – 295).
Queste proposizioni sono dimostrate nella predetta opera Divino Amore e Divina Sapienza.
2. Da queste proposizioni e da quanto è stato detto nella stessa riguardo alla creazione, sipuò vedere che il governo del Divino amore e della Divina sapienza del Signore è ciò chesi chiama Divina Provvidenza. Ma poiché la si è trattato della creazione e non dellaconservazione dello stato delle cose dopo la creazione – e questa conservazione è ilgoverno del Signore – perciò questo argomento sarà qui trattato, partendo dallaconservazione dell’unione del Divino amore e della Divina sapienza, ovvero del Divinobene e della Divina verità, nelle cose create. La trattazione avverrà in questo ordine:
– I. L’universo, nel suo insieme e nelle singole cose che lo compongono, è stato creato dalDivino amore attraverso la Divina sapienza.
– II. Il Divino amore e la Divina sapienza procedono come uno dal Signore.
– III. Questo uno è, in una certa immagine, in ogni cosa.
IV. Si deve alla Divina Provvidenza se ogni cosa creata in generale, ed in particolare, è untale uno; e se non lo è, che lo divenga.
– V. Il bene dell’amore non è il bene, se non in quanto è unito alla verità della sapienza; ela verità della sapienza non è la verità, se non in quanto è unita al bene dell’amore.
– VI. Il bene dell’amore che non sia unito alla verità della sapienza, non è il bene in sé, maun bene apparente; e la verità della sapienza che non sia unita al bene dell’amore non è laverità in sé, ma una verità apparente.
– VII. E’ conforme all’ordine Divino che ogni cosa sia distinta in modo tale che sia nel benee allo stesso tempo nella verità; oppure nel male e allo stesso tempo nel falso.
– VIII. Ciò che è nel bene e allo stesso tempo nella verità, è qualche cosa; e ciò che è nelmale e allo stesso tempo nel falso, non è qualche cosa.
– IX. La Divina provvidenza del Signore fa in modo che il male ed il falso servano ai finidell’equilibrio, della relazione, della purificazione e della congiunzione del bene e dellaverità, presso altri.
3. I. L’universo, nel suo insieme e nelle singole cose che lo compongono, è stato creato dal Divinoamore attraverso la Divina sapienza. Che il Signore ab eterno, che è Jehovah, sia, quantoall’essenza il Divino amore e la Divina sapienza, e che Egli abbia creato l’universo e tuttele cose dell’universo da Se stesso, è stato dimostrato nell’opera Divino Amore e DivinaSapienza, da cui risulta questa conclusione, che l’universo con tutte le cose che locompongono, è stato creato dal Divino amore, attraverso la Divina sapienza. Nella stessaopera è stato dimostrato che l’amore senza la sapienza non può nulla; e allo stesso modo,senza l’amore, la sapienza non può nulla, perché l’amore senza la sapienza, ovvero lavolontà senza l’intelletto, non può pensare nulla, anzi non può vedere, né sentire, népronunciare alcunché, ragion per cui l’amore senza la sapienza, ovvero la volontà senzal’intelletto non può nulla. Ugualmente la sapienza senza l’amore, ovvero l’intelletto senzala volontà non può pensare nulla, né vedere, né sentire, né pronunciare; perciò la sapienzasenza l’amore, ovvero l’intelletto senza la volontà non può nulla; infatti se si toglie l’amorenon resta più alcuna volere e di conseguenza non rimane alcun fare. Poiché ciò esistepresso l’uomo quando egli fa qualche cosa, a maggior ragione esiste presso Dio che èl’amore stesso e la sapienza stessa, allorquando creò e fece l’universo e tutte le sue cose.Che l’universo nel suo insieme e nelle singole cose che lo compongono sia stato creato dalDivino amore attraverso la Divina sapienza, se ne può avere conferma da tutti gli oggettiche si presentano alla vista nel mondo; si prenda in esame anche soltanto qualche oggettoin particolare, con sapienza e se ne avrà conferma; ad esempio un albero, o il suo seme, o ilsuo frutto, o la sua foglia, e raccogliendo la sapienza di cui si dispone, si osservi questooggetto con un microscopio, e si vedranno delle meraviglie, gli interiori che non sonovisibili sono ancora più mirabili. Si consideri l’ordine nella sua successione, come dal seme
l’albero cresce fino a un nuovo seme, e si rifletta in ordine alla possibilità che in ognisuccessione vi sia uno sforzo continuo di propagazione, poiché l’ultimo è il seme nel qualevi è la perpetuazione della specie ed il nuovo inizio. Se poi si voglia pensare anchespiritualmente – cosa possibile, purché lo si voglia – non si vedrà in ciò la sapienza? Eseguitando a pensare spiritualmente, si vedrà che questa fecondità non viene dal seme, nédal sole del mondo, che è mero fuoco, ma che essa è nel seme, da Dio creatore, cuiappartiene la sapienza infinita, e che non solo era lì quando il seme fu creato, ma che vi èstata continuamente dopo, essendo la diffusione una perpetua creazione, come lasussistenza è una perpetua esistenza. E’ come se all’atto si togliesse la volontà, cessandocon ciò l’opera; o se alla parola si togliesse il pensiero, cessando con ciò la parola; o se dalmovimento si togliesse lo sforzo, cessando con ciò il movimento. In altre parole, sedall’effetto si toglie la causa, l’effetto perisce. In tutto ciò che è stato creato, è stataimpressa una forza, ma tale forza non fa nulla da sé, essa agisce in virtù di colui che l’haimpressa. Si osservino ancora altri soggetti nel mondo, per esempio un baco da seta,un’ape o un altro insetto, ed esaminandolo prima naturalmente, poi razionalmente, edinfine spiritualmente, se si è in grado di pensare profondamente si proverà stupore pertutto ciò che lo compone. E se si lascia parlare in sé la sapienza, si dirà nella propriaammirazione, Chi è che non vede in ciò del Divino? Tutto qui appartiene alla Divinasapienza. Si proverà maggio stupore nel considerare gli usi di tutte le cose che sono statecreate; come, nel loro ordine, esse giungono successivamente fino all’uomo, e dall’uomo,al Creatore, da cui provengono, e che dalla congiunzione del Creatore con l’uomo dipendeil concatenamento di tutte le cose e, se si vorrà riconoscerlo, la conservazione di tutte lecose. Che il Divino amore abbia creato tutte le cose, ma nulla senza la Divina sapienza, sivedrà in ciò che segue.
4. II. Il Divino amore e la Divina sapienza procedono come uno dal Signore. Ciò si evince daquanto è stato dimostrato in Divino amore e Divina sapienza, in particolare nei paragrafi:
– L’essere e l’esistere sono distintamente uno (nn. 1417)
– Nel Signore gli infiniti sono distintamente uno (nn. 1722)
– Il Divino amore appartiene alla Divina sapienza e la Divina sapienza appartiene alDivino amore (nn. 3439)
– L’amore senza un connubio con la sapienza non può fare alcuna cosa (nn. 401403)
– L’amore non fa nulla se non in congiunzione con la sapienza (nn. 409410)
– Il calore e la luce spirituali procedenti dal Signore come sole, fanno uno, come il Divinoamore e la Divina sapienza nel Signore sono uno (nn. 99102)
Da ciò che è stato mostrato in questi paragrafi, appare manifestamente l’autenticità diquesta proposizione. Ma poiché s’ignora come due cose tra loro distinte possano agire
come uno, è opportuno dimostrare prima come un soggetto non esista senza una forma,ma che la forma stessa fa questo soggetto; ed inoltre che la forma costituisce un soggettotanto più perfetto quanto più le cose che costituiscono la forma sono distintamentedifferenti, e tuttavia unite.
1° Un soggetto non esiste senza una forma, ma la forma stessa fa questo soggetto. Chiunque pensirazionalmente può vedere che un soggetto non esiste senza una forma, e se esiste, deveavere una forma; infatti tutto ciò che esiste deriva dalla forma la qualità, l’attributo, lamutazione di stato e la relazione ed altre simili cose. Pertanto, ciò che non è in una formanon ammette alcuna affezione, e ciò che non ammette affezione, non ammette alcuna cosa.È la forma a conferire tutto questo. E poiché tutte le cose che soni in una forma, se la formaè perfetta, sono in una relazione di reciprocità, come in una catena un anello e legatoall’anello contiguo, ne segue che la forma stessa fa uno, e quindi un soggetto, cui si puòattribuire qualità, stato, affezione, e di conseguenza, qualche cosa, secondo la perfezionedella forma. Un tale soggetto è tutto ciò che si vede con gli occhi nel mondo; e un talesoggetto è ancora tutto ciò che non si vede, sia nella natura interiore, sia nel mondospirituale. Un tale soggetto è l’uomo, ed un tale soggetto è la società umana. Un talesoggetto è la chiesa, e allo stesso modo un tale soggetto è tutto il cielo angelico, al cospettodel Signore. In una parola, un tale soggetto è l’universo creato, non solo in generale, maancora in ogni particolare. Affinché tutte le cose, in genere ed in specie siano forme èindispensabile che Colui che ha creato tutte le cose sia la Forma Stessa, e che da questaForma provengano tutte le cose che sono state create in forme; questo è ciò che è statodimostrato in Divino amore e Divina sapienza, in particolare nei paragrafi:
– Il Divino amore e la Divina sapienza sono una sostanza ed una forma (nn.4043)
– Il Divino amore e la Divina sapienza sono la Sostanza in sé e la Forma in sé (nn. 4446)
– Il Divino amore e la Divina sapienza nel Signore sono uno (nn. 1422)
– Ed essi procedono dal Signore come uno (nn. 99102)
2° La forma costituisce un soggetto tanto più perfetto quanto più le cose che costituiscono la formasono distintamente differenti, e tuttavia unite. Ciò entra difficilmente nell’intelletto, sel’intelletto non è elevato, giacché l’apparenza è che la forma non può fare uno altrimentiche per somiglianze e uguaglianza di quelle cose che costituiscono la forma. Ho parlatopiù volte con gli angeli intorno a questo soggetto, ed essi mi hanno riferito che questo è unarcano che i savi tra loro percepiscono chiaramente, ed i meno savi in modo meno nitido.Ma, la verità è che la forma è tanto più perfetta, quanto più le cose che la compongonosono distintamente differenti, e nondimeno unite in un modo singolare. Essi confermanociò adducendo ad esempio le società nei cieli, le quali nel loro insieme costituiscono laforma del cielo; e gli angeli appartenenti ad una stessa società, poiché quanto più ciascunangelo è distintamente sé, e così libero, e per conseguenza ama i compagni di società come
se stesso e in virtù della sua affezione, tanto più la società è perfetta. Essi ancora illustranoquesto arcano con il connubio del bene e della verità; perché quanto più distintamente ilbene ed il vero sono due, tanto più perfettamente possono fare uno. Allo stesso modo,l’amore e la sapienza. E poiché ciò che è indistinto è confuso, di qui discende ogniimperfezione nella forma. Ma in che modo più cose perfettamente distinte si uniscano perfare una cosa sola, essi lo dimostrano adducendo ulteriori esempi, principalmente con ciòche è nell’uomo, in cui innumerevoli cose sono distinte, e nondimeno unite. Distinte perinvolucri ed unite per legamenti. E la stessa cosa è dell’amore e di tutte le cose dell’amore,nonché della sapienza e di tutte le cose della sapienza, i quali non si percepisconoaltrimenti che come uno. Più ampie spiegazioni su questo soggetto possono rinvenirsi inDivino amore e Divina sapienza (nn. 1422) e in Cielo e inferno (56, 489). Ciò è stato riferito inquanto appartiene alla sapienza angelica.
5. III. Che questo uno sia in una certa immagine in ogni cosa creata. Che il Divino amore e laDivina sapienza, che nel Signore sono uno e procedono da lui come uno, siano in una certaimmagine, in ogni cosa creata, lo si può vedere da quel che in più luoghi è statodimostrato in Divino amore e Divina sapienza, e principalmente in quanto si legge aiparagrafi nn. 4751, 5460; 282284; 290295; 316318; 319326; 349357. In questi paragrafi èstato dimostrato che il Divino è in ogni cosa creata, perché Dio Creatore, che è il Signore abeterno, ha prodotto da Sé medesimo il sole del mondo spirituale, e per questo sole, tutte lecose dell’universo. Che di conseguenza, questo sole che è stato prodotto dal Signore, e nelquale è il Signore, è non soltanto la prima, ma anche l’unica sostanza, da cui provengonotutte le cose; ed essendo l’unica sostanza, ne consegue che essa è in ogni cosa creata, macon un’infinità varietà, secondo gli usi. Ora poiché nel Signore sono il Divino amore e laDivina sapienza, e nel sole procedente da lui, il Divino fuoco e il Divino splendore, e dalsole il calore spirituale e la luce spirituale, e questi due fanno uno, ne risulta che questouno è in una certa immagine, in ogni cosa creata. Quindi, tutte le cose che sononell’universo si riferiscono al bene ed alla verità, nonché alla loro congiunzione, ovveroall’amore e alla sapienza, ed alla loro congiunzione; perché il bene appartiene all’amore ela verità alla sapienza. Infatti l’amore chiama bene tutto ciò che è suo; e la sapienza chiamaverità tutto ciò che è suo. Che la loro congiunzione sia in ogni cosa creata, si vedrà inseguito.
6. Molti riconoscono che vi è una sostanza unica, che è anche la prima, da cui derivanotutte le cose, ma qual è questa sostanza non si sa; si crede che sia tanto semplice che non viè nulla di più semplice, e che essa possa essere paragonata la punto che non ha alcunadimensione, e che da un numero infinito di tali punti siano derivate le forme dotate didimensione. Ma questa è un’illusione originata dall’idea dello spazio, poiché è da questaidea che appare un tale punto piccolissimo; eppure, non risponde al vero che quanto piùuna cosa sia semplice e pura, tanto più essa è completa e piena. Questa è la ragione per cui
quanto più si osserva interiormente un oggetto, tanto più vi si scoprono cose mirabili,perfette e belle. Che sia così è perché la prima sostanza viene dal sole spirituale che, comesi è detto, procede dal Signore e nel quale è il Signore. Così l’unica sostanza è questo soleche, non essendo nello spazio, è tutto in tutte le cose, nelle più grandi, e nelle più piccoledell’universo creato. Poiché questo sole è la sostanza prima e unica, da cui proviene ognicosa, ne consegue che in essa vi sono cose infinitamente più numerose di quanto appaianelle sostanze che ne derivano, le quali si definiscono, sostanziate ed infine, materie. Il fattoche le prime non appaiono in queste ultime è perché esse discendono da questo sole pergradi di un duplice genere, secondo i quali decrescono tutte le perfezioni. Quindi come si èdetto prima, quanto più interiormente si considera un oggetto, tanto più vi si scopronocose mirabili, perfette e belle. Questo, per dimostrare che il Divino è in una certa immaginein ogni casa creata, ma che questa immagine affievolisce nella stessa misura in cui sidiscende per i gradi, e si estingue quando il grado inferiore è separato dal grado superioredall’occlusione causata dalle materie terrestri che ostruiscono. Ma questo non può cheapparire oscuro a meno che non si abbia cognizione e comprensione di ciò che è statodimostrato in Divino amore e Divina sapienza in merito al sole spirituale, ai gradi spirituali ealla creazione dell’universo (nn. 83172; 173281; 282357).
7. IV. È dalla Divina provvidenza che ogni cosa creata sia in generale e in particolare, un taleuno, e se non lo è, che lo divenga. In ogni cosa creata vi è qualcosa del Divino amore e dellaDivina sapienza, ovvero che in ogni cosa creata vi è il bene e la verità, o la congiunzionedel bene e della verità. Perché il bene si riferisce all’amore e la verità alla sapienza, come siè detto sopra (n. 5) perciò in seguito invece dell’amore e della sapienza spesso si dirà ilbene e la verità, e invece dell’unione dell’amore e della sapienza, il connubio del bene edella verità.
8. Dal precedente paragrafo è evidente che il Divino amore e la Divina sapienza, che nelSignore sono uno, e procedono dal Signore come uno, sono in una certa immagine, in ognicosa creata da lui. Si farà ora qualche cenno intorno a questo uno, ovvero al connubio delbene e della verità.
I. Questo connubio è nel Signore stesso, perché come si è detto, il Divino amore e la Divinasapienza in lui sono uno.
II. Esso viene dal Signore perché in tutto quel che procede dal Signore vi è l’amore e lasapienza saldamente uniti; questi due procedono dal Signore come sole, il Divino amorecome calore e la Divina sapienza come luce.
III. Essi sono ricevuti dagli angeli distintamente, ma vengono congiunti presso di loro dalSignore. Lo stesso avviene presso gli uomini della chiesa.
IV. È dall’influsso dell’amore e della sapienza procedenti come uno dal Signore presso gliangeli del cielo e presso gli uomini della chiesa, e dalla ricezione di questo amore e di
questa sapienza da parte degli angeli e degli uomini della chiesa, che il Signore nellaParola è chiamato sposo e marito, ed il cielo la chiesa sono chiamati sposa e moglie.
V. Quanto più il cielo e la chiesa in generale, e l’angelo del cielo e l’uomo della chiesa nelparticolare, sono in questa unione, ovvero nel connubio del bene e della verità, tanto piùsono immagine e somiglianza del Signore, perché questi due nel Signore sono uno, anzisono il Signore.
VI. L’amore e la sapienza nel cielo e nella chiesa in generale, e nell’angelo del cielo enell’uomo della chiesa in particolare, sono uno quando la volontà e l’intelletto, cioè il benee la verità fanno uno, ovvero quando la dottrina desunta dalla Parola e la vita conforme aquesta dottrina, fanno uno.
VII. In che modo questi due facciano uno nell’uomo è stato dimostrato in Divino amore eDivina sapienza, parte quinta, dove si è trattato della creazione dell’uomo, e segnatamentedella volontà e dell’intelletto, rispettivamente con il cuore ed i polmoni (nn. 385432).
9. In che modo poi essi facciano uno nelle cose che sono al di sotto e al di fuoridell’uomo, tanto in quelle che sono nel regno animale, quanto in quelle che sono nel regnovegetale, si dirà in seguito. Ora è opportuno che questi tre punti siano esposti per primi:Primo, in tutte e le singole cose dell’universo che sono state create dal Signore vi è ilconnubio del bene e della verità. Secondo, questo connubio, dopo la creazione è statodisgiunto. Terzo, è dalla Divina provvidenza che quel che è stato disgiunto divenga uno, eche così il connubio del bene e della verità venga ristabilito. Questi tre punti sono statidimostrati ampiamente in Divino amore e Divina sapienza perciò non sono necessari ulterioriapprofondimenti. Ciascuno può vedere in virtù della ragione che il connubio del bene edella verità, essendo dalla creazione in tutte le cose create, e questo connubio essendo poistato disgiunto, il Signore opera continuamente affinché sia ristabilito; di conseguenza, larestaurazione e quindi la congiunzione dell’universo creato con il Signore per mezzodell’uomo, sono opera della Divina provvidenza.
10. V. Che il bene dell’amore non è il bene se non in quanto è unito alla verità della sapienza; e laverità della sapienza non è la verità se non in quanto è unita al bene dell’amore. Il bene e la veritàderivano ciò dalla loro origine. Il bene nella sua origine è nel Signore, allo stesso mododella verità, perché il Signore è lo stesso Bene e la stessa Verità; e questi due in lui sonouno. Ne consegue che il bene presso gli angeli nel cielo e presso gli uomini nel mondo, nonè il bene in sé, se non in quanto è congiunto alla verità; e la verità non è la verità in sé senon in quanto è congiunta al bene. Che ogni bene ed ogni verità derivino dal Signore, ènoto; quindi poiché il bene fa uno con la verità, e la verità con il bene, affinché il bene sia ilbene in sé e la verità sia la verità in sé, è necessario che facciano uno nel recipiente, vale adire, l’angelo del cielo e l’uomo nel mondo.
11. È noto che tutte le cose nell’universo sono in relazione con il bene e con la verità,giacché per il bene s’intende ciò che universalmente abbraccia e concerne tutte le cosedell’amore; e per la verità s’intende ciò che universalmente abbraccia e concerne lasapienza. Ma non è noto ancora che il bene è nulla se non è unito alla verità, e che la verità,allo stesso modo, è nulla se non è è unita al bene. In apparenza sembra che il bene siaqualche cosa senza la verità, e che la verità sia qualche cosa senza il bene, e nondimeno,non è così. Infatti l’amore, il cui prodotto si definisce bene, è l’essere della cosa; e lasapienza, il cui prodotto è la verità, è l’esistere della cosa che procede da questo essere,come è stato dimostrato in Divino Amore e Divina Sapienza (nn.1416). Pertanto siccomel’Essere senza l’Esistere non è qualche cosa, né l’Esistere senza l’Essere è qualche cosa, così ilbene senza la verità e la verità senza il bene non sono qualche cosa. Infatti che cosa è ilbene senza una relazione con qualche cosa? Si può forse chiamare bene? Certamente essonon appartiene ad alcuna affezione, né ad alcuna percezione; ciò che congiuntamente albene influisce e si fa percepire e sentire, si riferisce alla verità, perché fa riferimento a ciòche è nell’intelletto. Dichiarare astrattamente a qualcuno il bene, e non già questa o quellacosa è un bene, significa privare il bene di qualunque significato o valore. Ma da questo oquello oggetto che si percepisce essere uno con il bene, esso è qualche cosa. Tuttavia essonon si unisce al bene in altro luogo se non nell’intelletto; e tutto l’intelletto si riferisce allaverità. la stessa cosa è della volontà; la volontà senza il sapere, il percepire ed il pensare ciòche l’uomo vuole, non è qualche cosa, ma congiunta con questi tre, diventa qualche cosa.Tutta la volontà appartiene all’amore e si riferisce al bene. E tutto il sapere, il percepire edil pensare appartiene all’intelletto e si riferisce alla verità. Dunque è evidente che volerenon è qualche cosa, ma volere questo o quello è qualche cosa. Similmente è per l’uso,perché l’uso è il bene. L’uso se non è determinato in una cosa con la quale faccia uno, non èun uso, così non è qualche cosa. L’uso trae dall’intelletto il suo qualche cosa, e quel che poisi congiunge o si aggiunge all’uso si riferisce alla verità, da cui l’uso deriva la sua qualità.Da queste poche spiegazioni si può vedere che il bene senza verità non è qualche cosa, néla verità senza il bene è qualche cosa. Si è detto che il bene con la verità e la verità con ilbene, sono qualche cosa, da cui segue che il male con la falsità e la falsità con il male nonsono qualche cosa, infatti questi sono apposti ai primi, e l’opposto distrugge, e quidistrugge il qualche cosa. Ma di questo soggetto si dirà in seguito.
12. Esiste un connubio del bene e della verità nella causa, ed esiste un connubio del benee della verità dalla causa nell’effetto. Il connubio del bene e della verità nella causa è ilconnubio della volontà e dell’intelletto, ovvero dell’amore e della sapienza; in tutto ciò chel’uomo vuole e pensa e quindi conclude e si propone di realizzare, vi è questo connubio.Questo connubio entra nell’effetto e lo produce, ma nel realizzare l’effetto sembrano duecose distinte, perché il simultaneo produce il successivo. Come quando l’uomo ha la volontàed il pensiero di alimentarsi, di vestirsi, di procurarsi un alloggio, di fare un negozio oun’opera, di conversare; allora simultaneamente vuole e pensa, o conclude e concepisce un
determinato proposito. Quando ha determinato queste cose negli effetti, allora l’una seguel’altra; ciò nondimeno nella volontà e nel pensiero esse fanno continuamente uno. Gli usiin questi effetti appartengono all’amore ovvero al bene; i mezzi necessari a compiere gliusi appartengono all’intelletto, ovvero alla verità. Ciascuno può confermare questi principigenerali con esempi specifici, purché percepisca distintamente ciò che si riferisce al benedell’amore e ciò che si riferisce alla verità della sapienza, e distintamente ciò che si riferiscead essi nella causa e nell’effetto.
13. Si è detto alcune volte che l’amore costituisce la vita dell’uomo, ma con ciò nons’intende l’amore separato dalla sapienza, ovvero il bene separato dalla verità nella causa;perché l’amore separato o il bene separato non è qualche cosa. Quindi l’amore checostituisce la vita intima dell’uomo, la quale viene dal Signore, è l’amore e la sapienzainsieme. Anche l’amore che costituisce la vita dell’uomo in quanto recipiente non è l’amoreseparato nella causa, ma esso stesso nell’effetto, poiché l’amore non si può intendere senzala sua qualità, e la sua qualità è la sapienza. La qualità, ovvero la sapienza, non puòesistere che dal suo essere, che è l’amore, quindi ne consegue che sono uno. Parimenti peril bene e la verità. Ora poiché la verità viene dal bene, come la sapienza deriva dall’amore,perciò entrambi considerati insieme, si chiamano amore o bene, in virtù del fatto chel’amore nella sua forma è la sapienza, ed il bene nella sua forma è la verità. Dalla forma enon altrimenti, deriva ogni qualità. Da queste spiegazioni ora si può vedere che il benenon è affatto il bene se non in quanto è unito alla sua verità, e che la verità non è affatto laverità se non in quanto è unita al suo bene.
14. VI. Che il bene dell’amore separato dalla verità della sapienza non sia il bene in sé, ma sia unbene apparente; e che la verità della sapienza separata dal bene dell’amore non sia la verità in sé, masia una verità apparente. Invero, non esiste alcun bene, che sia il bene in sé, se non è unitoalla sua verità; né alcuna verità, che sia la verità in sé, se non è unita al suo bene.
Ciò nondimeno, esiste un bene separato dalla verità, ed una verità separata dal bene;questo ha luogo presso gli ipocriti e gli adulatori, i malvagi di ogni specie e presso coloroche sono nel bene naturale, senza essere in alcun bene spirituale; gli uni e gli altri possonofare del bene alla chiesa, alla patria, alla società, ad un concittadino, ai poveri, ai bisognosi,alle vedove e agli orfani, e possono ancora intendere le verità, pensarle in virtùdell’intelletto, parlare di esse ed insegnarle in virtù del pensiero, e nondimeno, questi benie queste verità non sono tali interiormente, di conseguenza non sono beni e verità in sé,presso costoro, ma sono beni e verità esteriormente e solo in apparenza, in quanto sonotali solo per sé e per il mondo e non per lo stesso bene e per la stessa verità; dunque non invirtù del bene e della verità, in quanto essi appartengono unicamente alla bocca e al corpoe non al cuore; e possono essere paragonati ai rifiuti, o al legno marcio, o al letamericoperti di oro e d’argento. E le verità affermate possono essere paragonate al soffio dellarespirazione che si dissipa, o ad un fuoco fatuo che svanisce, sebbene esteriormente
appaiono genuine; esse sono tali presso loro, ma possono apparire altrimenti presso coloroche ascoltano e le ricevono senza sapere, senza conoscere la loro autentica natura, perchél’esterno influenza ciascuno secondo il proprio intimo. Infatti la verità, da qualunquebocca sia profferita, è udita da ciascuno ed è recepita dalla sua mente, secondo la stato e laqualità di essa. Così pure presso coloro che sono nel bene naturale in virtù dell’indoleereditata dagli ascendenti, e non sono in alcun bene spirituale, essendo l’interno di ognibene, spirituale; e questo spirituale dissipa le falsità e i mali; viceversa il naturale lifavorisce; ora, favorire i mali e le falsità, e fare il bene non concorda.
15. Se il bene può essere separato dalla verità, e la verità dal bene, e se una volta separati,possono nondimeno apparire come bene e verità, è perché l’uomo ha la facoltà di agire,che chiamasi libertà, e la facoltà di comprendere che chiamasi razionalità; è in ragionedell’abuso di queste due facoltà che l’uomo può può apparire esteriormente in mododifferente da come egli è interiormente. Di conseguenza il malvagio può fare il bene e direil vero; e il diavolo può mostrarsi come angelo di luce. Ma in merito a questo soggetto sivedano in Divino Amore e Divina Sapienza, i seguenti articoli:
• L’origine del male viene dall’abuso delle facoltà che sono proprie dell’uomo e che si chiamanorazionalità e libertà (nn. 264270)
• Queste due facoltà sono sia presso i malvagi, sia presso i retti (n. 425)
• L’amore senza il connubio con la sapienza, ovvero il bene senza il connubio con la verità,non può far niente (n. 401)
• L’amore non fa nulla se non in congiunzione con la sapienza, ovvero con l’intelletto (n. 409)
• L’amore si congiunge alla sapienza, ovvero all’intelletto, e fa in modo che la sapienza, ovverol’intelletto, sia reciprocamente congiunto (nn. 410412)
• La sapienza, ovvero l’intelletto, dalla potenza che gli conferisce l’amore, può elevarsi fino apercepire le cose che appartengono alla luce procedente dal cielo, e riceverle (n. 413)
• L’amore parimenti si può elevare fino a ricevere le cose che appartengono al caloreprocedente dal cielo, se ama la sapienza, sua sposa, in questo grado (n. 414415)
• Altrimenti l’amore ritrae la sapienza, ovvero l’intelletto dalla sua elevazione, affinché agiscacome uno con essa (nn. 416418)
• L’amore non si purifica nell’intelletto se non si elevano insieme; anzi si contaminanell’intelletto e dall’intelletto se non si elevano insieme (nn. 419421)
• L’amore purificato dalla sapienza diviene nell’intelletto spirituale e celeste;viceversa, l’amore contaminato nell’intelletto diviene sensuale e corporale (nn. 442424)
• La stesa cosa avviene della fede, della carità e della loro congiunzione, comedell’amore, della sapienza e della loro congiunzione (nn. 427430)
• Cosa è la carità nei cieli (n. 431)
16. VII. Il Signore non tollera che alcuna cosa sia divisa; perciò ogni cosa deve essere nel bene eallo stesso tempo nella verità, o nel male e allo stesso tempo nella falsità. La Divina Provvidenzadel Signore si prefigge principalmente che l’uomo sia nel bene ed in pari tempo nellaverità, e si adopera per questo fine, poiché l’uomo è il suo bene e il suo amore, ed altresì lasua verità e la sua sapienza. Infatti grazie a ciò l’uomo è uomo, poiché è ad immagine delSignore; tuttavia, mentre vive nel mondo, l’uomo può essere nel bene ed allo stesso temponella falsità, e può anche essere nel male ed allo stesso tempo nella verità, ed essere nelmale e in pari tempo nel bene, come diviso in se stesso. Poiché questa divisione distruggel’immagine di Dio nell’uomo e di conseguenza l‘uomo stesso, la Divina Provvidenza delSignore si adopera in tutte ed in ciascuna delle sue operazioni affinché questa divisionenon avvenga; e siccome è meglio per l’uomo essere nel male e nello stesso tempo nellafalsità, piuttosto che essere nel bene e contemporaneamente nel male, il Signore permetteche l’uomo si trovi in quello stato, non per sua volontà, non potendosi a ciò opporre invista del fine, che è la salvezza. L’uomo può essere nel male ed allo stesso tempo nellaverità, e il Signore non vi si oppone a motivo del fine, che è la salvezza, perché l’intellettodell’uomo si può elevare nella luce della sapienza e scorgere le verità, o riconoscerleallorché le ode, mentre il suo amore resta in basso. In tal modo l’uomo può trovarsi conl’intelletto nel cielo, ma con l’amore nell’inferno. Non si può impedire all’uomo di esseretale, perché non gli si possono togliere le due facoltà per le quali egli è uomo e si distinguedalle bestie, e solo grazie alle quali può essere rigenerato e in questo modo salvato: laragione e la libertà, in virtù delle quali l’uomo può agire secondo la sapienza, ed agirealtresì secondo un amore che non appartiene alla sapienza. In virtù della sapienza,dall’alto è in grado di riconoscere l’amore che è in basso, e così i pensieri, le intenzioni, idesideri, di conseguenza i mali e le falsità, ed anche i beni e le verità della sua vita e dellasua dottrina, senza la cui conoscenza e consapevolezza in se stesso egli non è in grado diriformarsi. Di queste due facoltà abbiamo già trattato, ed in seguito se ne dovrà ancoratrattare. Questa è la ragione per cui l’uomo può essere nel bene e nello stesso tempo nellaverità, così come nel male ed insieme nella falsità; e può essere nel bene ed in pari temponella falsità, ed ancora nel male e nel bene, alternativamente.
17. In questo mondo, l’uomo può difficilmente pervenire all’una o all’altra unione, vale adire a quella del bene e della verità, o a quella del male e della falsità, perché, finché vive,si trova in uno stato di riforma o di rigenerazione. Ma dopo la morte ogni uomo pervieneall’una o all’altra unione, perché allora egli non può più riformarsi o rigenerarsi. Egli restaaffine alla sua precedente vita nel mondo, vale a dire del tutto simile a ciò che è stato in luil’amore dominante. Se dunque la vita dell’amore del male lo ha dominato, allora gli viene
tolta ogni verità acquisita nel mondo, da un maestro o dalla Parola. Rimossa la verità, eglis’imbeve – come una spugna, di acqua – della falsità che concorda col suo male; alcontrario, se in lui ha prevalso la vita dell’amore del bene, allora viene rimossa ogni falsitàacquisita nel mondo, ascoltando o leggendo, e che non aveva confermato in se stesso;invece della falsità gli viene data una verità che concorda col suo bene. Questo è ilsignificato delle parole del Signore: Toglietegli il talento, e datelo a colui che ha dieci talenti;perché a chiunque ha, sarà dato, affinché abbia in abbondanza, ma a chi non ha, sarà tolto anchequel che ha (Matteo 25:28, 29. 13:12. Marco 4:25. Luca 8:18; 19:24 – 26).
18. Se ognuno, dopo la morte, deve trovarsi nel bene ed in pari tempo nella verità, o nelmale ed al tempo stesso nella falsità, è perché il bene ed il male non possono unirsi, né ilbene con la falsità del male, né il male con la verità del bene, poiché si tratta di opposti, egli opposti si combattono tra loro, finché l’uno finisce col distruggere l’altro.Nell’Apocalisse, queste parole del Signore alla chiesa dei Laodicesi si rivolgono a coloroche sono nel male ed al tempo stesso nel bene: « Io conosco le tue opere: tu non sei né fredda,né fervente. Oh fossi tu fredda o fervente! Ma poiché sei tepida, e né fredda né calda, io ti vomiteròdalla mia bocca. » (Ap. 3:15, 16). E anche queste parole del Signore: « Nessuno può servire duepadroni; o odierà l’uno ed amerà l’altro, oppure si legherà all’uno e trascurerà l’altro » (Matteo6:24).
19. VIII. Ciò che è nel bene ed al tempo stesso nella verità è qualche cosa, e ciò che è nel male ed inpari tempo nella falsità è nulla. Che quel che è nel bene ed al tempo stesso nella verità siaqualche cosa, è già stato detto (n. 11); ne consegue che il male, ed in pari tempo la falsità,non sono nulla. “Essere nulla” significa non avere alcuna potenza né alcuna vita spirituale.Coloro che sono nel male ed in pari tempo nella falsità, e si trovano dunque all’inferno,hanno in verità una certa potenza in se stessi, poiché il malvagio è capace di fare del male,in mille modi. Tuttavia egli non può fare del male ai malvagi che in virtù del male, ma innessun modo ai buoni; e se riesce – come talvolta accade – a far del male ai buoni, ciòavviene a causa dell’unione con qualche male presente in questi ultimi. Da ciò provengonole tentazioni, che sono lotte dei malvagi presso i buoni, da cui derivano conflitti grazie acui i buoni possono essere liberati dai loro mali. Dato che i malvagi non hanno alcuna
potenza, tutto l’inferno al cospetto del Signore, non solo è come nulla, ma è assolutamentenulla in quanto al suo potere; che ciò sia così, molte esperienze me lo hanno confermato.Ma quel che è sorprendente è che tutti i malvagi si credono potenti, e che tutti i buoni sicredono impotenti: ciò deriva dal fatto che i malvagi confidano nella propria circospezioneed astuzia, e nella propria malvagità, e non nel Signore; mentre i buoni non attribuiscononulla alla propria prudenza, ma tutto al Signore, che è Onnipotente. Che il male e la falsitànon sono nulla, è anche perché in essi non vi è alcunché della vita spirituale: questa è laragione per cui la vita degli abitanti dell’inferno non si chiama vita, ma morte. Quindi,
poiché tutto ciò che è qualcosa fa parte della vita, essere qualcosa non può far parte dellamorte.
20. Coloro che sono nel male e al tempo stesso nella verità si possono paragonare alleaquile che volano in alto, e che cadono allorché vengono loro tolte le ali. Questo è il lorodestino dopo la morte: una volta divenuti spiriti, gli uomini che hanno compreso le verità,ne hanno parlato e le hanno insegnate, e nonostante ciò nella loro vita non hanno innessun modo rivolto i loro sguardi a Dio, con le loro facoltà intellettuali si elevano in alto,e talvolta entrano nei cieli e fingono di essere angeli di luce; ma quando vengono spogliatidelle loro verità e gettati fuori, cadono nell’inferno. Le aquile indicano questi uominirapaci, che hanno la vista intellettuale, mentre le ali significano le verità spirituali. Si èdetto che tali sono coloro che nella loro vita non hanno in nessun modo rivolto i lorosguardi a Dio: rivolgere gli sguardi a Dio nella vita significa semplicemente pensare chequesto o quel male è un peccato contro Dio, e perciò non commetterlo.
21. IX. La Divina Provvidenza del Signore fa sì che il male e la falsità servano per l’equilibrio, larelazione e la purificazione, e per l’unione del bene e della verità negli altri. Da quel che si è dettoprecedentemente, si può comprendere che la Divina Provvidenza del Signore operacontinuamente, affinché nell’uomo la verità sia unita al bene, ed il bene alla verità, perchéquesta unione è la chiesa ed è il cielo. Infatti questa unione è nel Signore ed è in tutte lecose che procedono dal Signore. In virtù di questa unione il cielo si chiama connubio, edanche la chiesa: ragion per cui il regno di Dio, nella Parola, viene paragonato almatrimonio. È in virtù di questa unione che il sabato, nella chiesa israelita, era la cosa piùsanta del culto, poiché esso stava a indicare tale unione: perciò nella Parola, e in tutte ed inciascuna delle sue parti, vi è il connubio del bene e della verità (riguardo a questoconnubio, si veda la Dottrina della Nuova Gerusalemme sulla Sacra Scrittura, dal n.80 aln.90). Il connubio del bene e della verità deriva dal connubio del Signore con la chiesa, edil connubio del Signore con la chiesa deriva dal connubio dell’amore e della sapienza nelSignore, poiché il bene appartiene all’amore, e la verità alla sapienza. Da ciò si comprendeche il proposito eterno della Divina Provvidenza è di unire nell’uomo il bene alla verità, ela verità al bene, poiché così l’uomo si unisce al Signore.
22. Ma dato che molti hanno infranto e infrangono questo connubio, principalmente perla separazione della fede dalla carità — poiché la fede appartiene alla verità e la veritàappartiene alla fede, e la carità appartiene al bene ed il bene alla carità — in questo modouniscono in se stessi il male e la falsità, e sono divenuti e divengono lacerati interiormente.Nondimeno, il Signore fa in modo che essi servano all’unione del bene e della verità inaltri, tramite l’equilibrio, la relazione e la purificazione.
23. Il Signore provvede all’unione del bene e della verità negli altri grazie all’equilibrio trail cielo e l’inferno. Infatti dall’inferno promana continuamente il male e in pari tempo lafalsità, e dal cielo promana continuamente il bene e contemporaneamente la verità. Ogni
uomo, finché vive nel mondo, è tenuto in questo equilibrio, e grazie ad esso nella libertà dipensare, di volere, di parlare e di agire, libertà in cui è capace di riformarsi. (Circa questoequilibrio spirituale, in virtù del quale l’ uomo trova la sua libertà, si veda il trattato Cieloe Inferno, dal n. 589 al n.596, e dal n. 597 al n. 603).
24. Il Signore provvede all’unione del bene e della verità tramite la relazione. Infatti ilbene non può essere conosciuto se non in virtù della relazione con un bene minore, e perl’opposizione al male: da ciò deriva ogni percezione ed ogni sensazione, perché da questarelazione deriva la loro qualità. Ogni piacere si percepisce e si avverte in contrasto con unpiacere minore e col dispiacere; ogni bellezza in contrasto con una bellezza minore e con labruttezza. Del pari, ogni bene appartenente all’amore si percepisce e si avverte tramite unbene minore e per mezzo del male; ed ogni verità appartenente alla sapienza si percepiscee si avverte grazie ad una verità minore e per mezzo della falsità. È necessario che vi siavarietà in ogni cosa, dal suo massimo al suo minimo; e quando c’è varietà anche nel suoopposto, dal suo minimo al suo massimo, ed interviene l’equilibrio, allora secondo i livellidi entrambe le parti si genera una relazione, e la percezione e sensazione della cosaaumentano o diminuiscono. Ma bisogna sapere che l’opposizione diminuisce o esalta lepercezioni e le sensazioni: essa le diminuisce quando gli opposti si mescolano, e le esaltaquando non si mescolano. Perciò il Signore separa accuratamente il bene dal male, affinchéessi non si mescolino nell’uomo, nello stesso modo in cui egli separa il cielo dall’inferno.
25. Il Signore provvede all’unione del bene e della verità negli altri mediante lapurificazione, che avviene in due modi: per tentazione e per fermentazione. Le tentazionispirituali non sono altro che combattimenti contro i mali e le falsità che promananodall’inferno che esercitano la loro influenza: grazie ad esse l’uomo si purifica dai mali edalle falsità, ed in lui il bene si congiunge al vero, e la verità al bene. Le fermentazionispirituali si compiono in molti modi, nei cieli così come sulle terre; ma nel mondo si ignoraciò che esse siano e come accadano. Infatti sono mali e nello stesso tempo falsità, che,immessi nelle società, agiscono come i fermenti immessi nelle farine e nei mosti, in virtùdei quali gli eterogenei si separano e gli omogenei si congiungono, creando purezza echiarezza. È a tali fermentazioni che alludono queste parole del Signore: « Il Regno dei cieliè simile al lievito che una donna, dopo averlo preso, lo chiuse entro tre staia di farina, finché il tuttofosse lievitato » (Matteo 13:33; Luca 13:21).
26. A questi usi provvede il Signore per mezzo dell’unione del male e della falsità, la qualesi trova in coloro che sono all’inferno, poiché il regno del Signore, non è soltanto sul cielo,ma governa anche l’inferno, è il regno degli usi; e la Provvidenza del Signore fa sì che lànon vi sia alcuna persona, né alcuna cosa, da cui e per cui non si possa trarre un uso.
II
La Divina Provvidenza del Signore ha per fine un cielo formato del genereumano
27. Che il cielo non sia formato da angeli creati fin dal principio, e che l’inferno nonprovenga da qualche diavolo che, creato come angelo di luce, sia stato precipitato dalcielo, ma che il cielo e l’inferno provengano dal genere umano — il cielo da coloro chesono nell’amore del bene e quindi nell’intelligenza della verità, e l’inferno da coloro chesono nell’amore del male e quindi nell’intelligenza della falsità — è un fatto a me noto eprovato grazie ad una frequentazione di lunga durata con gli angeli e gli spiriti. (Intorno aquesto soggetto, si veda anche ciò che è stato esposto nel trattato Cielo e inferno, dal n. 311al n. 316, nonché ciò che è stato detto nell’opuscolo Ultimo Giudizio, dal n. 14 al n. 27; e inContinuazione sull’Ultimo Giudizio e sul mondo spirituale). Ora, poiché il cielo proviene dalgenere umano, ed esso è la coabitazione col Signore per l’eternità, ne consegue che il cieloè stato per il Signore il fine della creazione; e poiché è stato il fine della creazione, esso èanche il fine della sua Divina Provvidenza. Il Signore non ha creato l’universo per sé, maper coloro con i quali vuole essere nel cielo, poiché l’amore spirituale è tale che vuol daread altri il suo, e per quanto possibile, è altrettanto presente nel suo essere, nella sua pace edella sua beatitudine. L’amore spirituale deriva ciò dall’Amore Divino del Signore, che è alui simile, ma ad un grado infinito. Ne consegue che l’Amore Divino, e quindi la DivinaProvvidenza, ha per fine un cielo composto da uomini divenuti angeli, e che divengonoangeli, a cui il Signore possa dare tutte le beatitudini e le felicità che appartengonoall’amore ed alla sapienza, in virtù della presenza di se stesso in loro. Egli non puòaltrimenti, perché la sua immagine e somiglianza sono presenti in essi fino dalla creazione;la sua immagine è la sapienza, e la sua somiglianza è l’amore; ed il Signore in essi èl’amore unito alla sapienza, e la sapienza unita all’amore; ovvero, in altri termini, il beneunito alla verità e la verità unita al bene. Di questa unione abbiamo già trattato nelparagrafo precedente. Tuttavia, siccome si ignora cosa sia il cielo in generale ovvero pressomolti, e cosa nel particolare, ovvero in un individuo, e si ignora cosa sia il cielo nel mondospirituale e cosa nel mondo naturale, e nondimeno, è necessario saperlo, perché il cielo è ilfine della Divina Provvidenza, desidero chiarire l’argomento in questo ordine:
I. Il cielo è l’unione col Signore.
II. L’uomo, fin dalla sua creazione, è capace di congiungersi sempre più al Signore.
III. Quanto più l’uomo si congiunge al Signore, tanto più diviene savio.
IV. Quanto più l’ uomo si congiunge al Signore, tanto più diviene felice.
V. Quanto più l’ uomo si congiunge al Signore, tanto più distintamente realizza la propriaidentità, e tanto più chiaramente si accorge di appartenere al Signore.
28. I. Il cielo è l’unione col Signore. Il cielo non è tale in virtù degli angeli, ma in virtù delSignore, poiché l’amore e la sapienza in cui si trovano gli angeli, e che costituiscono ilcielo, non provengono da loro, ma dal Signore, anzi sono il Signore che è in loro. Poichél’amore e la sapienza appartengono al Signore, e sono il Signore nel cielo, e l’amore e lasapienza costituiscono la vita stessa degli angeli, è altresì evidente che la loro vitaappartiene al Signore, anzi è il Signore. Che gli angeli ricevano la loro vita dal Signore, losostengono essi stessi; perciò è evidente che il cielo è l’unione col Signore. Ma siccomel’unione col Signore è di vario genere, e quindi il cielo in un angelo non è simile al cielo inun altro, ne consegue che la natura del cielo varia secondo la natura dell’unione colSignore. Nel paragrafo seguente vedremo che può esservi un’unione sempre più stretta colSignore, ed anche un’unione sempre più remota. A questo punto dobbiamo dire qualcosaintorno a questa unione, come essa si compie e quale è la sua natura. Vi è una reciprocaunione del Signore con gli angeli, e degli angeli col Signore: il Signore influisce nell’amoredella vita degli angeli, e gli angeli ricevono il Signore nella sapienza, e grazie a ciò siuniscono reciprocamente al Signore. Tuttavia deve essere ben chiaro che agli angelisembra di unirsi al Signore come se ciò avvenisse tramite la loro stessa sapienza, mentre èil Signore che li attrae a sé grazie alla sua sapienza, poiché la loro sapienza proviene dalSignore. Ciò equivale a dire che il Signore si congiunge agli angeli tramite il bene, e che gliangeli si congiungono reciprocamente al Signore tramite la verità, poiché ogni bene siriferisce all’amore, ed ogni verità alla sapienza. Ma siccome questa unione reciproca è unmistero che pochi possono intendere se non viene spiegato, desidero perciò, per quanto èpossibile, trattarlo in modo tale da facilitarne la comprensione. Nel trattato Divino amore eDivina sapienza, nn. 404 e 405, abbiamo mostrato come l’amore si congiunge alla sapienza,specificamente grazie al desiderio di conoscere, da cui nasce il desiderio della verità, daldesiderio di comprendere, da cui risulta la percezione della verità, e dal desiderio divedere ciò che si sa e si comprende, da cui ha origine il pensiero. Il Signore influisce intutti questi desideri, che sono come ramificazioni dell’amore della vita di ciascuno, e gliangeli ricevono questo influsso nella percezione della verità e nel pensiero. Infatti è inquesta percezione e in questo pensiero che l’influsso si manifesta loro, e non nei desideri.Le percezioni ed i pensieri appaiono agli angeli come appartenenti a loro, benché essiderivino dalle affezioni che provengono dal Signore, perciò sembra che gli angeli sicongiungano reciprocamente al Signore, benché sia il Signore che li attrae a sé, poiché è lostessa affezione a produrre queste percezioni e questi pensieri. Vale a dire che l’affezioneche appartiene all’amore ne è l’anima: infatti non sì può percepire né pensare alcunchésenza affezione, ed ognuno percepisce e pensa secondo la propria affezione. Diconseguenza è evidente che l’unione reciproca degli angeli col Signore non proviene da
loro, anche se appare così. Tale è, allo stesso modo, l’unione del Signore con la chiesa, edella chiesa col Signore, chiamata matrimonio celeste e spirituale.
29. Nel mondo spirituale, ogni unione si compie tramite intenzione; in quel mondo,quando alcuno pensa ad un altro col desiderio di parlargli, l’altro subito diviene presente,e si vedono entrambi faccia a faccia. La stessa cosa avviene quando qualcuno pensa ad unaltro con l’affezione che deriva dall’amore; tuttavia in questo caso il risultato è un’unione,mentre nel primo caso è solo una presenza. Questa è una peculiarità del mondo spirituale,poiché là tutti sono spirituali, diversamente dal mondo naturale, dove tutti sono materiali.Una cosa simile avviene agli uomini del mondo naturale, nelle affezioni e nei pensieri delloro spirito; ma poiché nel mondo naturale vi è una dimensione spaziale, mentre nelmondo spirituale lo spazio è solamente apparenza, nel mondo spirituale ciò che simanifesta nel pensiero di ogni spirito si attualizza. Questo è stato scritto affinché si sappiacome si realizza l’unione del Signore con gli angeli, e l’apparente unione reciproca degliangeli col Signore. Infatti tutti gli angeli volgono la faccia verso il Signore, ed il Signore liguarda in fronte, ma gli angeli guardano il Signore negli occhi: la fronte corrispondeall’amore ed alle sue affezioni, e gli occhi corrispondono alla sapienza ed alle suepercezioni. Tuttavia gli angeli non volgono da se stessi la faccia verso il Signore, ma è ilSignore a volgerli verso di sé, e li volge per l’influsso nell’amore della loro vita. Mediantequesto influsso entra nelle percezioni e nei pensieri, ed è così che li spinge a volgersi. Intutti i fenomeni della mente umana vi è questa circolazione dell’amore verso i pensieri, edai pensieri che procedono dall’amore verso l’amore medesimo: è un processo che puòchiamarsi “circolo della vita”. Intorno a questo soggetto si vedano alcuni articoli neltrattato Divino Amore e Divina Sapienza, per esempio questi: Gli angeli volgonocontinuamente il loro volto verso il Signore in quanto sole (dal n. 129 al n.134). L’intimodella mente quanto del corpo degli angeli è parimenti rivolto verso il Signore in quantosole (dal n.135 al n.139). Ogni spirito, qualunque esso sia, si volge similmente verso il suoamore dominante (dal n.140 al n.145). L’amore si congiunge alla sapienza e fa sì che lasapienza si congiunga reciprocamente (dal n. 410 al n. 412). Gli angeli sono nel Signore, e ilSignore è in loro; e poiché gli angeli sono recipienti, il Signore solo è il cielo (dal n.113 aln.118).
30. Il cielo del Signore nel mondo naturale si chiama chiesa, e l’angelo di questo cielo èl’uomo della chiesa unito al Signore; quest’uomo, una volta uscito dal mondo, divieneangelo del cielo spirituale. Quindi ciò che si è detto del cielo angelico si deve intendereanche del cielo umano, che si chiama chiesa. L’unione reciproca col Signore, che costituisceil cielo nell’uomo, è stata rivelata dal Signore in questo passo di Giovanni: «Dimorate in me,
ed io in voi; chi dimora in me, ed io in lui, porta molto frutto; perché senza di me non potete farnulla» (Giovanni 15:4, 5, 7).
31. Da queste spiegazioni è evidente che il Signore è il cielo, non solo in via generale(presso tutti nel cielo), ma anche in modo particolare (presso ciascuno). Ogni angelo èrealmente un cielo in miniatura; e il cielo, in generale, si compone di tanti cieli quanti sonogli angeli. Su questo argomento, vedasi il trattato Cielo e inferno, dal n.51 al n.58. Standocosì le cose, nessuno deve incorrere questo errore, in cui molti cadono non appenaconsiderano tale argomento: vale a dire che il Signore risiede nel cielo fra gli angeli,ovvero che egli dimora presso di loro come un re nel suo regno. Egli appare sopra di essicome il sole spirituale; ma secondo la vita del loro amore e della loro sapienza, egli è inloro.
32. II. L’uomo, fin dalla sua creazione, è capace di congiungersi sempre più al Signore. Ciò èstato mostrato in Divino Amore e Divina Sapienza, parte terza, sui gradi, e specialmentenei seguenti paragrafi: Nell’uomo, così come è stato creato, vi sono tre gradi discreti,ovvero di altezza, (dal n. 230 al n.235). Questi tre livelli si trovano in ogni uomo fin dallanascita; e, nella misura in cui vengono aperti, l’uomo è nel Signore, ed il Signore nell’uomo(dal n. 236 al n. 241). Tutti i processi di perfezionamento crescono ed ascendono con i gradie secondo i gradi (dal n. 109 al n. 204). Da ciò è evidente che l’uomo, per come è creato, ècapace di unirsi sempre più al Signore attraverso tali gradi. Ma è necessario sapere checosa sono i gradi, e che ve ne sono di due generi: i gradi discreti o di altezza, e i gradicontinui o di larghezza; e quale è la loro differenza. Bisogna inoltre sapere che in ogniuomo, così come è stato creato, e quindi fin dalla nascita, vi sono tre gradi discreti, o dialtezza. L’uomo, alla sua nascita, accede al primo livello, definito “naturale”, e puòaccrescere in sé questo livello, per continuità, fino a divenire razionale. Può quindiaccedere al secondo livello, definito “spirituale” se vive secondo le leggi spiritualidell’ordine, che sono le Divine verità; e può accedere anche al terzo livello, definito“celeste”, se vive secondo le leggi celesti dell’ordine, che sono i Divini beni. Il Signore aprequesti livelli nell’uomo secondo la sua vita nel mondo; ma essi non vengono percepiti edavvertiti sensibilmente, se non dopo la morte. Nella misura in cui essi sono aperti, e quindiperfezionati, l’uomo si congiunge sempre di più al Signore. Questa unione può essereaccresciuta in eterno, a misura del nostro avvicinamento al Signore; per gli angeli, essaaumenta eternamente. Tuttavia l’angelo non può accedere o accostarsi ai limiti del primogrado dell’amore e della sapienza del Signore, perché il Signore è infinito, e l’angelo èfinito, e tra l’infinito ed il finito non vi è alcun rapporto. Poiché è necessario conoscerequesti livelli per comprendere la condizione umana, e il modo in cui essa può elevarsi edavvicinarsi al Signore, si possono trovare indicazioni più specifiche nel trattato Divinoamore e Divina Sapienza, dal n. 173 al n. 281.
33. Diremo brevemente come l’uomo può congiungersi sempre più al Signore, e in chemodo questa unione può apparire sempre più intima.
1° Come l’uomo può congiungersi sempre più al Signore. Ciò non avviene tramite la solascienza, né grazie alla sola intelligenza, e neppure per la sola sapienza, ma in virtù dellavita congiunta alla scienza, all’intelligenza ed alla sapienza. La vita dell’uomo è il suoamore, e l’amore è di più specie: in genere vi è l’amore del male e l’amore del bene;l’amore del male è l’amore di commettere adulterio, di vendicarsi, di ingannare, dibestemmiare, di privare gli altri dei loro beni. L’amore del male prova voluttà e piacere nelpensare a queste azioni e nel farle. Questo tipo di amore ha tante ramificazioni, che necostituiscono le affezioni, quante sono le azioni malvagie in cui tale amore viene adeterminarsi; e le percezioni e i pensieri di questo amore sono altrettanto numerosi quantole falsità che favoriscono questi mali e li giustificano. Queste falsità sono una sola cosa colmale, come l’intelletto è una sola cosa con la volontà: essi non sono separati l’unodall’altro, perché l’uno appartiene all’altro. Ora, poiché il Signore fluisce nell’amore dellavita di ciascuno e – tramite le nostre affezioni – nelle percezioni e nei pensieri, e nonviceversa, come si è detto più sopra, ne consegue che Egli non si può congiungere a noi senon nella misura in cui l’amore del male con le sue affezioni, che sono le cupidità, è statorimosso. Poiché tali cupidità dimorano nell’uomo naturale, e l’uomo sente, in virtù del suostato di uomo naturale, di agire da se stesso in tutto ciò che fa, egli deve allontanare, comese fosse lui stesso ad agire, i mali di questo amore. Più riesce ad allontanarli, più il Signoregli si avvicina e si congiunge a lui. Ognuno, in virtù della ragione, può rendersi conto chele cupidità coi loro piaceri chiudono le porte al Signore, e che esse non possono essereaperte dal Signore finché l’uomo stesso le tiene chiuse, e dal di fuori preme e spinge pernon permettere loro di aprirsi. Che sia l’uomo stesso a dover aprire, è indicato dalle paroledel Signore nell’Apocalisse: « Ecco, io sto alla porta e busso; se qualcuno ode la mia voce ed aprela porta, io entrerò, e cenerò con lui, ed egli con me » (Ap. 3:20). È dunque evidente che, nellamisura in cui l’uomo rifugge dai mali come diabolici e avversi all’ingresso del Signore, inpari misura egli si congiunge al Signore. Si congiunge ancor più strettamente al Signorechi li aborrisce come altrettanti diavoli neri ed infuocati, poiché il male e il diavolo sono lastessa cosa, e la falsità del male e satana sono una cosa sola. L’influsso del Signore haluogo nell’amore del bene e nelle sue affezioni, e per loro tramite nelle percezioni e neipensieri, la cui verità procede dal bene in cui l’ uomo si trova ed agisce; così l’influsso deldiavolo e dell’inferno si trova nell’amore per il male e per le sue affezioni, che sono lecupidità, e tramite loro nelle percezioni e nei pensieri, la cui falsità deriva dal male in cui sitrova l’uomo.
2° In che modo questa unione può apparire sempre più intima. Quanto più i mali sono statiallontanati dall’uomo naturale, che li ha rifiutati e presi in odio, tanto più l’uomo sicongiunge al Signore; e poiché 1’amore e la sapienza, che sono il Signore stesso, non sitrovano nello spazio — poiché l’affezione che appartiene all’amore, ed il pensiero cheappartiene alla sapienza, non hanno nulla in comune con lo spazio — il Signore apparepiù vicino in proporzione all’unione tramite l’amore e la sapienza. Viceversa, egli appare
più lontano in proporzione al rifiuto dell’amore e della sapienza. Nel mondo spirituale lospazio non esiste, ma le distanze e le prossimità sono apparenze derivanti dallasomiglianza o dalla diversità delle affezioni, poiché, come si è detto, le affezioni cheappartengono all’amore, ed i pensieri che appartengono alla sapienza, e che in se stessisono spirituali, non sono nello spazio (si veda in proposito ciò che è stato mostrato inDivino Amore e Divina Sapienza, dal n. 7 al n. 10; dal n. 69 al n. 72, e altrove). L’unione delSignore con l’uomo che si è allontanato dai mali è indicata da queste parole del Signore: «I puri di cuore vedranno Dio » (Matteo 5:8), e da queste: « Chi ha i miei precetti e li osserva,presso di lui farò dimora » (Giovanni 14:21, 23.). Avere i precetti significa conoscere, edosservarli significa amare; poiché si dice ancora in questo passo: « Chi osserva i miei precetti,questi è che mi ama. »
34. III. Quanto più l’uomo si congiunge al Signore, tanto più diviene savio. Nell’uomo, percome è stato creato, e quindi dalla sua nascita, vi sono tre gradi di vita, dei quali abbiamoparlato precedentemente (vedi n. 32). In lui vi sono anche tre gradi di sapienza, che siaprono a seconda della congiunzione: essi si aprono a seconda dell’amore, poiché l’amorestesso è la congiunzione. Tuttavia l’uomo percepisce oscuramente l’elevazione dell’amoreda un grado all’altro; viceversa, l’elevazione della sapienza viene percepita chiaramente dacoloro che sanno e vedono che cos’è la sapienza. La ragione per cui i gradi della sapienzavengono percepiti, è perché l’amore entra mediante le affezioni, nelle percezioni e neipensieri, che si presentano alla vista interna della mente, corrispondente alla vista esternadel corpo. Ne consegue che è la sapienza ad apparire, e non l’affezione dell’amore che laproduce. Questo avviene come per tutte le cose che l’uomo mette in atto: esse sono visibiliin quanto vengono operate dal corpo, ma non dall’anima. Possiamo essere consapevoli dicome meditiamo, percepiamo e pensiamo, ma non di come l’anima di queste meditazioni,percezioni e pensieri, che è l’affezione del bene e della verità, le produce. Tuttavia tre sonoi gradi della sapienza: il naturale, lo spirituale e il celeste. L’uomo, mentre vive nel mondo,si trova nel livello naturale della sapienza; questo livello può perfezionarsi in lui fino alsuo punto più elevato, ma nonostante ciò esso non può penetrare nel livello spirituale,perché questo livello non è unito al livello naturale per continuità, bensì per reciprochecorrispondenze. L’uomo accede dopo la morte al livello spirituale della sapienza, che puòperfezionarsi al massimo grado, ma non può entrare nel livello celeste della sapienza,perché neppure questo livello ha continuità col livello spirituale, ma sono in relazionetramite corrispondenze. Si può concludere quindi che la sapienza può elevarsi in modotriplice e che, in ciascun livello può perfezionarsi fino al suo punto più elevato. Chicomprende le elevazioni e le perfezioni di questi livelli può comprendere ciò che si dicedella sapienza angelica: cioè che essa è ineffabile. Essa infatti è tanto ineffabile che milleidee del pensiero degli angeli, nate in virtù della loro sapienza, possono presentarsi comeuna sola idea nel pensiero degli uomini, a misura della minore sapienza di questi ultimi.Le altre novecentonovantanove idee del pensiero degli angeli non possono entrare, poiché
sono soprannaturali, così mi è stato concesso più volte di sapere per esperienza diretta.Tuttavia, come abbiamo detto precedentemente, nessuno può accedere alla sapienzaineffabile degli angeli se non in virtù dell’unione col Signore, e in misura corrispondente aquesta unione, poiché solo il Signore può aprire il grado spirituale e il grado celeste, masolamente in coloro che sono savi da lui; e ricevono sapienza dal Signore coloro cherifiutano il diavolo, vale a dire il male.
35. Non si deve credere, tuttavia, si possa ricevere la sapienza in ragione dell’erudizione,perché si percepiscono in una certa luce e se ne può parlarne con intelligenza, a meno chequesta sapienza non sia unita all’amore, poiché l’amore la produce con le sue affezioni. Senon è unita all’amore, essa è come una meteora nell’aria che svanisce, come una stellacadente; ma la sapienza unita all’amore è come la luce permanente del sole e come unastella fissa. L’uomo possiede l’amore della sapienza nella misura in cui aborrisce la turbadiabolica, cioè i desideri del male e della falsità.
36. La sapienza di cui diveniamo consapevoli è la percezione della verità in virtùdell’affezione per essa; principalmente l’affezione per la verità spirituale, poiché c’è laverità civile, la verità morale e la verità spirituale. Coloro che hanno la percezione dellaverità spirituale in virtù dell’affezione per essa, posseggono anche la percezione dellaverità morale e la percezione della verità civile, perché l’affezione per la verità spirituale èl’anima di queste percezioni. Ho parlato talvolta della sapienza con gli angeli, i quali mihanno detto che la sapienza è l’unione col Signore, perché il Signore è la sapienza stessa; eche in questa unione viene a trovarsi colui che tiene l’inferno lontano da sé, nella misura incui lo rifiuta. Mi hanno detto anche che essi rappresentano la sapienza come un magnificoed ornatissimo palazzo, in cui si entra salendo per dodici gradini. Nessuno accede alprimo gradino se non con l’aiuto del Signore, in virtù dell’unione con lui. Ognuno salesecondo il suo grado di unione e, man mano che ascende, percepisce che nessuno è savioper sua propria virtù, ma in virtù del Signore; inoltre ciascuno si rende conto che le coseche conosce, paragonate con quelle che non sa, sono come gocce d’acqua in confronto adun grande lago. I dodici gradini nel palazzo della sapienza indicano ciò che è bene unito aciò che è vero, e ciò che è vero unito a ciò che è bene.
37. IV. Quanto più l’uomo si congiunge al Signore, tanto più diviene felice. Quel che si è detto(dal n. 32 al n. 34) circa i gradi della vita e della sapienza, secondo l’unione col Signore, sipuò parimenti dire dei gradi della felicità. Infatti le felicità, ossia le beatitudini e i piaceri,si elevano nella misura in cui i gradi superiori della mente, che si chiamano gradospirituale e grado celeste, si aprono nell’uomo; e questi gradi, dopo la sua vita nel mondo,crescono eternamente.
38. Nessun uomo immerso nei piaceri che derivano dalle cupidità del male può saperealcunché dei piaceri delle affezioni del bene in cui si trova il cielo angelico, poiché questidue generi di piaceri sono assolutamente opposti fra loro interiormente, e quindi nel loro
aspetto esteriore. Tuttavia, in superficie essi differiscono poco, infatti ogni amore ha i suoipiaceri, anche l’amore del male in coloro che sono nelle corrispondenti cupidità, comel’amore di commettere adulterio, di vendicarsi, di defraudare, di rubare, di abbandonarsialla crudeltà; ed ancora, nei più malvagi, di bestemmiare le cose sante della chiesa, e dispandere veleno contro Dio. La sorgente di questi piaceri è l’amore di dominare in virtùdell’amore di sé. Questi piaceri derivano dalle cupidità che ossessionano gli accessi piùprofondi della mente, da cui scorrono nel corpo stimolando cose impure che eccitano lenostre fibre. Quindi, dal piacere della mente, secondo le cupidità, nasce il piacere delcorpo. In cosa consistano e quali siano le cose impure che eccitano le nostre fibre, èconcesso ad ognuno di saperlo dopo la morte, nel mondo spirituale: si tratta, in generale,di cose simili a cadaveri, escrementi, sterco, cose puzzolenti e fetide, poiché i loro infernitraboccano di tali immondizie, che sono corrispondenze (si veda in Divino Amore e DivinaSapienza, dal n. 422 al n. 424). Tuttavia, dopo che l’uomo entra nell’inferno, questi turpipiaceri si trasformano in crudeli tormenti. Abbiamo detto queste cose affinché si possacomprendere in cosa consiste e qual’è la felicità del cielo, di cui ora tratteremo, poiché ognicosa si conosce dal suo opposto.
39. Le beatitudini, i rapimenti, i piaceri e le delizie, in una parola le felicità del cielo, nonsi possono descrivere con parole, ma nel cielo si possono avvertire tramite sensazionipercettibili. Infatti ciò che viene percepito solo con sensazioni non si può descrivere,perché non può adattarsi chiaramente alle idee del pensiero, e quindi neppure alle parole.L’intelletto può solamente vedere le cose pertinenti alla sapienza o alla verità, e non quellepertinenti all’amore o al bene. Perciò le gioie celesti sono inesprimibili, anche se si trovanosullo stesso grado ascendente della sapienza. Le loro varietà sono infinite, e ciascuna è aldi là di ogni descrizione: questo mi è stato detto, e l’ho percepito. Ma queste felicitàentrano in noi nella misura in cui ci allontaniamo dalle cupidità dell’amore del male edella falsità, come se ciò avvenisse con le nostre forze, mentre è la forza del Signore adagire. Infatti queste felicità sono le gioie delle affezioni del bene e della verità, e questeaffezioni sono opposte alle cupidità dell’amore del male e della falsità. Le gioie propriedelle affezioni di ciò che è bene e vero trovano il loro principio dal Signore; cosìdall’intimo si diffondono nelle nostre parti inferiori fino alle più remote. In questo modoesse riempiono l’angelo, e fanno sì che egli sia – per così dire – nient’altro che gioia. Taligioie, in infinite varietà, si trovano in ogni affezione per ciò che è bene e vero,principalmente nell’affezione per la sapienza.
40. Non si possono paragonare fra loro i piaceri derivanti dalle cupidità del male con ipiaceri delle affezioni per il bene, perché nelle prime si cela il diavolo, mentre all’originedelle seconde vi è il Signore. Dovendo fare un paragone, i piaceri delle cupidità del male sipossono paragonare ai piaceri delle rane negli stagni e a quelli dei serpenti nei luoghiinsani; mentre i piaceri derivanti dalle affezioni per il bene si possono paragonare alledelizie che l’animo prova nei giardini in fiore. Infatti, cose simili a quelle che attraggono le
rane e i serpenti piacciono anche, nell’inferno, a coloro che si trovano invischiati nellecupidità del male; e cose simili a quelle che dilettano gli animi nei giardini e nelle aiuole difiori, piacciono anche nei cieli a coloro che desiderano il bene. Come abbiamo detto inprecedenza (nn. 3839), tramite le corrispondenze le cose impure attraggono i malvagi, e lecose pure attraggono i buoni.
41. È quindi evidente che quanto più l’uomo si congiunge al Signore, tanto più divienefelice; questa felicità, tuttavia, si manifesta raramente nel mondo, perché l’uomo si trova inuno stato naturale, ed il naturale non comunica con lo spirituale per continuità ma tramitecorrispondenze. Questa comunicazione si avverte solo per una certa tranquillità e pacedell’animo, che si prova soprattutto dopo i combattimenti contro i propri mali. Ma quandol’uomo, alla sua morte, abbandona lo stato naturale ed entra nello stato spirituale, allora legioie sopra descritte si manifestano gradualmente.
42. V. Quanto più l’ uomo si congiunge al Signore, tanto più distintamente realizza la propriaidentità, e tanto più chiaramente si accorge di appartenere al Signore. Si potrebbe pensare che,quanto più ci si congiunge al Signore, tanto meno si è consapevoli della propria identitàpersonale. Tale credenza è comune a tutti i malvagi, ed anche a coloro che, su basireligiose, sono convinti di non trovarsi sotto il giogo della legge, e che nessuno sia capacedi fare volontariamente il bene. Questi possono solo credere che il fatto di non poterpensare e volere il male, ma unicamente il bene, significa non appartenere più a se stessi.Poiché coloro che sono uniti al Signore non vogliono né possono pensare e volere il male,essi, fuorviati da tale apparenza, ne deducono che ciò equivale a non appartenere più a sestessi, benché ciò sia assolutamente il contrario della verità.
43. Vi è una libertà infernale ed una libertà celeste. La libertà infernale significa poterpensare e volere il male e, nella misura in cui le leggi civili e morali non lo impediscono,poterlo pronunciare e compiere; la libertà celeste, al contrario, è poter pensare e volere ilbene e, per quanto è possibile, pronunciarlo e compierlo. Tutto ciò che l’uomo pensa,vuole, pronuncia e compie in virtù della libertà, egli lo percepisce come suo, poiché ognilibertà deriva per ognuno dal suo amore. Quindi, coloro che si trovano nell’amore delmale sentono solo che la libertà infernale è la libertà stessa, mentre coloro che dimoranonell’amore del bene percepiscono che la libertà celeste è la libertà stessa: di conseguenza,gli uni e gli altri sono convinti che la libertà opposta è schiavitù. Tuttavia nessuno puònegare che o l’una, o l’altra sia la vera libertà, poiché due libertà tra loro opposte nonpossono essere entrambe autenticamente libertà. Inoltre non si può negare che essereguidati dal bene significhi essere liberi, e che essere guidati dal male significhi essere inuno stato di schiavitù. Essere guidati dal bene, infatti, vuol dire essere guidati dal Signore,ed essere guidati dal male vuol dire essere guidati dal diavolo. Poiché tutto ciò che l’uomofa in virtù della propria libertà gli sembra essere suo, perché proviene dal suo amore(come si è detto, agire conformemente al proprio amore significa agire liberamente), ne
deriva che l’unione col Signore fa si che l’uomo senta di avere libertà, e quindi identità.Quanto più aumenta l’unione col Signore, tanto più egli è libero, e quindi tanto più èconsapevole della propria identità. Il senso di identità si accresce perché l’Amore Divinovuole che ciò che è suo sia donato agli altri, cioè agli uomini e agli angeli: tale è ogni amorespirituale, soprattutto l’Amore Divino. Inoltre il Signore non costringe mai nessuno,perché tutto ciò a cui si è costretti non appare come proprio; e ciò che non appare comeproprio non può far parte del nostro amore, né di conseguenza essere considerato comenostro. Perciò l’uomo è continuamente guidato dal Signore nella libertà, ed il suo processodi riforma e di rigenerazione si realizza nella libertà. Ma di ciò si tratterà meglio in seguito;si veda anche quel che si è già detto più sopra (n. 4).
44. Quanto all’uomo, poi, se tanto più distintamente è consapevole della propria identità,quanto più chiaramente si accorge di appartenere al Signore, è perché quanto più ècongiunto al Signore, tanto più diviene savio, come si è già mostrato (dal n. 34 al n. 36). Lasapienza insegna ciò, e ne fa acquisire la consapevolezza. Gli angeli del terzo cielo, chesono i più savi fra gli angeli, giungono perfino a percepirlo, e lo definiscono come lalibertà medesima. Essi chiamano schiavitù il sentirsi padroni di se stessi; e lo spiegano colfatto che il Signore non influisce immediatamente in ciò che la loro sapienza li rendecapaci di percepire e di pensare, ma nelle affezioni del loro amore per ciò che è bene, eattraverso queste affezioni nelle loro percezioni e pensieri. Essi percepiscono tale influssonell’affezione che dà impulso alla loro sapienza. Quindi tutto ciò che essi pensano in virtùdella sapienza sembra provenire dagli stessi angeli, come se appartenesse loro. In tal modosi effettua la reciproca congiunzione.
45. Poiché la Divina Provvidenza del Signore ha come scopo un cielo formato dal genereumano, ne consegue che essa ha per fine l’unione del genere umano col Signore (nn. 2831). Essa inoltre, ha come obiettivo che l’uomo si congiunga sempre più in prossimità a lui(nn. 3233), in modo tale che l’uomo possa avere un cielo più interiore. Essa si prefiggealtresì che 1’uomo, grazie a questa congiunzione, divenga più savio (nn. 3436) e più felice(nn. 3741), perché l’uomo può entrare nel cielo in virtù, ed in misura corrispondente allasapienza; e acquisisce ancora per mezzo di questa, la felicità. Essa inoltre, ha per fine chel’uomo sia sempre più consapevole della propria identità, e che al tempo stesso si accorgasempre più chiaramente di appartenere al Signore (nn. 42.44). Tutte queste coseappartengono alla Divina Provvidenza del Signore, perché costituiscono il cielo, che ne èlo scopo.
III
La Divina Provvidenza del Signore guarda all’infinito e all’eterno in tuttociò che compie
46. Nel mondo cristiano è noto che Dio è infinito ed eterno, poiché nella dottrina dellaTrinità – che prende il suo nome da Atanasio – si dice che Dio Padre è infinito, eterno edonnipotente, così come Dio Figlio e Dio Spirito Santo. Ciononostante non vi sono tre esseriinfiniti, eterni e onnipotenti, ma Uno solo. Quindi, poiché Dio è infinito ed eterno, si puòattribuire a Dio soltanto ciò che è infinito ed eterno. Tuttavia, l’infinito e l’eterno nonpossono essere compresi dal nostro intelletto di esseri limitati; eppure nello stesso tempopossiamo comprenderli. Non possono essere compresi, perché ciò che è finito non è capacedi concepire l’infinito; ma al contempo possono essere compresi tramite idee astratte,grazie alle quali si può vedere che certe cose esistono, pur non potendo definire conprecisione la loro natura. Esistono certe idee intorno all’infinito, ad esempio che Dio,poiché è infinito, o che il Divino, in quanto è infinito, è l’Essere stesso; che egli è l’essenza ela sostanza in sé; che in se stesso è l’amore e la sapienza, il bene e la verità, o meglio, cheegli è l’Uomo nella sua essenza. E ancora, se si afferma che l’infinito è il tutto, alloral’infinita sapienza è l’onniscienza, e l’ infinita potenza è l’onnipotenza.
[2] Tuttavia questi concetti si perdono negli oscuri recessi del pensiero, e per la lorostessa incomprensibilità possono precipitare nella negazione e nello scetticismo, se taliidee non vengono liberate da quegli elementi che il pensiero trae dal mondo materiale;soprattutto da quelle caratteristiche, proprie al mondo materiale, chiamate spazio e tempo.Tali cose non possono che porre limiti ai nostri concetti, e far sì che i concetti astrattiappaiano non avere alcun valore. Nondimeno, se ci si può liberare da queste categorie,come fanno gli angeli, l’infinito può essere compreso per mezzo di ciò che si è detto piùsopra. Quindi è anche possibile comprendere che l’uomo esiste realmente, poiché è statocreato da Dio infinito, che è il tutto; che 1,’uomo è una sostanza finita, perché è stata creatada Dio infinito, che è la sostanza stessa; che l’uomo è sapienza, in quanto è stato creato daDio infinito, che è la sapienza stessa, e così via. Se Dio infinito non fosse il tutto, e nonfosse la sostanza stessa e la sapienza stessa, l’uomo non sarebbe reale, o non sarebbeniente, o sarebbe soltanto un’idea di esistenza, come affermano quei sognatori chiamati“idealisti.”
[3] Da ciò che abbiamo mostrato in Divino Amore e Divina Sapienza, è evidente che laDivina essenza è l’amore e la sapienza (nn. 2839); che il Divino amore e la Divina sapienzasono la sostanza stessa e la forma stessa, e che il Divino amore e la Divina sapienza sonosostanza e forma in se stesse e da se stesse, quindi sono lo “Stesso” e “Unico” in sé (nn. 40
46). Dio ha dunque creato da se stesso, e non dal nulla, l’universo e tutte le cosedell’universo (nn. 282284). Ne consegue che tutto il creato, e sopratutto l’uomo, ed in luil’amore e la sapienza, sono reali, e non solo un’idea. Se Dio non fosse infinito, non visarebbe il finito; se l’infinito non fosse il tutto, non vi sarebbe nulla; e se Dio non avessecreato da se stesso tutte le cose, non esisterebbe niente di reale, non vi sarebbe nulla. Inpoche parole, noi siamo perché Dio è.
47. Ora, poiché stiamo trattando della Divina Provvidenza e, in particolare, del fatto chein tutto ciò che essa fa guarda all’infinito e all’eterno, e poiché questo soggetto non puòessere distintamente trattato se non in un certo ordine, tale ordine è il seguente:
I. Ciò che è intrinsecamente infinito ed eterno è il Divino.
II. Ciò che è intrinsecamente infinito ed eterno non può fare altro che considerare l’infinitoe l’eterno, che è in sé, in ciò che è finito.
III. La Divina Provvidenza, in tutto ciò che fa, considera l’infinito e l’eterno, derivanti da sestessa, principalmente allo scopo di salvare il genere umano.
IV. L’immagine dell’infinito e dell’eterno esiste nel cielo angelico, formato dal genereumano salvato.
V. L’intima natura della Divina Provvidenza è considerare l’infinito e 1’eterno, nel formareil cielo angelico, affinché esso sia al cospetto del Signore come un solo uomo, a suaimmagine.
48. I. L’infinito in sé e l’eterno in sé è il Divino. Ciò è stato mostrato in vari passi in DivinoAmore e Divina Sapienza. Il principio che ciò che è intrinsecamente infinito edintrinsecamente eterno sia il Divino, risulta da un’idea angelica. Gli angeli intendono per“infinito” la realtà Divina, e per “eterno” la manifestazione Divina. Tuttavia, gli uominisulla terra possono allo stesso tempo vedere e non vedere che l’infinito in sé e l’eterno in séè il Divino. Lo possono vedere coloro che non pensano all’infinito dal punto di vistaspaziale, e all’eterno dal punto di vista temporale. Vale a dire che lo possono vedere coloroche pensano in modo più elevato, cioè in un modo più interiormente razionale; ma noncoloro che pensano in modo più basso, ovvero più esteriore e superficiale.
[2] Coloro che possono comprenderlo pensano che non può esservi uno spazio infinito,né di conseguenza un tempo infinito da cui tutte le cose hanno origine. L’infinito infattinon ha un primo né un ultimo limite, è privo di termini. Essi pensano a altresì che nonpossa esservi un essere infinito da sé, perché presupporrebbe un limite ed un inizio, ovveroalcunché di precedente come suo principio. Ciò rende privo di senso parlare di un essereeterno ed infinito da sé, poiché ciò sarebbe come parlare di una realtà “derivata”, il che èuna contraddizione in termini. Un essere infinito da sé sarebbe un essere infinito derivantedall’essere infinito, e una realtà infinita sarebbe una realtà derivante dalla realtà, cosicché
un essere o una realtà infinita o si identificherebbe allo stesso essere infinito, o sarebbe inrealtà finito. Da considerazioni del genere, evidenti alla nostra ragione più intima, sideduce che vi è qualcosa di intrinsecamente infinito ed intrinsecamente eterno, vale a direil Divino, fonte di tutto.
49. So che taluni diranno fra sé: “Com’è possibile comprendere interiormente, nellapropria sfera razionale, qualcosa priva di spazio e di tempo, e capire che ciò non soloesiste, ma che è il tutto, da cui procedono tutte le cose?” Ma si mediti più profondamente.L’amore o le sue affezioni, la sapienza o le sue percezioni, il pensiero stesso sono nellospazio e nel tempo? Si comprenderà allora che non risiedono in tali categorie concettuali. IlDivino è l’amore stesso e la sapienza stessa, ne consegue che il Divino non può essereconcepito nello spazio e nel tempo, e di conseguenza neppure l’infinito. Per essere piùchiari, si consideri se il pensiero si trovi nel tempo e nello spazio. Si prendi ad esempio unperiodo di dieci o dodici ore: questo lasso di tempo non può forse sembrare lungo un’ora odue, oppure un giorno o due? La differenza si deve allo stato emozionale: se ci si trovi inuno stato di gioia, in cui non si pensa al tempo, la percezione di dieci o dodici ore è appenadi un’ora o due; ma avviene l’opposto se si tratta di uno stato di dolore, in cui ci si accorgidel tempo che passa. è quindi evidente che il tempo è solamente un’apparenza chedipende dallo stato emotivo da cui deriva il pensiero; lo stesso vale, nel pensiero, per ladistanza spaziale, sia essa una passeggiata o un viaggio.
50. Poiché gli angeli e gli spiriti sono affezioni che derivano dall’amore, e pensieriprovenienti da tali affezioni, essi non si trovano nello spazio e nel tempo; esistonosemplicemente in ciò che appare come spazio e tempo. L’apparenza di spazio e di tempoin cui essi si trovano dipende dallo stato delle loro affezioni e dei pensieri che ne derivano.Perciò, quando qualcuno di loro pensa, in virtù dell’affezione che prova nei confronti diun altro, con l’intenzione di vederlo o di parlare con lui, l’altro diviene subito presente.
[2] Perciò presso ogni uomo sono presenti spiriti che si trovano con lui in un’affezionesimile; spiriti malvagi presso colui che è nell’affezione di un male ad essi simile, e spiritibuoni presso colui che è nell’affezione di un bene ad essi simile. Essi sono tanto presentiche l’uomo è in mezzo a loro come qualcuno in mezzo ad una società. Lo spazio e il temponon creano alcun ostacolo alla loro presenza, perché l’affezione ed il pensiero che nederiva non sono nello spazio e nel tempo; e gli spiriti e gli angeli sono affezioni, e pensieriderivanti da queste.
[3] Da molti anni, un’esperienza di prima mano mi ha mostrato che le cose stanno così.Ne ho anche discusso con molti dopo la loro morte; uomini vissuti in Europa e nei suoivari regni, e uomini vissuti in Asia e in Africa, nei diversi regni di quelle regioni; e tuttierano vicini a me. Se essi si fossero trovati nello spazio e nel tempo, sarebbe statonecessario un viaggio e il tempo per compierlo.
[4] In realtà ogni uomo lo sa d’istinto, o nella propria mente. Ne ho avuto la prova dalfatto che nessuno ha pensato ad alcuna distanza spaziale, quando ho raccontato di averconversato con uomini morti in Asia, in Africa o in Europa; per esempio con Calvino,Lutero, Melantone, o con qualche re, qualche governatore, qualche sacerdote di unaregione lontana. Inoltre, a nessuno è venuto in mente di dire: «Come mai costui ha potutoconversare con coloro che vissero in quelle regioni, e come hanno potuto essi venire da luied essere presenti, se terre e mari li dividono?» Anche questo mi ha fatto comprendere chenessuno prende in considerazione lo spazio e il tempo, quando pensa a coloro che sono nelmondo spirituale. In Cielo e inferno, dal n. 162 al n. 169, e dal n. 191 al n. 199, ho mostratoche per essi vi è un’apparenza di spazio e di tempo.
51. E’ dunque chiaro che bisogna pensare all’infinito e all’eterno, e di conseguenza alSignore, senza lo spazio e il tempo, e che siamo capaci di farlo. Ciò dimostra altresì chepensiamo in tal modo nel livello più profondo della nostra ragione; e che l’infinito el’eterno sono il Divino stesso. Così pensano gli angeli e gli spiriti. Astraendo il pensiero daltempo e dallo spazio si può comprendere la Divina onnipresenza e la Divina onnipotenza,così come il Divino ab aeterno; mentre ciò è assolutamente impossibile per il pensiero in cuisiano rimasti concetti di tempo e di spazio. E’ quindi evidente che si può pensare a Dio abaeterno, ma in nessun modo alla natura ab aeterno; di conseguenza si può pensare allacreazione dell’universo da parte di Dio, ma non da parte della natura materiale, poiché lospazio e il tempo sono proprietà della natura, mentre il Divino ne è privo. Che il Divino sialibero da spazio e tempo, è mostrato in Divino Amore e la Divina Sapienza, dal n. 7 al n. 10;dal n. 69 al n. 72; dal n. 73 al n. 76; ed altrove.
52. II. Ciò che è intrinsecamente infinito ed eterno non può che considerare l’infinito, che procededa se stesso, nelle cose finite. Per “intrinsecamente infinito ed eterno” si intende il Divinostesso, come è stato mostrato nel paragrafo precedente; per “le cose finite” si intendonotutte le cose create dal Divino, in primo luogo gli uomini, gli spiriti e gli angeli.“Considerare l’infinito, che procede da se stesso, nelle cose finite”, sta a indicare il Divinoche osserva se stesso in quelle, come l’uomo osserva la sua immagine in uno specchio. Ciòè stato mostrato in vari passi in Divino Amore e Divina Sapienza, principalmente laddove siè provato che nell’universo creato vi è l’immagine dell’uomo, e che questa è un’immaginedi ciò che è infinito ed eterno (nn. 317318). Di conseguenza è l’immagine di Dio Creatore,vale a dire del Signore ab aeterno. È tuttavia necessario comprendere che il Divino in sé sitrova solo nel Signore, mentre il Divino da sé, è il Divino che procede dal Signore nelle cosecreate.
53. Affinché ciò sia più pienamente compreso, conviene illustrarlo. Il Divino non puòcontemplare altro che il Divino, e non lo può osservare altrove che in ciò che ha creato dasé; che sia così, è evidente dal fatto che nessuno di noi può osservare un altro che sullabase di ciò che egli è interiormente. Colui che ama un altro lo osserva dall’amore che ha in
sé; colui che è savio osserva un altro dalla sapienza che ha in sé. Possiamo vedere chel’altro ci ama o non ci ama, che è savio o che non è savio; ma lo vediamo in base all’amoreed alla sapienza in noi stessi. Ciò significa che possiamo congiungerci a lui nella misura incui egli ci ama nel modo stesso in cui lo amiamo, o nella misura in cui la sua sapienza ècome la nostra. E’ in tal modo che ci uniamo.
[2] Lo stesso vale per il Divino in sé, poiché l’interiorità Divina non può osservare sestessa da un altro, per esempio da un uomo, da uno spirito o da un angelo. Essi infatti nonhanno nulla, da se stessi, del Divino che è la fonte della loro esistenza. Osservare il Divinoda un altro in cui non vi è intrinsecamente nulla di Divino sarebbe come osservare ilDivino da ciò che non è affatto tale, ciò che è del tutto impossibile. Quindi il Signore ècongiunto all’uomo, allo spirito e all’angelo in modo tale che tutto ciò che in tale unione siriferisce al Divino non deriva da loro, ma dal Signore. Infatti è noto che ogni bene ed ognivero, che si trovano presenti in ciascuno, non provengono da lui stesso ma dal Signore.Anzi, non si potrebbe neppure nominare il Signore, o pronunciare i nomi “Gesù” e“Cristo”, se non grazie a lui.
[3] Ne consegue che l’infinito e l’eterno – che è il Divino stesso – considera tutte le cosefinite in un modo infinito, e si congiunge ad esse secondo il loro grado di ricezione dellasapienza e dell’amore. Per dirla in breve, il Signore non può trovare la sua dimora ed ilsuo luogo nell’uomo e nell’angelo fuorché in ciò che in essi è suo. Non può dimorare inquel che appartiene in proprio all’uomo o all’angelo, perché ciò è il male. E, anche se fosseil bene, sarebbe pur sempre qualcosa di finito, che in sé e in ciò che produce non puòcontenere l’infinito. È dunque evidente che è impossibile che il finito osservi l’infinito,benché l’infinito osserva l’infinito, che da sé procede, nelle cose finite.
54. Sembra che l’infinito non si possa congiungere al finito, perché non vi è relazione tral’infinito e il finito, e perché il finito non è suscettibile di contenere l’infinito; ciononostantepuò esservi una congiunzione, sia perché l’infinito ha creato ogni cosa da se stesso (si vedain Divino Amore e Divina Sapienza, dal n. 282 al n. 284) sia perché nelle cose finite, l’infinitopuò contemplare solo l’infinito che da se stesso procede. Questo infinito può apparire aifiniti come presente in loro stessi: in questo modo esiste una relazione tra il finito el’infinito, non da parte di ciò che è finito, ma da parte dell’infinito che è in esso. In questomodo il finito è capace di contenere l’infinito: non il finito in sé, ma il finito per la suaapparente autonomia, in virtù dell’intrinsecamente infinito presente in esso. In seguito sidirà di più su questo argomento (nn. 55, 64, 202, 219 e 294).
55. III. La Divina Provvidenza, in tutto quel che fa, considera l’infinito e l’eterno procedenti dasé, specialmente nell’intento di salvare il genere umano. Ciò che è intrinsecamente infinito edeterno in sé è il Divino stesso, ovvero il Signore nella sua essenza. Ciò che è infinito edeterno in modo subordinato al precedente è il Divino che procede in altri creati da lui, valea dire negli uomini e negli angeli. Quest’ultimo tipo di Divino è la Divina Provvidenza
stessa, poiché il Signore, tramite il Divino procedente da sé, fa sì che tutte le cose sianomantenute nell’ordine in cui e per cui sono state create. Poiché è il Divino che procede dase stesso a compiere quest’opera, ne consegue che tutto ciò è la Divina Provvidenza.
56. Che la Divina Provvidenza in tutto quel che fa consideri l’infinito e l’eternoprocedenti da sé, è evidente dal fatto che tutto ciò che è stato creato dall’Essere Primo,infinito ed eterno, procede fino ai limiti estremi, e da questi all’Essere Primo da cuiprocede (si veda in Divino Amore e Divina Sapienza, la parte in cui si è trattato dellacreazione dell’universo). Siccome il Primo, la fonte da cui tutto procede, è presente nelcuore stesso di ogni progressione, ne consegue che il Divino che procede da se stesso,ovvero la Divina Provvidenza, mira a un’immagine dell’infinito e dell’eterno in tutto ciòche fa. Essa considera tale immagine in tutte le cose, ma in alcune in modo palesementepercettibile ed in altre no. Il Divino mostra questa immagine in modo palesementepercettibile nella varietà di tutte le cose, e nel modo in cui ogni cosa fruttifica e simoltiplica.
[2] L’immagine dell’infinito e dell’eterno nella varietà di tutte le cose diviene manifestagrazie al fatto che non vi è una cosa identica ad un’altra, e questa distinzione ricorreinvariabilmente per tutta l’eternità. Ciò è chiaramente visibile dai volti degli uomini, findalla prima creazione, e di conseguenza anche dai loro caratteri, che i loro voltirappresentano; ed altresì dalle affezioni, dalle percezioni e dai pensieri, poiché i caratterisono composti da essi. Ne consegue che nel cielo intero non vi sono due angeli o duespiriti identici, e neppure possono esservi per tutta l’eternità; ciò vale per ogni oggettovisibile, sia nel mondo naturale che nel mondo spirituale. E’ dunque evidente che lavarietà è infinita ed eterna.
[3] L’immagine dell’infinito e dell’eterno nella fruttificazione e moltiplicazione di tutte lecose è evidente grazie alla facoltà insita nei semi del regno vegetale, ed alla prolificazionedel regno animale, principalmente dalla generazione dei pesci, che – se fruttificassero e simoltiplicassero secondo le loro capacità – in un secolo essi riempirebbero tutto il globo, edanche l’universo. Ciò dimostra chiaramente che in questa facoltà è latente una tendenza apropagarsi all’infinito; e poiché le fruttificazioni e le moltiplicazioni non sono mancate dalprincipio della creazione, e non mancheranno per tutta l’eternità, ne consegue che inquesta facoltà vi è anche una tendenza a propagarsi eternamente.
57. La stessa cosa si trova negli uomini quanto alle affezioni dell’amore ed alle percezionidella sapienza. La varietà di entrambe è infinita ed eterna; e così pure le loro fruttificazionie moltiplicazioni, che sono spirituali. Nessun uomo può provare, per tutta l’eternità,un’affezione o una percezione identica ad un’affezione o ad una percezione provata da unaltro. Inoltre, le affezioni possono fruttificare, e le percezioni moltiplicarsi senza fine; ed èrisaputo che la conoscenza non ha limiti. Questa facoltà di fruttificazione e dimoltiplicazione, infinita ed eterna, si applica alle cose naturali presso gli uomini, alle cose
spirituali presso gli angeli spirituali, ed alle cose celesti presso gli angeli celesti. Ciò non siriferisce solo alle affezioni, alle percezioni ed alle scienze in generale, ma anche,specificamente, ad ogni elemento particolare di esse, anche minimo. Questi elementi sonodi tale natura perché ricevono il loro essere dall’infinito e dall’eterno presenti in lorograzie all’infinito e l’eterno che da sé procede. Ma poiché il finito non ha nulla del Divinoin sé, perciò non vi è nulla di questo Divino, neppure il minimo elemento, che appartienein proprio all’uomo o all’angelo: ne consegue che l’uomo e l’angelo sono finiti, sempliciricettacoli, morti in se stessi. Quel che è vivo in essi procede dal Divino, che si congiungead essi per contiguità, e che appare loro come proprio. Lo vedremo meglio nei paragrafiche seguono (n. 174, e dal n.191 al n. 213).
58. Se la Divina Provvidenza considera l’infinito e l’eterno, principalmente allo scopo disalvare il genere umano, è perché il fine della Divina Provvidenza è il cielo formato dalgenere umano (vedi sopra, dal n. 37 al n. 45). Poiché questo è il fine, ne consegue che laDivina Provvidenza si impegna alla riforma ed alla rigenerazione dell’uomo, quindi allasua salvezza, poiché il cielo si compone di coloro che sono salvati, ovvero che sonorigenerati. Rigenerare l’uomo significa unire in lui il bene e il vero, o l’amore e la sapienza,così come sono uniti nel Divino che procede dal Signore; perciò la Divina Provvidenza haprincipalmente questo scopo, per salvare il genere umano. L’immagine dell’infinito edell’eterno non è altrove nell’uomo che nel connubio del bene e del vero. Che il Divinoprocedente operi questo nel genere umano ci è noto da coloro che, ripieni del Divinoprocedente, denominato Spirito Santo, profetizzarono, e dei quali si parla nella Parola; eda coloro che, illuminati, scorgono le verità Divine nella luce del cielo. Lo vediamosoprattutto negli angeli, che possiedono una percezione sensoria della presenza,dell’influsso e della congiunzione. Gli angeli sono tuttavia consapevoli che la vera naturadi questa congiunzione è solo ciò che si potrebbe chiamare qualcosa che il Divinoaggiunge all’uomo.
59. Non è stato finora reso noto che la Divina Provvidenza, ad ogni passo del nostroviaggio, mira alla nostra condizione eterna. Essa non può considerare altro, perché ilDivino è infinito ed eterno, e l’infinito e l’eterno, ossia il Divino, non è nel tempo; e quinditutte le cose future gli sono presenti. Poiché il Divino è tale, ne consegue che in tutte ed inciascuna delle cose che egli compie vi è l’eterno. Ma coloro che pensano secondo lecategorie del tempo e dello spazio hanno difficoltà a percepirlo, non solo perché amano lecose temporali, ma anche perché pensano secondo ciò che è presente agli uomini nelmondo, e non secondo ciò che è presente agli abitanti del cielo. Ciò che è presente nel cieloè, per loro, lontano come gli estremi confini della terra. Coloro invece che sono nel Divino,poiché pensano in virtù del Signore, pensano in termini di eternità anche quando pensanoa ciò che si presenta loro, dicendo fra sé: “Che cosa è ciò che non è eterno? In paragone, ciòche è temporaneo non è forse come se non fosse niente?” Ed ancora: “Esso non divieneforse niente, quando finisce ?” Ma l’eterno non è così: esso semplicemente è, perché il suo
essere non finisce. Pensare così significa pensare in termini di eternità anche quando sipensa a ciò che è presente; e quando l’uomo pensa e vive così, allora il Divino procedentein lui, ovvero la Divina Provvidenza, ad ogni passo del suo viaggio mira allo stato dellasua vita eterna nel cielo, e lo guida a questo stato. Tratteremo in seguito in che modo ilDivino in ogni uomo, sia malvagio, sia buono, miri all’eterno.
60. IV. Nel cielo angelico esiste un’immagine dell’infinito e dell’eterno. Fra le cose che ènecessario conoscere vi è anche il cielo angelico, poiché ogni persona religiosa pensa adesso e vuole accedervi. Ma il cielo non è concesso ad altri fuorché a coloro che conosconola via che vi conduce e la seguono. Di tale via si può avere una qualche nozione allorchésia noto come sono gli abitanti del cielo; e che nessuno diviene angelo, o viene ammessonel cielo, all’infuori di coloro che dal mondo portano con sé qualche qualità angelica.Inerente a tale qualità angelica è la conoscenza della via derivante dall’azione profusa peraverla percorsa, così come l’azione di percorrerla derivante dalla conoscenza della via. Nelmondo spirituale vi sono anche dei veri e propri sentieri, che conducono a ciascuna dellesocietà del cielo e dell’inferno. Ognuno riconosce da sé il suo sentiero, perché ci sonostrade adatte a ciascun tipo di amore; e l’amore apre la via e conduce ognuno a coloro chegli sono affini. Nessuno vede altra strada che quella propria al suo amore: da ciò èevidente che gli angeli non sono che amori celesti, poiché diversamente non avrebberovisto le vie che conducono al cielo. Ma ciò apparirà più evidente grazie ad una descrizionedel cielo.
61. Lo spirito di ogni uomo è affezione, e quindi pensiero; e poiché ogni affezioneappartiene all’amore, ed ogni pensiero all’intelletto, ogni spirito è il suo amore e quindi ilsuo intelletto . Ne risulta che il pensiero dell’uomo fluisce dall’affezione che appartiene alsuo amore quando egli pensa solamente in virtù del suo spirito allorché, in casa, medita inse stesso. Da ciò si deduce che quando 1’uomo diviene spirito, come accade dopo la morte,egli è 1’affezione del suo amore, e non pensiero, se non nella misura in cui quest’ultimoderiva dalla sua affezione. Egli è un’affezione cattiva, cioè una cupidità, se ha nutritoamore per il male, ed è un’affezione buona se ha coltivato in sé l’amore del bene. Siamocondotti al bene nella misura in cui abbiamo evitato i mali come peccati, o al male nellamisura in cui non abbiamo evitato i mali. Ora, poiché tutti gli spiriti e tutti gli angeli sonoaffezioni, è evidente che l’intero cielo angelico non è che l’amore di tutte le affezioni delbene, e quindi la sapienza di tutte le percezioni del vero. Inoltre, poiché ogni bene ed ognivero derivano dal Signore, ed il Signore è l’amore e la sapienza in se stesse, ne consegueche il cielo angelico è l’immagine del Signore; e siccome il Divino Amore e la DivinaSapienza nella sua forma è l’Uomo, ne consegue del pari che il cielo angelico non puòessere altrimenti che in forma umana. Ma di questo soggetto si tratterà meglio nelparagrafo seguente.
62. Se il cielo angelico è l’immagine dell’infinito e dell’eterno, è perché esso è l’ immaginedel Signore, ed il Signore è infinito ed eterno. L’immagine dell’infinito e dell’eterno delSignore si manifesta in miriadi di angeli, di cui si compone il cielo. Essi costituiscono tantesocietà quante sono le affezioni comuni dell’amore celeste: in ciascuna società ogni angeloè la sua particolare affezione. Da tante affezioni comuni e particolari risulta la forma delcielo, che è come un solo essere al cospetto del Signore, così come una persona, che è unsolo essere. Questa forma si perfeziona eternamente a misura degli esseri che lacompongono, poiché quanti più sono coloro che partecipano alla forma del Divino Amore,che è la forma delle forme, tanto più l’unione diviene perfetta. Da quanto detto è evidenteche 1’immagine dell’infinito e dell’eterno esiste nel cielo angelico.
