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ORGANIZZAZIONE PROFESSIONALE. PROF MARIANI. TECNICHE DI DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
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CAPITOLO I: Le professioni sanitarie.............................................4
1) IL CONTESTO SANITARIO: CENNI.........................................................4
1.1) L’erogazione del servizio..................................................................................4
1.2) L’ambiente organizzativo: un sintetico richiamo..............................................7
1.3) Un fenomeno di analisi recente: la violenza sul posto di lavoro.....................11
2) LE PROFESSIONI SANITARIE: ASPETTI GENERALI....................................15
2.1) Il profilo storico...............................................................................................18
2.2) Struttura del personale delle Aziende sanitarie................................................21
2.2.1) Classificazione secondo il Ccnl di applicazione.......................................24
2.2.2) Classificazione secondo il ruolo di appartenenza...................................25
2.2.3) Classificazione secondo le categorie........................................................26
2.2.4) Classificazione secondo il profilo professionale......................................29
2.3) L’aspetto dimensionale....................................................................................29
CAPITOLO II: il Tsrm, aspetti storico-normativi............................33
1) ASPETTI STORICI...........................................................................33
1.1) Introduzione.....................................................................................................33
1.2) La nascita dei Tsrm..........................................................................................35
1.2.1) L'evoluzione della base cognitiva e la nascita delle prime scuole............36
1.2.2) L'associazionismo professionale...............................................................38
1.2.3) Il riconoscimento dello Stato: un atto anticipato ?...................................41
2) LA LEGISLAZIONE INERENTE LA PROFESSIONE TSRM.............................44
2.1) La Legge 4 Agosto 1965, n. 1103....................................................................44
2.2) Il DPR 6 Marzo 1968, n. 680...........................................................................46
2.3) La Legge 31 Gennaio 1983, n. 25...................................................................48
2.4) D.M. 26 Settembre 1994, n. 746......................................................................51
2.5)La Legge 26 Febbraio 1999, n. 42....................................................................54
2.6) La Legge 10 Agosto 2000, n. 251 e la Legge 1 Febbraio 2006, n. 43...........57
2.7) Il D.Lgs. n. 187/2000.......................................................................................59
Capitolo III: il Tsm, profilo e competenze....................................63
1) FONTI DEL PROFILO PROFESSIONALE..................................................63
1.1) Il rinvio al profilo professionale......................................................................63
1.1.1) Il Decreto Ministeriale n. 746/94..............................................................64
1.2) Il rinvio agli ordinamenti didattici ed alla formazione post-base....................66
-2-
1.3) Il rinvio al codice deontologico.......................................................................66
1.4) Il limite dell'atto medico..................................................................................68
1.5) Il limite delle competenze delle altre professioni cd."laureate"......................69
2) COMPETENZE NEI PRINCIPALI AMBITI OPERATIVI...................................70
2.1) La responsabilità in ambito professionale.......................................................71
2.1.1) Il Tsrm come incaricato di pubblico servizio...........................................71
2.1.2) Il principio dell’affidamento nel lavoro in èquipe....................................73
2.1.3) Il Consenso informato..............................................................................76
Capitolo IV: Collegi Professionali e Federazione Nazionale dei Collegi.......................................................................................81
4.1) Introduzione.....................................................................................................81
4.2) I Collegi professionali......................................................................................82
4.3) l potere disciplinare..........................................................................................83
Allegati normativi......................................................................89
LEGGE N. 4 AGOSTO 1965, N.1103....................................................90
LEGGE 31 GENNAIO 1983, N. 25.....................................................95
DECRETO 26 SETTEMBRE 1994, N. 746.........................................101
LEGGE 26 FEBBRAIO 1999, N. 42.....................................................103
LEGGE 10 AGOSTO 2000, N. 251.......................................................106
LEGGE 1 FEBBRAIO 2006, N. 43.........................................................109
Bibliografia..............................................................................115
-3-
CAPITOLO I: Le professioni sanitarie
1) Il contesto sanitario: cenni
1.1) L’erogazione del servizio
Com'è noto esistono differenze tra aziende e/o imprese che erogano
beni materiali e quelle che erogano servizi, questa differenza,
inevitabilmente, si riflette sull'aspetto organizzativo. E’ stato definito1, in
termini sintetici, servizio il rapporto tra erogatore e cliente attraverso il
quale il primo fornisce una prestazione al secondo. È possibile tuttavia
cercare di differenziare bene e servizio, per quanto riguarda l'ambito
sanitario, secondo gli esempi seguenti.
Intangibilità: è la prima differenza di rilievo tra un bene -oggetto
materiale- e il servizio -immateriale- o meglio: a scarsa percettibilità fisica.
Pensiamo alla diagnosi medica oppure ad una seduta di trattamento
fisioterapico. È pur vero che vi sono interventi sanitari i cui effetti sono ben
percepibili: un trattamento chirurgico, una terapia antalgica, l'esecuzione di
un esame radiografico. Tuttavia, la prestazione, non genera un oggetto,
inteso in senso stretto, ma un prodotto finale, inteso in senso ampio, utile
per l'utente e che, sul mercato, trova valore spendibile.
Assenza di magazzino: i servizi, diversamente dai beni, vengono
consumati nel momento stesso che vengono prodotti, non sono
immagazzinabili, non sono trasportabili e non è facile esibirli. Sotto
l'aspetto organizzativo questa particolarità non è di poco conto. Poiché le
aziende devono ottimizzare l'incontro fra la domanda e offerta della
prestazione, in caso di elevata domanda e bassa offerta di servizi (ad
esempio la scarsità di posti letto in un reparto chirurgico, liste di attesa per
un accertamento diagnostico, ecc.) la clientela non sarà soddisfatta. Il caso
opposto: elevata offerta e scarsa domanda vi sarà uno spreco di risorse e di
capacità produttiva.
1 C.Calamandrei, C. Orlandi:: La dirigenza infermieristica. 2002.
-4-
Risoluzione dei problemi: le aziende di servizi sono aziende
problem-solving, orientate ai bisogni della clientela ed alla capacità di
rispondere alle aspettative, assicurando una qualità, percepita o
effettivamente erogata, il più possibile vicina a quella attesa.
Compresenza di contenuti tecnico-specialistici e relazionali:
talvolta prevale il contenuto tecnico del servizio, con un ruolo limitato dal
cliente nell'espressione dei propri bisogni come può essere un prelievo
ematico. In questa situazione, in linea di massima, il cliente chiede solo la
correttezza dell’esecuzione in breve tempo. In altri casi prevale il contenuto
relazionale, ad esempio nella raccolta dei dati anamnestici o negli
interventi di educazione alla salute.
Interattività del processo di produzione-erogazione: in ambito
sanitario la partecipazione del paziente, misurata come quantità di tempo
trascorso all'interno dell’azienda erogatrice rispetto al tempo totale
richiesto per l'erogazione del servizio, è spesso molto elevata. Il servizio
quindi diviene un momento sociale il cui fulcro è quello della relazione. La
qualità dell’erogato pertanto dipende anche dal personale che interagisce
con il paziente, dalle sue specifiche competenze e capacità relazionali. In
questo settore è possibile rilevare notevoli differenze tra le capacità
richieste alle varie figure professionali. Pensiamo alle relazioni che può
avere un infermiere in un reparto, un tecnico di radiologia in un servizio di
diagnostica per immagini, un fisioterapista o un tecnico di laboratorio:
situazioni profondamente diverse che richiedono abilità di diversa intensità.
Le aziende dei servizi pertanto, prendendosi cura dei clienti, tendono ad
avere una filosofia orientata proprio alla "persona"; non a caso il codice
deontologico dei Tsrm incentra l'attenzione proprio su essa.
Centralità della risorsa umana: pertanto, connesso al punto
precedente, non può che essere la gestione delle risorse umane come
perno attorno al quale ruota un moderno modello organizzativo. Modello
che dia rilievo anche allo sviluppo professionale e alla comunicazione
interna l'ambiente di lavoro. Com’è ovvio l'affermazione non intende affatto
sminuire il ruolo degli altri fattori produttivi, quali le risorse tecnologiche ed
economiche, intende soltanto sottolineare quanto la risorsa umana sia un
valore aggiunto dell'azienda.
-5-
Scarsa standardizzazione: i servizi, generalmente, sono
scarsamente standardizzabili. Quelli sanitari in particolare presentano
difficoltà ulteriori e, apparentemente, la mancanza di uniformità va a
discapito dell'efficienza. Inoltre l’interazione fra operatori e clienti è intensa,
di conseguenza il processo relazionale intacca inevitabilmente il processo
produttivo nella sua fluidità e tempistica. Il bisogno centrale, quello per cui
il cliente si rivolge all'azienda erogatrice, è diverso per ogni utente
(necessità di diagnosi, necessità di terapie, necessità di informazioni ecc.);
oltre al bisogno centrale, sono presenti altri bisogni collaterali dovuti alle
caratteristiche intrinseche del cliente: biologiche, psichiche e sociali,
anagrafiche, sessuali, il modo con cui affronta la malattia, in grado
d'istruzione e così via. Compito dell'azienda, tramite le proprie risorse
umane, è riuscire a combinare opportunamente e singolarmente la
standardizzazione con la personalizzazione (umanizzazione) del processo
produttivo.
Quantificazione: le aziende che erogano servizi, diversamente da
quelle che erogano beni materiali, misurano con maggiore difficoltà quanto
hanno oggettivamente prodotto. La misurazione deve tener conto di due
elementi nodali: l’aspetto quantitativo e quello qualitativo. Mentre il primo
può essere caratterizzato sotto un aspetto prevalentemente oggettivo (n. di
ricoveri, pazienti visitati, esami eseguiti), il secondo, per sua natura, è di
connotato da una intensa soggettività. Anche il cliente, da parte sua,
esprime valutazioni che sono prevalentemente di tipo soggettivo. Può
essere contento del servizio, perché dal punto di vista relazionale è stato
soddisfatto, pur non essendo a conoscenza che il bisogno preminente che
lo ha spinto a rivolgersi a quell’azienda, ad esempio un esame radiografico,
non è stato fornito con sufficiente cura: può accadere che le immagini
consegnate appartengono ad un altro paziente, o il referto non sia esatto.
In caso di ricovero la terapia somministrata potrebbe non essere stata
quella corretta. Tutte ipotesi tutt’altro che remote. Naturalmente vale
anche il discorso opposto: scarsa soddisfazione dal punto di vista
relazionale, pur con un accertamento diagnostico esatto. Sotto l'aspetto
organizzativo quindi rimane la difficoltà, oggettiva, di migliorare i processi
in essere.
-6-
Carattere pubblicistico: la maggior parte dei servizi sanitari sono
erogati da strutture pubbliche. In questo settore rimane particolarmente
arduo sostenere una scelta di tipo aziendalistico in senso stretto. Senza
entrare nel merito, non appartenendo ai nostri fini la discussione sul tema,
la soddisfazione del bisogno di salute, bisogno costituzionalmente tutelato,
difficilmente può essere soddisfatto in senso ampio con una visione
esclusivamente economico-mercatoria dell'organizzazione. È evidente che
una visione, strettamente intesa, di tipo aziendalista: far fruttare il capitale
investito, male si concilia con un'attività finalizzata all'incertezza del
risultato e, soprattutto, sull'investimento di risorse umane e materiali nei
confronti di alcune tipologie di pazienti. Nondimeno, sotto un altro aspetto,
l'eccessiva burocratizzazione dei servizi pubblici ha condotto talvolta ad
una percezione negativa del servizio erogato. Anche in questa tipologia di
mercato comunque vale la regola della concorrenzialità tra le aziende,
siano esse pubbliche o private. E’ tuttavia necessaria una precisazione:
trattasi di un mercato “anomalo” rispetto al normale incontro tra domanda
ed offerta. Anomalo perché alcune concorrenti, le aziende pubbliche,
godono di tutele pubblicistiche, mentre altre sono sottoposte alle regole
ordinarie del mercato (il c.d. rischio d’impresa). Per contro le prime sono
maggiormente vincolate nelle scelte, le seconde godono di maggior libertà
d’azione nelle proprie strategie al fine di adattare la propria offerta in
funzione della domanda di servizi.
1.2) L’ambiente organizzativo: un sintetico richiamo
Le moderne necessità organizzative richiedono che anche la
produzione dei servizi sia una produzione per processi.
Per processo si intende un insieme di attività interdipendenti e
cronologicamente correlate finalizzate ad un prodotto/servizio finale. Scopo
del processo è la trasformazione di entità, o fattori, in ingresso ( input) in
entità, o fattori, in uscita (output).
Questa definizione calza per qualunque tipologia di attività,
dall'approvvigionamento dei magazzini, siano essi del servizio radiologico o
della cucina, alla produzione di immagini diagnostiche; fino
-7-
dall'accettazione, ricovero, dimissione del paziente. L'unità di misura del
processo è l'efficacia sia gestionale: rapporto percentuale tra obiettivo
raggiunto e quello prefissato; sia sociale: grado di soddisfazione del cliente,
richiama la qualità.
Un secondo fattore nodale nell'organizzazione è il c.d. personale di
contatto, ovvero tutti i dipendenti dell'azienda con una relazione diretta
con la clientela. Personale inteso in ampio senso: portinai, centralinisti,
professionisti sanitari, impiegati del front-office, ecc. Com'è naturale questo
personale rappresenta la combinazione di interessi che possono anche
divergere: quelli dell'azienda e quelli del cliente.
Per quanto riguarda l’interesse aziendale, il dipendente, ha il compito
di attenersi alle regole e alle procedure stabilite per tutelare il corretto
funzionamento dei servizi nei confronti dell'utenza in generale. Talvolta
deve altresì adoperarsi per risolvere problemi, ad esempio burocratici, non
di sua stretta competenza ma dalla soluzione dei quali dipende l'erogazione
del servizio e la garanzia della correttezza formale nell'ambito
organizzativo.
Riguardo invece gli interessi del cliente, in modo esemplificativo,
tendono spesso ad esigere il miglior servizio al minor costo e, ovviamente,
nel minor tempo. A questo va aggiunta una visione centralistica dei propri
interessi.
In questo conflitto, talvolta meno latente di quanto dovrebbe, si
colloca il personale che è chiamato a contemperare le opposte esigenze. È
evidente pertanto che i compiti del personale sono: a) di tipo operativo:
nell'esecuzione della prestazione tecnico-specialistica. In questo ambito
compete al professionista, nell’attività che deve svolgere, acclarare se
eventuali incidenti (ad es. una caduta del paziente) o eventi-sentinella
(attese troppo lunghe, procedure effettuate in scarsa sicurezza ecc.) siano
o meno diagnostici di una lacuna organizzativa e quindi provvedere
segnalando ed eventualmente proponendo una soluzione al soggetto
competente nel merito; b) di tipo relazionale: l'obiettivo, in questo caso, è
la creazione di un clima il più possibile rassicurante e gradevole. È
fondamentale quindi riuscire ad esprimere una sensazione di cortesia e
professionalità. L'aspetto comunicativo, spesso sottovalutato, è in realtà di
-8-
estrema importanza. Quando un professionista interagisce con il cliente,
questi può vederlo sotto diversi aspetti: un professionista in quanto tale, un
rappresentante dell'azienda, una persona in senso stretto. La prevalenza di
uno o di un altro di questi aspetti è difficilmente prevedibile. Per tale
motivo l'approccio professionale, spesso necessariamente legato a un
linguaggio tecnico- scientifico per molti incomprensibile o per noi ripetitivo
(ad es. spiegare ogni volta come viene eseguito un particolare esame),
deve essere visto non solo sotto l'aspetto tecnico bensì anche e soprattutto
sotto l'aspetto umano. E’ necessario riuscire ad interpretare le aspettative
del cliente e la sua capacità ricettiva in quel particolare momento,
momento in cui questa capacità può essere offuscata dallo stato
emozionale.
Un terzo elemento di cui necessita l'organizzazione è il cosiddetto
supporto fisico, ovvero la base utilizzata tanto dagli operatori quanto dai
clienti nel corso del processo produttivo. Questo supporto comprende
principalmente due elementi: a) gli strumenti, quali mobili, oggetti e le
apparecchiature messe a disposizione e b) l'ambiente, in senso tangibile,
all’interno del quale il servizio viene erogato: i muri, le sale di attesa, gli
spazi disponibili ecc. Questi due elementi, componenti il supporto fisico,
sono un veicolo di comunicazione: dal lato del cliente è la vetrina, dal lato
dell'operatore il suo ufficio. L'importanza del supporto fisico si fonda sul
raggiungimento di due obiettivi: un obiettivo ambientale e un obiettivo
funzionale. Con riferimento al primo basti esemplificare che, pur nella
serietà che un'azienda sanitaria deve manifestare, ogni ambiente dovrebbe
essere funzionale alla tipologia di clientela. Ipotizziamo ad esempio come
potrebbe differenziarsi l'aspetto tra un reparto pediatrico e uno geriatrico.
Oppure anche le necessità che hanno certi ambienti per tutelare la
riservatezza ed il pudore delle persone, in particolare dei servizi diagnostici
e negli ambulatori. L'obiettivo funzionale invece è finalizzato a facilitare il
più possibile la realizzazione del servizio, ad esempio contenendo tutto ciò
che serve, disponendo il materiale nel modo più semplice e razionale
possibile e, soprattutto, conosciuto da tutti gli operatori. Di particolare
rilievo è il costante monitoraggio delle scorte di magazzino.
-9-
L'ultimo elemento imprescindibile sotto l'aspetto organizzativo è,
ovviamente, il cliente. Oltre al suo rilievo secondo quanto sopra descritto,
esso assume ulteriore importanza nella partecipazione attiva al processo
produttivo. Più o meno consapevolmente egli ci fornisce delle utilissime
indicazioni su come migliorare il servizio. Anzi, è possibile sostenere che
anch'egli è parte integrante l'azienda. La capacità di ascoltarlo è un valido
strumento per introdurre eventuali correttivi nella prestazione: sono le sue
osservazioni, i cosiddetti messaggi di ritorno (feedback), che possono
orientare le nostre scelte. Se pensiamo ai pazienti ricoverati, spesso le loro
richieste orientano le scelte, o almeno parte di esse, in materia di farmaci,
di prestazioni assistenziali, indagini diagnostiche, consulenze, questionari di
gradimento; come pure i colloqui diretti, le lettere di lamentela e altro
ancora. È opportuno precisare che i clienti dei servizi sanitari sono: il diretto
beneficiario; i familiari intesi in senso ampio, cioè quelle persone
significative per il paziente; i medici di base che inviano i pazienti al
presidio; gli acquirenti del servizio, per esempio un'azienda sanitaria locale
che acquista le prestazioni dall'azienda ospedaliera. A questi vanno
aggiunti altri portatori di interesse (stakeholders) che rivestono importanza
del nostro ordinamento sanitario: le associazioni di volontariato e le
associazioni dei consumatori, a cui espresse disposizioni di legge
attribuiscono particolari poteri e diritti.
Accanto alle differenze tra beni materiali e servizi brevemente
accennate, va aggiunto che rispetto al normale sistema socio-economico,
quello sanitario certamente presenta un'ulteriore peculiarità: l'elevato
numero di professioni che vi operano ed il conseguente sistema
organizzativo integrato.
I settori di contrattazione collettiva del SSN sono tre (in realtà il SSN
non è l'unico ad essere così strutturato, anche gli Enti Locali presentano tre
spazi di contrattazione, tuttavia non mostra la stessa varietà di ruoli): il
comparto che raggruppa tutto personale non appartenente alle aree
dirigenziali e due aree: l'area dirigenziale amministrativa, sanitaria, tecnica
e professionale; l'area dirigenziale medica.
-10-
A fronte di questo dato macro ulteriore spunto di riflessione riguarda,
con visione verso la complessità organizzativa, le specifiche e variegate
conoscenze professionali di ogni figura e le relazioni intercorrenti tra loro ai
fini del processo produttivo. L'organizzazione dipartimentale2 ha imposto
un modello organizzativo non più basato su specifiche settorialità
disciplinari (le ex divisioni), bensì, lo si ripete, su una concatenazione di
attività specialistiche differenziate ma obbligatoriamente connesse tra loro,
sia in termini cronologici che prestazionali: il processo appunto. Orbene, la
peculiarità degli operatori dedicati alla prestazione, vista sempre con il
centro di gravità incardinato sulla persona del paziente, li obbliga a stabilire
una complessa rete comunicativa che necessariamente tenga conto delle
diverse competenze e non solo con riferimento a quelle tecnico-
professionali, ma anche linguistiche, spesso trascurate, dando per scontato
l'universalità del linguaggio sia interno (tra operatori) che esterno
(operatori-pazienti). Per esemplificare brevemente proviamo a immaginare
l'uso, talvolta abuso, degli acronimi nelle cartelle cliniche, nell'analisi, nelle
richieste d'esame. Apparentemente irrilevanti, rivelano tutta la loro
importanza quando, al semplice scopo di interpretarli, vengono spesi tempo
e risorse. È pertanto chiaro, ad esempio, che una moderna organizzazione
fondata sul dipartimento non possa prescindere da un'attività periodica
fondata anche su un percorso formativo finalizzato a migliorare i processi
comunicativi.
1.3) Un fenomeno di analisi recente: la violenza sul posto
di lavoro
La violenza nei posti di lavoro è purtroppo un fenomeno in espansione
anche in Italia, all’interno della quale però mancano, ad oggi, appositi studi.
La gravità del problema sta tuttavia catturando l'attenzione degli esperti.
L'assenza di analisi nazionali conduce alla necessità di affidarsi a
studi internazionali quali quelli condotti dal NIOSH (National Institute for
2 L’organizzazione dipartimentale è il modello ordinario di gestione operativa di tutte le attività delle aziende sanitarie (...). La regione disciplina la composizione e le funzioni del comitato di dipartimento nonché le modalità di partecipazione dello stesso all'individuazione dei direttori di dipartimento ( art. 17-bis , DLgs n. 229/90).
-11-
Occupational Safety and Health), dall'ILO (International Labour Office) e lo
European Agency for Safety and Health at Work.
Secondo il NIOSH, per violenza sul posto di lavoro si intende: ogni
atto violento, inclusa l'aggressione e la minaccia di aggressione, diretta
verso una persona nel posto di lavoro. Per minaccia si intende invece ogni
manifestazione di intento di ferire, inclusa quella verbale, con il linguaggio
del corpo o scritta.
Gli studi europei includono inoltre i fenomeni del bullismo e della
discriminazione (sessuale, per orientamento sessuale, età, razza, religione).
Nel nostro Paese il fenomeno è ancora scarsamente incidente
tuttavia, vista la tendenza all'aumento, il Ministero della Salute, proprio per
fronteggiare e soprattutto prevenire il fenomeno, ha prodotto un atto
destinato alle aziende che operano nel settore sanitario (Raccomandazione
n. 8 del Novembre 2007).
L'Italia, insieme ad altri paesi del bacino del Mediterraneo (Spagna,
Malta, Cipro, compreso il Portogallo) rivela come il fenomeno sia
relativamente marginale nell'ambito dell'Unione europea (3-4% in tutti i
settori lavorativi) pur con una tendenza alla crescita. I paesi nord europei si
attestano invece su percentuali ben più significative (> 10%) nel Regno
unito, Irlanda, Danimarca, Olanda, Finlandia.
-12-
Fonte: Fourth European Survey on Working Condition
Come risulta dalla tabella, è il settore sanitario quello maggiormente
colpito dal problema (15,2%).
Le cause dell’indesiderato primato sono da considerare affatto
intrinseche al contesto lavorativo: l’operatore sanitario e non sanitario
(addetto al front-office) si relaziona quotidianamente con un'utenza
portatrice di disagio e stress (relazione esterna). La malattia e il dolore
generano rabbia, impotenza e frustrazione e rendono quindi le relazioni tra
utenti ed operatori tese e conflittuali con tasso di emotività particolarmente
elevato.
A questo va aggiunto che un'ulteriore fonte di rischio, per il lavoratore
sanitario, è rappresentata dagli alti livelli di stress dovuti all'eccessiva
pressione temporale ed al sovraccarico lavorativo i quali, oltre a minare le
relazioni esterne, tendono ad inquinare anche quelle tra gli operatori
-13-
(relazioni interne). Anche nel campo delle relazioni conflittuali interne è il
settore sanitario ad essere al primo posto (5%).
I luoghi nei quali si manifesta maggiormente il fenomeno sono: servizi
di Pronto Soccorso, strutture psichiatriche, luoghi di attesa, servizi di
geriatria, servizi di continuità assistenziale.
Partecipano all'incremento degli atti di violenza alcuni elementi
sociali e/o strutturali: l'aumento dei pazienti con disturbi psichiatrici acuti e
cronici; diffusione dell'abuso di alcol e droga; l'accesso senza restrizione di
visitatori presso ospedali; lunghe attese nelle zone di emergenza e sale di
attesa che generano, nei pazienti e accompagnatori, frustrazione per
l'impossibilità ad una pronta prestazione; ridotto numero di personale
(trasporto pazienti, visite, cambio turno, esami diagnostici); mancanza di
formazione del personale sull'individuazione preventiva di comportamenti
ostili o aggressivi; scarsa illuminazione delle aree di parcheggio e delle
strutture.
È utile cercare di comprendere quali i meccanismi che portano alla
comunicazione violenta, sia negli ambienti di lavoro sia extra-lavorativi. Gli
atti di violenza, nella maggioranza dei casi, sono il risultato di un processo
comunicativo e interattivo tra due o più persone e sono l'estrema
conseguenza di una gestione distruttiva delle divergenze nelle relazioni
interpersonali. La violenza rappresenta pertanto il risultato della gestione
relazionale (ovviamente fallimentare) tra due persone.
Gli studiosi identificano nel "modello di comportamento maggiore-
minore" (modello M/m) il meccanismo responsabile della degenerazione
violenta dei conflitti tra persone o gruppi. Secondo questo modello
interattivo ciascuna delle parti, di fronte a un conflitto o ad una differenza
di punti di vista, cerca di imporre le sue ragioni, presentandole come
"migliori" rispetto a quelle della controparte. Ognuno pertanto cerca di
raggiungere una posizione di superiorità (M) e mettere l'altro in posizione di
inferiorità (m). Il meccanismo si sostanzia, da entrambe le parti, per mezzo
di parole, comportamenti, atteggiamenti non verbali portando infine
all'estremizzazione delle posizioni (c.d. muro contro muro) e all'escalation
attorno alla spirale della violenza che ne rappresenta il culmine.
Naturalmente è escluso da questo modello di comportamento di una
-14-
persona che agisce violentemente senza interazione con l'altra (ad esempio
che scopo di rapina, malati psichiatrici, tossicodipendenti).
L'aggressività attraverso parole e atteggiamenti è una delle
caratteristiche principali delle comunicazioni inadeguate e "inefficaci", cioè
incapaci di sortire l'effetto sperato. L'inefficacia di un atto comunicativo è
altresì legata sia al contenuto quanto, forse soprattutto, alla forma.
Proviamo con un esempio a chiarire quanto detto.
Supponiamo che l'utente Tizio si rivolga al personale, in modo brusco,
esclamando "sono due ore che aspetto!". L'operatore Caio potrebbe
rispondere in due modi: professionalmente "ci scusi, però come vede siamo
impegnati con delle urgenze"; oppure istintivamente "come vede non ci
stiamo divertendo". È presumibile immaginare che Tizio, irritato per
l'attesa, possa non proseguire con la comunicazione conflittuale nel caso
della prima risposta. Avendo infatti ricevuto comunque attenzione verso la
propria persona, con una giustificazione oggettiva, l'effetto è quasi
certamente quello del raffreddamento del conflitto.
Viceversa con la seconda risposta, con buona probabilità, lo si
condurrebbe verso la via dell'escalation verbale.
L'operatore sanitario professionalmente abile emerge talvolta per
questo: nella sua capacità di controllo emozionale anche nei momenti di
maggiore tensione lavorativa e relazionale.
Per le ragioni esposte diventa indispensabile, per chi si rapporta con
l'utenza, conoscere le regole che governano la comunicazione umana al
fine di scongiurare il rischio di contribuire, seppur inconsapevolmente,
all'esasperazione dei conflitti e divergenze. Sapere in sostanza come
inviare i propri messaggi, o come replicare a messaggi altrui, in una forma
tale da non rinunciare al proprio punto di vista ma senza sconfessare o
schiacciare il vissuto dall'altro. In pratica è fondamentale apprendere quelle
-15-
abilità verbali, non verbali e cognitive che caratterizzano la comunicazione
assertiva; questo diventa, viste le premesse, nodale nel personale che
lavora a contatto con pubblico e, soprattutto, nel settore sanitario.
La Raccomandazione del Ministero della salute interviene quindi
spingendo le aziende sanitarie verso un programma di prevenzione della
violenza finalizzata a diffondere una politica di tolleranza "zero" nei
confronti degli atti di violenza fisica o verbale e fare in modo che operatori
e visitatori siano a conoscenza di tale politica. Le aziende dovranno altresì
incoraggiare il personale a segnalare gli episodi subiti e suggerire eventuali
misure correttive. Assegnare a personale idoneo la conduzione del
programma con un gruppo di lavoro che possa analizzare le varie situazioni
lavorative onde individuare i fattori di rischio e esistenti o potenziali. Sarà
altresì necessario avviare programmi di riadattamento strutturale per
installare tutti i mezzi di sicurezza opportuni, dalle telecamere a circuito
chiuso, all’idonea illuminazione dei locali. Importante, dagli studi emersi, è
il miglioramento dell’aspetto architettonico nelle zone d’attesa sia
nell’aspetto dimensionale quanto estetico.
Il fattore preventivo di assoluto rilievo rimane tuttavia uno: la
formazione del personale nell’individuazione di situazioni potenzialmente a
rischio e la connessa capacità relazionale con l’utenza.
2) Le professioni sanitarie: aspetti generali
E’ condivisibile la definizione adottata da Ministero della salute sulle
professioni sanitarie: "quelle che lo Stato italiano riconosce e che, in
forza di un titolo abilitante, svolgono attività di prevenzione, diagnosi, cura
e riabilitazione".
Ancora: "alcune professioni sanitarie sono costituite in Ordini e
Collegi, con sede in ciascuna delle province del territorio nazionale.
