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Visita il sito della Parrocchia: www.parrocchiavillapinta.it Telefono: 0342.620121
Dicembre 2019 Anno XXII°
Numero 93
Pro Manoscritto
Qui il Figlio di Dio si è fatto uomo
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Carissimi parrocchiani, Di nuovo siamo chia-mati a festeggiare il Natale del Signore. Facciamo in modo che non sia solo oc-casione di festa este-
riore dimenticando il suo profondo significato per noi.
Nel Natale del Signore occorre rico-noscere l’opera di Dio che ci offre la possibilità di una vita buona già ora e l’eternità beata poi.
Natale è Dio Padre che “ha mandato” il Figlio per offrirci la Sua Vita divina.
Dio Padre “chiama” il Figlio e Gli chiede di “salvare” l’umanità.
Il Figlio accetta l’incarico, diventa uo-mo, e ci offre, sulla croce, la Sua Vita divina. Quella “mostrata” agli Apostoli dopo la risurrezione.
Questo è lo stile di Dio: “chiamare” qualcuno (vocazione) per incaricarlo di una “missione” in favore della vita.
Quest’anno in cui ho ricordato il mio 50° di ordinazione sa-cerdotale, ci ha offerto una straordinaria occa-sione per capire e far nostro questo “stile” di Dio. Il sacerdozio è infatti la risposta alla “vocazione”
di Dio che chiama una persona per affidargli il compito di an-nunciare a tutti il Suo insegna-mento e offrire a tutti gli stru-menti adatti per metterlo in pra-tica: i Sacramenti.
Ma anche con il Battesimo abbiamo la “chiamata” di Dio ad accogliere il compito di coltivare in noi la sua vita di-vina che ci renderà felici per sempre. Poi, Dio chiama alcuni bat-tezzati a “visualizzare” in
modo specialissimo in che cosa consiste la vera vita.
Sono i cristiani che, ac-cogliendo il Sacramento del Matrimonio, si impe-gnano a “far vedere a tut-ti” che la vera vita è l’amore. Amore tra loro, per i figli, per la comunità eccle-siale, per la società tutta.
Amore fisico, spirituale (valori uma-ni) e divino (dono tipico del Sacramen-to).
Come si vede, tutti ricevono una “chiamata” da parte di Dio: sacerdote, sposi, battezzati.
La strada per ciascuno è diversa, ma il risultato, per tutti, è il medesimo: ren-dere presente quanto Dio offre (insegnamento e capacità di viverlo con i Sacramenti) per realizzare la propria vita in modo pieno e felice ora e per
tutta l’eternità. Se il nostro Natale non riconosce tutto questo diventa occasione perduta, festa vuota! Auguri! don enrico
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di Alba Codazzi
Domenica 20 ottobre ci siamo raccolti
attorno al nostro don per rendere grazie al
Signore del dono del sacerdozio in occasio-
ne del 50° anniversario della sua ordinazio-
ne sacerdotale.
In tanti abbiamo partecipato alla Messa
delle 10.30. Una celebrazione tanto sem-
plice quanto commovente, preceduta da
giorni particolari che ci hanno proposto:
l’adorazione eucaristica, il giovedì, l’incon-
tro con il Vicario Foraneo, il venerdì, e il
concerto di musica lirica, il sabato
(complimenti a Laura e Maria
Grazia, le nostre parrocchiane
che si sono fatte onore nell’esi-
bizione canora, stupendo tutti
con la loro super voce!).
Durante l’omelia, dopo la riflessione sul
Vangelo, don Enrico ci ha invitati a riflettere
sulla figura del sacerdote, ricordandoci che
questi è un cristiano come tutti, ma, ri-
spetto agli altri, ha il potere più grande che
esiste: annunciare la Verità.
E questo, nonostante tutto, anche a costo
di risultare “impopolare”.
Il prete studia la Parola di Dio per esser-
ne sempre più fedele perché, come ogni
cristiano, anch’egli deve mirare a diventare
la persona giusta secondo il cuore di Dio.
Durante l’offertorio abbiamo
espresso la nostra riconoscenza
al don e a Dio, per avercelo do-
4
nato, consegnandogli il nostro “pensiero”:
le stole, simbolo della dignità sacerdotale,
nei quattro colori liturgici (il viola, il bianco,
il verde, il rosso).