63. Grazie alla conoscenza del cielo fornita da questa breve descrizione, è evidente chel’affezione che appartiene all’amore del bene costituisce il cielo nell’uomo. Ma chi sa tuttociò al giorno d’oggi? Anzi, chi conosce ciò che è l’affezione dell’amore del bene, e che leaffezioni dell’amore del bene sono innumerevoli, e perfino infinite? Poiché, come si èdetto, ogni angelo è la sua affezione, e la forma del cielo è la forma di tutte le affezioni delDivino amore. Unire tutte le affezioni in questa forma è possibile solo a colui che è l’amorestesso e la sapienza stessa, ed è al contempo infinito ed eterno, poiché vi è qualcosa diinfinito e di eterno in ogni forma; qualcosa di infinito nella sua congiunzione, e di eternonella sua perpetuità. Se l’infinito e l’eterno le fosse tolto, nel medesimo istante essa sidissiperebbe. Chi può unire le affezioni in una forma? Chi può unire una sola parte di taleforma? Nessuna parte di essa può essere unita tranne che in base ad un concettoonnicomprensivo di tutte le parti, e tale insieme dipende da un concetto di ogni singolocomponente che ne fa parte. Vi sono miriadi di angeli che compongono quella forma, e vene sono miriadi che entrano in essa ogni anno, e che vi entreranno nel corso dell’eternità.Tutti i fanciulli vi entrano, ed altrettanti adulti che costituiscono affezioni per l’amore delbene. Anche queste spiegazioni dimostrano che vi è un’immagine di ciò che è infinito edeterno nel cielo angelico.
64. V. Considerare l’infinito e l’eterno, nel formare il cielo angelico, affinché sia al cospetto delSignore come un solo uomo, ad immagine del Signore, è il cuore stesso della Divina Provvidenza.Ho spiegato, in Cielo e Inferno (nn. 5986), che il cielo intero è al cospetto del Signore comeun solo uomo, e che ciò vale anche per ogni società del cielo. Ne risulta che ogni angelo èuna persona in una forma perfetta, in quanto Dio Creatore, che è il Signore ab aeterno, èl’Uomo. Vi è dunque corrispondenza di tutte le cose del cielo con tutte quelle dell’uomo(nn. 87102). Che il cielo sia come un solo uomo, io stesso non l’ho potuto vedere, perché ilcielo intero non può essere visto che dal Signore; ma che un’intera società del cielo, grandeo piccola, appaia come un solo uomo, questo talvolta ho potuto scorgerlo; mi fu dettoallora che la società più grande, che è il cielo nella sua totalità, appare in modo simile, ma
dinanzi al Signore; e che questo è il motivo per cui ogni angelo è uomo in una formacompleta.
65. Poiché il cielo intero al cospetto del Signore è come un solo uomo, il cielo è distinto inaltrettante società composte di quanto organi, visceri e membra vi sono nell’uomo; eciascuna società più grande è divisa in altrettante società meno complesse, ovvero piùparticolari, di quante parti maggiori vi sono in ciascun viscere e organo. Da questoparagone si può dedurre chiaramente com’è il cielo. Ora, poiché il Signore è l’Uomostesso, ed il cielo è la sua immagine, si dice che essere nel cielo significa essere nel Signore(sull’identità fra il Signore e l’uomo stesso, si veda in Divino Amore e Divina Sapienza, nn.1113 e 285289).
66. Ciò può essere d’aiuto a comprendere, almeno in parte, questo mistero, che puòdefinirsi angelico, cioè che ciascuna affezione del bene e del vero ha forma umana. Perchétutto ciò che procede dal Signore deriva dal suo Divino Amore, in quanto è affezione delbene, e dalla sua Divina Sapienza, in quanto è affezione del vero. L’affezione che procededal Signore appare nell’angelo e nell’uomo come percezione, e quindi come pensiero, delvero. Ciò accade perché prestiamo attenzione alla percezione ed al pensiero, e pocoall’affezione da cui entrambi derivano. Tuttavia essi derivano dal Signore, e sono una cosasola con l’affezione del vero.
67. Poiché l’uomo è, per come è stato creato, un cielo in miniatura, e quindi un’immaginedel Signore, e poiché il cielo è composto da altrettante affezioni quanti sono gli angeli, eciascuna affezione è nella sua forma un uomo, ne consegue che l’opera costante dellaDivina Provvidenza è che l’uomo assuma la forma del cielo, e quindi divengaun’immagine del Signore. Inoltre, siccome ciò avviene tramite l’affezione del bene e delvero, la volontà di Dio è che noi diveniamo tale affezione. Questa è dunque la perpetuaoperazione della Divina Provvidenza; ma il suo scopo più intimo è che l’uomo sia inquesto o quel luogo nel cielo, ovvero in questo o quel luogo celeste dell’Uomo Divino,cosicché egli sia nel Signore. Ma ciò avviene per coloro che il Signore può condurre alcielo. In quanto il Signore lo prevede, egli continuamente si adopera affinché l’uomodivenga tale; cosicché chiunque si lascia condurre al cielo viene preparato per dimorarvinel luogo che gli è proprio.
68. Il cielo, come si è detto, è distinto in altrettante società quanti organi, visceri emembra sono nell’uomo, e una parte non può trovarsi in un altro luogo fuorché nel suo.Poiché gli angeli sono appunto tali parti nell’Uomo Divino celeste, ed angeli divengonosoltanto coloro che sono stati uomini nel mondo, ne consegue che l’uomo che si lasciacondurre al cielo viene continuamente preparato dal Signore per dimorare nel luogo chegli è proprio. Tale processo si realizza tramite l’affezione del bene e del vero che vicorrisponde. A tale luogo viene altresì assegnato ogni uomoangelo, dopo la sua dipartitadal mondo. Questo è l’intimo scopo della Divina Provvidenza riguardo al cielo.
69. Ma l’uomo che non si lascia condurre, né assegnare al cielo, viene preparato per il suoluogo nell’inferno. L’uomo in se stesso tende continuamente al più profondo inferno, maegli ne è continuamente distolto dal Signore; e chi non può esserne distolto vienepreparato per qualche luogo dell’inferno, a cui viene assegnato dopo la sua dipartita dalmondo. Questo luogo è opposto ad un luogo inversamente analogo nel cielo, perchél’inferno è opposto al cielo; pertanto, come all’uomoangelo secondo l’affezione del bene edel vero è assegnato il suo luogo nel cielo, così all’uomodiavolo, secondo l’affezione delmale e del falso, è assegnato il suo luogo nell’inferno. Due entità opposte, disposte inparallelo l’una contro l’altra, si mantengono in connessione. Questo è l’intimo disegnodella Divina Provvidenza riguardo all’inferno.
IV
Vi sono leggi della Divina Provvidenza che sono ignote agli uomini
70. Che vi sia una Divina Provvidenza, è noto, ma quale essa sia, non si sa. Se non si saquale sia la Divina Provvidenza è perché le sue leggi sono segrete, e fino ad ora sono stateriposte nella sapienza degli angeli; ma ora debbono essere disvelate, affinché si attribuiscaal Signore ciò che gli appartiene. Infatti, nel mondo i più attribuiscono tutto e se stessi ealla propria prudenza; e quelle cose che non possono attribuirsi, le chiamano fortuite econtingenti, non sapendo che la prudenza umana è nulla, e che il fortuito e il contingentesono parole vane. Si è detto che le leggi della Divina Provvidenza sono segrete e sono stateriposte nella sapienza degli angeli in virtù del fatto che nel mondo cristiano la capacitàd’intendere le cose Divine è stata annichilita dalla religione, e quindi in queste cosel’intelletto è diventato così ottuso e renitente che l’uomo non ha potuto, perché non havoluto, o non ha voluto, perché non ha potuto comprendere altro riguardo alla DivinaProvvidenza, se non che essa esiste, o esaminare con il ragionamento se essa esiste o nonesiste, se essa è soltanto universale o anche particolare. L’intelletto impedito dallareligione, non ha potuto spingersi più oltre nelle cose Divine. Ma, essendo statoriconosciuto dalla chiesa che l’uomo non può da se stesso fare il bene, che in sé sia il bene,né da se stesso pensare la verità che in sé sia la verità, essendo questa materia intimamenteconnessa con la Divina Provvidenza, il credere in uno di questi punti dipende dal crederenegli altri. Affinché tali punti non siano negati, è necessario rivelare cosa sia la DivinaProvvidenza; ma ciò non può essere rivelato se non si scoprono le leggi per le quali ilSignore provvede a ispirare la volontà e l’intelletto dell’uomo e a governarli. Queste leggisvelano cosa sia la Divina Provvidenza, e colui che conosce quale essa è, quegli e non altrila può riconoscere, perché allora egli la vede. Questa è la ragione per cui le leggi dellaDivina Provvidenza, finora riposte nella sapienza degli angeli, vengono ora rivelate.
V
È una legge della Divina Provvidenza che l’uomo agisca liberamente esecondo ragione
71. È cosa nota che l'uomo sia libero di pensare e di volere come desidera, ma non sialibero di dire tutto ciò che pensa, né libero di fare tutto ciò che vuole. Perciò la libertà dicui trattiamo in questa sede è la libertà spirituale, e non quella naturale, tranne che nellamisura in cui le due coincidono. Infatti pensare e volere sono cose spirituali, ma dire e faresono cose naturali. Ciò è evidente in noi, poiché possiamo pensare quel che non diciamo, evolere quel che non mettiamo in atto; è dunque evidente che in noi lo spirituale e ilnaturale sono separati. Perciò l'uomo non può passare dall'uno all'altro se non in seguitoad una decisione, paragonabile ad una porta, che prima deve essere disserrata e poiaperta. Questa porta resta aperta in coloro che, in virtù della ragione, pensano e voglionosecondo le leggi civili dello stato e secondo le leggi morali della società: essi dicono ciò chepensano, e agiscono come vogliono. Al contrario, questa porta resta chiusa in coloro chepensano e vogliono ciò che è contrario a queste leggi. Se consideriamo attentamente lenostre intenzioni, e le azioni a cui esse ci spingono, ci accorgeremo che una tale reciprocadeterminazione ha luogo, non di rado più volte, in una sola conversazione o in una solaazione. Ho fatto questa premessa per rendere chiaro che, per “agire liberamente secondoragione” si intende pensare e volere liberamente, e quindi dire e fare liberamente ciò che èsecondo ragione.
72. Ma siccome pochi sanno che questa legge appartiene alla Divina Provvidenza,principalmente perché in tal modo l'uomo ha anche la libertà di pensare il male e il falso,nonostante che la Divina Provvidenza guidi costantemente l'uomo a pensare ed a volere ilbene e il vero, affinché questo punto sia ben chiaro è necessario spiegarlo distintamentenel seguente ordine:
I. L'uomo possiede la ragione e la libero arbitrio, ovvero la razionalità e la libertà; e questedue facoltà derivano dal Signore nell'uomo.
II. Tutto ciò che l'uomo fa in virtù della sua libertà, conforme o non conforme alla ragione,purché sia in accordo alla propria ragione, gli appare come suo.
III. Tutto ciò che l'uomo fa in virtù della sua libertà, secondo il suo pensiero, diventa partedi se stesso.
IV. Tramite queste due facoltà il Signore riforma e rigenera l'uomo, e senza di esse non èpossibile alcuna riforma né rigenerazione.
V. Mediante queste due facoltà l’uomo si può riformare e rigenerare, nella misura in cuipuò essere guidato da esse a riconoscere che ogni bene ed ogni verità che egli pensa ecompie derivano dal Signore, e non da se stesso.
VI. La congiunzione del Signore con l’uomo, e la congiunzione reciproca dell'uomo con ilSignore, si effettuano tramite queste due facoltà.
VII. Il Signore, in ogni progressione della sua Divina Provvidenza, custodisce queste duefacoltà nell'uomo intatte e come sante.
VIII. Perciò la Divina Provvidenza fa sì che l'uomo agisca in virtù della libertà, secondo laragione.
73. I. L'uomo possiede la ragione e la libero arbitrio, ovvero la razionalità e la libertà; e questedue facoltà derivano dal Signore nell'uomo. È stato illustrato in Divino Amore e Divina Sapienza,dal n. 264 al n. 270, ed al n. 425, ed anche qui sopra, ai nn. 43 e 44, che l'uomo ha la facoltàd'intendere, vale a dire la razionalità, e la facoltà di pensare, di volere, di dire e di fare ciòche intende, vale a dire la libertà, e che queste due facoltà sono un dono del Signore. Mapoiché, quando si pensa a tali facoltà, possono sorgere molti dubbi intorno ad esse, voglio fino da questo esordio – dire alcune parole sulla libertà dell’uomo di agire secondo laragione.
[2] Anzitutto è necessario sapere che ogni libertà è dall’amore, al punto che l'amore e lalibertà sono la stessa cosa; e poiché l'amore è la vita dell'uomo, la libertà ugualmenteappartiene alla sua vita. Ogni piacere che l'uomo prova deriva dal suo amore: non vi èaltra fonte di piacere. Agire in virtù del piacere proprio all’amore significa agire in virtùdella libertà, poiché il piacere conduce l'uomo come un fiume conduce ciò che ètrasportato dal corso delle sue acque. Siccome vi sono molti amori, alcuni concordanti,altri discordanti, ne consegue che vi sono molte libertà; ma in generale vi sono tre libertà:quella naturale, quella razionale e quella spirituale.
[3] Ogni uomo possiede la libertà naturale per eredità. Grazie ad essa egli non ama chese stesso e il mondo: la sua vita, all’inizio, è solo questo. Poiché tutti i mali nascono daquesti due generi d'amore, e quindi i mali divengono oggetti del nostro amore, neconsegue che pensare e volere i mali è la nostra libertà naturale. Ne consegue altresì che,quando abbiamo confermato tali volontà malvagie in noi tramite il pensiero, lo mettiamoin atto in virtù della nostra libertà, secondo la nostra ragione. Compiere così i mali,significa agire in virtù della facoltà definita libertà; e confermarli in sé significa agire invirtù della facoltà chiamata razionalità.
[4] Ad esempio, è in virtù dell'amore in cui nasce che l'uomo vuole commettereadulterio, ingannare, bestemmiare, vendicarsi. Quando egli razionalizza questi mali in sé,e di conseguenza li considera leciti, allora, in conseguenza del piacere dell'amore cheprova per essi, li pensa e li vuole liberamente, come se fossero conformi alla ragione; e per
quanto le leggi civili non lo impediscono, li afferma e li compie. La Divina Provvidenzapermette all'uomo di agire così, perché egli è libero. L'uomo possiede questa libertà pernatura, perché vi si trova per eredità; e sono in questa libertà coloro i quali con iragionamenti la hanno confermata in se stessi a causa del piacere inerente all'amore di sé edel mondo.
[5] La libertà razionale deriva dall'amore per la nostra reputazione, a motivo dell'onore odel profitto. Il piacere di questo amore consiste nell’apparire esteriormente come un uomomorale; e poiché l'uomo ama avere tale reputazione, egli non inganna, non commetteadulterio, non si vendica, non bestemmia. Poiché questa è la sostanza del nostroragionamento, il nostro agire è sincero, giusto, casto ed amichevole, liberamente ed inaccordo con la ragione; in effetti, possiamo perfino parlare razionalmente in favore di talivirtù. Ma se la nostra attività razionale è solamente naturale, e non in pari tempospirituale, quella libertà è soltanto una libertà esteriore, e non una libertà interiore:interiormente infatti, non proviamo amore per questi beni, ma solo come si è già detto esteriormente, per la nostra reputazione. Perciò il bene che possiamo compiere non è unbene autentico. Possiamo anche dire che tale bene deve essere compiuto per il pubblicobene, ma non lo diciamo perché mossi dall'amore del pubblico bene, bensì dall'amore delnostro onore e del nostro profitto. La nostra libertà pertanto non deriva dall'amore delpubblico bene, e neppure la nostra ragione, perché essa semplicemente si accorda conl'amore. Dunque, questa “libertà razionale” è interiormente solo una libertà terrena. Anchequesta libertà è donata a tutti dalla Divina Provvidenza del Signore.
[6] La libertà spirituale deriva dall'amore della vita eterna. A questo amore ed al piacereche ne deriva giunge solo colui che pensa che i mali sono peccati, e perciò li rifiuta, e altempo stesso si rivolge al Signore. Allorché l'uomo agisce così, egli è libero: poiché l'uomonon è capace di non volere i mali in quanto peccati, e quindi non compierli, se non in virtùdella libertà interiore o superiore, che procede dal suo amore superiore o interiore. Questalibertà all’inizio non sembra tale, benché in realtà lo sia; in seguito però appare come veralibertà, ed allora l'uomo agisce in virtù della libertà secondo la ragione, pensando,volendo, affermando e mettendo in atto il bene e la verità. Questa libertà cresce nellamisura in cui la libertà naturale decresce e viene assoggettata; essa si congiunge con lalibertà razionale e la purifica.
[7] Ognuno può accedere a questa libertà, purché sia disposto a pensare che esiste unavita eterna, e che il piacere e la beatitudine della vita in questo mondo è solo un'ombra chepassa, in confronto al piacere e alla beatitudine della vita eterna. L'uomo può pensare così,se lo vuole, perché egli è dotato di razionalità e di libertà, e perché il Signore, da cuiprocedono ambedue queste facoltà, gli concede costantemente la capacità di farlo.
74. II. Tutto ciò che l'uomo fa in virtù della sua libertà, conforme o non conforme alla ragione,purché sia in accordo alla propria ragione, gli appare come suo. Che cosa sia la razionalità e che
cosa sia la libertà, facoltà proprie all'uomo, si può comprendere più chiaramente percomparazione dell'uomo con gli animali, perché questi non hanno alcuna razionalità ofacoltà di comprendere, né alcuna libertà o facoltà di volere liberamente. Essi non hannoquindi né intelletto, né volontà: invece della facoltà di discernimento hanno una qualcheforma di conoscenza, ed invece della volontà un'affezione, entrambe al livello naturale. Edato che essi non hanno queste due facoltà, non hanno nemmeno il pensiero: al suo postohanno una “vista” interna, che per corrispondenza è una cosa sola con la loro vistaesterna.
[2] Ogni affezione ha la sua compagna: l'affezione dell'amore naturale ha la conoscenza,l'affezione dell'amore spirituale, l'intelligenza, e l'affezione dell'amore celeste la sapienza;perché l'affezione senza la sua compagna, senza il suo “coniuge”, non è niente. È come unarealtà senza manifestazione, e come una sostanza senza forma, entrambe prive di attributi.Perciò in tutto ciò che è stato creato vi è qualcosa che si può ricondurre al connubio delbene e della verità, come abbiamo più volte mostrato (nn. da 5–9, e n. 11). Negli animali viè il connubio dell'affezione e della conoscenza: l'affezione, in tale connubio, appartiene albene naturale, e la conoscenza alla verità naturale.
[3] L'affezione e la conoscenza negli animali si identificano, e la loro affezione non si puòelevare al di sopra della loro conoscenza, né la loro conoscenza di sopra della loroaffezione; e, se si elevano, si elevano entrambe simultaneamente, e sono prive di unamente spirituale, nella cui luce e calore si possano elevare. Quindi negli animali non vi èné la facoltà di comprendere né la razionalità, e neppure la facoltà di volere liberamente ola libertà, ma vi è una mera affezione naturale accompagnata dalla conoscenza che le èpropria. Le affezioni naturali che essi hanno sono quelle di alimentarsi, cercare rifugio,moltiplicarsi, fuggire ed avere in avversione tutto ciò che è loro nocivo, accompagnate daogni conoscenza che tali affezioni richiedono. Poiché gli animali vivono in questacondizione, essi non possono pensare: « io voglio o non voglio questo », né « io so o non soquesto », e ancor meno « io comprendo questo ed amo questo ». Essi sono guidati dallaloro affezione mediante la conoscenza, senza razionalità né libertà. Se essi sono guidaticosì, ciò non deriva dal mondo naturale, ma dal mondo spirituale, poiché non esistealcunché nel mondo naturale che sia privo di connessione col mondo spirituale: ogni causacapace di produrre un effetto proviene dal mondo spirituale (si veda più oltre, n. 96).
75. Per ciò che riguarda l'uomo, invece, egli non possiede solamente l'affezionedell'amore naturale, ma anche l'affezione dell'amore spirituale e l'affezione dell'amoreceleste, poiché la mente umana ha tre gradi, come è stato mostrato in Divino Amore eDivina Sapienza, parte terza. L’uomo può quindi elevarsi dalla conoscenza terrena finoall'intelligenza spirituale, e da questa alla sapienza celeste; da queste due — l'intelligenza ela sapienza — può infine volgersi al Signore, congiungersi a lui, e di conseguenza vivereper sempre. Questa elevazione della nostra affezione non avrebbe luogo, comunque, se
non avessimo la facoltà di elevare l'intelletto in virtù della razionalità, e di fare ciòintenzionalmente perché siamo liberi.
[2] Grazie a queste due facoltà l’uomo può pensare interiormente a ciò che percepiscefuori di sé coi sensi corporei, e può altresì pensare in un modo superiore alle cose chepensa in un modo inferiore. Ognuno di noi può dire: « ho pensato a questo » e « penso aquesto», così come « ho voluto questo » e « voglio questo »; « comprendo che ciò è vero »;« amo ciò perché ha tali qualità », e così via. Ne risulta che l'uomo riflette sul propriopensiero da una prospettiva più elevata, e che lo vede come se fosse al di sotto di sé.L'uomo ha questa facoltà grazie alla sua razionalità ed alla sua libertà. La razionalità glipermette di pensare da un livello superiore; la libertà gli consente di pensare in un certomodo in seguito alla sua affezione, intenzionalmente. Vale a dire che, se egli non avesse lalibertà di pensare in un certo modo, non ne avrebbe la volontà, e quindi neppure ilpensiero.
[3] Perciò, coloro che vogliono comprendere solo quel che appartiene al mondo e alla suanatura, e non ciò che è il bene e la verità morale e spirituale, non possono elevarsi dallaconoscenza all’intelligenza, e tanto meno alla sapienza, poiché essi hanno come “bloccato”in sé queste facoltà. Essi non sono uomini se non nella misura in cui, in virtù dellarazionalità e della libertà insite in loro, possono intendere, se vogliono, e possono volere. Èin virtù di queste due facoltà che l'uomo può pensare, e parlare conseguentemente alpensiero; per il resto gli uomini non sono uomini, ma animali, ed alcuni, per l'abuso diqueste facoltà, sono peggiori degli animali.
76. Ognuno di noi, se la razionalità non è offuscata, può comprendere che l'uomo nonpuò nutrire alcun desiderio di sapere né di comprendere, senza l’apparenza che ciò gliappartenga; perché ogni piacere, ogni gioia ed ogni volontà deriva dall'affezione cheappartiene all'amore. Chi mai può voler sapere e comprendere alcunché, se non ne traessequalche soddisfazione? E chi potrebbe nutrire qualche soddisfazione, se non fosse mossoda ciò che sembra realmente appartenergli? Se ciò non gli appartenesse affatto, maprovenisse da altri come se qualcuno cercasse di instillare i suoi sentimenti nella mente diqualcun altro privo di alcun desiderio di conoscere o di comprendere quest’altra personaaccetterebbe forse tali sentimenti? Anzi: sarebbe capace di accettarli? Non sarebbe dunquecome uno stupido animale, o una passiva zolla di terra? Da ciò si può dedurrechiaramente che, sebbene tutte le cose che l'uomo percepisce, e quindi pensa e conosce, esecondo la sua percezione vuole e compie, fluiscono nell’uomo stesso, nondimeno, ègrazie all’opera della Divina Provvidenza del Signore che ciò sembra come appartenereall'uomo. Poiché, come si è detto, diversamente l'uomo non riceverebbe niente, diconseguenza non gli potrebbe essere data alcuna intelligenza né alcuna sapienza. Come ènoto, ogni bene ed ogni verità non appartengono all'uomo, ma al Signore. Nonostante ciòessi appaiono all'uomo come propri; e poiché ogni bene ed ogni verità appaiono così, tutte
le cose pertinenti alla chiesa ed al cielo, e di conseguenza tutte quelle riguardanti l'amore ela sapienza, nonché la carità e la fede, appaiono nello stesso modo. Nondimeno, nullaappartiene all'uomo. Nessuno può riceverle dal Signore, senza che gli sembri di percepirlecome da se stesso. Da ciò si può constatare la verità di questa proposizione: tutto quel chel'uomo fa in virtù della libertà, che sia conforme o meno alla ragione, purché assecondi lasua propria ragione, gli appare come suo.
77. Chi non è capace, in virtù della razionalità, di comprendere che un certo bene è utilealla comunità, e che un certo male è nocivo; ad esempio, che la giustizia, la sincerità e lacastità del matrimonio sono utili alla comunità, e che l’ingiustizia, l'insincerità e l’adulteriosono nocivi? Ciò, di conseguenza, significa che quei mali in sé sono dannosi, e che queibeni in sé recano vantaggio. Ognuno è dunque capace di assimilare tutto ciò nella suaragione, purché ne abbia la volontà. Siamo dotati di razionalità e di libertà, che vengonoscoperte, portate alla luce ed usate giudiziosamente, e ci permettono di percepire e diagire, nella misura in cui ci asteniamo dai nostri mali interiori con tali propositi in mente.Nella misura in cui ci comportiamo così, ci rivolgiamo a queste buone azioni nello stessomodo in cui un amico si rivolge ad un altro amico.
[2] Ciò ci rende capaci – sempre in virtù della razionalità – di prendere decisioniriguardo alle buone qualità utili nel mondo spirituale, ed alle cattive qualità che là sirivelano dannose. Dobbiamo solo considerare i peccati come le cattive qualità, e le azionibuone e caritatevoli come le buone qualità. Anche tutto questo l'uomo può assimilarlo allasua ragione, purché lo voglia, poiché è dotato di razionalità e di libertà. Nella misura in cuila sua razionalità e libertà si sviluppano, si manifestano, lo guidano e gli consentono dipercepire e di potere, ed egli rifugge i mali come peccati, nella stessa misura egli si rivolgeai beni della carità come il prossimo guarda il prossimo in virtù di un amore reciproco.
[3] Ora, poiché il Signore, per poterci accettare e congiungersi a noi, vuole che tutto quelche l'uomo fa liberamente secondo la ragione gli sembri come suo, ne consegue che l'uomoè capace in virtù della ragione, perché è in vista della sua felicità eterna, di fuggire i malicome peccati e può farlo dopo che abbia implorato la Divina potenza del Signore.
78. III. Tutto ciò che l'uomo fa in virtù della sua libertà, secondo il suo pensiero, diventa parte dise stesso. Il motivo di ciò è che il proprium (il senso della propria identità) dell'uomo e la sualibertà sono una cosa sola; il proprium dell'uomo appartiene alla sua vita, e quel chel'uomo fa in virtù della propria vita, lo fa liberamente. Inoltre il proprium dell'uomo è quelche appartiene al suo amore, poiché l'amore è la vita di ciascuno, e quel che l'uomo fa invirtù dell'amore della sua vita, egli lo compie in virtù della sua libertà. Se l'uomo agisce invirtù della libertà, secondo il suo pensiero, è perché quel che appartiene alla sua vita o alsuo amore egli lo pensa e lo afferma col pensiero; e allorché egli conferma ciò in se stesso,allora lo compie in virtù della libertà secondo il pensiero.
[2] Tutto ciò che l'uomo fa, egli lo fa in virtù della volontà mediante l'intelletto; e lalibertà appartiene alla volontà, ed il pensiero all'intelletto. L'uomo può anche agireliberamente contro la ragione, e ugualmente senza libertà ma secondo la ragione. Questeazioni non diventano tuttavia parte dell’uomo: esse provengono soltanto dalla sua bocca edal suo corpo, e non dal suo spirito o dal suo cuore; ma quelle che provengono dal suospirito e dal suo cuore, quando divengono azioni anche della bocca e del corpo, diventanoparte dell’uomo. Ciò si può illustrare con molti esempi, ma non è questa la sede adatta.
[3] Per “diventare parte dell’uomo” si intende entrare nella sua vita, appartenere alla suavita, e di conseguenza diventare il suo proprium. Che pertanto l'uomo non abbia alcunchédi proprio, ma che gli sembri come se così fosse, ciò si vedrà in seguito. In questa sede sitratterà solamente del fatto che ogni bene che l'uomo compie in virtù della sua libertà,secondo la ragione, diventa come suo, perché appare come suo allorché egli pensa, vuole,parla e agisce. Nondimeno il bene non appartiene all'uomo, ma al Signore nell'uomo (siveda sopra, n. 76). Dedicherò un capitolo al modo in cui avviene questa assimilazione.
79. Si è detto che quel che l'uomo fa in virtù della sua libertà, secondo il suo pensiero,permane, perché nulla di ciò che l'uomo si è appropriato si può eliminare: ciò è divenutoinfatti parte del suo amore, e in pari tempo della sua ragione, o della sua volontà ed altempo stesso del suo intelletto, quindi qualcosa che appartiene alla sua vita. Ciò, è vero, sipuò rimuovere, tuttavia non si può eliminare; e quando si rimuove, si trasferisce come dalcentro alla periferia, e qui resta: questo s' intende col termine « permane. »
[2] Per esempio, se un uomo nella sua infanzia o nella sua adolescenza ha fatto proprioqualche modo d’essere sbagliato, per il piacere che esso procura al suo amore, comeingannare, bestemmiare, abbandonarsi alla vendetta o alla fornicazione, poiché hacompiuto questi mali liberamente, in accordo col proprio pensiero, egli li ha assimilati a sé.Se poi fa penitenza, li rifugge e li considera come peccati nei cui confronti si deve provareavversione, e se ne astiene in virtù della sua libertà, secondo la ragione, allora egli assimilai beni a cui sono opposti questi mali. Tali beni prendono allora il loro posto al centro, edallontanano i mali sempre più ai limiti esterni dell’uomo, nella misura in cui egli prova neiloro confronti avversione e disgusto. Nonostante ciò, essi non si possono rigettare in mododa poterli definire estirpati, benché sembri così: ciò si verifica perché l’uomo è distolto daimali dal Signore, ed è mantenuto nei beni. Questo vale per ogni male ereditario, così comeper ogni male attuale dell'uomo.
[3] Ne ho avuto esperienza io stesso presso alcuni abitanti del cielo, i quali, essendomantenuti dal Signore nel bene, si credevano liberi da qualsiasi male. Ma, affinché noncredessero che il bene in cui si trovavano appartenesse a loro stessi, furono fatti scenderedal cielo e posti ancora una volta nei loro mali, fino a quando avessero riconosciuto che inse stessi erano nei mali, ma si trovavano nei beni grazie al Signore; riconosciuto ciò, essifurono ricondotti nel cielo.
[4] Sia dunque chiaro che i beni non si assimilano all’uomo se non nella misura in cui essiappartengono pur sempre al Signore nell'uomo stesso. Nella misura in cui l'uomoriconosce questa verità, nella stessa misura il Signore permette che il bene sembri all'uomocome di sua proprietà: vale a dire, gli permette di sentire che egli ama il prossimo, ovveroche è caritatevole, che crede o che ha fede, che fa il bene e comprende il vero, e che dunqueè savio, come se tutto ciò appartenesse a se stesso. Grazie a tali esempi è possibilericonoscere quale e quanto forte sia l'apparenza in cui il Signore vuole che l'uomo venga atrovarsi. Il Signore vuole che sia così per la salvezza dell'uomo, poiché senza questaapparenza nessuno si può salvare. Intorno a questo soggetto si veda anche più sopra, daln. 42 al n. 45.
80. Nulla diviene parte dell'uomo di tutto ciò che si limita al solo pensiero, neppure seegli lo voglia, a meno che non lo voglia in modo tale che, avendone l'opportunità, lo pongain atto. Ciò avviene perché, quando l'uomo pone qualcosa in atto in virtù della volontà permezzo dell'intelletto, o in virtù dell'affezione della volontà mediante il pensierodell'intelletto, la compie davvero. Ma, finché la cosa appartiene al solo pensiero, essa nonpuò diventare parte di noi, perché l'intelletto non si congiunge con la volontà, ovvero ilpensiero dell'intelletto non si congiunge con l'affezione della volontà. La volontà e la suaaffezione si congiungono tuttavia con l'intelletto e col suo pensiero, come è stato mostratoin più luoghi in Divino Amore e Divina Sapienza, parte quinta. Questo è il significato delleparole del Signore: Non ciò che entra nella bocca contamina uomo; ma lo contamina ciò che escedalla sua bocca, e proviene dal cuore (Matteo 15:11, 17, 18, 19). Per bocca, in senso spirituale, siintende il pensiero, perché il pensiero parla attraverso la bocca; e per cuore si intendel'affezione che appartiene all'amore. Se l'uomo pensa e parla in virtù di questa affezione,egli si rende impuro. Cuore, in Luca 6:45, significa ugualmente l'affezione che derivadall'amore o dalla volontà, e bocca il pensiero che proviene dall'intelletto.
81. Diventano parte dell'uomo anche i mali che egli crede leciti, benché non li ponga inatto. Ciò che nel pensiero appare lecito, proviene dalla volontà, poiché vi è un accordo.Quando l'uomo ritiene lecito un male, egli lascia andare i freni interni che trattengonoquesto male, ed è distolto dal farlo solo grazie ai freni esterni, vale a dire il timore delleconseguenze. Poiché lo spirito dell'uomo è favorevole a questo male, una volta rimossi ifreni esterni egli lo compie, perché lo crede lecito; e nel frattempo lo compiecontinuamente nel suo spirito. Intorno a questo argomento si veda Dottrina di vita per laNuova Gerusalemme, dal n. 108 al n. 113.
82. IV. Tramite queste due facoltà il Signore riforma e rigenera l'uomo, e senza di esse non èpossibile alcuna riforma né rigenerazione. Il Signore insegna che se un uomo non vienegenerato di nuovo non può vedere il Regno di Dio (Giovanni 3:3, 5, 7). Ma pochi sannocosa significhi essere “generato di nuovo” o essere “rigenerato”, perché non è noto checosa sia l'amore e la carità, né di conseguenza cosa sia la fede. Colui che non conosce
l'amore e la carità non può neppure sapere cosa sia la fede, in quanto la carità e la fedesono una cosa sola, come il bene e la verità, e come l'affezione che appartiene alla volontàed il pensiero che appartiene all'intelletto. Riguardo a questa unione si veda in DivinoAmore e Divina Sapienza, dal n. 427 al n. 431; ed anche in Dottrina della Nuova Gerusalemme,dal n. 13 al n. 24; e in questo stesso trattato, dal n. 3 al n. 20.
83. La ragione per cui non si può entrare nel Regno di Dio se non si è generati di nuovo,è che l'uomo nasce nei mali di ogni genere, ereditati dai suoi genitori; ma eredita anche lafacoltà di allontanare questi mali e di divenire spirituale. Se non si diventa spirituali non sipuò entrare nel cielo: quindi rinascere o rigenerarsi significa mutare di stato, da naturale aspirituale. Tuttavia, affinché si sappia come l'uomo può rigenerarsi, si devono tenere amente queste tre cose: qual'è il suo primo stato, ovvero uno stato di dannazione; qual'è ilsuo secondo stato, vale a dire uno stato di riforma; e qual'è il suo terzo stato, ossia unostato di rigenerazione.
[2] Il primo stato dell'uomo, che è lo stato di dannazione, è lo stato in cui ogni uomo sitrova in virtù dell'eredità ricevuta dai suoi genitori. Infatti da qui l'uomo nasce nell'amoredi sé e nell'amore del mondo; e da questi amori derivano mali di ogni genere. L’uomo èguidato dai piaceri di questi amori, e tali piaceri fanno sì che egli non sappia di trovarsi neimali, poiché ogni piacere dell'amore viene percepito come un bene. Perciò, se l'uomo nonsi rigenera, è capace soltanto di comprendere che amare se stesso ed amare il mondo sopratutte le cose è il vero bene, e dominare gli altri e possedere le ricchezze di tutti è il sommobene. Da ciò deriva ogni male, poiché l’uomo non prova amore che per sé solo; e, seguarda un altro con amore, è come un diavolo che guarda un altro diavolo, e un ladro cheguarda un altro ladro, vale a dire come un complice.
[3] Coloro che giustificano in se stessi questi amori ed i mali che conseguono da essi, invirtù dei piaceri che ne derivano, restano uomini naturali, relegati nel confine di ciò che èsensualecorporale; e nel proprio pensiero, che appartiene al loro spirito, impazziscono;nonostante ciò, mentre sono nel mondo, possono parlare e agire razionalmente esaggiamente, perché sono uomini e quindi sono dotati di razionalità e di libertà; tuttaviaessi agiscono ancora in virtù dell'amore di sé e del mondo. Costoro, dopo la morte,quando divengono spiriti, possono provare solo il piacere che avevano provato nel lorospirito quando erano nel mondo. Questo è il piacere dell'amore infernale, che si trasformanel dolore profondo e crudele a cui la Parola si riferisce quando descrive il tormento e ilfuoco infernale. Da queste spiegazioni è evidente che il primo stato dell'uomo è lo stato didannazione, e che in questo stato si trovano coloro che non si lasciano rigenerare.
[4] Il secondo stato dell'uomo, che è lo stato di riforma, è quando 1'uomo comincia apensare al cielo per le gioie che in esso si godono, e a Dio, da cui proviene la gioia delcielo. All’inizio questo pensiero deriva dal piacere che l’uomo trova nell’amore di sé,perché di tale natura è per lui la gioia del cielo. Finché è il piacere di questo amore a
dominare, coi piaceri dei mali che ne derivano, per l’uomo la via che conduce al cieloconsiste solo nel pregare, ascoltare prediche, partecipare all’eucarestia, fare elemosine esoccorrere i bisognosi, contribuire alla costruzione dei templi, fare donazioni agli ospedali,e cose del genere. In questo stato l’uomo pensa che la salvezza derivi solo dal pensare ciòche la religione insegna: cioè la fede, o la fede e la carità. Il motivo per cui l’uomo èconvinto che pensare a queste cose lo possa salvare è che non considera i mali che gliprocurano piacere; e che, fino a quando questi piaceri si trovano dentro di lui, vi si trovanoanche i mali. I loro piaceri provengono dalla nostra cupidità nei loro confronti, checontinuamente li rende desiderabili e ci spinge a metterli in atto, se non vi è alcun ostacoloesterno ad impedirlo.
[5] Finché i mali rimangono nelle cupidità del nostro amore, e quindi nei loro piaceri,non vi è alcuna fede, né carità, né pietà, né culto, se non esteriormente. Di fronte al mondo,tuttavia, sembra che esistano veramente, benché non siano reali; si possono paragonare adacque che scaturiscono da una sorgente impura, e che non si possono bere. Finché l'uomopensa al cielo e a Dio in virtù della religione, e in nessun modo ai mali come peccati, egli èancora nel primo stato; ma perviene al secondo stato, ovvero allo stato di riforma, quandocomincia a pensare che esiste il peccato, e ancor più quando pensa che una certa cosa è unpeccato, la considera in quanto tale e non desidera più compierla.
[6] Il terzo stato dell'uomo, ovvero lo stato di rigenerazione, inizia dallo stato precedente,e grazie ad esso il processo continua. Ciò ha inizio quando l'uomo si astiene dai maliperché sono peccati, progredisce allorché li rifugge, e si perfeziona nella misura in cuil’uomo combatte contro di essi. Infine, allorché l’uomo vince in virtù del Signore, egli èrigenerato. In chi si rigenera, l’ordine della vita cambia; da naturale diviene spirituale,poiché il naturale separato dallo spirituale è contrario all’ordine, e lo spirituale è secondol’ordine. Perciò l'uomo rigenerato agisce in virtù della carità, e fa sì che gli elementi cheappartengono alla sua carità entrino a far parte parte della sua fede. Ma egli divienespirituale solo nella misura in cui si trova nelle verità, poiché ogni uomo si rigenera permezzo delle verità, e conducendo una vita conforme alle verità. Infatti, sono le verità chepermettono all’uomo di conoscere la vita, ed è la vita che gli consente di praticare le verità.E’ così che congiunge il bene al vero: tale è il connubio spirituale, in cui l’uomo trova ilcielo.
851. Grazie alle due facoltà, che si chiamano razionalità e libertà, l’uomo si riforma e sirigenera, e senza di esse non si può riformare né rigenerare. Ciò avviene perché tramite larazionalità egli può intendere e sapere che cosa è il male e che cosa è il bene, e quindi checosa è il falso e che cosa è la verità; e grazie alla libertà può volere ciò che intende econosce. Ma finché regna il piacere dell'amore per il male, egli non può volere liberamenteil bene e la verità, e renderli oggetti della sua ragione: perciò egli non può farli propri,
1 I paragrafi 84, 188, da 266 a 273 e 315 risultano mancanti sia nella versione originale, sia nella traduzione diScocia, per mero errore tipografico, senza che ne risulti alcuna interruzione nell’opera.
poiché, come si è mostrato più sopra (nn. 7881), le cose che l'uomo compie in virtù dellalibertà, secondo la ragione, diventano come sue. Se egli non le fa sue non si riforma, né sirigenera: quindi non è possibile agire in virtù del piacere dell'amore del bene e dellaverità, se non quando il piacere dell'amore del male e del falso sono stati rimossi, poichédue piaceri dell'amore, opposti tra loro, non possono esistere simultaneamente. Agire invirtù del piacere dell'amore, significa agire in virtù della libertà. Poiché la ragione èfavorevole all'amore, ciò vuol dire anche agire secondo la ragione.
86. Poiché sia gli uomini buoni, sia quelli cattivi sono dotati di razionalità e di libertà,tutti possono comprendere la verità e fare il bene; ma un uomo cattivo non può farloliberamente e secondo ragione, mentre chi è buono può farlo, perché il cattivo si trova nelpiacere dell'amore del male, e il buono nel piacere dell'amore del bene. Perciò la verità cheil cattivo comprende, ed il bene che compie, non li fa suoi, mentre l'uomo buono li fa suoi;e se tali qualità non divengono parte dell’uomo non vi è riforma, né rigenerazione. Infattinei cattivi i mali e le falsità si trovano come al centro, e i beni e le verità come alla periferia.Viceversa, nei buoni i beni e le verità sono al centro, e i mali con le falsità alla periferia; e inentrambi i casi ciò che è al centro si diffonde fino alla periferia, come il calore si diffondeda un fuoco che si trova al centro, e dal ghiaccio che si trova al centro si diffonde il freddo.Così i beni, che nei cattivi si trovano alla periferia, vengono contaminati dai mali nelcentro, e nei buoni i mali delle periferie vengono mitigati dai beni nel loro centro. È perquesto motivo che i mali non conducono a dannazione colui che è rigenerato, e che i beninon possono salvare colui che non è rigenerato.
87. V. Mediante queste due facoltà l’uomo si può riformare e rigenerare, nella misura in cui puòessere guidato da esse a riconoscere che ogni bene ed ogni verità che egli pensa e compie derivanodal Signore, e non da se stesso. È stato già mostrato che cosa sono la riforma e larigenerazione, ed altresì che l'uomo si riforma e si rigenera grazie alle due facoltà dellarazionalità e della libertà. Poiché ciò avviene per mezzo di esse, è opportuno parlarne piùdiffusamente. La razionalità permette all’uomo di comprendere, e la libertà di volere, inciascun caso come se avvenisse tramite le proprie forze. Tuttavia, solo chi è rigenerato puòcomprendere ciò che è bene e compierlo secondo ragione. Il malvagio può solo intendereliberamente il male e compierlo seguendo il suo pensiero, che – continuando aconfermarlo in sé – egli rende apparentemente conforme alla ragione. Il male può dunqueessere confermato in sé al pari del bene, ma tramite apparenze illusorie; allorché questeapparenze vengono considerate come certezze, divengono falsità; e tutto ciò che vieneconsiderato come certezza sembra conforme alla ragione.
88. Chiunque sia capace di pensare in modo più profondo, può rendersi conto che lanostra capacità di volere e la nostra capacità di comprendere non provengono da noistessi, ma da colui che ha il potere in se stesso, cioè da colui a cui appartengono talicapacità nella loro vera essenza. È sufficiente chiedersi da dove viene tale potere. Non
viene forse da colui che lo possiede al massimo della sua potenza, cioè da colui che lo ha insé, e da cui di conseguenza procede? Ciò significa che potere in sé è Divino. Ogni poterenecessita di risorse a cui si deve provvedere, e quindi una determinazione proveniente dadentro o da sopra di sé. L'occhio non può vedere da se stesso, né l'orecchio udire da sestesso, né la bocca parlare da se stessa, né la mano agire da se stessa. Deve esserci dunquequalche risorsa, e pertanto qualche determinazione che proviene dalla mente. E anche lamente non può pensare e volere alcunché per virtù propria, se non vi è qualcosa diinteriore o superiore a determinarla. Il nostro poter comprendere e poter volere, quindi,non possono provenire da altri che da colui che in se stesso può volere e puòcomprendere.
[2] Da ciò si evince che le due facoltà chiamate razionalità e libertà provengono dalSignore, e non dall'uomo. Ne consegue che l'uomo non vuole e non comprende niente conle sue forze: questa è solamente un’apparenza. Ciò può essere compreso da chiunquesappia e creda che la volontà di compiere qualsiasi bene e l'intelligenza per comprendereogni verità provengono dal Signore, e non dall'uomo. La Parola ci insegna (Giovanni 3:27 15:5) che l'uomo non può ricevere nulla da sé, né fare nulla da sé.
89. Ora, siccome ogni volontà deriva dall'amore, ed ogni comprensione dalla sapienza,ne consegue che poter volere proviene dal Divino Amore, e poter comprendere dallaDivina Sapienza, e l'uno e l'altro dal Signore, che è in sé il Divino Amore e la DivinaSapienza. Ne deriva che agire in virtù della propria libertà secondo la ragione nonproviene da altra fonte. Ognuno agisce secondo la ragione, perché la libertà, al paridell'amore, non si può separare dalla volontà. Tuttavia nell'uomo vi è un volere interiore eun volere esteriore, ed egli è capace di agire secondo il volere esteriore e non al tempostesso secondo quello interiore: così agiscono gli ipocriti e gli adulatori. I loro intentiesteriori sono liberi, poiché provengono da un desiderio di apparire diversi da ciò che essirealmente sono, o dal desiderio che provano per qualche male; un amore che èun’estensione dell'amore che provano nella loro volontà interiore. Tuttavia, come si è detto(vedi n. 86), il malvagio non può, con la sua libertà e secondo la sua ragione, fare che ilmale; egli non può compiere alcun bene liberamente e razionalmente. Egli lo puòcertamente fare, ma non in virtù della sua libertà interiore, la sua propria libertà. Neconsegue che nella sua libertà esteriore non vi è nulla del bene.
90. Si è detto che l'uomo si può riformare e rigenerare solo nella misura in cui, tramitequelle due facoltà, riconosce che ogni bene ed ogni verità che può pensare e mettere in attoproviene dal Signore e non da se stesso. Il motivo per cui ciò non si può riconoscere se nongrazie a quelle due facoltà, è perché tali facoltà derivano dal Signore. Esse appartengono alSignore nell'uomo, come risulta evidente da quel che è stato detto. Ne consegue chel'uomo non può fare ciò da sé, ma in virtù del Signore; tuttavia egli lo può fare come se lofacesse con le proprie forze. Questo è un dono del Signore ad ognuno di noi: anche se
crediamo di poter agire da soli, quando pensiamo lucidamente riconosciamo che non ècosì. Dobbiamo credere di essere indipendenti, ma nello stesso tempo comprendere ericonoscere che non è così. Altrimenti la verità che pensiamo, e il bene che compiamo, nonsono realmente né verità né bene, perché noi vi siamo presenti, non il Signore. Il bene incui l'uomo viene a trovarsi, se è per la sua salvezza, è un bene meritorio, ma il bene in cuisi trova il Signore non è meritorio.
91. Riconoscere il Signore, e riconoscere che ogni bene ed ogni verità vengono da lui, erealizzare che l'uomo per mezzo di tale consapevolezza si riforma e si rigenera, è cosaalquanto ardua da scorgere e solo in pochi la vedono con il proprio intelletto; perché sipuò pensare: «A cosa giova questa consapevolezza, dal momento che il Signore èonnipotente e vuole la salvezza di tutti; quindi egli può e vuole, purché sia mosso amisericordia?» Ma pensare così non significa pensare in virtù del Signore, né perconseguenza in virtù della vista interiore dell'intelletto, cioè in virtù di una realeilluminazione; spiegherò dunque in poche parole ciò che può operare il riconoscimento diciò che appartiene al Signore.
[2] Nel mondo spirituale, dove lo spazio è soltanto apparenza, la sapienza produce lapresenza, e l'amore la congiunzione; e viceversa. Vi è un modo di riconoscere il Signore invirtù della sapienza, e un modo di riconoscere il Signore in virtù dell'amore. Riconoscere ilSignore in virtù della sapienza, che in sé è semplicemente una forma di conoscenza, derivada un sistema dottrinale; e la riconoscenza del Signore in virtù dell'amore esiste grazie allavita conforme a tale dottrina. Questo modo di riconoscere crea una congiunzione, e l'altrocrea una presenza. Perciò coloro che rifiutano la dottrina concernente il Signore siallontanano da lui; e se rifiutano anche la vita, si separano da lui; coloro però che nonrigettano la dottrina, ma la vita, sono presenti, e tuttavia separati: sono come amici checonversano tra loro, ma non si amano; e come due individui di cui l'uno parla all'altrocome un amico, ma lo odia come un nemico.
[3] È noto, infatti, che chi insegna bene e vive bene, si salva, ma non chi insegna bene evive male; e chi non crede in Dio non si può salvare. Perciò è chiaro quale tipo di religionesia quella che spinge a pensare al Signore solo in virtù di ciò che si chiama “fede”, ed anon fare nulla in virtù della carità. Dice il Signore:
Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico? Chi viene a me e ascolta lemie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha posto lefondamenta sopra la roccia. Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che hacostruito una casa sulla terra, senza fondamenta. » (Luca 6:46–49)
92. VI. La congiunzione del Signore con l’uomo, e la congiunzione reciproca dell'uomo con ilSignore, si effettuano tramite queste due facoltà. La congiunzione col Signore e larigenerazione sono la stessa cosa; nella misura in cui siamo congiunti al Signore, nellastessa misura siamo rigenerati Perciò tutto quel che si è detto sulla rigenerazione, si puòdire della congiunzione, e ciò che diremo della congiunzione, si può dire dellarigenerazione. Che vi sia una congiunzione del Signore con l’uomo, e una congiunzionereciproca dell'uomo col Signore, lo insegna il Signore medesimo in Giovanni:
Rimanete in me e io in voi. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto (15:4,5)
In quel giorno saprete che voi siete in me, e io in voi (14:20)
[2] In virtù della sola ragione ognuno può vedere che non vi è alcuna congiunzione deglianimi se essa non è reciproca, e che ciò che è reciproco congiunge. Se qualcuno ama unaltro e non ne è corrisposto, allorché il primo si avvicina, 1'altro si ritrae; ma se essi siamano reciprocamente, quando uno si avvicina, anche 1'altro si avvicina, e lacongiunzione si effettua. L' amore vuole essere ricambiato, ciò è insito in esso; e, nellamisura in cui è ricambiato, altrettanto ne prova piacere. È dunque evidente che, se fossesolo il Signore ad amare 1'uomo, e non ne fosse ricambiato, il Signore si avvicinerebbe, el'uomo si allontanerebbe. Il Signore vorrebbe continuamente accostarsi all'uomo ed entrarein lui, e l'uomo si volgerebbe indietro e se ne andrebbe. Per coloro che sono nell'inferno ècosì, ma per coloro che sono nel cielo vi è mutua congiunzione.
[3] Poiché il Signore vuole congiungersi all'uomo per la sua salvezza, egli ha provvedutoaffinché vi sia nell’uomo un tramite per cui possa esservi reciprocità: nell'uomo lareciprocità è che il bene che egli vuole e compie in virtù della libertà, e la verità che eglipensa e afferma razionalmente in virtù di questo volere, sembrano provenire da lui. Ineffetti è proprio come se questo bene nella sua volontà, e questa verità nel suo intellettosiano suoi, anzi, che gli appartengano del tutto. Non c’è modo di trovare alcunadifferenza. (Riguardo a questa apparenza, si vedano i nn. 74 e 75; e, riguardo al fatto chel’uomo faccia suoi tale bene e tale verità, si vedano i nn. da 78 a 81). La sola differenza èche l'uomo deve riconoscere che non è con le sue sole forze che fa il bene e pensa il vero,ma in virtù del Signore, e che quindi il bene che fa e la verità che pensa non gliappartengono. Pensare così per un qualche amore della volontà, semplicemente perché èla verità, consente la congiunzione, poiché in questo modo l'uomo si volge al Signore, e ilSignore all'uomo.
93. Nel mondo spirituale è possibile e udire e vedere qual'è la differenza tra coloro checredono che ogni bene proceda dal Signore, e coloro che credono che ogni bene derivi da
se stessi. Coloro che credono che il bene proceda dal Signore si volgono a lui e ricevono ilpiacere e la beatitudine del bene; ma coloro che credono che il bene derivi da se stessi sivolgono a se stessi, e pensano fra sé di averne il merito. Dato che si volgono a se stessi,possono solo percepire il piacere del loro bene, che non è il piacere del bene, ma il piaceredel male; poiché ciò che è proprio dell'uomo è il male; e il piacere del male, consideratocome bene, è l'inferno. Coloro che hanno fatto il bene credendo di averlo compiuto pervirtù propria, se dopo la morte non accettano la verità che ogni bene procede dal Signore,si uniscono ai demoni infernali, ed infine diventano una sola cosa con essi. Invece, coloroche accolgono questa verità si riformano; ma non possono accettarla se non coloro chedurante la loro vita si erano rivolti a Dio. Rivolgersi a Dio nella propria vita non significaaltro che evitare i mali in quanto essi sono peccati.
94. La congiunzione del Signore con l'uomo, e la congiunzione reciproca dell'uomo colSignore, possono realizzarsi solo amando il prossimo come se stessi, ed il Signore sopraogni cosa. Amare il prossimo come se stessi non significa altro che comportarsi con gli altrisenza disonestà e senza ingiustizia, non nutrire odio né cercare vendetta, non oltraggiare enon diffamare, non commettere adulterio con la moglie altrui e non commettere altre cosedel genere. È evidente che coloro che fanno tali cose non amano il prossimo come se stessi.Coloro che, al contrario, non si comportano così, perché si tratta di mali contro il prossimo,ed in pari tempo di peccati contro il Signore, agiscono con sincerità, giustizia, amicizia efedeltà nei confronti degli altri; e, poiché il Signore agisce in modo simile, si effettua lacongiunzione reciproca. Quando si verifica tale congiunzione reciproca, allora tutto ciò chel'uomo fa al prossimo, lo fa in virtù del Signore; e tutto ciò che l'uomo compie in virtù delSignore, è bene. Il prossimo, dunque, non è per lui l’individuo, ma il bene presente inquell’individuo. Amare il Signore sopra ogni cosa significa non usare violenza alla Parola,perché nella Parola è presente il Signore, né alle sante pratiche della chiesa, perché in esseè presente il Signore, né all'anima di nessun uomo, perché l'anima di ognuno è nelle manidel Signore. Coloro che evitano questi mali come terribili peccati, amano il Signore sopraogni cosa; ma questo è possibile solo a coloro che amano il prossimo come se stessi, poichéquesti due tipi di amore sono essenzialmente uno.
95. Poiché vi è una congiunzione del Signore con l'uomo, e dell'uomo col Signore, visono due tavole della legge: una per il Signore, e l'altra per l'uomo. Nella misura in cuil'uomo osserva, come se ne fosse capace con le proprie forze, le leggi della sua tavola,altrettanto il Signore gli concede di osservare le leggi della sua; ma l’uomo che non osservale leggi della propria tavola, che si riferiscono tutte all'amore del prossimo, non puòosservare le leggi della tavola del Signore, che riguardano tutte l'amore per il Signore.Come può un omicida, un ladro, un adultero, uno spergiuro amare il Signore? La ragionenon insegna che esser tale ed amare Dio è una contraddizione? Il diavolo non è forse così,e può non odiare Dio? Ma quando l'uomo aborre come infernali gli omicidi, gli adulteri, ifurti e gli spergiuri, allora può amare Dio, poiché distoglie lo sguardo dal diavolo e lo
rivolge al Signore; e quando si volge al Signore gli vengono concessi l'amore e la sapienza,che entrano in lui dal volto, non dalla parte posteriore della testa. Così e non altrimenti sieffettua la congiunzione col Signore: perciò queste due tavole sono state chiamate“alleanza”, e l'alleanza ha luogo fra due parti.
96. VII. Per tutto il corso dell’opera della sua Divina Provvidenza, il Signore custodisce intatte ecome sante queste due facoltà nell'uomo. Le ragioni di ciò sono che l'uomo, senza queste duefacoltà, non avrebbe intelletto né volontà, quindi non sarebbe uomo; ed inoltre, privo diesse, non si potrebbe congiungere al Signore, né di conseguenza riformarsi e rigenerarsi.Senza queste facoltà non avrebbe neppure l’immortalità, né la vita eterna. È stato giàspiegato, dal n. 71 al n. 95, cosa sono queste due facoltà: la libertà e la razionalità. Taleconcetto non può apparire chiaro, tuttavia, se queste ragioni non vengano esposte comeconclusioni; si rende perciò necessaria una spiegazione.
[2] L'uomo, senza queste due facoltà, non avrebbe né intelletto né volontà, quindi nonsarebbe uomo. L’uomo non ha la volontà se non perché egli può determinarsi liberamentecome da sé e volere liberamente come da sé, deriva da questa facoltà, continuamenteconcessa all’uomo dal Signore, chiamata libertà. D’altro canto, l’uomo possiede l'intellettoper poter comprendere, come se ciò avvenisse con le proprie forze, se qualcosa è o non èconforme alla ragione; e comprendere se qualcosa è o non è conforme alla ragione derivada un’altra facoltà, la razionalità, che il Signore continuamente concede all'uomo. Questefacoltà si congiungono nell'uomo come la volontà e l'intelletto. Ciò significa che, comel'uomo può volere, egli può anche comprendere, poiché non si può volere senzacomprendere: comprendere è il suo consorte o compagno, senza il quale non può esistere.Perciò la libertà ci viene data insieme alla razionalità.
[3] Difatti, se dal comprendere si sottrae il volere, non si può comprendere nulla. Si puòcomprendere nella misura in cui lo si desidera, purché si posseggano, o si abbia accesso aimezzi definiti percezioni, che sono come strumenti nelle mani di un artigiano. Si è dettoche è possibile comprendere nella misura in cui lo si desidera; vale a dire nella misura incui si ama comprendere, poiché la volontà e l’amore sono la stessa cosa. Ciò, è vero,sembra un paradosso, ma solo a coloro che non amano comprendere, e quindi non lovogliono; e coloro che non vogliono dicono che non possono. Nel paragrafo seguente sichiarirà chi sono coloro che non possono comprendere, e coloro che possono farlo, ma condifficoltà.
[4] Senza che vi sia bisogno di conferma, è evidente che se l'uomo non avesse unavolontà basata sulla libertà, ed un intelletto basato sulla razionalità, egli non sarebbeuomo. Gli animali non hanno queste facoltà. Sembra che anche gli animali siano capaci divolere e di comprendere, ma non possono farlo; è solo un'affezione naturale, un impulsodotato di una conoscenza, sua compagna, che li conduce e li spinge a fare ciò che essifanno. E’ vero che vi è una componente sociale e morale in quella conoscenza, ma non è al
di sopra di essa, perché gli animali non hanno in se stessi alcun livello spirituale chepermetta loro di percepire ciò che è morale, e quindi di riflettervi sopra. Essi possonoessere istruiti a fare qualcosa, ma solamente ad un livello fisico. Ciò che apprendono vienead aggiungersi alla loro conoscenza ed ai loro impulsi, e viene richiamato tramite la vista ol'udito; ma non diviene mai in loro un oggetto del pensiero, e tanto meno della riflessione(si veda in proposito più sopra, n. 74).
[5] Senza queste due facoltà l'uomo non si potrebbe congiungere al Signore, né diconseguenza riformarsi e rigenerarsi. Questo è già stato mostrato (nn. 8286). Il Signorerisiede in queste due facoltà presenti negli uomini, sia malvagi che buoni, e grazie ad essesi congiunge ad ogni uomo: ne deriva che un uomo malvagio può comprendere come unuomo buono, e che in entrambi vi è in potenza la volontà del bene e l'intelligenza dellaverità. Se essi non posseggono queste caratteristiche in atto, ciò è per l'abuso di tali facoltà.Il Signore risiede in queste due facoltà all’interno di ogni uomo in virtù dell'influsso dellavolontà del Signore, perché egli vuol essere ricevuto dall'uomo, dimorare in lui e donarglile gioie della vita eterna: queste cose appartengono alla volontà del Signore, perché sonoproprietà del suo Divino Amore. È questa la volontà del Signore, la quale fa sì che quel chel’uomo pensa, dice, vuole e fa appare in lui come suo.
[6] Che l'influsso della volontà del Signore operi in tal modo si può confermare conmolte particolarità del mondo spirituale. Talvolta il Signore ricolma un angelo della suanatura Divina, fino al punto che l’intera coscienza dell'angelo è il Signore stesso. Fino atale misura erano colmi gli angeli visti da Abramo, da Agar e da Gedeone, i quali perciòchiamarono se stessi Jehovah, come si legge nella Parola; così uno spirito può essereripieno di un altro fino al punto di non riuscire più a comprendere di non essere l’altro:questo l'ho visto io stesso più volte. In cielo è noto altresì che il Signore opera ogni cosatramite la sua volontà, e che tutto accade secondo la sua volontà. È dunque evidente che ègrazie a queste due facoltà che il Signore si congiunge all'uomo, e fa sì che l'uomo sicongiunga reciprocamente a Lui. Come poi l'uomo per queste due facoltà si congiungareciprocamente, e conseguentemente come grazie ad esse si riformi e si rigeneri, ciò si è giàstato detto, e se ne tratterà più diffusamente in seguito.
[7] Senza queste due facoltà l'uomo non avrebbe né l'immortalità, né la vita eterna. È unaconseguenza di quel che si è già detto: tramite tali facoltà si realizza la congiunzione colSignore, ed anche la riforma e la rigenerazione. Grazie alla congiunzione l'uomo ottienel'immortalità, e grazie alla riforma ed alla rigenerazione egli ha la vita eterna; e poichégrazie a queste due facoltà si verifica la congiunzione del Signore con ogni uomo, tantomalvagio che buono, come si è detto, ogni uomo ha l'immortalità; ma la vita eterna, cioè lavita nel cielo, è destinata all'uomo in cui si verifica la congiunzione reciproca, dall’intimodel suo essere fino ai suoi limiti più esterni. Da queste spiegazioni si può comprendere
perché il Signore, lungo tutto il corso dell’azione della sua Divina Provvidenza, custodisceintatte e come sante queste due facoltà nell'uomo.
97. VIII. Perciò la Divina Provvidenza fa sì che l'uomo agisca in virtù della libertà, secondo laragione. Agire in virtù della libertà, secondo la ragione, equivale ad agire in virtù dellalibertà e della razionalità, come pure agire in virtù della volontà e dell'intelletto. Vi è unadifferenza, tuttavia, fra agire liberamente e razionalmente, ovvero sulla base della nostralibertà e razionalità, ed agire in base ad una vera libertà e ad una vera razionalità. Infattil'uomo che fa il male per amore del male, e lo giustifica, agisce certamente secondo lalibertà e la ragione. Tuttavia la sua libertà non è libertà in essenza, o vera libertà, ma è unlibertà infernale, che in sé è schiavitù; e la sua ragione non è vera ragione, bensì unadistorta imitazione di essa, un’apparenza sostenuta da false argomentazioni. L'una e l'altrasono comunque sottoposte alla Divina Provvidenza: se la libertà di volere il male e diaffermarla con falsi ragionamenti fosse tolta all'uomo naturale, la libertà e la razionalitàperirebbero, ed in pari tempo la volontà e l'intelletto. In tal modo l'uomo non potrebbeessere distolto dai mali, né riformarsi, né di conseguenza congiungersi al Signore e vivereeternamente. Perciò il Signore custodisce la libertà nell'uomo come l'uomo custodisce lapupilla del suo occhio. Il Signore, grazie alla nostra stessa libertà, tenta continuamente didistoglierci dai mali, e nella misura in cui ci riesce, introduce in noi i beni; così, passo dopopasso, in luogo della libertà infernale introduce in noi la libertà celeste.
98. Si è detto che ogni uomo ha la facoltà di volere, che si chiama libertà, e la facoltà dicomprendere, ovvero la razionalità; ma deve essere chiaro che queste due facoltà sonocome insite nell'uomo, poiché sono esse a renderci uomini. Tuttavia, come si è detto, unacosa è agire in virtù della libertà secondo la ragione, ed altro è agire in virtù della veralibertà secondo la vera ragione: soltanto coloro i quali agiscono in virtù della vera libertà, esecondo la vera ragione, sono gli uomini che si sono lasciati rigenerare dal Signore. Tuttigli altri agiscono in virtù della libertà, secondo un modo di pensare che essi foggiano in sécome conforme alla ragione. Tuttavia ogni uomo, che non sia nato idiota o del tuttostupido, è capace di pensare secondo la vera ragione, e grazie ad essa pervenire ad unostato di vera libertà. Se non ne è capace, dipende da una serie di motivi che di cui sitratterà in seguito. Qui sarà cenno solamente a quelli nei quali non possono esistere la veralibertà, e nello stesso tempo la vera ragione o la vera razionalità, e quelli che hannodifficoltà ad conseguirle.
[2] La vera libertà e la vera razionalità non possono esistere negli idioti di nascita, né incoloro che lo sono divenuti in seguito, finché restano tali. Queste facoltà non possonoesistere negli stupidi e negli imbecilli di nascita, né in alcuni divenuti tali per colpadell'ozio, o di una malattia che abbia distorto od occluso i livelli più profondi della mente,o per l'amore di una vita bestiale.
[3] La vera libertà e la vera razionalità non possono esistere neppure in coloro, nelmondo cristiano, che negano fermamente la natura Divina del Signore e la santità dellaParola, e che mantengono questa falsa credenza fino al termine della loro vita. È questoinfatti che si intende per peccato contro lo Spirito Santo, che non può essere perdonato né inquesto secolo, né nel secolo avvenire (Matteo 12:31, 32).
[4] La vera libertà e la vera razionalità non possono esistere neppure in coloro cheattribuiscono tutto alla natura e nulla al Divino. Basando i loro ragionamenti sulle cosevisibili, essi le rendono oggetto della loro fede: tali, infatti, sono gli atei.
[5] La vera libertà e la vera razionalità difficilmente possono esistere in coloro che sonotenacemente convinti di falsi principi religiosi, perché colui che afferma il falso è negatoredella verità; ma in coloro che non sono del tutto convinti, a qualsiasi religioneappartengano, esse possono essere presenti (si veda ciò che è stato riferito in proposito inDottrina della Nuova Gerusalemme sulla Sacra Scrittura, dal n. 91 al n. 97).
[6] I bambini e i fanciulli non possono pervenire alla vera libertà ed alla vera razionalitàprima di aver raggiunto l'età dell'adolescenza, perché i livelli più profondi della menteumana si aprono gradatamente. Essi sono nel frattempo come semi in un frutto immaturo,i quali, se piantati, non possono germogliare.
99. Si è detto che la vera libertà e la vera razionalità non possono esistere in coloro chehanno negato la Divinità del Signore e la santità della Parola, né in coloro che hannopreferito credere alla natura piuttosto che a Dio, e che esse possono difficilmente esisterein coloro che sono fortemente convinti di false dottrine religiose; nonostante ciò, tuttavia,nessuno di essi ha perduto queste facoltà. Ho udito dire da atei, che erano divenuti deidiavoli e dei satana, che essi avevano compreso gli arcani della sapienza come gli angeli,ma solamente quando li avevano uditi esporre da altri; poi, una volta tornati nei propripensieri, essi non li comprendevano più. Il motivo era perché non li volevano; ma venneloro dimostrato che essi avrebbero anche potuto volerli, se l'amore e quindi il piacere delmale non li avessero distolti. Quando essi udirono ciò, lo compresero, ed anzi affermaronodi poterlo fare, ma di non volerne essere capaci, perché così non avrebbero potuto volereciò che desideravano: vale a dire il male, per il piacere della sua cupidità. Nel mondospirituale ho udito molte volte cose del genere, così sorprendenti, che mi hannopienamente convinto che ogni uomo ha la libertà e la razionalità, e che ciascuno puòpervenire alla vera libertà ed alla vera razionalità se evita i mali in quanto peccati. Mal'adulto che nella vita terrena non perviene alla vera libertà ed alla vera razionalità, non vipuò pervenire dopo la morte, perché allora la sua vita rimane eternamente come è stata nelmondo.
VI
È una legge delle Divina Provvidenza che l’uomo allontani dall’uomoesterno i mali in quanto peccati, come se ne fosse capace con le sue sole
forze. Solo così il Signore può allontanare i mali dall’uomo interno, e allostesso tempo dall’uomo esterno
100. Ognuno, in virtù della sola ragione, può comprendere che il Signore, che è in sé il
bene e la verità, non può entrare nell'uomo se i mali e le falsità non sono rimossi da lui,affinché il male sia opposto al bene, ed il falso alla verità. Due opposti non possono maifondersi, ma quando l'uno si avvicina all'altro avviene un combattimento che dura finchél'uno cede all'altro; e quello che cede se ne va, per essere sostituito dall’altro. In una simileopposizione si trovano il cielo e l'inferno, o il Signore e il diavolo. Può forse qualcuno, invirtù della ragione, pensare che il Signore possa entrare là dove regna il diavolo, o che ilcielo possa essere dov’è l’inferno? Chi mai, in virtù della razionalità concessa ad ogniuomo sensato, non vede che, affinché il Signore entri, è necessario che il diavolo siacacciato; ovvero che, affinché il cielo entri, sia necessario che l'inferno venga allontanato?
[2] È a questa opposizione che fanno riferimento le parole che Abramo nel cielo rivolgeal ricco nell’inferno: Fra noi e voi è posto un grande baratro, in modo tale che coloro chevorrebbero da qui passare a voi non possono; così pure nessuno può passare di là a noi (Luca16:26). Il male stesso è 1'inferno, ed il bene stesso è il cielo; ovvero il male stesso è ildiavolo, ed il bene stesso è il Signore. L'uomo in cui regna il male è un inferno inminiatura, e l'uomo in cui regna il bene è un cielo in miniatura. Stando così le cose, comepuò il cielo entrare nell'inferno, poiché fra essi è stabilito un così grande abisso, tale chenon si può passare dall'uno all'altro? Ne consegue che l'inferno deve essere interamenterimosso affinché il Signore ed il cielo possano entrare.
101. Ma molti uomini, e principalmente coloro che sono persuasi nella fede separatadalla carità, non sanno di trovarsi all'inferno, quando sono impegnati in azioni malvagie.Essi non sanno nemmeno che cosa siano i mali, perché non pensano affatto ai mali,affermando di non trovarsi sotto il giogo della legge: dunque la legge non li condanna.Non potendo affatto contribuire alla loro salvezza, essi non possono rimuovere da sé alcunmale, e non possono fare volontariamente alcun bene. Sono questi che evitano di pensareal male, e poiché omettono di pensarvi, essi lo compiono continuamente. In Dottrina dellaNuova Gerusalemme sulla Fede, dal n. 61 al n. 68, è stato mostrato che è ad essi che allude ilSignore in Matteo – 25:32, 33, 4146, chiamandoli “capri”. Di questi, al versetto 41 si dice:Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno preparato al diavolo e ai suoi angeli.
[2] Coloro che non pensano affatto ai mali che esistono in loro, vale a dire coloro che nonesaminano se stessi, e di conseguenza non si astengono da questi mali, possono soloignorare che cosa sia il male, e dunque amarlo in virtù del piacere che procura loro. Infattichi ignora cosa sia il male, ama il male; e chi evita di pensare al male è continuamente nelmale; è come un cieco incapace di vedere, poiché il pensiero vede il bene e il male, comel'occhio vede il bello e il brutto. Egli è nel male se pensa e vuole il male, e se crede che ilmale resti celato agli occhi del Signore; e che, se appare, venga perdonato. Ciò significacredere di essere liberi dal male. Se qualcuno si astiene dal commettere azioni malvagie,ciò non avviene perché sono peccati contro Dio, ma per timore della legge e della perditadella reputazione; lo compie tuttavia nel suo spirito, perché è lo spirito che pensa ecomprende. Di conseguenza, qualsiasi cosa pensi nel suo spirito in questo mondo eglicontinua a farlo dopo la morte, quando diviene spirito.
[3] Nel mondo spirituale, dove ciascuno di noi giunge dopo la morte, non ci vienechiesto: « Qual'è stata la tua fede? » né: « Qual'è stata la tua dottrina? », ma: « Qual'è statala tua vita? », cioè che tipo di persona siamo, poiché è risaputo che la qualità della vita diun uomo dipende dalla qualità della sua fede e della sua dottrina. La vita crea da se stessauna dottrina ed una fede.
102. È dunque chiaro che è una legge della Divina Provvidenza che l'uomo dovrebbeliberarsi dai suoi mali, altrimenti il Signore non può congiungersi a lui e condurlo a sé nelcielo. Ma si ignora che l'uomo deve liberarsi dai mali nella sua natura esteriore, come se lopotesse fare con le sue stesse forze; o che il Signore non può rimuovere i mali dalla naturainteriore dell’uomo, se egli stesso non compie quest’opera, agendo apparentemente con lesue forze. Perciò questo concetto deve essere esposto all’esame della ragione, nella sualuce, in questo ordine:
I. Ogni uomo ha un piano esteriore ed uno interiore del pensiero.
II. La qualità essenziale del nostro pensiero esteriore è determinata dalla qualità del nostropensiero interiore.
III. La nostra natura interiore non può essere purificata dalle cupidità del male, finché imali non sono rimossi dalla nostra natura esteriore, perché questi mali esteriori sono diostacolo.
IV. Il Signore non può rimuovere i mali dalla nostra natura esteriore senza il nostro aiuto.
V. L’uomo deve da se stesso allontanare i mali dall’uomo esterno.
VI. Allora il Signore ci purifica dalle cupidità del male presenti nella nostra naturainteriore, e dalle azioni malvagie nell'uomo esteriore.
VII. L'azione continua della Divina Provvidenza del Signore consiste nel congiungerel'uomo a sé, e sé all'uomo, per potergli concedere le felicità della vita eterna. Ciò non èpossibile se non nella misura in cui i mali e le loro cupidità sono rimossi.
103. I. Ogni uomo ha un piano esteriore ed uno interiore del pensiero. Per piano esteriore einteriore del pensiero s'intende qualcosa di simile all'uomo esterno e a quello interno,ovvero la volontà e l'intelletto esteriori ed interiori, poiché sono la volontà e l'intelletto arenderci uomini. Inoltre, poiché la volontà e l’intelletto si manifestano alla nostra coscienzacome pensieri, si può parlare di un piano esteriore e di un piano interiore del pensiero.Non è il corpo dell'uomo, ma il suo spirito che vuole e intende, e quindi pensa. Neconsegue che questi piani esteriore e interiore sono i piani esteriore e interiore dello spiritodell'uomo. Ciò che il corpo esegue, sia con parole, sia con azioni, non è che un effettoprocedente dal piano interiore e da quello esteriore del suo spirito, poiché il corpo èsolamente uno strumento.
104. Per constatare che ogni uomo in età matura possiede un pensiero esteriore ed unpensiero interiore, una volontà e un discernimento esteriori ed interiori, ovvero pianiesteriori ed interiori dello spirito corrispondenti a livelli esteriori ed interiori del sé,dobbiamo solo esaminare da vicino i pensieri e le intenzioni degli altri in base a ciò cheessi dicono e fanno. Possiamo prendere in considerazione anche i nostri stessi pensieri edintenzioni, quando siamo in compagnia e quando siamo soli. Un uomo può parlareamichevolmente con un altro in virtù del proprio pensiero esteriore, e nonostante ciòessere suo nemico nel pensiero interiore; così come può parlare dell'amore per il prossimoe verso Dio in virtù del pensiero esteriore, e anche dell'affezione per tale pensiero, mentrenel suo pensiero interiore egli non tiene il prossimo in alcun conto, e non teme Dio. Invirtù del pensiero esteriore, e in pari tempo in virtù dell'affezione esteriore, egli puòparlare della giustizia, delle leggi civili, delle virtù della vita morale, e degli argomentiriguardanti la dottrina e la vita spirituale; e nonostante ciò, quando è solo con se stesso,mosso dal pensiero e dall’affezione interiori, può scagliarsi contro le leggi civili, contro levirtù morali e contro le cose che riguardano la dottrina e la vita spirituale. Così sicomportano coloro che sono nelle cupidità del male, e che tuttavia vogliono apparire almondo in modo opposto.
[2] Quando ascoltano gli altri, molti pensano fra sé: “I loro veri pensieri sono conformi aciò che essi dicono? Dovrei credere in loro o no? Quali sono le loro intenzioni?” È noto,infatti, che gli adulatori e gli ipocriti hanno un retropensiero; essi possono contenersi e farsì che il loro intimo pensiero non venga alla luce. Alcuni lo possono nascondere semprepiù interiormente e, per così dire, serrare le porte affinché non si palesi. Che l'uomo abbiaun pensiero esteriore e un pensiero interiore è dimostrato dal fatto che, in virtù del suopensiero interiore, egli può scorgere il suo pensiero esteriore, riflettere su di esso, egiudicare se è malvagio o no. La mente dell'uomo è così strutturata, in quanto egli
possiede due facoltà che provengono dal Signore, chiamate libertà e razionalità; e, se eglinon avesse un piano esteriore e uno interiore del pensiero, non potrebbe, grazie a questedue facoltà, percepire né vedere alcun male in sé, né potrebbe riformarsi: anzi nonpotrebbe parlare, ma solamente emettere suoni come le bestie.
105. Il piano interiore del pensiero proviene dall'amore della nostra vita e dalle affezioni,e quindi dalle percezioni, che tale amore provoca; il piano esteriore deriva dai contenutidella memoria, utili all'amore della nostra vita come supporti e come mezzi perraggiungere il fine. Dall'infanzia fino alla gioventù l'uomo è assorbito nel piano esterioredel pensiero a causa dell'affezione per il sapere, che a questo punto costituisce il suo pianointeriore. Egli eredita dall’indole dei genitori anche qualcosa che appartiene alla cupidità,e al conseguente impulso ad agire. In seguito, tuttavia, secondo il modo in cui l’uomo vive,viene a formarsi l'amore della sua vita, le cui affezioni e quindi le percezioni costituisconoil piano interiore del pensiero. Dall'amore della vita si genera l'amore dei mezzi; ed ipiaceri e le informazioni che le affezioni richiamano dalla memoria costituiscono il livelloesteriore del pensiero.
106. La qualità essenziale del nostro pensiero esteriore è determinata dalla qualità del nostropensiero interiore. È stato mostrato più sopra che l'uomo nella sua interezza è tale quale èl’amore della sua vita. È opportuno dire anzitutto qualcosa intorno a tale amore, giacchésenza una precisazione al riguardo non si può dire nulla circa le affezioni, che insieme allepercezioni costituiscono il livello interiore dell'uomo, né circa i piaceri delle affezioni, cheassieme ai pensieri costituiscono il livello esteriore dell'uomo. Gli amori sono molteplici,ma due di essi sono come i loro signori e re: uno è l'amore celeste, e l’altro è l'amoreinfernale. L’amore celeste è l'amore per il Signore e per il prossimo, e l'amore infernale èl'amore di sé e del mondo. Questi amori sono opposti l'uno all'altro come il cielo el'inferno, poiché chi è nell'amore di sé e del mondo vuole bene solo a se stesso, ma chi ènell'amore verso il Signore e per il prossimo vuole bene a tutti. Questi due amori ma simanifestano in molteplici forme distinte; l'amore celeste è l'amore della vita di coloro chevengono guidati dal Signore, e l'amore infernale è 1'amore della vita di coloro che vengonoguidati dal diavolo.
[2] Ma l'amore della vita di ciascuno non può esistere senza derivazioni che si chiamanoaffezioni. Le derivazioni dell'amore infernale sono le affezioni del male e del falso,propriamente dette cupidità; mentre le derivazioni dell'amore celeste sono le affezioni delbene e della verità, propriamente dette predilezioni. Le affezioni dell'amore infernale,ovvero le cupidità, sono altrettante quante sono le varietà del male; e le affezionidell'amore celeste, ovvero le predilezioni, sono altrettante quante sono le varietà del bene.L’amore dimora nelle sue affezioni come un padrone nel suo dominio, o come un re nelsuo regno: il dominio o il regno di questo amore si estende su ciò che appartiene allamente, cioè alla volontà e all'intelletto, e attraverso questi al corpo. L'amore della vita
dell'uomo per mezzo delle sue affezioni e quindi delle percezioni, e per mezzo dei suoipiaceri e quindi dei pensieri, governa tutto l'uomo: il piano interiore della sua mentemediante le sue affezioni e le loro percezioni, e il piano esteriore della mente mediante ipiaceri dell'affezione e quindi mediante i pensieri che ne derivano.
107. La forma di questo governo si può comprendere tramite paragoni; l'amore celeste,con le affezioni del bene e della verità e le percezioni che ne derivano, ed in pari tempo coipiaceri di queste affezioni e i pensieri che ne risultano, si può paragonare ad un albero peri suoi rami, le sue foglie ed i suoi frutti. L'amore della vita è questo albero, i rami con lefoglie sono le affezioni del bene e della verità con le loro percezioni, e i frutti sono i piaceridelle affezioni coi loro pensieri. Ma l'amore infernale con le sue affezioni del male e delfalso, che sono le cupidità, ed in pari tempo con i piaceri di queste concupiscenze e ipensieri che ne risultano, si può paragonare ad un ragno ed al tessuto della sua tela.L'amore stesso è il ragno, le cupidità del male e del falso, con le astuzie interiori di esse,sono i fili in forma di rete più vicini a dove risiede il ragno, ed i piaceri di questeconcupiscenze con le loro macchinazioni sono i fili più lontani, dove le mosche che volanosono catturate, invischiate e divorate.
108. Questi paragoni ci permettono di vedere come tutto, nella nostra volontà e nelnostro intelletto, tutto ciò che esiste nella nostra mente, è unito all’amore della nostra vita tuttavia non razionalmente. Questa congiunzione si può vedere razionalmente nelseguente modo. Ovunque, vi sono tre cose, che costituiscono una cosa sola: fine, causa edeffetto. L'amore della vita è il fine, le affezioni con le loro percezioni sono la causa, ed ipiaceri delle affezioni, con i loro pensieri, sono l’effetto. Come il fine perviene tramite lacausa, all’effetto, così anche l’amore grazie alle sue affezioni ottiene i suoi piaceri, e tramitele sue percezioni penetra nei suoi pensieri. Gli stessi effetti si trovano nei piaceri dellamente e nei pensieri di questi piaceri, quando i piaceri, provengono dalla volontà ed ipensieri dall'intelletto, allorché vi è pieno consenso fra loro. I risultati divengono alloraparte del nostro spirito; e, anche se non vengono messi in atto, è tuttavia come se lofossero, quando vi è tale consenso. Essi si trovano anche nel corpo, e vi dimorano conl'amore della propria vita; e vogliono essere realizzati, cosa che accade allorché nulla vi sioppone. Tali sono le cupidità del male, e le stesse azioni malvagie, negli uomini che, nelloro spirito, considerano i mali come leciti.
[2] Ora, come il fine si congiunge alla causa, e tramite la causa con l’effetto, così l'amoredella vita si congiunge con il piano interiore del pensiero, e per suo tramite con il pianoesteriore. È dunque evidente che la qualità dei processi esteriori del pensiero dell'uomo èin sé identica alla qualità dei processi interiori, poiché il fine infonde tutto ciò che è suonella causa, e per suo tramite nell’effetto. Nulla di essenziale vi è nell’effetto, se non ciòche si trova nella causa, e per essa, nel fine; e poiché il fine è la stessa essenza che riempie
di sé causa ed effetto, per tale ragione causa ed effetto si chiamano fine intermedio ed fineultimo.
109. Sembra talvolta che il pensiero esteriore dell'uomo non sia identico al suo pensierointeriore. Questo avviene perché l'amore della vita, pone sotto di sé un reggente, che sichiama amore dei mezzi, e gli ingiunge di stare in guardia e vigilare affinché nessuna dellesue cupidità venga alla luce. Di conseguenza, questo reggente, dietro l’astuzia del suoprincipe, che è l’amore della vita, parla e agisce in accordo con le istituzioni civili delpaese, secondo i principi morali della ragione ed i principi spirituali della chiesa; tutto ciòin accordo con l’ambiguità del suo padrone, l’amore della vita. Vi riesce con tanta astuzia eaccortezza, che nessuno si accorge che tali uomini non sono sinceri quando parlano eagiscono; infine, dopo tanta simulazione, neanche essi sanno più cosa sono in realtà. Talisono tutti gli ipocriti; i sacerdoti che nel loro cuore non tengono in alcun conto il prossimoe non temono Dio, e nonostante ciò predicano l'amore del prossimo e l'amore di Dio; igiudici che giudicano in virtù delle bustarelle ricevute e a seconda delle loro amicizie,mentre fingono zelo per la giustizia e parlano secondo ragione di affari legali; icommercianti insinceri e fraudolenti nel loro cuore, mentre agiscono con apparente onestàper il loro profitto; gli adulteri, quando, in virtù della razionalità propria ad ogni uomo,parlano della castità del matrimonio; e via dicendo.
[2] Se questi stessi uomini spogliano l'amore dei mezzi — questo reggente dell'amoredella loro vita — delle vesti di porpora e di lino in cui l'hanno avvolto, e lo vestono conabiti di tutti i giorni, allora essi pensano in modo del tutto opposto, e talvolta si esprimonodi conseguenza, quando si trovano in compagnia degli amici intimi, che hanno un’indolesimile alla loro. Alcuni potrebbero credere che quando essi parlano rettamente, e con tantasincerità e devozione, la qualità del loro pensiero interiore non sia presente nei loropensieri esteriori; eppure è proprio così. In essi vi è un'ipocrisia, un amore di sé e delmondo, che li spinge a guadagnarsi una buona reputazione con l’inganno, in vista deglionori o del lucro; e ciò appare fin nei minimi dettagli dalla loro apparenza. Questa qualitàdel loro pensiero interiore è presente nei processi del loro pensiero esteriore, quando essiparlano ed agiscono come si è detto.
110. Ma in coloro che sono guidati dall'amore celeste, i processi interiori ed esteriori delloro pensiero, e i loro sé interiore ed esteriore, sono all’unisono quando parlano, ed essinon ne conoscono neppure la differenza. L'amore della loro vita, con le sue affezioni delbene e le loro percezioni della verità, è come l'anima nelle cose che essi pensano, e quindidicono e fanno. Se sono sacerdoti, predicano in virtù dell'amore per il prossimo edell'amore verso il Signore; se sono giudici, giudicano in base alla vera giustizia; se sonocommercianti, agiscono con sincera onestà; se sono sposati, amano le loro mogli con veracastità; e così via. L'amore della loro vita ha come reggente un amore dei mezzi, da lui
istruito e guidato affinché agisca con prudenza, e vestito con abiti di passione per le veritàdottrinali e per il bene della vita.
111. III. La nostra natura interiore non può essere purificata dalle cupidità del male, finché i malinon sono rimossi dalla nostra natura esteriore, perché questi mali esteriori sono di ostacolo. Ciòrisulta da ciò che si è detto sopra (dal n. 106 al n. 110); la natura essenziale dei nostriprocessi esteriori di pensiero è determinata dalla natura dei processi interiori, in modo taleche esse coincidono. Non solo l'una è dentro l'altra, ma deriva dall'altra: per cui non si puòrimuovere l'una senza rimuovere nel medesimo tempo l'altra. Ciò vale per ogni cosaesteriore che deriva da una cosa interiore, per ogni cosa posteriore che procede da unacosa anteriore, e per ogni effetto che deriva da una causa.
[2] Poiché le cupidità si combinano con le loro astuzie per mascherare i processi interioridel pensiero dei malvagi, e i piaceri di tali cupidità si combinano con le loro macchinazioniper mascherare i processi esteriori di pensiero, e poiché questi due processi sono così unitida funzionare all’unisono, ne consegue che la nostra natura interiore non può esserepurificata dalle cupidità finché le cattive azioni nell'uomo esterno non vengono rimosse. Ènecessario sapere che la volontà interiore dell'uomo si trova nelle cupidità, e che il suointelletto interiore è nelle sue astuzie; e che la sua volontà esteriore si trova nei piaceridelle cupidità, ed il suo intelletto esteriore è nelle macchinazioni che derivano dalle sueastuzie. Ognuno può vedere che le cupidità e i loro piaceri sono una cosa sola, e che lenostre astuzie e macchinazioni sono una cosa sola; e che queste quattro cose si presentanoin una sola serie, e stanno insieme come un unico fascio. Perciò possiamo anche renderciconto che l’unico modo per eliminare una natura interiore fatta di cupidità è eliminare unanatura esteriore fatta di cattive azioni. Sono le nostre cupidità che, tramite i loro piaceri,producono le cattive azioni; ma quando crediamo, con il consenso della volontà edell'intelletto, che esse siano lecite, allora i piaceri e i mali diventano una cosa sola. Taleconsenso equivale a compiere un’azione. Come dice il Signore: Ma io vi dico: chiunqueguarda una donna desiderandola, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore (Matteo5:28). Lo stesso vale per tutti gli altri mali.
112. Da tali premesse si può comprendere che, affinché l'uomo si purifichi dalle cupiditàdel male, è necessario che i mali siano del tutto rimossi dall'uomo esteriore, poichéaltrimenti non vi è uscita possibile per le cupidità; e, se non trovano una via di uscita, lecupidità rimangono dentro, esalando il loro piacere e così incitando l'uomo a consentirvied a metterle in atto. Le cupidità entrano nel corpo tramite i processi esteriori del pensiero;allorché vi è il consenso del pensiero esteriore, le cupidità entrano subito nel corpo, dove sitrova il piacere che viene percepito. (Sulla qualità della mente che determina quella delcorpo, e così dell’intera persona, si veda in Divino Amore e Divina Sapienza, dal n. 362 al n.370.) Ciò si può illustrare con paragoni e con esempi.
[2] Le cupidità coi loro piaceri si possono paragonare al fuoco, il quale quanto più sialimenta, tanto più arde, e quanto più libero è il suo slancio, tanto più ampiamente siespande, fino al punto di consumare le case di una città e gli alberi di un bosco. Lecupidità del male sono altresì paragonate nella Parola al fuoco, e i mali delle cupidità adun incendio; nel mondo spirituale le cupidità del male coi loro piaceri appaiono anchecome fuochi: altro non è il fuoco infernale. Esse si possono ancora paragonare a diluvi einondazioni, quando gli argini e le dighe vengono rotti dalle acque. Si possono ancheparagonare alle cancrene ed agli ascessi, che recano la morte al corpo se si estendono o sitrascura di curarli.
[3] È evidente che se i mali non vengono rimossi dall'uomo esterno, le cupidità coi loropiaceri crescono oltre misura. Più un ladro ruba, più desidera rubare, fino a non poternepiù fare a meno. Lo stesso vale per un imbroglione con le sue truffe, per l'odio e lavendetta, la lussuria e l' intemperanza, la fornicazione, la bestemmia. È noto che l’amore didominare, in forza dell’amore di sé, aumenta nella misura in cui viene lasciato a brigliasciolta; la stessa cosa vale per l'amore di possedere beni per amore del mondo. Sembra cheper questi amori non vi sia termine o fine. È dunque evidente che, finché i mali non sonorimossi dall'uomo esterno, le cupidità fioriscono; e che le cupidità crescono nella misura incui si allentano i freni ai mali.
113. L'uomo non può percepire le cupidità che sottendono i suoi mali; egli percepisce, èvero, i loro piaceri, ma riflette poco su di essi, poiché i piaceri seducono i pensieri edistraggono la sua riflessione. Se l’uomo non sapesse da qualche altra fonte che essi sonomali, li chiamerebbe beni, e li commetterebbe liberamente, seguendo la ragione del suopensiero. Facendo ciò, egli li assimila in se stesso. Nella misura in cui li afferma comeleciti, in ugual misura egli ingrandisce la corte dell'amore che regna in se stesso, l'amoredella sua vita; le cupidità compongono la corte di questo amore, perché esse sono comesuoi servi e cortigiani, per mezzo dei quali egli governa le attività più esteriori checostituiscono il suo regno. La natura del re determina quella dei suoi servi e cortigiani, cosìcome quella del suo regno. Se il re è un diavolo, i suoi servi e cortigiani sono follie di variotipo, e i sudditi sono traviamenti di ogni genere. I servitori, che vengono definiti savibenché siano pazzi, usano costruzioni mentali immaginarie e ragionamenti dedotti daillusioni per far sì che i traviamenti mentali sembrino veri, e come tali siano riconosciuti.Una tale condizione può forse essere cambiata se non si rimuovono i mali nell'uomoesterno? Così si eliminano le cupidità inerenti i mali: altrimenti non esiste via di uscita perle cupidità, poiché esse sono chiuse come una città assediata, e come un'ulcera otturata.
114. IV. Il Signore non può rimuovere i mali dalla nostra natura esteriore senza il nostro aiuto.In tutte le chiese cristiane è dottrina comune che l'uomo, prima di accostarsi alla santacomunione, debba esaminare se stesso, vedere e riconoscere i suoi peccati, e farepenitenza, desistendo dal commetterli e rifiutandoli, perché vengono dal diavolo.
Altrimenti i peccati non gli sono rimessi, ed egli è dannato. Gli inglesi, benché sostenitoridella dottrina della sola fede, nella preghiera prima della santa comunione predicanoapertamente l'esame di coscienza, il riconoscimento e la confessione dei peccati, lapenitenza e il rinnovamento della propria vita. Essi minacciano coloro che non lo fanno,dicendo che altrimenti il diavolo entrerà in loro come in Giuda, e li riempirà di ogniiniquità, distruggendo il loro corpo e la loro anima. Tedeschi, svedesi e danesi, anch’essisostenitori della dottrina della sola fede, insegnano cose simili nella preghiera che precedela santa comunione, minacciando le pene infernali e la dannazione eterna per avermescolato il sacro col profano. Queste cose vengono pronunciate ad alta voce dal ministrodavanti a quelli che devono accostarsi alla santa cena, ed essi le approvano.
[2] Tuttavia le medesime persone, quando odono lo stesso giorno predicare sulla solafede, e si sentono dire che la legge non le condanna, perché il Signore l'ha adempiuta perloro; e che con le proprie forze essi non possono compiere alcun bene, e che le opere noncontribuiscono alla salvezza, ma che la sola fede salva, tornano a casa dopo avercompletamente dimenticato e rifiutato la confessione precedente, distratti dalla predicasopra la sola fede. Di queste due dottrine, qual’è la vera? Due cose opposte l'una all'altranon possono entrambe essere vere. Una di queste dottrine insegna che non vi è perdonodei peccati, né salvezza eterna, ma eterna dannazione, senza esame di coscienza,riconoscimento, confessione e rifiuto dei peccati, dunque senza pentimento. L’altradottrina insegna che tali cose sono del tutto inutili per la salvezza, perché il Signore, invirtù della sua passione sulla croce, ha pienamente redento tutti i peccati degli uomini chehanno fede; e che quelli che hanno fede, ovvero sono certi che questa è la verità, econfidano nell'imputazione a nostro beneficio del merito del Signore, sono senza peccato,ed appaiono a Dio risplendenti come coloro che si sono lavati il volto. È dunque evidenteche, secondo la dottrina comune a tutte le chiese nel mondo cristiano, l'uomo deveesaminare se stesso, vedere e riconoscere i suoi peccati, e quindi astenersene, perchéaltrimenti non vi è salvezza, ma dannazione. Ciò risulta, nella Parola, dai passi dove siingiunge all'uomo di fare penitenza: Gesù disse: Fate frutti degni di penitenza; già la scure èposta alla radice degli alberi; ogni albero che non fa buon frutto sarà tagliato e gettato nel fuoco(Luca 3:8, 9). Se non fate penitenza perirete tutti (Luca 13:3, 5). Gesù predicò il Vangelo delRegno di Dio ; fate penitenza e credete al Vangelo (Marco 1:14, 15). Gesù mandò i suoi discepoli, iquali andavano e predicavano che si facesse penitenza (Marco 6:12). Gesù disse agli apostoli chebisognava che predicassero la penitenza e la remissione dei peccati fra tutte le nazioni (Luca 24:47)Giovanni predicò un battesimo di penitenza in remissione dei peccati (Marco 1:4. Luca3:3). Rifletti secondo ragione: se sei un uomo religioso, ti accorgerai che la penitenza deipeccati è la via che conduce al cielo. La fede separata dalla penitenza non è fede, e coloroche non hanno una retta fede, perché non fanno penitenza, percorrono la via che conduceall'inferno.
115. Coloro che credono in una fede separata dalla carità, e che trovano conferma di ciòin questa frase di Paolo ai Romani: L'uomo è giustificato per la fede, senza le opere della legge(Romani 3:28) adorano questo versetto come gli adoratori del sole, diventando simili acoloro che fissano gli occhi nel sole, per cui la loro vista, abbagliata, non vede nulla inmezzo alla luce. Infatti essi non comprendono ciò che si intende in quel passo per “operedella legge”: non i dieci comandamenti, bensì i riti descritti da Mosè nei suoi libri, riti cheovunque vengono definiti “opere della legge”. Affinché non si intendano erroneamente iprecetti del Decalogo, Paolo spiega quel passo: Abroghiamo noi dunque la legge per la fede?Cosi non sia; anzi stabiliamo la legge» (Romani, 3:31). Coloro che per quella frase si sonoconvinti della dottrina della “sola fede”, guardando fissamente in quel passo come nelsole, non si accorgono degli altri passi in cui Paolo enumera le leggi della fede, che sono leopere della carità. Cosa è dunque la fede senza le sue leggi? Essi non vedono neppure ipassi dove Paolo enumera le opere malvagie, dicendo che coloro che le compiono nonpossono entrare nel cielo. Da ciò si vede quale cecità è stata introdotta da questo solopasso, inteso erroneamente.
116. I mali dell'uomo esterno non si possono rimuovere se non per mezzo dell’uomostesso, perché è dalla Divina Provvidenza del Signore che tutto ciò che l'uomo ode, vede,pensa, vuole, dice e fa, sembra appartenergli completamente. Senza questa apparenzal'uomo non potrebbe accettare la verità Divina, né determinarsi nel fare il bene, néinteriorizzare l'amore e la sapienza, e neppure la carità e la fede; quindi non potrebbecongiungersi con il Signore, riformarsi, rigenerarsi, ed essere salvato (come è statomostrato sopra, dal n. 71 al n. 95 e ss.). È evidente che, senza questa apparenza, non vi puòessere penitenza dei peccati, anzi neppure fede; e che l'uomo senza questa apparenza nonè un uomo, ma, privo della vita razionale, è simile ad una bestia. Ciascuno consulti lapropria ragione. Non è forse vero che l’uomo pensa, come da se stesso, al bene ed allaverità, tanto spirituale, quanto morale e civile? Se si accetta dunque questo principioteologico secondo cui ogni bene ed ogni verità proviene dal Signore, e niente dall’uomo,non si dovrà necessariamente riconoscere per conseguenza, che l'uomo deve fare il bene epensare secondo la verità come da se stesso, essendo tuttavia consapevole che ciò avvienein virtù del Signore? E che, per tale motivo, l'uomo deve eliminare i mali come se ciòavvenisse con le sue forze, ma riconoscendo di poterlo fare solo in virtù del Signore?
117. Molti non sanno di essere nei mali perché non li commettono esteriormente, pertimore delle leggi civili e della perdita della reputazione. Così prendono l'abitudine difuggire i mali come pregiudizievoli al loro onore ed ai loro interessi; ma se non fuggono imali in virtù di un principio religioso, perché sono peccati e sono contro Dio, allora lecupidità del male coi loro piaceri rimangono in loro come acque impure, ingorgate estagnanti. Prendano dunque in esame i loro pensieri e le loro intenzioni, e scopriranno cheessi sono tali, purché sappiano che cos’è il peccato.
[2] Molti di essi si trovano fra coloro che credono alla dottrina della fede separata dallacarità, i quali, poiché credono che la legge non li condanna, non badano neppure aipeccati; ed alcuni dubitano di averne, e pensano che, anche se ne hanno, questi non sianopeccati davanti a Dio, perché sono stati perdonati. Tali sono anche i “moralisti naturali”, iquali credono che tutto consista solo nella vita civile e morale, con le cautele che questaimplica, e che la Divina Provvidenza non vi abbia parte alcuna. Tali sono anche coloro checercano in tutti i modi una reputazione ed una facciata di onestà e di sincerità per l'onore oil profitto. Ma coloro che sono tali, e che hanno nello stesso tempo disprezzato la religione,divengono dopo la morte spiriti di cupidità, che appaiono a se stessi come uomini, ma aglialtri appaiono, da lontano, come priapi; ed essi, come i gufi, vedono nelle tenebre e nonnella luce.
118. Da ciò che ho premesso viene confermata la quinta proposizione: L’uomo deve, con lesue forze, allontanare i mali dall’uomo esterno. Tale proposizione è stata spiegata anche in trepassaggi, in Dottrina di Vita per la Nuova Gerusalemme; nel primo: nessuno può rifuggire imali come peccati, fino a rigettarli del tutto interiormente, se non combattendo contro diessi (dal n. 92 al n. 100); nel secondo: l'uomo deve rifuggire i mali come peccati ecombattere contro di essi come se lo facesse con le sue forze (dal n. 101 al n. 107); nel terzo:se qualcuno non fugge i mali in quanto peccati, egli non li fugge realmente, ma fasolamente sì che essi non si rendano visibili al mondo (dal n. 108 al n. 113).