Esistono attualmente: Ordini provinciali dei medici chirurghi e degli
odontoiatri, Ordini provinciali dei veterinari, Ordini provinciali dei farmacisti,
Collegi provinciali delle ostetriche, Collegi provinciali dei gli infermieri
-16-
professionali (Ipasvi) e Collegi provinciali dei tecnici sanitari di radiologia
medica (Tsrm). In merito ai provvedimenti di tali enti in materia
disciplinare, di tenuta degli Albi professionali e di elezioni degli organi
direttivi, si può presentare ricorso alla Commissione Centrale per gli
Esercenti le Professioni Sanitarie (CCEPS)”.
In questa sede ci occuperemo delle professioni sanitarie cosiddette
"non mediche", ovvero quelle che appartengono, secondo il linguaggio
adottato nell'attività di contrattazione del pubblico impiego, al cosiddetto
comparto.
Generalmente il termine professione indica un'attività per l’esercizio
della quale sono richiesti, oltre a specifiche conoscenze e capacità, anche
determinati requisiti oggettivi: un titolo di studio particolare, lo svolgimento
di un tirocinio, il superamento di un esame che dimostri le competenze
acquisite ed infine l’iscrizione ad un apposito Albo professionale.
L'attività del Tsrm pertanto rientra nelle cosiddette "professione
regolamentate", ovvero quelle professioni che presentano i requisiti
menzionati.
Il D.Lgs. n. 206/2007, (art. 4, co. 1) definisce professione
regolamentata:
1) l'attività, o l'insieme delle attività, il cui esercizio e' consentito solo a seguito di iscrizione in Ordini o Collegi o in albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, se la iscrizione e' subordinata al possesso di qualifiche professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità; 2) i rapporti di lavoro subordinato, se l'accesso ai medesimi e' subordinato, da disposizioni legislative o regolamentari, al possesso di qualifiche professionali; 3) l'attività esercitata con l'impiego di un titolo professionale il cui uso e' riservato a chi possiede una qualifica professionale.
La necessità dell’iscrizione negli Albi (registrazione) è diretta ad avere
un controllo, da parte dello Stato, nell'esercizio di attività che vanno ad
incidere su diritti di rilievo costituzionale quale è, nel nostro caso, la tutela
della salute (art. 32, Cost.). La registrazione negli Albi, conservati dai
suddetti Ordini o Collegi, consente altresì a questi organismi di poter
-17-
esercitare il potere disciplinare secondo le previsioni dell'art. 2229 del
Codice Civile3.
Generalmente la legislazione statale affida la responsabilità di gestire
le professioni agli Ordini o ai Collegi4 qualificabili come enti di diritto
pubblico non economici e organi ausiliari dello Stato. Sono organizzati per
provincia e, a livello nazionale, raggruppati nelle Federazioni; hanno il
compito di conservare opportuni Albi nei quali vengono iscritti i
professionisti. Tali organi sono responsabili del controllo professionale e
disciplinare degli iscritti, costituendo così una giurisdizione autonoma tipica
delle professioni fin dalle loro origini. Infine, lo Stato, detta norme su altri
aspetti del mercato, quali le modalità con cui professionisti possono fare
pubblicità, la libertà negoziale e/o contrattuale nei confronti degli iscritti, la
possibilità di associazione, le forme di pagamento che gli utenti possono
usare e altro ancora
Il sistema delle professioni sanitarie difficilmente è sovrapponibile alle
attività svolte secondo le modalità della pratica libero-professionale, pratica
caratterizzata da spiccata matrice individuale. Pur non escludendo, anzi
confermando la diffusione in campo libero-professionale anche delle attività
sanitarie sebbene con differenti vincoli legislativi che legano, in misura
maggiore o minore, queste diverse figure alla professione medica, tuttavia,
nella maggioranza dei casi, sono proprio le organizzazioni multidisciplinari
(Aziende ospedaliere, cliniche, case di cura, poliambulatori ecc.) gli ambiti
elettivi per l'esercizio professionale.
Proprio i Tsrm, rispetto alle altre professioni sanitarie con Albo,
potrebbero forse essere il gruppo professionale più lontano dall'ideale-tipo
verso la pratica professionale individuale. È evidente quanto i Tsrm siano
3 Art. 2229 Cod.Civ. Esercizio delle professioni intellettuali - la legge determina le professioni intellettuali delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi Albi o elenchi.
L'accertamento dei requisiti per la iscrizione negli Albi o negli elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti sono demandati alle associazioni professionali, sotto la vigilanza dello Stato, salvo che la legge disponga diversamente.Contro il rifiuto dell'iscrizione alla cancellazione dagli Albi o elenchi, e contro provvedimenti disciplinari che importano una perdita o la sospensione del diritto all'esercizio della professione è ammesso ricorso in via giurisdizionale nei modi e nei termini stabiliti dalle leggi speciali.
4 Originariamente la distinzione tra Ordine e Collegio era subordinata al titolo di studio: la laurea per il primo e il diploma di scuola secondaria superiore per il secondo. La distinzione è ora venuta meno, ma il sistema italiano ha mantenuto entrambi i termini.
-18-
legati alla presenza di tecnologie complesse, è infatti difficile ipotizzare
attività fuori da contesti lavorativi organizzati. Non mancano naturalmente
eccezioni in quanto, spesso, con le moderne tecniche gestionali
(outsourcing o esternalizzazione) alcune imprese o aziende, necessitano
solo dei liberi professionisti per il funzionamento delle apparecchiature, le
quali, invece, appartengono alle aziende.
Il riconoscimento pubblico della professione ha come conseguenza
due aspetti: a) la creazione e il controllo del mercato e b) la mobilità sociale
collettiva, ovvero l'innalzamento collettivo dello status sociale dei membri
del gruppo professionale. Attualmente i professionisti della salute che
possono vantare la presenza di un Collegio sono tre: gli infermieri
professionali, gli assistenti sanitari, gli infermieri pediatrici (tutti riuniti nella
Federazione Ipasvi), le ostetriche (riunite nella Fnco: federazione nazionale
collegi ostetriche), i tecnici sanitari di radiologia medica (riuniti nella
Fnctsrm: Federazione nazionale dei Collegi dei Tecnici sanitari di radiologia
medica). L'istituzione o meno di Ordini e Collegi è sempre stato un
argomento particolarmente dibattuto. I detrattori ritengono che questi enti
non consentono il libero accesso al mercato del lavoro da parte dei più
giovani, i sostenitori pensano invece che, in ambito sanitario, il problema
non si ponga per due ragioni. La prima è per l'elevata offerta, almeno ad
oggi, di lavoro proveniente dalle aziende. La seconda si fonda su una forma
di garanzia nei confronti degli utenti che si rivolgono al sistema sanitario,
quindi la certezza di una preparazione qualificata e uniforme in tutto il
processo prestazionale. Va altresì aggiunto che, diversamente da altre
professioni, l'esame di Stato abilitante è svolto contemporaneamente
all'esame di laurea, pertanto difficilmente è possibile accusare questo
metodo quale freno all'accesso nel mercato del lavoro o, peggio, che vada
ad imporre ai neo-laureati un tirocinio formativo spesso connotato più da
aspetti di sfruttamento lavorativo che di formazione professionale.
-19-
2.1) Il profilo storico
Le professioni di cui si parla sono state inizialmente disciplinate dal
R.D. 27 luglio 1934, n. 1265: approvazione del Testo Unico delle leggi
sanitarie e sono state così tripartite (art. 99):
Professioni sanitarie principali: medico-chirurgo; veterinario;
farmacista; odontoiatrica (a partire dalla L. 24 luglio 1985, n. 409:
istituzione della professione sanitaria di odontoiatra).
Professioni sanitarie ausiliarie: levatrice (ora: ostetrica); assistente
sanitaria visitatrice (ora: assistente sanitaria); infermiera diplomata (ora:
infermiera).
Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: odontotecnico; ottico;
meccanico ortopedico ed ernista; infermiere abilitato o autorizzato (ora:
infermiere generico); massaggiatori (ora: massofisioterapista); tecnico
sanitario di radiologia medica (L. 4 agosto 1965, n. 1103).
L'inclusione del Tsrm nelle arti ausiliarie, che ha rappresentato una
ingiustificata collocazione, è stata tuttavia dovuta al titolo della menzionata
legge pur di fronte a dati sostanziali, i quali che avrebbero incluso i suddetti
operatori nelle professioni sanitarie ausiliarie.
La previsione nell'ambito delle professioni sanitarie ausiliarie, si
giustificava sia per la durata del corso di studi e le conseguenti
attribuzioni, sia per l'espressa obbligatorietà dell'iscrizione all'albo
professionale e infine per la presenza di un'autonoma fattispecie di reato di
esercizio abusivo della professione di Tsrm secondo quanto previsto dalla L.
4 agosto 1965, n. 11035
L’elencazione prevista dal Regio Decreto è datata e necessita di
alcune precisazioni. Per quanto riguarda le professioni sanitarie ausiliarie
5In realtà la menzionata legge sanzionava, all'art. 16, l'esercizio abusivo dell'arte ausiliaria sanitaria. L'esercizio abusivo della professione è stato invece successivamente introdotto solo con la L. 31 gennaio 1983, n. 25, art. 8. Quest’ultimo rinvia direttamente all'art. 348 del Codice Penale: abusivo esercizio della professione - chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da L. 200'000 a L. 1'000’000.
-20-
ad esse andrebbero aggiunte quelle disciplinate successivamente da
appositi Decreti ministeriali che hanno condotto ad una riclassificazione
delle suddette professioni anche e soprattutto alla luce dell'introduzione di
nuove figure professionali. Tale nuova distribuzione ne ha sostanzialmente
modificato anche il raggruppamento. Si è passati, escludendo il personale
sanitario cosiddetto principale (medici, veterinari, farmacisti, odontoiatri ed
ora: biologi, psicologi, chimici), ad una macro-classificazione per settori:
Personale infermieristico: infermiere (DM 739/1994); ostetrica (DM
740/1994); dietista (DM 744/1994); assistente sanitario (DM 69/97);
infermiere pediatrico (DM 70/1997); podologo (DM 666/1994); igienista
dentale (DM 669/94).
Personale tecnico-sanitario: tecnico sanitario di laboratorio biomedico
(DM 745/1994); tecnico sanitario di radiologia medica (DM 746/1994);
tecnico di neurofisiopatologia (DM 183/1995); tecnico ortopedico (Dm
665/1994); tecnico audiometrista (DM 667/1994); tecnico della
fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare (DM
316/1998).
Personale della riabilitazione: tecnico audioprotesista (DM 668/1994);
fisioterapista (DM 741/1994); logopedista (DM 742/1994); ortottista (DM
743/1994); terapista della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva (DM
56/1997); tecnico dell'educazione e riabilitazione psichiatrica e psicosociale
(DM 57/1997); terapista occupazionale (DM 136/1997).
Personale di vigilanza e ispezione: tecnico della prevenzione
nell'ambiente e nei luoghi di lavoro (DM 58/1997).
La distinzione tra queste 21 diverse professioni talvolta non sempre
era agevole, tuttavia, grazie ai Decreti ministeriali che ne regolamentavano
i profili era possibile tracciare una differenziazione tra i diversi compiti.
Oltre ai Decreti ministeriali, era possibile suddividere le menzionate
professioni anche in base ad un diverso riconoscimento giuridico ottenuto:
l’iscrizione presso i propri Collegi professionali ove costituiti. Ricordiamo
che: infermieri, ostetriche e tecnici sanitari di radiologia medica avevano (e
tuttora hanno) un Collegio professionale e uno specifico Albo, diversamente
dalle altre professioni che invece ne sono ancora sprovviste.
-21-
Un'ulteriore ipotesi di diversificazione poteva essere quella fondata
sulla presenza o meno di un "mansionario" (elencazione di compiti e attività
lavorative); ma anche qui rimanevano incluse solamente quelle tre
professioni menzionate che potevano vantare la presenza del Collegio.
Oggigiorno, dopo l'intervento della riforma operata dalla L. 26
febbraio 1999, n. 42, questa suddivisione non è più attuale pur avendone
però conservato i tratti essenziali. Tra gli effetti dell’intervento legislativo
c'è l'abrogazione dei mansionari i quali erano elenchi di operazioni di
carattere prevalentemente esecutivo, dotati di elevata specificità nei
compiti e non di vasti ambiti di intervento come sono invece i profili
professionali.
È utile ricordare che prima della profonda riforma professionale,
operata all'inizio degli anni '90 che ha inquadrato omogeneamente ed a
livello universitario l'attività formativa, la formazione degli operatori
appartenenti alle differenti professioni era alquanto diversificata. Alcune
scuole erano gestite dalla regione, altre erano scuole private; altre ancora,
le cosiddette "scuole dirette a fini speciali" erano gestite dalle università,
alcune infine di diretta derivazione ospedaliera.
2.2) Struttura del personale delle Aziende sanitarie
La tutela della salute nel nostro ordinamento, è assicurata dal
Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Con tale termine s’intende: “il
complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività
destinate alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica
e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali
o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei
confronti del Servizio. L’attuazione del servizio sanitario nazionale compete
allo Stato, alle Regioni e agli enti locali territoriali, garantendo la
partecipazione dei cittadini”6.
Nonostante il succedersi delle normative, in chiave riformista del SSN,
la definizione non è mai stata abrogata. Al contrario: integrata alla luce del
decentramento amministrativo di alcune attività e con riferimento al
6 Art. 1, co. 3, L. n. 833/78 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
-22-
“complesso di funzioni e delle attività assistenziali dei servizi sanitari
regionali e delle altre funzioni e attività svolte dagli enti ed istituzioni di
rilievo nazionale” ( art.1, co. 1, D.Lgs. n. 229/99).
Non va scordato che il cambiamento introdotto dalla L. n. 833/78 è
stato uno degli eventi politico-sociali più rilevanti degli ultimi anni. Si è
passati dal sistema mutualistico-ospedaliero, frammentario e scarsamente
efficace nella prevenzione e nella riabilitazione, ad un nuovo sistema di
sicurezza sociale finalizzato a una migliore razionalizzazione delle risorse e
privilegiante la prevenzione rispetto alla diagnosi e alla cura.
L'attuazione del SSN compete allo Stato, alle regioni e agli enti locali
territoriali, questa articolazione è impostata verticalmente su tre livelli -
statale, regionale, locale -nel corso degli anni e con riforme successive
sanitarie ha perso la natura centralistica con cui era stata disegnata
inizialmente, favorendo successivamente un processo di decentramento in
cui le regioni diventano centri di imputazione di responsabilità gestionali
dal punto di vista dei programmi, dell'organizzazione e della finanza.
Illustrato sinteticamente il SSN e precisata la valenza regionale nella
tutela della salute tanto per l’erogazione della stessa, quanto per la
gestione del personale ad essa afferente, è utile fornire una connotazione
dimensionale al personale occupato nel comparto. Principalmente per un
fine esclusivamente classificatorio per meglio comprendere le suddivisioni
previste nelle aziende sanitarie, secondariamente per dimensionare il
settore, pur sempre appartenente al comparto, del nostro studio: le
professioni sanitarie.
Le tabelle seguenti si riferiscono al personale occupato nel SSN,
ovvero quello impiegato nelle Aziende Sanitarie Locali (ASL) e negli
Ospedali e/o Case di Cura gestite direttamente dalle stesse ASL e del
personale dipendente dalle
Aziende Ospedaliere (AO).
Fig.1: Personale dipendente SSN per ruolo. A. 2006 (Fonte: Min. salute)
-23-
Fig. 2: personale dipendente per Regione e per ruolo. Anno 2006. (Fonte: Min. salute)
La classificazione del personale delle aziende sanitarie7 è
naturalmente complicata dalla storia del sistema stesso e dalla sua
normativa, che hanno introdotto categorie di analisi e terminologie
specialistiche tipiche del settore sanitario le quali, nelle pubbliche aziende,
si intersecano anche con le suddivisioni del pubblico impiego. A questi
elementi vanno quindi aggiunte le complessità dovute alla frammentazione
delle qualifiche degli operatori sanitari. Tant'è che alcune classificazioni
abrogate continuano a tuttavia ad essere utilizzate nella quotidianità delle
7 Per “azienda sanitaria”, in questa sede, s’intende genericamente qualunque organizzazione del settore: Az. ospedaliera, Az. Sanitaria Locale, Case di cura ecc.
-24-
aziende, la normazione legislativa si sovrappone, spesso confondendosi,
con quella derivante dai Ccnl e dalla contrattazione decentrata aziendale.
Rimane comunque necessario cercare di adottare un metodo classificatorio,
pur senza necessariamente vedere la prevalenza di uno sull’altro, per
meglio comprendere il fenomeno.
I più diffusi sistemi di classificazione del personale sanitario, possono
essere ricondotti sotto quattro tipologie principali:
il Ccnl di applicazione;
il ruolo di appartenenza;
le categorie di appartenenza (per il personale non catalogabile
nella cosiddetta "area dirigenziale");
il profilo professionale (per il personale non appartenente all’"area
dirigenziale").
2.2.1) Classificazione secondo il Ccnl di applicazione
Ai dipendenti Servizio Sanitario Nazionale (escluso quindi il personale
universitario che dipende da Ministero dell'istruzione, dell'Università della
ricerca scientifica e pertanto ad esso viene applicato il contratto di
quell'amministrazione) si applicano tre diversi tipi di contratto:
il Ccnl della Dirigenza area III (amministrativa, sanitaria, tecnica e
professionale);
il Ccnl della Dirigenza area IV (medica e veterinaria);
il Ccnl del Comparto.
Quello che riguarda i nostri fini è quest'ultimo poichè si riferisce a
tutto il personale non rientrante nelle cosiddette Aree dirigenziali8 anche se
il termine "comparto" dà luogo a qualche ambiguità. In senso proprio
indica una partizione di pubbliche amministrazioni: comparto scuola,
comparto sanità, forze di polizia, ministeri ecc. pertanto non si potrebbe
parlare di un unico Ccnl del "comparto Sanità". Ai nostri scopi si ritiene
tuttavia corretto parlare di "personale del comparto" se da questo 8 Le Aree dirigenziali, con riferimento alla contrattazione collettiva pubblica, sono:
Area I aziende e ministeri; Area II regioni e autonomie locali; Area V scuola; Area VI agenzie fiscali ed enti pubblici non economici; Area VII ricerca e università; Area VIII presidenza del Consiglio dei Ministri.
-25-
personale si intende escluso il personale con qualifica dirigenziale. In ogni
caso, il termine "comparto" ha acquisito questo significato per l’utilizzo
adottato nell’ambito delle relazioni sindacali. Pertanto possiamo ritenere
come sinonimi le espressioni "comparto", personale "non dirigente",
personale "delle categorie", personale "non medico".
2.2.2) Classificazione secondo il ruolo di appartenenza
Questa classificazione discende dal DPR 20 dicembre 1979, n. 761:
stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali. Il decreto
disponeva che il personale del SSN fosse inquadrato in ruoli nominativi
regionali istituiti e gestiti dalle regioni stesse. Le regioni pertanto
suddividevano il personale secondo ruoli di appartenenza. Si distingueva un
ruolo sanitario, un ruolo professionale, un ruolo tecnico, un ruolo
amministrativo (art. 1).
Ruolo sanitario: in questo ruolo sono collocati i dipendenti iscritti ai
rispettivi ordini professionali, ove esistono, che esplicano in modo diretto
attività inerenti alla tutela della salute. Quindi: medici, odontoiatri,
farmacisti, veterinari, biologi, chimici, fisici e psicologi. Nonché: personale
infermieristico, tecnico-sanitario, della riabilitazione e della prevenzione.
Ruolo professionale: dipendenti, non compresi nel ruolo sanitario, i
quali, nell'esercizio della loro attività, assumono a norma di legge
responsabilità di natura professionale e sono tenuti, per svolgere l'attività
stessa, all’iscrizione in Albi professionali. Quindi: avvocati, ingegneri,
architetti e geologi, nonché personale di assistenza religiosa.
Ruolo tecnico: dipendenti che esplicano funzioni inerenti ai servizi
tecnici di vigilanza e di controllo, generali o di assistenza sociale. Quindi:
statistici, sociologi, assistenti sociali, operatori socio-sanitari (Oss),
operatori e assistenti tecnici, programmatori, operatori tecnici addetti
all'assistenza (Ota).
Ruolo amministrativo: dipendenti che esplicano funzioni inerenti ai
servizi organizzativi, patrimoniali e contabili. Quindi: dirigenti
amministrativi, collaboratori professionali, assistenti e coadiutori
amministrativi.
-26-
L'iscrizione ai suddetti ruoli nominativi derivava dal possesso dei
requisiti culturali e professionali necessari alla tipologia di lavoro da
svolgere.
È opportuno precisare che il Ccnl del 7 aprile 1999 ha introdotto un
nuovo sistema di classificazione del personale. In particolare ha
disapplicato le posizioni funzionali previste dal DPR n. 761/79, sostituendole
con le categorie e i profili professionali indicati nella tabella allegata al
contratto stesso. Questa suddivisione è stata a sua volta modificata da un
successivo Ccnl integrativo.
2.2.3) Classificazione secondo le categorie
Questo terzo metodo classificatorio, valido per il personale del
comparto del SSN, inquadra i dipendenti secondo quattro macro-categorie:
A, B, C, D. Più precisamente sono previste altre due categorie (cosiddette
funzionali) incluse nella "B" e nella "D": la Bs (super) e la Ds (super). La
fonte, come detto, di questa ripartizione è di tipo contrattuale (Ccnl-
integrativo 20 settembre 2001, All. 1) ed è tuttora vigente.
Ciascuna categoria, in sostanza, è individuata tramite la descrizione
dei requisiti indispensabili (cd. Declaratorie) per l'inquadramento
nell'ambito della categoria stessa. Tali requisiti corrispondono a livelli
omogenei di competenze, conoscenze e capacità necessarie per
l'espletamento dell'attività lavorativa.
L'importanza della suddivisione del personale del comparto si fonda
non tanto e non solo sotto l'aspetto gerarchico (progressioni verticali) con
le conseguenti differenziazioni retributive, bensì anche per
contraddistinguerlo in base alle qualifiche richieste per l'accesso, come ad
esempio il diploma di laurea per le professioni sanitarie (categoria D) o
corsi professionali-formativi come per il personale Oss (categoria B e Bs).
Infatti ogni dipendente, a sua volta, è inquadrato nella corrispondente
categoria del sistema di classificazione in base al proprio profilo di
appartenenza.
CATEGORIA A: appartengono questa categoria i lavoratori che
ricoprono posizioni che richiedono capacità manuali generiche per lo
-27-
svolgimento di attività semplici ed autonomia esecutiva e responsabilità,
nell'ambito di istruzioni fornite e riferite al corretto svolgimento della
propria attività:
- ausiliario specializzato;
- commesso.
CATEGORIA B: in questo ambito sono collocate posizioni del lavoro
che richiedono conoscenze teoriche di base e relative allo svolgimento dei
compiti assegnati, capacità manuali e tecniche specifiche e riferite alle
proprie qualificazioni e specializzazioni professionali, nonché autonomia e
responsabilità nell'ambito di prescrizioni di massima:
- operatore tecnico;
- operatore tecnico addetto all'assistenza (NOTA: Ota: profilo ad
esaurimento contestuale all'istituzione del profilo dell'operatore socio-
sanitario. Art.4, co1, Ccnl integrativo, 20 settembre 2001);
- coadiutore amministrativo;
- coadiutore amministrativo esperto (Bs);
- puericultrice (Bs);
- operatore tecnico specializzato (Bs);
- operatore professionale di seconda categoria;
- operatore socio-sanitario (Bs); (NOTA: Oss: profilo professionale alla
cui istituzione provvedono le aziende sanitarie con oneri a proprio carico e
sostitutiva, dopo la frequenza di appositi corsi formativi, della figura
dell’Ota).
CATEGORIA C: questa posizione di lavoro richiede conoscenze
teoriche specialistiche di base, capacità tecniche elevate per
l'espletamento delle attribuzioni, autonomia e responsabilità secondo
metodologie definite da precisi ambiti di intervento operativo proprio del
profilo, eventuale coordinamento e controllo di altri operatori con
l'assunzione di responsabilità dei risultati conseguiti. Appartengono altresì a
questa categoria i lavoratori che ricoprono posizioni che richiedono
conoscenze teoriche pratiche nonché esperienza professionale e
specialistica maturata nel sottostante profilo unitamente a capacità
tecniche elevate per l'espletamento delle attribuzioni, autonomia e
-28-
responsabilità secondo metodologie definite e precisi abiti di intervento
operativo proprio del profilo, eventuale coordinamento e controllo di altri
operatori con l'assunzione di responsabilità dei risultati:
- ruolo sanitario:
i. puericultrice esperta
ii. infermiere generico o psichiatrico con un anno di corso
esperto (ad esaurimento)
iii. massaggiatore o massofisioterapista esperto (ad
esaurimento)
- ruolo tecnico:
i. assistente tecnico
ii. programmatore
iii. operatore tecnico specializzato esperto
- ruolo amministrativo:
i. assistente amministrativo
CATEGORIA D: in questo ambito opera personale con posizioni di
lavoro che richiedono, oltre a conoscenze teoriche specialistiche e/o
gestionali in relazione dei titoli di studio e professionali conseguiti,
autonomia e responsabilità proprie, capacità organizzative, di
coordinamento e gestionali caratterizzate da discrezionalità operativa
nell'ambito di strutture operative semplici previste dal modello
organizzativo aziendale.
Appartengono altresì a questa categoria, nel livello economico D
super (Ds), i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che, oltre a
conoscenze teoriche specialistiche e/o gestionali in relazione ai titoli di
studio professionali conseguiti, richiedono a titolo esemplificativo e anche
disgiuntamente: autonomia e responsabilità dei risultati; ampia
discrezionalità operativa nell'ambito delle strutture operative di
assegnazione; funzione di direzione e coordinamento, gestione e controllo
di risorse umane; coordinamento di attività didattica; iniziative di
programmazione e proposta.
Di questa categoria, o meglio: dei profili professionali sanitari
afferenti ad essa, ce ne occuperemo oltre:
-29-
- collaboratori professionali sanitari (ruolo sanitario);
- assistente religioso (ruolo amministrativo);
- collaboratore professionale-assistente sociale (ruolo tecnico);
- collaboratore tecnico-professionale (ruolo tecnico e/o
amministrativo);
- collaboratore amministrativo-professionale (ruolo
amministrativo);
- collaboratore professionale sanitario esperto (ruolo sanitario-
Ds);
- collaboratore professionale-assistente sociale esperto (ruolo
tecnico-Ds);
- collaboratore tecnico-professionale esperto (ruolo tecnico e/o
amministrativo-Ds);
- collaboratore amministrativo-professionale esperto (ruolo
amministrativo-Ds).
2.2.4) Classificazione secondo il profilo professionale
Il quarto sistema si fonda direttamente sul sistema delle professioni e
si basa sui profili professionali. Tali profili, in ambito sanitario, sono il
risultato della regolamentazione pubblica finalizzata a tutelare gli utenti e
la qualità delle prestazioni. Proprio per l'incidenza sul diritto alla salute la
classificazione si applica sia al personale delle aziende pubbliche sia a
quello delle aziende private.
Questo metodo, con riferimento alle sole professioni sanitarie del
comparto, è coerente al percorso formativo previsto da diverse riforme
succedutesi nel tempo. Basti sapere che il metodo dei profili professionali
dettaglia ulteriormente, rispetto a quanto fatto dalla classificazione per
categorie, i requisiti formativi e professionali di accesso.
Ogni figura professionale sanitaria del comparto è infatti disciplinata
da un apposito Decreto Ministeriale. Ad esempio: infermiere il DM n.
739/1994; ostetrica/o il DM n. 740/1994; dietista il DM 744/94 ecc.
-30-
Per il Tsrm è il DM n. 746/94 che ne definisce il profilo professionale
e lo identifica come "operatore sanitario che è in possesso del diploma
universitario abilitante e dell'iscrizione all'albo professionale, è responsabile
degli atti di sua competenza ed è autorizzato ad espletare indagini e
prestazioni radiologiche" (art. 1, co 1).
La riforma (L. n. 251/00) ha previsto quattro macro-aree di professioni
sanitarie del comparto in cui inscrivere i profili:
- infermieristiche e ostetriche;
- della riabilitazione;
- tecniche (suddivise in tecnico-diagnostiche e tecnico-
assistenziali);
- della prevenzione.
2.3) L’aspetto dimensionale
Un utile ed aggiuntivo riferimento sulla rilevanza delle figure
professionali che operano nel sistema e sempre con riferimento alle 22
"professioni sanitarie" oggi previste, è una dimensione quantitativa del
fenomeno.
Le professioni numericamente più rilevanti sono quelle
infermieristiche (circa 300.000, pari al 58% dei professionisti in attività);
seguita dai fisioterapisti (circa 40.000), tecnici di laboratorio e tecnici di
prevenzione dell'ambiente e nei luoghi di lavoro (circa 30.000 per ciascuna
delle due professioni); educatori professionali (25.000) e tecnici di
radiologia (21.000).
Professioni (ex Classi di Laurea DM 2aprile 200 e DM 29 marzo
2001 )Operatori
Posti disponibili
lauree a.a.
2004/05
Infermieristiche-ostetriche 327.000 13.578
Infermiere 301.000 12.311
Infermiere pediatrico 10.500 201
-31-
Ostetrica 15.500 1066
Riabilitative 82.700 4637
Educatore professionale 25.000 650
Fisioterapista 40.000 2267
Logopedista 8000 488
Ortottista 3000 256
Podologo 1200 183
Tecnico all'educ. e riabil. psich. e psicosociale 3000 308
Terapista della neuro e psicomotr. dell’età evolutiva 1500 289
Terapista occupazionale 1000 196
Tecniche sanitarie (aree: assistenziale e diagnostica) 67.300 3982
Dietista (area assistenziale) 3000 370
Igienista dentale (area assistenziale) 2200 543
Tecnico ortopedico (area assistenziale) 3000 143
Tecnico audioprotesista (area assistenziale) 2200 244
Tecnico fisiopatol. cardiocircolat. e perfusione cardiovasc. (area
assistenziale)
3000 180
Tecnico sanitario di laboratorio biomedico (area diagnostica) 30.000 1014
Tecnico di neurofisiopatologia (area diagnostica) 1500 241
Tecnico audiometrista (area diagnostica) 1200 107
Tecnico sanitario di radiologia medica (area diagnostica) 21.200 1140
Tecniche della prevenzione 38.000 960
Assistente sanitario 8000 198
Tecnico della prev. nell'ambiente e nei luoghi di lavoro 30.000 762
Totale 515.000 23.157
Fig.3: le 22 professioni sanitarie, n. operatori e posti disponibili a.a. 2004/05 . (Elaborazione da: De Pietro C., p. 34 ).
