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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO Dipartimento di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea in INFERMIERISTICA TESI DI LAUREA in L’ASSISTENZA INFERMIERISTICA E L’IMPORTANZA DELLA VALUTAZIONE CINEMATICA IN AMBITO EXTRAOSPEDALIERO Anno Accademico 2014/2015 Relatore: Candidato/a Ch. Prof./Dr Formisano Aniello Viciconte Michele Matr.:1012100094 1

Dipartimento di Medicina e Chirurgia - infermieritalia.com · poter risalire alle cause dell’eventuale incidente o dell’evento acuto di cui sono testimoni, inoltre spesso ci si

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO Dipartimento di Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea in INFERMIERISTICA

TESI DI LAUREA in

L’ASSISTENZA INFERMIERISTICA E L’IMPORTANZA DELLA VALUTAZIONE CINEMATICA IN AMBITO

EXTRAOSPEDALIERO

Anno Accademico 2014/2015

Relatore: Candidato/aCh. Prof./Dr Formisano Aniello

Viciconte Michele Matr.:1012100094

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INDICE

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Introduzione 6 ................................................................................................................

CAPITOLO 1

Centrale Operativa 118 8 ..............................................................................................1.1 Mezzi di soccorso 11 ..............................................................................................

1.2 La sicurezza dell’equipe 11 ....................................................................................

CAPITOLO 2

Politrauma 13 .................................................................................................................2.1 Nozioni generali sul politrauma 14 ........................................................................

2.2 Assistenza al paziente traumatizzato 15 .................................................................

2.2.1 Anticipazione (preparazione equipe) 15 .......................................................

2.2.2 Valutazione della scena (sicurezza) 15 .........................................................

2.2.3 Strategie d’azione 16 ....................................................................................

2.2.4 Primary Survey 16 ........................................................................................

2.2.4.1 A (Airways & Cervical Spine) 16 ........................................................

2.2.4.2 B (Breathing) 18 .................................................................................

2.2.4.3 C (Circulation) 19 ................................................................................

2.2.4.4 D (Disability) 21 ..................................................................................

2.2.4.5 E (Exposure) 22 ...................................................................................

2.2.5 Secondary Survey 22 ....................................................................................

CAPITOLO 3

L’importanza della Valutazione Cinematica 23 .......................................................... 3.1 Nozioni di Cinematica 24 .....................................................................................

3.2 Leggi dell’Energia e del Moto 24 .........................................................................

3.3 Cavitazione 25 ......................................................................................................

3.4 Trauma chiuso e trauma penetrante 26 .................................................................

3.5 L’Utilizzo della cinematica nella valutazione del paziente 26 ..............................

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3.5.1 Traumi legati al capo 27 ................................................................................

3.5.2 Traumi legati al rachide cervicale 29 ............................................................

3.5.3 Traumi legati al Torace 30 ............................................................................

3.5.4 Traumi legati all’addome 31 .........................................................................

3.6 Collisione tra veicoli 32 .......................................................................................

3.6.1 Impatto frontale 32 ........................................................................................

3.6.1.1 Traiettoria “su di sopra” 33 ..................................................................

3.6.1.2 Traiettoria “giù di sotto” 33 ................................................................

3.6.2 Tamponamento 34 .........................................................................................

3.6.3 Impatto laterale 35 ........................................................................................

3.6.4 Impatto con rotazione del veicolo 36 ............................................................

3.6.5 Capottamento 36 ...........................................................................................

3.7 Caduta dall’alto 37 ................................................................................................

CAPITOLO 4

Presidi di immobilizzazione e trasporto 38 .................................................................4.1 Nozioni di base sull’immobilizzazione 39 .............................................................

4.2 Presidi 39 ...............................................................................................................

4.2.1 Collare cervicale 39 ......................................................................................

4.2.2 Corsetto estricatore (KED) 41 ......................................................................

4.2.3 Tavola Spinale 42 ..........................................................................................

4.2.4 Steccobende 43 .............................................................................................

4.2.5 Barella a cucchiaio 45 ...................................................................................

4.2.6 Materasso a depressione 45 ..........................................................................

4.2.7 Telo isotermico 46 .........................................................................................

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Conclusioni 47 ................................................................................................................

Bibliografia 49 ................................................................................................................

Sitografia 51 ...................................................................................................................

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INTRODUZIONE

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Prendendo in considerazione i dati prodotti dall’ISTAT possiamo notare che gli

incidenti stradali e quelli sul lavoro negli ultimi anni sono andati via via diminuendo

anche grazie al progresso compiuto in termini di sicurezza e le innumerevoli norme

in materia di prevenzione, ciò nonostante resta elevato il numero di morti e i feriti.

In caso di incidente diviene di fondamentale importanza il primo soccorso che ha

inizio grazie all’attivazione della centrale operativa e prosegue con l’invio sul posto

dei vari mezzi di soccorso. La rapidità d’azione è fondamentale per evitare danni

permanenti o morte della vittima, circa il 30% dei decessi infatti avviene entro un ora

dall’incidente (emorragie, pneumotorace, rottura di milza e fegato) ed è proprio per

questo motivo che si cerca di agire in quell’intervallo di tempo, denominato Golden

Hour, nel quale vi è la più alta probabilità che un pronto intervento possa evitare la

morte del malcapitato.

Nonostante ciò la tempestività non è tutto, vanno infatti eseguite alcune valutazioni

prima di intervenire onde evitare spiacevoli imprevisti e ulteriori persone da mettere

in salvo. Va quindi effettuata prima una valutazione della scena, e in caso di bisogno

una messa in sicurezza della stessa. Inoltre va assegnato un ruolo di grande

importanza alla valutazione cinematica col quale andiamo ad applicare la fisica

all’incidente per determinarne la dinamica, consentendo l’identificazione delle

probabili lesioni delle persone coinvolte ed eseguire un adeguato soccorso.

L’idea di una tesi basata sull’assistenza extra-ospedaliera nasce principalmente dalla

voglia di essere in prima linea nella salvaguardia della vita delle persone e per quanto

riguarda la valutazione cinematica credo rappresenti uno dei metodi fondamentali per

la rapida identificazione delle lesioni influenzando significativamente la possibilità

di sopravvivenza delle persone coinvolte nell’incidente.

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CAPITOLO 1

La Centrale Operativa

118

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Il 118 è il numero utilizzato in Italia in caso di emergenza e serve per mettersi in

contatto con la centrale operativa, composta da infermieri, medici, tecnici e mezzi di

soccorso che vengono attivati sul territorio in risposta alle richieste di soccorso.

Gestione ed organizzazione del servizio possono essere di competenza regionale,

provinciale o deputata alle singole aziende sanitarie locali.

La chiamata al 118 è una chiamata di tipo gratuita, smistata automaticamente alla

centrale operativa competente territorialmente alla zona fisica dove si trova il

chiamante.

Nell’emergenza il ruolo dell’infermiere, con l’istituzione del numero unico 118 in

base al DPR del 27/03/1992 il cosiddetto “Decreto 118”, inizia a subire un profondo

cambiamento.

L’articolo 4 comma 2 così recita:

“La Centrale Operativa è attiva per 24 ore al giorno e si avvale di personale

Infermieristico adeguatamente addestrato,nonché di competenze mediche di

appoggio. Queste devono essere immediatamente consultabili e sono assicurate

nominativamente, anche a rotazione, da medici dipendenti con esperienza nel

settore dell’urgenza ed emergenza e da medici del servizio di guardia medica di cui

all’art.22 dell’accordo collettivo nazionale per la regolamentazione dei rapporti con

i medici addetti al servizio di guardia medica e di emergenza territoriale, reso

esecutivo con decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 1991, n. 41. La

responsabilità operativa è affidata al personale infermieristico professionale della

centrale, nell’ambito dei protocolli decisi dal medico responsabile della centrale

operativa.”

Nelle centrali operative Medici e Infermieri sono il primo e unico contatto telefonico

che ha l’utente in una situazione di emergenza, il loro compito è garantire il

coordinamento di tutti gli interventi di Soccorso Sanitario nell’ambito territoriale di

riferimento e di attivare la risposta ospedaliera 24 ore su 24 . Così come definito

dalla normativa vigente, l’infermiere idoneo a prestare servizio nella centrale

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operativa è il professionista che ha esperienza nell’area critica, o che ha svolto corsi

di formazione nel settore dell’emergenza. L’infermiere di Centrale Operativa è un

incarico di grande responsabilità che richiede particolari capacità. Infatti rispondere a

una chiamata di emergenza non è affatto semplice e non può essere un compito

demandabile ad un semplice centralinista. Spesso infatti al telefono si trovano

persone in preda al panico con i quali è importante osservare alcuni accorgimenti per

poter risalire alle cause dell’eventuale incidente o dell’evento acuto di cui sono

testimoni, inoltre spesso ci si può trovare al telefono con persone affette da un

malore, che con le loro ultime forze chiamano il 118 per chiedere aiuto. E’

importante quindi conoscere i protocolli per riconoscere tempestivamente l’evento e

abbinargli un codice colore in base alla gravità dello stesso e attivare così il mezzo

più idoneo.