119. VI. Allora il Signore ci purifica dalle cupidità del male presenti nella nostra natura interiore,e dalle azioni malvagie nell'uomo esteriore. Se il Signore purifica l'uomo dalle cupidità delmale, quando l'uomo allontana i mali come con le sue sole forze, è perché il Signore non lopuò purificare prima, in quanto i mali sono nell'uomo esterno, e le cupidità del male sononell'uomo interno, e sono coerenti con il male come le radici col tronco. Se dunque i malinon vengono rimossi, non può esservi apertura, poiché i mali ostruiscono e chiudono laporta, che non può essere aperta dal Signore che per mezzo dell'uomo, come si è giàmostrato. Così, quando l'uomo apre la porta come se fosse lui stesso a farlo, il Signorenello stesso tempo estirpa le cupidità. E ancora, è il Signore ad agire nell'intimo dell'uomo,e dall'intimo in quel che ne segue fino agli estremi confini del suo essere: mentre ciòavviene, l'uomo risiede in questi confini. Perciò, finché l’uomo stesso tiene chiusi taliconfini, nessuna purificazione può aver luogo; ma il Signore compie un’opera, nei livelliinteriori del nostro essere, identica a quella che egli compie nell’inferno, di cui l'uomo, cheè nelle cupidità ed in pari tempo nei mali, è la forma. Questa operazione disponesolamente i fattori opposti affinché l'uno non distrugga l'altro, e il bene e la verità nonsiano violati. Che il Signore spinga ed insista, affinché l'uomo gli apra la porta, è manifestodalle parole del Signore stesso nell'Apocalisse:
Ecco io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolterà la mia voce ed aprirà la porta, io entrerò ecenerò con lui, ed egli con me (Ap. 3:20)
120. L'uomo non sa nulla dello stato interiore della sua mente, ovvero della suo uomointerno; eppure là vi è un’infinità di cose, di cui nessuna si manifesta alla suaconsapevolezza. L’interiorità del pensiero dell'uomo, ovvero il suo uomo interno, è il suostesso spirito; e in questo spirito vi sono cose infinite ed innumerevoli quante ve ne sononel corpo dell'uomo, anzi in numero ancora maggiore, poiché lo spirito dell'uomo haforma di uomo, ed ogni contenuto di esso corrisponde ad ogni cosa contenuta nel suocorpo. Poiché i nostri sensi non ci dicono nulla riguardo al modo in cui le nostre menti o lenostre anime operano, sia insieme, sia separatamente, in tutti gli elementi del nostro corpo,non sappiamo neppure in che modo il Signore opera in tutti gli elementi della nostramente o della nostra anima, vale a dire in tutti gli elementi del nostro spirito. La suaoperazione è continua, e l'uomo non vi ha parte alcuna; e nondimeno, il Signore non puòpurificare l'uomo da nessuna cupidità del male, nel suo spirito o nell'uomo interno, finchél'uomo tiene chiuso l’esterno. Ciò che chiude il suo uomo esterno sono i mali, ognuno deiquali appare come singolo, benché in ciascuno di essi vi sia una molteplicità infinità.Quando egli rimuove uno di questi mali, che appare come singolo, il Signore rimuove imali infiniti che si trovano in esso. Questo è ciò che s'intende dicendo che il Signorerimuove allora le cupidità dall’uomo interno, e dagli stessi mali nell’uomo esterno.
121. Molti si persuadono che limitarsi a credere ciò che insegna la chiesa purifichi l'uomodai mali; alcuni immaginano che purificarsi sia fare il bene; altri che sia sapere, dire edinsegnare le cose che riguardano la religione; altri leggere la Parola e i libri devoti; altrifrequentare le chiese, ascoltare prediche, e soprattutto partecipare alla santa cena; altririnunziare al mondo e dedicarsi alla pietà; altri confessarsi colpevoli di tutti i peccati; e viadicendo. Ma tutte queste cose non purificano affatto l'uomo se egli non esamina se stesso,non vede i suoi peccati, non li riconosce, non si dichiara colpevole e non fa penitenza,rinunciando a compierli. Tutte queste cose egli deve farle come per virtù propria, mariconoscendo di cuore che provengono dal Signore.
[2] In mancanza di ciò, le cose summenzionate a nulla giovano, perché sono compiuteper guadagnarsi meriti, oppure sono frutto di ipocrisia; e coloro che le compiono appaionoagli angeli nel cielo come belle prostitute le cui malattie emanano un cattivo odore, o comedonne deformi, che sembrano belle solo grazie al trucco; oppure come attori mascherati emimi sul palco, o come scimmie vestite da uomini. Ma quando i mali sono rimossi, alloraquei modi di comportarsi divengono pieni di amore, e tali individui appaiono in cielodavanti agli angeli come uomini di bell’aspetto, e come loro amici e compagni.
122. È tuttavia necessario sapere che l'uomo, per fare penitenza, deve rivolgersi solo alSignore. Se si rivolge solo a Dio Padre non può purificarsi, e neppure se si rivolge al Padre
in virtù del Figlio, né al Figlio come semplice uomo. Non vi è infatti che un solo Dio, e ilSignore è Dio poiché la sua natura Divina e la sua natura umana sono una sola persona,come è stato mostrato in Dottrina della Nuova Gerusalemme sul Signore. Affinché ogni uomoche deve fare penitenza si rivolga solo al Signore, egli ha istituito la santa cena, cheassicura la remissione dei peccati per coloro che si pentono; tale sacramento offre questasicurezza, perché in questa cena o comunione ciascuno si rivolge solo al Signore.
123. VII. L'azione continua della Divina Provvidenza del Signore consiste nel congiungerel'uomo a sé, e sé all'uomo, per potergli concedere le felicità della vita eterna. Ciò non è possibile senon nella misura in cui i mali e le loro cupidità sono rimossi. È stato mostrato più sopra, dal n.27 al n. 45, che l'azione continua della Divina Provvidenza del Signore consiste nelcongiungere l'uomo a sé, e sé all'uomo. Tale congiunzione equivale alla riforma ed allarigenerazione, da cui dipende la salvezza dell'uomo. È dunque evidente che lacongiunzione con Dio è la vita eterna e la salvezza. Ciò è chiaro per chiunque crede che gliuomini, per come sono stati creati, sono immagini e somiglianze di Dio (Genesi 1:26, 27), econosce il significato dei termini “immagine” e “somiglianza” di Dio.
[2] Se siamo veramente razionali, e quando pensiamo usiamo la nostra razionalità, e lanostra libertà quando proviamo a pensare, come possiamo credere che vi siano tre dèi,uguali in essenza, e che il Divino Essere o la Divina Essenza possa essere divisa? Si puòinvece pensare e comprendere che vi sia la Trinità in un solo Dio, come si puòcomprendere che nell'angelo e nell'uomo vi è l'anima e il corpo, e la vita che da questiprocede. Inoltre, poiché questa Trinità in un solo Essere esiste solo nel Signore, neconsegue che la congiunzione deve aver luogo con lui. Ciascuno usi la propria razionalitàed in pari tempo la propria libertà di pensiero, e si vedrà questa verità in tutta la sua luce;ma si dovrà ammettere anzitutto che Dio esiste, che esiste il cielo, e che c'è una vita eterna.
[3] Ora, poiché vi è un solo Dio, e l'uomo è stato creato ad immagine e somiglianza diDio, e poiché per l'amore infernale, per le cupidità di questo amore, e per il piacere di talicupidità, l'uomo ha iniziato ad amare tutti i mali, ed ha quindi distrutto in sé l'immagine ela somiglianza di Dio, ne consegue che l'azione continua della Divina Provvidenza delSignore consiste nel congiungere l'uomo a sé, e sé all'uomo, facendolo a sua immagine. Neconsegue altresì che è a questo fine che il Signore può dare all'uomo le gioie della vitaeterna, poiché tale è la natura del Divino amore.
[4] Ma che egli non possa dare all’uomo tali gioie, né farlo a sua immagine, se egli nonrimuove come da se stesso i peccati dall'uomo esterno, è perché il Signore non è solamenteil Divino amore, ma è anche la Divina sapienza, ed il Divino amore non fa nulla se non invirtù della Divina sapienza, e in accordo con essa. L'uomo non si può congiungere alSignore, dunque non si può riformare, rigenerare e salvare, se non gli è permesso di agireliberamente e secondo ragione. Perciò l'uomo è uomo. Questo è in accordo anche con la
Divina Sapienza del Signore; e tutto ciò che è in accordo con la Divina Sapienza delSignore appartiene altresì alla sua Divina Provvidenza.
124. A tutto ciò saranno aggiunti due arcani della sapienza angelica, grazie ai quali sipuò comprendere quale è la Divina Provvidenza. Il primo è che il Signore non agisce mainell'uomo in alcuna cosa particolare, separatamente, senza agire in tutte le cose nellostesso tempo; il secondo è che il Signore agisce nello stesso tempo dal centro e dalle zoneperiferiche dell’uomo. Il motivo per cui il Signore non agisce mai nell'uomo in alcuna cosaparticolare, separatamente, senza agire in tutte le cose nello stesso tempo è perché tutte lecose dell'uomo sono in una tale connessione, e per questa connessione in una tale forma,che esse agiscono non come una pluralità, ma come una cosa sola. È noto che il corpodell'uomo si trova in una tale connessione, e per la connessione in una tale forma; la menteumana possiede una forma simile, ed è dotata di un’identica connessione di tutti glielementi che la compongono, poiché essa è un uomo spirituale ed agisce come una singolapersona. Perciò il nostro spirito, la mente che si trova nel nostro corpo, possiede una formaumana completa; dunque l’uomo, dopo la morte, è un uomo in tutto simile a quello cheera durante la sua vita: la sola differenza è che egli ha rigettato l’involucro materiale checostituiva il suo corpo nel mondo.
[2] Ora, poiché la forma umana è tale che tutte le sue parti formano un’entità comune,che agisce come una cosa sola, ne consegue che una parte non può essere rimossa dal suoluogo, né può essere mutata nel suo stato, se non col consenso di tutte le altre. Se una partefosse rimossa dal suo luogo e cambiata di stato, vi sarebbe un’interruzione nella forma,destinata ad agire come una singola unità. Da ciò è evidente che il Signore non agisce maiin alcuna cosa particolare, senza agire nello stesso tempo in tutte; così agisce il Signorenell’intero cielo angelico, giacché il cielo angelico appare al Signore come una solapersona. Il Signore agisce così anche in ogni angelo, perché ogni angelo è un cielo inminiatura; ed agisce nello stesso modo in ogni uomo, in modo più diretto nella sua mente,e tramite questa in tutte le parti del suo corpo. La mente dell'uomo è infatti il suo spirito –un angelo, nella misura in cui è congiunta al Signore – e il corpo è una obbedienza.
[3] Tuttavia, è necessario essere ben consapevoli del fatto che il Signore agisce anche inmodo preciso, anzi estremamente preciso, in ogni elemento particolare dell'uomo, mentreagisce sulla sua intera forma; ma non cambia lo stato di nessuna parte, o di nessunelemento in particolare, se tutta la forma non vi si presta. In seguito si dirà di più intorno aquesto soggetto, quando si mostrerà che la Divina Provvidenza del Signore è universaleperché si trova nei dettagli, e che si trova nei dettagli perché è universale.
[4] Il secondo arcano è che il Signore agisce nello stesso tempo dal centro e dalle zoneperiferiche dell’uomo. Il motivo di ciò è perché così, e non altrimenti, l’intero insieme edogni singola cosa sono mantenuti in connessione. Gli elementi intermedi dipendono daquelli interiori, e successivamente fino agli elementi che si trovano all’estremità; e in questi
ultimi essi sono riuniti insieme. Infatti, in Divino Amore e la Divina Sapienza (parte terza) homostrato che in ciò che vi è di più remoto nell’uomo si radunano tutti gli elementi, apartire dal primo. È per questo che il Signore ab aeterno, ovvero Jehovah, è venuto nelmondo, e ha rivestito e preso l’Essenza umana in ciò che vi è di più remoto, affinché dalprincipio potesse essere allo stesso tempo in ciò che è più remoto, e così dal principioattraverso ciò che è remoto, ha potuto governare il mondo intero, e salvare di conseguenzagli uomini che può salvare secondo le leggi della sua Divina Provvidenza, che sono anchele leggi della sua Divina sapienza. Questo è ben noto nel mondo cristiano, cioè che nessunmortale si sarebbe potuto salvare se il Signore non fosse venuto nel mondo. Si veda inproposito, in Dottrina della Nuova Gerusalemme sulla fede, il n. 35. Di qui discende che ilSignore si chiama il Primo e l’Ultimo.
125. Questi arcani angelici sono stati premessi affinché si possa comprendere come laDivina Provvidenza del Signore opera per congiungere l’uomo a sé, e sé all’uomo; questaoperazione non si fa separatamente in nessuna cosa particolare dell’uomo, senza che siafatta contemporaneamente in tutte; ed essa si fa simultaneamente dall’intimo dell’uomo eda ciò che è più remoto in lui. L’intimo dell’uomo è l’amore della sua vita; ciò che è piùremoto in lui sono le cose inerenti il suo pensiero esteriore; ciò che è intermedio sono lecose inerenti il suo pensiero interiore;quali siano queste cose nell’uomo malvagio, è statomostrato nei paragrafi precedenti. Da ciò è nuovamente evidente che il Signore non puòagire dall’intimo e da ciò che è remoto se non all’unisono con l’uomo, quando l’uomo ècon il Signore in ciò che è remoto; perché come l’uomo agisce in ciò che è remoto eesteriore – cioè nel mondo – che dipende dal suo arbitrio e dalla sua libertà, così il Signoreagisce dal suo intimo e nei successivi fino a ciò che è più remoto. Le cose che sononell’intimo dell’uomo e nei suoi piani successivi, dall’intimo a ciò che è remoto, sonoassolutamente ignote all’uomo, e perciò l’uomo ignora del tutto in che modo il Signore vioperi, e quel che vi operi; ma poiché queste cose sono unite come una cosa sola con ciò cheè remoto, perciò non è necessario che l’uomo sappia di più se non che egli deve fuggire imali come peccati, e rivolgersi al Signore. Così e non altrimenti, l’amore della sua vita, chedalla nascita è infernale, può essere rimosso dal Signore, e in luogo di esso può essereintrodotto l’amore della vita celeste.
126. Quando il Signore trapianta l’amore della vita celeste al posto dell’amore della vitainfernale, in luogo delle cupidità del male e del falso trapianta le affezioni del bene e dellaverità; in luogo dei piaceri dell’affezione del male e del falso, i piaceri dell’affezione delbene; e al posto dei mali dell’amore infernale, i beni dell’amore celeste. Allora l’astuziaviene sostituita dalla prudenza, e i pensieri malvagi dai pensieri della sapienza; cosìl’uomo è rigenerato e diviene un uomo nuovo. Quali siano le buone qualità chesostituiscono quelle cattive, si legge in Dottrina di vita per la nuova Gerusalemme (nn. 6791).In questi passi si mostra che nella misura in cui l’uomo fugge ed aborrisce i mali in quanto
peccati, altrettanto ama le verità della sapienza (nn. 3241); e che nella stessa misura hafede, ed è spirituale (nn. 4252).
127. È stato mostrato più sopra, dalle esortazioni che si leggono prima della santacomunione in tutte le chiese cristiane, che la dottrina comune in tutto il mondo cristiano èche l’uomo si esamini, veda i suoi peccati, li riconosca, li confessi davanti a Dio e virinunzi; e che in ciò consiste la penitenza, la remissione dei peccati, e quindi la salvezza.Ciò è altresì evidente nella professione di fede che prende il suo nome da Atanasio,accettata da tutta la cristianità, al termine della quale vi sono queste parole: Il Signore verràa giudicare i vivi e i morti; alla sua venuta coloro che hanno fatto opere buone entreranno nella vitaeterna, e coloro che hanno compiuto opere malvagie entreranno nel fuoco eterno.
128. Secondo la Parola, dopo la morte ognuno di noi ha in sorte una vita conforme allesue azioni. Si apra la Parola, la si legga, e si vedrà chiaramente; ma si tenga debitamentelontano il pensiero della fede, e della giustificazione per la sola fede. Il Signore lo insegnaovunque nella sua Parola, come è testimoniato da questi pochi passi:
Ogni albero che non fa buon frutto sarà tagliato e gettato nel fuoco; voi dunque li conosceretedai loro frutti (Matteo 7:19, 20)
Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in tuo nome, efatto in nome tuo molte opere potenti? Ma allora io risponderò: Non vi ho mai conosciuti:allontanatevi da me, voi operatori d’iniquità (Matteo 7:22, 23)
Chiunque ascolta queste mie parole, e le mette in pratica, lo paragonerò ad un uomo prudente,che ha edificato una casa sopra la roccia; ma chiunque ode queste mie parole, e non le mette inpratica, sarà paragonato ad un uomo stolto, che ha edificato la sua casa sopra la sabbia senzafondamento (Matteo 7:24, 26 Luca 6:4649)
[2] Il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, ed allora egli renderà a ciascunosecondo le sue opere (Matteo 16:27)
Vi sarà tolto il Regno di Dio, e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare (Matteo 21:43).
Gesù, disse: Mia madre e i miei fratelli sono quelli che ascoltano la Parola di Dio e la mettono inpratica (Luca 8:21).
Allora voi comincerete a stare di fuori ed a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici; marispondendo Egli vi dirà: Allontanatevi da me, voi tutti operatori di iniquità (Luca 13:2527)
Quelli che hanno operato bene, (usciranno dalle tombe) in risurrezione di vita; quelli che hannooperato male, in risurrezione di giudizio (Giovanni 5:29)
[3] Noi sappiamo che Dio non esaudisce i peccatori; ma se qualcuno onora Dio, e fa la suavolontà, egli lo esaudisce (Giovanni 9:31)
Se voi sapete queste cose, siete benedetti, purché le facciate (Giovanni 13:17)
Chi ha i miei precetti, e li osserva, quegli mi ama; ed io lo amerò, e verrò a lui, e dimoreròpresso di lui (Giovanni 14:15, 2124)
Voi siete miei amici, se fate tutto ciò che io vi comando. Io vi ho eletti, affinché portiate frutto,ed il vostro frutto sia durevole (Giovanni 15:14, 16)
[4] Il Signore disse a Giovanni: all'angelo della Chiesa Efesina scrivi: conosco le tue opere. Hoquesto contro di te: che tu hai abbandonato la tua carità di una volta; fa’ penitenza, e fa’ le operedi un tempo; altrimenti toglierò il tuo candeliere dal suo posto (Ap. 2:1, 2, 4, 5)
All'angelo della chiesa di Smirne scrivi: conosco le tue opere (Ap. 2:8, 9)
All'angelo della chiesa di Pergamo scrivi: conosco le tue opere; fa’ penitenza (Ap. 2:13, 16)
All'angelo della chiesa di Tiatira scrivi: conosco le tue opere e la tua carità, e le tue ultime operein maggior numero delle prime (Ap. 2:18, 19)
All'angelo della chiesa in Sardi scrivi: conosco le tue opere, tu che hai fama di essere vivente, esei morto; non ho trovato le tue opere perfette dinanzi a Dio: fa’ penitenza (Ap. 3:1, 2, 3)
All'angelo della chiesa che è in Filadelfia scrivi: conosco le tue opere (Ap. 3:7, 8)
All'angelo della chiesa dei Laodicesi scrivi: conosco le tue opere; fa’ penitenza (Ap. 3:14, 15, 19)
Udii dal cielo una voce che diceva: scrivi: Beati i morti che d'ora in poi muoiono nel Signore; leloro opere li seguono (Ap. 14:13)
Un libro fu aperto, che è il libro della vita; e furono giudicati i morti, tutti secondo le opere loro(Ap. 20:12, 13)
Ecco, io vengo presto, e la mia ricompensa con me, per dare a ciascuno secondo le sue opere(Ap. 22:12)
Questi passi si trovano nel Nuovo Testamento.
[5] Ve ne sono ancora di più nel Vecchio Testamento. Citerò solo questo:
Sta’ alla porta della Casa di Jehovah, e proclama questa parola: Così ha detto Jehovah Sebaoth, ilDio d'Israele: Correggete le vostre vie e le vostre opere; non confidate in parole di menzogna,dicendo: Questo è il Tempio di Jehovah, il Tempio di Jehovah, il Tempio di Jehovah! Rubando,uccidendo, commettendo adulterio e giurando falsamente verreste ancora, e stareste davanti ame in questa casa, che porta il mio nome, e direste : Noi siamo stati liberati, mentre fate taliabominazioni? È forse questa casa divenuta una spelonca di ladroni? Io stesso ho visto tutto ciò:parola di Jehovah (Geremia 7:2, 3, 4, 9, 10, 11)
VII
È una legge della Divina Provvidenza che l’uomo non sia costretto con mezzi esternia pensare e volere, e di conseguenza a credere e amare le cose che appartengono alla
religione, ma che si guidi da sé, e talvolta vi si costringa.
129. Questa legge della Divina Provvidenza è una conseguenza delle due leggiprecedenti, secondo cui l'uomo deve agire in virtù della libertà secondo la ragione (dal n.71 al n. 99); e deve agire come da se stesso, sebbene ciò sia dal Signore (dal n. 100 al n. 128).Poiché essere costretti significa agire non in virtù della libertà e secondo la ragione, né dase stessi, ma in seguito alla mancanza di libertà ed alla volontà di un altro, questa leggedella Divina Provvidenza segue in ordine dopo le due precedenti. Ognuno sa che nessunopuò essere costretto a pensare ciò che non vuole pensare, ed a volere ciò che pensa di nonvolere. Nello stesso modo, nessuno può essere costretto a credere ciò che non crede, etanto meno a credere quel che non vuol credere; né ad amare quel che non ama, ed ancormeno ad amare quel che non vuole amare. Lo spirito dell'uomo, ovvero la sua mente, hapiena libertà di pensare, volere, credere ed amare. Egli è in questa libertà in virtùdell'influsso del mondo spirituale, che non ci costringe; lo spirito, ovvero la mentedell'uomo, è in quel mondo, ma non è in questa libertà in virtù dell'influsso del mondonaturale, che non riceve l’influsso del mondo spirituale se i due influssi non agisconoall’unisono.
[2] L'uomo può essere indotto a dire che egli pensa e vuole certe cose, e che le crede e leama; tuttavia, se esse non sono o non divengono conformi alla sua affezione, e quindi allasua ragione, egli non le pensa, non le vuole, non le crede, né le ama. L'uomo può ancheessere costretto a parlare in favore della religione, e ad agire conformemente ad essa; manon può essere costretto ad aver fede, e ad amare le cose della religione. In quelle nazionidove la giustizia ed il giudizio sono tutelati, gli uomini sono costretti a non parlare controla religione, ed a non agire contro di essa; ma nonostante ciò nessuno può essere costrettoa pensare ed a volere in suo favore, poiché ognuno è libero di pensare in sintonia conl’inferno e di volere in favore di esso, come pure di pensare e di volere in favore del cielo.Tuttavia la ragione insegna qual'è la qualità dell'uno e dell'altro, e quale sorte spettaall'uno e all'altro; ed alla volontà, guidata dalla ragione, spetta scegliere e decidere.
[3] Ciò dimostra che l’esteriore non può costringere l’interiore. Tuttavia questaeventualità può talvolta verificarsi; ed è necessario dimostrare, in quest’ordine, quanto ciòsia dannoso:
I. Nessuno può riformarsi per mezzo di miracoli e segni, perché essi costringono.
II. Nessuno può riformarsi per mezzo di visioni e di conversazioni coi defunti, perché essecostringono.
III. Nessuno può riformarsi per mezzo di minacce e pene, perché esse costringono.
IV. Nessuno può riformarsi in condizioni in cui la razionalità e la libertà sono assenti.
V. Costringere se stessi non è contro la razionalità, né contro la libertà.
VI. L' uomo esterno si deve riformare per mezzo dell'uomo interno, e non viceversa.
130. I. Nessuno può riformarsi per mezzo di miracoli e segni, perché essi costringono. È statomostrato (nn. 103 e 119) che vi sono nell'uomo processi interiori ed esteriori di pensiero, eche il Signore fluisce tramite l'interno del suo pensiero nel suo esterno; così egli ci insegnae ci guida. Inoltre la Divina Provvidenza del Signore fa sì che l'uomo agisca in virtù dellalibertà secondo la ragione. Entrambe verrebbero a mancare se accadessero miracoli, el'uomo fosse costretto da essi a credere. Che ciò sia così, si può vedere razionalmente inquesta maniera: non si può negare che i miracoli inducano a credere e persuadanofortemente che ciò che dice ed insegna colui che fa i miracoli sia vero, e che questaconvinzione all’inizio occupi talmente l'esterno del pensiero dell'uomo, il quale resta comelegato e affascinato. Da ciò l’uomo è privato di quelle due sue facoltà, che si chiamanorazionalità e libertà, a tal segno che egli non può agire in virtù della libertà secondo laragione. Allora il Signore non può influire tramite l’interno nell’esterno del suo pensiero;tutto ciò che può fare è permettere che l’uomo si persuada, in virtù della sua razionalità, diciò che grazie al miracolo è divenuto oggetto della sua fede.
[2] Lo stato del pensiero dell'uomo è tale che, dall'interno del pensiero, egli vede ciò cheè presente nell'esterno del suo pensiero come in uno specchio; poiché, come si è già detto(n. 104), l' uomo può vedere il suo stesso pensiero, ciò che non può aver luogo se non invirtù del pensiero interiore. Quando egli vede qualcosa come in uno specchio, può anchevolgerla in ogni senso e darle forma, finché gli sembri bella. Questa cosa, se è vera, si puòparagonare ad una fanciulla o ad un giovane, entrambi belli e vivi; ma se l'uomo non puòvolgere questa cosa in ogni senso e formarla, e la crede solamente per la convinzioneindotta dal miracolo, allora, se è una verità, si può paragonare ad una fanciulla o ad ungiovane scolpito nella pietra o nel legno, in cui non c'è vita. Essa si può anche paragonaread un oggetto che sta continuamente davanti agli occhi, impedendoci di vedere altro, e chenasconde tutto quello che si trova da entrambi i lati e dietro di esso. Si può inoltreparagonare ad un suono continuo nell'orecchio, che esclude la percezione dell'armonia
prodotta da più suoni. I miracoli inducono una simile cecità ed una simile sordità nellamente umana. Lo stesso vale per ogni convinzione non esaminata razionalmente primache diventi tale.
131. Da ciò risulta evidente che la fede indotta dai miracoli non è una fede, ma unapersuasione “di seconda mano”, perché in essa non vi è alcunché di razionale, e tantomeno di spirituale: è semplicemente un guscio esterno, ma vuoto al suo interno. La stessacosa vale per tutto quello che l'uomo fa in virtù di questa fede di seconda mano, sia chericonosca Dio, sia che gli renda un culto nella sua casa o nei templi, sia che compia operebuone. Quando il solo miracolo induce l'uomo alla riconoscenza, al culto e alla pietà, egliagisce in virtù dell'uomo naturale, ma non in virtù dell'uomo spirituale. Il miracolo, infatti,infonde la fede per via esterna, e non per via interna, quindi in virtù del mondo e non invirtù del cielo; mentre il Signore entra nell'uomo solo per via interiore, cioè tramite laParola, la dottrina e le prediche desunte dalla Parola. Poiché i miracoli chiudono questavia, oggidì non avvengono più miracoli.
132. Tale caratteristica dei miracoli appare chiaramente da quelli avvenuti davanti alpopolo ebreo e israelita. Sebbene questi avessero visto tanti miracoli nella terra di Egitto,poi al mar Rosso, ed altri nel deserto, ma principalmente sul monte Sinai allorché fupromulgata la Legge, nonostante ciò un mese dopo, quando Mosè era rimasto sopra quelmonte, essi costruirono un vitello d'oro e lo riconobbero come Jehovah, che li avevacondotti fuori dalla terra di Egitto (Esodo 32:4, 5, 6). È evidente altresì dai miracoli fatti piùtardi nella terra di Canaan. Eppure, dopo tutto ciò, il popolo israelita si allontanò spessodal culto che gli era stato comandato. Nonostante i miracoli che il Signore compì dinanzi aloro, quando era nel mondo, egli fu crocifisso.
[2] Il motivo di tutti questi miracoli compiuti dinanzi agli ebrei e israeliti è perché essierano uomini interamente esterni. Furono introdotti nella terra di Canaan unicamenteperché rappresentassero la chiesa ed i suoi valori interiori tramite il loro culto esteriore.Uomini cattivi ed uomini buoni possono ugualmente rappresentare la chiesa, poiché gliaspetti esteriori del culto sono cerimonie, che ai loro occhi significavano cose spirituali ecelesti. Aronne, pur avendo fatto il vitello d'oro e ne avesse ordinato il culto (Esodo 32:2, 3,4, 5, 35), ha potuto rappresentare il Signore e la sua opera salvifica. Inoltre, poiché essi nonpotevano comprendere le cose spirituali e celesti tramite gli aspetti interiori del culto,dovettero essere condotti, anzi spinti e costretti, a forza di miracoli.
[3] Non vi potevano essere condotti per gli aspetti interiori del culto perché essi nonriconoscevano il Signore, benché tutta la Parola, che essi custodivano, non tratti che di luisolo; e chi non riconosce il Signore non può ricevere alcun aspetto interiore del culto. Madopo la manifestazione del Signore, che è stato ricevuto e riconosciuto dalla Chiesa comeDio eterno, i miracoli sono cessati.
133. L'effetto dei miracoli presso i buoni è diverso da quello che essi esercitano presso icattivi. I buoni non cercano miracoli, ma credono ai miracoli che si trovano nella Parola; e,se sentono parlare di un miracolo, non vi prestano attenzione altrimenti che come a undebole argomento che conferma la loro fede, poiché essi basano i loro pensieri sulla Parola,quindi sul Signore, e non sul miracolo. Diversamente è per i cattivi: essi possono esserespinti e costretti a forza di miracoli alla fede, ed anche al culto e alla pietà, ma solo perbreve tempo, perché i loro mali e le cupidità di questi mali, e quindi i piaceri, sono chiusidentro, e agiscono continuamente nell'esterno del loro culto e della loro pietà. Se essiriflettono sul miracolo – volendo uscire dalla loro prigione finiscono col chiamarloillusione o artificio o opera della natura, e così ritornano ai loro mali; e colui che ritorna aisuoi mali dopo il culto, profana i beni e le verità del culto. Dopo la morte, la sorte deiprofanatori è la peggiore di tutte. Di questi parla il Signore in Matteo, 12:43, 44, 45: Il loroultimo stato diviene peggiore del primo. Inoltre, se avvenissero miracoli presso coloro che noncredono ai miracoli riferiti nella Parola, bisognerebbe che ne accadessero continuamente,davanti agli occhi di tali uomini increduli. È dunque evidente perché oggi non avvengonopiù miracoli.
134. II. Nessuno può riformarsi per mezzo di visioni e di conversazioni coi defunti, perché essecostringono a credere. Le visioni sono di due generi: Divine e diaboliche. Le visioni Divineavvengono mediante la creazione di immagini nel cielo, mentre le visioni diaboliche siverificano tramite operazioni magiche nell'inferno. Vi sono poi delle visioni fantastiche, lequali sono illusioni di una mente sregolata. Le visioni Divine, prodotte, come si è detto,dalla creazione di immagini nel cielo, sono simili a quelle che ebbero i profeti, i quali,quando esse avevano luogo, non erano nel corpo ma in uno stato spirituale, poiché levisioni non possono apparire a nessun uomo in stato di veglia. Perciò, quando esseapparvero ai profeti, si dice anche che allora essi si trovavano in uno stato spirituale, comeè evidente dai seguenti passi. Ezechiele dice:
Lo Spirito mi elevò e mi ricondusse alla prigionia in Caldea, in una visione di Dio, nello Spiritodi Dio; così scomparve la visione che avevo avuto. (Ez. 11:24)
Egli dice inoltre che lo Spirito lo elevò fra la terra e il cielo, e lo condusse a Gerusalemme,in visioni Divine (Ez. 8:3 e ss.). Egli era parimenti in visione di Dio o in spirito, quandovide i quattro animali che erano cherubini (capitoli 1 e 10); come pure quando vide ilnuovo tempio e la nuova terra, e l'angelo che li misurava (capitoli 4048). Che egli fosseallora nelle visioni di Dio, egli stesso lo dice (Ez. 40:2, 26;) e in spirito (Ez. 43:5).
[2] In uno stato simile si trovava Zaccaria, quando vide un uomo a cavallo fra i mirti(Zacc. 1:8 e ss.); quando vide quattro corna, ed un uomo che aveva in mano una cordicella
da misura (Zacc. 1:18, 20, 21; 2:1 e ss.); quando vide un candeliere e due ulivi (Zacc. 4:1 ess.); quando vide un rotolo volante, e l'efa (Zacc. 5:1, 6); quando vide i quattro carri cheuscivano dalle due montagne, e i cavalli (Zacc. 6:1 e ss.). In uno stato simile si trovavaDaniele, quando vide le quattro bestie uscire dal mare (Dan. 7:1 e ss.), e quando vide icombattimenti del montone e del becco (Dan. 8:1 e ss.). Che egli abbia visto queste cosenella visione del suo spirito, egli stesso lo dice espressamente (Dan. 7:1, 2, 7, 13; in 8:2; e in10:1, 7, ed 8.) Egli dice parimenti di aver avuto una visione dell'angelo Gabriele (9:21).
[3] Nella visione dello spirito si trovava anche Giovanni, quando vide le cose che hadescritto nell'Apocalisse: sette candelieri, e nel mezzo di essi il Figlio dell'uomo (Ap. 1:1216); un trono nel cielo, e colui che sedeva sul trono, e quattro animali, che erano cherubini,intorno al trono (cap. 4); il libro della vita preso dall'Agnello (cap. 5); i cavalli che uscivanodal libro (cap. 6); i sette angeli con le trombe (cap. 8); il pozzo dell'abisso aperto, e lelocuste che ne uscivano (cap. 9); il dragone ed il suo combattimento contro Michele (cap.12); le due bestie che salivano una dal mare, e l'altra dalla terra (cap. 13); la donna sedutasopra la bestia scarlatta (cap. 17); Babilonia distrutta (cap. 18); un cavallo bianco, e coluiche lo cavalcava (cap. 19); un nuovo cielo ed una nuova terra, e la nuova Gerusalemme chescendeva dal cielo (cap. 21); il fiume dell'acqua della vita (cap. 22). Che egli abbia vistoqueste cose nella visione dello spirito, è espressamente indicato in 1:11; 4:2; 5:1; 6:1; e 21:12.Tali furono le visioni che apparvero dal cielo dinanzi alla vista del loro spirito, e nondavanti alla loro vista corporea. Oggi non vi sono più visioni del genere. Se vi fossero nonsarebbero comprese, perché avvengono tramite immagini i cui dettagli indicano caratteriinteriori della chiesa ed arcani del cielo. Che anche queste visioni dovessero cessare, allavenuta nel mondo del Signore, è predetto in Daniele, 9:24. Quanto alle visioni diaboliche,ve ne sono state alcune volte, prodotte da spiriti che ispirano passioni e visioni illusorie, iquali, a causa dello stato di delirio in cui si trovano, pretendono di essere lo Spirito Santo.Ma questi spiriti ora sono stati riuniti dal Signore, e gettati in un inferno separato dagliinferni degli altri. Da ciò è evidente che nessuno si può riformare per mezzo di altrevisioni all'infuori di quelle che si trovano nella Parola. Vi sono anche delle visionifantastiche, ma esse sono mere illusioni di menti squilibrate.
134 bis2. Che nessuno possa riformarsi per mezzo di conversazioni coi defunti, èmanifesto dalle parole del Signore intorno all’uomo ricco nell'inferno, e a Lazzaro nel senodi Abramo; infatti il ricco dice:
Ti prego, dunque, o padre, che tu mandi Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli,affinché attesti loro queste cose, e non vengano anche loro in questo luogo di tormento. Abramodisse: Hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli. Ed egli: No, padre Abramo; ma se qualcuno dai
2 I paragrafi 134, 277 e 278 risultano risultano duplicati sia nella versione originale, sia nella traduzione di Scocia, per mero errore tipografico. Gli stessi paragrafi ripetuti sono contrassegnati dal suffisso bis dopo il numero.
morti va a loro, si ravvedranno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i profeti, non silasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscita (Luca 16:2731)
Conversare con i morti produrrebbe lo stesso effetto dei miracoli, di cui si è già parlato,vale a dire che l'uomo sarebbe convinto e costretto al culto per poco tempo; ma siccome ciòpriva l'uomo della razionalità, ed al tempo stesso racchiude dentro di lui i suoi mali, comesi è detto, questo legame interno, essendo una specie di incantesimo, finisceinevitabilmente per dissolversi, e i mali rinchiusi prorompono con bestemmie eprofanazioni. Tuttavia ciò si verifica solamente quando gli spiriti inducono a credere inqualche dogma religioso; cose del genere non provengono mai da uno spirito buono, etanto meno da un angelo del cielo.
135. Nondimeno è possibile parlare con gli spiriti (raramente però con gli angeli delcielo), ed è stato concesso a molti, nei secoli passati. Quando ciò accade, gli spiriti parlanocon l'uomo nella sua lingua natale, facendo uso di poche parole. Tuttavia coloro cheparlano con il permesso del Signore non dicono né insegnano mai nulla che possa sottrarcila nostra libertà di pensare razionalmente. Solo il Signore ci insegna, ma indirettamente,tramite la Parola, nell’illuminazione (di ciò si parlerà in seguito, dal n. 171 al n. 174). Checiò sia così, mi è stato concesso di saperlo per esperienza diretta. Da parecchi anni fino adora ho parlato con gli spiriti e gli angeli, e nessuno spirito ha osato, né alcun angelo havoluto dirmi nulla, o tanto meno istruirmi intorno ad alcun argomento riguardante laParola, o intorno ad alcun punto dottrinale desunto dalla Parola. Solo il Signore mi hainsegnato: il Signore che si è rivelato a me, e che da allora è stato ed è costantementedavanti ai miei occhi come il sole in cui egli dimora, proprio come appare agli angeli, e miha illuminato.
136. III. Nessuno può riformarsi per mezzo di minacce e pene, perché esse costringono. È notoche ciò che è esteriore in noi non può costringere ciò che è interiore, ma che l'interiore puòcostringere l’esteriore. Inoltre è noto che l’interiore rifiuta di essere costretto dall'esteriorea tal punto da ribellarsi e volgersi dall’altra parte; ed è anche noto che i piaceri esteriorispingono l'interiore al consenso ed all'amore. Possiamo altresì comprendere che vi è unacostrizione interiore, ed una libertà interiore. Ma tutti questi fatti, benché noti, debbonotuttavia essere illustrati da esempi, poiché vi sono parecchie cose che, appena udite,vengono subito prese per vere, perché sono tali, e quindi le affermiamo; ma se in paritempo non vengono confermate con motivazioni razionali, possono essere messe indubbio, e infine negate, per mezzo di argomentazioni dedotte da apparenze illusorie.Perciò debbono essere riassunte e confermate razionalmente.
[2] Primo. La nostra esteriorità non può costringere l'interiorità, ma l'interiorità puòcostringere l'esteriorità. Chi può essere costretto a credere e ad amare? Un uomo non puòessere costretto a credere, come non può essere costretto a pensare che una cosa è in un
certo modo, quando egli pensa che non sia così; e neppure può essere costretto ad amare,come non può essere costretto a volere ciò che non vuole. Anche la fede appartiene alpensiero, e l'amore alla volontà. Tuttavia l'interiorità può essere costretta dall'esteriorità anon parlare male delle leggi, dei buoni costumi e delle cose sante della chiesa. L'interiorità,dal canto suo, può essere costretta tramite minacce e pene; e difatti lo è, ed è giusto che siacosì. Ma questa interiorità non è l'interiorità propriamente umana, è l'interiorità chel'uomo ha in comune con le bestie, le quali possono venire anch’esse costrette: l'interioritàumana è al di sopra di questa interiorità animale; qui s’intende l'interiorità umana, che nonpuò essere costretta.
[3] Secondo. L'interiorità rifiuta di essere costretta dall'esteriorità, a tal punto che siribella, volgendosi dalla parte opposta. L'interiorità vuole essere libera, ed ama la libertà,poiché la libertà, come si è mostrato, appartiene all'amore o alla vita dell'uomo. Nonappena ciò che è libero si sente costretto, si ritira per così dire in se stesso, si ribella e sivolge dalla parte opposta, e considera la costrizione come sua nemica. L'amore checostituisce la vita dell'uomo si irrita e fa sì che l'uomo pensi che in questa maniera egli nonappartenga a se stesso, e quindi non viva la sua vita. L'interiorità dell'uomo è tale in virtùdella legge della Divina Provvidenza del Signore, che stabilisce che l'uomo agisca in virtùdella libertà e secondo la ragione
[4] È dunque dannoso costringere gli uomini al culto Divino tramite minacce e pene. Mave ne sono di quelli che si lasciano costringere alla religione, e di quelli che non si lascianocostringere. Coloro che si lasciano costringere alla religione sono in gran numero fra icattolici romani; ma questo ha luogo presso coloro nel cui culto non vi è nulla di interiore,bensì tutto è esteriorità. Coloro che non si lasciano costringere si trovano in gran numerofra gli anglicani, nel culto dei quali vi è una dimensione interiorità, e ciò che ènell'esteriorità procede dall'interiorità: l'interiorità di questi, quanto alla religione, apparenella luce spirituale come nuvole bianche; ma l'interiorità dei primi, quanto alla religione,appare nella luce del cielo come nuvole oscure. Nel mondo spirituale si può vedere l'uno el'altro fenomeno, e chi vuole lo può vedere allorché entra in quel mondo, dopo la morte.Inoltre il culto a cui si è costretti chiude in noi stessi i mali, che si nascondono come ilfuoco sotto la cenere; un fuoco che arde continuamente e si estende, finché si sviluppa inun incendio. Di contro, il culto non obbligato ma spontaneo non chiude dentro i mali;perciò i mali sono come fuochi che subito si infiammano e si dissipano. Da ciò è evidenteche l'interiorità rifiuta a tal punto di essere costretta che si rivolta. D’altro canto l'interioritàpuò costringere l'esteriorità, perché l'interiorità è come un padrone, e l'esteriorità come unservo.
[5] Terzo. I piaceri esterni attirano l'interiorità al consenso e all'amore. Vi sono due generidi piaceri: i piaceri dell'intelletto e i piaceri della volontà. I piaceri dell'intelletto sono anchei piaceri della sapienza, e i piaceri della volontà sono altresì i piaceri dell'amore, poiché la
sapienza riguarda l'intelletto, e l'amore riguarda la volontà. Poiché i piaceri del corpo e deisuoi sensi, cioè i piaceri esteriori, operano all’unisono coi piaceri interiori – i piaceridell’intelletto e della volontà ne consegue che, come l'interiorità rifiuta di essere costrettadall'esteriorità fino al punto di rivoltarsi, così si volge spontaneamente verso il piacerenell'esteriorità, fino ad accettarlo. In questo modo vi è consenso da parte dell'intelletto, eamore da parte della volontà.
[6] Tutti i fanciulli nel mondo spirituale vengono introdotti dal Signore nella sapienzaangelica, e per tramite di questa nell'amore celeste, per mezzo di cose piacevoli egradevoli: prima con oggetti piacevoli nelle case e con oggetti gradevoli nei giardini, poicon rappresentazioni di cose spirituali che toccano deliziosamente i livelli interiori dellaloro mente, infine con le verità della sapienza e con le virtù dell'amore. Così i fanciullisono guidati tramite i piaceri nel loro ordine: in primo luogo dai piaceri dell'amore perl'intelletto e per la sapienza, ed infine dai piaceri di un amore della volontà, che divienel'amore della loro vita. Tutto ciò che essi hanno interiorizzato tramite i precedenti piaceri èmantenuto in ordine sotto il dominio di questo amore.
[7] Tali cose avvengono perché tutto ciò che appartiene all'intelletto e alla volontàdev'essere formato attraverso mezzi esteriori, prima di essere formato tramite mezziinteriori. Tutto ciò che appartiene all'intelletto ed alla volontà si forma in primo luogomediante le cose che entrano attraverso i sensi del corpo, soprattutto la vista e l'udito.Allorché i nostri primi atti dell’intelletto della volontà prendono forma, l'interiorità delpensiero considera queste cose come elementi esterni del suo pensiero, ed allora sicongiunge con esse o se ne separa. Si congiunge con esse se sono piaceri, e se ne separa senon sono piaceri.
[8] Tuttavia dev’essere ben chiaro che l'interiorità dell'intelletto non si congiunge conl'interiorità della volontà, ma che l'interiorità della volontà si congiunge con l' interioritàdell'intelletto, e fa sì che vi sia una congiunzione reciproca, la quale però si effettuadall'interiorità della volontà, e in nessun modo dall'interiorità dell'intelletto. Da ciò risultache l'uomo non si può riformare per sola fede; è necessario l'amore della volontà, che dàforma ad una fede.
[9] Quarto. Vi è un’interiorità costretta ed un’interiorità libera. Vi è un interiorità costrettain coloro che sono nel solo culto dell’esteriorità, ed in nessun culto interiore, poiché la lorointeriorità consiste nel pensare e volere ciò a cui l'esteriorità è costretta. Questi sono coloroche rivolgono il loro culto agli uomini vivi e morti, e quindi agli idoli ed ai miracoli. Laloro interiorità è solo quella che in pari tempo è esteriorità. Ma in coloro che sononell'interiorità del culto, può trattarsi di un’interiorità costretta sia dal timore chedall'amore. L'interiorità costretta dal timore è caratteristica di coloro che sono nel culto pertimore del tormento dell'inferno e del suo fuoco; tuttavia questa interiorità non èl'interiorità del pensiero, di cui si è già parlato (nn. 103–105, 110, 111, 120, 130), ma è
l'esteriorità del pensiero, che qui si chiama interiorità, perché appartiene al pensiero.L'interiorità del pensiero, di cui si è parlato più sopra, non può essere costretta da alcuntimore, ma può essere costretta dall'amore e dal timore di perdere l'amore; il timore diDio, nel senso genuino, non è altro: essere costretti dall'amore, e dal timore di perderel'amore, vuol dire costringere se stessi. Costringere se stessi non è contro la libertà nécontro la razionalità, come vedremo in seguito (dal n. 145 al n. 149).
137. Da queste spiegazioni si può comprendere qual’è il culto basato sulla costrizione, equal’è il culto non basato sulla costrizione. Il culto basato sulla costrizione è un cultocorporeo, inanimato, oscuro e triste: corporeo, perché appartiene al corpo e non alla mente;inanimato, perché in esso non c'è vita; oscuro, perché il nostro discernimento è assente;triste, perché è privo della gioia celeste. Il culto non costretto, quando è genuino, è un cultospirituale, vivente, limpido e lieto; spirituale, perché in esso vi è lo spirito del Signore;vivente, perché vi è in esso la vita che proviene dal Signore; lucido, perché vi è in esso lasapienza che deriva dal Signore; e lieto, perché vi è in esso il cielo che discende dalSignore.
138. IV. Nessuno può riformarsi in condizioni in cui la razionalità e la libertà sono assenti. Èstato mostrato più sopra (dal n. 78 al n. 81) che niente si assimila all'uomo, tranne quel cheegli stesso compie in virtù della libertà secondo la ragione; ciò perché la libertà appartienealla volontà, e la ragione all'intelletto, e quando l'uomo agisce in virtù della libertà secondola ragione, egli agisce in virtù della volontà mediante il suo intelletto. Quello che egli fatramite la congiunzione di entrambi, diventa parte di se stesso. Ora, poiché il Signorevuole che l'uomo si riformi e si rigeneri, affinché abbia la vita eterna, ovvero la vita delcielo, e nessuno si può riformare e rigenerare se il bene non si appropria della sua volontàper diventare come parte di essa, e se la verità non si appropria del suo intelletto perdiventare anch’essa come sua; e siccome nulla può diventare parte di nessuno, all'infuoridi quel che si compie in virtù della libertà della volontà, secondo la ragione dell'intelletto,ne consegue che nessuno può riformarsi negli stati in cui manca la libertà e la razionalità.Vi sono parecchi stati dove manca la libertà e la razionalità, ma in generale essi rientranoin queste categorie: timore, infortunio, malattia dell'animo, infermità del corpo, ignoranzae accecamento dell'intelletto. È necessario dire qualcosa in particolare intorno a ciascuno diquesti stati.
139. Nessuno si riforma nello stato di timore. Il timore toglie la libertà e la ragione, o lalibertà e la razionalità; infatti l'amore apre i livelli interiori della mente, ma il timore lichiude, e quando essi sono chiusi, l'uomo pensa poche cose, e solamente quelle che allorasi presentano all'animo o ai sensi. Tali sono tutti i timori che invadono l'animo.
[2] È stato mostrato che l'uomo possiede un piano interiore e uno esteriore del pensiero.Il timore non può mai invadere l'interiorità del pensiero. Quest’ultima si trova semprenella libertà, perché essa è nell'amore della sua vita; ma può invadere l'esterno del
pensiero, e quando lo invade, l'interno del pensiero si chiude. Allora l'uomo non può piùagire in virtù della libertà secondo la sua ragione, e di conseguenza non si può riformare.
[3] Il timore che invade l'esterno del pensiero, e chiude l'interno, è principalmente laperdita dell'onore e del lucro; ma il timore delle pene civili e delle pene ecclesiasticheesterne non lo chiude, perché queste leggi minacciano solamente delle pene per coloro cheparlano ed agiscono contro i principi civili e i principi spirituali della chiesa, ma non perquelli che pensano contro questi principi.
[4] Il timore delle pene infernali invade, è vero, l'esterno del pensiero, ma solo per alcunimomenti, per alcune ore o per alcuni giorni. Il pensiero viene presto restituito alla sualibertà dall'interiorità del pensiero, che è propria del suo spirito e dell'amore della sua vita,e che si chiama pensiero del cuore.
[5] Ma il timore della perdita dell'onore e del lucro invade l'esterno del pensierodell'uomo, e quando lo invade, esso chiude dalla parte superiore l'interno del pensieroall'influsso del cielo, e fa sì che l'uomo non si possa riformare. La ragione di ciò è chel'amore della vita di ogni uomo è fino dalla nascita l'amore di sé e del mondo. L’amore disé è la stessa cosa dell'amore per l'onore, e l'amore del mondo è la stessa cosa dell'amoreper il lucro; perciò, quando l'uomo è nell'onore o nel lucro, temendo di perderli, egli trovain sé una giustificazione per i mezzi che gli servono ad ottenere l'onore ed il lucro, mezziche riguardano sia il mondo civile che ecclesiastico. In modo simile agisce colui che è nonancora nell'onore o nel lucro, se vi aspira; ma agisce in tal modo per timore della perditadella reputazione che procura l’onore o il lucro.
[6] Si è detto che questo timore invade l'esterno del pensiero, e chiude l'interno, dallaparte superiore, all'influsso del cielo; questo interno è chiuso quando diviene addiritturauna stessa cosa con l'esterno, poiché allora esso non funziona più da sé, ma viene guidatodall'esterno. Ma siccome l'amore di sé e l'amore del mondo sono amori infernali, e sorgentidi tutti i mali, è chiaro qual’è in sé l'interno del pensiero in coloro nei quali questi amorisono gli amori della vita, gli amori dominanti: vale a dire che essa è piena di cupidità diogni genere di mali. Coloro che, per timore della perdita della dignità e dell'opulenza,sono fortemente persuasi della loro religione, soprattutto se essa implica la convinzioneche essi debbano essere adorati come numi, ed in pari tempo come regnanti nell'inferno,questi possono apparire infiammati di zelo per la salvezza delle anime; tale ardore ètuttavia un fuoco infernale. Siccome questo timore ci priva soprattutto della razionalità edella libertà, che hanno un’origine celeste, è evidente che esso si oppone alla capacitàdell'uomo di riformarsi.
140. Nessuno può riformarsi in una condizione di pericolo. Se solamente in questa condizionel'uomo pensa a Dio ed implora il suo soccorso, è perché si trova in uno stato di costrizione:perciò, quando ritrova la sua libertà, egli ritorna nello stato precedente, in cui pensava
poco a Dio, seppure vi pensava. Diverso è per coloro che prima, in uno stato di libertà,avevano avuto timore di Dio. Per timore di Dio si intende temere di offenderlo; e temere dioffenderlo significa temere di peccare. Questo non è timore, ma è amore: chi è colui che,amando qualcuno, non teme di fargli del male? E quanto più l'ama, tanto più prova questotimore, senza il quale si tratta di un amore inconsistente e superficiale, appartenente alsolo pensiero e in nessun modo alla volontà. Per condizioni di pericolo si intendono glistati di disperazione prodotti appunto da pericoli: per esempio nel corso di combattimenti,duelli, naufragi, cadute, incendi; nella perdita imminente o inopinata delle ricchezze, dellacarica, e per conseguenza dell'onore, ed in altri casi simili. Pensare a Dio solamente inqueste circostanze non proviene da Dio, ma da se stessi; infatti la mente allora è comeimprigionata nel corpo, e non ha libertà, e quindi neppure razionalità, senza le quali non cisi può riformare.
141. Nessuno può riformarsi in uno stato di infermità mentale. L’infermità mentale toglie larazionalità, e quindi la libertà di agire secondo la ragione, poiché la mente è malata e nonsana, e la mente sana è razionale, a differenza di quella malata. Queste infermità sonodepressioni, sensi di colpa illusori, allucinazioni di vario genere, stati di angoscia prodottida disgrazie, ansietà e sofferenze della mente risultanti da malattie, che talvolta vengonoprese per tentazioni, ma non lo sono, perché le vere tentazioni hanno per oggetto cosespirituali, ed in esse la mente è in possesso delle sue facoltà. Ma gli stati di cui sto parlandohanno per oggetto cose mondane, ed in esse la mente è folle.
142. Nessuno può riformarsi in condizioni di grave infermità fisica. In tali condizioni laragione non è libera, poiché lo stato della mente dipende dallo stato del corpo. Quando ilcorpo è malato, anche la mente è malata, se non altro per l'allontanamento dal mondo; inquesta lontananza la mente pensa a Dio, ma ciò non proviene da Dio, perché essa non sitrova nella libertà della ragione. La libertà della ragione deriva dal fatto che l'uomo sitrova a metà strada fra il cielo e il mondo, e può pensare in virtù del cielo e in virtù delmondo, ed anche al mondo in virtù del cielo, ed al cielo in virtù del mondo. Quandol'uomo è malato e pensa alla morte ed allo stato della sua anima dopo la morte, egli non èin contatto col mondo. Si è ritirato nel suo spirito; e quando si trova completamente inquesto stato non si può riformare, benché tale condizione lo possa fortificare se è giàriformato prima di ammalarsi.
[2] Ciò vale anche per coloro che rinunciano al mondo e a tutti gli affari del mondo, e sidedicano solamente a pensare a Dio, al cielo e alla salvezza; ma di ciò si tratterà piùdiffusamente in seguito. Pertanto, se questi uomini non si sono riformati prima dellamalattia, quando muoiono essi restano identici a ciò che erano stati precedentemente. Èdunque vano pensare che alcuni possano fare penitenza, o trovare una fede genuina nellemalattie, poiché questa penitenza è priva di azione, e questa fede è priva di carità: l'una el'altra provengono solo dalla bocca, e non dal cuore.
143. Nessuno si riforma in uno stato di ignoranza. Ogni riforma si effettua grazie alle veritàed alla vita conforme ad esse. Pertanto, coloro che non conoscono le verità non si possonoriformare; ma se desiderano le verità perché si sentono attratti da esse, si riformano nelmondo spirituale, dopo la morte.
144. Non si possano riformare neppure coloro che sono in uno stato di accecamento intellettuale.Anche questi uomini non conoscono le verità, né la vita conforme ad esse, poichél'intelletto deve insegnare le verità, e la volontà deve metterle in atto; e quando la volontàfa ciò che l'intelletto insegna, allora si ha una vita conforme alle verità. Ma quandol'intelletto è accecato, anche la volontà è bloccata, Tutto ciò che essa può compiereliberamente, in accordo con la sua ragione, è il male che trova giustificazione nel suointelletto, che è falsità. Oltre l'ignoranza, acceca l'intelletto anche la religione che insegnauna fede cieca; essa insegna una dottrina erronea, poiché come le verità aprono l'intelletto,così le falsità lo chiudono. Esse lo chiudono dall'alto, ma lo aprono dal basso, e l'intellettoaperto solamente dal basso non può vedere le verità, ma può soltanto affermare tutto ciòche vuole, principalmente il falso. L'intelletto si acceca anche per le pulsioni malvagie.Finché la volontà è in esse, essa spinge l'intelletto ad affermarle, e nella misura in cui siaffermano le cupidità del male, in ugual misura la volontà non può essere nelle affezionidel bene, né vedere grazie ad esse le verità, e di conseguenza riformarsi.
[2] Così, ad esempio, la volontà di chi è nella cupidità dell'adulterio, che è nel piacere delsuo amore, spinge il suo intelletto ad affermare l'adulterio, dicendo: Che cos’è l'adulterio?Che male c’è in esso? Non è forse un rapporto come fra marito e moglie? Dall'adulterionon può ugualmente nascere una prole? Non può la donna concedersi a molti uominisenza alcun danno? Che cosa ha a che fare la spiritualità col sesso? Così pensa un intellettoprostituitosi alla volontà. Esso diviene così stupido, a causa di questo rapporto dissolutocon la volontà, da non riuscire a vedere che l'amore coniugale è lo stesso amore spiritualeceleste, il quale è l'immagine dell'amore del Signore e della chiesa, da cui esso deriva;dunque in sé esso è santo, è la castità stessa, la purezza e l’innocenza. Esso fa sì che gliuomini siano forme che esprimono l’amore stesso, perché i coniugi possono amarsireciprocamente dal centro del loro essere, e così divenire forme dell'amore. L'adulteriodistrugge questa forma, e con essa l'immagine del Signore; ed è orribile che l'adulteromescoli la sua vita con la vita del marito nella moglie di quest’ultimo, poiché la vitadell'uomo è nel seme.
[3] Questa è una profanazione: perciò l'inferno si chiama adulterio, ed il cielo, all'opposto,si chiama matrimonio. L'amore dell'adulterio comunica con l'inferno più profondo, el'amore coniugale col cielo più elevato. Gli organi della generazione in entrambi i sessicorrispondono alle comunità del cielo più elevato. Queste spiegazioni sono state dateaffinché si sappia quanto l'intelletto è cieco, allorché la volontà è nella cupidità del male; eche nessuno si può riformare in uno stato di accecamento dell'intelletto.
145. V. Costringere se stessi non è contro la razionalità né contro la libertà. È stato già mostrato(nn. 103104) che nell'uomo vi è un pensiero interiore ed esteriore, distinti fra loro comel’anteriore e il posteriore, o come il superiore e l’inferiore. Essendo distinti, questi possonoagire separatamente e congiuntamente. Agiscono separatamente, quando l'uomodall'esterno del suo pensiero parla e agisce diversamente da ciò che pensa e vuoleinteriormente; ed agiscono congiuntamente quando egli parla e fa ciò che pensa e vuoleinteriormente. Quest’ultimo modo di essere è comune fra le persone oneste, e il primo fra idisonesti.
[2] Poiché il pensiero esteriore ed interiore sono così distinti, l’interno può anche lottarecontro l’esterno e costringerlo con la forza al consenso. La lotta ha luogo quando l'uomopensa che i mali sono peccati, e perciò vuole desistere dal commetterli. Infatti, quando eglidesiste, si apre una porta da cui le cupidità del male, che ostacolavano l'interno delpensiero, vengono cacciate dal Signore, ed in luogo di esse vengono impiantate, ai livellipiù profondi della mente, le affezioni del bene. Ma siccome i piaceri delle cupidità delmale, che ostacolano l'esterno del pensiero, non possono essere cacciati nel medesimotempo, avviene una lotta fra l'interno e l'esterno del pensiero: l' interno vuole cacciarequesti piaceri, perché sono piaceri del male, incompatibili con le affezioni del bene dellecui gioie il pensiero interiore adesso gode. Al posto dei piaceri del male vuole impiantare ipiaceri del bene, che sono in armonia con esso. Tali piaceri del bene sono quelli che sichiamano beni della carità. Da questa contrarietà comincia la lotta, la quale, se diviene piùgrave, si chiama tentazione.
[3] Poiché siamo umani grazie al nostro pensiero interiore, che è lo spirito stessodell'uomo, ne consegue che l'uomo costringe se stesso quando costringe i processi esterioridel suo pensiero al consenso, o a ricevere i piaceri delle sue affezioni interiori, cioè i benidella carità. È evidente che questo non è contrario alla razionalità, né alla libertà, ma è inaccordo con esse, perché la razionalità stessa dà inizio al combattimento, e la libertà loprosegue. La nostra libertà essenziale e la razionalità risiedono nel nostro sé interiore, e dalì si manifestano nel sé esteriore.
[4] Quando dunque l'interno è vincitore, ciò che avviene allorché l'interno ha ridottol'esterno al consenso e all'obbedienza, il Signore dà all’uomo la libertà e la razionalità.L'uomo viene fatto uscire dal Signore dalla libertà infernale, che in realtà è schiavitù, ed ècollocato nella libertà celeste, che che è la vera libertà, insieme agli angeli. Che coloro chesono nei peccati siano schiavi, e che il Signore renda liberi quelli che tramite la Parolaricevono da lui la verità, lo insegna egli stesso in Giovanni 8:3136.
146. Un esempio può essere d’aiuto. Un uomo che ha provato piacere frodando erubando, ma vede e riconosce interiormente che questi sono peccati, e perciò vuoledesistere dal commetterli, quando desiste inizia la lotta dell'uomo interno con l'uomoesterno. L'uomo interno è nell'affezione della sincerità, ma l'uomo esterno è ancora nel
piacere della frode; questo piacere, opposto al piacere della sincerità, non recede se nonviene costretto, né può essere costretto se non dopo una lotta. Quando l'uomo internovince, l'uomo esterno viene nel piacere dell'amore per l’onestà, che è la carità; poi, poco apoco, il piacere della frode diviene per lui disgustoso. Lo stesso vale per tutti gli altripeccati, gli adulteri, le fornicazioni, le vendette e gli odi, le bestemmie e le menzogne. Mala lotta più difficile di tutte è la lotta contro l'amore di dominare in virtù dell'amore di sé.Colui che soggioga questo amore soggioga facilmente gli altri amori cattivi, perché esso è acapo di tutti loro.
147. Si dirà ancora, in poche parole, come il Signore caccia le cupidità del male, cheostacolano l'uomo interno fin dalla nascita, e le sostituisce con le affezioni del bene,allorché l'uomo allontana, come da se stesso, i mali in quanto peccati. È stato già mostrato(n. 75 e n. 139) che l'uomo ha una mente naturale, una mente spirituale e una menteceleste. Finché è nelle concupiscenze del male e nei loro piaceri, l'uomo è nella sola mentenaturale. Allora la mente spirituale è chiusa; ma quando l'uomo, dopo un esame dicoscienza, riconosce i mali come peccati contro Dio, perché sono contro le leggi Divine, evuole perciò desistere da essi, il Signore apre la mente spirituale ed entra nella mentenaturale tramite le affezioni della verità e del bene. Egli penetra anche nel razionale, e daquesto mette in ordine quelle cose che più in basso, nel naturale, sono contrarie all'ordine.Ciò appare all’uomo come una lotta; e in coloro che si sono abbandonati per molto tempoai piaceri del male appare come una tentazione, poiché l’anima prova dolore quando siinverte l'ordine dei suoi pensieri. Questa è una lotta contro le cose che si trovano dentro dinoi, e che sentiamo come nostre; e nessuno può lottare contro se stesso se non in virtù diciò che è dentro di lui, e in virtù della libertà che vi si trova. Ne consegue che l'uomointerno combatte allora contro l'uomo esterno, in virtù della libertà, e costringe l'esternoall'obbedienza. In ciò consiste il costringere se stessi. È evidente che ciò non è contro lalibertà, né contro la razionalità, ma che è conforme a queste due facoltà.
148. Inoltre ogni uomo vuole essere libero, ed allontanare da sé ciò che non è libero,ovvero ciò che è schiavitù. Come fanciulli sottoposti ad un maestro, vogliamo essereindipendenti, e di conseguenza liberi; così come ogni servo soggetto ad un padrone, edogni serva soggetta ad una padrona. Ogni giovane vuole uscire dalla casa di suo padre esposarsi, allo scopo di agire liberamente nella propria casa. Ogni giovane che vuolelavorare, commerciare o esercitare qualche impiego, mentre svolge il suo apprendistatovuole emanciparsi per essere arbitro di se stesso. Tutti coloro che servono volontariamenteper ottenere la libertà costringono se stessi; e quando costringono se stessi, essi agiscono invirtù della libertà secondo la ragione. Ciò avviene in virtù della libertà interiore, checonsidera la libertà esteriore come servitù. Costringere se stessi non è dunque contro larazionalità, né contro la libertà.
149. Se l'uomo non desidera passare dalla servitù spirituale alla libertà spirituale, èanzitutto perché egli non sa che cos’è la servitù spirituale, né che cos’è la libertà spirituale.Egli non possiede le verità che insegnano ciò; e senza le verità crede che la servitùspirituale sia la libertà, e che la la libertà sia la servitù. Il secondo motivo è che la religionedel mondo cristiano ha chiuso l'intelletto, e la dottrina della sola fede l'ha suggellato. L'unae l'altra si sono circondate da un muro di ferro: il dogma che le questioni teologiche sonotrascendenti, e di conseguenza non sono accessibili alla ragione; e che esse sono per iciechi, non per coloro che vedono. Con ciò sono state nascoste le verità che potrebberoinsegnare che cos’è la libertà spirituale. Il terzo motivo è che pochi uomini si esaminano evedono i loro peccati; e chi non li vede e non desiste dal commetterli è nella libertà dei suoipeccati, che è la libertà infernale, ed è in sé servitù. Vedere da questa libertà la libertàceleste, che è la vera libertà, è come vedere la luce del giorno in una tenebra, comeguardare da sotto una nuvola oscura ciò che viene dal sole che è al di sopra. Si ignoraquindi che cosa sia la libertà celeste, e che la differenza fra questa libertà e la libertàinfernale sia come la differenza fra quel che è vivo e quel che è morto.
150. VI. L' uomo esterno deve riformarsi attraverso l'uomo interno, e non viceversa. Per “uomointerno” e per “uomo esterno” si intende la medesima cosa che l'interno e l'esterno delpensiero, di cui si è già parlato più volte (nn. 103–111, 120, 130, 139, 145). Se l'esterno siriforma grazie all'interno, è perché l'interno fluisce nell'esterno, e non viceversa. Gli eruditisanno che vi è un influsso spirituale nel naturale, e non viceversa; ed è noto nella chiesache l'uomo interno deve essere per primo purificato e rinnovato, e per mezzo di essol'uomo esterno, perché il Signore e la ragione lo dettano. Il Signore lo insegna con questeparole:
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché pulite l'esterno della coppa e del piatto, mentrel'interno è pieno di rapina e d'intemperanza. Fariseo cieco! Pulisci prima l'interno della coppa edel piatto, affinché anche l'esterno sia pulito (Matteo 23: 25, 26)
[2] Che la ragione lo detti, è stato mostrato ampiamente in Divino Amore e DivinaSapienza. Infatti quello che insegna il Signore, egli concede anche all'uomo di percepirlocon la ragione. Ciò avviene in due modi: anzitutto, appena l’uomo ode questa verità egli lavede in sé; oppure la comprende con la ragione. Vederla in sé significa vederla nel propriouomo interno, e comprenderla con la ragione significa percepirla nell'uomo esterno. Chinon è capace di vedere in sé, dopo averlo udito, che prima di tutto è l'uomo interno adover essere purificato, e per mezzo di esso l'uomo esterno? Ma colui che non ricevedall'influsso del cielo un’idea generica intorno a questo soggetto può ingannarsi, se siaffida al pensiero esteriore. Il pensiero esteriore ci mostra solo che le opere esterne, cheriguardano la carità e la pietà, possono condurre alla salvezza anche senza i processi di
pensiero interiori. Lo stesso vale per le altre cose; ad esempio pensare che la vista e l'uditoinfluiscono nel pensiero, l'odore e il gusto nella percezione, e così l'esterno nell'interno,mentre è l’esatto contrario. Le cose viste e udite sembrano fluire nel pensiero, ma èun’illusione, poiché è l’intelletto che vede tramite l'occhio e ode tramite l'orecchio, e nonviceversa; lo stesso vale per gli altri sensi.
151. Si dirà ora in poche parole come si riforma l'uomo interno, e per mezzo di essol'uomo esterno. L'uomo interno non si riforma solamente per conoscere, comprendere esapere, cioè non esclusivamente per pensare, ma per volere ciò che la scienza, l'intelligenzae la sapienza insegnano. Quando l'uomo conosce, comprende e sa che esiste il cielo el’inferno, e che ogni male viene dall'inferno, ed ogni bene dal cielo, e quindi non vuole ilmale, perché viene dall'inferno, ma vuole il bene, perché viene dal cielo, egli si trova nelprimo grado di riforma: è sulla soglia dell'inferno, con lo sguardo rivolto al cielo. Allorchél'uomo progredisce ulteriormente, e vuole desistere dai mali, egli è nel secondo grado diriforma, quindi fuori dall'inferno, ma non ancora nel cielo, che vede sopra di sé; infatti, peressere riformato, il cielo deve penetrare nella sua interiorità. Se l'esterno e l'interno non siriformano entrambi, l'uomo non è riformato. L'esterno si riforma grazie all'interno,quando l'esterno desiste dai mali che l'interno rifiuta perché sono infernali. Siamo piùcompletamente riformati quando per questa ragione li fuggiamo e lottiamo contro di essi.In questo modo l’interno è il volere, e l'esterno è l’agire. Se non si fa quel che si vuole,significa che interiormente manca una reale intenzione; il che diviene infine una totaleassenza di volontà. Da queste poche spiegazioni si può vedere come l'uomo esterno siriformi tramite l'interno. Ed è questo il significato delle parole del Signore a Pietro:
Pietro gli disse: Tu non mi laverai mai i piedi! Gesù gli rispose: Se non ti lavo, non avrai con meparte alcuna. E Simon Pietro: Signore, non soltanto i piedi, ma anche le mani e il capo! Gesù glidisse: Chi è stato lavato non ha bisogno che di lavarsi se non quanto ai piedi, ed egli è tuttonetto; e voi siete netti, ma non tutti (Giovanni 13:8, 9, 10)
La lavanda dei piedi qui rappresenta il lavacro spirituale, che è la purificazione dai mali; perlavare la testa e le mani si intende purificare l'uomo interno, e per lavare i piedi si intendepurificare l'uomo esterno. Che l'uomo esterno debba essere purificato dopo che l'uomointerno è purificato, s'intende con le parole, Chi è stato lavato non ha bisogno che di lavarsi senon quanto ai piedi; che ogni purificazione dai mali venga dal Signore è indicato dalleparole, Se non ti lavo, non avrai con me parte alcuna. In molti passi in Arcana Coelestia è statomostrato che l'abluzione presso gli ebrei rappresentava la purificazione dai mali, e chenella Parola questa purificazione è indicata dalla lavacro, e che la lavanda dei piedi significala purificazione dell'uomo naturale o esterno.
152. Poiché l'uomo ha un interno ed un esterno, e l’uno e l'altro si devono riformareaffinché l'uomo sia riformato, e dato che nessuno si può riformare se non si esamina, nonvede e non riconosce i suoi mali, e non desiste dal commetterli, ne consegue che si deveesaminare non solo l’esterno, ma anche l’interno. Se si esamina solamente l'esterno, l'uomonon vede altro che quel che ha o non ha commesso tangibilmente; per esempio che non haucciso, né commesso adulterio, né rubato, né reso falsa testimonianza, e così via. In questomodo egli esamina i mali del suo corpo, e non i mali del suo spirito. Ma si devonoesaminare anche questi ultimi, affinché ci si possa riformare; perché l'uomo vive in quantospirito dopo la morte, e tutti i mali che sono in lui, rimangono. Lo spirito non si puòesaminare se non quando l’uomo presta attenzione ai suoi pensieri, e principalmente allesue intenzioni, poiché le intenzioni sono i pensieri che provengono dalla volontà; quirisiedono i mali nella loro origine e nella loro radice, vale a dire nelle loro cupidità e neiloro piaceri. Se essi non vengono visti e riconosciuti, l'uomo è sempre nei mali, anche senella sua esteriorità non li ha commessi. Queste parole del Signore dimostrano che pensaresulla base della nostra intenzione sia già volontà e azione:
Chiunque guarda la donna di un altro desiderandola, ha già commesso adulterio con lei nel suo
cuore (Matteo 5:28).
L’esame dell'uomo esterno prende le mosse essenzialmente da un analogo esamedell'uomo interno.
153. Spesso mi sono stupito del fatto che, quantunque tutto il mondo cristiano riconoscache si devono fuggire i mali in quanto peccati, altrimenti questi non sono rimessi, e che se ipeccati non sono rimessi non c’è salvezza, solo uno fra mille ne è consapevole. Hoaccuratamente indagato nel mondo spirituale, e mi sono reso conto che è così. Tutti icristiani, infatti, vengono istruiti dalle preghiere che si leggono dinanzi a coloro che siaccostano alla santa cena, poiché se ne parla apertamente; e nonostante ciò, quando sichiede loro se lo sanno, rispondono che non lo sanno, e che non lo hanno mai saputo. Ilmotivo è che essi non vi hanno posto attenzione, e che la maggior parte di loro non hapensato che alla fede ed alla salvezza per sola fede. Mi sono inoltre stupito del fatto che ladottrina della sola fede li abbia così accecati, che coloro che ne sono convinti fino in fondo,quando leggono la Parola, non vedono nulla di ciò che vi si dice riguardo all'amore, allacarità ed alle opere. È come se avessero coperto la Parola con uno strato di fede, come chiricopre un manoscritto di inchiostro, in modo tale che non si legge nulla di ciò che vi èscritto; e, se si vede qualcosa, viene assorbito dalla fede e identificato ad essa.
VIII
È una legge della Divina Provvidenza che l’uomo sia guidato e istruito dalSignore, dal cielo mediante la Parola, la dottrina e le prediche desunte
dalla Parola; e che avvenga in apparenza, come da se stesso
154. In apparenza l'uomo guida e istruisce se stesso, ma la verità è che è guidato edistruito solo dal Signore. Coloro che si convincono dell'apparenza, e non in pari tempodella verità, non possono allontanare da se stessi i mali in quanto peccati; ma coloro chescorgono in sé l'apparenza ed in pari tempo la verità possono farlo, poiché i mali in quantopeccati vengono rimossi in apparenza dall'uomo, ma in realtà dal Signore. Questi ultimipossono essere riformati, ma per i primi ciò non è possibile.
[2] Coloro che affermano in se stessi l'apparenza e non in pari tempo la verità, nella lorointeriorità sono tutti idolatri, poiché sono adoratori di se stessi e del mondo. Se non hannouna religione divengono adoratori della natura, e quindi atei; ma se hanno una religionedivengono adoratori di uomini e nello stesso tempo di simulacri. È a costoro che si rivolgeil primo comandamento del Decalogo, gli adoratori di altri dei. Ma coloro che sipersuadono dell'apparenza ed in pari tempo della verità divengono adoratori del Signore,poiché il Signore li innalza fuori dal loro proprio, che è immerso nell'apparenza, e liconduce nella luce, in cui è la verità, e che è la verità; e concede loro di percepireinteriormente che non sono guidati ed istruiti da se stessi, ma dal Signore.
[3] La facoltà razionale degli uni e degli altri può sembrare a molti, simile, ma in realtà èdifferente. Quella di coloro che sono nell'apparenza ed in pari tempo nella verità è unafacoltà razionale spirituale; ma quella di coloro che sono nell'apparenza, e non in paritempo nella verità, è una facoltà razionale naturale. Questa può essere paragonata ad ungiardino così come appare nella luce invernale, mentre la facoltà razionale spirituale puòessere paragonata ad un giardino nella luce primaverile. Riguardo a ciò si darannomaggiori chiarimenti, nell'ordine seguente:
I. L'uomo è guidato ed istruito dal Signore solo.
II. L'uomo è guidato ed istruito dal Signore solo, per mezzo del cielo angelico, e da questocielo.
III. L'uomo è guidato dal Signore mediante un influsso, ed istruito per mezzo diun’illuminazione.
IV. L'uomo è istruito dal Signore mediante la Parola, la dottrina e le prediche desunte dallaParola, dunque direttamente dal Signore solo.
V. Esteriormente, l'uomo è guidato ed istruito dal Signore apparentemente come da sestesso.
155. L'uomo è guidato ed istruito dal Signore solo. Ciò risulta come conseguenza naturale einevitabile da tutto quel che è stato mostrato in Divino Amore e Divina Sapienza, nella primae seconda parte dell’opera; poi da ciò che è stato detto sui gradi, nella terza parte, sullacreazione dell'universo, nella quarta parte, e sulla creazione dell'uomo, nella quinta parte.
156. Il fatto che l'uomo sia guidato ed istruito soltanto dal Signore, è perché egli riceve lasua vita solo dal Signore, poiché è la volontà della sua vita ad essere guidata, e l'intellettodella sua vita ad essere istruito; ma questo va contro l'apparenza, poiché all'uomo sembradi vivere da se stesso. E nondimeno la verità è che egli riceve la sua vita dal Signore, e nonda se stesso. Finché vive nel mondo, l'uomo non può percepire la sensazione che la suavita proviene unicamente dal Signore, perché gli viene lasciata l'apparenza di una vitaautonoma; senza di essa, infatti, l'uomo non sarebbe tale. Questo concetto deve essereprovato con argomenti razionali, che poi saranno confermati con l'esperienza, ed infinecon la Parola.
157. Che l'uomo riceva la sua vita unicamente dal Signore, e non da se stesso, verràprovato con queste ragioni: vi è un'unica essenza, un'unica sostanza e un'unica forma, dacui provengono tutte le essenze, le sostanze e le forme che sono state create. Questa unicaessenza, sostanza e forma è il Divino Amore e la Divina Sapienza, da cui derivano tutte lecose che nell'uomo si riferiscono all’amore e alla sapienza. Così pure vi è un Bene in sé eduna Verità in sé, su cui si fondano tutte le cose; questi sono la vita, da cui deriva la vita diogni cosa e di ogni aspetto della vita. Questa singola, essenziale realtà è onnipresente,onnisciente e onnipotente; e questa realtà unica ed essenziale è il Signore ab aeterno ovveroJehovah.
[2] Vi è un'unica essenza, un'unica sostanza e un'unica forma, da cui provengono tutte leessenze, le sostanze e le forme che sono state create. In Divino Amore e Divina Sapienza,seconda parte (dal n. 44 al n. 46), è stato mostrato che il sole del cielo angelico, che procededal Signore, e in cui è il Signore, è questa unica sostanza e forma, da cui derivano tutte lecose che sono state create; e che non esiste nulla, né può esistere nulla, che non provengada quel sole. Nella terza parte del medesimo trattato ho mostrato che ogni cosa deriva daquesta origine, per gradi.
[3] Chi mai, usando la ragione, non può percepire e riconoscere che vi è un'unicaessenza, da cui deriva ogni essenza, o un unico Essere, da cui proviene ogni essere? Cosa
mai può esistere senza essere? E che cos’è l'essere da cui deriva ogni essere, se non l’Esserestesso? Quello è l'unico Essere, l'Essere in Sé. Poiché è così — ed ognuno in virtù dellaragione lo percepisce e lo riconosce, o almeno lo può percepire e riconoscere — checos’altro ne consegue, se non se che questo Essere, che è lo stesso Divino, cioè Jehovah, ètutto di tutte le cose che sono ed esistono?
[4] Ciò è come dire che vi è una sostanza unica, da cui provengono tutte le sostanze; esiccome una sostanza senza una forma non è niente, ne consegue che vi è una forma unica,da cui provengono tutte le forme. Che il sole del cielo angelico sia questa unica sostanza eforma, e come questa essenza, sostanza e forma si manifestino variamente nelle cosecreate, è stato mostrato nel trattato sopra citato.
[5] Questa unica essenza, sostanza e forma è il Divino Amore e la Divina Sapienza, dacui derivano tutte le cose che nell'uomo si riferiscono all’amore e alla sapienza. Anchequesto è stato pienamente mostrato in Divino Amore e Divina Sapienza. Tutte le cose chesembrano vivere nell'uomo, si riferiscono alla volontà e all'intelletto in lui; ed ognuno, invirtù della ragione, percepisce e riconosce che queste due facoltà costituiscono la vitadell'uomo. In che altro consiste la vita se non in questo: io voglio questo o comprendoquesto, ovvero amo questo o penso questo? E poiché l'uomo vuole ciò che ama, e pensaquel che comprende, perciò tutte le cose della volontà si riferiscono all'amore, a tuttequelle dell'intelletto alla sapienza; e dato che l'amore e la sapienza non possono esistere innessun uomo per virtù propria, ma possono provenire solo da colui che è l’Amore stesso ela Sapienza stessa, ne consegue che ciò deriva dal Signore ab aeterno, ovvero da Jehovah. Secosì non fosse, l'uomo sarebbe l’amore in sé e la sapienza in sé, di conseguenza Dio abaeterno, cosa che la stessa ragione umana rifiuta con orrore. Può forse esistere qualcosa senon da ciò che è anteriore? E può forse esistere quest’ultimo se non da ciò che è ancoraanteriore, e così di seguito fino ad una causa prima, che esiste in Sé?
[6] Così pure vi è un Bene in sé ed una Verità in sé, su cui si fondano tutte le cose. Ogniuomo dotato di ragione accetta e ammette il fatto che Dio è il Bene in sé e la Verità in sé, eche ogni bene ed ogni verità derivano da Lui. Di conseguenza, nessun bene e nessunaverità possono derivare che dal Bene in sé e dalla Verità in sé. Non appena udite, questeproposizioni vengono riconosciute come vere da ogni uomo razionale. Quando poi si diceche tutto ciò che riguarda la volontà e l'intelletto, o l'amore e la sapienza, o l'affezione e ilpensiero nell'uomo che è guidato dal Signore, si riferisce al bene e alla verità, ne consegueche tutto ciò che l’uomo vuole e intende, o che ama e conosce, o da cui è affetto e chepensa, deriva dal Signore. Quindi nella chiesa ognuno sa che ogni bene ed ogni veritàprovenienti dall'uomo non sono il bene e il vero in sé, ma solamente quello che viene dalSignore. Poiché queste cose sono la verità, ne consegue che tutto ciò che un tale uomovuole e pensa deriva dal Signore. Che perfino i pensieri e le volizioni di un uomomalvagio non possano avere un'altra origine, si vedrà in seguito (nn. 285–294).
[7] Che questo bene e questa verità siano la vita, da cui deriva la vita di ogni cosa e diogni aspetto della vita, è stato ampiamente mostrato in Divino Amore e Divina Sapienza.Non appena la ragione umana ode questa verità, riconosce che tutta la vita dell'uomoappartiene alla sua volontà ed al suo intelletto. Se si eliminano la volontà e l'intelletto,l'uomo non vive; tutta la vita dell'uomo appartiene all'amore ed al pensiero di esso, perchése gli si tolgono l'amore e il pensiero, egli non ha vita. Il Signore è l’unica fonte di tutto ciòche in noi ha a che vedere con la volontà e con l’intelletto, o con l'amore e il pensiero; neconsegue che tutta la nostra vita deriva da lui.
[8] Che questa singola, essenziale realtà è onnipresente, onnisciente e onnipotente, èriconosciuto da ogni cristiano in base alla sua dottrina, e da ogni noncristiano in base allasua religione. Perciò ognuno, ovunque sia, pensa che Dio sia dove egli si trova, e pregaDio come se fosse presente; e poiché ognuno pensa e prega in tal modo, ne consegue chenon si può pensare altrimenti se non che Dio è ovunque, e di conseguenza onnipresente; eche del pari egli è onnisciente e onnipotente. Perciò ogni uomo che prega Dio, lo supplicacon tutto il suo cuore di guidarlo, perché egli ne è capace. Così ognuno riconosce allora laDivina onnipresenza, onniscienza e onnipotenza; la riconosce perché allora egli si rivolgeal Signore, da cui fluisce questa verità.
[9] Questa realtà unica ed essenziale è il Signore ab aeterno o Jehovah. In Dottrina dellaNuova Gerusalemme sul Signore ho mostrato che Dio è uno in essenza ed in persona; e chequesto Dio è il Signore. Ho mostrato altresì che lo stesso Divino, che si chiama JehovahPadre, è il Signore ab aeterno; che il Figlio concepito dal Divino fin dall’eternità, e nato inquesto mondo, è il Divino Umano; e che il Divino che da se stesso procede è lo SpiritoSanto. Questa realtà è chiamata “unica” ed “essenziale” perché si è detto precedentementeche il Signore ab aeterno o Jehovah è la vita in sé, l’amore in sé e la sapienza in sé, o il benein sé e la verità in sé, origine di tutte le cose. Che il Signore abbia creato ogni cosa da sestesso e non dal nulla, è dimostrato in Divino Amore e Divina Sapienza, nn. 282284 e nn.349357. Le considerazioni fin qui esposte possono servire da prova razionale della veritàche l'uomo è guidato e istruito unicamente dal Signore.
158. Questa stessa verità è dimostrata presso gli angeli non solo con argomenti razionali,ma anche tramite percezioni dirette, soprattutto presso gli angeli del terzo cielo. Questipercepiscono l'influsso del Divino Amore e della Divina Sapienza procedenti dal Signore;e poiché lo percepiscono, e grazie alla loro sapienza, sanno che l'amore e la sapienza sonola vita. Perciò essi dicono che la loro vita proviene dal Signore, e non da se stessi; e nonsolamente lo dicono ma desiderano e vogliono che sia così. Nonostante ciò sembra chevivano da se stessi, anzi più degli altri angeli, poiché come è stato già mostrato (dal n. 42 aln. 45), quanto più ci si congiunge al Signore, tanto più sembra di appartenere a se stessi, etanto più chiaramente ci si accorge di appartenere al Signore. Da molti anni, ormai, mi èstato concesso di trovarmi in una simile percezione e in una simile apparenza: perciò mi
sono pienamente convinto che io non voglio né penso nulla da me stesso, pur sembrandoche ciò avvenga come da me stesso. Mi è stato inoltre concesso di volere e di amare questamia condizione. Ciò si potrebbe confermare con molti altri esempi del mondo spirituale;ma ciò che è stato esposto per ora è sufficiente.
159. I seguenti passi della Parola dimostrano che la vita appartiene esclusivamente alSignore:
Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, benché sia morto, vivrà (Giovanni 10:25)
Io sono la via, la verità e la vita (Giovanni. 15:6)
Dio era il Verbo, in esso era la vita, e la vita era la luce degli uomini (Giovanni 1:14)
Il Verbo in questo passo è il Signore.
Come il Padre ha la vita in se stesso, cosi ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso »(Giovanni 5:26)
Che l'uomo sia guidato ed istruito solo dal Signore è evidente da questi passi:
Senza di me non potete far nulla (Giovanni 15:5)
L'uomo non può avere cosa alcuna se non gli è data dal cielo (Giovanni 3:27)
L'uomo non può fare bianco o nero neppure un capello (Matteo 5:36)
Per capello, nella Parola, si indica il minimo di qualsiasi cosa.
160. Che la vita dei malvagi abbia la stessa origine sarà mostrato in seguito (nn. 285–294).Ora l’esame di questo soggetto sarà circoscritto all’esposizione per comparazioni. Dal soledel mondo fluiscono il calore e la luce, sia negli alberi che portano frutti cattivi, sia neglialberi che portano frutti buoni; eppure tutti questi alberi vegetano e crescono nella stessamaniera. La diversità è prodotta dalle forme nelle quali fluisce il calore, non dal calore insé. Lo stesso vale per la luce, che si diversifica in vari colori a seconda delle forme in cui
fluisce. Vi sono colori belli e allegri, e vi sono colori brutti e tristi; nondimeno la luce è lastessa. Lo stesso vale per il calore spirituale, che in sé è l'amore, e della luce spirituale, chein sé è la sapienza, entrambi procedenti dal sole del mondo spirituale. Le forme nelle qualiessi fluiscono fanno la diversità, non il calore, che in sé è amore, né la luce, che in sé èsapienza. Le forme in cui essi fluiscono sono le menti umane. Ciò dimostra che l'uomo èguidato ed istruito soltanto dal Signore.
161. È stato mostrato più sopra (n. 16, n. 96) che cos’è la vita degli animali: una vita diimpulsi puramente fisici, accompagnati da una conoscenza adatta a loro. Questa vitagiunge agli animali in modo indiretto, corrispondente alla vita di quelli che sono nelmondo spirituale.
162. II. L'uomo è guidato ed istruito dal Signore solo, per mezzo del cielo angelico, e da questocielo. Si dice che l'uomo è guidato ed istruito solo dal Signore per mezzo del cielo angelico,e da quel cielo. Tuttavia, l’espressione “per mezzo del cielo angelico” è secondol'apparenza; ma “da quel cielo” è secondo la verità. “Per mezzo del cielo angelico” èun'apparenza, perché il Signore appare come il sole al di sopra di questo cielo; “da quelcielo” è la verità, perché il Signore si trova in quel cielo come l'anima nell'uomo. Come hogià mostrato il Signore è onnipresente, e non è nello spazio. Perciò la distanza èun'apparenza, che varia secondo la congiunzione con lui, e la congiunzione varia secondola ricezione dell'amore e della sapienza, che procedono da lui. Dato che nessuno si puòcongiungere al Signore come è egli stesso in sé, il Signore appare agli angeli in lontananza,come il sole. Ciò nondimeno, egli è in tutto il cielo angelico come l’anima è nell'uomo, enello stesso modo in ciascuna comunità del cielo, così come in ciascun angelo di ciascunacomunità: l'anima dell'uomo, infatti, non lo pervade solo nella sua interezza, ma anche inciascuna parte.
[2] Tuttavia, poiché in apparenza il Signore governa tutto il cielo, e per mezzo di esso ilmondo, dal sole che procede da lui, e dove è egli stesso (intorno a questo sole si veda inDivino Amore e Divina Sapienza, seconda parte), e poiché è concesso ad ogni uomo diparlare secondo le apparenze, né potrebbe essere altrimenti, chiunque non possiede lavera sapienza può legittimamente pensare che il Signore governi tutte le cose, e ciascunadi esse, dal suo sole; ed anche che egli governi il mondo per mezzo del cielo angelico.Anche gli angeli dei cieli inferiori pensano in base a questa apparenza; ma gli angeli deicieli superiori parlano, è vero, secondo l'apparenza, ma pensano secondo la verità, cioè cheil Signore governa l'universo dal cielo angelico, che promana da se stesso. Che i semplici ei saggi parlino, ma non pensino, nello stesso modo, si può spiegare prendendo comeesempio il sole del mondo naturale. Tutti parlano di questo sole secondo l'apparenza,dicendo che sorge e tramonta; ma i saggi, sebbene parlino nello stesso modo, pensano cheil sole sia immobile. Questa infatti è la verità, e quella l'apparenza. Posso anche portare adesempio il modo in cui le cose appaiono nel mondo spirituale. Là infatti vi sono spazi e
distanze, come nel mondo naturale; nonostante ciò essi sono apparenze che riflettono ladiversità delle affezioni, e quindi dei pensieri. La stessa cosa vale per l’apparenza delSignore nel suo sole.
163. Si dirà ora, in poche parole, come dal cielo angelico il Signore guidi ed istruisca ogniuomo. In Divino Amore e Divina Sapienza, più sopra in questo stesso trattato sulla DivinaProvvidenza, nonché in Cielo e inferno, pubblicato a Londra nel 1758, ho reso noto, secondociò che ho veduto e udito, che tutto il cielo angelico appare davanti al Signore come un soluomo, e che lo stesso vale per ciascuna comunità del cielo. Da ciò risulta che ogni angelo espirito è uomo in una forma perfetta. Ho mostrato inoltre, nei suddetti trattati, che il cielonon è il cielo in virtù del proprium degli angeli, ma in virtù della ricezione da parte degliangeli del Divino amore e della Divina sapienza del Signore. Si può quindi comprendereche il Signore governa tutto quanto il cielo angelico come un sol uomo; che questo cielo,essendo in sé uomo, è la stessa immagine e somiglianza del Signore; che il Signore governaquesto cielo come l'anima governa il proprio corpo; e che, siccome tutto il genere umano ègovernato dal Signore, esso non è governato per mezzo del cielo, ma dal cielo in virtù delSignore, e di conseguenza da lui medesimo, poiché come si è già detto egli stesso è ilcielo.
164. Ma poiché questo è un arcano della sapienza angelica, non può essere compresofuorché dall'uomo la cui mente spirituale è aperta, poiché questi, in virtù dellacongiunzione col Signore, è un angelo, da quel che si è detto può comprendere anche ciòche segue:
1° Tutti, tanto gli uomini quanto gli angeli, sono nel Signore, ed il Signore è in loro,secondo la congiunzione con lui, o il che è lo stesso, secondo la ricezione dell'amore e dellasapienza che da lui procedono.
2° Ad ognuno di essi è assegnato un posto nel Signore – vale a dire nel cielo secondo laqualità della suddetta congiunzione, o della suddetta ricezione del Signore.
3° Ognuno nel suo luogo ha uno stato distinto dallo stato degli altri, e riceve dallacomunità i suoi mezzi di sussistenza secondo la sua condizione, la sua funzione e il suobisogno, come accade per ciascuna parte del corpo umano.
4° Ogni uomo viene condotto nel suo luogo dal Signore, a seconda di come è stata la suavita.
5° Ogni uomo, fin dall'infanzia, è introdotto in quell’essere Divino Umano la cui anima e lacui vita è il Signore; ed è guidato ed istruito dal suo Divino Amore secondo la sua DivinaSapienza, in esso e non fuori di esso. Comunque, poiché l’uomo non viene privato dellasua libertà, egli può essere guidato ed istruito soltanto nei limiti della sua attitudine aricevere amore e sapienza, come da se stesso.
6° Coloro che accettano il Divino Amore e la Divina Sapienza sono condotti ai loro luoghiattraverso infinite strade labirintiche, piene di giravolte, come il cibo che, attraversol’apparato digerente giunge nel sangue, e infine in ogni sua sede.
7° Coloro che non ricevono il Divino amore e la Divina sapienza si separano da coloro chesono nel Divino Umano, come le feci e l'urina si separano dall'uomo. Questi sono gli arcanidella sapienza angelica che l’uomo, fino ad un certo punto, può comprendere; ma ve nesono molti di più che non si possono comprendere.
165. III. L'uomo è guidato dal Signore mediante un influsso, ed istruito per mezzo diun’illuminazione. L'uomo è guidato dal Signore per mezzo di un influsso, perché sia essereguidati, sia ricevere l’influsso, sono connessi al nostro amore ad alla nostra volontà. El’uomo è istruito dal Signore mediante l’illuminazione, perché essere istruiti ed essereilluminati è connesso alla sapienza e all'intelletto. È noto che ogni uomo guida se stessosecondo il suo amore, secondo il suo discernimento, e permette agli altri di guidarlo solonella misura in cui questo amore lo permette. Egli può essere condotto dall'intelletto, esecondo l'intelletto, solamente quando l’amore della sua volontà lo permette; e, quando ciòaccade, si potrebbe dire che è l'intelletto a guidarlo, mentre in realtà non è condottodall’intelletto, bensì dalla volontà, da cui deriva l'intelletto. Si dice “influsso” perchél'anima fluisce nel corpo; e l'influsso è spirituale e non fisico. Come si è mostrato più sopra,l’anima o la vita dell'uomo è il suo amore o la sua volontà. Si usa il termine “influsso”ancora perché esso si può paragonare all’influsso del sangue nel cuore, e dal cuore neipolmoni. Che vi sia corrispondenza del cuore con la volontà, e dei polmoni con l'intelletto,e che la congiunzione della volontà con l'intelletto sia come l'influsso del sangue dal cuorenei polmoni, è stato mostrato in Divino Amore e Divina Sapienza, dal n. 371 al n. 432.
166. L'uomo è istruito per mezzo dell'illuminazione perché l’istruzione e l’illuminazionefanno riferimento all’intelletto. Perché l'intelletto, che è la vista interna dell’uomo, èilluminato dalla luce spirituale nello stesso modo in cui l'occhio, ovvero la vista esternadell'uomo, è illuminata dalla luce naturale. C’è un’analogia nell’apprendimento di questedue facoltà; ma la vista interna, che appartiene all’intelletto, viene istruita dagli oggettispirituali, e la vista esterna, che è dell'occhio, dagli oggetti naturali. Vi è una luce spiritualeed una luce naturale, entrambe simili quanto all'apparenza esterna, ma differenti quantoall'apparenza interna, poiché la luce naturale emana dal sole del mondo naturale, e quindiin sé è morta; ma la luce spirituale procede dal sole del mondo spirituale, e quindi è vivain se stessa. È questa luce, e non la luce naturale, ad illuminare l’intelletto umano; il lumenaturale e razionale non deriva da quest’ultima luce, ma da quell’altra. Si chiama lumenaturale e razionale, perché è spiritualenaturale.
[2] Vi sono tre gradi di luce nel mondo spirituale: la luce celeste, la luce spirituale, e laluce spiritualenaturale. Coloro che sono nel terzo cielo hanno la luce celeste, che è unaluce simile a quella di una fiamma sfavillante; coloro che sono nel cielo medio hanno la
luce spirituale, che è una luce chiara e risplendente; la luce spiritualenaturale è come laluce del giorno nel nostro mondo. È la luce di quelli che sono nel cielo più basso, così comedi quelli che dimorano nel mondo degli spiriti, che è fra il cielo e l'inferno. In quest’ultimomondo tale luce è nei buoni come la luce d'estate, e nei cattivi come la luce d'inverno sullaterra.
[3] Qualsiasi luce del mondo spirituale, in ogni caso, non ha nulla in comune con la lucedel mondo naturale: esse differiscono fra loro come la vita e la morte. È dunque evidenteche la luce naturale, come appare ai nostri occhi, non illumina l'intelletto, che è illuminatodalla luce spirituale. L'uomo ignora queste cose, perché fino qui non aveva saputo nulladella luce spirituale. Che la luce spirituale sia nella sua origine la Divina Sapienza o laDivina Verità , è stato mostrato in Cielo e inferno, dal n. 126 al n. 140.
167. Giacché si è parlato della luce del cielo (n. 166), bisognerà dire anche qualche cosadella luce dell'inferno. Anche la luce dell'inferno ha tre gradi: la luce dell'inferno più bassoè come la luce dei carboni ardenti; la luce dell'inferno medio è come la luce di una fiammadi focolare; e la luce dell'inferno più alto è come la luce delle candele, e per alcuni come laluce notturna della luna. Queste luci non sono naturali, ma sono spirituali, poiché ogniluce naturale è morta ed estingue l'intelletto, e coloro che sono nell'inferno hanno la facoltàdi comprendere, che si chiama razionalità, come si è mostrato più sopra. La razionalitàderiva dalla luce spirituale, non dalla luce naturale; ma la luce spirituale che gli abitantidell’inferno possiedono in virtù della razionalità si trasforma in luce infernale, come laluce del giorno nelle tenebre della notte. Comunque, tutti coloro che sono nel mondospirituale, tanto quelli che sono nei cieli, quanto quelli che sono negli inferni, vedono nellaloro luce così chiaramente come l'uomo durante il giorno vede nella sua luce. Ciò perché lavista si adatta alla ricezione della luce dell’ambiente in cui si trova. Così avviene per lavista degli angeli del cielo, riguardo alla ricezione della luce nella quale essi si trovano, eper la vista degli spiriti dell'inferno riguardo alla ricezione della luce in cui si trovano.Quest’ultima si potrebbe paragonare alla vista dei gufi e dei pipistrelli, i quali di notte e disera vedono gli oggetti chiaramente come tutti gli altri uccelli li vedono di giorno: i loroocchi sono fatti per ricevere la luce loro propria. Ma la differenza fra queste luci apparechiaramente a coloro che, fatti per guardare in un tipo di luce, guardano in un’altra; così,quando un angelo del cielo guarda nell'inferno, egli non vede che una profonda oscurità; equando uno spirito dell'inferno guarda nel cielo, egli non vede altro che tenebre. Ciòderiva dal fatto che la sapienza celeste è come oscurità per quelli che sono nell'inferno, eviceversa la follia infernale è oscurità per coloro che sono nel cielo. Da ciò risulta evidenteche la luce di ogni uomo è analoga al suo intelletto, e che dopo la morte ognuno vienenella sua luce, poiché non riuscirebbe a vedere in un'altra luce. Nel mondo spirituale, dovetutti sono spirituali anche in relazione al corpo, gli occhi di ognuno sono formati pervedere in virtù della luce che è loro propria. L'amore della vita di ciascuno forma un
intelletto ad esso conforme, e di conseguenza anche una luce; infatti l'amore è come ilfuoco della vita, da cui emana la luce della vita.
168. Siccome pochi hanno una qualche idea dell’illuminazione, in cui si trova l'intellettodell'uomo che è istruito dal Signore, se ne fare un breve cenno. Da parte del Signore vi èun’illuminazione interiore ed un’illuminazione esteriore, e vi è anche un’illuminazioneinteriore ed un’illuminazione esteriore da parte dell'uomo stesso. L’illuminazione interioreda parte del Signore consiste nella capacità dell’uomo di comprendere se una cosa è vera ofalsa non appena la sente pronunciare; l’illuminazione esteriore si manifesta diconseguenza nel suo pensiero. L’illuminazione interiore da parte dell'uomo deriva solodalle sue convinzioni, e l’illuminazione esteriore dall'uomo deriva dalle cognizioni di cui èin possesso. Ma è opportuno aggiungere qualcosa a proposito di ciascuno di questi tipi diilluminazione.
[2] L' uomo razionale, in virtù dell'illuminazione interiore da parte del Signorepercepisce subito se una cosa è vera o falsa non appena la ode; egli sa, ad esempio, chel'amore è la vita della fede, o che la fede riceve la sua vita dall'amore. Chi è interiormenteilluminato percepisce anche che l'uomo vuole tutto ciò che ama, e mette in atto tutto ciòche vuole; quindi amare significa agire. Egli comprende anche che tutto ciò che l'uomocrede a causa del suo amore, lo vuole e lo fa; quindi anche credere è agire. L’uomoilluminato comprende anche che l'empio non può amare Dio, né di conseguenza aver fedein Dio. In conseguenza dell'illuminazione interiore l'uomo razionale percepisce anche, nonappena le ode, queste verità: Dio è uno; è onnipresente; ogni bene deriva da lui, e tutte lecose derivano dal bene e dal vero; ogni bene deriva dal Bene in sé, ed ogni verità dallaVerità in sé. Queste ed altre simili verità l'uomo le percepisce interiormente in sé quandole ode. Le percepisce perché è dotato di razionalità, e vi è una luce nel cielo che la illumina.
[3] L'illuminazione esteriore è l'illuminazione del pensiero che deriva da questailluminazione interiore; ed il pensiero gode di questa illuminazione finché resta nellapercezione che gli viene dall’illuminazione interiore, e in pari tempo sa per esperienzacos’è il vero e il bene. Esso desume da queste conoscenze le ragioni tramite le qualiconferma in sé l’illuminazione ricevuta. Il pensiero, in seguito a questa illuminazioneesteriore, vede le cose sotto entrambi gli aspetti; da un lato vede le ragioni che loconfermano, dall'altro vede le apparenze che lo mettono in discussione; il pensiero rifiutaqueste ultime, mentre accoglie le prime.
