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Sede Amministrativa: Università degli Studi di Padova Dipartimento di Biologia SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN BIOSCIENZE INDIRIZZO DI BIOLOGIA EVOLUZIONISTICA CICLO XXIII METODOLOGIE DIDATTICHE NELL’INSEGNAMENTO DELLA TEORIA EVOLUZIONISTICA Direttore della Scuola: Ch.mo Prof. Giuseppe Zanotti Coordinatore d’indirizzo: Ch.mo Prof. Giorgio Casadoro Supervisore: Ch.ma Prof.ssa Ester Piccinni Dottorando: Tiziano Trevisan

Dipartimento di Biologia SCUOLA DI DOTTORATO DI …paduaresearch.cab.unipd.it/3558/1/metodologie_didattiche... · 2011-01-27 · Tra i firmatari ci sono i nomi del Nobel Renato Dulbecco,

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Sede Amministrativa: Università degli Studi di Padova

Dipartimento di Biologia

SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN BIOSCIENZE

INDIRIZZO DI BIOLOGIA EVOLUZIONISTICA

CICLO XXIII

METODOLOGIE DIDATTICHE NELL’INSEGNAMENTO

DELLA TEORIA EVOLUZIONISTICA

Direttore della Scuola : Ch.mo Prof. Giuseppe Zanotti

Coordinatore d’indirizzo : Ch.mo Prof. Giorgio Casadoro

Supervisore : Ch.ma Prof.ssa Ester Piccinni

Dottorando : Tiziano Trevisan

ABSTRACT

The present research compares the results obtained by using two different

methods of instruction in teaching Darwin’s evolution theory: laboratory activities and

traditional lessons based on text-books.

I built up a teaching path on evolution using laboratory activities, in order to

highlights how the main concepts of this theory (selection, adaptation, variability,

inheritance, case, time) can be handled also by doing, interacting, cooperating, in other

words by “putting students thinking into action”. This path does not refer to a real

scientific laboratory (as a physical space with materials and instruments) but to an

educational laboratory, “poor” and characterised by limited in time activities. Widening

the definition of laboratory allows teachers to make active and informal learning

contexts, exploiting educational resources supplied by those centres which promote both

culture and knowledge, as well as by specific events organized in the scientific network.

Every activity has been planned to explain one or more of the main themes, using the

following methods: economy of ideas, logical coherence, introductory value, scientific

accuracy.

The experimental samples were third year students attending secondary school.

A questionnaire was used before and after the course, to probe students’ acceptance and

understanding of evolution. In both methods results highlighted relevant differences in

understanding concepts, in religious-based questions and in scientific facts regarding

evolution. Moreover, the comparison of answers obtained using either the traditional or

the laboratory method shows several differences. In particular, the percentage of

students accepting and understanding the evolution theory is much higher in those who

participated to laboratory lessons.

In conclusion it can be assumed that, in teaching the evolution, lessons

proposing scientific experiments through active and practical activities are much more

effective than lessons based on school-books and frontal methods. Thus, a teaching path

based on interaction and cooperation of students in scientific laboratory is to be

considered more successful.

RIASSUNTO

La mia ricerca mette a confronto i risultati ottenuti usando due diversi metodi di

insegnamento: il metodo del laboratorio didattico e il metodo della lezione tradizionale

basata sui libri di testo. L’argomento scelto è la teoria evoluzionistica secondo Darwin.

A tale scopo, ho costruito un percorso didattico sull’evoluzione attraverso

metodiche di laboratorio, evidenziando come sia possibile affrontare i nodi concettuali

della teoria (selezione, adattamento, variabilità, ereditarietà, caso, tempo) anche

facendo, interagendo, cooperando, cioè “mettendo in azione” il pensiero. Il riferimento

non è rivolto ad un vero laboratorio scientifico, inteso come spazio fisico che disponga

di materiali e di strumenti per elaborare dati, ma a un laboratorio didattico, “povero” e

limitato nel tempo. L’estensione del concetto permette la creazione di situazioni di

apprendimento attivo in contesti non formali, sfruttando le potenzialità didattiche dei

centri di diffusione culturale o di specifiche iniziative legate al mondo scientifico. Le

esperienze realizzate sono state ricondotte a uno o ad alcuni dei nodi concettuali, e sono

state concepite con criteri di economicità delle idee, di coerenza logica, di

propedeuticità, di correttezza scientifica.

La realizzazione dei percorsi didattici è stata effettuata nelle terze classi di

Scuole Secondarie di Primo Grado. L’attività didattica è stata monitorata attraverso un

questionario di accettazione della teoria dell’evoluzione, somministrato sia prima che

dopo aver frequentato le lezioni. I risultati ottenuti da entrambe le metodologie

didattiche evidenziano significativi cambiamenti riguardanti la comprensione della

teoria, il riconoscimento dei fatti evolutivi e il rapporto religione/scienza. Inoltre,

comparando i dati ottenuti con la metodologia di laboratorio con quelli derivanti dai

percorsi didattici tradizionali, si è appurato tra i primi un livello di comprensione e di

accettazione maggiore. Si conferma quindi la maggior validità di dinamiche basate

sull’apprendimento attivo rispetto alla staticità di metodologie che focalizzano la loro

azione sul trasferimento passivo delle conoscenze.

INDICE

INTRODUZIONE 1

1. L’EVOLUZIONE NELLA SCUOLA ITALIANA 3

2. PERCHE’ INSEGNARE L’EVOLUZIONE 7

2.1. L’INTEPRETAZIONE DEL MONDO NATURALE 7

2.2. L’INTERDISCIPLINARIETA’ 7

2.3. IL PROCESSO DELLA RICERCA 8

2.4. LE APPLICAZIONI 9

2.5. UNA QUESTIONE EPISTEMOLOGICA 10

2.6. SINTESI 11

3. COSA E’ FONDAMENTALE INSEGNARE 13

4. PUBBLICA ACCETTAZIONE

DELLA TEORIA DELL’EVOLUZIONE 17

5. EVOLUZIONE, STUDENTI E INSEGNANTI 23

5.1. GLI ATTEGGIAMENTI DEGLI STUDENTI 23

5.2. SEGUIRE CORSI DI BIOLOGIA NON E’ SUFFICIENTE 25

5.3. QUANDO SI INSEGNA L’EVOLUZIONE 26

5.4. IL RUOLO DEGLI INSEGNANTI 27

6. MISCONCEZIONI SULLA TEORIA DELL’EVOLUZIONE 31

6.1. MISCONCEZIONI FILOSOFICHE 31

6.1.1. L’evoluzione è solo una teoria 31

6.1.2. L’evoluzione è una spiegazione scorretta o non scientifica 31

6.1.3. L’evoluzione sostiene comportamenti umani inaccettabili 32

6.1.4. L’accettazione dell’evoluzione porta al rifiuto della religione 34

6.2. MISCONCEZIONI STORICHE 35

6.2.1. Darwin scoprì l’evoluzione 35

6.2.2. Darwin era il naturalista del Beagle 36

6.2.3. Darwin sviluppò l’idea della selezione naturale

durante il viaggio sul Beagle 36

6.2.4. Le isole Galapagos furono l’unico luogo rilevante

per le scoperte di Darwin 37

6.2.5. I fringuelli furono fondamentali per la nascita

della teoria della selezione naturale 38

6.2.6. Darwin ha usato con disinvoltura il termine “evoluzione” 39

6.2.7. L’evoluzione è progressiva 39

6.2.8. L’evoluzione tramite la selezione naturale

si deve unicamente a Darwin 40

6.3. MISCONCEZIONI COGNITIVE 41

6.3.1. Il problema del linguaggio 41

6.3.2. L’uomo è “nato per credere” 42

7. IL LABORATORIO NELLA DIDATTICA 45

7.1. IL METODO TRADIZIONALE: LA LEZIONE FRONTALE 45

7.2. IL METODO OPERATIVO: IL LABORATORIO 48

8. SCOPO DELLA RICERCA 53

9. OBIETTIVI DELLA RICERCA 55

10. STRUMENTI E METODOLOGIA D’INDAGINE 57

10.1. PROGETTAZIONE DEL PERCORSO DIDATTICO 57

10.2. ORGANIZZAZIONE DEL PECORSO DIDATTICO 58

10.3. REALIZZAZIONE DEL PROGETTO 59

10.4. TRACCIA PER LA CONDUZIONE DI

UNA ATTIVITA’ DI LABORATORIO 60

10.5. QUESTIONARIO DI ACCETTAZIONE

DELLA TEORIA DELL’EVOLUZIONE 68

11. RISULTATI 71

12. DISCUSSIONE 85

BIBLIOGRAFIA

1

INTRODUZIONE

La teoria dell'evoluzione è un argomento tipicamente interdisciplinare. Se infatti

da un lato è compito degli evoluzionisti aiutarci a capire la storia passata degli

organismi che popolano il mondo, è anche vero che la ricerca di ipotesi valide sui

meccanismi dell'evoluzione è uno dei settori più attivi delle scienze naturali. Varie

proposte stimolanti sono state presentate, e vengono tuttora proposte, da studiosi di ogni

settore delle scienze della vita: zoologi, biologi molecolari, botanici, paleontologi,

genetisti di popolazione ed embriologi.

L'evoluzione è un settore di grande interesse didattico, perché consente

all'insegnante di avvicinarsi in modo vivo ed attuale ai fatti naturalistici e di porre in

luce quanto differenti possano essere le logiche della ricerca scientifica contemporanea.

Tali logiche sono sempre legate a differenti mentalità e modi di vedere la realtà, e la

storia del pensiero evoluzionistico ne fornisce esempi stimolanti. Proprio a causa della

sua natura complessa e del diffondersi di diverse interpretazioni, l'evoluzionismo è una

materia difficile da affrontare a scuola.

Per chi abbia un’idea della scuola come un luogo dove i ragazzi costruiscono

conoscenza in un contesto sociale a partire dal riferimento alla realtà, la domanda

“legittima” è se la teoria dell’evoluzione sia accessibile o no alle capacità di

comprensione dei ragazzi tra gli 11 e i 14 anni. L’evoluzione costituisce sicuramente un

difficile ambito di apprendimento perché tratta di fenomeni per lo più non osservabili in

modo diretto, la cui spiegazione richiede l’esplorazione di altri concetti inseriti in una

rete elaborata di conoscenze e relazioni, implicando una notevole complessità. Tuttavia,

assumendo come presupposto l’alto valore scientifico e didattico della teoria

dell’evoluzione, la sua trattazione, più che essere rimandata nel tempo a livello

curricolare, impone l’adozione di adeguate metodologie didattiche. E’ una sfida vera,

proprio per chi pensa che si impari dal fare esperienza.

3

1. L’EVOLUZIONE NELLA SCUOLA ITALIANA

I programmi ministeriali per l’insegnamento delle materie scientifiche nella

Scuola Secondaria di Primo Grado hanno subito una profonda revisione in tempi

relativamente recenti, suscitando vivaci discussioni e controversie, in particolare proprio

riguardo la trattazione delle teorie evoluzionistiche.

I programmi per la Scuola Media di Primo Grado di Scienze Matematiche

Chimiche Fisiche e Naturali del 1979 (Decreto Ministeriale 9 febbraio 1979), in vigore

fino alla prima metà del decennio scorso, contemplavano l’insegnamento di “struttura,

funzione ed evoluzione dei viventi”. Queste generiche indicazioni portarono gli autori

dei testi scolastici a trattare diffusamente i temi sull’uomo e sull’ambiente,

sistematizzando i principi sull'evoluzione della specie umana e comprendendo la teoria

di Darwin.

La prima vera riforma dei programmi risale al 2004, regolata dalle “Indicazioni

nazionali per i piani di studi personalizzati nella Scuola Secondaria di Primo Grado”

(Decreto Legislativo n. 59 del 19 febbraio 2004, allegato C), in cui l’insegnamento della

“teoria dell’evoluzione delle specie” viene omesso. Di fatto scompaiono argomenti

quali "l'evoluzione della Terra", "comparsa della vita sulla Terra”, "struttura, funzione

ed evoluzione dei viventi”, "origine ed evoluzione biologica e culturale della specie

umana". L’iniziativa sfocia in una vera e propria rivolta del mondo scolastico, con

rimostranze sia del corpo insegnante che dei comitati studenteschi, ottenendo ampio

risalto sui media nazionali. Anche la comunità scientifica ed accademica aderisce alla

protesta, tanto che alcuni dei maggiori scienziati italiani inviano un appello al Ministro.

Tra i firmatari ci sono i nomi del Nobel Renato Dulbecco, Margherita Hack e di un’altra

decina di scienziati italiani di fama internazionale, titolari di cattedre in genetica

molecolare, fisica e pediatria delle principali università del mondo. L’appello recita: “Il

mancato apprendimento della teoria dell'evoluzione per dei ragazzi di 13 -14 anni,

rappresenta una limitazione culturale e una rinuncia a svilupparne la curiosità

scientifica e l'apertura mentale. E' senz'altro giusto spiegare che il Darwinismo e le

teorie che ne sono conseguite hanno lacune da colmare e presentano problemi insoluti,

ma non si può saltare completamente l'anello che lega passato e presente della nostra

specie. Chiediamo dunque al Ministero dell'Istruzione di rivedere i programmi della

scuola media, colmando una dimenticanza dannosa per la cultura scientifica delle

4

nuove generazioni”. Davanti a tutte queste rimostranze il Ministero dell’Istruzione

affida ad un gruppo di esperti il compito di redigere un rapporto, comunque non

vincolante, su Darwin e l’evoluzionismo. Il risultato dei lavori di questa commissione è

un documento di una decina di pagine, in cui si afferma che l’insegnamento delle

scienze non può prescindere dall’insegnamento della teoria evoluzionista e di Darwin.

Nel successivo Decreto Legislativo del 17 ottobre 2005, nelle “Indicazioni nazionali per

i piani di studio personalizzati - Obiettivi specifici di apprendimento per le Scienze per

le Scuole Secondarie di Primo Grado (Allegato F)” ricompare l’indicazione

dell’insegnamento della teoria darwiniana nei programmi della classe terza, nella forma

“interazioni reciproche tra geosfera e biosfera, loro coevoluzione. Darwin”. Rimangono

quindi escluse le scuole dell’infanzia e le scuole elementari.

Le più recenti “Indicazioni nazionali per il curricolo”, emanate con Decreto

Ministeriale 31 luglio 2007 e non vincolanti, avevano lo scopo di incentivare una loro

applicazione sperimentale; i dati raccolti sarebbero stati utilizzati per una

riformulazione completa dei programmi di insegnamento. Anche se questo processo non

è stato portato a termine, le suddette indicazioni vengono considerate ancora oggi valide

per la programmazione delle attività annuali da parte degli insegnanti. Tra gli obiettivi

di apprendimento al termine della classe terza della Scuola Secondaria di Primo Grado,

si leggono le seguenti voci:

- individuare la rete di relazioni e i processi di cambiamento del vivente

introducendo il concetto di organizzazione microscopica a livello di cellula (per

esempio: respirazione cellulare, alimentazione, fotosintesi; crescita e sviluppo,

coevoluzione tra specie);

- individuare l’unità e la diversità dei viventi, effettuando attività a scuola, in

laboratorio, sul campo e in musei scientifico-naturalistici;

- comprendere il senso delle grandi classificazioni;

- riconoscere gli adattamenti e la dimensione storica della vita, intrecciata con la

storia della Terra e dell’uomo;

- comparare le idee di storia naturale e di storia umana;

- comprendere la funzione fondamentale della biodiversità nei sistemi ambientali.

5

Sebbene non sia riscontrabile alcun riferimento diretto nei termini in cui l’evoluzione è

caratterizzata formalmente in ambito accademico (per esempio variabilità o selezione

naturale), dalle voci elencate e dalle loro estensioni interpretative, viene lasciato agli

insegnanti un ampio margine di trattazione.

7

2. PERCHE’ INSEGNARE L’EVOLUZIONE

2.1 L’INTEPRETAZIONE DEL MONDO NATURALE

I biologi che studiano patterns, meccanismi e ritmi dell’evoluzione, sono

d’accordo nell’affermare che tutti gli organismi viventi condividono un unico antenato

comune. Le testimonianze fossili e la diversità tra gli organismi viventi, combinate con

le moderne tecniche di biologia molecolare, tassonomia e geologia, forniscono esempi

esaurienti e di indiscutibile evidenza per le teorie evoluzionistiche attuali. La variabilità

genetica, la selezione naturale, la speciazione e l’estinzione sono componenti

sedimentate delle moderne teorie evoluzionistiche. Sperimentazioni, analisi logiche e

revisioni basate sull’evidenza sono procedure che differenziano e separano chiaramente

la scienza dagli altri modi di originare conoscenza. Le impressionanti similarità tra le

innumerevoli differenti specie, i cambiamenti esistenti all’interno delle popolazioni e lo

sviluppo di nuove forme di vita sono ben spiegate dal processo evolutivo. Escludendo

l’evoluzione dai curricola scientifici o compromettendo la sua trattazione, si

priverebbero gli studenti di questo fondamentale e unificante concetto nella spiegazione

del mondo naturale.

2.2 L’INTERDISCIPLINARIETA’

Capire l’evoluzione è fondamentale per capire la biologia.

Come afferma l’eminente scienziato Theodosius Dobzhansky (1973) “in biologia nulla

ha senso se non alla luce dell'evoluzione”. Questa nota citazione riflette accuratamente

il centrale e unificante ruolo dell’evoluzione in biologia. Essa infatti offre un livello di

comprensione e di interpretazione integrato, correlando discipline quali anatomia,

morfologia e fisiologia dei viventi, etologia, biogeografia, genetica, biologia molecolare

e quasi ogni altro aspetto delle scienze della vita. Senza l’evoluzione, la biologia

verrebbe relegata a meno di una collezione di francobolli di storia naturale, in cui ogni

specie è raccolta, esaminata e identificata come entità individuale, senza nessun

collegamento apparente con la rimanente parte del mondo vivente.

8

2.3 IL PROCESSO DELLA RICERCA

Studiare l’evoluzione è un eccellente modo per gli studenti di imparare come

avviene il processo della ricerca scientifica. Essa offre innumerevoli diversi esempi su

come gli scienziati ottengono e analizzano le informazioni, testano ipotesi e arrivano

quindi a spiegazioni accettabili per i fenomeni naturali. Capire la scienza è essenziale

per prendere decisioni informate e sta diventando sempre più importante per

l’innovazione e la competitività nel lavoro e nella ricerca.

Il modello di base a spiegazione di come avviene l’evoluzione è rimasto

sostanzialmente intatto nel tempo. Tuttavia, lo stesso Darwin riconosceva che alcuni

elementi del suo modello non potevano essere compresi in maniera soddisfacente per lo

stato della conoscenza scientifica che caratterizzava il momento storico della sua

formulazione. La sua strategia, si è sostenuto, consistette sostanzialmente nel trattare la

variazione come una “scatola nera”. Scatola nera che avrebbe cominciato a venir aperta

solo molto dopo, con l’avvento della genetica e la cosiddetta riscoperta delle leggi di

Mendel; successivamente, a metà del secolo scorso, la scoperta della struttura del DNA

ci ha consentito di cominciare quello che oggi chiamiamo il codice genetico, in cui sono

iscritte le informazioni che presiedono alla strutturazione e allo sviluppo del vivente

nella sua interazione con l’ambiente (Continenza, 1998).

Il gradualismo, secondo cui i fenomeni evolutivi avvengono lentamente nel

tempo, che Darwin considerava il modello di evoluzione, è stato messo in discussione.

Le prove empiriche hanno dimostrato che in alcuni lineages i cambiamenti evolutivi

avvengono in periodi di tempo relativamente brevi sotto l'impulso di forze selettive

ambientali; questi periodi di variazione evolutiva sono intervallati da lunghi periodi di

stabilità evolutiva. Questa teoria, detta degli equilibri punteggiati (Eldredge e Gould,

1972), anche se descrive in maniera più adeguata alcuni processi, è in ogni caso

spiegata tramite gli stessi meccanismi darwiniani che giustificano l’evoluzione.

Ogni conflitto all’interno della comunità scientifica ha riguardato punti sottili

della spiegazione evolutiva, non la sua validità o utilità complessiva, dimostrando di

resistere ad un intenso scrutinio scientifico. Dibattiti, ripensamenti, cicli di verificazione

sono importanti elementi che caratterizzano gli sforzi e i tentativi scientifici volti a

nuove scoperte, così come devono caratterizzare un sana riflessione sulla scienza. E’

quindi cruciale che gli studenti ricevano un’appropriata educazione scientifica,

9

includendo l’evoluzione come fondamentale principio della biologia che permette la

comprensione di come la conoscenza scientifica è prodotta e accumulata.