Nel suo intervento al termine della
Messa, il Vicario Foraneo, don Marco Zu-
biani, ha messo in risalto, apprezzandola, la
semplicità e la dimensione familiare della
festa che si stava celebrando, sottolinean-
do come sia bello vedere il Prete circonda-
to dalla sua gente, senza bisogno di super-
ospiti o effetti speciali.
Anche Papa Francesco ha fatto senti-
re la sua vicinanza invocando su don En-
rico la sua benedizione e “la protezione
della Beata Vergine Maria, affinché conti-
nui a corrispondere alla sua vocazione con
generosità e intima letizia nella orante de-
dizione a Dio e alla Chiesa”.
Dopo le foto per immortalare il traguar-
do raggiunto, la festa ha avuto la sua degna
conclusione al CAP dove, chi ha voluto (più
di cento persone), ha potuto condividere
un pranzo stellato, preparato dalle nostre
brave massaie e dal cuoco Mario.
Al nostro don, ancora tanti auguri e…
buon lavoro! I parrocchiani di Villapin-
ta, si sa, sono bravi, ma forse qualcosi-
na da fare c’è ancora… Prosit!
La notte è scesa e brilla la cometa
che ha segnato il cammino. Sono davanti a Te,
Santo Bambino! Tu, Re dell’universo,
ci hai insegnato che tutte le creature
sono uguali, che le distingue
solo la bontà, tesoro immenso,
dato al povero e al ricco. Gesù, fa’ ch’io sia buono,
che in cuore non abbia che dolcezza.
Fa’ che il tuo dono s’accresca in me ogni giorno
e intorno lo diffonda, nel Tuo nome.
poesia di Umberto Saba
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Il battesimo è l’inizio della vita nuova La vita nuova del battesimo non è nuova come quando cambiamo lavoro o ci trasferiamo in un’altra città e diciamo: ho cominciato una nuova vita.
La vita “nuova” del battesimo è la vita che Dio ci dona come un’amicizia Non è possibile fare paragoni tra la vita prima e dopo la morte!
Cristo non si è fatto uno di noi per rendere la nostra vita più bella, più gustosa, più lunga, più intensa, più facile o felice. Egli è venuto affinché abbiamo la vita in abbondanza.
Il battesimo è l’inizio della vita nuova.
Ma cosa vuol dire vita nuova?
La vita nuova del battesimo non è nuova come quan-do cambiamo lavoro o ci trasferiamo in un’altra città e diciamo: ho cominciato una nuova vita. In questi casi, certo, la vita cambia, magari anche molto, è diversa da quella precedente: migliore o peggiore, più interessante o faticosa, a seconda dei casi. Le condizioni, il contesto, i colleghi, le conoscenze, forse perfino le amicizie, la casa, lo stipendio sono diversi. Ma non è una vita nuova, è la
stessa la vita che continua.
La vita nuova del battesimo è diversa anche dal vivere un cambia-mento radicale dei nostri sentimenti per un innamoramento o una delusio-ne, una malattia, un imprevisto
importante.
Cose del genere possono acca-derci come un terremoto, interiore ed esteriore: possono cambiare i valori,
le scelte di fondo: affetti, lavoro, salute, ser-vizio agli altri... Prima magari si pensava alla carriera e poi si comincia a fare del volonta-
riato, anzi perfino a fare della propria vita un dono per gli
altri!
Prima non si pensava a costruire una famiglia, poi si
sperimenta la bellezza dell’amore coniugale e familiare.
Anche questi, che sono cambiamenti grandi, straordi-nari, sono ancora “solo” delle trasformazioni. Sono modi-fiche che ci portano a una vita più bella e dinamica, o più difficile e faticosa. Non è un caso che – quando li raccon-
tiamo – usiamo sempre il più e il meno.
Diciamo che hanno reso la nostra esistenza più bella, più gioiosa, ap-passionante. È perché stiamo fa-cendo ancora paragoni tra cose più o meno simili. È come se misurassimo le cose su una scala di valori. La vita prima era gioia 5, ora è gioia 7; la salute prima era 9, ora è 4.
di Papa Francesco
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Cambiano i numeri, ma non la sostanza della vita!
Ma la vita nuova del battesimo non è nuova solo ri-
spetto al passato, alla vita precedente, alla vita di prima.
Nuova non vuol dire recente, non vuole significare
che c’è stata una modifica, un cambiamento.
La vita di Dio è comunione e ci è donata come un’a-
micizia.