E’ di fondamentale importanza che l’infermiere di Centrale operativa:

- individui il luogo dell’evento, registrando ogni possibile riferimento che ne

semplifichi la localizzazione compreso il numero di telefono dell’utente.

- definisca il tipo di intervento da effettuare, e presti attenzione alle dinamiche in

cui può servire la cooperazione con forze dell’ordine o Vigili del Fuoco.

- si informi delle condizioni cliniche e dell’età delle persone coinvolte

- identifichi il sintomo principale ovvero il motivo della chiamata ed eventuali

sintomi definiti prioritari.

Fatto ciò l’infermiere stabilisce un codice colore e parallelamente all’invio dei mezzi

di soccorso, nelle situazioni più critiche, può se l’utente al telefono è disposto a

collaborare, fornirgli informazioni circa le manovre pre-arrivo basilari, da effettuare

in attesa dell’arrivo del soccorso. questo consente di abbreviare i tempi d’attesa e

migliorare l’esito.

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1.1 Mezzi di soccorso

In base al tipo di chiamata l’infermiere sceglierà il mezzo più idoneo da inviare sul

posto. In Italia la classificazione delle ambulanze è regolamentata dal Decreto del

ministero de trasporti e della Navigazione n. 533 del 17 dicembre 1987. Il decreto

individua due tipologie di ambulanza:

- tipo A: definita “Autoambulanza di Soccorso”, attrezzata per il trasporto di infermi

o infortunati e per il servizio di emergenza sanitaria territoriale, dotata di specifiche

attrezzature di assistenza.

- tipo A1 “Autoambulanza di soccorso trasformabile in Unità Mobile di Terapia

Intensiva”, ossia attrezzata con elettromedicali e attrezzature di assistenza avanzata

per pazienti critici, al pari di un reparto ospedaliero di Terapia Intensiva.

- tipo B: definita “Autoambulanza di Trasporto”, attrezzata per il trasporto di infermi

o infortunati, con eventuale dotazione di semplici attrezzature di assistenza.

Le Autoambulanze di soccorso, in base all’equipaggio si dividono ulteriormente in:

- Mezzo di Soccorso di Base (MSB) formato solamente da soccorritori laici.

- Mezzo di Soccorso Avanzato di Base (MSAB) con a bordo anche personale

infermieristico.

- Mezzo di Soccorso Avanzato (MSA) con a bordo anche personale medico

1.2 La sicurezza dell’equipe

Una volta definito il codice colore e inviato il mezzo più idoneo tocca all’equipaggio

dell’ambulanza. Innanzitutto va identificata una figura di riferimento (LEADER),

riconosciuta e condivisa da tutti, che deve coordinare il soccorso, prendere decisioni

immediate, mantenere la calma e dimostrare continuamente padronanza delle

procedure. Il leader deve, inoltre, possedere notevole esperienza, tale da poter

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gestire situazioni diverse, anche le più imprevedibili. La sicurezza dei sanitari è

fondamentale a partire dall’abbigliamento utilizzato in ambulanza che è molto

diverso da quello utilizzato nelle strutture ospedaliere è infatti studiato in modo da

proteggere al meglio il sanitario durante il proprio lavoro ed è composto da scarpe

antinfortunistiche, divisa ignifuga traspirante e idrorepellente con barra

catarifrangente, caschi, guanti, occhiali e maschera. Questi dispositivi servono per

prevenire rischi di tipo:

- Biologico, qualsiasi elemento biologico di qualsiasi provenienza è da ritenersi

infetto (sangue, feci, liquido seminale, saliva…)

- Chimico, ovvero il rischio derivante dalla contaminazione di sostanze chimiche

(incidenti con autocisterne coinvolte, fumi sprigionati da incendi, interventi su siti

industriali…)

- Fisico, è quel rischio che mette in pericolo la nostra integrità fisica (radiazioni ,

elettricità, incendi, ambienti molto caldi o molto freddi…)

Una volta arrivati sul luogo dell’incidente, il primo passo è quello della valutazione

della scena (AUTOPROTEZIONE). In questa prima fase è importante riconoscere le

situazioni di pericolo ed avvicinarsi al paziente solo a scena sicura, infatti un

soccorritore ferito intralcia solo i soccorsi. La cronaca riporta numerosi casi in cui

l’imperizia nella gestione della sicurezza della scena ha causato un danno, agli

astanti e agli stessi soccorritori. I rischi da tenere conto possono essere di vario tipo,

in un incidente stradale ad esempio bisogna tener conto del fuoco, delle sostanze

pericolose, del traffico, del materiale sparso sulla scena e così via. Dopo un attenta

valutazione è importante che la scena venga messa in sicurezza per fare questo i

soccorritori possono o agire da soli, ad esempio posizionando l’ambulanza dinanzi

all’incidente con i lampeggianti e le 4 frecce accese così da deviare le auto in

transito, oppure si può chiedere aiuto alle forze dell’ordine e/o ai vigili del fuoco i

quali dopo aver agito per mettere in sicurezza la scena lasciano via libera al

personale sanitario che completa il proprio lavoro.

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CAPITOLO 2

Il Politrauma

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2.1 Nozioni generali sul Politrauma

Per Politrauma, intendiamo la presenza di lesioni traumatiche gravi a carico di 2 o

più distretti del corpo, in cui si verifica una complessa condizione patologica

(compromissione più o meno grave delle funzioni vitali) dipendente sia dalle ferite

direttamente provocate dall’agente traumatico , sia dallo shock conseguente al

sanguinamento interno o esterno.

È una patologia sempre più comune che rappresenta la prima causa di morte sotto i

40 anni, la causa principale della perdita della vita lavorativa, inoltre comporta un

grande quantitativo di invalidi permanenti e rappresenta un costo sociale maggiore di

quello per malattie neoplastiche e cardiovascolari.

Nel politrauma le lesioni si dividono in 5 territori:

- Testa e collo: presenti nel 50-60% dei casi, sono la causa più frequente di morte e

invalidità.

- Torace: presenti nel 10-50% dei casi.

- Addome: presenti nel 5-25% dei casi.

- Colonna vertebrale: presenti nel 5-25% dei casi.

- Bacino e arti: presenti nel 50-70% dei casi.

Le lesioni traumatiche possono interagire tra di loro dando origine ad alcune

complicanze:

- Effetto di Sommazione: alcune lesioni non mortali, se considerate singolarmente,

possono diventarlo per la sommazione dei loro effetti

- Effetto di Mascheramento: una lesione può mascherarne un’altra, determinando un

ritardo nella diagnosi e nel trattamento.

- Effetto di Amplificazione: una lesione può amplificarne altre innescando un circolo

vizioso

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Nei pazienti politraumatizzati la morte può pervenire secondo 3 picchi:

- 1° Picco (secondi o minuti) Morte Immediata, questa si verifica a causa della

rottura del cuore, dei grossi vasi oppure per lacerazione del tronco encefalico

- 2° Picco (Golden Hour) Morte Precoce, in questo caso la morte si verifica a causa

di Emo-Pneumotorace, shock emorragico, rottura di fegato e milza, ipossiemia o

ematoma extradurale.

- 3° Picco (giorni o settimane) Morte Tardiva, questa si verifica in caso di Sepsi o

insufficienza acuta multiorgano

La Maggior parte delle morti evitabili sono quelle derivanti dal secondo picco,

soprattuto migliorando la qualità del soccorso preospedaliero e cercando di prestare

soccorso in quel periodo di tempo detto “Golden Hour”.

2.2 Assistenza al paziente traumatizzato L’approccio al paziente traumatizzato è analogo a quello di un paziente critico quindi

inizialmente andrà valutata la coscienza la presenza del respiro e la presenza del

circolo. Nel caso delle funzioni vitali assenti le vittime saranno sottoposte a RCP

(BLS-D) con indicazione imperativa di immobilizzazione del rachide cervicale. In

caso di traumi con vittime che non necessitano di RCP il metodo d’azione sarà il

seguente:

2.2.1 Anticipazione (preparazione equipe): abbiamo due tipo di anticipazione la

prima è quella iniziale ovvero la verifica del materiale e il funzionamento di tutto lo

strumentario e la seconda alla chiamata nella quale si effettua la distribuzione dei

compiti, la condivisione dell’evento, e l’indossamento dei dispositivi di protezione

individuale.