Un tempo, il settore sanitario, si caratterizzava per una forte
prevalenza maschile tra i medici e una forte prevalenza femminile tra il
personale infermieristico. Negli ultimi anni tuttavia si è avuta una decisa
femminilizzazione dell'intero pubblico impiego in generale e del settore
sanitario in particolare il quale, dopo il comparto scuola, è quello che vede
occupato il maggior numero di donne (v.figg. 4 e 5).
-32-
Fig.4: personale a tempo indeterminato. Valori assoluti e percentuali di presenza femminile nei comparti di contrattazione. (Fonte: Ministero dell'Economia e delle Finanze).
Fig.5: fonte: Min. Salute.
-33-
Fig 6: fonte: Annuario statistico del SSN, anno 2006.
-34-
CAPITOLO II: il Tsrm, aspetti storico-
normativi
1) Aspetti storici
1.1) Introduzione
La L. n. 251/00 avvia definitivamente la divisione delle figure sanitarie
del Comparto in quattro aree professionali: infermieristica e ostetrica
(art.1), riabilitativa (art.2), tecnico-sanitaria (art.3) e, infine, della
prevenzione (art.4).
In particolare, il Tsrm è tra gli operatori delle professioni sanitarie
dell'area tecnico-diagnostica e dell'area tecnico-assistenziale che
“svolgono, con autonomia professionale, le procedure tecniche necessarie
all'esecuzione di metodiche diagnostiche e su materiali biologici o sulla
persona, ovvero attività tecnico-assistenziale, in attuazione di quanto
previsto nei regolamenti concernenti l'individuazione delle figure e dei
relativi profili professionali definiti con decreto del Ministro della sanità”.
Le due aree distinte delle professioni tecnico- sanitarie, previste dalla
L. 251/00, sono così schematizzate:
Area Tecnico-Diagnostica Area Tecnico-Assistenziale
Tecnico audiometrista Tecnico Ortopedico
Tec. Sanit. di Laboratorio biomedico Tecnico Audioprotesista
Tecnico Sanitario di Radilogia MedicaTecnico di Fisopatologia Cardiocircolatoria e
Perfusione Cardiovascolare
Tecnico di Neurofisiopatologia Igienista Dentale
Dietista
L’attuale collocazione tuttavia non è sempre stata così pacifica. Al
contrario: le origini della professione del Tsrm sono state particolarmente
-35-
travagliate, per non dire combattute, allo scopo di riuscire ad inserire
questa attività professionale nelle moderne professioni sanitarie.
Pur non discutendo in questa sede sul dettato legislativo che le
professioni tecnico-sanitarie, quindi il Tsrm, sono le uniche del comparto
che si occupano di "procedure tecniche", diversamente dalle altre che si
occupano di "attività", è tuttavia utile osservare come le due definizioni
siano diverse. La prima parrebbe richiamare compiti predefiniti, ristretti,
limitando così la discrezionalità del professionista; la seconda lascerebbe
invece, data la vaghezza del termine, maggior spazio alla discrezionalità
decisionale del professionista stesso.
La forte spinta, in senso evoluzionista, della società ha condotto a
profonde modifiche in svariati ambiti: economici, sociali e tecnologici. Tale
processo non poteva ignorare anche l’aspetto sanitario, o meglio: la diversa
e maggiore percezione dei cittadini sulle speranze riposte nella moderna
medicina, la loro fiducia nelle nuove tecnologie applicate al settore e, non
da ultimo, la consapevolezza dei loro diritti a tutela della salute.
E’ evidente che, alla luce di tali premesse, non si potesse prescindere
da una riforma dell’intero settore delle professioni sanitarie in generale tra
cui quella radiologica, la quale, com’è noto, è particolarmente influenzata
dai progressi tecnico-scientifici. Basti come esempio citare i progressi
avvenuti sulle apparecchiature quali ecografi, TC e RMN: la loro capacità di
fornire immagini diagnostiche è stata esponenziale. Si è passati da
immagini con scarso potere risolutivo a iconografie, a dir poco, paragonabili
alla realtà anatomica. Questo è dovuto, chiaramente, ai progressi sia nel
campo dei materiali, sia, forse con maggior importanza, nel campo
informatico applicato alle scienze biomediche. Immaginiamo il passaggio
dalla radiologia analogica a quella digitale e la velocità nella ricostruzione
delle immagini nella TC e nella RMN.
Da questi motivi il passaggio dalla tradizionale definizione di area
“radiologica” ad area di “diagnostica per immagini” in cui la radiazione X
non è più l’unica attrice anche se, è opportuno sottolinearlo, ne rimane ad
oggi la protagonista.
-36-
E’ pertanto evidente che la preparazione del Tsrm non poteva
rimanere ristretta a poche nozioni bensì ha dovuto adeguarsi alle nuove
istanze, le quali, oltre a modificare l’area delle competenze professionali di
base (conoscenza delle tecnologie informatiche, elettroniche, biologiche),
richiedono ora competenze cosiddette trasversali ovvero legate alla
capacità di adattamento al nuovo processo prestazionale nell’erogazione
del servizio in ambito ospedaliero. Ci si riferisce inevitabilmente alla
capacità di relazionarsi con figure professionali diverse e non più legate
esclusivamente al medico radiologo. In realtà il Tsrm deve ora offrire la
propria prestazione professionale all’esterno dei Servizi di radiologia ed a
contatto con professionisti diversi: il riferimento è al lavoro nelle sale
operatorie, nei centri cardiologici, nei servizi di fisica sanitaria ecc. (la c.d.
attività radiologica complementare).
Questa visione è coerente con la nuova pratica clinica: un complesso
approccio multidisciplinare, più o meno intenso in funzione dell’obiettivo
clinico, coinvolgente molteplici figure sanitarie tutte indirizzate ad una
soluzione comune. E’ sottinteso, sempre, che nel progredire di questo
processo mai dovrà essere dimenticato l’obiettivo principale: la persona,
tanto sotto l’aspetto fisico quanto quello psichico. E’ ormai patrimonio
comune la conoscenza di quanto rilevi il dialogo nel trattamento
diagnostico: la parola, il tono, i modi sono le genetiche armi del trattamento
terapeutico. L’affermazione si sostiene da sé semplicemente
esemplificando il lavoro presso i centri di screening, nelle radioterapie, nei
Pronto Soccorsi, nei centri oncologici.
1.2) La nascita dei Tsrm
Sotto il profilo sociologico i processi di professionalizzazione sono
stati ampiamente studiati e ne sono state elaborate diverse e talvolta
contrastanti teorie. Ai nostri scopi e senza pretesa di esaustività, adottiamo
la teoria di Tousijn9 che bene si colloca nel contesto europeo.
Secondo Tousijn lo sviluppo professionalizzante si basa su quattro
elementi pur non necessariamente concatenati da un punto di vista
temporale o sequenziale:
9 W. Tousijn:: Il sistema delle occupazioni sanitarie. 2000
-37-
1. una base cognitiva, ovvero l’ individuazione di un insieme di
conoscenze sulla quale nasce e si sviluppa la professione. Questa
base cognitiva dovrà essere:
a. specifica, cioè identificabile con la professione;
b. codificata, cioè standardizzabile e quindi trasmissibile ma
non completamente per evitare il rischio che possa essere
acquisita da esterni;
c. dotata di un lessico scientifico non familiare;
d. rinnovabile;
e. capace di produrre risultati misurabili per legittimarne
l'appropriazione, ma non tanto da poter essere oggetto di
giudizio da parte di persone esterne ad essa;
2. nascita e sviluppo di scuole professionali, allo scopo di produrre
e trasmettere la propria base cognitiva e con preferenza di scuole
interne alle Università per il prestigio del gruppo e le possibilità di
successo.
3. Nascita e sviluppo delle associazioni professionali, protagoniste
della strategia di professionalizzazione e portatrici di istanze nel
contesto istituzionale, negoziando altresì spazi e confini e
gestendo politiche di espansione o di difesa. Questo aspetto è
particolarmente complesso in Italia. La presenza di forme
associative riconducibili ad Ordini o Collegi, le associazioni
scientifiche, le organizzazioni sindacali mono-professionali,
comportano spesso la nascita di conflitti.
4. Riconoscimento e protezione da parte dello Stato . Lo Stato
riconosce e tutela il monopolio dell'esercizio professionale, talvolta
entrando esplicitamente nel processo di abilitazione con un esame
che chiude il percorso formativo (esame di Stato).
Le quattro fasi non sono necessariamente cronologiche, anzi spesso
si sovrappongono e la descritta successione riveste senz'altro interesse in
quanto applicabile alla stragrande maggioranza delle professioni, compresa
quella del Tsrm.
-38-
1.2.1) L'evoluzione della base cognitiva e la nascita delle prime
scuole
Il primo periodo va dalle prime applicazioni delle radiazioni alla
graduale trasformazione di queste, a cavallo tra i secoli XIX e XX fino agli
anni ‘40, quale strumento scientifico professionale integrato nel campo
della medicina. Nascono le società scientifiche di radiologia e inizia la
presenza, nelle radiodiagnostiche e radioterapie, di personale assimilabile
al tecnico di radiologia.
La scoperta dei Raggi X (8 novembre 1895), ad opera del professor
Wilhelm Conrad Röntgen (1845-1923) dell'Università di Wurzburg e per
la quale nel 1901 gli fu conferito il premio Nobel per la fisica, diede inizio ad
una nuova epoca in campo medico.
Già nel 1896, in Germania, in alcuni gabinetti radiologici il medico era
affiancato da personale di supporto perché questa nuova disciplina si
basava sull'utilizzo di macchinari piuttosto complessi. Inizialmente furono
gli elettricisti ed i fotografi ad affiancare i medici nell'eseguire le radiografie
e solo successivamente furono create delle scuole speciali per la
formazione e l'addestramento in materia di radiazioni. Storicamente è in
questo periodo che i medici, in generale, pongono le fondamenta sociali e
giuridiche della propria posizione di predominio sulle altre occupazioni
sanitarie.
Questa nuova tecnologia richiedeva un sistema di sapere che
avrebbe condotto alla istituzionalizzazione della radiologia come branca
della medicina a sè stante. L'immagine radiografica, poco più di un insieme
di grigi indefiniti, era inizialmente monopolio di pochi specialisti portatori di
una nuova scienza. Quest'ultima era legata al progresso nel campo medico-
scientifico passando nel tempo dall'interpretazione di immagini
macroscopiche, ormai alla portata di molti, ad immagini sempre più
complesse e dovute: all'introduzione dei mezzi di contrasto,
all'accorciamento dei tempi di esposizione, allo sviluppo di nuove tecniche
di studio che consentivano di isolare singoli segmenti anatomici (ad
esempio con la tomografia o stratigrafia). Tale nuova iconografia non
poteva che essere nuovamente dominio di pochi cultori.
-39-
Dopo gli anni ‘20 nascono nuove occupazioni in funzione del processo
produttivo sanitario, la professione medica è gravata da sempre maggiori
compiti lavorativi vecchi e nuovi e pertanto cede o delega parte delle
proprie attività alle nuove figure professionali. La delega tuttavia mantiene
il controllo sull'attività, tale controllo si esercita in modo diretto
sull'esecuzione dei compiti sanitari ed in modo indiretto sotto l'aspetto
funzionale, gerarchico, istituzionale e scientifico. Alla figura dei
collaboratori dei radiologi venivano delegate attività preparatorie o ancillari
per consentire al medico di concentrarsi sull'attività di diagnosi e cura.
Questi primi collaboratori sono senz'altro identificabili con i Tsrm.
A partire da gli anni ‘30, ci si rese conto che non bastava più la
pratica quotidiana per l'esecuzione dei compiti affidati e fu gioco forza
passare da una conoscenza esclusivamente empirica ad una più scientifica.
Venne pubblicato il primo manuale di tecnica radiologica: "Tecnica
Radiodiagnostica", nella cui prefazione si legge: "il libro è dedicato
anzitutto i tecnici radiologi, a quella categoria, cioè di modesti e preziosi
collaboratori del medico specialista, dall'abilità dei quali dipende tanta -
spesso misconosciuta - parte della fortuna di un istituto di radiologia".
Uno dei primi corsi formativi per "Assistenti tecnici di laboratorio
radiologico" nasce nel 1939-1940 a cura della Croce Rossa Italiana presso
la Regia Università di Milano ed è riservato a 20 infermiere della CRI.
Solo nel 1954 venne attivata, a Roma, una scuola avente finalità ed
ordinamento speciale che assunse la denominazione di Istituto
professionale per l'industria e l'artigianato "E. De Amicis". Nel 1958 prese
avvio un corso triennale per "Tecnico di impianti radiologici". La
sperimentazione finì nel 1965.
1.2.2) L'associazionismo professionale
Verso la metà degli anni '50 la categoria si riunì in un'associazione
chiamata Unione Nazionale Tecnici Radiologi (UNTR) adottando come
parole chiave "unione e professionalità". In quel periodo, è opportuno
ricordarlo, iniziò una ricerca particolarmente faticosa e contrastata da una
difficile identità e da un ristretto spazio occupazionale. Il lavoro nelle
-40-
strutture sanitarie, ben diverso da oggi, era basato su motivazioni di tipo
missionaristico, ovvero un'assistenza sanitaria dei bisognosi ma elusiva dei
problemi di fondo di un'equa distribuzione e di facile accesso a tutti sull'uso
di beni e servizi. Il periodo era altresì caratterizzato da bassi salari, turni
pesanti, assenza di diritti sindacali e abusi professionali e con una
sottomissione totale e rispettosa dalla scala gerarchica. La tutela sindacale
degli operatori farà accesso dopo più di un ventennio.
L’UNTR era una associazione apolitica e che propose un programma
chiaro e condiviso con quanto stabilito dalle norme internazionali di
radiologia.
Nel 1960 fu pubblicato dall'Inail il "Manuale del Tecnico di radiologia
medica", curato da personale medico. I contenuti riguardavano nozioni di
fisica, elementi di anatomia, apparecchiature, tecnica radiologica senza e
con mezzi di contrasto, nozioni di tecnica foto-radiografica, terapia fisica,
radioprotezione e legislazione. Alcuni tecnici di radiologia componenti
l'associazione, come il collega Velardi Colasanti, cercavano di sviluppare in
questi anni anche la base cognitiva dei tecnici creando una casa editrice, la
LEVI, che pubblicò i "Quaderni di anatomia e tecnica radiologica" e il
"Manuale pratico di tecnica radiologica".
I primi anni ‘60 videro l'intera categoria dei tecnici di radiologia
rappresentata da un'organizzazione forte e coesa: l’Associazione Nazionale
Tecnici Italiani Radiologia (ANTIR) che si sostituì alla precedente UNTR nel
1964: un'associazione di questo tipo non poteva che avere conflitti con gli
altri sindacati del settore sanitario.
Nel 1964 l'Italia recepì le direttive Euratom sull'impiego pacifico
dell'energia nucleare. Sulla spinta dell’ANTIR arrivò la "Regolamentazione
giuridica dell'esercizio dell'arte ausiliaria di tecnico di radiologia medica" e
immediatamente la L. 4 Agosto 1965, n. 1103 che definì le prime regole
e modalità di accesso alle scuole. Non più gestite da enti privati e pubblici
ma soltanto da istituti universitari e ospedali pubblici, previa domanda al
Ministero della sanità. L'accesso alla scuola era consentito a coloro che
possedevano il diploma di istruzione secondaria di primo livello (terza
media) con un'età compresa fra i 17 ed i 32 anni. Risultava titolo
preferenziale, ai fini dell’ammissione, il possesso di un altro diploma
-41-
professionale. La legge definì il processo evolutivo dei tecnici diplomati
prospettando loro il riconoscimento statale e l'autonomia professionale,
questo grazie all'istituzione della Federazione Nazionale dei Collegi
provinciali al fine di garantire maggiore prestigio alla categoria attraverso il
controllo sullo svolgimento dell'attività professionale. S’introdusse la
triennalità del corso.
L’ANTIR chiese con sollecitudine l'emanazione del regolamento
esecutivo della L. 1103/65 ma che uscì solo tre anni dopo: il DPR 6 marzo
1968, n. 680, in cui si stabiliva che i docenti dovessero essere scelti nella
facoltà di medicina e chirurgia o da altre facoltà universitarie e tra i medici
degli ospedali pubblici. Tuttavia l'insegnamento poteva essere affidato
anche ad altri esperti muniti del diploma di abilitazione professionale e
iscritti negli appositi Albi professionali (art. 7).
Con il DM 19 aprile 1968 venne approvato il programma di
insegnamento delle scuole per Tecnici di radiologia medica istituite
secondo le previsioni della L n. 1103/65. Il programma prevedeva lezioni
teoriche, dimostrative ed esercitazioni di tirocinio.
L’ANTIR lavorò anche per la creazione di condizioni di sicurezza e di
tutela dal pericolo delle radiazioni nei confronti degli operatori e con il
riconoscimento di un elevato rischio nell'ambito lavorativo: l'indennità di
rischio da radiazioni. Fu introdotto anche il periodo aggiuntivo di quindici
giorni di congedo ordinario.
Nel 1970 si costituì la Federazione Nazionale Collegi Tecnici di
Radiologia Medica mentre l'associazione ANTIR si sciolse nel 1972 a
Roma per costituire il Sindacato Nazionale dei Tecnici di Radiologia Medica
( SNTRM).
In questi anni vennero istituite presso gli istituti universitari e i
pubblici ospedali alcune scuole per i Tsrm. Il limite di tali corsi formativi fu
rappresentato dall'incapacità di sviluppare la professione in termini di
autonomia e specificità funzionale. Questa situazione venne maggiormente
evidenziata attraverso il tirocinio che insegnava agli allievi quali erano i
reali rapporti di potere gerarchico interno all'ospedale, per cui gli allievi si
-42-
abituarono inevitabilmente a considerarsi esecutori manuali delle direttive
del medico.
Sempre negli anni ‘70 la figura del Tsrm si uniformò agli standard
europei nell'impiego delle apparecchiature più evolute, ciò grazie anche
all'avvento di nuove metodiche di immagine derivate dall'evoluzione
tecnologico-informatica come la TAC (ora: TC) e la RMN. La prima scoperta
nel 1972 dal fisico A.M. Cormak e da G.N. Hounsfield, ingegnere capo dei
laboratori scientifici della casa discografica inglese EMI, valse ad entrambi il
premio Nobel per la medicina nel 1979. La seconda, scoperta come
fenomeno nel lontano 1946 da Bloch e Purcell e anche questi premiati nel
1952 con il premio Nobel per la fisica, fu introdotta in ambito radiologico
nel 1973 quando Lauterbur dimostrò la possibilità di ottenere informazioni
spaziali correlati al segnale di risonanza magnetica.
1.2.3) Il riconoscimento dello Stato: un atto anticipato ?
All'inizio del 1980, con la L. 31 gennaio 1983 n. 25: modifiche ed
integrazioni della legge 4 agosto 1965, n. 1103 (...) sulla regolamentazione
giuridica dell'esercizio dell'attività di tecnico sanitario di radiologia medica,
si incise profondamente sul profilo formativo. La legge stabilì
definitivamente che l'arte ausiliaria di tecnico di radiologia medica, di cui
alla L. n. 1103/65 è sostituita dalla professione di tecnico sanitario di
radiologia medica (art. 1).
L'accesso alla scuola prevedeva il diploma di scuola secondaria
superiore e inseriva un Tsrm, nominato dal Collegio, nelle commissioni di
esame allo scopo di dichiararne l'abilitazione professionale. Veniva inoltre
definita maggiormente l'attività operativa, tanto sotto l'aspetto delle
funzioni professionali (nella quale rientra tutto il campo della radiologia
medica e della radioprotezione), quanto sotto l'aspetto dell'autonomia di
servizio e la connessa responsabilità specifica tecnico-professionale degli
atti a loro attribuiti. Introdusse il reato di esercizio abusivo della
professione, secondo quanto sancito dall'articolo 348 del codice penale,
consentendo inoltre al magistrato il potere di ordinare la chiusura
-43-
temporanea del servizio radiologico nel quale sia stata esercitata l’attività
abusiva.
La legge modificò i compiti del Tsrm andando a sostituire le
precedenti disposizioni (previste dal DPR n. 680/68) con un ampliamento
delle competenze e con una maggior autonomia rispetto al passato.
Per quanto attiene le scuole vi fu una cambiamento del programma
didattico pur conservando i tre anni della durata del corso. La direzione
delle scuole rimaneva affidata al direttore dell'istituto radiologico
universitario o al primario radiologo dell'ospedale in cui aveva sede il corso.
Unica nota di rilievo fu la possibilità di affidamento dell'insegnamento
professionalizzante e di docenza ad un Tsrm. Le scuole erano ciò
nondimeno ancora prive di un raccordo nazionale sul piano didattico.
Naturalmente l'introduzione della L. n. 25/83 ebbe forti conseguenze
anche nei posti di lavoro, in particolare tra i medici radiologi ed i tecnici in
quanto, secondo la citata normativa, il Tsrm poteva esercitare il proprio
lavoro anche senza la presenza del medico specialista.
"Tale situazione, evidenziata anche dalla carenza di medici radiologi
faceva sì che le radiologia nei turni pomeridiani e di notte erano, spesso,
presieduti da soli tecnici che dovevano rispondere tecnicamente ai quesiti
dei medici di pronto soccorso che grazie alle innovazioni tecnologiche, alla
maggior automazione dei macchinari e alla forte espansione della TC,
chiedevano l'aumento di prestazioni radiologiche spesso finalizzate
procedure medico legali"10. In sostanza anche un servizio di radiologia o,
più in generale, in un dipartimento di diagnostica per immagini, l’attività
organizzata soggiace alla regola generale secondo la quale, nei rapporti tra
professioni diverse, le “logiche non sono soltanto quelle organizzative ma
sono logiche professionali"11 spesso confliggenti ta loro.
Conseguentemente alla direttiva delle Comunità Europee del 21
dicembre 1988 che sanciva il diritto a una libera circolazione negli stati
membri anche dei professionisti Tsrm, negli anni ’90 e con una serie di
provvedimenti legislativi e amministrativi, fu innovato il sistema
universitario formativo della professione sanitaria in Italia.
10 F.Ascolese, P. Binetti, B.B.Zobel: Dal Core competence al core curriculum. 2008.11 W. Tousijn: op. cit.
-44-
Nel 1994 il Ministro della Sanità (DM 26 settembre 1994 n. 746)
regolamentò il profilo professionale dei Tsrm congiuntamente a tutte le
altre 21 professioni sanitarie. Il citato decreto prevedeva l'individuazione
della figura del tecnico sanitario di radiologia medica con il seguente
profilo: "il tecnico sanitario di radiologia è l'operatore sanitario che in
possesso del diploma universitario abilitante e dell'iscrizione all'Albo
professionale, è responsabile degli atti di sua competenza ed è autorizzato
ad espletare indagini e prestazioni radiologiche" (art. 1).
Sinteticamente, nel menzionato Decreto, il profilo professionale
veniva ulteriormente precisato, compatibilmente a quanto
precedentemente previsto dalla L. n. 25/83, secondo quanto segue.
Il tecnico sanitario di radiologia medica:
- partecipa alla programmazione e organizzazione del lavoro;
- programma e gestisce l'erogazione di prestazioni di sua competenza in
collaborazione diretta con il medico radiodiagnosta, nucleare,
radioterapista e fisico sanitario;
- svolge la propria attività e strutture pubbliche, private, in rapporto di
dipendenza o libero-professionale;
- verifica e controlla la qualità;
- contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre
all'aggiornamento del proprio profilo professionale ed alla ricerca.
Il riordino della disciplina in campo sanitario avvenuta nel 1992
(D.Lgs. n. 502/92) introdusse nuove modalità per la formazione del
personale, delegando all'università il compito unico della formazione delle
professioni sanitarie.
Nello stesso periodo la Federazione Nazionale dei Collegi Professionali
dei Tsrm pubblicò il Codice Deontologico definendo anche le caratteristiche
etiche specifiche della professione.
Nell'anno accademico 1996-1997 avviene il passaggio della
formazione dalle scuole regionali all'università (secondo le previsioni del
D.Lgs. 502/92) introducendo così la formazione per mezzo dei corsi di
Diploma Universitario e sancendo quindi la fine del modello di scuola
-45-
ospedaliera a favore di una formazione più consona alle professioni in
ambito sanitario.
L'ultimo periodo decisivo per i professionisti del comparto fu
introdotto dalla L. 26 febbraio 1999, n. 42: disposizioni in materia di
professioni sanitarie. Si stabiliva l'equipollenza ai titoli universitari dei
precedenti titoli abilitanti la professione, veniva altresì abrogato anche per
tutte le altre professioni sanitarie il vincolo del mansionario, ovvero una
mera della elencazione dei compiti da svolgere, a favore di una norma
aperta in cui si prevede che "il campo proprio di attività e di responsabilità
delle professioni sanitarie (...), è determinato dei contenuti dei decreti
ministeriali istituti dei relativi profili professionali e degli ordinamenti
didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione post-
base nonché dagli specifici Codici deontologici, fatte salve le
competenze previste per le professioni mediche e per le altre professioni
del ruolo sanitario (...)" (art. 1). Va tuttavia sottolineata la circostanza che il
nostro Decreto fa comunque salva, richiamandola, la L. n. 25/83 . Senz’altro
la L. n. 42/99 consente l’ampliamento della professione grazie alla
possibilità di interventi futuri nel settore formativo. È inoltre evidente,
grazie al richiamo operato dalla legge, il nuovo ruolo assunto dal Codice
Deontologico.
Infine, come menzionato, la riforma dei corsi di laurea su due cicli
(triennale e biennale) operato dal Decreto Ministeriale n. 509/99 conduce
alla trasformazione del Diploma Universitario a corsi di primo livello
(laurea). Proprio nell’esame finale è prevista la presenza di due membri del
Collegio Professionale allo scopo di attribuire valore di esame di Stato
abilitante all’esercizio professionale (Decreto interministeriale 2 aprile
2001, art. 6) .
E’ opportuno precisare che un riconoscimento da parte dello Stato era
già previsto dalla L. n. 1103/65 (art. 12) in cui si prevedeva che "l'effettivo
esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica è
subordinato all'iscrizione all'Albo provinciale (...)", obbligo peraltro non
abrogato dalla successiva L. n. 25/83. È pertanto evidente, come
precedentemente detto, che in realtà le fasi della costituzione di una
professione non sono fasi necessariamente e cronologicamente distinte
-46-
bensì frequentemente sovrapposte; si può anzi dire che il riconoscimento
da parte dello Stato fosse stato ottenuto già agli albori della professione. È
possibile concludere che di indiscusso rilievo è stata la spinta politico-
istituzionale a far sì che la nostra professione fosse da subito vigilata dallo
Stato.
2) La legislazione inerente la professione
Tsrm
Dopo l’accenno storico è necessario profilare quali limiti e quali poteri
competono al Tsrm. In verità, l’analisi della vigente normativa, non porta
verso una risposta univoca bensì ad una soluzione ricavata dalla lettura
combinata delle fonti normative e perciò con l’utilizzo di tecniche
interpretative.
L’approccio più semplice rimane quello cronologico.
2.1) La Legge 4 Agosto 1965, n. 1103
La L. n. 1103/65: : Regolamentazione giuridica dell’esercizio dell’arte
ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica, rappresenta
necessariamente il punto di partenza tanto per la comprensione
dell’aspetto normativo, quanto per quello evolutivo della professione.
Oltre a regolamentare accesso, tipologia e requisiti per l’avviamento
delle scuole, fornì anche il primo mansionario del Tsrm.
Secondo l’art. 11 al tecnico era consentito “svolgere le seguenti
mansioni”:
a. preparare l’ammalato secondo le istruzioni del medico radiologo;
b. effettuare tutte le manovre e le manualità coordinate dal medico
radiologo che ne rimane responsabile;
c. controllare l’efficienza degli apparati e la loro manutenzione,
d. eseguire il lavoro della camera oscura, della registrazione e della
archiviazione delle pellicole.
E’ fatto divieto ai tecnici di radiologia medica di fornire prestazioni fuori dai
gabinetti radiologici debitamente autorizzati, se non sotto il diretto
-47-
controllo e in presenza del medico radiologo, che ne assume, di volta in
volta, la responsabilità.
Questi i compiti e i limiti originari del Tsrm.
Ad essi veniva altresì vietata l’attività presso studi radiologici non
autorizzati salvo che l’attività non fosse svolta sotto diretto controllo di un
medico radiologo che era responsabile.
Da un lato la nuova disciplina imponeva l’obbligo, per gli enti pubblici
e privati che avevano personale dedicato all’utilizzo delle apparecchiature,
di assumere personale in possesso del diploma di abilitazione di tecnico di
radiologia medica (art. 13). Dall’altro inibiva l’attività abusiva sanzionando
il personale sprovvisto di titolo ad una multa e, in caso di recidiva, con
un’ulteriore multa, la reclusione da 15 a 30 giorni, la confisca del materiale
utilizzato per l’attività e la chiusura temporanea dei locali utilizzati (art. 16).
La Commissione esaminatrice, deputata alla valutazione del
candidato alla fine del corso, era composta da cinque membri: il direttore
della scuola (primario radiologo dell'ospedale presso cui ha sede la scuola,
oppure direttore dell'istituto universitario di radiologia), da un primario
radiologo di ruolo designato dall'ordine dei medici della provincia, da un
docente delle materie obbligatorie del corso di studi, da un rappresentante
del ministero della pubblica istruzione e infine, in qualità di segretario, da
un funzionario amministrativo del Ministero della sanità (art. 8, co. 2).
Ulteriore novità introdotta fu l’obbligatorietà dell’iscrizione all’Albo
professionale conservato presso i neonati Collegi provinciali. Collegi, a loro
volta, riuniti in una Federazione nazionale con sede a Roma (art. 16).
Questa disposizione fu ulteriormente rafforzata con l’espresso rinvio al
D.Lgs. C.P.S. del 13/09/1946, n. 233 : Ricostituzione degli Ordini delle
professioni sanitarie e per la disciplina delle professioni stesse inizialmente
indirizzata ai medici-chirurghi, veterinari, farmacisti ed ai Collegi delle
ostetriche.