La vita nuova di cui parla san Paolo nelle sue lettere ci ricorda il comandamento nuovo di Gesù (cfr Gv 13, 34); ci ricorda il vino nuovo del Regno (cfr Mc 14, 29), il canto nuovo che i salvati cantano davanti al trono di Dio (cfr Ap5, 9): delle realtà definitive, diremmo, con una pa-
rola teologica, escatologiche.
Allora capiamo che per la vita nuova non è possibile fare paragoni. Si possono paragonare la vita e la morte,
o la vita prima e dopo la nascita?
Cristo non si è fatto uno di noi, non ha vissuto la sua Pasqua di passione, morte e risurrezione per “migliorare” la nostra vita, per renderla più bella, più gustosa, più lun-ga, più intensa, facile o felice. Egli è venuto – come ci ha detto – affinché abbiamo la vita in abbondanza.
(cfr Gv 10, 10).
Questa è la vita nuova, la vita che Dio Padre ci regala nel battesimo. È nuova perché è un’altra vita rispetto alla
nostra, perché è proprio la Sua, è la vita stessa di Dio.
Questo è il grande dono che ci ha fatto e che ci fa Gesù! Partecipare all’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Partecipare all’amore che Loro hanno per
tutti gli uomini e per tutta la creazione.
La vita nuova è la vita di Dio donata a noi!
Da sempre noi cristiani abbiamo cercato immagini e simboli per esprimere questo regalo immenso. Siamo tanti, diversi, eppure siamo una cosa sola, siamo la Chie-sa. E quest’unità è quella dell’amore, che non costringe, non umilia, non ci limita, ma ci rinforza, ci costruisce tutti
insieme e ci rende amici.
Gesù ha un’espressione bellissima nel Vangelo: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero
Dio, e colui che hai mandato» (Gv.17, 3).
È Lui stesso a dirci così che la vita vera è l’incontro con Dio; e che l’incontro con Dio è la conoscenza di Dio. Sappiamo, poi, dalla Bibbia, che non si conosce una persona solo con la testa, perché conoscere significa
amare. E questa è la vita di Dio che ci è donata: l’amore che diventa nostro, e piano piano ci fa crescere, grazie allo Spirito Santo ( Rm 5, 5), e illumina anche i nostri pic-
coli “grazie, posso?, scusa” di ogni giorno.
Nonostante le parole siano inadeguate, si può dire che la vita nuova è scoprirsi di Qualcuno, appartenenti a Qualcuno e in Lui appartenere a tutti. Appartenenti vuol
dire che ciascuno è per l’altro.
Questo mi ricorda ciò che dice la sposa del Cantico
dei cantici: «Il mio amato è mio e io sono sua» ( Ct2, 16).
Ecco, giorno dopo giorno, lo Spirito Santo sta portan-do a compimento la preghiera di Gesù al Padre: «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederan-no in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano an-
ch’essi in noi» (Gv 17, 20-21).
Una delle immagini più antiche – usata già da san Paolo – per esprimere questa appartenenza, questa con-vita – è quella del corpo, il cui Capo è Cristo e noi siamo le membra («Ora voi siete corpo di Cristo e, ognu-
no secondo la propria parte, sue membra»(1 Cor 12, 27).
Il simbolo del corpo: ci sono nel corpo umano alcune
funzioni essenziali come il battito del cuore e il respiro.
Mi piace immaginare che la preghiera personale e comunitaria di noi cristiani sia il respiro, il battito cardiaco della Chiesa, che infonde la propria forza nel servizio di chi lavora, di chi studia, di chi insegna; che rende fecon-da la conoscenza delle persone istruite e l’umiltà delle persone semplici; che dà speranza alla tenacia di chi
combatte l’ingiustizia.
La preghiera è il nostro dire sì al Signore, al suo amore che ci raggiunge; è accogliere lo Spirito Santo
che, senza mai stancarsi, riversa amore e vita su tutti.
Diceva san Serafino di Sarov, un grande maestro spirituale della Chiesa russa: «Acquisire lo Spirito di Dio è dunque il vero fine della nostra vita cristiana, al punto che la preghiera, le veglie, il digiuno, l’elemosina e le altre azioni virtuose fatte in Nome di Cristo non sono che
dei mezzi per questo fine».
Non sempre si è coscienti di respirare, ma non si può
smettere di respirare.
«C’è una parola molto maltrattata: si parla tanto di populismo, di politica populista, di programma populista.