[4] Ma l'illuminazione interiore da parte dell'uomo stesso è del tutto diversa. Sottoquesta luce, l'uomo vede le cose da un lato ma non le vede dall'altro; e, quando decide,egli vede le cose in una luce in apparenza simile a quella di cui ho parlato, ma è come unaluce invernale. Si prendano ad esempio quei giudici che in seguito a regalie e per amoredel profitto giudicano ingiustamente. Dopo aver confermato dentro di sé il loro giudiziocon le leggi e con vari ragionamenti, essi si ritengono nel giusto. Alcuni si accorgono di
agire ingiustamente, ma poiché non lo vogliono vedere, essi chiudono gli occhi e siaccecano, e finiscono per non vedere più l’ingiustizia. Lo stesso si può dire dei giudici cheper amicizia, per ottenere favori, e per agire a vantaggio della propria famiglia,pronunziano dei giudizi. Simili a loro sono quelli che accettano tutto ciò che esce dallabocca di un uomo autorevole o famoso, o tutto ciò che essi stessi hanno costruito con laloro intelligenza: questi sono intelletti ciechi, poiché la loro vista deriva dalle falsità cheessi confermano; ma la falsità chiude la vista, e la verità la apre.
[5] Uomini siffatti non vedono alcuna verità in virtù della luce del vero, né alcuna cosagiusta in virtù dell'amore del giusto. Essi vedono in virtù della luce delle loro convinzioni,che è una luce chimerica. Nel mondo spirituale essi appaiono come facce senza testa, ocome facce simili a facce umane, dietro le quali vi sono teste di legno; e si chiamano bestierazionali, perché possiedono una razionalità in potenza. L'illuminazione esteriore da partedell'uomo, poi, è propria di coloro che pensano e parlano solo in virtù delle cognizioniimpresse nella loro memoria. Questi hanno scarse capacità di giungere da soli a qualsiasigenere di conclusione.
169. Queste sono le varietà dell'illuminazione, e della percezione e del pensiero che essaproduce. Vi è una reale illuminazione in virtù della luce spirituale, ma l’illuminazione invirtù di questa luce non si manifesta a nessuno nel mondo naturale, perché la luce naturalenon ha nulla in comune con la luce spirituale; nondimeno, questa illuminazione mi èqualche volta apparsa nel mondo spirituale. L'ho vista, in coloro che erano illuminati dalSignore, come qualcosa di luminoso intorno alla testa, col colore brillante del volto umano.Ma in coloro che erano illuminati da se stessi, quella luminosità mi apparve non intornoalla testa, ma intorno alla bocca e sopra il mento.
170. Oltre queste illuminazioni vi è ancora un'altra illuminazione per la quale si rivela adun uomo in quale fede, in quale intelligenza ed in quale sapienza egli si trova. Questailluminazione è tale che egli stesso giunge a percepire in sé tutto ciò. Viene dunque inviatoin una comunità dove c'è una fede genuina, una vera intelligenza ed una vera sapienza.Qui si apre la sua razionalità interiore, dalla quale vede la sua fede, la sua intelligenza esapienza, quali esse sono, e quale tipo di persona egli è in realtà. Ne ho visti alcuni chetornavano da tali visite, e li ho uditi confessare che in loro non vi era stata alcuna fede,benché nel mondo avessero creduto di possedere una grande fede, più esemplare di quelladegli altri; e lo stesso valeva per loro intelligenza e sapienza. Questi erano coloro cheavevano professato la dottrina della sola fede, senza la carità, ed avevano vissutoammirando la propria intelligenza.
171. IV. L'uomo è istruito dal Signore mediante la Parola, la dottrina e le prediche desunte dallaParola, dunque direttamente dal Signore solo. Più sopra (dal n. 155 al n. 164) è stato mostratoche l'uomo è guidato ed istruito solo dal Signore, e che ciò avviene dal cielo, non tramite il
cielo o qualche angelo del cielo. Poiché l’uomo è guidato solo dal Signore, ne consegue cheegli viene guidato direttamente e non indirettamente. Si dirà ora in che modo ciò avvenga.
172. In Dottrina della Nuova Gerusalemme sulla Sacra Scrittura è stato spiegato che ilSignore è la Parola, e che ogni dottrina della chiesa deve essere desunta dalla Parola.Poiché il Signore è la Parola, ne consegue che l'uomo che è istruito dalla Parola è istruitosolo dal Signore. Ma poiché ciò è difficile da comprendere, deve essere spiegato nelseguente ordine:
1° Il Signore è la Parola, perché la Parola procede da lui e tratta di lui.
2° Il Signore è la Parola anche perché essa è la Divina verità del Divino bene.
3° Così essere istruito dalla Parola significa essere istruito dal Signore.
4° Ciò avviene mediatamente tramite le prediche; il che non toglie che ciò avvenga, inrealtà, in modo diretto.
[2] Il Signore è la Parola, perché essa procede da lui e tratta di lui. Nessuno nella chiesa negache la Parola proceda dal Signore; ma che la Parola tratti solo del Signore non vienenegato, è vero, eppure nessuno lo sa. Ciò è stato mostrato in Dottrina della NuovaGerusalemme sul Signore, dal n. 1 al n. 7, e dal n. 37 al n. 44; e in Dottrina della NuovaGerusalemme sulla Sacra Scrittura, dal n. 62 al n. 69 ; dal n. 80 al n. 90 ; e dal n. 98 al n. 100.Poiché la Parola procede solo dal Signore e tratta solo del Signore, ne consegue chequando l'uomo è istruito dalla Parola, egli è istruito dal Signore, perché la Parola è Divina;e chi può comunicare il Divino ed introdurlo nei cuori, se non lo stesso Divino, da cui laParola deriva e di cui tratta? Perciò dice il Signore, là dove parla della sua congiunzionecoi discepoli: che essi dimorino in lui, e le sue parole in essi (Giovanni 15:7); che le sue parolesono spirito e vita (Giovanni 6:63); che egli dimora presso coloro che osservano le sue parole(Giovanni 15:2024). Perciò pensare in virtù del Signore significa pensare in virtù dellaParola, per il solo tramite della Parola. Che tutto ciò che appartiene alla Parola sia incomunicazione col cielo, è stato mostrato in Dottrina della Nuova Gerusalemme sulla SacraScrittura, dal principio alla fine del trattato; e siccome il Signore è il cielo, si intende chetutto ciò che concerne la Parola è in comunicazione col Signore medesimo. Gli angeli delcielo comunicano senza dubbio col cielo, ma anche questo è dal Signore.
[3] Il Signore è la Parola anche perché essa è la Divina verità del Divino bene. Che il Signore siala Parola, egli stesso lo insegna nel Vangelo di Giovanni in questi termini:
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e Dio era il Verbo; e il Verbo si è fatto carne,ed è venuto ad abitare tra noi (Giovanni 1:114)
Siccome questo passo finora è stato compreso solo nel senso che Dio istruisce l'uomo permezzo della Parola, è stato spiegato supponendo che si tratti di un’iperbole, col sottintesoche il Signore non sia realmente la Parola. Ciò deriva dal fatto che non viene compreso cheper “Verbo” si intende la Divina verità del Divino bene, ovvero ciò che è lo stesso laDivina Sapienza del Divino Amore. Che questa verità e questa sapienza siano il Signorestesso, è stato mostrato in Divino Amore e Divina Sapienza, prima parte del trattato. Che essesiano la Parola, è stato mostrato in Dottrina della Nuova Gerusalemme sulla Sacra Scrittura,dal n. 1 al n. 86.
[4] Si deve dire ancora brevemente in che modo il Signore sia il Divino bene della Divinaverità. Ogni uomo non è tale in virtù del volto e del corpo, ma in virtù della bontà del suoamore e delle verità della sua sapienza; e poiché l’uomo è tale in virtù di questi beni equeste verità, ogni uomo è anche il suo bene e la sua verità, ovvero il suo amore e la suasapienza. A parte ciò, egli non è un uomo; ma il Signore è il bene in sé e la verità in sé, o quel che è la stessa cosa – l’Amore in sé e la Sapienza in sé; e queste stesso sono la Parola,che in principio era presso Dio, e che era Dio, e che si è fatta carne.
[5] Essere istruito dalla Parola significa essere istruito dal Signore, perché significa essereistruiti dal bene stesso e dalla verità stessa, o dall’Amore stesso e dalla Sapienza stessa, chesono la Parola, come si è detto; ma ciascuno viene istruito secondo l'intelletto del suoamore. Tutto quanto è al di là di ciò è transitorio. Tutti quelli che sono istruiti dal Signorenella Parola, sono istruiti in poche verità nel mondo, ma in molte verità quando divengonoangeli. I livelli interiori della Parola, che sono i contenuti Divini spirituali e celesti, siinnestano in pari tempo nell’uomo; ma si aprono in lui nel cielo solo dopo la sua morte,dove l’uomo viene a trovarsi nella sapienza angelica, che paragonata alla sua precedentesapienza umana è ineffabile. Come si legge in Dottrina della Nuova Gerusalemme sulla SacraScrittura, dal n. 5 al n. 26, i contenuti Divini spirituali e celesti, che costituiscono lasapienza angelica, si trovano in tutta la Parola, in ogni suo dettaglio.
[6] L’istruzione avviene mediatamente tramite le prediche; il che non toglie che ciò avvenga, inrealtà, in modo diretto. La Parola può essere insegnata solo indirettamente da parenti,maestri, predicatori, dai libri, e principalmente grazie alla sua lettura; nondimeno, essanon è insegnata da questi, bensì dal Signore per loro tramite. Tale insegnamento èconforme anche alla conoscenza dei predicatori, che affermano di non parlare da se stessi,ma in virtù dello Spirito di Dio, e che ogni verità, così come ogni bene, proviene da Dio.Essi possono in verità parlare, e far penetrare le loro parole nell'intelletto di molti, ma nonnel loro cuore; e quel che non è nel cuore perisce nell'intelletto. Per “cuore” si intendel'amore dell'uomo. Da queste considerazioni si può comprendere che l'uomo è guidato edistruito soltanto dal Signore; e che ciò avviene immediatamente da lui, quando l’uomoviene istruito dalla Parola. Questo è l'arcano degli arcani della sapienza angelica.
173. In Dottrina della Nuova Gerusalemme sulla Sacra Scrittura, dal n. 104 al n. 113, è statomostrato che tramite la Parola ricevono una luce anche coloro che sono fuori della chiesa enon hanno la Parola. E dato che l'uomo riceve la luce grazie alla Parola, e da questa luceegli ottiene l’intelletto, e questo intelletto è concesso tanto ai cattivi quanto ai buoni, neconsegue che dalla sua fonte la luce giunge in quelle forme derivate che sono le nostrepercezioni ed i nostri pensieri intorno a qualsiasi soggetto. Il Signore dice che senza di Luinon possiamo fare nulla (Giovanni 15:5), che l'uomo non può ricevere niente se non gli è dato dalcielo (Giovanni 3:27) e che il Padre, che è nei cieli, fa levare il sole sopra i cattivi e i buoni, e fapiovere sui giusti e sugli ingiusti (Matteo 5:45). Per “sole” si intende qui, come altrove nellaParola, nel suo senso spirituale, il Divino bene del Divino amore, e per la pioggia la Divinaverità della Divina sapienza. L'uno e l'altra vengono concessi ai cattivi ed ai buoni, aigiusti ed agli ingiusti, poiché se così non fosse, nessuno avrebbe percezione e pensiero. Èstato mostrato più sopra (n. 157) che vi è una sola vita, da cui deriva la vita di tutti. Lapercezione e il pensiero sono funzioni della vita; dunque la percezione e il pensieroprovengono dalla medesima sorgente da cui procede la vita. È stato già ampiamentemostrato che ogni luce che costituisce l’'intelletto emana dal sole del mondo spirituale, cheè il Signore.
174. V. Esteriormente, l'uomo è guidato ed istruito dal Signore apparentemente come da sestesso. Ciò avviene esteriormente, e non interiormente. Nessuno sa come il Signore guidied istruisca l'uomo nella sua interiorità, né in qual modo l’anima agisca in modo chel'occhio veda, l'orecchio oda, la lingua e la bocca parlino, il cuore muova il sangue, ipolmoni respirino, lo stomaco digerisca, il fegato ed il pancreas regolino, i reni creinoseparazione, e si compiano le altre innumerevoli funzioni. L’uomo non percepisce né hasensazione alcuna di queste cose; lo stesso avviene di quelle che il Signore opera nellesostanze e nelle forme interiori della mente, che sono infinitamente più numerose. Leoperazioni del Signore in queste sostanze e forme non si manifestano all'uomo, ma simanifestano gli effetti, che sono molti, ed anche alcune cause di tali effetti. Questi effettisono gli eventi esteriori in cui l'uomo è uno col Signore; e poiché ciò che è esteriore è unastessa cosa con ciò che è interiore, in quanto entrambi sono connessi in un’unica serie, ilSignore può mettere ordine nell’uomo interiormente solo nella misura in cui l’uomo, conle sue forze, mette ordine in sé, esteriormente.
[2] Ognuno sa che l'uomo pensa, vuole, parla ed agisce apparentemente come da sestesso; ed ognuno può rendersi conto che senza questa apparenza l'uomo non avrebbealcuna volontà ed alcun intelletto, alcuna affezione ed alcun pensiero, ed anche alcunacapacità di ricevere il bene ed il vero che procedono dal Signore. Ne consegue che senzaquesta apparenza non vi sarebbe alcuna conoscenza di Dio, alcuna carità, alcuna fede, equindi alcuna riforma e rigenerazione, e di conseguenza alcuna salvezza. Per cui èevidente che questa apparenza è data all'uomo dal Signore per tutte queste funzioni, e
principalmente affinché vi sia per lui qualcosa di ricettivo e di reciproco, grazie a cui ilSignore si possa congiungere all'uomo, e l'uomo al Signore, e per mezzo di questacongiunzione l'uomo possa vivere eternamente. Questa è l'apparenza che qui s’intende.
IX
È una legge della Divina Provvidenza che l’uomo non percepisca né sentanulla dell’operazione della Divina Provvidenza, e nondimeno, la conosca e
la riconosca
175. L'uomo naturale, che non crede alla Divina Provvidenza, pensa fra sé : «Che cos’è laDivina Provvidenza, se i malvagi ottengono onori e ricchezze più dei buoni, e se coloroche non credono alla Divina Provvidenza hanno più fortuna di quelli che vi credono; edanzi gli infedeli e gli empi, con astuzie e malizie, possono recare oltraggi, danni e sventure,e talvolta la morte ai fedeli ed ai pii?» E di conseguenza egli pensa: «L’esperienza stessanon mostra forse chiaramente che le macchinazioni dolose, purché l'uomo con ingegnosaaccortezza possa fare in modo che sembrino azioni leali e giuste, prevalgono sulla fedeltà ela giustizia? Che cosa è tutto il resto se non necessità, conseguenze e casi fortuiti, in cuinulla si manifesta della Divina Provvidenza? Le necessità non appartengono forse allanatura? Le conseguenze non sono forse cause che derivano dall'ordine naturale o civile? Ei casi fortuiti non provengono forse da cause che si ignorano, o da nessuna causa?» Cosìpensa in se stesso l'uomo naturale, che nulla attribuisce a Dio ma attribuisce ogni cosa allanatura; poiché colui che non attribuisce nulla a Dio, non attribuisce niente neppure allaDivina Provvidenza, in quanto Dio e la Divina Provvidenza sono la stessa cosa.
[2] Ma l'uomo spirituale dice o pensa fra sé altrimenti. Benché egli non percepisca colpensiero e non veda con i suoi occhi la Divina Provvidenza nel suo continuo operare,purtuttavia la conosce e la riconosce. Poiché le apparenze, e quindi le illusioni di cui hofatto menzione, hanno accecato l'intelletto, il quale non può vedere alcunché se le illusioniche hanno causato l'accecamento, e le falsità che hanno prodotto l'oscurità non vengonodissipate. Ciò è possibile solo grazie alle verità, che hanno il potere di dissipare le falsità;perciò devo rivelare adesso queste verità, nel seguente ordine per necessità di chiarezza:
I. Se l'uomo percepisse e sentisse l'operazione della Divina Provvidenza, egli non agirebbein virtù della libertà secondo la ragione, e nessuna cosa gli sembrerebbe come propria; ciòavverrebbe anche se l'uomo potesse prevedere il futuro.
II. Se l'uomo vedesse manifestamente la Divina Provvidenza, egli si intrometterebbenell'ordine e nel processo del suo cammino, pervertendoli e distruggendoli.
III. Se l'uomo vedesse manifestamente la Divina Provvidenza, negherebbe Dio oconsidererebbe se stesso Dio.
IV. È concesso all'uomo di vedere la Divina Provvidenza di dietro e non direttamente. Ciòaccade nello stato spirituale, non nello stato naturale.
176. I. Se l'uomo percepisse e sentisse l'operazione della Divina Provvidenza, egli non agirebbe invirtù della libertà secondo la ragione,e nessuna cosa gli sembrerebbe come propria; ciò avverrebbeanche se l'uomo potesse prevedere il futuro. È stato mostrato nelle sezioni dedicate a questiargomenti che, per una legge della Divina Provvidenza, l'uomo agisce in virtù della libertàsecondo la ragione, come pure che tutto ciò che l'uomo vuole, pensa, dice e fa, gli sembraprovenire da se stesso. Senza questa apparenza nessuno avrebbe alcunché di suo, né ilsenso di sé . Di conseguenza nessuno avrebbe il suo proprium, non vi sarebbe per luinessuna attribuzione della propria condotta, e gli sarebbe indifferente fare il bene o ilmale, ed avere la fede in Dio o nell’inferno. In una parola: non sarebbe uomo, come è statomostrato nelle sezioni precedenti.
[2] Ora sarà mostrato che l'uomo non avrebbe alcuna libertà di agire secondo la ragione,e che non vi sarebbe per lui alcuna apparenza di agire come da se stesso, se percepisse esentisse l'operazione della Divina Provvidenza; giacché se la percepisse e la sentisse, eglisarebbe nondimeno condotto da essa, poiché il Signore tramite la sua Divina Provvidenzaconduce tutti gli uomini, e l'uomo, come abbiamo già dimostrato, non si conduce da sé chein apparenza. Se dunque egli fosse condotto in modo da averne una viva percezione esensazione, non avrebbe coscienza della sua vita, e sarebbe spinto ad agire quasi come unautoma. Se dunque egli avesse coscienza della sua vita, allora sarebbe guidato come unuomo legato con manette e ceppi, o come una giumenta davanti ad un carro. È dunquechiaro che l'uomo non avrebbe alcuna libertà, quindi sarebbe sprovvisto di ragione, poichéognuno pensa in virtù della propria libertà, e pensa liberamente; e tutto quel che nonpensa in virtù della propria libertà gli sembra provenire da qualcun altro. Se si esaminatutto ciò più a fondo, si scopre che l’uomo non avrebbe pensiero, e tanto meno razionalità;e che non sarebbe affatto uomo.
177. L'incessante operazione della Divina Provvidenza del Signore consiste neldistogliere l'uomo dai mali. Se qualcuno percepisse e sentisse questa operazione incessante pur se non fosse condotto a forza, come incatenato non resisterebbe forsecontinuamente? Ed allora non lotterebbe con Dio, oppure vorrebbe aver parte nei disegnidella Divina Provvidenza? In quest’ultimo caso egli si crederebbe pari a Dio, nel primo siscioglierebbe dal legame e negherebbe Dio. Vi sarebbero infatti due forze l'una control'altra, continuamente in azione: la forza del male da parte dell'uomo, e la forza del beneda parte del Signore. Quando due opposti agiscono l'uno contro l'altro, o uno di essi vince,o entrambi periscono. Nel presente caso, però, se uno di essi vincesse, perirebberoentrambi. Il male che appartiene all'uomo non può ricevere il bene dal Signoreimmediatamente, né il bene che procede dal Signore può espellere il male dall'uomoimmediatamente. Se l'una o l'altra cosa si verificasse, l’uomo non potrebbe continuare a
vivere. Queste e altre più dannose conseguenze ne risulterebbero, se l'uomo percepisse osentisse manifestamente l'operazione della Divina Provvidenza. Ma ciò verrà mostrato piùchiaramente in seguito con esempi.
178. La necessità di poter agire in libertà e in modo razionale fa sì che non sia concessoall'uomo di prevedere il futuro, poiché è noto che tutto ciò che l'uomo ama, egli vuole cheaccada, ed usa la ragione per muoversi in quella direzione. Inoltre non vi è nulla di ciò chel'uomo considera con la ragione, che non proceda dall'amore di ottenere l’effetto permezzo del pensiero. Se dunque egli sapesse per una predizione Divina l'effetto o l'evento,la ragione cederebbe, e con la ragione, l'amore; poiché l'amore e la ragione terminanonell'effetto, e da questo effetto comincia un nuovo amore. Il piacere della ragione consistenel vedere, in virtù dell'amore, l'effetto nel pensiero, non nell'effetto ma prima di esso: nonnel presente, ma nel futuro. Quindi l'uomo possiede quel che si chiama “speranza”, checresce o decresce nella ragione, nella misura in cui essa vede o aspetta l'evento. Questopiacere trova la sua completezza nell'avvenimento.
[2] La stessa cosa avverrebbe per un avvenimento preconosciuto. La mente dell'uomo ècontinuamente in queste tre cose: fine, causa ed effetto. Se una di queste tre cose manca, lamente umana non è nella sua vita. L’impulso della nostra volontà è il fine originario, ilpensiero dell'intelletto costituisce i mezzi per renderlo effettivo, e l'azione del corpo, laparola della bocca, o la sensazione esterna, sono l'effetto del fine mediante il pensiero. Ènoto che la mente umana non è nella sua vita finché è occupata solamente dall'impulsodella sua volontà, e non altro; ciò vale anche finché è occupata soltanto dall'effetto. Quindila mente non ha alcuna vita da una di queste tre cose separatamente, ma essa ha vita datutte e tre congiuntamente. Questa vita della mente diminuirebbe e svanirebbe se unavvenimento venisse predetto.
179. Poiché la prescienza delle cose future distrugge la nostra stessa natura umana, checonsiste nell’agire in virtù della libertà secondo la ragione, non è concesso a nessuno diconoscere il futuro, ma è permesso ad ognuno di giungere a conclusioni intorno alle cosefuture in virtù della ragione. Questo è ciò che dà vita alla ragione e a tutti i suoi poteri. Èquesto il motivo per cui l'uomo non conosce la sua sorte dopo la morte, o non conosce unavvenimento prima che si verifichi; se lo conoscesse, egli non rifletterebbe più nella suainteriorità su come agire o vivere allo scopo di pervenirvi, ma penserebbe esteriormentesolamente che ciò avverrà. Questo stato chiude i piani interiori della mente, in cuirisiedono principalmente le due facoltà della vita: la libertà e la razionalità. Il desiderio diconoscere il futuro è innato nella maggior parte degli uomini, ma questo desiderio ha lasua origine nell'amore del male. Perciò esso viene tolto a coloro che credono alla DivinaProvvidenza, e viene data loro la fiducia che il Signore si prende cura della loro sorte;quindi essi non vogliono conoscerla anticipatamente, per non interferire in qualche modonella Divina Provvidenza. Questo insegna il Signore in vari passi in Luca 12:14 48.
[2] Che questa sia una legge della Divina Provvidenza si può confermare con moltiesempi presi dal mondo spirituale. La maggior parte degli uomini, allorché giungono inquel mondo, dopo la morte, vogliono sapere la foro sorte; ma si risponde loro che sehanno vissuto bene, la loro sorte è nel cielo, e se hanno vissuto male è nell'inferno. Siccometutti temono l'inferno, anche i malvagi, essi domandano che cosa debbono fare e debbonocredere per venire nel cielo; si risponde loro: « Agite e credete come volete, ma sappiateche nell'inferno non si fa il bene, né si crede il vero, come invece accade nel cielo.Informatevi di ciò che è il bene e di ciò che è il vero, e pensate il vero e fate il bene, se lopotete. » Così è lasciata ad ognuno, nel mondo spirituale come nel mondo naturale, lapossibilità di agire in virtù della libertà secondo la ragione. Tuttavia si continua ad agirenell’altro mondo come si è agito in questo, poiché in ogni caso la nostra vita resta con noi;e quindi la nostra sorte, perché la sorte appartiene alla vita.
180. II. Se l'uomo vedesse manifestamente la Divina Provvidenza, egli si intrometterebbenell'ordine e nel processo del suo cammino, pervertendoli e distruggendoli. Affinché questaproposizione venga chiaramente compresa dall'uomo razionale, ed anche dall'uomonaturale, dovrà essere illustrata con esempi in quest'ordine:
a) Gli esterni hanno un tale nesso con gli interni, che agiscono come una singola entità intutto ciò che fanno;
b) L'uomo è solamente in alcuni piani esterni col Signore, e se fosse in pari tempo negliinterni, egli pervertirebbe e distruggerebbe tutto l'ordine e la progressione della DivinaProvvidenza. Ma come si è detto, queste proposizioni saranno illustrate con esempi.
[2] a) Gli esterni hanno un tale nesso con gli interni, che agiscono come una singola entità intutto ciò che fanno. L'illustrazione con esempi si farà qui per mezzo di alcune caratteristichedel corpo umano. In tutto il corpo ed in ogni sua parte vi sono esterni ed interni. Gliesterni in esso si chiamano cute, membrane ed involucri; gli interni sono forme variamentecomposte e intessute di fibre nervose e di vasi sanguigni; l'involucro che li circonda,tramite sue estensioni, entra in tutti gli interiori fino agli intimi; così l'esterno, che èl'involucro, si congiunge con tutti gli interni, che sono le forme organiche composte difibre e di vasi. Ne consegue che, come l'esterno agisce o viene messo in azione, così anchegli interni agiscono o vengono messi in azione. Vi è una costante unione di tutti glielementi.
[3] Si consideri ad esempio quale involucro la pleura, che è l'involucro comune del petto,o del cuore e del polmone, e la si esamini con l’occhio dell’anatomista, e si vedrà chequesto involucro comune, per varie circonvoluzioni ed estensioni, sempre più sottili, entranegli intimi recessi del polmone, fin nelle più piccole ramificazioni bronchiali, e negli stessialveoli, che sono le unità anatomiche dei polmoni; senza parlare poi del suo camminoattraverso la trachea, nella laringe verso la lingua. Vi è quindi una connessione perpetua
degli esterni con gli intimi, per cui, come l'esterno agisce o è messo in azione, così gliinteriori, cominciando dagli intimi, agiscono o sono messi in azione. Avviene quindi chequando questo involucro esterno, quale è la pleura, è inondato o infiammato o pieno diulcere, i polmoni soffrono a partire dal loro centro; e se il male aumenta, ogni azione deipolmoni cessa, e l'uomo muore.
[4] La stessa cosa si verifica in tutto il corpo, per esempio nel peritoneo, involucrocomune di tutti i visceri dell'addome; come pure degli involucri di ciascun viscere, comequelli dello stomaco, del fegato, del pancreas, della milza, degli intestini, del mesenterio,dei reni e degli organi della generazione di entrambi i sessi. Si consideri uno di questivisceri lo si esamini con l’occhio dell’anatomista; per esempio, il fegato, e si vedrà che vi èuna connessione del peritoneo con l’involucro di quell’organo, ed una connessione tramitequell’involucro con le sue zone più intime. Fra tutte le parti vi è dunque unaconcatenazione tale, che quando l'involucro agisce o è messo in azione, tutta la formaagisce o è messa in azione. La stessa cosa vale per tutti gli altri visceri. La ragione di ciò èche in ogni forma il generale ed il particolare, o l'universale e il singolare agiscono comeuna cosa sola, per una mirabile congiunzione.
[5] Vedremo in seguito (n. 181) che nelle forme spirituali e nelle mutazioni e variazionidel loro stato, che si riferiscono alle operazioni della volontà e dell'intelletto, avviene comenelle forme naturali e nelle loro operazioni, che si riferiscono ai movimenti ed alle azioni.Ora, poiché l'uomo in alcune operazioni esterne coopera col Signore, e nessuno è privodella libertà di agire secondo la ragione, ne consegue che il Signore non può agire in noiinteriormente in modo differente da come agisce l’uomo esteriormente: se dunque l'uomonon fugge e non aborrisce i mali come peccati, l'esterno del pensiero e della volontà sivizierà e si indebolirà, e in pari tempo la loro interiorità, proprio come la pleura èindebolita dalla sua malattia, detta pleurite, che causa la morte del corpo.
[6] b) Se l’uomo fosse negli interni pervertirebbe e distruggerebbe tutto l'ordine e la progressionedella Divina Provvidenza. Anche questo sarà illustrato con esempi presi dal corpo umano. Sel'uomo conoscesse tutte le operazioni di entrambi gli emisferi del cervello nelle fibrenervose, dalle fibre nei muscoli, e dai muscoli nelle azioni, e utilizzasse questa conoscenzaper controllare questi processi come noi controlliamo le nostre azioni, non li pervertirebbee distruggerebbe tutti?
[7] Se l'uomo sapesse come lo stomaco digerisce, come gli organi che lo circondanoadempiono il loro compito, elaborano il sangue e lo distribuiscono per ogni necessitàvitale, e ne potesse disporre come nelle sue azioni esteriori, ad esempio quando mangia ebeve, non pervertirebbe e distruggerebbe ogni cosa? Poiché egli non può agire sull'esterno,che si presenta come uno, senza distruggerlo per la lussuria e l'intemperanza, che cosaavverrebbe se egli disponesse anche degli interni, che sono infiniti? Perciò gli interni,affinché l'uomo non penetri in essi con la sua volontà, e non li sottoponga alla sua
direzione, sono stati completamente sottratti alla sua volontà, eccetto i muscoli cheformano l'involucro, di cui ancora si ignora come essi agiscono, e solamente si sa cheagiscono.
[8] Lo stesso vale per tutti gli altri processi. Per esempio, se l'uomo esercitasse il suocontrollo sugli interiori dell'occhio per vedere, sugli interiori dell'orecchio per udire, sugliinteriori della lingua per gustare, sugli interiori della pelle per sentire, sugli interiori delcuore per il moto sistolico, sugli interiori dei polmoni per respirare, sugli interiori delmesenterio, sugli interiori dei reni per separare gli elementi, sugli interiori degli organidella generazione per prolificare, sugli interiori dell'utero per perfezionare l'embrione, ecosì via, non pervertirebbe e non distruggerebbe in una infinità di modi l'ordine e laprogressione della Divina Provvidenza in questi organi? L'uomo compie consciamente lecose esteriori: per esempio egli vede con l'occhio, ode con l'orecchio, gusta con la lingua,sente con la pelle,respira coi polmoni, contribuisce alla propagazione della specie, e cosìvia. È sufficiente che egli conosca i processi esteriori e ne faccia uso per la salute del corpoe della mente. Qualora non potesse farlo, cosa avverrebbe se avesse anche il controllo deiprocessi interiori? Da queste considerazioni è evidente che, se l'uomo vedessemanifestamente la Divina Provvidenza, egli interferirebbe con l'ordine dei suoi processi,così da pervertirli e distruggerli.
181. Il motivo del parallelismo fra i processi spirituali della mente e quelli naturali delcorpo è la corrispondenza di tutte le cose della mente con tutte quelle del corpo. Perciò lamente muove il corpo nelle azioni esteriori, la maggior parte delle volte volontariamente.Essa muove gli occhi per vedere, le orecchie per udire, la bocca e la lingua per mangiare,bere e parlare, le mani per agire, i piedi per camminare, gli organi della generazione perprolificare. Per queste operazioni la mente muove non solamente gli organi esterni, maanche quelli interni ad ogni passo, dai più interiori ai più esteriori, e dai più esteriori ai piùinteriori: cosi, quando muove la bocca per parlare, essa muove il polmone, la laringe, laglottide, la lingua, le labbra, ciascuno di essi secondo la sua funzione, distintamente esimultaneamente; ed anche il volto secondo le circostanze.
[2] Quindi è evidente che ciò che si è detto delle forme naturali del corpo vale anche perle forme spirituali della mente, e che ciò che si è detto delle operazioni naturali del corpo,vale anche per le operazioni spirituali della mente. Il Signore dispone gli interni nel modoin cui l'uomo dispone gli esterni: lo fa in modo distinto, dunque; se l'uomo dispone gliesterni da se stesso, oppure se dispone gli esterni in virtù del Signore e in pari tempo inapparente autonomia. La mente umana è una persona in ogni elemento della sua forma. Èil suo spirito che, dopo la morte appare come appariva l’uomo in questo mondo. Diconseguenza vi sono similarità fra i due mondi. Così ciò che si è detto della congiunzionedegli esterni con gli interni nel corpo, si deve intendere anche della congiunzione degli
esterni con gli interni nella mente, con la sola differenza che la prima è naturale, e l'altraspirituale.
182. III. Se l'uomo vedesse manifestamente la Divina Provvidenza, negherebbe Dio oconsidererebbe se stesso Dio. L'uomo puramente naturale dice fra sé: « Che cosa è la DivinaProvvidenza? È forse altro che una parola che il volgo ha udito dal prete? Chi mai ha vistoqualcosa di essa? Non è forse vero che tutto si compie nel mondo in virtù della prudenza,della sapienza, dell'astuzia e della malizia? Quanto alle altre cose che ne derivano, nonsono esse necessità e conseguenze, ed anche in gran parte contingenze? La DivinaProvvidenza sta forse nascosta in queste cose? Come può essa esistere nelle frodi e nelleastuzie? E nondimeno, si dice che la Divina Provvidenza opera in ogni cosa!Mostratemela, ed io vi crederò. È forse verosimile che qualcuno possa credervi prima? »
[2] Così parla l'uomo meramente naturale; ma l'uomo spirituale parla altrimenti. Questi,poiché riconosce Dio, riconosce anche la Divina Provvidenza. Egli può anche vederla, manon la può manifestare ad un uomo che pensa solo in termini naturali, sulla base di eventinaturali. Un uomo simile non può elevare la mente al di sopra della natura, né vederenelle sue apparenze esteriori qualcosa della Divina Provvidenza; né può inferire intornoad essa qualche cosa dalle sue leggi, che pure sono le leggi della Divina Sapienza. Sedunque la vedesse manifestamente, egli la confonderebbe con la natura, e così non solo lavelerebbe con illusioni, ma la profanerebbe ancora, e invece di riconoscerla, egli lanegherebbe; e colui che nel suo cuore nega la Divina Provvidenza, nega anche Dio.
[3] O si pensa che sia Dio a governare tutto, o si pensa che sia la natura; chi pensa cheDio governa tutto, pensa che sia l’amore stesso e la sapienza stessa, quindi la vita stessa;ma colui che pensa che la natura governa tutto, pensa che sia il calore naturale e la lucenaturale, che tuttavia in sé sono morti, perché emanano da un sole morto. Non è forse ciòche è vivo a governare ciò che è morto? Può forse ciò che è morto governare qualche cosa?pensare che ciò che è morto possa dare la vita, è da insensati. La vita deve necessariamentevenire dalla vita.
183. Sembra impossibile che, se l'uomo potesse vedere manifestamente la DivinaProvvidenza e la sua operazione, sarebbe ancora capace di negare Dio, perché se qualcunola vedesse manifestamente non potrebbe fare a meno di riconoscerla, e quindi diriconoscere Dio; e nondimeno, è l’esatto contrario. La Divina Provvidenza non agisce maiin accordo con l'amore della volontà dell'uomo, bensì contro questo amore, poiché l'uomo,a causa del suo male ereditario, è sempre in cerca dell'inferno più profondo; ma il Signore,grazie alla sua Divina Provvidenza, lo distoglie continuamente da esso, elevandolodapprima ad un inferno più mite, poi facendolo uscire dall'inferno stesso, ed infinesollevandolo fino a sé nel cielo. Questa operazione della Divina Provvidenza è continua;quindi, se l'uomo vedesse o avvertisse chiaramente questo processo, egli si irriterebbe.L’uomo considererebbe allora Dio come un nemico, e dal male del suo proprium lo
negherebbe; pertanto, affinché l'uomo non sappia ciò, è mantenuto nella sua libertà, invirtù della quale egli crede di condurre se stesso con le sue sole forze.
[2] Alcuni esempi serviranno d'illustrazione. L'uomo, per la sua eredità ancestrale, vuolediventare grande e ricco; e, finché a questi amori non è posto un freno, egli vuolediventare sempre più grande e ricco, ed infine grandissimo e ricchissimo. Con tutto ciònon sarebbe soddisfatto, ma vorrebbe divenire più grande di Dio medesimo, e possederelo stesso cielo: questa cupidigia è intimamente nascosta nel male ereditario, e quindi nellavita dell'uomo e nella natura della sua vita. La Divina Provvidenza non elimina questomale in un momento, perché se così fosse l'uomo non vivrebbe; ma essa lo eliminatacitamente e gradatamente, senza che l'uomo se ne accorga. Ciò avviene lasciandoci agirein accordo a pensieri che riteniamo razionali, e utilizzando diversi mezzi, razionali, civili emorali, per distoglierci dalle nostre tendenze. In tal modo possiamo essere liberati daquesti mali mantenendo la nostra libertà. Nello stesso modo, neanche il male può esseretolto a nessuno, a meno che questo non si manifesti, non si veda e non si riconosca: esso ècome una piaga, che non si può guarire se non si apre.
[3] Se dunque l'uomo sapesse e vedesse che il Signore, grazie alla sua DivinaProvvidenza, opera in questo modo contro l'amore della sua vita, da cui trae il massimopiacere, egli non potrebbe fare altrimenti che andare in senso contrario ed inasprirsi,contrastare, dire cose dure; ed infine, in forza del suo male, respingere l'operazione dellaDivina Provvidenza, negandola – e così negando Dio soprattutto se vedesse che essa sioppone ai suoi successi, privandolo del suo rango e dei suoi beni.
[4] Tuttavia bisogna sapere che il Signore non distoglie mai l'uomo dal ricercare onori ericchezze, ma dalla cupidigia di ambire onori per la sola sete di potere o di dominio, edalla cupidigia di acquisire ricchezze per il gusto dello sfarzo, o per l’avidità dei beni in sestessi. Quando egli lo distoglie da questa cupidigia, lo introduce all'amore degli usi,affinché consideri il potere non in sé ma per gli usi, affinché egli sia dedito in primo luogoagli usi e solo secondariamente a se stesso, e non dedito a se stesso e secondariamente agliusi; lo stesso vale per la ricchezza. Che il Signore umili continuamente i superbi ed esaltigli umili, egli Stesso lo insegna in molti luoghi nella Parola; e ciò che egli insegna nellaParola appartiene alla sua Divina Provvidenza.
184. Lo stesso vale per ogni altro male in cui l'uomo si trova in virtù dell'ereditàancestrale: ad esempio gli adulteri, le frodi, le vendette, le bestemmie ed altri mali simili,che non si possono rimuovere se non viene lasciata la libertà di pensarli e di volerli, inmodo tale che l'uomo possa rimuoverli come da se stesso. Egli tuttavia non può farlo, senon riconosce la Divina Provvidenza e non la implora, affinché ciò sia fatto per suotramite: senza questa libertà, e in pari tempo senza la Divina Provvidenza, questi malisarebbero simili ad un veleno iniettato e non estratto, che in breve si diffonde da ogni
parte e dà la morte; sarebbero simili ad una malattia del cuore, che in breve tempodistrugge tutto il corpo.
185. Che le cose stiano così, non lo si può venire a sapere meglio che dagli uomini dopola morte, nel mondo spirituale. Là, la maggior parte di coloro che nel mondo naturaleerano divenuti potenti e ricchi, e negli onori come nelle ricchezze non avevano consideratoche se stessi, all’inizio parlano di Dio e della Divina Provvidenza come se l’avesseroriconosciuto col cuore; ma poiché allora essi vedono manifestamente la DivinaProvvidenza, e grazie ad essa la loro sorte ultima, cioè che andranno all'inferno, essi siuniscono là con i diavoli, e non soltanto negano Dio, ma lo bestemmiano. Poi soccombonoal delirio di riconoscere come loro dei i più potenti fra i diavoli, e nulla desiderano piùardentemente che divenire dei essi stessi.
186. L'uomo andrebbe contro Dio, e giungerebbe a negarlo, se vedesse manifestamente leoperazioni della sua Divina Provvidenza, perché l'uomo si trova nel piacere del suoamore, e questo piacere costituisce la sua stessa vita. Perciò, quando l'uomo è mantenutonel piacere della sua vita, egli è nella sua libertà, poiché la libertà e questo piacere sonouna cosa sola; se pertanto l’uomo percepisse che egli è continuamente distolto dal suopiacere, si irriterebbe contro Dio, come farebbe contro colui che volesse distruggere la suavita, e lo considererebbe come suo nemico. Affinché ciò non accada, il Signore non si favedere manifestamente nella sua Divina Provvidenza, ma grazie ad essa conduce l'uomotacitamente, come un fiume nascosto o una corrente favorevole conduce una nave.Dunque l'uomo sa solo di essere continuamente nel suo proprium, affinché la libertà siauna cosa sola col proprium. Quindi è evidente che la libertà assimila all'uomo ciò che viintroduce la Divina Provvidenza; il che, se questa si manifestasse, non potrebbe accadere(assimilare significa far divenire qualcosa parte della propria vita.)
187. IV. È concesso all'uomo di vedere la Divina Provvidenza di dietro e non direttamente. Ciòaccade nello stato spirituale, non nello stato naturale. Vedere la Divina Provvidenza di dietro enon direttamente, significa vederla dopo un avvenimento, e non prima; e vederla dallostato spirituale e non dallo stato naturale significa vederla dal cielo e non dal mondo. Tutticoloro che ricevono l’influsso del cielo e riconoscono la Divina Provvidenza, principalmente quelli che tramite la riforma sono divenuti spirituali quando vedonodegli avvenimenti nella loro ammirabile sequenza, vedono quasi la Divina Provvidenza invirtù di un riconoscimento interiore, e ne ammettono l’operato; questi non voglionovederla direttamente nel volto, cioè prima che l’evento venga ad esistenza, poiché temonoche la loro volontà si intrometta nel suo ordine e nel suo sistema.
[2] È diverso per coloro che non ammettono alcun influsso del cielo, ma ammettonosolamente l'influsso del mondo, e principalmente per coloro che, seguendo le apparenze,sono divenuti naturali; costoro non vedono nulla della Divina Provvidenza dietro o dopodi essa, ma vogliono vederla faccia a faccia o prima che l’evento venga ad esistenza; e
siccome la Divina Provvidenza opera tramite mezzi, e tali mezzi includono l'uomo o ilmondo, ne risulta che, sia che la vedano di faccia, sia di dietro, essi la attribuisconoall'uomo o alla natura, affermando ulteriormente la sua inesistenza. Se essi la attribuisconoo all'uomo o alla natura, è perché il loro intelletto è chiuso dalla parte superiore, ed apertosolamente dalla parte inferiore; di conseguenza esso è chiuso dal lato del cielo, ed apertodal lato del mondo. Dal mondo non si può vedere la Divina Provvidenza, cosa che èinvece possibile dal cielo. Ho pensato talvolta se costoro potessero riconoscere la DivinaProvvidenza, nel caso che il loro intelletto fosse aperto dalla parte superiore, e qualoravedessero chiaramente che in se stessa la natura è morta, e che in se stessa l'intelligenzaumana è nulla; e che, se l'una e l'altra sembrano avere vita propria, ciò è in virtùdell'influsso. Ho percepito allora che coloro che sono convinti del potere supremo dellanatura e della prudenza umana non riconoscerebbero la Divina Provvidenza, perché laluce naturale che fluisce dal basso estinguerebbe subito la luce spirituale che fluiscedall'alto.
189. L'uomo che è divenuto spirituale per aver riconosciuto Dio, e savio per il rigetto delproprium, vede la Divina Provvidenza ovunque nel mondo, ed in tutte ed in ciascuna dellecose del mondo. La vede nelle cose naturali, nelle cose civili ed in quelle spirituali; e ciò inciò che è simultaneo, quanto in ciò che è successivo; nei fini, nelle cause, negli effetti, negliusi, nelle forme, nelle cose grandi ed in quelle piccole. La vede principalmente nellasalvezza degli uomini, nel fatto che Jehovah ha trasmesso la Parola e grazie ad essa li haistruiti su ciò che riguarda Dio, il cielo, l'inferno, la vita eterna; ed è venuto egli Stesso nelmondo per redimere e salvare gli uomini. In virtù della luce spirituale l’uomo vede nellaluce naturale tutte queste cose e molte altre, ed in esse la Divina Provvidenza. Ma l'uomomeramente naturale non vede nulla di tutto ciò.
[2] Egli è simile a chi vede un tempio magnifico, e ode un predicatore illuminato nellecose Divine; e che, tornato a casa, dice di non aver visto che un edificio di pietre, e di nonaver udito che un suono articolato. O è simile a un miope che entra in un magnificogiardino ornato da frutti di ogni specie, e che, tornato a casa, racconta di aver vistosolamente una selva e degli alberi. Quando uomini di questo genere, divenuti spiriti dopola morte, salgono nel cielo angelico, dove tutte le cose si trovano in forme cherappresentano l'amore e la sapienza, essi non vedono nulla di queste cose, neppure la loropresenza. Ho visto accadere ciò agli uomini che avevano negato la Divina Provvidenza delSignore.
190. Vi sono molte cose costanti che sono state create affinché le cose caduche possanoesistere. Le cose costanti sono il sorgere e il tramontare del sole, della luna e delle stelle; illoro oscuramento per le loro mutue interposizioni, che si chiamano eclissi; il loro calore ela loro luce. Sono costanti anche i periodi dell'anno che si chiamano primavera, estate,autunno e inverno, e le cadenze del giorno che sono la mattina, il mezzogiorno, la sera e la
notte, così come le atmosfere, le acque, le terre; il potere vegetativo nel regno vegetale,analoga alla facoltà procreativa nel regno animale. Vi sono poi gli eventi checostantemente risultano da questi poteri, quando sono messi in azione secondo le leggi cheregolano il disegno generale. È stato provveduto fin dalla creazione a tutte queste costanti,e ad altre ancora, affinché una infinità di cose variabili potessero esistere: infatti le cosevariabili non possono esistere che nelle cose costanti, stabili e certe.
[2] Citerò alcuni esempi. Le cose variabili della vegetazione non esisterebbero, se ilsorgere e il tramontare del sole, e quindi il calore e la luce, non fossero cose costanti. Learmonie sono di una varietà infinita, ma esse non avrebbero luogo, se le atmosfere nelleloro leggi, e le orecchie nella loro forma non fossero costanti; le varietà della vista,anch’esse infinite, non esisterebbero, se l'etere nelle sue leggi, e l'occhio nella sua formanon fossero costanti; parimenti i colori, se la luce non fosse costante. La stessa cosa valeper i pensieri, le parole e le azioni, anch’essi di una varietà infinita: questi nonesisterebbero, se le parti organiche del corpo non fossero costanti. Non deve forse una casaessere costante per permettere a chi vi abita di compiervi cose diverse? Lo stesso vale peruna chiesa, affinché vi si possano compiere le diverse cerimonie del culto, i sermoni, leistruzioni e le meditazioni devote; e così via.
[3] Quanto a ciò che riguarda le varietà che hanno luogo nelle cose costanti, stabili ecerte, esse vanno all'infinito e non hanno limite. Nonostante ciò, in tutto quello che esistenell'universo non vi è mai una cosa totalmente simile ad un'altra, né vi potrà mai esserenelle cose che si succederanno per tutta l'eternità. Chi può disporre in ordine questevarietà che vanno all'infinito e in eterno, se non colui che ha creato le cose costanti alloscopo che le variabili esistano in esse? E chi può disporre le varietà infinite della vita negliuomini, se non colui che è la vita medesima, vale a dire l’amore stesso e la sapienza stessa?Senza la sua Divina Provvidenza, che è come una creazione continua, le affezioni infinitedegli uomini, e quindi i loro pensieri infiniti, e così gli uomini stessi potrebbero forseessere disposti a formare una unità, le affezioni e quindi i pensieri cattivi un solo diavolo,che è l'inferno, e le affezioni e quindi i pensieri buoni un solo Signore nel cielo? È stato piùvolte affermato e mostrato che tutto il cielo angelico sta dinanzi al Signore come un solouomo, che è la sua immagine e somiglianza, e che tutto l'inferno sta dinanzi a lui,all'opposto, come un solo uomo mostruoso. Ho dovuto fare queste osservazioni perchéalcuni uomini naturali si sono serviti delle cose costanti e stabili — necessarie al fine che levarietà possano esistere nel loro contesto — come base per i loro insensati argomenti infavore della natura e della prudenza umana.
X
La propria prudenza è nulla ed esiste solo in apparenza, così come deveessere. La Divina Provvidenza invece include tutto, perché si estende fin
nei minimi dettagli
191. Che la propria prudenza sia nulla va contro ogni apparenza, e quindi control’opinione di molte persone. Poiché è così, colui che segue l'apparenza e crede che valgasolo la prudenza umana, non può essere persuaso del contrario se non in seguito ad unragionamento derivante da una profonda investigazione, basato sulle cause. L’apparenza èun effetto, mentre le cause mostrano da dove essa deriva. In questo preambolo farà cennoall’opinione comune su questo soggetto. Ciò che insegna la chiesa va contro l'apparenza:essa insegna, infatti, che l'amore e la fede, come pure la sapienza e l'intelligenza, econseguentemente anche la prudenza, ed in generale ogni bene ed ogni verità, nonprovengono dall'uomo ma da Dio. Quando si ammettono queste verità, si deve ammettereanche che la propria prudenza è nulla, ed ha solo un’esistenza apparente. La prudenzanon deriva che dall'intelligenza e dalla sapienza: queste vengono solo dal nostro intelletto,e quindi solo dal nostro pensiero di ciò che è vero e buono. Ciò che si è detto adesso èammesso e creduto da coloro che riconoscono la Divina Provvidenza, e non da quelli chericonoscono la sola prudenza umana.
[2] Ora, o la verità è ciò che insegna la chiesa, cioè che ogni sapienza e ogni prudenzavengono da Dio, oppure è ciò che insegna il mondo, cioè che ogni sapienza ed ogniprudenza derivano dall'uomo. Come si può risolvere questa contraddizione se nonaffermando che ciò che insegna la chiesa è la verità, e quel che insegna il mondo èl'apparenza? La chiesa trova conferma al suo insegnamento nella Parola, ed il mondo nelproprium; ma la Parola viene da Dio, ed il proprium viene dall'uomo. Poiché la prudenzaviene da Dio, e non dall'uomo, un cristiano, mentre compie le sue devozioni, prega Dio diguidare i suoi pensieri, le sue risoluzioni ed azioni, perché con le sue sole forze non ne ècapace. Quando vede qualcuno fare del bene, egli dice che vi è stato condotto da Dio, ecosì via. Qualcuno può forse parlare così, se in qualche modo non lo crede interiormente?Questo livello interiore di fede viene dal cielo; ma quando riflettiamo, e raccogliamoargomenti in favore della prudenza umana, possiamo credere il contrario in virtù delmondo. Tuttavia la fede interiore vince in coloro che riconoscono Dio nel cuore, e la fedeesteriore vince in coloro che non riconoscono Dio nel cuore, benché lo riconoscano aparole.
192. Dunque, colui che, seguendo l'apparenza, crede che la prudenza umana sia alla basedi tutto, non può essere persuaso del contrario se non in seguito ad una profonda
investigazione basata sulle cause. Affinché dunque le ragioni desunte dalle cause simanifestino chiaramente all'intelletto, esse verranno esposte nel seguente ordine:
I. Tutti i pensieri dell'uomo derivano dalle affezioni dell'amore della sua vita, e senzaqueste affezioni non vi è, né può esservi assolutamente alcun pensiero.
II. Le affezioni dell'amore della vita dell'uomo sono note solo al Signore.
III. Le affezioni dell'amore della vita dell'uomo sono guidate dal Signore tramite la suaDivina Provvidenza, ed in pari tempo sono guidati i suoi pensieri, da cui proviene laprudenza umana.
IV. Il Signore, tramite la sua Divina Provvidenza, riunisce le affezioni del genere umano inuna sola forma, che è la forma umana.
V. Quindi il cielo e l'inferno, che provengono dal genere umano, hanno forma umana.
VI. Coloro che hanno riconosciuto la sola natura e la sola prudenza umana costituisconol'inferno, e coloro che hanno riconosciuto Dio e la sua Divina Provvidenza costituiscono ilcielo.
VII. Tutte queste cose non possono aver luogo, se all'uomo non appare di poter pensare edisporre della sua vita autonomamente.
193. I. Tutti i pensieri dell'uomo derivano dalle affezioni dell'amore della sua vita, e senza questeaffezioni non vi è, né può esservi alcun pensiero. È stato mostrato in questo trattato e in DivinoAmore e Divina Sapienza, specialmente nelle parti prima e quinta di quest’ultimo, che cos’èl'amore della vita, e che cosa sono nella loro essenza le affezioni, e quindi i pensieri, e daquesti le sensazioni e le azioni che hanno luogo nel corpo. Dato che da queste provengonole cause da cui deriva la prudenza umana come effetto, è necessario a questo puntoaggiungere qualcosa. Ciò che è stato scritto in precedenza non può trovare continuità conciò che si è scritto dopo, se non viene richiamato e messo sotto gli occhi.
[2] In questo trattato e in Divino Amore e Divina Sapienza è stato mostrato che nel Signorevi è il Divino Amore e la Divina Sapienza, e che questi due sono la vita stessa; e che invirtù di questi due vi è nell'uomo la volontà e l'intelletto: in virtù del Divino Amore lavolontà, e in virtù della Divina Sapienza l'intelletto. Alla volontà e all'intellettocorrispondono nel corpo il cuore e i polmoni; si può quindi comprendere che, come ilbattito del cuore congiunto alla respirazione dei polmoni governa l’intero corpo umano,così la volontà congiunta all'intelletto governa la sua mente. Vi sono dunque in ogni uomodue principi di vita, uno naturale, l'altro spirituale; il principio naturale della vita è ilbattito del cuore, ed il principio spirituale della vita è la volontà della mente. Entrambi siuniscono ad un compagno col quale coabitano e col quale esercitano le funzioni della vita:il cuore si unisce ai polmoni, e la volontà all'intelletto.
[3] Poiché l'anima della volontà è l'amore, e l'anima dell'intelletto è la sapienza, e l'uno el'altra procedono dal Signore, ne consegue che l'amore è la vita di ciascuno, e che la qualitàdi tale vita dipende dall’unione del nostro amore con la nostra sapienza. In altri termini, lavolontà è la vita di ciascuno di noi, e la qualità di questa vita dipende dalla qualitàdell’unione della nostra volontà col nostro intelletto. Intorno a questo argomento sipossono trovare ulteriori particolari in questo trattato, e soprattutto in Divino Amore eDivina Sapienza (parti prima e quinta).
194. In questi medesimi trattati è stato anche mostrato che l'amore della propria vitaproduce da se stesso degli amori subalterni, che si chiamano affezioni: queste sonoesteriori ed interiori, e nel loro insieme formano come un solo governo o reame, in cuil'amore della vita è come il signore o il re. Inoltre è stato mostrato che a questi amorisubalterni, o affezioni, si aggiungono come delle compagne: alle affezioni interiori, dellecompagne chiamate percezioni, ed alle affezioni esteriori, delle compagne chiamatepensieri. Ciascuno coabita con la sua compagna e adempie alle funzioni della sua vita. Lacongiunzione dell'uno e dell'altra è come quella dell'essere della vita con l'esistere dellavita, che non possono avere alcuna realtà l’uno senza l’altro. Cos’è infatti l'essere della vitase non si manifesta, e che cosa è la manifestazione della vita se non proviene dalla realtàstessa della vita? La congiunzione della vita è come quella del suono e dell'armonia, o delsuono e del linguaggio, ed in generale come quella del battito del cuore e dellarespirazione dei polmoni, nella quale un elemento non è nulla senza l'altro, e ciascuno diessi diviene reale grazie alla congiunzione con l'altro. Queste congiunzioni devono averluogo nelle loro componenti, o tramite esse. Prendiamo ad esempio il suono: chi immaginache il suono sia qualcosa, senza che in esso vi sia qualcosa che lo distingue, si inganna. Ilsuono corrisponde ai sentimenti dell'uomo; e poiché nel suono vi è sempre qualche cosache lo distingue, dal suono della voce di un uomo si può riconoscere l'affezione del suoamore, così come dalle variazioni del suono, che costituiscono il linguaggio, si puòriconoscere il suo pensiero. Quindi gli angeli più sapienti solamente dal suono di chi parlapercepiscono gli amori della sua vita, ed in pari tempo certe affezioni che ne sono lederivazioni. Si fa menzione di ciò affinché si sappia che non esiste affezione senza il suopensiero, né pensiero senza la sua affezione. Tale argomento è trattato con maggioriparticolari in questo stesso trattato (n. 106), e in Divino Amore e Divina Sapienza.
195. Poiché l'amore della vita ha il suo piacere, e la sua sapienza la sua attrattiva, così èper ogni affezione, che nella sua essenza è un amore subalterno, derivato dall'amore dellavita come un fiume dalla sua sorgente, o come un ramo dal suo albero, o come un'arteriadal suo cuore. Perciò ogni affezione ha il suo piacere, e quindi ogni percezione ed ognipensiero ha la sua attrattiva; ne deriva quindi che questi piaceri e queste attrattivecostituiscono la vita dell’uomo. Che cos’è la vita senza il suo piacere e la sua attrattiva?
Non è forse qualcosa d’inanimato? Diminuisci il piacere e l'attrattiva, e diverrai freddo eintorpidito; toglili, ed esalerai il tuo ultimo respiro e morirai.
[2] Dai piaceri delle affezioni, e dalle attrattive delle percezioni e dei pensieri deriva ilcalore vitale. Dato che ogni affezione ha il suo piacere, e quindi ogni pensiero la suaattrattiva, si può vedere da dove derivano il bene e la verità; ed altresì che cosa sono ilbene e la verità nella loro essenza. Il bene è per ognuno ciò che è il piacere della suaaffezione, e la verità ciò che è l'attrattiva del suo pensiero. Infatti ognuno chiama “bene”ciò che dall'amore della sua volontà sente come piacere, e chiama “verità” ciò che dallasapienza del suo intelletto percepisce quindi come un’attrattiva: entrambi fluisconodall'amore della vita come l'acqua scaturisce da una sorgente, o come il sangue dal cuore.Presi insieme, essi sono come un'onda o un'atmosfera che circonda tutta la mente umana.
[3] Questi due (il piacere e l'attrattiva) sono spirituali nella mente, ma nel corpo sononaturali; essi costituiscono la vita dell'uomo. Quindi si vede chiaramente che cos’ènell'uomo ciò che si chiama bene, e che cos’è ciò che si chiama verità; come pure che cos’ènell'uomo ciò che si chiama male, e che cos’è ciò che si chiama falsità: vale a dire che ilmale per l’uomo è ciò che distrugge il piacere della sua affezione, e la falsità è ciò chedistrugge l'attrattiva del suo pensiero. Il male, in virtù del suo piacere, e la falsità, in virtùdella sua attrattiva, si possono quindi scambiare erroneamente per il bene e la verità. I benie le verità sono in realtà le mutazioni e le variazioni di stato delle forme della mente, maqueste mutazioni e variazioni si percepiscono e diventano vivi unicamente per i loropiaceri e le loro attrattive. Queste cose sono state esposte affinché si sappia che cosa sonol'affezione ed il pensiero nella loro propria vita.
196. Poiché è la mente dell'uomo, e non il corpo, che pensa, e pensa in virtù del piaceredella sua affezione, e poiché la mente dell'uomo è il suo spirito che vive dopo la morte, neconsegue che lo spirito dell'uomo non è che affezione, e quindi pensiero. Che non vi possaessere alcun pensiero senza un'affezione, si vede manifestamente dagli spiriti e dagliangeli nel mondo spirituale, poiché là tutti pensano in virtù delle affezioni dell'amore dellaloro vita, e ciascuno è circondato dal piacere di queste affezioni come dalla sua atmosfera.Nel mondo spirituale, tutti gli uomini si congiungono secondo queste aure esalate dalleloro affezioni mediante i loro pensieri; e si può riconoscere la natura di ciascuno dall’auradella sua vita. Quindi ogni pensiero deriva da un'affezione, ed è la forma della suaaffezione. Lo stesso vale per la volontà e per l'intelletto, per il bene e per la verità, cosìcome per la carità e la fede.
197. II. Solo il Signore conosce le affezioni dell'amore della vita dell'uomo. L'uomo conosce isuoi pensieri, e le intenzioni che da essi nascono, perché li vede in sé; e poiché da lì derivaogni prudenza, egli la vede in se stesso. Se l'amore della sua vita è l'amore di sé, egli siinorgoglisce della propria intelligenza e attribuisce a se stesso la propria prudenza;raccoglie argomenti in favore di questa idea, e si allontana sempre più dal riconoscere la
Divina Provvidenza. Lo stesso accade se l'amore del mondo è l'amore della sua vita; ma inquesto caso egli non si allontana così tanto. Ne consegue che questi due amoriattribuiscono ogni cosa all'uomo ed alla sua prudenza; e se si indaga più in profondità, sivede chiaramente che essi non attribuiscono niente a Dio ed alla sua Provvidenza.Dunque, quando tali uomini sentono dire che che la prudenza umana è nulla, e che laDivina Provvidenza è la sola che governa tutto, se sono atei ridono di ciò; ma seconservano nella loro memoria qualcosa della religione, e si dice loro che ogni sapienzaviene da Dio, essi si dichiarano subito d’accordo con questa proposizione, mainteriormente, nel loro spirito, la negano. Tali sono principalmente i preti che amano sestessi più di Dio, ed amano il mondo più del cielo, o ciò che è lo stesso – quelli cheadorano Dio per gli onori e i guadagni che ne traggono, e nondimeno, predicano che lacarità e la fede, ogni bene ed ogni verità, ogni sapienza, ed anche ogni umana prudenzavengono da Dio, e che nulla proviene dall'uomo.
[2] Una volta, nel mondo spirituale, mi accadde di udire due preti discutere conl’ambasciatore di un certo reame sulla prudenza umana, se essa viene da Dio o dall'uomo.La discussione era viva: tutti e tre di cuore credevano la medesima cosa, cioè che laprudenza umana sia tutto, e la Divina Provvidenza nulla; ma i preti, che in quel momentosi sentivano pieni di zelo teologico, dicevano che niente della sapienza e della prudenzaproviene dall'uomo. Siccome l'ambasciatore replicava che, affermando ciò, ne sarebbeconseguito che neanche il pensiero deriverebbe dall'uomo, essi affermarono che eraproprio così. Ma poiché gli angeli percepirono che tutti e tre avevano in realtà la medesimafede, dissero all'ambasciatore: « Indossa gli abiti di un prete, e convinciti di essere unprete; e allora parla. » Egli si vestì e si credette prete, e dichiarò ad alta voce, con la suasolita eloquenza piena di argomenti razionali, che nessuna traccia di sapienza e diprudenza può trovarsi nell'uomo se non proviene da Dio. Poi gli angeli dissero ai duepreti: «Svestitevi dei vostri abiti, indossate gli abiti di uomini politici e credete di esseretali.» Essi fecero così; e da quel momento pensarono dal loro sé interiore, e parlarono infavore degli argomenti che avevano fino allora nascosti dentro se stessi, argomenti infavore dell’umana prudenza, e contrari alla Divina Provvidenza. Tutti e tre, essendo nellamedesima fede, divennero poi amici per la pelle e presero insieme la via della prudenzaumana, che conduce all'inferno.
198. È stato mostrato che nessun pensiero dell'uomo esiste se non in virtù di una qualcheaffezione dell'amore della sua vita, e che il pensiero non è altro che la forma dell'affezione.Poiché l'uomo vede il suo pensiero, e non può vedere la sua affezione, ma può solopercepirla, egli decide che la propria prudenza è tutto in virtù della vista, che si trovanell'apparenza, e non in virtù dell'affezione, che non si può vedere, ma si percepisce.Infatti l'affezione si manifesta solamente in seguito ad un certo piacere del pensiero, e adun senso di gratificazione quando ragioniamo su qualcosa. Allora questo piacere e questosenso di gratificazione fanno causa comune col pensiero in coloro che credono alla propria
prudenza per amore di sé e per amore del mondo; ed il pensiero scorre nel suo piacerecome una nave nella corrente di un fiume, alla quale il nocchiere non presta attenzione,guardando solo le vele spiegate.
199. L'uomo può riflettere sul piacere della sua affezione esterna, quando questo piacereagisce in concomitanza col piacere di qualche senso del corpo; tuttavia egli non pensa chequesto piacere viene dal piacere di una sua affezione nel pensiero. Per esempio, quandoun libertino vede una prostituta, il suo occhio risplende del fuoco del suo desiderio, ed invirtù di esso egli prova piacere nel suo corpo; ma non sente il piacere della sua affezione odella sua concupiscenza nel pensiero, se non sotto forma di una spinta di naturavirtualmente fisica. Lo stesso vale per un brigante in una foresta, allorché vede deiviandanti; e per un pirata in mare, allorché vede delle navi; e così via. È evidente chequesti piaceri governano i pensieri dell'uomo, e che i pensieri senza di essi sono niente; mal'uomo crede che siano reali solamente i pensieri, mentre i pensieri non sono che affezionicomposte in forme dall'amore della sua vita affinché possano apparire nella luce, poichéogni affezione è nel calore, ed ogni pensiero nella luce.
[2] Queste sono le affezioni esterne del pensiero, che si manifestano nelle sensazioni delcorpo, ma raramente nei pensieri della mente. Quanto alle affezioni interne del pensiero,dalle quali provengono le affezioni esterne, esse non si manifestano mai. Di questeaffezioni l'uomo non è cosciente, così come un viaggiatore che dorme in un carro non èconsapevole del cammino che percorre, e come nessuno di noi avverte il movimento dirotazione della terra. Poiché l'uomo non sa nulla delle cose che si agitano negli accessi piùinterni della sua mente, le quali sono così infinite che non si possono determinare coinumeri, e tuttavia quei pochi eventi esterni che raggiungono il nostro pensiero coscientesono prodotti dagli eventi interiori. E dato che solo il Signore governa le profonditàtramite la sua Divina Provvidenza, ed a noi è concesso di cooperare solamente in quellepoche cose esterne, come si può affermare che la nostra prudenza è tutto? Se fosse visibileanche soltanto una idea del pensiero, si vedrebbero più meraviglie di ciò che la lingua puòesprimere.
[3] Che nell’interiorità della mente dell'uomo vi siano cose così infinite che non sipossono determinare coi numeri, è evidente dalle infinite componenti del corpo, dellequali non perviene alla vista ed ai sensi che una sola azione semplicissima, alla qualenondimeno concorrono migliaia di fibre motrici o muscolari, migliaia di fibre nervose,migliaia di vasi sanguigni, migliaia di azioni dei polmoni, che devono cooperare in ogniazione, migliaia di fenomeni nel cervello e nella spina dorsale, e molte più ancoranell'uomo spirituale, che è la mente umana, che sono tutte forme delle affezioni, e quindile forme delle percezioni e dei pensieri. L'anima, che dispone gli eventi interiori, nondispone forse le azioni che da essi derivano? L'anima dell'uomo non è altro che l'amoredella sua volontà, e quindi l'amore del suo intelletto; questo amore è tutto l'uomo, ed egli
diviene tale a seconda di come dispone le cose esteriori, nelle quali l'uomo coopera colSignore. Pertanto, se egli attribuisce ogni cosa a se stesso e alla natura, l'anima divienel'amore di sé; ma se egli attribuisce tutto al Signore, l'anima diviene l'amore del Signore.Quest’ultimo è l'amore celeste, mentre il primo è l'amore infernale.
200. Poiché i piaceri delle affezioni dell'uomo lo trasportano dai livelli più intimiattraverso i livelli interiori fino a quelli esteriori, ed infine agli estremi che sono nel corpo,come le onde e i venti trasportano una nave, e poiché nulla di tutto questo appareall'uomo, tranne ciò che accade nei livelli più esterni della mente ed in quelli del corpo,come può l'uomo pretendere di essere divino solo perché queste poche cose esteriori glisembrano sotto il suo controllo? E tanto meno egli deve pretendere di essere divino,quando sa dalla Parola che l'uomo non può prendere nulla da sé, se non gli è data dalcielo; e quando sa, grazie alla sua ragione, che gli è concessa questa apparenza affinchéviva come uomo, veda cosa è bene e cosa è male, scelga l'uno o l'altro e si appropri di ciòche sceglie, al fine di potersi reciprocamente congiungere al Signore, riformare, rigenerare,salvare e vivere in eterno. Ho mostrato in precedenza che questa apparenza è concessaall'uomo affinché agisca in virtù della libertà secondo la ragione, così come da se stesso, enon resti passivo, aspettando l'influsso. Ciò conferma il terzo principio, cioè: le affezionidell'amore della vita dell'uomo sono guidate dal Signore tramite la sua Divina Provvidenza, ed inpari tempo sono guidati i suoi pensieri, da cui proviene la prudenza umana.
201. IV. Il Signore, tramite la sua Divina Provvidenza, riunisce le affezioni del genere umano inuna sola forma, che è la forma umana. Nel paragrafo seguente si vedrà che questa è unacaratteristica universale della Divina Provvidenza. Coloro che attribuiscono tutto allanatura, attribuiscono tutto alla prudenza umana; poiché coloro che attribuiscono tutto allanatura negano Dio nel loro cuore, e coloro che attribuiscono tutto alla prudenza umananegano nel loro cuore la Divina Provvidenza: le due cose sono legate fra loro. Tuttaviaquesti e quelli, per la loro reputazione e per il timore di perderla, affermano che la DivinaProvvidenza è universale, e che l'uomo è responsabile dei dettagli: questi ultimi, nel lorocomplesso, sono ciò che si intende per “prudenza umana”.
[2] Ma si indaghi rigorosamente: che cos’è una “provvidenza universale”, se i dettaglisono separati da essa? Non è forse solo una parola? Viene definito “universale” ciò che èformato dai dettagli riuniti, così come viene definita una generalità ciò che esiste daiparticolari specifici. Se dunque si separano i dettagli, che cos’è l'universale, se nonqualcosa che dentro è vuoto, così come una superficie dentro la quale non c'è niente, ocome un composto privo di componenti? Se si dicesse che la Divina Provvidenza è ungoverno universale, ma che nessuna cosa è governata, tutto è solamente mantenuto unito,e le attività di governo vengono espletate da altri, si potrebbe chiamare questo un governouniversale? Nessun re ha un governo del genere. Se un re concedesse ai suoi sudditi digovernare tutte le cose del suo regno, egli non sarebbe più re, ma avrebbe solamente il
nome di re: avrebbe soltanto la dignità del nome, senza alcuna dignità sostanziale. Ad unre del genere non si potrebbe attribuire alcun governo, tanto meno un governo universale.
[3] Ciò che è la Provvidenza in Dio, al livello umano si chiama prudenza. Come laprudenza non si può definire universale in un re che ha solo il nome di re, affinché il regnopossa essere chiamato regno, e in tal modo mantenersi unito, così la Provvidenza nonpotrebbe definirsi universale, se gli uomini provvedessero a tutto con la propria prudenza.Lo stesso vale per i termini di “provvidenza universale” e di “governo universale” quandoci riferiamo al mondo materiale, se affermiamo che Dio ha creato l'universo, e che haconcesso al mondo materiale la capacità di produrre da se stessa tutte le cose. Cosasarebbe allora la “provvidenza universale”, in questo caso, se non un termine metafisicoche, a parte il fatto di essere un termine, non ha alcuna realtà? Tra coloro che attribuisconoalla natura tutto ciò che si manifesta, e alla prudenza umana tutto ciò che accade, enonostante ciò affermano a parole che Dio ha creato la natura, ve ne sono molti chepensano alla Divina Provvidenza solo come ad una parola priva di senso. Tuttavia laDivina Provvidenza include i più piccoli dettagli del mondo materiale, ed i più piccolidettagli della prudenza umana: perciò essa è universale.
202. La Divina Provvidenza del Signore è universale in virtù della sua attenzione per ipiù piccoli dettagli, e specificamente in virtù del fatto che il Signore ha creato l'universoaffinché in esso si realizzi un suo infinito ed eterno processo di creazione. Questacreazione avviene in quanto il Signore forma un cielo dagli uomini, un cielo che dinanzi alui è come un solo individuo a sua immagine e somiglianza. È stato già mostrato (dal n. 27al n. 45) che il cielo formato da uomini appare come tale allo sguardo del Signore, e cheesso è il fine della creazione. È stato anche spiegato che il Divino considera quel che èinfinito ed eterno in tutto ciò che fa (dal n. 56 al n. 69). Lo scopo infinito ed eterno che ilSignore ha in mente formando il suo cielo di uomini, è che esso si espanda all'infinito e ineterno, e che Egli possa dimorare costantemente nel fine della sua creazione. È a questacreazione infinita ed eterna che il Signore ha provveduto con la creazione dell'universo; edegli è costantemente in questa creazione grazie alla sua Divina Provvidenza.
[2] In tutte le chiese del mondo cristiano si afferma che Dio Padre, Dio Figlio e DioSpirito Santo è infinito ed eterno, increato e onnipotente (si veda il simbolo di Atanasio).Chi mai, sapendo e credendo in virtù della dottrina della chiesa che Dio è infinito edeterno, potrebbe essere così irragionevole da non affermare, non appena ode tale verità,che Iddio nella sua grande opera di creazione non può avere come scopo che l'infinito el'eterno: quale altro fine egli può avere, infatti, mentre agisce in virtù di se stesso? Nondovremmo anche convenire che egli cerca questo fine nel genere umano, da cui forma ilsuo cielo? Può forse la Divina Provvidenza avere come scopo altro che la riforma delgenere umano e la sua salvezza? Nessuno può riformarsi da se stesso, grazie alla suaprudenza: veniamo riformati dal Signore tramite la sua Divina Provvidenza. Ne consegue
che se il Signore non lo conduce in ogni momento, anche per un brevissimo istante, l'uomorecede dalla via della riforma e perisce.
[3] Ogni mutazione e variazione dello stato della mente umana muta e varia qualcosanella serie degli eventi presenti, e quindi di quelli futuri; e perché non dovrebbe farloall’infinito, fino all'eternità? È come una freccia lanciata da un arco. Se fin dalla partenza lafreccia deviasse anche per poco, giunta a grande distanza la deviazione sarebbe immensa.La stessa cosa accadrebbe se il Signore in un qualsiasi momento, anche brevissimo, nondirigesse lo stato delle menti umane. Il Signore agisce così secondo le leggi della suaDivina Provvidenza, ed è conforme a queste leggi che sembri all'uomo che egli si conducada se stesso; ma il Signore prevede come si condurrà, e continuamente operaaggiustamenti. Si vedrà in seguito (dal n. 234 al n. 274, dal n. 322 al n. 330) che le leggi diconcessione sono anche leggi della Divina Provvidenza; che ogni uomo si può riformare erigenerare, e che non vi è alcuna predestinazione.
203. Poiché ogni uomo dopo la morte vive eternamente, ed ottiene, secondo la sua vita,un posto nel cielo o nell'inferno, e l'uno e l'altro, tanto il cielo quanto l'inferno, devonoavere una forma che consenta loro di agire come unità, come si è già detto (n. 124); epoiché nessuno, in tale forma, può ottenere un altro posto che non sia il suo, ne consegueche il genere umano in tutta la terra è sotto la supervisione del Signore; che ognuno,dall'infanzia fino alla fine della sua vita, è condotto da lui fin nei più piccoli dettagli, e cheil suo posto è preveduto e predisposto per lui. Quindi è evidente che la DivinaProvvidenza del Signore è universale, perché essa è nei più piccoli dettagli; e che è questala creazione infinita ed eterna che il Signore ha provveduto per se stesso con la creazionedell'universo. L'uomo non vede nulla di questa Provvidenza universale, e se la vedesse,essa apparirebbe ai suoi occhi come appaiono ai passanti i mucchi di materiali sparsi edisordinati con i quali si deve costruire una casa; ma al cospetto del Signore essa è comeun palazzo magnifico, costantemente in via di costruzione e di ingrandimento.
204. V. Il cielo e l'inferno hanno forma umana. Che il cielo sia in forma umana, è statomostrato in Cielo e inferno, pubblicato a Londra nel 1758, dal n. 59 al n. 102, e in DivinoAmore e Divina Sapienza, ed anche in alcuni passi del presente trattato; non è necessarioquindi soffermarsi ulteriormente su questo argomento. Si è detto che anche l'inferno è informa umana, ma una forma umana mostruosa, come quella del diavolo, con il quales'intende l'inferno nel suo complesso. Esso è in forma umana, perché anche quelli che vi sitrovano sono nati uomini, ed essi hanno ancora le due facoltà umane che si chiamanolibertà e razionalità, quantunque abbiano abusato della libertà per volere e fare il male, edella razionalità per pensarlo e giustificarlo in se stessi.
205. VI. Coloro che hanno riconosciuto il solo mondo naturale e la sola prudenza umanacostituiscono l'inferno; e quelli che hanno riconosciuto Dio e la sua Divina Provvidenzacostituiscono il cielo. Tutti coloro che conducono un’esistenza malvagia riconoscono
interiormente la sola dimensione naturale e la sola prudenza umana; l’affermazionedell'una e dell'altra è nascosta interiormente in ogni male, per quanto sia dissimulata sottoil velo di cose buone e vere: queste sono solamente abiti presi in prestito, o ghirlande difiori che appassiscono, disposte intorno al male affinché esso non appaia nella sua nudità.A causa di questo velo si ignora generalmente che tutti coloro che conducono una vitamalvagia riconoscano interiormente la sola dimensione materiale e la sola prudenzaumana, poiché grazie a tale velo, ciò è sottratto alla vista; ma, nonostante il fatto che essiaffermino la natura materiale e la prudenza umana, si può scoprire l'origine e la causa diquesta loro affermazione. Perciò si dirà da dove procede e cos’è la propria prudenza,quindi da dove procede e cos’è la Divina Provvidenza; e poi, chi e come sono coloro chericonoscono questa, e chi e come sono coloro che riconoscono quella; ed infine, che coloroche riconoscono la Divina Provvidenza sono nel cielo, e coloro che riconoscono la propriaprudenza sono nell'inferno.
206. Da dove procede e cos’è la propria prudenza. Essa procede dal proprium dell'uomo,che è la sua natura, e che si chiama “anima”, derivata dal padre; questo proprium è l'amoredi sé e quindi ,l'amore del mondo, ovvero l'amore del mondo e quindi l'amore di sé.L'amore di sé è tale che l’uomo considera sé solo, e considera gli altri come cose di nessunvalore o come un puro nulla; se concede qualche considerazione ad alcuni, ciò avvienenella misura in cui essi lo onorano e lo riveriscono. Come nel seme vi è la tendenza afruttificare ed a prolificare, nell’intimo di questo amore si nasconde il desiderio di diveniregrande, se possibile di divenire re, e addirittura di divenire Dio: questo è il diavolo, perchéesso non è altro che l’amore di sé, un amore che adora se stesso, e non è favorevole se nona colui che lo adora. Egli odia un altro diavolo simile a lui, perché egli solo vuole essereadorato. Poiché non può esistere alcun amore senza la sua consorte, e la consortedell'amore o della volontà nell'uomo si chiama intelletto, quando l'amore di sé ispira il suoamore all'intelletto, che è la sua consorte, questo amore diviene orgoglio, l’orgoglio per lapropria intelligenza. Tale orgoglio è l’origine della propria , prudenza.
[2] Inoltre, siccome l'amore di sé vuole essere egli solo padrone del mondo, e diconseguenza anche Dio, le concupiscenze del male, che ne costituiscono le derivazioni,prendono vita da questo amore; e ciò vale anche per le percezioni delle concupiscenze, chesono gli intrighi e le astuzie, per i piaceri delle concupiscenze, che sono i mali, e per i loropensieri, che sono le falsità.
207. Da dove procede e cos’è Divina Provvidenza. Essa è la Divina operazione agentepresso l’uomo che ha rimosso l’amore di sé che, come si è detto, è il diavolo, e le cupidità ei loro piaceri sono i mali del suo regno, che è l’inferno. Una volta rimosso questo amore, ilSignore entra nell’uomo con l’affezione dell’amore per il prossimo, apre la finestra del suotetto, e poi le finestre dei lati, e fa in modo che l’uomo veda che esiste il cielo, la vita dipola morte, che vi è una felicità eterna; e attraverso l’influsso della luce spirituale e
dell’amore spirituale, gli fa riconoscere che Dio governa tutte le cose per mezzo della suaDivina Provvidenza.
208. Chi e quali siano coloro che riconoscono la Divina Provvidenza; e chi e quali sianocoloro che non la riconoscono. Coloro che riconoscono Dio e la sua Divina Provvidenzasono come gli angeli del cielo, ai quali ripugna di condursi da se stessi e amano essereguidati dal Signore. Il fatto che essi amino il prossimo è sintomatico che sono guidati dalSignore. Al contrario, coloro che riconoscono la natura e la propria prudenza sono comegli spiriti dell’inferno, ai quali ripugna d’esser guidati dal Signore, e amano condursi da sestessi. Se questi furono blasonati in un regno, voglio dominare sopra ogni cosa; allo stessomodo se furono ai vertici nella chiesa, se furono giudici, essi pervertono i giudizi edesercitano il dominio sulle leggi. Se furono eruditi, si consolidano nel loro proprio e nellanatura, applicando la loro scienza. Se furono commercianti, agiscono da ladri; se furonocontadini, agiscono da briganti. Tutti sono nemici di Dio e si fanno scherno della DivinaProvvidenza.
209. È una cosa straordinaria che, quando il cielo viene aperto a tali spiriti e si dice loroche essi sono folli, e ciò si manifesta anche alla loro percezione (cosa che accade grazieall'influsso ed all’illuminazione) essi, indignati, si chiudono al cielo, e volgono i lorosguardi a terra, sotto cui è l'inferno: ciò ha luogo nel mondo spirituale, per coloro che sonoancora fuori dall'inferno. Da qui si vede chiaramente l'errore di coloro che pensano: « Se iovedessi il cielo, e udissi gli angeli parlare con me, allora crederei ». Il loro intellettopotrebbe credere, ma se anche la volontà non crede, in realtà essi non credono affatto,poiché l'amore della volontà ispira all'intelletto tutto ciò che vuole, e non viceversa; anzi,questo amore distrugge tutto ciò che nell'intelletto non proviene da se stesso.
210. VII. Tutte queste cose non possono aver luogo, se all’uomo non sembra di pensare e condurrela propria vita autonomamente. Se non apparisse all'uomo che egli pensa, vuole e vive inautonomia, egli non sarebbe uomo: ciò è stato pienamente mostrato nei paragrafiprecedenti (dal n. 71 al n. 99, e nn. 174 e 176). Ne consegue che, se all'uomo non apparissedi poter disporre in virtù della propria prudenza di tutte le cose che appartengono alle suefunzioni e alla sua vita, egli non potrebbe essere condotto né disposto dalla DivinaProvvidenza, poiché egli sarebbe simile a chi sta con le mani pendenti, con la bocca aperta,con gli occhi chiusi, trattenendo il respiro, in attesa dell'influsso. In tal modo egli sipriverebbe della qualità di essere umano, che possiede in virtù della percezione e dellasensazione che egli vive, pensa, vuole, parla e agisce come da se stesso; ed in pari tempo sispoglierebbe delle sue due facoltà, che sono la libertà e la razionalità, grazie alle quali sidistingue dalle bestie. Senza questa apparenza di autonomia nessun uomo avrebbericettività né reciprocità, né di conseguenza l'immortalità, come è stato mostrato in questotrattato, ed in Divino Amore e Divina Sapienza. Dunque, se vuoi essere condotti dalla DivinaProvvidenza, si deve fare uso della prudenza, come il servitore ed il fattore che
amministra fedelmente i beni del suo padrone; questa prudenza è il “talento” che fu datoai servi per farlo fruttare, e di cui essi dovevano render conto (Luca 19:1325. Matteo 25:1431). La prudenza stessa sembra all'uomo come propria, e finché l'uomo la crede comepropria, egli tiene chiuso in sé il nemico più accanito di Dio e della Divina Provvidenza,cioè l' amore di sé. Questo amore abita nell’interiorità di ogni uomo fin dalla nascita: senon lo si riconosce — perché egli non vuole essere conosciuto — egli continua a vivere inperfetta sicurezza, e custodisce la porta, affinché l’uomo non l’apra e il Signore possasradicarlo. L’uomo apre questa porta allorché rifugge, come con le proprie forze, i mali inquanto peccati, riconoscendo che ciò viene dal Signore. È con questa prudenza che laDivina Provvidenza può cooperare.
211. Vi è una ragione per cui la Divina Provvidenza opera così segretamente che soloqualcuno è consapevole della sua esistenza; tale ragione è che l'uomo non perisca, poiché ilproprium dell'uomo, che è la sua volontà, non coopera mai con la Divina Provvidenza. Nelproprium dell'uomo vi è un’inimicizia innata contro di essa: questo proprium è il serpenteche sedusse i nostri primi padri, e del quale si dice:
Io metterò inimicizia fra te e la donna, e fra il tuo e il suo seme; e il suo seme ti schiaccerà latesta (Gen. 3:15)
Il serpente significa ogni genere di male, la sua testa è l'amore di sé, il seme della donna è ilSignore, l’inimicizia posta fra loro è quella fra l'amore del proprium umano e il Signore, e diconseguenza fra la prudenza umana e la Divina Provvidenza del Signore, poiché lapropria prudenza non cessa di alzare la sua testa, e la Divina Provvidenza non retrocedenell’opera di atterrarla.
[2] Se l'uomo sentisse ciò, egli si adirerebbe e si irriterebbe contro Dio, e perirebbe.Poiché non avverte tutto ciò, egli si può adirare ed irritare contro gli uomini e contro sestesso, ed anche contro il destino, ma questo non gli è fatale. Dunque il Signore, grazie allasua Divina Provvidenza, non cessa di condurre l'uomo nella sua libertà, che appareall’uomo come sua propria. Condurre nella libertà chi vi si oppone è come sollevare daterra un peso grave e resistente con le macchine, per la forza delle quali non si avvertonola pesantezza e la resistenza; è altresì come se un uomo fosse vicino ad un nemico, cheavesse senza che egli lo sapesse l’intenzione di ucciderlo, e che un amico lo facesseuscire per vie ignote, e poi gli svelasse l'intenzione del nemico.
212. C’è forse qualcuno che non parli della fortuna, e che non la riconosca? In realtà tuttine parlano, e ne sanno qualcosa per esperienza; ma chi sa che cosa essa sia? Non si puònegare che essa sia qualcosa, poiché esiste e si manifesta. Tuttavia qualcosa non puòesistere e non può manifestarsi senza una causa; ma non sappiamo ciò che causa un
evento o l’altro, o ciò che causa la fortuna. Ma affinché questa non sia negata per il solomotivo che la sua causa è ignota, si prendano dei dadi o delle carte da gioco, o siconsultino dei giocatori; chi tra loro negherà l’esistenza della fortuna? Poiché essi giocanoin modi ammirevoli con lei, ed essa con loro; ma chi può combattere contro di lei, se ella siostina? Non ride essa allora della prudenza e della sapienza? Mentre si fanno rotolare idadi e si mescolano le carte, non sembra forse che essa conosca e disponga i movimenti deimuscoli delle mani, allo scopo di favorire, per qualche ragione, un giocatore più di unaltro? La causa non può trovarsi altrove che nella Divina Provvidenza che è nelle cose piùesteriori, laddove, nella costanza e nel mutamento, essa opera meravigliosamente con laprudenza umana, e in pari tempo si nasconde.
[2] È noto che i pagani abbiano un tempo riconosciuto la fortuna e le abbiano eretto untempio, come gli italiani a Roma. Intorno a questa fortuna che, come si è detto, è la DivinaProvvidenza nelle cose più esteriori, ci sarebbero da dire molte cose, che non mi è lecito dirivelare. È dunque evidente che essa non è un’illusione della mente, né un gioco dellanatura, né qualcosa priva di causa, poiché allora sarebbe un puro nulla: al contrario, essa èuna testimonianza visibile che la Divina Provvidenza si trova nei minimi dettagli deipensieri e delle azioni umane. Poiché la Divina Provvidenza è nei minimi dettagli di cosetanto triviali e inconsistenti, perché non dovrebbe trovarsi nei minimi dettagli di cose névili né frivole, come la pace e la guerra nel mondo, e la salvezza e la vita nel cielo?
213. Ma io so che la prudenza umana è più attraente per la nostra ragione della DivinaProvvidenza, perché la Divina Provvidenza non si manifesta, mentre la prudenza umana èben visibile. Si può ammettere più facilmente che esiste una vita unica, che è Dio, e chetutti gli uomini sono recipienti della vita che procede da Dio, come si è già più voltemostrato; ma ciò non fa alcuna differenza, poiché la prudenza appartiene alla vita. Tuttiparlano a favore della propria prudenza e della natura, allorché ragionano in virtùdell'uomo naturale o esterno, ed a favore della Divina Provvidenza, allorché ragionano invirtù dell'uomo spirituale o interno. Ma se si prova a dire ad un uomo naturale di scriveredue libri e di riempirli di argomenti plausibili, probabili, verosimili e solidi, secondo ilproprio giudizio, l'uno a favore della propria prudenza e l'altro a favore della natura, e poidi consegnarli nelle mani di un angelo, io so che l’angelo scriverà su tutte le pagine:“Queste cose sono falsità e illusioni.”
XI
La Divina Provvidenza considera le cose eterne, e non considera le cosetemporali se in quanto concordano con le cose eterne
214. Che la Divina Provvidenza consideri le cose eterne, e non consideri le cose temporalise non nella misura in cui concordino con quelle eterne, deve essere mostrato in questoordine:
I. Le cose temporali si riferiscono alle dignità e alle ricchezze, così come agli onori e aiguadagni nel mondo.
II. Le cose eterne si riferiscono agli onori e alle ricchezze spirituali, che appartengonoall'amore e alla sapienza, nel cielo.
III. Le cose temporali e le cose eterne vengono tenute separate dall'uomo, ma il Signore leunisce.
IV. La congiunzione delle cose temporali e delle cose eterne è la Divina Provvidenza delSignore.
215. I. Le cose temporali si riferiscono alle dignità e alle ricchezze, così come agli onori e aiguadagni nel mondo. Vi sono molte cose temporali, ma tutte si riferiscono alle dignità e allericchezze. Per “cose temporali” si intendono quelle che svaniscono col tempo, osemplicemente finiscono quando cessa la vita dell'uomo nel mondo; per “cose eterne” siintendono quelle che non periscono, né finiscono col tempo, né di conseguenza con la vitanel mondo. Poiché, come si è detto, tutte le cose temporali si riferiscono alle dignità e allericchezze, è importante conoscere i seguenti punti:
a) cosa sono le dignità e le ricchezze, e da dove esse derivano;
b) cos’è l'amore delle dignità e delle ricchezze per se stesse, e cos’è l'amore di esse per gliusi;
c) questi due amori sono distinti fra loro come l'inferno e il cielo;
d) L'uomo riconosce con difficoltà questa differenza.
Ma ciascuno di questi punti deve essere trattato separatamente.
[2] (a) Cosa sono le dignità e le ricchezze, e da dove esse derivano. Nei tempi più antichi ledignità e le ricchezze erano tutt'altra cosa da ciò che esse divennero successivamente. Ledignità non erano altro che quelle che esistono fra genitori e figli, dignità d'amore, piene dirispetto e di venerazione, non a causa della nascita carnale, ma a causa dell'istruzione e
della sapienza che i figli ricevevano dai genitori. Questa era una seconda nascita, in sestessa spirituale, poiché riguardava il loro spirito: tale era la sola dignità nei tempi piùantichi, perché allora gli uomini abitavano separatamente in nazioni, famiglie e case, e nonsotto governi come nel tempo presente. Questa dignità era prerogativa del capofamiglia:questi tempi sono stati chiamati dagli antichi scrittori “secoli d'oro.”
[3] Ma dopo tale epoca, prevalse gradualmente l'amore di dominare per il solo gusto delpotere; e siccome allora apparvero l'inimicizia e l'ostilità contro coloro che non volevanosottomettersi, la necessità costrinse le nazioni, le famiglie e le case a riunirsi in assemblee ead eleggere un capo, che all’inizio si chiamò giudice, poi principe, ed infine re eimperatore. Allora gli uomini cominciarono a difendersi per mezzo di torri, bastioni emuri. Simile a un contagio, il desiderio di dominare si propagò dai giudici, dai principi,dai re e dagli imperatori fra le moltitudini, come dalla testa nel corpo; ebbero così origine ivari gradi di dignità, e gli onori legati a queste dignità, e con essi l'amore di sé e l’orgoglioper la propria prudenza.
[4] La stessa cosa avvenne per l’amore delle ricchezze. Nei tempi più antichi, quando lenazioni e le famiglie abitavano separatamente l’una dall’altra, l’unico amore per lericchezze era quello di possedere le cose necessarie alla vita. Gli uomini trovavano i mezzidi sussistenza nei greggi e negli armenti, nei campi, nei prati e nei giardini, da cui siprocuravano il cibo. Fra le cose necessarie alla vita di quegli uomini vi erano anche casedecorose, arredate di mobili di ogni specie, e abiti. La cura e l'amministrazione di tuttequeste cose costituivano l'occupazione dei genitori, dei figli, dei servi e delle serve chevivevano nella casa.
[5] Ma quando l'amore di dominare si diffuse e distrusse questo benessere comune,anche l'amore di possedere ricchezze al di là del necessario dilagò e crebbe fino a spingeregli uomini a voler possedere le ricchezze di tutti gli altri. Questi due amori sono comeconsanguinei; infatti coloro che vogliono dominare sopra ogni cosa, vogliono anchepossedere ogni cosa. In tal modo tutti divengono schiavi, ed essi soli sono i padroni; ciò èevidente fra quei cattolici romani che hanno innalzato il loro dominio fino al cielo, fino altrono del Signore, sul quale si sono seduti. Ciò è evidente anche nella loro brama diconquistare tutte le ricchezze del mondo, e di accrescere senza fine i loro tesori.
[6] (b) Cos’è l'amore delle dignità e delle ricchezze per se stesse, e cos’è l'amore di esse per gli usi.L'amore delle dignità e degli onori per se stesse, è l'amore di sé: propriamente parlando, èl'amore di dominare in virtù dell'amore di sé; e l'amore delle ricchezze e dell'opulenza perse stesse è l'amore del mondo, ovvero la brama di possedere i beni degli altri con le buoneo con le cattive. Ma l'amore delle dignità e delle ricchezze per gli usi è l'amore degli usi,che è la stessa cosa dell'amore per il prossimo; poiché ciò per cui l'uomo agisce è il suovero fine, ed è lo scopo principale, mentre le altre cose sono i mezzi, e sono secondarie.
[7] Questo amore delle dignità e degli onori per se stessi, che è l'amore di sé e,specificamente l'amore di dominare in virtù dell'amore di sé, è l'amore del proprium, ed ilproprium dell'uomo comprende tutti i mali. Perciò si dice che l'uomo nasce nel male, e checiò che ereditiamo non è altro che male. Ciò che l’uomo eredita è il suo proprium, nel qualeegli si trova, ed a cui partecipa per amore di sé, e principalmente per l'amore di dominarein virtù dell'amore di sé. L'uomo che è in questo amore non considera che se stesso, edimmerge così nel suo proprium i suoi pensieri e le sue affezioni. Ne consegue chenell'amore di sé vi è l'amore di fare del male, e ciò perché non amiamo il prossimo, masolamente noi stessi; e chi ama solamente se stesso vede gli altri al di fuori di sé, liconsidera come creature prive di valore o come dei puri nulla, che disprezzaparagonandoli a sé, non preoccupandosi di far loro del male.
[8] Dunque, chi è nell'amore di dominare in virtù dell'amore di sé considera come unacosa da nulla ingannare il prossimo, commettere adulterio con sua moglie, calunniarlo,vendicarsi di lui e perfino ucciderlo, compiere crudeltà contro di esso, ed altre cose delgenere. Tali atteggiamenti derivano dal fatto che il diavolo stesso, con cui l’uomo ècongiunto e da cui è condotto, non è altro che l'amore di dominare in virtù dell'amore disé; e chi è condotto dal diavolo, vale a dire dall'inferno, è condotto in tutti questi mali, e viè condotto per i piaceri che derivano da questi mali. Ne consegue che coloro che sonoall'inferno vogliono fare del male a tutti, mentre coloro che sono in cielo vogliono fare delbene a tutti. In virtù di questa opposizione esiste uno spazio intermedio, dove è l'uomo; el'uomo si trova là come in equilibrio, affinché possa rivolgersi verso l'inferno o verso ilcielo. Nella misura in cui egli favorisce i mali dell'amore di sé, nella stessa misura sirivolge verso l'inferno; ma nella misura in cui li rimuove da sé, nella stessa misura sirivolge verso il cielo.
[9] Mi è stato concesso di provare la natura e la forza del piacere di dominare in virtùdell'amore di sé. Fui immerso in questo piacere affinché lo conoscessi: esso superava tutti ipiaceri del mondo. Era il piacere di tutta la mente, dal suo centro fino alla sua superficie; enel corpo si avvertiva come una specie di voluttà e benessere, un libero espandersi del miopetto. Mi fu anche concesso di sentire che da questo piacere scaturivano, come dalla lorosorgente, i piaceri di tutti i mali: commettere adulterio, vendicarsi, ingannare,bestemmiare, e fare del male in in ogni modo. Vi è un simile piacere nell'amore diappropriarsi delle ricchezze degli altri con qualsiasi mezzo; e tale piacere dà origine avarie concupiscenze che ne derivano. Questo piacere tuttavia non è altrettanto intenso, ameno che non sia congiunto con l'amore di sé. Quanto a ciò che concerne le dignità e lericchezze, ricercate non per se stesse ma per gli usi, esso non è l'amore delle dignità e dellericchezze, ma è l'amore degli usi, a cui cui le dignità e le ricchezze servono come mezzi.Questo amore è celeste; ma di ciò si parlerà più a lungo in seguito (n. 217).
[10] (c) Questi due amori sono fra loro distinti come l'inferno e il cielo. Ciò è evidente da ciòche è stato già detto, a cui saranno aggiunte alcune cose. Tutti coloro che sono nell'amoredi dominare in virtù dell'amore di sé, siano essi grandi o piccoli, sono, quanto allo spirito,nell'inferno; e tutti coloro che sono in questo amore, sono nell'amore di tutti i mali.Seppure non li commettano concretamente, tuttavia nel loro spirito li credono leciti, equindi li commettono col corpo, quando la dignità, l'onore e il timore della legge non liostacolano. Ma ciò che è più grave, l'amore di dominare in virtù dell'amore di sé racchiudeintimamente l'odio contro Dio, e di conseguenza contro i valori Divini che appartengonoalla chiesa, e principalmente contro il Signore. Se tali uomini riconoscono Dio, lo fannosolamente a parole; e se riconoscono i valori Divini della chiesa, lo fanno per timore diperdere l'onore. La ragione per cui questo amore racchiude intimamente l'odio contro ilSignore è che in tale amore si cela la brama di essere Dio, una venerazione e un’adorazionerivolte solamente a se stessi. Perciò l’uomo che ne è affetto ama di cuore tutti coloro cheche lo definiscono come un possessore di sapienza divina e un semidio in terra.
[11] Del tutto diverso è l'amore delle dignità e delle ricchezze per gli usi; questo amore èceleste, perché, come si è detto, si identifica con l'amore per il prossimo. Per usi siintendono le buone azioni, e quindi compiere gli usi significa compiere buone azioni; ecompiere gli usi, ovvero le buone azioni significa essere utili agli altri e servirli. Puravendo potere e ricchezza, questi non vengono considerati se non come mezzi percompiere degli usi, cioè per essere utili e servire. È questo il significato delle parole delSignore:
Colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primotra voi, si farà vostro schiavo (Matteo 20:2627)
A tali uomini viene concessa dal Signore un’autorità nel cielo, poiché per essi l’autorità èun mezzo per compiere usi o buone azioni, e di conseguenza per servire; e quando gli usio le buone azioni sono i fini o gli amori, allora non sono essi che dominano, ma è ilSignore, poiché ogni bene viene dal Signore.
[12] (d) L'uomo riconosce con difficoltà questa differenza. Ciò avviene perché gran parte dicoloro che hanno potere e ricchezza compiono anche degli usi; ma essi non sanno se licompiono per amore di se stessi o degli usi. Tanto meno lo sanno, poiché in coloro chesono nell'amore di sé e del mondo vi è più fuoco e passione nel compiere gli usi, che nonin coloro che non sono nell'amore dì sé e del mondo. I primi, tuttavia, compiono gli usi perla loro reputazione o per ottenere un guadagno, quindi per se stessi; ma coloro checompiono gli usi per amore degli usi, o le buone azioni per amore delle buone azioni, nonlo fanno da se stessi, ma in virtù del Signore.
[13] La differenza fra loro è difficilmente riconoscibile, perché 1'uomo non sa se ècondotto dal diavolo o dal Signore. Colui che è condotto dal diavolo compie gli usi per sée per il mondo; ma colui che è condotto dal Signore compie gli usi per il Signore e per ilcielo. Tutti coloro che fuggono i mali come peccati compiono gli usi in virtù del Signore,mentre tutti coloro che non fuggono i mali come peccati, compiono gli usi in virtù deldiavolo; poiché il male è il diavolo, e l'uso, o il bene, è il Signore. Così, e non altrimenti, siriconosce la differenza. Esteriormente l'uno e l'altro sembrano simili, ma nella formainterna sono del tutto dissimili: l'uno è come oro nel quale vi sono delle scorie, mentrel'altro è come oro nel quale vi è solo oro puro; l'uno è come un frutto artificiale, che nellaforma esterna sembra come il frutto di un albero, benché sia solo cera colorata, dentro laquale vi è polvere o bitume, mentre l'altro è come un frutto delicato, delizioso e fragrante,dentro il quale vi sono dei semi.