E’ evidente che questo primo risultato ottenuto dalle associazioni
professionali non era di poco conto. Tant’e che, in tal modo, l’attività
professionale era vigilata dallo Stato poiché Ordini e Collegi sono classificati
come Enti ausiliari dello stesso diversamente quindi dalle Associazioni che
-48-
hanno natura puramente volontaria e dotate di disciplina privatistica:
Regolamenti e Statuti liberamente approvati dagli iscritti.
L’art 19 delegava infine al governo la produzione del Regolamento
esecutivo della legge stessa entro sei mesi dall’entrata in vigore. Il
menzionato Regolamento trovò attuazione con il DPR n. 680/68.
2.2) Il DPR 6 Marzo 1968, n. 680
Il Decreto presidenziale: regolamento per l'esecuzione della
legge 4 agosto 1965, n. 1103, concernente regolamentazione
giuridica dell'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di
radiologia medica, era finalizzato a dettagliare quanto previsto dalla
precedente legge.
In particolare disponeva sui requisiti per l'istituzione delle scuole da
parte degli istituti universitari di radiologia e i pubblici ospedali dipendenti
da enti pubblici. La domanda, da presentare al Ministero della sanità,
doveva contenere l'indicazione dei mezzi finanziari per l'impianto ed il
funzionamento, la pianta e la descrizione dei locali destinati alla scuola, le
attrezzature necessarie, il regolamento contenente la disciplina relativa
all’organizzazione tecnica, finanziaria e amministrativa, il numero degli
allievi che possono frequentare la scuola.
Il Direttore della scuola doveva essere o il direttore dell'istituto
universitario di radiologia o il primario radiologo dell'ospedale presso cui ha
sede la scuola. Era il responsabile didattico-funzionale della scuola stessa
con compiti di vigilanza e controllo, presiedeva inoltre il consiglio degli
insegnanti.
Gli Insegnanti dovevano essere scelti tra docenti della facoltà di
medicina e chirurgia o di altre facoltà universitarie e tra i medici ospedalieri
dipendenti da enti pubblici. Una prima e timida novità fu introdotta per
quanto attiene la figura del Tsrm: l'insegnamento può essere affidato anche
ad altri esperti purché muniti del diploma di abilitazione per l'esercizio
dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia e dell'iscrizione all'albo
professionale.
-49-
Gli Studenti potevano essere ammessi fin dall'età di 16 anni, purché
compissero il diciassettesimo entro il 31 dicembre dell'anno in cui veniva
presentata la domanda e, se minori di anni 21, con "l'esplicito consenso del
padre o di chi esercita la patria potestà o la tutela" (art. 10, co. 3).
L'ammissione alla scuola era secondo l'ordine cronologico di presentazione
della domanda, la frequenza era obbligatoria e la formazione prevedeva
lezioni teoriche, esercitazioni e tirocinio pratico. Agli allievi del primo anno
era escluso ogni contatto diretto con i pazienti, era loro consentito soltanto
frequentare le lezioni teoriche e le esercitazioni pratiche.
Il passaggio agli anni successivi era previsto tramite scrutinio finale
per ciascuna materia, mentre erano previste due sessioni, una estiva ed
una autunnale, per l'esame destinato al conseguimento del titolo di
abilitazione.
È in questo DPR che troviamo una prima integrazione del mansionario
(art. 24), anche se in realtà trattasi di disposizioni di dettaglio con espresso
riferimento al punto b) dell'art. 11 della L. n. 1103/6512. In particolare,
precisando che: "il tecnico di radiologia cura l'esecuzione degli esami
radiografici prestabiliti dal medico radiologo", le operazioni di spettanza del
Tsrm sono:
a) inserimento dell'apparecchio sulla linea di esercizio;
b) prefissione dei dati radiografici secondo il tipo di radiografia da
eseguire;
c) disposizioni del paziente sul tavolo radiologico;
d) centratura del tubo radiogeno sull'organo da esaminare e
collocazione della cassetta radiografica;
e) inserimento del commutatore per l'emissione dei raggi x.
Inoltre il "tecnico di radiologia su disposizione e sotto la responsabilità del
medico radiologo (...) può curare direttamente l'esecuzione degli esami
radiografici semplici (torace, ossa, schermografia) anche senza la presenza
del medico radiologo. In nessun caso il tecnico radiologo può curare
12 Art. 11, lett. b): effettuare tutte le manovre e le manualità coordinate dal medico radiologo che ne rimane responsabile.
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l'esecuzione di esami radioscopici o contrastografici senza la costante
presenza del medico radiologo".
È evidente che la figura del Tsrm rimane ancora molto condizionata
dalla presenza funzionale del medico radiologo anche se, negli esami
tradizionali, quindi quelli maggiormente incidenti nell'attività radiologica,
inizia a profilarsi un certo affrancamento dallo specialista radiologo. Il DPR
n. 680/68 stabiliva altresì i compiti dei tecnici addetti reparti di
radioterapia.
Con questo Decreto può dirsi conclusa una prima fase, sotto l'aspetto
strettamente legislativo, di regolamentazione di una professione sanitaria
ancora giovane e destinata a crescere ulteriormente.
E’ necessario ricordare che questi primi risultati, che solo un
inadeguato senso storico può definire scarsi, non sono certo nati
magicamente, bensì grazie ai colleghi delle nostre Associazioni che hanno
creduto nella nostra professione e si sono prodigati, nelle opportune sedi
politico-istituzionali, a vincere le resistenze al cambiamento rappresentate,
anche, da interessi di tipo corporativo.
Ulteriore modifica fu rappresentata dall'obbligo, per gli ospedali e gli
enti pubblici, di aprire un apposito ruolo organico nel personale sanitario e
ad iscrivervi il personale che già svolgesse compiti di Tsrm purchè in
possesso del relativo titolo (L. n. 944/67). Si riconobbe un'indennità di
rischio radiologico mensile di 30.000 Lire (L. n. 416/68). I Tsrm furono
collocati nel personale tecnico con un congedo aggiuntivo, a quello
ordinario, di 15 giorni all'anno per il personale sottoposto a rischio da
radiazioni ionizzanti (DPR n. 130/69: stato giuridico dei dipendenti degli enti
ospedalieri).
Procedendo oltre nella nostra ricostruzione cronologico-legislativa
una svolta certamente di rilievo fu rappresentata dalla L. n. 25/83.
2.3) La Legge 31 Gennaio 1983, n. 25
La L. n. 25/83: modifiche e integrazioni della legge 4 Agosto
1965, n. 1103 e al Decreto del Presidente della Repubblica 6 Marzo
1968, n. 680 sulla regolamentazione giuridica dell'esercizio
-51-
dell'attività di tecnico sanitario di radiologia medica, è senza dubbio
il secondo evento legislativo che ha profondamente modificato la figura del
Tsrm. Il testo normativo incide profondamente nel settore delle
competenze del tecnico di radiologia, in particolare andando a modificare e
talvolta sostituire interamente quanto previsto dai precedenti atti
normativi.
Innovazione di non poco conto è il passaggio da arte ausiliaria a
professione così come sancito dall'art. 1 e in anticipo rispetto a tutte le
altre professioni sanitarie dell'area non medica. Va pur detto che la
presenza di un elenco delle mansioni attribuite, come stabilito dalla legge
stessa, non può che ridurre l'ambito di discrezionalità del professionista
lasciando pertanto il valore del titolo più in un ambito teorico che
sostanziale.
Una ulteriore modifica investe il titolo per l'ammissione ai corsi: è ora
necessario il diploma di scuola media superiore (art. 2).
Nella Commissione d'esame per l'abilitazione professionale viene
aggiunto un tecnico sanitario di radiologia medica designato dal Collegio
professionale (art. 3). Oggi invece i rappresentanti nominati dai Collegi
provinciali nella commissione d’esame sono due13.
Di deciso impatto è invece il successivo art. 4 in cui viene riscritto,
abrogando e quindi sostituendo, l'intero mansionario previsto dall’art. 11
della L. n. 1103/65. Il Tsrm collabora direttamente con il medico
radiodiagnosta, radioterapista e nucleare in tutti gli ambiti dell'utilizzo delle
radiazioni ionizzanti, sia naturali che artificiali e delle energie termiche ed
ultrasoniche, nonché della risonanza nucleare magnetica. Questo per scopi
diagnostici, terapeutici, scientifici e didattici tanto nelle strutture pubbliche
che private. In modo particolare:
a) attuano le modalità tecnico-operative ritenute idonee alla
rilevazione dell'informazione diagnostica e all'espletamento degli
atti terapeutici su indicazione fornita dal medico specialista
13 V. Decreto interministeriale del 2 aprile 2001, art.6, lett c): la Commissione per la prova finale è composta da non meno di 7 e non più di 11 membri, nominati dal Rettore su proposta del Consiglio del Corso di Laurea, e comprende almeno due membri del Collegio professionale (...)
-52-
(radiologo, radioterapista o nucleare) al quale rimane la facoltà
dell'intervento diretto;
b) il Tsrm è tenuto a svolgere la propria opera nella struttura pubblica
e privata, nel settore servizi dove l'attività radiologica è
complementare14 all'esercizio clinico dei medici non radiologi,
secondo le indicazioni del medico radiologo;
c) i Tsrm assumono la responsabilità specifica tecnico-professionale
degli atti a loro attribuiti.
Questo il secondo mansionario della nostra attività professionale.
Poiché l'art. 8 di questa legge ha espressamente previsto la sostituzione
dell'art. 11 della L. n. 1103/65, l'elenco delle competenze contenuto nella
seconda è intendersi completamente abrogato. Rimane il quesito di cosa ne
è stato delle norme del DPR n. 680/68 che hanno specificato il primo
mansionario. Premesso che il Decreto presidenziale dettagliava l'art. 11
della L. n. 1103/65, la prima conseguenza potrebbe essere la caduta delle
disposizioni contenute nel Decreto. Per due ragioni: la prima perché
l'abrogazione di un articolo di legge successivamente puntualizzato da un
decreto fa venire meno il fondamento del decreto stesso salvo ch la legge
stessa non lo richiami espressamente, ovvero nell’attività interpretativa
non vi siano incompatibilità fra legge e Decreto. In tal caso è evidente che
sarebbe il Decreto a dover soccombere.
Il legislatore, con l’art. 8, ha preferito tuttavia non lasciare
all'interprete dubbi ermeneutici preferendo così sostituire anche l'art. 24
del menzionato DPR e precisando precisi compiti in capo ai tecnici di
radiologia nei diversi settori: radiodiagnostica, radioterapia, medicina
nucleare, fisica sanitaria ecc. Queste le novità introdotte dalla L. n. 25/83.
È pertanto da intendersi completamente abrogata la precedente
elencazione dei compiti attribuiti. In particolare mentre il DPR n. 680/68
impediva esami radioscopici in assenza del medico radiologo, ora il divieto
è da considerarsi abrogato. Continua invece ad essere espressamente
preclusa al Tsrm la somministrazione di mezzo di contrasto (art. 8).
14 L'attività radiologica complementare è da intendersi tutta quella svolta al di fuori dei servizi radiologici: sale operatorie, emodinamica, uroradiologia in cui il Tsrm collabora direttamente con il medico specialista di un'altra disciplina.
-53-
La legge del 1983 introduce inoltre, modificando le precedenti
sanzioni previste dalla L. n. 1103/65, l'esercizio abusivo della professione
secondo quanto previsto dall'articolo 348 del codice penale. È alla luce
anche di questa sanzione è sostenibile la tesi secondo la quale la
professione di Tsrm è nata nel lontano 1983 e non successivamente,
assieme alle altre nel 1999, come invece sostenuto da alcuni15; accanto alla
previsione dell'esercizio abusivo professionale vi è poi l'attribuzione di una
specifica responsabilità. In sostanza e diversamente dal passato, non è più
il medico specialista, sia esso radiologo, radioterapista o nucleare,
responsabile degli atti compiuti dal Tsrm.
2.4) D.M. 26 Settembre 1994, n. 746
La riforma dell’intero SSN, introdotta dapprima con il D.Lgs. n. 502/92
e integrata con il D.Lgs.n. 517/93, non poteva certo lasciare indenne anche
il personale del Comparto.
In particolare, nel secondo atto legislativo, viene conferita delega al
Ministro della sanità di individuare, con proprio decreto, le figure
professionali da formare ed i relativi profili.
Le professioni interessate, ad opera del Ministero, dall'individuazione
della figura e del relativo profilo furono, per le professioni sanitarie
infermieristiche e ostetriche: infermiere (D.M. n. 739/94); ostetrica (D.M. n.
740/94); infermiere pediatrico (D.M. n. 70/97).
Per le professioni sanitarie riabilitative: podologo (D.M. n. 666/94);
fisioterapista (D.M. n. 741/94); logopedista (D.M. n. 742/94); ortottista (D.M.
15 L. Benci: Le professioni sanitarie (non mediche), 2002.”Se è pur vero che viene specificato che la denominazione arte viene sostituita con professione, questo avviene con la premessa di una futura legge quadro di riordino delle professioni sanitarie ausiliarie. Quindi anche la professione di tecnico sanitario di radiologia medica resta fino al 1999 professione ausiliaria”. L’interpretazione letterale non consente la condivisibilità dell’affermazione L’affermazione non è condivisibile. L’ interpretazione letterale dell’art. 1 è chiara: ”l’arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica (...) è sostituita dalla professione di tecnico sanitario di radiologia medica”. E’ evidente: il Tsrm è stato definito professionista dall’entrata in vigore della legge stessa. Il primo periodo “in attesa dell’emanazione della legge quadro sulle professioni sanitarie ausiliarie...”non rappresenta altro che una norma programmatica, condizione eventuale e futura, non certo condizione giuridica per l’attribuzione dello status di professionista al Tsrm. Diversa interpretazione condurrebbe alla conclusione illogica che l’art. 348 del c.p. sanzionerebbe come esercizio abusivo di professione l’esercizio di un’arte ausiliaria.
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n. 743/94); terapista della neuro e psichicomotricità dell'età evolutiva (D.M.
n. 56/97); tecnico della riabilitazione psichiatrica (D.M. n. 182/01); terapista
occupazionale (D.M. n. 136/97); educatore professionale (D.M. n. 520/98).
Per le professioni tecnico-sanitarie nell'area tecnico-diagnostica:
tecnico audiometrista (D.M. n. 667/94); tecnico di laboratorio (D.M. n.
745/94); tecnico sanitario di radiologia medica (D.M. n. 746/94); tecnico di
neurofisiopatologia (D.M. n. 183/95). Per l'area tecnico-assistenziale:
tecnico ortopedico (D.M. n. 665/94); tecnico audioprotesista (D.M. n.
668/94); tecnico della fisio patologia cardiocircolatoria (D.M. n. 316/98);
igienista dentale (D.M. n. 137/99); dietista (D.M. n. 744/94).
Per le professioni tecniche della prevenzione: tecnico della
prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro (D.M. n. 58/97); assistente
sanitario (D.M. n. 69/97).
È evidente che le professioni più conosciute e ormai consolidate sono
state immediatamente investite dall'attività regolamentare del Ministero
(fisioterapista, infermiere, podologo, Tsrm, tecnico di laboratorio, ostetrica
ecc.), mentre le altre e più giovani professioni hanno trovato a
riconoscimento solo successivamente (tecnico di neurofisiopatologia;
tecnico della prevenzione; tecnico riabilitativo psichiatrico).
Ciò che rileva ai nostri fini è tuttavia come il Decreto ministeriale n.
746/94, che individua la figura e descrive il connesso profilo del Tsrm, abbia
influito nell'area delle competenze del professionista in questione.
Per quanto attiene l'individuazione della figura, il Tsrm è:
"l'operatore sanitario che in possesso del diploma universitario
abilitante e dell'iscrizione all'albo professionale, è responsabile
degli atti di sua competenza ed è autorizzato a espletare indagini e
prestazioni radiologiche". Il dettato è piuttosto chiaro e non
necessiterebbe di particolari commenti, salva la precisazione che dal
diploma universitario si è passati alla laurea triennale; l'iscrizione al
Collegio è condizione necessaria, insieme al titolo, per individuare la figura
del professionista sanitario. L'assenza di una delle due condizioni non
consente l'attività professionale. Per quanto attiene la responsabilità (la
conseguenza giuridica di un comportamento illecito) il Tsrm viene ritenuto
-55-
unico titolare diversamente dal passato in cui, quale arte ausiliaria, le
conseguenza dell’illecito venivano in buona sostanza addossate
completamente al superiore funzionale (il medico radiologo). Naturalmente
questa responsabilità attiene agli atti che gli competono: indagini e
prestazioni radiologiche. Oltrepassare quest'area condurrebbe a
conseguenze in ambito penalistico secondo l'articolo 348 del codice penale.
Può essere utile precisare che se per indagine possiamo intendere
l’attività inerente la diagnosi (radiologia tradizionale, TC, RMN, medicina
nucleare), per prestazione radiologica si va oltre abbracciando tutte le
attività che comprendono l’utilizzo di radiazioni, ionizzanti e non, negli altri
settori come la radioterapia o la fisica sanitaria.
Il D.M. n. 746/94 contiene necessariamente un richiamo alla L. n.
25/83 la quale, lo ricordiamo, novella in parte la precedente L. n. 1103/65.
E’ per tale motivo che per precisare la sfera operativa diviene obbligatoria
una lettura combinata delle varie fonti normative. Va pur detto che il
regolamento ricalca in parte quanto già disposto dalla L. n. 25/83.
Ribadisce la necessarietà della prescrizione medica per ogni
intervento professionale.
Autorizza l'attività del tecnico, oltre che con lo specialista radiologo
anche con altre figure sanitarie (la c.d. attività complementare) tanto nelle
strutture pubbliche che in quelle private (v. art. 4).
Più innovativa certamente la parte che attribuisce al Tsrm alcuni
compiti in ambito organizzativo: partecipa alla programmazione e
organizzazione del lavoro; programma e gestisce l'erogazione di prestazioni
polivalenti di sua competenza (pur sempre in collaborazione diretta con il
medico specialista ed il fisico sanitario); è responsabile del controllo sul
corretto funzionamento delle apparecchiature affidate, provvedendo alla
eliminazione di inconvenienti di modesta entità, attuando programmi di
verifica e controllo qualitativo
Infine il Tsrm contribuisce alla formazione del personale di supporto e
concorre direttamente all'aggiornamento del proprio profilo professionale e
alla ricerca.
Quest'ultimo comma certamente lascia aperti spazi professionali
particolarmente ampi. Similmente agli infermieri è quindi previsto che pure
-56-
il personale tecnico di radiologia possa disporre di personale di supporto
per la propria attività, ad esempio operatori socio-sanitari o ausiliari che lo
affiancano nell'operare quotidiano. Naturalmente questo comporta anche la
connessa responsabilità in capo al tecnico che si avvalga di personale
ausiliario. Concorrendo all'aggiornamento del profilo è possibile, ad
esempio, prevedere l'introduzione nell'attività organizzativa di gruppi di
lavoro che possono estendere le conoscenze specialistiche agli altri colleghi
che operano in settori diversi. Infine è consentita l'attività di ricerca per il
settore professionale, immaginiamo ad esempio l'analisi comparata di
protocolli diagnostici per valutarne l'efficacia e l'efficienza, tanto sotto
l’aspetto diagnostico che dosimetrico.
Si è vista, con questa prima elencazione di fonti normative, come
l'attività ermeneutica, finalizzata a restringere o perlomeno delimitare
l'ambito delle competenze, presenti dei profili di incertezza o perlomeno,
per rimanere nel nostro settore, un ampio spettro di grigi.
Fino qui è possibile dire che l'atto di maggior riferimento, almeno
dopo la prima ufficializzazione della professione avvenuta ad opera della L.
n. 1103/65 e del connesso DPR n. 680/68, è la L. n. 25/83 la quale ha inciso,
talvolta abrogando implicitamente e talvolta aggiungendo, disposizioni
nell'originaria legislazione pur non estinguendola completamente.
Per quanto riguarda invece il D.M. n. 746/94 il suo maggior contributo
è stato quello di definire la figura del Tsrm e di aggiungere qualche attività
in ambito organizzativo.
L'ambito delle competenze, o almeno: l'interpretazione per la sua
individuazione, subisce un ulteriore configurazione da un successivo atto
legislativo: la L. n. 42/99.
2.5)La Legge 26 Febbraio 1999, n. 42
La L. n. 42/99: Disposizioni in materia di professioni sanitarie, apporta
un notevole cambiamento nell'attività interpretativa sulle competenze delle
figure sanitarie del Comparto.
Oltre all'estensione della definizione di "professione sanitaria" anche
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alle altre figure, di certo impatto è la nuova delimitazione delle attività che
competono alle professioni. Il 2ºco. dell'art. 1 abroga espressamente l'art.
24 del DPR n. 680/68 "e successive modificazioni".
Pertanto l'attività interpretativa che spetta al professionista Tsrm per
delineare le proprie competenze, deve necessariamente seguire un certo
percorso.
a) L'art. 24 del menzionato DPR dattagliava quanto previsto dalla
precedente L. n. 1103/65, art. 11: il nostro cosiddetto primo mansionario,
cioè l'inserimento dell'apparecchio sulla linea d'esercizio; l'impostazione dei
dati; la centratura; l'emissione radiante. Questo sotto la responsabilità
diretta del medico radiologo e con l'espresso divieto di utilizzo di mezzo di
contrasto e della scopia.
b) Un secondo atto legislativo (L. n. 25/83, art. 4) tuttavia sostituiva
interamente, abrogandolo, l'art. 11 e inserendo così quello che abbiamo
definito il nostro secondo mansionario. Non solo: l'art. 8 della stessa legge,
con lo stesso meccanismo dell'abrogazione per sostituzione, andava anche
a modificare l'intero art. 24 del DPR n. 680/68. In sostanza una corretta
lettura dei compiti del Tsrm è, a partire dal 1983, la lettura combinata
dell'art. 4 e dell'art. 8 della L. n. 25/83. Attenzione, sotto un aspetto di
tecnica giuridica in realtà questi due articoli entrano a pieno titolo nella L.
n. 1103/65 e solo per semplicità continueremo a riferirci invece alla legge
del 1983.
c) Dal 1994, con il D.M. n. 746/94 finalizzato all'individuazione del
profilo del Tsrm, qualcosa viene aggiunto anche nell'ambito delle
competenze (v. oltre). Pertanto le mansioni del Tsrm sono definite dalla
lettura congiunta della L. n. 25/83 (artt. 4 e 8) e dall'art. 1, co. 2, 3 e 4 del
Decreto ministeriale.
d) Dal 1999, con la legge n. 42, è stato introdotto una profonda
trasformazione nell'ambito delle mansioni. Tutto ciò che era collegato
dall'art. 24 del DPR n. 680/68 decade. Quindi perde efficacia, oltre
naturalmente all'art. 24 del Decreto presidenziale, anche l'art. 8 della L. n.
25/83 in quanto finalizzato esclusivamente a sostituire il primo e
certamente rientrante nelle cosiddette "successive modificazioni" previste
dalla legge del 1999. Si salva invece dall'abrogazione l'art. 4 della legge del
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1983 poiché non era diretto a puntualizzare i compiti del Tsrm bensì ambiti
più ampi. Di conseguenza l'attuale lettura delle sfere di competenza del
Tsrm è quello previsto dall'art. 4 della L. n. 25/83 integrato dal DM n.
746/94. E' quindi evidente che, una volta espunta dall'ordinamento
l'elencazione tassativa (mansionario in senso stretto), rimangono delle
norme più o meno aperte, intendendo con tale terminologia e in questa
sede la non-univocità nella loro interpretazione, ovvero la possibilità di
attribuire ad esse un significato contenutistico più o meno ampio.
La sopravvivenza dell'art. 4 della L. n. 25/83 è altresì confermata dal
dato letterale contenuto nel Decreto istitutivo il profilo, infatti l'abilitazione
al Tsrm per lo svolgimento della propria attività deve essere "in conformità
a quanto disposto dalla legge 31 gennaio 1983, n. 25" (art. 1, co.2), nella
quale residua soltanto l'art. 4 data l'abrogazione dell'art. 8.
Proviamo ora a dare lettura congiunta delle due fonti normative: la L.
n. 25/83 (art. 4) e il DM n. 746/94, utilizzando la legge come riferimento
principale ed il decreto come atto regolamentare.
Nella legge è previsto l'obbligo di collaborazione con il medico
radiologo (radio-terapista e nucleare) quali uniche figure sanitarie di diretto
riferimento. Il Decreto ministeriale aggiunge altresì il fisico sanitario (art. 1,
co. 3, lett.b) con il quale tuttavia ne è dettata la collaborazione diretta ma è
assente la previsione, diversamente invece dagli specialisti medici citati,
dell'intervento diretto.
Entrambe le fonti normative prevedono che il campo operativo del
Tsrm è nell'utilizzo delle sorgenti di radiazioni ionizzanti, siano esse
artificiali o naturali, nelle energie termiche e ultrasuoniche, nella risonanza
nucleare per scopi diagnostici, terapeutici, scientifici e didattici. Il Decreto
ministeriale aggiunge inoltre i settori della protezionistica fisica e
dosimetrica e la ricerca. Quest'ultima è da ritenersi comunque
sovrapponibile a quanto già previsto dalla legge con riferimento al settore
scientifico.
È la legge a prevedere che il Tsrm possa svolgere l'attività
complementare con altre figure mediche pur sempre però coerentemente
alle indicazioni del radiologo. Su questo tema nulla innova il Decreto.
Questa ulteriore conferma di diretta collaborazione solo ed esclusivamente
-59-
con il medico radiologo fonda la tesi secondo la quale la sovra-ordinazione
funzionale, nei confronti del Tsrm, non è attribuita agli altri medici
specialisti.
Questo vincolo nel campo della radiologia complementare merita una
piccola osservazione a margine.
È opportuno che il Tsrm abbia un vincolo, in realtà più normativo che
sostanziale, nei confronti del radiologo nell'attività complementare, o
invece sarebbe opportuno che questa tipologia di attività sia oggetto di
relazione diretta tra medico specialista non radiologo e Tsrm escludendo
quindi del tutto il radiologo?
Una risposta affermativa porterebbe a delle conseguenze
particolarmente rischiose nei confronti del tecnico sanitario, in particolar
modo ove non ritenesse opportuno adempiere ad una prestazione richiesta.
È evidente che il rapporto professionale tra il tecnico e il medico non
radiologo non si svolge in un campo paritario: la necessarietà o meno di
una prestazione è di competenza esclusivamente medica. Ove il tecnico
ritenesse della prestazione richiesta fosse inappropriata, rifiutandola quindi,
assumerebbe completamente su di sé la responsabilità sulle eventuali
conseguenze negative in capo al paziente. La presenza invece del medico
radiologo consentirebbe di dirimere la questione tra medici dovendo quindi
il Tsrm riferirsi esclusivamente al medico della propria branca.
Infine l'art. 4, lett. c), rimarca la responsabilità specifica professionale
in capo al tecnico di radiologia. Il Decreto ministeriale, in modo ridondante,
ne ripete il dettato.
Oltre all'art. 4 e dopo l'abrogazione dell'art. 8, la L. n. 25/83 non
contiene altri dettati riguardanti le competenze. Rimane tuttavia vigente
tutto ciò che attiene alcuni aspetti che riguardano le scuole, i Collegi
professionali, il richiamo all'eventuale esercizio abusivo della professione
sanzionato secondo quanto disposto dall'art. 348 del codice penale.
-60-
2.6) La Legge 10 Agosto 2000, n. 251 e la Legge 1
Febbraio 2006, n. 43
La L. n. 251/00: Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche,
tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione
ostetrica, ha suddiviso le professioni sanitarie del Comparto in quattro aree:
infermieristiche e ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie (a loro volta
bipartite in diagnostiche ed assistenziali) e, infine, della prevenzione (v.
cap. 2, par.1).
Ulteriore novità introdotta è il passaggio, dopo la necessaria
produzione degli opportuni Decreti ministeriali, dal Diploma universitario
alla Laurea e alla Laurea Specialistica per i professionisti sanitari delle
quattro aree menzionate. Infine l’introduzione dei ruoli dirigenziali, in seno
alle Aziende sanitarie, anche per queste figure.
L'ultimo intervento legislativo è rappresentato dalla L. n. 43/06:
Disposizioni in tema di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica,
riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per
l’istituzione dei relativi ordini professionali.
Ai nostri scopi, vista l'ampia area di intervento della stessa, interessa
sapere come siano state modificate le figure dei professionisti sanitari del
comparto. Si è in sostanza provveduto ad una quadripartizione degli stessi
in funzione dei titoli necessari per l’accesso alle selezioni:
Professionisti : gli operatori in possesso del titolo abilitante della
professione.
Coordinatori: i professionisti in possesso del master di primo livello in
management o per le funzioni di coordinamento e con un’anzianità di
servizio di almeno tre anni.
Specialisti: i professionisti in possesso del master di primo livello per
le funzioni specialistiche.
Dirigenti: i professionisti in possesso della laurea specialistica e con
almeno cinque anni di anzianità di servizio come dipendenti nel profilo.
Ad oggi rimane esclusa, dalle disposizioni contrattuali, la figura dello
specialista in quanto i contratti collettivi di lavoro oggi vigenti non
-61-
prevedono questa figura salvo forse nell'attività di contrattazione
decentrata aziendale. In essa le Aziende possono attribuire maggior
punteggio in caso venga stilata una graduatoria per lo spostamento ad
attività coerenti con il master specialistico.
Questa Legge ribadisce inoltre l’obbligatorietà dell’iscrizione al
relativo Albo professionale, precisando che tale requisito è indispensabile
anche per i pubblici dipendenti. Questa disposizione si è resa necessaria a
seguito di numerosi contenziosi tra i Collegi professionali delle professioni
sanitarie e i propri non-iscritti. In sostanza alcuni professionisti, dipendenti
presso enti pubblici, escludevano l’obbligatorietà dell’iscrizione adducendo
l’interpretazione secondo la quale l’utente veniva tutelato dall’eventuale
esercizio abusivo proprio dall’ente pubblico che accertava, per legge, la
validità dei titoli posseduti. Alcune sentenze in effetti avevano accolto
siffatta interpretazione. L’attuale assetto normativo non lascia più alcun
dubbio in tema di requisiti necessari e sufficienti all’esercizio professionale:
titolo abilitante e iscrizione all’Albo (art. 2, co.3).