Ma questo è un errore se si intende che tutto quello che fa il popolo sia buono. Popolo invece è una categoria storica. Si costruisce un popolo solo attraverso un
processo, con l’impegno in vista di un obiettivo o un progetto comune. La storia è costruita da questo processo di generazioni che si succedono dentro un
popolo. Papa Francesco
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Chi l’ha detto che dobbiamo vestirci tutti allo stesso modo,
ascoltare musica identica, usare lo stesso scooter?
Evviva la personalità, abbasso l’appiattimento.
Strani e curiosi Lo hai mai notato? Fuori dalla scuola, i ra-
gazzi sono tutti uguali nel taglio di capelli, marca di zaino, tipo di scarpe, montatura degli occhiali, modo in cui si tiene allacciato il giubbotto. Tutti, tuttissimi.
Poi, qua e là, ci sono anche de-gli “strani e curiosi soggetti”. che sembrano “fuorissimo” perché hanno un abbigliamento partico-lare e sembrano “non assimilati”. Addirittura parlano di argomenti
che non sono il rap, il calcio, X-Factor, la di-scoteca.
Una volta li chiamavano nerd (specie nel-le serie tv americane), ossia i secchioni superpatiti di una ma-teria specifica (magari chimica, o fisica), con hobby stranissimi (l’informatica, i giochi di ruolo, la fantascienza), che non si curano molto dell’aspetto fisico come fanno tutti gli altri.
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Grupponi e gruppetti. Tu da che parte stai? La situazione è sempre la stessa: un grup-
po dominante detta le regole, chi vive un po’ ai margini e non si interessa molto dei temi che piacciono a tutti, si autoesclude dal “cuore» della vita di classe o della com-pagnia
Eppure essere considerati diversi o strani, o curiosi, o «ma come si veste questo? Ma perché non si trucca questa?» è bellissimo. Stimolante. E fa sentire bene, e aumenta la considerazione di sé.
A furia di essere come tutti gli altri, in-fatti, un po’ ci si annoia: stessa musica — spesso scelta dagli altri, stesso negozio in cui acquistare scarpe e abbigliamento. Stes-so sport da seguire la domenica pomeriggio e praticare la domenica mattina (uno a ca-so,...). Stessa tipologia di sabato pomerig-gio: prima si esce, poi pizza, poi locale, poi casa.
Chi, invece è “fuori” per scelta da questo “pacchetto di vita” esplora mondi che gli altri nemmeno conoscono. Ha un suo stile personale di abbigliamen-to, una musica che segue con pochi altri. Il sabato pomeriggio si inventa atti-vità particolari, e non c’è mai da obbedire alla rego-la “ora vedo cosa fanno tutti gli altri”, perché in
questo caso “gli altri” sono pochissimi e le decisioni sul cosa fare sono condivise insie-me, non “accettate e stop”.
Il mondo a gambe all’aria Puoi stare nel gruppone dei più. Puoi sta-
re nei gruppetti di ‘strani” agli occhi dei più. Non importa. Basta che tu non ti occupi di ciò che pensano gli altri e ti senta libero di esprimerti.
Ovvero: acquista quella maglietta perché ti piace e ti sta bene, non perché altre tue compagne già la possiedono. Idem per il tempo e le cose che fai.
Se il sabato pomeriggio vuoi stare a stu-diare l’evoluzione delle meduse.. semplice-mente fallo. Decidi tu in libertà, senza preoccuparti del giudizio degli amici.
E comunque stai sicuro al cento per cen-to: quando tu racconterai di aver vissuto un’esperienza interessante e intensa.., gli altri chiederanno di poter venire con te, la prossima volta.
Hai mai guardato il mondo da sotto in su? Perfetto. Funziona proprio così: puoi smettere di essere trascinato, e diventare tu
un trascinatore. Senza occu-parti del fatto che siete in due, venti o quaranta. Non è il “gruppone” che, di per sé, garantisce una vita divertente. È fare le cose in modo intelligente, anche se si è da soli o in tre.
“Ci teniamo alla tua privacy” significa in realtà: “Ci teniamo al fatto che tu non ci possa denunciare quando utilizzeremo i tuoi dati per venderli alla pubblicità e tu, se vuoi visitare il nostro sito, devi accettare i cookies che ti profileranno e permetteranno di utilizzare i dati delle tue visite, tracciandoti, altrimenti nada”!