216. II. Le cose eterne si riferiscono agli onori e alle ricchezze spirituali, che appartengonoall'amore e alla sapienza nel cielo. Poiché l'uomo naturale chiama beni i piaceri dell'amore disé, che sono anche i piaceri delle concupiscenze del male, e si convince che sono cosebuone, egli definisce di conseguenza “benedizioni divine” gli onori e le ricchezze. Maquando l’uomo naturale vede che i malvagi ottengono onori e ricchezze come i buoni, eancor di più quando vede che i buoni ricevono solo disprezzo e povertà, mentre i malvagivivono nella gloria e nell’opulenza, egli pensa fra sé: “Che cos’è tutto ciò? Non può esserela Divina Provvidenza, perché se essa governasse ogni cosa, colmerebbe di onori e diricchezze i buoni, ed affliggerebbe con povertà e disprezzo i cattivi, costringendoli così ariconoscere che c'è un Dio e una Divina Provvidenza.”
[2] Ma l'uomo naturale, se non viene illuminato dall'uomo spirituale (vale a dire, se nonè in pari tempo naturale e spirituale) non vede che gli onori e le ricchezze possono esserebenedizioni così come possono essere maledizioni; e che, quando sono benedizioni,vengono da Dio, ma quando sono maledizioni, vengono dal diavolo. È noto che vi sianoonori e ricchezze che vengono dal diavolo, poiché è per questo che egli viene chiamato il“Principe del mondo.” Poiché si ignorano gli onori e le ricchezze che sono benedizioni, equelli che sono maledizioni, è necessario precisarli in quest'ordine:
Primo: gli onori e le ricchezze possono essere benedizioni o maledizioni.
Secondo: gli onori e le ricchezze, quando sono benedizioni, sono spirituali ed eterni; maquando sono maledizioni, sono temporali e caduchi.
Terzo: gli onori e le ricchezze che sono maledizioni, in confronto agli onori e alle ricchezzeche sono benedizioni, sono come il niente in confronto al tutto, e come ciò che è irreale inconfronto a ciò che è reale.
217. Questi tre punti devono essere illustrati separatamente.
Primo. Gli onori e le ricchezze possono essere benedizioni o maledizioni. La comune esperienzaattesta che tanto gli uomini pii quanto gli empi, o tanto i giusti quanto gli ingiusti, vale adire sia i buoni, sia i cattivi, possono avere potere e ricchezza. Tuttavia nessuno puònegare che gli uomini empi e ingiusti, cioè i malvagi, vadano all'inferno, e che gli uominipii e giusti, cioè i buoni, vadano in cielo. Poiché questo è vero, ne consegue che l’autorità ele ricchezze, ovvero gli onori e l'opulenza, possono essere benedizioni o maledizioni, e cheper i buoni sono benedizioni, e per i malvagi sono maledizioni. In Cielo e inferno, edita inLondra nel 1758 (dal n. 357 al n. 365), è stato mostrato che nel cielo, così come nell'inferno,vi sono sia ricchi, sia poveri, e grandi uomini così come persone normali. È dunqueevidente che per coloro che sono nel cielo le dignità e le ricchezze del mondo furonobenedizioni, e che per coloro che sono all'inferno esse furono, nel mondo, maledizioni.
[2] Se riflettiamo un poco con la nostra ragione su questo argomento, scopriremo perchéquesti doni possono essere benedizioni o maledizioni. Sono benedizioni per quelli che nonvi mettono il cuore, e sono maledizioni per coloro che vi mettono il cuore; mettervi il cuoresignifica amare in esse se stesso, e non mettervi il cuore significa amare in esse gli usi enon se stesso. È stato già detto (n. 215) quale sia la differenza fra questi due amori. Bisognaaggiungere che le dignità e le ricchezze seducono gli uni e non seducono gli altri; esseseducono quando eccitano l'amore del proprium dell'uomo, cioè l'amore di sé, il quale,come si è detto, è l'amore dell'inferno, che si chiama “diavolo” (si veda nn. 206 e 207); maesse non seducono, quando non eccitano questo amore.
[3] Se tanto i cattivi quanto i buoni ottengono onori e ricchezze, è perché sia i cattivi, sia ibuoni compiono degli usi, ma i cattivi per i loro vantaggi e per la loro immagine pubblica,mentre i buoni per amore delle buone azioni stesse e per il bene che ne deriva. I buoniconsiderano gli onori e i guadagni, in quanto fonte di bene, come cause principali, e glionori e i guadagni della loro persona come cause strumentali, mentre i cattivi consideranogli onori e i guadagni della loro persona come cause principali, e gli onori e i guadagnicome causa di bene in quanto cause strumentali. È tuttavia evidente che l’immagine, laposizione e il rango hanno la funzione di permettere all’uomo di compiere il propriodovere, e non viceversa. Chi non vede che il giudice è lì per fare giustizia, il pubblicoufficiale per amministrare il bene comune, il re per il regno, e non viceversa? Per talemotivo, secondo le leggi del regno, ognuno ha la dignità e l’onore corrispondente alladignità di ciò per cui esercita la sua funzione; la differenza è quella che esiste fra ciò che èprincipale e ciò che è strumentale. Colui che attribuisce gli onori a se stesso o alla suaimmagine viene rappresentato nel mondo spirituale come un uomo capovolto, coi piedi insu e la testa in giù.
[4] Secondo. Gli onori e le ricchezze, quando sono benedizioni, sono spirituali ed eterni; maquando sono maledizioni, sono temporali e caduchi. Nel cielo vi sono dignità e ricchezze comenel mondo, poiché esistono governi, e quindi amministrazioni e funzioni; vi sono inoltre
commerci, e di conseguenza ricchezze, poiché vi sono comunità e associazioni. Il cielointero è distinto in due regni, di cui l'uno si chiama regno celeste, e l'altro regno spirituale,e ciascun regno è diviso in innumerevoli società, le une più grandi, le altre più piccole.Tutte queste società, così come tutti coloro che ne fanno parte, sono ordinate secondo ladifferenza di amore e sapienza che esiste fra loro: le società del regno celeste secondo ledifferenze dell'amore celeste, che è l'amore per il Signore; e le società del regno spiritualesecondo le differenze dell'amore spirituale, che è l'amore verso il prossimo. Poiché vi sonotali società, e tutti coloro che ne fanno parte sono stati uomini in questo mondo, e quindiconservano in sé gli amori che hanno avuto nel mondo, con la differenza che adesso sonouomini spirituali, e che le stesse dignità e ricchezze sono spirituali nel regno spirituale, ecelesti nel regno celeste, ne consegue che coloro che hanno più amore e sapienza degli altrihanno più dignità e ricchezze degli altri: essi sono coloro per i quali le dignità e lericchezze nel mondo furono benedizioni.
[5] Da ciò si può riconoscere quali siano le dignità e le ricchezze spirituali; vale a dire cheesse appartengono alla funzione, e non alla persona. Coloro che hanno dignità, possiedonola magnificenza e la gloria dei re sulla terra; ma, nonostante ciò, essi non considerano ladignità come importante, bensì gli usi. Essi ricevono gli onori che spettano alla lorodignità, ma non li attribuiscono a se stessi, bensì li attribuiscono agli usi; e dato che tutti gliusi vengono dal Signore, essi li attribuiscono al Signore come loro sorgente. Tali dunquesono le dignità e le ricchezze spirituali, che sono eterne.
[6] Ma le cose stanno altrimenti nel caso di coloro per i quali le dignità e le ricchezze nelmondo sono state maledizioni. Questi, avendole attribuite a se stessi e non agli usi, e nonavendo accettato che gli usi fossero più importanti di loro, anzi avendo voluto essere piùimportanti degli usi, che consideravano come usi solo perché servivano al loro onore e allaloro gloria, di conseguenza sono all'inferno come vili schiavi, nel disprezzo e nella miseria.Perciò, poiché queste dignità e ricchezze sono destinate a perire, si definiscono temporali ecaduche. Riguardo a questi due tipi di persone, il Signore insegna:
Non fatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano erubano; ma fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri nonscassinano né rubano. Perché dov'è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore. (Matteo 6:19, 20, 21)
[7] Terzo. Gli onori e le ricchezze che sono maledizioni, in confronto agli onori ed alle ricchezzeche sono benedizioni, sono come il niente in confronto al tutto, e come ciò che è irreale in confrontoa ciò che è reale. Tutto ciò che perisce e diventa nulla, interiormente è nulla. È vero cheesteriormente è qualcosa, e che anzi appare come molto, e ad alcuni come tutto, finchédura, ma non è così interiormente: è come una superficie dentro la quale non vi è nulla;come un attore travestito da re, quando finisce la rappresentazione. Ma ciò che dura in
eterno è in sé eternamente qualcosa, anzi è tutto; esiste realmente, perché la sua realtà nonha fine.
218. III. Le cose temporali e le cose eterne vengono tenute separate dall’uomo, ma vengono unitedal Signore. È così perché tutte le cose umane sono temporanee; perciò l'uomo può definirsitemporaneo, e tutte le cose del Signore sono eterne. Ne consegue che il Signore si puòchiamare Eterno, e le cose temporanee sono quelle che hanno fine e periscono; ma le coseeterne sono quelle che non hanno fine e non periscono. Ognuno può rendersi conto chequeste due specie di cose possono essere congiunte solo grazie alla sapienza infinita delSignore, e che dunque esse possono essere congiunte dal Signore e non dall'uomo.Affinché si sappia che queste due specie di cose vengono separate dall'uomo, mentrevengono congiunte dal Signore, sarà mostrato in quest'ordine:
1° Cosa sono le cose temporali e cosa sono le cose eterne.
2° L'uomo è temporaneo in sé, ed il Signore è eterno in Sé; quindi dall'uomo non puòprocedere se non ciò che è temporaneo, e dal Signore non può procedere se non ciò che èeterno.
3° Le cose temporali tengono separate da sé le cose eterne, mentre le cose eternecongiungono a sé le cose temporali.
4° Il Signore congiunge l'uomo a Sé per mezzo di apparenze.
5° E per mezzo di corrispondenze.
219. Queste proposizioni debbono essere illustrate e mostrate singolarmente.
1° Cosa sono le cose temporali e cosa sono le cose eterne. Le cose temporali sono tutte quelle cheappartengono alla natura, e quindi all'uomo. Le proprietà primarie della natura sonoprincipalmente lo spazio e il tempo, che hanno entrambi limiti e confini. Le proprietàumane, che da queste derivano, comprendono le proprietà della sua volontà e del suointelletto, con le affezioni ed i pensieri che esse generano, e soprattutto quelle relative allasua prudenza; è noto che esse sono finite e limitate. Ma le cose eterne sono tutte leproprietà del Signore, e le proprietà del Signore che sembrano appartenere all’uomo. Leproprietà del Signore sono tutte infinite ed eterne, quindi al di là del tempo, e diconseguenza senza limite e senza fine. Le proprietà derivative, che sembrano propriedell'uomo, sono ugualmente infinite ed eterne; tuttavia nessuna di esse gli appartienerealmente: sono proprietà del Signore nell'uomo.
2° L'uomo è temporaneo in sé, ed il Signore è eterno in Sé; quindi dall'uomo non può procedere senon ciò che è temporaneo, e dal Signore non può procedere se non ciò che è eterno. E stato già dettoche l'uomo è in sé temporaneo, e che il Signore è in sé eterno. Poiché è impossibile che dauna cosa possa procedere qualcosa che non si trova in essa, ne consegue che dall'uomopuò procedere solo ciò che è temporaneo, e dal Signore ciò che è eterno. Infatti l'infinito
non può procedere dal finito: ciò sarebbe una contraddizione. Tuttavia l'infinito puòprocedere dal finito, ma non dal finito in sé, bensì dall'infinito per mezzo del finito.Viceversa, il finito non può procedere dall'infinito; anche questa sarebbe unacontraddizione. Il finito può essere prodotto dall'infinito; ma ciò non è un “procedere”,bensì un “creare”: intorno a questo argomento si veda l’opera Divina Provvidenza, dalprincipio alla fine. Perciò se dal Signore procede il finito, come avviene in molte coseumane, esso non procede dal Signore ma dall'uomo; e si può dire che procede dal Signoreper mezzo dell'uomo, perché così appare.
[3] Ciò si può illustrare con queste parole del Signore:
Ma sia il vostro parlare: Sì, sì; no, no; poiché il di più viene dal maligno (Matteo 5:37)
Nel terzo cielo tutti parlano così. Essi non ragionano mai intorno alle cose Divine persapere se sono vere o no, ma il Signore fa sì che essi vedano se la verità risiede o meno inloro stessi. Se dunque si ragiona intorno alle cose Divine per sapere se sono vere, è perchécolui che ragiona non le vede tramite il Signore, bensì le vuole vedere da se stesso; e ciòche l'uomo vede da se stesso è il male. Tuttavia il Signore vuole che l'uomo non solo pensie parli intorno alle cose Divine, ma altresì che ragioni su di esse, per rendersi conto se talicose sono vere. Questo pensiero, discorso o ragionamento, purché abbia lo scopo ditrovare la verità, si può dire che derivi dal Signore nell'uomo. Tuttavia esso procededall'uomo, fino a quando egli vede la verità e la riconosce; d’altro canto, è solamentetramite il Signore che egli può pensare, parlare e ragionare, poiché può farlo in virtù delledue facoltà, chiamate libertà e ragione, che l'uomo riceve dal Signore.
[4] 3° Le cose temporali tengono separate da sé le cose eterne, mentre le cose eterne congiungono asé le cose temporali. Con ciò s’intende che l'uomo (limitato dal tempo) compie cosetemporali in lui; e che il Signore (che è eterno) opera cose eterne in lui, come è stato giàdetto (n. 218). è stato mostrato precedentemente (n. 92) che vi è una congiunzione delSignore presso l'uomo, e una congiunzione reciproca dell'uomo con il Signore; tuttavia lacongiunzione reciproca dell'uomo con il Signore non viene dall'uomo, ma dal Signore. Èstato inoltre osservato (n. 183) che la volontà dell'uomo va in senso contrario alla volontàdel Signore; ovvero, in altri termini, che la prudenza dell'uomo va in senso contrariorispetto alla Divina Provvidenza del Signore. Ne consegue che l'uomo, per le cosetemporali che sono in lui, separa da sé le cose eterne del Signore; ma il Signore congiungele sue cose eterne alle cose temporali dell'uomo, cioè si congiunge all'uomo e congiungel'uomo a Sé. Poiché di ciò si è trattato diffusamente nei paragrafi precedenti, non occorreinsistervi ulteriormente.
[5] 4° Il Signore congiunge l'uomo a Sé per mezzo di apparenze. Infatti è solo un’apparenzache l'uomo, con le sue forze, ami il prossimo, faccia il bene e dica il vero. Se ciò nonapparisse all'uomo come proveniente da lui, egli non amerebbe il prossimo, né farebbe ilbene e direbbe il vero, e così non si congiungerebbe al Signore; ma poiché è dal Signoreche procedono l'amore, il bene e la verità, è evidente che il Signore congiunge l'uomo a Séper mezzo di apparenze. È stato già trattato diffusamente di questa apparenza, dellacongiunzione del Signore presso l'uomo, e della congiunzione reciproca dell'uomo con ilSignore grazie a tale apparenza.
[6] 5° Il Signore congiunge l'uomo a Sé per mezzo di corrispondenze. Ciò avviene per mezzodella Parola, il cui senso letterale consiste interamente di corrispondenze. È stato mostratoin Dottrina della Nuova Gerusalemme sulla Sacra Scrittura, che tramite questo senso sirealizza la congiunzione del Signore con l'uomo, e la reciproca congiunzione dell'uomocon il Signore.
220. IV. La congiunzione delle cose temporali e delle cose eterne nell'uomo è la DivinaProvvidenza del Signore. Questa verità non può essere colta dall’intelletto neppure disfuggita, se tutto ciò che la riguarda non viene ordinato in sequenza, e spiegatochiaramente passo dopo passo:
1° La Divina Provvidenza fa sì che l'uomo, alla sua morte, si spogli delle cose naturali etemporali, per rivestirsi delle cose spirituali ed eterne.
2° Il Signore, tramite la sua Divina Provvidenza, si congiunge alle cose naturali per mezzodelle cose spirituali, ed alle cose temporali per mezzo di quelle eterne, agendo in tal modotramite gli usi.
3° Il Signore si congiunge agli usi mediante corrispondenze, vale a dire per mezzo diapparenze, nella misura in cui l’uomo vi acconsente.
4° Tale congiunzione delle cose temporali e delle cose eterne è la Divina Provvidenza.Queste proposizioni necessitano di essere spiegate per poterle comprendere con chiarezza.
[2] 1° La Divina Provvidenza fa sì che l'uomo, alla sua morte, si spogli delle cose naturali etemporali, per rivestirsi delle cose spirituali ed eterne. Le cose naturali e temporali sono lesostanze più esteriori ed ultime in cui l'uomo entra alla nascita, affinché in seguito eglipossa essere introdotto nelle cose interiori e superiori; poiché le sostanze più esteriori edultime, che sono nel mondo naturale, sono i contenenti di ciò. Ne consegue che nessunangelo o spirito è stato creato immediatamente come tale, ma tutti sono prima nati uomini.Quindi essi sono dotati di sostanze più esteriori ed ultime, in sé fisse e stabili, entro etramite le quali le loro sostanze più interiori possono essere mantenute unite.
[3] L'uomo tuttavia riveste dapprima gli elementi più grossolani del mondo materiale, dicui il suo corpo è composto; ma alla morte egli li dismette, e mantiene gli elementi più puri
della natura, che sono i più vicini a quelli spirituali e che ne sono i contenitori. Inoltre,come è stato mostrato (nn. 108 e 119), nelle sostanze più esteriori ed ultime sono presenti,tutti insieme, gli elementi interiori e superiori. Quindi il Signore compie ogni suaoperazione dalle prime e dalle ultime fasi nel medesimo tempo, dunque in modocompleto. Ma poiché le sostanze più esteriori ed ultime della natura non possono riceverele cose spirituali ed eterne, per cui è formata la mente umana, così come sono in se stesse,benché l'uomo sia nato affinché divenga spirituale e viva eternamente, perciò l'uomo sispoglia degli elementi più esteriori ed ultimi della natura, e mantiene solamente queglielementi naturali interiori che sono adatti e congeniali a quelli spirituali e celesti, in quantorivestono la funzione di “contenitori”. Ciò si compie tramite il rigetto degli elementilimitanti temporali e fisici, rigetto che è la morte del corpo.
[4] 2° Il Signore, tramite la sua Divina Provvidenza, si congiunge alle cose naturali per mezzodelle cose spirituali, ed alle cose temporali per mezzo di quelle eterne, agendo in tal modo tramite gliusi. Le cose naturali e temporali di cui stiamo parlando non sono solamente quelle propriedel mondo fisico, ma sono anche quelle proprie degli uomini in tale dimensione. Con lamorte l'uomo si spoglia delle une e delle altre, e indossa le cose spirituali ed eterne che adesse corrispondono. Egli se ne riveste secondo i suoi usi, come si è già spiegato negliarticoli precedenti. Le cose naturali, che sono proprie della natura, si riferiscono ingenerale al tempo ed allo spazio, e in particolare alle cose visibili sulla terra. Alla suamorte l'uomo le abbandona, ed al loro posto riceve cose spirituali, simili quanto all’aspettoesterno o all'apparenza, ma non quanto all’aspetto interno o alla loro stessa essenza; anchedi questo soggetto si è già trattato in precedenza (dal n. 102 al n. 110).
[5] Le cose temporali, che sono proprie degli uomini nel mondo naturale, si riferiscono ingenerale alle dignità ed alle ricchezze, ed in particolare alle necessità di ciascun uomo.Esse sono il vitto, i vestiti e l'abitazione. Alla sua morte l'uomo si spoglia anche di esse e leabbandona, indossando e ricevendo cose simili quanto all’aspetto o all'apparenza, ma nonquanto all’aspetto interiore o all'essenza. Tutte queste cose ricevono il loro aspettointeriore e la loro essenza dagli usi delle cose temporali che l’uomo ha compiuto nelmondo. Gli usi sono le buone azioni, i buoni effetti della carità. Da queste spiegazioni sipuò constatare che il Signore, tramite la sua Divina Provvidenza, congiunge alle cosenaturali ed alle cose temporali quelle spirituali ed eterne, secondo gli usi.
[6] 3° Il Signore si congiunge agli usi mediante corrispondenze, vale a dire per mezzo diapparenze, nella misura in cui l’uomo vi acconsente. Siccome questa proposizione non può nonsembrare oscura a coloro che non hanno ancora una nozione chiara di ciò che sono lecorrispondenze e le apparenze, è necessario spiegarla con un esempio. Tutte le cose che sileggono nella Parola sono semplici immagini che corrispondono a realtà spirituali e celesti;e poiché sono corrispondenze, sono apparenze. Vale a dire che tutte le cose che si trovanonella Parola sono beni Divini provenienti dal Divino amore, e verità Divine della Divina
sapienza. In sé queste cose sono nude, ma nella Parola esse sono rivestite di un significatoletterale, così da apparire come un uomo completamente vestito. Ciò significa che esse ciappaiono come rivestite di abiti corrispondenti ai nostri stati di amore e sapienza. Seprendessimo le apparenze come dati di fatto, ciò equivarrebbe a credere che gli abiti sonole persone stesse. Quindi le apparenze divengono illusioni. Ma le cose stanno altrimenti secerchiamo le verità e le vediamo nelle apparenze.
[7] Tutti gli usi, tutti gli atti di verità e carità che compiamo per il nostro prossimo,possiamo compierli secondo le apparenze, oppure secondo le verità contenute nellaParola. Se li compiamo secondo le apparenze, che abbiamo considerato come realtà difatto, siamo nell’illusione; ma se li compiamo secondo le verità, ci comportiamo in modogiusto. Da ciò si comprende come il Signore si congiunge agli usi mediante le lorocorrispondenze, cioè per mezzo di apparenze, nella misura in cui l’uomo considera questeultime come dati di fatto.
[8] 4° Tale congiunzione delle cose temporali e delle cose eterne è la Divina Provvidenza.Affinché questa proposizione si mostri in una certa luce dinanzi all'intelletto, è necessarioillustrarla con due esempi: uno che concerne le ricchezze e gli onori, ed un altro cheriguarda le ricchezze e i beni materiali. Entrambe queste cose sono naturali e temporalinella loro forma esterna, ma nella forma interna sono spirituali ed eterne. Le dignità, congli onori che esse comportano, sono naturali e temporali quando l'uomo si concentra inesse e nel suo ruolo, e non considera in esse né il bene dello stato né gli usi; poiché alloral'uomo può solo pensare che lo stato sia fatto per lui, e non l’inverso. È come un re chepensa che il regno e tutti gli uomini che contiene siano fatti per lui, e non il contrario.
[9] Ma queste dignità, con gli onori che comportano, sono spirituali ed eterne, allorchél'uomo considera la sua persona dedita allo stato e agli usi, e non considera lo stato e gliusi come se fossero fatti per lui. Se l'uomo agisce così, egli è allora nella verità enell'essenza della sua dignità e del suo onore; ma se agisce nell'altro modo, allora è nellacorrispondenza e nell'apparenza. Se egli se ne convince, è nelle illusioni, e non è incongiunzione col Signore, come coloro che sono nelle falsità e quindi nei mali: poiché leillusioni sono falsità con le quali si congiungono i mali. Costoro in verità hanno compiutodegli usi e dei beni, ma da se stessi e non dal Signore, ed hanno cercato di mettersi al postodel Signore.
[10] La stessa cosa vale per le ricchezze e i beni materiali, i quali sono anch’essi da unlato naturali e temporali, e dall’altro spirituali ed eterni. Essi sono naturali e temporali percoloro che li considerano unicamente per loro stessi e si contemplano in essi, e viripongono tutto il loro diletto e il loro piacere; ma sono spirituali ed eterni per quelli checonsiderano in essi i buoni usi, e negli usi il diletto e il piacere interiori. Per questi uominianche il diletto e il piacere esteriori divengono spirituali, e il temporale diviene eterno;perciò essi dopo la morte vanno in cielo, dove dimorano in palazzi le cui forme, proprie
all'uso, risplendono d'oro e di pietre preziose. Tali uomini tuttavia considerano questecose solo come apparenze esteriori splendenti e rilucenti dalla loro interiorità, che ècostituita dagli usi, dai quali giungono a loro lo stesso diletto e lo stesso piacere che sonola beatitudine e la felicità del cielo. Una sorte contraria attende coloro che hannoconsiderato le ricchezze e i beni mondani solamente in se stesse e per se stessi,secondo le apparenze esteriori e non in pari tempo per le realtà interiori, cioèsecondo le loro apparenze e non secondo le loro essenze. Quando se ne liberano, allamorte, si rivestono delle loro realtà interiori, che, non essendo spirituali, non possonoessere che infernali, poiché in essi vi è l'uno o l'altro, il celeste o l'infernale. Entrambinon possono essere presenti nello stesso tempo: quindi invece delle ricchezze hanno lapovertà, e invece dei beni materiali la miseria.
[11] Per “usi” si intendono non solo le cose necessarie alla vita, relative al vitto, alvestito e all’abitazione per sé e per i propri cari, ma si intende anche il bene dellapatria, il bene della società e il bene dei concittadini. Il commercio è un bene simile,quando esso costituisce l'amore reale, e il denaro l'amore che viene utilizzato comemezzo, purché il negoziante fugga ed aborrisca come peccati le frodi e gli inganni.Ma quando il denaro è l'amore finale, ed il commercio l'amore che serve come mezzo,allora si tratta dell'avarizia, che è la radice dei mali. A proposito dell'avarizia si vedaLuca 12:15, e la parabola che la riguarda, nei versetti da 16 a 21.
XII
L'uomo non è introdotto interiormente nelle verità della fede e neibeni della carità se non in quanto può esservi mantenuto fino alla
fine della vita
221. Nel mondo cristiano è noto che il Signore vuole la salvezza di tutti, e che egliè onnipotente; quindi molti giungono alla conclusione che egli possa salvare ogniuomo, e che salvi coloro che implorano la sua misericordia, principalmente coloro chela implorano con la formula di fede da essi ricevuta: che Dio Padre abbia pietà peramore del Figlio, soprattutto se in pari tempo essi pregano di ricevere quella fede. Ma sivedrà che le cose stanno altrimenti nell'ultima sezione di questo trattato (dal n. 331 aln. 340), dove verrà spiegato che il Signore non può agire contro le leggi della suaDivina Provvidenza, perché agire contro di esse significherebbe agire contro il suoDivino Amore e contro la sua Divina Sapienza, e di conseguenza contro se stesso. Sivedrà che una tale misericordia immediata non è possibile, perché la salvezzadell'uomo viene realizzata tramite mezzi specifici. Nessuno può condurre l'uomo conquesti mezzi, eccetto colui che vuole la salvezza di tutti ed è in pari tempoonnipotente, cioè il Signore. I mezzi tramite i quali l'uomo è condotto dal Signore sichiamano leggi della Divina Provvidenza, fra le quali vi è anche questa: l'uomo non puòottenere interiormente accesso alle verità della sapienza ed ai beni dell'amore, se non puòesservi mantenuto fino alla fine della sua vita. Ma per mostrare ciò razionalmente, deveessere spiegato in quest'ordine:
I. L'uomo può essere introdotto nella sapienza delle cose spirituali, ed anchenell'amore di esse, e tuttavia non essere riformato.
II. Se l'uomo in seguito recede e va in senso contrario, egli profana le cose sante.
III. Vi sono molti tipi di profanazioni, ma questo è il peggiore di tutti.
IV. Perciò il Signore non introduce interiormente l'uomo nelle verità della sapienzae in pari tempo nei beni dell'amore, se non in quanto l'uomo può esservimantenuto fino alla fine della sua vita.
222. I. L'uomo può essere introdotto nella sapienza delle cose spirituali, ed anche nell'amore diesse, e tuttavia non venire riformato. Ciò si verifica perché l'uomo ha la razionalità e la libertà;grazie alla razionalità si può elevare ad una sapienza quasi angelica, e grazie alla libertà ad
un amore non dissimile dall'amore angelico. Ciò nondimeno, la natura del nostro amoredetermina la natura della nostra sapienza: se l'amore è celeste e spirituale, la sapienzaparimenti diviene celeste e spirituale; ma se l'amore è diabolico e infernale, la sapienzaugualmente è diabolica e infernale. Questa, è vero, può apparire allora nella sua formaesteriore, di fronte agli altri, come celeste e spirituale, ma nella sua forma interiore, che è lasua stessa essenza, essa è diabolica ed infernale, non all’esterno dell'uomo ma dentro dilui. Essa non sembra tale agli altri uomini, perché essi sono naturali, e vedono e odono inmodo naturale, in quanto la forma esterna è naturale; ma appare così agli angeli, perché gliangeli sono spirituali, ed essi vedono e odono spiritualmente, in quanto la forma interna èspirituale.
[2] È dunque evidente che l'uomo può essere introdotto nella sapienza delle cosespirituali, ed anche nell'amore di queste, e nonostante ciò, non essere riformato; ma inquesto caso egli è introdotto solamente nel loro amore naturale, e non nel loro amorespirituale. Il motivo è che l'uomo può introdurre se stesso nell'amore naturale, ma solo ilSignore lo può introdurre nell'amore spirituale; e coloro che sono introdotti in questoamore si riformano, ma quelli che sono introdotti solamente nell'amore naturale non siriformano, poiché questi ultimi per lo più sono ipocriti. Molti di essi appartengonoall'ordine dei gesuiti, i quali interiormente non credono alle cose Divine, ma esteriormentegiocano con le cose sacre come attori in una commedia.
223. Grazie a molte esperienze nel mondo spirituale mi è stato concesso di sapere chel'uomo possiede in sé la facoltà di comprendere gli arcani della sapienza come gli stessiangeli, poiché ho visto diavoli infuocati, che quando udivano certi arcani della sapienzanon solamente li comprendevano, ma altresì ne parlavano, in virtù della loro razionalità;tuttavia, appena tornavano nel loro amore diabolico, essi non li comprendevano più, einvece di quegli arcani intendevano cose opposte, follie che essi definivano sapienza. Mi èstato anche concesso di udire che, quando si trovavano nello stato di sapienza, essiridevano della loro follia, e quando erano nello stato di follia, ridevano della sapienza.L'uomo che nel mondo è stato tale, quando dopo la morte diviene spirito, ordinariamenteviene messo alternativamente nello stato di sapienza e in quello di follia, affinché vedaquest’ultima dal punto di vista della prima; ma benché vedano, dalla prospettiva dellasapienza, la loro dissennatezza, non appena si concede loro di scegliere, il che avviene perognuno, essi preferiscono la follia. Questa è ciò che essi amano, e non provano che odioper la sapienza. La loro interiorità è stata infatti diabolica, e la loro esterioritàapparentemente divina. Questi s’intendono per i diavoli che si mostrano come angeli diluce, e per l’ospite alla festa di nozze che non era vestito con un abito adatto, e fu gettatonelle tenebre esteriori (Matteo 22:11, 12, 13.)
224. Chi non vede che è dall'interiore che sorge ciò che è esteriore, e che di conseguenzaciò che è esteriore riceve la sua essenza dall'interiore? E chi non sa per esperienza che
l'esteriore si può mostrare in modo diverso dall’essenza che riceve dall’interiore? Infattiquesto si vede chiaramente negli ipocriti, negli adulatori e nei furbi; e si sa daicommedianti e dai mimi che l'uomo può fingere nel suo aspetto esteriore un carattere chenon è il suo, poiché essi sanno rappresentare re, imperatori, e perfino angeli, col tono divoce, il linguaggio, l’espressione e i gesti, proprio come se fossero quei personaggi;tuttavia essi non sono che attori. Ho detto questo perché l'uomo può spargere calunnie,tanto nelle cose civili e morali quanto nelle cose spirituali; ed è noto che molti lo fanno.
[2] Quando l'interiore nella sua essenza è infernale, e l'esteriore nella sua forma si mostraspirituale, nonostante che l'esterno derivi la sua essenza dall'interno, come si è detto, dov’ènascosta questa essenza nell'esterno? Essa non appare nei gesti, né nel tono di voce, né nellinguaggio, né nell’espressione: tuttavia essa è nascosta interiormente in queste quattrocose. Che essa vi sia interiormente nascosta, è chiaramente evidente nelle persone chevivono nel mondo spirituale, poiché quando l'uomo muore e giunge dal mondo naturalenel mondo spirituale, egli lascia le sue apparenze esteriori con il corpo, ma conserva le suequalità interiori, che erano nascoste nel suo spirito. Se la sua interiorità è stata infernale,egli appare come un diavolo, come fu in spirito mentre visse nel mondo. Chi è che nonriconosce che ogni uomo, quando diviene spirito, lascia le cose esteriori col corpo epenetra in quelle interiori?
[3] A questo deve aggiungersi che nel mondo spirituale vi è comunicazione delleaffezioni e quindi dei pensieri, per cui nessuno può parlare diversamente da ciò che pensa.In quel mondo, inoltre, ognuno cambia il suo volto e diviene simile alla sua affezione, cosìche anche dalla faccia egli appare com’è in realtà. Talvolta è concesso agli ipocriti diparlare diversamente da ciò che pensano, ma il loro tono di voce sembra discordante collivello interiore dei loro pensieri, ed essi vengono riconosciuti per questa discordanza. Daciò si può comprendere che la natura interiore è nascosta nel tono di voce, nel linguaggio,nell’espressione e nei gesti di quella esteriore, e che ciò non è percepito dagli uomini nelmondo naturale, ma viene percepito chiaramente dagli angeli nel mondo spirituale.
225. Da queste considerazioni è evidente che l'uomo, mentre vive nel mondo naturale,può accedere alla sapienza delle cose spirituali, e anche all'amore di esse. Ciò può accaderesia per coloro che sono meramente naturali, sia per coloro che sono spirituali; ma con ladifferenza che grazie a tale sapienza e amore questi ultimi si riformano, mentre i primi nonsi riformano affatto. In coloro che non si riformano può anche sembrare che essi amino lasapienza; ma l'amano come un adultero ama una donna gentile e delicata, cioè come unaprostituta, a cui dice parole dolci e regala vesti lussuose, ma di cui pensa fra sé: «Non è cheuna vile prostituta; le farò credere che l'amo, perché soddisfa la mia passione; se non lasoddisfacesse, io la rifiuterei.» L'uomo interno di chi è meramente naturale è l’adultero, e ilsuo uomo esterno è questa donna.
226. II. Se l'uomo in seguito recede e va in senso contrario, egli profana le cose sante. Vi sonomolti generi di profanazione delle cose sacre, di cui si tratterà nel seguente articolo; maquesto tipo è il più grave di tutti, poiché questi profanatori dopo la morte divengono esseriche non sono più uomini. Essi vivono, in verità, ma sono imprigionati nelle loro folliallucinazioni. Sembra loro di volare in alto, e quando sono tranquilli essi giocano con leloro fantasie, che vedono come reali; e poiché non sono più uomini, non vengono chiamati“lui” o “lei”, ma “ciò”. Anzi, quando si presentano alla vista nella luce del cielo, appaionocome scheletri, alcuni come scheletri dal colore osseo, altri come infuocati, ed altri ancoracome bruciati. Nel mondo si ignora che i profanatori di questo genere divengono tali dopola morte, perché non se ne conosce la causa, cioè che, se l'uomo prima riconosce le coseDivine ed ha fede in esse, e poi se ne allontana e le nega, egli mescola le cose sante con lecose profane. Quando le cose sante e le cose profane sono mescolate, l’unico modo persepararle è la loro completa distruzione. Ma affinché questo argomento possa esserecompreso più chiaramente, deve essere esposto nel seguente ordine:
1° Tutto ciò che l’uomo pensa, dice e fa in virtù della sua volontà, diventa parte di lui e talerimane, tanto il bene quanto il male.
2° Ma il Signore, grazie alla sua Divina Provvidenza, provvede e dispone continuamenteaffinché il male stia da sé, così come il bene, in modo tale che essi possano essere tenutiseparati.
3° Ma questo non è possibile se l'uomo prima riconosce le verità della fede e vive secondoqueste verità, e poi se ne allontana e le nega.
4° Allora egli mescola il bene e il male, finché non è più possibile separarli.
5° Dato che il bene e il male devono essere separati in ogni uomo, mentre nel tipo d’uomosopra descritto non si possono separare, tutto ciò che è specificamente umano in lui vienedistrutto.
227. Queste sono le cause per cui accadono tali disastri; ma poiché tali cause restanooscure, affinché esse vengano comprese è necessario spiegarle.
1° Tutto ciò che l'uomo pensa, dice e fa in virtù della sua volontà, diventa parte di lui e talerimane, tanto il bene quanto il male. Questo è stato già mostrato, dal n. 78 al n. 81. Infattil'uomo ha una memoria esterna o naturale, e una memoria interna o spirituale; nella suamemoria interna sono registrate tutte le cose che nel mondo egli ha pensato, detto e fattoin virtù della volontà, così totalmente e in dettaglio che non ne manca neanche una.Questa memoria è il suo “libro della vita”, che si apre dopo la morte, e secondo il qualeegli è giudicato. Riguardo a questa memoria sono state riferite molte cose, per esperienzadiretta, in Cielo e inferno, dal n. 461 al n. 465.
2° Ma il Signore, grazie alla sua Divina Provvidenza, provvede e dispone continuamente affinchéil male stia da sé, così come il bene, in modo tale che essi possano essere tenuti separati. Ogni uomoha buone e cattive qualità. Le cattive qualità vengono da lui stesso, mentre quelle buonevengono dal Signore; e l'uomo non potrebbe vivere se non le possedesse entrambe. Sefosse avvolto in sé solo, dunque nel solo male, non avrebbe vita; e non avrebbe vitaneppure se fosse avvolto solo nel Signore, quindi nel solo bene. L'uomo totalmenteimmerso nel Signore sarebbe come soffocato, e gli mancherebbe il respiro, come unmoribondo in agonia; mentre l’uomo totalmente immerso in se stesso non avrebbe vita,poiché il male, senza alcun bene in sé, è morto. Perciò l'uomo è in entrambi gli stati; ma ladifferenza è che taluni sono interiormente nel Signore, ed esteriormente come in se stessi,mentre altri sono interiormente in se stessi, ma esteriormente come nel Signore. Questiultimi sono nel male, e i primi nel bene; tuttavia entrambi sono nell'uno e nell'altro. Anchele persone malvagie possiedono entrambi gli stati, perché sono impegnate in attivitàpositive della vita civile e morale, ed anche, sia pure esteriormente, in attività riguardantila vita spirituale; e vengono tenute dal Signore nella razionalità e nella libertà, affinchépossano pervenire al bene. È questo il bene grazie al quale ogni uomo, anche se malvagio,è condotto dal Signore. Da queste spiegazioni si può comprendere che il Signore mantieneil male e il bene separati, affinché uno sia all'interno e l'altro all'esterno, facendo sì che essinon siano mescolati.
3° Ma questo non è possibile se l'uomo prima riconosce le verità della fede e vive secondo questeverità, e poi se ne allontana e le nega. Questo è evidente da quel che si è detto; in primo luogoche tutto ciò che l'uomo pensa, dice e fa in virtù della volontà diventa suo e resta tale; ed insecondo luogo che il Signore, grazie alla Sua Divina Provvidenza, provvede e si adoperacontinuamente affinché il bene stia da sé, ed il male da sé, ed essi vengano tenuti separati.Il Signore li separa dopo la morte. In coloro che sono interiormente cattivi edesteriormente buoni viene tolto il bene, ed essi vengono lasciati al loro male; il contrarioavviene per coloro che sono interiormente buoni, e che esteriormente, come gli altriuomini, si sono arricchiti, hanno ricercato onori, hanno goduto di varie cose mondane, e sisono abbandonati ad alcune concupiscenze. In questi, tuttavia, il bene e il male non sonomescolati, ma separati, uno all’interno e l’altro all'esterno. Esteriormente essi erano similiai malvagi in molte cose, ma non nella loro forma interna. Lo stesso vale per i cattivi, che sierano mostrati buoni nel loro aspetto esteriore, nella pietà, nel culto religioso, nelle parolee nei fatti, e che nonostante ciò nella forma interna erano stati malvagi: anche in essi ilmale è separato dal bene. Ma in coloro che dapprima avevano riconosciuto le verità dellafede ed avevano vissuto di conseguenza, e che poi si erano volti in senso contrario e leavevano rifiutate, e soprattutto se le avevano negate, i beni e i mali non sono più separati,ma mescolati, poiché uomini del genere si sono appropriati sia del bene che del male, e diconseguenza li hanno congiunti e mescolati insieme.
4° Allora egli mescola il bene e il male, finché non è più possibile separarli. Questo risulta da ciòche si è appena detto. Se il male non si può separare dal bene, né il bene dal male, l'uomonon può essere né in cielo, né all'inferno. Ogni uomo deve essere o nell'uno o nell'altro:egli non può essere in entrambi. Altrimenti sarebbe ora in cielo, ora all'inferno; e in cieloagirebbe come all'inferno, e all'inferno agirebbe come in cielo, distruggendo così la vita ditutti coloro che si trovano intorno a lui, la vita celeste negli angeli, e la vita infernale neidiavoli. La vita di ciascuno perirebbe, poiché la vita di ognuno deve essere la sua. Nessunovive nella vita altrui, tanto meno in una vita opposta. Perciò in ogni uomo, dopo la morte,quando diviene spirito o uomo spirituale, il Signore separa il bene dal male, ed il male dalbene; il bene dal male in coloro che sono interiormente nel male, ed il male dal bene incoloro che sono interiormente nel bene, conformemente alle Sue parole:
Perché a chiunque ha, sarà dato, e sarà nell’abbondanza; ma a chiunque non ha, sarà tolto ancheciò che ha (Matteo 13:12, 25:29; Marco 4:25; Luca 8:18, 19:26)
5° Poiché il bene e il male devono essere separati in ogni uomo, mentre nel tipo d’uomo sopradescritto non si possono separare, tutto ciò che è specificamente umano in lui viene distrutto. Ciòche è veramente umano in ogni uomo deriva dalla razionalità, in virtù della quale, se eglilo vuole, può vedere e sapere cosa è il vero e cosa è il bene, e dalla libertà, grazie a cui eglipuò volere, pensare, dire e fare il bene e il vero, come già si è mostrato (dal n. 96 al n. 97).Ma questa libertà, con la sua razionalità, è distrutta in coloro che hanno mescolato in sé ilbene e il male. Costoro non possono riconoscere il male dalla prospettiva del bene, né ilbene dalla prospettiva del male, poiché hanno identificato l’uno con l’altro. Per cui essinon hanno più la razionalità in atto né in potenza, e quindi nemmeno alcuna libertà. È perquesto motivo che essi sono puri deliri allucinatori, come si è già detto (n. 226), e nonsembrano più uomini, ma ossa coperte da brandelli di pelle. Quindi non vengono definiti“lui” o “lei”, ma “ciò”. Tale è la sorte che attende coloro che mescolano in questo mondo lecose sante con le cose profane; ma vi sono altri tipi di profanazione, che non sono cosìgravi, di cui si tratterà nel paragrafo seguente.
228. Nessun uomo che ignori le cose sante può profanarle, poiché colui che non leconosce non le può riconoscere, né negare. Perciò coloro che non appartengono allacristianità, e non sanno nulla del Signore e della redenzione e della salvezza che egli offre,non profanano questa santità quando non la accettano, e neanche quando parlano controdi essa. Neppure gli stessi ebrei profanano questa santità, perché fin dall'infanzia nonvogliono accettarla e riconoscerla; sarebbe diverso se l’accettassero e la riconoscessero, epoi la negassero, ciò che tuttavia accade di rado. Infatti molti di loro la riconosconoesteriormente e la negano interiormente, e sono simili agli ipocriti. Ma coloro che
profanano le cose sante mescolandole alle cose profane, prima le accettano e lericonoscono, e poi se ne ritraggono e le negano.
[2] Non prendiamo qui in considerazione l’accettazione ed il riconoscimento della fedenell'infanzia e nella gioventù. Ciò è comune ad ogni cristiano. Questa non è profanazione,perché a quell’età le cose che riguardano la fede e la carità non si accettano, né siriconoscono in virtù della razionalità e della libertà, cioè nell'intelletto in virtù dellavolontà, ma solamente imparandole a memoria, per la fede che si prova nei confronti di unmaestro. Se si vive in conformità a tali principi, è per cieca obbedienza. Ma quando l'uomoinizia a fare uso della sua razionalità e della sua libertà, il che ha luogo successivamente,quando egli cresce e diviene adulto, se allora riconosce le verità della fede e viveconformemente ad esse, e poi le nega, egli mescola le cose sante con le profane, e da uomoqual'era diviene un mostro, come si è già detto. Ma se l'uomo è nel male già dall’età in cuiacquisisce la sua razionalità e la sua libertà, vale a dire dal tempo in cui egli divienepadrone di sé fino all'età adulta, e poi riconosce le verità della fede, e vive secondo questeverità, purché vi perseveri fino alla morte, egli non mescola il male con il bene; perchéallora il Signore separa i mali della vita anteriore dai beni della vita posteriore. Cosìavviene per tutti coloro che fanno penitenza. Ma su questo argomento si dirà di più inseguito.
229. III. Vi sono vari tipi di profanazioni del sacro, ma questo è il peggiore.Per profanazione siintende comunemente ogni empietà, e per profanatori tutti gli empi, che di cuore neganoDio, la santità della Parola, e quindi le cose spirituali della chiesa, che sono le cose sante dicui parlano anche gli uomini irriverenti. Ma qui non si tratta di questi, bensì di coloro cheprofessano di credere in Dio, sostengono la santità della Parola e riconoscono le cosespirituali della chiesa, la maggior parte di essi però solamente a parole. La ragione per cuiquesti uomini commettono profanazione è che in essi vi è qualcosa di sacro che procededalla Parola; ed essi profanano ciò che è in loro stessi e fa parte del loro intelletto. Ma negliempi, che negano Dio e le cose sante, non vi è nulla di santo che essi possano profanare;questi in verità non sono profanatori, benché i primi lo siano.
230. Alla profanazione di ciò che è sacro si riferisce il secondo comandamento delDecalogo: «Non pronunciare il nome del Signore, Dio tuo, invano» (Esodo 20:7; Deuteronomio5:11); e la preghiera del Signore ci dice di non profanare ciò che è santo: «Sia santificato iltuo nome» (Matteo 6:9; Luca 11:2). Nel mondo cristiano vi sono pochissimi che sanno ciòche s'intende per Nome di Dio, e ciò perché si ignora che nel mondo spirituale non vi sononomi come nel mondo naturale, ma ciascuno si chiama secondo la qualità del suo amore edella sua sapienza. Infatti, appena qualcuno entra a far parte di una società o di unacomunità in quel mondo, egli viene subito chiamato in un modo che esprime la sua natura.Tale attribuzione di un nome avviene tramite la lingua spirituale, che è capace di dare unnome ad ogni cosa: perciò ciascuna lettera dell'alfabeto significa una cosa, e più lettere
riunite in una parola, come avviene per il nome di una persona, comprendono l'interostato della cosa. Questa è una delle meraviglie del mondo spirituale.
[2] È dunque evidente che per Nome di Dio nella Parola si indica Dio e tutto ciò che diDivino è in lui, e che da lui procede. Dato che la Parola procede da Dio, essa è il Nome diDio; e poiché tutti i doni Divini, come i doni spirituali della chiesa, derivano dalla Parola,anch’essi sono il Nome di Dio. Da queste spiegazioni si può comprendere ciò che s'intendenel secondo comandamento del Decalogo: «Tu non profanerai il Nome di Dio»; e nellapreghiera del Signore con le parole «Sia santificato il tuo Nome». Il Nome di Dio e il Nome delSignore, significano la stessa cosa, in molti passi della Parola nell'uno e nell'altroTestamento (fra gli altri si veda Matteo 7:22; 10:22; 18:5, 20; 19:29; 21:9; 24:9, 10; Giovanni1:12; 2:23; 3:17,18; 12:13, 28; 14:14, 15, 16; 16:23, 24, 26, 27; 17:6; 20:31), ed in moltissimipassi dell'Antico Testamento. Chi conosce questo significato del Nome può comprendereanche il significato di queste parole del Signore:
Chi riceve un profeta come profeta, riceverà premio di profeta; e chi riceve un giusto comegiusto, riceverà premio di giusto. E chi avrà dato da bere soltanto un bicchiere d’acqua fresca aduno di questi piccoli, perché è un mio discepolo, io vi dico in verità che non perderà il suopremio. (Matteo 10:4142)
Chi per il nome di profeta, giusto e discepolo intende in questo passo solamente un profeta,un giusto e un discepolo, non sa che vi è un significato diverso dal semplice sensoletterale; e non sa neppure che cos’è una ricompensa di profeta, una ricompensa di giusto e unaricompensa per un bicchiere d'acqua fresca data ad un discepolo. Per nome e ricompensa di profetasi intende infatti lo stato di felicità di coloro che sono nelle verità Divine; per nome ericompensa di giusto si intende lo stato e la felicità di coloro che sono nei beni Divini, e perdiscepolo, lo stato di coloro che possiedono alcuni doni spirituali della chiesa. Il bicchiered'acqua fresca significa un elemento di verità.
[4] Queste parole del Signore indicano che il nome può significare anche la qualità dellostato dell'amore e della sapienza, o del bene e della verità:
Ma colui che entra per la porta è pastore delle pecore. A lui apre il portinaio, e le pecoreascoltano la sua voce, ed egli chiama le proprie pecore per nome e le conduce fuori. (Giovanni10:2, 3)
Chiamare le pecore per nome significa ammaestrare e condurre chiunque sia nel bene dellacarità secondo lo stato del suo amore e della sua sapienza; la porta significa il Signore,come si vede dal versetto 9:
Io sono la porta; se uno entra attraverso di me, sarà salvato (Giovanni 10:9)
È dunque evidente che per essere salvato bisogna rivolgersi al Signore, e chi si rivolge a luiè un pastore di pecore; mentre chi non si rivolge a lui è un ladro e un rapinatore, come sidice al versetto 1 dello stesso capitolo.
231. Per “profanazione delle cose sante” si intende la profanazione da parte di coloro checonoscono le verità della fede e i beni della carità in virtù della Parola, e che in qualchemodo li riconoscono; e non da parte di coloro che non li conoscono, né da coloro che perirriverenza li rifiutano interamente. Ciò che segue, quindi, si riferisce ai primi, e non aglialtri. I generi di profanazione di costoro sono molti, alcuni più lievi, altri più gravi, ma sipossono ridurre a questi sette. Il primo genere di profanazione viene commesso da coloro chescherzano sulla Parola o la citano con leggerezza, o si fanno beffe di ciò che è Divino nella chiesa.Alcuni hanno infatti la cattiva abitudine di prendere nomi o locuzioni dalla Parola e dimischiarli con discorsi indecenti, e talora osceni; il che si accompagna necessariamente adun certo disprezzo per la Parola, mentre la Parola, nella sua interezza e in ogni suoparticolare, è Divina e santa, poiché in essa ciascun vocabolo racchiude nel suo senoqualcosa di Divino, grazie al quale essa comunica col cielo. Ma questo genere diprofanazione è più leggero o più grave nella misura in cui si riconosce la santità dellaParola, e secondo l'indecenza del discorso in cui le espressioni sacre vengono introdotte dachi ne fa oggetto di scherno.
[2] Il secondo genere di profanazione viene commesso da coloro che comprendono e riconoscono inse stessi le verità Divine, e nonostante ciò vivono in modo contrario ad esse. Nondimeno, coloroche si limitano a comprenderle commettono una profanazione di grado minore, ma coloroche le riconoscono in se stessi commettono una profanazione più grave. L'intelletto silimita ad insegnare, come un predicatore, e non si congiunge con la volontà; ma ilriconoscimento vi si congiunge, poiché non si può riconoscere alcunché se non con ilconsenso della volontà. Tuttavia questa congiunzione è di vario tipo, e la gravità dellaprofanazione varia secondo il grado della congiunzione, quando si vive in un modocontrario alle verità che si riconoscono in se stessi. Per esempio, se qualcuno riconosce chela vendetta, l’odio, l’adulterio, la fornicazione, la frode, l’inganno, la bestemmia e lamenzogna sono peccati contro Dio, e nonostante ciò li commette, egli è in questo generepiù grave di profanazione; poiché il Signore dice:
Quel servitore che ha conosciuto la volontà del suo padrone e non ha preparato né fatto nullaper compiere la sua volontà, sarà percosso (Luca 12:47)
E altrove:
Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato
rimane (Giovanni 9:41)
Ma una cosa è riconoscere le apparenze della verità, e ben altro è riconoscere le veritàgenuine; coloro che riconoscono le verità genuine, e tuttavia non vivono secondo questeverità, appaiono nel mondo spirituale senza luce né calore di vita nella voce e nellinguaggio, come se fossero completamente apatici.
[3] Il terzo genere di profanazione viene commesso da coloro che usano il senso letterale dellaParola per giustificare i loro cattivi amori ed i loro falsi principi. L’affermazione del falso è lanegazione del vero, e l’affermazione del male è il rifiuto del bene; ora la Parola dentro disé non è che la Verità Divina e il Divino Bene; e nel senso più esteriore, che è il sensoletterale, essa non appare come verità genuina, eccetto laddove essa fa conoscere il Signoree la via della salvezza. In realtà, essa appare per lo più rivestita di quelle che si possonochiamare “apparenze di verità”. Perciò questo senso letterale si può distorcere persostenere eresie di ogni genere. Ora, chi conferma cattivi amori fa violenza ai Beni Divini,e chi conferma falsi principi fa violenza alle Verità Divine. Quest’ultima violenza si chiamafalsificazione del vero, mentre la prima si chiama adulterazione del bene; l'una e l'altrasono indicate nella Parola con il termine sangue. Vi è qualcosa di spirituale e di sacro neidettagli del senso letterale della Parola: lo spirito di verità che emana dal Signore. Questosacro contenuto viene leso, quando la Parola è falsificata e adulterata. Questa èun’evidente profanazione.
[4] Il quarto genere di profanazione viene commesso da coloro che con la bocca pronunziano cosepie e sante, e fingono col tono della voce e con i gesti di provare amore per esse, ma nel loro cuorenon le credono né le amano. La maggior parte di essi sono ipocriti e farisei, a cui dopo lamorte viene tolto ogni bene ed ogni verità, e vengono gettati nelle tenebre esteriori. Coloroche appartengono a questa specie, che si sono confermati contro Dio e contro la Parola, econtro i doni spirituali della chiesa, stanno seduti nelle tenebre, muti, senza poter parlare.Vorrebbero borbottare cose pie e sante, come nel mondo, ma non possono farlo, poiché nelmondo spirituale ognuno è costretto a parlare come pensa; ma l'ipocrita vuol parlare inmodo contrario a ciò che pensa, quindi nella sua bocca vi è un'opposizione, inconseguenza della quale egli non può che tacere. Le ipocrisie sono più lievi o più gravi,
secondo ciò che l’uomo afferma in se stesso contro Dio, a fronte di ragionamenti esterioriin favore di Dio.
[5] Il quinto genere di profanazione è commesso da coloro che si attribuiscono qualità divine.Sono questi che vengono chiamati Lucifero in Isaia, cap. 14; qui per Lucifero si intendeBabele, come si può vedere dal versetto 4 al versetto 22 del medesimo capitolo, dove sidescrive anche la loro sorte. Nell'Apocalisse, cap. 17, sono descritti come la meretrice sedutasopra una bestia scarlatta. In molti passi della Parola sono nominati Babele e Caldea; perBabele si intende la profanazione del bene, e per Caldea la profanazione della verità, l'una e'altra in coloro che si attribuiscono qualità divine.
[6] Il sestogenere di profanazione è commesso da coloro che riconoscono la Parola, e ciònonostante negano la natura Divina del Signore. Questi nel mondo si chiamano sociniani, edalcuni di essi ariani. La sorte di entrambi è di invocare il Padre e non il Signore, e dipregare continuamente il Padre (alcuni anche per amore del Figlio) per essere ammessi incielo, ma invano, finché essi perdono ogni speranza di salvezza. Allora vengono mandatiall'inferno fra coloro che negano Dio: sono questi che vengono descritti come coloro chebestemmiano lo Spirito Santo, ai quali non sarà perdonato né in questo secolo, né nel secoloavvenire (Matteo. 12:32). Il motivo di ciò è che Dio è Uno in Persona e in Essenza, in cui è laTrinità, e questo Dio è il Signore; e poiché il Signore è anche il cielo, e quindi quelli chesono nel cielo sono nel Signore, coloro che negano la natura Divina del Signore nonpossono essere ammessi nel cielo ed essere nel Signore. Che il Signore sia il cielo, e chequindi coloro che sono nel cielo sono nel Signore, è stato mostrato precedentemente.
[7] Il settimo genere di profanazione viene commesso da coloro che prima riconoscono le veritàDivine e vivono secondo esse, e poi retrocedono e le negano. Questo genere di profanazione è ilpeggiore di tutti, perché mescola le cose sante con le profane, a tal punto che non sipossono separare; tuttavia bisogna che esse siano separate, affinché si possa essere in cieloo all'inferno. Poiché questa separazione non è possibile in persone di quel genere, ognicosa inerente l’intelletto e la volontà umana viene distrutta, ed essi non sono più uomini,come si è già detto (nn. 226, 227). Accade quasi lo stesso a coloro che riconoscono di cuorela natura Divina della Parola e della chiesa, ma la immergono interamente nel loroproprium, che è l'amore di dominare su tutte le cose, amore di cui si è parlato diffusamentein precedenza (nn. 38, 112, 146, 215). Dopo la morte, quando divengono spiriti, essi nonvogliono assolutamente essere condotti dal Signore, ma vogliono condursi da se stessi; equando i loro amori vengono lasciati a briglia sciolta, essi non solo vogliono dominare sulcielo, ma anche sul Signore. Poiché ciò è impossibile, essi negano Dio e diventano demoni.È importante rendersi conto che per tutti noi, l’amore dominante, l’amore della nostra vita,resta lo stesso anche dopo la morte e non può essere sradicato.
[8] Questo genere di profanatori sono i tiepidi, di cui si parla così nell'Apocalisse:
Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo, né fervente. Oh, fossi tu pur freddo ofervente! Così, perché sei tiepido e non sei né freddo, né fervente, io ti vomiterò dallamia bocca (Ap. 3:14, 15)
Questo tipo di profanazione è così descritto dal Signore in Matteo:
Quando lo spirito immondo esce da un uomo, si aggira per luoghi aridi cercando riposo e nonlo trova. Allora dice: Ritornerò nella mia casa da dove sono uscito; e quando ci arriva, la trovavuota, spazzata e adorna. Allora va e prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui, i quali,entrati, vi prendono dimora; e l'ultima condizione di quell'uomo diventa peggiore della prima.(Matteo 12:43,45)
L'uscita dello spirito immondo descrive la conversione; il ritorno dello spirito immondocon sette spiriti peggiori di lui nella casa adorna descrive il ritorno ai precedenti mali,dopo aver rigettato le verità e i beni; e lo stato finale di un uomo simile, peggiore delprimo, descrive la profanazione delle cose sante. Questo intendeva dire Gesù all'uomo cheguarì vicino alla piscina di Betesda: Non peccar più, che non t’accada di peggio (Giovanni5:14).
[9] Il Signore fa sì che l'uomo non riconosca interiormente le verità, perché egli non rischipoi di rifiutarle e quindi di profanarle:
Ha accecato i loro occhi, e ha indurito il loro cuore, affinché non vedano con gli occhi, e nonintendano col cuore, e non si convertano, ed io non li sani (Giovanni 12:40)
Affinché non si convertano ed io non li sani, significa affinché non riconoscano le verità, epoi non le rifiutino, e in tal modo non divengano profanatori. Per lo stesso motivo ilSignore ha parlato in parabole, come dice egli stesso in Matteo, 13:13. Se fu proibito agliEbrei di mangiare il grasso e il sangue (Lev. 3:17 e 7:23, 25) ciò significava che nondovevano profanare le cose sante, poiché il grasso significava il Divino Bene, e il sangue laVerità Divina. In Matteo 10:22 il Signore insegna che l'uomo, una volta convertito, deveperseverare nel bene e nella verità fino alla morte: Gesù disse: Chi avrà perseverato finoalla fine sarà salvato (si veda anche Marco 13:13).
232. IV. Perciò il Signore non introduce interiormente l'uomo alle verità della sapienza e in paritempo ai beni dell'amore, se l'uomo non può esservi mantenuto fino alla fine della sua vita. Perillustrare ciò bisogna procedere distintamente, per due ragioni: la prima, perché questo è
importante per la salvezza degli uomini; la seconda, perché dalla conoscenza di questalegge dipende la conoscenza delle leggi di concessione, di cui si tratterà nel seguentecapitolo (dal n. 234 al n. 274). Infatti tale conoscenza è importante per la salvezza degliuomini, poiché, come si è già detto (dal n. 226 al n. 227), colui che dapprima riconosce icontenuti Divini della Parola e quindi della chiesa, e poi se ne allontana, profana le cosesante nel modo più grave. Pertanto, affinché questo arcano della Divina Provvidenza siasvelato in modo che l'uomo razionale lo possa comprendere nel modo giusto, esso verràspiegato come segue:
1° Nell’interiorità dell'uomo non può trovarsi il male e nello stesso tempo tempo il bene,quindi la falsità del male non può coabitare con la verità del bene.
2° Il bene e la verità del bene non possono essere introdotti dal Signore nell'interioritàdell'uomo, se non nella misura in cui il male e la falsità del male sono rimossi.
3° Se il bene con la sua verità vi fosse introdotto prima, o in maggior misura del male, conla sua falsità, che è stato rimosso, l'uomo recederebbe dal bene e tornerebbe al suo male.
4° Quando l'uomo è nel male molte verità possono essere introdotte nel suo intelletto, eriposte nella sua memoria, senza essere profanate.
5° Ma il Signore, grazie alla Sua Divina Provvidenza, provvede con la massima curaaffinché esse non siano ricevute dalla volontà prima che l’uomo non abbia rimosso da sestesso, nella sua apparente autonomia, il male dal suo “sé” esteriore; e affinché esse nonsiano ricevute in maggior misura dei mali esteriori che l'uomo ha rimosso.
6° Se ciò venisse compiuto prima del tempo o in misura maggiore del necessario, allora lavolontà inquinerebbe il bene, e l'intelletto falsificherebbe la verità, mischiandoli con i malie le falsità.
7° Perciò il Signore non introduce interiormente l'uomo alle verità della sapienza ed aibeni dell'amore, se non in quanto l'uomo può esservi mantenuto fino alla fine della vita.
233. Affinché questo arcano della Divina Provvidenza sia svelato in modo che l'uomorazionale lo possa vedere nella sua giusta luce, è necessario spiegare i punti di cui soprauno alla volta.
1° Nell’interiorità dell'uomo non può trovarsi il male e nello stesso tempo tempo il bene, quindi lafalsità del male non può coabitare con la verità del bene. Per “interiorità dell'uomo” siintendono i livelli interiori del pensiero, di cui l’uomo non sa nulla prima di giungere nelmondo spirituale e nella sua luce, cosa che accade dopo la morte. Nel mondo naturale essipossono essere riconosciuti dall’uomo solamente tramite il piacere del suo amorenell’esteriorità del suo pensiero, e riconoscendo i mali, quando l'uomo si esaminainteriormente. Ciò accade perché, come si è mostrato, i livelli interiori e quelli esteriori delpensiero sono strettamente uniti fra loro. Si dice “il bene e la verità del bene”, e “il male e
la falsità del male”, perché non vi può essere il bene senza la sua verità, né il male senza lasua falsità. Essi sono infatti come compagni di letto o coniugi, poiché la vita del benederiva dalla sua verità, e la vita della verità dal suo bene; lo stesso vale per il male e la suafalsità.
[2] Gli uomini razionali possono facilmente comprendere, senza ulteriore spiegazione,che nell'interiorità dell'uomo non può trovarsi il male con la sua falsità, e nello stessotempo il bene con la sua verità, perché il male è opposto al bene, e il bene è opposto almale: due opposti non possono stare insieme. In ogni male vi è anche insito un odio controil bene, ed in ogni bene vi è insito un desiderio di difendersi dal male e di allontanarlo dasé. Ne consegue che l'uno non può stare insieme all’altro: se fossero insieme, primasorgerebbe un violento conflitto, e poi una distruzione totale. Il Signore insegna:
Ogni regno diviso contro se stesso va in rovina; e ogni città o casa divisa contro se stessa nonpotrà reggere. Chi non è con me è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde. (Matteo12:25, 30)
E altrove:
Nessuno può servire due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzeràl'altro (Matteo 6:24)
Due elementi opposti non possono stare insieme in una stessa sostanza o in una stessaforma senza farla a pezzi e distruggerla. Se uno di essi si avvicinasse all'altro, essi siseparerebbero come due nemici: uno si ritirerebbe nel suo campo o dentro le suefortificazioni, e l'altro si ritirerebbe all’esterno. Così avviene con i beni e con i malinell'ipocrita; questi è negli uni e negli altri, ma il male è dentro, e il bene al di fuori; così idue sono separati e non mescolati. È dunque evidente che il male con la sua falsità e ilbene con la sua verità non possono coesistere.
[3] 2° Il bene e la verità del bene non possono essere introdotti dal Signore nell'interioritàdell'uomo, se non nella misura in cui il male e la falsità del male sono rimossi. Questa è laconseguenza delle premesse: poiché il male e il bene non possono stare insieme, il benenon può essere introdotto prima che il male sia rimosso. “Nell'interiorità dell'uomo”significa i processi interiori del pensiero. Si tratta di quei processi interiori in cui devetrovarsi o il Signore o il diavolo: il Signore vi si trova dopo la riforma dell’uomo, e ildiavolo prima di essa. Nella misura in cui l'uomo si lascia riformare, nella stessa misura ildiavolo viene cacciato; ma nella misura in cui egli non si lascia riformare, altrettanto vi
rimane il diavolo. Chi non può comprendere che il Signore non può entrare finché ildiavolo è presente, e che il diavolo è presente fintanto che l'uomo tiene chiusa la portaattraverso la quale egli è in comunione col Signore? Il Signore stesso insegnanell'Apocalisse che egli entra quando l’uomo apre questa porta: «Ecco, io sto alla porta ebusso, se qualcuno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui, e cenerò con lui edegli con me.» (Ap. 3:20). La porta si apre quando l'uomo rimuove il male, fuggendolo eprendendolo in odio come infernale e diabolico. Dire “il male” è come dire “ il diavolo”;viceversa, dire “il bene” o “il Signore” è la stessa cosa, poiché in ogni bene vi èinteriormente il Signore, e in ogni male vi è il diavolo. La verità di questa proposizione èdunque evidente.
[4] 3° Se il bene con la sua verità vi fosse introdotto prima, o in maggior misura del male, con lasua falsità, che è stato rimosso, l'uomo recederebbe dal bene e tornerebbe al suo male. La ragione diciò è che il male prevarrebbe, e quel che prevale vince in seguito, se non immediatamente.Finché il male prevale, il bene non può accedere agli appartamenti intimi, ma solamente alvestibolo, poiché, come si è detto, il male e il bene non possono stare insieme, e ciò che èsolamente nel vestibolo viene respinto dal suo nemico, che è negli appartamenti intimi.Quindi avviene che l’uomo recede dal bene e torna al male, il che è il genere peggiore diprofanazione.
[5] Oltre a ciò, il piacere stesso della vita dell'uomo è amare se stesso e il mondo sopraogni altra cosa. Questo piacere non si può rimuovere in un momento, ma poco a poco;nella misura in cui questo piacere rimane nell'uomo, nella stessa misura in lui prevale ilmale; e questo male non si può rimuovere, se non quando l'amore di sé diviene l'amoreper gli usi, e l'amore di dominare non è più l’amore per il potere in sé, ma per gli usi. Inquesto modo gli usi sono come la testa, e l'amore di sé o l'amore di dominare sono il corposotto la testa, e infine i piedi sui quali si cammina. Chi non vede che il bene deve essere latesta, e che quando il bene è la testa il Signore è là; e che il bene e gli usi sono la stessacosa? Chi non vede che, se il male è la testa, là vi è anche il diavolo? E che, dovendonondimeno accettare qualche bene civile e morale, e perfino qualche forma esteriore dibene spirituale, questo bene allora costituisce i piedi e le piante dei piedi, e vienecalpestato?
[6] Lo stato della vita dell'uomo deve quindi essere invertito, in modo che ciò che è soprastia sotto. Questa inversione non si può fare in un momento, poiché il supremo piaceredella vita deriva dall'amore di sé e quindi dal potere; questo piacere si può diminuire etrasformare in amore degli usi solo gradualmente. Il bene non può essere introdotto dalSignore prima, né in maggior misura di quanto questo male viene rimosso. Se ciòaccadesse prima, o in misura maggiore del necessario, l'uomo recederebbe dal bene etornerebbe al suo male.
[7] 4° Quando l'uomo è nel male, molte verità possono essere introdotte nel suo intelletto, eriposte nella sua memoria, senza essere profanate. La ragione di ciò è che l'intelletto noninfluisce sulla volontà, ma è la volontà che influisce sull'intelletto. Poiché l'intelletto noninfluisce sulla volontà, molte verità possono essere ricevute dall'intelletto e riposte nellamemoria, pur senza essere mescolate col male della volontà; di conseguenza le cose santenon vengono profanate. Inoltre ognuno ha il dovere di imparare le verità dalla Parola odalle prediche, di riporle nella sua memoria e di farne oggetto di meditazione, poichédalle verità che sono conservate nella memoria, e che quindi si manifestano nel pensiero,l'intelletto insegnerà alla volontà, cioè all'uomo, ciò che deve fare. Questo è pertanto ilprimo mezzo grazie al quale si può attuare la riforma. Quando le verità sono solamentenell'intelletto, e quindi nella memoria, esse non sono nell'uomo ma fuori di lui.
[8] La memoria dell'uomo si può paragonare al rumine di certi animali, in cui essidepongono il cibo, il quale, finché si trova là, non è nel loro corpo, bensì fuori di esso; ma,a misura che il cibo viene ritirato e deglutito, esso diviene parte della loro vita, ed il corpose ne nutre. Nella memoria dell'uomo non vi sono alimenti materiali, ma spirituali, cioè leverità, che in sé sono conoscenze. Nella misura in cui l'uomo le trae fuori dalla memoria,pensando, quasi ruminando, altrettanto la sua mente spirituale si nutre: è l'amore dellavolontà che le desidera e quasi le appetisce, e fa sì che esse possano essere assimilate perservire da nutrimento. Se questo amore è malvagio, l’uomo desidera e appetisce coseimpure; ma se è buono, egli desidera e appetisce cose pure, e quelle che non sono inarmonia le separa, le rifiuta e le rigetta in vari modi.
[9] 5° Ma il Signore, grazie alla sua Divina Provvidenza, provvede con la massima cura affinchéesse non siano ricevute dalla volontà prima che l’uomo non abbia rimosso da se stesso, nella suaapparente autonomia, il male dal suo “sé” esteriore; e affinché esse non siano ricevute in maggiormisura dei mali esteriori che l'uomo ha rimosso. Infatti ciò che procede dalla volontà penetranell’uomo e diviene una sua proprietà, qualcosa che fa parte della sua vita. In questa vita,che nell'uomo deriva dalla volontà, il male e il bene non possono stare insieme, perché intal modo essa perirebbe; ma possono stare entrambi nell'intelletto, dove essi si definiscono“falsità del male” o “verità del bene”. Tuttavia non contemporaneamente, altrimentil'uomo non sarebbe capace di vedere il male dalla prospettiva del bene, né conoscere ilbene dalla prospettiva del male, bensì distinti e separati come l’interno e l’esterno di unacasa. Quando l'uomo malvagio pensa e dice il bene, egli allora pensa e parla soloesteriormente; ma quando si tratta dei mali, allora lo fa interiormente; allorché parla deibeni, il suo linguaggio è come se uscisse dal muro, e può essere paragonato ad un fruttobello all'esterno, ma che dentro è guasto e pieno di vermi, ed anche al guscio di un uovo didrago.
[10] 6° Se ciò venisse compiuto prima del tempo o in misura maggiore del necessario, allora lavolontà inquinerebbe il bene, e l'intelletto falsificherebbe le verità, mischiandoli con i mali e le
falsità. Quando la volontà è nel male, allora nell'intelletto essa adultera il bene, e il beneadulterato nell'intelletto è il male nella volontà. Esso ci persuade che il male è il bene, eviceversa. Il male fa così con ogni bene che gli è opposto. Il male falsifica la verità, perchéla verità del bene è opposta alla falsità del male; la volontà fa lo stesso nell'intelletto, e nonl'intelletto da se stesso. Nella Parola le adulterazioni del bene sono rappresentate dagliadulteri, e le falsificazioni della verità dalle fornicazioni. Queste adulterazioni efalsificazioni vengono compiute tramite ragionamenti speciosi dall'uomo naturale, che ènel male, ed anche trovando apparenti conferme nelle apparenze della Parola intesa insenso letterale.
[11] L'amore di sé, che è la radice di tutti i mali, eccelle sugli altri amori nell'arte diadulterare i beni e di falsificare le verità. Ciò avviene tramite l'abuso della razionalità, cheogni uomo, sia malvagio, sia buono, riceve dal Signore. Razionalizzando, l’amore di sépuò far sì che il male sembri il bene, e la falsità sembri la verità. L’amore di sé può tutto:può convincerci con mille argomenti che la natura si sia creata da sola, e che poi abbiacreato gli uomini, le bestie e i vegetali di ogni specie; e che tramite un suo influssointeriore essa faccia sì che gli uomini vivano, pensino analiticamente e comprendanosaggiamente. L'amore di sé eccelle nell'arte di convincerci di tutto ciò che vuole, perché lasua superficie esterna è dotata di uno splendore multicolore. Questo splendore è perl'amore di sé il piacere di acquisire la sapienza, e per suo tramite il dominio e il potere.
[12] Ma quando questo amore si è convinto di tali proposizioni, allora diviene tanto ciecoda credere che l'uomo è solo un animale, e che uomo e animale pensano nello stesso modo;anzi, se gli animali potessero parlare, sarebbero uomini in forme diverse. Se venisseindotto a credere che qualcosa dell'uomo sopravvive dopo la morte, sarebbe tanto cieco dacredere che lo stesso accade agli animali, e che questo “qualcosa” che vive dopo la morte èsemplicemente un sottile alito di vita, come un vapore, che infine torna al suo cadavere.Oppure qualcosa privo di vista, di udito e di parola, e di conseguenza cieco, sordo emuto, che si limita a svolazzare intorno e pensare; ed altre stravaganze che la natura, chein sé è morta, ispira alla fantasia. Ecco ciò che fa l'amore di sé che, considerato in se stesso,è l'amore del proprium; e il proprium dell'uomo, quanto alle affezioni, che sono tuttenaturali, non è differente dalla vita di un animale, e quanto alle percezioni poiché esseprocedono dalle affezioni esso non e diverso da un gufo. Perciò colui che immergecontinuamente i pensieri nel suo proprium non si può elevare dalla luce naturale alla lucespirituale, né vedere alcunché riguardo a Dio, al cielo e alla vita eterna. Poiché questoamore è di tale natura, e poiché eccelle nell'arte di confermare tutto ciò che gli piace, essopuò con pari abilità adulterare i beni della Parola e falsificarne le verità, quando perqualche necessità è costretto a renderne testimonianza.
[13] 7° Perciò il Signore non introduce interiormente l'uomo alle verità della sapienza ed ai benidell'amore, se non in quanto l'uomo può esservi mantenuto fino alla fine della vita. Il Signore
opera in questo modo affinché l'uomo non cada in quel gravissimo genere di profanazionedelle cose sante, di cui si è già trattato in questo articolo. Per prevenire questo pericolo, ilSignore permette l’esistenza anche di modi malvagi di vivere e di eresie religiose. I capitoliseguenti tratteranno proprio di questa tolleranza da parte del Signore.
XIII
Anche le leggi di concessione sono leggi della Divina Provvidenza
234. Non vi sono “leggi di concessione” di per sé, o separate dalle leggi della DivinaProvvidenza. Esse sono la stessa cosa; perciò, quando si dice che Dio concede, ciò nonsignifica che egli vuole, ma che non può evitare una certa cosa a causa del suo fine, che è .
la nostra salvezza. Tutto ciò che viene compiuto in vista dello scopo, che è la salvezza,avviene secondo le leggi della Divina Provvidenza; poiché, come si è già detto, la DivinaProvvidenza va continuamente in senso contrario alla volontà dell'uomo. Essa miracostantemente a quel fine, in modo tale che in ogni momento della sua operazione, o adogni passo del suo cammino, appena si accorge che l'uomo devia dallo scopo, essa lodirige, lo piega e lo dispone secondo le sue leggi, distogliendolo dal male e conducendoloal bene. Si vedrà in seguito che ciò non è possibile senza che il male sia permesso. Inoltre, anulla può essere concesso di accadere senza una causa; e le cause si trovano solo inqualche legge della Divina Provvidenza, una legge che spiega perché ciò è permesso.
235. Chi non riconosce affatto la Divina Provvidenza, in cuor suo non riconosce Dio:invece di Dio riconosce la natura, e l'umana prudenza invece della Divina Provvidenza.Ciò può non apparire esteriormente, perché l'uomo può pensare in un modo e parlare inun altro; egli può pensare e parlare in un modo dalla sua interiorità, e in un altro mododalla sua esteriorità. È come un cardine che può far girare una porta in entrambi i sensi: inun senso quando si entra, e nell'altro quando si esce; o come una vela che può dirigere lanave da una parte o dall’altra, a seconda di come il nocchiero la spiega. Coloro che si sonoconvinti dell'umana prudenza a tal punto da aver negato la Divina Provvidenza,qualunque cosa vedano, odano e leggano, quando vi pongono mente non si accorgonod'altro, e neppure possono farlo, perché non ricevono nulla dal cielo, ma solamente da sestessi. Poiché essi basano le loro conclusioni sulle sole apparenze ed illusioni, e nonvedono nient’altro, possono giurare che le cose stanno così. E anche se riconoscono la solanatura, essi possono adirarsi contro i difensori della Divina Provvidenza, eccetto quandosi tratta di sacerdoti, perché pensano che in questo caso sia una caratteristica della lorodottrina o della loro professione.
236. A questo punto è opportuno enumerare alcuni esempi di concessione, che tuttaviasono conformi alle leggi della Divina Provvidenza; esempi di concessione di cui imaterialisti si servono per affermare la natura contro Dio, e la prudenza umana contro laDivina Provvidenza. Così quando un materialista legge la Parola, vede che i più saggi fragli uomini, Adamo e la sua consorte, si sono lasciati sedurre dal serpente, e che Dio con lasua Divina Provvidenza non l'ha impedito (Genesi 3:1–5); che il loro primo figlio, Caino,
uccise il fratello Abele, e che Dio, parlando con lui, non lo distolse da tale crimine, ma silimitò a maledirlo dopo il fatto (Genesi 4:1–16); che la nazione israelita nel deserto adoròun vitello d'oro, e lo riconobbe per il Dio che l'aveva condotta fuori dalla terra d'Egitto,mentre Jehovah vedeva tutto ciò dal Monte Sinai, là vicino, e non lo impedì (Es. 32:1–6);inoltre, che Davide fece censire il popolo, e che per questo motivo fu mandata una peste emorirono molte migliaia di uomini, e che Dio, non prima ma dopo il fatto, inviò il profetaGad per annunziargli il castigo (2 Samuele 24:10–25); che fu permesso a Salomone diinstaurare culti idolatrici, e a molti re dopo di lui di profanare il tempio e le cose santedella chiesa; infine, che fu permesso agli ebrei di crocifiggere il Signore. In questi e in moltialtri passi della Parola, colui che riconosce solo la natura e la prudenza umana non vedeche cose contrarie alla Divina Provvidenza, e può servirsene come argomenti per negarla,se non nel suo pensiero esteriore, che è il più vicino al linguaggio, almeno nel suo pensierointeriore, che è lontano dal linguaggio.
237. Ogni adoratore di se stesso e della natura si sente giustificato nella sua negazionedella Divina Provvidenza quando vede nel mondo tanti uomini empi e tante loro empietà,e gli onori che alcuni di loro ne ricavano, senza che Dio li punisca in alcun modo. E siconferma ancor di più contro la Divina Provvidenza, quando vede andare a buon esito lemacchinazioni, le astuzie e le frodi, anche contro gli uomini pii, giusti e sinceri; e quandovede l'ingiustizia che trionfa sulla giustizia nei giudizi legali e negli affari. Egli si convinceprincipalmente quando vede gli empi ottenere onori, potere e ricchezza, sia nel governoche nella chiesa, mentre chi venera Dio vive nel disprezzo e nella povertà. Si confermaancora contro la Divina Provvidenza quando pensa che sono permesse le guerre, cheportano con sé l'uccisione di tanti uomini, il saccheggio di tante città, nazioni e famiglie; eche la vittoria sta molte volte dalla parte della prudenza, e non sempre dalla parte dellagiustizia, senza che abbia la minima importanza il fatto che il comandante delle armatevittoriose sia o meno un uomo probo. E così via, con altre cose del genere che tutte sonoconcessioni secondo le leggi della Divina Provvidenza.
238. L’uomo naturale si conferma ancora contro la Divina Provvidenza, quandoconsidera le religioni dei vari popoli: quando pensa che vi sono, ad esempio, uomini chenon hanno assolutamente alcuna nozione di Dio, e che ve ne sono di quelli che adorano ilsole e la luna, o adorano idoli ed immagini scolpite, anche mostruose, o adorano uominimorti. Inoltre, quando considera che la religione musulmana è stata accettata da tantiimperi e regni, e che la religione cristiana si trova solamente nella più piccola parte delglobo abitabile, chiamata Europa, e che anche qui essa è divisa; e che nel cristianesimo sitrovano uomini che si arrogano il potere divino e vogliono essere adorati come dei,vengono invocati uomini morti, e vi sono cristiani che credono che la salvezza derivi dacerte parole che si pensano e si pronunziano, e in alcun modo dalle opere buone che sicompiono; e che vi sono pochi che vivono conformemente alla loro religione; senza parlaredelle eresie che sono sorte in gran numero, e di quelle che esistono al giorno d'oggi, come
quelle dei quaccheri, dei moravi, degli anabattisti, ed altre; ed infine che il giudaismo esistetuttora. Colui che nega la Divina Provvidenza deduce da tutto ciò che la religione in sé ènulla, ma che essa è comunque necessaria perché serve da freno agli uomini.
239. Nel tempo presente a questi argomenti se ne possono aggiungere altri, chesembrano dare ragione a coloro che interiormente credono solo alla natura ed allaprudenza umana. Per esempio, che tutto il mondo cristiano ha riconosciuto tre dei, nonsapendo che Dio è uno in persona ed in essenza, e che egli è il Signore. Inoltre si èfinora ignorato che nei singoli dettagli della Parola vi è un senso spirituale, e che questa èla base della santità; si è anche ignorato che fuggire i mali come peccati, e che l'uomo vivein forma di uomo dopo la morte, è l’essenza della religione cristiana. Gli scettici possonochiedere a se stessi, e domandarsi fra loro: “Perché la Divina Provvidenza, se esiste, rivelaqueste cose ora per la prima volta?”
240. Tutti gli esempi citati ai nn. 237, 238 e 239 sono stati riportati affinché si comprendache ogni singola cosa che accade nel mondo, tanto per i malvagi quanto per i buoni, vienedalla Divina Provvidenza. Di conseguenza la Divina Provvidenza si trova nei minimiparticolari dei pensieri e delle azioni dell'uomo: quindi essa è universale. Ma poiché ciònon risulterebbe chiaro, se le singole proposizioni non fossero spiegate dettagliatamente,esse saranno brevemente illustrate, seguendo l'ordine in cui sono state presentate,cominciando dal n. 236.
241. I. I più saggi fra gli uomini, Adamo e la sua consorte, si sono lasciati sedurre dal serpente, eDio con la sua Divina Provvidenza non l'ha impedito. Per Adamo e la sua consorte non siintendono i primi uomini creati in questo mondo, ma gli uomini della chiesa antichissima,la cui nuova creazione o rigenerazione è descritta nel primo capitolo della Genesi con lacreazione del cielo e della terra; la loro sapienza e intelligenza con il giardino dell’Eden; e la finedi quella chiesa con il fatto di cibarsi del frutto dell'albero della scienza. La Parola nel suo senoè spirituale, perché contiene gli arcani della Divina Sapienza; ed affinché essi vi sianocontenuti, è redatta in un linguaggio di simboli e corrispondenze. È quindi evidente chegli uomini di quella chiesa, che all’inizio furono sapientissimi, e che infine, inorgoglitidalla propria intelligenza, divennero pessimi, non furono sedotti da alcun serpente, madall'amore di sé. Questa è la testa del serpente, che il seme della donna, vale a dire il Signore,avrebbe dovuto schiacciare.
[2] Chi mai, in virtù della ragione, non può vedere che con quelle parole della Scrittura siintendono cose ben diverse da quelle che vi sono raccontate, come in una narrazione, nelloro senso letterale? Infatti chi può mai concepire che la creazione del mondo abbia potutoessere come vi è descritta? Gli eruditi si scervellano intorno alla spiegazione di ciò checontiene il primo capitolo della Genesi, e finiscono col confessare di non riuscire acomprenderlo. Nel giardino, o paradiso, erano stati posti due alberi, uno della vita e unodella scienza, e quest’ultimo come pietra d'inciampo: solamente per aver mangiato di
quest'albero Adamo e la sua consorte hanno commesso una colpa così grave, che nonsoltanto essi ma anche tutto il genere umano, la loro discendenza, sono stati soggetti alladannazione. Vi è il fatto che un serpente abbia potuto sedurli; ed altre cose narrate nellaGenesi, ad esempio che la moglie sia stata creata da una costola del marito, che dopo lacaduta essi si siano accorti della loro nudità, e che l'abbiano velata con foglie di fico; chefossero date loro delle tuniche di pelle per coprirsi il corpo, e che fossero posti deicherubini con una spada fiammeggiante per custodire la via dell'albero della vita.
[3] Tutte queste cose sono immagini usate per descrivere l’instaurazione della chiesaantichissima, il suo stato, la sua trasformazione, e infine la sua distruzione. Tutte le coseocculte contenute nel senso spirituale sulla Genesi e l'Esodo, che si trova nei singolidettagli del racconto, sono spiegate in Arcana Coelestia, pubblicato a Londra, in cui si puòanche comprendere che con l'albero della vita si intende il Signore nella sua DivinaProvvidenza, e con l'albero della scienza si intende l'uomo nella propria prudenza.
242. II. Il loro primo figlio, Caino, uccise il fratello Abele, e Dio, parlando con lui, non lo distolseda tale crimine, ma si limitò a maledirlo dopo il fatto. Poiché per Adamo e la sua consorte siintende, come si è detto, la chiesa antichissima, ne consegue che per Caino ed Abele, loroprimi figli, si intendono le due qualità essenziali della chiesa, che sono l'Amore e laSapienza, o la Carità e la Fede. Abele indica l'amore o la carità, e Caino la sapienza o la fede,in particolare la sapienza separata dall'amore, o la fede separata dalla carità. Quando lafede viene separata, la sapienza tende non soltanto a rigettare l'amore e la carità, ma adannientarli, uccidendo in tal modo il suo fratello. Nel mondo cristiano è noto che la fedeseparata dalla carità porta a tali conseguenze: si veda in Dottrina della Nuova Gerusalemmesulla fede.
[2] La maledizione di Caino indica lo stato spirituale a cui pervengono, dopo la morte,coloro che separano la fede dalla carità, o la sapienza dall'amore. Ma affinché in seguito aquesta separazione la sapienza o la fede non perisse, fu posto un segno su Caino, perchéegli non fosse ucciso (Genesi 4:15). L'amore infatti non esiste senza la sapienza, né la caritàsenza la fede. Poiché questo avvenimento rappresenta quasi la stessa cosa dell’episodiodel frutto dell'albero della scienza, esso segue immediatamente la descrizione di Adamo edella sua consorte. Coloro che hanno separato la fede dalla carità sono immersi nellapropria intelligenza; mentre coloro che hanno fede a causa della loro carità ricevono undono d’intelligenza dal Signore e sono in armonia con la Divina Provvidenza.
243. III La nazione israelita nel deserto adorò un vitello d'oro, e lo riconobbe per il Dio che l'avevacondotta fuori dalla terra d'Egitto, mentre Jehovah vedeva tutto ciò dal Monte Sinai, là vicino, enon lo impedì. Questo avvenne nel deserto del Sinai vicino al monte. Che Jehovah non liabbia distolti da quel culto criminoso, è conforme a tutte le leggi della Divina Provvidenzache fin qui sono state spiegate, ed anche a quelle che verranno spiegate in seguito. Questo
male fu loro permesso affinché non perissero tutti, poiché i figli di Israele erano staticondotti fuori dall’Egitto affinché rappresentassero la chiesa del Signore, ed essi nonl'avrebbero potuta rappresentare se l'idolatria egiziana non fosse stata anzitutto estirpatadai loro cuori. Ciò non avrebbe potuto accadere se essi non fossero stati lasciati liberi diagire secondo ciò che era nel loro cuore, che poi ne fu strappato via con una gravepunizione. Quanto poi a ciò che significa quel culto, ed alla minaccia che essi sarebberostati totalmente rigettati, e che una nuova nazione sarebbe sorta da Mosè, si veda inArcana Coelestia (dal n. 10393 al n.10512) sull'Esodo, cap. 22, dove sono trattati questiargomenti.
244. IV. Davide fece censire il popolo, e per questo motivo fu mandata una peste da cui morironomolte migliaia di uomini, e Dio, non prima ma dopo il fatto, inviò il profeta Gad per annunziargli ilcastigo. Chi nega risolutamente la Divina Provvidenza può riflettere a lungo anche intornoa questo argomento, soprattutto perché Davide non fu avvertito prima, e perché il popolo,per la trasgressione del re, fu punito con tanto rigore. Se Davide non fu avvertito prima, èconforme alle leggi della Divina Provvidenza mostrate fin qui, soprattutto alle due leggispiegate dal n. 129 al n. 153, e dal n. 154 al n. 174. Se il popolo fu punito con tanto rigoreper la trasgressione del re, e settantamila uomini furono colpiti dalla peste, ciò nonaccadde a motivo del re, ma a causa del popolo. Si legge infatti: La collera del Signore siaccese di nuovo contro Israele e incitò Davide contro il popolo in questo modo: Su, fa’ il censimentod'Israele e di Giuda. (II. Sam. 34:1).
245. V. Fu permesso a Salomone di instaurare culti idolatrici. Ciò fu permesso affinché eglipotesse presentare un’immagine del regno del Signore o della chiesa a tutte le religioni delmondo, poiché la chiesa istituita presso il popolo di Giuda ed Israele era una chiesarappresentativa. Perciò tutti i giudizi e gli statuti di questa chiesa rappresentavano iprincipi spirituali della chiesa, la sua realtà interiore. Il popolo stesso rappresentava lachiesa; il loro re rappresentava il Signore: Davide, il Signore che doveva venire nel mondo;e Salomone, il Signore dopo il suo avvento. Perché il Signore, dopo la glorificazione dellasua natura umana, ha avuto il potere in cielo e sulla terra, come dice egli stesso (Matteo28:18) Salomone, che lo rappresentava, apparve nella gloria e nella magnificenza, e fu il piùsaggio di tutti i re della terra. Inoltre edificò il tempio, e consentì ed istituì i culti di moltenazioni, che rappresentano le varie religioni del mondo. Le sue settecento mogli e le suetrecento concubine significavano la stessa cosa (I Re 11:3); infatti, nella Parola, mogliesignifica la chiesa, e concubina significa una religione. Da ciò si può comprendere perché fuconcesso a Salomone di edificare il tempio, che rappresentava la natura Divinaumana delSignore (Giovanni 2:19, 21), ed anche la chiesa; e si comprende anche perché gli fupermesso di instaurare culti idolatrici, e di avere tante mogli. In Dottrina della NuovaGerusalemme sul Signore, n. 43, 44, viene spiegato perché Davide, in molti passi della Parola,indica il Signore che doveva venire nel mondo.
246. VI. A molti re, dopo Salomone, fu permesso di profanare il tempio e le cose sante della chiesa.Ciò avvenne perché il popolo rappresentava la chiesa, e il re era il loro capo; e poiché lanazione israelita e giudaica non avrebbe potuto rappresentare a lungo la chiesa, essendoidolatra nel proprio cuore, essa si ritirò gradualmente dal culto rappresentativo,pervertendo tutte le cose della chiesa, a tal punto da devastarla. Ciò è stato rappresentatocon le profanazioni del tempio da parte dei re, e con le loro idolatrie; la devastazione dellachiesa è stata rappresentata con la distruzione del tempio e con la deportazione del popoloisraelita, e con la cattività del popolo ebraico a Babilonia. Questa fu la causa; e tutto ciò cheavviene in virtù di una causa avviene in virtù della Divina Provvidenza, secondo qualcunadelle sue leggi.
247. VII. Fu permesso agli Ebrei di crocifiggere il Signore. Ciò avvenne perché la chiesa,presso questa nazione, era stata interamente devastata, ed era divenuta tale che non soloessi non conoscevano né riconoscevano il Signore, ma nutrivano odio nei suoi confronti.Nonostante ciò, tutte le cose che gli fecero erano secondo le leggi della sua DivinaProvvidenza. Sulla passione della croce come ultima tentazione, o ultimo combattimento,con il quale il Signore vinse pienamente gli inferi e glorificò pienamente la sua naturaumana, si veda in Dottrina della Nuova Gerusalemme sul Signore, dal n. 12 al n. 14, e inDottrina della Nuova Gerusalemme sulla fede, nn. 34 e 35.
248. Fin qui sono stati spiegati i punti enumerati al n. 236: fatti presi dalla Parola, neiquali l'uomo naturale, che ragiona contro la Divina Provvidenza, può trovare confermaalle sue idee. Come si è già detto (n. 235), tutto ciò che un uomo simile vede, ode e legge,può servirgli come argomento contro di essa. Pochi uomini, comunque, trovano argomenticontro la Divina Provvidenza in ciò che si legge nella Parola; molti tuttavia ne trovanonelle cose che vedono coi loro occhi, enumerate al n. 237, che perciò adesso devono esserespiegate.
249. I. Ogni adoratore di se stesso e della natura trova conferme contro la Divina Provvidenza,quando nel mondo vede tanti uomini empi e tante loro empietà, ed allo stesso tempo la gloria chealcuni di loro ne traggono, senza ricevere alcuna punizione da Dio. Tutte le empietà, e anche leglorie che se ne traggono, sono concessioni, le cui cause sono leggi della DivinaProvvidenza. Ogni uomo è libero, anzi perfettamente libero di pensare ciò che vuole,contro Dio o in favore di Dio. Chi pensa contro Dio raramente viene punito nel mondonaturale, perché qui egli è sempre in uno stato di riforma; ma dopo la morte viene punitonel mondo spirituale, perché allora non si può più riformare.
[2] Che le cause delle concessioni siano leggi della Divina Provvidenza è evidente dalleleggi sopra riportate:
L' uomo deve agire in virtù della sua libertà secondo la ragione (dal n. 71 al n. 97)
L'uomo non deve essere costretto con mezzi esteriori a pensare ed a volere, a credere eamare le cose che appartengono alla religione, ma vi si deve indurre da se stesso, e talvoltacostringersi (dal n. 129 al n. 154)
La propria prudenza è nulla, ed esiste solo in apparenza, benché debba apparire reale;ma la Divina Provvidenza include tutto, perché si estende fino ai minimi dettagli (dal n.191 al n. 213)
La Divina Provvidenza considera le cose eterne, e non considera le cose temporali se nonin quanto coincidono con le eterne (dal n. 214 al n. 220)
- L'uomo non viene introdotto interiormente alle verità della fede ed ai beni della carità, senon in quanto può esservi mantenuto fino alla fine della vita (dal n. 221 al n. 233)
Che le cause
[3] Come si vedrà nei seguenti articoli, le cause delle concessioni sono leggi della DivinaProvvidenza.
I mali sono permessi per un fine, che è la salvezza (dal n. 275 al n. 284)
La Divina Provvidenza è sempre vicina ai malvagi così come ai buoni (dal n. 285 al n.307)
Il Signore non può agire contro le leggi della sua Divina Provvidenza, perché agirecontro di esse sarebbe agire contro il suo Divino Amore e contro la sua Divina Sapienza,dunque contro se stesso (dal n. 31 al n. 340).
Queste leggi, se si confrontano fra loro, possono farci comprendere i motivi per cui leempietà sono permesse dal Signore, non vengono punite quando sono solamente nelpensiero, e raramente anche quando si trovano solo nelle intenzioni, e di conseguenzaanche nella volontà, pur non essendo poste in atto. Nonostante ciò, ad ogni male segue lasua pena: come se nel male fosse insita la .sua punizione, che l’empio subisce dopo lamorte.
[4] Per questi motivi si spiega la seguente proposizione, riportata più sopra (n. 237): Ogniadoratore di se stesso e della natura si sente giustificato nella sua negazione della DivinaProvvidenza quando vede nel mondo tanti empi e tante loro empietà, e gli onori che alcuni di lorone ottengono, senza che Dio li punisca in alcun modo. E si conferma ancor di più contro la DivinaProvvidenza, quando vede andare a buon esito le macchinazioni, le astuzie e le frodi, anche controgli uomini pii, giusti e sinceri; e l'ingiustizia che trionfa sulla giustizia nei giudizi legali e negliaffari. Tutte le leggi della Divina Provvidenza sono necessarie; e poiché esse sono le causeper cui tali cose sono permesse, è evidente che, affinché l'uomo possa vivere da uomo, sipossa riformare e salvare, queste malvagità non possono essere tolte all'uomo dal Signorese non indirettamente. Per coloro che riconoscono come peccati gli omicidi di ogni genere,
gli adulteri, i furti e le false testimonianze ciò viene compiuto tramite la Parola, esoprattutto tramite i precetti del Decalogo; ma per coloro che non li riconoscono comepeccati, ciò si compie tramite le leggi civili ed il timore delle pene che esse infliggono, edanche tramite le leggi morali, per il timore di perdere la reputazione, e di conseguenzal'onore ed i guadagni. Con questi mezzi il Signore conduce i malvagi, limitandosi adistoglierli dal compiere questi mali, ma non dal pensarli e dal desiderarli; mentre coimezzi elencati in precedenza il Signore conduce i buoni, distogliendoli non solo dalcompiere questi mali, ma anche dal pensarli e dal desiderarli.
250. II. Colui che adora se stesso e la natura trova argomenti contro la Divina Provvidenzaquando vede gli empi ottenere onori, potere e ricchezza, sia nel governo che nella chiesa, mentre chivenera Dio vive nel disprezzo e nella povertà.
L'adoratore di se stesso e della natura crede che le dignità e le ricchezze siano le più grandie le sole felicità che possano esistere, la felicità in se stessa. Se essi pensano in qualchemodo a Dio a motivo del culto a cui furono iniziati fin dall'infanzia, queste cose di Dio essile chiamano benedizioni divine, e finché non aspirano a cose più elevate, essi pensano chevi sia un Dio e lo adorano. Ma nel loro culto vi è latente ciò che essi stessi ignorano, cioèun desiderio di essere elevati da Dio a più alti onori ed a ricchezze più abbondanti. Se liottengono, il loro culto diventa sempre più superficiale, fino al punto di scomparire: alloraessi stessi disprezzano e negano Dio. Tali uomini agiscono nello stesso modo se vengonoprivati degli onori e delle ricchezze in cui avevano riposto il loro cuore.
[2] Che cosa sono allora le dignità e le ricchezze se non pietre d’inciampo per i cattivi, manon per i buoni, perché questi non ripongono il loro cuore in esse, ma negli usi o nei beni,per il compimento dei quali gli onori e le ricchezze servono solo come mezzi? Perciò solochi adora se stesso e la natura può trovare argomenti contro la Divina Provvidenza nelfatto che gli empi ottengono onori e ricchezze, e posizioni di potere nello stato e nellachiesa. D’altronde che cos’è una dignità maggiore o minore, e una ricchezza più grande opiù piccola? È forse altro, in sé, che qualcosa d'immaginario? Forse che l'uno è piùfortunato e felice dell'altro? Dopo un anno, la dignità non viene forse considerata da unmagnate, o anche da un re e da un imperatore, solo come qualcosa di comune, che non dàpiù gioia al cuore, e che può anche sembrare vile ai suoi occhi? Si trovano forse costoro,grazie alla loro dignità, in un grado maggiore di felicità di quelli che hanno una dignitàminore, o anche minima, come sono i coloni e i loro servi? Questi possono essere più felicidi loro, quando prosperano e sono contenti della loro sorte. Chi è più inquieto nel suocuore, e più spesso indignato, più fortemente corrucciato se non chi è sotto il dominiodell'amore di sé? Questo gli accade tutte le volte che egli non è onorato secondol'esaltazione del suo cuore, e tutte le volte che qualcosa non riesce a suo piacimento esecondo la sua volontà. Se il rango non ha sostanza, e non serve ad un uso, cos’è se non un
puro concetto? E una tale idea può forse trovarsi in un altro pensiero che non riguardi sestesso e il mondo, e più precisamente nel pensiero che il mondo è tutto e l’eternità è nulla?
[3] Ora si dirà brevemente perché la Divina Provvidenza permette che gli empi di cuoreottengano onori e ricchezze. Gli empi o i malvagi possono ugualmente compiere degli usicome gli uomini pii e buoni, ed anche con maggior ardore, poiché essi sono concentrati suse stessi nel compiere gli usi, e considerano gli onori come usi. Perciò, quanto più l'amoredi sé si innalza, tanto più si accende il desiderio di compiere degli usi per accrescere la lorofama. Un tale ardore non esiste negli uomini devoti o buoni, tranne che non siafomentato sottilmente dal loro rango. Il Signore conduce dunque, per l’amore dellareputazione, gli uomini di alto rango che sono empi nel loro cuore, e li spinge a compieredegli usi per il bene comune o per la patria, la società o la città in cui vivono, ed anche peri concittadini o per i loro vicini. Tale è il modo di governare del Signore, la sua DivinaProvvidenza, con uomini del genere. Infatti il regno del Signore è il regno degli usi; eladdove non vi sono che pochi uomini a compiere gli usi per l’amore degli usi, egli fa sìche gli adoratori di se stessi siano promossi alle cariche più elevate, in cui ciascuno vienespinto a fare il bene per amore di se stesso.