2.2.2 Valutazione della Scena (sicurezza): come già spiegato nel capitolo precedente

la valutazione della scena è fondamentale per la sicurezza dei soccorritori ed evitare

ulteriori vittime.

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2.2.3 Strategie d’Azione: La strategia d’azione può essere di due tipi

- Scoop and Run: questa strategia prevede di effettuare pochissime manovre

essenziali sul campo, caricare sul mezzo di soccorso e recarsi velocemente verso

l’ospedale.

- Stay and Play: in questa strategia invece, il personale preospedaliero stabilizza il

paziente sul campo, effettua tutte le manovre e le indagini possibili, e poi si dirige

verso l’ospedale.

2.2.4 Primary Survey: si basa principalmente su 3 punti:

- Identificazione delle condizioni di pericolo

- Trattamento delle condizioni di pericolo

- Rivalutazione continua dei punti precedenti

La tecnica utilizzata per il Primary Survey è quella dell’A B C D E:

2.2.4.1 A (Airways & Cervical Spine): in questa prima operazione si va a controllare

la pervietà delle vie aeree e in caso di ostruzione si cerca di aprirle per permettere

alla vittima di respirare (l’asfissia uccide in pochi minuti), prima di fare qualsiasi

cosa bisogna immobilizzare correttamente il rachide cervicale per cautelarsi da

eventuali lesioni che possano compromettere il midollo spinale (il collare cervicale

va sempre applicato a tutti i pazienti traumatizzati), va inoltre allertata la centrale 118

se vengono identificate condizioni di pericolo quali traumi facciali con emorragia

profusa, ematomi pulsanti del collo, edemi delle prime vie aeree, vomito in pazienti

con coscienza ridotta, enfisema sottocutaneo al collo, segni di inalazione

nell’ustionato, respiro rumoroso.

È opportuno ricordare che nel paziente traumatizzato, l'iperestensione del capo non

va mai eseguita, va invece effettuata la sublussazione mandibolare che consiste in

una manovra che determina lo spostamento diretto, in avanti e in alto, degli angoli

della mandibola del paziente, permettendo così di bloccarla senza dover mantenere

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manualmente la bocca aperta, in modo da ottenere il costante controllo della pervietà

delle vie aeree e favorire la respirazione e\o il supporto artificiale alla stessa. Un

ottimo presidio da utilizzare potrebbe essere la cannula oro-faringeo (Guedel), che

serve per garantire la pervietà delle vie aeree e impedisce che la lingua possa andare

ad ostruire il passaggio dell’aria verso i polmoni. Ne esistono di varie misure così da

permettere alla parte finale della cannula di posizionarsi esattamente tra le tonsille

palatine. Per scegliere la

misura adatta si posiziona un

lato della cannula sul lobo

dell'orecchio del paziente e si

controlla che l’altro lato

a r r i v i p e r f e t t a m e n t e

all’angolo della bocca. La

cannula va inserita solo e

soltanto in pazienti incoscienti in quanto, se usata in pazienti coscienti, il paziente

reagisce con l'espulsione della cannula, con conati di vomito e tosse inoltre, nel caso

di paziente incosciente e/o in arresto cardiocircolatorio, l'espulsione della cannula di

Guedel e quindi, il ritorno del riflesso esofageo, viene visto come un segno di circolo

che interrompe la pratica del BLS e attiva la rivalutazione dei parametri vitali.

Per posizionare la cannula oro-faringea:

1. inserire la cannula della giusta misura con la concavità

rivolta verso il palato del soggetto;

2. eseguire una rotazione di 180° della cannula, spingendo

delicatamente verso il basso e "caricando" la lingua, fino al

completo posizionamento.

3. fissare la cannula con un bendino.

In alcuni casi è preferibile invece utilizzare la cannula

rinofaringea, essa va inserita attraverso la narice e fatta

procedere fino al retrofaringe, in prossimità della laringe, con lo scopo di mantenere

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la lingua in una posizione tale da impedire che questa occluda le vie aeree e , nello

stesso tempo, creare una via che colleghi direttamente le narici con l’adito laringeo.

Può essere utilizzata anche nei pazienti non profondamente incoscienti, in quanto è

ben tollerata e raramente induce vomito. In soggetti con trisma o lesioni maxillo-

facciali può rappresentare un vero strumento salva vita in quanto offre una via diretta

per l’ossigenazione del paziente.

Il posizionamento della cannula

rinofaringea richiede l’acquisizione di

una specifica abilità pertanto deve

essere inserita soltanto da personale

professionalmente addestrato. Bisogna

lubrificare con gel anestetico e

inser i r la , dolcemente , lungo i l

pavimento della narice con leggeri

movimenti rotatori. La curva della

cannula dovrebbe far si che essa si

indirizza verso i piedi del paziente. Se si incontra ostacoli o resistenza all'inserimento

rimuovere la cannula e tentare con l’altra narice.

2.2.4.2 B (Breathing): Dopo aver liberato le vie aeree, occorre valutare se il paziente

presenta attività respiratoria spontanea e soprattutto se questa risulta efficace. Questa

manovra si effettua utilizzando ma sequenza G.A.S.:

Bisogna posizionarsi di fianco al paziente all’altezza

della sua testa avvicinare un orecchio alla bocca della

vittima, Guardare se il torace si alza o si abbassa,

Ascoltare l’eventuale passaggio d’aria, Sentire se

l’alito del paziente raggiunge il lobo del tuo

orecchio.

Se il paziente è cosciente andrà effettuata l'OPACS (Osservo, Palpo, Ascolto, Conto,

Saturimetro) con la quale si vanno ad identificare le alterazioni della respirazione ed

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il conseguente trattamento. Il capo squadra con questa manovra valuta diversi

parametri del paziente: infatti osserva e palpa il torace verificando che non vi siano

avvallamenti o anomalie, ascolta il respiro controllando che non vi siano gorgoglii o

rumori, conta la frequenza respiratoria ed usa il saturimetro per valutare

l'ossigenazione nel sangue.

In presenza di un paziente traumatizzato, specie se traumatizzato cranico, la

prevenzione dell’ipossiemia costituisce una priorità assoluta così da evitare

l’insorgenza di danni secondari. E’ di fondamentale importanza, garantire al

paziente, oltre la pervietà delle vie aeree, un’adeguata somministrazione di ossigeno.

Questo va erogato ad alti flussi (12-15 lt/min) con mascherina e reservoir.

2.2.4.3 C (circulation): Il terzo passo è quello del controllo delle emorragie va

verificata la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa e reintegrata la volemia. Lo

shock ipovolemico che si può instaurare in un paziente politraumatizzato è uno dei

fattori che può portare repentinamente il paziente in arresto cardiaco. L’ipotensione

può essere di tipo assoluto o relativo del volume ematico, le cause che portano a

questa repentina diminuzione della pressione arteriosa possono essere:

- Emorragia: diminuzione del sangue circolante nei vasi (ipovolemia assoluta)

- Lesione Midollare: in questo caso vi è un aumento della portata di vene e arterie

che determinano una diminuzione della pressione arteriosa anche se non abbiamo

perdita di sangue

- Pneumotorace o tamponamento cardiaco, che rallentano il ritorno venoso al cuore,

causando una diminuita gittata cardiaca e di conseguenza una diminuzione della

volemia circolante e delle pressione arteriosa.

I segni di shock ipovolemico che il soccorritore deve ricercare di fronte al paziente

politraumatizzato sono le estremità fredde e pallide con tempo di riempimento

capillare lungo, tachicardia, tachipnea e stato confusionale che può sfociare in uno

stato comatoso. Nei pazienti politraumatizzati lo shock emorragico (shock dovuto

perdita massiva di sangue) risulta essere molto frequente. Bisogna fare attenzione e

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non farsi trarre in inganno se non si vede in modo chiaro la presenza di sangue, le

emorragie interne possono essere misconosciute e ben più gravi di un’emorragia a

livello della scatola cranica (molto più visibile) come ad esempio una frattura pelvica

può portare a perdite di liquidi fino a 2000ml.

E’ importante ricordare che in presenza di lesioni emorragiche severe, il ferito si può

trovare inizialmente in condizioni cliniche stabili, ma la dinamica dell’evento ci deve

attivare un campanello d’allarme e il controllo del traumatizzato deve essere eseguito

in modo scrupoloso e continuo.

La valutazione dei parametri (polso periferico e

pressione arteriosa) deve sempre essere preceduta

da una valutazione di eventuali foci emorragiche

esterne presenti. Il controllo delle emorragie di

prima scelta va fatto effettuando pressione sul

focolaio emorragico utilizzando un pacco di garze

più una benda autoretraente. In caso di emorragie

copiose da moncone o emorragie incontrollabili va

applicato un laccio arterioso a monte della lesione.