2.4 LE APPLICAZIONI

Insegnare e apprendere l’evoluzione significa dimostrare l’immenso valore

pratico posseduto da questa teoria nel mondo reale.

Il principio dell’evoluzione è alla base dei miglioramenti nelle colture, negli

allevamenti e in generale nei metodi agricoli. La selezione naturale giustifica l’aumento

della resistenza ai pesticidi tra i parassiti delle coltivazioni e guida la progettazione di

nuove tecnologie per proteggere le colture da insetti e altre patologie. Gli scienziati

applicano i principi offerti dalla biologia evoluzionistica nell’ambito della

conservazione ambientale: piante e batteri adatti ad ambienti inquinati sono utilizzati

per sostituire la vegetazione andata persa e per la bonifica da agenti tossici. Le specie,

dai microrganismi ai mammiferi, si adattano ai cambiamenti climatici; studiando il

meccanismo e il tasso di queste modificazioni si può favorire la salvaguardia delle

specie in via di estinzione formulando apposite misure di conservazione.

La comprensione dell’evoluzione è inoltre centrale per i progressi in medicina;

l’intero campo della medicina evoluzionistica è dedicato all’uso dell’evoluzione per lo

studio e il trattamento delle patologie umane. Concetti quali adattamento e mutazione

informano sulle strategie e sulle terapie per combattere agenti patogeni, come per

esempio l’influenza. I modelli sviluppati dai biologi evoluzionisti hanno dimostrato le

connessioni tra la variabilità genetica e il rischio di essere affetti da malattie cardiache.

La conoscenza delle relazioni evolutive tra le specie permette agli scienziati di scegliere

gli organismi adatti come modelli per gli studi delle malattie, come l’HIV. Si stanno

persino utilizzando i principi della selezione naturale per identificare nuovi approcci di

determinazione e cura di malattie quali il cancro.

Gli esempi riportati riguardano solo alcuni campi di applicazione delle teorie

evoluzionistiche, ma delineano con efficacia quale sia la loro importanza in molteplici

ambiti di ricerca scientifica e tecnologica. L’insegnamento dell’evoluzione a livello

scolastico può e dovrebbe quindi rispondere in modo adeguato alle esigenze poste dal

processo di apprendimento. Infatti, secondo le linee guida dell’insegnamento, una buona

azione didattica nelle discipline scientifiche non può prescindere dai riferimenti alla

10

realtà e deve avere come obiettivo quello di fornire indicazioni per la sua

interpretazione.

2.5 UNA QUESTIONE EPISTEMOLOGICA

L’evoluzione è un fatto, una teoria o una ipotesi? I biologi spesso parlano di

“teoria dell’evoluzione”, ma di solito intendono qualcosa di abbastanza diverso da ciò

che i non-scienziati alludono con questa frase. Nella scienza, una “ipotesi” è una

supposizione fondata o un’asserzione che qualcosa potrebbe essere vero. Un’ipotesi può

essere debolmente supportata, specialmente all’inizio, ma può guadagnare sostegno,

finché essa diventa effettivamente un “fatto”. Nell’uso quotidiano una “teoria” è una

speculazione non sostenuta da prove, mentre nel linguaggio scientifico rappresenta un

corpo maturo e coerente di affermazioni interconnesse, basate sul ragionamento e su

prove che spiegano una varietà di osservazioni (Futuyma, 2005).

Gould (1987) sostiene che “…l’evoluzione è …un fatto della natura, così ben

fondato come il fatto che la terra gira attorno al sole”. Persino se si rigettasse ogni

particolare meccanismo esplicativo, sarebbe veramente arduo negare la realtà

dell’evoluzione come fatto, testimoniato per esempio dai tipi di cambiamento e dalla

natura delle relazioni dei fossili preservati all’interno delle rocce.

Per altri versi invece, se si vuole considerare l’evoluzione una teoria, le si deve

attribuire la capacità predittiva tipica delle altre teorie delle scienze fisiche. Per erigersi

al rango di teoria quindi, l’evoluzione ha bisogno di un meccanismo, in grado di poter

spiegare i fatti e le evidenze scientifiche. In effetti, questo meccanismo esiste ed è ben

noto, correttamente definito come selezione naturale. Gould (1983) indirizza la

questione affermando che “…l’evoluzione è una teoria. Ed è anche un fatto. E i fatti e le

teorie sono cose diverse, non inanellabili in una gerarchia di crescente complessità”.

Sarebbe quindi molto istruttivo per gli studenti osservare come questa differenza

viene interpretata nel mondo reale. Considerando per esempio i fossili conservati nelle

rocce, si potrebbe velocemente concludere che esiste un pattern di assembramento: gli

organismi più recenti, collocati negli strati rocciosi superficiali, sono frequentemente

correlati con quelli sottostanti, pur essendo diversi. L’evoluzione, come principio

naturale, giustifica questo pattern di distribuzione, ma intellettualmente, non è

soddisfacente affermare che lo spiega. Ciò che manca in questa definizione è un

11

meccanismo che spieghi come funziona il principio generale dell’evoluzione; il rimando

è ovviamente al modello di Darwin-Wallace, cioè quello della selezione naturale, e solo

introducendo questo meccanismo l’evoluzione può essere intesa come una teoria

scientifica.

Avendo ben chiara la distinzione tra fatto e teoria, è facile constatare che è

importante, quando si usa la parola evoluzione, definirne il contesto di applicazione; da

una parte l’evoluzione si riferisce ai cambiamenti nel tempo, dall’altra rappresenta la

spiegazione di come avvengono questi cambiamenti. Sebbene questi termini abbiano un

significato unico e ben definito, solo raramente si discutono in classe le ragioni della

loro distinzione, permettendone e consolidandone un uso scorretto mutuato dal

linguaggio comune.

2.6 SINTESI

Riassumendo, le motivazioni per cui si ritiene fondamentale l’insegnamento

dell’evoluzione sono:

- fornisce una chiave interpretativa del mondo naturale utilizzando un metodo

conoscitivo ed applicativo di carattere scientifico;

- consente l’esplorazione di tematiche fondanti la biologia e ne costituisce una

chiave di lettura unitaria, offrendo una correlazione tra i diversi livelli di

organizzazione basati sul concetto di vivente;

- le dinamiche che hanno condotto all’enunciazione della teoria dell’evoluzione e

alle sua interpretazioni riflettono peculiari percorsi che hanno portato e portano

a differenti conquiste e traguardi scientifici;

- offre un esempio di solida connessione tra le scienze della vita e le altre

discipline favorendo la comprensione del contributo che le varie aree del sapere

possono fornire alla composizione di una teoria scientifica;

- sancisce l'importanza della conoscenza della storia del pensiero scientifico come

strumento di analisi e riflessione sul mutare delle idee;

- permette la comprensione del processo di teorizzazione di un percorso di ricerca

e le sue possibili ristrutturazioni, consentendo nascita e sviluppo delle idee e

delle teorie scientifiche e la loro natura di prodotti rivedibili e perfezionabili;

12

- mette in evidenza il ruolo dei ricercatori e la natura "additiva" dei loro contributi

alla costruzione del sapere scientifico.

13

3. COSA E’ FONDAMENTALE INSEGNARE

Ernst Mayr (2001), uno dei più stimati studiosi di evoluzione del secolo scorso,

ha definito l’evoluzione come “un processo graduale attraverso il quale il mondo

vivente si è sviluppato a partire dall’origine della vita”. La National Academy of

Science americana (1998) la illustra come “cambiamenti nelle caratteristiche ereditarie

di gruppi di organismi attraverso il passare delle generazioni”. Queste due

affermazioni danno una chiara definizione sia di cosa accade (cambiamento nel tempo)

sia di qual è l’unità sul quale il cambiamento opera (gruppi di organismi o popolazioni).

Il meccanismo dell’evoluzione tramite la selezione naturale è basato su

supposizioni correlate ma indipendenti, che Mayr (1991) ha definito “un lungo

ragionamento”. Egli ha scelto saggiamente questa frase perché, in effetti, l’evoluzione

tramite la selezione naturale è composta da una serie di asserzioni autonome che,

combinate insieme, contribuiscono a comprendere e spiegare i fatti naturali relativi agli

organismi viventi. Da una prospettiva pedagogica, è utile isolare e capire le componenti

individuali che guidano il meccanismo evolutivo; un modo proficuo per insegnare

l’evoluzione è focalizzarsi sui singoli elementi della teoria mentre si discute di come gli

stessi funzionino nel complesso.

Mayr afferma che almeno cinque distinte idee contribuirono alla rivoluzione

evolutiva operata da Darwin e Wallace: la scoperta che l’evoluzione stessa avviene

(come fatto), la discendenza comune, la speciazione, il gradualismo e la selezione

naturale. Ognuno di questi elementi esiste indipendentemente rispetto alla teoria di cui

fa parte. Quando questi principi lavorano insieme la teoria prende forma e provvede a

spiegare come ha luogo la discendenza con modificazione. Mayr etichetta queste idee

come sottoteorie; anche se si potrebbe ritenere opinabile questa scelta, rimane però

l’importanza di questo elenco perché aiuta a chiarire la varietà e la correlazione dei

contributi offerti da Darwin e Wallace.

Ovviamente, le due idee evoluzionistiche più importanti sono la discendenza con

modificazione, prova e implicazione dell’evoluzione, e la teoria della selezione naturale,

cioè elementi correlati che spiegano come avviene il processo evolutivo. Lewis (1986)

ha provveduto a stilare una lista dei postulati più significativi della discendenza con

modificazione (tab. 13.1). Questo elenco può essere utilizzato dagli insegnanti per

mostrare agli studenti le principali assunzioni derivanti dai fatti evolutivi.

14

1. All life evolved from one simple kind of organism.

2. Each species, fossil or living, arose from another species that preceded it in time.

3. Evolutionary changes were gradual and of long duration.

4. Each species originated in a single geographic location.

5. Over long periods of time new genera, new families, new orders, new classes, and new

phyla arose by a continuation of the kind of evolution that produced new species (this

is known as adaptive radiation).

6. The greater the similarity between two groups of organisms, the closer is their

relationship and the closer in geologic time is their common ancestral group.

7. Extinction of old forms (species, etc.) is a consequence of the production of new forms

or of environmental change.

8. Once a species or other group has become extinct, it never reappears.

9. Evolution continues today in generally the same manner as during preceding geologic

eras (related to the geologic idea of uniformitarianism).

10. The geologic record is incomplete.

Tabella 3.1: The major assumption of descent with modification as described by Darwin. Modified from Lewis (1986).

La National Association of Biology Teachers americana (1996) ha approvato i

seguenti concetti essenziali riguardanti l’insegnamento della biologia, ed in particolare

della biologia evoluzionistica, destinati agli insegnanti come cardini fondamentali su cui

basare la propria azione didattica.

- La diversità della vita sulla terra è il risultato dell’evoluzione biologica degli

organismi viventi, un processo naturale imprevedibile di discendenza con

modificazione caratterizzato da selezione naturale, mutazione, deriva genetica,

migrazione e altre forze biologiche e geologiche;

- La selezione naturale è il meccanismo primario responsabile dei cambiamenti

evolutivi e può essere dimostrato sia in laboratorio che sul campo. Come

sopravvivenza differenziale ed ereditarietà dei caratteri all’interno di una

popolazione in un determinato contesto ambientale, la selezione naturale non

possiede direzioni od obiettivi, inclusa la sopravvivenza di una specie;

- L’evoluzione biologica si riferisce ai cambiamenti in una popolazione, non nei

singoli individui. Le modificazioni devono essere trasmesse con successo alla

generazione seguente. Questo significa che l’evoluzione porta a dei cambiamenti

15

in una popolazione attraverso molte generazioni. Infatti, l’evoluzione può essere

definita come ogni diversificazione della frequenza allelica all’interno di un pool

genico da una generazione alla successiva.

17

4. PUBBLICA ACCETTAZIONE DELLA TEORIA DELL’EVOLUZI ONE

Dal 1985 al 2005, la percentuale degli americani che accetta l’idea

dell’evoluzione è scesa dal 45% al 40%, la percentuale che rigetta apertamente

l’evoluzione è passata dal 48% al 39%, mentre chi non è sicuro della teoria

dell’evoluzione è aumentato dal 7% al 21% (Miller, 2006). Questo studio è stato

condotto su un campione di cittadini americani adulti, a cui veniva posto il quesito “gli

esseri umani, così come sono conosciuti, si sono sviluppati a partire da forme di vita

animali precedenti”. Dopo due decenni di dibattito pubblico quindi, la platea appare

equamente suddivisa nei termini di chi accetta o rigetta la teoria dell’evoluzione, e circa

una persona su cinque è insicura o ignara dell’esistenza della teoria stessa.

I risultati ottenuti sono stati comparati da ricerche analoghe svolte in 32 paesi

europei (European Commission, 2005) e un’indagine nazionale giapponese (NISTEP,

2001). Questo confronto dimostra che la percentuale di accettazione della teoria

dell’evoluzione tra gli adulti giapponesi ed europei è significativamente maggiore

rispetto agli adulti americani; l’unico paese in cui la propensione risulta inferiore a

quella americana è la Turchia. I riscontri migliori si ottengono in Islanda, Danimarca,

Svezia e Francia, dove più dell’80% degli intervistati dimostra di accettare la teoria

dell’evoluzione, così come il 78% dei giapponesi; in Italia questa percentuale si attesta

attorno al 70% (figura 4.1). A discapito di risultati così confortanti, occorre però

ammettere che la dicotomia offerta dai format basati su domande del tipo “vero-falso”

tende ad esagerare la forza di entrambe le posizioni.

18

Figura 4.1: Pubblica accettazione dell’evoluzione in 32 Paesi (Miller, 2006)

Dati ottenuti proponendo una più ampia possibilità di scelta si collocano

abbastanza in linea con i precedenti. Per esempio, in una ricerca incrociata tra Stati

Uniti e 9 nazioni Europee negli anni 2002-2003 (Fundacion BBVA, 2003), il campione

poteva esprimere una opinione sulla teoria dell’evoluzione potendo scegliere tra

“assolutamente vera, probabilmente vera, probabilmente falsa, assolutamente falsa”,

oppure se si fosse incerti o non si sapesse nulla a riguardo. I risultati ottenuti dimostrano

che la percentuale degli americani che considerano “assolutamente o probabilmente

vera” la teoria dell’evoluzione (35%) è significativamente più bassa rispetto alla

percentuale europea (dal 52% della Polonia all’82% della Danimarca; per l’Italia tale

valore è del 66%). Inoltre, un terzo degli americani indica che l’evoluzione è

19

“assolutamente falsa”, mentre un atteggiamento analogo è compreso in un intervallo cha

va dal 7% della popolazione danese, francese e inglese, al 15% della popolazione

olandese (figura 4.2).

Figura 4.2: Pubblica accettazione dell’evoluzione in 10 paesi (Miller, 2006)

Una delle principali ipotesi per l’interpretazione di questi risultati coinvolge la

struttura e le convinzioni del fondamentalismo americano. Questa corrente si ancora

fortemente su un focus biblico, che ritiene la Genesi come vera e accreditata

spiegazione della creazione della vita umana, sostituendo qualsiasi scoperta o

interpretazione scientifica. Al contrario, i principi delle fedi protestante e cattolica, in

Europa come in America, considerano la Genesi biblica come metafora; questa

interpretazione consente un approccio più flessibile alla teoria darwiniana.

Per testare empiricamente questa ipotesi, Miller et al. (2006) hanno costruito un

modello strutturale di equazioni a due gruppi (SEM) usando i dati ottenuti in America e

nei nove paesi europei oggetto dell’indagine. Questo modello matematico permette di

esaminare la relazione simultanea tra diverse variabili e la loro incidenza sui risultati

20

ottenuti. Come possibili responsabili dell’atteggiamento nei confronti della teoria

dell’evoluzione, sono state considerate le seguenti otto variabili:

- età: generalmente gli individui più anziani tendono ad essere maggiormente

devoti e si presume abbiano avuto un’educazione scientifica inferiore rispetto ai

giovani adulti;

- genere: le donne hanno la tendenza ad essere più religiose degli uomini e la

scienza è stata considerata un appannaggio maschile per moltissimi anni;

- livello di istruzione: esiste una correlazione positiva tra il livello di istruzione

raggiunto e la possibilità di aver conseguito una educazione scientifica

collegabile all’accettazione dell’evoluzione;

- conoscenza della genetica: è stato dimostrato che l’indice di comprensione

genetica (punteggio ottenuto in un test formato da dieci domande a risposta

multipla) è correlato alle capacità psicometriche;

- credenze religiose: sono state suddivise in quattro categorie sulla base della

crescente accettazione del controllo divino e della frequenza della preghiera

dimostrati dai soggetti del campione. Gli adulti in Polonia, Stati Uniti e Italia si

rivelano i più credenti in assoluto, mentre i meno religiosi si riscontrano in Gran

Bretagna, Francia e Danimarca;

- atteggiamento verso la vita: l’indice dell’atteggiamento pro vita è stato misurato

attraverso tre questioni riguardanti l’inizio della vita, la morale e lo status legale

degli embrioni. Tale parametro si attesta al 30% negli adulti americani e al 23%

in Europa;

- atteggiamento verso la scienza e la tecnologia: misurato in base alle convinzioni

sulle capacità della scienza e della tecnologia di migliorare la condizione umana

e sulle loro possibili conseguenze negative. Americani ed europei dimostrano un

uguale tasso di fiducia nei confronti delle capacità della scienza di migliorare la

qualità della vita, mentre gli europei possiedono maggiori riserve sui possibili

risvolti negativi;

- ideologia politica: misurata tramite una scala a due opposti, liberale e

conservatore. La percentuale di americani che dichiara di essere conservatore

supera di poco l’analogo dato nei paesi europei.

21

I dati ottenuti indicano con certezza che le persone che possiedono forti

convinzioni religiose e che pregano frequentemente sono significativamente meno

predisposte a definire l’evoluzione come assolutamente o probabilmente vera, rispetto a

chi possiede delle posizioni religiose meno radicali. Inoltre i risultati di questo modello

dimostrano che l’effetto delle credenze religiose sull’atteggiamento nei confronti della

teoria dell’evoluzione è circa il doppio negli Stati Uniti rispetto all’Europa.

Per quanto riguarda l’atteggiamento nei confronti della vita, risulta che le

persone con un indice pro-vita elevato sono significativamente più inclini a rigettare

l’evoluzione; analogamente al parametro precedente, l’indice pro-vita sembra avere un

impatto molto più forte negli Stati Uniti rispetto all’Europa.

Il modello offre anche dati empirici che dimostrano non solo la correlazione tra

le credenze religiose e l’atteggiamento politico, ma anche tra le prime e l’atteggiamento

nei confronti della vita, in particolare negli Stati Uniti. Combinati tra loro, questi

parametri hanno un effetto additivo sulla considerazione della teoria dell’evoluzione. In

effetti la questione evolutiva è stata fortemente politicizzata negli Stati Uniti, tanto da

indurre la piattaforma repubblicana di sette stati della federazione (nel 1990) a

richiedere l’inclusione della “creation science” nei programmi di insegnamento;

posizioni politiche che rivendicano opposizione all’evoluzione non si riscontrano invece

né in Europa né in Giappone.

I risultati sulla conoscenza della genetica affermano che questo parametro è

molto importante per la previsione dell’atteggiamento nei confronti dell’evoluzione: gli

individui che dimostrano di comprendere la genetica moderna offrono maggiori

attitudini positive nei confronti dell’evoluzione, senza variazioni considerevoli tra i due

blocchi geografici. E’ da sottolineare che il punteggio medio dell’indice di

comprensione genetica si attesta su valori piuttosto bassi. Questi risultati sono da

comparare con quelli ottenuti da altri studi che indicano come vi sia parecchia

confusione nei confronti delle questioni centrali della biologia moderna (Paterson,

1999). Quando la selezione naturale è presentata omettendo la parola evoluzione, il 78%

degli adulti accetta la descrizione dell’evoluzione di piante e animali, ma il 62% del

campione ritiene che l’uomo sia stato creato da Dio, escludendo qualsiasi cambiamento

evolutivo. Emerge quindi che gran parte degli adulti hanno una prospettiva peculiare ed

esclusiva degli esseri umani, considerati diversi dagli altri organismi viventi. Altre

22

ricerche confermano questa errata posizione (Miller, 1997 e 2001): circa un terzo degli

americani accetta che più della metà dei geni umani sono identici a quelli dei topi e solo

il 38% riconosce la straordinaria somiglianza tra il DNA dell’uomo e quello dello

scimpanzè. Inoltre, meno della metà degli intervistati sa fornire una minima definizione

di DNA.