[4] Si supponga che nel mondo esista un regno infernale (anche se un luogo simile nonc’è) dove esiste solo l’amore di sé, lo stesso amore di sé che è il diavolo. Forse che ognuno,spinto dal fuoco dell'amore di sé e dallo splendore della sua gloria, non vi compirà degliusi più che in un altro regno? Nonostante ciò, tutti loro hanno in bocca il bene pubblico,ma nel cuore il proprio bene. Ciascuno si rivolgerebbe al suo regnante per otteneremaggiori onori, poiché ognuno aspira ad essere il più grande. Potrebbero tali uominiriconoscere che c'è un Dio? Sarebbero circondati da un fumo come quello di un incendio,attraverso il quale non può giungere fino a loro, nella sua luce, alcuna verità spirituale. Ioho visto questo fumo intorno ad un inferno composto da uomini del genere. Si osserviquanti, fra coloro che aspirano agli onori nei regni di oggidì, ve ne sono che non sianoamori di sé e del mondo: fra mille se ne troveranno forse cinquanta che sono amori di Dio.E fra questi ultimi, se ne troveranno ben pochi che aspirano ad ottenere onori. Poichédunque ve ne sono così pochi che sono amori di Dio, e un così gran numero che sonoamori di sé e del mondo; e dato che questi ultimi amori, in virtù dei loro fuochi,producono più usi che non gli amori di Dio in virtù dei loro, come può essere unargomento contro la Divina Provvidenza il fatto che i malvagi pieni di onori e di ricchezzesono più numerosi dei buoni?
[5] Ciò è anche confermato da queste parole del Signore:
Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questomondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Ebbene, io vi dico: Procuratevi
amici con la disonesta ricchezza, perché, quando essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimoreeterne. (Luca 16:8, 9)
È evidente ciò che si intende con queste parole nel loro senso naturale; ma nel sensospirituale la disonesta ricchezza significa le conoscenze del bene e della verità che i malvagiposseggono, e di cui si servono solamente per acquisire onori e ricchezze. Sono questeconoscenze che i buoni, i figli della luce, si fanno amiche, e sono esse che li accolgono nelledimore eterne. Il Signore ci insegna che gli amori di sé e del mondo sono molti, ma pochisono gli amori di Dio:
Larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entranoper essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochisono quelli che la trovano! (Matteo 7:13, 14)
Riguardo al fatto che gli onori e le ricchezze possano essere maledizioni o benedizioni, aseconda di chi le ottiene, si veda al n. 217.
251. III. Chi adora se stesso e la natura trova argomenti contro la Divina Provvidenza quandopensa che sono permesse le guerre, che portano con sé l'uccisione di tanti uomini e la razzia dei lorobeni. Le guerre non derivano dalla Divina Provvidenza, perché esse si accompagnano adomicidi, saccheggi, violenze, crudeltà ed altri mali gravissimi, diametralmente opposti allacarità cristiana. Tuttavia esse non possono non essere permesse, perché dopo gli uominipiù antichi, simboleggiati da Adamo e dalla sua consorte, di cui si è parlato più sopra (n.241), l'amore della vita degli uomini e divenuto tale da voler dominare sugli altri, ed infinesu tutti; e vuole possedere le ricchezze del mondo, e infine tutte le ricchezze. Questi dueamori non possono essere tenuti incatenati, poiché la Divina Provvidenza esige che siapermesso ad ognuno di agire in virtù della sua libertà secondo la ragione (si vedano piùsopra i nn. da 71 a 97). Senza tale concessione l'uomo non può essere distolto dal male daparte del Signore, e di conseguenza non può essere riformato e salvato. Se non fossepermesso che i mali uscissero in superficie, l'uomo non li vedrebbe, e di conseguenza nonli riconoscerebbe, e non potrebbe essere indotto a resistervi. Quindi i mali non possonoessere impediti in alcun modo dalla Provvidenza; altrimenti essi rimarrebbero rinchiusi, ecome quelle malattie che si chiamano cancro e cancrena, essi si diffonderebbero da ogniparte e divorerebbero tutto ciò che è vitale ed umano.
[2] Infatti l'uomo è fin dalla nascita un piccolo inferno, in costante conflitto col cielo.Nessun uomo può essere liberato dall'inferno da parte del Signore, a meno che egli non siaccorga di trovarsi all’inferno, e che voglia esserne liberato. Ciò non può avvenire senzaconcessioni, le cui cause sono leggi della Divina Provvidenza. È per questo motivo che vi
sono guerre piccole e grandi: piccole fra proprietari di fondi e i loro vicini, e grandi framonarchi di regni e i loro vicini. Le guerre minori differiscono da quelle maggiorisolamente per il fatto che le prime sono mantenute entro certi limiti grazie alle leggi dellostato, e le seconde grazie alle leggi internazionali. Vi è anche il fatto che, sebbene le piccoleguerre al pari delle grandi tendano a travalicare le leggi che le regolano, le piccole nonpossono farlo, mentre le grandi possono, benché non oltre il limite del possibile. Se legrandi guerre, benché accompagnate da omicidi, razzie, violenze e crudeltà, non vengonoimpedite dal Signore, agendo sui re e sui generali, né all’inizio, né durante il loro corso, masolo alla fine, quando la potenza dell'una o dell'altra parte è divenuta così debole che vi èun pericolo imminente di distruzione, ciò deriva da diverse cause, nascoste nel tesorodella Divina sapienza, e di cui alcune mi sono state rivelate. Fra esse vi è questa: tutte leguerre, senza considerare le loro implicazioni di natura civile, rappresentano stati dellachiesa nel cielo, e sono corrispondenze. Tali furono tutte le guerre descritte dalla Parola, etali ancora sono, al giorno d’oggi, tutte le guerre. Le guerre descritte nella Parola sonoquelle che i figli d'Israele combatterono contro diverse nazioni, ad esempio con gliAmorrei, gli Ammoniti, i Moabiti, i Filistei, i Siri, gli Egiziani, i Caldei, gli Assiri; e quandoi figli d'Israele, che rappresentavano la chiesa, si allontanavano dai loro precetti e dalleloro leggi, e cadevano nei mali rappresentati da quelle nazioni — ogni nazione indicava uncerto tipo di male — essi venivano puniti da quella nazione. Ad esempio, quandoprofanavano le cose sante della chiesa con grossolane idolatrie, essi venivano puniti permezzo degli Assiri e dei Caldei, perché con Assiri e Caldei s’intende la profanazione di ciòche è santo. Il significato delle guerre contro i Filistei è spiegato in Dottrina della NuovaGerusalemme sulla Fede, dal n. 50 al n. 54.
[4] Le guerre odierne, in qualsiasi parte del mondo, rappresentano cose simili. Tutto ciòche accade nel mondo naturale corrisponde a qualcosa di spirituale nel mondo spirituale;e tutte le cose spirituali riguardano la chiesa. Nel nostro mondo non si sa quali regni nellacristianità siano gli equivalenti dei Moabiti, degli Ammoniti, dei Siri e dei Filistei, deiCaldei ed degli Assiri, e degli altri popoli contro i quali combatterono i figli di Israele;tuttavia una relazione esiste. Nel mondo naturale non si può riconoscere quale sia laqualità della chiesa terrena, né quali siano i mali in cui essa cade, per cui viene punita conla guerra. In questo mondo si manifestano solamente gli aspetti esteriori, che noncostituiscono la chiesa. Non è così nel mondo spirituale, invece, dove si mostranoapertamente le realtà interiori che riguardano la chiesa. In quel mondo tutti formanoalleanze secondo i loro diversi stati: i loro conflitti nel mondo spirituale corrispondono allenostre guerre, che in entrambi i mondi sono dirette in un modo corrispondente dal Signoresecondo la sua Divina Provvidenza.
[5] L'uomo spirituale riconosce che le guerre nel nostro mondo sono dirette dalla DivinaProvvidenza del Signore, ma non l'uomo naturale, eccetto quando viene proclamata una
festa per una vittoria. Allora egli può rendere grazie a Dio in ginocchio per la vittoriaconcessa, e prima di iniziare il combattimento può anche invocare Dio con qualche brevepreghiera; ma quando rientra in sé, allora attribuisce la vittoria o all’abilità del generale, oa qualche decisione o incidente nel corso del combattimento, a cui non si era fatto caso, eda cui è risultata tuttavia la vittoria.
[6] Che la Divina Provvidenza, comunemente chiamata fortuna, si trovi nei più piccolidettagli delle cose, anche le più frivole, si veda al n. 212. Se in queste cose si riconosce laDivina Provvidenza, la si può certamente riconoscere negli avvenimenti della guerra.Anche i successi e gli eventi favorevoli di una guerra felicemente intrapresa vengonochiamati comunemente le fortune della guerra; ma questa è la Divina Provvidenza,principalmente nei piani e nelle decisioni dei capi, benché essi li attribuiscano tutti allaloro abilità. Sono comunque liberi di pensarlo, se lo vogliono, perché essi sono pienamenteliberi di pensare a favore della Divina Provvidenza o contro di essa, ed anche a favore diDio o contro Dio; ma dovrebbero sapere che nessuno dei loro piani e delle loro decisioniviene da loro. Tutto viene dal cielo o dall'inferno: dall'inferno per concessione, dal cielo invirtù della Divina Provvidenza.
252. IV. L'adoratore di se stesso e della natura trova argomenti contro la Divina Provvidenzaquando riflette sul fatto che la vittoria sta molte volte dalla parte della prudenza, e non sempre dallaparte della giustizia, senza che abbia la minima importanza il fatto che il comandante delle armatevittoriose sia o meno un uomo probo. Se appare che la vittoria stia dalla parte della prudenza enon sempre dalla parte della giustizia, è perché l'uomo giudica secondo le apparenze, efavorisce una parte più dell’altra, confermando la sua preferenza con vari ragionamenti.Egli non sa che la giustizia di una certa causa è spirituale nel cielo e terrena nel mondonaturale, come si è già detto; e che questi due livelli sono uniti da una connessione fra lecose passate e quelle future, una connessione nota solo al Signore.
[2] Se non importa che il generale sia un uomo probo o meno, è per il motivo spiegato aln. 250: i cattivi, al pari dei buoni, compiono degli usi, e i cattivi in virtù del loro fuoco necompiono con maggiore ardore dei buoni. Ciò si verifica principalmente nelle guerre,perché il malvagio è più ingegnoso e più astuto del buono nell’escogitare inganni; e per ilsuo amore della gloria egli prova un maggior desiderio di uccidere e depredare coloro chericonosce e identifica come nemici. Il buono ha solamente prudenza e zelo per difendersi,ma raramente per aggredire. È come per gli spiriti dell'inferno e gli angeli del cielo: glispiriti dell'inferno attaccano, e gli angeli del cielo si difendono. Da ciò si può concludereche è lecito ad ognuno di difendere la sua patria e i suoi concittadini contro nemiciinvasori, anche servendosi di generali malvagi; ma non è lecito mostrarsi ostili senzamotivo. Quando il motivo è solo la propria gloria, ciò è diabolico, poiché deriva dall’amoredi sé.
253. Fin qui si sono spiegate le cose riportate al n. 237, per le quali l'uomo meramentenaturale trova argomenti contro la Divina Provvidenza. Adesso è necessario spiegarequelle del n. 238, che riguardano le religioni delle varie nazioni, e che possono ancoraservire come argomenti all'uomo meramente naturale contro la Divina Provvidenza.Questi infatti dice a se stesso: « Come possono esistere tante religioni differenti, e perchénon esiste una sola religione, valida per tutto il mondo, se come si è dimostrato piùsopra, dal n. 27 al n. 45 la Divina Provvidenza ha come scopo un cielo formato dalgenere umano?» Tuttavia, deve essere noto che tutti gli uomini, dovunque e in qualunquereligione siano nati, si possono salvare, purché riconoscano un Dio e vivano secondo iprecetti del Decalogo, che sono di non uccidere, non commettere adulterio, non rubare,non dichiarare il falso e non desiderare le cose e la moglie altrui, perché commettere taliazioni è contro la religione, e di conseguenza contro Dio. In questi uomini vi è il timore diDio e l'amore del prossimo; il timore di Dio, perché pensano che è contro Dio commetterequeste azioni; e l'amore del prossimo, perché è contro il prossimo uccidere, commettereadulterio, rubare, dichiarare il falso e desiderare le cose e la moglie altrui. Dato che taliuomini nella loro vita volgono i loro sguardi a Dio, e non fanno del male al prossimo, sonoguidati dal Signore, e quelli che sono guidati dal Signore vengono anche istruiti, secondola loro religione, su Dio ed il prossimo. Coloro che vivono così amano infatti essere istruiti,mentre coloro che vivono in modo opposto non provano questo amore; e poiché amanoessere istruiti, essi lo sono anche dagli angeli dopo la morte, quando divengono spiriti, ericevono volentieri le verità della Parola. A tale proposito si veda in Dottrina della nuovaGerusalemme sulla Sacra Scrittura, dal n. 91 al n. 97, e dal n. 104 al n. 113.
254. I. L'uomo meramente naturale trova argomenti contro la Divina Provvidenza quandoconsidera le religioni dei vari popoli, in cui ad esempio vi sono uomini che non hannoassolutamente alcuna nozione di Dio, oppure adorano il sole e la luna, o idoli ed immagini scolpite.Coloro che da ciò deducono argomenti contro la Divina Provvidenza non conoscono gliarcani del cielo, che sono innumerevoli, e di cui pochissimi sono noti all'uomo. Nel noverodi questi arcani vi è anche che l'uomo sia istruito dal cielo in modo non diretto maindiretto (si vedano in proposito i nn. 154 e 174). Poiché egli è istruito in modo indiretto, eil Vangelo non ha potuto essere diffuso dai missionari a tutti gli uomini che vivono sullaterra, altre religioni hanno potuto essere trasmesse per vie diverse anche ai popoli chevivono ai quattro angoli del mondo: ciò è avvenuto grazie alla Divina Provvidenza. Infattinessun uomo crea da sé la propria religione, ma la apprende da altri (che avevanoimparato dalla Parola direttamente o a loro volta tramite l’insegnamento di altri); ciascunoimpara che vi è un Dio, che esistono il cielo e l'inferno, che c'è una vita dopo la morte, eche si deve adorare Dio per diventare felici.
[2] Riguardo al fatto che la religione sia stata diffusa in tutto il mondo in virtù dell'anticaParola, e poi in virtù della Parola israelitica, si veda in Dottrina della nuova Gerusalemme
sulla Sacra Scrittura, dal n. 101 al n. 103. Se non vi fosse stata la Parola, nessuno avrebbeavuto conoscenza di Dio, del cielo e dell'inferno, della vita dopo la morte, e tanto meno delSignore (si veda nello stesso trattato, dal n. 114 al n. 118). Quando una religione è stataaccettata da un popolo, questo popolo viene condotto dal Signore secondo i precetti e idogmi di tale religione; ed il Signore ha provveduto affinché in ogni religione vi sianoprecetti simili a quelli del Decalogo: che si deve adorare Dio, non profanare il suo nome,osservare un giorno di festa, onorare il padre e la madre, non uccidere, non commettereadulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza. Il popolo che considera Divini questiprecetti, e vive conformemente ad essi per amore della religione, è salvo, come si è detto aln. 253. Anche la maggior parte delle nazioni lontane dal cristianesimo considerano questeleggi non come civili ma come Divine, e le ritengono sacre. Riguardo al fatto che l'uomo sisalvi grazie ad una vita conforme a questi precetti, si veda in Dottrina della nuovaGerusalemme secondo i Precetti del Decalogo.
[3] Fra gli arcani del cielo vi è anche questo: il cielo angelico al cospetto del Signore ècome un solo uomo, la cui anima e la cui vita è il Signore; e la forma di questa personadivina è umana in ogni suo aspetto, non soltanto nelle membra e negli organi esterni, maanche in quelli interni, che sono molti, e nella pelle, nelle membrane, cartilagini ed ossa.Tuttavia, queste parti tanto esterne che interne dell’uomo divino non sono materiali maspirituali; e il Signore ha fatto sì che anche coloro che non sono stati raggiunti dal Vangelo,coloro che semplicemente hanno una religione qualsiasi, possano avere il loro posto inquella persona divina che è il cielo. Essi costituiscono quelle parti che si chiamano pelli,membrane, cartilagini ed ossa, e come gli altri sono nella gioia celeste. Non importa inquale tipo di gioia essi si trovano, se in quella degli angeli del cielo supremo o in quelladegli angeli del cielo inferiore: chiunque sale nel cielo raggiunge la massima gioia del suocuore, e non potrebbe sopportarne una maggiore, poiché ne verrebbe soffocato.
[4] A tale proposito si può fare il paragone fra un contadino e un re: il contadino puòessere al sommo della gioia quando può vestirsi di un abito nuovo di ruvida lana, esedersi ad una tavola dove c'è della carne di porco, un pezzo di bue, formaggio, birra evino cotto. Egli proverebbe fastidio se, come un re, fosse vestito di porpora, di seta, d'oro ed'argento, e gli fosse imbandita una mensa sopra cui vi fossero laute e delicate vivande dipiù tipi, con vini generosi; è dunque evidente che vi è felicità celeste per gli ultimi comeper gli altri, ciascuno nel suo grado, e di conseguenza anche per quelli che sono fuori dalmondo cristiano, purché fuggano i mali come peccati contro Dio, perché sono contro lareligione.
[5] Vi sono pochi uomini che non hanno assolutamente alcuna conoscenza di Dio. Comesi legge in Dottrina della nuova Gerusalemme sulla Sacra Scrittura (n. 116), questi, se hannocondotto una vita morale, vengono istruiti dagli angeli dopo la morte e ricevono qualcheelemento spirituale nella loro vita morale. Similmente, coloro che adorano il sole e la luna
e credono che Dio sia là, non sanno altro, dunque ciò non è loro imputato come peccato.Dice il Signore: « Se voi foste ciechi» ,vale a dire se non sapeste, «non avreste alcun peccato»(Giovanni 9:41). Vi sono molti, anche nel mondo cristiano, che adorano idoli ed immaginiscolpite. Questa è davvero idolatria, ma non per tutti; infatti vi sono alcuni a cui leimmagini scolpite servono come mezzi per pensare a Dio. Infatti, in virtù dell'influsso cheprocede dal cielo, chi riconosce un Dio lo vuole vedere; e poiché alcuni di essi nonriescono ad elevare la loro mente al di sopra del livello sensoriale, come invece accade acoloro che sono più dotati spiritualmente ed interiormente, si servono di una scultura o diun’immagine per risvegliare il loro pensiero. Coloro che si comportano così, e nonadorano l’immagine in se stessa come Dio, si salvano, se vivono secondo i comandamentidel Decalogo per motivi religiosi.
[6] Da queste spiegazioni è evidente che, poiché il Signore vuole la salvezza di tutti, egliha altresì provveduto affinché ciascuno, se vive bene, possa avere il suo posto nel cielo. Ilcielo è al cospetto del Signore come un solo uomo; quindi il cielo corrisponde all’uomonella sua totalità e nei singoli dettagli. Vi sono anche società celesti che sono in rapportocon le pelli, le membrane, le cartilagini e le ossa, come si legge in Cielo e inferno, pubblicatoa Londra nel 1758, dal n. 59 al n. 102; come pure in Arcana Celestia, dal n. 5552 al n. 5564, ein questo stesso trattato, dal n. 201 al n. 204.
255. II. L'uomo meramente naturale trova argomenti contro la Divina Provvidenza, quandoconsidera che la religione musulmana è stata accettata da molti imperi e popoli. Il fatto che questareligione sia stata ricevuta da un numero maggiore di popoli che non il cristianesimo puòessere di scandalo per coloro che pensano alla Divina Provvidenza, e in pari tempocredono che non ci si possa salvare se non si è nati cristiani, in un paese dove è la Parola, edove il Signore è conosciuto grazie ad essa. Ma l’Islam non è uno scandalo per coloro checredono che tutte le cose provengono dalla Divina Provvidenza; questi provano ariconoscere dove essa sia, e così la trovano. Essa si trova nel fatto che l’Islam riconosce ilSignore come il Figlio di Dio, il più saggio degli uomini e il più grande profeta, venuto nelmondo per istruire gli uomini. La maggior parte dei musulmani lo considera più grande diMaometto.
[2] Affinché si comprenda chiaramente che questa religione è stata istituita dalla DivinaProvvidenza del Signore, allo scopo di distruggere l’idolatria di molti popoli, è necessarioche questo argomento sia esposto in un certo ordine. Si tratterà, in primo luogo,dell'origine delle idolatrie. Prima dell’Islam il culto degli idoli era diffuso in tutta la terra.Ciò deriva dal fatto che le chiese, prima dell'avvento del Signore, erano tutte “chieserappresentative.” Tale fu anche la chiesa israelita, col tabernacolo, le vesti di Aronne, isacrifici, tutte le suppellettili del tempio di Gerusalemme e le sue leggi. Presso gli antichi lascienza delle corrispondenze, che è pure la scienza delle rappresentazioni, era la scienzaprincipale dei saggi, coltivata principalmente in Egitto (da cui i loro geroglifici). In virtù di
questa scienza essi sapevano ciò che significavano gli animali e le piante di ogni specie,così come i monti, i colli, i fiumi, le fonti, il sole, la luna, le stelle; e dato che tutto il loroculto era un culto “rappresentativo”, ovvero simbolico, e consisteva di solecorrispondenze, essi lo celebravano sui monti e sui colli, ed anche nei boschi sacri e neigiardini, consacravano fonti e, quando adoravano Dio, volgevano lo sguardo al solenascente. Essi creavano inoltre immagini scolpite di cavalli, di buoi, di vitelli, di agnelli, edanche di uccelli, di pesci, di serpenti, e le disponevano nelle loro case, ed in altri luoghi,in un certo ordine che incarnava le caratteristiche spirituali della chiesa a cui essecorrispondevano o che rappresentavano. Essi ponevano ancora oggetti simili nei lorotempli, per richiamare alla loro memoria le cose sante che tali oggetti significavano.
[3] Più tardi, quando la scienza delle corrispondenze venne dimenticata, i posteri preseroad adorare le immagini scolpite come sante in se stesse, ignorando che gli antenati nonavevano visto nulla di santo in esse, ma solamente rappresentazioni e quindi simboli dicose sante, secondo le loro corrispondenze. Da qui nacquero le idolatrie che riempironotutta la terra, tanto l'Asia con le isole circostanti, quanto l'Africa e l'Europa. Affinché tuttequeste idolatrie fossero estirpate, la Divina Provvidenza del Signore fece sì che sorgesseuna nuova religione adatta al carattere dei popoli del medio oriente, nella quale vi fossequalcosa dell'uno e dell'altro Testamento della Parola, e che insegnasse che il Signore èvenuto nel mondo, e che egli era il più grande profeta, il più savio di tutti, e il figlio di Dio:ciò venne compiuto ad opera di Maometto, per cui questa religione viene chiamatareligione maomettana.
[4] Questa religione è stata suscitata dalla Divina Provvidenza del Signore, e adattata,come si è detto, al carattere degli orientali, al fine di distruggere le idolatrie di tanti popoli,e di dar loro qualche conoscenza del Signore prima che che essi entrassero nel mondospirituale. Essa non sarebbe stata accettata da tanti regni, e non avrebbe potuto estirpare leidolatrie, se non fosse stata concepita in modo da essere in accordo e adatta alle idee edalla vita di tutti quei popoli. Se essa non ha riconosciuto il Signore come Dio del cielo edella terra, è perché gli orientali riconoscono un Dio creatore dell'universo, e non possonoconcepire che questo Dio sia venuto nel mondo ed abbia assunto la natura umana.D’altronde non lo comprendono neppure i cristiani, che nel loro pensiero separano la suanatura Divina da quella umana, associano la natura Divina al Padre nei cieli, e della naturaumana non sanno che fare.
[5] Da queste spiegazioni si può comprendere che anche l’Islam deve la sua origine allaDivina Provvidenza del Signore; e che tutti i musulmani che riconoscono il Signore comeFiglio di Dio, e vivono secondo i comandamenti del Decalogo (che anch'essi hanno),fuggendo i mali come peccati, arrivano dopo la morte in un cielo che si chiama “cieloislamico”. Questo cielo è a sua volta suddiviso in tre cieli, supremo, medio ed inferiore: nelcielo supremo vi sono coloro che riconoscono che il Signore è uno col Padre, e quindi egli
stesso è il solo Dio; nel cielo medio vi sono coloro che rinunziano ad avere più mogli evivono con una sola sposa; e nell'ultimo vi sono coloro che si avviano su questo cammino.Intorno a questa religione si possono trovare maggiori dettagli in Continuazionesull'Ultimo Giudizio e sul mondo spirituale, dal n. 68 al n. 72, dove si tratta dei musulmani edi Maometto.
256. III. L'uomo naturale trova argomenti contro la Divina Provvidenza quando vede che lareligione cristiana è diffusa solamente nella parte minore del mondo, in Europa, e che anche qui essaè divisa in varie fazioni. Se la religione cristiana si trova solamente nella parte minore delmondo, che si chiama Europa, è perché essa non è adatta al carattere degli abitanti delmedio oriente, come l’Islam, che – come abbiamo appena mostrato è una religionecomposita. Un uomo non può accettare una religione non adatta al suo carattere; adesempio, una religione che stabilisca che non è lecito avere più mogli non viene accettatada coloro che da secoli sono stati poligami, ma viene rifiutata. Ciò vale anche per altrepratiche tipiche della religione cristiana.
[2] Non importa se una religione viene accettata dalla maggiore o dalla minore parte delmondo, purché vi siano popoli presso cui vi sia la Parola: poiché da loro splende sempreuna luce per coloro che sono fuori della chiesa e non hanno la Parola, come è statomostrato in Dottrina della nuova Gerusalemme sulla Sacra Scrittura, dal n. 104 al n. 113. Perquanto ciò possa sembrare strano, ovunque la Parola viene letta santamente e si adora ilSignore in virtù della Parola, là è il Signore ed il cielo: il Signore è la Parola, e la Parola è laverità Divina che forma il cielo. Perciò il Signore dice : «Dove due o tre sono riuniti nel mionome, io sono fra loro.» (Matteo 28:20). Ciò può essere compiuto grazie alla Parola in molteparti del mondo da parte degli europei, perché essi commerciano con tutti i popoli, eovunque essi si trovano, leggono o insegnano la Parola. Questa potrebbe sembrare unasofisticheria, ma ciò nonostante è pura verità.
[3] La religione cristiana è divisa perché deriva dalla Parola, e la Parola è compostainteramente da immagini corrispondenti. Per la maggior parte, queste immagini sonoapparenze della verità che contengono verità genuine. Dato che la dottrina della chiesadeve essere tratta dal senso letterale della Parola, che è simbolico, come si è appena detto,è impossibile che nella chiesa non vi siano liti, controversie e dissensi, soprattutto riguardoall'interpretazione della Parola; tuttavia non riguardo alla stessa Parola, o alla stessanatura Divina del Signore. Infatti è dottrina comune che la Parola è santa, e che il Signore èDivino: questi due punti costituiscono le caratteristiche essenziali della Chiesa. Coloro chenegano la natura Divina del Signore, ovvero i Sociniani, sono scomunicati dalla chiesa, ecoloro che negano la santità della Parola non sono neppure considerati cristiani. A questespiegazioni aggiungerò qualcosa di straordinario intorno alla Parola, da cui si può dedurreche la Parola è interiormente la verità Divina, e intimamente il Signore stesso.
[4] Quando uno spirito apre la Parola, e con essa strofina la sua faccia o il suo vestito,grazie a questo solo atto la sua faccia o il suo vestito brilla di una luce così splendida comela luna o una stella. Tutti coloro che lo incontrano possono vederlo. Ciò attesta che nelmondo non vi è nulla di più santo della Parola. Sul fatto che la Parola è scritta solo percorrispondenze, si veda in Dottrina della nuova Gerusalemme sulla Sacra Scrittura, dal n. 5 aln. 26; sulla necessità che la dottrina della chiesa debba essere desunta e convalidata dalsenso letterale della Parola, si veda nello stesso trattato dal n. 50 al n. 61; che dal sensoletterale della Parola possano derivare delle eresie, ma che sia dannoso trovare argomentiin loro favore, si veda dal n. 91 al n. 97; che la chiesa esista in virtù della Parola, e la chiesasia conforme alla sua comprensione della Parola, si veda dal n. 76 al n. 79.
257. IV. L'uomo naturale trova argomenti contro la Divina Provvidenza nel fatto che, nelle varienazioni dove è accettata la religione cristiana, vi sono uomini che si arrogano il potere divino, evogliono essere adorati come dèi; e si invocano uomini morti. Essi dicono, è vero, che non si sonoarrogati il potere divino, e che non vogliono essere adorati come dèi; ma nonostante ciòaffermano di poter aprire e chiudere le porte del cielo, rimettere o meno i peccati, e diconseguenza salvare o condannare gli uomini, tutte cose che sono prerogativa di Diostesso. La Divina Provvidenza ha come unico scopo la riforma e quindi la salvezza: èquesta la sua continua operazione in ogni uomo. La salvezza si ottiene solo riconoscendola natura Divina del Signore, e avendo fede nel fatto che il Signore stesso ci salva quandoviviamo conformemente ai suoi comandamenti.
[2] Chi è così cieco da non vedere che questa è la Babilonia descritta nell'Apocalisse, e laBabele di cui si parla nei Profeti? Che sia anche Lucifero, è evidente in Isaia, 14:4 e 22: « Tupronunzierai questa parabola sul Re di Babele, (vers. 4); e: «Io sterminerò di Babilonia il nome ed isuperstiti» (vers. 22). È chiaro che in questo passo Babele è Lucifero, di cui si dice: «Comemai sei caduto dal cielo, o astro mattutino, figliuol dell’aurora?! Come mai sei precipitato, tu checalpestavi le nazioni! Tu dicevi in cuor tuo: Io salirò in cielo, eleverò il mio trono al disopra dellestelle di Dio; io m’assiderò sul monte dell’assemblea, nella parte estrema del settentrione; saliròsulle sommità delle nubi, sarò simile all’Altissimo» (Isaia, 14:12,13,14). È usuale invocareuomini morti, cercando il loro aiuto. Questa si può chiamare propriamenteun’invocazione, poiché tale è la definizione stabilita da una bolla papale, che conferma ildecreto del concilio di Trento, in cui si afferma apertamente che si devono invocare idefunti. Nonostante ciò, chi non sa che si deve invocare solo Dio, e non i morti?
[3] Ma ora è necessario dire perché Dio ha permesso simili cose. Non si può negare cheesse siano state permesse per uno scopo, che è la salvezza. Senza il Signore, infatti, non c’èsalvezza; e poiché è così, era necessario che il Signore fosse predicato in virtù della Parola,e che grazie ad essa fosse instaurata la chiesa cristiana. Ma ciò poteva essere compiuto soloda pionieri che lo facessero con passione; e non ve n’erano altri se non coloro che, per ilfuoco dell'amore di sé, provavano un ardore simile allo zelo. Questo fuoco li incitò
dapprima a predicare il Signore e ad insegnare la Parola. Poiché questo era il loro statooriginario, Lucifero viene chiamato figlio dell'aurora (versetto 12). Ma, nella misura in cuiessi si accorsero che grazie alla santa natura della Parola e della chiesa essi potevanoottenere potere, l'amore di sé, da cui erano stati dapprima incitati a predicare il Signore,proruppe dal loro intimo, e si elevò infine ad una tale altezza che essi trasferirono in sestessi tutta la Divina potenza del Signore, senza lasciargliene alcuna.
[4] Ciò non poteva essere impedito dalla Divina Provvidenza del Signore, perché se fossestato impedito, essi avrebbero proclamato che il Signore non era Dio, e che la Parola nonera santa, e sarebbero diventati sociniani o ariani, distruggendo così totalmente la chiesa,la quale, chiunque siano i suoi capi, tuttavia sopravvive presso i popoli che sono sotto illoro dominio. Perché tutti coloro che appartengono a questa religione e si rivolgono alSignore fuggendo i mali in quanto peccati, si salvano. Di qui essi formano molte società nelmondo spirituale; ed è anche stato fatto sì che vi fosse tra loro una nazione che non hasubito il giogo di un tale dominio, poiché considera la Parola come santa. Questo nobilepopolo è il popolo francese. Ma che cosa è accaduto?
[5] Quando l'amore di sé porta il suo potere fino al trono del Signore, lo caccia via e vi siinstalla, può solo accadere che questo amore, che è Lucifero, profani tutto ciò che ha a chefare con la Parola e con la chiesa. Affinché questo non avvenisse, il Signore, grazie alla suaDivina Provvidenza, fece sì che essi si allontanassero dal suo culto ed invocassero uominimorti, che rivolgessero preghiere alle loro statue, baciassero le loro ossa e si prosternasserodavanti ai loro sepolcri, proibissero di leggere la Parola e attribuissero la santità del cultoalle messe, che il volgo non comprende, e che vendessero la salvezza per denaro. Se nonavessero fatto queste cose, essi avrebbero profanato le cose sante della Parola e dellachiesa: infatti, come è stato mostrato nel capitolo precedente, possono profanare le cosesante solo quelli che le conoscono.
[6] Pertanto, affinché non profanassero la santissima Cena, la Divina Provvidenza hafatto sì che essi la dividessero, concedendo al popolo il pane, e permettendo solo a se stessidi bere il vino; perché nella santa Cena il vino significa la santa verità, ed il pane il santobene. Ma quando essi sono divisi, il vino significa la verità profanata, ed il pane il beneadulterato. Si è inoltre provveduto affinché essi la rendessero del tutto fisica e materiale, eche la considerassero come l’elemento centrale della religione. Chi presta attenzione aquesti particolari e vi riflette con mente illuminata, può vedere le operazioni meravigliosedella Divina Provvidenza per preservare le cose sante della chiesa e per salvare tutti coloroche possono essere salvati, strappando come da un incendio quelli che vogliono esseremessi in salvo.
258. V. L'uomo meramente naturale trova argomenti contro la Divina Provvidenza nel fatto che,fra coloro che professano la religione cristiana, ve ne sono alcuni che pongono la salvezza nelpensare e pronunciare certe parole, e non attribuiscono alcun valore alle buone azioni. È stato
mostrato in Dottrina della nuova Gerusalemme sulla Fede che tali uomini sono coloro cheritengono salvifica la sola fede, e non una vita di carità; e di conseguenza coloro cheseparano la fede dalla carità. Nello stesso trattato (dal n. 44 al n. 68) viene spiegato chenella Parola essi sono i Filistei, il dragone e i capri.
[2] La Divina Provvidenza ha permesso che si affermasse una dottrina del genereaffinché il Divino del Signore e la santità della Parola non fossero profanati. Il Divino delSignore non è profanato quando si è convinti che la salvezza significhi pronunziare questafrase: «Che Dio Padre abbia pietà per amore del Figlio, che ha sofferto la croce e harimesso i nostri peccati» perché così essi non si rivolgono al Divino del Signore, ma allasua umanità, che essi non riconoscono come Divina; e neanche la Parola è profanata,perché essi non prestano attenzione a quei passi dove si trovano le parole: “amore”,“carità”, “fare”, “opere”. Essi dicono che tutte queste cose si trovano nella lorodichiarazione di fede, che consiste nella suddetta frase; e coloro che lo affermano diconofra sé : «La legge non mi condanna, né di conseguenza il male, ed il bene non mi salva,poiché il bene compiuto da me non è il vero bene». Essi sono dunque come coloro che nonconoscono alcuna verità della Parola, perciò non possono profanarla. Ma la fede checonsiste nella suddetta frase la confermano solo coloro che, in virtù dell'amore di sé, sonopieni d’orgoglio per la propria intelligenza; questi, nel loro cuore, non sono neppurecristiani, ma vogliono solamente apparire come tali. Adesso è necessario spiegare che laDivina Provvidenza del Signore opera continuamente per salvare coloro che consideranola fede separata dalla carità come un principio teologico.
[3] È grazie alla Divina Provvidenza del Signore che, sebbene questa fede sia divenutaun principio teologico, tutti sanno che non è solo questa fede che salva, bensì una vitacaritatevole, di cui la fede fa parte. Infatti, in tutte le chiese dove è stato accettato questoprincipio religioso, si insegna che non vi è salvezza se l'uomo non esamina se stesso, nonvede i suoi peccati, non li riconosce, non si pente, non vi rinuncia e non comincia unanuova vita. Queste cose vengono lette con molto fervore davanti a tutti coloro che siaccostano alla santa Cena, aggiungendo che, se i fedeli non agiscono in tal modo, essimescolano le cose sante con le profane, e si votano alla dannazione eterna. In Inghilterra siaggiunge che, se essi non lo fanno, il diavolo entrerà in loro come in Giuda, e lidistruggerà nell'anima e nel corpo. È dunque evidente che, anche nelle chiese dove siaccetta il principio della sola fede, si insegna che è necessario fuggire i mali in quantopeccati.
[4] Inoltre, chiunque è nato cristiano sa che bisogna fuggire i mali in quanto peccati,poiché il Decalogo viene insegnato dai genitori e dai maestri ad ogni fanciullo e ad ognifanciulla. E tutti i cittadini di un regno, specialmente il popolo, vengono esaminati dalparroco riguardo a ciò che essi conoscono della religione cristiana facendo loro recitare amemoria solo il Decalogo, e vengono ammoniti di compiere le cose in esso contenute.
Nessun sacerdote dice loro che essi non sono sotto il giogo di questa legge, né che nonpossono fare ciò che essa comanda, perché non sono capaci di compiere alcun bene con leproprie forze. In tutto il mondo cristiano è stato accettato il simbolo di Atanasio; e tutticredono in ciò che esso dice alla fine, cioè che il Signore verrà a giudicare i vivi e i morti,ed allora quelli che hanno compiuto opere buone entreranno nella vita eterna, mentrecoloro che hanno compiuto opere malvagie andranno nel fuoco eterno.
[5] In Svezia, dove viene accettato il principio della sola fede, si insegna chiaramente chenon esiste fede separata dalla carità o senza buone opere. Ciò si legge in una “appendicememoriale” annessa a tutti i libri dei Salmi, intitolata Obotferdigas foerhinder, ovveroImpedimenti o ostacoli degli impenitenti, dove si leggono queste parole: « Coloro che sonoricchi di buone opere dimostrano con ciò che essi sono ricchi di fede, poiché quando lafede è davvero salvifica, opera attraverso la carità. La fede che giustifica l’uomo non esistemai sola e separata dalle buone opere, nello stesso modo in cui un buon albero non è privodi frutti, né il sole di luce e calore, né l'acqua di umidità.» Si sono aggiunte queste pocheconsiderazioni affinché si sappia che, sebbene sia stato accettato il principio della sola fede,i beni della carità, vale a dire le opere buone, vengono insegnati ovunque. Ciò provienedalla Divina Provvidenza del Signore, affinché il popolo non sia sviato da questa fede. Ioho udito Lutero, col quale ho parlato alcune volte nel mondo spirituale, maledire la solafede, e dire che quando egli la stabilì, fu avvertito da un angelo di non farlo; ma che egliaveva pensato fra sé che, se non rigettava le opere, la separazione dal Cattolicesimoromano non avrebbe potuto effettuarsi compiutamente. Perciò egli affermò questoprincipio di fede, malgrado l'avvertimento.
259. VI. L'uomo meramente naturale trova argomenti contro la Divina Provvidenza nel fatto chenel mondo cristiano vi sono state tante eresie, e ve ne sono ancora, come quella dei Quaccheri, deiMoravi, degli Anabattisti, ed altre ancora. Infatti egli può pensare fra sé: «Se la DivinaProvvidenza fosse la stessa nei minimi dettagli, ed avesse per fine la salvezza di tutti, essaavrebbe fatto sì che vi fosse in tutta quanta la terra una sola vera religione, indivisa e nonlacerata da eresie.» Ma fa’ uso della tua ragione, e – se puoi pensa più profondamente. L'uomo si può forse salvare se prima non si riforma? Infatti egli è nato nell'amore di sé enell'amore del mondo; e poiché questi amori non hanno in sé nulla dell'amore verso Dio enulla dell'amore verso il prossimo, se non per motivazioni egoistiche, egli è nato immersoin mali di ogni genere: quale traccia di amore e di misericordia può essevi in questi amori?Non gli sembrerà dunque una cosa da nulla ingannare gli altri, insultarli, odiarli a morte,commettere adulterio con le loro mogli, e torturarli se mosso dalla vendetta, poiché eglivuole essere superiore a tutti e possedere i beni di tutti, e di conseguenza poiché egliconsidera gli altri, in confronto a sé, come vili e di nessun conto? Perché un tale uomopossa essere salvato è necessario che prima si distolga da questi mali, e così si riformi. Si èampiamente spiegato che questo non è possibile se non entro i limiti delle molte leggi della
Divina Provvidenza. Queste leggi sono per lo più ignote, e tuttavia sono leggi della DivinaSapienza e in pari tempo del Divino Amore, contro le quali il Signore non può agire,perché agire contro di esse significherebbe distruggere l'uomo, e non salvarlo.
[2] Si considerino le leggi che sono state esposte finora, si confrontino, e si comprenderà.Secondo queste leggi non può esservi alcun influsso diretto dal cielo, bensì mediatotramite la Parola, le dottrine e la predicazione; a ciò si deve aggiungere il fatto che laParola, per poter essere Divina, ha dovuto essere composta interamente tramitecorrispondenze. Ne consegue che i dissensi e le eresie sono inevitabili, e che anchepermettere la loro esistenza è in accordo con le leggi della Divina Provvidenza. Inoltre,poiché la stessa chiesa ha considerato come suoi elementi essenziali cose che si riferisconoal solo intelletto, e di conseguenza alla dottrina, e non cose che si riferiscono alla volontà, edi conseguenza alla vita, ciò che riguarda la vita non fa parte degli elementi essenzialidella chiesa; l’intelletto dell'uomo si trova allora immerso nelle tenebre, ed erra come uncieco che urta contro ogni cosa e cade nei fossi. Infatti è la volontà che deve vederenell'intelletto, e non l'intelletto nella volontà. La vita e il suo amore devono condurrel'intelletto a pensare, parlare ed agire, non il contrario. Se accadesse il contrario, l'intellettopotrebbe, in virtù di un amore malvagio, e in effetti diabolico, cogliere tutto ciò che cadesotto i sensi ed ingiungere alla volontà di compierlo. Da queste spiegazioni si puòcomprendere da dove vengono i dissensi e le eresie.
[3] In ogni caso è stato provveduto affinché ciascuno possa riformarsi e salvarsi, qualsiasieresia egli adotti intellettualmente, purché fugga i mali in quanto, e non confermi in sé lefalsità eretiche. Fuggendo i mali come peccati la volontà infatti si riforma, e tramite lavolontà, l'intelletto, che allora per la prima volta passa dalle tenebre alla luce. Vi sono treelementi essenziali della chiesa: riconoscere il Divino del Signore, riconoscere la santitàdella Parola, e condurre una vita caritatevole. La fede di ciascuno è determinata da unavita di carità; la comprensione di ciò che deve essere quel tipo di vita proviene dallaParola, e dal Signore viene la riforma e la salvezza. Se la chiesa avesse mantenuto questetre cose come suoi elementi essenziali, i dissensi intellettuali non l'avrebbero divisa, ma'avrebbero solamente resa varia, come la luce varia i colori negli oggetti di bellezza, e comediamanti diversi fanno la bellezza di una corona regale.
260. VII. L’uomo meramente naturale trova argomenti contro la Divina Provvidenza nel fatto cheil giudaismo esiste ancora. Dopo tanti secoli gli ebrei non si sono convertiti, benché vivanofra i cristiani. Essi non adorano il Signore, secondo le predizioni nella Parola, e non loriconoscono come il Messia che deve ricondurli, secondo le loro convinzioni, nella terra diCanaan. Persistono a rinnegarlo, e nonostante ciò essi prosperano. Coloro che riflettono suqueste cose, e che perciò mettono in dubbio la Divina Provvidenza, non sanno che perebrei nella Parola si intendono tutti coloro che appartengono alla chiesa e riconoscono il
Signore, e che per la terra di Canaan, alla quale si dice che essi saranno condotti, si intendela chiesa del Signore.
[2] Se gli Ebrei continuano a rinnegare il Signore, è perché essi sono tali che, sericevessero e riconoscessero il Divino del Signore e le cose sante della sua chiesa, leprofanerebbero. Perciò dice il Signore: Egli ha accecato i loro occhi e ha indurito i loro cuori,affinché non vedano con gli occhi, e non comprendano con il cuore, e non si convertano, e io non liguarisca (Giovanni 12:42; Matteo 13:14; Marco 4:12; Luca 8:10; Is. 6:9, 10). Si dice: affinchénon si convertano, e io non li guarisca, perché, se si fossero convertiti e fossero stati guariti,essi avrebbero commesso una profanazione; ed è una legge della Divina Provvidenza, dicui si è trattato più sopra (dal n. 221 al n. 233) che nessuno possa essere introdottointeriormente dal Signore nelle verità della fede e nei beni della carità, se non può esservimantenuto fino alla fine della vita: se vi fosse introdotto altrimenti, egli profanerebbe lecose sante.
[3] Il popolo ebraico è stato preservato e disperso in gran parte del mondo a causa dellaParola nella sua lingua originale, che tale popolo considera santa più dei cristiani; e lanatura Divina del Signore è presente in ogni minimo dettaglio della Parola. In essa vi èinfatti la Divina verità unita al Divino bene che procede dal Signore; perciò la Parola è lacongiunzione del Signore con la chiesa e la presenza del cielo, come è stato mostrato inDottrina della nuova Gerusalemme sulla Sacra Scrittura, dal n. 62 al n. 69. La presenza delSignore e del cielo è in ogni luogo dove la Parola si legge santamente. Questo è lo scopoche la Divina Provvidenza ha avuto nel preservare gli Ebrei e nel diffonderli su gran partedella terra. Per conoscere qual’è la loro sorte dopo la morte, si veda la Continuazionesull'Ultimo Giudizio e sul mondo spirituale, dal n. 79 al n. 82.
261. Questi sono i motivi di cui si è trattato al n. 238, per cui l'uomo naturale può trovareargomenti contro la Divina Provvidenza. Ve ne sono ancora altri, menzionati al n. 239, chepossono servire all'uomo naturale come argomenti contro la Divina Provvidenza, epossono anche insinuarsi negli animi altrui e suscitarvi dei dubbi. Essi sono i seguenti:
262. I. Si può mettere in dubbio la Divina Provvidenza, poiché tutto il mondo cristiano adora unDio in tre Persone, il che significa adorare tre dèi; e perché fino ad ora esso non ha saputo che Dio èUno in persona e in essenza, nel quale vi è una Trinità, e che questo Dio è il Signore. Colui cheragiona intorno alla Divina Provvidenza può dire: «Le tre persone non sono forse tre dèi,poiché ciascuna persona in se stessa è Dio? Chi può pensare altrimenti? Anzi: chi, in realtà,pensa altrimenti? Lo stesso Atanasio non poté evitarlo; perciò nel simbolo di fede cheporta il suo nome, egli dice: « Sebbene in virtù della verità cristiana noi dobbiamo riconoscereche ciascuna persona è Dio e Signore, tuttavia non è permesso, in virtù della fede cristiana, dire onominare tre dèi o tre Signori»: per questo si intende che dobbiamo riconoscere tre dèi e treSignori, ma che non è permesso dire o nominare tre dèi e tre Signori.
[2] Chi può mai concepire un solo Dio, se questo Dio non è anche una sola persona?Alcuni potrebbero affermare che ciò sarebbe concepibile, purché si pensi che le tre personeabbiano una sola essenza; ma, in questo modo, si potrebbe concepire solo che le trepersone hanno una sola mente e una sola volontà, e che nonostante ciò sono tre dèi. E seriflettiamo più profondamente, possiamo chiederci in che modo la Divina essenza, che èinfinita, può essere divisa; e come può essa ab aeterno generare un’altra essenza Divina, eprodurne una terza che procede da entrambe. Si dice che bisogna credere a tutto ciò e nonpensarci; ma chi non pensa a quel che gli si ingiunge di credere? Altrimenti quale sarebbela base di quel riconoscimento della verità, che è la fede nella sua essenza? Non è forse dalpensiero riguardo a Dio ed alle tre persone che sono nati il socinianesimo e l’arianesimo,che dominano il cuore di più persone di quanto non si creda? Ciò che realmente costituiscela chiesa è la fede in un solo Dio, e questo unico Dio è il Signore. In Lui è la Divina Trinità.A tale proposito, si consulti la Dottrina della nuova Gerusalemme sul Signore, dal principioalla fine.
[3] Ma cosa si pensa oggidì riguardo al Signore? Non si pensa forse che egli sia Dio euomo: Dio da Jehovah suo Padre, da cui è stato concepito, e uomo da Maria vergine, dallaquale è nato? Chi è che pensa che in lui Dio e l'uomo, o la sua natura Divina e quellaumana, sono una sola persona, e che sono “Uno” come l'anima e il corpo sono uno? Vi èforse qualcuno che ne sia consapevole? Interroga i dottori della chiesa, ed essi ti dirannoche non lo sanno; tuttavia ciò è conforme alla dottrina della .chiesa accettata in tutto ilmondo cristiano, che suona così: Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, è Dio e uomo; esebbene sia Dio e uomo, non sono due, ma un solo Cristo. Egli è Uno, perché la natura Divina haassunto una natura umana, dunque egli è assolutamente Uno. Vi è una sola persona poiché, comel'anima e il corpo fanno un solo uomo, così Dio e l'uomo fanno un solo Cristo.
Questo afferma il credo, ovvero il simbolo di Atanasio. Se i dottori della chiesa non l'hannocompreso è perché, quando hanno letto questo passo, essi non hanno pensato al Signorecome Dio, ma solamente come uomo.
[4] Se si chiede a questi dottori se sanno da chi sia stato concepito il Signore, se da DioPadre o dalla sua propria natura Divina, essi risponderanno: «da Dio Padre», poichéquesto afferma la Scrittura. Ma il Padre e il Figlio non sono forse Uno, come l'anima e ilcorpo sono uno? Chi mai può pensare che egli sia stato concepito da due divinità? Se èstato concepito dalla sua natura Divina, dunque egli è il suo stesso Padre. Se tu chiediancora: «Qual’è la vostra concezione della natura Divina e di quella umana del Signore?»essi diranno che la sua natura Divina deriva dall'essenza del Padre, e la sua natura umanadall'essenza della madre, e che la sua natura Divina è con il Padre. E se chiedi: «Dov’è lasua natura umana?» essi non risponderanno: perché nella loro mente essi separano la suanatura Divina e la sua natura umana, e concepiscono la sua natura Divina uguale a quelladel Padre, e la sua natura umana simile a quella di qualsiasi altro uomo. Essi non sanno
che così separano l'anima e il corpo; e non vedono neppure la contraddizione: la suanatura razionale sarebbe dunque derivata dalla sola madre.
[5] Da questa idea della natura umana del Signore simile alla natura umana di qualsiasialtro uomo, consegue che il cristiano può difficilmente essere indotto a pensare al DivinoUmano, quand’anche gli si dicesse che l'anima o la vita del Signore era ed è fin dallaconcezione lo stesso Jehovah. Si raccolgano tutte queste argomentazioni, e si rifletta. Vi èforse un altro Dio dell'universo all'infuori del solo Signore, in cui si trova quella naturaDivina ed essenziale chiamata Padre, la natura DivinaUmana che si chiama Figlio, e lanatura Divina che procede, e che si chiama Spirito Santo? Così Dio è Uno in persona e inessenza, e questo Dio è il Signore.
[6] Se si insiste, dicendo che il Signore stesso ha nominato i Tre in Matteo: «Andate e fatediscepoli fra tutte le nazioni, battezzandoli in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo»(Matteo 28:19), risponderò che egli ha detto ciò affinché si sapesse che in lui alloraglorificato vi era la Divina Trinità, come è evidente dal versetto che precede e da quelloche segue. Nel versetto che precede egli dice che ogni potere gli è dato in cielo è in terra, enel versetto che segue il Signore afferma che sarebbe rimasto coi discepoli fino alla fine delmondo. Dunque egli parla solo di sé, e non di tre.
[7] Quanto alla Divina Provvidenza, essa ha permesso che i cristiani adorassero un soloDio sotto tre persone, il che significa adorare tre dèi; ed ha lasciato che essi ignorassero,fino ad ora, che Dio è uno in persona e in essenza, in cui vi è la trinità, e che questo Dio è ilSignore. Di ciò non è responsabile il Signore, ma l'uomo stesso. Il Signore l'ha insegnatochiaramente nella sua Parola, come si può vedere da tutti quei passi che sono stati riportatiin Dottrina della nuova Gerusalemme sul Signore; e lo ha insegnato anche nella dottrina ditutte le chiese, nella quale si dice che la sua natura Divina e la sua natura umana non sonodue, ma una sola persona unita come l'anima e il corpo.
[8] Ma se i cristiani hanno diviso la natura Divina e quella umana, e se hannoconsiderato la prima uguale alla natura Divina di Jehovah il Padre, e la seconda ugualealla natura umana di un uomo qualsiasi, il motivo principale è stato che la chiesa, dopo lasua nascita, degenerò in una Babilonia che attribuì a se stessa il potere Divino del Signore.Tuttavia, affinché non si dicesse che si trattava del potere Divino, ma solamente di quelloumano, i dottori della chiesa considerarono la natura umana del Signore simile quella diqualsiasi altro uomo. In seguito, al tempo della Riforma, quando la sola fede fu accettatacome unica via di salvezza (“sola fede” significa che il Padre ha pietà di noi per amore delFiglio), neanche allora la natura umana del Signore poté essere considerata altrimenti,perché nessuno può avvicinarsi al Signore, né riconoscerlo di cuore come il Dio del cielo edella terra, eccetto colui che vive secondo i suoi comandamenti. Nel mondo spirituale,dove ognuno è costretto a parlare come pensa, nessuno può pronunciare il nome di Gesù,
eccetto colui che ha vissuto da cristiano; ciò proviene dalla Divina Provvidenza delSignore, affinché il suo nome non venga profanato.
263. Ma affinché ciò che si è detto divenga più evidente, aggiungerò quel che è statoriferito in Dottrina della nuova Gerusalemme sul Signore, nn. 60 e 61:
Che Dio e l'uomo nel Signore, secondo la dottrina, non siano due persone ma una sola, e inmodo assoluto, come l'anima e il corpo sono uno, si vede chiaramente da molteaffermazioni del Signore stesso: ad esempio, che il Padre e lui sono Uno (Giovanni 10:30);che tutte le cose del Padre sono sue, e tutte le cose sue del Padre (Giovanni, 16:15); che egliè nel Padre, ed il Padre in lui (Giovanni 14:10); che ogni cosa è stata data nella sua mano(Giovanni 3:35); che egli ha ogni potere (Matteo 28:18); che egli è il Dio del cielo e dellaterra; che chi crede in lui ha vita eterna (Giovanni 3:15), e che l'ira di Dio rimane sopracolui che non crede in lui. Egli aggiunge che sia la sua natura Divina, sia quella umanasono state elevate al cielo, e che in entrambe egli siede alla destra di Dio, vale a dire che èonnipotente. Molti altri passi della Parola sul suo DivinoUmano, riportati più sopra,attestano che Dio è Uno tanto in persona quanto in essenza, in cui è la Trinità, e che questoDio è il Signore.
[2] Se queste cose concernenti il Signore sono divulgate ora per la prima volta, è perché èstato predetto nell'Apocalisse, cap. 21 e 22, che sarebbe stata instaurata dal Signore, allafine della precedente, una nuova chiesa, in cui questa dottrina avrebbe avuto il primoposto. È questa chiesa che si intende per la “Nuova Gerusalemme”, nella quale nessunopuò entrare all'infuori di chi riconosce solo il Signore come Dio del cielo e della terra;perciò questa chiesa si chiama la “moglie dell'Agnello.” Ed io posso annunziare che tutto ilcielo riconosce solo il Signore, e che chi non lo riconosce non viene ammesso nel cielo,poiché il cielo è tale in virtù del Signore. Questo convincimento, che procede dall'amore edalla fede, fa sì che tutti siano nel Signore, ed il Signore in essi, come egli stesso insegna inGiovanni: «In quel giorno voi saprete che Io sono nel Padre mio, e voi in Me, ed Io in voi»(Giovanni 14:20); ed inoltre: « Dimorate in me, ed io in voi: Io sono la vite, voi siete i tralci; chidimora in me, ed io in lui, quegli porta molto frutto, poiché senza di me non potete far nulla. Sequalcuno non dimora in me è gettato fuori » (Giovanni 15:4, 5 e 6; ed anche 17:22, 23). Sequesta dottrina desunta dalla Parola non è stata conosciuta prima d'ora, è perché se fossestata conosciuta prima non sarebbe stata accettata, poiché l'ultimo Giudizio non era ancorastato compiuto; e prima di questo Giudizio la potenza dell'inferno prevaleva sulla potenzadel cielo, e l'uomo è nel mezzo fra il cielo e l'inferno. Se dunque questa dottrina fosse stataconosciuta prima, il diavolo, vale a dire l'inferno, l'avrebbe strappata dal cuore dell'uomo el'avrebbe profanata. Questo potere dell'inferno è stato interamente distrutto dall'ultimoGiudizio, che ora è compiuto; dopo questo Giudizio, cioè adesso, ogni uomo che vuoleessere illuminato e diventare savio, può farlo.»
264. II. Si può dubitare della Divina Provvidenza, poiché fino ad ora si è ignorato che in ognidettaglio della Parola vi è un senso spirituale e che questo è il fondamento della sua santità. Infattisi può muovere un dubbio contro la Divina Provvidenza, dicendo: “Perché tutto ciò è statorivelato ora per la prima volta? E perché per mezzo di questo particolare individuo, e nontramite qualche grande dignitario della chiesa?” Ma che sia un dignitario, o il servo di undignitario, è il Signore a deciderlo, lui che conosce la natura di ciascuno di noi. Tuttavia ilmotivo per cui questo senso della Parola non è stato rivelato prima è:
1. Perché se fosse stato rivelato prima la chiesa l'avrebbe profanato, e con ciò avrebbeprofanato la stessa santità della Parola.
2. Neppure le verità genuine, in cui consiste il senso spirituale della Parola, sono staterivelate prima dal Signore, bensì dopo che l'ultimo Giudizio fu compiuto, e quando unanuova chiesa, la “Nuova Gerusalemme”, stava per essere instaurata dal Signore. Ma questidue punti saranno esaminati separatamente.
[2] (1) Il senso spirituale della Parola non è stato rivelato prima, perché se fosse stato rivelatoprima la chiesa l'avrebbe profanato, e con ciò avrebbe profanato la stessa santità della Parola. Lachiesa, poco dopo la sua nascita, divenne Babilonia, e poi Filistea. Babilonia, è vero,riconosce la Parola, ma nonostante ciò la disprezza, dicendo che lo Spirito Santo ispira ilsuo supremo concilio come ispirò i profeti. Essi riconoscono la Parola perché il papato fustabilito in virtù delle parole del Signore a Pietro; ma in ogni caso la disprezzano, perchénon concorda con i loro scopi. Perciò essa è stata tolta al popolo e relegata nei monasteri,dove pochi la leggono. Se dunque fosse stato svelato il senso spirituale della Parola, in cuiè il Signore e in pari tempo tutta la sapienza angelica, essi avrebbero profanato la Parola,non solo nella sua forma esteriore, cioè nel suo significato letterale, ma anche nei suoisignificati interiori.
[3] La Filistea, con la quale si intende la fede separata dalla carità, avrebbe ugualmenteprofanato il senso spirituale della Parola, perché come si è già notato al n. 258 essa fadipendere la salvezza da alcune parole che si pensano e si pronunziano, e non nelle operebuone che si compiono. Quindi essa considera come salvifico ciò che non lo è. Inparticolare, essa allontana l'intelletto dalle cose che si devono credere. Che cosa possonoavere in comune costoro con la luce in cui si trova il senso spirituale della Parola? Essa nonsarebbe forse mutata in tenebre? Quando il senso naturale si converte in tenebre, cos’altropuò avvenire al senso spirituale? Chi, fra coloro che affermano la fede separata dalla caritàe la giustificazione per sola fede, ha desiderio di sapere che cos’è una buona vita, che cos’èl'amore per il Signore e per il prossimo, che cos’è la carità e i suoi buoni effetti, che cosasono le opere buone, e che cos’è “fare”: vale a dire cos’è la fede nella sua essenza, e qualisono alcune delle verità che la costituiscono? Essi scrivono volumi, e affermano solamenteciò che essi chiamano “fede”; e dicono che tutte le cose summenzionate si trovano inquesta fede. È dunque evidente che, se il senso spirituale della Parola fosse stato svelato
prima, sarebbe avvenuto secondo ciò che il Signore dice in Matteo: «Se il tuo occhio ècattivo, tutto il tuo corpo sarà ottenebrato; se dunque il lume che è in te diventa tenebre, quantograndi saranno le tenebre!» (Matteo 6:23). Per occhio, nel senso spirituale della Parola, siintende l'intelletto.
[4] (2) Le verità genuine, nelle quali consiste il senso spirituale della Parola, non sono staterivelate prima, ma dopo il compimento dell'ultimo Giudizio, e quando una nuova chiesa, la “NuovaGerusalemme”, stava per essere instaurata dal Signore. È stato predetto dal Signorenell'Apocalisse che dopo il compimento dell'ultimo Giudizio le verità genuine sarebberostate svelate, una nuova chiesa sarebbe stata instaurata, e sarebbe stato rivelato il sensospirituale. Il Giudizio finale è stato compiuto, come è dimostrato nell'opuscolo UltimoGiudizio, e nella Continuazione di questo opuscolo. È questo che si intende con “il cielo e laterra che dovevano passare” (Ap. 21:1). Che le verità genuine dovessero allora esseresvelate, è stato predetto da queste parole dell'Apocalisse: «Colui che sedeva sul trono disse:Ecco, io faccio ogni cosa nuova.» (Ap. 21:5); si veda anche Ap. 19:17, 18; 21:18–21; e 22:1, 2.Riguardo al fatto che il senso spirituale della Parola dovesse allora essere rivelato, si vedaAp. 19:11–16. Questo è il significato del cavallo bianco sul quale sedeva colui che sichiamava la Parola di Dio, e che era il Signore dei signori e il Re dei re: si veda a questoproposito l'opuscolo Cavallo Bianco. Che per la santa Gerusalemme si intenda la nuovachiesa che deve essere instaurata dal Signore, si veda in Dottrina della nuova Gerusalemmesul Signore, dal n. 62 al n. 65, dove ciò è stato mostrato.
[5] Da queste spiegazioni è ora evidente che il senso spirituale della Parola doveva essererivelato per la nuova chiesa, che riconoscerà e adorerà il Signore solo, riterrà santa la suaParola, amerà le verità Divine e rigetterà la fede separata dalla carità. Circa questo sensodella Parola si vedano le spiegazioni più approfondite contenute in Dottrina della nuovaGerusalemme sulla Santa Scrittura, dal n. 5 al n. 26 e ss. La natura del senso spirituale ètrattata dal n. 5 al n. 26; il senso spirituale presente nella Parola, nella sua totalità e in ognisuo dettaglio, è trattato dal n. 9 al n. 17; che il senso spirituale renda la Parola divinamenteispirata e santa in ogni suo vocabolo, è trattato dal n. 18 al n. 19; riguardo al fatto che ilsenso spirituale della Parola sia stato finora ignorato, e non sia stato rivelato prima, dal n.20 al n. 25 ; e riguardo al fatto che il senso spirituale non sarà concesso in avvenire che acoloro cui il Signore rivelerà le verità genuine, vedi al n. 26.
[6] Da queste spiegazioni si può comprendere che in virtù della Divina Provvidenza delSignore il senso spirituale è stato nascosto al mondo fino ad ora, e che nel frattempo è statoriservato nel cielo agli angeli, che vi attingono la loro sapienza. Questo senso fu conosciutoe coltivato presso gli antichi che vissero prima di Mosè; ma poiché i loro discendenticonvertirono le corrispondenze — di cui era composta esclusivamente la loro Parola, equindi la loro religione, — in varie idolatrie, e in Egitto in magia, questo senso vennechiuso in virtù della Divina Provvidenza del Signore, prima presso i figli d'Israele, e poi
presso i cristiani, per le ragioni sopra menzionate. Adesso, per la prima volta, questo sensoè aperto per la nuova chiesa del Signore.
265. III. Si può dubitare della Divina Provvidenza, perché fino ad ora non si è saputo che fuggirei mali in quanto peccati è l’essenza della religione cristiana. Che in ciò consista la vera religionecristiana, è stato mostrato in Dottrina di Vita per la nuova Gerusalemme, dall’inizio alla fine; epoiché la fede separata dalla carità è il solo ostacolo che impedisce di accettare questaverità, si è trattato anche di questa fede. Non si è saputo che fuggire i mali in quantopeccati sia l’essenza religione cristiana, perché quasi tutti lo ignorano, e nondimeno,ciascuno lo sa (si veda al n. 258). Se nonostante ciò quasi tutti non lo sanno, è perché ladottrina della fede separata l’ha nascosto, poiché essa insegna che la sola fede salva, e nonle opere buone o alcun bene della carità, ed inoltre che non siamo più sotto il giogo dellalegge, ma nella libertà. Coloro che hanno udito una tale dottrina non pensano più ad alcunmale né ad alcun bene che essi possono compiere nella loro vita. Ognuno è incline, per suastessa natura, ad abbracciare questa dottrina; e quando l'ha abbracciata, non pensa più allostato della sua vita. Questo è il motivo della nostra ignoranza.
[2] Questa ignoranza mi è stata mostrata nel mondo spirituale. Là io ho chiesto a più dimille nuovi arrivati dal nostro mondo se sapessero che fuggire i mali in quanto peccati èl’essenza della religione. Mi dissero che non lo sapevano, e che era qualcosa di nuovo dicui non avevano udito parlare fino ad allora; ma avevano sentito dire che non si può faredel bene con le proprie forze, e che non siamo più sotto il giogo della legge. Quando chiesiloro se sapevano che l'uomo deve esaminarsi, vedere i suoi peccati, pentirsi ed iniziare unanuova vita, e che altrimenti i peccati non sono rimessi, e se i peccati non sono rimessi nonsi è salvati, e che queste cose si leggevano ad alta voce davanti a loro tutte le volte che siaccostavano alla santa Cena, essi risposero che non avevano prestato attenzione a tutto ciò,ma solamente a questo: grazie al sacramento della Cena essi ottenevano la remissione deipeccati, e la fede operava il resto a loro insaputa.
[3] Dissi loro ancora: “Perché avete insegnato il Decalogo ai vostri figli, se non perchésapessero quali mali sono i peccati che si devono fuggire? O lo avete fatto solamenteaffinché sapessero e credessero, senza agire di conseguenza? Perché dunque mi dite checiò vi sembra qualcosa di nuovo?» Essi poterono rispondere solo che lo sapevano, etuttavia non lo sapevano; che non pensavano affatto al sesto comandamento quandocommettevano adulterio, al settimo quando commettevano di nascosto qualche furto oqualche frode, e così per gli altri comandamenti. Tanto meno pensavano che tali azionifossero contro la legge Divina, e di conseguenza contro Dio.
[4] Quando ricordai loro varie cose desunte dalle dottrine della chiesa e dalla Parola, cheaffermavano che fuggire ed aborrire i mali come peccati è l’essenza della religionecristiana, e che ognuno ha fede nella misura in cui li fugge e li aborre, essi tacevano; mafurono convinti che ciò è vero, quando videro che tutti venivano esaminati per quel che
era stata la loro vita, e giudicati secondo le loro azioni, e che nessuno lo era secondo la fedeseparata dalla vita: poiché la fede di ognuno dipende dalla sua vita.
[5] Se il mondo cristiano nella sua massima parte non ha conosciuto questa verità, è invirtù di questa legge della Divina Provvidenza: ad ognuno è concesso di agire in virtùdella sua libertà secondo la ragione (vedi sopra, dal n. 71 al n. 99, e dal n. 100 al n. 128). Invirtù di questa legge nessuno è istruito direttamente dal Cielo, ma lo è indirettamentetramite la Parola, la dottrina e le prediche tratte dalla Parola (vedi dal n. 154 al n. 174).Questa ignoranza è inoltre prevista da tutte le leggi di concessione, che sono anche leggidella Divina Provvidenza. Per maggiori spiegazioni intorno a queste leggi, si veda al n.258.
274. IV. Si possono sollevare dubbi contro la Divina Provvidenza osservando l’ignoranzagenerale del fatto che l'uomo vive dopo la morte, e osservando anche che ciò non è stato scopertoprima d’ora. La ragione per cui ciò è stato ignorato è che in coloro che non fuggono i malicome peccati è interiormente nascosta la credenza che l'uomo non vive dopo la morte.Perciò essi considerano come di nessuna importanza il fatto che si dica che l'uomo vivedopo la morte, o che si dica che egli risusciterà il giorno del giudizio finale; e se per casoqualcuno ha fede nella risurrezione, essi dicono fra sé: «Non mi accadrà peggio che aglialtri: se vado all'inferno sarò in numerosa compagnia, e se vado in cielo sarà lo stesso.»Nonostante ciò, in tutti coloro che hanno qualche idea religiosa è insita la consapevolezzache essi vivranno come uomini dopo la morte. L'idea che vivranno come puri spiriti e noncome uomini è propria solamente di coloro che sono stati illusi dalla propria intelligenza.Dalle seguenti considerazioni si può comprendere che in chiunque abbia qualche ideareligiosa è insita la conoscenza che egli vivrà come un uomo dopo la morte:
[1] 1. Chi pensa altrimenti in punto di morte?
[2] 2. Vi è forse un apologista che, nelle sue lamentazioni sui morti, non li eleva al cielo,non li pone fra gli angeli, in conversazione con essi e partecipi della loro gioia? Alcuniarrivano perfino a deificare i morti.
[3] 3. Chi fra il popolo non crede che, quando morirà, se ha vissuto bene, andrà nelparadiso celeste, sarà vestito con una veste bianca e godrà la vita eterna?
[4] 4. Chi è il prete che non dice cose del genere a un moribondo?
Quando lo dice ne è anche convinto, purché in pari tempo non pensi al Giudizio finale.
[5] 5. Tutti credono che i loro figli siano nel cielo, e che dopo la morte vedranno la loroamate spose. Nessuno pensa che siano spettri, o ancor meno che siano anime o mentisvolazzanti nell'universo.
[6] 6. Nessuno solleva obiezioni quando qualcuno parla della sorte e dello stato di coloroche sono passati dalla dimensione temporale alla vita eterna. Ho parlato a molti dello stato
o della sorte di una persona o di un’altra, e non ho ancora udito nessuno di loro dirmi chenon vi è per esse alcuna sorte, ma che ve ne sarà una in avvenire, nel giorno del giudizio.
[7] 7. Chi è che, vedendo angeli dipinti o scolpiti, non ammette che essi sono fatti in talmodo? Chi è che pensa che essi siano spiriti senza corpo, venti o nuvole, comeimmaginano alcuni studiosi?
[8] 8. I cattolici romani credono che i loro santi siano uomini nel cielo, e che anche glialtri siano uomini altrove; i musulmani credono la stessa cosa dei loro defunti; gli africanipiù degli altri; e così molti altri popoli. Perché i protestanti non lo dovrebbero credere, essiche lo sanno dalla Parola?
[9] 9. Da questa conoscenza insita in ognuno deriva anche che certuni aspiranoall'immortalità della fama; poiché questa conoscenza diventa in alcuni amore della fama, eli spinge ad essere eroici e valorosi in guerra.
[10] 10. Si è ricercato nel mondo spirituale se questa conoscenza sia insita in tutti, e si èscoperto che essa è davvero in tutti, nei concetti spirituali del loro pensiero interiore, manon nei concetti più materiali del loro pensiero esterno. Da queste considerazioni si puòcomprendere che contro la Divina Provvidenza del Signore non si deve muovere alcundubbio, poiché adesso è stato rivelato per la prima volta che l'uomo vive come un uomodopo la morte. È solamente il “sé” sensoriale dell'uomo che vuole vedere e toccare ciò chedeve credere; colui che non pensa al di sopra del sensoriale è immerso nelle tenebre circalo stato della sua vita.
XIV
I mali sono permessi per uno scopo, che è la salvezza
275. Se l'uomo nascesse nell'amore in cui è stato creato, egli non sarebbe in alcun male,anzi non saprebbe cos’è il male, poiché chi non è stato nel male, e quindi non è nel male,non può sapere che cosa sia il male. Se gli si dicesse che questa o quella cosa è un male,egli non lo crederebbe possibile; questo stato è lo stato di innocenza, in cui si trovavanoAdamo ed Eva. La nudità, di cui non arrossivano, significava questo stato. La conoscenzadel male, dopo la caduta, è indicata dal fatto di nutrirsi dall’albero della scienza del bene edel male. L'amore in cui l'uomo fu creato è l'amore del prossimo, affinché egli lo ami comese stesso, e ancora di più; e che provi il piacere di questo amore quando fa del bene alprossimo, quasi come un padre che ne fa ai suoi figli. Questo amore è veramente umano,poiché in esso vi è qualcosa di spirituale che lo distingue dall'amore naturale, tipico deglianimali. Se l'uomo nascesse in questo amore, egli non nascerebbe nell'oscuritàdell'ignoranza, come ora nasce ogni uomo, ma in un certo lume di scienza, e quindid'intelligenza; e in breve tempo diverrebbe intelligente e istruito. All’inizio, è vero, eglicamminerebbe carponi come un quadrupede, ma con una tendenza insita ad alzarsi inpiedi; benché quadrupede, egli non abbasserebbe la sua faccia verso terra, ma laspingerebbe in alto verso il cielo, e si drizzerebbe per poterla ancora alzare in alto.
276. Ma quando l'amore del prossimo fu trasformato in amore di sé, e questo amorecrebbe, allora l'amore umano fu convertito in amore animale; e da uomo quale egli era,l'uomo divenne bestia, con la differenza che egli poteva pensare ciò che sentiva col corpo,e distinguere razionalmente una cosa dall’altra, e poteva istruirsi e divenire un uomocivile e morale, e infine un uomo spirituale. Come si è detto (n. 275), l'uomo ha una vestespirituale grazie alla quale si distingue dall'animale; tramite questa veste spirituale, infatti,egli può sapere che cos’è il male civile e il bene civile; poi cos’è il male morale e il benemorale; infine, se lo vuole, che cos’è il male spirituale e il bene spirituale. Quando l'amoredel prossimo si trasformò in amore di sé, l'uomo non poté più nascere nella luce dellascienza e dell'intelligenza, bensì nell'oscurità dell'ignoranza. Egli nasce infatti totalmentenel livello inferiore della vita, definito sensuale e corporeo, e da esso può essere introdottonei livelli interiori della mente naturale grazie all’istruzione. In seguito si vedrà perchél’uomo nasce nel livello inferiore della vita, che si chiama sensualecorporeo, e diconseguenza nell'oscurità dell'ignoranza.
[2] Ognuno può vedere che l'amore del prossimo e l'amore di sé sono amori opposti.Infatti l'amore del prossimo vuole fare del bene a tutti, ma l'amore di sé vuole che tuttifacciano il suo proprio bene. L'amore del prossimo vuole servire tutti, e l'amore di sé vuole
che tutti siano al suo servizio. L'amore del prossimo considera tutti come fratelli ed amici,ma l'amore di sé considera tutti come servi, e chi non si mette al suo servizio è consideratocome un nemico. In una parola, l'amore di sé considera solo se stesso, e considera gli altri amalapena come uomini, che stima meno dei suoi cavalli e dei suoi cani; e poiché ai suoiocchi sono così vili, egli considera anche come cosa da nulla far loro del male. Da ciòderivano gli odi e le vendette, gli adulteri e le fornicazioni, i furti e le frodi, le menzogne ele bestemmie, le violenze e le crudeltà, e così via. Sono questi i mali in cui è l'uomo dallanascita. Che questi mali siano permessi per un fine, che è la salvezza, verrà mostrato inquest'ordine:
I. Ogni uomo è nel male, e deve distogliersi dal male per potersi riformare.
II. I mali non possono essere rimossi se non vengono alla luce.
III. I mali sono perdonati nella misura in cui vengono rimossi.
IV. Quindi il male è permesso al fine della salvezza.
277. I. Ogni uomo è nel male, e deve distogliersi dal male per potersi riformare. È noto nellachiesa che ogni uomo ha ereditato una natura malvagia, e che questa è la fonte della suaconcupiscenza per una moltitudine di mali. Ne consegue che l'uomo non può da se stessofare il bene, poiché il male non fa il bene, eccetto che non sia un bene in cui interiormentevi è il male. Il male interiore consiste nel fatto che l’uomo fa il bene a suo vantaggio,solamente per apparire. È noto che questo male ereditario deriva dai genitori. Si dice cheprovenga da Adamo e dalla sua consorte, ma questo è un errore: ognuno nasce in questomale dai suoi genitori, così come questi vi erano nati dai loro genitori, e questi, del pari,dai loro. Così successivamente si trasmette dagli uni agli altri, e di conseguenza aumenta esi accresce, si accumula e si trasmette alla posterità; ne deriva che nell'uomo non vi è nulladi integro, ma che egli è interamente malvagio. Chi sente che amare se stessi più degli altriè un male? Chi sa quindi che questo è il male? Nondimeno, esso è il principio di tutti imali.
[2] Che il male ereditario provenga dai genitori, dai nonni e dai bisnonni, è evidente damolte cose note al mondo: ad esempio è possibile riconoscere a quale casato o famiglia, edanche a quale popolo appartiene un uomo dalla sua sola faccia. I volti portano l’improntadello spirito, e lo spirito è determinato dai desideri provenienti dall’amore. Talvolta anchela faccia dei bisnonni riaffiora nel nipote e nel pronipote. Posso riconoscere dalla solafaccia se un uomo è ebreo o no, o da quale casata discendono altre persone; e non dubitoche anche altri possano farlo. Se i desideri che appartengono all'amore derivano e vengonotrasmessi in tal modo dai genitori, ne consegue che derivano e sono trasmessi anche i mali,poiché questi appartengono alle affezioni. Ma ora bisogna dire da dove viene questasomiglianza.
[3] L'anima di ciascuno deriva dal padre, e dalla madre essa viene solamente rivestita daun corpo. Che l'anima derivi dal padre risulta non solo dalle cose già esposte, ma anche damolti altri indizi. Ad esempio, il figlio di un uomo di colore, concepito da una donnabianca o europea, nasce nero, e viceversa. Poiché l'anima è nel seme, dal seme avvienel'impregnazione; ed è il seme che è rivestito da un corpo dalla madre. Il seme è la primaforma dell'amore in cui è il padre, essa è la forma del suo amore dominante con le sueimmediate derivazioni, che sono le affezioni intime di questo amore.
[4] In ciascuno, queste affezioni vengono nascoste dal decoro che appartiene alla vitamorale, e con beni che in parte riguardano la vita civile, e in parte la vita spirituale. Questecose costituiscono il livello esteriore della vita anche presso i malvagi: in questa esterioritàdella vita nasce ogni bambino, e ciò spiega il suo aspetto amabile. Ma allorché egli cresce ediviene adolescente, da questo aspetto esterno rivela quello interiore, e finalmente l'amoredominante di suo padre. Questo amore paterno, se era stato malvagio, e non vienetemperato e piegato con un’educazione adeguata, fa sì che l’amore del figlio divengasimile a quello di suo padre. Tuttavia il male non si estirpa, ma solamente si allontana,come si dirà qui di seguito (n. 279). Perciò si può comprendere che ogni uomo è nel male.
277 bis. È evidente, senza bisogno di ulteriore spiegazione, che l'uomo debba esseredistolto dal male affinché si riformi. Infatti colui che è nel male in questo mondo, è nelmale anche dopo la sua uscita dal mondo. Se dunque il male non viene rimosso nelmondo, non può essere rimosso più tardi. Dove l'albero cade, lì giace. Così è per la vitadell'uomo: essa conserva le qualità di base che possiede quando egli muore. Ognuno ègiudicato secondo le sue azioni. Esse non sono calcolate una per una, ma ciò che conta è ilfatto che l’uomo continua a ripeterle ed a comportarsi sempre nello stesso modo. La morteè la continuazione della vita, con la differenza che l'uomo allora non si può più riformare.Ogni riforma è integrale, cioè include le cose ultime e le prime. Le cose ultime si riformanonel mondo in modo conforme alle prime, e non possono essere riformate più tardi, perchéle cose ultime della vita che l'uomo porta con sé dopo la morte diventano come dormientie si limitano a cooperare o ad agire all’unisono con le cose che appartengono alla suainteriorità, cioè diventano uno con esse.
278. II. I mali non possono essere rimossi se non vengono alla luce. Con questo non si intendeche l'uomo debba compiere i mali affinché essi vengano alla luce, ma che deve esaminarsie valutare non solamente le sue azioni, ma anche i suoi pensieri, e ciò che farebbe se nontemesse le leggi e il disonore. Soprattutto deve osservare quali sono i mali che nel suospirito ritiene leciti e non considera come peccati, poiché egli finisce per commettere questimali. All'uomo è stato dato l'intelletto affinché possa compiere questo esame di coscienza;e questo intelletto è separato dalla volontà affinché sappia, comprenda e riconosca cos’è ilbene e cos’è il male, e affinché veda qual’è la sua volontà, ovvero ciò che ama e desidera.Affinché l'uomo veda tutto ciò, è stato dato al suo intelletto un pensiero superiore e un
pensiero inferiore, o un pensiero interiore e un pensiero esteriore; in virtù del pensierosuperiore o interiore egli vede ciò che compie la volontà nel pensiero inferiore o esteriore.Lo vede come un uomo vede la sua faccia in uno specchio; e quando lo vede e riconosceche è un peccato, egli può, se implora il soccorso del Signore, non volerlo, fuggirlo, e poiagire contro di esso. Se ciò non accade facilmente, può almeno lottare con lui ecostringerlo, e finalmente odiarlo e aborrirlo: allora per la prima volta egli percepisce esente che il male è il male, e che il bene è il bene. Questo dunque è esaminarsi, vedere ipropri mali e riconoscerli, confessarli e poi rinunziarvi. Ma poiché sono pochi coloro chesanno che ciò è l’essenza della religione cristiana (i soli che posseggono questa qualitàsono coloro che hanno carità e fede, sono condotti dal Signore e fanno il bene attraverso dilui), è necessario dire qualcosa di coloro che non agiscono cosi, e nonostante ciò credono diessere religiosi. Essi sono:
(a) coloro che si confessano colpevoli di tutti i peccati, ma non ne ricercano alcuno inparticolare dentro se stessi.
(b) Coloro che per motivi religiosi omettono di esaminarsi.
(c) Coloro che, a causa delle cose mondane, non pensano affatto ai peccati, e quindi non liconoscono.
(d) Coloro che amano i loro peccati, e di conseguenza non possono conoscerli.
(e) In tutti questi casi i peccati non si manifestano, e quindi non possono essere rimossi.
(f) Infine sarà rivelata la causa, finora ignota, per cui i mali non possono essere rimossisenza che siano ricercati, si manifestino, siano riconosciuti, confessati, e senza che siaopposta resistenza ad essi.
278 bis. Ma bisogna esaminare distintamente ognuno di questi punti, perché sono ifondamenti della religione cristiana da parte dell'uomo.
(a) Coloro che si confessano colpevoli di tutti i peccati, ma non ne ricercano alcuno in particolaredentro se stessi. Essi dicono : «Io sono un peccatore; sono nato nei peccati; non vi è nulla diincontaminato in me, dalla testa ai piedi; io non sono che male. Buon Dio, guardami confavore, perdonami, purificami, salvami, fa’ che io cammini nella purezza e nella via deigiusti!», e altre cose del genere. Quindi nessuno di loro si esamina, perciò non riconosce insé alcun male. Ora, nessuno può fuggire ciò che non conosce, e tanto meno combatterlo;ma essi si sentono purificati e mondi dopo le loro confessioni, mentre sono impuri esporchi dalla testa ai piedi, poiché una confessione generale di tutti i peccati è come unaninnananna che li fa dormire tutti, ed infine un accecamento. È come una grandegeneralizzazione priva di dettagli, che in sé è nulla.
(b) Coloro che per motivi religiosi omettono di esaminarsi. Essi sono principalmente coloro cheseparano la carità dalla fede, poiché essi dicono fra se: «Perché devo indagare se qualcosa
è un male o un bene? Perché devo indagare se è un male, se esso non mi danna? Perchédevo indagare se è un bene, se esso non mi salva? È la sola fede, pensata ed enunciata consicurezza e confidenza, che giustifica e purifica da ogni peccato; e quando sonogiustificato, sono puro davanti a Dio. Sono, è vero, nel male; ma Dio lo monda non appenalo compio, e così non appare più», e così via. Ma chi è che non vede, se apre gli occhi, chequeste sono parole vane, nelle quali non vi è nulla di concreto, perché in esse non vi èalcun bene? Chiunque può pensare e parlare così, con sicurezza e confidenza, quandopensa all'inferno e alla dannazione eterna. Forse che un uomo del genere vuole saperequalcosa di più, riguardo a ciò che è la verità o il bene? Quanto alla verità, egli dice: «Checos’è la verità se non ciò che conferma questa fede?» Quanto al bene, egli dice: «Che cos’èil bene se non ciò che è in me in virtù di questa fede? Ma affinché sia in me, io non lo faròcome se fosse con le mie forze, perché ciò significherebbe cercare meriti, e il bene meritorionon è il bene.» Così passa sopra l’intero problema, fino a non sapere più che cosa sia ilmale. Allora che cosa esaminerà e vedrà in sé? Il suo stato diverrà tale, che il fuoco chiusonelle concupiscenze del male consumerà l'interiorità della sua mente e distruggerà tuttofino alla porta. Un tale uomo custodisce solamente questa porta, affinché l'incendio non simanifesti; ma essa si apre dopo la morte, e allora l'incendio si manifesta davanti a tutti.
(c) Coloro che, a motivo delle cose mondane, non pensano affatto ai peccati, e quindi non liconoscono. Sono coloro che amano il mondo sopra ogni cosa, e non ammettono nessunaverità che li distolga da qualche falsità della loro religione. Dicono in se stessi: «Chem'importa? Io non penso in questo modo. » Così essi rifiutano la verità non appena laodono; e se la odono, fanno come se non l’avessero udita. Essi agiscono nello stesso modoquando ascoltano delle prediche: trattengono solo alcune parole, ma nessuna sostanza.Poiché si comportano così rispetto alle verità, essi non sanno ciò che è il bene, poiché laverità e il bene sono la stessa cosa; e dal bene che non proviene dalla verità non siriconosce il male, se non per dire che esso è ugualmente un bene, il che avviene tramiteragionamenti falsi e tortuosi. È questo il significato dei semi che caddero fra le spine, e dicui il Signore dice: Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. Quelloseminato tra le spine è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo el'inganno della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto.» (Matteo 13:7, 22;Marco 4:7, 18, 19; Luca 8:7, 14).
(d) Coloro che amano i loro peccati, e di conseguenza non possono conoscerli. Sono coloro chericonoscono Dio e gli rendono un culto formale, e si convincono che un male, che è unpeccato, non è un peccato, poiché lo mascherano con illusioni ed apparenze, e nascondonola sua natura orribile. Quindi gli concedono il loro favore, e ne fanno il loro amico ecostante compagno. Come si è detto, sono coloro che riconoscono Dio che fanno ciò: glialtri non considerano alcun male come peccato, poiché ogni peccato è contro Dio. Maalcuni esempi serviranno a chiarire questo concetto. L'uomo avido di guadagno, che per
ragioni speciose considera alcune specie di frodi come cose consentite, non consideraquesto male come un peccato. In modo simile agisce colui che razionalizza in se stesso lavendetta contro i nemici, e colui che si convince razionalmente della liceità del saccheggiodi coloro che non sono nemici di guerra.
(e) In tutti questi casi i peccati non si manifestano, e quindi non possono essere rimossi. Ogni maleche non si manifesta si nutre di se stesso. È come il fuoco nel legno sotto la cenere, come ilpus in una piaga che non è stata incisa; poiché ogni male rinchiuso si accresce, e non cessaprima che tutto non sia consumato. Perciò, affinché nessun male sia rinchiuso, è concessoad ognuno di pensare in favore di Dio o contro Dio, in favore delle cose sante della chiesao contro di esse, senza essere punito in questo mondo. Il Signore dice in Isaia:
Dalla pianta dei piedi alla testa non c'è in esso una parte illesa, ma ferite e lividure e piagheaperte, che non sono state ripulite, né fasciate, né curate con olio. Lavatevi, purificatevi, toglieteil male delle vostre azioni dalla mia vista. Cessate di fare il male; imparate a fare il bene. Anchese i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi comeporpora,diventeranno come lana. Se vi ostinate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada (Is. 1:6,16, 18, 20)
Essere divorati dalla spada significa essere distrutti dalla falsità del male.
[6] (f) Infine sarà rivelata la causa, finora ignota, per cui i mali non possono essere rimossi senzache siano ricercati, si manifestino, siano riconosciuti, confessati, e senza che sia opposta resistenzaad essi. Nei capitoli precedenti è stato riferito che tutto il cielo è ordinato in società secondole affezioni del bene opposte alle concupiscenze del male, e che tutto l'inferno è ordinato insocietà secondo le concupiscenze del male opposte alle affezioni del bene. Ogni uomo,quanto al suo spirito, è in qualche società, in una società celeste se è nell'affezione delbene, e in una società infernale, se è nella concupiscenza del male. L'uomo ignora ciòmentre vive nel mondo; tuttavia, quanto al suo spirito, egli è in qualche società — senza laquale egli non può vivere — e in tal modo è governato dal Signore. Se egli è in una societàinfernale, può esserne ritirato dal Signore solo secondo le leggi della sua DivinaProvvidenza, fra le quali vi è anche questa: l'uomo deve vedere che si trova in quellasocietà, deve volerne uscire, e deve sforzarsi da se stesso. L’uomo può farlo mentre è nelmondo, ma non dopo la morte, poiché allora egli rimane eternamente nella società in cuiha avuto accesso in questo mondo. È per questo motivo che l'uomo deve esaminarsi,vedere e riconoscere i suoi peccati e fare penitenza, e poi perseverare fino alla fine dellasua vita. Che le cose stiano così, potrei confermarlo con molte esperienze; ma non è questala sede adatta per addurre delle prove tratte dall'esperienza.
279. III. I mali sono perdonati nella misura in cui vengono rimossi. L'errore comune è credereche i mali vengano separati dall'uomo, anzi cacciati fuori, quando sono rimessi; e che lostato della vita dell'uomo possa essere mutato in un attimo nello stato opposto, e cosìl'uomo da malvagio possa diventare buono, e di conseguenza possa essere tratto fuoridall'inferno e trasferito subito nel cielo grazie all'immediata misericordia del Signore. Macoloro che nutrono questa credenza non sanno affatto ciò che è il male e ciò che è il bene, enon hanno nessuna conoscenza dello stato della vita dell'uomo. Essi non sanno che leaffezioni che appartengono alla volontà sono semplici mutazioni e variazioni di stato dellesostanze puramente organiche della mente; che i pensieri che appartengono all'intellettosono semplici mutazioni e variazioni di forma di queste sostanze, e che la memoria è lostato permanente di queste mutazioni. Conoscendo tutte queste cose si può comprenderechiaramente che ogni male può essere rimosso solo gradualmente, e che la remissione delmale non comporta la sua espulsione. Tutto ciò è stato esposto in modo sommario e, senon viene mostrato in dettaglio, può essere riconosciuto, ma non possono esserecomprese, e ciò che non si comprende è come una ruota che si fa girare con la mano. Èquindi necessario illustrare queste proposizioni, una alla volta, nell'ordine in cui sono statepresentate.
[2] Primo. L'errore comune è credere che i mali vengano separati dall'uomo, anzi cacciati fuori,quando sono rimessi. In cielo mi è stato insegnato che ogni male in cui l'uomo nasce, o di cuisi appropria con la sua condotta, non si separa dall'uomo, ma viene rimosso finché nonappare più. Prima ero convinto, come la maggior parte delle persone, che i mali, quandosono rimessi, sono rigettati, lavati e puliti come sporcizia che si rimuove dalla faccia conl'acqua. Ma le cose non stanno nello stesso modo con i mali ed i peccati: essi restano, equando dopo la penitenza sono rimessi, vengono respinti dal centro ai margini. Ciò che ènel mezzo si trova davanti ai nostri occhi, e appare come alla luce del giorno. Ciò che è aimargini appare nell'ombra, e talvolta come nelle tenebre della notte. Poiché i mali nonvengono completamente estirpati, ma solamente rimossi, ovvero spostati ai margini, el'uomo può essere trasferito dal centro alla periferia, può anche avvenire che egli ritorni aisuoi mali, di cui ha creduto fossero stati rigettati. Infatti l'uomo può muoversi daun'affezione a un'altra, e qualche volta a un'affezione opposta, e così da un centro all’altro.L'affezione dell'uomo costituisce il suo centro, finché egli è in essa, poiché allora egli è nelpiacere e nella luce di quell'affezione.
[3] Vi sono alcuni uomini che, dopo la morte, vengono elevati dal Signore al cielo, perchéhanno vissuto bene, ma che nonostante ciò portano con loro la convinzione di essere nettie puri da qualsiasi peccato, e di conseguenza privi di alcuna colpa. Questi uominidapprima vengono rivestiti di abiti bianchi che riflettono la loro convinzione; gli abitibianchi significano infatti lo stato di purificazione dai mali. Ma poi essi cominciano apensare, come nel mondo, di essere liberi da ogni male, e quindi a gloriarsi di non esserepiù peccatori come gli altri, il che difficilmente può separarsi da una specie di orgoglio e di
disprezzo per gli altri, paragonandoli a sé. Allora, per distoglierli dalla loro credenzaimmaginaria, vengono cacciati dal cielo e reintrodotti nei mali che avevano contratto nelmondo; e nello stesso tempo viene loro dimostrato che essi sono anche nei mali ereditari,di cui non avevano avuto conoscenza. Ciò li costringe a riconoscere che i mali non si sonomai separati da loro, ma sono solamente stati rimossi, e che dunque essi sono impuri, anzi,non sono che male; che è il Signore a distoglierli dai mali e a mantenerli nel bene, e che ciòappare loro come proveniente da se stessi. Quando ciò è stato realizzato, essi vengonoricondotti in cielo.
[4] Secondo. L'errore comune è credere che i mali vengano separati dall'uomo, anzi cacciati fuori,quando sono rimessi; e che lo stato della vita dell'uomo possa essere mutato in un attimo nello statoopposto, e così l'uomo da malvagio possa diventar buono, e di conseguenza possa essere tratto fuoridall'inferno e trasferito subito nel cielo grazie all'immediata misericordia del Signore. In questoerrore sono coloro che separano la carità dalla fede, e pongono la salvezza nella sola fede,poiché essi credono che il solo pensiero e la sola enunciazione delle parole che dichiaranoquesta fede, se vengono compiuti con fiducia e confidenza, giustifichino l’uomo e sianocausa di salvezza. Molti ritengono altresì che ciò possa accadere in un momento,all’approssimarsi o all’istante stesso della morte. Costoro credono che lo stato della vitapossa essere mutato in un istante, e che l'uomo possa essere salvato per un atto diimmediata misericordia. Ma nell'ultimo capitolo di questo trattato si vedrà che lamisericordia del Signore non è immediata, e che l'uomo non può, da malvagio qual’era,diventare buono in un momento, né essere salvato dall'inferno e portato in cielo tranne cheper le incessanti operazioni della Divina Provvidenza dall'infanzia fino alla fine della suavita. Qui si osserverà solamente che tutte le leggi della Divina Provvidenza hanno per finela riforma e la salvezza dell'uomo, il che significa l'inversione del suo stato, che dallanascita è infernale, nell'opposto, che è celeste. Ciò può essere compiuto soloprogressivamente, man mano che l'uomo recede dal male e dal suo piacere di esso, edentra nel bene e nel suo piacere.
[5] Terzo. Coloro che nutrono questa credenza non sanno affatto ciò che è il male e ciò che è ilbene. Infatti essi non sanno che il male è il piacere della concupiscenza di agire e di pensarecontro l'ordine Divino, e che il bene è il piacere dell'affezione di agire e di pensare secondol'ordine Divino. Essi non sanno che vi sono miriadi di concupiscenze che vanno acomporre ciascun male, e miriadi di affezioni che ugualmente vanno a comporre ciascunbene e lo compongono. Queste miriadi di concupiscenze sono così precisamentestrutturate e così intimamente interconnesse nell'uomo, che non può essere cambiata unasola di esse senza cambiare tutte le altre allo stesso tempo. Coloro che non lo sannopossono credere che un male, che appare loro come una realtà unica, possa facilmenteessere rimosso, e che un bene, che appare anch’esso come una realtà unica, possafacilmente rimpiazzare il male. Poiché queste persone non sanno che cos’è il male, né che
cos’è il bene, esse non possono evitare di credere che la salvezza possa compiersi in unistante, e che la misericordia sia immediata; ma ciò non è possibile, come si vedrànell'ultimo capitolo di questo trattato.
[6] Quarto. Coloro che credono che la salvezza possa compiersi in un istante, e che la misericordiasia immediata, non sanno che le affezioni che appartengono alla volontà sono semplici mutazioni evariazioni di stato delle sostanze puramente organiche della mente, che i pensieri che appartengonoall'intelletto sono semplici mutazioni e variazioni di forma di queste sostanze, e che la memoria è lostato permanente di queste mutazioni. Tutti, udendo queste parole, riconosceranno che leaffezioni e i pensieri non esistono se non in certe sostanze e nelle forme di queste sostanze,che ne sono i soggetti. Poiché le affezioni e i pensieri esistono nel nostro cervello, che èpieno di sostanze e di forme, definiamo queste forme come puramente organiche. Nessunuomo che pensa razionalmente può trattenersi dal ridere delle fantasie di coloro chesuppongono che le affezioni e i pensieri non si trovino in soggetti dotati di sostanza, mache siano aliti modificati dal colore e dalla luce, come immagini illusorie nell'aria enell'etere. Tuttavia il pensiero non può esistere separato da una forma sostanziale, come lavista non può esistere senza la sua forma sostanziale che è l'occhio, l'udito senza l'orecchio,ed il gusto senza la lingua. Si considera il cervello, e si vedranno innumerevoli sostanze efibre, e che non vi è nulla che non sia strutturato; oltre a questa prova oculare, che bisognoc’è di un’altra conferma?
[7] Ma ci si può domandare, a questo punto, cosa sia una “affezione” ed un “pensiero”.Lo possiamo comprendere considerando il corpo nella sua totalità e nei suoi dettagli. Nelcorpo vi sono molti organi interni, ognuno nella sua sede, ed essi compiono le lorofunzioni tramite mutazioni e variazioni di stato e di forma. È noto che ciascuno di essi sioccupa delle sue funzioni: lo stomaco, l'intestino, i reni, il fegato, il pancreas, la milza, ilcuore ed i polmoni si occupano tutti delle loro specifiche funzioni. Tutte queste operazionisono attivate interiormente, tramite mutazioni e variazioni di stato e di forma. Ciò portaalla conclusione che le operazioni delle sostanze puramente organiche della mente sono diuna simile natura, con la differenza che le operazioni delle sostanze organiche del corposono naturali, e quelle della mente sono spirituali; e le une e le altre agiscono all’unisonotramite corrispondenze.
[8] Non si può mostrare all'occhio quali sono le mutazioni e variazioni di stato e di formadelle sostanze organiche della mente, cioè le affezioni e i pensieri; tuttavia si possonovedere, come in uno specchio, dalle mutazioni e variazioni di stato dei polmoni nellinguaggio e nel canto. Vi è una corrispondenza, poiché il suono del linguaggio e delcanto, così come le articolazioni del suono, che sono le parole del linguaggio e lemodulazioni del canto, sono prodotte dai polmoni. Il suono corrisponde all'affezione, e illinguaggio al pensiero; essi si producono anche in virtù dell'affezione e del pensiero, e ciòavviene tramite mutazioni e variazioni di stato e di forma delle sostanze organiche nel
polmone, e dal polmone nella trachea, nella laringe e nella glottide, poi nella lingua, efinalmente nelle labbra. Le prime mutazioni e variazioni di stato e di forma del suonoavvengono nei polmoni, le seconde nella trachea e nella laringe, le terze nella glottide perle varie aperture del suo orifizio, le quarte nella lingua tramite i suoi vari modi di toccare ilpalato e i denti, le quinte nelle labbra, che assumono varie forme. Da queste cose si puòvedere che semplici mutazioni e variazioni di stato delle forme organiche, sequenziali ecostanti, producono i suoni e le loro articolazioni, che danno origine al linguaggio e alcanto. Dato che il suono ed il linguaggio sono prodotti solo dalle affezioni e dai pensieridella mente, poiché sono generati da tali affezioni e pensieri, senza i quali nonesisterebbero affatto, è evidente che le affezioni della volontà sono mutazioni e variazionidi stato delle sostanze puramente organiche della mente, e che i pensieri dell'intellettosono mutazioni e variazioni di forme di queste sostanze, come accade nei polmoni.
[9] Poiché le affezioni e i pensieri sono semplici mutazioni di stato delle forme dellamente, ne consegue che la memoria non è altro che lo stato permanente di questemutazioni. Tutte le mutazioni e variazioni di stato nelle sostanze organiche, una voltadivenute abituali, non scompaiono. Così i polmoni vengono addestrati a produrre diversisuoni nella trachea, a variarli nella glottide, ad articolarli nella lingua e a dar loro formanella bocca; e quando questi organi sono stati abituati, le azioni vengono assimilate da essie possono essere riprodotte. Che queste mutazioni e variazioni siano infinitamente piùperfette nelle parti organiche della mente che nelle parti organiche del corpo, si vede neltrattato Sul Divino Amore e la Divina Sapienza, dal n. 119 al n. 204, dove è stato mostratoche tutti i processi di perfezionamento crescono ed ascendono per gradi e secondo i gradi.Su questo argomento saranno fornite più ampie spiegazioni al n. 319.
280. Quinto. Un altro errore comune è pensare che i peccati, quando sono rimessi, sono ancherimossi. In questo errore sono coloro che credono che grazie al sacramento della Cena ipeccati siano loro rimessi, anche se non sono stati rimossi con la penitenza; in questoerrore sono anche coloro che credono di essere salvati grazie alla sola fede, come purecoloro che credono di essere salvati dalle dispense del papa. Tutti costoro credono nellamisericordia immediata e nella salvezza istantanea. Ma quando la proposizione si inverte,allora diviene una verità: quando i peccati sono rimossi, essi sono anche rimessi. Lapenitenza deve precedere la remissione, e senza penitenza non vi è alcuna remissione.Perciò il Signore comandò ai discepoli di predicare la penitenza per la remissione deipeccati (Luca 24:47); e Giovanni predicò un battesimo di penitenza in remissione deipeccati (Luca 3:3). Il Signore rimette i peccati di tutti, egli non ci accusa e non tiene il contodelle nostre colpe, ma nonostante ciò, egli può toglierle solo secondo le leggi della suaDivina Provvidenza. Infatti, poiché egli disse a Pietro che gli domandò se dovesseperdonare al suo fratello che avesse peccato contro di lui fino a sette volte che dovevaperdonargli non solo sette volte, ma settanta volte sette (Matteo 18:21, 22), che cosa nonfarà dunque il Signore, che è la misericordia stessa?