Se si tenesse veramente alla nostra privacy si dovrebbe scrivere piuttosto: “Questo sito non consente
l’utilizzo di cookies e rifiuta qualsiasi pubblicità che ti profili, per cui accedi tranquillamente, poiché i tuoi dati non saranno nemmeno registrati, perché realmente teniamo alla tua privacy!”
Invece, che falsi sono gli avvisi che affermano: “Ci teniamo alla tua privacy”. Bugiardi!!!
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Le tue consorelle
Siamo qui riunite per porgere l’ultimo
saluto a Suor Rita che nel giorno dedicato
a Maria Santissima, Madre della Divina
Provvidenza ha concluso il suo pellegri-
naggio terreno per essere accolta nel Re-
gno di Dio e contemplare la beatitudine
eterna.
La sua lunga vita ha avuto inizio 100
anni fa tra le cime nevose e le verdi valla-
te della Valtellina, in una famiglia dalla
quale ha attinto la fede tenace, la dedi-
zione al sacrificio e l’amore ai fratelli e che
ha donato alla Chiesa e alla Congrega-
zione di Don Guanella ben cinque suore.
Suor Rita ha ascoltato l’invito del Signore
che la voleva sua sposa, ha seguito l’e-
sempio delle sue prime tre sorelle e a Lui
ha donato la sua esistenza consacrandosi
tra le Figlie di S. Maria della Provvidenza il
21 giugno 1943
Dopo aver conseguito il Diploma di
maestra d’asilo ha svolto la sua attività
nelle scuole dell’infanzia della Congrega-
zione in tanti paesi della Lombardia e del
Veneto. Quanti bambini hanno ricevuto
da Suor Rita le sue cure, i suoi insegna-
menti che li avranno aiutati nella vita a
vivere in serenità e pace!
Dopo 53 anni vissuti nelle scuole ma-
terne dove ha speso i tesori della sua intel-
ligenza e si è adoperata per diffondere la
parola di Dio e andare incontro alle ne-
cessità di tante famiglie conso-
lando e aiutando chi avesse bi-
sogno, è stata trasferita nella
Casa di Lipomo, a Villa Fulvia, in
servizio al Centralino.
Anche qui ha trascorso venti anni di
fedeltà al suo compito nel silenzio e nella
gioia di poter ancora servire iI Signore.
Suor Rita non parlava moltissimo, ma
le sue parole erano di incoraggiamento e
di consiglio, a tutti parlava di Dio e a Dio
parlava di tutti. Che bella testimonianza
ha dato sempre nella sua vita Suor Rita!
Quanto lavoro nelle Case dell’opera del
nostro santo Fondatore! Dalla Casa di Li-
pomo è passata in Casa Madre per un
meritato riposo e qui la malattia l’ha colta
e ha trascorso gli ultimi tempi nel silenzio e
nella sofferenza.
In tutti questi 100 anni Suor Rita si è
spesa per amare il Signore, per seminare
tanto bene e ha offerto a Dio il silenzio e la
sofferenza del suo ultimo periodo di vita
per la salvezza delle anime e per il bene
della Congregazione. Nel giorno anniver-
sario dei suoi 100 anni con le consorelle di
Casa Madre e alcuni parenti è stata fe-
steggiata per ringraziare il Signore per tutti
i doni che Dio le aveva concesso nella sua
lunga vita. Cento anni sono tanti, anche
se davanti a Dio sono un soffio. Ora Don
Guanella, la Beata Chiara, le sue sorelle
l’avranno accolta in Cielo per una festa
ancora più bella.
Grazie, Sr. Rita, per la tua testimonian-
za! Ti preghiamo di pregare per la Congre-
gazione, per le Superiore, per tutti i tuoi
cari e chiedi al Signore di far
fiorire nella tua bella terra val-
tellinese qualche vocazione
alla vita religiosa.
10
Mi avete messo dalla parte di cattivi. Da secoli spio la mia statuina nei vostri presepi. La vedo sulla porta dell'osteria, la faccia truce, lo sguardo severo, il dito alzato in segno di rifiuto; oppure dietro le porte dell'albergo, china sui profitti della giornata, incurante della coppia di galilei che bussa per do-mandare un giaciglio.
Forse non avete l'idea di cosa significhi gestire una locanda in un borgo come Betlemme. Pochi guadagni, lavoro di bassa lega, rogne a grappoli. Clientela non selezionata, e ladri e farabutti pronti a portarti via i magri ricavi appena giri le spalle.