Questi risultati dovrebbero far sorgere parecchie perplessità al personale

educativo, a tutti i livelli. Per una corretta comprensione della teoria dell’evoluzione,

condizione necessaria per la sua accettazione, i concetti fondanti che ne costituiscono

l’impianto strutturale dovrebbero essere considerati come fondamentali, e insegnati a

partire sin dalla scuola di base. Questa affermazione è giustificata dal fatto che, si

usano sempre di più le opportunità di insegnamento informali, quali i media e il web.

Pur non sottovalutando l’importanza che queste risorse rivestono nella divulgazione

scientifica, è pienamente riconosciuto che un uso improprio e non assistito di questi

sussidi può compromettere il processo di conoscenza e di comprensione dei concetti,

favorendo l’instaurarsi o il permanere di concezioni errate.

23

5. EVOLUZIONE, STUDENTI E INSEGNANTI

5.1 GLI ATTEGGIAMENTI DEGLI STUDENTI

Occorre puntualizzare innanzitutto che sfortunatamente non esistono ricerche

svolte in Italia sulle posizioni degli studenti riguardo la teoria dell’evoluzione. Molte

delle ricerche scientifiche sul tema sono state condotte negli Stati Uniti, dimostrando

come gli studenti americani, dalla scuola di base al college, presentano un’estesa lista di

sofisticate misconcezioni rispetto all’evoluzione. Riporterò qui un sunto di quanto

disponibile in letteratura.

Gli studenti delle elementari e delle classi medie generalmente credono che le

specie non possano cambiare, una concezione naive profondamente radicata prima che i

bambini siano introdotti a concetti come ereditarietà ed evoluzione a scuola (Keil,

1989). Questa conclusione è supportata dai dati ottenuti da Samarapungavan e Reinout

(1997) che hanno raggruppato le opinioni dei bambini, riguardo all’origine e ai

cambiamenti delle specie, in 5 classi differenti come mostrato in figura 5.1.

Figura 5.1: Gruppi di misconcezioni sull’evoluzione (Samarapungavan e Reinout, 1997)

24

Evans (2000) e Ferrari e Chi (1998) concludono che alcuni bambini sembrano accettare

un modello ibrido di evoluzione in cui le nuove specie risultano dall’accoppiamento di

due specie non imparentate tra loro. In altre ricerche svolte attraverso alcune interviste

in bambini in età scolare si è riscontrata una forte correlazione tra l’orientamento

religioso delle famiglie (fondamentalismo religioso vs non religiosi e/o non

fondamentalisti) e la probabilità che i bambini possiedano una nozione creazionista o

naturalistica dell’evoluzione (Evans, 2000).

Le concezioni alternative all’evoluzione tra gli studenti universitari sono molto

simili a quelle dimostrate dagli studenti dei cicli d’istruzione precedenti. Per esempio, è

stato riscontrato che solo l’11% della popolazione universitaria ha idee scientifiche

accettabili sui meccanismi evolutivi. Le convinzioni alternative rilevate possono essere

identificate come adattazionismo (gli individui hanno bisogno di cambiare e quindi lo

fanno), teleologismo (tendenza verso un fine) completato dall’antropomorfismo

(tendenza ad assomigliare ad un essere perfetto rappresentato dall’uomo) e ideologie

lamarckiane (eredità dei caratteri acquisiti) (Clough e Wood-Robinson, 1985).

Dovrebbe essere notato che alcune di queste categorie non si escludono a vicenda: un

individuo potrebbe accettare sia la visione adattazionista sia il meccanismo

lamarckiano. Lord e Marino (1993) hanno rilevato un set simile di concezioni non

scientifiche: riportano infatti che un alto numero di studenti è convinto che i tratti

acquisiti durante la vita di un organismo possono essere ereditati, sostenendo che l’uso

o il disuso di una struttura anatomica è un’importante considerazione nel processo

evolutivo. Molti considerano gli avanzamenti evolutivi come un lento movimento

lineare da una singola cellula a un essere umano. Bishop e Anderson (1990) hanno

riscontrato che più della metà degli studenti universitari possiede visioni erronee,

identificandole in 3 aree principali: problemi relativi al meccanismo dell’evoluzione

tramite selezione naturale, alla variazione entro la popolazione e alla comparsa di nuovi

caratteri. In una singolare applicazione, Brumby (1984) ha trovato incomprensioni

rispetto al fatto che la selezione naturale spiega sia una crescente resistenza agli

insetticidi tra le popolazioni di insetti, sia la resistenza agli antibiotici dei batteri. Solo il

14% degli studenti spiega la situazione dei batteri con la selezione naturale, mentre il

67% la applica agli insetti; ovviamente entrambi i tipi di resistenza si spiegano nello

stesso modo. Emblematiche sono le spiegazioni riportate da alcuni studenti intervistati,

che affermano “gli insetti diventano più immuni” piuttosto che “più insetti diventano

25

immuni”. Questa struttura esplicativa dimostra un forte gap della conoscenza sul ruolo

delle popolazioni nell’evoluzione. Nello stesso studio si dimostra inoltre che molti

studenti di medicina credono che la probabilità per i figli nati da genitori con pelle

chiara di essere più scuri dipenda principalmente dal tipo di insolazione del luogo di

nascita.

In aggiunta alla carente conoscenza dei fondamenti scientifici, un’altra

spiegazione della persistenza di misconcezioni riguardante l’evoluzione può derivare da

un’errata comprensione della natura delle scienze (McComas, 1998; Solomon et al.,

1996; Sundberg, 2003). Per esempio, Sinclair et al. (1997) nel contesto di una indagine

sulla comprensione dell’evoluzione, riportano che molti studenti universitari

interpretano in modo scorretto il termine “teoria”; questo rappresenta un forte esempio

dell’uso scorretto del linguaggio discusso in precedenza (par. 2.5).

Altri studi (Abraham, 2002; Cooper, 2001; Mc Comas, 1998) dimostrano che gli

studenti non tendono a vedere la scienza come un dinamico, umano tentativo che

richiede creatività, ma la intendono come un impegno dove è coinvolto un unico

metodo scientifico nello sforzo di scoprire l’immutabilità delle leggi della natura. Si

asserisce inoltre che alcuni studenti possono ritenere l’evoluzione come non scientifica

perché non è facile studiarla attraverso il metodo scientifico, che richiama ad una

elaborazione di ipotesi, formulazione di predizioni e la verifica delle ipotesi in

laboratorio. Per certi aspetti questa rivendicazione è priva di fondamento dato che

l’evoluzione e la selezione naturale sono state oggetto di innumerevoli sperimentazioni

negli ultimi anni.

5.2 SEGUIRE CORSI DI BIOLOGIA NON E’ SUFFICIENTE

Bishop e Anderson (1990) hanno rilevato che la frequentazione di corsi di studio

universitari in biologia ha scarsa o addirittura nulla importanza sulle concezioni degli

studenti nei confronti dell’evoluzione. Inoltre i dati indicano che la comprensione degli

studenti non è associata alla loro accettazione della teoria (come vera o falsa). Piuttosto,

gli studenti che accettano l’evoluzione tendono a formulare giudizi basati sulla loro

percezione della scienza in generale definita come potente, convincente, efficace e

attendibile. Analoghi risultati si riscontrano in altre ricerche (Demastes et al., 1995),

avendo in comune il fatto che la comprensione della teoria dell’evoluzione è

26

scarsamente correlata alla quantità di istruzione ricevuta in precedenza in biologia. E’

però necessario notare che in tali studi non viene riportato se e come siano trattate

tematiche legate all’evoluzione all’interno dei corsi; gli autori affermano che esistono

crescenti evidenze su come diversi insegnanti di biologia diano pochissima

considerazione all’evoluzione o la trascurino completamente.

5.3 QUANDO SI INSEGNA L’EVOLUZIONE

E’ stato dimostrato che, quando i percorsi di insegnamento sono specifici sulla

teoria dell’evoluzione, si riscontrano dei cambiamenti nella percezione degli studenti

nei confronti della teoria stessa. Queste differenze riguardano soprattutto l’area relativa

ai fatti inerenti l’evoluzione (Chinsamy e Plaganyi, 2008).

Molti metodi di istruzione sviluppati recentemente sono basati su modelli che

prevedono cambiamenti concettuali in cui si forniscono agli studenti esplicite

opportunità di testare essi stessi l’utilità dell’evoluzione e il meccanismo esplicativo

della selezione naturale. Il cambiamento concettuale si basa sul paradigma costruttivista

che gli studenti abbiano già idee circa i fenomeni osservati, che devono essere analizzati

personalmente al fine di rimodellare le proprie convinzioni. Jensen e Finley (1995)

hanno applicato un approccio storico diretto verso una delle più diffuse miscredenze,

cioè la visione lamarckiana sull’ereditarietà dei caratteri acquisiti. Gli autori hanno

introdotto la natura generale dell’evoluzione darwiniana e insegnato i principi

lamarckiani; hanno poi assegnato ai ragazzi dei problemi da risolvere utilizzando

entrambe le prospettive, in modo da poter valutare l’efficacia del loro modello. I

risultati finali dimostrano che il miglioramento nella comprensione della teoria

dell’evoluzione è stato del 65%.

Passmore e Steward (2002) riportano i successi di un curriculum simile,

coinvolgendo gli studenti “in sviluppo, elaborazione, uso di uno dei modelli più

importanti di spiegazione di una disciplina…la selezione naturale”. Gli autori hanno

iniziato le lezioni con l’obiettivo finale già predeterminato e riconosciuto

immediatamente che la comunicazione di topics quali “la teoria delle popolazioni,

l’origine e il ruolo della variazione nella selezione naturale, l’adattamento e la

sopravvivenza differenziale” giocava un ruolo fondamentale nel successo del piano di

insegnamento. Nel cercare di aiutare gli studenti a testare l’utilità e la veridicità del

27

modello competitivo, hanno illustrato “il modello del disegno intelligente di Paley, il

modello dell’uso e disuso nell’eredità di Lamarck e il modello della selezione naturale

di Darwin”, applicando ciascuna di queste posizioni per spiegare alcuni fatti scientifici,

quali la presenza dei fossili, la struttura dell’occhio e le varietà dei piccioni.

Settlage (1994), nella sua analisi sull’efficacia di un curriculum specifico

sull’evoluzione, sostiene che spiegazioni lamarckiane e teologiche nel test di ingresso

scendono a meno del 20% nel test di uscita. Questo dimostra in maniera inconfutabile

che un insegnamento mirato può avere un impatto positivo anche sulla comprensione di

temi complessi come l’evoluzione.

Sfortunatamente, i dati sulla correlazione tra credenze religiose e insegnamento

dell’evoluzione sono abbastanza discordanti. Rimane quindi aperta la questione se gli

studenti che comprendono la teoria dell’evoluzione dimostrano atteggiamenti positivi

nei confronti anche della sua accettazione. In specifici studi su questo argomento,

presenti nella letteratura scientifica, si afferma che non si riscontrano significativi

cambiamenti nei rapporti tra religione e scienza dopo aver seguito cicli di lezione

sull’evoluzione (Lawson e Weser, 1990; Short, 1994; Sinclair et al., 1997; Chinsamy e

Plaganyi, 2008). Questo si evidenzia soprattutto negli studenti che dimostrano già in

partenza di possedere forti credenze religiose. Le convinzioni che presentano scarsi

margini di variazione riguardano la creazione della vita sulla terra, la spiegazione della

biodiversità che caratterizza gli organismi viventi e la cosiddetta teoria del disegno

intelligente. D’altra parte, gli stessi studi ammettono che, sebbene le misconcezioni

legate al creazionismo siano difficili da correggere, una metodologia educativa che si

pone come obiettivo un miglioramento delle competenze di ragionamento può avere

un’influenza positiva nel facilitare cambiamenti nelle credenze non scientifiche.

.

5.4 IL RUOLO DEGLI INSEGNANTI

La conoscenza di base di molti insegnanti di discipline scientifiche è una

questione spinosa da affrontare. Si riscontra infatti che gli insegnanti della high school

americana non sono ben preparati sia nella teoria che nelle evidenze riguardanti

l’evoluzione e quindi impattano in evidenti difficoltà quando cercano di convogliare

questi concetti agli studenti (Gregg et al., 2003). Moore (2002) supporta questa

asserzione: la sua ricerca sull’istruzione in biologia dimostra che molti insegnanti

28

ricordano di non aver seguito alcun corso comprendente l’evoluzione durante il loro

cammino universitario.

Quindi, persino tra gli insegnanti di biologia, dove ci si aspetterebbe di trovare

forte supporto nei confronti della teoria dell’evoluzione, rimangono dei dubbi sulla

legittimità della stessa. I ricercatori Eve e Dunn (1990) riscontrarono in un campione di

397 insegnanti di biologia nelle high school americane, scelti a caso tra gli iscritti alla

National Science Teachers Association (NSTA), che il 39% è d’accordo con

l’affermazione “Ci sono problemi sufficienti sulla teoria dell’evoluzione da gettare

dubbi sulla sua validità”. Nello stesso campione di insegnanti, il 45% è d’accordo con la

frase “Adamo ed Eva sono stati i primi esseri umani e sono stati creati da Dio”. Weld e

McNew (1999), nel loro studio sempre sugli insegnanti di biologia, riscontrarono che

circa un terzo non ritiene l’evoluzione una questione centrale nella biologia e non

riserva molta enfasi a questo argomento all’interno delle classi. Se questi risultati

fossero lo specchio della situazione generale, potrebbero da soli essere ritenuti

responsabili della scarsa conoscenza sull’evoluzione da parte degli studenti.

Agganciando questi dati al fatto che generalmente gli insegnanti sono poco preparati nel

coinvolgere gli studenti nell’istruzione riguardante la natura della scienza, non deve

destare sorprese se la conoscenza dell’evoluzione risulta compromessa.

Rudolph e Steward (2002) affermano che uno dei maggiori impedimenti per

un’efficace istruzione sull’evoluzione è riscontrabile nell’insegnamento stesso delle

scienze. Essi dichiarano che l’insegnamento è tipicamente “basato su concezioni

filosofiche della scienza che non sono più riconosciute come adeguatamente

caratterizzanti la diversa natura delle pratiche scientifiche, specialmente della biologia

evoluzionistica”. Gli insegnanti sono responsabili di effettuare scelte poco coerenti nel

coinvolgere gli studenti nei processi di apprendimento, in particolare nei confronti

dell’evoluzione. Gli autori concludono che “un’unità di apprendimento sull’evoluzione

spiegata nella maniera tradizionale, ossia in classe tramite lezione frontale, induce gli

studenti a pensare che i materiali utilizzati nella descrizione non siano soggetti ai

rigorosi test scientifici di validità e quindi a qualcosa di completamente diverso”.

Questa visione è molto simile a quella offerta dagli studi di Cooper (2001) che offre una

spiegazione ad alcuni dei problemi riguardanti gli alunni sulla teoria dell’evoluzione. La

raccomandazione è chiara: la pratica del laboratorio scolastico non dovrebbe essere

diretta alla conferma ma indirizzata invece verso investigazioni autentiche, in modo da

29

poter permettere agli alunni di esplorare, anziché reiterare, idee scientifiche

fondamentali.

Gli educatori dovrebbero essere al corrente dei risvolti coinvolti nella

comprensione della teoria dell’evoluzione. Demastes at al. (1995) sostengono che la

struttura concettuale degli studenti durante l’apprendimento della teoria dell’evoluzione

coinvolge le loro preconoscenze relative, oltre che all’evoluzione stessa, agli

orientamenti religiosi e alla considerazione scientifica del mondo biologico. Di

conseguenza, per un insegnamento efficace della teoria dell’evoluzione, è essenziale

discutere e interrogare queste conoscenze pregresse, predisponendo situazioni e

strumenti idonei.

31

6. MISCONCEZIONI SULLA TEORIA DELL’EVOLUZIONE

Le conoscenze pregresse rappresentano strumenti potenti che aiutano gli studenti

a dare senso alle nuove informazioni, fornendo un’impalcatura per l’incorporazione

delle idee all’interno di schemi già prestabiliti. Come diversi studiosi attestano, i

problemi che possono sorgere durante l’insegnamento dell’evoluzione riguardano

spesso fallaci conoscenze a priori o misconcezioni (Demastes at al, 1995; Sinclair et al.,

1997; Sinclair e Pendarvis, 1997; Alters e Nelson, 2002). Esistono almeno tre tipologie

di misconcezioni relative all’evoluzione, che includono incomprensioni filosofiche,

storiche e cognitive.

6.1 MISCONCEZIONI FILOSOFICHE

6.1.1 L’evoluzione è solo una teoria

Una delle misconcezioni filosofiche sull’evoluzione afferma che questa è solo

una teoria, intesa come argomentazione speculativa non supportata dai fatti (uso

popolare del termine). Se applicata, questa logica può dar luogo a conclusioni di impatto

rilevante: per esempio, la Cobb County Board of Education in Georgia, in accordo con

quelle di Oklahoma e Alabama, ha etichettato i libri di biologia con l’avvertenza che

l’evoluzione è una teoria, intendendo chiaramente che le teorie non devono essere

credute, screditando l’utilità e la veridicità dell’evoluzione stessa. La storia dei fatti

evolutivi è invece ben spiegata dalla teoria evoluzionistica, intesa in senso scientifico,

come corpo di affermazioni (riguardanti le mutazioni, la selezione, la deriva genetica, i

vincoli di sviluppo e così via) che insieme rendono ragione dei vari cambiamenti subiti

dagli organismi.

6.1.2 L’evoluzione è una spiegazione scorretta o non scientifica

Riferimenti infiniti, inclusi anche nella maggior parte dei libri di testo scolastici,

potrebbero essere citati per supportare la veridicità dell’evoluzione. Uno dei trattati più

esaustivi si trova in Hoffmann e Weber (2003), mentre la storia della teoria

dell’evoluzione è ben descritta in Larson (1997).

32

Gli scienziati non discutono sul “se” l’evoluzione ha avuto luogo ma sul “come”

l’evoluzione è avvenuta. Anche se i dettagli del processo e dei suoi meccanismi sono

oggetto di vigorosi dibattiti all’interno della comunità scientifica, questo non significa

che ne mettano in discussione l’oggettività. Il fatto per esempio che alcuni fossili di

forme di transizione non si siano preservati non confuta la teoria dell’evoluzione né

tanto meno la rende difettosa. I biologi evoluzionisti non si aspettano che siano

rinvenibili tutte le forme di transizione. Si rendono invece perfettamente conto che

molte specie non hanno lasciato alcuna testimonianza fossile, in quanto le condizioni

ambientali richieste dal fenomeno della fossilizzazione sono molto particolari e per

niente comuni. In tal senso, la scienza prevede che per molti cambiamenti evolutivi

avvenuti nel passato non sarà possibile riscontrare della documentazione.

La biologia evoluzionistica è un work in progress; si realizzano continuamente

nuove scoperte e le spiegazioni vengono rimodellate se necessario. Sotto questi termini,

l’evoluzione è paragonabile a qualsiasi altro aspetto della scienza, in cui il processo di

ricerca è continuo, in modo da aggiungere conoscenza. Se si ritenesse l’evoluzione

come una spiegazione scorretta, i dubbi nei confronti della storia della vita sulla terra,

delle somiglianze tra organismi e dei meccanismi causa dei cambiamenti dei viventi

sarebbero enormi. L’evoluzione resta l’unica spiegazione per la diversità della vita sulla

terra sostenuta da prove scientifiche.

L’evoluzione è osservabile e testabile. La biologia evoluzionistica non si limita

ad esperimenti controllati condotti in laboratorio, ma ottiene prove ed evidenze

sperimentali dall’osservazione del mondo reale, inferendo come avvengono i processi

che lo contraddistinguono. Altre discipline, quali l’astronomia o la geologia, data

l’impossibilità di realizzare tutte le attività di laboratorio richieste, usano metodi

analoghi di inferenza, applicando approcci di analisi diversificati.