281. IV. Quindi la concessione del male ha per scopo la salvezza. È noto che l’uomo è nellapiena libertà di pensare e di volere, ma non nella piena libertà di dire e di fare ciò chepensa e vuole; può pensare come un ateo, negare Dio e bestemmiare le cose sante dellaParola e della chiesa, e addirittura può, a parole e con i fatti, cercare di distruggeretotalmente queste cose; ma le leggi civili, morali ed ecclesiastiche vi si oppongono. Cosìegli coltiva dentro di sé queste empietà e scelleratezze, pensandole e desiderandole, edanche nutrendo l’intenzione di compierle, senza tuttavia porle in atto. L’uomo che non èateo è anche nella piena libertà di pensare molte cose malvagie, come frodi, lascivie,vendette, ed altre follie, cose che talvolta egli riesce anche a compiere. Se l’uomo nonavesse piena libertà, non solamente non potrebbe essere salvato, ma perirebbe del tutto.
[2] Ecco la causa di tutto ciò. Ogni uomo dalla nascita è immerso in mali di vari tipi.Questi mali sono nella sua volontà, ed egli ama le cose che appartengono alla volontà.L’uomo ama i desideri che provengono dalla sua interiorità, e desidera ciò che ama.L’amore della volontà fluisce nell’intelletto, dove è percepito come piacere; da lì fluisce neipensieri e nelle intenzioni consce. Se dunque non fosse permesso all’uomo di pensaresecondo l’amore della sua volontà, amore insito in lui in virtù dell’eredità atavica, questoamore rimarrebbe rinchiuso e resterebbe invisibile. L’amore del male che non si manifestaè come un nemico in agguato, come il pus in un’ulcera, come il veleno nel sangue, e comeun’infezione nel petto: se queste cose vengono tenute rinchiuse, conducono alla morte. Maquando invece è permesso all’uomo di pensare i mali dell’amore della sua vita fino alpunto di nutrire l’intenzione di porli in atto, questi mali si sanano con mezzi spirituali, cosìcome le malattie vengono guarite con mezzi fisici.
[3] È necessario spiegare cosa diverrebbe l’uomo se non gli fosse permesso di pensaresecondo il piacere dell’amore della sua vita. Egli non sarebbe più un uomo: perderebbe lesue due facoltà, che si chiamano libertà e razionalità, nelle quali consiste la stessa umanità;il piacere di questi mali occuperebbe i livelli interiori della sua mente, fino al punto diaprire totalmente la porta. Allora egli potrebbe solo dire e fare cose in conformità conquesti piaceri, e di conseguenza diverrebbe pazzo, non solamente ai suoi propri occhi maanche a quelli del mondo; e infine non sarebbe neppure capace di coprire la sua nudità.Ma affinché egli non divenga tale, gli è permesso di pensare e volere i mali ereditari, manon di dirli e compierli. Nel frattempo egli impara i principi civili, morali e spirituali, cheentrano anche nei suoi pensieri, e rimuovono le sue follie. In tal modo è guarito dalSignore, ma solo a condizione che egli sappia custodire l’accesso dove ha confinato i mali,e a patto che riconosca Dio e ne implori il soccorso per poter resistere a questi mali. Allora,nella misura in cui vi resiste, il Signore non permette a quelle follie di penetrare nelle sueintenzioni, né infine nei suoi pensieri.
[4] Dunque l’uomo è libero di pensare come gli piace, affinché l’amore della sua vita escafuori dal suo nascondiglio per venire alla luce dell’intelletto. Altrimenti egli non
conoscerebbe affatto il suo male, e di conseguenza non saprebbe fuggirlo; e questo malecrescerebbe in lui a tal punto che non potrebbe rigenerarsi, e difficilmente lo potrebberofare i suoi figli, se ne procreasse, poiché il male del genitore passa nella prole; ma ilSignore provvede affinché ciò non avvenga.
282. Il Signore potrebbe guarire l’intelletto di tutti gli uomini, in modo che ognuno pensinon il male ma il bene. Egli potrebbe farlo per mezzo di varie paure, di miracoli, diconversazioni coi morti, di visioni e di sogni; ma guarire solamente l’intelletto significaguarire solamente l’uomo esterno, poiché l’intelletto col suo pensiero è la veste esterioredella vita dell’uomo, e la volontà con la sua affezione è la veste interiore della sua vita. Laguarigione del solo intelletto sarebbe dunque come una guarigione palliativa, per la qualela malvagità interiore, rinchiusa senza poter uscire, consumerebbe prima le parti vicine, epoi le parti più lontane, fino alla morte dell’uomo stesso. È la volontà che deve essereguarita, non per l’influsso dell’intelletto in essa, perché questo influsso non esiste, matramite l’istruzione e l’incoraggiamento dell’intelletto. Se il solo intelletto fosse guarito,l’uomo diverrebbe come un cadavere imbalsamato o avvolto da aromi fragranti e di rose,che in breve lascerebbero uscire dal cadavere un tale fetore, che nessuno vi si potrebbeavvicinare. Così accadrebbe alle verità celesti nell’intelletto, se l’amore malvagio dellavolontà fosse represso.
283. Se è permesso all’uomo di pensare i mali fino ad avere l’intenzione di compierli, ciòaccade, come si è detto (n. 281), affinché siano rimossi per mezzo di principi civili, morali espirituali; il che ha luogo quando egli pensa che ciò è contro la giustizia e l’equità, control’onestà e la decenza, e contro il bene e la verità, così come contro la tranquillità, l’allegria ela felicità della vita. Il Signore, per mezzo di queste tre cose, guarisce l’amore della volontàdell’uomo: dapprima usando i nostri timori, ma poi tramite i nostri amori. Tuttavia i malinon vengono separati e gettati fuori dall’uomo, ma semplicemente rimossi e confinati ailati; e quando essi sono là, e il bene è nel mezzo, i mali non appaiono; poiché tutto ciò che ènel mezzo è davanti ai nostri occhi, visibile e percepibile. Ma bisogna sapere che, benché ilbene sia nel mezzo, l’uomo non è nel bene, se i mali che sono ai lati non volgono verso ilbasso o al di fuori: se essi volgono in alto o all’interno, non sono rimossi, poiché essi sisforzano sempre di ritornare nel mezzo. Essi volgono o si dirigono verso il basso o al difuori, quando l’uomo fugge i suoi mali come peccati, e più ancora quando li aborre, poichéallora egli li condanna e li invia all’inferno, e fa sì che essi si volgano da quella parte.
284. L’intelletto dell’uomo è un recipiente tanto del bene quanto del male, e tanto delvero quanto del falso; ma non è così per la volontà dell’uomo, poiché essa deve essere onel male o nel bene. Essa non può essere nell’uno e nell’altro, poiché la volontà è l’uomostesso, e l’amore della sua vita è là; ma il bene e il male nell’intelletto sono separati comel’interno e l’esterno, quindi l’uomo può essere interiormente nel male e esteriormente nelbene. Tuttavia, quando l’uomo si riforma, il bene e il male vengono portati faccia a faccia,
ed allora vi è conflitto e lotta; se la lotta è violenta, si chiama tentazione, ma se non èviolenta, è come quando il vino o la birra fermenta. Se vince il bene, il male con la suafalsità viene respinto ai lati, come le morchie che si depositano sul fondo delle bottiglie, e ilbene diviene come un vino generoso e una birra chiara dopo la fermentazione; ma se vinceil male, allora il bene con la sua verità viene respinto ai lati, e diviene torbido e corrottocome il vino e la birra non fermentati. La comparazione col fermento deriva dalla Parola,dove il fermento significa la falsità del male, come in Osea, 7:4; Luca 12:1; e altrove.
XV
La Divina Provvidenza è presso i malvagi come presso i buoni
285. In ogni uomo, buono o malvagio, vi sono due facoltà: l'intelletto e la volontà.L'intelletto è la capacità di intendere e pensare, e si chiama quindi razionalità; mentre lavolontà è la capacità di pensare, di parlare e agire liberamente, purché non ciò non vadacontro la ragione o la razionalità. Agire liberamente significa agire come si vuole e quandosi vuole. Queste due facoltà sono costanti. Esse sono perpetue e continue dall’inizio allafine in tutte e nelle singole cose che l'uomo pensa e fa; ed esse non si trovano nell'uomoper virtù propria, ma provengono dal Signore. Ne consegue che, poiché la presenza delSignore è in esse, tale presenza si trova anche nelle singole, anzi nelle minime cosedell'intelletto e del pensiero dell'uomo, come pure della volontà e dell'affezione, e quindinelle minime cose del linguaggio e dell'azione. Se si rimuovesse queste due facoltà da unadi queste minime cose, non si potrà né pensarla né pronunziarla come un essere umano.Si è già mostrato che grazie a queste due facoltà l'uomo è uomo; può pensare e parlare,percepire i beni e comprendere le verità, non solamente civili e morali ma anche spirituali,riformarsi e rigenerarsi; in una parola, congiungersi al Signore e con ciò vivere in eterno. Siè altresì mostrato che queste due facoltà non appartengono solamente ai buoni, ma ancheai malvagi. Ora, poiché queste facoltà provengono nell'uomo dal Signore, e non possonoessere definite dall'uomo come sue, poiché ciò che è Divino non può essere definitodall'uomo come suo, ma può essergli aggiunto, e quindi apparire come suo; e poichéquesto dono Divino nell'uomo è nei più piccoli dettagli della sua natura, ne consegue cheil Signore governa questi dettagli sia nei malvagi che nei buoni; e il governo del Signore èciò che si chiama Divina Provvidenza.
286. È una legge della Divina Provvidenza che l'uomo possa agire in virtù della libertàsecondo la ragione, vale a dire in virtù di queste due facoltà, la libertà e la razionalità. Èugualmente una legge della Divina Provvidenza che ciò che l'uomo fa gli sembri compiutocon le proprie forze, e quindi suo; ed è un’altra legge che i mali siano permessi affinchéegli ne possa essere liberato. Ne consegue che l'uomo può abusare di queste facoltà, e invirtù della libertà secondo la ragione giustificare tutto ciò che desidera. L’uomo puòrendere conforme alla ragione tutto ciò che vuole, sia esso conforme o non conforme allaragione. Perciò alcuni dicono : «Che cos’è la verità ? Non posso forse rendere vero tutto ciòche voglio? Forse che il mondo non opera così?» E colui che lo può, lo fa tramiteragionamenti. Si prenda la più falsa proposizione, e si dica ad un uomo intelligente:«Trova motivazioni per dimostrarla», ed egli la dimostrerà. Gli si dica, ad esempio, didimostrare che l'uomo è una bestia; o che l'anima è come un piccolo ragno nella sua tela, egoverna il corpo come fa il ragno con i suoi fili; o gli si dica che la religione non è altro che
un freno, ed egli motiverà ognuna di queste proposizioni, a tal punto che apparirannocome vere. Nulla potrebbe essere più facile, poiché egli non sa ciò che è l'apparenza, né ciòche è la falsità presa per verità a causa di una fede cieca.
[2] Ne consegue che l'uomo non può vedere che la Divina Provvidenza è all’opera neiminimi dettagli dell'intelletto e della volontà, ovvero – il che è la stessa cosa – nei minimidettagli dei pensieri e delle affezioni di ogni uomo, sia malvagio, sia buono. Ciò cheprincipalmente lo confonde è che in questo caso i mali sembrano provenire anche dalSignore, sebbene dal Signore non provenga alcun male. Il male proviene solo dall'uomo,che ha accettato come un dato di fatto l'apparenza che egli pensa, vuole, parla e agisce dase stesso, come si vedrà nei seguenti paragrafi. Affinché ciò venga compreso chiaramente,sarà mostrato in quest'ordine:
I. La Divina Provvidenza è universale nei minimi dettagli, non solamente presso i buonima anche presso i malvagi, e nonostante ciò essa non è nei loro mali.
II. I malvagi spingono se stessi continuamente nei mali; ma il Signore li distogliecontinuamente dai mali.
III. I malvagi non possono essere interamente condotti fuori dal male e guidati nel benedal Signore, finché credono che la propria intelligenza sia tutto, e che la DivinaProvvidenza sia nulla.
IV. Il Signore governa l'inferno tramite gli opposti; e i malvagi che sono ancora in questomondo, egli li governa nell'inferno nella loro natura interiore, ma non in quella piùesteriore.
287. I. La Divina Provvidenza è universale nei minimi dettagli, non solamente presso i buoni maanche presso i malvagi, e nonostante ciò essa non è nei loro mali. Si è mostrato più sopra che laDivina Provvidenza è nei minimi dettagli dei pensieri e delle affezioni dell'uomo. Con ciòsi intende che l'uomo non può pensare e volere nulla da sé, ma che tutto ciò che pensa evuole, e che quindi dice e fa, è il risultato di un influsso. Se è il bene, proviene dall'influssodel cielo; se è il male, dall'influsso dell'inferno. In altri termini, il bene provienedall'influsso che procede dal Signore, e il male proviene dal proprium dell’uomo. Sotuttavia che queste proposizioni possono difficilmente essere comprese, perché sidistingue fra ciò che fluisce dal cielo o dal Signore e ciò che fluisce dall'inferno o dalproprio dell'uomo, e nonostante ciò si afferma che la Divina Provvidenza è nei minimidettagli dei pensieri e delle affezioni dell'uomo, a tal punto che l'uomo non può pensare evolere nulla da se stesso. Ma poiché si afferma che l’uomo può anche pensare dall'inferno,e dal suo proprium, ciò sembra contraddittorio, benché non lo sia affatto. Che ciò non siacontraddittorio si vedrà in seguito, dopo aver premesso alcune spiegazioni cheillustreranno questo soggetto.
288. Tutti gli angeli del cielo affermano che nessuno può pensare da sé, ma che ognunopensa in virtù del Signore; al contrario, tutti gli spiriti dell'inferno dicono che i pensierinon possono avere origine che da noi stessi. Molte volte a questi ultimi è stato dimostratoche nessuno di loro pensa, né può pensare da se stesso, ma che il pensiero deriva da uninflusso; tuttavia essi non l'hanno voluto ammettere. Nonostante ciò l'esperienza insegna,anzitutto, che ogni pensiero ed affezione fluisce dal cielo anche negli spiriti dell'inferno,ma che il bene che vi fluisce, là si converte in male, ed il vero in falso, ed ogni cosa nel suoopposto. Ciò è stato dimostrato nel seguente modo: fu mandata dal cielo una veritàdesunta dalla Parola, ed essa fu ricevuta da coloro che erano nell'inferno superiore; daquesti fu mandata negli inferni inferiori, fino all'inferno più profondo. Questa verità, nelcorso del suo passaggio, fu successivamente mutata in falsità, e finalmente in una falsitàassolutamente opposta al vero. Coloro nei quali questa verità si trasformava, pensavano lafalsità che ne risultava come da se stessi, senza accorgersi di altro; mentre in realtà ciò cheessi pensavano era la stessa verità che discendeva dal cielo fino all'inferno più profondo,falsificata e pervertita nel suo passaggio. Tre o quattro volte ho sentito dire che eraavvenuto così. La stessa cosa è accaduta col bene: il bene che proviene dal cielo sitrasforma progressivamente in un male a lui opposto. Da ciò è evidente che la verità e ilbene procedenti dal Signore, ricevuti da coloro che sono nella falsità e nel male, si mutanoe si trasformano a tal punto che la loro forma originaria non appare più. La stessa cosaavviene in ogni uomo malvagio, poiché lo spirito del malvagio è all'inferno.
289. Molte volte mi è stato mostrato che all'inferno nessuno pensa da sé, ma ognunopensa da altri che sono intorno a lui; e neppure questi altri pensano da sé, ma anch’essi daaltri. I pensieri e le affezioni si muovono da una comunità all’altra, senza che nessuno siaccorga che essi non provengono da se stessi. Certuni che credevano di pensare e volereautonomamente, furono assegnati ad una particolare comunità. Fu loro impedito dicomunicare con i vicini con i quali usualmente condividevano i pensieri, e furono costrettia rimanere là dove si trovavano. Allora si disse loro di pensare in modo diverso da comepensavano gli spiriti della nuova comunità, e di sforzarsi di pensare il contrario; ma essiconfessarono che ciò era loro impossibile.
[2] Questo è stato fatto con molti, ed anche con Leibniz. Anch’egli fu convinto chenessuno pensa da se stesso ma da altri, e che neppure questi altri pensano da sé: tuttipensano in virtù dell'influsso che viene dal cielo, e il cielo pensa in virtù dell'influsso cheviene dal Signore. Alcuni, avendoci meditato profondamente, dissero che ciò era cosìmeraviglioso che solo pochi avrebbero potuto essere indotti a crederlo, perché vaassolutamente contro ogni apparenza; tuttavia non lo potevano negare, essendo stato loropienamente dimostrato. Però, mentre restavano ammirati, dissero che in tal modo non si èin colpa quando si pensa il male, e che così sembra che il male provenga dal Signore.Inoltre essi non comprendevano come solo il Signore possa far sì che tutti pensino in tantimodi diversi. Ma questi tre punti saranno spiegati di seguito.
290. Alle riferite esperienze si deve aggiungere questa: quando mi fu concesso dalSignore di parlare con gli spiriti e gli angeli, questo arcano mi fu subito svelato. Mi fudetto dal cielo che io credevo, come gli altri, di pensare e volere da me stesso, mentre tuttociò non proveniva affatto da me, ma dal Signore se era il bene, e dall'inferno se era il male.Mi fu dimostrato che era così anche introducendo in me vari pensieri e varie affezioni, inmodo tale da poterlo infine percepire e sentire. In seguito, non appena si insinuavaqualche male nella mia volontà o qualche falsità nel mio pensiero, indagavo da doveprovenisse quel male o quella falsità, e mi veniva rivelato. Mi veniva anche concesso diparlare con coloro che insinuavano in me il male e la falsità, di rimproverarli e dicostringerli ad allontanarsi, e di conseguenza a ritirare il loro male e la loro falsità, ditrattenerli presso di loro, e di non infondere più nulla di tutto ciò nel mio pensiero. Questomi è accaduto migliaia di volte; ed io sono in questo stato ormai da molti anni, e ancora viresto. Nonostante ciò mi sembra, come agli altri, senza alcuna differenza, di pensare evolere da me stesso: è in virtù della Divina Provvidenza del Signore che ad ognuno apparecosì, come si è già mostrato. Alcuni spiriti appena arrivati si meravigliarono di questo miostato, immaginando che io non pensi né voglia nulla da me stesso, e che di conseguenza iosia come vuoto. Ma ho svelato loro l'arcano, e ho detto inoltre che anch’io pensointeriormente e percepisco ciò che fluisce nel mio pensiero esteriore, se l'influsso viene dalcielo o dall'inferno, e che rifiuto questo e ricevo quello; e nondimeno, mi sembra, come perchiunque, di pensare e volere da me stesso.
291. Non è ignoto nel mondo che ogni bene venga dal cielo, e che ogni male vengadall'inferno: ognuno nella chiesa lo sa. Chi è colui che, iniziato nel sacerdozio, non insegnache ogni bene viene da Dio, e che l'uomo da sé non può prendere nulla che non gli sia datodal cielo? E che il diavolo infonde i mali nel pensiero, e seduce ed incita a commetterli?Quindi il sacerdote che crede di predicare in virtù di un santo zelo, prega lo Spirito Santodi ammaestrarlo, di dirigere i suoi pensieri e le sue parole. Alcuni dicono di averesensibilmente percepito di essere stati condotti, e quando le loro prediche vengono lodate,rispondono piamente che essi non hanno parlato da sé, ma da Dio. Perciò, quando vedonoqualcuno che parla e agisce bene, essi dicono che egli è stato condotto a ciò da Dio; eviceversa, quando vedono qualcuno parlare ed agire male, dicono che egli è stato condottoa ciò dal diavolo. Come è noto, questo è il modo di parlare tipico della chiesa; ma chi crededavvero che le cose stiano così?
292. Che tutto ciò che l'uomo pensa e vuole, e quindi tutto ciò che dice e fa, fluiscadall'unica sorgente della vita, e che nonostante ciò l'unica sorgente della vita, che è ilSignore, non sia la causa per cui l'uomo pensa il male e la falsità, si può illustrare con iseguenti paragoni tratti dal mondo naturale. Dal sole di questo mondo procede il calore ela luce, e queste due cose fluiscono in tutti i soggetti e gli oggetti che appaiono davanti agliocchi, non solamente nei soggetti buoni e negli oggetti belli, ma anche nei soggetti cattivi enegli oggetti brutti, e producono in essi effetti diversi. Calore e luce fluiscono infatti non
solamente negli alberi che portano buoni frutti, ma anche in quelli che portano frutticattivi, anzi negli stessi frutti, e li fanno crescere; essi fluiscono anche nel buon seme cosìcome nella zizzania, nelle piante utili e salutari così come in quelle malefiche o velenose.Tuttavia sono il medesimo calore e la medesima luce, in cui non vi è alcuna causa delmale: questa causa è nei soggetti e negli oggetti che li ricevono.
[2] Il calore che fa schiudere le uova in cui vi è una civetta, un gufo o un aspide, agiscenello stesso modo quando fa schiudere le uova in cui vi è una colomba, un bell’uccello, oun cigno. Metti delle uova dell'una e dell'altra specie sotto una chioccia, e dal suo calore,che in se stesso è innocuo, esse si schiuderanno. Cosa dunque questo calore ha in comunecon quegli esseri cattivi e malefici? Il calore che fluisce nelle paludi, negli escrementi, nelleputredini e nelle decomposizioni, agisce nello stesso modo nelle sostanze vinose, fragranti,sane e vive. Chi è che non vede che la causa è nel soggetto ricevente, e non nel calore? Lamedesima luce produce in un oggetto colori piacevoli, e in un altro colori sgradevoli; essasi mostra nel suo splendore e rifulge negli oggetti chiari, mentre in quelli scuri essa sioffusca e si spegne.
[3] Una cosa simile avviene nel mondo spirituale. Là vi sono un calore ed una luceprocedenti dal sole di quel mondo, che è il Signore, da cui influiscono nei loro soggetti edoggetti. I soggetti e gli oggetti sono gli angeli e gli spiriti, specialmente i loro processivolitivi e intellettivi. Là, il calore è il Divino amore irradiante, e la luce è la Divina sapienzairradiante. Questo calore e questa luce non sono responsabili del fatto di essere ricevuti daun uomo diversamente che da un altro. Infatti dice il Signore «che egli fa alzare il suo solesui malvagi e sui buoni, e manda la pioggia sui giusti e sugli ingiusti» (Matteo 5:45). Con ilsole, nel supremo senso spirituale, si intende il Divino amore, e con la pioggia, la Divinasapienza.
293. A queste spiegazioni aggiungerò l'opinione degli angeli sulla volontà e l'intelligenzanell'uomo. Per gli angeli non esiste una briciola di volontà e di prudenza che siano propriea nessun uomo; ed essi dicono che se ve ne fosse una briciola in ogni uomo, il cielo el'inferno cesserebbero di esistere, e tutto il genere umano perirebbe. Essi affermano infattiche il cielo e l’inferno sono costituiti da miriadi di uomini, tutti quelli che sono nati findalla creazione del mondo. Il cielo e l’inferno sono formati, da cima a fondo, in un disegnoche fa di ognuno di essi un’unità: il cielo un solo uomo incantevole, e l’inferno un solouomo mostruoso. Se in ogni uomo vi fosse una briciola di volontà e di prudenza propria,egli non potrebbe esistere, ma si dissolverebbe, e con esso perirebbe quella forma Divinache deve la sua stabilità e permanenza al fatto che il Signore è tutto in tutti, ed essi un puronulla. Un altro motivo, per gli angeli, è che pensare e volere autonomamente è il Divinostesso, e pensare e volere tramite Dio è l’umanità stessa. La Divinità non può essererivendicata da nessun uomo, poiché in tal modo l'uomo sarebbe Dio. Si tengano a mente
queste cose, che – se lo si desidera – saranno confermate dagli angeli, quando dopo lamorte si accederà al mondo spirituale.
294. Si è detto sopra (n. 289) che quando alcuni furono convinti che nessuno pensa da sé,ma ognuno pensa in virtù di altri, e che neppure questi altri pensano da sé, ma tuttipensano in virtù dell'influsso procedente dal Signore tramite il cielo, essi dissero, nella loromeraviglia, che ciò significava che non avrebbero più dovuto essere biasimati se avesserocompiuto il male, e che sembrava loro che il male provenisse dal Signore. Inoltre, essi noncomprendevano come solo il Signore possa far sì che tutti pensino in tanti modi diversi.Ora, poiché questi tre sentimenti non possono non influire nei pensieri di coloro chepensano solamente agli effetti come provenienti dagli effetti, e non dalle cause, ènecessario prenderli in considerazione a partire dalle cause.
[2] Primo: in questo modo non saremmo in colpa, quando si compie il male. Infatti, se tutto ciòche l'uomo pensa fluisce da altri, sembra che la colpa sia in colui da cui proviene l'influsso;e nondimeno, la colpa è in colui che lo riceve, poiché lo riceve come suo, né sa altro, eneppure vuole sapere altro. Infatti ognuno vuole essere suo, e condursi da se stesso, esoprattutto volere e pensare da se stesso, poiché questa è la libertà, che appare come lapropria, in cui è ogni uomo. Se dunque egli sapesse che ciò che pensa e vuole fluisce da unaltro, egli si considererebbe legato e schiavo, non più padrone di sé; così perirebbe ognipiacere della sua vita, ed infine la sua stessa umanità.
[3] Ciò mi è stato più volte mostrato. Fu concesso ad alcuni spiriti di percepire e sentireche essi erano condotti da altri; allora essi furono presi da una tale ira, che erano comefuori di sé, e dissero che preferivano essere tenuti incatenati nell'inferno piuttosto che nonavere la facoltà di pensare come volevano, e volere come pensavano. Il fatto di non averequesta facoltà, essi lo chiamavano essere legati nella loro stessa vita, il che è più duro eintollerabile che essere legati nel corpo. Non avere la facoltà di parlare e di fare come sipensa e si vuole, essi non lo chiamavano “essere legati”, perché il piacere della vita civile e
morale, che consiste nel parlare e fare, rende questa costrizione più facile da sopportare.
[4] Ora, poiché l'uomo non vuole sapere che è condotto da altri a pensare, ma vuolepensare da sé, ed è anche convinto di pensare da sé, ne consegue che egli è colpevole, e chenon può rigettare da sé la colpa finché ama pensare ciò che pensa. Ma se non l'ama, egli si
scioglie dal legame con coloro da cui provenivano i suoi pensieri; questo accade quandoegli sa che è un male, e che perciò vuole fuggirlo e desistere dal farlo. Allora il Signore lofa uscire dalla società che è in quel male, e lo trasferisce in una comunità in cui non vi èquel male. Ma se egli sa che è un male e non lo fugge, allora gli viene imputata la colpa, ediviene colpevole di quel male. Dunque, tutto ciò che l'uomo crede di fare da sé, si diceche è fatto dall'uomo e non dal Signore.
[5] Secondo. Così sembra che il male venga dal Signore. Si può pensare che questo seguacome corollario di ciò che si è esposto al n. 288: all'inferno il bene che fluisce dal Signorediventa male, e la verità diventa falsità. Sicuramente, tutti possono comprendere che ilmale e la falsità non derivano dal bene e dalla verità, e di conseguenza dal Signore. Essiprovengono dal soggetto o dall'oggetto che riceve l’influsso, che è nel male e nella falsità, eche distorce e perverte il bene e la verità, come si è pienamente mostrato più sopra (n. 292).Quanto all'origine del male e della falsità nell'uomo, ne ho trattato più volte nei paragrafiprecedenti (nn. 15, 204, 286). Nel mondo spirituale sono stati eseguiti esperimenti concoloro che avevano creduto che il Signore fosse capace di rimuovere i mali dai malvagi, emettere al loro posto i beni, trasferendo così tutto l'inferno nel cielo e salvando tutti; ma ciòè impossibile, come si vedrà alla fine di questo trattato (dal n. 331 al n. 340), quando siparlerà della salvezza istantanea e della misericordia immediata.
[6] Terzo. Essi non comprendevano come solo il Signore possa far sì che tutti pensino in tantimodi diversi. Il Divino amore del Signore è infinito, e la sua Divina sapienza è infinita; ora,infinite forme dell'amore e della sapienza procedono dal Signore e fluiscono in tutti, sia nelcielo, sia nell'inferno, e dal cielo e dall'inferno, in tutti gli uomini del mondo. Nessunodunque può essere privo di pensiero e di volontà, poiché le forme infinite sonoinfinitamente in tutte le cose. Le cose infinite che procedono dal Signore, non soloinfluiscono in modo generale, ma anche nei minimi dettagli, poiché il Divino è universalenei minimi dettagli, e sono i minimi dettagli Divini che rendono il tutto, come si èmostrato più sopra (n. 202). Inoltre, ogni dettaglio Divino è anche infinito. Da questespiegazioni si può comprendere che solo il Signore fa sì che ciascuno pensi e vogliasecondo la sua natura, e secondo le leggi della Divina Provvidenza. Che tutte le cose chesono nel Signore e che procedono dal Signore siano infinite, è stato mostrato più sopra, daln. 46 al n. 69, e in Divino amore e Divina sapienza, dal n. 17 al n. 22.
295. II. I malvagi si inducono continuamente al male, ma il Signore continuamente li distoglie.
È più facile comprendere come opera la Divina Provvidenza nei buoni che nei malvagi.Dato che ora si tratterà della Divina Provvidenza nei malvagi, si procederà in questasequenza:
(a) Vi sono cose innumerevoli in ogni male;
(b) Il malvagio si spinge, costantemente ed intenzionalmente, sempre più in profondità nei
suoi mali;
(c) La Divina Provvidenza, riguardo ai malvagi, è una continua concessione del male, alloscopo che essi ne siano continuamente distolti;
(d) Il Signore effettua il distacco dal male in mille modi, anche estremamente misteriosi.
296. Affinché sia percepito e compreso come la Divina Provvidenza operi nei malvagi, ènecessario che le suddette proposizioni siano spiegate nel loro ordine.
(a) Vi sono innumerevoli elementi in ogni male. Ogni male appare all'uomo come una cosasemplice: in tal modo appare l'odio e la vendetta, il furto e la frode, l'adulterio e lafornicazione, la superbia e l'orgoglio, e tutti gli altri mali. L’uomo non sa che in ogni malevi sono innumerevoli elementi, più delle fibre e dei vasi nel corpo umano. Un uomomalvagio è un inferno in miniatura. Ora, l'inferno è composto da miriadi di spiriti, edognuno di essi ha la forma di un uomo, benché mostruoso. In lui tutte le fibre e tutti i vasisono disposti al contrario. Questo spirito è un male che appare a se stesso come una solaentità; ma in lui vi sono innumerevoli elementi, così come sono innumerevoli le sueconcupiscenze. Ogni uomo è, dalla testa ai piedi, il suo male o il suo bene. Poiché l’uomomalvagio è tale, è evidente che egli è un solo male, composto di innumerevoli elementi,che sono distinte varietà di mali, e che si chiamano concupiscenze del male. Ne consegueche, affinché l'uomo si possa riformare, il Signore deve riparare e invertire tutti questielementi, nell'ordine in cui sono. Ciò può essere compiuto solo dalla Divina Provvidenzadel Signore, che opera passo dopo passo dalla nascita dell'uomo fino alla sua morte.
[2] All’inferno, ogni concupiscenza del male appare, quando è resa visibile, come unanimale nocivo, ad esempio un drago o un basilisco, una vipera, un gufo, una civetta, ecosì via. Così appaiono le concupiscenze del male proprie dell'uomo malvagio, quando loguardano gli angeli. Tutte queste forme di concupiscenza debbono essere invertite una aduna. Lo spirito che appare come un mostro o come un diavolo, deve essere trasformatoaffinché diventi un angelo di bell’aspetto; ed ogni concupiscenza del male deve essereinvertita, affinché appaia come un agnello o una pecora, una colomba o una tortorella, cosìcome appaiono le affezioni del bene degli angeli nel cielo quando sono rese visibili. Ora,trasformare un drago in agnello, un basilisco in pecora, e un gufo in colomba, può esserecompiuto solo per gradi, sradicando il seme stesso del male, e piantando al suo posto unbuon seme. Questo processo somiglia all'innesto di un ramo su un albero, che in sé non èche radici e tronco. Nonostante ciò, il ramo innestato trasforma la linfa tratta dalla vecchiaradice in un succo che produce buoni frutti; questo ramo che dev’essere innestato non puòessere preso altrove che dal Signore, che è l'albero della vita, conformemente alle sueparole (Giovanni 25:17).
[3] (b) Il malvagio si spinge, costantemente ed intenzionalmente, sempre più in profondità neisuoi mali. Si dice “intenzionalmente”perché ogni male deriva dall'uomo. L'uomo trasformain male il bene che viene dal Signore, come si è detto più sopra (n. 294). Il malvagio sispinge sempre più in profondità nei suoi mali poiché si introduce sempre piùinteriormente nelle società infernali, e sempre più profondamente, nella misura in cui eglivuole e fa il male. Il piacere del male cresce sempre di più in lui, e invade i suoi pensieri atal punto che, infine, per lui non vi è nulla di più dolce. Colui che si introduce
interiormente e profondamente nelle società infernali è come se venisse legato con catene;ma finché vive nel mondo egli non sente le catene; esse sono come di morbida lana, ocome leggerissimi fili di seta, che egli ama, perché lo accarezzano. Ma dopo la morte quellecatene da tenere diventano dure, e da carezzevoli diventano pungenti.
[4] Se consideriamo i furti, le rapine, i saccheggi, le vendette, la brama di dominio,l'avidità di guadagno, e altri mali del genere, vediamo che il piacere del male cresce. Chicompie questi mali sente accrescersi il piacere quando ha successo, e quando non incontraostacoli. È noto che il ladro prova un tale piacere nei furti, che non ne può più fare a meno;e che, sorprendentemente, egli ama più una moneta rubata, che dieci monete date in dono.Lo stesso vale per gli adulteri; tuttavia il potere di commettere questo male decresce colsuo abuso. Comunque, presso molti adulteri rimane il piacere di pensarvi e parlarne; senon altro, resta l’insistente desiderio di toccare.
[5] Ma s'ignora che ciò deriva dal fatto che l'uomo si introduce sempre più interiormentee profondamente nelle società infernali, allorché egli commette questi malivolontariamente e consapevolmente. Se i mali sono solamente nel pensiero, e non nellavolontà, egli non è ancora col male in una comunità infernale, ma vi entra non appena imali sono anche nella volontà. Tuttavia, se egli pensa che ciò è contro i comandamenti delDecalogo, e considera Divini questi comandamenti, allora commette il maledeliberatamente, e sprofonda così in basso da non poter essere salvato che grazie ad unattivo pentimento.
[6] Deve essere noto che ogni uomo, quanto al suo spirito, è nel mondo spirituale, e là sitrova in qualche comunità: l'uomo cattivo in una comunità infernale, e l'uomo buono inuna comunità celeste. A volte è anche visibile in quel luogo, quando si trova in uno statodi profonda meditazione. Inoltre è necessario sapere che, come nel mondo fisico il suono ele parole si diffondono nell'aria, nel mondo spirituale l'affezione ed il pensiero sidiffondono nelle varie società. Vi è qui una relazione di corrispondenza, poiché l'affezionecorrisponde al suono, e il pensiero al linguaggio.
[7] (c) La Divina Provvidenza, riguardo ai malvagi, è una continua concessione del male, alloscopo che essi ne siano continuamente distolti. Se la Divina Provvidenza presso gli uominimalvagi è una continua concessione, è perché dalla loro vita non può uscire altro che male.L'uomo è nel bene o nel male: non può essere nell'uno e nell'altro nello stesso tempo, nèalternativamente, a meno che non sia tiepido; e il male della vita non è introdotto dalSignore nella volontà, e per suo tramite nel pensiero, ma viene introdotto dall'uomo. Ciò sichiama concessione.
[8] Ora, poiché tutte le cose che l'uomo malvagio vuole e pensa avvengono perconcessione, ci si può chiedere: cos’è allora la Divina Provvidenza, che si dice essereall’opera nei minimi dettagli in ogni uomo, tanto malvagio che buono? Essa consiste nel
fatto di concedere continuamente che le cose accadano per un fine, e di permettere le coseche riguardano questo fine, e non altre. Continuamente essa esamina, separa e purifica imali che escono per concessione, e allontana quelli che non convengono ai suoi scopi, e liespelle in modi sconosciuti. Queste operazioni si compiono principalmente nella volontàinteriore dell'uomo, e secondariamente nel suo pensiero interiore. La Divina Provvidenzaaltresì vigila continuamente affinché le cose che devono essere eliminate ed espulse nonsiano di nuovo ricevute dalla volontà, poiché tutto ciò che viene ricevuto dalla volontàdiviene parte dell’uomo; ma le cose che sono ricevute dal pensiero, e non dalla volontà,vengono separate ed eliminate. Tale è la continua Provvidenza del Signore nei malvagi:come si è detto è una continua concessione del male, affinché essi ne siano continuamentedistolti.
[9] L'uomo sa ben poco di queste operazioni, perché non le percepisce; se non lepercepisce, è anzitutto perché vi sono in lui i mali delle concupiscenze degli amori dellasua vita, e questi mali non si avvertono come mali ma come piaceri, a cui nessuno prestaattenzione. Chi presta attenzione ai piaceri del suo amore? Il pensiero dell'uomo vi nuotacome una barchetta trasportata dalla corrente di un fiume; essi vengono percepiti comeun'atmosfera profumata, che viene respirata profondamente. L’uomo può solamenteavvertirne qualcosa nel suo pensiero esteriore, ma non vi fa caso, a meno che non sappiabene ciò che è il male. Ma su questo argomento si dirà di più al n. 298.
[10] (d) Il Signore effettua il distacco dal male in mille modi, anche estremamente misteriosi. Diquesti modi me ne sono stati rivelati alcuni, ma solo i più comuni. Ciò che accade è che ipiaceri delle concupiscenze, di cui l'uomo non sa nulla, vengono gettati in gruppi uniti neipensieri interiori dello spirito umano, e da lì nei pensieri esteriori, nei quali si presentanocome una sensazione di gratificazione, di piacere o di desiderio. Questi piaceri interiori simescolano coi piaceri naturali e sensuali; là si trovano i mezzi di separazione e dipurificazione, e anche di distacco e di espulsione. I mezzi sono principalmente i piaceridella meditazione, del pensiero, della riflessione per vari scopi relativi agli usi; e gli scopirelativi agli usi sono tanti quanti sono i dettagli e gli elementi delle nostre occupazioni edei nostri compiti. Vi sono altresì tanti scopi relativi agli usi quanti sono i piaceri dellariflessione al fine di apparire uomini civili e morali, ed anche spirituali, oltre ad alcunidispiaceri che si introducono. Questi piaceri, effetti dell’amore dell’uomo nella suaesteriorità, sono mezzi tramite i quali i piaceri delle concupiscenze del male dell'uomointerno possono essere separati, purificati, espulsi e rimossi.
[11] Si prenda ad esempio un giudice ingiusto, che considera i doni o il clientelismocome i fini o le funzioni del suo ufficio. Questo giudice è interiormente concentrato suquesti scopi, ma esteriormente il suo fine è di agire come un buon giudice e un uomogiusto. Egli prova un piacere costante nel ponderare, pensare, riflettere e scoprire modi perpiegare il diritto, volgerlo, adattarlo e accomodarlo, finché sembri falsamente conforme
alle leggi e alla giustizia; ed egli non sa che il suo piacere interno consiste in astuzie, frodi,inganni, furti nascosti, e così via, e che questo piacere, composto da molti piaceri delleconcupiscenze del male, domina in tutti gli elementi del suo pensiero esteriore, in cui visono i piaceri di apparire giusti e sinceri. In questi piaceri esteriori discendono i piaceriinteriori, e si mescolano come gli alimenti nello stomaco; e là si separano, si purificano e siallontanano.
[12] Tuttavia ciò si applica solo ai più gravi fra i piaceri delle concupiscenze del male;poiché nell'uomo malvagio non vi è altra separazione, purificazione e distacco che quelladei mali più gravi dai mali meno gravi, mentre nell'uomo buono vi è separazione,purificazione e distacco dei mali, non solamente quelli più gravi ma anche quelli menogravi. Ciò avviene tramite i piaceri delle affezioni del bene e della verità, della giustizia edella sincerità, che egli ottiene nella misura in cui considera i mali come peccati, e perciò lifugge e li aborre, e ancor più se combatte contro di essi. Sono questi i mezzi tramite i qualiil Signore purifica tutti coloro che si salvano. Egli li purifica anche con mezzi esteriori, cheriguardano la reputazione e l'onore, e talvolta i loro beni; ma in questi mezzi il Signoreinserisce i piaceri delle affezioni del bene e della verità, che li dirigono e dispongono inmodo tale che essi divengano piaceri dell'amore per il prossimo.
[13] Se qualcuno vedesse i piaceri delle concupiscenze del male in una forma visibile, ose potesse percepirli distintamente con qualche senso, egli vedrebbe e percepirebbe cheessi sono in numero infinito. Tutto l'inferno non è che la forma di tutte le concupiscenzedel male; e là non vi è alcuna concupiscenza del male che sia assolutamente simile aun'altra, e non può esservene neanche una che sia interamente simile a un'altra, per tuttal'eternità. Non sappiamo quasi nulla riguardo a questi incalcolabili elementi, e ancor menoriguardo a come essi sono connessi fra loro. Nonostante ciò, il Signore tramite la suaDivina Provvidenza permette continuamente che essi escano alla luce, affinché sianoallontanati: il che avviene in un perfetto ordine e in una perfetta sequenza. L'uomomalvagio è un inferno in miniatura, così come l'uomo buono è un cielo in miniatura.
[14] Non c’è modo migliore per vedere ed essere sicuri che il Signore compia questodistacco dai mali in mille modi, alcuni dei quali estremamente misteriosi, che guardare lemisteriose operazioni dell’anima nel corpo. Le operazioni di cui l'uomo ha conoscenzasono queste: egli guarda il cibo che deve mangiare, ne percepisce l'odore, lo desidera, logusta, lo mastica coi denti, e per mezzo della lingua lo inghiottisce, e lo fa scendere nellostomaco. Ma le operazioni segrete dell'anima, di cui l'uomo non sa nulla, perché non lesente, sono queste: lo stomaco mescola gli alimenti ricevuti; con le sue secrezioni li apre e lisepara, cioè li digerisce; ne assegna le parti ai pori appropriati ed alle vene, che se neimbevono. Alcune di queste parti vengono inviate nel sangue, altre nei vasi linfatici, altrenei vasi lattei del mesenterio, mentre altre sono inviate giù negli intestini. Poi il chilo,spinto in alto dalla sua cisterna nel mesenterio attraverso il dotto toracico, viene portato
alla vena cava, e da lì nel cuore, e dal cuore nei polmone, e dai polmoni per il ventricolosinistro del cuore nell'aorta, e dall'aorta, per le diramazioni del sistema venoso, negliorgani di tutto il corpo. Del materiale è portato anche nei reni, in ognuno dei quali avvienela secrezione del sangue, la sua purificazione e la rimozione delle parti eterogenee. Poi ilcuore invia nel cervello, attraverso le arterie chiamate carotidi, il sangue purificato daipolmoni, e il cervello rimanda il sangue vivificato nella vena cava, dove il dotto toracicoporta il chilo, facendolo tornare di nuovo nel cuore.
[15] Queste, ed altre innumerevoli operazioni, sono le opere segrete dell'anima nel corpo.L'uomo non percepisce nulla di esse, e chi non è esperto di anatomia non ne sa niente;tuttavia operazioni simili hanno luogo nell’interiorità della mente dell'uomo, poiché nullasi può fare nel corpo che non provenga dalla mente. La mente dell'uomo è il suo spirito, eil suo spirito è anch’esso una persona. La sola differenza è che le cose che avvengono nelcorpo, accadono a livello fisico, e quelle che avvengono nella mente hanno luogospiritualmente. Vi è un perfetto parallelismo. È quindi evidente che la Divina Provvidenzaopera in mille modi, anche estremamente nascosti, presso ogni uomo, e che operaincessantemente col fine di purificarlo, perché ha lo scopo di salvarlo; e che l'uomo non haaltro compito che quello di allontanare i mali dall'uomo esteriore. Al resto provvede ilSignore, se viene implorato.
297. III. I malvagi non possono essere interamente distolti dai mali e condotti nei beni dalSignore, finché credono che la propria intelligenza sia tutto, e la Divina Provvidenza nulla.Sembra che l'uomo possa distogliersi dal male da se stesso, purché pensi che questa oquella cosa sia contro il bene comune, sia insensata e contro le leggi dello stato e il dirittointernazionale. Questo lo può fare sia il malvagio che il buono, purché dalla nascita, ograzie all'esercizio, egli sia capace di pensare con chiarezza analitica e razionale. Egli,comunque, non può distogliersi con le sue sole forze dal male. Il motivo è che, benché lafacoltà d'intendere e di percepire le cose, anche astrattamente, sia stata concessa dalSignore ad ognuno, al malvagio come al buono, come è stato mostrato ai nn. 86, 96, 99, 223e 285, l'uomo non può, in virtù di questa facoltà, ritrarsi dal male; infatti il male riguarda lavolontà, e l'intelletto non influisce nella volontà, tranne che con la sua luce, per illuminarlaed ammaestrarla. Ma se il calore della volontà, cioè l'amore della vita dell'uomo, arde perla concupiscenza del male, egli è freddo riguardo all'affezione del bene: perciò non lariceve, ma la rigetta o la soffoca, oppure la trasforma in male tramite qualche falsità da luiinventata. La luce del sole d’inverno, chiara come la luce del sole d’estate, fluendo neglialberi freddi produce un effetto simile. Ma ciò si può comprendere meglio nel seguenteordine:
(a) La propria intelligenza, quando la volontà è nel male, non vede che la falsità, ed essanon vuole né può vedere altro;
(b) Se la propria intelligenza vede allora la verità, essa si rivolta o la falsifica;
(c) La Divina Provvidenza fa continuamente sì che l'uomo veda la verità, e gli dà anche ildesiderio di percepirla e di riceverla.
(d) In questo modo l'uomo si distoglie dal male, non da se stesso, ma grazie al Signore.
298. Queste proposizioni devono essere spiegate nel loro ordine all'uomo razionale, siamalvagio che buono, che egli si trovi nella luce d'inverno o nella luce d'estate, poichénell'una e nell'altra le vedrà con gli stessi colori.
(a) La propria intelligenza, quando la volontà è nel male, non vede che la falsità, ed essa non vuolené può vedere altro. Questo è stato dimostrato molte volte nel mondo spirituale. Ogni uomo,quando diviene spirito dopo la morte, e si spoglia del corpo materiale per rivestirsi delcorpo spirituale, viene messo alternativamente nei due stati della sua vita, quello esterno equello interno. Quando è nello stato esterno, egli parla ed agisce anche in modo razionalee savio, come qualsiasi uomo razionale e savio nel mondo. Egli può ancora insegnare aglialtri parecchie cose che riguardano la vita morale e la vita civile. Se è stato predicatore,può anche insegnare le cose che riguardano la vita spirituale. Ma quando da questo statoesterno egli viene messo nel suo stato interno, l'uomo esterno è assopito e l'uomo interno èrisvegliato, allora, se è malvagio, la scena cambia: da razionale diviene sensuale, e da saviofolle. Allora egli pensa in virtù del male della sua volontà e in virtù del piacere di questomale; quindi pensa con la propria intelligenza. Non vede che il falso e non fa che il male,credendo che la malizia sia sapienza, e che l'astuzia sia prudenza; e in virtù della propriaintelligenza egli si crede un dio, e imbeve tutta la sua mente di artifici nefandi.
[2] Ho visto più volte tali follie. Ho visto anche degli spiriti messi in questi statialternativi due o tre volte in un' ora; poi venne loro concesso di vedere e di riconoscere leloro follie. Tuttavia essi non vollero rimanere nello stato razionale e morale, ma tornaronospontaneamente nello stato interiore sensuale e insano, poiché lo amavano più dell'altro:in esso si trovava il piacere dell'amore della loro vita. Chi può credere che l'uomomalvagio sotto la superficie sia tale, e che subisca una simile metamorfosi quando entradentro se stesso? Da questa sola esperienza si può comprendere qual’è la propriaintelligenza, quando l'uomo pensa e agisce in virtù del male della sua volontà. Agliuomini buoni accade diversamente: questi, quando dallo stato esterno vengono messinello stato interno, divengono ancora più savi e più morali.
(b) Se la propria intelligenza vede allora la verità, essa o si rivolta o la falsifica. L'uomo ha unapropria volontà e un proprio intelletto. La volontà propria è il male, e l’intelletto proprio èla falsità del male. Il primo è la «volontà dell'uomo», e il secondo è la «volontà della carne»(Giovanni 1:13). Il proprio della volontà è nella sua essenza l'amore di sé, e il propriodell’intelletto è l’orgoglio che deriva da questo amore. Questi due sono come due coniugi,e il loro connubio si chiama connubio del male e della falsità. Ogni spirito cattivo si collocain questo connubio, prima di essere mandato all'inferno; e quando è in questo stato non sa
che cosa sia il bene, poiché egli chiama bene il suo male, e lo sente come un piacere. Alloravolge il suo sguardo lontano dalla verità e non la vuol vedere, perché vede la falsità checoncorda col suo male come l'occhio vede un oggetto bello, e la ode come l'orecchio ode unsuono armonioso.
[4] (c) La Divina Provvidenza fa continuamente sì che l'uomo veda la verità, e gli dà anche ildesiderio di percepirla e di riceverla. Questo avviene perché la Divina Provvidenza agiscedall'interno ed influisce da esso nell’esterno, dal livello spirituale nelle cose che fannoparte dell’uomo naturale. Con la luce del cielo essa illumina l'intelletto, e col calore delcielo vivifica la volontà; la luce del cielo nella sua essenza è la Divina sapienza, e il caloredel cielo nella sua essenza è il Divino amore. Dalla Divina sapienza non può fluire altroche la verità, e dal Divino amore non può fluire altro che il bene; e in virtù del bene ilSignore infonde nell'intelletto il desiderio di vedere la verità, ed altresì di percepirla ericeverla. Così l'uomo diviene uomo, non solamente per quanto riguarda l’aspettoesteriore, ma anche per quanto riguarda quello interiore. Chi è che non vuole apparirecome uomo razionale e spirituale? E chi è che non sa che l'uomo vuole apparire tale,affinché gli altri credano che egli è veramente un uomo? Se dunque egli è solamenterazionale e spirituale nella forma esterna, e non in pari tempo nella forma interna, è forseegli un uomo? È forse diverso da un attore sulla scena, o da una scimmia, la cui faccia èquasi simile a quella dell'uomo? Ciò non dimostra forse che siamo umani solo quandosiamo interiormente umani così come appare agli altri? Chi riconosce un tipo di umanità,riconoscerà l’altra. La propria intelligenza può solamente far apparire all’esterno la formaumana, ma la Divina Provvidenza la introduce interiormente, e attraverso questaesteriormente; e quando questa forma è stata introdotta, l'uomo non solamente appareuomo, ma è davvero tale.
[5] (d) In questo modo l'uomo si distoglie dal male, non da se stesso, ma grazie al Signore. Ilmotivo per cui l’uomo può essere distolto dal male quando la Divina Provvidenza gliconcede di vedere la verità, e nello stesso tempo di provare desiderio nei suoi confronti, èperché la verità mostra e indica le cose. Quando la volontà umana compie ciò che èmostrato e indicato, essa si congiunge con la verità e la trasforma in bene, poiché la veritàdiviene parte dell'amore dell'uomo; e ciò che riguarda l'amore è il bene. Ogni riforma sicompie tramite la verità, e non senza di essa, poiché senza la verità la volontà ècontinuamente nel suo male; e se si rivolge all'intelletto essa non viene istruita, ma il maleviene confermato dalla falsità.
[6] Riguardo all'intelligenza, essa appare sia nell'uomo buono, sia nel malvagio comepropria; ed entrambi vengono mantenuti nello stato di agire in virtù della propriaintelligenza, come se appartenesse a loro stessi. Ma colui che crede alla DivinaProvvidenza si ritrae dal male, mentre colui che non vi crede non se ne ritrae. Colui vicrede, riconosce che il male è un peccato e vuole esserne distolto, e colui che non vi crede,
non riconosce che il male è un peccato nè vuole esserne distolto. La differenza fra questedue intelligenze è come quella che passa fra una cosa che si crede esistere in sé, e una cosache si crede non esistere in sé, ma che tuttavia sembra esistere. Essa è anche come ladifferenza fra una superficie esterna senza una sostanza interna conforme ad essa, ed unasuperficie esterna con una sua conforme sostanza interna. È come la differenza fra idiscorsi e i gesti dei mimi e dei commedianti che recitano le partì di re, principi e generali,ed i veri re, principi e generali: questi lo sono interiormente e in pari tempo esteriormente,ma quelli non lo sono che esteriormente; e quando l'esteriorità è messa da parte, essitornano ad essere commedianti, attori e giocolieri.
299. IV. Il Signore governa l' inferno tramite gli opposti; e governa all'inferno i malvagi che sononel mondo, in quanto alla loro natura interiore, ma non in quanto alla loro natura esteriore.
Colui che non sa cos’è il cielo e cos’è l'inferno non può affatto sapere cos’è la mentedell'uomo. La mente dell'uomo è il suo spirito che vive dopo la morte; e ciò perché lamente o lo spirito dell'uomo ha la forma del cielo o dell'inferno: non differisce in nulla,tranne il fatto che il cielo o l'inferno è grandissimo, mentre la mente è piccolissima, o che ilprimo è il modello, mentre il secondo è l’impronta. Perciò l'uomo, quanto alla mente o allospirito, è il cielo o l'inferno in miniatura: colui che è condotto dal Signore è il cielo, macolui che è condotto dal suo proprium è l'inferno. Ora, poiché mi è stato concesso di saperecos’è il cielo e cos’è l'inferno, ed è importante conoscere cos’è l'uomo quanto alla suamente o al suo spirito, desidero perciò brevemente descrivere l'uno e l'altro.
300. Tutti coloro che sono nel cielo non sono che affezioni del bene e quindi pensieridella verità, e tutti coloro che sono all'inferno non sono che concupiscenze del male, equindi illusioni della falsità. Entrambe sono ordinate in modo tale che le concupiscenzedel male e le illusioni della falsità nell'inferno sono assolutamente opposte alle affezionidel bene e ai pensieri della verità nel cielo. Perciò l'inferno è sotto il cielo, ediametralmente opposto ad esso; e così diametralmente opposto come lo sono due uominiche giacciono in direzioni opposte l’uno rispetto all’altro, o eretti, le piante dei piedi delprimo congiunte alle piante dei piedi dell’altro, l’uno dritto e l’altro capovolto, a testa ingiù. Talvolta anche l'inferno appare in un modo simile rispetto al cielo. Ciò deriva dal fattoche per coloro che sono all'inferno le concupiscenze del male sono la testa, e le affezionidel bene sono i piedi; e per quelli che sono nel cielo le affezioni del bene sono la testa, e leconcupiscenze del male sono le piante dei piedi. Quindi l’opposizione è reciproca. Si èdetto che nel cielo vi sono le affezioni del bene, e quindi i pensieri della verità, e chenell'inferno vi sono le concupiscenze del male, e quindi le illusioni della falsità; con ciò siintende che gli spiriti e gli angeli sono tali, poiché ognuno è la sua affezione o la suaconcupiscenza. L'angelo del cielo è la sua affezione, e lo spirito dell'inferno la suaconcupiscenza.
301. Se gli angeli del cielo sono affezioni del bene e quindi pensieri della verità, è perchéessi sono ricettivi del Divino amore e della Divina sapienza procedenti dal Signore, eperché tutte le affezioni del bene provengono dal Divino amore, e tutti i pensieri dellaverità provengono dalla Divina sapienza; e se gli spiriti dell'inferno sono concupiscenzedel male, e quindi illusioni della falsità, è perché essi sono nell'amore di sé e nella propriaintelligenza, e tutte le illusioni della falsità derivano dalla propria intelligenza.
302. L'ordine delle affezioni nel cielo e delle concupiscenze nell'inferno è mirabile, e notosolo al Signore. Le affezioni e le concupiscenze sono da entrambe le parti distinte in generee in specie, e coordinate in modo da agire come un’unità. Poiché sono distinte in genere ein specie, esse sono distinte in società più grandi e più piccole; e dato che sono coordinatein modo da agire come un’unità, esse sono coordinate come tutte le cose che esistononell’uomo. Quindi il cielo ha la forma di un bell'uomo, la cui anima è il Divino amore e laDivina sapienza, ovvero il Signore; e l'inferno ha la forma di un uomo mostruoso, la cuianima è l'amore di sé e la propria intelligenza, ovvero il diavolo. Infatti non vi è alcundiavolo, unico signore dell'inferno: è l'amore di sé che si chiama diavolo.
303. Ma affinché si comprenda meglio cos’è il cielo e cos’è l'inferno, alle “affezioni delbene” si sostituiscano i “piaceri del bene, e alle “concupiscenze del male” i “piaceri delmale”, poiché non c'è affezione né concupiscenza senza piaceri. Infatti sono i piaceri checostituiscono la vita di ciascuno di noi. Questi piaceri sono differenziati e uniti, come sonodifferenziate e unite le affezioni del bene e le concupiscenze del male (si veda n. 302). Ilpiacere della sua affezione riempie e circonda ogni angelo del cielo, così come un piacerecomune riempie e circonda ogni società del cielo, e un piacere collettivo e totale riempie ecirconda tutto quanto il cielo; similmente il piacere della sua concupiscenza riempie ecirconda ogni spirito dell'inferno, e un piacere comune riempie e circonda ogni societàdell'inferno, e un piacere collettivo e totale riempie e circonda tutto l'inferno. Poiché leaffezioni del cielo e le concupiscenze dell'inferno sono, come già si è detto (n. 300)diametralmente opposte le une alle altre, è evidente che il piacere del cielo è per l'infernoun tale dispiacere, che gli abitanti dell’inferno non lo possono sopportare; viceversa, ilpiacere dell'inferno è per il cielo un tale dispiacere che gli angeli non lo possonosopportare. Da qui deriva l’ostilità, l’avversione e la separazione.
304. Poiché quei piaceri costituiscono la vita di ciascuno in particolare, e di tutti ingenerale, non vengono avvertiti da coloro che sono in essi. Tuttavia gli opposti si sentonoquando si avvicinano, principalmente quando si trasformano in odori, poiché ogni piacerecorrisponde a un odore, e nel mondo spirituale può essere trasformato in odore. Allora il
piacere comune si sente nel cielo come l'odore di un giardino, che varia secondo leemanazioni fragranti dei fiori e dei frutti; e il piacere comune nell'inferno si avverte comeun odore di acqua stagnante, in cui sono state gettate immondizie di ogni genere, che variasecondo i fetori che esalano dalle materie putrescenti e decomposte. Mi è stato concesso di
sapere come si sente il piacere di ciascuna affezione del bene nel cielo, e il piacere diciascuna concupiscenza del male nell'inferno; ma sarebbe troppo lungo esporlo in questasede.
305. Ho udito molti nuovi venuti dal mondo lamentarsi di non aver saputo che la sortedella loro vita sarebbe dipesa dalle affezioni del loro amore. Dicevano che nel mondo nonavevano pensato a queste affezioni, e tanto meno ai piaceri di esse, perché avevano amatociò che era per loro un piacere; e che avevano creduto soltanto che la sorte di ognunosarebbe dipesa dai pensieri provenienti dall'intelletto, soprattutto dai pensieri relativi alladevozione e alla fede. Ma fu loro risposto che, se l'avessero voluto, essi avrebbero potutosapere che il male della vita è sgradito al cielo e a Dio, e gradito all'inferno e al diavolo; eviceversa, che il bene della vita è gradito al cielo e a Dio, ed è sgradito all'inferno e aldiavolo. Quindi il male puzza, mentre il bene ha un buon profumo. Poiché essi avrebberopotuto sapere ciò, se l'avessero voluto, perché non fuggirono i mali come infernali ediabolici, e perché li favorirono per il solo motivo che erano piacevoli? Adesso, poichésapevano che i piaceri del male hanno un odore così cattivo, essi potevano anche sapereche coloro che emanano un tale odore non possono accedere al cielo. Dopo questa rispostaessi si recarono presso coloro che erano in piaceri simili, perché là e non altrove potevanorespirare.
306. Dall'idea che si è data del cielo e dell'inferno si può vedere qual’è la mentedell'uomo, poiché, come si è detto (nn. 296 e 299), la mente o lo spirito dell'uomo è il cieloo l'inferno in miniatura. I suoi contenuti interiori sono mere affezioni, e quindi pensieri,distinti in generi ed in specie, come in società più grandi e più piccole, e congiunti comeuna cosa sola. Il Signore li governa come governa il cielo o l'inferno. Che l'uomo è il cielo ol'inferno in miniatura, si vede in Cielo e inferno (pubblicato a Londra nel 1758 (dal n. 51 al n.87).
307. Ora torniamo a questa definizione: il Signore governa l'inferno tramite gli opposti, ei malvagi che sono nel mondo egli li governa all'inferno nella loro natura interiore, e nonin quella esteriore. Il Signore governa l'inferno tramite gli opposti: si è già mostrato (n. 288)che gli angeli del cielo sono nell'amore e nella sapienza, o nell'affezione del bene, e quindinel pensiero della verità, non da loro stessi ma dal Signore; che il bene e la verità fluisconodal cielo nell'inferno, e che all’inferno il bene si trasforma in male, e la verità in falsità, peril motivo che negli abitanti dell’inferno la mente interiormente è rivolta in senso contrario.Poiché tutte le cose dell'inferno sono opposte a tutte quelle del cielo, ne consegue che ilSignore governa l'inferno tramite gli opposti.
[2] I malvagi che sono nel mondo egli li governa all'inferno. Ciò avviene perché l'uomo,quanto al suo spirito, è nel mondo spirituale, e là in qualche società; in una societàinfernale se è malvagio, e in una società celeste se è buono. La mente dell'uomo, che in sé èspirituale, non può essere altrove che fra gli spirituali, fra i quali egli viene dopo la morte,
come si è già detto e mostrato. Ma l'uomo non è là come uno spirito che è stato assegnatoad una società, poiché l'uomo è continuamente nello stato di riforma. Perciò, secondo lasua vita e come essa muta, viene trasferito dal Signore da una società dell'inferno inun'altra, se egli è malvagio; ma se si lascia riformare, viene ritirato dall'inferno e condottonel cielo, e anche qui viene trasferito da una società all’altra, e ciò fino alla morte, dopo laquale non viene più trasferito di società in società, perché allora egli non è più in uno statodi riforma, ma resta in quello in cui si trova la sua vita. Quando l'uomo muore, vieneassegnato al suo luogo.
[3] Il Signore governa così i malvagi nel mondo nella loro natura interiore, e non inquella esteriore. Come si è descritto, il Signore governa i livelli interiori della mentedell'uomo; ma egli ne governa i livelli esteriori nel mondo degli spiriti, che si trova fra ilcielo e l'inferno. Ciò avviene perché l'uomo, nella maggior parte dei casi, è diverso nellasua natura esteriore da quello che è nella sua natura interiore. Nella sua natura esterioreegli può imitare l’angelo di luce, mentre nella sua natura interiore è uno spirito delletenebre: perciò la sua natura esteriore viene governata diversamente da quella interiore.L’esteriore viene governata nel mondo degli spiriti, mentre l'interiore viene governata nelcielo o nell'inferno, finché l’uomo è nel mondo: perciò, quando muore, egli va prima nelmondo degli spiriti, dove è conscio nella sua natura esteriore. Egli si libera di questaesteriorità in quel mondo; e, dopo essersene liberato, viene portato nel luogo a cui èassegnato. Sul mondo degli spiriti, e sulla sua natura, si veda in Cielo e inferno, edito inLondra nel 1758 (dal n. 421 al n. 535).
XVI
La Divina Provvidenza non attribuisce a nessuno alcun male, né alcunbene. È la nostra prudenza che ci attribuisce l’uno e l’altro
308. Quasi tutti credono che l'uomo pensi e voglia, e quindi parli e agisca da se stesso.Nessuno può credere altrimenti, poiché l'apparenza che sia così è tanto forte, che non vi èdifferenza fra essa e pensare, volere, parlare e agire realmente da se stessi: il che tuttavianon è possibile. In Divino amore e Divina sapienza è stato mostrato che c'è una vita unica, eche gli uomini la ricevono in sé. Inoltre, la volontà dell'uomo è il ricettacolo dell'amore, el'intelletto dell'uomo è il ricettacolo della sapienza; amore e sapienza costituiscono questaunica vita. È stato anche mostrato che dalla creazione, e da allora per l’azione continuadella Divina Provvidenza, questa vita appare nell'uomo come se appartenesse a se stesso,e di conseguenza come se fosse sua propria; e nondimeno, ciò è un'apparenza, allo scopoche l'uomo possa essere un ricettacolo. Si è pure mostrato più sopra (dal n. 288 al n. 294)che nessun uomo pensa da sé, ma che pensa in virtù di altri, e che neppure questi altripensano da se stessi, ma tutti pensano in virtù del Signore, i malvagi come i buoni. Si èanche mostrato che ciò è noto nel mondo cristiano, soprattutto da parte di coloro che nonsolamente dicono, ma credono anche che ogni bene ed ogni verità provengono dalSignore, come pure ogni sapienza, e di conseguenza la fede e la carità. Parimenti, ognimale e ogni falsità provengono dal diavolo o dall'inferno.
[2] La sola conclusione che si può trarre da tutto ciò è che quello che l'uomo pensa evuole fluisce in lui; e poiché ogni parola deriva dal pensiero, come l'effetto dalla sua causa,e così ogni azione dalla volontà, anche tutto ciò che l’uomo dice e fa fluisce, sebbenesecondariamente e indirettamente. Non si può negare che tutto ciò che l'uomo vede, ode,odora, gusta e sente fluisca; perché non fluirebbe dunque ciò che l'uomo pensa e vuole?L’unica differenza è che negli organi dei sensi esterni o del corpo fluiscono cose che sitrovano nel mondo naturale, e che nelle sostanze organiche dei sensi interni o della mentefluiscono cose che esistono nel mondo spirituale. Di conseguenza, come gli organi deisensi esterni o del corpo sono i ricettacoli degli oggetti naturali, così le sostanze organichedei sensi interni o della mente sono i ricettacoli degli oggetti spirituali. Poiché tale è lacondizione dell'uomo, cos’è allora il suo proprium? Il suo proprium non è in realtà unaspecie o un’altra di ricettacolo, perché questo proprium non è altro che la qualità della suastessa ricettività. Non è qualche aspetto della vita che appartiene realmente all’uomo. Perproprium tutti intendono un essere che vive da se stesso, e quindi pensa e vuole da sestesso; ma da ciò che si è detto consegue che un tale proprium non esiste nell’uomo, e nonpuò esistere.
309. Ma vorrei riferire ciò che ho udito da alcuni nel mondo spirituale. Essi erano delnumero di coloro che avevano creduto che la propria prudenza fosse tutto, e la DivinaProvvidenza nulla. Dissi loro che l'uomo non ha alcun proprium, a meno che non si vogliadefinire il proprium dell'uomo come ciò che permette che egli sia un soggetto o un altro, unorgano o un altro, una forma o un’altra; ma non è questo ciò che s'intende per proprium,poiché esso è solamente un attributo. Nessun uomo ha un proprium, nel senso in cui vienecomunemente inteso. Dunque essi, che avevano attribuito ogni cosa alla propria prudenza(potremmo anche definirli eccessivamente rivestiti della loro immagine), mostrarono tantofurore che una fiamma sembrava uscire dalle loro narici. Essi mi dissero: «Tu ami iparadossi e le follie! Se fosse come dici tu, l'uomo sarebbe un nulla e un vuoto, o una puraidea o una fantasia; ovvero sarebbe un'immagine scolpita o una statua.»
[2] Potei rispondere solo che è un paradosso e una follia credere che l'uomo abbia vita insé, e che la sapienza e la prudenza non fluiscano da Dio, ma che appartengano all'uomo,così come il bene che appartiene alla carità, e la verità che appartiene alla fede. Qualsiasiuomo savio afferma che attribuire a se stessi queste cose si chiama follia, e conduce a unparadosso. Inoltre, essi erano come coloro che abitano nella casa e nella proprietà di unaltro, e mentre vivono lì si persuadono che appartenga a loro; o come economi e fattori,che credono che le proprietà del loro padrone siano le loro; ovvero come i servitori a cui ilSignore diede delle somme maggiori o minori da far fruttare, ma le dichiararono proprie, edi conseguenza agirono da ladri (Matteo 25:14–30; Luca 19:12–27).
[3] Tali persone si possono definire dissennate, uomini vuoti e nullità. Potremmo anchedefinirli come idealisti, perché non hanno presso di sé, dal Signore il bene che è l'esserestesso della vita, né di conseguenza la verità: quindi uomini del genere si possono definiremorti, ed anche uomini da nulla e vuoti (Isaia, 40:17, 23, e altrove). Essi sono creatori diimmagini scolpite, idoli e statue. Ma questo argomento deve essere trattato piùampiamente nei seguenti paragrafi, in quest'ordine:
I. Che cos’è la nostra propria prudenza, e che cos’è la prudenza che non è nostra.
II. L' uomo, in virtù della propria prudenza, si persuade e si convince che ogni bene edogni verità provengono da lui e sono in lui, e che lo stesso vale per ogni male ed ognifalsità.
III. Tutto ciò di cui l'uomo si è persuaso, e di cui si è convinto, rimane in lui come unaparte di se stesso.
IV. Se l'uomo credesse, come è vero, che ogni bene ed ogni verità vengono dal Signore, edogni male ed ogni falsità vengono dall'inferno, egli non riterrebbe il bene come proprio, enon lo considererebbe un suo merito; e neppure riterrebbe il male come proprio, e non loconsidererebbe una sua colpa.
310. I. Che cos’è la nostra propria prudenza, e che cos’è la prudenza che non è nostra.
Nella propria prudenza credono coloro che confermano in sé le apparenze e leconsiderano come verità, soprattutto l’apparenza che la propria prudenza sia tutto, e laDivina Provvidenza non sia altro se non un principio generale, che tuttavia non puòesistere senza elementi specifici che lo compongono, come si è detto più sopra (n. 201). Essialtresì s’illudono, poiché ogni apparenza che viene presa per verità diviene un'illusione; equanto più si convincono in virtù di tali illusioni, tanto più divengono materialisti, e noncredono altro che ciò che possono percepire con qualche senso del corpo, soprattutto colsenso della vista, perché questo, in special modo, interagisce col pensiero. Essi infinedivengono sensisti; e se giungono ad affermare la natura ed a negare Dio, i livelli interioridella loro mente si chiudono, ed essi vi interpongono come un velo. Poi pensano sottoquesto velo, e non pensano nulla di ciò che è al di sopra. Questi uomini sensuali furonochiamati dagli antichi serpenti dell'albero della scienza; si dice di essi, nel mondo spirituale,che nella misura in cui si persuadono essi chiudono l’interiorità della loro mente, fino alnaso. Il naso significa infatti la percezione della verità, e in questo caso significa che non viè più alcuna percezione. Ora è necessario descrivere queste persone.
[2] Essi sono più di tutti gli altri furbi e astuti; sono ragionatori sottili, e la furberia el'astuzia essi le chiamano intelligenza e saggezza, né le considerano altrimenti.Considerano sciocchi e stupidi quelli che non sono come loro, soprattutto coloro cheadorano Dio e quelli che credono nella Divina Provvidenza. Quanto ai principi interioridella loro mente, di cui sanno ben poco, sono come quelli che si definiscono“machiavellici”, i quali considerano gli omicidi, gli adulteri, i furti e le false testimonianzecome cose da nulla; e se argomentano contro di esse, è solamente per prudenza, al fine dinon rivelare la loro vera natura.
[3] Della vita dell'uomo nel mondo pensano che sia simile alla vita degli animali; e dellavita dell'uomo dopo la morte, che essa sia come un vapore vitale che si alza dal cadavere odal sepolcro, poi vi ricade e si dissolve. Da questa follia proviene l'idea che gli spiriti e gliangeli siano vapori aerei. Coloro che sono spinti a credere alla vita eterna pensano che lostesso accada alle anime degli uomini, cioè che esse non vedano, né odano, né parlino, e diconseguenza siano cieche, sorde e mute, e che esse si limitino a pensare nella loro piccolasfera d’aria. Essi dicono: «Come può l'anima essere altro? I sensi esterni non muoionoforse insieme al corpo? E come possono essi tornare all’uomo, prima che l'anima siariunita al corpo?» E poiché hanno potuto comprendere lo stato dell'anima dopo la mortesolo in modo sensuale, e non spirituale, senza questa credenza di tipo sensuale in lorosarebbe svanita del tutto la fede nella vita eterna. Essi affermano soprattutto l'amore di sé,chiamandolo fiamma vitale e stimolo alle varie attività utili nella società. Poiché sono tali,essi sono anche idoli di se stessi; e i loro pensieri, illusioni derivanti da illusioni, sono falseimmagini. Poiché favoriscono i piaceri delle concupiscenze, essi sono satani e diavoli: sichiamano satani coloro che affermano in sé le concupiscenze del male, e diavoli coloro chevivono secondo queste concupiscenze.
[4] Mi è stato anche concesso di conoscere quali siano gli uomini sensuali più astuti. Illoro inferno è dietro, nel profondo, e vogliono essere invisibili; perciò appaiono volanticome larve, che sono le loro fantasie, e si chiamano “geni”. Un giorno ne furono mandatialcuni dal loro inferno, affinché io comprendessi la loro natura. Si attaccarono subito allamia nuca, proprio sotto la base del cranio, e penetrarono nelle mie affezioni, non volendoentrare nei miei pensieri, che evitavano abilmente. Essi mutarono le mie affezioni, unadopo l'altra, allo scopo di trasformarle impercettibilmente in affezioni opposte, cioè nelleconcupiscenze del male. Poiché non toccavano affatto i miei pensieri, essi avrebbero, a miainsaputa, distorto ed invertito le mie affezioni, se il Signore non l'avesse impedito.
[5] Così divengono coloro che non credono che nel mondo vi sia alcuna DivinaProvvidenza, e che osservano gli altri solo per notare le loro cupidità e i loro desideri; ecosì li dirigono, fino ad ottenere il dominio sopra di essi. Poiché fanno ciò in modo cosìsegreto ed astuto che gli altri non se ne accorgono, e dopo la morte essi mantengono lastessa natura che avevano in vita, non appena arrivano nel mondo spirituale essi vengonogettati in quell'inferno. Visti alla luce del cielo essi appaiono privi di naso. Quel che è piùsorprendente è che, sebbene siano tanto perspicaci, tuttavia essi sono più sensuali deglialtri. Poiché gli antichi chiamavano serpente l'uomo sensuale, ed un uomo simile è piùfurbo, astuto e sottile ragionatore degli altri, si dice che «il serpente era il più astuto fratutti gli altri animali dei campi» (Gen. 3:1), e il Signore dice: «Siate astuti come serpenti, esemplici come colombe» (Matteo 10:16); e il drago, che si chiama anche serpente antico,diavolo e satana, viene descritto con «sette teste e dieci corna, e sopra le sue teste settediademi » (Ap. 12:3, 9). Le sette teste significano l'astuzia; le dieci corna, il potere diconvincere per mezzo di illusioni; e i sette diademi, i valori della Parola e della chiesaprofanati.
311. Dalla descrizione della propria prudenza e di coloro che vi credono si può vederequal’è la natura della prudenza che non ci appartiene, e di coloro che sono in essa; cioè chela prudenza che non ci appartiene è la prudenza di coloro che affermano in sé chel'intelligenza o la sapienza non provengono dall'uomo. Essi dicono: «Com’è possibile chequalcuno sia savio da se stesso? E com’è possibile che qualcuno sia capace di fare il beneda se stesso?» Dicendo ciò, essi vedono in loro stessi che è così; poiché essi pensano ecredono che gli altri siano dello stesso avviso, soprattutto gli eruditi, perché nonconcepiscono che qualcuno possa pensare così grossolanamente.
[2] Poiché non sono soggetti alle illusioni e non indulgono sulle apparenze, essi sanno epercepiscono che gli omicidi, gli adulteri, i furti e le false testimonianze sono peccati, eperciò li fuggono. Sanno anche che la malizia non è sapienza, e che l'astuzia non èintelligenza. Quando odono dei ragionamenti ingegnosi fondati sulle illusioni, se nemeravigliano e ridono fra sé. In loro non c'è velo, infatti, fra i processi interiori e quelliesteriori, ovvero fra i livelli spirituali e quelli naturali della mente, a differenza di quanto
avviene negli uomini centrati su se stessi. Per questo motivo essi ricevono dal cielol'influsso in virtù del quale vedono interiormente tali cose.
[3] Essi parlano con maggiore semplicità e sincerità degli altri, e pensano che la sapienzasi trovi nella vita e non nei discorsi; sono relativamente come agnelli e pecore, mentrequelli che confidano nella propria prudenza sono come lupi e volpi. Sono come quelli cheabitano una casa e attraverso la finestra vedono il cielo, mentre coloro che confidano nellapropria prudenza sono come coloro che abitano nelle cantine, e vedono attraverso le lorofinestre solo ciò che si trova sotto terra. Essi sono anche come coloro che stanno sopra unmonte, e vedono quelli che confidano nella propria prudenza come uomini erranti pervalli e foreste.
[4] Da queste spiegazioni si può vedere che la prudenza che non è propria, e che vienedal Signore, esteriormente è simile alla propria prudenza, ma interiormente del tuttodiversa. Interiormente la prudenza che non è propria appare nel mondo spirituale comeun uomo; mentre la propria prudenza appare come una statua, che sembra viva solo per ilfatto che coloro che sono in questa prudenza hanno nondimeno la razionalità e la libertà, ola facoltà di comprendere e di volere, e quindi di parlare e di agire. Grazie a queste facoltàessi possono fingere di essere uomini. Se sono statue è perché i mali e le falsità non hannovita, ma sono viventi soltanto i beni e le verità; e poiché essi sanno ciò in virtù della lororazionalità (se non lo sapessero non simulerebbero i beni e le verità) mostrano una certavitalità umana nel loro simulacro.
[5] Chi non è capace di comprendere che l'uomo è così com'è interiormente; e che, diconseguenza, è uomo interiormente colui che vuole apparire tale esteriormente; e che coluiche è uomo solo esteriormente, e non interiormente, è una statua? Si pensi secondo Dio, lareligione, la giustizia e la sincerità, e ci si esprima negli stessi termini: questo rendel’uomo; allora la Divina Provvidenza sarà la propria prudenza, e si vedrà negli altri che lapropria prudenza è una follia.
312. II. L' uomo, in virtù della propria prudenza, si persuade e si convince che ogni bene ed ogniverità provengono da lui e sono in lui, e che lo stesso vale per ogni male ed ogni falsità.L'argomentazione si svolgerà per analogia fra il bene e il vero naturali, e il bene e il verospirituali. Chiediamoci anzitutto cosa sono il bene e la verità alla nostra vista. Forse che laverità non è ciò che si definisce bello, e il bene ciò che si definisce piacere? Infatti si provapiacere alla vista di oggetti belli. Ci si può chiedere che cosa sono la verità e il benenell'udito. La verità non è forse ciò che si definisce armonico, e il bene ciò che si chiamadolce all’udito? Infatti si prova piacere nell'udire suoni armoniosi; ciò vale anche per glialtri sensi. Si vede dunque chiaramente ciò che sono il bene e la verità naturali. Si pensi oraal bene e alla verità spirituali. La verità spirituale non è forse la bellezza e l’armonia deglieventi e degli oggetti spirituali? E il bene spirituale non è forse il piacere e la gioiaderivanti dalla percezione della loro bellezza e della loro armonia?
[2] Vediamo ora se si può dire dell'uno diversamente di ciò che si dice dell'altro, ovverodi ciò che è spirituale rispetto a ciò che è naturale. Riguardo a ciò che è naturale si dice chela bellezza e il piacere nell'occhio fluiscono dagli oggetti della visione, e che l'armonia e lagioia nell'orecchio fluiscono dai mezzi. È forse altrimenti per le sostanze organiche dellamente? Si dice di esse che quelle cose (cioè il bello, il piacere, l’armonico e il diletto) sonoin esse. E si dice dell’occhio e dell’orecchio che queste stesse cose fluiscono in questi sensi.Ma se ci si chiede: “Perché si dice che queste cose fluiscono?”, si può rispondere solo chesembra che ci sia una distanza fra l'organo di senso e l'oggetto. E se ci si chiede: “Perché lesostanze organiche della mente sono in esse?”, si può solo rispondere che non vi è alcunadistanza percettibile. Di conseguenza è l'apparenza della distanza che ci spinge a crederein un modo rispetto a ciò che si pensa e si percepisce, e in un altro modo rispetto a ciò chesi vede e si ode. Ma tutto ciò viene meno, quando si pensa che ciò che è spirituale non èriducibile in termini di spazio e di distanza, come lo è ciò che è naturale. Si pensi al sole ealla luna, o a Roma e a Costantinopoli: c’è forse qualche distanza fra loro nel pensiero?Non ve n’è alcuna, purché il pensiero non si leghi all'esperienza acquisita tramite la vista ol'udito. Perché dunque persuadersi che il bene e la verità, così come il male e la falsità,sono in noi, piuttosto che fluire in noi, semplicemente perché non vi è alcuna distanzapercettibile nel proprio pensiero?
[3] A queste spiegazioni aggiungerò un'esperienza, che nel mondo spirituale è comune.Uno spirito può infondere i suoi pensieri e le sue affezioni in un altro spirito, il quale nonsi accorge che i pensieri e le affezioni non sorgono in lui spontaneamente. Nel mondospirituale ciò si chiama pensare in un altro e pensare da un altro. Ho visto questa accaderemigliaia di volte, e io stesso l'ho sperimentato centinaia di volte, nonostante chel'apparenza della distanza fosse notevole. Ma non appena gli spiriti si accorgevano che eraun altro che infondeva quei pensieri e quelle affezioni, ne erano indignati e si ribellavano,riconoscendo tuttavia che la distanza non era percettibile alla loro vista interiore ovvero alloro pensiero, a meno che essa non fosse rivelata – per così dire – alla loro vista o al loroocchio interno. Ciò permetteva di riconoscere che tutto ciò fluiva in loro.
[4] A questa aggiungerò una mia esperienza quotidiana. Gli spiriti cattivi spesso hannoiniettato nel mio pensiero mali e falsità, che sembravano essere in me e provenire da me,come se fossi stato io stesso a pensarli. Ma poiché sapevo che erano mali e falsità, cercaichi fossero coloro che li avevano iniettati, finché furono scoperti e scacciati; ed essi eranoad una considerevole distanza da me. Si può dunque comprendere che ogni male, con lasua falsità, fluisce dall'inferno, e che ogni bene con la sua verità fluisce dal Signore; e chel'uno e l'altro sembrano essere dentro di noi.
313. La Parola descrive coloro che si affidano alla propria prudenza, e coloro che credononella prudenza non propria, e quindi nella Divina Provvidenza, con l’immagine di Adamoed Eva, sua consorte, nel giardino dell’Eden, dov’erano due alberi, uno della vita e l'altro
della conoscenza del bene e del male: del frutto di quest'ultimo essi si nutrirono. Con lefigure di Adamo ed Eva, sua consorte, nel senso interno o spirituale si intende e si descrivel’antichissima chiesa del Signore su questa terra: chiesa che fu nobile e celeste più di quelleche seguirono (si veda più sopra, n. 241). Gli altri elementi del racconto hanno i seguentisignificati.
[2] Il giardino dell'Eden significa la sapienza degli uomini di quella chiesa; l'albero dellavita, la Divina Provvidenza del Signore; l'albero della conoscenza, l'uomo con la propriaprudenza; il serpente, la natura sensuale e il proprium dell'uomo, che in se stesso è l'amoredi sé e l’orgoglio della propria intelligenza, ovvero il diavolo e satana. Nutrirsi del fruttodell'albero della conoscenza significa l'appropriazione del bene e della verità come seprovenissero dall'uomo e non dal Signore, quindi come se appartenessero all'uomo e nonal Signore. Ora, poiché il bene e la verità sono gli elementi del Divino nell’uomo, perchécon il bene s'intende tutto ciò che riguarda l'amore, e con la verità tutto ciò che riguarda lasapienza, se l'uomo se li rivendica come suoi, egli può solo credere di essere come Dio.Perciò disse il serpente:
II giorno che voi ne mangerete, i vostri occhi si apriranno, e voi sarete come Dio, conoscendo ilbene e il male (Gen. 3:5)
Così fanno coloro che sono all'inferno per l'amore di sé e per l’orgoglio della propriaintelligenza.
[3] La condanna del serpente significa la condanna dell’amore di sé, e della propriaintelligenza; la condanna di Eva significa la condanna della volontà propria, e la condanna diAdamo quella della proprio intelletto. Le spine e i cardi che la terra produrrà significanosemplicemente la falsità e il male; la cacciata dal giardino significa la privazione dellasapienza; l’angelo che sbarra la via che conduce all'albero della vita indica che il Signore haprovveduto affinché le cose sante della Parola e della chiesa non siano violate. Le foglie difico con cui Adamo ed Eva coprirono le loro nudità significano le verità morali con le qualisono velate le cose che appartengono al loro amore e al loro orgoglio; e le tuniche di pelle,che poi indossarono, significano le apparenze della verità, che erano tutto ciò che essipossedevano. Tale è il significato spirituale di queste cose. Ma chi vuole limitarsi al sensoletterale, si limiti pure ad esso; sappia solamente che nel cielo le cose si intendono così.
314. Si può vedere l’indole di coloro che sono ingannati dalla propria intelligenza, seguardiamo a ciò che immaginano quando è richiesto un giudizio interiore: ad esempio ciòche immaginano relativamente all'influsso, al pensiero e alla vita. Riguardo all'influsso essipensano il contrario di ciò che avviene realmente: ad esempio, che la vista dell'occhioinfluisca sulla vista interiore della mente, cioè l'intelletto, e che l'udito dell'orecchio
influisca sull'udito interiore, che è anch’esso l'intelletto. Essi non comprendono chel'intelletto, in virtù della volontà, influisce sull'occhio e sull'orecchio, e non solamente lirende sensitivi, ma li utilizza anche come suoi strumenti nel mondo naturale. Ma poichéciò non è come appare, essi non lo percepiscono. Se si afferma che il naturale non fluiscenello spirituale, ma che lo spirituale fluisce nel naturale, allora essi pensano sempre: “Checos’è lo spirituale se non una forma più pura del naturale? Quando l'occhio vede qualcheoggetto bello e l'orecchio sente qualche suono armonioso, non è logico che la mente — cheè l'intelletto e la volontà — ne provi piacere?” Essi non sanno che l'occhio non vede da sestesso, che la lingua non gusta da se stessa, che le narici non odorano da se stesse, che lapelle non sente da se stessa, ma è la mente o lo spirito dell'uomo che vi percepisce quellecose tramite i sensi, e ne è influenzato secondo la qualità dei suoi sensi. Nondimeno lamente o lo spirito dell'uomo non le sente da sé, ma in virtù del Signore; e che pensarealtrimenti significa pensare secondo le apparenze, e se esse vengono accettate come vere,l’uomo è preda delle illusioni.
[2] Riguardo al pensiero, essi dicono che è un mutamento effettuato nell'aria, che variasecondo gli oggetti e viene rafforzato dall’abitudine. Ciò significa che le idee del pensierosono immagini che vediamo nell’aria, come fenomeni atmosferici; e che la memoria è lalavagna sulla quale esse sono registrate. Essi non sanno che i pensieri hanno luogo insostanze organizzate in modo complesso, proprio come la vista e l'udito hanno luogo neiloro organi. Che essi si limitino a considerare il cervello, ed essi lo vedranno pieno di talisostanze. Ferisci queste sostanze, e cadrai in delirio; distruggile, e morirai. Sulla natura delpensiero e della memoria, si veda alla fine del n. 279.
[3] Riguardo alla vita, essi sanno solo che è una certa attività della natura che simanifesta in modi diversi, come un corpo vivo si muove organicamente. Se affermano chedi conseguenza la natura è vivente, essi lo negano, ma sostengono che la natura si limita afar vivere le cose. Se si osserva: «Allora la vita non si dissipa quando il corpo muore?»,rispondono che la vita rimane nella particella d'aria che si chiama anima. Se si chiede:«Cos’è allora Dio? Non è forse la vita stessa?», a questa domanda tacciono e non voglionomanifestare ciò che pensano. Se si dice loro: «Non volete voi che il Divino Amore e laDivina Sapienza siano la vita stessa?», essi rispondono: «Cos’è l'amore, e cos’è lasapienza?», poiché nelle loro illusioni essi non vedono ciò che sono l'amore e la sapienza,né ciò che è Dio. Questi ragionamenti sono stati esposti affinché si veda come l'uomo vieneilluso dalla propria prudenza, poiché basa ogni cosa sulle apparenze, e quindi sulleillusioni.
316. Il motivo per cui la nostra prudenza ci convince e ci assicura che ogni bene ed ogniverità provengono dall'uomo e sono nell'uomo, è perché la nostra prudenza è il propriumdell’intelletto dell’uomo che fluisce dall'amore di sé, che è proprium della sua volontà. Ilproprium non può far altro che pretendere che ogni cosa sia sua, perché non può essere
elevato dall’uomo. Tutti coloro che sono condotti dalla Divina Provvidenza vengonoelevati al di sopra del proprium, ed allora essi vedono che ogni verità ed ogni benederivano dal Signore; anzi essi vedono anche che ciò che deriva dal Signore nell'uomoappartiene eternamente al Signore, e non all'uomo. Chi crede diversamente è come coluiche ha in deposito i beni del suo padrone, e li rivendica come suoi o se ne appropria: eglinon è quindi un fattore, ma un ladro; e poiché il proprium dell'uomo non è altro che ilmale, perciò l’uomo immerge questi beni nel suo male, ed essi vengono distrutti comeperle gettate nel letame o nell’acido.
317. III. Tutto ciò di cui l'uomo si è persuaso, e di cui si è convinto, rimane in lui come una partedi se stesso. Molti credono che nessuna verità possa essere vista dall'uomo se non èsupportata da prove, ma ciò è falso. Nelle faccende civili ed economiche di uno stato nonsi può discernere ciò che è utile e buono, se non si conoscono statuti e decreti; nellefaccende giudiziarie, se non si conoscono le leggi; nelle materie riguardanti i processinaturali, come nella fisica, nella chimica, nell'anatomia, nella meccanica ed altre, se non siè istruiti nelle scienze. Ma nelle cose puramente razionali, morali e spirituali le veritàappaiono semplicemente nella loro luce, purché l'uomo, tramite un'educazioneappropriata, divenga razionale, morale e spirituale. Il motivo di ciò è che, quanto al suospirito (ed è lo spirito che pensa) ogni uomo è nel mondo spirituale. In quel mondo siamoin una luce spirituale che illumina interiormente il nostro intelletto e, per così dire, dà unadirezione; poiché la luce spirituale nella sua essenza è la Divina verità della Divinasapienza del Signore. Per suo tramite l'uomo può pensare analiticamente, comprendere ciòche è giusto ed equo nei giudizi, e discernere ciò che è appropriato nella vita morale, ciòche è bene nella vita spirituale, ed anche molte verità che cadono nelle tenebre solo a causadi distorsioni accettate con falsi ragionamenti. L'uomo vede questa verità come riconoscelo stato d’animo di un altro dal suo volto, e ne percepisce le affezioni dal suono della voce,senza bisogno di altra scienza che quella che è insita in ognuno. Considerato il modo in cuisi verifica l’influsso, perché mai non dovremmo essere capaci di vedere, almeno fino ad uncerto punto, i processi più profondi della nostra vita, che sono spirituali e morali, laddovenon vi è un solo animale che non sappia, dal suo influsso, le cose che gli sono necessarie, isuoi bisogni naturali? L'uccello sa quando fare il suo nido, deporvi le uova, far schiudere isuoi pulcini, e conosce il suo alimento adatto; per tacere di altre meraviglie, che sichiamano “istinto.”
318. Ma adesso è necessario dire, nel seguente ordine, come lo stato dell'uomo muta invirtù delle razionalizzazioni, e quindi delle convinzioni da esse prodotte:
1° Non vi è nulla che non si possa razionalizzare; e la falsità si può razionalizzare piùfacilmente della verità.
2° Una volta provata la falsità, la verità non appare; ma una volta provata la verità, lafalsità appare.
3° Poter confermare a forza di razionalizzazioni tutto ciò che si vuole non è intelligenza,ma solo una forma di sottigliezza che può esistere anche presso i più malvagi.
4° Vi è un tipo di giustificazione dall’intelletto e non nello stesso tempo dalla volontà; maogni giustificazione derivante dalla volontà è anche intellettuale.
5° La giustificazione del male derivante dalla volontà e in pari tempo dall’intelletto fa sìche l'uomo creda che la propria prudenza sia tutto, e la Divina Provvidenza nulla; ma nonè così per la sola giustificazione intellettuale.
6° Ogni cosa giustificata dalla volontà ed in pari tempo dall'intelletto rimane eternamente,ma non ciò che è stato giustificato solamente dall'intelletto.
[2] Primo. Non vi è nulla che non si possa razionalizzare; e la falsità si può razionalizzare piùfacilmente della verità. C’è forse qualcosa che non si possa giustificare col ragionamento?Dagli atei viene “provato” che Dio non è il creatore dell'universo, ma che la natura è lacreatrice di se stessa, che la religione è solamente un freno per i semplici e il volgo, chel'uomo è come un animale, e che egli muore nello stesso modo di un animale. Vienegiustificato razionalmente che gli adulteri sono leciti, e così i furti clandestini, le frodi, lemacchinazioni insidiose; che l'astuzia è intelligenza, e la malizia sapienza. Chi è che nongiustifica la sua eresia? Non vi sono forse volumi pieni di prove a favore delle due eresieche regnano nella cristianità? Si formulino dieci eresie, anche astruse, e si dica ad un uomoingegnoso di provarle: egli le proverà tutte. Se poi queste si considerano secondo le loro“prove”, si vedranno le falsità come verità. Poiché ogni falsità risplende nell’uomonaturale in virtù delle superficialità e delle illusioni di quest’ultimo, e la verità risplendesolo nell'uomo spirituale, è evidente che è più facile provare la falsità della verità.
[3] Affinché si sappia che ogni falsità ed ogni male si possono provare a tal punto che lafalsità sembri verità, ed il male sembri bene, poniamo ad esempio che si debba provare chela luce è tenebre, e le tenebre sono luce. Possiamo dire: «Che cos’è la luce in sé? È forsealtro che una certa apparenza nell'occhio, secondo il suo stato ? Che cos’è la luce quandol'occhio è chiuso? I pipistrelli e i gufi non hanno forse occhi capaci di vedere la luce cometenebre, e le tenebre come luce? Ho udito di certi uomini che vedono in un modo simile. Egli abitanti dell’inferno, sebbene siano nelle tenebre, tuttavia si vedono a vicenda. Neisogni non vi è forse una luce, benché sia notte? Quindi le tenebre non sono forse luce, e laluce tenebre?» Ma si può rispondere: «E ciò cosa prova? La luce è la luce come la verità è laverità, e le tenebre sono le tenebre come la falsità è la falsità.»
[4] Ancora un esempio: si deve provare che il corvo è bianco. Possiamo allora dire: «Ilsuo colore nero è solamente un'ombra, che non è il suo vero colore; le sue penne dentrosono bianche, così come il suo corpo. Sono queste le sostanze di cui è composto. Poiché ilsuo colore nero è un'ombra, il corvo talvolta diventa bianco quando invecchia; ho vistocorvi di questo genere. Che cos’è il nero in sé, se non il bianco ? Polverizza del vetro nero,
e vedrai che la polvere è bianca; quando si definisce nero il corvo, si fa riferimentoall'ombra, e non alla realtà.» Ma si può rispondere: «Che cosa prova tutto ciò? In questomodo si può dire che tutti gli uccelli sono bianchi.» Benché questi ragionamenti sianoirrazionali, sono stati esposti affinché si possa vedere che è possibile dimostrare una falsitàdiametralmente opposta ad una verità, e un male diametralmente opposto a un bene.
[5] Secondo. Una volta provata la falsità, la verità non appare; ma una volta provata la verità, lafalsità appare. Ogni falsità è nelle tenebre, ed ogni verità nella luce. Nelle tenebre nonappare alcunché, anzi non si sa ciò che vi si trovi, se non lo tocchiamo. Nella luce èdiverso. Perciò nella Parola le falsità si chiamano tenebre, e quindi di coloro che sono nellefalsità si dice che camminano nelle tenebre e nell'ombra della morte (Salmi 23:4; Is. 9:2;50:10; 59:9; Giovanni 12:35); viceversa, le verità ivi si chiamano luce, e quindi di coloro chesono nelle verità si dice che camminano nella luce (Is. 2:5; Giovanni 11:9; Ap. 21:24), e sichiamano figli della luce (Giovanni 12:36).
[6] Che una volta provata la falsità non appaia la verità, e che una volta provata la veritàappaia la falsità è evidente in seguito a molte considerazioni. Ad esempio, chi potrebbevedere le verità spirituali se la Parola non le insegnasse ? Non vi sarebbe forse una totaleoscurità, che non può essere dissipata se non grazie alla luce in cui è la Parola, e solamentein colui che vuole essere illuminato? Quale eretico può vedere le sue falsità, se nonammette la verità genuina della chiesa? Prima, egli non è capace di vederle. Ho conversatocon coloro che si erano convinti della dottrina della fede separata dalla carità. Chiesi lorose per caso non avessero visto nella Parola i numerosi passi sull'amore e la carità, sulleopere e i fatti, sui comandamenti da osservare, e che è scritto che beato e savio è colui chefa, e stolto colui che non fa. Essi mi risposero che, quando avevano letto quei passi, essinon vi avevano visto altro che la fede, e che così erano passati oltre come se avessero avutogli occhi chiusi.
[7] Coloro che si sono convinti della falsità sono come quelli che vedono sopra un murodelle strisce, e quando sono nell'ombra della sera vedono nella loro fantasia l'insieme diquelle strisce come un cavaliere o un uomo, immagine visionaria che si dissipa al ritornodella luce del giorno. Chi può sentire l'impurità spirituale dell'adulterio, se non colui che ènella purezza spirituale della castità? Chi può percepire la crudeltà della vendetta, se noncolui che è nel bene in virtù dell'amore del prossimo? Qual'è l'adultero, e qual'è l'uomoavido di vendetta che non si faccia beffe di coloro che definiscono infernali i loro piaceri, eche, al contrario, definiscono celesti i piaceri dell'amore coniugale e dell'amore delprossimo? E così via.
[8] Terzo. Poter confermare a forza di razionalizzazioni tutto ciò che si vuole non è intelligenza,ma solo una forma di sottigliezza che può esistere anche presso i più malvagi. Vi sono degliuomini pieni di ingegno, capaci di dimostrare qualsiasi cosa, che non conoscono tuttaviaalcuna verità. Nonostante ciò, essi possono dimostrare sia il vero che il falso. Alcuni di essi
dicono: «Che cos’è la verità? Esiste forse una verità? Non è forse vero ciò che io possodimostrare come tale?» Malgrado ciò, costoro nel mondo sono ritenuti intelligenti; enondimeno, non sono che imbianchini. Gli uomini veramente intelligenti sono coloro chepercepiscono che la verità è la verità, e che la confermano tramite una continuaconsapevolezza della verità. Gli uni e gli altri si possono distinguere difficilmente, perchénon si può discernere fra la luce della razionalizzazione e la luce della percezione dellaverità, e perché sembra che coloro che sono nella luce della razionalizzazione siano anchenella luce della percezione della verità, mentre vi è una differenza come fra una luceillusoria e una luce reale. Nel mondo spirituale la luce illusoria si trasforma in tenebrequando appare la vera luce. All'inferno molti posseggono una simile luce illusoria.Costoro non vedono più niente quando vengono introdotti nella luce genuina. È dunqueevidente che poter provare tutto ciò che si vuole è soltanto una sottigliezza, che puòesistere anche presso i più malvagi.
[9] Quarto. Vi è un tipo di giustificazione dall’intelletto e non nello stesso tempo dalla volontà;ma ogni giustificazione derivante dalla volontà è anche intellettuale. Alcuni esempi possonoillustrare questa affermazione. Coloro che dimostrano la fede separata dalla carità, enonostante ciò vivono la vita della carità; e in generale coloro che confermano la falsitàdella dottrina, e tuttavia non vivono secondo quella falsità, sono coloro che si trovano inuno stato di affermazione intellettuale, e non in pari tempo di affermazione secondo lavolontà. Ma coloro che affermano la falsità della dottrina, e vivono secondo quella falsità,si trovano in uno stato di affermazione secondo la volontà e in pari tempo di affermazioneintellettuale. L'intelletto, infatti, non fluisce nella volontà, ma la volontà fluiscenell'intelletto. Da tutto ciò si può comprendere quale sia la falsità dal male, e quale siainvece la falsità che non è dal male: quest’ultima può essere congiunta al bene, ma non laprima. Questo perché la falsità che non è dal male è la falsità dell'intelletto e non dellavolontà, mentre la falsità dal male è la falsità dell'intelletto in virtù del male nella volontà.
[10] Quinto. La giustificazione del male derivante dalla volontà e in pari tempo dall’intelletto fa sìche l'uomo creda che la propria prudenza sia tutto, e la Divina Provvidenza nulla; ma non è cosìper la sola giustificazione intellettuale. Vi sono molti che affermano in se stessi la propriaprudenza secondo le apparenze nel mondo, ma con tutto ciò non negano la DivinaProvvidenza. In loro vi è solamente un’affermazione intellettuale; ma in coloro che in paritempo negano la Divina Provvidenza, vi è un’affermazione volontaria. Questoatteggiamento è principalmente appannaggio di coloro che adorano la natura e nellostesso tempo adorano se stessi.