Ad oggi, per quanto attiene invece la riforma dei Collegi in senso
ordinistico, è scaduto il termine di sei mesi, dall’entrata in vigore della L. n.
42/06, previsto dall’art. 4. Pertanto, dopo un ulteriore atto normativo di
proroga del termine peraltro anch’esso spirato, si è in una sostanziale
situazione di stallo.
2.7) Il D.Lgs. n. 187/2000
Una menzione a parte merita questo decreto, ricettivo della Direttiva
europea 97/43/ Euratom, nel quale si definiscono i principi generali della
radioprotezione delle persone per quanto attiene i trattamenti medici
comportanti esposizioni a radiazioni ionizzanti. Il problema
radioprotezionistico, nei confronti del paziente, viene pertanto cambiato in
modo sostanziale così da collocarlo nella sfera della deontologia
professionale con la definizione del sistema di qualità che ha come
obiettivo la produzione di una prestazione radiologica fondata sui principi di
giustificazione e ottimizzazione.
-62-
Specifica responsabilità e compiti vengono attribuiti alle seguenti
figure professionali:
- l'esercente
- il responsabile dell'impianto radiologico
- lo specialista
- il prescrivente
- l'esperto in fisica sanitaria
- il tecnico sanitario di radiologia medica
- l'esperto qualificato
Queste professioni sono sovrapponibili a quelle previste dalla
precedente normativa tuttavia sono state introdotte alcune innovazioni.
L'esercente: ha la responsabilità dell'impresa e deve identificare il
responsabile dell'impianto radiologico (può essere lo stesso esercente
qualora sia abilitato a svolgere direttamente l'indagine clinica o l’attività
radioterapica). Le sue responsabilità sono varie, tra le quali: garantire che,
nelle procedure inerenti la radioterapia, lo specialista si avvalga di un
esperto in fisica medica e che nell'attività di medicina nucleare in vivo sia
disponibile un esperto in fisica medica. Assicurare l'informazione rispetto al
potenziale pericolo, per l'embrione o il feto irradiati oppure per il lattante,
nel caso di somministrazione di radiofarmaci alla madre. Adottare interventi
correttivi in caso di segnalazione di malfunzionamenti da parte del
responsabile dell'impianto radiologico. Questi interventi riguardano sia
l'effettuazione di interventi di manutenzione sia, se necessario, la messa in
fuori uso dell'apparecchiatura. L'esercente deve altresì mantenere
aggiornato l'inventario delle attrezzature radiologiche.
Il responsabile dell'impianto radiologico: è il medico specialista in
radio diagnostica, medicina nucleare o radioterapia e individuato
dall'esercente. A lui vengono assegnate varie funzioni in tema
radioprotezionistico, in particolare l'applicazione dei principi di
giustificazione e ottimizzazione; l'adozione di protocolli scritti di riferimento
per ogni attrezzatura; l'adozione di adeguati programmi di garanzia della
qualità, nonché di valutazione della dose; elaborazione, sulla base di
apposite prove, del giudizio di idoneità all'uso clinico delle attrezzature;
verifica biennale dei livelli diagnostici di riferimento.
-63-
Il medico specialista: è il medico chirurgo o l'odontoiatra che ha titolo
per assumere la responsabilità clinica per le esposizioni mediche
individuali. Pertanto sono specialisti il radiologo, il radioterapista, il medico
nucleare, il medico chirurgo, in possesso di una specifica specializzazione e
che svolge attività radio diagnostica complementare all'esercizio clinico e,
come detto, l'odontoiatra.
Il prescrivente è il medico chirurgo o l'odontoiatra iscritto al proprio
Albo professionale. Deve presentare allo specialista una richiesta motivata
per prestazioni che comportano esposizione a radiazioni ionizzanti e deve
reperire tutte le informazioni disponibili relative a precedenti informazioni
diagnostiche.
L'esperto in fisica medica è una persona esperta nella fisica o nella
tecnologia delle radiazioni applicata alle esposizioni a scopo medico. Si
occupa anche di dosimetria, dell'impiego di tecniche e attrezzature
complesse, di ottimizzazione e garanzia di qualità.
L'esperto qualificato è il soggetto incaricato sull'attività di controllo di
qualità delle apparecchiature radiologiche secondo la precedente
normativa ed iscritto al corrispondente elenco, può continuare a svolgere
attività di controllo di qualità delle apparecchiature radiologiche.
Il principio di giustificazione: è un principio basilare sulla
radioprotezione, in base al quale le esposizioni mediche devono mostrare di
essere sufficientemente efficaci mediante la valutazione dei potenziali
vantaggi diagnostici o terapeutici (compresi i benefici diretti per la salute
della persona e della collettività) rispetto al danno che l'esposizione
potrebbe causare.
Dal punto di vista generale è una valutazione comparata dei
potenziali vantaggi diagnostici o terapeutici e del danno alla persona che
l'esposizione potrebbe indurre. I benefici devono poter superare il bilancio
con i rischi indotti. La scelta della tecnica diagnostico-terapeutica da
adottare va effettuata anche tenendo conto dell'efficacia di tecniche
alternative che prevedano o meno l'impiego di radiazioni ionizzanti.
L'applicazione del principio di giustificazione è una responsabilità in
capo al medico specialista o prescrivente a cui è richiesto di prendere parte
-64-
attivamente al processo di giustificazione. Per ogni esposizione individuale
si richiede una giustificazione preliminare e il medico prescrivente è
esplicitamente chiamato, assieme al medico specialista, ad assicurarsi "di
non essere in grado di procurarsi precedenti informazioni diagnostiche o
documentazione medica pertinenti alla prevista esposizione". Com'è
evidente il processo di giustificazione è connesso con l'evoluzione delle
conoscenze mediche, scientifiche e l'evoluzione tecnologica.
Il principio di ottimizzazione: al precedente principio ne segue un
altro e secondo il quale tutte le esposizioni mediche per scopi diagnostici
(ad eccezione della radioterapia) “devono essere tenute a livello più basso
ragionevolmente ottenibile e compatibile con il raggiungimento
dell'informazione diagnostica richiesta”. Il principio di ottimizzazione
riguarda la scelta delle attrezzature, la produzione adeguata
dell'informazione diagnostica appropriata o del risultato terapeutico, la
delega degli aspetti pratici, nonché programmi di garanzia della qualità.
Negli esami radiodiagnostici si deve tener conto dei livelli diagnostici di
riferimento (LDR). Questi livelli vanno usati nei programmi di assicurazione
di qualità e devono essere intesi come strumenti di lavoro per ottimizzare
le prestazioni. Sono grandezze misurabili per ogni tipo di prestazione
diagnostica ed hanno un valore standard che non si riferisce alla misura di
dose assorbita dal singolo paziente. Il responsabile dell’impianto è tenuto,
per le prestazioni per le quali sono stati definiti i LDR e per ogni
apparecchiatura e procedura definita, a promuovere con periodicità
biennale la verifica dei LDR nelle varie procedure utilizzate e ad annotare il
risultato.
Qualora il responsabile dell’impianto constati che i valori di tali
verifiche superano, senza motivo clinico, i LDR indicati, è tenuto a
promuovere le necessarie azioni correttive e a verificare il risultato.
Il programma di garanzia della qualità: un ulteriore novità
introdotta dal D.Lgs. n. 187/00 è che il controllo di qualità sulle
apparecchiature radiologiche, previsto anche dalla normativa precedente,
-65-
viene sostituito dal programma di garanzia della qualità e di cui il controllo
di qualità è solo un aspetto.
Questo vale anche i fini della verifica della rispondenza a criteri di
accettabilità delle attrezzature e dei sistemi correlati all'erogazione della
prestazione diagnostica o terapeutica. La responsabilità per quanto attiene
l'aspetto qualitativo è così suddivisa:
a) responsabilità del programma di garanzia della qualità: compete
al responsabile dell'impianto radiologico che si avvale dell’esperto
in fisica medica per quanto riguarda la definizione delle procedure
e la sua realizzazione dal punto di vista tecnico;
b) la responsabilità delle prove di accettazione e delle prove di
funzionamento (prove di stato) previste nel programma di
garanzia della qualità competono al responsabile dell'impianto
radiologico che si avvale dell’esperto in fisica medica che ne cura
la realizzazione;
c) la responsabilità dell'esecuzione dei controlli di qualità (prove di
costanza) compete al responsabile dell'impianto che può avvalersi
per la sua realizzazione, compresa la predisposizione delle
procedure di misura, sia dell’esperto qualificato che del Tecnico
Sanitario di radiologia medica.
Rispetto la precedente normativa, oltre ad avere allargato l'aspetto
radioprotezionistico nei confronti del paziente, si può notare anche una
maggiore focalizzazione di responsabilità in capo a tutte le figure
interessate.
Capitolo III: il Tsm, profilo e competenze
1) Fonti del profilo professionale
È stato accennato come il contenuto professionale sia stato un
continuo evolversi di competenze, legate all'aspetto formativo e normativo,
finalizzate a delimitare i confini dell'attività professionale con le altre
professioni sanitarie sia mediche che del comparto.
-66-
Fonte legislativa, certamente non unica ma connotata da un certo
rilievo, è la L. n. 42/99 "disposizioni in materia di professioni sanitarie". È
infatti la norma di rinvio contenuta all'art. 1 in cui si precisa che " il campo
proprio di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie è
determinato dai contenuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili
professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma
universitario e di formazione post-base nonché degli specifici codici
deontologici, fatte salve le competenze previste per le professioni mediche
e per le altre professioni del ruolo sanitario per l'accesso alle quali è
richiesto il possesso del diploma di laurea, nel rispetto reciproco delle
specifiche competenze professionali".
Risulta pertanto chiaro che, rispetto a quanto avveniva prima
dell'emanazione di questa legge, non è più presente una precisa
elencazione dei compiti da svolgere, bensì sono previsti tre rinvii (profili
professionali, formazione di base e post-base, codice deontologico) e due
limiti (le competenze mediche, le competenze degli altri professionisti
sanitari "laureati").
1.1) Il rinvio al profilo professionale
I profili professionali sono atti normativi che attribuiscono, in modo
più o meno ampio, competenze ad una determinata figura: più il profilo è
particolareggiato, maggiormente assomiglierà ai vecchi mansionari16
anziché attribuire ampi confini di competenza.
Solitamente, i profili professionali, si occupano di definire la figura di
riferimento sia nel suo ambito di autonomia sia nel suo ambito di
collaborazione. In particolare quest'ultimo aspetto concerne generalmente
la relazione con la professione medica in generale e/o specialistica e
comunemente sono disposizioni del tipo "su prescrizione medica" o "in
collaborazione diretta con il medico", ecc.
I profili rappresentano l'unica fonte normativa di abilitazione
all'esercizio professionale, non potendosi considerare fonti normative gli
ordinamenti didattici o i Codici deontologici seppur anch'essi rivestano
importanza in un eventuale questione sulle competenze. I livelli di
16 Il primo mansionario del Tsrm è l’art. 11 della L. 1103/65 ( v. Cap. II, par. 2.1).
-67-
collaborazione, come accennato, sono necessariamente connessi alla
prescrizione medica anche se non sempre risulta chiaro quale sia il livello di
dettaglio che debba assumere la stessa.
1.1.1) Il Decreto Ministeriale n. 746/94
Ai nostri fini descriviamo come profili le declaratorie, solitamente
descritte in fonti normative o contrattuali, che descrivono le attività di
lavoro di un determinato gruppo di persone.
L'utilità del profilo riposa sul fatto che le aziende possono superare la
logica, piuttosto ristretta, del mansionario secondo le superate qualifiche e
delineare invece i nuovi confini del lavoro gravitanti attorno alla
professionalità delle persone e sui risultati da raggiungere
Fonte del profilo del Tsrm è il D.M. 26 settembre 1994, n. 746
"regolamento concernente l'individuazione della figura e del relativo profilo
professionale del tecnico sanitario di radiologia medica" (v. Cap. II, par.
2.4).
Atto necessario affinché il professionista possa adempiere alla
prestazione è la prescrizione medica (comunemente detta richiesta
radiologica) ovvero la prova documentale che autorizzi ed indichi l'attività
concreta del tecnico nei confronti del paziente. L'assenza di questo
elemento indispensabile, nel caso venisse eseguita una prestazione
radiologica potenzialmente dannosa, raffigurerebbe un comportamento
illecito da parte del Tsrm. Infatti, qualora il tecnico decidesse di svolgere
una prestazione in assenza di una precisa richiesta, inevitabilmente si
sostituirebbe al medico nel decidere (e quindi eseguire) ciò che è
necessario per quel determinato paziente. L’obbligatorietà della richiesta
da parte di un medico, sia esso specialista o di base, può essere derogabile
solo qualora vi sia la presenza dello specialista radiologo che autorizza
espressamente l’esecuzione della prestazione (art. 4, co. 1, lett. a, L. n.
25/83).
Infine, sempre riferendoci al decreto ministeriale, sono definite le
attività che competono al tecnico:
-68-
a) partecipa alla programmazione e organizzazione del lavoro
nell'ambito della struttura in cui opera nel rispetto delle
proprie competenze è un’attività partecipativa che può essere
espletata sia direttamente dal tecnico sia, più frequentemente,
tramite la funzione di coordinamento.
b) programma e gestisce l'erogazione di prestazioni
polivalenti di sua competenza in collaborazione diretta con
il medico radiodiagnosta, con il medico nucleare, con il
medico radioterapista e con il fisico sanitario, secondo
protocolli diagnostici e terapeutici preventivamente
definiti dal responsabile della struttura; può accadere
tuttavia che lo specialista preferisca utilizzare protocolli propri, o
meglio: modificare il protocollo esistente secondo il proprio
convincimento professionale. Rimane quindi il quesito se il tecnico
possa o debba rifiutare il supporto collaborativo, in nome dei
protocolli preventivi, oppure adempiere a quanto ritenuto
necessario dallo specialista radiologo. In assenza di chiare
indicazioni in merito e nell'impossibilità di rivolgersi direttamente
al responsabile, un comportamento prudente suggerirebbe
l'adempimento di quanto richiesto dallo specialista presente.
c) è responsabile degli atti di sua competenza, in particolare
controllando il corretto funzionamento delle
apparecchiature a lui affidate, provvedendo alla
eliminazione di inconvenienti di modesta entità e attuando
programmi di verifiche controllo a garanzia della qualità
secondo indicatori e standard predefiniti; in questo ambito è
tenuto ad attivarsi non solo per un controllo preventivo sulle
apparecchiature a lui affidate, poiché trattasi di apparecchiature
potenzialmente pericolose per sé ed il paziente, bensì è imposta
anche un'attività concreta per cercare di risolvere i piccoli
problemi che possono insorgere dell'utilizzo delle medesime. È
opportuno sottolineare che un comportamento professionale
corretto prevede un concreto tentativo di soluzione
-69-
dell'inconveniente riscontrato e non tanto una mera segnalazione
del medesimo.
d) svolge la sua attività nelle strutture sanitarie pubbliche o
private, in rapporto di dipendenza o libero professionale.
Viene così precisato l'ambito, nel mercato del lavoro, nel quale il
Tsrm può operare e la relativa fattispecie di rapporto di lavoro che
può essere instaurata.
Il Tsrm contribuisce altresì alla formazione del personale ausiliario di
supporto e concorre direttamente all'aggiornamento relativo al proprio
profilo professionale ed alla ricerca.
1.2) Il rinvio agli ordinamenti didattici ed alla formazione
post-base
Naturalmente, a seguito della riforma universitaria, il rinvio operato
dalla L. n. 42/99 si intende ora applicato ai corsi di laurea anche se va
aggiunto che, con riferimento alla formazione post-base, il dato legislativo è
abbastanza vago. Dopo l'entrata in vigore della L. n. 43/06, i riferimenti
all'attività formativa successiva al corso di laurea ha trovato maggior
significato seppur, rappresentando certamente un limite, la contrattazione
collettiva di lavoro non abbia ancora previsto questa riforma nella sua
completezza. Ovvero la legge, suddividendo le diverse categorie di
professionisti, non ha trovato concreti riscontri nelle previsioni contrattuali,
salvo l’eccezione della funzione di coordinamento in cui il recepimento
nella contrattazione del dettato legislativo ha avuto seguito. Qui basti
sapere che il riferimento alla formazione post-base si riferisce alle
conoscenze acquisite nei master specialistici, in quelli di coordinamento ed
alla laurea specialistica, competenze che ulteriormente contribuiscono a
delimitare, ampliandole, l'autonomia e la responsabilità del professionista
sanitario.
-70-
1.3) Il rinvio al codice deontologico
L'insegnamento della deontologia all'interno della formazione di tipo
universitario, dovrebbe rivestire un'importanza molto maggiore di quanto
generalmente riconosciuto. L'insegnamento di questa materia potrebbe
dare un senso a tutto il percorso formativo. Il metodo è il coinvolgimento
degli studenti affinché percepiscano, comprendano e aderiscano,
applicandoli, i principi etici alla base di una professione incentrata sulla
salute della persona. I cambiamenti socio-economici degli ultimi anni,
l'incidenza delle istanze dei soggetti collettivi nelle relazioni con il mondo
sanitario, la riforma del sistema sanitario nazionale e delle professioni che
vi operano, hanno reso necessario un ripensamento della figura del Tsrm.
Da un lato rendendolo capace di rispondere efficacemente ai bisogni di
salute delle persone che a lui si rivolgono, dall'altro tenendo sempre in
debito conto anche gli aspetti di sostenibilità economica del sistema
sanitario.
Alla luce di quanto permesso, la Federazione Nazionale Tsrm nel 2001
ha avvertito l'esigenza di una rivisitazione del codice deontologico del 1993
e definirne una nuova versione che tenesse conto dei cambiamenti
intervenuti nel mondo sanitario, nelle professioni e nella loro formazione.
Oltre a ciò si è tentato di fornire un utile strumento in grado di rispondere
alle nuove aspettative della persona e alle sempre più consapevoli, precise
richieste che essa rivolge alla sanità italiana. Per tale motivo nel 2004 è
stato adottato il nuovo Codice Deontologico del Tsrm, che definisce il Tsrm
quale professionista che "pone la persona al centro di tutte le attività
sanitarie".
Sinteticamente ricordiamo che il Codice Deontologico è un
documento di grande rilevanza etica, morale, relazionale e di autodisciplina
soprattutto per una professione sanitaria. Peraltro, grazie al richiamo
legislativo, ne è stata sottolineata la sua valenza istituzionale accanto al
profilo professionale e all'ordinamento del relativo corso di laurea. Il Codice
Deontologico, per sua natura, non può entrare nel dettaglio della
quotidianità professionale, salvo accettare una restrizione delle
competenze e della libertà del professionista, esso tuttavia indica principi
etici di riferimento e indirizzi comportamentali ai quali il Tsrm si dovrà
-71-
ispirare ed attenere nell'esercizio della sua professione. Tramite il Codice il
gruppo professionale si assume responsabilità precise nei confronti della
persona e le sue disposizioni si applicano a tutti i Tsrm in qualsiasi ambito
esercitino la professione.
Le regole in esso contenute rappresentano "precetti extra giuridici
ovvero regole interne della categoria, non già attività normativa"17,
pertanto l'eventuale inosservanza ha efficacia interna che vincola solo la
categoria che regolamenta e non incide nell'ordinamento legislativo,
dunque le regole della deontologia professionale "sono insindacabili in sede
di legittimità" (tribunale), sede nella quale va discussa la sola violazione di
leggi ed i Codici deontologici non sono leggi. Una fondamentale
differenziazione all'interno delle professioni sanitarie del comparto è,
nuovamente, ancora riferita a quelle professioni che hanno un Albo
professionale, conservato dai Collegi professionali, da quelle che non lo
hanno. La mancanza di un Albo determina l'inapplicabilità delle sanzioni
disciplinari, previste da atti normativi che regolamentano l’attività degli
Ordini e dei Collegi, comminate dalle stesse organizzazioni professionali.
Rimane ovviamente salva l'applicabilità, da parte del giudice,
dell’eventuale condanna di natura civile o penale.
1.4) Il limite dell'atto medico
Nella normativa attuale risulta spesso difficile l'individuazione degli
atti di non esclusiva competenza medica. Tant'è che, "solo una fonte
normativa può consentire a soggetti diversi da quelli esercitanti la
professione di medico interventi invasivi sulla sfera corporale, sulla base di
ragionevole riconoscimento di competenze tecniche e professionali"18.
Il nostro ordinamento tuttavia è passato da una situazione
particolarmente rigida dovuta all'esistenza di mansionari, ad una situazione
di maggiore flessibilità con attribuzione di ruoli e funzioni di ciascuna figura
in modo non precostituito, bensì destinato a interpretazioni evolutive
17 Cass. Civ. 30 luglio 2001. n. 10389.18 Cass. 21 febbraio 1997: il caso riguardava la contestazione ad un biologo che
effettuava prelievi ematici. La Corte ha stabilito che “ nessuna fonte normativa, primaria o regolamentare, abilita i biologi a effettuare prelievi di sangue finalizzati all’analisi” non riconoscendo quindi tale attribuzione come lecita ai biologi.
-72-
riguardanti l'ampliamento delle conoscenze necessarie per compiere
determinati atti.
La nuova situazione si presenterebbe leggermente mutata rispetto
passato; viene sostenuta l'esistenza di una differenziazione tra atto
sanitario e atto medico individuando come atto strettamente medico la
diagnosi mentre l'intervento terapeutico può competere anche ad altre
professioni sanitarie, ad esempio ai fisioterapisti sempre, però, solo su
indicazione del medico. La restrizione tuttavia trova dei limiti in alcuni casi
concreti e spesso quotidiani; ad esempio l'infermiere del 118, non
raramente, in condizioni di urgenza o emergenza nel quale si trova
adoperare, fonda una prima diagnosi. Così come nel triage di pronto
soccorso. Anche altre categorie non mediche operano talvolta in termini di
diagnosi: i farmacisti. Diventa così di rilevanza nodale, sia in campo medico
e non medico, riprogettare gli ambiti professionali in ottica
interprofessionale, di équipe.
Concludendo, oltre alle riflessioni sopra esposte, il limite dell'atto
medico si assume come limite di carattere professionale e riferito a tutti
quegli atti e/o attività per cui è necessaria la capacità, il bagaglio di
conoscenze e di esperienza che solo il clinico, in specifici settori, può avere.
Pertanto l'acquisizione di nuove conoscenze, l'avanzamento dei processi
didattici e la diffusione tecnologica, permettono di sostenere l'ipotesi che il
limite dell'atto medico sia estremamente mobile. Tuttavia l'assenza di una
normativa precisa di riferimento, alla luce di queste considerazioni, farà sì
che soltanto l'attività del giudice, nella singola valutazione del caso
concreto, possa dare una precisa definizione di ciò che è o non è atto
medico.
1.5) Il limite delle competenze delle altre professioni
cd."laureate"
Il riferimento, come limite, alle altre professioni del ruolo sanitario per
l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea, come
prescritto dalla L. 42/99, è un esempio di come il progresso formativo dei
professionisti sanitari abbia introdotto una nuova interpretazione del
menzionato articolo. Infatti nel febbraio del 1999, anno di pubblicazione
-73-
della legge, le professioni sanitarie non mediche laureate ed inserite nel
servizio sanitario nazionale, erano il biologo, lo psicologo, il chimico, il
veterinario, il farmacista ed il fisico. La riforma intervenuta nelle professioni
del comparto, in cui si prescrive il corso di laurea per 22 figure sanitarie, ha
evidentemente dettato una nuova interpretazione di quanto imposto dalla
L. n. 42/99, interpretazione che tenga naturalmente conto del confine
stabilito non solo con le predette sei figure, peraltro appartenenti al ruolo
dirigenziale e quindi con un limite cosiddetto verticale, bensì anche tra le
altre professioni stesse del comparto e gettando così le basi di un ulteriore
limite cosiddetto orizzontale. È utile sapere che anche all'interno delle
singole professioni esiste una bipartizione tra gli iscritti. In particolare negli
albi dei biologi, chimici e psicologi sono distinte due sezioni: A e B. Nella
sezione "A" vengono iscritti i titolari della laurea specialistica, mentre nella
sezione "B" vengono iscritti i professionisti con laurea.
2) Competenze nei principali ambiti
operativi
E’ stato detto che il DM n. 746/94, istitutivo del profilo del Tsrm, è
l’unico, tra tutti quelli delle professioni sanitarie del comparto, richiamante
espressamente a suo completamento una legge dello Stato: la n. 25/83.
Legge, lo ricordiamo, introdotta nell’ordinamento giuridico allo scopo di
ampliare le competenze dei Tsrm, competenze prima definite da due fonti
normative ormai risalenti alla prima metà degli anni ’60 (L. n. 1163/65 e
DPR n. 680/68).
Se a questa lettura affianchiamo le competenze, secondo i dettami
dell’art. 1, L. n. 42/99, acquisite nel corso della formazione di base e post-
base o da eventuali modificazioni che potrebbero successivamente
intervenire nel profilo, allora è possibile attribuire alle interpretazioni sulle
competenze un significato certamente più ampio di quanto appare e
introdurre quindi spazi professionali di più vasto respiro.
-74-
Quanto appena esposto vuole sottolineare come il dato legislativo
rimanga sempre e comunque il punto cardinale al quale guardare per
evitare indebiti sconfinamenti che inevitabilmente potrebbero riverberarsi
sotto il profilo della responsabilità. Nonostante ciò e in attesa di ulteriori
interventi normativi, è tuttavia possibile ampliare le funzioni della
professione in tutti quegli ambiti non espressamente normati o attribuiti in
senso monopolistico ad altre figure.
Funzione caratterizzante il Tsrm è certamente l’imaging. L'evoluzione
tecnologica sta conducendo ad una eliminazione delle tipologia
iconografica basate sul filming, evolvendosi verso un concetto più ampio di
immagine radiografica (imaging).
Buona pratica professionale deve indurre alla gestione di qualità delle
procedure tecnico-diagnostiche di acquisizione, elaborazione, trasmissione
e archiviazione dell’imaging nelle aree di Diagnostica generale,
mammografia, interventistica, angiografia, RMN, TC, radioterapia, medicina
nucleare, fisica sanitaria, ecografia, sistemi informatici.
È tuttavia necessario che la formazione sia dunque orientata
all'acquisizione di tutte quelle competenze (conoscenze, abilità e modi di
agire) che permettano una gestione delle tecnologie in qualità, garantendo
la produzione, il post processing, la trasmissione e l'archiviazione di un
imaging finalizzato a garantire efficacia e riproducibilità dei percorsi
diagnostico-terapeutici. Ulteriore esempio è la competenza
dell'Amministratore di Sistema quale garante della correttezza del processo
digitale sino alla conservazione delle immagini acquisite. Proprio in
quest'ultima sfera di attività, nulla disponendo in merito il dettato
legislativo, spesso in alcuni settori i compiti di Amministratore di Sistema
vengono assegnati a figure diverse dai tecnici di radiologia (informatici,
amministrativi, ecc.).
Ulteriori conoscenze, quale operatore accanto ad altri nel percorso
diagnostico-terapeutico, sono attribuibili anche nell'ambito del primo
soccorso e assistenziali in area di diagnostica per immagini e radioterapia.
Pensiamo inoltre nell'ambito della Formazione, in cui il Tsrm dovrà acquisire
competenze indirizzate alla progettazione, erogazione e monitoraggio di
programmi di formazione rivolti alla preparazione degli studenti dei corsi di
-75-
laurea, del personale di supporto e per il proprio aggiornamento
professionale. Nello stesso ambito il Tsrm potrà collaborare a progettare
programmi formativi interdisciplinari e rivolti ad altri professionisti della
salute e all'utenza ai fini di promuovere un corretto utilizzo delle indagini
radiodiagnostiche.
2.1) La responsabilità in ambito professionale
2.1.1) Il Tsrm come incaricato di pubblico servizio
Per quanto attiene la professione del Tsrm non sembrerebbero ad
oggi esserci particolari riferimenti giurisprudenziali ad eccezione del rischio
radiologico. Sinteticamente: è un istituto giuridico previsto sia da norme
contrattuali che legislative e prevede, per il personale medico radiologo,
radioterapista e nucleare e per i Tsrm, il diritto ad un’indennità di 103 €
mensili e 15 giorni di ferie aggiuntive l’anno da fruirsi in un’unica soluzione.
Dal 2001, per quanto attiene il profilo economico: la cosiddetta indennità di
rischio da radiazioni, trattasi di indennità professionale specifica (Ccnl 20
settembre 2000, art. 5). L’oggetto del contendere davanti al giudice
riguardava in realtà l’interpretazione da attribuirsi alla modalità di fruizione
del cosiddetto congedo aggiuntivo dei 15 giorni (ora: ferie aggiuntive). In
sostanza e secondo le amministrazioni: tale periodo andava computato
secondo giorni “di calendario”, mentre per i ricorrenti erano da considerarsi
secondo giorni lavorativi come per le ferie ordinarie. La diversità è
sostanziale. Il primo modo di conteggio fa perdere almeno 4 giorni/anno di
ferie al personale in quanto considerava nel conto anche i due week-end
compresi nel periodo (due sabati e due domeniche). La giurisprudenza
prevalente ha infine chiarito che l’interpretazione corretta prevede il
computo su giorni lavorativi, alla stessa stregua delle ferie ordinarie e non
secondo calendario.
È necessario avere presente che il Tsrm, come tutte le altre
professioni sanitarie, riveste la qualità di incaricato di pubblico servizio
in quanto "le complesse e articolate funzioni attribuite ai tecnici di
radiologia... sostanziano ‘ad abundantiam’, l'oggettività del servizio di
-76-
utilità collettiva, configurante l'incaricato di pubblico servizio, alla stregua
di quanto previsto dall'art. 358 del codice penale... non potendo relegarsi le
funzioni di stretto legame ‘collaborativo’ del medico, assegnate dal medico
radiologo, alle mansioni di ordine e alla prestazione di opera meramente
manuale"19.
Tale qualifica comporta inevitabilmente delle responsabilità ulteriori a
quelle attribuite in senso strettamente professionale.
Gli incaricati di pubblico servizio, secondo la legge penale, sono
"coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per
pubblico servizio deve intendersi una attività disciplinata nelle stesse forme
della pubblica funzione, ma caratterizzato dalla mancanza dei poteri tipici
di quest'ultima e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di
ordine e della prestazione di opera meramente materiale" (art. 358 cp).