6.1.3 L’evoluzione sostiene comportamenti umani inaccettabili

Anche se l’evoluzione non avesse implicazioni filosofiche dirette, qualcuno

potrebbe estrapolare dall’idea di evoluzione dei consigli su come gli esseri umani

possono agire, devono agire o effettivamente agiscono.

La filosofia chiamata Darwinismo sociale, diffusa in tutto il diciannovesimo

secolo e nella prima parte del ventesimo, è sorta da un sforzo mal direzionato di

33

applicare i principi dell’evoluzione biologica alla società. Il Darwinismo sociale

suggerisce che l'eredità (i caratteri innati) avrebbe un ruolo preponderante in rapporto

all'educazione (i caratteri acquisiti). Si tratta quindi di un sistema ideologico che vede

nelle lotte civili, nelle ineguaglianze sociali e nelle guerre di conquista nient'altro che

l'applicazione alla specie umana della selezione naturale. Secondo la teoria vi è quindi

una spiegazione biologica alle disparità osservate tra le società nella traiettoria unica

della storia umana: i popoli meno «adattati» alla lotta per la sopravvivenza sarebbero

rimasti «relegati» allo stadio primitivo, concettualizzato dai seguaci dell'evoluzionismo

antropologico. Sul piano politico, il darwinismo sociale servì a giustificare il

colonialismo, l'eugenetica, il fascismo e soprattutto il nazismo. Fortunatamente, la

“scienza” del Darwinismo sociale è stata confutata e non ha resistito al test del tempo,

come invece ha fatto il suo presunto ispiratore, il principio dell’evoluzione biologica.

E’ alquanto difficile che l’evoluzione conduca a comportamenti immorali. I

detrattori della teoria affermano che se ad un bambino viene insegnato che è un animale

inizierà a comportarsi come tale. Come membri dello stesso regno, gli esseri umani e gli

animali condividono diverse caratteristiche anatomiche e fisiologiche, nonché molti

comportamenti quali la cura della prole e le interazioni sociali. Ci sono altri

comportamenti che invece sono peculiari di un particolare animale; in questo senso, gli

umani agiscono da umani, la lumaca agisce da lumaca, lo scoiattolo da scoiattolo. E’

alquanto improbabile che un bambino, visto il legame di parentela con altre specie

animali, cominci ad atteggiarsi come una medusa o un procione.

L’evoluzione non insegna ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; semplicemente

ci aiuta a capire come la vita è cambiata nel tempo e continua a farlo attualmente. I

concetti scientifici per se stessi sono a-morali, non immorali; gli esseri umani devono

dare un senso morale o etico a tutte le idee, inclusa l’evoluzione tramite selezione

naturale, ma l’evoluzione e i suoi meccanismi spiegano solo come la natura opera, non

forniscono affatto una guida su come le persone dovrebbero agire o vivere.

Come dice T. Huxley, contemporaneo e sostenitore di Darwin (1902, p.77): “il

problema dei problemi per il genere umano, e che sottende tutto, è l’incertezza del

posto che l’uomo occupa in natura e delle relazioni con l’universo delle cose”. Einstein

(1949) correttamente ricorda che c’è un posto importante per la scienza ma lo

scientismo (l’idea che la scienza possa indirizzare la soluzione dei problemi) non è

34

appropriato: “…dovremo stare in guardia a non sovrastimare la scienza e i metodi

scientifici quando sono in ballo i problemi umani…”.

6.1.4 L’accettazione dell’evoluzione porta al rifiuto della religione

Un’ultima ragione per la quale le persone potrebbero rigettare la teoria

dell’evoluzione è insita nella convinzione che evoluzione e religione siano

semplicemente incompatibili, escludendosi a vicenda in maniera indiscutibile. Questa

linea di pensiero conduce inevitabilmente alla conclusione, per altro falsa, che se si

accetta la teoria dell’evoluzione forzatamente si rinnega l’idea di un Creatore o di

qualsiasi altra entità metafisica. Sicuramente esiste qualcuno che abbraccia questi

fondamentalismi, ritenendo che la visione scientifica nega la religione o che pensa che

la vita basata esclusivamente sulla religione non abbia bisogno della scienza. Tuttavia,

molti sono soddisfatti nel dare sia alla scienza che alla religione un posto nella classifica

intellettuale, pensando sia poco probabile che queste visioni del mondo riescano da sole

a dare risposta a tutte le nostre domande. Questi individui realizzano che religione e

scienza sono entrambi dei domini esplicativi ma con diversi ruoli e obiettivi. I conflitti e

i problemi intervengono velocemente quando si cerca di ottenere risposte porgendo

domande all’interno del dominio sbagliato. Le correnti creazioniste sostengono che

scienza e religione sono incompatibili, ma si tratta di una conclusione irragionevole.

Sebbene non ci siano prove all’interno della scienza o dell’evoluzione stessa che

l’universo è stato creato o vi siano insiti scopi e propositi, non ci sono nemmeno prove

scientifiche che l’universo manchi di tali disegni. Un accurata analisi della natura

scientifica dovrebbe rendere questa questione abbondantemente chiara. Non è

ragionevole ammettere che la scienza ha provato o falsificato l’esistenza di Dio o di

qualsiasi altra entità metafisica. Qualcuno potrebbe concludere che la scienza può

condurre ad una prospettiva antiteista, ma chi capisce davvero di scienza (e delle sue

limitazioni) sa che anche questa posizione non è ragionevole. La questione è discussa

brillantemente in “Findings Darwin’s God” di Kenneth Miller (1999). Inoltre, è

comprensibile concedere a chi si basa su di una intepretazione letterale e non figurativa

delle Sacre Scritture, che un conflitto con l’evoluzione può effettivamente esistere. La

risposta più plausibile alla questione, discussa tra gli altri da Skehan e Nelson (2000), è

che la Bibbia e gli altri testi religiosi non sono stati scritti per essere dei libri scientifici,

35

così come la scienza non fornisce indicazioni a carattere spirituale o morale.

L’opportunità per scienza e religione di lavorare insieme definendo ruoli e domini

peculiari è molto più importante di vedere una fazione vincere e l’altra soccombere.

6.2 MISCONCEZIONI STORICHE

Gli studenti, e non di rado gli insegnanti, possiedono frequentemente visioni

sbagliate sulla natura dell’evoluzione e sulla storia della scoperta della teoria della

selezione naturale. Nonostante queste misconcezioni potrebbero non essere così

pervasive e pericolose come quelle di natura filosofica o cognitiva, si deve considerare

che tutte le idee errate possono rappresentare una fonte di preoccupazione, soprattutto se

trasmesse dagli insegnanti o dai libri di testo.

6.2.1 Darwin scoprì l’evoluzione

Intendendo l’evoluzione come principio di base della natura, Darwin non ha

scoperto l’evoluzione più di quanto Newton non abbia scoperto la gravità. Infatti, in tal

senso, l’idea di una evoluzione biologica circola da millenni (Bardell, 1994).

Già Anassimandro (610 - 546 a.C.) formulò alcune idee che richiamano

l’evoluzione, immaginando che gli organismi si fossero formati attraverso una

metamorfosi simile a quella degli insetti attuali. L'origine degli animali e degli stessi

esseri umani avrebbe avuto luogo dal mare e dalle zone umide della terra; allo scopo di

dare una spiegazione di come fossero potuti sopravvivere i primi esseri umani, incapaci

come sono di provvedere a se stessi fin dalla nascita, sosteneva che «dall'acqua e dalla

terra riscaldate nacquero pesci o animali simili; entro di loro si generarono feti umani

che crebbero fino alla pubertà; poi, spezzate le loro membrane, ne uscirono uomini e

donne che erano ormai in grado di nutrirsi autonomamente». Eraclito (535 - 475 a.C.) è

autore della teoria del divenire: tutto il mondo viene considerato come un enorme flusso

perenne nel quale nessuna cosa è mai la stessa poiché tutto si trasforma ed è in una

continua evoluzione. Per questi motivi, identifica la forma dell’Essere nel Divenire,

dacché ogni cosa è soggetta al tempo e alla sua relativa trasformazione. Aristotele (384 -

322 a.C.), il primo grande biologo della storia umana, credeva che tutti gli esseri viventi

potessero essere disposti in una scala gerarchica. In questa gerarchia, detta “scala della

36

natura” (Scala Naturae), gli organismi più semplici occupavano lo scalino più basso,

l'uomo occupava lo scalino più alto e tutti gli altri organismi avevano una propria

collocazione nel mezzo. Per Aristotele gli organismi viventi erano sempre esistiti.

Sebbene non si conoscesse ancora l’esistenza del meccanismo guida del

processo evolutivo, è chiaro che questi filosofi, come altri successivi, contribuirono alla

formazione e revisione del concetto di evoluzione all’interno del nostro patrimonio

culturale già a partire dall’antichità. Con la sua formulazione della teoria

dell’evoluzione Darwin escogita come l’evoluzione opera, ossia sulla base della

selezione naturale, rendendo accettabile e ragionevole il cambiamento delle forme di

vita nel tempo.

6.2.2 Darwin era il naturalista del Beagle

Darwin è frequentemente definito nei libri di testo come il naturalista del Beagle.

La persona inizialmente designata alla collezione dei campioni e alla registrazione delle

informazioni dal punto di vista naturalistico era il chirurgo di bordo, Robert

MacCormick. A discapito del comune pensiero, Darwin non era presente nella lista

ufficiale dell’equipaggio: egli fu invitato a partecipare alla spedizione primariamente

perché possedeva lo stesso status sociale del capitano Fitzroy, un uomo di circa la stessa

età. Dato che la famiglia del capitano era stata interessata da numerosi casi di suicidio,

egli era preoccupato dello stato di isolamento in cui poteva trovarsi durante il viaggio,

limitando le sue interazioni solo con il personale di bordo. A parte rare eccezioni, in

effetti il rapporto tra i due fu affiatato e caratterizzato da conversazioni vivaci.

MacCormick, mai ben disposto nei confronti di Darwin, realizzò ben presto che il ruolo

gli era stato usurpato e abbandonò la spedizione pochi mesi dopo il suo inizio. Di fatto

quindi Darwin diventò il nuovo naturalista della spedizione.

6.2.3 Darwin sviluppò l’idea della selezione naturale durante il viaggio sul Beagle

Ai tempi del suo imbarco sul Beagle nel 1831, Darwin era creazionista, come

molti dei suoi contemporanei, una visione prevalente a quel tempo. Era quindi convinto

che le specie fossero state create come organismi individuali e immutabili da una entità

superiore. Questa ideologia era così diffusa all’epoca che persino argomentazioni

37

scientifiche erano strutturate in suo riferimento. Per tutta la durata del viaggio

esplorativo, Darwin raccolse moltissime testimonianze a supporto del cambiamento

delle specie, ma non offrì alcuna spiegazione di come questo processo potesse avvenire

(Schraer e Stoltze, 1995). Al suo ritorno molto probabilmente non era ancora un

trasformista, ma aveva individuato una quantità di problemi irrisolti e a cui dare, prima

ancora che una corretta soluzione, una corretta formulazione (Continenza, 1998). Una

volta tornato in patria, cominciò ad annotare nei suoi taccuini le speculazioni del

meccanismo che definì inizialmente “la trasmutazione delle specie”. Gli studi dei

campioni, le riflessioni, i ripensamenti, la ricerca di altre fonti a conferma dei suoi

ragionamenti durarono per più di vent’anni, fino alla pubblicazione del celebre libro

“On the Origin of Species” nel 1859.

6.2.4 Le isole Galapagos furono l’unico luogo rilevante per le scoperte di Darwin

E’ un’idea comune che le Isole Galapagos, visitate da Darwin verso la fine del

1835, abbiano giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’evoluzione tramite

selezione naturale. Questa convinzione ha avuto inizio probabilmente grazie

all’ornitologo Osbert Salvin (1876) che definì l’arcipelago come “il classico territorio”

della storia della biologia. Di conseguenza, ancora oggi tutti i libri di testo sottolineano

con forza il tempo che Darwin ha trascorso in quel luogo, ignorando di fatto tutti gli

altri posti visitati durante la lunga esplorazione.

Le isole Galapagos sono interessanti perché gli organismi che le abitano sono

molto più simili a quelli che vivono nella terraferma più vicina, rispetto a quelli di isole

con le stesse caratteristiche geologiche, geografiche o ambientali. Se gli organismi

fossero stati creati specialmente per vivere in un determinato ambiente, ci si

aspetterebbe che fossero sempre riscontrabili in ambienti simili. Quello che Darwin

osservò quindi, non aveva alcun senso se visto sotto una luce creazionista, ma era

perfettamente comprensibile se interpretato secondo la prospettiva evolutiva. Tutto

questo però non si è limitato alle Galapagos; come scrive nella seconda edizione del suo

“Viaggio di un naturalista intorno al mondo”: “E’ probabile che le Isole dell’arcipelago

di Capo Verde assomiglino, in tutte le loro condizioni fisiche, molto strettamente alle

isole Galapagos, che fisicamente assomigliano alla costa del Sud America, ma gli

abitanti aborigeni dei due gruppi sono completamente diversi; quelli delle Isole di

38

Capo Verde portano l’impronta fisica dell’Africa, come gli abitanti dell’arcipelago

delle Galapagos sono timbrati con quella del Sud America”. Perciò, sicuramente le

Galapagos sono state importanti per il contributo offerto, ma sarebbe da sottolineare

l’impatto anche di altre testimonianze.

6.2.5 I fringuelli furono fondamentali per la nascita della teoria della selezione naturale

Una lettura attenta de “L’origine delle specie” e di entrambe le edizioni de

“Viaggio di un naturalista intorno al mondo”, combinata con le ricerche sull’argomento

effettuate da Sulloway (1982, 1984) dimostrano che se Darwin non avesse mai

osservato i fringuelli delle Galapagos, non avremo la teoria dell’evoluzione tramite la

selezione naturale nella sua forma tradizionale. Darwin all’inizio non prestò molta

attenzione ai fringuelli; non solo sbagliò ad annotare il nome delle isole dove ritrovò le

specie, ma collezionò solo 9 delle 13 specie conosciute, identificandone propriamente

soltanto 6. Questo non significa che fosse un cattivo tassonomo; semplicemente era

influenzato dalla convinzione che isole così vicine non potessero presentare specie

distinte; in tal senso, riconosceva i fringuelli come varietà o come specie di uccelli

diversi dai fringuelli stessi. Fu l’eminente tassonomo Gould, analizzando il materiale

una volta che Darwin tornò in Inghilterra, a capire l’importanza che questi potevano

rivestire. Nella prima edizione de “Viaggio di un naturalista intorno al mondo”, Darwin

menziona i fringuelli solo di sfuggita. Nei suoi taccuini sulla trasmutazione della specie

e ne “L’origine delle specie” non compaiono nemmeno.

Pur rappresentando un inoppugnabile esempio dell’evoluzione tramite la

selezione naturale, la grande importanza attribuita ai fringuelli di Darwin sembra aver

preso corpo per diversi motivi. In primo luogo, il nome “fringuelli di Darwin” è stato

scelto per la prima volta da Lack sia per il suo famoso libro (1947), sia per uno dei suoi

migliori articoli sull’evoluzione biologica (1953), dove afferma erroneamente che i

fringuelli “offrirono uno dei principali stimoli per la scoperta della teoria

dell’evoluzione”. Inoltre, la prima edizione de “Viaggio di un naturalista intorno al

mondo”, pubblicata nel 1839, diviene immediatamente popolare tanto che nel 1845

Darwin revisiona l’opera per scriverne una seconda edizione; l’autore non si limita a

ritoccare e migliorare l’aspetto narrativo, ma riscrive completamente il viaggio e

l’impatto delle esplorazioni nel suo pensiero. Questa seconda edizione include una

39

discussione sui fringuelli e una meravigliosa incisione dei quattro principali tipi di

becco. Tale versione è stata largamente ristampata, così non deve stupire se molti

credono che i fringuelli siano stati fondamentali per lo sviluppo della teoria

dell’evoluzione.

6.2.6 Darwin ha usato con disinvoltura il termine “evoluzione”

La parola “evoluzione” risulta per certi versi problematica. Nel linguaggio

dell’epoca di Darwin, la parola “evoluzione” non aveva lo stesso significato che

possiede oggi. Significava principalmente progresso, sviluppo dall’omogeneo

all’eterogeneo, dispiegamento di potenzialità già immanenti e, in questo senso, si poteva

usare come analogia all’ontogenesi, cioè con lo sviluppo dell’individuo, con la crescita.

Quindi, per esempio, si poteva correttamente parlare di un bruco che si “evolve” in una

farfalla, lasciando intendere che potevano avvenire trasformazioni degli organismi

durante il periodo della loro vita. Ecco perché Darwin non usò mai il termine

“evoluzione” se non come ultima parola de “L’origine delle specie”.

6.2.7 L’evoluzione è progressiva

L’idea che l’evoluzione sia progressiva è un’interessante misconcezione perché

per certi versi questa affermazione sembra essere vera. Gran parte dell’evoluzione

organica non è affatto progressiva come mostra lo sviluppo di quelle forme

specializzate come gli animali che vivono nelle caverne, i parassiti e gli abitanti degli

spazi interstiziali e delle profondità marine. Ovviamente se si accetta il criterio di

progressività, si dovrebbero escludere molti fenomeni che possono essere realmente

considerati fenomeni evolutivi. Inoltre, se si ammette una crescente complessità come

una regola evolutiva, non ci si aspetterebbe di trovare phyla come Porifera o

Coelenterata ancora esistenti. Tali phyla sono considerati dagli scienziati come degli

organismi viventi o “semplici”, rimasti praticamente invariati per milioni di anni. La

spiegazione sta nel fatto che questi organismi sono perfettamente adattati alle nicchie

ecologiche che occupano, e non è presente una pressione ambientale tale da giustificare

la selezione di determinati caratteri, provocando una stasi evolutiva.

40

Correlata a questa misconcezione è l’idea che l’evoluzione sia un processo guidato da

cause finali e scopi predeterminati, di cui l’uomo è il logico risultato. Ovviamente ciò

non è vero. Anche i passaggi evolutivi della specie umana sono stati tortuosi, con molte

false partenze e vicoli ciechi, in buona misura quello che Gould (1989) definisce come

“contingenza”.

6.2.8 L’evoluzione tramite la selezione naturale si deve unicamente a Darwin

Visto come viene trattata la storia dell’evoluzione nei libri di testo, gli studenti

sarebbero sorpresi di scoprire che Darwin non fu il solo scopritore del meccanismo

dell’evoluzione tramite la selezione naturale. Attraverso una serie interessante di

coincidenze, Darwin condivide questo onore con Alfred Russel Wallace, un giovane

naturalista gallese, che si manteneva cercando animali rari per il mondo, da rivendere a

collezionisti privati. Grazie alle osservazioni compiute durante i suoi viaggi, nel 1855

scrisse il saggio ”On the law which has regulated the introduction of new species”, in

cui espose le sue idee evoluzioniste, suggerendo dove e quando possono nascere nuove

specie, senza però trovare il meccanismo alla base dell'evoluzione. Solo pochi anni

dopo, nel 1858, Wallace intuì che la selezione naturale poteva essere il tanto cercato

meccanismo responsabile della modificazione degli organismi viventi e della comparsa

di nuove specie, ossia dell'evoluzione. Espose immediatamente le proprie idee in un

breve articolo “On the tendency of varieties to depart indefinitely from the original

type” che spedì a Charles Darwin per un giudizio. Quest'ultimo, impressionato e turbato

dall'incredibile somiglianza esistente tra l'ipotesi di Wallace e la propria teoria alla quale

stava lavorando da vent'anni, accettò di pubblicare, insieme all'importante articolo di

Wallace, alcuni estratti dei propri scritti inediti. La lettura pubblica dell'articolo

congiunto di Darwin e Wallace, avvenuta il 1 luglio 1858 alla Linnean Society,

rappresentò l'enunciazione ufficiale della teoria della selezione naturale al consesso del

mondo scientifico. L'anno successivo, spronato dall'articolo di Wallace, Darwin si

decise a pubblicare un ampio "riassunto" del proprio lavoro ventennale, inviando

all'Editore Murray di Londra “L'Origine delle specie”.