[11] Sesto. Ogni cosa giustificata dalla volontà ed in pari tempo dall'intelletto rimaneeternamente, ma non ciò che è stato giustificato solamente dall'intelletto. Infatti, ciò che attiene alsolo intelletto non è nell'uomo, ma è fuori di lui: è solamente nel pensiero, mentre nullaentra nell'uomo e diviene parte di lui, all'infuori di ciò che viene ricevuto dalla volontà,
poiché quello diviene parte dell'amore della sua vita. Nel paragrafo successivo si dirà inche modo ciò che viene ricevuto dalla volontà resta eternamente.
319. Ogni cosa accettata dalla volontà e in pari tempo dall’intelletto rimane eternamente,perché ognuno è il suo amore, e il suo amore appartiene alla sua volontà; ed inoltre,perché ogni uomo è il suo bene o il suo male, in quanto tutto ciò che in noi appartieneall'amore si chiama bene, e male tutto ciò che gli è opposto. Poiché l'uomo è il suo amore,egli è anche la forma del suo amore, e si può chiamare l'organo dell'amore della sua vita.Più sopra (n. 279) si è detto che le affezioni dell'amore e quindi i pensieri degli uominisono mutazioni e variazioni di stato e di forma delle sostanze organiche della sua mente;ora si deve dire che cosa e quali sono queste mutazioni e variazioni. Se ne può avereun'idea dalla conoscenza del cuore e dei polmoni, poiché vi sono in essi espansioni ecompressioni, o dilatazioni e contrazioni alternative, che nel cuore si chiamano sistole ediastole, e nei polmoni respirazioni, che sono distensioni e ritenzioni, o allargamenti erestringimenti dei loro lobi. Queste sono le mutazioni e variazioni di stato del cuore e deipolmoni. Cose simili accadono negli altri organi del corpo, ed altre nelle loro parti, tramitele quali il sangue e gli altri fluidi vengono ricevuti e messi in circolo.
[2] Ci sono anche simili mutazioni nelle forme organiche della mente, che sono i soggettidelle affezioni e dei pensieri dell'uomo, come si è mostrato più sopra (n. 279); con ladifferenza che le loro espansioni e compressioni, i loro movimenti alternati, possiedonouna perfezione tanto superiore da non potersi esprimere con le parole del mondo, masolamente con quelle della lingua spirituale, le quali possono essere tradotte solo dicendoche sono movimenti mutevoli a vortice e a spirale, verso l’interno e verso l’esterno, eternespire contorte su se stesse, mirabilmente unite insieme in forme ricettive della vita.
[3] Ora si dirà come sono queste sostanze e forme puramente organiche nei malvagi e neibuoni. Nei buoni esse sono volte a spirale, in avanti, mentre nei malvagi sono volteall'indietro. Le sostanze e le forme a spirale rivolte in avanti, sono rivolte verso il Signore ericevono l'influsso da lui; mentre quelle che sono a spirale all'indietro, sono volte versol'inferno e ne ricevono l'influsso. È importante sapere che, nella misura in cui esse sonorivolte all'indietro, nella stessa misura sono aperte indietro e chiuse davanti, e nella misurain cui esse sono rivolte in avanti, nella stessa misura sono aperte davanti e chiuse indietro.
[4] Da tutto ciò si può vedere quale forma o quale organo è l'uomo malvagio, e qualeforma o quale organo è l'uomo buono: essi sono rivolti in direzioni opposte. Inoltre, poichéuna volta stabilita una direzione essa non può essere invertita, è evidente che la direzioneassunta dall’uomo alla sua morte resta per l’eternità. È l'amore della volontà dell'uomo chedetermina quella direzione, che lo volge in avanti o all’indietro; poiché, come si è detto piùsopra, ogni uomo è il suo amore. Quindi ogni uomo dopo la morte percorre la via del suoamore: verso il cielo colui che ha amato ciò che è bene, e verso l'inferno colui che ha amato
ciò che è male. Egli trova riposo solo nella società dov’è il suo amore dominante; e, ciò cheè ammirabile, ognuno conosce la sua via: è come se ne seguisse l’odore.
320. IV. Se l'uomo credesse, come è vero, che ogni bene ed ogni verità vengono dal Signore, edogni male ed ogni falsità vengono dall'inferno, egli non considererebbe come suo il bene e non nefarebbe un suo merito, e non considererebbe come suo il male né se e farebbe colpevole. Ma poichéqueste proposizioni sono contrarie a ciò che credono coloro che si sono convintidell'apparenza che la sapienza e la prudenza vengono dall'uomo, e non influisconosecondo lo stato in cui la sua mente è strutturata (vedi al n. 319), è necessario illustrarle.Affinché siano mostrate chiaramente, è necessario che ciò sia fatto nell’ordine seguente:
1° Colui che conferma in sé l'apparenza che la sapienza e la prudenza provenganodall'uomo, e quindi gli appartengano, non può fare a meno di credere che, se fossealtrimenti, egli non sarebbe un uomo, ma un animale o una statua; mentre è l’esattocontrario.
2° Credere e pensare, come è vero, che ogni bene ed ogni verità vengono dal Signore, edogni male ed ogni falsità vengono dall'inferno, sembra impossibile; e nonostante ciò èveramente umano, e quindi angelico.
3° Credere e pensare così è impossibile per coloro che non riconoscono il Divino delSignore, né riconoscono che i mali sono peccati; ma è possibile per quelli che riconosconoquesti due punti.
4° Solamente coloro che riconoscono questi due punti riflettono sui mali che sono in loro;e, nella misura in cui li fuggono e aborrono come peccati, li rigettano all'inferno, da dovevengono.
5° Ciò significa che la Divina Provvidenza non attribuisce il male né il bene a nessuno, maè la propria prudenza a farlo.
321. Queste proposizioni devono essere spiegate nell'ordine proposto.
Primo. Colui che conferma in sé l'apparenza che la sapienza e la prudenza provengano dall'uomo, equindi gli appartengano, non può fare a meno di credere che, se fosse altrimenti, egli non sarebbe unuomo, ma un animale o una statua; mentre è l’esatto contrario. È una legge della DivinaProvvidenza che l'uomo pensi come da se stesso, e che agisca prudentemente come da sestesso; ma che nondimeno, riconosca che ciò proviene dal Signore. Ne consegue che èdavvero uomo chi pensa ed agisce prudentemente da se stesso, e nello stesso temporiconosce che ciò proviene dal Signore; non così colui che conferma in sé che tutto ciò chepensa e che fa proviene da se stesso, e neppure colui che, sapendo che la sapienza e laprudenza vengono da Dio, aspetta sempre l'influsso; poiché quest’ultimo diviene comeuna statua, e il primo come un animale. È evidente che colui che aspetta l'influsso divienecome una statua. Se ce ne stiamo in piedi o seduti, immobili, con le mani penzoloni, con gli
occhi o chiusi o aperti, senza il minimo movimento, senza pensare nè respirare, che vita èmai la nostra?
[2] Che colui che crede che tutto ciò che egli pensa e fa venga da se stesso, sia simile aduna bestia è evidente dal fatto che egli pensa soltanto attraverso la mente naturale chel’uomo ha in comune con le bestie, e non in virtù della mente razionalespirituale che è lamente autenticamente umana, in quanto riconosce che solo Dio pensa da sé, e che l’uomopensa in virtù di Dio. Per tale ragione, un uomo di quella indole non riconosce altradifferenza tra l’uomo e la bestia, se non che l’uomo parla e la bestia emette suoni. Eglicrede che l'uno e l'altro muoiano nello stesso modo.
[3] È necessario dire qualcosa riguardo a coloro che aspettano l'influsso. Essi non nericevono nessuno, tranne pochi che lo desiderano di cuore. Questi talvolta ottengonorisposta tramite una viva percezione o una voce sottile nel pensiero, ma raramente inmodo palese. In ogni caso, ciò che essi ricevono li lascia liberi di pensare e agire comevogliono e come possono. Colui che agisce saggiamente diventa savio, e colui che agiscestupidamente diventa stupido. Essi non vengono mai istruiti intorno a ciò che devonocredere ed a ciò che devono fare, affinché non vengano distrutte in loro la razionalità e lalibertà che li rendono umani. Vale a dire che ognuno è lasciato libero di agire in virtù dellalibertà secondo la ragione, come se ciò provenisse da se stesso. Coloro che tramitel'influsso vengono istruiti intorno a ciò che devono credere, o a ciò che devono fare, nonvengono istruiti dal Signore, né da alcun angelo del cielo, ma da qualche spirito fanatico,quacchero o moravo, e vengono sedotti. Ogni influsso proveniente dal Signore avvienetramite l'illuminazione dell'intelletto e il desiderio della verità, e segnatamente, attraversoil desiderio della verità pervengono all’illuminazione dell’intelletto.
[4] Secondo. Credere e pensare, come è vero, che ogni bene ed ogni verità vengono dal Signore, edogni male ed ogni falsità vengono dall'inferno, sembra impossibile; e nonostante ciò è veramenteumano, e quindi angelico. Credere e pensare che ogni bene ed ogni verità vengono da Dioappare possibile, purché non si dica nulla di più. Ciò perché è conforme alla fedeteologica, contro la quale non è lecito pensare. Ma credere e pensare che ogni male ed ognifalsità vengono dall'inferno sembra impossibile, perché in questo modo si dovrebbe anchecredere che l'uomo non può pensare nulla. Tuttavia l'uomo pensa come da se stesso,sebbene i suoi pensieri vengano dall'inferno, perché il Signore permette ad ognuno che ilpensiero, da qualsiasi parte esso provenga, appaia in lui e sembri appartenergli. Altrimentil'uomo non sarebbe tale, e non potrebbe essere liberato dall'inferno e portato in cielo, cioèessere riformato, come si è ampiamente mostrato più sopra (nn. 96, 114, 174, 210).
[5] Perciò il Signore concede all'uomo di sapere e quindi di pensare che si trovaall’inferno, se è nel male, e che i suoi pensieri provengono dall'inferno, se pensa in virtùdel male; e gli permette anche di pensare ai mezzi grazie ai quali egli può usciredall'inferno e di non pensare in virtù di esso, ma di salire in cielo, e là di pensare in virtù
del Signore. Inoltre dà all'uomo la libertà di scegliere. Si può quindi comprendere chel'uomo può pensare il male e la falsità come da se stesso, ed anche pensare che questa oquella cosa è un male e una falsità; di conseguenza che il suo pensiero autonomo èsolamente un'apparenza, senza la quale egli non sarebbe uomo. È essenzialmente umano,e quindi angelico, pensare in virtù della verità; e la verità è che l'uomo non pensa da sestesso, ma che gli viene concesso dal Signore di pensare apparentemente come da sestesso.
[6] Terzo. Credere e pensare così è impossibile per coloro che non riconoscono il Divino delSignore, né riconoscono che i mali siano peccati; ma è possibile per quelli che riconoscono questi duepunti. Se questo è impossibile per coloro che non riconoscono il Divino del Signore, èperché solo il Signore permette all'uomo di pensare e volere; e coloro che non riconosconoil Divino del Signore, non essendo uniti a lui, credono di pensare da se stessi. Se èimpossibile anche per coloro che non riconoscono che i mali sono peccati, è perché questipensano in virtù dell'inferno, dove ognuno crede di pensare da se stesso. Ma ciò èpossibile per quelli che riconoscono questi due punti, come si può comprendere dalle coseriferite, con molti dettagli, più sopra (dal n. 288 al n. 294).
[7] Quarto. Solamente coloro che riconoscono questi due punti riflettono sui mali che sono inloro; e, nella misura in cui li fuggono ed aborrono come peccati, li rigettano all'inferno, da dovevengono. Chi è che non sappia, o non possa sapere, che il male viene dall'inferno, e che ilbene viene dal cielo? E chi non può comprendere quindi che, nella misura in cui l'uomofugge ed aborre il male, altrettanto fugge ed aborre l'inferno? Chi, di conseguenza, nonpuò comprendere che, nella misura in cui l’uomo fugge ed aborre il male, altrettantodesidera e ama il bene, ed altrettanto, di conseguenza, il Signore lo libera dall'inferno e loconduce in cielo? Tutte queste cose possono essere comprese dall'uomo razionale, purchésappia che esistono il cielo e l'inferno, e conosca l’origine del male e quella del bene. Sedunque l'uomo riflette sui mali che sono in lui (il che significa esaminare se stesso) e lirifugge, si libera dall'inferno e lo getta dietro di sé, fa il suo ingresso in cielo e vi contemplail Signore faccia a faccia. Si è detto che è l'uomo a farlo, ma egli lo compie in apparenteautonomia, dunque in virtù del Signore. Quando l'uomo riconosce questa verità con cuoreumile e con una fede devota, allora tale verità è interiormente nascosta in tutto ciò che poiegli pensa e fa come da se stesso, come in un seme è insita la fertilità che lo accompagnainteriormente fino al un nuovo seme, e come il piacere che si prova nell'appetire un ciboche sappiamo essere salutare. In una parola, è come il cuore e l'anima di tutto ciò che eglipensa e fa.
[8] Quinto. Ciò significa che la Divina Provvidenza non attribuisce il male né il bene a nessuno,ma è la propria prudenza a farlo. Questa è la conseguenza di tutto ciò che si è detto. Il finedella Divina Provvidenza è il bene; essa tende dunque al bene in ogni sua operazione.Perciò essa non attribuisce il bene a nessuno, poiché in tal modo il bene diverrebbe
meritorio. Essa non attribuisce il male a nessuno, poiché ciò significherebbe renderel'uomo colpevole del male. Tuttavia l' uomo attribuisce a se stesso l'uno e l'altro in virtùdel suo proprium, perché il proprium non è altro che male. Il proprium della sua volontà èl'amore di sé, e il proprium del suo intelletto è l’orgoglio della propria intelligenza; questaè l’origine della propria prudenza.
XVII
Ogni uomo si può riformare e non esiste predestinazione
322. La sana ragione ci dice che tutti sono predestinati per il cielo, e nessuno lo è perl'inferno. Tutti sono nati uomini, e quindi in essi vi è l'immagine di Dio: l'immagine di Dioin essi significa la capacità di comprendere la verità e di fare il bene. Poter comprendere laverità proviene dalla Divina sapienza, e la capacità di fare il bene proviene dal Divinoamore. Questo potere è l'immagine di Dio, che dimora nell'uomo integro, e non si cancella.Ne consegue che l'uomo può divenire civile e morale, e colui che è civile e morale puòanche divenire spirituale, poiché la vita civile e morale è il ricettacolo della vita spirituale.Si definisce “civile” l'uomo che conosce le leggi dello stato di cui è cittadino, e che vivesecondo queste leggi; si definisce “morale” l'uomo che fa di queste leggi i suoi costumi e lesue virtù, e vive secondo i loro dettami per motivi razionali.
[2] Adesso è necessario spiegare come la vita civile e la vita morale siano il ricettacolodella vita spirituale. Vivi secondo queste leggi, non solamente come leggi civili e morali,ma anche come leggi Divine, e sarai un uomo spirituale. Esiste forse una nazione cosìbarbara che non abbia stabilito per legge che non si deve uccidere, né fornicare con lamoglie altrui, né rubare, né dichiarare il falso, né violare i diritti degli altri. L'uomo civile emorale osserva queste leggi, al fine di essere o di apparire un buon cittadino; ma se nonconsidera nello stesso tempo queste leggi come Divine, egli è solamente un uomo civile emorale naturale, mentre se le considera anche come Divine, egli diviene un uomo civile emorale spirituale. La differenza è che quest’ultimo non è solamente un buon cittadino diuno stato terreno, ma anche un buon cittadino del regno celeste; mentre il primo è unbuon cittadino di uno stato terreno, ma non del regno celeste. Sono le buone azioni cheessi compiono a fare la differenza. Quelle compiute dagli uomini civili e morali naturalinon sono buone in sé, poiché essi, nel compierle, hanno in vista se stessi e il mondo; ma lebuone azioni compiute dagli uomini civili e morali spirituali sono buone in sé, perchéhanno come scopo il Signore e il cielo.
[3] Si può dunque comprendere che ogni uomo, nato per poter divenire civile e moralenaturale, è nato anche per poter divenire civile e morale spirituale: basta che riconosca Dioe non commetta le azioni malvagie perché sono contro Dio, ma compia buone azioniperché sono per Dio. Per questo motivo lo spirito entra nei suoi atti civili e morali, ed essidiventano vivi. Altrimenti non vi è alcuno spirito in essi; quindi essi non hanno vita.Perciò l'uomo naturale, benché agisca civilmente e moralmente, si può definire “morto”,mentre l'uomo spirituale si definisce “vivo”.
[4] È in virtù della Divina Provvidenza del Signore che ogni popolo ha una religione, el’elemento principale di ogni religione è riconoscere che esiste un Dio: altrimenti non puòchiamarsi religione. Ogni popolo che vive secondo la sua religione, vale a dire che non fa ilmale perché è contro il suo Dio, riceve qualche elemento spirituale nella sua esistenzamondana. Chi è colui che, udendo qualche noncristiano affermare di non voler compiereun atto malvagio perché è contro il suo Dio, non dica fra sé che quest’uomo non sia salvo?Questo pensiero è dettato da una sana ragione. D’altra parte, chi è colui che, udendo uncristiano dire: «Un male o un altro non contano nulla per me. Che m'importa che si dicache esso è contro Dio?» non dica a se stesso: «Quest'uomo si salverà? Mi sembraimpossibile!» Anche questo pensiero è dettato da una sana ragione.
[5] Se un uomo dice: «Sono nato cristiano, sono stato battezzato, ho riconosciuto ilSignore, ho letto la Parola, ho partecipato al sacramento della Cena»; che valore ha tuttociò, quando egli non considera come peccati gli omicidi o le vendette, gli adulteri, i furticlandestini, le false testimonianze o le menzogne, e ogni tipo di violenza? Forse un uomodel genere pensa a Dio o alla vita eterna? Un uomo simile pensa forse che esiste un Dio eche c'è una vita eterna? Secondo ragione, un tale uomo non può essere salvato. Si sonodette queste cose riguardo ai cristiani, perché i noncristiani pensano a Dio più di loro: lareligione è parte della loro vita. Ma in ciò che segue si dirà di più su questo argomento,nell’ordine seguente:
I. Il fine della creazione è il cielo formato dal genere umano.
II. Quindi la Divina Provvidenza vuole che ogni uomo possa essere salvato, e che sianosalvati coloro che riconoscono un Dio e vivono rettamente.
III. È colpa dell'uomo stesso se egli non si salva.
IV. Quindi tutti sono predestinati per il cielo, e nessuno lo è per l'inferno.
323. I. Il fine della creazione è il cielo formato dal genere umano. Il cielo è composto solo dacoloro che sono nati uomini, come è stato mostrato in Cielo e inferno, pubblicato a Londranel 1758, ed anche in questo volume, più sopra, n. 27. Poiché il cielo è composto dauomini, ne consegue che il fine della creazione è un cielo formato dal genere umano. Ainn. dal 27 al 45 si è stato già mostrato che questo è lo scopo della creazione; ma si vedràpiù chiaramente dallo sviluppo delle seguenti proposizioni:
1° Ogni uomo è stato creato per vivere eternamente.
2° Ogni uomo è stato creato per vivere eternamente in una condizione di beatitudine.
3° Quindi ogni uomo è stato creato per ascendere in cielo.
4° Il Divino amore non può che volere ciò, e la Divina sapienza non può che provvedereaffinché ciò sia compiuto.
324. Poiché dalle seguenti spiegazioni si può comprendere che la Divina Provvidenza èsolo una predestinazione per il cielo, e che essa non può diventare altro, adesso ènecessario dimostrare, nell'ordine proposto, che il fine della creazione è il cielo formato dalgenere umano.
Primo. Ogni uomo è stato creato per vivere eternamente. In Divino Amore e Divina Sapienza, partiIII e V, è stato mostrato che nell'uomo vi sono tre gradi della vita, che si chiamanonaturale, spirituale e celeste, e che questi gradi sono attivi in ogni uomo. Negli animali nonvi è che un solo grado della vita, simile all'ultimo grado che nell'uomo si chiama naturale.Ne consegue che l'uomo può elevare la sua vita verso il Signore, al di sopra degli animali;in questo stato egli può comprendere cose provenienti dalla Divina sapienza, e volere coseche derivano dal Divino amore, e di conseguenza può ricevere in sé qualcosa di Divino.Chi può ricevere ciò che è Divino in modo tale da vederlo e percepirlo in sé, non può cheessere congiunto al Signore, e vivere per sempre grazie a questa unione.
[2] A cosa sarebbe servita al Signore tutta la creazione dell'universo, se non avesse anchecreato degli esseri a immagine e somiglianza di se stesso, a cui comunicare il suo Divino?Altrimenti che cosa sarebbe stata la creazione, se non qualcosa che è e non è, o qualcosache esiste e non esiste, senza altro scopo che poter contemplare da lontano delle merevicissitudini e dei perpetui cambiamenti, come in un teatro? Quale sarebbe lo scopoDivino in tutti questi cambiamenti, se essi non fossero soggetti capaci di ricevere qualcosadi Divino più interiormente, di vederlo e percepirlo? Poiché il Divino è dotato di unagloria inesauribile, come potrebbe tenerla solo per sé? L'amore vuole comunicare ciò che èsuo ad altri, dare agli altri tutto ciò che può. Cosa non farebbe dunque il Divino amore, cheè infinito? Può forse dare, e poi riprendersi ciò che ha dato? Dare ciò che è destinato aperire non significherebbe forse dare ciò che in sé non è nulla, poiché quando periscediviene nulla? In esso non vi sarebbe un vero “essere”; ma egli dà ciò che è, o ciò che noncessa di essere: e questo è eterno.
[3] Affinché l'uomo viva eternamente, gli viene tolto ciò che vi è in lui di mortale: ilcorpo materiale, di cui viene spogliato alla morte. Così viene messo a nudo ciò che èimmortale, ovvero la sua mente; e allora diviene uno spirito in forma umana; la sua menteè questo spirito. I saggi dell’antichità videro che la mente umana non può morire. Essidicevano: «Come può l'anima o la mente morire, se può diventare savia?» Pochi al giornod’oggi conoscono le idee più profonde di quei filosofi su questo argomento. Questa idea,che proveniva dal cielo e diventava oggetto della loro comune percezione, era che Dio è lasapienza stessa, di cui l'uomo è partecipe, e che Dio è immortale o eterno.
[4] Poiché mi è stato permesso di conversare con gli angeli, riferirò anche qualcheesperienza personale. Ho parlato con coloro che vissero molti secoli fa, prima del diluvio, econ alcuni che vissero dopo il diluvio, al tempo del Signore, con uno dei suoi apostoli, econ molti che vissero nei secoli successivi. Tutti mi sono apparsi come giovani, e mi hanno
detto che l’unica cosa che sanno della morte è che essa è la dannazione. Coloro che hannovissuto rettamente, quando arrivano in cielo tornano giovani, e tali restano eternamente,anche se in questa vita erano diventati vecchi decrepiti. Le donne, anche se erano statevecchie e fragili, tornano nel fiore dell'età e della bellezza.
[5] Che l'uomo dopo la morte viva eternamente, risulta evidente dalla Parola, dove lavita in cielo viene chiamata “vita eterna” (Matteo 19:29; 25:46; Marco 10:17; Luca 10:25;18:30; Giovanni 3:15, 16, 36; 5:24, 25, 39; 6:27, 40, 68; 12:50); oppure semplicemente “vita”(Matteo 18:8 ,9; Giovanni 5:40, 20:31). Il Signore disse altresì ai suoi discepoli: «Poiché Iovivo, anche voi vivrete» (Giovanni 14:19); e riguardo alla risurrezione, disse che «Dio è ilDio di vivi, e non il Dio dei morti»; ed anche che essi non sarebbero più morti (Luca 20:36,38).
[6] Secondo. Ogni uomo è stato creato per vivere eternamente in una condizione di beatitudine.Questo è un corollario di ciò che si è detto; poiché colui che vuole che l’uomo vivaeternamente, vuole anche che egli viva in uno stato di felicità. Cosa sarebbe la vita eternasenza questo stato? Ogni amore vuole il bene dell’altro: l'amore dei genitori vuole il benedei figli, l'amore dello sposo e del marito vuole il bene della sposa e della moglie, e l'amoredell'amicizia vuole il bene degli amici; che cosa dunque non deve volere il Divino amore! Ecos’è il bene, se non il piacere? E cos’è il Divino bene, se non la beatitudine eterna? Ognibene, in virtù del suo piacere o della sua beatitudine, si chiama bene. Si chiama “bene” ciòche ci viene dato ed è nostro, ma se non vi è anche il piacere è un bene sterile, che in sé nonè un bene. Da queste spiegazioni risulta evidente che la vita eterna è anche la beatitudineeterna. Questo stato dell'uomo è il fine della creazione; ma se pervengono a questo statosolamente coloro che ascendono in cielo, la colpa non è del Signore ma dell'uomo, come sivedrà in in seguito.
[7] Terzo. Quindi ogni uomo è stato creato per ascendere in cielo. Questo è il fine dellacreazione; ma se non tutti vanno in cielo, è perché si immergono dei piaceri dell'inferno,opposti alla beatitudine del cielo. coloro che non sono nella beatitudine del cielo nonpossono entrare in cielo, poiché non lo possono sopportare. Non si rifiuta a nessuno cheviene nel mondo spirituale di salire in cielo; ma quando colui che gode dei piaceridell'inferno arriva in cielo, gli palpita il cuore, respira con fatica, la vita comincia amancargli, prova sofferenza e tormento, e si contorce come un serpente vicino al fuoco. Gliopposti agiscono l’uno contro l'altro.
[8] Tuttavia, poiché sono nati uomini, e perciò hanno la facoltà di pensare e volere, equindi di parlare e di agire, essi non possono morire; ma poiché non possono vivere senon con coloro che condividono gli stessi piaceri della vita, vengono ricondotti verso diloro. Di conseguenza coloro che sono nei piaceri del male, e coloro che sono nei piaceri delbene, vengono inviati rispettivamente ai loro simili; anzi ad ognuno è concesso di esserenel piacere del suo male, purché non disturbi coloro che sono nel piacere del bene. Ma
poiché il male può solo disturbare il bene, poiché nel male vi è l'odio contro il bene,affinché essi non rechino danno, vengono allontanati e precipitati nei loro luoghi,all'inferno, dove il loro piacere si trasforma in dispiacere.
[9] Ciò non toglie che per creazione, e quindi per nascita, l'uomo possa venire in cielo,poiché chiunque muore fanciullo sale in cielo, dove è allevato ed istruito come avvieneall'uomo nel mondo, e grazie al suo desiderio per il bene e la verità assorbe la sapienza ediventa un angelo. La stessa cosa potrebbe accadere all'uomo che viene educato ed istruitonel mondo, poiché la stessa capacità che è nel fanciullo è anche in lui. Riguardo ai fanciullinel mondo spirituale, si veda in Cielo e inferno, stampato a Londra nel 1758 (dal n. 329 al n.345).
[10] Ma se per molti in questo mondo non è così, è perché essi amano il primo gradodella loro vita, che si chiama naturale, e non vogliono superarlo e divenire spirituali. Ilgrado della vita naturale, considerato in sé, non ama che se stesso e il mondo, poiché essoè coerente coi sensi del corpo, il cui centro è il mondo. Mentre il grado spirituale della vitaama il Signore e il cielo: ama anche se stesso e il mondo, ma considera Dio e il cielo comesuperiori, principali e dominanti, e se stesso e il mondo come inferiori, meri strumenti eservitori.
[11] Quarto. Il Divino Amore non può che volere ciò, e la Divina Sapienza non può cheprovvedere affinché ciò sia compiuto. Che la Divina essenza sia il Divino amore e la Divinasapienza, è stato pienamente mostrato in Divino Amore e Divina Sapienza; in questo trattatoè stato anche mostrato (dal n. 358 al n. 370) che in ogni embrione umano il Signore formadue ricettacoli, uno del Divino amore e l'altro della Divina sapienza. Il ricettacolo delDivino amore è destinato alla futura volontà dell'uomo, e il ricettacolo della Divinasapienza al suo futuro intelletto. Così il Signore ha messo in ogni uomo la facoltà di volereil bene e la facoltà di comprendere la verità.
[12] Poiché l'uomo ha dalla nascita queste due facoltà, che gli sono date dal Signore, equindi il Signore è in esse come in tutto ciò che è suo nell'uomo, è evidente che il suoDivino amore può volere solo che l'uomo venga in cielo e vi goda la beatitudine eterna, ela Divina sapienza provvede affinché ciò avvenga. Ma poiché il Divino amore del Signorefa sì che l'uomo avverta in sé la beatitudine celeste come se fosse sua, e questo non puòaccadere se non è concesso all'uomo di pensare, volere, parlare ed agire in apparenzacome da se stesso, il Signore non può condurre l'uomo altrimenti che secondo le leggi dellasua Divina Provvidenza.
325. Quindi la Divina Provvidenza vuole che ogni uomo possa essere salvato, e che sianosalvati coloro che riconoscono un Dio e vivono rettamente. Da ciò che si è mostrato èevidente che ogni uomo può essere salvato. Alcuni credono che la chiesa del Signore siasolamente nel mondo cristiano, perché là solamente è conosciuto il Signore, e là solamente
è la Parola. Ma ve ne sono molti che credono che la chiesa di Dio si estenda in tutto ilmondo, di conseguenza anche presso coloro che non conoscono il Signore e non hanno lasua Parola. Essi dicono che non è colpa loro se sono nell'ignoranza, e che è contro l'amore ela misericordia di Dio che alcuni nascano per l'inferno, quando siamo tutti ugualmenteuomini.
[2] Poiché molti cristiani (benché non tutti) credono che vi sia una chiesa più grande,chiamata “comunione”, ne consegue che devono esistere dei principi generali di questagrande chiesa, che possano comprendere tutte le religioni, così da poter creare quella“comunione”: questi principi generali in comune sono la fede nell’esistenza di Dio e lanecessità di vivere rettamente, nell'ordine seguente:
1° La fede in Dio permette la congiunzione di Dio con l'uomo, e dell'uomo con Dio, mentrela negazione di Dio separa.
2° Ognuno riconosce Dio e si congiunge a Dio secondo il bene della sua vita.
3° Il bene della vita, ovvero vivere rettamente, significa fuggire i mali perché sono controla religione, e di conseguenza contro Dio.
4° Questi sono gli elementi comuni di tutte le religioni, grazie ai quali ognuno può esseresalvato.
326. Queste proposizioni devono essere esaminate e illustrate singolarmente.
Primo. La fede in Dio permette la congiunzione di Dio con l'uomo, e dell'uomo con Dio, mentre lanegazione di Dio separa. Alcuni possono pensare che coloro che non credono in Dio sipossono salvare come quelli che hanno fede in Lui, purché vivano una vita morale. Essidicono: «Che significa credere in Dio? Non è soltanto un pensiero? Potrei facilmentecredere in Dio se solo sapessi con certezza che egli esiste. Ho udito parlare di lui, ma nonl'ho mai visto: fai in modo che lo veda, e crederò». Così dicono molti negatori di Dio,quando è loro consentito di ragionare liberamente con un credente. Ma spiegherò, grazie acerte cose da me conosciute nel mondo spirituale, che la fede in Dio unisce, mentre lanegazione di Dio separa. In quel mondo, quando qualcuno pensa ad un altro e vuoleparlare con lui, l'altro è subito presente; questa è una legge costante e infallibile. Il motivoè che nel mondo spirituale non vi è una distanza come nel mondo naturale, ma solamenteun’apparenza di distanza.
[2] Inoltre, così come il pensiero ed una certa conoscenza di un'altra persona la rendonopresente, così l'amore ed l’affezione per un altro crea un’unione, in virtù della qualeavviene che i due si accompagnino e conversino amichevolmente, dimorino in una stessacasa o in una stessa comunità, si incontrino spesso e lavorino insieme. Accade anche ilcontrario: ad esempio, quando un uomo non ama un altro, ed ancor più quando lo odia,
egli non lo vede e non si avvicina a lui; e tanto i due restano distanti quanto l’uno non amao odia l’altro. Anche se è presente, appena si ricorda del suo odio egli diviene invisibile.
[3] Da questi pochi esempi si può comprendere da dove provengono la presenza e lacongiunzione nel mondo spirituale. La presenza proviene dal ricordo di un altroaccompagnato dal desiderio di vederlo, e la congiunzione proviene dall’affezionecaratteristica all'amore. Ciò vale per tutti gli elementi che si trovano nella mente umana: inessa ve ne sono innumerevoli, tutti legati e congiunti secondo le affezioni, o in quanto unelemento ama l'altro.
[4] Questa congiunzione è la congiunzione spirituale, simile a se stessa negli elementigenerali e in quelli particolari. Questa congiunzione spirituale trae la sua origine dallacongiunzione del Signore col mondo spirituale e col mondo naturale, in ciò che essi hannodi generale e di particolare. È dunque evidente che, nella misura in cui un uomo conosce ilSignore e pensa a lui in virtù della conoscenza, altrettanto il Signore gli è presente; e nellamisura in cui lo riconosce in virtù dell'affezione dell'amore, altrettanto il Signore gli ècongiunto. Viceversa, nella misura in cui un uomo non conosce il Signore, altrettanto ilSignore gli è lontano, e nella misura in cui lo nega, altrettanto ne è disgiunto.
[5] La congiunzione fa sì che il Signore attragga a sé il volto dell'uomo, e allora egli loguida; mentre la disgiunzione fa sì che l'inferno attragga a sé il volto dell'uomo e sia lui aguidarlo. Perciò tutti gli angeli del cielo rivolgono i loro volti verso il Signore come verso ilsole, e tutti gli spiriti dell'inferno volgono i loro sguardi lontano dal Signore. Da questespiegazioni si comprendono chiaramente gli effetti della fede in Dio, e quelli dellanegazione di Dio. Coloro che negano Dio nel mondo lo negano anche dopo la morte, esono disposti interiormente secondo la descrizione che si legge più sopra (n. 319). Ladisposizione adottata in questo mondo rimane eternamente.
[6] Secondo. Ognuno riconosce Dio e si congiunge a Dio secondo il bene della sua vita. Tutticoloro che sanno qualcosa della religione possono conoscere Dio; essi possono ancheparlare di Dio in virtù di questa conoscenza o della memoria, ed alcuni possono anchepensare a Dio in modo intelligente. Ma se l'uomo non vive rettamente, ciò implica solo unapresenza: se conduce una vita malvagia, egli può sempre volgere il suo sguardo lontanoda Dio, e rivolgerlo verso l'inferno. Ma riconoscere Dio col cuore è possibile solo percoloro che vivono rettamente. Il Signore, secondo il bene della loro vita, li distogliedall'inferno e li attrae a sé; il motivo è perché questi sono i soli ad amare Dio, poiché essiamano i valori Divini che procedono da lui, osservandoli. I valori Divini che procedono daDio sono i comandamenti della sua legge; questi valori sono Dio, perché egli è la naturaDivina che procede da se stessa. Anche questo è amare Dio. Perciò il Signore dice: « Chiosserva i miei comandamenti, mi ama; ma chi non osserva i miei comandamenti, non miama (Giovanni 14:2124).
[7] È per questo motivo che vi sono due tavole del Decalogo, una per Dio e l'altra perl'uomo. Dio opera continuamente affinché l'uomo riceva le cose che sono nella sua tavola,ma se l'uomo non osserva le cose che sono nella sua, egli non riceve col cuore quelle chesono nella tavola di Dio; e se non le riceve non si congiunge. Perciò queste due tavole sonocongiunte affinché siano una sola cosa, e sono chiamate tavole dell'alleanza: alleanzasignifica congiunzione. Il motivo per cui ognuno riconosce Dio, e si congiunge a Diosecondo il bene della sua vita, è che il bene della vita è simile al bene che è nel Signore, eche quindi proviene dal Signore. Quando l'uomo vive rettamente, la congiunzione sieffettua. Quando l’uomo vive una vita malvagia, avviene il contrario: questo male rigetta ilSignore.
[8] Terzo. Il bene della vita, ovvero vivere rettamente, significa fuggire i mali perché sono controla religione, e di conseguenza contro Dio. Che questo sia il bene della vita, ovvero vivererettamente, è stato ampiamente mostrato in Insegnamenti sulla vita per la nuovaGerusalemme3, dal principio alla fine. Si aggiungerà solamente questo: fare del bene in granquantità, ad esempio edificare chiese, adornarle e le riempirle di offerte, provvedere allespese di ospedali e ospizi, fare elemosine ogni giorno, soccorrere vedove ed orfani,assistere regolarmente alle cerimonie del culto, addirittura pensare, parlare e predicare,come dal profondo del cuore in favore di queste cose, e tuttavia non fuggire i mali comepeccati contro Dio; questi beni non sono beni, sono cose ipocrite o compiute perguadagnarsi meriti. Infatti in esse è insito il male, poiché la vita di ognuno è assolutamentein tutte le cose che egli compie; ma i beni non divengono beni se non grazie alla rimozionedel male da essi. È dunque evidente che fuggire i mali perché sono contro la religione, e diconseguenza contro Dio, significa vivere rettamente.
[9] Quarto. Questi sono gli elementi comuni di tutte le religioni, grazie ai quali ognuno puòessere salvato. Riconoscere un Dio, e non fare il male perché è contro Dio, sono le due coseche fanno sì che una religione sia tale; se ne manca una non si può dire che sia una verareligione, poiché riconoscere un Dio e fare il male è contraddittorio, così come fare il benee non riconoscere un Dio. Le due cose non possono che andare insieme. Il Signore haprovveduto affinché quasi ovunque vi sia una religione, e in ogni religione vi siano questidue elementi; il Signore ha anche fatto sì che chiunque riconosca un Dio e non compia ilmale perché è contro Dio, possa avere un posto nel cielo.
Il cielo, considerato nella sua interezza, somiglia ad un uomo, la cui vita o anima è ilSignore. In quell'uomo celeste vi sono tutti gli elementi che si trovano nell'uomo naturale,con la differenza che esiste fra le cose celesti e quelle naturali.
[10] È noto che nell'uomo non vi sono solamente parti formate come organi, consistentiin vasi sanguigni ed in fibre nervose definite visceri. Vi sono anche la pelle, le membrane, i
3 Titolo originale dell’opera Doctrina vitae pro Nova Hierosolyma ex praecepti Decalogi, ora accorpato nel volumeVita e fede.
tendini, le cartilagini, le ossa, le unghie e i denti: queste parti sono vive in grado minorerispetto alle forme organiche, a cui servono da legamenti, involucri e supporti. Affinché visiano tutti questi elementi nell’uomo celeste, che è il cielo, esso non può essere compostoda uomini di una sola religione, ma è necessario che sia composto da uomini di moltereligioni; quindi tutti coloro che applicano alla loro vita quei due principi universali dellachiesa, hanno un posto in quell'uomo celeste, vale a dire nel cielo, e godono della felicitaconsona alla loro natura. Riguardo a questo soggetto si vedano maggiori dettagli più sopra(n. 254).
[11] Quei due principi sono fondamentali in ogni religione, perché sono le due cose cheinsegna il Decalogo; e il Decalogo fu il principio della Parola, promulgato a viva voce daJehovah dal monte Sinai, e scritto dal dito di Dio sopra due tavole di pietra. Poi fu postonell'arca, chiamata essa stessa Jehovah, che costituiva il Santo dei santi nel tabernacolo, edil santuario nel tempio di Gerusalemme. In virtù di esso tutto ciò che era nel tempio erasanto. Nella Parola troviamo altre cose concernenti il Decalogo nell'arca, che sono stateriferite in Insegnamenti sulla vita per la nuova Gerusalemme, dal n. 53 al n. 61. Aggiungeròquesto: si sa dalla Parola che l'arca, in cui erano le due tavole sulle quali era stato scritto ilDecalogo, fu presa dai Filistei e posta nel tempio di Dagon, in Ashdod; che Dagon caddein terra davanti ad essa, e la sua testa e le mani mozzate dal corpo furono trovate sullasoglia del tempio; che a causa dell’arca migliaia di uomini fra i popoli di Ashdod ed Ekronfurono colpiti da emorroidi, e la loro terra fu devastata dai topi. Sappiamo anche che iFilistei, su consiglio dei loro capi, fabbricarono cinque emorroidi e cinque topi d'oro,insieme ad un carro nuovo; sul carro posero l'arca, ed accanto ad essa le emorroidi e i topid'oro, e rimandarono l'arca, trainata da due vacche davanti al carro, che muggivano lungola strada, ai figli d'Israele. Questi sacrificarono le vacche e il carro (I Sam. 5 e 6).
[12] Ora è necessario dire ciò che significano tutte queste cose. I Filistei significano coloroche sono nella fede separata dalla carità; Dagon rappresenta questa religiosità, leemorroidi da cui furono colpiti significano l’amore naturale che, separati dall'amorespirituale, è impuro; e i topi significano la devastazione della chiesa tramite lefalsificazioni della verità; il carro nuovo sul quale rimandarono l'arca significa una nuovadottrina, ma ad un livello naturale, poiché il carro nella Parola significa una dottrinaderivante dalle verità spirituali. Le vacche significano le buone affezioni naturali; leemorroidi d'oro significa l’amore naturale purificato e divenuto buono; i topi d'orosignificano la devastazione della chiesa evitata dal bene (l'oro nella Parola significa ilbene). Il muggire delle vacche lungo la strada significa la difficile trasformazione delleconcupiscenze del male dell'uomo naturale in affezioni buone; il sacrificio delle vacche colcarro significa che così il Signore era placato.
[13] Questo è il significato spirituale di quei racconti storici. Che i Filistei rappresentinocoloro che sono nella fede separata dalla carità, si vede in Insegnamenti per la nuova
Gerusalemme sulla fede4, dal n. 49 al n. 54. E che l'arca, in virtù del Decalogo che vi eracontenuto, sia stata la cosa più santa della chiesa, si vede in Insegnamenti sulla vita per lanuova Gerusalemme, dal n. 53 al n. 61.
327. III. È colpa dell'uomo stesso se non si salva. Ogni uomo razionale, solamente a udirlaenunciare, riconosce la verità che dal bene non può derivare il male, né dal male il bene,perché sono opposti. Di conseguenza dal bene non deriva che il bene, e dal male derivasolo il male. Quando si riconosce questa verità, si riconosce altresì che il bene può esseretrasformato in male, non dal bene in sé ma dal male che lo riceve, poiché ogni formatramuta ciò che fluisce in essa in qualcosa della sua propria natura (si veda al n. 292).Poiché il Signore è il bene nella sua stessa essenza, o il bene medesimo, è evidente che ilmale non può derivare dal Signore, né essere prodotto da lui, ma che il bene può essereconvertito in male da un soggetto ricevente, la cui forma è la forma del male. Un talesoggetto è l'uomo, in relazione al suo proprium. Questo soggetto riceve continuamente dalSignore il bene, e lo muta continuamente nella qualità della sua forma, che è la forma delmale. Ne consegue che è colpa dell'uomo se egli non si salva. Il male, è vero, provienedall'inferno, ma poiché l'uomo lo riceve come suo, e perciò se ne appropria, ne risulta cheè la stessa cosa dire che il male viene dall'uomo, o che esso viene dall'inferno. Nondimeno,è necessario dire da dove proviene questa appropriazione del male, fino al punto di farperire la religione:
1° Ogni religione col tempo decade e si estingue.
2° Ogni religione decade e si estingue per effetto dell'inversione dell'immagine di Dionell’uomo.
3° Ciò avviene a causa del continuo accrescimento del male ereditario di generazione ingenerazione.
4° Nonostante ciò il Signore fa sì che ognuno possa essere salvato.
5° Egli inoltre provvede affinché una nuova chiesa possa succedere a quella precedente,ormai distrutta.
328. Queste definizioni devono essere argomentate nella loro sequenza.
Primo. Ogni religione col tempo decade e si estingue. Dove è il genere umano, esiste anche lachiesa; perciò su questa terra vi sono state più chiese, una dopo l'altra. Infatti il cielo, che èil fine della creazione, è composto da esseri umani (come si è mostrato più sopra), enessuno può accedere al cielo senza i due principi universali della chiesa: riconoscere unDio e vivere rettamente (si veda al n. 326). Ne consegue che su questa terra vi sono statechiese dalla più remota antichità fino al tempo presente. Queste chiese vengono descrittenella Parola; ma l’unica ad avere una narrazione storica è la chiesa israelitica e giudaica,
4 Titolo originale dell’opera Doctrina Novae Hierosolymae de fide, ora accorpato nel volume Vita e fede.
prima della quale tuttavia ve ne furono molte, descritte semplicemente con nomi dinazioni e di persone, e con certe particolarità che le caratterizzano.
[2] La chiesa antichissima, che fu la prima, è indicata dalle figure di Adamo ed Eva suaconsorte. La chiesa seguente, denominata chiesa antica, è descritta dalla figura di Noè e deisuoi tre figli, con i loro discendenti. Questa chiesa fu molto estesa, e si diffuse fra varipopoli del vicino Oriente, come la terra di Canaan al di qua e al di là del Giordano, la Siria,l'Assiria e la Caldea, la Mesopotamia, l'Egitto, l'Arabia, Tiro e Sidone. Questi popoliricevettero un'antica Parola, di cui si è trattato in Insegnamenti sulla Sacra Scrittura, nn. 101,102, 103. L’esistenza di questa chiesa è testimoniata da vari particolari riferiti nei libriprofetici della Parola. Questa chiesa subì una notevole trasformazione ad opera di Eber, dacui ebbe origine la chiesa ebraica. In questa chiesa, per prima, venne istituito il cultotramite sacrifici. Dalla chiesa ebraica nacque la chiesa israelitica e giudaica, istituitasolennemente a causa della Parola che doveva esservi scritta.
[3] Queste quattro chiese sono indicate dalla statua vista da Nabucodonosor in sogno, lacui testa era d'oro puro, il petto e le braccia erano d'argento, il ventre e le cosce di rame, legambe e i piedi di ferro e d’argilla (Daniele 2:32, 33). Queste caratteristiche indicano le etàd'oro, d’argento, di rame e di ferro, menzionate dagli antichi scrittori. È noto che la chiesacristiana succedette alla chiesa giudaica. Che tutte queste chiese nel corso del tempo sianodecadute fino alla loro fine, che si chiama consumazione, si può vedere anche dalla Parola.La consumazione della chiesa antichissima, avvenuta a causa del frutto dell'albero dellascienza (nutrirsi di questo frutto significa l’orgoglio per la propria intelligenza), è indicatadal diluvio. La consumazione della chiesa antica è descritta dalle varie devastazioni deipopoli, di cui si parla nella Parola, sia nei libri storici, sia in quelli profetici, soprattuttodalla cacciata dei popoli della terra di Canaan ad opera dei figli di Israele. Laconsumazione della chiesa israelitica e giudaica è indicata dalla distruzione del tempio diGerusalemme, dalla deportazione del popolo israelita in prigionia perpetua, e dellanazione giudaica a Babilonia; e infine dalla seconda distruzione del tempio e della stessaGerusalemme, e dalla diaspora di questo popolo. Questa consumazione è predetta in moltipassi dei libri profetici, e in Daniele, 9:24–27. Quanto alla chiesa cristiana, la suadistruzione finale è descritta dal Signore in Matteo, 24; in Marco, 13; e in Luca, 21; ma lasua stessa consumazione è descritta nell'Apocalisse. Da ciò si può vedere che col tempo lachiesa decade e si consuma, così come la sua dottrina religiosa.
[5] Secondo. Ogni religione decade e si estingue per effetto dell'inversione dell'immagine di Dionell’uomo. L'uomo è stato creato ad immagine di Dio, e a somiglianza di Dio (Gen. 1:26);ma è necessario specificare cos’è l'immagine e che cos’è la somiglianza di Dio. Solo Dio èl'amore e la sapienza. L'uomo è stato creato per essere un ricettacolo dell'uno e dell'altra; lasua volontà per essere un ricettacolo del Divino amore, e il suo intelletto per essere unricettacolo della Divina sapienza. Si è mostrato più sopra (n. 324) che queste due facoltà
sono presenti nell’uomo fino dal suo concepimento, costituiscono la sua stessa naturaumana, e in ogni uomo si formano quando egli è nell'utero. L' uomo è ad immagine di Dioperché riceve la Divina sapienza, ed è a somiglianza di Dio perché riceve il Divino amore.Perciò il ricettacolo che si chiama “intelletto” è l'immagine di Dio, e il ricettacolo che sichiama “volontà” è la somiglianza di Dio; quindi, poiché l'uomo è stato creato e formato peressere un ricettacolo, ne consegue che egli è stato creato e formato perché la sua volontàriceva l'amore da Dio, e perché il suo intelletto riceva da Dio la sapienza. L'uomo riceveentrambi, quando riconosce Dio e vive secondo i suoi comandamenti, ma in grado minoreo maggiore, nella misura in cui, in virtù della religione, egli conosce Dio e i suoicomandamenti; e specificamente nella misura in cui conosce le verità, poiché le veritàinsegnano ciò che è Dio e come deve essere riconosciuto, ed anche cosa sono icomandamenti e come si deve vivere in conformità ad essi.
[6] L'immagine e la somiglianza di Dio non sono realmente distrutte nell’uomo, ma sonovirtualmente distrutte; infatti esse rimangono insite nelle sue due facoltà, chiamate libertàe razionalità, di cui si è già trattato ripetutamente. Esse sono virtualmente distruttequando l'uomo ha fatto del ricettacolo del Divino amore, che è la sua volontà, il ricettacolodell'amore di sé, e del ricettacolo della Divina sapienza, che è il suo intelletto, il ricettacolodella propria intelligenza. Egli inverte così l'immagine e la somiglianza di Dio, poiché eglidistoglie da Dio i suoi ricettacoli5 e li rivolge verso se stesso. Essi si chiudono al di sopra esi aprono al di sotto, ovvero si chiudono davanti e aperti si aprono di dietro; mentre dallanascita essi erano aperti davanti e chiusi di dietro. Quando essi sono aperti e chiusi alrovescio, la volontà, che è il ricettacolo dell'amore, riceve l'influsso dall'inferno o dal suoproprium; così come l'intelletto, ricettacolo della sapienza. Perciò nelle chiese ha avutoorigine il culto degli uomini invece del culto di Dio, e il culto proveniente dalle falsedottrine al posto del culto proveniente dalle dottrine autentiche; e ciò in virtù della propriaintelligenza, cioè dell'amore di sé.
Da queste spiegazioni è evidente che la religione, nel corso del tempo, decade e siconsuma a causa dell'inversione dell'immagine di Dio nell’uomo.
[7] Terzo. Ciò avviene a causa del continuo aumento del male ereditario di generazione ingenerazione. Si è già detto e mostrato (n. 277) che il male ereditario non proviene da Adamoed Eva, sua consorte, perché si nutrirono del frutto dell'albero della scienza; ma è derivatoed è stato trasmesso successivamente dai genitori ai figli, e ad ogni generazione aumenta e
5 L’uomo spirituale è l’uomo nella sua essenza autentica che vive (la vita reale è quella dello spirito, essendo il corpouna manifestazione dello spirito dell’uomo, nel mondo) insieme al corpo nel mondo, e sopravvive alla morte delcorpo nel mondo. Strutturalmente, l’uomo spirituale è un duplice ricettacolo destinatario del Divino amore e dellaDivina sapienza. Invero, la ricezione secondo il Divino ordine dell’amore e della sapienza Divine (cioè vivereconformemente al precetti del Decalogo) rende autentica la vita dello spirito, la ricezione di questi in un modocontrario al Divino ordine (cioè vivere nel dispregio dei precetti del Decalogo, in primis, non riconoscere il Divinoe non conformare la propria vita ai precetti del Decalogo), fa di quella vita, la morte dello spirito ovvero ladannazione; questa è la distruzione dell’immagine e della somiglianza con il Divino, prodotta dalla separazionedell’uomo e dal suo contorcersi nell’amore di sé e nell’amore del mondo.
diventa peggiore. Quando il male è diventato più forte in molti uomini, allora si propaganelle moltitudini, poiché in ogni male vi è il desiderio di sedurre, che in alcuni arde d'iracontro il bene. Vi è quindi un contagio del male, quando questo infesta i dignitari, i capi e idottori della chiesa. La religione è pervertita, e i mezzi di guarigione, che sono le verità,divengono corrotti a causa delle falsificazioni. Ne consegue la successiva distruzione delbene e l’abbandono della verità nella chiesa, fino alla consumazione di quest’ultima.
[8] Quarto. Nonostante ciò il Signore fa sì che ognuno possa essere salvato. Il Signore provvedeaffinché ovunque vi sia una religione, e che in ogni religione vi siano i due principiessenziali della salvezza: riconoscere l’esistenza di un Dio, e non fare il male perché ècontro Dio. Tutte le altre cose che appartengono all'intelletto e quindi al pensiero, e che sichiamano elementi della fede, vengono concesse ad ognuno secondo il suo modo divivere, poiché esse sono elementi accessori della vita; se esse tuttavia prendono il primoposto, l’uomo non riceve la vita finché le mette in atto. Viene anche provveduto affinchétutti coloro che hanno vissuto bene ed hanno riconosciuto un Dio siano istruiti dagli angelidopo la morte, e che coloro i quali hanno accettato nel mondo quei due principi essenzialidella religione accettino le verità della chiesa così come si trovano nella Parola, ericonoscano il Signore come Dio del cielo e della chiesa. Essi ricevono tutto ciò piùfacilmente dei cristiani, che hanno portato con sé dal mondo terreno il concetto dellanatura umana del Signore separata dalla sua natura Divina. Il Signore ha ancheprovveduto affinché tutti quelli che muoiono fanciulli, in qualsiasi luogo siano nati,vengano salvati.
[9] Dopo la morte viene concessa ad ogni uomo anche la possibilità di emendare la suavita, se è possibile. Tutti vengono istruiti e guidati dal Signore per mezzo degli angeli.Poiché allora essi sanno che c’è una vita dopo la morte, e che esistono il cielo e l'inferno,all’inizio accolgono le verità; ma coloro che nel mondo non riconobbero un Dio e nonfuggirono i mali come peccati, ben presto provano disgusto per le verità e si ritirano.Coloro che riconobbero questi principi a parole e non con il cuore, sono come le verginistolte, che avevano le lampade ma non l’olio, ne chiesero alle altre vergini e poi se neandarono e lo acquistarono, e nel frattempo non furono accolte nella sala nuziale (Matteo25:1–13). Le lampade significano le verità della fede, e l'olio significa il bene della carità. Sipuò dunque comprendere che la Divina Provvidenza vuole che ognuno possa esseresalvato, e che è colpa dell'uomo stesso se non si salva.
[10] Quinto. Egli fa anche sì che una nuova chiesa possa succedere a quella precedente, ormaidistrutta. Ciò è avvenuto fino dalla più remota antichità; vale a dire che ad una precedentechiesa distrutta ne succedesse una nuova. Alla chiesa antichissima succedette la chiesaantica; alla chiesa antica succedette la chiesa israelita o giudaica; a questa succedette lachiesa cristiana. È predetto nell'Apocalisse che anche alla chiesa cristiana debba succedereuna nuova chiesa, indicata dalla nuova Gerusalemme che discende dal cielo (Ap. 21:2, 10).
Il motivo per cui il Signore provvede affinché una nuova chiesa succeda alla chiesaprecedente distrutta, è descritto in Insegnamenti sulla Sacra Scrittura, dal n. 104 al n. 113.
329. IV. Ciò significa che nessuno è predestinato all’inferno, ma solo al cielo. In Cielo e inferno,pubblicato a Londra nel 1758 (dal n. 545 al n. 550) è stato mostrato che il Signore nonprecipita nessuno all'inferno, ma che lo spirito vi si getta da solo. Ciò accade ad ognimalvagio e ad ogni empio dopo la morte, ed anche ad ogni malvagio e ad ogni empio inquesto mondo, con la differenza che nel mondo egli si può riformare, abbracciare edassorbire in sé i mezzi di salvezza; ma non gli è più possibile dopo la sua uscita dalmondo. I mezzi di salvezza sono i seguenti:
1° Fuggire i mali perché sono contro le leggi Divine del Decalogo.
2° Riconoscere che vi è un Dio. Questo ognuno lo può fare, purché non ami i mali, poichéil Signore fluisce continuamente nella volontà dell'uomo con il potere di fuggire i mali, enell'intelletto con il potere di pensare che vi è un Dio. Tuttavia nessuno può fare una cosasenza fare l’altra. Questi due punti sono uniti come le due tavole del Decalogo, una delSignore e l'altra dell'uomo. Il Signore, in virtù della sua tavola, illumina tutti gli uomini edà loro potere; ma essi ricevono l’illuminazione ed il potere nella misura in cui compionociò che è scritto nella loro tavola. Prima che essi compiano ciò che spetta loro, le due tavoleappaiono come poste l'una sull'altra, e chiuse con un sigillo. Ma nella misura in cui l'uomofa le cose che sono scritte sulla sua tavola, esse si dissigillano e si aprono.
[2] Che cos’è oggi il Decalogo se non un opuscolo o un libriccino chiuso, e apertosolamente dai fanciulli e dai bambini? Si provi a dire a un adulto: «Non fare questo perchéè contro il Decalogo». Presterà forse attenzione a queste parole? Ma se gli viene detto:«Non fare questo perché è contro le leggi divine», allora può prestarvi attenzione; eppure icomandamenti del Decalogo non sono altro che le leggi Divine. Ne ho fatto esperienza nelmondo spirituale con molte persone, le quali, quando venne loro parlato del Decalogo odel catechismo, lo rigettarono con disprezzo. La causa di ciò è che il Decalogo nellaseconda tavola, che è la tavola dell'uomo, insegna che si devono fuggire i mali; e colui chenon li fugge sia per indole malvagia, sia per la persuasione religiosa che le opere nongiovino a nulla, e che la fede sia la sola cosa necessaria prova un certo disprezzo quandosente nominare il Decalogo o il catechismo, come se sentisse nominare qualche librod'infanzia ormai inutile.
[3] Si sono dette queste cose affinché si sappia che a nessuno manca la conoscenza deimezzi grazie ai quali può essere salvato, nè il potere, se vuole essere salvato. Ne consegueche tutti sono predestinati al cielo, e nessuno è predestinato all’inferno. Ma poiché pressoalcuni è invalsa la persuasione in una predestinazione alla non salvezza, cioè alladannazione, e questa persuasione è perniciosa, e non può essere eliminata se la ragione
non si accorge della follia e della crudeltà insite in essa, è necessario trattarne inquest’ordine:
1° Una predestinazione che non sia per il cielo è contro il Divino amore e la sua infinità.
2° Una predestinazione che non sia per il cielo è contro la Divina sapienza e la sua infinità.3° Supporre che si salvino solamente coloro che sono nati nel grembo della chiesa èun’eresia insensata.
4° Supporre che alcuni uomini siano predestinati alla dannazione è un’eresia crudele.
330. Per dimostrare quanto è perniciosa la credenza nella predestinazione, così com’ècomunemente intesa, è necessario esaminare ed argomentare queste quattro affermazioni.
Primo. Una predestinazione che non sia per il cielo è contro il Divino amore e la sua infinità. Èstato mostrato in Divino amore e Divina sapienza Che Jehovah o il Signore è il Divino amore,e che questo amore è infinito, ed è la realtà essenziale di ogni vita; e inoltre che l'uomo èstato creato ad immagine di Dio, secondo la somiglianza di Dio. Poiché ogni uomo (si vedan. 328) viene formato dal Signore nell'utero, in quella immagine, secondo quellasomiglianza; ne consegue che il Signore è il Padre celeste di tutti gli uomini, e che gliuomini sono suoi figli spirituali; così infatti Jehovah o il Signore è chiamato nella Parola, ecosì sono chiamati gli uomini. Perciò egli dice:
Non chiamate padre il vostro padre sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, colui che è neicieli (Matteo 23:9)
Con ciò si intende che egli solo è il Padre quanto alla vita, e che il padre terreno è tale soloriguardo all'abito della vita, che è il corpo. Dunque nel cielo nessun altro si chiama Padre,eccetto il Signore. Molti passi nella Parola indicano chiaramente che gli uomini che noninvertono quella vita si chiamano figli, generati da Dio.
[2] Si può dunque comprendere che il Divino amore è in ogni uomo, sia egli malvagio obuono. Di conseguenza il Signore, che è il Divino amore, non può agire con gli uomini checome un padre sulla terra coi suoi figli, e infinitamente meglio, perché il Divino amore èinfinito; ed egli non può allontanarsi da nessuno, perché la vita di ognuno viene da lui.Sembra che si allontani dai malvagi, ma sono i malvagi che si allontanano da lui;nondimeno, egli amorevolmente li conduce. Perciò il Signore dice:
Chiedete, e vi sarà dato; cercate, e troverete; bussate, e vi sarà aperto. Chi mai tra voi, se il figliogli chiede del pane, gli dà una pietra? Se dunque voi, che siete malvagi, sapete dare buoni doniai vostri figli, quanto più il Padre vostro, che è nei cieli, darà cose buone a quelli che glieledomandano! (Matteo 7:7–11)
e altrove:
Egli fa sorgere il suo sole sopra i buoni e sopra i cattivi, e fa piovere sopra i giusti e sopra gliingiusti» (Matteo 5:45)
È anche noto nella chiesa che il Signore vuole la salvezza di tutti, e non vuole la morte dinessuno. Si può dunque comprendere che una predestinazione che non sia per il cielo ècontro il Divino amore.
[3] Secondo. Una predestinazione che non sia per il cielo è contro la Divina sapienza e la suainfinità. Il Divino amore, tramite la sua Divina sapienza, provvede ai mezzi grazie ai qualiogni uomo può essere salvato. Quindi affermare che vi sia una predestinazione che non èper il cielo, significa dire che egli non può provvedere ai mezzi per i quali si ottiene lasalvezza, mentre questi mezzi sono alla portata di tutti, come si è mostrato più sopra; equesti mezzi provengono dalla Divina Provvidenza, che è infinita. Se vi sono uomini chenon si salvano, è perché il Divino amore vuole che l'uomo senta in sé la felicità e labeatitudine del cielo, poiché altrimenti non vi sarebbe alcun cielo per lui. Ma questosentimento può manifestarsi, soltanto se all'uomo appare di pensare e volere da se stesso:perché senza questa apparenza nulla potrebbe essergli dato, ed egli non sarebbe neppureun uomo. È per questo che vi è una Divina Provvidenza, risultante dalla Divina sapienzache scaturisce dal Divino amore.
[4] Tuttavia, ciò non è contrario alla verità che tutti sono predestinati per il cielo, enessuno lo è per l'inferno. Se invece i mezzi di salvezza mancassero, allora la negherebbe;ma si è mostrato (nn. 326 e 329) che ognuno è stato dotato dei mezzi di salvezza, e che ilcielo è tale che tutti coloro che vivono rettamente (a qualsiasi religione appartengano) vihanno il loro posto. L'uomo è come la terra che produce frutti di ogni specie: in virtù diquesta facoltà, la terra è la terra. Se essa produce anche frutti cattivi, ciò non le toglie lafacoltà di produrre anche dei buoni frutti; ma questa facoltà le sarebbe tolta qualora nonpotesse produrre che frutti cattivi. L'uomo è anche come un oggetto che trasforma i raggidi luce che lo colpiscono. Se egli mostra solo colori sgradevoli la colpa non è della luce: iraggi di luce possono essere mutati anche in colori piacevoli.
[5] Terzo. Supporre che si salvino solamente coloro che sono nati nel grembo della chiesa èun’eresia insensata. Coloro che sono nati fuori della chiesa sono uomini, così come lo sonocoloro che sono nati nel suo seno. Essi hanno la stessa origine celeste; sono ugualmenteanime viventi e immortali. Hanno anche una religione in virtù della quale riconoscono chevi è un Dio, e che si deve vivere bene; e colui che riconosce un Dio e vive bene, divienespirituale al livello che gli è proprio e si salva, come si è mostrato più sopra (n. 326).
Qualcuno potrebbe obiettare che non sono battezzati; ma il battesimo salva solo coloro chesono stati lavati spiritualmente, vale a dire rigenerati. Il battesimo è un simbolo e unmemoriale della rigenerazione.
[6] Si potrebbe obiettare che essi non conoscono il Signore, e che senza il Signore non c’èsalvezza; ma nessuno si salva per il solo fatto di conoscere il Signore: l'uomo si salvaperché vive secondo i comandamenti del Signore. Il Signore è conosciuto da chiunquericonosce un Dio, poiché il Signore è il Dio del cielo e della terra, come insegna egli stesso(Matteo 28:18, e altrove). Inoltre, coloro che sono fuori della chiesa hanno l'idea di un Diopersonale più dei cristiani; e coloro che hanno l'idea di un Dio personale e vivono benesono accolti dal Signore. Essi riconoscono altresì che Dio è uno in persona e in essenza,diversamente dai cristiani; e pensano a Dio nella loro vita, poiché considerano i mali comepeccati contro Dio, e coloro che li considerano così, significa che pensano a Dio nella lorovita. I cristiani ricevono i comandamenti della loro religione dalla Parola, ma pochi sonocoloro che li mettono realmente in pratica nella loro vita.
[7] I cattolici romani non leggono la Parola; e i riformati, che credono alla fede separatadalla carità, non prestano attenzione alle cose che la Parola dice riguardo alla vita, masolamente a quelle che riguardano la fede, nonostante il fatto che tutta la Parola non siache una dottrina della vita. Il cristianesimo si trova solo in Europa, l’Islam e le altrereligioni noncristiane si trovano in Asia, nelle Indie, in Africa e in America. Il genereumano in queste parti del globo è dieci volte più numeroso del genere umano che è nellaparte del mondo cristiano; e in questa parte pochi sono coloro che mettono in atto lareligione nella vita. Cosa dunque può esservi di più folle che credere che solo i cristianisiano salvati, mentre gli altri siano dannati, e che all'uomo spetti il cielo per diritto dinascita e non per modo di vita? Perciò dice il Signore:
Io vi dico che molti verranno da Oriente e da Occidente, e siederanno a tavola con Abramo,Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli; ma i figli del regno saranno rigettati (Matteo 8:11, 12)
[8] Quarto. Supporre che alcuni uomini siano predestinati alla dannazione è un’eresia crudele. Èinfatti crudele credere che il Signore, che è lo stesso amore e la stessa misericordia,consenta al fatto che una grande moltitudine di uomini nasca per l'inferno, o che tantemiriadi di persone nascano dannate ed esecrate, cioè nascano come diavoli e satani; e chein virtù della sua Divina sapienza egli non provveda affinché coloro che vivono bene ericonoscono un Dio non siano gettati nel fuoco e nell’eterno tormento. Il Signore è anche ilcreatore e il salvatore di tutti, egli solo conduce tutti, e non vuole la morte di nessuno;dunque è crudele credere e pensare che una così grande moltitudine di nazioni e di popoli,sotto la sua guida e il suo sguardo, siano dati in preda al diavolo per predestinazione.
XVIII
Il Signore non può agire contro le leggi della Divina Provvidenza perchéagire contro queste leggi significherebbe agire contro il suo Divino amore e
contro la sua Divina sapienza, dunque contro se stesso
331. In Divino amore e Divina sapienza è stato mostrato che il Signore è il Divino amore e laDivina sapienza, e che questi due sono lo stesso Essere e la stessa Vita, in virtù dei qualitutto esiste e vive. È stato anche mostrato che dal Divino procede ciò che gli è simile; e cheil Divino Procedente è Dio stesso. La Divina Provvidenza è la prima delle cose cheprocedono da lui. Essa è costantemente concentrata sul suo fine: lo scopo per cui è statocreato l'universo. La messa in opera e la progressione di questo fine, tramite i mezziappropriati, è ciò che si chiama Divina Provvidenza.
[2] Poiché la Divina Provvidenza è il Signore stesso, ed è la prima e la più importantecosa che da lui procede, ne consegue che agire contro le leggi della Divina Provvidenzasignificherebbe da parte sua agire contro se stesso. Si può anche dire che il Signore è laProvvidenza, come si può dire che Dio è il supremo disegno, poiché la DivinaProvvidenza è il disegno Divino riguardante la salvezza degli uomini. Poiché non esisteun disegno senza leggi, in quanto le leggi lo definiscono nella sua realtà, e ciascuna legge èun disegno, poiché la sua origine è il disegno, ne consegue che, poiché Dio è il disegnostesso, egli è anche la legge del suo disegno. Lo stesso deve dirsi della Divina Provvidenza:poiché il Signore è la sua Provvidenza, egli è altresì la legge della sua Provvidenza. Èdunque evidente che il Signore non può agire contro le leggi della sua DivinaProvvidenza, perché agire contro queste leggi sarebbe agire contro se stesso.
[3] Non esiste inoltre alcuna operazione che non agisca su un soggetto, tramite certimezzi. Se un’azione non influisce su un soggetto, tramite certi mezzi, essa non può averluogo. Il soggetto della Divina Provvidenza è l'uomo; i mezzi sono le verità Divine grazieai quali egli ha la sapienza, e i beni Divini grazie ai quali ha l'amore. Tramite questi mezzila Divina Provvidenza realizza il suo scopo, che è la salvezza dell'uomo. Chi mira ad unoscopo considera anche i mezzi per realizzarlo; quando dunque colui che cerca tale scopo lorealizza, egli lo realizza tramite i mezzi. Ma queste proposizioni diverranno più chiarequando verranno esaminate nell'ordine seguente:
I. L'operazione della Divina Provvidenza per salvare l'uomo comincia dalla sua nascita edura sino alla fine della sua vita, e poi per tutta l'eternità.
II. L'operazione della Divina Provvidenza si compie continuamente tramite mezzi di puramisericordia.
III. Una salvezza istantanea per un atto di misericordia immediata non è possibile.
IV. Una salvezza istantanea per un atto di misericordia immediata è un serpente di fuocovolante nella chiesa.
332. I. L'operazione della Divina Provvidenza per salvare l'uomo comincia dalla sua nascita edura sino alla fine della sua vita, e poi per tutta l'eternità. Si è mostrato più sopra (n. 323) che ilcielo formato dal genere umano è lo scopo stesso della creazione dell'universo, e chequesto scopo, nel corso della sua realizzazione, è la Divina Provvidenza per salvare gliuomini; e che tutte le cose che sono fuori dell'uomo, e che gli servono per i suoi scopi, sonoi fini secondari della creazione. Questi, in breve, sono tutto ciò che esiste nei tre regni:animale, vegetale e minerale. Poiché le cose che sono in questi regni procedonocostantemente secondo le leggi dell'ordine Divino stabilite all’inizio della creazione, comepuò allora il fine primario, che è la salvezza del genere umano, non procederecostantemente secondo le sue leggi, che sono le leggi della Divina Provvidenza?
[2] Si pensi ad un albero da frutto. Dapprima nasce da un piccolo seme come un tenerogermoglio, poi successivamente diventa un tronco con i suoi rami che si coprono di foglie;quindi fa sbocciare dei fiori e genera dei frutti, in cui pone nuovi semi, con i qualiprovvede alla sua perpetuità. Lo stesso vale per ogni arbusto ed ogni erba dei campi: lapiù piccola cosa non procede forse in modo costante e ammirabile dal suo fine alla suarealizzazione finale secondo le sue leggi del suo disegno? Perché dovrebbe essere diversolo scopo più importante di tutti, ovvero il cielo composto dal genere umano? Può esserviforse qualcosa nel suo processo che ad ogni istante non sia in accordo con le leggi dellaDivina Provvidenza?
[3] Poiché vi è corrispondenza della vita dell'uomo con la crescita di un albero, se ne puòfare un raffronto. L'infanzia dell'uomo è come il tenero germoglio dell'albero che nascedalla terra in virtù del seme. L’infanzia e l'adolescenza dell'uomo sono come questogermoglio che cresce in un fusto e in dei ramoscelli. Le verità naturali che ogni uomoassimila all’inizio della sua vita sono come le foglie di cui si coprono i rami (questo è ilsignificato delle foglie nella Parola). I primi passi dell'uomo nel connubio del bene e dellaverità, il connubio spirituale, sono come i fiori che quell'albero produce in primavera, e leverità spirituali sono i petali di questi fiori. Gli inizi del connubio spirituale sono il fruttonel suo primo stadio; i beni spirituali, che sono le buone azioni compiute in spirito dicarità, sono come i frutti (questo è il significato di frutti nella Parola). La propagazionedella sapienza proveniente dall'amore è rappresentata dai semi, la cui fertilità rende l'uomocome un giardino e un paradiso. Nella Parola l'uomo viene infatti descritto come un albero,e la sua sapienza, proveniente dall'amore, come un giardino; il giardino dell’Eden nonsignifica altro.
[4] Invero, l'uomo è un cattivo albero, in ragione del suo seme; ciò nondimeno, gli èconcesso un innesto di ramoscelli presi dall'albero della vita, grazie ai quali la linfa dellavecchia radice si trasforma in una linfa che produce buoni frutti. È stato fatto questo
paragone affinché si sappia che, poiché nella crescita e nella riproduzione degli alberi vi èun costante processo della Divina Provvidenza, deve esservi un processo altrettantocostante nella riforma e rigenerazione degli uomini, che sono di gran lunga più importantidegli alberi, secondo queste parole del Signore:
Cinque passeri non si vendono per due soldi? Eppure nessuno di essi è dimenticato da Dio.Anzi, anche i capelli del vostro capo sono tutti contati; non temete dunque, voi valete più dimolti passeri. D’altronde chi di voi può aggiungere alla sua statura un solo cubito? Se dunquevoi non potete fare la benché minima cosa, perché vi inquietate per il resto? Considerate comecrescono i gigli. Ora, se Dio riveste così l'erba che oggi è nel campo e domani si getta nel forno,quanto più lo farà con voi, uomini di poca fede! (Luca 12:6, 7, 25, 26, 27, 28)
333. Si è detto che l'operazione della Divina Provvidenza per salvare l'uomo cominciadalla sua nascita e dura fino alla fine della sua vita. Per comprendere ciò bisogna sapereche il Signore vede ciò che siamo, ciò che vorremmo essere, e di conseguenza ciò chesaremo. Affinché l’uomo sia uomo, e quindi immortale, la sua libera volontà non puòessergli tolta, come si è già ampiamente dimostrato. Dunque il Signore prevede il suo statodopo la morte, e vi provvede dalla sua nascita fino alla fine della sua vita: nei malvagi viprovvede permettendo i mali, e distogliendoli continuamente da essi, e nei buoni viprovvede conducendoli al bene. Così la Divina Provvidenza è continuamente all’opera persalvare l'uomo; ma possono essere salvati solo quelli che vogliono essere salvati. Voglionoessere salvati coloro i quali riconoscono Dio e si lasciano guidare da lui; e non voglionoessere salvati coloro i quali non riconoscono Dio e si conducono da se stessi, poiché questinon pensano alla vita eterna né alla salvezza, ma i primi vi pensano. Il Signore vede tuttociò, e tuttavia conduce l’uomo secondo le leggi della sua Divina Provvidenza, contro lequali egli non può agire, poiché agire contro di esse sarebbe agire contro il suo Divinoamore e la sua Divina sapienza, cioè contro se stesso.
[2] Poiché egli prevede la condizione di ogni uomo dopo la morte, e prevede anche il suoluogo – l’inferno per coloro che non vogliono essere salvati, e il cielo per coloro chevogliono essere salvati – ne consegue che, come si è detto, egli provvede ai malvagi il loroluogo permettendo il male e distogliendoli da esso; ed ai buoni il loro luogo,conducendoli. Se egli non facesse ciò continuamente dalla nascita di ognuno fino alla finedella sua vita, il cielo non sussisterebbe, e neppure l'inferno. Perché senza questaprevisione, che in pari tempo è Provvidenza, non ci sarebbero cielo, né inferno, ma soloconfusione. Sul fatto che ciascuno abbia il suo posto, a cui è stato provveduto dal Signorein virtù della previsione, si veda più sopra, nn. 202, 203.
[3] Ciò può essere chiarito col seguente paragone. Se un arciere o un archibugiereprendesse di mira un bersaglio, e di là del bersaglio si tracciasse una linea retta lunga un
miglio; e se nel prendere la mira egli si sbagliasse solamente dello spazio di un'unghia, lafreccia o la palla alla fine del miglio si allontanerebbe immensamente dalla linea oltre ilbersaglio. Lo stesso accadrebbe se il Signore ad ogni momento, anzi ad ogni minimoistante, non mirasse l'eterno nel prevedere il luogo di ciascuno dopo la morte e nelprovvedervi. Ma dinanzi al Signore il futuro è presente nella sua interezza, e tutto ciò cheè presente è per lui eterno6; perciò tale errore è per lui impossibile. Che la DivinaProvvidenza in tutto ciò che fa consideri l'infinito e l'eterno, si vede ai nn. 4669, 214 e ss.
334. Si è detto anche che l'operazione della Divina Provvidenza dura per tutta l'eternità,poiché ogni angelo continua eternamente a perfezionarsi in sapienza, ognuno secondo illivello di affezione per il bene e la verità che possedeva alla sua morte. È questo livello chesi perfeziona in eterno; ciò che è oltre questo livello è fuori dell'angelo, e non dentro di lui,e ciò che è fuori di lui non si può perfezionare dentro di lui. Questo s'intende per la buonamisura, premuta, scossa e colma, che sarà data a coloro che perdonano e danno agli altri. (Luca6:37, 38), cioè coloro che conducono una vita buona e caritatevole.
335. II. L'operazione della Divina Provvidenza si compie continuamente tramite mezzi di puramisericordia. La Divina Provvidenza ha i suoi mezzi e le sue vie. I mezzi sono le cosetramite le quali l'uomo diviene uomo, e si perfeziona riguardo all'intelletto e alla volontà;le vie sono i modi con i quali i mezzi vengono portati ad effetto. I mezzi grazie ai qualil'uomo diviene uomo e si perfeziona nell'intelletto si definiscono genericamente verità.Queste diventano concetti nel pensiero, e fatti nella memoria; essenzialmente, sono ipensieri che danno origine a ciò che conosciamo. Tutti questi mezzi, considerati in sé, sonospirituali; ma poiché si manifestano nelle nostre faccende quotidiane, sembrano naturali invirtù di questo loro rivestimento, che è terreno e perfino fisico. Questi mezzi sono infinitiin numero e infiniti nella loro varietà. Alcuni di essi sono più semplici, altri più complessi;alcuni più imperfetti, altri più perfetti. Vi sono mezzi per dare forma e completezza allavita ad un livello civile e naturale, così come ad un livello morale e razionale, e ad unlivello spirituale e celeste.
[2] Questi mezzi, di un genere dopo l’altro, si succedono nella vita dell’uomodall'infanzia fino all’ultimo stadio, e poi nell'eternità. Succedendo l’uno all’altro siintensificano: quelli precedenti divengono mezzi per quelli successivi. Tutti gli stadidivengono parte di qualsiasi cosa prenda forma, come cause intermedie, perché ogni loroeffetto, ogni risultato finale, è attivo, e quindi diviene una causa. Così gli stadi posterioridivengono successivamente mezzi per altri stadi; e poiché ciò avviene eternamente, non vi
6 Volendo semplificare e comprendere in una qualche misura il punto di vista del Divino rispetto all’uomo e rispettoal mondo, si considerino lo spazio e il tempo (passato, presente e futuro) entro cui è delimitata l’esistenza delmondo e dell’uomo, come un libro, nelle cui pagine è scritta la progressione di questa esistenza. Il Divino che -inquanto infinito ed eterno - è oltre questa sfera di spazio-tempo in cui è confinata la materia, di cui è l’Artefice, vedealla sua creazione non come un libro, ma come un rotolo di pergamena spiegato e sempre presente ai suoi occhi inogni minimo dettaglio. Dunque l’intervento della Divina Provvidenza è finalizzato a limitare i mali e a condurre imalvagi verso il ravvedimento, nonché a perfezionare coloro che si sono avviati nella strada del bene, nel rispettoimprescindibile della libertà di ciascuno di accedere alla beatitudine o di precipitare nella dannazione (ndt).
è nulla di ultimo o di conclusivo. Come l'eternità è senza fine, così la sapienza che cresce ineterno è senza fine. Se nel savio vi fosse un termine alla sapienza, il piacere di questa, checonsiste nella sua perpetua moltiplicazione e fruttificazione, verrebbe meno, e diconseguenza si estinguerebbe il piacere della sua vita; al posto di esso succederebbe ilpiacere di essere intellettualmente brillanti, nel quale, considerato in sé, non vi è alcunavita celeste. Allora il savio non sarebbe più come un giovane, ma come un vecchio, e infinecome un uomo decrepito.
[3] Benché la sapienza dei savi nel cielo cresca eternamente, non è tuttavia possibile chela sapienza angelica si avvicini alla sapienza Divina a tal punto da potervisi identificare. È,per fare un paragone, come una linea retta tracciata accanto all'iperbole, che le si avvicinasempre e non la tocca mai. È anche come la quadratura del cerchio. Di qui si può scorgerecosa sono i mezzi, tramite i quali la Divina Provvidenza opera affinché l'uomo sia uomo,ed affinché si perfezioni nell'intelletto; questi mezzi si possono definire verità. Vi sonoaltrettanti mezzi grazie ai quali l'uomo si forma e si perfeziona nella volontà, ma questi sidefiniscono beni. Grazie a questi ultimi l'uomo ha l'amore, e grazie ai primi la sapienza. Laloro congiunzione fa l'uomo, poiché la natura di questa congiunzione determina la naturadell’uomo; tale congiunzione è ciò che si chiama matrimonio del bene e della verità.
336. Quanto ai modi con i quali la Divina Provvidenza opera nei mezzi e tramite i mezziallo scopo di formare l'uomo e di perfezionarlo, anch’essi sono infiniti in numero e invarietà; e sono tanti, quante sono le operazioni della Divina sapienza in virtù del Divinoamore per salvare l'uomo; sono tanti quante sono le operazioni della Divina Provvidenza,secondo le sue leggi, di cui si è già trattato. Si è già mostrato (nn. 164, 180, 296) che questimodi sono del tutto segreti, se paragonati al modo in cui le nostre anime operano con inostri corpi, di cui d’altronde sappiamo poco o nulla; ad esempio come l'occhio, l'orecchio,le narici, la lingua e la pelle sentono, e come lo stomaco digerisce, il mesenterio producechilo, il fegato elabora il sangue, il pancreas e la milza lo purificano, i reni lo separanodagli umori impuri, il cuore lo raccoglie e lo distribuisce, i polmoni lo purificano, ilcervello lo raffina e gli dà nuova vita, oltre ad innumerevoli altre cose, la cui profondità lanostra scienza può a malapena scandagliare. Da ciò è evidente che è ancor meno possibilepenetrare nelle operazioni occulte della Divina Provvidenza; è sufficiente che se neconoscano le leggi.
337. Il motivo per cui la Divina Provvidenza fa tutto per pura misericordia, è perché lastessa essenza Divina è il puro amore. Questo amore è ciò che opera tramite la Divinasapienza, ed è questa operazione che si chiama Divina Provvidenza. Questo puro amore èla pura misericordia per i seguenti motivi:
1° Perché è all’opera presso tutti coloro che vivono sulla terra, che nulla possono da sestessi.
2° Perché opera con i malvagi e gli ingiusti come con i buoni e i giusti.
3° Li dirige nell'inferno, e li trae fuori da lì.
4° Perché all’inferno lotta continuamente insieme a loro, e combatte per loro contro ildiavolo, cioè contro i mali dell'inferno.
5° Perché è per questo che è venuto nel mondo ed ha subito tentazioni, fino all'ultima diesse, che fu la passione sulla croce.
6° Perché agisce continuamente con gli impuri per renderli puri, e con i folli per guarirlidalla loro follia.
Così il Divino amore opera continuamente per pura misericordia.
338. III. Una salvezza istantanea per un atto di misericordia immediata non è possibile. Negliarticoli precedenti si è mostrato che l'opera della Divina Provvidenza per salvare l'uomocomincia dalla sua nascita e dura sino alla fine della sua vita, e poi nell’eternità; e inoltreche questa operazione si effettua continuamente con mezzi di pura misericordia. Da ciòrisulta che non esiste una salvezza istantanea, né una misericordia immediata. Ma vi sonomolti che pensano senza discernimento riguardo alle cose della chiesa o della religione, ecredono di salvarsi per misericordia immediata, e quindi che la salvezza sia istantanea.Tuttavia questo è contro la verità, ed è inoltre una convinzione perniciosa. È quindiimportante esaminare l’argomento nel suo ordine:
1° La fede in una salvezza istantanea per misericordia immediata deriva dallo statonaturale dell’uomo.
2° Questa fede proviene dall'ignoranza del nostro stato spirituale, che è del tutto diversodallo stato naturale.
3° Le dottrine di tutte le chiese nel mondo cristiano, considerate nel loro significatointeriore, sono contro la salvezza istantanea per misericordia immediata; nonostante ciò,coloro che fanno parte solo nominalmente della chiesa la sostengono.
[2] Primo. La fede in una salvezza istantanea per misericordia immediata deriva dallo statonaturale dell’uomo. L'uomo naturale, in virtù del suo stato, sa solamente che la gioia celesteè come la gioia mondana, e che essa fluisce e si riceve nella stessa maniera; come, adesempio, quando un povero diventa ricco, e passa così dal triste stato dell'indigenza allostato felice dell'opulenza; o come quando un uomo disprezzato da tutti diviene un uomoonorato, e passa così dal disprezzo alla gloria; o come quando si passa da una casa in luttoad un'allegra sala di nozze. Poiché questi stati possono essere mutati in un solo giorno, enon si ha alcuna idea dello stato dell'uomo dopo la morte, è chiaro da dove viene la fede inuna salvezza istantanea per misericordia immediata.
[3] Nel mondo molte persone possono trovarsi in una stessa compagnia e in una stessasocietà civile, e rallegrarsi insieme, e nello stesso tempo essere di animo diverso; ciòavviene nel mondo naturale, perché l'esteriorità di un uomo si può adattare a quella di unaltro, benché le loro interiorità siano dissimili. Considerando questo stato naturale, gliuomini deducono che la salvezza significa solamente essere ammessi fra gli angeli nelcielo, e che questa ammissione è un effetto della misericordia immediata. Perciò si credeanche che il cielo possa essere concesso ai malvagi così come ai buoni, e che allora vi siauna comunità simile a quella che esiste nel mondo, con la differenza che la comunitàceleste è piena di gioia.
[4] Secondo. Questa fede proviene dall'ignoranza del nostro stato spirituale, che è del tuttodiverso dallo stato naturale. Si è già trattato più volte dello stato spirituale, che è lo statodell'uomo dopo la morte, e si è mostrato che ciascuno è il suo amore, e che nessuno puòvivere con altri se non con quelli che sono in un amore simile al suo; e che se l’uomo visitaaltri, diversi da lui, non può respirare la sua vita. Ne consegue che ognuno, dopo la morte,comincia ad associarsi con uomini simili a lui, cioè con quelli che sono in un amore simileal suo, e che egli li riconosce come parenti e amici; e il che è sorprendente – quando egliviene fra essi e li vede, è come se li avesse conosciuti fin dall'infanzia. Questo è l'effettodell'affinità e dell'amicizia spirituale. Ma non solo; in ciascuna comunità nessuno puòabitare in una casa diversa dalla sua. In una comunità ciascuno ha la sua casa, che trovapreparata per lui fino dal momento in cui entra a far parte di quella comunità; egli puòessere in compagnia di altri fuori della sua casa, ma non può dimorare altrove che nellasua. E ancora, in una stanza di una casa altrui nessuno non può sedersi se non nel suoposto; se si siede in un altro posto, diviene come privo di pensiero e muto; e,sorprendentemente, ognuno, entrando in una stanza, conosce il suo posto. La stessa cosaavviene nelle chiese, e ovunque le persone si riuniscono in gruppi.
[5] Da ciò si può comprendere che lo stato spirituale è del tutto diverso dallo statonaturale, ed è tale che nessuno può essere altrove che là dov’è il suo amore dominante;poiché là è il piacere della sua vita, ed ognuno vuol essere nel piacere della sua vita. Lospirito dell'uomo non può essere altrove, perché ciò costituisce la sua vita, anzi la suastessa respirazione, nonché la pulsazione del suo cuore. Diversamente avviene nel mondonaturale; in questo mondo l'esteriorità dell'uomo viene istruita fin dall'infanzia a simulare,con l’espressione del viso, le parole e i gesti, piaceri diversi da quelli che appartengono allasua interiorità. Non è dunque possibile, dallo stato dell'uomo nel mondo naturale,comprendere il suo stato dopo la morte, poiché lo stato di ognuno dopo la morte èspirituale; ed esso consiste nel fatto che nessuno può essere altrove che nel piacere del suoamore, che ha acquisito nel mondo naturale per il tipo di vita che ha condotto.
[6] Da queste spiegazioni si può comprendere chiaramente che chiunque sia nel piaceredell’inferno non può essere posto nel piacere del cielo, comunemente denominato gioia
celeste: o, ciò che è lo stesso, chiunque sia nel piacere del male non può essere posto nelpiacere del bene. Ciò diventa ancora più chiaro se sappiamo che, dopo la morte, non sinega a nessuno di salire al cielo; anzi gli si mostra la via, gli si concedono i mezzi e ilpermesso di entrare. Ma non appena entra nel cielo, e respira il suo piacere, il pettocomincia ad sentirsi oppresso, il cuore a provare tormento e vertigini, per cui l’uomo sicontorce come una serpe vicina al fuoco. Allora distoglie il suo volto dal cielo e si rivolgeall’inferno, fuggendo precipitosamente, e non si riposa che nella società consona al suoamore. Quindi è chiaro che nessuno può entrare in cielo per immediata misericordia, e chedi conseguenza non è sufficiente esservi ammesso, come credono in molti nel mondo; eche non c'è una salvezza istantanea, poiché questa presuppone una misericordiaimmediata.
[7] Vi erano alcuni che nel mondo avevano creduto ad una salvezza istantanea perimmediata misericordia, i quali, divenuti spiriti, vollero che il loro piacere infernale,ovvero piacere del male, fosse trasformato dalla Divina onnipotenza, e in pari tempo dalladivina misericordia, in piacere celeste o piacere del bene. Poiché lo desideravanoardentemente, fu anche permesso che ciò fosse fatto dagli angeli, i quali allora tolsero loroil piacere infernale; ma siccome questo piacere era il piacere dell'amore della loro vita, e diconseguenza la loro stessa vita, essi caddero subito come morti, privi di sensi e immobili.Non fu possibile insufflare in essi una vita diversa dalla loro, perché tutte gli elementidella loro mente e del loro corpo, che erano volti all’indietro, non poterono essere rivoltatiin senso contrario. Quindi essi furono richiamati in vita tramite il ristabilimento delpiacere dell'amore della loro vita. Dopo questa esperienza essi dissero che in quello statoavevano provato interiormente qualcosa di crudele e di orribile, di cui non vollero parlare.Perciò in cielo si dice che è più facile trasformare un gufo in tortora, ed un serpente inagnello, che uno spirito infernale in un angelo del cielo.
[8] Terzo. Le dottrine di tutte le chiese nel mondo cristiano, considerate nel loro significatointeriore, sono contro la salvezza istantanea per misericordia immediata; nonostante ciò, coloro chefanno parte solo nominalmente della chiesa la sostengono. Considerate nel loro senso interiore,le dottrine di tutte le chiese insegnano la vita. Quale è mai la chiesa la cui dottrina noninsegni che l' uomo deve esaminarsi, vedere e riconoscere i suoi peccati, confessarli, farepenitenza e infine vivere una nuova vita? Chi senza questo avvertimento e precetto vieneammesso alla Santa Comunione? Si indaghi e se ne avrà conferma. Vi è forse una chiesa lacui dottrina non sia fondata sopra i precetti del Decalogo? I precetti del Decalogo sono iprecetti della vita. Quale uomo che appartenga alla chiesa, in cui vi sia qualcosa dellachiesa, non riconosce, appena la sente pronunciare, la verità che chi vive bene si salva, echi vive male si condanna? Perciò nel simbolo di fede di Atanasio, che è la dottrinaammessa in tutto il mondo cristiano, si dice che il Signore verrà a giudicare i vivi e i morti, e
che quelli che hanno fatto opere buone entreranno nella vita eterna, e coloro che hanno fatto operecattive andranno nel fuoco eterno.
[9] È dunque evidente che, considerate interiormente, le dottrine di tutte le chieseinsegnano la vita. Poiché insegnano la vita, esse insegnano che la salvezza dipende dallavita che si è condotta. La vita dell'uomo non viene insufflata in lui in un solo momento, masi forma gradualmente, e si riforma allorché l'uomo fugge i mali come peccati, diconseguenza quando l'uomo sa ciò che è il peccato, lo conosce e lo riconosce, non lo vuolee quindi se ne astiene, e quando conosce anche quei mezzi che riguardano la conoscenzadi Dio. La vita dell'uomo si forma e si riforma tramite tutte queste cose, che non si possonoinfondere in un momento. È dunque necessario che il male ereditario, che in sé è infernale,sia rimosso, e che al suo posto sia immesso il bene, che in sé è celeste. L'uomo per il suomale ereditario può essere paragonato a un gufo quanto all'intelletto, e ad un serpentequanto alla volontà; e l'uomo riformato può essere paragonato ad una colomba quantoall'intelletto, e ad una pecora quanto alla volontà. Perciò una riforma istantanea, e quindiun'istantanea salvezza, sarebbero come un’improvvisa trasformazione di un gufo incolomba, e di un serpente in pecora. Nessuno che sappia qualcosa della vita umana puòcredere in una cosa simile, a meno che la natura del gufo e del serpente non sia cancellata,e sostituita dalla natura della colomba e della pecora.
[10] È noto anche che ogni persona intelligente può diventare più intelligente, ed ognisavio più savio, e che l'intelligenza e la sapienza nell'uomo possono crescere, e in alcunicrescono dall'infanzia fino alla fine della vita; e che l'uomo in questo modo si perfezionacontinuamente. Perché mai non dovrebbero crescere ancor di più l'intelligenza e lasapienza spirituali, che sono di due gradi più elevate rispetto all’intelligenza e allasapienza naturali, e che ascendendo, divengono angeliche, cioè ineffabili? Si è già detto chepresso gli angeli esse si accrescono; ognuno può comprendere, se lo vuole, che èimpossibile che ciò che si perfeziona eternamente divenga perfetto in un istante.
339. Da ciò che si è detto fin qui è evidente che tutti coloro che pensano alla salvezza,sulla base della vita reale, non credono ad alcuna salvezza istantanea per misericordiaimmediata, ma pensano ai mezzi di salvezza nei quali e per i quali il Signore operasecondo le leggi della sua Divina Provvidenza, tramite i quali l'uomo viene condotto dalSignore in virtù della pura misericordia. Ma coloro che non pensano alla salvezzabasandosi sulla vita, credono nell’esistenza della salvezza istantanea, e della misericordiaimmediata; come, ad esempio, coloro che separano la fede dalla carità (la carità è un mododi vivere), e credono che la fede sia concessa in un momento e, se non prima, almenoall'approssimarsi della morte. Così fanno anche coloro che credono che la remissione deipeccati senza la penitenza sia l'assoluzione dei peccati, e di conseguenza la salvezza, e siaccostano alla Santa Cena; come pure coloro che confidano nelle indulgenze dei monaci,
nelle loro preghiere per i defunti, e nelle loro dispense in forza del potere che alcuni hannopreteso di avere sulle anime degli uomini.
340. IV. La salvezza istantanea per misericordia immediata è un serpente di fuoco volante nellachiesa. Per serpente di fuoco volante nella chiesa si intende un male risplendente di fuocoinfernale, come il serpente di fuoco volante in Isaia:
Non gioire, Filistea tutta, perché si è spezzata la verga di chi ti percuoteva. Poiché dalla radicedel serpente uscirà una vipera, e il suo frutto sarà un drago alato di fuoco (Is. 14:29)
Un simile male vola nella chiesa, quando si crede ad una salvezza istantanea permisericordia immediata, poiché ciò:
1° distrugge la religione;
2° fa sentire gli uomini al sicuro;
3° la dannazione viene attribuita al Signore.
[2] Quanto a ciò che riguarda il primo punto, che ciò distrugge la religione, vi sono dueelementi essenziali e onnipresenti nella religione: riconoscere di Dio e fare penitenza.Queste due cose sono vane per coloro che credono di essere salvati grazie alla solamisericordia, in qualsiasi modo essi vivano. Che bisogno hanno di dire altro che questo:«Mio Dio, abbi pietà di me»? Quanto a tutto il resto che riguarda la religione, essi sononell'oscurità, e amano la loro oscurità. Sul primo elemento essenziale della chiesa, che èriconoscere Dio, essi pensano solo: « Che cos’è Dio? Chi l'ha mai visto?» Se si dice cheesiste, e che è uno, essi dicono che è uno; se si dice che sono tre, essi dicono che sono tre,ma che i tre debbono essere considerati come uno: tale è la loro conoscenza di Dio.
[3] Riguardo all'altro elemento essenziale della chiesa, che è la penitenza, essi nonpensano nulla. Di conseguenza non fanno caso ad alcun peccato, ed alla fine ignorano chevi sia qualche peccato; allora ascoltano e accolgono con gioia la dottrina che la legge noncondanna, perché il cristiano non è sotto il suo giogo; e che basta che si dica: «Mio Dio,abbi pietà di me per amore di tuo Figlio», per ottenere la salvezza. Per costoro, questa èuna vita di penitenza. Ma se si toglie la penitenza, il che significa separare la vita dallareligione, cosa resta se non il suono delle parole «Abbi pietà di me?». Ne consegue che essipossono dire che pronunciando semplicemente queste parole la salvezza è istantanea, e seciò non avviene prima, accade tuttavia all'approssimarsi della morte. Che cos’è dunque laParola per loro, se non un messaggio oscuro ed enigmatico proferito dal tripode in unantro, o come il responso incomprensibile dell'oracolo di qualche idolo? In breve, se toglila penitenza, vale a dire se separi la vita dalla religione, che cos’è l'uomo se non un male
che risplende di un fuoco infernale, o un serpente di fuoco volante nella chiesa? Perchésenza la penitenza l'uomo è nel male, e il male è l’inferno.
[4] Secondo. La credenza nella salvezza istantanea per pura e sola misericordia fa sentire gliuomini al sicuro. Sentirsi sicuri in questa vita deriva dalla persuasione dell'empio che non visia vita dopo la morte, o dalla persuasione di colui che separa la vita dalla salvezza.Quest’ultimo crede nella vita eterna, ma pensa: “Sia che io viva bene, sia che io viva male,posso essere salvato, poiché la salvezza è pura misericordia, e la misericordia di Dio èuniversale, perché egli non vuole la morte di nessuno.” E se per caso gli sovviene che lamisericordia deve essere chiesta con le parole approvate dalla fede ricevuta, egli puòpensare: «Questo si può fare, se non subito, almeno prima della morte.» Ogni uomo che haquesta sicurezza considera come cose da nulla gli adulteri, le frodi, le ingiustizie, leviolenze, le bestemmie, le vendette. Egli abbandona la sua carne e il suo spirito a tuttiquesti mali. Non sa neppure ciò che è il male spirituale e il desiderio di esso. Se odequalcosa a tale proposito dalla Parola, ciò diventa come qualcosa che cade sull'ebano erimbalza, o come qualcosa che cade in un fosso e scorre via.
[5] Terzo. Questa credenza fa sì che la dannazione venga attribuita al Signore. Se fosse vero cheil Signore può salvare ognuno per pura misericordia, chi non penserebbe che la colpa nonè dell'uomo, ma del Signore, se l'uomo non si salva? Se il mezzo per ottenere la salvezza èla fede, a quale uomo non può essere concessa questa fede ? Poiché la fede è solamente unpensiero, che può essere trasfuso nell’uomo quando lo spirito è astratto dalle cosemondane; egli può dire anche: «Io non posso acquisire alcunché da me stesso”. Se dunquela fede non viene concessa, e l'uomo si danna, cosa può pensare il dannato se non che lacolpa è del Signore, che avrebbe potuto ma non ha voluto? Ciò non significherebbedunque definirlo spietato? E nel fervore della sua fede il dannato non potrebbe forse dire:«Come può il Signore vedere tanti dannati nell'inferno, quando egli può salvarli tutti in unistante per pura misericordia? Senza parlare di molti altri ragionamenti simili, che sipossono definire solo spaventose accuse contro Dio. Da queste spiegazioni si puòcomprendere che la fede in una salvezza istantanea per pura misericordia è un serpente difuoco volante nella chiesa.
* * * * * * * * * *
[6] Perdonatemi se, per riempire il resto del foglio, aggiungo questa narrazione. Adalcuni spiriti fu concesso di salire dall'inferno, e mi dissero:
Tu hai scritto molte cose da parte del Signore, scrivi anche qualche cosa secondo il nostropunto di vista.
Risposi: Che cosa scriverò?
Essi dissero: Scrivi che ogni spirito, sia buono, sia cattivo, è nel suo piacere. Il buono è nelpiacere del suo bene, ed il cattivo nel piacere del suo male.
Chiesi: Cos’è il vostro piacere ? Essi dissero che era il piacere di commettere adulterio, dirubare, di frodare, di mentire.
E di nuovo io domandai: Quali sono codesti piaceri?
Risposero: Gli altri li sentono come puzzo di escrementi, fetore di cadaveri e di urinecorrotte.
Io dissi: Sono queste le cose piacevoli per voi ?
Essi risposero: Piacevolissime.
Replicai: Allora voi siete come le bestie immonde, che vivono in mezzo a tali sporcizie.
Essi risposero: Se lo siamo, lo siamo; ma tali odori sono deliziosi per le nostre narici.
Chiesi: Cosa scriverò ancora, secondo voi?
Essi dissero: Che è permesso ad ognuno di essere nel suo piacere, anche se è immondo,come alcuni direbbero, purché non disturbi gli spiriti buoni e gli angeli; ma poiché nonpossiamo evitare di disturbarli, veniamo cacciati e precipitati nell'inferno, dove soffriamoterribilmente.
Chiesi: Perché disturbate i buoni? Essi risposero che non potevano fare altrimenti; che ècome un furore che li invade quando vedono qualche angelo, e avvertono l’aura Divinache lo circonda.
Allora dissi: Ciò vi rende simili ad animali selvaggi. Udendo queste parole furono presida un terribile furore, che era il fuoco dell'odio; e affinché non causassero danni, furonoriportati all'inferno.
Riguardo ai piaceri avvertiti come odori o fetori nel mondo spirituale, si veda sopra, nn.303, 304, 305, 324.