Il primo parametro da rilevare è la presenza del polso radiale, per effettuare questa

r i l evaz ione b i sogna s i s t emare i

polpastrelli di indice, medio e anulare

all'altezza della faccia interna del polso

del malato lungo l'arteria radiale,

ponendo il pollice sulla regione dorsale

del polso stesso, esercitare una pressione

tale da permettere la percezione delle

pulsazioni. Se il polso è presente,

possiamo avere un indicazione della

pressione arteriosa che supera gli 80mmHg. Nel caso il polso periferico fosse assente

andiamo immediatamente a palpare il polso carotideo, per rilevare questo polso si

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vanno a porre due o tre dita (MAI il pollice, poiché per un riflesso si potrebbe sentire

il nostro stesso polso) sul

pomo d’Adamo, al centro

del collo del paziente,

successivamente si scivola

lateralmente sul collo

stesso, senza affondare

troppo le dita. Quando si

incontra una cavità, nella quale la discesa delle dita si blocca, quello è il punto esatto

per la palpazione del polso carotideo. Se riusciamo a identificare il polso carotideo ci

dovemmo aspettare una pressione che supera i 50mmHg ma non arriva agli 80mmHg

di sistolica, ed in questo caso siamo già in presenza di un paziente traumatizzato in

uno stato di shock grave. Importante in questo paziente instaurare precocemente due

vene periferiche con agocannula di grosso calibro e iniziare infusione di liquidi,

preferibilmente soluzioni cristalloidi riscaldate a 37-40 °C.

2.2.4.4 D (disability): A questo punto è il momento di valutare il quadro neurologico.

Il metodo più semplice e intuitivo per effettuare questa valutazione è quello

dell’AVPU, questa scala ha il vantaggio di essere molto rapida nell’applicazione e di

dare comunque in tempi brevi alla centrale operativa una situazione chiara del

possibile interessamento neurologico del paziente traumatizzato. Lo schema AVPU è

utilizzabile da qualunque soccorritore presente sulla scena e prende in considerazione

i seguenti parametri:

- A (Alert): Paziente sveglio, cosciente e reattivo

- V (Verbal): Paziente incosciente che reagisce allo stimolo vocale

- P (Pain): Paziente incosciente che reagisce allo stimolo doloroso

- U (Unresponsive): Paziente incosciente che non reagisce a nessuno stimolo

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Questa scala serve quindi al soccorritore per capire quali possano essere le reazioni

del ferito a semplici stimoli, uno verbale l’altro doloroso, ed avere un quadro

semplice e completo da poter trasmettere alla centrale operativa o al Team leader

presente sul campo.

Nonostante l’ottima efficacia dell’AVPU il metodo in assoluto più indicato per

valutare in modo corretto lo stato neurologico di un paziente resta la scala di

Glasgow.

2.2.4.5 E (Exposure): La primary survey si conclude con l’esposizione e la

protezione termica del paziente, impiegando teli isotermici metalline. E’ molto

importante svestire il paziente ed eseguire un un esame obbiettivo il più completo

possibile (esame testa-

piedi). Ovviamente questa

procedura viene messa in

atto valutando in modo

coscienzioso e non solo

t e cn i co l e cond iz ion i

meteorologiche e a privacy

della persona infortunata che va sempre e comunque rispettata. Si deve sempre tener

conto che l’esposizione alle basse temperature del paziente può portare ad una netta

scompensazione dei parametri vitali, va ricordato infatti che la temperatura che

sentiamo noi soccorritori è nettamente superiore a quella dell’infortunato che giace a

terra. La conclusione dell’exposure avviene con il monitoraggio del ferito, seguito da

un’attenta rivalutazione dei parametri vitali (FR, FC, PA, SaO2);

2.2.5 Secondary Survey: A questo punto vanno raccolte le informazioni sulla

dinamica dell’evento(Capitolo 3), vanno definite le modalità di immobilizzazione, va

deciso l’ospedale di destinazione e si cerca di raccogliere ulteriori informazioni sulle

patologie della vittima(malattie cardiorespiratorie, diabete, assunzione di

anticoagulanti, interventi chirurgici recenti.

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CAPITOLO 3

L’importanza della

Valutazione Cinematica

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3.1 Nozioni di Cinematica

La Cinematica è quel ramo della fisica che si occupa di descrivere il moto degli

oggetti, senza porsi il problema di trovare le cause che lo determinano. In ciò

differisce dalla dinamica che studia le forze che provocano il movimento.

Si definisce Valutazione Cinematica quel processo di valutazione della scena messo

in atto per determinare la dinamica dell’evento, basandosi sulle forze coinvolte. Al

fine di raccogliere un’Anamnesi adeguata, il primo compito del soccorritore è

valutare gli eventi che si sono verificati sulla scenda di un incidente.

In un incidente automobilistico:

- come appare la scena?

- chi ha colpito che cosa ed a quale velocità?

- eventuale lunghezza della frenata

- comportamento degli occupanti

- gli occupanti indossava le cinture di sicurezza?

- gli airbag sono entrati in funzione?

A queste ed a molte altre domande dobbiamo trovare risposta se vogliamo risalire

alla dinamica dell’evento e quindi tradurre queste informazioni in elementi utili per

l’identificazione delle lesioni ed il trattamento dell’individuo.

3.2 Leggi dell’Energia e del Moto Poiché la cinematica si basa sui principi fondamentali della fisica, è necessario

conoscere alcune leggi della fisica coinvolte.

La prima legge di Newton (primo principio della dinamica) afferma che “un corpo

mantiene il proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, finché una forza non

agisce su di esso”. Si pensi, ad esempio, all’occupante del sedile anteriore di un auto:

anche se l’auto urta un albero e si arresta, le persone all’interno del veicolo non

assicurate alle cinture di sicurezza tenderanno a continuare il loro moto fino a

quando non colpiranno il cruscotto, il parabrezza od il piantone dello sterzo.

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L’impatto con questi oggetti arresta il movimento in avanti del tronco e della testa,

ma non degli organi interni.

La legge della conservazione dell’energia afferma che “l’energia non può essere ne

creata, ne distrutta, ma solo cambiare forma”.

Il movimento di un veicolo è legato ad un certa forma di energia (energia meccanica)

e, quando questo movimento inizia o si arresta, energia si trasforma in una forma

differente: può trasformarsi in energia termica, elettrica o chimica.

Un esempio di trasformazione si verifica quando si arresta il movimento di un

veicolo per azione dei freni: l’energia del moto è convertita in calore, per azione dei

freni sul disco (energia termica) e dei pneumatici sull’asfalto.

L’energia associata ad un corpo in movimento è una particolare forma di energia

meccanica detta energia cinetica, e dipende dalla massa del corpo e dal quadrato

della velocità.

Quando un’auto urta un muro e si ferma, l’energia che si libera è responsabile della

deformazione del veicolo e delle lesioni degli occupanti.

3.3 Cavitazione

Il meccanismo di base degli scambi di energia è relativamente semplice: quando un

oggetto in movimento colpisce il corpo umano, o quando il corpo umano è in moto e

colpisce un ostacolo, avviene lo scambio di energia.

i tessuti del corpo umano vengono momentaneamente allontanati dalla loro normale

posizione, con la creazione di una cavità; questo processo è detto cavitazione.

Si possono generare due tipi di cavità:

- una cavità temporanea che si forma al momento dell’impatto, ma che scompare

quando il tessuto ritorna nella sua posizione precedente. Risulta legata all’elasticità

dei tessuti e non può essere vista al momento della valutazione del paziente.

- una cavità permanente causata dalla compressione e dalla lacerazione dei tessuti.

Anche in questo caso entra in gioco lo stiramento dei tessuti ma poiché in questo

caso non ritornano alla forma originale, questo tipo di cavitazione risulterà visibile

anche dopo l’impatto e quindi al momento della valutazione del paziente.

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La differenza è data dal tipo di elasticità dei tessuti coinvolti. Ad esempio colpendo

con una mazza da baseball un bidone di latta, si lascerà un’impronta o cavità

permanente; allo stesso modo colpendo con la stessa mazza una superficie di

gommapiuma di forma analoga, non si lascerà alcun impronta, una volta allontanata

la mazza. Il nostro Corpo reagisce in modo molto simile alla gommapiuma, infatti se

andiamo a colpire l’addome di una persona con un pugno sentiremo affondare il

pugno nelle viscere ma al momento della ritrazione del pugno non osserveremo

alcuna impronta. Allo stesso modo un colpo al torace con una mazza potrebbe non

lasciare alcun segno evidente, ma causerà certamente danni interni.