Conseguentemente alla qualifica pertanto e parimenti ai pubblici
ufficiali, gli "incaricati di pubblico servizio che nell'esercizio o a causa delle
loro funzioni o del loro servizio, hanno notizie di un reato perseguibile
d'ufficio, devono fare denuncia per iscritto anche quando non si è
individuata la persona alla quale il reato è attribuito. La denuncia va
presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o a un ufficiale
di polizia giudiziaria..." (art. 331 cpp).
I reati perseguibili d'ufficio, cioè quelli in cui l'autorità giudiziaria si
attiva spontaneamente anche in assenza di specifica denuncia bastando
allo scopo la semplice notizia. Sono ad esempio: i delitti contro la vita
(omicidio volontario, colposo, preterintenzionale, del consenziente,
l'istigazione o l'aiuto al suicidio e l'infanticidio); i delitti contro l'incolumità
individuale (lesione personale volontaria e che determini uno stato di
malattia superiore a venti giorni, la lesione personale colposa grave o
gravissima solo quando avviene in violazione delle norme per prevenzione
degli infortuni sul lavoro o che abbiano determinato una malattia
professionale); i delitti contro l'incolumità pubblica (tutte le attività
pericolose per la salute pubblica che espongono al pericolo di epidemie,
intossicazioni e, in genere, di danni da alimenti, bevande o medicinali
guasti); i delitti sessuali (la congiunzione carnale abusiva di pubblico
19 Cass. Pen., 11/06/92, n. 6893.
-77-
ufficiale, gli atti osceni); i delitti di aborto (colposo, conseguente a lesione
personale dolosa, l'aborto di donna non consenziente, l'aborto di minore o
di interdetta, l'aborto seguito da morte della donna, il tentativo di aborto, il
parto prematuro colposo); i delitti di manomissione di cadavere (vilipendio,
distruzione, occultamento, uso illegittimo di cadavere); i delitti contro la
libertà individuale (sequestro di persona, violenza privata, minaccia
aggravata e l'incapacità procurata mediante violenza); i delitti contro la
famiglia (abuso dei mezzi di correzione o di disciplina e i maltrattamenti in
famiglia).
2.1.2) Il principio dell’affidamento nel lavoro in èquipe
Ulteriori ambiti di responsabilità sono rinvenibili in alcune decisioni
della giurisprudenza la quale, oltre a decidere sul caso concreto sottoposto
la sua attenzione, non raramente stabilisce dei principi fondamentali non
direttamente previsti dalla legge ma desumibili dalla interpretazione della
stessa. Come accennato la giurisprudenza inerente la professione del Tsrm
è, per fortuna, sostanzialmente assente; tuttavia è utile descrivere alcune
decisioni che, dettando principi interpretativi applicabili, senza dubbio
possono riguardare tutti i professionisti della salute.
In una decisione del 2 marzo 2000, n. 447, la Corte di Cassazione
penale ha riconosciuto la responsabilità per omicidio colposo a tre
infermieri assolvendo invece il medico di pronto soccorso. Al di là della
fattispecie concreta, ai nostri fini è certamente utile riportare la massima, il
principio, sulla quale la decisione si fonda:
-78-
Il caso in esame, succintamente, riguarda la morte di un giovane
paziente avvenuta in un ospedale. Secondo la sentenza l'evento mortale
(emorragia cerebrale post-traumatica di un paziente giunto ubriaco in
ospedale) sarebbe stato evitabile con un tempestivo intervento dei sanitari
del Pronto Soccorso. Il chirurgo di guardia, impegnato in una visita ad
un’altra paziente vittima di colica renale, ordinava agli infermieri presenti di
chiamare il medico internista per visitare il nuovo arrivato. Quest'ultimo,
nel frattempo, veniva lasciato in sala di attesa dell’ambulatorio di medicina
ad attendere lo specialista. Va precisato che il ragazzo era stato
preventivamente accettato dall’infermiere incaricato solo come paziente in
stato di ebbrezza alcolica. Nel frattempo nessuno degli infermieri aveva
adempiuto all'ordine di chiamare l'internista a mezzo citofono. Al cambio
turno, con il passaggio delle consegne, un'infermiera delega alla collega del
turno successivo la chiamata all'internista. Dal momento dell'accesso del
paziente ( h. 5.40) sino alla chiamata del consulente (h. 8.15) passarono
due ore e mezzo. La sollecitazione alla chiamata è giunta peraltro da un
agente di pubblica sicurezza, presente nel posto di polizia situato nel
pronto soccorso, dopo aver casualmente verificato la circostanza che il
giovane non dava alcun segno di vita. A nulla sono valsi i successivi due
interventi chirurgici.
La Cassazione, assolvendo il chirurgo di guardia in P.S. , proprio per il
fatto di aver dato ordine di chiamare il collega internista prontamente
raggiungibile con un semplice citofono, riteneva responsabili gli infermieri
-79-
del turno precedente in quanto, con un semplice compito (chiamata al
citofono), avrebbero senz'altro potuto evitare l'evento fatale.
Senza addentrarci nella spiegazione sulle teorie adottate dalla
dottrina giuridica per fornire una interpretazione evolutiva dei precetti
contenuti nell'ordinamento, qui basti sapere come, nella questione decisa,
la Suprema Corte abbia stabilito un importante principio giuridico che
giusto si colloca nell'ambito dell'attività sanitaria, attività connotata dal
lavoro in équipe.
In particolare, con riferimento a tutte le categorie sanitarie "medici e
paramedici", seppur con una dizione piuttosto obsoleta per quanto riguarda
il personale non medico, emerge quella cosiddetta posizione di
protezione "contrassegnata dal dovere giuridico, incombente al
soggetto, di provvedere alla tutela di un certo bene giuridico contro
qualsivoglia pericolo atto a minacciarne l'integrità", che grava non solo sui
medici ma anche su tutti i professionisti dell'area sanitaria. Fondamento di
questa interpretazione è l'art. 32 della Costituzione20 il quale, com'è noto,
tutela il diritto la salute dei cittadini attribuendo di conseguenza ai
professionisti sanitari la posizione di protezione dell'integrità fisica dei
pazienti loro affidati.
Dunque la tutela del bene "salute" è un bene che trova fondamento
nel dettato costituzionale trovando quindi diretta applicazione nella
quotidiana attività; non casualmente lo stesso principio è ribadito nella L. n.
833/78 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale.
Pertanto gli operatori sanitari "per l'intero tempo del loro turno di
lavoro" non possono trasferire ai colleghi compiti ad essi affidati, qualora li
possano svolgere agevolmente nel loro turno e contribuendo quindi alla
tempestività degli interventi ed evitare di caricare di compiti coloro che,
nella successione del turno, assumeranno a loro volta la loro posizione di
garanzia con uguali e, magari, più gravosi compiti da svolgere. Il principio
in sostanza prevede che i compiti debbano essere adempiuti nel turno in
corso senza gravare sui colleghi successivi. È forse il caso di aggiungere
20 Art. 32 Cost.: la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
-80-
che la cessazione del turno di un professionista sanitario non
necessariamente coincide con la cessazione della tutela del bene-salute su
cui egli deve vigilare, al contrario è giuridicamente dovuto e
deontologicamente corretto accertarsi che la tutela del paziente sia certa
con la consegna al collega successivo.
Neppure va trascurato un ulteriore principio sotteso al precedente e
in cui la corte rinvia. Trattasi sostanza del principio dell'affidamento
riferito al lavoro in équipe. In cui "ogni partecipante deve rispondere solo
del corretto adempimento dei doveri che sono a lui affidati e l'obbligo di
controllo scaturisce, non in via secondaria ed eventuale, ma dipende dalla
natura e dal contenuto dei compiti spettanti a ciascuno e dall'attività da
porre in essere".
Questo principio è di fatto la conseguenza della specializzazione e
della divisione dei compiti all'interno dell'équipe e ha come finalità quella di
consentire a ciascun componente il miglior adempimento delle proprie
mansioni, di concentrarsi sulla propria attività, in modo che ogni membro
dell'équipe può e deve contare sul corretto comportamento degli altri.
2.1.3) Il Consenso informato
Pur ribadendo che il consenso informato è un atto medico, non può
tacersi un suo accenno in questa sede in quanto, nell'ordinaria attività
radiologica, è presupposto necessario per l'espletamento della medesima.
Alcune attività in ambito radiologico sono da considerarsi particolarmente
pericolose per il paziente. Tanto per l'utilizzo del mezzo di contrasto,
potenzialmente pericoloso a causa del probabile innesco di reazioni
allergiche, quanto per la pericolosità verso l'organismo di alcune pratiche
diagnostiche e terapeutiche utilizzanti le radiazioni ionizzanti (Tc,
Arteriografie, Radiologia interventistica, Medicina Nucleare,
Radioterapia...). Non va mai scordato che l'attività sanitaria in generale è,
di per sè, potenzialmente pericolosa. Per tale motivo è previsto da norme di
legge che il paziente, salvo particolari casi, debba manifestare il proprio
consapevole e preventivo consenso prima di sottoporsi ad attività clinica.
-81-
Per un consenso consapevole è quindi indispensabile un’informazione
approfondita da parte del medico. Secondo il Comitato di Bioetica, creato
nel 1992 come organo consultivo della Presidenza del Consiglio dei Ministri,
“si ritiene tramontata la stagione del ‘paternalismo medico’ in cui il
sanitario si sentiva, in virtù del mandato da esplicare nell’esercizio della
professione, legittimato ad ignorare le scelte e le inclinazioni del paziente
ed a trasgredirle quando fossero in contrasto con l’indicazione clinica in
senso stretto”.
Il consenso informato si basa sugli articoli 13 e 32 della Carta
costituzionale21.
Il paziente ha diritto ad una corretta informazione su accertamenti
diagnostici invasivi, interventi chirurgici o altre terapie specialistiche,
nonché a decidere in autonomia se sottoporvisi o meno. Tali diritti sono
stati ribaditi in varie sentenze della Cassazione. Tra le più significative, la
sentenza della Cassazione Pen. 11-07-2001, n. 1572: “…il consenso
afferisce alla libertà morale del soggetto ed alla sua autodeterminazione,
nonché alla sua libertà fisica intesa come diritto al rispetto delle proprie
integrità corporee, le quali sono tutte profili della libertà personale
proclamata inviolabile dall'art. 13 Cost..”. Al medico non si può, di
conseguenza, attribuire “…un generale ‘diritto di curare’, a fronte del quale
non avrebbe alcun rilievo la volontà dell'ammalato che si troverebbe in una
posizione di ‘soggezione’ su cui il medico potrebbe ‘ad libitum’ intervenire,
con il solo limite della propria coscienza..”. E inoltre: “…la mancanza del
consenso (opportunamente "informato") del malato o la sua invalidità per
altre ragioni, determina l'arbitrarietà del trattamento medico chirurgico e la
sua rilevanza penale, in quanto posto in violazione della sfera personale del
soggetto e del suo diritto di decidere se permettere interventi estranei sul
proprio corpo.”.
L’informazione deve illustrare anche le eventuali alternative
all’intervento chirurgico; i rischi; le possibili complicazioni e le terapie che
queste comportano; il tipo di anestesia ed i controlli clinici a cui il paziente
si dovrà sottoporre dopo l’intervento. Il rapporto esplicativo alla
Convenzione di Oviedo (Consiglio D’Europa “Convenzione sui diritti
21 Art.13: La libertà personale è inviolabile (...). Art. 32 (v. nota 19).
-82-
dell’uomo e la biomedicina”, recepita con Legge 28 marzo 2001, n. 145)
stabilisce che il linguaggio usato dal medico per informare il paziente deve
essere alla portata di quest’ultimo, per metterlo in condizione di
comprendere i motivi e le modalità dell’intervento ed il Comitato di Bioetica
nel suo documento su Informazione e Consenso Informato, stabilisce che le
informazioni valide sono quelle effettivamente comprese.
L’informazione non deve limitarsi all’intervento del medico o del
chirurgo, ma anche alla struttura in cui verrà condotto perché il paziente
deve essere messo in condizione di sceglierne eventualmente un’altra.
Una persona diversa dal paziente può dare o non dare il consenso
solo se è stata chiaramente delegata dal paziente. Nel caso di minori va
sempre tenuta presente la volontà del paziente e se si considera che –
tranne in casi eccezionali - un minore di 14 anni non è in grado di
comprendere sino in fondo i problemi relativi ad un intervento, per tale
motivo sono direttamente chiamati a decidere i genitori o, in casi
particolari, il giudice tutelare.
Oltre al caso dei minori, l’obbligo del consenso informato è escluso
per i pazienti con malattie mentali e per le terapie di pronto soccorso. Nel
primo caso si deve, comunque, tentare di ottenere un consenso prima di
arrivare ad un intervento coercitivo. Nell’emergenza il medico può
intervenire con la terapia che ritiene adeguata, senza neppure
l’autorizzazione di eventuali parenti.
L’informazione al paziente e la sua scelta autonoma e consapevole
sono regolati dal Codice Deontologico dei Medici Italiani. Va precisato che il
consenso è normato anche da ad Codice Deontologico del Tsrm il quale è il
professionista che: "è consapevole che il consenso ad una prestazione
sanitaria è, diritto di ogni cittadino; pertanto si adopera per garantire che la
persona, debitamente informata, possa giungere ad un'accettazione
consapevole della prestazione propostagli. Ritiene contrario a tale
impostazione la sottoscrizione puramente formale di appositi moduli" ( art.
3.10).
Vediamo ora sinteticamente alcuni principi stabiliti dalla
giurisprudenza sull'argomento.
-83-
"La responsabilità del sanitario e, di riflesso, della struttura sanitaria,
per cui questo agisce, per violazione dell'obbligo del consenso informato
discende dalla condotta omissiva del medico all'adempimento dell'obbligo
di informazione circa le prevedibili conseguenze del trattamento. La
correttezza o meno dell'intervento chirurgico, pertanto, non assume alcun
rilievo, ai fini della sussistenza dell'illecito per inosservanza del consenso
informato, e, quindi non incide sul conseguente danno consistente nel
peggioramento della salute e dell'integrità fisica del soggetto, rimanendo
del tutto indifferente che tale peggioramento sia dovuto ad una corretta
ovvero non corretta esecuzione del trattamento chirurgico" (Cass. Civ. n.
5444/06)
"In tema di responsabilità medica per violazione dell'obbligo di
informare il paziente su tutto ciò che riguarda l'intervento da eseguire,
compresi i rischi connessi le possibili complicanze della fase successiva
l'operazione (intervento chirurgico finalizzato ad eliminare la stenosi della
carotide di sinistra e seguita da diversi complicazioni, tra cui notevole
disfonia) è irrilevante l'eventuale presenza di imperizia, imprudenza o
negligenza. L'ipotesi, come quella del caso in esame, di intervento
chirurgico eseguito in assenza di tale consenso, comporta una violazione
tanto della Carta Costituzionale, negli articoli 32 in materia di libertà nella
sottoposizione ad un trattamento sanitario e 13 in cui è garantita
l'inviolabilità della libertà personale con riferimento alla salvaguardia della
propria salute e integrità fisica" (App. Roma, 22 giugno 2006).
"La correttezza o meno del trattamento sanitario non assume alcun
rilievo ai fini della sussistenza dell'illecito per violazione del consenso
informato, la quale sussiste per la semplice ragione che il paziente, a causa
del ‘deficit‘ di informazione, non è stato messo in condizione di assentire al
trattamento sanitario con volontà consapevole delle sue implicazioni”
(Cass. Civ. n. 5444/06).
"Il principio consolidato in giurisprudenza secondo cui il medico non
può più intervenire sul paziente senza averne ricevuto prima il consenso
non ha per oggetto un atto puramente formale e burocratico, ma è la
condizione imprescindibile per trasformare un atto illecito (la violazione
dell'integrità psico-fisica) in un atto lecito. Da ciò consegue che la mancata
-84-
richiesta del consenso effettivo informato deve valutarsi quale autonoma
fonte di responsabilità in capo ai medici per lesione del diritto,
costituzionalmente protetto, di autodeterminazione e la cui lesione dà
luogo ad un danno. Il diritto del paziente di formulare un consenso
informato e dunque consapevole al trattamento terapeutico e chirurgico,
appartiene ai diritti inviolabili della persona costituzionalmente garantiti. Il
consenso prestato dal paziente deve essere frutto di un rapporto reale e
non solo apparente tra medico e paziente, dovendo il sanitario raccogliere
un'adesione effettiva e partecipata" (Trib. Milano, 29 marzo 2005).
"La responsabilità e i doveri del medico non riguardano solo l'attività
propria e dell'eventuale équipe che a lui risponda, ma si estende allo stato
di efficienza e a livello di dotazioni della struttura sanitaria in cui presta la
sua attività e si traduce in un ulteriore dovere di informazione del paziente.
Il consenso informato, personale del paziente o di un proprio familiare, in
vista di un trattamento chirurgico o di altra terapia specialistica o
accertamento diagnostico invasivi, non riguardano soltanto i rischi oggettivi
e tecnici in relazione alla situazione soggettiva e allo stato dell'arte della
disciplina, ma anche la concreta, magari momentaneamente carente
situazione ospedaliera, in rapporto alle dotazioni e alle attrezzature e al
loro regolare funzionamento, in modo che il paziente possa non soltanto
decidere se sottoporsi a meno all'intervento, ma anche se farlo in quella
struttura ovvero richiedere di trasferirsi in un'altra" (Cass. Civ. n.
14638/04).
-85-
Capitolo IV: Collegi Professionali e
Federazione Nazionale dei Collegi
4.1) Introduzione
Sotto un profilo strettamente storico, comunque utile per dare rilievo
ai valori fondanti l'istituzione, la Federazione Nazionale ed i Collegi Tsrm
possono vantare ormai circa 70 anni di storia essendo tra le più antiche
organizzazioni istituzionali nazionali, tra le Professioni Tecnico-Sanitarie, del
nostro Paese.
Già è stato fatto riferimento a chi spetti, nell'ordinamento generale,
attribuire rilevanza sociale ad una professione: al legislatore.
Con riferimento quindi alle professioni, la definizione di "ordine
professionale", indica l'appartenenza di iscritti ad un Albo o a un elenco.
Sappiamo dell'esistenza degli Ordini e dei Collegi, distinzione, si pensa,
legata al titolo professionale (rispettivamente: laurea e diploma) pur con
l'evidente eccezione dei notai riuniti in Collegi notarili.
Ricordiamo sinteticamente la progressione normativa sulla materia:
nel 1944, con il D.L.LGT. n. 382, furono emanate le norme di
ricostituzione degli Ordini e Collegi professionali;
nel 1946, il DLCPS n. 233, ha ricostituito gli ordini dei medici,
veterinari e farmacisti compresa l'istituzione del Collegio delle Ostetriche;
nel 1954, con la Legge n. 1049, sono stati istituiti i Collegi delle
Infermiere Professionali, Assistenti sanitarie visitatrici e delle Vigilatrici
d'Infanzia (IPASVI);
con il DPR 221 del 5 aprile 1950, s’introduceva il Regolamento di
attuazione della legge di ricostituzione degli Ordini e Collegi (D.L.LGT. n.
233/46).
Lo status istituzionale della Federazione dei Collegi è di ente di diritto
pubblico. In qualità di organo ausiliario dello Stato ha il compito di vigilare
sul Gruppo professionale per mezzo dei Collegi provinciali e inter-provinciali
(più province raggruppate in un unico Collegio).
-86-
La Federazione è altresì associata all'organizzazione internazionale
ISSRT (Internatinal Society of Radiographers and Radiological Tecnologists)
a sua volta componente consultivo dell'OMS (Organizzazione Mondiale della
Sanità). La Federazione Tsrm è anche a Bruxelles con un Ufficio di
Rappresentanza associato presso l'Unione Europea. Come qualunque
organo associativo, la Federazione, ha adottato proprio regolamento
approvato dai propri Organi Nazionali e dal Ministero della Salute. E’
articolata in Uffici di Direzione, Dipartimenti e Commissioni consultive e di
studio. Ha altresì compiti di concertazione e consulenza verso le realtà
istituzionali, nelle parti sociali, nelle organizzazioni pubbliche della Sanità,
dell'Università, nelle parti datoriali di lavoro della Sanità pubblica e privata.
La Federazione può intervenire, ad esempio: sullo stato organizzativo, sulla
funzionalità e qualità dei servizi, sugli aspetti programmati dei Piani
Sanitari nazionali e regionali, sulla sfera di competenza della professione,
sull'etica e deontologia professionale a tutela sia dei cittadini ma anche del
decoro della Professione nel contesto sociale e applicando pertanto anche
provvedimenti disciplinari.
4.2) I Collegi professionali
Collegi provinciali o interprovinciali e Federazione Nazionale,
associazione dei primi e dei secondi, sono oggi l’unica forma di
associazionismo di categoria, tra l’altro giuridicamente richieste, che
animano le vicende sulla professione dei Tsrm.
L’attività collegiale o federativa si basa sui principi giuridici del
DLCPS n. 233/46 e del DPR 5 aprile 1950, n. 221; le attribuzioni assegnate a
tali organi sono:
a) Compilare e tenere l’Albo dell’Ordine o Collegio e pubblicarlo al
principio di ogni anno;
b) Vigilare alla conservazione ed al decoro dell’indipendenza
dell’Ordine e del Collegio;
c) Designare i rappresentanti dell’Ordine o Collegio presso
commissioni, Enti ed organizzazioni di carattere provinciale e
comunale;
-87-
d) Promuovere e favorire tutte le iniziative intese a facilitare il
progresso culturale degli iscritti;
e) Dare il proprio concorso alle autorità locali nello studio e nella
attuazione dei provvedimenti che comunque possono
interessare l’Ordine o il Collegio;
f) Esercitare il potere disciplinare nei confronti dei sanitari liberi
professionisti iscritti nell’albo, salvo in ogni caso, le altre
disposizioni di ordine disciplinare e punitivo contenute nelle
leggi e nei regolamenti in vigore;
g) Interporsi, se richiesto, nelle controversie fra sanitario e
sanitario o fra sanitario e persone o Enti a favore dei quali il
sanitario abbia prestato o presti la propria opera professionale,
procurando la conciliazione della vertenza e, in caso di non è
riuscito accordo, dando il suo parere sulle controversie stesse.
Le attività collegiali che vanno al di là del mero limite statutario
possono derivare anche dal desiderio ed alla filosofia di voler migliorare la
categoria a diversi livelli tra i quali quello professionale, sociale ed
economico.
Per ciò che riguarda gli aspetti di tipo sociale ed economico il
Collegio, con la Federazione, possono essere fonte di forza formale per le
proposte di cambiamenti strutturali della categoria. L’esempio
caratteristico è il passaggio da status di esercenti un’arte ausiliaria a quello
di professionisti sanitari.
Per quanto riguarda il miglioramento professionale il controllo più
utile che il Collegio può effettuare, sull’esercizio dell’attività ed a garanzia
della qualità delle prestazioni erogate dagli iscritti, è quello relativo
all’aggiornamento e alla formazione costante e continua dell’attività,
nonché alla verifica della permanenza di competenze professionali al passo
con gli sviluppi della disciplina.
-88-
4.3) l potere disciplinare
In qualità di associazione professionale, anche i Collegi provinciali
della professione dei Tsrm sono dotati di autonomia nelle sanzioni
disciplinari da erogare agli iscritti. Le sanzioni ed il relativo procedimento
sono ovviamente previsti da disposizioni legislative. In particolare è in
vigore il regolamento esecutivo sulla disciplina dell'esercizio della
professione (DPR n. 221/50); il menzionato regolamento è efficace per
qualsivoglia Collegio oppure Ordine professionale in campo sanitario.
I sanitari che si rendono colpevoli di abusi o mancanze nell'esercizio
della professione ovvero di fatti disdicevoli al decoro professionale, sono
sottoposti a procedimento disciplinare da parte dell'Ordine o del Collegio
della provincia nel cui Albo sono iscritti . Il procedimento è promosso
d'ufficio, quindi da parte del Collegio stesso, o su richiesta del Prefetto o del
Procuratore della Repubblica.
Il Presidente, nel caso in cui risultino fatti che possono formare
oggetto di procedimento disciplinare, verificate sommariamente le
circostanze, assunte le opportune informazioni e dopo aver sentito il
sanitario interessato, deve riferire al Consiglio per le deliberazioni del caso.
Il Presidente fissa la data della seduta per il giudizio, nomina il
relatore e notifica all'interessato:
a) la menzione circostanziata degli addebiti;
b) il termine non inferiore a venti giorni e prorogabile su richiesta
dell'interessato, entro quale egli può visionare gli atti relativi al
suo deferimento a giudizio disciplinare e produrre le proprie
controdeduzioni scritte;
c) l'indicazione del luogo, giorno e ora del giudizio disciplinare;
d) l'espresso avvertimento che, qualora non si presenti alla seduta
del Consiglio, si procederà a giudizio in sua assenza;
Come si vede da quanto previsto dalla vigente normativa, si apre un
vero e proprio contraddittorio sulla falsariga di quanto previsto da un
procedimento giudiziale. Anche per quanto riguarda l'ambito sanzionatorio,
-89-
la legge, al fine di evitare abusi o arbitrii da parte dell'associazione
professionale, prevede espressamente le sanzioni disciplinari erogabili:
1) l'avvertimento che consiste nel diffidare il colpevole a non a ricadere
nella mancanza commessa;
2) la censura che è una dichiarazione di biasimo per la mancanza
commessa;
3) la sospensione dall'esercizio della professione per una durata da uno
a sei mesi;
4) la radiazione dall'Albo.
La legge prevede inoltre che in alcuni casi si proceda alla radiazione
di diritto, ad esempio in caso di commercio clandestino o fraudolento di
sostanze stupefacenti, istigazione all'aborto, atti abortivi su donna ritenuta
incinta, per delitti non colposi e per i quali la legge preveda la pena della
reclusione non inferiore nel minimo due con il massimo di cinque anni,
l'interdizione dai pubblici uffici perpetua o di durata superiore a tre anni.
È altresì prevista la sospensione d'ufficio nel caso sia stato emesso
una mandato di cattura, oppure nell'ipotesi in cui vi sia stata interdizione
dai pubblici uffici per una durata non superiore a tre anni. Le leggi penali
prevedono altri casi in cui si proceda d'ufficio a radiazione o sospensione
dall'esercizio professionale.
Nel giorno fissato per il giudizio, il relatore espone i fatti addebitati e
le circostanze emerse dall'attività istruttoria e, nel caso sia presente,
l'incolpato deve essere obbligatoriamente sentito. L'incolpato deve inoltre
comparire personalmente e non è ammessa l'assistenza di avvocati o
consulenti tecnici salvo che, per questi ultimi, il Consiglio non ritenga
necessario il loro intervento22. Chiusa la trattazione orale e allontanato il
sanitario interessato, il Consiglio decide. La seduta del Consiglio non è
pubblica. Naturalmente deve essere redatto un apposito verbale nel quale,
oltre al giorno mese ed hanno, siano indicati i nomi dei componenti del
22 In realtà: “L'art. 45 del regolamento che disciplina detto procedimento (approvato con D.P.R. 5 aprile 1950 n. 221) prevede che "non è ammessa l'assistenza di avvocati". Tale norma regolamentare è stata ritenuta illegittima dalla Commissione centrale perché contrastante con il diritto di difesa dell'incolpato (in conformità con l'orientamento della Cassazione: v., da ultimo, la sentenza di questa Sezione, 12 giugno 1999 n. 5819), onde va riconosciuto al sanitario la facoltà di farsi assistere da un difensore, durante tutto il corso del procedimento disciplinare”. Cass Civ Sez III, n. 16075 del 15/11/2002.
-90-
Consiglio intervenuti, i giudizi esaminati e le questioni trattate e i
provvedimenti presi in ordine a ciascun procedimento.
Atto finale è naturalmente la decisione (cioè la sanzione irrogata o la
sua inapplicabilità) che deve contenere, a pena di nullità, la data in cui è
stata adottata, i fatti addebitati, le prove assunte.
Il Presidente del Collegio ha l'obbligo di comunicare, al Prefetto e al
Procuratore della Repubblica competenti per territorio, l'inizio e l'esito di
ogni giudizio disciplinare adottato. I provvedimenti sospesivi e di
radiazione, quando ritenuti definitivi, sono comunicati a tutti gli Ordini o
Collegi della categoria. Il sanitario radiato può essere reiscritto non prima di
cinque anni dal provvedimento di radiazione e con lo stesso procedimento
previsto per la domanda di iscrizione. Il Consiglio dovrà deliberare
l'accettazione o il rigetto della domanda, come avviene normalmente anche
per le nuove iscrizioni, nel termine di tre mesi.
Nel concludere l'argomento riguardante il procedimento disciplinare,
è doveroso ricordare che il sanitario interessato può proporre ricorso,
contro la decisione del proprio Collegio o Ordine, alla Commissione
Centrale. Quest'ultima è un apposito organo centrale costituito da
rappresentanti dei professionisti sanitari, nominata con decreto del Capo
dello Stato, su proposta del presidente del Consiglio dei ministri e di
concerto con il ministro di Grazia e Giustizia. Contro le decisioni della
Commissione centrale è ammesso infine il ricorso davanti alle Sezioni unite
della Corte suprema di Cassazione.
Proprio in riferimento a quest’ultima va ricordato che, anche su
questo argomento, sono state date alcune massime applicabili.
"Il potere disciplinare del Consiglio dell'Ordine provinciale dei medici
non si esercita attraverso un'attività giurisdizionale. La funzione disciplinare
ha natura amministrativa in quanto svolta nei confronti di appartenenti ad
un gruppo organizzato, da un organo che di questo costituisce diretta
emanazione e nell'interno del gruppo in relazione alla violazione di interessi
propri di questo. L'intervento della giurisdizione avviene dopo l'esercizio del
potere del gruppo, a garanzia dei singoli e ha luogo mediante l'esame
dell'atto amministrativo che ha posto termine al procedimento.
-91-
Vale anche in sede di procedimento disciplinare contro i medici,
quanto già affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte in tema di
procedimento disciplinare a carico degli esercenti la professione forense e
secondo cui la contestazione degli addebiti e non esige una minuta,
completa e particolareggiata esposizione dei fatti che integrano l'illecito,
essendo, invece, sufficiente che l'incolpato, con la lettura dell'imputazione,
sia posta in grado di approntare la propria difesa in modo efficace, senza
rischi di essere condannato per fatti diversi da quelli ascrittigli.