41

6.3 MISCONCEZIONI COGNITIVE

6.3.1 Il problema del linguaggio

Le difficoltà nell’uso del linguaggio sono complesse, specialmente quando si

parla di selezione naturale. In particolare, pongono problemi di comprensione i termini

adatto e adattamento (analogamente ai termini fit e fitness nella lingua inglese) (Bishop

e Anderson, 1990). Il termine adattamento, in biologia evoluzionistica, significa

modificazioni ottenute dalla selezione naturale operante sulla variabilità insita in una

popolazione di organismi (Withfield, 1993). Normalmente, nell’opinione comune, il

termine adatto si associa invece all’abilità intenzionale di un individuo di cambiare per

meglio conformarsi all’ambiente che lo circonda (Lucas, 1971). Bishop e Anderson

(1990) hanno dimostrato come diversi studenti associano il significato di adattamento in

senso evolutivo al quello di senso comune. La disconnessione tra la definizione

scientifica e l’uso quotidiano della parola “adatto” serve a rinforzare la misconcezione

che sia l’ambiente a causare lo sviluppo di caratteristiche o tratti in popolazioni di

organismi.

Queste precisazioni sul concetto di adattamento sono necessarie anche quando si

utilizza per comodità l’espressione spenceriana di “sopravvivenza del più adatto”. E’

importante precisare che il più adatto non è il più forte o il migliore, come spesso gli

studenti intendono, ma chiunque possieda qualche caratteristica che aumenta le sue

probabilità di sopravvivere e riprodursi, e che non esiste un più adatto in senso assoluto,

ma solo un più adatto in relazione a un determinato ambiente.

Già si è accennato al problema insito nella parola evoluzione, come accezione

con cui viene usata nel linguaggio comune, cioè come sinonimo di “miglioramento” e

“progresso”. Nel corso di un processo di evoluzione è naturale credere che quello che

viene dopo sia migliore, più progredito di quello che viene prima. Questo uso sottolinea

una frequente misconcezione sull’evoluzione biologica: l’evoluzione necessariamente

implica il progresso in senso gerarchico da specie meno complesse a specie più

complesse con gli umani che godono una superiorità verso forme di vita presuntamene

meno evolute. Emblematica di questo modo di pensare è l’immagine dell’evoluzione

umana che riportavano i vecchi libri di scuola: una linea del tempo con un gobbo

42

scimmione a sinistra che mano a mano diventava sempre più eretto e meno peloso, per

trasformarsi, alla fine del cammino, nel bipede Homo sapiens.

Ma nell’evoluzione biologica non è prevista una continua marcia verso il

perfezionamento: quello che viene dopo, viene dopo e basta, e non è affatto detto che

sia migliore rispetto a quello che c’era prima. Forse si può individuare qualche

tendenza, come un graduale aumento del livello di complessità degli organismi, ma

questo non è sempre vero e anche nei casi in cui è osservabile una tendenza di questo

tipo le categorie di miglioramento e progresso sono del tutto fuorvianti. Per quale

ragione una struttura più complessa dovrebbe essere necessariamente migliore di una

più semplice, adatta a svolgere la stessa funzione nello stesso ambiente? In generale il

concetto di evoluzione, se lo consideriamo equivalente a un neutrale concetto di “storia”

o “cambiamento”, non ammette nessun più e nessun meno: dire che una specie è più o

meno evoluta di un’altra, in sostanza, è un’affermazione priva di senso.

6.3.2 L’uomo è “nato per credere”

Dati convergenti provenienti dalla psicologia dello sviluppo, dall'antropologia

cognitiva e dalle neuroscienze suggeriscono l'esistenza di una programmazione

biologica delle menti umane per distinguere naturalmente le entità inerti (come di

oggetti fisici) da quelle di natura psicologica (come gli agenti animati) e per

l'attribuzione, o in alcuni casi l'eccessiva attribuzione, di scopi o intenzioni a oggetti

animati e inanimati. Non è azzardato ipotizzare che queste nostre specializzazioni attive

possono essere alla base delle perplessità ingiustificate che molti nutrono nei confronti

della teoria dell'evoluzione e, più in generale, delle spiegazioni scientifiche. Lo stesso

Charles Darwin era rimasto colpito dall'efficacia comunicativa delle descrizioni

finalistiche della natura che aveva letto in gioventù. Quando capì di avere scoperto un

meccanismo, la selezione naturale, che rendeva superfluo il ricorso a qualsiasi

"progetto" intenzionale per spiegare la nascita all'evoluzione delle specie, compresa

quella umana, fu subito consapevole che in questo modo stava contraddicendo non

soltanto le credenze religiose creazioniste dell'epoca, ma anche modi molto comuni di

pensare.

Gli esseri umani forniscono spiegazioni basandosi sulle intenzioni, come se

avessero un sensore sempre acceso per captare la presenza di propri simili per prevedere

43

le mosse dei nemici esterni. Questi sistemi cognitivi si sono evoluti successivamente per

assolvere funzioni nuove, legate al nostro bisogno di spiegare attraverso storie e agenti

invisibili i fenomeni incomprensibili o molto dolorosi che ci sovrastano, come la morte

di un familiare o di un compagno. Per affrontare tali fenomeni gli uomini hanno

ingaggiato le competenze cognitive che avevano a disposizione, sfruttandole e

potenziandole, divenendo autentiche "macchine di credenze". La soddisfazione di

bisogni psicologici, sociali e di comprensione del mondo è stata così forte da tramutarsi

oggi quel senso comune che la scienza talvolta si trova a dovere scalfire, magari senza

successo. Darwin lo scrive amaramente in una lettera all'amico Thomas Henry Huxley

del 21 settembre 1871: "Sarà una lunga battaglia, anche dopo che saremo morti e

sepolti... grande il potere del fraintendimento".

Come scrisse Richard Dawkins in “L'orologiaio cieco”, "è quasi come se il

cervello umano fosse stato specificatamente progettato per fraintendere il darwinismo e

per giudicarlo difficile da credere". Viceversa, comprendere che il processo evolutivo è

frutto della casualità delle mutazioni, delle pressioni selettive di ambienti in continua

trasformazione, di eventi contingenti che hanno deviato il corso della storia verso esiti

imprevedibili richiede un investimento cognitivo molto più costoso.

Capire che un comportamento è il frutto (seppure indiretto) dell'evoluzione della

nostra specie non significa che sia giusto di per sé e che sia scolpito una volta per tutte

nella pietra. Affermare che siamo nati per credere non significa offrire un alibi per

manifestazioni di credenze irrazionali. Non significa che avere una fede religiosa sia più

naturale che non averla, né rassegnarsi all'idea che l'educazione scientifica deve per

forza incontrare ostacoli cognitivi insormontabili. I fatti smentiscono queste

conclusioni: i limiti dei ragionamenti di giudizio non sono per nulla insuperabili solo

perché naturali. Il disegno intelligente attrae perché fa leva sulla docilità con cui si è

portati a fare inferenze riguardanti gli effetti dell'azione nascosta di un agente animato e

intelligente. Le ragioni del successo popolare del disegno intelligente non sarebbero

quindi legate soltanto alle patologie del credere, ma anche ad una propensione a credere

in "progettisti del mondo" che un po' tutti possediamo fin da bambini. Attraverso le

nostre inferenze intuitive circa l'esistenza di un progetto, cerchiamo di dare un senso

alla realtà ripercorrendo a ritroso catene causali e finalità nascoste, indietro fino alla

causa prima e al sommo progettista (Pievani et al., 2008).

45

7. IL LABORATORIO NELLA DIDATTICA

Per l'insegnamento delle discipline scientifiche sono utili molte metodologie, a

partire dal lavoro didattico di scoperta e di esperienza diretta, sul campo o in

laboratorio. Tenuto conto però che gli insegnamenti scientifici sono ancor oggi per lo

più legati ad un apprendimento dai testi, è essenziale un profondo ripensamento dei

modi, spesso formalisti, con cui sono esposte le scienze nei libri di scuola. Il linguaggio

scientifico evoluto è spesso per gli allievi effimero e inconsistente: va invece praticato

nella quotidianità dei problemi.

Il settore scientifico è un'area dove l'epistemologia contemporanea (da Popper in

poi) ha profondamente rinnovato gli statuti delle diverse scienze, mettendo in evidenza:

- l'impossibilità di procedere secondo un metodo invariante definito a priori;

- la diversità delle procedure logiche da esse adottate (dalla spiegazione

all'analogia, alla metafora, fino alla intersezione con le metafisiche);

- la priorità di processi di teorizzazione.

L'insegnamento scolastico delle scienze è rimasto invece molto legato ad una

visione di scienza compatta e progressiva di saperi lineari cumulativi, benché

aggiornata. Non va certamente abbandonato l'aspetto informativo e trasmissivo della

conoscenza scientifica, ma l'insegnamento delle scienze naturali deve confrontarsi con

una nuova immagine di scienza meno uniforme e meno convergente, più critica e più

dialettica, ma anche più storica, attenta alle diversità interne e alle contestualizzazioni

esterne. E’ utile inoltre tener conto delle metodologie che le scienze stesse ispirano, per

esempio quelle della scoperta, della ricerca e della giustificazione.

7.1 IL METODO TRADIZIONALE: LA LEZIONE FRONTALE

La lezione costituisce una modalità di presentazione, o di esposizione didattica,

fondamentalmente supportata dalla comunicazione orale. Appartiene ai metodi

denominati espositivi, che possiamo distinguere in tre tipi differenti:

46

- metodo espositivo puro: comporta la trasmissione dell'informazione. Il professore

spiega, gli studenti ascoltano. Benché presupponga l'ascolto attivo da parte dell'allievo,

il metodo espositivo puro si basa su una concezione sostanzialmente ricettiva

dell'apprendimento;

- metodo espositivo interrogativo: durante l'esposizione o alla fine di essa il professore

formula domande agli studenti. Lo scopo dell'interrogazione è il feedback: verificare se

il messaggio è stato compreso correttamente e, in caso negativo, modificarlo e

riformularlo;

- metodo espositivo partecipativo: durante la lezione gli studenti possono porre

domande e intervenire secondo modalità negoziate. I periodi di ascolto (fase passiva) si

alternano ai periodi di intervento (fase attiva). La partecipazione degli studenti si

completa con esercizi applicativi o altre attività comuni.

Occorre ricordare che tale suddivisione è utile per una discussione puramente

teorica, in quanto spesso all’atto pratico (in classe) i tre metodi sopra elencati vengono

utilizzati senza una rigorosa distinzione.

Nella scuola secondaria è ancora molto frequente la lezione cattedratica (o ex

cathedra). Poiché in essa predomina il metodo espositivo è diventata oggetto di forti

critiche nei casi in cui:

- sviluppa esclusivamente le funzioni intellettive;

- utilizza prevalentemente linguaggio verbale;

- non considera né il ritmo nella durata della capacità di attenzione degli studenti;

- non tiene conto degli interessi, delle curiosità, delle motivazioni degli allievi;

- la comunicazione mantiene gli studenti in uno stato di recettività passiva;

- risulta faticosa se sviluppata in modo intensivo e continuativo;

- la sua efficacia è limitata ai primi processi dell'apprendimento, relativi alla

percezione l'acquisizione delle conoscenze, e non considera i successivi processi

di assimilazione, di accomodamento, di consolidamento, ecc.;

- riduce al minimo l'interazione tra insegnante e studente, tendendo ad annullare

l'interazione tra gli studenti stessi;

- costringe la valutazione al controllo delle capacità mnestiche, ed in particolare

alla memoria verbale e riproduttiva;

47

- nega agli allievi la possibilità di contrastare l'informazione ricevuta con proprie

riflessioni o con giudizi critici;

- si presenta per lo più come ripetizione di ciò che è esposto nei libri di testo, o in

fonti bibliografiche accessibili, che possono essere consultate direttamente dagli

studenti.

Se questi sono i limiti riconosciuti per la lezione frontale, come mai questa è la

forma didattica più utilizzata nella scuola secondaria? A ben vedere l'esposizione

verbale, se ben organizzata, torna didatticamente utile in determinate circostanze, in

quanto:

- è efficiente: la trasmissione informativa è condensata. In breve tempo si

presentano numerosi contenuti, dati e informazioni;

- è definita: l'argomento o il tema della lezione è delimitato e necessariamente

strutturato in procedure sequenziali;

- pone le basi e organizza il campo per lo studio individuale o di gruppo;

- presenta modelli di razionalità e codici linguistici e semantici impostati secondo

le regole della struttura e dell'epistemologia disciplinare.

Al di là di queste osservazioni, è stato ampiamente dimostrato che la sua

efficacia dipende dalle competenze personali del docente, ossia quanto egli sia in grado

di adottare strategie comunicative quali:

- costruire interventi eccellenti, ricchi e articolati nei contenuti e, insieme,

affascinanti nel coinvolgimento espositivo;

- personalizzare l'esposizione, rapportandola alle caratteristiche del gruppo,

adattando i codici linguistici, semantici ed esperienziali senza abbassare la

qualità dell'insegnamento;

- coinvolgere gli studenti con strategie partecipative, limitando i monologhi del

docente;

- impiegare correttamente i sussidi e le tecnologie didattiche, al fine di integrare la

comunicazione verbale con altri linguaggi particolarmente praticati dagli

adolescenti.

48

7.2 IL METODO OPERATIVO: IL LABORATORIO

Per sgomberare il campo da qualsiasi fraintendimento, occorre puntualizzare il

duplice significato del termine “laboratorio” quando lo si utilizza in un contesto

didattico.

Nella trattazione metodologica dell’insegnamento, il laboratorio viene inteso

come uno "spazio mentale attrezzato", rientrando tra i metodi operativi connessi allo

sviluppo di un saper fare intelligente e riflessivo (Tessaro, 2002). In tal senso, il

laboratorio si caratterizza per l'attività formativa che vi si svolge; il nucleo è

rappresentato dal progetto didattico o dal piano di lavoro che si intendono operare. È in

funzione del progetto che si usano determinati mezzi e che si dispongono gli studenti in

gruppi di lavoro. Con il lavoro in laboratorio lo studente domina il senso produttivo del

suo apprendimento. Dal punto di vista didattico, è essenziale che ogni unità di tempo

impiegato corrisponda ad una specifica fase di lavoro e quindi ad un risultato, anche

intermedio, che garantisca il dominio dell'attività sino a quel punto effettuata, sia da

parte del docente, che può tenere sotto controllo la progressione dei passi nella

procedura, sia da parte dello studente, che vede il risultato raggiunto in termini

favorevoli dal punto di vista motivazionale. È nell'intreccio tra le attività materiali, lo

studio e la riflessione che si realizza il vero laboratorio. In questo intreccio proattivo,

nella possibilità di corrispondere alle esigenze individuali degli studenti e nella qualità

della verifica del lavoro fatto (tempestività e trasparenza) si fonda l'organizzazione

dell'attività scolastica incentrata sui laboratori (De Bartolomeis, 1978).

Nella pratica disciplinare, in particolar modo delle materie scientifiche, il

termine laboratorio viene inteso come qualsiasi spazio, operativo e concettuale,

opportunamente adattato per lo svolgimento di una specifica attività. Dal punto di vista

logistico, il laboratorio della scuola secondaria dovrebbe essere un locale a sé stante,

appositamente costruito per produrre rendimenti specialistici. In tal senso, il laboratorio

si contraddistingue dall'aula: l'aula generica è uno spazio-contenitore, il laboratorio è

uno spazio specialistico. Nella scuola secondaria le attività laboratoriali si presentano

prevalentemente disciplinari: le diverse materie, in particolar modo quelle relative

all'area tecnologica e all'area scientifica, dispongono di propri laboratori. Sarebbe

comunque improprio considerare i laboratori solo in chiave strettamente disciplinare; le

specializzazioni riguardano anche le competenze trasversali. Esistono laboratori

49

trasversali antichi, come le biblioteche, e moderni, come laboratori multimediali, che

accomunano più discipline nel percorso metodologico.

Quali sono le peculiarità di un laboratorio per l'apprendimento? In un percorso di

epistemologia operativa, A. Munari (1994) analizza le caratteristiche delle attività di un

laboratorio trasversale, il cui scopo è di favorire le esperienze cognitive in ambito

scolastico.

- L'attività proposta, nel laboratorio formativo, si deve prestare ad una

manipolazione concreta. Un'attività puramente verbale, senza passaggio al

trattamento reale, non è sufficiente. Quando si parla si sottintendono cose date

per scontate, che così non sono quando si tenta di tradurle in attività tangibili.

- L'attività deve implicare le operazioni cruciali. In una sessione di laboratorio

non è possibile fare di tutto: è necessario focalizzarsi su alcune operazioni

principali. È indispensabile che il docente sappia con precisione lo sviluppo

della procedura che intende centrare, anche se non è detto che di questo siano

consapevoli gli studenti. Costoro accetteranno di fare ciò che viene chiesto loro

e, solo alla conclusione, in gruppo, si discuterà sulle azioni compiute e sul

risultato ottenuto.

- L'attività non deve avere una soluzione unica. Questa affermazione può risultare

sconcertante per coloro che considerano il laboratorio come il luogo

dell'esercitazione meccanica, dell'addestramento concreto, dei passi obbligati.

Ma non è questo il laboratorio inteso come spazio mentale attrezzato, che

richiede non una risposta giusta, un'unica soluzione, ma più risposte e più

soluzioni, tutte egualmente plausibili.

- Le attività devono provocare uno spiazzamento cognitivo. L'esperienza di

laboratorio deve produrre dissonanza tra ciò che l'allievo conosceva e ciò che va

apprendendo mediante lavoro. Deve indurre una maggiore motivazione negli

studenti e mantenere costante il desiderio di scoprire qualcosa di nuovo. Le

applicazioni automatiche irrigidiscono il pensiero e rendono difficile la

consapevolezza delle diversità dei contesti e dei processi.

- L'attività si deve situare ad una giusta distanza dalle competenze possedute. Le

abilità richieste nelle attività laboratoriali non possono collocarsi eccessivamente

distanti dalle competenze possedute dall'allievo, altrimenti costui utilizzerebbe

50

soltanto un approccio per tentativi ed errori. Per altro verso, le attività non

possono neppure identificarsi con le competenze possedute dall'allievo, che si

troverebbe costretto a svolgere un esercizio e non a ricercare le soluzioni ad un

problema.

- Le attività devono comportare diversi livelli di interpretazione. Imparare in

laboratorio significa prendere metodi che possono essere variamente applicati in

diverse situazioni; perciò un metodo diventa suscettibile di interpretazione

diversa secondo l'angolo visuale adottato. Il gruppo di studenti laboratorio viene

chiamato a proporre, condividere e sperimentare i diversi punti di vista.

- Le attività devono possedere valenze metaforiche. L'attività laboratoriale non

richiede soltanto competenze di tipo esecutivo, così come non produce soltanto

apprendimenti di tipo operatorio-concreto. Operare in laboratorio significa fare

riferimento (ripensare) ad esperienze lontane ed eterogenee, e

contemporaneamente costruire, su quel pensiero, nuove esperienze.

- Le attività devono coinvolgere il rapporto che ciascuno ha con il sapere. Nel

laboratorio l'azione e la riflessione si ritrovano intrecciati nella costruzione del

sapere individuale, attraverso continui processi retroattivi e proattivi. In tal

modo il laboratorio supera la perenne divisione tra teoria e pratica, tra principi e

applicazioni, individuando sapere come conoscenza in azione.

Cercando di riassumere, le conseguenze dell’utilizzo del laboratorio nell’ambito

delle dinamiche di insegnamento-apprendimento sono:

- consentire allo studente di dominare il senso produttivo del suo apprendimento,

inteso come momento in cui l'alunno è attivo (cioè formula le proprie ipotesi e

ne controlla le conseguenze, progetta e sperimenta, discute e argomenta le

proprie scelte, impara a raccogliere dati e a confrontarli con le ipotesi

formulate);

- realizzare l’apprendimento tramite il metodo investigativo: partendo da una

situazione problematica iniziale, si attivano strategie risolutive che manifestano

le fasi del percorso di ricerca sperimentale;

- permettere l’approccio alle discipline scientifiche rispettandone la natura di

carattere sperimentale;

51

- favorire la costruzione e l’acquisizione di un vocabolario scientifico con

definizioni operative di grandezze e concetti;

- consentire l’uso appropriato delle abilità comunicative e collaborative, connotate

sia da responsabilità individuale che da positiva interdipendenza, cooperando

per il raggiungimento di un fine comune;

- organizzare l’instaurarsi di un gruppo di lavoro che riproduca le modalità di

interazione di una comunità di scienziati, giungendo a conclusioni temporanee e

a nuove aperture delle conoscenze personali e collettive.