Pertanto è importantissimo raccogliere la storia completa dell’evento traumatico, per

determinare approssimativamente la dimensione della cavità creatasi al momento

dell’impatto per poter così prevedere accuratamente le lesioni interne.

3.4 Trauma Chiuso e Trauma Penetrante A seconda del meccanismo del danno i traumi si possono distinguere in due grandi

classi: traumi chiusi e traumi penetranti.

Più frequenti sono i traumi chiusi dovuti al meccanismo diretto: urto, compressione,

azione da corpi contundenti, percosse e anche se meno frequentemente traumi dovuti

a meccanismi indiretti quali brusche decelerazioni.

I traumi penetranti come le lesioni da arma da taglio (le più frequenti), da arma da

fuoco e quelle cosiddette da impalamento; seppur più rari, specie nei centri urbani,

rappresentano una percentuale consistente.

Entrambi i tipi creano una cavità, forzando il tessuto al di fuori dalla normale

posizione; nel trauma chiuso si crea solo una cavità temporanea, mentre nel trauma

penetrante esiste sia una cavità permanente che una temporanea.

3.5 L’Utilizzo della Cinematica nella Valutazione del Paziente La valutazione di un paziente traumatizzato implica la conoscenza della cinematica.

Ad esempio un guidatore che urta il piantone dello sterzo (trauma chiuso) subisce

una grande cavitazione temporanea nella parte anteriore del torace al momento

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dell’impatto. Tuttavia, il torace ritorna rapidamente nella sua posizione originale nel

momento in cui il guidatore rimbalza dal volante stesso. Nella valutazione del

paziente se andassimo a considerare solo ciò che vediamo senza tener conto della

cinematica andremmo a preoccuparci esclusivamente delle contusioni visibili sul

torace, invece è importante tener conto che al momento dell’impatto vi è stata una

grande cavitazione che le coste si sono flesse all’interno e che il cuore ed i grandi

vasi sono stati compressi dalla formazione della cavità. E’ pertanto comprensibile

che prendendo in considerazione gli aspetti cinematici del moto, è possibile

sospettare la presenza di lesioni polmonari, cardiache o dei grossi vasi, oltre alla

parete toracica. Il trattamento corretto, in questo caso, prevede la valutazione di tutte

le lesioni nascoste ed il trattamento del paziente ed il trasporto più veloce possibile

nel sospetto di lesioni intratoraciche.

Le lesioni possono essere create da qualsiasi tipo d’impatto, quali scontri sul campo

di gioco, cadute dall’alto, scontri tra veicoli e così via.

Le lesioni riscontrate in seguito ad un trauma chiuso dipendono dal distretto corporeo

colpito e dalla quantità di energia che si è liberata nell’impatto.

3.5.1 Traumi legati al Capo

quando il capo si muove in avanti come nel caso di un urto frontale o un tuffo di

testa, il capo diventa la parte principale di un proiettile umano. Il trasferimento

iniziale di energia avviene a

livello del cuoio capelluto e del

cranio. Il cranio può essere

c o m p r e s s o e f r a t t u r a t o ,

dislocando i segmenti ossei

frat turat i nell’encefalo. i l

cervello continua a muoversi in

avanti, iniziando a comprimersi

contro il cranio intatto o fratturato producendo uno scuotimento, una contusione o

una lacerazione. Il cervello essendo soffice verrà compresso e la sua lunghezza di

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ridurrà, in questo caso porzioni di encefalo possono venire deformate in modo vario

stirando o rompendo qualche vaso della zona, con la possibilità di creare una

emorragia intra-cranica.

In prima istanza, l’unica indicazione che un soccorritore può avere, è rappresentata

dalla presenza di lesioni dei tessuti molli della testa, una frattura stellata del

parabrezza o una contusione sul cuoio capelluto del paziente.

Una delle più importanti e talvolta pericolose condizioni associate al trauma cranico

è la commozione celebrale, cioè la perdita di coscienza del soggetto vittima

dell’evento traumatico. Quindi possiamo avere in questo caso due tipi di trauma:

- Commotivo al quale è associato la perdita di coscienza che può essere lieve e

temporanea(dura pochi minuti), moderata(durata di circa 20-30 minuti) o severa(in

questo caso il soggetto è possibile che il soggetto sia in uno stato comatoso)

- Non Commotivo non comporta perdita di coscienza dell’individuo. Tuttavia non

può essere considerato come meno grave di quello compito in quanto possono

presentarsi altre tipologie di alterazioni piuttosto gravi, come la perdita di

orientamento spazio-temporale oppure può succedere che la sintomatologia non si

sviluppi nell’immediato ma a distanza di qualche giorno.

E’ possibile identificare lo stato di coscienza e neurologico di un individuo

utilizzando la scala di Glasgow, esso si basa sulla risposta del paziente agli stimoli

verbali, visivi e motori. Secondo questa scala che prevede l’assegnazione di un

punteggio ad ogni stimolo (da1 a 4 per lo stimo visivo, da 1 a 5 per lo stimolo

verbale e da 1 a 6 per quello motorio), distinguiamo un trauma cranico con lesioni

cerebrali di tipo:

- Lieve: quando il punteggio della scala superiore a 14. Questo tipo di trauma è di

difficile diagnosi poiché il danno cerebrale può comparire anche dopo alcuni

giorni.

- Moderato quando il punteggio è compreso tra 9 e 13. Questo tipo di trauma può

portare a sintomatologia che persiste anche per 2-3 mesi dopo l’evento traumatico,

ma solitamente si diagnostica più facilmente

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- Grave: quando il punteggio è inferiore a 8. In questi casi il paziente è spesso in

coma e presenta lesioni molto gravi tanto che la qualità di vita dopo il trauma è

inferiore a quella che si aveva prima dello stesso.

3.5.2 Traumi legati al Rachide Cervicale

La volta cranica è piuttosto resistente ed è in grado di assorbire bene l’energia di un

impatto; tuttavia il tratto cervicale della colonna è molto flessibile e nn è in grado di

tollerare la pressione dell’impatto senza subire angolazioni o compressioni

significative.

Assi di movimento fisiologico

L’iperestensione o l’iperflessione del collo può causare fratture o lussazioni

vertebrali con la possibilità di lesione per il midollo spinale nel canale vertebrale.

Il baricentro del cranio è situato anteriormente e verso l’alto, rispetto al punto

d’inserzione del cranio sulla colonna; pertanto, un impatto laterale sul tronco, quando

il collo non è protetto, provoca una flessione laterale con rotazione del collo.Possono

anche verificarsi flessioni cervicali o iperestensioni, con gravi danni ai tessuti del

collo.

Si tratta di una lesione di grado solo apparentemente minore, spesso sottovalutata o

addirittura trascurata nell’immediatezza del trauma, ma la cui evoluzione nei giorni o

addirittura nelle settimane successive può dar luogo a molteplici e complesse

sindromi morbose clinico-funzionali.

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3.5.3 Traumi legati al Torace

Quando ci troviamo difronte ad un impatto centrato sulla parte anteriore del torace,

lo sterno assorbe la maggior parte dell’energia; quando lo sterno si arresta

bruscamente, la parete toracica posteriore(muscoli, coste e colonna) e tutti gli organi

contenuti nella cavità toracica continuano a muoversi in avanti. Il Cuore e l’Aorta

sono relativamente liberi di muoversi all’interno del torace, e quindi quando la

struttura ossea si ferma bruscamente nell’impatto loro continuano il loro moto in

avanti.

L’energia trasmessa al torace e ai suoi organi interni causerà delle ferite. La rottura

traumatica dell’Aorta, ad esempio, è spesso associata ad una rapida decelerazione,

come quella provocata da una caduta da più di 3 metri o in un incidente stradale a più

di 48 km/h, soprattutto se associata ad una deformazione dell’abitacolo. Più

comunemente, le lesioni aortiche sono solo parziali ed uno o più strati di tessuti

restano intatti. I rimanenti strati sono sottoposti ad una grossa pressione e spesso si

sviluppa un aneurisma traumatico. Circa l’80% di questi pazienti muore direttamente

sulla scena dell’evento.

Quando viene compressa la la parete toracica, si verifica un fenomeno detto del

“sacchetto di carta”. Questo avviene perché quando un soggetto vede che sta per

avvenire l’impatto, istintivamente trae un profondo respiro e trattiene il fiato, così

facendo chiude la glottide, al momento dell’impatto a causa del grande scambio di

energia i polmoni possono esplodere come un sacchetto di carta pieno d’aria che

viene compresso tra le mani. Inoltre le lesioni compressive sul torace esterno

possono provocare fratture costali che a loro volta possono provocare un

pneumotorace.