In tali giudizi, l'indicazione delle regole della deontologia
professionale e la loro applicazione alla valutazione degli addebiti,
attengono al merito del procedimento e sono insindacabili in sede di
legittimità in quanto si riferiscono precetti extra giuridici ovvero regole
interne della categoria, non già ad attività normativa (precedente della
Cass. civ. n. 11488/96 in tema di responsabilità disciplinare degli architetti
e ingegneri)" ( Cass. Civ. n. 10389/01).
"Spetta alla giurisdizione della Commissione Centrale per gli esercenti
le professioni sanitarie la controversia relativa alla sussistenza o meno del
diritto di un infermiere alla cancellazione dall'albo professionale tenuto dal
Collegio Ipasvi (Infermieri professionali assistenti sanitari e vigilatrici
d'infanzia) e alla giurisdizione ordinaria la controversia circa il diritto del
medesimo Collegio di esigere il contributo a carico degli iscritti relativi al
periodo rispetto cui èin discussione l'iscrizione, salva la pregiudizialità della
controversia in punto di iscrizione rispetto a quella concernente il
pagamento, comportante la sospensione di quest'ultima in attesa della
definizione della prima" (Cass. Civ. n. 7376/04).
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Allegati normativi
Testi estratti dagli archivi del sistema ItalgiureWeb del CED della Corte di
Cassazione
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LEGGE N. 4 agosto 1965, n.1103Regolamentazione giuridica
dell'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di
radiologia medica.
La camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato:
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Promulga
la seguente legge:
Art.1
E’ soggetto a vigilanza del Ministero della sanità l'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica. La vigilanza si estende: a) alla formazione tecnico-professionale; b) all'accertamento del titolo di abilitazione; c) all'esercizio dell'arte predetta.
Art.2
Chiunque intenda esercitare sia presso ospedali o enti pubblici, sia presso ambulatori privati di radiologia, l'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica, deve avere raggiunto la maggiore età ed essere munito del diploma di abilitazione rilasciato dalle scuole appositamente istituite per l'insegnamento delle attività medesime, ai sensi della presente legge.
Art.3
L istituzione delle scuole di tecnico di radiologia medica e autorizzata con decreto del Ministro per la sanità, di concerto con il Ministro per la pubblica istruzione. Nelle stesse forme viene approvato il regolamento per le scuole stesse.
Art.4
Le scuole per l'abilitazione all'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica possono essere istituite presso istituti universitari ed ospedali dipendenti da enti pubblici, che siano in possesso di requisiti e dei mezzi occorrenti per il funzionamento della scuola. Gli aspiranti all'ammissione alle scuole di cui al comma precedente devono essere in possesso del diploma di istruzione secondaria di primo grado, aver compiuto il diciassettesimo anno di età alla data del 31 dicembre dell'anno scolastico cui si riferisce la domanda di ammissione e non aver
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superato il 32° anno di età salvo le maggiorazioni di legge. Costituisce titolo preferenziale per l'ammissione alle scuole in aggiunta al diploma di istruzione secondaria di primo grado predetto, il possesso di qualsiasi diploma professionale o di altro genere.
Art.5
Gli istituti ed ospedali che, ai sensi dell'articolo precedente, intendano istituire scuole per l'abilitazione all'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica devono rivolgere al Ministero della sanità, tramite il medico provinciale, domanda corredata dalla deliberazione sulla istituzione ed il funzionamento della scuola, secondo le modalità che verranno determinate nel regolamento di esecuzione della presente legge.
Art.6
Il corso di studi per conseguire l'abilitazione all'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica è di tre anni. Ogni anno scolastico ha la durata di nove mesi. Con decreto del Ministro per la sanità, di concerto con il ministero della pubblica istruzione, sono stabilite le materie obbligatorie di insegnamento ed i programmi particolareggiati di ciascuna materia.
Art.7
Il tirocinio degli allievi presso gli istituti ed ospedali di cui all'articolo 4, che abbiano istituito i corsi. non dà luogo ad alcun rapporto di lavoro con gli stessi; detti enti sono esonerati dall'obbligo di corrispondere qualsiasi emolumento a titolo di stipendio o salario e qualsiasi contributo assicurativo e previdenziale. Gli enti stessi provvedono all'assicurazione degli allievi contro gli infortuni, le malattie e lesioni causate da raggi X e sostanze radioattive a norma del successivo articolo 15, li ricoverano gratuitamente in caso di malattia acuta contratta durante il corso. Gli allievi che siano già in rapporto di servizio con l'ente presso il quale si svolge il corso continuano a percepire gli assegni in godimento all'atto dell'ammissione alla scuola, purché completino il normale orario di servizio quando non sono impegnati nei doveri scolastici.
Art.8
Al termine del corso di studi gli allievi sosterranno una prova di esame orale e pratica. Tale prova si svolgerà in due sessioni, secondo le modalità stabilite nel regolamento di esecuzione della presente legge. La Commissione esaminatrice è nominata dal medico provinciale, che la presiede, ed è composta: a) dal direttore della scuola; b) da un primario ospedaliero di ruolo della specialità, designato dall'Ordine dei Medici della Provincia; c) da un docente di materie obbligatorie del corso di studi; d) da un rappresentante del Ministero della pubblica istruzione Un funzionario della carriera direttiva amministrativa del Ministero della
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sanità esercita le. funzioni di segretario. Le spese per il funzionamento della Commissione di esame sono liquidate dall'Ente che istituisce la scuola.
Art.9
La direzione della scuola è affidata al direttore dell'istituto radiologico universitario o al primario radiologico dell'ospedale presso cui ha sede la scuola. La nomina del direttore della scuola e dei docenti delle materie obbligatorie di insegnamento del corso di studi previsto dal decreto ministeriale di articolo 6cui all', viene effettuata dal medico provinciale, su proposta del Consiglio di amministrazione dell'Ente da cui la scuola dipende.
Art.10
Ai candidati di cui all'articolo 8, che superino gli esami, viene rilasciato il diploma di abilitazione all'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica.
Art.11
Ai tecnici di radiologia medica e consentito di svolgere le seguenti mansioni nei gabinetti radiologici, riconosciuti a norma di legge: a) preparare l'ammalato secondo le istruzioni del medico radiologo; b) effettuare tutte le manovre e la manualità coordinate dal medico radiologo , che ne rimane responsabile; c) controllare l'efficienza degli apparati e la loro manutenzione; d) eseguire il lavoro della camera oscura, della registrazione e dell'archiviazione delle pellicole. È fatto divieto ai tecnici di radiologia medica di fornire prestazioni fuori dei gabinetti radiologici debitamente autorizzati se non sotto il diretto controllo e in presenza del medico radiologo, che ne assume, di volta in volta, la responsabilità.
Art.12
L'effettivo esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica è subordinato all'iscrizione all'albo provinciale di cui al successivo articolo 14.
Art.13
Gli istituti di cura pubblici e privati, i gabinetti radiologici, pubblici e privati, e gli altri istituti riconosciuta norma di legge che hanno alle dipendenze personale per l'impiego delle apparecchiature, sono obbligati ad assumere personale provvisto del diploma di abilitazione di tecnico di radiologia medica.
Art.14
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In ogni Provincia è costituito il Collegio degli esercenti l'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica che conseguono il diploma di abilitazione a norma della presente legge. I Collegi provinciali degli esercenti l'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica sono riuniti in una Federazione Nazionale con sede in Roma. Sono estese ai Collegi Provinciali dei tecnici di radiologia medica ed alla Federazione Nazionale in quanto compatibili, le norme contenute nel D.L.C.P.S. 13 settembre 1946, n.233. e successive modificazioni ed integrazioni. Qualora il numero degli aventi diritto ad iscriversi nel Collegio, esistenti nella Provincia, sia esiguo, ovvero sussistano altre ragioni di carattere storico, topografico sociale e demografico il Ministro per la sanità, su proposta del medico provinciale e sentita la Federazione Nazionale, può disporre che un Collegio abbia per circoscrizione due o più Province finitime, designandone la sede.
Art.15
Le disposizioni di cui alla Legge 20 febbraio 1958, n.93, sono estese anche ai tecnici di radiologia impiegati a norma dell'articolo 2 della presente legge e gli altri allievi dei corsi.
Art.16
Chiunque eserciti l'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica in violazione delle norme contenute nella presente legge è punito con la multa da lire 50.000 a lire 100.000 In caso di recidiva, la pena della reclusione da 15 a 30 giorni e della multa da lire 100.000 a lire 200.000 II materiale destinato all'esercizio dell'arte di cui alla presente legge è confiscato. II medico provinciale indipendentemente dal procedimento giudiziario per l'esercizio abusivo dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica, può ordinare la chiusura temporanea del locale nel quale detta attività sia stata abusivamente esercitata ed il sequestro conservativo del materiale. II provvedimento del medico provinciale è definitivo.
Art.17
Alle pene di cui al precedente articolo soggiace anche chi, essendo regolarmente autorizzato all'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria contemplata dalla presente legge, presti comunque il suo nome, ovvero la sua attività allo scopo di permettere o di agevolare il reato di cui all'articolo stesso.
Art.18
Il diploma di abilitazione all'esercizio dell'arte ausiliaria di tecnico di radiologia medica è soggetto alla tassa di concessione governativa, stabilita dalla tabella A. n.224, annessa al testo unico delle disposizioni in materia di tasse sulle concessioni governative, approvato con DPR 1° marzo 1961, n.121.
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Disposizioni Transitorie e Finali
Art.19
Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo emanerà il regolamento per la sua esecuzione.
Art.20
Coloro che, alla data di pubblicazione della presente legge, abbiano esercitato abitualmente e direttamente, almeno cinque anni, l'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica in sedi diverse dalle Amministrazioni ospedaliere o da enti pubblici, saranno ammessi, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, a sostenere la stessa prova di esame orale e pratica prevista dal precedente articolo 8 per il conseguimento del diploma di abilitazione.
Art.21
II diploma di abilitazione di cui al precedente articolo sarà per conto rilasciato dalla medesima Commissione a tutti coloro che, alla data di pubblicazione della presente legge, abbiano esercitato abitualmente e direttamente da almeno tre anni, l'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica presso Amministrazioni ospedaliere o enti pubblici che risultino in possesso di un titolo di specializzazione rilasciato da specifiche scuole riconosciute dallo Stato.
Art.22
Il diploma di abilitazione conseguito ai sensi dei precedenti articoli 20 e 21 abilita alla continuazione dell'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica e deve esser considerato, a tutti gli effetti, equipollente al diploma di abilitazione di cui al precedente articolo 10.
Art.23
Le scuole pubbliche o private di tecnico di radiologia riconosciute dallo Stato, continueranno a svolgere i loro corsi secondo i singoli regolamenti. I diplomati di detti istituti che abbiano fatto un regolare corso di studi triennali possono conseguire l'abilitazione all'esercizio specifico dell'arte sanitaria ausiliaria di tecnico di radiologia medica con un esame di idoneità presso una Commissione costituita secondo le norme di cui all'articolo 8.
Art.24
Sono abrogate tutte le disposizioni in contrasto con la presente legge. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
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LEGGE 31 GENNAIO 1983, n. 25
MODIFICHE ED INTEGRAZIONI ALLA LEGGE 4 AGOSTO 1965, N. 1103, E AL
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 6 MARZO 1968, N. 680, SULLA REGOLAMENTAZIONE GIURIDICA DELL'ESERCIZIO DELLA ATTIVITÀ DI TECNICO
SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA.
Preambolo
LA CAMERA DEI DEPUTATI ED IL SENATO DELLA REPUBBLICA HANNO APPROVATO;IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICAPROMULGALA SEGUENTE LEGGE:
ART. 1. IN ATTESA DELL'EMANAZIONE DELLA LEGGE QUADRO SULLE PROFESSIONI SANITARIE AUSILIARIE E DELLA RIFORMA DELLA FACOLTÀ DI MEDICINA, L'_ARTE AUSILIARIA SANITARIA DI TECNICO DI RADIOLOGIA MEDICA_, DI CUI ALLA LEGGE 4 AGOSTO 1965, N. 1103 , È SOSTITUITA DALLA _PROFESSIONE DI TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA_.
ART. 2. I COMMI SECONDO E TERZO DELL' ARTICOLO 4 DELLA LEGGE 4 AGOSTO 1965, N. 1103 , SONO SOSTITUITI DAI SEGUENTI:
_A PARTIRE DAI CORSI CHE AVRANNO INIZIO NEL 1983 GLI ASPIRANTI ALL'AMMISSIONE ALLE SCUOLE DI TECNICO DI RADIOLOGIA MEDICA DOVRANNO ESSERE IN POSSESSO DEL DIPLOMA DI SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO.
AI CORSI CHE INIZIERANNO NEL BIENNIO 1983-84 SARANNO INOLTRE AMMESSI GLI ASPIRANTI CHE, AVENDO OTTENUTO LA PROMOZIONE AL TERZO ANNO DI SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO, ABBIANO SVOLTO ALMENO DUE ANNI DI ATTIVITÀ LAVORATIVA IN GABINETTI RADIOLOGICI.
AGLI ALLIEVI CHE FREQUENTANO L'ULTIMO ANNO DELLE ANZIDETTE SCUOLE SONO ESTESE LE NORME DELL' ARTICOLO 13 DELLA LEGGE 21 DICEMBRE 1978, N. 845 , IN MATERIA DI SERVIZIO MILITARE DI LEVA_.
ART. 3. AL SECONDO COMMA DELL' ARTICOLO 8 DELLA LEGGE 4 AGOSTO 1965, N. 1103 , DOPO LA LETTERA D), È AGGIUNTA LA SEGUENTE:
_e) UN TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA DESIGNATO DAL COLLEGIO PROFESSIONALE PROVINCIALE O INTERPROVINCIALE_.
ART. 4. L' ARTICOLO 11 DELLA LEGGE 4 AGOSTO 1965, N. 1103 , È SOSTITUITO DAL SEGUENTE:
_ART. 11. - I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA, OVUNQUE OPERANTI, COLLABORANO DIRETTAMENTE CON IL MEDICO RADIO-DIAGNOSTA, RADIO-TERAPISTA E NUCLEARE PER LO SVOLGIMENTO DI TUTTE LE ATTIVITÀ COLLEGATE CON LA UTILIZZAZIONE DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI, SIA ARTIFICIALI CHE NATURALI, DELLE ENERGIE TERMICHE E ULTRASONICHE, NONCHÉ DELLA RISONANZA NUCLEARE MAGNETICA,
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AVENTI FINALITÀ DIAGNOSTICHE, TERAPEUTICHE, SCIENTIFICHE E DIDATTICHE.
IN PARTICOLARE:
a) I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA NELLA STRUTTURA PUBBLICA E PRIVATA ATTUANO LE MODALITÀ TECNICO-OPERATIVE RITENUTE IDONEE ALLA RILEVAZIONE DELL'INFORMAZIONE DIAGNOSTICA ED ALL'ESPLETAMENTO DEGLI ATTI TERAPEUTICI, SECONDO LE FINALITÀ DIAGNOSTICHE O TERAPEUTICHE E LE INDICAZIONI FORNITE DAL MEDICO RADIO-DIAGNOSTA, RADIO-TERAPISTA O NUCLEARE CHE HA LA FACOLTÀ DELL'INTERVENTO DIRETTO ED IN ARMONIA CON LE DISPOSIZIONI DEL DIRIGENTE LA STRUTTURA;
b) IL TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA È TENUTO A SVOLGERE LA PROPRIA OPERA NELLA STRUTTURA PUBBLICA E PRIVATA, NEI SETTORI O SERVIZI OVE L'ATTIVITÀ RADIOLOGICA È COMPLEMENTARE ALL'ESERCIZIO CLINICO DEI MEDICI NON RADIOLOGI, SECONDO LE INDICAZIONI DEL MEDICO RADIOLOGO;
c) I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA ASSUMONO LA RESPONSABILITÀ SPECIFICA TECNICO-PROFESSIONALE DEGLI ATTI A LORO ATTRIBUITI_.
ART. 5. IL QUARTO COMMA DELL' ARTICOLO 14 DELLA LEGGE 14 AGOSTO 1965, N. 1103 , È SOSTITUITO DAL SEGUENTE:
_QUALORA IL NUMERO DEGLI AVENTI DIRITTO AD ISCRIVERSI NEL COLLEGIO, ESISTENTI NELLA PROVINCIA, SIA ESIGUO, OVVERO SUSSISTANO ALTRE VALIDE RAGIONI, IL MINISTRO DELLA SANITÀ, SU PROPOSTA DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE, PUÒ DISPORRE CHE UN COLLEGIO ABBIA PER CIRCOSCRIZIONE DUE O PIÙ PROVINCE FINITIME DESIGNANDONE LA SEDE_.
ART. 6. L' ARTICOLO 15 DELLA LEGGE 4 AGOSTO 1965, N. 1103 , È SOSTITUITO DAL SEGUENTE:
_ART. 15. - LE DISPOSIZIONI DI CUI ALLA LEGGE 20 FEBBRAIO 1958, N. 93 , E SUCCESSIVE INTEGRAZIONI, SONO ESTESE A TUTTI I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA SVOLGENTI ATTIVITÀ LAVORATIVA, NONCHÉ AGLI ALLIEVI DEI CORSI.
LA RETRIBUZIONE CONVENZIONALE ANNUA DA ASSUMERE COME BASE PER LA LIQUIDAZIONE DELLE RENDITE È FISSATA, ANNUALMENTE, NON OLTRE I TRE MESI DALLA SCADENZA DELL'ANNO STESSO, CON DECRETO DEL MINISTRO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE, DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELLA SANITÀ, SU PROPOSTA DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELL'ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, IN RELAZIONE ALLA MEDIA DELLE RETRIBUZIONI INIZIALI, COMPRENSIVE DELL'INDENNITÀ INTEGRATIVA SPECIALE DEI TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA DIPENDENTI DALLE STRUTTURE PUBBLICHE, SENTITA LA FEDERAZIONE NAZIONALE DEI COLLEGI TECNICI DI RADIOLOGIA MEDICA_.
ART. 7. L' ARTICOLO 16 DELLA LEGGE 4 AGOSTO 1965, N. 1103 , È SOSTITUITO DAL SEGUENTE:
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_ART. 16. - CHIUNQUE ESERCITI LA PROFESSIONE DI TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA IN VIOLAZIONE DELLE NORME CONTENUTE NELLA PRESENTE LEGGE È SOGGETTO ALLE PENE DI CUI ALL' ARTICOLO 348 DEL CODICE PENALE .
IL MAGISTRATO PUÒ ORDINARE LA CHIUSURA TEMPORANEA DEL SERVIZIO RADIOLOGICO NEL QUALE L'ATTIVITÀ SIA STATA ABUSIVAMENTE ESERCITATA E IL SEQUESTRO CONSERVATIVO DEL MATERIALE_.
ART. 8. L'ARTICOLO 24 DEL REGOLAMENTO APPROVATO CON DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 6 MARZO 1968, N. 680, È SOSTITUITO DAL SEGUENTE:
_ART. 24. - 1) SERVIZIO DI RADIO-DIAGNOSTICA.
I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA:
a) SONO AUTORIZZATI AD EFFETTUARE DIRETTAMENTE, SU PRESCRIZIONE MEDICA - ANCHE IN ASSENZA DEL MEDICO RADIOLOGO - I RADIOGRAMMI RELATIVI AGLI ESAMI RADIOLOGICI DELL'APPARATO SCHELETRICO, DEL TORACE E DELL'ADDOME, SENZA MEZZI DI CONTRASTO, SECONDO LE INDICAZIONI DI CARATTERE GENERALE PREVENTIVAMENTE DEFINITE DAL MEDICO RADIOLOGO, SIA NEL SERVIZIO RADIOLOGICO CENTRALIZZATO CHE NELLE STRUTTURE DECENTRATE;
b) COLLABORANO CON IL MEDICO RADIOLOGO IN TUTTE LE RESTANTI INDAGINI DIAGNOSTICHE DI COMPETENZA RADIOLOGICA.
LA CONTINUITÀ O LA SALTUARIETÀ DELLA PRESENZA FISICA DEL MEDICO RADIOLOGO DURANTE L'EFFETTUAZIONE DELLE INDAGINI DI CUI ALLA PRESENTE LETTERA B) VIENE STABILITA DAL MEDICO RADIOLOGO STESSO IN RAGIONE DELLE ESIGENZE DEL CASO.
2) SERVIZIO DI RADIOTERAPIA.
I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA COLLABORANO DIRETTAMENTE CON I MEDICI RADIOTERAPISTI NELL'AMBITO DELLE SEGUENTI ATTIVITÀ:
a) IMPOSTAZIONE DEL TRATTAMENTO, IVI COMPRESE TUTTE LE INDAGINI COLLATERALI AD ESSO COMPLEMENTARI;
b) OPERAZIONI DOSIMETRICHE INERENTI AL TRATTAMENTO, ANCHE IN COLLABORAZIONE CON IL SERVIZIO DI FISICA SANITARIA;
c) EFFETTUAZIONE E CONTROLLO DELLA CENTRATURA E DELLA EVENTUALE SIMULAZIONE;
d) PREPARAZIONE ED IMPIEGO DI MEZZI AUSILIARI DI CENTRATURA E IMMOBILIZZAZIONE DEL PAZIENTE O IRRADIAZIONE;
e) CONTROLLO DELL'EFFICIENZA DEGLI IMPIANTI E LORO PREDISPOSIZIONE ALL'USO;
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f) CARICAMENTO, SCARICAMENTO DEI DISPOSITIVI PER TERAPIA NELLA FASE SUCCESSIVA AL CARICAMENTO E RECUPERO DELLE SORGENTI;
g) OPERAZIONI NECESSARIE ALL'ALLESTIMENTO DELLE DOSI RADIO-ATTIVE DA SOMMINISTRARE AI PAZIENTI;
h) CONTROLLO DELLE EVENTUALI CONTAMINAZIONI;
i) DECONTAMINAZIONE DEGLI OGGETTI ED AMBIENTI CONTAMINATI;
l) EFFETTUAZIONE DEL TRATTAMENTO RADIOTERAPICO PREDISPOSTO DAL RADIO-TERAPISTA E SUO CONTROLLO DURANTE TUTTA LA DURATA DELLA SEDUTA SECONDO LE INDICAZIONI RICEVUTE;
m) TENUTA ED AGGIORNAMENTO DELLE REGISTRAZIONI DEI TRATTAMENTI E DEL REGISTRO DI CARICO E SCARICO DEL MATERIALE RADIO-ATTIVO;
n) CARICO, CUSTODIA E SCARICO DEL MATERIALE RADIO-ATTIVO E DELLA STRUMENTAZIONE TECNICA;
o) COLLABORAZIONE CON IL MEDICO RADIO-TERAPISTA ED IL SERVIZIO DI FISICA SANITARIA PER QUANTO CONCERNE LA DOSIMETRIA E GLI ALTRI ATTI INERENTI LA RADIOPROTEZIONE;
p) PREPARAZIONE E POSIZIONAMENTO DEL PAZIENTE.
I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA ESPLETANO, INOLTRE, OGNI ALTRA OPERAZIONE TECNICA RICHIESTA DAL MEDICO RADIO-TERAPISTA.
3) SERVIZIO DI MEDICINA NUCLEARE.
I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA ADDETTI AI SERVIZI DI MEDICINA NUCLEARE:
a) PRENDONO IN CONSEGNA LE SORGENTI RADIO-ATTIVE, CURANDO IL LORO CARICO E SCARICO OLTRE CHE LO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI RADIO-ATTIVI; SEGNALANO AL PREPOSTO IL MOVIMENTO E LA GIACENZA DEL MATERIALE RADIO-ATTIVO E PROVVEDONO ALLE RELATIVE REGISTRAZIONI;
b) EFFETTUANO LE OPERAZIONI NECESSARIE ALL'ALLESTIMENTO DELLE DOSI RADIO-ATTIVE DA SOMMINISTRARE AI PAZIENTI E DA MANIPOLARE IN VITRO ED OGNI ALTRA OPERAZIONE CONCERNENTE IL LAVORO DI CAMERA CALDA;
c) SE NECESSARIO, ACCETTANO IL PAZIENTE, NE ACCERTANO I DATI ANAGRAFICI, PROVVEDONO ALLA REGISTRAZIONE ED ARCHIVIAZIONE DEI RISULTATI DELLE OPERAZIONI TECNICHE EFFETTUATE ED AL TRATTAMENTO DEI FOTOSCINTIGRAMMI;
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d) CONTROLLANO L'EFFICIENZA DELLE APPARECCHIATURE CHE PREDISPONGONO PER L'USO. COLLABORANO CON IL MEDICO NUCLEARE NELL'EFFETTUAZIONE DELLE INDAGINI E NELLA RILEVAZIONE E REGISTRAZIONE DEI DATI ANCHE MEDIANTE IMPIEGO DI ELABORATORI ELETTRONICI;
e) COLLABORANO CON IL MEDICO NUCLEARE IN STUDI ED ESAMI IN VITRO MEDIANTE L'USO DI APPARECCHIATURE ATTE A RILEVARE LA PRESENZA DI RADIO-NUCLIDI NEI CAMPIONI;
f) PROVVEDONO ALLA DECONTAMINAZIONE E CONTROLLO DELLA VETRERIA E DEGLI OGGETTI O AMBIENTI CONTAMINATI ED ATTUANO TUTTE LE OPERAZIONI INERENTI ALLA RADIOPROTEZIONE, SECONDO LA VIGENTE NORMATIVA;
g) EFFETTUANO OGNI ALTRA OPERAZIONE TECNICA RICHIESTA DAL MEDICO NUCLEARE.
4) SERVIZIO DI FISICA SANITARIA.
I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA COADIUVANO I RESPONSABILI DEI SERVIZI DI FISICA SANITARIA PER LA RISOLUZIONE DEI PROBLEMI DI FISICA NELL'IMPEGNO DI ISOTOPI RADIO-ATTIVI, DI SORGENTI DI RADIAZIONE PER LA TERAPIA, LA DIAGNOSTICA E LA RICERCA E, CON L'ESPERTO QUALIFICATO, NELLA SORVEGLIANZA FISICA PER LA PROTEZIONE CONTRO LE RADIAZIONI IONIZZANTI.
5) APPARECCHIATURE NELL'AMBITO DEL SERVIZIO DI RADIOLOGIA.
I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA ASSUMONO LA RESPONSABILITÀ DEL CORRETTO USO DELLE APPARECCHIATURE LORO AFFIDATE, CONTROLLANO LA LORO EFFICIENZA, INDIVIDUANO GLI EVENTUALI INCONVENIENTI TECNICI E SI ADOPERANO, QUANDO È POSSIBILE, AD ELIMINARLI; POSSONO ALTRESÌ ESPRIMERE IL PROPRIO PARERE TECNICO IN FASE DI COLLAUDO DI INSTALLAZIONE DI NUOVE APPARECCHIATURE NONCHÉ DOPO L'ESECUZIONE DI EVENTUALI RIPARAZIONI.
6) TRATTAMENTO DEL MATERIALE RADIOGRAFICO E DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA.
I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA EFFETTUANO TUTTE LE OPERAZIONI CONCERNENTI IL TRATTAMENTO DEL MATERIALE SENSIBILE; POSSONO ALTRESÌ PROVVEDERE ALLA RIPRODUZIONE E RIDUZIONE DEL MATERIALE ICONOGRAFICO.
7) ATTIVITÀ COLLATERALI.
I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA CHE CON PROVVEDIMENTO DEL MEDICO AUTORIZZATO SIANO STATI ALLONTANATI, IN VIA CAUTELATIVA TEMPORANEA O PERMANENTE, DALLE ZONE CONTROLLATE, PERCHÉ AFFETTI DA PATOLOGIA PROFESSIONALE SPECIFICA, SONO ADIBITI, A RICHIESTA, PRIORITARIAMENTE NELL'AMBITO DEL SETTORE RADIOLOGICO, ALLE PRATICHE DI ACCETTAZIONE DEL PAZIENTE, ALLA SUA REGISTRAZIONE, ALLA ARCHIVIAZIONE DEGLI ESAMI PRATICATI, ALLA RILEVAZIONE PERIODICA DEI DATI STATISTICI, NONCHÉ AL CARICO E SCARICO DEL MATERIALE RICEVUTO IN DOTAZIONE_.
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ART. 9. LE NORME DI CUI AL' ARTICOLO 36 DEL DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 27 MARZO 1969, N. 130 , E ALLO ARTICOLO 17 DEL DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 16 OTTOBRE 1979, N. 509 , SONO ESTESE AI TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA OVUNQUE OPERANTI.
LA PRESENTE LEGGE, MUNITA DEL SIGILLO DELLO STATO, SARÀ INSERTA NELLA RACCOLTA UFFICIALE DELLE LEGGI E DEI DECRETI DELLA REPUBBLICA ITALIANA. È FATTO OBBLIGO A CHIUNQUE SPETTI DI OSSERVARLA E DI FARLA OSSERVARE COME LEGGE DELLO STATO.
DATA A ROMA, ADDÌ 31 GENNAIO 1983PERTINIFANFANI - ALTISSIMO -DARIDA - FALCUCCIVISTO, IL GUARDASIGILLI: DARIDA
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DECRETO 26 SETTEMBRE 1994, n. 746
REGOLAMENTO CONCERNENTE L'INDIVIDUAZIONE DELLA FIGURA E DEL RELATIVO PROFILO PROFESSIONALE DEL TECNICO SANITARIO DI
RADIOLOGIA MEDICA.