53

8. SCOPO DELLA RICERCA

Lo scopo della mia ricerca è stato quello di valutare la diversa ricaduta

sull’apprendimento degli studenti usando metodologie didattiche differenti. A tal fine si

sono predisposti percorsi curricolari di scienze della vita per la Scuola Secondaria di

Primo Grado, derivati da un connubio contenutistico-metodologico tra i sussidi offerti

dal laboratorio didattico e la trattazione della teoria dell’evoluzione. L’intento è stato

quello di favorire la concretizzazione, all’interno delle dinamiche di insegnamento-

apprendimento, di un’azione didattica valida ed efficace.

55

9. OBIETTIVI DELLA RICERCA

- Determinare i nuclei fondanti della teoria che ne rispettino l’impianto

scientifico-razionale e la valenza storico-epistemologica, trasferibili e

concretizzabili tramite il laboratorio didattico;

- Individuare quali siano tra le molteplici tipologie di attività laboratoriali, quelle

che maggiormente si prestano alla trattazione dei nodi concettuali su cui poggia

la biologia evoluzionistica;

- Costruire dei percorsi didattici che ripercorrano gli aspetti fondamentali della

teoria dell’evoluzione utilizzando i processi attivabili mediante tecniche di

laboratorio e testarne l’efficacia attraverso il confronto con percorsi basati su

metodologie tradizionali;

- Evidenziare le buone pratiche che, attraverso l’integrazione di metodi, contenuti

e strumenti, possono rappresentare linee guida nella creazione dei contesti di

apprendimento ottimali.

57

10. STRUMENTI E METODOLOGIA D’INDAGINE

Al fine di comparare i risultati ottenuti da due percorsi di insegnamento, uno

condotto attraverso tecniche di laboratorio, l’altro strutturato su una didattica frontale

strettamente coadiuvata dall’ausilio del libro di testo, ho dovuto predisporre e realizzare

dei progetti didattici. Per una più agevole comprensione del lavoro svolto, ho ritenuto

opportuno suddividere in tre fasi il lavoro di ricerca.

10.1 PROGETTAZIONE DEL PERCORSO DIDATTICO

I punti salienti che hanno caratterizzato questa fase sono i seguenti:

- Individuazione dei concetti cardine, relativi alla teoria dell’evoluzione, tramite

ricerca bibliografica ed analisi dei testi. Sono stati trattati i seguenti fattori:

ereditarietà, caso, variazione, selezione, adattamento, tempo;

- Analisi dei curricula della Scuola Media Inferiore di Primo Grado per

l’individuazione della classe e del momento più consono alla sperimentazione.

Ho optato per le classi terze medie dopo che, da programma, erano stati trattati

elementi di biologia (anche umana) e genetica;

- Preparazione e/o adattamento di schede guida e individuazione degli strumenti

didattici. Ho costruito diversi protocolli, riguardanti gli argomenti sopra

elencati, da utilizzare come traccia per la conduzione delle attività di laboratorio

(l’elenco delle esperienze realizzate e degli argomenti correlati è riportato in

tabella 10.1; un esempio di traccia per la conduzione di un’attività è riportato nel

paragrafo 10.4). Le attività incluse sono state selezionate in base alla loro

rilevanza rispetto al curriculum di base delle Scienze della Vita, alla possibilità

di adattamento e di replica in altri contesti di insegnamento (vedi Scuola

Secondaria Superiore), alla facilità di reperimento dei materiali, all’originalità e

attualità degli esempi. Alcuni protocolli sono stati selezionati, e successivamente

adattati, da fonti bibliografiche specifiche, altri sono stati preparati ex novo.

Oltre ai metodi, per ciascuna esperienza ho individuato i materiali e gli strumenti

didattici necessari sia per l’intera classe, sia per i singoli gruppi di laboratorio;

58

TITOLO ARGOMENTI CORRELATI

Classificazione dei Caminalcules Sistematica, filogenesi, convergenza adattativa

Pesci e padelle Variazione, selezione, adattamento, speciazione

I fossili di Leonardo Fossilizzazione, tempo

L’evoluzione nei Simpson Credenze personali, rapporto scienza/religione

Servono i maschi? Selezione sessuale, riproduzione, adattamento

Il caso dell’animale X Tassonomia, linearità e ramificazioni

Il codice misterioso Variazione, caso, codice genetico

Dimmi come ti muovi Omologia, anatomia comparata

Tabella 10.1: Elenco delle attività proposte nel percorso di laboratorio.

- Individuazione degli strumenti per il monitoraggio dell’attività, della raccolta

dei risultati e dell’analisi statistica. E’ stato liberamente tradotto un questionario

di accettazione della teoria dell’evoluzione, utilizzato in uno studio analogo alla

mia ricerca (Chinsamy e Plagany, 2008), riportato nel paragrafo 10.5. In tale

questionario ho inserito anche quattro semplici ma specifiche domande sul

confronto tra la specie umana e altri organismi viventi; questo in funzione di una

possibile e naturale estensione del progetto in futuro. Ho inoltre deciso di

utilizzare, per la raccolta dei dati, una scala di accordo/disaccordo a 5 passi,

denominata scala Likert.

10.2 ORGANIZZAZIONE DEL PECORSO DIDATTICO

- Contatti con le Istituzioni Scolastiche. I progetti didattici che illustravano

l’attività di ricerca sono stati sottoposti al parere del Dirigente Scolastico, delle

Commissioni di Dipartimento e del Collegio Docenti delle istituzioni contattate;

- Contatti con i responsabili Piano Ministeriale ISS. Per la ricerca mi sono

avvalso di alcuni insegnanti che si sono resi disponibili ad affrontare in prima

persona le esperienze in classe. Per assicurare una adeguata formazione, ho

organizzato dei seminari presso le sedi ISS (Piano Ministeriale Insegnamento

Scienze Sperimentali) degli istituti comprensivi scelti, in modo da illustrare il

progetto didattico e le attività da svolgere. Per esempio, nella rete di Vicenza e

59

Treviso, ho predisposto un percorso di aggiornamento di 4 incontri da 2 ore

ciascuno, che ha riguardato la spiegazione e la realizzazione delle esperienze di

laboratorio destinate poi agli alunni. Il fine è stato quello di poter sperimentare il

progetto nelle classi degli insegnanti partecipanti, intervenendo nella

supervisione delle attività. Per aumentare l’attendibilità della ricerca e per

diminuire la componente soggettiva, gli insegnanti coinvolti hanno operato in

almeno due classi, svolgendo entrambi i percorsi didattici;

- Suddivisione delle classi. Ho cercato di scegliere classi il più possibile

omogenee, in particolare per genere, livello di profitto, studenti avvalentesi

dell’IRC (insegnamento religione cattolica), alunni con certificazione

(sostegno), dislocazione urbana/periferica dell’istituto. E’ da specificare che, per

quanto riguarda gli alunni disabili, i questionari sono stati compilati con l’ausilio

dell’insegnante di sostegno e, solo dopo il suo parere sulla comprensione degli

items, tali questionari sono stati inclusi tra i risultati.

10.3 REALIZZAZIONE DEL PROGETTO

La realizzazione del progetto ha coinvolto circa 600 alunni iscritti a 28 classi

terze di Scuole Secondarie di Primo Grado del territorio veneto. Le adesioni hanno

riguardato i seguenti istituti:

- Scuola Media Statale di Montebelluna (TV): 4 classi della sede di Montebelluna,

1 della sede di Biadene;

- Istituto Comprensivo di Vigodarzere (PD): 3 classi della Scuola Media

“Moroni”;

- Istituto Comprensivo Torri 2 di Torri di Quartesolo (VI): 2 classi della sede di

Grumolo delle Abbadesse e 2 della sede di Marola;

- Istituto Comprensivo di Montegalda (VI): 2 classi della sede di Montegalda e 2

della sede di Grisignano di Zocco;

- Istituto Comprensivo 1 di Vicenza: 2 classi della Scuola Media “Maffei”;

- Istituto Comprensivo 8 di Vicenza: 5 classi della Scuola Media “Carta”;

- Istituto Comprensivo di Longare (VI): 5 classi della Scuola Media “Bizio”.

60

In metà delle classi si è affrontato l’insegnamento dell’evoluzione tramite il

percorso “tradizionale” (lezioni frontali con l’ausilio del libro di testo); nelle rimanenti

si è trattato lo stesso argomento attraverso il percorso sperimentale di laboratorio. Il

tempo dedicato al progetto è stato identico nei due casi: per ogni classe otto lezioni da

un’ora ciascuna.

A tutti gli alunni è stato somministrato il questionario di accettazione della

teoria dell’evoluzione sia prima dell’intervento didattico, per la rilevazione delle pre-

conoscenze, che alla sua conclusione, per la verifica della ricaduta didattica.

10.4 TRACCIA PER LA CONDUZIONE DI UN’ATTIVITA’ DI LABORATORIO:

CLASSIFICAZIONE ED EVOLUZIONE DEI CAMINALCULES

L’esperienza descritta in seguito riguarda un esempio di attività di laboratorio in

cui vengono utilizzati degli organismi immaginari, denominati Caminalcules, per

simulare la costruzione di alberi filogenetici.

I Caminalcules (figure 10.1 e 10.2) sono stati ideati da Joseph H. Camin (Sokal,

1983). L’autore ha disegnato questi organismi partendo da un modello di antenato

comune e, modificandolo gradualmente in modo da mimare i cambiamenti evolutivi, ha

ottenuto una serie composta da 73 diverse forme. L’intento è stato quello di sviluppare

una filogenesi che può essere utilizzata dagli studenti per imparare le tecniche

tassonomiche e le analisi cladistiche.

A questo proposito, questi organismi offrono importanti vantaggi (McComas e

Alters, 1994). Innanzitutto, poiché essi sono animali artificiali, gli studenti non

presentano preconcetti su come possono essere imparentati, e quindi classificati. Questo

significa che, quando saranno chiamati a costruire un albero filogenetico, si

concentreranno più sul determinare un principio esplicativo piuttosto che basarsi sulle

loro conoscenze pregresse. Inoltre, le forme di Caminalcules presentano sia

testimonianze fossili che organismi viventi, simulando una vera storia evolutiva. Infine,

questo tipo di esperienza illustra l’intima connessione tra la classificazione delle specie

viventi e le loro relazioni evolutive.

61

Principi dell’evoluzione affrontati: sistematica, filogenesi, convergenza adattativa

Materiali occorrenti

- per l’insegnante: lucidi delle 14 forme viventi di Caminalcules;

- per ogni studente: fotocopia delle figure 10.1 e 10.2: Caminalcules fossili e

viventi;

- per gruppi da due a quattro studenti: forbici, metro di legno, colla, fogli per

cartelloni.

Figura 10.1: Forme attuali e forme fossili di Caminalcules (Sokal, 1983)

62

Figura 10.2: Continua da figura 10.1

Procedura:

Parte 1: Classificazione dei Caminalcules viventi

Gli studenti, individualmente, iniziano a sistemare le 14 specie di forme viventi

in una classificazione gerarchica. Innanzitutto devono raggruppare le specie in generi

usando il criterio della somiglianza fisica. Il presupposto è che nei Caminalcules, come

molto spesso succede anche nella realtà, le somiglianze fisiche sono una buona

63

indicazione della presenza di antenati comuni condivisi. Usando criteri simili, i ragazzi

devono poi raggruppare i generi in famiglie, le famiglie in ordini, e così via. A seconda

dei dettagli considerati, lo schema di classificazione può fermarsi all’ordine o procedere

fino al phylum. Se il tempo a cui dedicare l’attività è breve (per esempio quando non si

hanno due ore scolastiche ravvicinate) può essere chiesto agli studenti di costruire a

casa la loro preliminare classificazione. Un altro modo con cui può essere condotta

l’attività è di far lavorare collegialmente tutta la classe, con l’insegnante che agisce da

facilitatore e moderatore.

Una volta che gli studenti hanno completato la loro classificazione, l’insegnante

guida la discussione con l’ausilio del proiettore e dei lucidi sulle 14 specie di

Caminalcules viventi, iniziando con la forma n. 2 e chiedendo quali altre specie sono

state incluse nel suo genere di appartenenza. Ad esempio, molti degli studenti avranno

raggruppato insieme le forme 2, 3, 4, 12 e 22; se ciò è successo si chiede che le separino

in generi meno numerosi. L’errore più comune che si riscontra a questo punto è di

mettere le forme 3 e 12 da sole in generi separati, semplicemente per il fatto di

possedere gli artigli. Questo offre la possibilità di puntualizzare che la classificazione

deve essere basata su tutti i caratteri disponibili. Quando gli studenti considerano

caratteri quali la distribuzione del colore, la forma del corpo, la presenza di articolazioni

della zampa o di ornamenti sulla testa, normalmente decidono velocemente che le forme

3 e 4 appartengono allo stesso genere, mentre le forme 2, 12 e 22 ad un altro. Qualcuno

deciderà di mettere la forma 22 da sola, che è accettabile.

Dopo aver classificato le specie in maniera (per gli studenti) soddisfacente,

l’insegnante comincia la discussione sull’evoluzione convergente, usando le forme 3 e

12 come esempi. Se necessario, egli deve anche definire questo concetto.

Normalmente si incoraggia i ragazzi ad essere “separazionisti” piuttosto che

“raggruppatori” per ragioni euristiche, cioè perché è più facile introdurre il concetto di

convergenza evolutiva così come si può enfatizzare il bisogno di esaminare tutti i

caratteri disponibili con attenzione.

64

Classe Caminalcule

Ordine G1 G2

Famiglia F1 F2 F3 F4

Genere G1 G2 G3 G4 G5 G6

Specie 19 20 9 4 3 22 12 2 16 24 1 14 13 28

Tabella 10.2: esempio di classificazione tassonomica dei Caminalcules viventi.

Parte 2: Un albero filogenetico basato sulle specie viventi

Nel secondo esercizio, gli studenti usano la loro classificazione dei Caminalcules

viventi per costruire un albero filogenetico. La classificazione mostrata in Tabella 10.2

potrebbe suggerire l’albero della figura 10.3.

Figura 10.3: Albero filogenetico basato sulla classificazione dei Caminalcules viventi.

Uno dei concetti chiave è quello del comune antenato più recente. Gli studenti

imparano che mettendo due specie, per esempio 19 e 20, nello stesso genere, implicano

che queste specie condividono un antenato comune non condiviso da altri generi.

Quando ci sono tre o più specie in un genere, gli studenti devono decidere quali sono

più strettamente imparentate (figura 10.4).

65

Figura 10.4

La stessa procedura è applicata nella classificazione dei taxa di ordine maggiore.

Per esempio, se due generi sembrano assomigliarsi tra loro molto più che non con i

rimanenti, questo è probabilmente perché condividono un antenato comune.

Inoltre, gli studenti apprendono che persino in assenza di testimonianze fossili, si

può tentare di costruire degli alberi filogenetici che corrispondono allo schema della

loro classificazione. Non è necessario che la loro filogenesi corrisponda esattamente a

quella originariamente concepita dall’autore, ed è improbabile che lo sia, dato

l’approccio intuitivo che gli studenti applicano. Anzi, in questo modo è facilitata la

scoperta degli errori da parte degli stessi ragazzi dopo aver completato l’ultima parte

dell’esercitazione.

Parte 3: Costruzione di un albero filogenetico basato sulle testimonianze fossili

Ogni specie di Caminalcules fossile, come rappresentato nelle figure 10.1 e

10.2, è identificato mediante un numero e un’età in milioni di anni (cifra tra parentesi);

bisogna fare attenzione che gli studenti non taglino queste informazioni. Partendo dal

fossile più antico, numero 73 che ha 19 milioni di anni, gli studenti disegnano 20 linee

orizzontali sul foglio di carta e le numerano da 0 (tempo attuale) a 19 partendo dalla

prima riga in alto. L’insegnante mostra come iniziare l’albero filogenetico mettendo la

specie 73 nel mezzo della linea corrispondente ai 19 milioni di anni. Da questa specie si

sono originate due nuove specie, forme 58 e 74, rappresentate dalle specie di fossili

risalenti a 18 milioni di anni fa. Da qui si lascia che gli studenti proseguano da soli. Per

rendere l’esercizio più facile è possibile eliminare alcuni rami, per esempio quelli che si

66

dipanano a partire dalle forme 14 e 47 (vedi figura 10.5). L’importante è comunque

includere sia le specie fossili che le specie attuali.

Figura 10.5: Albero filogenetico dei Caminalcules (Sokal, 1983)

Gli studenti gradiscono questa tipologia di attività, e generalmente costruiscono

alberi filogenetici abbastanza corretti. Possono incappare comunque in diversi passi

falsi, che provvedono un’eccellente opportunità di discutere concetti quali gaps delle

testimonianze fossili e periodi di stasi evolutiva (figura 10.5). Per esempio, quando

considerano la forma 67 (12 milioni di anni), la maggior parte degli studenti assume che

è derivata dalla specie 30 (13 milioni di anni). Questo richiederebbe un improbabile

67

scenario in cui l’evoluzione che tende verso chele conformate a pinza fa velocemente

marcia indietro per originare quelli che sembrano dei tentacoli biforcuti. Una volta

puntualizzato questo, gli studenti deducono correttamente che la forma 67 si dirama

singolarmente e che c’è un gap nelle testimonianze fossili.

Completato il loro albero evolutivo, gli studenti lo comparano con quello

originale, riconoscendo le eventuali discrepanze. Successivamente si chiede loro di

riconoscere, in laboratorio o come compito a casa, quanto segue:

1) Il più recente antenato comune di ogni due specie;

2) Esempi ulteriori di evoluzione convergente;

3) Esempi di strutture vestigiali (es. il dito più interno della specie 66);

4) Esempi di stasi evolutive (per es. le specie 13 e 14 rimangono inalterate per 13

milioni di anni);

5) Esempi di rapide radiazioni adattative (per es. le molte linee che partono dalla

specie 43 a circa 7 milioni di anni);

Queste osservazioni possono facilmente essere applicate al mondo reale e

conducono a discussioni interessanti, come per esempio le seguenti:

- Quali indicazioni offrono le strutture vestigiali a proposito della storia evolutiva

di una specie?

- Quali condizioni ambientali possono giustificare rapide diversificazioni o lunghe

stasi di alcune linee evolutive?

- Alcuni Caminalcules si sono estinti. Quali fattori possono aumentare o diminuire

la probabilità di estinzione nel mondo reale?

Gli insegnanti dovrebbero inoltre utilizzare l’albero filogenetico per enfatizzare i

cambiamenti che avvengono a carico di strutture preesistenti.

Considerazioni aggiuntive

Una delle ragioni per cui questa esperienza ha successo tra gli studenti è che essi

sono generalmente molto propensi a lavorare in gruppo nei problem solving presentati.

E’ importante tuttavia sottolineare che l’insegnante deve monitorare i progressi di ogni

68

gruppo per identificare eventuali problemi o difficoltà. Tale attività di facilitazione offre

ulteriori possibilità di approfondire con ogni gruppo alcuni aspetti dei concetti

affrontati.

10.5 QUESTIONARIO DI ACCETTAZIONE DELLA TEORIA

DELL’EVOLUZIONE

Porre una croce sull’atteggiamento condiviso 1. Gli adattamenti degli organismi viventi sembrano incredibilmente ben progettati.

Questa è la prova che devono essere stati creati da un’intelligenza divina. Molto

d’accordo D’accordo

Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo

2. L'evoluzione è il metodo di creazione del creatore.

Molto d’accordo

D’accordo Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo

3. Tutta la vita sulla Terra è stata creata nello stesso momento o in pochi giorni. Molto

d’accordo D’accordo

Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo 4. La mia religione fornisce, rispetto alla scienza, una spiegazione migliore per la

creazione dell'Universo. Molto

d’accordo D’accordo

Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo

5. L'evoluzione è dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio da prove convergenti. Molto

d’accordo D’accordo

Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo

6. Tutta la vita sulla Terra si è evoluta attraverso un processo di discendenza comune con modificazioni. Molto

d’accordo D’accordo

Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo

69

7. La teoria dell’evoluzione è un programma di ricerca scientifico che spiega la diversità e gli adattamenti della vita sulla Terra. Molto

d’accordo D’accordo

Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo

8. Variazione e selezione naturale sono i meccanismi alla base del processo evolutivo. Molto

d’accordo D’accordo

Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo

9. L'evoluzione è avvenuta milioni di anni fa ma ora non avviene più. Molto

d’accordo D’accordo

Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo

10. La Terra ha 4.5 miliardi di anni. Molto

d’accordo D’accordo

Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo

11. La specie animale più strettamente imparentata con l’uomo è lo scimpanzè. Molto

d’accordo D’accordo

Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo

12. La prima forma di vita sulla Terra risale a 3.7 miliardi di anni fa. Molto

d’accordo D’accordo

Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo

13. Charles Darwin è ricordato per aver proposto un meccanismo attraverso il quale avviene l'evoluzione. Molto

d’accordo D’accordo

Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo 14. I reperti fossili documentano tutta la vita vissuta sulla Terra.