I traumi legati al torace non sono dunque da sottovalutare ed è importante che il

soccorritore li riconosca tempestivamente per poter così agire nel migliore dei modi.

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3.5.4 Traumi legati all’addome

Durante un impatto, il moto in avanti del corpo si interrompe, ma tutti gli organi

interni continuano il loro moto, spesso subendo lacerazioni in corrispondenza

dell’inserzione dell’organo sulla parete addominale.

Gli organi che si possono lacerare in questo modo sono i reni, l’intestino tenue,

l’intestino crasso, la milza ed il pancreas. Un secondo tipo di lesione che spesso si

manifesta durante una decelerazione è a lacerazione del fegato

Gli organi compressi dalla colonna vertebrale durante l’impatto contro il piantone di

sterzo o il cruscotto possono rompersi per l’improvviso aumento della pressione

interna. Gli organi lesionati in questo modo di solito comprendono Milza, Fegato e

Reni. Il soccorritore dovrà quindi tener conto di tutte queste possibilità nel caso si

verifichino collisioni con lo sterzo.

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3.6 Collisioni tra Veicoli

Esistono 5 tipi diversi tipologie principali di collisione tra veicoli:

- Impatto Frontale

- Tamponamento o impatto Posteriore

- Impatto Laterale

- Impatto con Rotazione del Veicolo

- Capottamento

Nelle collisioni tra veicoli, così come in tutti i meccanismi caratterizzati da rapida

decelerazione, le dinamiche da esaminare sono tre:

- Il veicolo urta contro un ostacolo o un’altro veicolo

- L’occupante del veicolo, senza cintura urta contro parti del veicolo stesso

- Gli organi interni dell’occupante urtano l’uno contro l’altro e contro la parete che

li contiene

I distretti del corpo interessati, così come le tipologie di lesione, dipendono dalla

dinamica dell’evento e dell’urto.

3.6.1 Impatto Frontale

Un Incidente frontale è un incidente nel quale il movimento del corpo viene

interrotto bruscamente. Se pensiamo

infatti ad un impatto frontale di un

veicolo contro un muro e lo valutiamo

a livello cinematico, possiamo vedere

che la prima collisione avviene

quando la macchina impatta contro il

muro, con il danneggiamento della

parte anteriore del veicolo. Dalla valutazione del danno dell’auto indica

appositamente la velocità del veicolo al momento dell’impatto. Anche se il veicolo

cessa bruscamente il suo moto in avanti, l’occupante, se non indossa la cintura di

sicurezza, continuerà il suo moto seguendo uno dei due possibili percorsi detti: “giu

di sotto” o “su di sopra”.

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3.6.1.1 Traiettoria “Su di Sopra”: in questa traiettoria il moto in avanti solleva il

corpo al di sopra del piantone di sterzo. Il primo impatto avviene a discapito del capo

che va a scontrarsi contro il parabrezza,

mentre il torace o l’addome impattano

contro il volante.

Se il torace colpisce lo sterzo, le

conseguenze posso essere lesioni da

compressione alla parete toracica

anteriore, quali fratture costali, lembo

toracico, contusioni polmonari o

cardiache o danni ai grossi vasi.

Nel caso invece l’impatto dello sterzo fosse a danno dell’addome le conseguenze

possono essere lesioni da compressione a carico degli organi solidi.

Anche gli organi cavi sono suscettibili a lesioni: i reni, la milza, il fegato sono

frequentemente soggetti a lesioni da strappo quando l’addome colpisce il volante e si

arresta bruscamente.

Quando il moto in avanti del corpo si interrompe, l’energia associata al tronco,

ancora in movimento, deve essere assorbita; una tra le più frequenti sedi di lesione è

situata tra la testa ed il torace (la colonna cervicale).

3.6.1.2 Traiettoria “Giù di Sotto”: in questa traiettoria, l’occupante, continua il suo

moto verso il basso e in avanti sul

sedile, fino ad incontrare il pavimento

del veicolo o il piantone di sterzo.

I danni anche in questo caso possono

essere molteplici, l’urto delle ginocchia

contro il cruscotto risulta essere il

primo punto d’impatto del proiettile

umano. L’impatto può venire a livello della tibia o del femore. Nel primo caso la

tibia si arresta e il femore continua nel suo percorso e la supera comportando così

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una lussazione del ginocchio, con lesione dei legamenti, dei tendini, e delle altre

strutture di supporto. Nel secondo caso quando il primo ad impattare è il femore,

l’energia prodotta dall’impatto viene assorbita dal corpo dell’osso che può fratturarsi,

inoltre il moto in avanti del bacino rispetto al femore comporterà nella maggior parte

dei casi la dislocazione della testa del femore.

Inoltre dopo l’impatto delle ginocchia, la parte superiore del corpo va ad impattare

contro lo sterzo con la possibile formazione di ulteriori lesioni.

3.6.2 Tamponamento

Per tamponamento s’intende quando un veicolo fermo o in movimento viene colpito

da un’altro veicolo da dietro. Durante

questo impatto l’energia prodotta

provoca un’accelerazione del corpo

degli occupanti.

Maggiore sarà la differenza di velocità

e maggiore sarà l’energia che si verrà a

generare. In seguito all’impatto il

veicolo di fronte viene scagliato in

avanti come un proiettile scagliato da

una pistola. La principale lesione che può verificarsi è quella della lacerazione dei

legamenti e delle strutture di supporto anteriore del collo, questo avviene nel caso in

cui il poggiatesta non è ben posizionato per prevenire l’iperestensione del colo oltre

il sedile. Quando il poggiatesta è ben posizionato e l’auto prosegue la sua corsa senza

ostacoli fino al suo arresto, gli occupanti potrebbero non subire lesioni. Tuttavia se

l’auto va ad impattare contro un qualsiasi ostacolo o se il guidatore va ad agire

bruscamente sui freni, gli occupanti saranno scagliati in avanti, seguendo le

traiettorie, sopra spiegate, dell’impatto frontale.

Per gestire questo tipo di incidente i soccorritori devono tener contro sia alle lesioni

che possono essere generate dal tamponamento che quelle generate dall’impatto

frontale.

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3.6.3 Impatto Laterale

L’impatto laterale avviene quando un veicolo viene colpito su un lato e l’intera

fiancata dell’auto viene spinta contro il lato dell’occupante.

Le lesioni che si possono verificare in questo caso possono essere dovute o al

movimento del veicolo o

da l l ’ in t rus ione de l la

p o r t i e r a a l l ’ i n t e r n o

dell’abitacolo.

Le lesioni dovute al

movimento dell’auto sono

spesso lievi anche perché se gli occupanti hanno le cinture di sicurezza si muovono

solitamente con l’auto.

Le lesioni più ricorrenti riguardano quelle causate dalla portiera, gli occupanti del

lato guidatore sono più soggetti a lesioni della milza che si trova a sinistra mentre, gli

occupanti del lato passeggero sono più soggetti a lesioni epatiche. Se il braccio viene

schiacciato tra la portiera e il torace esso assorbe tutta l’energia trasferendola sia alla

clavicola che alla gabbia toracica, spesso anche bacino e femore sono colpiti dalla

portiera.

Altre lesioni possono essere quelle al capo ed al cuoio capelluto dovute all’impatto

con il finestrino laterale o i montanti, queste ferite possono variare dalle semplici

contusioni al volto a vere e proprie emorragie cerebrali. Quando il veicolo viene

colpito, è come se la macchina venisse improvvisamente spostata da sotto i suoi

occupanti. Grazie alle cinture di sicurezza che bloccano i fianchi dell’occupante

quest’ultimo comincia il moto contemporaneamente al veicolo e viene quindi

trascinato lontano dal punto di impatto. Mentre il tronco viene spostato lateralmente,

la tendenza della testa è quella di restare nella propria posizione originale ciò

comporta una sia una flessione laterale che una rotazione della colonna cervicale. La

combinazione di questi due movimenti comporta lesioni quali la distensione e lo

strappo dei legamenti e delle strutture di supporto del collo.

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Inoltre durante un urto laterale gli occupanti sono soggetti anche a lesioni provocate

dall’urto con gli altri passeggeri infatti la presenza di una lesione sul paziente dal lato

opposto del veicolo colpito dovrebbe indurre il soccorritore a controllare gli

occupanti vicini alla ricerca di lesioni risultanti dalla collisioni delle due persone.

3.6.4 Impatto con rotazione del veicolo

Questo tipo di incidente si verifica quando un angolo di un veicolo urta un oggetto

immobile, o un veicolo che si muove più lentamente o proviene dalla direzione

opposta.

Sempre secondo le leggi di Newton, questo angolo del veicolo si ferma mentre il

resto della massa del mezzo prosegue in avanti il suo moto fino alla dissipazione

completa dell’energia.