Preambolo
IL MINISTRO DELLA SANITÀVISTO L'ART. 6, COMMA 3, DEL DECRETO LEGISLATIVO 30 DICEMBRE 1992, N. 502,
RECANTE: "RIORDINO DELLA DISCIPLINA IN MATERIA SANITARIA, A NORMA DELL'ART. 1 DELLA LEGGE 23 OTTOBRE 1992, N. 421", NEL TESTO MODIFICATO DAL DECRETO LEGISLATIVO 7 DICEMBRE 1993, N. 517;
RITENUTO CHE, IN OTTEMPERANZA ALLE PRECITATE DISPOSIZIONI, SPETTA AL MINISTRO DELLA SANITÀ DI INDIVIDUARE CON PROPRIO DECRETO LE FIGURE PROFESSIONALI DA FORMARE ED I RELATIVI PROFILI, RELATIVAMENTE ALLE AREE DEL PERSONALE SANITARIO INFERMIERISTICO, TECNICO E DELLA RIABILITAZIONE;
RITENUTO DI INDIVIDUARE CON SINGOLI PROVVEDIMENTI LE FIGURE PROFESSIONALI;RITENUTO DI INDIVIDUARE LA FIGURA DEL TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA;VISTA LA LEGGE 31 GENNAIO 1983, N. 25;VISTO IL PARERE DEL CONSIGLIO SUPERIORE DI SANITÀ, ESPRESSO NELLA SEDUTA DEL 22
APRILE 1994;UDITO IL PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO ESPRESSO NELL'ADUNANZA GENERALE DEL 4
LUGLIO 1994;VISTA LA NOTA, IN DATA 24 SETTEMBRE 1994, CON CUI LO SCHEMA DI REGOLAMENTO È
STATO TRASMESSO, AI SENSI DELL'ART. 17, COMMA 3, DELLA LEGGE 23 AGOSTO 1988, N. 400, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;
A D O T T AIL SEGUENTE REGOLAMENTO:
ART. 1.
1 . È INDIVIDUATA LA FIGURA DEL TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA CON IL SEGUENTE PROFILO: IL TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA È L'OPERATORE SANITARIO CHE IN POSSESSO DEL DIPLOMA UNIVERSITARIO ABILITANTE E DELL'ISCRIZIONE ALL'ALBO PROFESSIONALE, È RESPONSABILE DEGLI ATTI DI SUA COMPETENZA ED È AUTORIZZATO AD ESPLETARE INDAGINI E PRESTAZIONI RADIOLOGICHE.
2 . IL TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA È L'OPERATORE SANITARIO ABILITATO A SVOLGERE, IN CONFORMITÀ A QUANTO DISPOSTO DALLA LEGGE 31 GENNAIO 1983, N. 25, IN VIA AUTONOMA, O IN COLLABORAZIONE CON ALTRE FIGURE SANITARIE, SU PRESCRIZIONE MEDICA TUTTI GLI INTERVENTI CHE RICHIEDONO L'USO DI SORGENTI DI RADIAZIONI IONIZZANTI, SIA ARTIFICIALI CHE NATURALI, DI ENERGIE TERMICHE, ULTRASONICHE, DI RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE NONCHÉ GLI INTERVENTI PER LA PROTEZIONISTICA FISICA O DOSIMETRICA.
3 . IL TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA:
a) PARTECIPA ALLA PROGRAMMAZIONE E ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO NELL'AMBITO DELLA STRUTTURA IN CUI OPERA NEL RISPETTO DELLE PROPRIE COMPETENZE;
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b) PROGRAMMA E GESTISCE L'EROGAZIONE DI PRESTAZIONI POLIVALENTI DI SUA COMPETENZA IN COLLABORAZIONE DIRETTA CON IL MEDICO RADIODIAGNOSTA, CON IL MEDICO NUCLEARE, CON IL FISICO RADIOTERAPISTA E CON IL FISICO SANITARIO, SECONDO PROTOCOLLI DIAGNOSTICI E TERAPEUTICI PREVENTIVAMENTE DEFINITI DAL RESPONSABILE DELLA STRUTTURA;
c) È RESPONSABILE DEGLI ATTI DI SUA COMPETENZA, IN PARTICOLARE CONTROLLANDO IL CORRETTO FUNZIONAMENTO DELLE APPARECCHIATURE A LUI AFFIDATE, PROVVEDENDO ALLA ELIMINAZIONE DI INCONVENIENTI DI MODESTA ENTITÀ E ATTUANDO PROGRAMMI DI VERIFICA E CONTROLLO A GARANZIA DELLA QUALITÀ SECONDO INDICATORI E STANDARD PREDEFINITI;
d) SVOLGE LA SUA ATTIVITÀ NELLE STRUTTURE SANITARIE PUBBLICHE O PRIVATE, IN RAPPORTO DI DIPENDENZA O LIBERO PROFESSIONALE.
4 . IL TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA CONTRIBUISCE ALLA FORMAZIONE DEL PERSONALE DI SUPPORTO E CONCORRE DIRETTAMENTE ALL'AGGIORNAMENTO RELATIVO AL PROPRIO PROFILO PROFESSIONALE E ALLA RICERCA.
ART. 2.
1 . CON DECRETO DEL MINISTERO DELLA SANITÀ È DISCIPLINATA LA FORMAZIONE COMPLEMENTARE POST-BASE IN RELAZIONE A SPECIFICHE ESIGENZE DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE.
ART. 3.
1 . IL DIPLOMA UNIVERSITARIO DI TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA CONSEGUITO AI SENSI DELL'ART. 6, COMMA 3, DEL DECRETO LEGISLATIVO 30 DICEMBRE 1992, N. 502, E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI, ABILITA ALL'ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE PREVIA ISCRIZIONE ALL'ALBO PROFESSIONALE.
ART. 4.
1 . CON DECRETO DEL MINISTRO DELLA SANITÀ DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELL'UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA SONO INDIVIDUATI I DIPLOMI E GLI ATTESTATI, CONSEGUITI IN BASE AL PRECEDENTE ORDINAMENTO, CHE SONO EQUIPOLLENTI AL DIPLOMA UNIVERSITARIO DI CUI ALL'ART. 3 AI FINI DELL'ESERCIZIO DELLA RELATIVA ATTIVITÀ PROFESSIONALE E DELL'ACCESSO AI PUBBLICI UFFICI.IL PRESENTE DECRETO, MUNITO DEL SIGILLO DELLO STATO, SARÀ INSERITO NELLA RACCOLTA UFFICIALE DEGLI ATTI NORMATIVI DELLA REPUBBLICA ITALIANA. È FATTO OBBLIGO A CHIUNQUE SPETTI DI OSSERVARLO E DI FARLO OSSERVARE.
ROMA, 26 SETTEMBRE 1994IL MINISTRO: COSTAVISTO, IL GUARDASIGILLI: BIONDI
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REGISTRATO ALLA CORTE DEI CONTI IL 24 DICEMBRE 1994REGISTRO N. 1 SANITÀ, FOGLIO N. 362
LEGGE 26 febbraio 1999, n. 42
Disposizioni in materia di professioni sanitarie.
Preambolo
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICAPromulga
la seguente legge:
Art. 1. Definizione delle professioni sanitarie
1 . La denominazione "professione sanitaria ausiliaria" nel testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, nonché in ogni altra disposizione di legge, è sostituita dalla denominazione "professione sanitaria".
2 . Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati il regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 1974, n. 225, ad eccezione delle disposizioni previste dal titolo V, il decreto del Presidente della Repubblica 7 marzo 1975, n. 163, e l'articolo 24 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1968, n. 680, e successive modificazioni. Il campo proprio di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e integrazioni, è determinato dai contenuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione postbase nonché degli specifici codici deontologici, fatte salve le competenze previste per le professioni mediche e per le altre professioni del ruolo sanitario per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea, nel rispetto reciproco delle specifiche competenze professionali.
Art. 2. Attività della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie
1 . Alla corresponsione delle indennità di missione e al rimborso delle spese sostenute dai membri della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie designati dai Comitati centrali delle Federazioni nazionali degli ordini e dei collegi ai sensi dell'articolo 17, terzo comma, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, provvedono direttamente le Federazioni predette.
Art. 3. Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 175
1 . Alla legge 5 febbraio 1992, n. 175, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 1, comma 1, dopo le parole: "sugli elenchi telefonici" sono aggiunte le seguenti: ", sugli elenchi
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generali di categoria e attraverso giornali e periodici destinati esclusivamente agli esercenti le professioni sanitarie";
b) all'articolo 2, dopo il comma 3, è aggiunto il seguente:"3-bis. Le autorizzazioni di cui al comma 1 sono rinnovate solo qualora siano apportate modifiche al testo originario della pubblicità;"
c) all'articolo 3, comma 1, le parole: "sono sospesi dall'esercizio della professione sanitaria per un periodo da due a sei mesi" sono sostituite dalle seguenti: "sono assoggettati alle sanzioni disciplinari della censura o della sospensione dall'esercizio della professione sanitaria, ai sensi dell'articolo 40 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1950, n. 221";
d) all'articolo 4, comma 1, dopo le parole: "sugli elenchi telefonici" sono inserite le seguenti: "e sugli elenchi generali di categoria";
e) all'articolo 5, comma 4, le parole: "sono sospesi dall'esercizio della professione sanitaria per un periodo da due a sei mesi" sono sostituite dalle seguenti: "sono assoggettati alle sanzioni disciplinari della censura o della sospensione dall'esercizio della professione sanitaria, ai sensi dell'articolo 40 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1950, n. 221";
f) all'articolo 5, dopo il comma 5, sono aggiunti i seguenti:"5-bis. Le inserzioni autorizzate dalla regione per la pubblicità sugli elenchi telefonici possono essere utilizzate per la pubblicità sugli elenchi generali di categoria e, viceversa, le inserzioni autorizzate dalla regione per la pubblicità sugli elenchi generali di categoria possono essere utilizzate per la pubblicità sugli elenchi telefonici.5-ter. Le autorizzazioni di cui al comma 1 sono rinnovate solo qualora siano apportate modifiche al testo originario della pubblicità;"
g) dopo l'articolo 9 è inserito il seguente:"Art. 9-bis. - 1. Gli esercenti le professioni sanitarie di cui all'articolo 1 nonché le strutture sanitarie di cui all'articolo 4 possono effettuare la pubblicità nelle forme consentite dalla presente legge e nel limite di spesa del 5 per cento del reddito dichiarato per l'anno precedente."
Art. 4. Diplomi conseguiti in base alla normativa anteriore a quella di attuazione dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
1 . Fermo restando quanto previsto dal decreto-legge 13 settembre 1996, n. 475, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 novembre 1996, n. 573, per le professioni di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e integrazioni, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione postbase, i diplomi
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e gli attestati conseguiti in base alla precedente normativa, che abbiano permesso l'iscrizione ai relativi albi professionali o l'attività professionale in regime di lavoro dipendente o autonomo o che siano previsti dalla normativa concorsuale del personale del Servizio sanitario nazionale o degli altri comparti del settore pubblico, sono equipollenti ai diplomi universitari di cui al citato articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni ed integrazioni, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione postbase.
2 . Con decreto del Ministro della sanità, d'intesa con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sono stabiliti, con riferimento alla iscrizione nei ruoli nominativi regionali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, allo stato giuridico dei dipendenti degli altri comparti del settore pubblico e privato e alla qualità e durata dei corsi e, se del caso, al possesso di una pluriennale esperienza professionale, i criteri e le modalità per riconoscere come equivalenti ai diplomi universitari, di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni e integrazioni, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione postbase, ulteriori titoli conseguiti conformemente all'ordinamento in vigore anteriormente all'emanazione dei decreti di individuazione dei profili professionali. I criteri e le modalità definiti dal decreto di cui al presente comma possono prevedere anche la partecipazione ad appositi corsi di riqualificazione professionale, con lo svolgimento di un esame finale. Le disposizioni previste dal presente comma non comportano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato né degli enti di cui agli articoli 25 e 27 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
3 . Il decreto di cui al comma 2 è emanato, previo parere delle competenti commissioni parlamentari, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
4 . In fase di prima applicazione, il decreto di cui al comma 2 stabilisce i requisiti per la valutazione dei titoli di formazione conseguiti presso enti pubblici o privati, italiani o stranieri, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione postbase per i profili professionali di nuova istituzione ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e integrazioni.La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addì 26 febbraio 1999SCALFAROD'Alema, Presidente del Consiglio dei MinistriBindi, Ministro della sanitàVisto, il Guardasigilli: Diliberto
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Legge 10 agosto 2000, n. 251
"Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonchè della professione
ostetrica"
Art. 1.
(Professioni sanitarie infermieristichee professione sanitaria ostetrica)
1. Gli operatori delle professioni sanitarie dell’area delle scienze infermieristiche e della professione sanitaria ostetrica svolgono con autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili professionali nonchè dagli specifici codici deontologici ed utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza.
2. Lo Stato e le regioni promuovono, nell’esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di programmazione ed amministrative, la valorizzazione e la responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo delle professioni infermieristico-ostetriche al fine di contribuire alla realizzazione del diritto alla salute, al processo di aziendalizzazione nel Servizio sanitario nazionale, all’integrazione dell’organizzazione del lavoro della sanità in Italia con quelle degli altri Stati dell’Unione europea. 3. Il Ministero della sanità, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana linee guida per:
a) l’attribuzione in tutte le aziende sanitarie della diretta responsabilità e gestione delle attività di assistenza infermieristica e delle connesse funzioni;
b) la revisione dell’organizzazione del lavoro, incentivando modelli di assistenza personalizzata.
Art. 2.
(Professioni sanitarie riabilitative)
1. Gli operatori delle professioni sanitarie dell’area della riabilitazione svolgono con titolarità e autonomia professionale, nei confronti dei singoli individui e della collettività, attività dirette alla prevenzione, alla cura, alla riabilitazione e a procedure di valutazione funzionale, al fine di espletare le competenze proprie previste dai relativi profili professionali.
2. Lo Stato e le regioni promuovono, nell’esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di programmazione ed amministrative, lo sviluppo e la valorizzazione delle funzioni delle professioni sanitarie dell’area della riabilitazione, al fine di contribuire, anche attraverso la diretta responsabilizzazione di funzioni organizzative e didattiche, alla realizzazione del diritto alla salute del cittadino, al processo di aziendalizzazione e al miglioramento della qualità organizzativa e professionale nel Servizio sanitario nazionale, con l’obiettivo di una integrazione omogenea con i servizi sanitari e gli ordinamenti degli altri Stati dell’Unione europea.
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Art. 3.
(Professioni tecnico-sanitarie)
1. Gli operatori delle professioni sanitarie dell’area tecnico-diagnostica e dell’area tecnico-assistenziale svolgono, con autonomia professionale, le procedure tecniche necessarie alla esecuzione di metodiche diagnostiche su materiali biologici o sulla persona, ovvero attività tecnico-assistenziale, in attuazione di quanto previsto nei regolamenti concernenti l’individuazione delle figure e dei relativi profili professionali definiti con decreto del Ministro della sanità.
2. Lo Stato e le regioni promuovono, nell’esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di programmazione ed amministrative, lo sviluppo e la valorizzazione delle funzioni delle professioni sanitarie dell’area tecnico-sanitaria, al fine di contribuire, anche attraverso la diretta responsabilizzazione di funzioni organizzative e didattiche, al diritto alla salute del cittadino, al processo di aziendalizzazione e al miglioramento della qualità organizzativa e professionale nel Servizio sanitario nazionale con l’obiettivo di una integrazione omogenea con i servizi sanitari e gli ordinamenti degli altri Stati dell’Unione europea.
Art. 4.
(Professioni tecniche della prevenzione)
1. Gli operatori delle professioni tecniche della prevenzione svolgono con autonomia tecnico-professionale attività di prevenzione, verifica e controllo in materia di igiene e sicurezza ambientale nei luoghi di vita e di lavoro, di igiene degli alimenti e delle bevande, di igiene e sanità pubblica e veterinaria. Tali attività devono comunque svolgersi nell’ambito della responsabilità derivante dai profili professionali.
2. I Ministeri della sanità e dell’ambiente, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emanano linee guida per l’attribuzione in tutte le aziende sanitarie e nelle agenzie regionali per l’ambiente della diretta responsabilità e gestione delle attività di competenza delle professioni tecniche della prevenzione.
Art. 5.
(Formazione universitaria)
1. Il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro della sanità, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, individua con uno o più decreti i criteri per la disciplina degli ordinamenti didattici di specifici corsi universitari ai quali possono accedere gli esercenti le professioni di cui agli articoli 1,2,3 e 4 della presente legge, in possesso di diploma universitario o di titolo equipollente per legge.
2. Le università nelle quali è attivata la scuola diretta a fini speciali per docenti e dirigenti di assistenza infermieristica sono autorizzate alla progressiva disattivazione della suddetta scuola contestualmente alla attivazione dei corsi universitari di cui al comma 1.
Art. 6.
(Definizione delle professioni e dei relativi livelli di inquadramento)
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1. Il Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, acquisiti i pareri del Consiglio superiore di sanità e del comitato di medicina del Consiglio universitario nazionale, include le diverse figure professionali esistenti o che saranno individuate successivamente in una delle fattispecie di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4.
2. Il Governo, con atto regolamentare emanato ai sensi dell’articolo 18, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come sostituito dall’articolo 19 del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, definisce la disciplina concorsuale, riservata al personale in possesso degli specifici diplomi rilasciati al termine dei corsi universitari di cui all’articolo 5, comma 1, della presente legge, per l’accesso ad una nuova qualifica unica di dirigente del ruolo sanitario, alla quale si accede con requisiti analoghi a quelli richiesti per l’accesso alla dirigenza del Servizio sanitario nazionale di cui all’articolo 26 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29. Le regioni possono istituire la nuova qualifica di dirigente del ruolo sanitario nell’ambito del proprio bilancio, operando con modificazioni compensative delle piante organiche su proposta delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere.
Art. 7.
(Disposizioni transitorie)
1. Al fine di migliorare l’assistenza e per la qualificazione delle risorse le aziende sanitarie possono istituire il servizio dell’assistenza infermieristica ed ostetrica e possono attribuire l’incarico di dirigente del medesimo servizio. Fino alla data del compimento dei corsi universitari di cui all’articolo 5 della presente legge l’incarico, di durata triennale rinnovabile, è regolato da contratti a tempo determinato, da stipulare, nel limite numerico indicato dall’articolo 15-septies, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall’articolo 13 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, dal direttore generale con un appartenente alle professioni di cui all’articolo 1 della presente legge, attraverso idonea procedura selettiva tra i candidati in possesso di requisiti di esperienza e qualificazione professionale predeterminati. Gli incarichi di cui al presente articolo comportano l’obbligo per l’azienda di sopprimere un numero pari di posti di dirigente sanitario nella dotazione organica definita ai sensi della normativa vigente. Per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche si applicano le disposizioni del comma 4 del citato articolo 15-septies. Con specifico atto d’indirizzo del Comitato di settore per il comparto sanità sono emanate le direttive all’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) per la definizione, nell’ambito del contratto collettivo nazionale dell’area della dirigenza dei ruoli sanitario, amministrativo, tecnico e professionale del Servizio sanitario nazionale, del trattamento economico dei dirigenti nominati ai sensi del presente comma nonchè delle modalità di conferimento, revoca e verifica dell’incarico.
2. Le aziende sanitarie possono conferire incarichi di dirigente, con modalità analoghe a quelle previste al comma 1, per le professioni sanitarie di cui alla legge 26 febbraio 1999, n. 42, nelle regioni nelle quali sono emanate norme per l’attribuzione della funzione di direzione relativa alle attività della specifica area professionale. 3. La legge regionale che disciplina l’attività e la composizione del Collegio di direzione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, prevede la partecipazione al medesimo Collegio dei dirigenti aziendali di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo.
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Legge 1 febbraio 2006, n. 43
"Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali"
ART. 1.(Definizione).
1. Sono professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione, quelle previste ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, e del decreto del Ministro della sanità 29 marzo 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 118 del 23 maggio 2001, i cui operatori svolgono, in forza di un titolo abilitante rilasciato dallo Stato, attività di prevenzione, assistenza, cura o riabilitazione.
2. Resta ferma la competenza delle regioni nell'individuazione e formazione dei profili di operatori di interesse sanitario non riconducibili alle professioni sanitarie come definite dal comma 1.
3. Le norme della presente legge si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano in quanto compatibili con i rispettivi statuti speciali e le relative norme di attuazione.
ART. 2.(Requisiti).
1. L'esercizio delle professioni sanitarie di cui all'articolo 1, comma 1, è subordinato al conseguimento del titolo universitario rilasciato a seguito di esame finale con valore abilitante all'esercizio della professione. Tale titolo universitario è definito ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera c), è valido sull'intero territorio nazionale nel rispetto della normativa europea in materia di libera circolazione delle professioni ed è rilasciato a seguito di un percorso formativo da svolgersi in tutto o in parte presso le aziende e le strutture del Servizio sanitario nazionale, inclusi gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), individuate dalle regioni, sulla base di appositi protocolli d'intesa tra le stesse e le università, stipulati ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni. Fermo restando il titolo universitario abilitante, il personale del servizio sanitario militare, nonché quello addetto al comparto sanitario del Corpo della guardia di finanza, può svolgere il percorso formativo presso le strutture del servizio stesso, individuate con decreto del Ministro della salute, che garantisce la completezza del percorso formativo. Per il personale addetto al settore sanitario della Polizia di Stato, alle medesime condizioni, il percorso formativo può essere svolto presso le stesse strutture della Polizia di Stato, individuate con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro della salute, che garantisce la completezza del percorso formativo.
2. Gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea di cui al comma 1 sono definiti con uno o più decreti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni. L'esame di laurea ha valore di esame di Stato abilitante all'esercizio della professione. Dall'applicazione delle disposizioni di cui al presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le
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università possono procedere alle eventuali modificazioni dell'organizzazione didattica dei corsi di laurea già esistenti, ovvero all'istituzione di nuovi corsi di laurea, nei limiti delle risorse a tal fine disponibili nei rispettivi bilanci.
3. L'iscrizione all'albo professionale è obbligatoria anche per i pubblici dipendenti ed è subordinata al conseguimento del titolo universitario abilitante di cui al comma 1, salvaguardando comunque il valore abilitante dei titoli già riconosciuti come tali alla data di entrata in vigore della presente legge.
4. L'aggiornamento professionale è effettuato secondo modalità identiche a quelle previste per la professione medica.
5. All'articolo 3-bis, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ", ovvero espletamento del mandato parlamentare di senatore o deputato della Repubblica nonché di consigliere regionale".
6. All'articolo 16-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
"2-bis. I laureati in medicina e chirurgia e gli altri operatori delle professioni sanitarie, obbligati ai programmi di formazione continua di cui ai commi 1 e 2, sono esonerati da tale attività formativa limitatamente al periodo di espletamento del mandato parlamentare di senatore o deputato della Repubblica nonché di consigliere regionale".
ART. 3.(Istituzione degli ordini delle professioni sanitarie).
1. In ossequio all'articolo 32 della Costituzione e in conseguenza del riordino normativo delle professioni sanitarie avviato, in attuazione dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, e dal decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, nonché delle riforme degli ordinamenti didattici adottate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al fine di adeguare il livello culturale, deontologico e professionale degli esercenti le professioni in ambito sanitario a quello garantito negli Stati membri dell'Unione europea, la presente legge regolamenta le professioni sanitarie di cui all'articolo 1, nel rispetto dei diversi iter formativi, anche mediante l'istituzione dei rispettivi ordini ed albi, ai quali devono accedere gli operatori delle professioni sanitarie esistenti, nonché di quelle di nuova configurazione.
ART. 4.(Delega al Governo per l'istituzione degli ordini ed albi professionali).
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi al fine di istituire, per le professioni sanitarie di cui all'articolo 1, comma 1, i relativi ordini professionali, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, nel rispetto delle competenze delle regioni e sulla base dei seguenti princípi e criteri direttivi:
a) trasformare i collegi professionali esistenti in ordini professionali, salvo quanto previsto alla lettera b) e ferma restando, ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, e del citato decreto del Ministro della sanità 29 marzo 2001, l'assegnazione
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della professione dell'assistente sanitario all'ordine della prevenzione, prevedendo l'istituzione di un ordine specifico, con albi separati per ognuna delle professioni previste dalla legge n. 251 del 2000, per ciascuna delle seguenti aree di professioni sanitarie: area delle professioni infermieristiche; area della professione ostetrica; area delle professioni della riabilitazione; area delle professioni tecnico-sanitarie; area delle professioni tecniche della prevenzione;
b) aggiornare la definizione delle figure professionali da includere nelle fattispecie di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto 2000, n. 251, come attualmente disciplinata dal decreto ministeriale 29 marzo 2001;
c) individuare, in base alla normativa vigente, i titoli che consentano l'iscrizione agli albi di cui al presente comma;
d) definire, per ciascuna delle professioni di cui al presente comma, le attività il cui esercizio sia riservato agli iscritti agli ordini e quelle il cui esercizio sia riservato agli iscritti ai singoli albi;
e) definire le condizioni e le modalità in base alle quali si possa costituire un unico ordine per due o più delle aree di professioni sanitarie individuate ai sensi della lettera a);
f) definire le condizioni e le modalità in base alle quali si possa costituire un ordine specifico per una delle professioni sanitarie di cui al presente comma, nell'ipotesi che il numero degli iscritti al relativo albo superi le ventimila unità, facendo salvo, ai fini dell'esercizio delle attività professionali, il rispetto dei diritti acquisiti dagli iscritti agli altri albi dell'ordine originario e prevedendo che gli oneri della costituzione siano a totale carico degli iscritti al nuovo ordine;
g) prevedere, in relazione al numero degli operatori, l'articolazione degli ordini a livello provinciale o regionale o nazionale;
h) disciplinare i princípi cui si devono attenere gli statuti e i regolamenti degli ordini neocostituiti;
i) prevedere che le spese di costituzione e di funzionamento degli ordini ed albi professionali di cui al presente articolo siano poste a totale carico degli iscritti, mediante la fissazione di adeguate tariffe;
l) prevedere che, per gli appartenenti agli ordini delle nuove categorie professionali, restino confermati gli obblighi di iscrizione alle gestioni previdenziali previsti dalle disposizioni vigenti.
2. Gli schemi dei decreti legislativi predisposti ai sensi del comma 1, previa acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che sono resi entro quaranta giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora il termine previsto per i pareri dei competenti organi parlamentari scada nei trenta giorni che precedono o seguono la scadenza del termine di cui al comma 1, quest'ultimo s'intende automaticamente prorogato di novanta giorni.
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ART. 5.(Individuazione di nuove professioni in ambito sanitario).
1. L'individuazione di nuove professioni sanitarie da ricomprendere in una delle aree di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto 2000, n. 251, il cui esercizio deve essere riconosciuto su tutto il territorio nazionale, avviene in sede di recepimento di direttive comunitarie ovvero per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari regionali, che non trovano rispondenza in professioni già riconosciute.
2. L'individuazione è effettuata, nel rispetto dei princípi fondamentali stabiliti dalla presente legge, mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
3. L'individuazione è subordinata ad un parere tecnico-scientifico, espresso da apposite commissioni, operanti nell'ambito del Consiglio superiore di sanità, di volta in volta nominate dal Ministero della salute, alle quali partecipano esperti designati dal Ministero della salute e dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e i rappresentanti degli ordini delle professioni di cui all'articolo 1, comma 1, senza oneri a carico della finanza pubblica. A tal fine, la partecipazione alle suddette commissioni non comporta la corresponsione di alcuna indennità o compenso né rimborso spese.
4. Gli accordi di cui al comma 2 individuano il titolo professionale e l'ambito di attività di ciascuna professione.
5. La definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni avviene evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le specializzazioni delle stesse.
ART. 6.(Istituzione della funzione di coordinamento).
1. In conformità all'ordinamento degli studi dei corsi universitari, disciplinato ai sensi dell'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni, il personale laureato appartenente alle professioni sanitarie di cui all'articolo 1, comma 1, della presente legge, è articolato come segue:
a) professionisti in possesso del diploma di laurea o del titolo universitario conseguito anteriormente all'attivazione dei corsi di laurea o di diploma ad esso equipollente ai sensi dell'articolo 4 della legge 26 febbraio 1999, n. 42;
b) professionisti coordinatori in possesso del master di primo livello in management o per le funzioni di coordinamento rilasciato dall'università ai sensi dell'articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, e dell'articolo 3, comma 9, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270;
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c) professionisti specialisti in possesso del master di primo livello per le funzioni specialistiche rilasciato dall'università ai sensi dell'articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, e dell'articolo 3, comma 9, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270;
d) professionisti dirigenti in possesso della laurea specialistica di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 2 aprile 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, e che abbiano esercitato l'attività professionale con rapporto di lavoro dipendente per almeno cinque anni, oppure ai quali siano stati conferiti incarichi dirigenziali ai sensi dell'articolo 7 della legge 10 agosto 2000, n. 251, e successive modificazioni.
2. Per i profili delle professioni sanitarie di cui al comma 1 può essere istituita la funzione di coordinamento, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tal fine, l'eventuale conferimento di incarichi di coordinamento ovvero di incarichi direttivi comporta per le organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie pubbliche interessate, ai sensi dell'articolo 7 della legge 10 agosto 2000, n. 251, l'obbligo contestuale di sopprimere nelle piante organiche di riferimento un numero di posizioni effettivamente occupate ed equivalenti sul piano finanziario.
3. I criteri e le modalità per l'attivazione della funzione di coordinamento in tutte le organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private sono definiti, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con apposito accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Ministro della salute e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
4. L'esercizio della funzione di coordinamento è espletato da coloro che siano in possesso dei seguenti requisiti:
a) master di primo livello in management o per le funzioni di coordinamento nell'area di appartenenza, rilasciato ai sensi dell'articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, e dell'articolo 3, comma 9, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270;
b) esperienza almeno triennale nel profilo di appartenenza.
5. Il certificato di abilitazione alle funzioni direttive nell'assistenza infermieristica, incluso quello rilasciato in base alla pregressa normativa, è valido per l'esercizio della funzione di coordinatore.
6. Il coordinamento viene affidato nel rispetto dei profili professionali, in correlazione agli ambiti ed alle specifiche aree assistenziali, dipartimentali e territoriali.
7. Le organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche e private, nelle aree caratterizzate da una determinata specificità assistenziale, ove istituiscano funzioni di coordinamento ai sensi del comma 2, affidano il coordinamento allo specifico profilo professionale.
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ART. 7.(Disposizioni finali).
1. Alle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione già riconosciute alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi le disposizioni contenute nelle rispettive fonti di riconoscimento, salvo quanto previsto dalla presente legge.
2. Con il medesimo procedimento di cui all'articolo 6, comma 3, della presente legge, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previa acquisizione del parere degli ordini professionali delle professioni interessate, si può procedere ad integrazioni delle professioni riconosciute ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
3. La presente legge non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
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