Molto

d’accordo D’accordo

Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo 15. Lo scopo dell’evoluzione è la creazione di un organismo perfetto, rappresentato

attualmente dall’uomo. Molto

d’accordo D’accordo

Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo

70

16. La specie umana ha subito nel tempo gli stessi meccanismi evolutivi degli altri esseri viventi. Molto

d’accordo D’accordo

Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo 17. L’essere umano è l’organismo che si evolve più velocemente.

Molto d’accordo

D’accordo Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo 18. Gli esseri umani si sono evoluti e si stanno ancora evolvendo.

Molto

d’accordo D’accordo

Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo

19. La prova che l'evoluzione non è mai potuta avvenire è data dalla legge di Sherwin Molto

d’accordo D’accordo

Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo

20. Il Terzo Principio di Bernelli indica che l'evoluzione è vera.

Molto d’accordo

D’accordo Non so / Incerto

In disaccordo Molto in

disaccordo

71

11. RISULTATI

Per ogni domanda del questionario si sono sommate le risposte ottenute in

ognuno dei cinque possibili atteggiamenti, calcolandone la media espressa in forma

percentuale.

Le domande sono state accorpate in sezioni secondo lo schema seguente:

1. Rapporto scienza/religione: dalla n. 1 alla n. 4;

2. Comprensione: dalla n. 5 alla n. 9;

3. Fatti scientifici: dalla n. 10 alla n. 14;

4. Evoluzione umana: dalla n. 14 alla n. 18;

5. Domande fallaci: n. 19 e n. 20.

Le domande 19 e 20, denominate “fallaci”, sono items inseriti per una

standardizzazione interna del test. Infatti, queste domande palesemente false riguardano

due scienziati di fantasia di cui è impossibile riconoscere l’identità, anche se il nome

ricorda personalità scientifiche realmente esistite (Sherwin in assonanza con Darwin,

Bernelli in assonanza con Bernoulli). Se il test è compilato in maniera casuale, ponendo

le croci senza aver letto le domande, ci si aspetta un’equa distribuzione delle risposte

per ogni possibile atteggiamento proposto. Viceversa, se il test è compilato dopo la loro

lettura, ci si attende una predominanza dell’atteggiamento “non so/incerto” rispetto alle

altre alternative.

Nelle tabelle seguenti si riportano i dati relativi al questionario in ingresso, cioè

prima di effettuare i percorsi didattici (tabella 11.1), al questionario in uscita dopo il

ciclo di lezioni con metodologia tradizionale (tabella 11.2) e laboratoriale (tabella 11.3).

72

SEZIONI Molto d'accordo

D'accordo Non so / Incerto

In disaccordo

Molto in disaccordo

Rapporto fra religione e scienza

01.Gli adattamenti degli organismi viventi sembrano incredibilmente ben progettati. Questa è la prova che devono essere stati creati da un’intelligenza divina.

4,8% 32,3% 27,5% 27,1% 8,2%

02.L'evoluzione è il metodo di creazione del creatore.

3,4% 23,5% 38,9% 27,6% 6,5%

03.Tutta la vita sulla Terra è stata creata nello stesso momento o in pochi giorni.

2,7% 15,0% 18,0% 33,7% 30,6%

04.La mia religione fornisce una migliore spiegazione per la creazione dell'Universo rispetto alla scienza.

6,5% 20,1% 25,9% 34,5% 13,0%

Comprensione

05.L'evoluzione è dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio da prove convergenti.

6,2% 47,9% 37,3% 8,2% 0,3%

06.Tutta la vita sulla Terra si è evoluta attraverso un processo di discendenza comune con modificazioni.

16,3% 41,8% 33,0% 7,8% 1,0%

07.La teoria dell’evoluzione è un programma di ricerca scientifico che spiega la diversità e gli adattamenti della vita sulla Terra.

13,0% 54,3% 24,2% 8,2% 0,3%

08.Variazione e selezione naturale sono i meccanismi alla base del processo evolutivo.

12,3% 41,1% 42,8% 3,4% 0,3%

09.L'evoluzione è avvenuta milioni di anni fa ma ora non avviene più.

3,1% 8,2% 18,1% 44,7% 25,9%

Fatti scientifici

10.La Terra ha 4.5 miliardi di anni. 13,6% 25,5% 44,6% 11,9% 4,4%

11.La specie animale più strettamente imparentata con l'uomo è lo scimpanzè.

28,0% 50,2% 12,6% 7,2% 2,0%

12.La prima forma di vita sulla Terra risale a 3.7 miliardi di anni fa.

2,0% 16,0% 70,3% 7,2% 4,4%

13.Charles Darwin è ricordato per aver proposto un meccanismo attraverso il quale avviene l'evoluzione.

17,1% 32,8% 45,1% 3,8% 1,4%

14.I reperti fossili documentano tutta la vita vissuta sulla Terra.

15,3% 54,4% 11,6% 15,6% 3,1%

Evoluzione umana

15.Lo scopo dell’evoluzione è la creazione di un organismo perfetto, rappresentato attualmente dall’uomo.

5,5% 30,3% 31,4% 24,5% 8,3%

16.La specie umana ha subito nel tempo gli stessi meccanismi evolutivi degli altri esseri viventi.

8,7% 26,6% 30,4% 27,0% 7,3%

17.L’essere umano è l’organismo che si evolve più velocemente.

7,6% 29,8% 42,6% 17,0% 3,1%

18.Gli esseri umani si sono evoluti e si stanno ancora evolvendo.

13,4% 44,5% 29,0% 11,0% 2,1%

Domande fallaci

19.La prova che l'evoluzione non è mai potuta avvenire è data dalla legge di Sherwin.

0,7% 1,4% 82,5% 8,2% 7,2%

20.Il Terzo Principio di Bernelli indica che l'evoluzione è vera.

4,1% 11,2% 82,7% 1,4% 0,7%

Tabella 11.1: Risultati del questionario al momento dell’ingresso nelle classi.

73

SEZIONI Molto d'accordo

D'accordo Non so / Incerto

In disaccordo

Molto in disaccordo

Rapporto fra religione e scienza

01.Gli adattamenti degli organismi viventi sembrano incredibilmente ben progettati. Questa è la prova che devono essere stati creati da un’intelligenza divina.

4,0% 18,2% 28,0% 38,2% 11,6%

02.L'evoluzione è il metodo di creazione del creatore.

2,9% 19,3% 26,2% 40,4% 11,3%

03.Tutta la vita sulla Terra è stata creata nello stesso momento o in pochi giorni.

4,7% 15,3% 10,2% 31,3% 38,5%

04.La mia religione fornisce una migliore spiegazione per la creazione dell'Universo rispetto alla scienza.

6,5% 20,0% 22,9% 39,3% 11,3%

Comprensione

05.L'evoluzione è dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio da prove convergenti.

8,7% 44,7% 38,2% 6,9% 1,5%

06.Tutta la vita sulla Terra si è evoluta attraverso un processo di discendenza comune con modificazioni.

18,9% 56,4% 15,6% 8,4% 0,7%

07.La teoria dell’evoluzione è un programma di ricerca scientifico che spiega la diversità e gli adattamenti della vita sulla Terra.

14,9% 61,8% 14,2% 8,7% 0,4%

08.Variazione e selezione naturale sono i meccanismi alla base del processo evolutivo.

22,9% 49,1% 21,0% 6,6% 0,4%

09.L'evoluzione è avvenuta milioni di anni fa ma ora non avviene più.

1,8% 10,5% 15,6% 38,5% 33,5%

Fatti scientifici

10.La Terra ha 4.5 miliardi di anni. 12,8% 30,7% 42,0% 10,9% 3,6%

11.La specie animale più strettamente imparentata con l'uomo è lo scimpanzè.

19,3% 48,0% 20,0% 9,1% 3,6%

12.La prima forma di vita sulla Terra risale a 3.7 miliardi di anni fa.

1,8% 17,8% 67,6% 9,8% 2,9%

13.Charles Darwin è ricordato per aver proposto un meccanismo attraverso il quale avviene l'evoluzione.

23,7% 54,7% 11,7% 8,4% 1,5%

14.I reperti fossili documentano tutta la vita vissuta sulla Terra.

18,2% 46,7% 12,4% 21,2% 1,5%

Evoluzione umana

15.Lo scopo dell’evoluzione è la creazione di un organismo perfetto, rappresentato attualmente dall’uomo.

4,4% 23,0% 24,5% 36,1% 12,0%

16.La specie umana ha subito nel tempo gli stessi meccanismi evolutivi degli altri esseri viventi

8,8% 36,6% 21,2% 25,6% 7,7%

17.L’essere umano è l’organismo che si evolve più velocemente.

7,3% 21,8% 34,9% 31,3% 4,7%

18.Gli esseri umani si sono evoluti e si stanno ancora evolvendo.

17,8% 42,5% 21,5% 14,9% 3,3%

Domande fallaci

19.La prova che l'evoluzione non è mai potuta avvenire è data dalla legge di Sherwin.

0,7% 4,4% 77,1% 12,2% 5,5%

20.Il Terzo Principio di Bernelli indica che l'evoluzione è vera.

2,2% 11,1% 79,3% 4,8% 2,6%

Tabella 11.2: Risultati dopo il percorso di insegnamento tradizionale.

74

SEZIONI Molto d'accordo

D'accordo Non so / Incerto

In disaccordo

Molto in disaccordo

Rapporto fra religione e scienza

01.Gli adattamenti degli organismi viventi sembrano incredibilmente ben progettati. Questa è la prova che devono essere stati creati da un’intelligenza divina.

2,0% 10,7% 10,0% 34,8% 42,5%

02.L'evoluzione è il metodo di creazione del creatore.

1,0% 11,3% 14,3% 33,7% 39,7%

03.Tutta la vita sulla Terra è stata creata nello stesso momento o in pochi giorni.

0,7% 6,1% 6,4% 22,2% 64,6%

04.La mia religione fornisce una migliore spiegazione per la creazione dell'Universo rispetto alla scienza.

3,3% 7,0% 15,3% 42,5% 31,9%

Comprensione

05.L'evoluzione è dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio da prove convergenti.

24,6% 50,2% 19,3% 5,0% 1,0%

06.Tutta la vita sulla Terra si è evoluta attraverso un processo di discendenza comune con modificazioni.

35,3% 51,7% 9,0% 3,3% 0,7%

07.La teoria dell’evoluzione è un programma di ricerca scientifico che spiega la diversità e gli adattamenti della vita sulla Terra.

27,8% 61,5% 7,0% 3,7% 0,0%

08.Variazione e selezione naturale sono i meccanismi alla base del processo evolutivo.

29,9% 48,7% 16,8% 4,4% 0,3%

09.L'evoluzione è avvenuta milioni di anni fa ma ora non avviene più.

2,0% 3,3% 6,7% 42,8% 45,2%

Fatti scientifici

10.La Terra ha 4.5 miliardi di anni. 60,5% 27,9% 3,7% 5,0% 3,0%

11.La specie animale più strettamente imparentata con l'uomo è lo scimpanzè.

60,5% 28,9% 3,0% 6,6% 1,0%

12.La prima forma di vita sulla Terra risale a 3.7 miliardi di anni fa.

48,5% 32,8% 14,0% 3,0% 1,7%

13.Charles Darwin è ricordato per aver proposto un meccanismo attraverso il quale avviene l'evoluzione.

37,2% 53,4% 3,7% 4,0% 1,7%

14.I reperti fossili documentano tutta la vita vissuta sulla Terra.

8,0% 26,3% 9,7% 39,7% 16,3%

Evoluzione umana

15.Lo scopo dell’evoluzione è la creazione di un organismo perfetto, rappresentato attualmente dall’uomo.

1,7% 12,7% 18,7% 34,3% 32,7%

16.La specie umana ha subito nel tempo gli stessi meccanismi evolutivi degli altri esseri viventi.

14,4% 37,2% 20,5% 22,1% 5,7%

17.L’essere umano è l’organismo che si evolve più velocemente.

2,7% 14,6% 20,6% 40,5% 21,6%

18.Gli esseri umani si sono evoluti e si stanno ancora evolvendo.

25,3% 48,0% 18,3% 5,3% 3,0%

Domande fallaci

19.La prova che l'evoluzione non è mai potuta avvenire è data dalla legge di Sherwin.

1,7% 3,0% 64,1% 15,0% 16,3%

20.Il Terzo Principio di Bernelli indica che l'evoluzione è vera.

5,7% 11,3% 72,7% 2,7% 7,7%

Tabella 11.3: Risultati dopo il percorso di insegnamento laboratoriale.

75

Comparando le risposte ottenute dalla somministrazione del questionario di

accettazione prima e dopo l’intervento didattico si ottengono interessanti cambiamenti

in tutte le sezioni di domande. Inoltre le differenze tra le risposte ottenute dalle due

tipologie di percorso didattico danno risultati diversi.

In considerazione di una migliore trattazione dei dati, le percentuali relative ad

ogni risposta sono state raggruppate rispetto al livello di correttezza, non considerando

quindi l’intensità dell’atteggiamento. Per esempio, alla domanda “La Terra ha 4,5

miliardi di anni” si sono considerate corrette sia le risposte “molto d’accordo” sia le

“d’accordo”, e come scorrette le risposte “in disaccordo” e “molto in disaccordo”.

L’accorpamento è avvenuto in maniera opposta se le risposte corrette richiedevano un

atteggiamento negativo, come per la domanda “L’evoluzione è avvenuta milioni di anni

fa e ora non avviene più”.

Sono state inoltre calcolate le medie delle risposte per ogni sezione di domande

considerate, come illustrato in tabella 11.4.

76

PRIMA DEL PERCORSO DOPO TRADIZIONALE DOPO LABORATORIALE SEZIONI

Corr. Non so Scorr. Corr. Non so Scorr. Corr. Non so Scorr.

Rapporto fra religione e scienza

01.Gli adattamenti degli organismi viventi sembrano incredibilmente ben progettati. Questa è la prova che devono essere stati creati da un’intelligenza divina.

35,4% 27,5% 37,1% 49,8% 28,0% 22,2% 77,3% 10,0% 12,7%

02.L'evoluzione è il metodo di creazione del creatore.

34,1% 38,9% 27,0% 51,6% 26,2% 22,2% 73,3% 14,3% 12,3%

03.Tutta la vita sulla Terra è stata creata nello stesso momento o in pochi giorni.

64,3% 18,0% 17,7% 69,8% 10,2% 20,0% 86,9% 6,4% 6,7%

04.La mia religione fornisce una migliore spiegazione per la creazione dell'Universo rispetto alla scienza.

47,4% 25,9% 26,6% 50,5% 22,9% 26,5% 74,4% 15,3% 10,3%

MEDIA 45,3% 27,6% 27,1% 55,5% 21,8% 22,7% 78,0% 11,5% 10,5%

Comprensione

05.L'evoluzione è dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio da prove convergenti.

54,1% 37,3% 8,6% 53,5% 38,2% 8,4% 74,8% 19,3% 6,0%

06.Tutta la vita sulla Terra si è evoluta attraverso un processo di discendenza comune con modificazioni.

58,2% 33,0% 8,8% 75,3% 15,6% 9,1% 87,0% 9,0% 4,0%

07.La teoria dell’evoluzione è un programma di ricerca scientifico che spiega la diversità e gli adattamenti della vita sulla Terra.

67,2% 24,2% 8,5% 76,7% 14,2% 9,1% 89,3% 7,0% 3,7%

08.Variazione e selezione naturale sono i meccanismi alla base del processo evolutivo.

53,4% 42,8% 3,8% 72,0% 21,0% 7,0% 78,5% 16,8% 4,7%

09.L'evoluzione è avvenuta milioni di anni fa ma ora non avviene più.

70,6% 18,1% 11,3% 72,0% 15,6% 12,4% 88,0% 6,7% 5,4%

MEDIA 60,7% 31,1% 8,2% 69,9% 20,9% 9,2% 83,5% 11,8% 4,7%

Fatti scientifici

10.La Terra ha 4.5 miliardi di anni. 39,1% 44,6% 16,3% 43,4% 42,0% 14,6% 88,4% 3,7% 8,0%

11.La specie animale più strettamente imparentata con l'uomo è lo scimpanzè.

78,2% 12,6% 9,2% 67,3% 20,0% 12,7% 89,4% 3,0% 7,6%

12.La prima forma di vita sulla Terra risale a 3.7 miliardi di anni fa.

18,1% 70,3% 11,6% 19,6% 67,6% 12,7% 81,3% 14,0% 4,7%

13.Charles Darwin è ricordato per aver proposto un meccanismo attraverso il quale avviene l'evoluzione.

49,8% 45,1% 5,1% 78,5% 11,7% 9,9% 90,6% 3,7% 5,7%

14.I reperti fossili documentano tutta la vita vissuta sulla Terra.

18,7% 11,6% 69,7% 22,6% 12,4% 65,0% 56,0% 9,7% 34,3%

MEDIA 40,8% 36,8% 22,4% 46,3% 30,7% 23,0% 81,1% 6,8% 12,1%

Evoluzione umana

15.Lo scopo dell’evoluzione è la creazione di un organismo perfetto, rappresentato attualmente dall’uomo.

32,8% 31,4% 35,9% 48,2% 24,5% 27,4% 67,0% 18,7% 14,3%

16.La specie umana ha subito nel tempo gli stessi meccanismi evolutivi degli altri esseri viventi.

35,3% 30,4% 34,3% 45,4% 21,2% 33,3% 51,7% 20,5% 27,9%

17.L’essere umano è l’organismo che si evolve più velocemente.

20,1% 42,6% 37,4% 36,0% 34,9% 29,1% 62,1% 20,6% 17,3%

18.Gli esseri umani si sono evoluti e si stanno ancora evolvendo.

57,9% 29,0% 13,1% 60,4% 21,5% 18,2% 73,3% 18,3% 8,3%

MEDIA 36,5% 33,3% 30,1% 47,5% 25,5% 27,0% 63,5% 19,5% 16,9%

Tabella 11.4: Risultati complessivi in termini di correttezza delle risposte

77

Se le lezioni sull’evoluzione fossero state efficaci, ci si aspetterebbe un aumento

significativo di risposte corrette nei questionari forniti al termine dei percorsi didattici.

Per misurare la significatività di tale incremento, in ogni sezione di domande è stato

utilizzato il paired t-test ad una coda; ciò significa che un cambiamento significativo si

ha solo quando la probabilità osservata, applicando il t-test al campione, è minore del

valore soglia (α <5%).

Le medie relative a ogni sezione (tabella 11.4) vengono riportate negli

istogrammi delle figure 11.1, 11.2, 11.3, 11.4.

Per quanto concerne l’indagine sul rapporto tra scienza e religione (sezione 1,

fig. 11.1), la percentuale di risposte corrette passa dal 45,3% prima dei percorsi didattici

al 55,5% dopo il percorso tradizionale (α=3,04%) e al 78% dopo il percorso

laboratoriale (α=0,30%); come si può riscontrare, in entrambi i casi la variazione è

statisticamente significativa. Gli studenti del percorso di laboratorio, considerano quindi

maggiormente accettabili le motivazioni scientifiche rispetto a quelle religiose. Ciò si

riferisce in particolare alla creazione dell’universo e alla comparsa della vita sulla terra,

nonché ai tempi e modi della sua modificazione. Circa la metà (55,5 %) degli studenti

del metodo tradizionale rimane ancorato invece ad una concezione creazionista.

Rapporto scienza/religione

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

50,0%

60,0%

70,0%

80,0%

90,0%

100,0%

Corrette Non so/Incerto Scorrette

prima del percorsodopo tradizionaledopo laboratoriale

Figura 11.1: Risultati sezione Scienza/Religione.