Le collisioni da impatto rotazionale producono lesioni che sono una combinazione

tra quelle riscontrate nell’urto frontale e nell’impatto laterale: il soggetto continua a

muoversi in avanti e viene colpito dal lato dell’auto quando l’auto ruota attorno al

suo punto di impatto.

3.6.5 Capottamento

Durante un capottamento è imprevedibile prevedere le lesioni che gli occupanti

riporteranno, infatti il veicolo

subisce numerosi urti secondo

varie angolazioni come i corpi

degli occupanti e i loro organi

interni. Ciascuno di questi urti

può provocare lesioni e danni,

il soccorritore deve dunque eseguire un attenta valutazione per ricercare ogni segno

di lesione nascosta.

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3.7 Caduta dall’Alto

Anche le vittime di caduta dall’alto osiamo soffrire di lesioni da impatto multiple.

Per valutare in modo corretto un

t r a u m a d a p r e c i p i t a z i o n e , i l

soccorritore deve valutare:

- L’Altezza della caduta, infatti una

caduta da un’altezza superiore a tre

volte l’Altezza della vittima è da considerarsi sempre grave

- La superficie su cui cade, in particolare bisogna valutare il grado di comprimibilità

o elasticità

- La Parte del corpo che ha impattato per prima, capire questo è molto importante

per ipotizzare il tipo di lesione provocata dall’evento

Il quadro più frequente riscontrabile quando una vittima cade e atterra sui piedi,

viene scherzosamente detto “di Don Giovanni”. Questa caduta può comportare una

frattura bilaterale delle caviglie, della tibia e del perone.

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CAPITOLO 4

Presidi di

Immobilizzazione e Trasporto

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4.1 Nozioni di base sull’immobilizzazione

In presenza di un trauma l’integrità fisica viene meno, pertanto le eventuali

sollecitazioni prodotte sul corpo umano non verranno dissipate uniformemente. Il

punto di lesione assorbirà tutte le differenze di moto tra le masse a monte e a valle,

trasformandole in un danno secondario.

Per rispettare la prima regola del soccorso del “non nuocere” sarà quindi opportuno,

in presenza di un trauma, vincolare le cinque masse principali ad un corpo unico (es.

tavola spinale), in modo tale che le eventuali sollecitazioni, provocate ad esempio

dal trasporto,vengano dissipate uniformemente.

4.2 Presidi 4.2.1 Collare cervicale: il collare cervicale viene utilizzato per immobilizzare il

tratto delle vertebre cervicali consentendo una corretta distensione, è un ausilio

necessario a garantire la sopravvivenza dei pazienti traumatizzati e pertanto è

fondamentale applicarlo correttamente a tutti. Per poter applicare il collare cervicale

il paziente deve avere il collo allineato in posizione neutra. Va inoltre specificato che

il collare cervicale da solo nn assicura una totale immobilizzazione del tratto

cervicale diventa efficace solo se parte di un sistema completo di immobilizzazione

( a s s e s p i n a l e , c o r s e t t o e s t r i c a t o r e ) .

L’immobilizzazione manuale va fatta tramite il

posizionamento delle dita del soccorritore su 4 punti

per cui la lieve trazione sarà perpendicolare rispetto

alla colonna vertebrale; quindi i due pollici andranno

s u i p r o c e s s i

zigomatici e le restanti dita posteriormente sulla

protuberanza occipitale esterna(con paziente

supino). Nel caso che il paziente si trovi invece in

posizione seduta bisognerà sempre immobilizzare la

testa ponendosi dietro e bloccando con i pollici la

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protuberanza occipitale esterna e con il terzo o quarto dito i processi zigomatici. Il

collare verrà applicato dal soccorritore che si trova al fianco dell’infortunato. Prima

di applicare il collare, il secondo soccorritore deve liberare il collo da eventuali

monili (collane orecchini) o vestiti e deve inserire la propria mano dietro la nuca del

paziente per verificare 2 cose:

- la prima è la misurazione del collo (va apprezzata la distanza tra la protuberanza

esterna occipitale e il processo spinoso C7) non deve essere una misurazione

precisa al millimetro ma è necessario conoscere la misura della propria mano per

poi regolare di conseguenza il collare posteriormente. Nell’80% dei pazienti va

bene la regolazione intermedia.

- La seconda è verificare che dietro il collo non vi siano ferite o presenza di corpi

estranei (vetri, schegge ecc.).

L’applicazione del collare: una volta regolato il collare va inserita prima la parte

posteriore, facendo attenzione che il velcro rimanga all’interno, soprattutto con

paziente supino su terreno sporco o fangoso, quindi si posiziona la parte anteriore

facendola scorrere dal basso verso l’alto sul torace del paziente fino ad avvolgere

completamente il collo. Prima di chiudere il collare ci si accerta che la parte anteriore

si posizionata al centro (riferimenti: naso e sterno) e una volta centrato, si va a

chiudere lateralmente con il velcro, facendo aderire il più possibile il collare al collo.

Se il collare è dotato di regolazione anteriore, essa va sistemata in questa fase finale

ponendo il secondo e terzo dito all’interno del collare nella parte anteriore bassa e

con l’altra mano si va a prendere il cursore che scorre, si alza verso l’alto fino

a che si vede il serraggio completo della bocca.

Dopo l’applicazione va controllato che non comprima sulle vie aeree (far deglutire il

paziente), e che la bocca rimanga ben serrata (significa che il collare agisce sulle

parti ossee). Il collare cervicale non va mantenuto per più di due ore a contatto con la

pelle del paziente, perché esso è costituito di materiali plastici che potrebbero

provocare irritazioni e lacerazioni. E’ fondamentale sapere che l’immobilizzazione

manuale una volta applicato il collare va sempre mantenuta.

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4.2.2 Corsetto estricatore (KED): Il KED è un estricatore che serve per

l’immobilizzazione spinale in pazienti che si trovano in spazi angusti di difficile

accesso (es. incastrato in auto).

Il Ked va applicato sempre successivamente al collare cervicale. Se risultasse

impossibile mettere il collare cervicale

per un qualsiasi motivo si può utilizzare

il cuscinetto in dotazione con il Ked per

fissare il collo del paziente in posizione

antalgica o di reperimento.

Questo presidio è dotato di un corsetto

principale con due ali ventrali e due

alette sommitali, due cinture cosciali, tre

cinture ventrali e tre maniglie posteriori. Il Ked va inserito dietro il dorso del

paziente solo dopo averlo ispezionato.

Per il Posizionamento di questo presidio e l’estricazione del paziente abbiamo

diverse fasi:

- Un volontario deve sostenere la testa del paziente durante tutte le manovre di

applicazione del KED

- Posizionamento del tronco: altri due volontari si posizionano da entrambi i lati del

paziente. Mettere il corsetto con fasce e fibbie rivolte verso l'esterno e farlo

scivolare dietro la schiena del paziente.

- Centraggio: Centrare il KED lungo l'asse spinale del paziente. Durante questa

operazione i movimenti dovranno essere minimi.

- Fissaggio alle gambe le gambe: tirare le fasce per le gambe (colore nero) da dietro

il paziente incrociandole tra le gambe dello stesso.

- Fissaggio del busto: liberate le fasce per il busto dagli agganci e passatele intorno

al paziente. Allacciare prima la fascia rossa, poi quella gialla ed infine la verde. Ad

ogni fascia corrisponde un aggancio di colore identico.

- Assicurare il paziente al KED: utilizzare le maniglie del corsetto per migliorarne

l'aderenza al paziente. Successivamente tirare tutte le fasce per assicurare il

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corretto posizionamento del presidio. Queste devono essere tirate nel seguente

ordine, fascia rossa, fascia gialla, fascia verde, fascia nera.

- Posizionamento della testa: riempire qualsiasi spazio tra il giubbotto e la testa del

paziente con il cuscino in dotazione. Avvolgere le ali intorno alla testa ed

assicurarle con la cinghia per la fronte incrociandola con quella per il mento.

- Rimozione del paziente: assicurarsi che tutte le fasce siano ben bloccate. A questo

punto due volontari con cura gireranno e inclineranno il paziente per estrarlo dal

veicolo. Un terzo volontario si occuperà delle gambe, assicurandosi prima che non

siano bloccate o incastrate nella pedaliera del veicolo, poi sostenendole durante lo

spostamento dal veicolo alla tavola spinale.

- Una volta posizionato il paziente sulla tavola spinale le cinture del ked

possono essere allentate nel caso si debbano effettuare manovre di soccorso sul

paziente.