È vero: in quel periodo gli affari andavano bene. Merito della follia di Cesare Augusto, e del suo or-dine assurdo di bandire un censimento. Ma più degli introiti, ad essere sinceri, crescevano le preoccupa-zioni. La mia locanda era invasa da persone di ogni tipo: viaggiatori sconosciuti, gente comune che ve-niva a farsi registrare, facce da galera pronte a taglia-re la gola per due denari, vagabondi di passaggio, avventori con pochi soldi e tante richieste.
E quella notte io, l'albergatore di Betlemme, semplicemente non ce la facevo più. Tutti a preten-dere un posto, a gridare ordini, a tirarmi per i capel-li, a lamentarsi per la minestra insipida o il vino an-nacquato; tutti pronti a darmi addosso perché il ser-vizio era lento, il letto sporco, il cibo cattivo. Gli uomini bestemmiavano, i bambini gridavano, le donne si accapigliavano. Altro che notte di stelle e di amore, come cantate nelle vostre canzoni. Era una bolgia, un inferno. C'erano persone sdraiate sul tavolo della cucina, bestie ed esseri umani butta-ti l'uno sull'altro, animali e ragazzi coricati insieme. Non mi restava nemmeno il mio letto, ceduto per
quattro spiccioli all'ultimo avventore, e dormivo in piedi, come un somaro.
E allora ho detto no. Non per cattiveria, non perché Maria e Giuseppe (si chiamano così, vero?) erano dei poveracci che non potevano pagare. Sem-plicemente perché non ce la facevo più. Cosa ne sapete voi, che mi avete messo tra i cattivi? Magari - oltre a tutto questo - avevo anch'io una vecchia madre malata, o una moglie bisbetica con cui bisticciare, o un figlio scappato di casa, o un do-lore sordo nel cuore, una ferita nelle viscere, un rimorso, un fallimento, un rimpianto.
Da secoli vedo che fate come me, del resto. Come me chiudete le porte a Dio, incatenati dai vostri dispiaceri, schiantati dalla stanchezza della vita, torchiati da pesi che non riuscite a portare, da paure che vi tolgono la speranza e il respiro. E Dio arriva, e bussa alla soglia. Ma non ce la fate più, e la vostra casa rimane chiusa.
Eppure - i vostri vangeli non lo raccontano - eppure non è finita così. Quella notte, quella stessa notte, mi sono destato di soprassalto. Un rumore, un tuono, un canto: non chiedetemi cos'è stato. Ho aperto gli occhi di colpo, e ho rivisto come in un sogno Maria e Giu-seppe che camminavano verso la stalla che avevo loro indicato. Ho raccolto un paio di coperte, un po' di formaggio, del pane avanzato. Mi sono mes-so il fagotto sulle spalle e sono uscito dall'albergo di nascosto, come un ladro.
La capanna era poco distante, avvolta da una luce strana; qualcuno si allontanava nel buio, verso le colline dei pascoli. Sono entrato quasi di soppiat-to e mi sono fermato in un angolo, nascosto dietro
11
una trave di legno. Ho lasciato le quattro cose che mi ero portato appresso, e sono caduto in ginocchio. Non so quanto tempo sono rimasto, incantato, a fissare il Bambino. Quel tanto che basta per capire che io gli avevo detto di no, ma lui mi diceva di sì. Che per lui non c'era posto nel mio albergo, ma per me c'era posto nella sua vita, nel suo cuore, tutte le volte che avrei voluto.
E vorrei dirvi che poco m'importa se nei vostri presepi e nelle vostre recite sarò sempre l'oste cattivo: perché lui non mi vede così, perché - ne sono sicuro - mi aspetta di nuovo, come quella notte, ogni notte,
ogni giorno, in ogni istante. Siete, siamo ancora in tempo. Non importa se gli abbiamo detto no. Non importa se l'affanno, la stanchezza, la tristez-za della vita ci ha fatto, un giorno, chiudere le por-te a Dio. C'è tempo. La sua casa rimane aperta, non ci manderà indie-
tro. E forse cadremo, finalmente, in ginocchio davanti a lui, nel pentimento e nel perdono, in un sorriso di tenerezza o nella consolazione del pianto. Buon Natale!