78

La percentuale di studenti che dimostra di comprendere i processi fondamentali

su cui si basa la teoria dell’evoluzione (sezione 2, fig. 11.2) risulta maggiore tra gli

alunni che hanno partecipato a lezioni di laboratorio rispetto a quelli che hanno seguito

lezioni con metodologia classica, anche se entrambi i miglioramenti risultano

significativi. Tra i primi oltre l’83,5% (α=0,02%) del campione dimostra di capire

l’impianto strutturale della teoria dell’evoluzione, dei concetti cardine sui quali poggia,

e quali siano i meccanismi alla base del processo di discendenza con modificazione; nel

secondo gruppo invece la quota si attesta al 69,9% (α=3,99%), con una percentuale di

chi non prende posizione del 20,9 %.

Comprensione

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

50,0%

60,0%

70,0%

80,0%

90,0%

100,0%

Corrette Non so/Incerto Scorrette

prima del percorsodopo tradizionaledopo laboratoriale

Figura 11.2: Risultati sezione Comprensione.

79

La disparità sulla conoscenza dei dati scientifici correlati alle dinamiche

evolutive (sezione 3, fig. 11.3) è molto netta; se da una parte risulta significativa la

discrepanza tra prima e dopo l’intervento didattico nel gruppo di laboratorio (si passa

dal 40,8% all’81,1%, α=0,46%), permane quasi invariato l’analogo riferimento per il

gruppo tradizionale (che si attesta attorno al 46,3%, α=21,95%, testimonianza di un

cambiamento non significativo); inoltre, quasi uno studente su tre di questo gruppo non

prende posizione.

Fatti scientifici

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

50,0%

60,0%

70,0%

80,0%

90,0%

100,0%

Corrette Non so/Incerto Scorrette

prima del percorsodopo tradizionaledopo laboratoriale

Figura 11.3: Risultati sezione Fatti Scientifici

80

Pur non avendo trattato approfonditamente l’evoluzione umana per mancanza di

tempo, i dati dimostrano che la comprensione dei principi generali della teoria

dell’evoluzione si riflette in maniera piuttosto convincente anche nei confronti della

specie umana, ottenendo cambiamenti statisticamente significativi (sezione 4, fig. 11.4).

In particolare il 63,5% (α=1,61%) del campione di laboratorio fornisce in uscita risposte

corrette, contro il 47,5% (α=1,97%) del campione tradizionale. In ogni caso, com’era

logico attendersi da una marginale esplorazione dell’argomento, rimane consistente il

numero di studenti che non prende posizione o fornisce interpretazioni errate.

Evoluzione umana

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

50,0%

60,0%

70,0%

80,0%

90,0%

100,0%

Corrette Non so/Incerto Scorrette

prima del percorsodopo tradizionaledopo laboratoriale

Figura 11.4: risultati sezione Evoluzione umana.

Il paired t-test ad una coda è stato utilizzato anche per valutare se gli incrementi

di risposte corrette ottenute dopo aver seguito le lezioni sull’evoluzione fossero

significativamente diversi tra i due gruppi (valore soglia α <5%). I dati dimostrano che

per tutte e quattro le sezioni del questionario, l’incremento di risposte corrette dopo il

percorso di laboratorio è sempre significativamente maggiore rispetto a quello ottenuto

dal metodo tradizionale.

81

Per quanto riguarda i risultati alle domande 19 e 20 (sezione 5, fig. 11.5 e 11.6),

in tutti i tre gruppi di questionari la percentuale delle risposte “non so” è di gran lunga

superiore sia alla categorie d’accordo (somma delle percentuali dei “d’accordo” e dei

“molto d’accordo”) sia alla categoria in disaccordo (somma delle percentuali dei “in

disaccordo” e dei “molto in disaccordo”). Visto che la distribuzione non si presenta

suddivisa in parti uguali (tutte equivalenti a 1/3 del totale) si pùò quindi concludere che

il test non è stato compilato in maniera casuale.

Figura 11.5: Risultati domanda n. 19.

Dopo percorso laboratorio Prima dell’intervento didattico

Non so / Incerto In disaccordo

2,1%

82,5%

15,4%5,2%

77,1%

17,7%

D’accordo

Dopo percorso tradizionale

La prova che l’evoluzione non è mai potuta avvenire è data dalla legge di Sherwin

4,7%

64,1%

31,2%

82

Figura 11.6: Risultati domanda n. 20.

Considerando i campioni effettivamente contati, per ogni singola domanda sono

state costruite le tabelle di contingenza in modo da confrontare le frequenze di risposta

mediante il test del chi quadrato (procedimento esatto di Fisher). L’analisi statistica è

stata condotta per dimostrare se l’aumento di risposte corrette dopo il percorso didattico

dipende da quale tipologia di insegnamento si considera (tradizionale/laboratoriale).

Siccome tale test prevede il confronto tra due differenti campioni con risposte

alternative di tipo binario, le categorie di risposta “non so” e “scorrette” sono state

accorpate nella nuova tipologia “non corrette”. La soglia di probabilità considerata è

stata del 5% (valore critico di chi quadro pari a 3,84).

I risultati di tale test (tabella 11.5) dimostrano che solo nelle domande n°8 e

n°16 il valore di chi quadro ottenuto è inferiore a quello soglia, per cui la frequenza

delle risposte corrette non dipende dal gruppo di appartenenza. Quindi, per questi due

items, aver seguito lezioni col metodo di laboratorio o col metodo tradizionale non ha

prodotto alcuna differenza.

15,3%

82,7%

2,0% 13,3%

79,3%

7,4%

Il terzo principio di Bernelli indica che l’Evoluzione è vera

17,0%

72,7%

10,3%

Dopo percorso laboratorio Prima dell’intervento didattico

Non so / Incerto In disaccordo D’accordo

Dopo percorso tradizionale

83

DOPO TRADIZIONALE DOPO LABORATORIALE SEZIONI

Corrette Non corrette Corrette Non corrette

Chi quadrato

Rapporto fra religione e scienza

01.Gli adattamenti degli organismi viventi sembrano incredibilmente ben progettati. Questa è la prova che devono essere stati creati da un’intelligenza divina.

137 138 231 68 46,88

02.L'evoluzione è il metodo di creazione del creatore.

142 133 220 80 28,96

03.Tutta la vita sulla Terra è stata creata nello stesso momento o in pochi giorni.

192 83 258 39 24,74

04.La mia religione fornisce una migliore spiegazione per la creazione dell'Universo rispetto alla scienza.

139 136 224 77 35,14

Comprensione

05.L'evoluzione è dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio da prove convergenti.

147 128 225 76 28,49

06.Tutta la vita sulla Terra si è evoluta attraverso un processo di discendenza comune con modificazioni.

207 68 261 39 13,03

07.La teoria dell’evoluzione è un programma di ricerca scientifico che spiega la diversità e gli adattamenti della vita sulla Terra.

211 64 267 32 16,25

08.Variazione e selezione naturale sono i meccanismi alla base del processo evolutivo.

195 76 234 64 3,30

09.L'evoluzione è avvenuta milioni di anni fa ma ora non avviene più.

198 77 263 36 23,08

Fatti scientifici

10.La Terra ha 4.5 miliardi di anni. 119 155 266 35 130,94

11.La specie animale più strettamente imparentata con l'uomo è lo scimpanzè.

185 90 269 32 42,03

12.La prima forma di vita sulla Terra risale a 3.7 miliardi di anni fa.

54 221 243 56 217,94

13.Charles Darwin è ricordato per aver proposto un meccanismo attraverso il quale avviene l'evoluzione.

215 59 270 28 16,30

14.I reperti fossili documentano tutta la vita vissuta sulla Terra.

62 212 168 132 66,42

Evoluzione umana

15.Lo scopo dell’evoluzione è la creazione di un organismo perfetto, rappresentato attualmente dall’uomo.

132 142 201 99 20,83

16.La specie umana ha subito nel tempo gli stessi meccanismi evolutivi degli altri esseri viventi.

124 149 154 144 2,23

17.L’essere umano è l’organismo che si evolve più velocemente.

99 176 187 114 39,24

18.Gli esseri umani si sono evoluti e si stanno ancora evolvendo.

166 109 220 80 10,94

Tabella 11.5: Risultati di significatività col metodo del chi quadrato

85

12. DISCUSSIONE

I dati riportati sono in linea con quanto già riscontrato in studi analoghi (par.

5.3): quando i percorsi di insegnamento sono specifici sulla teoria dell’evoluzione, si

riscontrano dei cambiamenti nella percezione degli studenti nei confronti della teoria

stessa. In effetti, i risultati della mia ricerca sottolineano che, in tutte le sezioni di

domande, si ottiene un miglioramento nelle percentuali di risposte corrette,

indipendentemente dalla metodologia considerata. Insegnare la teoria dell’evoluzione è

quindi cruciale per interpretare le modificazioni degli organismi del tempo come

testimonianze del processo della selezione naturale, permettendo un collegamento

diretto tra i fatti evolutivi e i meccanismi che ne giustificano la presenza. Inoltre, la

comprensione della teoria è direttamente correlata alla sua accettazione, visto che gli

studenti che accolgono le motivazioni scientifiche (rispetto a quelle religiose) a

spiegazione dei cambiamento delle specie viventi aumentano significativamente dopo

entrambi i percorsi di istruzione. Questo dimostra che ragazzi di 13/14 anni possono

comprendere temi ritenuti complessi e quindi risulta legittimo inserire la teoria

dell’evoluzione nel curriculum di scienze della Scuola Secondaria di Primo Grado.

L’analisi statistica condotta con il metodo del paired t-test dimostra che, per tutte

e quattro le sezioni del questionario, l’incremento di risposte corrette dopo il percorso di

laboratorio è sempre significativamente maggiore rispetto a quello ottenuto dal metodo

tradizionale. Questo consente di affermare che si dimostrano più efficaci le lezioni che

affrontano l’evoluzione in modo sperimentale rispetto a quelle in cui la spiegazione

segue una metodologia frontale supportata unicamente dal libro di testo. Favorire una

didattica basata sul metodo investigativo, che consenta allo studente di essere soggetto

attivo del proprio apprendimento mediante un approccio a carattere esperienziale

diretto, appare quindi da considerarsi una strategia vincente.

A conferma di queste considerazioni, i dati dell’analisi statistica con il metodo

del chi quadro, applicato ad ogni singola domanda del test (tabella 11.5) mostrano che,

tranne in 2 domande su 18, gli esiti (più favorevoli nel metodo di laboratorio)

dipendono dalla tipologia di insegnamento adottata.

Gli items che non hanno mostrato una differenza significativa sono:

- n. 8 “Variazione e selezione naturale sono i meccanismi alla base del processo

evolutivo”. Le risposte corrette sono passate dal 53,4% del momento d’ingresso

86

al 72,0% dopo il percorso tradizionale e al 78,5% dopo il percorso laboratoriale.

A riprova del buon miglioramento ottenuto anche nel primo gruppo è da

sottolineare che in tutti i libri di testo utilizzati era chiaramente riportato che

l‘evoluzione si basa su questi due meccanismi;

- n. 16 “La specie umana ha subito nel tempo gli stessi meccanismi evolutivi degli

altri esseri viventi”. Qui i risultati passano dal 35,3% del momento d’ingresso al

45,4 % dopo il percorso tradizionale e al 51,7% dopo il percorso laboratoriale.

Come si osserva, i risultati non indicano un considerevole cambiamento,

probabilmente sia perché la sezione dell’evoluzione umana non è stata molto

approfondita, sia perché una delle misconcezioni più radicate è la convinzione

che l’uomo rappresenti una specie vivente peculiare, e per certi versi migliore.

Sebbene i risultati fin qui discussi, per alcuni aspetti confortanti, diano dei chiari

segnali sulle posizioni assunte dagli studenti prima e dopo i percorsi didattici presentati,

un’analisi più accurata e critica delle singole risposte offre degli spunti per una

discussione critica (tabella 11.4).

Nel segmento di questionario riguardante il rapporto tra scienza e religione si

osservano questi risultati:

- n. 1 “Gli adattamenti degli organismi viventi sembrano incredibilmente ben

progettati. Questa è la prova che devono essere stati creati da un’intelligenza

divina”; risposte corrette: 49,8% per il gruppo tradizionale e 77,3% per il gruppo

laboratoriale;

- n. 2 “L'evoluzione è il metodo di creazione del creatore”; risposte corrette:

51,6% per il gruppo tradizionale e 73,3% per il gruppo laboratoriale;

- n. 3 “Tutta la vita sulla Terra è stata creata nello stesso momento o in pochi

giorni”; risposte corrette: 69,8% per il gruppo tradizionale e 86,9% per il gruppo

laboratoriale;

La spiegazione più plausibile è che i ragazzi credano poco ad un unico

originante evento temporale (domanda n. 3), riflettendo sull’impossibilità di costruire

materialmente la varietà di forme complesse che hanno popolato e popolano il pianeta

in un brevissimo lasso di tempo. L’interpretazione che attribuiscano più un valore

87

simbolico che di verità oggettiva agli eventi di creazione di stampo religioso sembra

quindi essere consistente. Tale logica di pensiero però non si estende anche ad una

mente o soggetto creante (domande n. 1 e n. 2). Il rimando è ovviamente alla corrente di

pensiero denominata “disegno intelligente”, la quale ammette il cambiamento delle

specie, ma la subordina all’azione di una forza soprannaturale che dirige il processo

verso uno scopo predeterminato; secondo i suoi sostenitori, questo intervento divino

avviene da sempre e si ripete tutti i giorni, divenendo responsabile di tutte quelle

trasformazioni riconducibili all’evoluzione di una specie. Un’altra interpretazione

potrebbe coinvolgere il carattere più generalmente controintuitivo della teoria

dell’evoluzione e le seguenti difficoltà di accettazione dovute non solo alla religione ma

più estesamente ai vincoli cognitivi sottesi ai nostri sistemi di credenze (Pievani et al,

2008). Resta quindi aperto un nuovo filone su cui la ricerca potrebbe essere estesa, in

grado forse di dipanare i dubbi sulle motivazioni fino ad ora citate.

Per quanto riguarda il secondo gruppo di domande, correlate alla comprensione

dei processi evolutivi, gli studenti rispondono in maniera soddisfacente; dimostrano di

conoscere i meccanismi della variabilità e della selezione naturale, nonché gli

adattamenti della vita sulla Terra, estendendo queste dinamiche a tutte le forme di vita.

Gli aspetti più interessanti di questa sezione si riscontrano dal confronto tra le domande:

- n. 5 “L'evoluzione è dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio da prove

convergenti” (risposte corrette: 53,5% nel tradizionale e 74,8% nel

laboratoriale);

- n. 7 “La teoria dell’evoluzione è un programma di ricerca scientifico che spiega

la diversità e gli adattamenti della vita sulla Terra” (risposte corrette: 76,7% nel

gruppo tradizionale e 89,3% nel gruppo di laboratorio).

Il confronto tra i dati ottenuti rileva perciò una incongruenza: se da una parte

molti studenti attribuiscono all’evoluzione una validità scientifica, non altrettanti invece

la connotano come spiegazione sostenuta da prove. Ciò avvalora la misconcezione sul

termine “teoria” mutuato dal linguaggio comune (par. 6.1.1), lasciando evidenti dubbi

sulla concezione degli studenti nei suoi confronti. Non è comunque da trascurare il fatto

che i risultati meno soddisfacenti della domanda n. 5 potrebbero essere imputabili sia al

88

carattere assoluto dell’affermazione, sia al termine “convergenti” di cui, in diverse

occasioni, è stato chiesto il significato.

Anche all’interno della sezione “fatti scientifici” si osserva una disomogeneità

delle risposte fornite alle seguenti domande:

- n. 10 “La Terra ha 4.5 miliardi di anni” (risposte corrette: 43,4% nel tradizionale

e 88,4% nel laboratoriale);

- n. 11 “La specie animale più strettamente imparentata con l'uomo è lo

scimpanzè” (risposte corrette: 67,3% nel tradizionale e 89,4% nel laboratoriale);

- n. 12 “La prima forma di vita sulla Terra risale a 3.7 miliardi di anni fa”

(risposte corrette: 19,6% nel tradizionale e 81,3% nel laboratoriale).

- n. 13 “Charles Darwin è ricordato per aver proposto un meccanismo attraverso il

quale avviene l'evoluzione” (risposte corrette: 78,5% nel tradizionale e 90,6%

nel laboratoriale);

Come si osserva, nel gruppo tradizionale si ha un soddisfacente risultato quando

si indaga sul rapporto di parentela tra uomo e scimpanzè e sull’attribuzione a Charles

Darwin dei meccanismi attraverso i quali avviene l’evoluzione, ma le percentuali di

risposta corrette fornite alle rimanenti domande sono poco incoraggianti, con

un’altissima componente di astenuti. Questi dati hanno suggerito di effettuare un’analisi

dei libri di testo su cui ci si basava per il percorso a didattica frontale, e si è

effettivamente riscontrato che nel capitolo (in certi casi ridotto addirittura a paragrafo)

dedicato all’evoluzione, non si faceva praticamente riferimento alle dinamiche

temporali. Il fattore “tempo” normalmente era relegato alla sezione del testo riguardante

le scienze della terra, argomento che per consuetudine molti insegnanti trattano dopo

aver completato quello delle scienze della vita o comunque negli ultimi mesi del terzo

anno di studi. E’ risultata quindi appropriata la scelta di includerlo come uno dei nodi

concettuali del percorso di laboratorio, la cui esplorazione e comprensione,

imprescindibili per una trattazione esauriente della teoria dell’evoluzione, sembrano ben

confermata dai dati.

Un aspetto singolare, sempre all’interno della sezione “fatti scientifici”, riguarda

la domanda n. 14 “I reperti fossili documentano tutta la vita vissuta sulla Terra”: la

89

percentuale delle risposte corrette è decisamente bassa, con valori del 22,6% per il

gruppo tradizionale e del 56% in quello di laboratorio. Sembra che con le loro risposte

gli studenti vogliano indicare come le testimonianze degli organismi viventi vissuti nel

passato siano totalmente riscontrabili oggi, ignorando che, se così fosse, le critiche e le

obiezioni che da sempre sono mosse alle intuizioni darwiniane perderebbero

completamente di consistenza. Si potrebbe imputare questa bassa percentuale ad una

errata interpretazione o ad un indebita considerazione del termine “tutta” inserito nella

frase, o alla poca familiarità nei confronti dei processi di fossilizzazione e delle

successive fasi di ritrovamento, riconoscimento e classificazione dei reperti.

Sicuramente resta un interrogativo aperto, da indagare in maniera più approfondita

attraverso attività, anche a carattere sperimentale o di laboratorio, che migliorino le

conoscenze su questo argomento.

Come già detto, la discussione sui dati ottenuti dal segmento di domande

sull’evoluzione umana ha una valenza relativa, in quanto l’argomento non è stato

trattato in maniera esauriente durante l’esiguo numero di ore destinate al progetto per

ogni classe, rendendo di fatto poco significative le considerazioni riguardanti eventuale

attribuzione di scopi e/o processi di perfezionamento associati all’uomo come fine

ultimo. Tuttavia emerge chiaramente quale sia la diversa considerazione che hanno gli

studenti nei confronti della loro specie quando la si relaziona con la rimanente parte

degli organismi viventi. Alle domande

- n. 6 “Tutta la vita sulla Terra si è evoluta attraverso un processo di discendenza

comune con modificazioni” risponde correttamente il 75,3% del gruppo

tradizionale e l’87% del gruppo di laboratorio;

- n. 16 “La specie umana ha subito nel tempo gli stessi meccanismi evolutivi degli

altri esseri viventi” si nota come le percentuali si abbassino drasticamente,

attestandosi al 45,4% e al 51,7%.

Quindi, pur ammettendo una trasformazione nel tempo anche degli organismi

appartenenti alla propria specie, gli alunni considerano l’uomo un soggetto evolutivo a

sé stante, sottoposto a meccanismi peculiari di modificazione. Sarebbe interessante

investigare quale sia, secondo i ragazzi, la natura di tali processi e quale importanza

venga attribuita all’evoluzione culturale.

90

Concludendo, quello che emerge chiaramente dalla mia ricerca è che

l’evoluzione dovrebbe essere insegnata ad ogni livello e in un modo più efficace,

tenendo in considerazione le conoscenze pregresse e provvedendo a opportunità di

istruzione che coinvolgano gli studenti in modo attivo. Posso quindi affermare che una

scelta attenta degli esercizi di laboratorio da proporre agli studenti può rendere

l’evoluzione un’esperienza dinamica, passando dalla lettura passiva all’indagine

sperimentale per aiutarli a scoprire l’affascinante storia dell’evoluzione biologica.

.

I

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