4.2.3 Tavola Spinale: La tavola spinale è un ausilio fondamentale per la

sopravvivenza del paziente traumatizzato ed è quindi di fondamentale importanza. Si

tratta di un presidio di immobilizzazione

c o m p l e t a p o i c h é p e r m e t t e d i

immobilizzare dalla testa ai piedi un

paziente con sospetta lesione vertebro-

midollare.

E’ costituito da materiale plastico che

permette un isolamento termico, elettrico e meccanico inoltre è leggera e

maneggevole. E’ radiotrasparente così da render possibili le

manovre diagnostiche quali RX, TAC, RM, senza dover

spostare il paziente dalla tavola. Ha una forma trapezoidale

che offre una maggiore manovrabilità soprattutto nelle

operazioni di estricazione da vetture incidentale e da spazi

angusti. E’ infine dotata di appositi fori laterali che

permettono il fissaggio dedicato con apposite cinture di

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bloccaggio (ragno) e risultano essere un ottima impugnatura per il sollevamento e lo

spostamento. Per effettuare le manovre di immobilizzazione con questo presidio,

sono necessari tre soccorritori, uno dei quali si posizionerà alla testa del paziente e

dovrà garantire un’ottima immobilizzazione finché nn verrà applicato il sistema

fermacapo, e gli altri due provvedono al bloccaggio. Lo stesso concetto è valido

anche per le manovre di caricamento.

E’ Importante ricordare che per utilizzare questo presidio il paziente deve poter

essere allineabile, i principali casi nei quali esso viene utilizzato sono:

- Paziente reperito in posizione supina

- Paziente reperito in posizione prona

- Paziente in piedi che ha subito un trauma

- Ausilio per l’estricazione da veicoli combinata al KED

Va controllato periodicamente che la tavola spinale sia priva di fratture o

danneggiamenti alla superficie e nelle componenti necessarie (cinture e fermacapo),

in caso di presenza di danni va messo fuori uso il servizio il presidio fino alla

riparazione o sostituzione dello stesso. E’ possibile lavare la tavola ed il fermacapo

con acqua tiepida e detergente neutro, quindi utilizzare un disinfettante per superfici

plastiche avendo cura di sciacquare bene e asciugare con un panno pulito. Nel caso

delle cinture è possibile lavarle con acqua fredda e detergente delicato in lavatrice,

avendo cura di riporle in un sacchetto di stoffa. La corretta igiene de presidi è

fondamentale per evitare rischi di infezione che il contatto con i fluidi corporei può

comportare.

4.2.4 Steccobende: Si tratta del metodo più rapido per l’immobilizzazione di arti con

sospette fratture o lesioni articolari.

Vi sono due differenti indicazioni all’immobilizzazione:

- Nella posizione di reperimento o antalgica(dove fa meno dolore): in questo caso

l’attenzione è rivolta sostanzialmente alla riduzione del dolore e alla sostituzione

della struttura di sostegno della parte lesa, al fine di consentire un’omogenea

reazione alle sollecitazioni che non si possono eliminare.

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- Riallineando l’arto: in questo caso l’azione è rivolta a limitare l’eventuale danno

secondario dovuto alla mobilizzazione del paziente in condizioni di carico della

parte lesa, ciò presuppone una buona competenza nella manipolazione dell’arto e

nell’assistenza al paziente dolorante. Il riallineamento è di competenza di un

medico, in quanto tale manovra presuppone una terapia antidolorifica o analgesica.

Esistono due tipi di steccobende :

- Steccobende Rigide: che vengono utilizzate in presenza di traumi che non

richiedono un immobilizzazione in posizione patologica o comunque di arti non

allineati. Infatti questo presidio prevede un allineamento di tipo rettilineo.

Nell’applicazione della steccobenda

rigida è opportuno bloccare tutte le

strutture che possono indurre

mobilità alla parte lesa, quindi

l’articolazione a monte e tutta la

lunghezza dell’arto a valle dell’osso

fratturato. In ogni caso prima

dell’applicazione della steccobenda è

opportuno verificare la presenza del polso a valle della frattura.

- Steccobende a depressione: queste hanno la prerogativa di garantire un elevata

adattabilità alle dimensioni e alle necessità del paziente e sono pertanto da

utilizzare quando ci si trova difronte ad una frattura o una lesione articolare non

allineata. Nell’applicazione della steccobenda è consigliata sempre una lieve

trazione dell’arto con il

sospetto di frattura o di

lesione. Dal momento che

q u e s t i p r e s i d i s o n o

soggetti a lacerazioni è

opportuno controllare periodicamente la loro efficienza portandole alla massima

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decompressione per almeno un’ora e se durante questo periodo non conservano la

pressione massima vanno poste fuori servizio.

4.2.5 Barella a Cucchiaio: questo tipo di presidio è un dispositivo di caricamento,

non idoneo alla permanenza prolungata del paziente, viene utilizzato per lo

spostamento del paziente su un presidio di trasporto (materassino a depressione o

tavola spinale).

Ha una struttura metallica allungabile divisa in 2 parti che vengono fatte scivolare di

lato sotto al ferito, l’utilizzo di questo presidio è indicato qualora non si evidenzi la

necessità di manovre di rotazione. Bisogna tener conto che questo dispositivo non

permette l’ispezione del dorso del paziente.

4.2.6 Materasso a Depressione: Il materasso a depressione è concepito per

avvolgere completamente il corpo del ferito. Questa caratteristica consente di

effettuare immobilizzazioni estremamente adattate alla morfologia dell’intero corpo

di ogni singolo paziente

ed in considerazione di

traumi non localizzati e

l e s i o n i a n c h e n o n

allineabili.

Il materasso a depressione non è altro che un materassino in gomma al cui interno vi

è un sacco contenente palline di polistirolo circondato da una camera d'aria dotata di

valvola. Dopo aver distribuito uniformemente le palline vi si adagia il paziente (con

modalità differenti a seconda delle circostanze: rotazione, pronosupinazione, barella

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cucchiaio poi estratta) e si sagoma il materassino attorno al corpo dell'infortunato.

Utilizzando l'aspiratore, poi, si estrae l'aria contenuta nella camera. L'estrazione

dell'aria comprime le palline di polistirolo, che, aderendo fra loro, danno al

materassino sagomato attorno al corpo del paziente una consistenza rigida. In questo

modo il materassino immobilizza il corpo impedendo all'infortunato, che viene anche

assicurato attraverso normali cinghie, qualsiasi tipo di movimento.

Per il trasporto in ambulanza il paziente, immobilizzato nel materassino, viene

caricato sulla barella.

Il materassino a depressione è preferibile alla tavola spinale quando il paziente

presenta sospette fratture in vari punti del corpo. Essendo un presidio per

l'immobilizzazione del paziente non va utilizzato per il trasporto senza essere

sostenuto da un'asse rigida (ad esempio: asse spinale o barella a cucchiaio) poiché la

rigidità del materasso a depressione non offre sufficienti garanzie di stabilità al

rachide in caso, ad esempio, di trasporto a braccia se viene sollevato solo dalle

estremità.

4.2.7 Telo Isotermico: Costituisce un sussidio prezioso nel trattamento del paziente

traumatizzato in quanto lo tutela dall’ipotermia e

permette l’ispezione del paziente tagliando il telo nei

punti interessanti senza scoprire il resto. E’ monouso.

Ha uno spessore simile a quello della carta stagnola

in alluminio, ma è facile da stendere sul paziente,

visto che non tende a creare increspature. La coperta

è formata da due strati, uno argentato ed uno dorato: la superficie dorata si lascia

attraversare facilmente da calore e raggi solari, mentre quella argentata tende a

rifletterli.

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CONCLUSIONI

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Incidenti e vittime sono avvenimenti ormai all’ordine del giorno e proprio ogni

giorno per fortuna ci sono migliaia di persone, tra le quali spero di essere presto

anche io, pronte ad aiutare coloro che ne hanno bisogno. Come abbiamo potuto

vedere, le operazioni da effettuare, le procedure da conoscere, sono davvero

molteplici e sono dell’idea che avere una buona istruzione sul come lavorare in

ambito extra-ospedaliero quindi, raggiungere il paziente e trattarlo nel minor tempo

possibile, saper effettuare un ottima valutazione della scena e mantenere quindi la

sicurezza dei soccorritori stessi, valutare il paziente tramite il primary survey così da

avere un quadro competo sulle sue funzioni vitali e soprattutto saper valutare la

dinamica dell’incidente con l’utilizzo della cinematica per inquadrare

tempestivamente eventuali lesioni che a primo impatto possono risultare nascoste,

facciano la differenza tra vita e morte e di un paziente. Come già detto la speranza è

quella di essere un giorno li in prima linea ad aiutare coloro che hanno bisogno

cercando nel massimo delle mie possibilità di agire nel modo più tempestivo efficace

e corretto possibile.

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BIBLIOGRAFIA

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