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Sondrio - 5 maggio 2019
Cerro Maggiore - 6 maggio 2019
Ossuccio - 22 giugno 2019
S.Giacomo - 22 settembre 2019
Ardenno Casa di riposo - 24 ottobre 2019
14
Bambini,
Gesù è figlio del popolo di Israele:
Maria e Giuseppe erano ebrei, i nonni di
Gesù erano ebrei, così come i suoi cugini
e le sue cugine. Non si può capire Gesù
senza conoscere la storia, del popolo di
Israele.
Gesù conosceva le storie della Bibbia.
Insieme ai suoi genitori pregava i Salmi,
ascoltava i racconti delle vite dei profeti.
Con i genitori andava in sinagoga e
più volte nella vita era andato in pelle-
grinaggio a Gerusalemme.
Ma intorno ai trent’anni Gesù comin-
ciò a dire una cosa incredibile: non era
venuto ad abolire i libri dell’Antico Testa-
mento (Legge, profeti, Salmi). No, Gesù
disse di essere venuto a perfezionare, a
compiere.
Da queste parole capiamo che per
Gesù la pretesa del popolo di Israele di
essere stato scelto da Dio tra tutti gli al-
tri popoli per far conoscere il vero volto
del Signore agli uomini è una pretesa
giusta.
Per Gesù leggere il libro della Genesi,
le storie di Mosè, le vite dei profeti, le
poesie dei Salmi non è solo bello, ma è
anche necessario per conoscere vera-
mente il pensiero di Dio.
Ma tutto questo non basta.
Infatti, Gesù aggiunge alla pretesa del
popolo di Israele la sua pretesa: dice che
Lui, in persona, è venuto a compiere, a
perfezionare l’Antico Testamento.
E Gesù accompagna queste parole
con azioni miracolose: guarisce, libera
dal male, moltiplica il pane.
Gli appartenenti al popolo di Israele
che lo ascoltavano capirono la sua pre-
tesa e proprio per questa pretesa fu
condannato a morte.
Un giorno, infatti, gli dissero: «Noi
non ti condanniamo per quello che fai,
ma per una bestemmia: perché tu, che
sei uomo, ti fai Dio» (cfr. Gv 10,33).
Prima di Gesù nessun uomo religioso
aveva mai preteso di essere Dio: i grandi
fondatori delle altre religioni si sentiva-
no tutti piccoli e peccatori davanti a Dio.
Gesù, invece, è l’unico che parla a Dio
Padre da pari a pari, l’unico che dice di
conoscere i segreti di Dio, l’unico che
racconta del suo rapporto con Dio ben
prima che il mondo fosse creato.
Rispetto a questa pretesa dobbiamo
essere sinceri. Le possibilità sono solo
due: o Gesù poteva dire quello che ha
detto e, quindi, è veramente Dio, Figlio
di Dio; oppure ci troviamo di fronte a un
15
povero pazzo, un uomo malato di me-
galomania.
Scommetto, bambini, che fra qual-
che anno incontrerete qualcuno che vi
dirà che Gesù non è Dio, ma che co-
munque è stato un uomo molto sag-
gio, molto buono, un genio!
Voi, con tranquillità, potrete rispon-
dere che un uomo che dice le cose che
ha detto Gesù o è Dio oppure è sola-
mente un povero malato da compatire.
Se le parole e la vita di Gesù ci per-
mettono di conoscere il mistero di Dio;
allora capite, bambini, quanto queste
parole siano importanti.
Se vogliamo conoscere la vita e le
parole di Gesù dobbiamo leggere i
Vangeli.
I Vangeli sono quattro: il Vangelo di
Matteo, il Vangelo di Marco, il Vangelo
di Luca e il Vangelo di Giovanni.
Non conoscere il Vangelo significa
non conoscere Gesù Cristo.
Ci fu un momento in cui ai discepoli
crollò il mondo addosso:
la condanna a morte e la
morte sulla croce sem-
bravano spazzare via tut-
te le parole e le promesse
di Gesù. Sembrava a tutti
che Gesù non avesse det-
to la verità. Infatti, scap-
parono impauriti. Addirit-
tura il capo degli apostoli,
Pietro, disse a una ragaz-
zina di non aver mai co-
nosciuto Gesù.
Pochi mesi dopo, però,
questi stessi uomini era-
no pronti a dare la loro
vita per annunciare che Gesù era vera-
mente Dio, Figlio di Dio.
Che cosa era successo? Come mai
questo cambiamento?
Nei Vangeli sono descritti gli incontri
che i discepoli ebbero con Gesù risorto.
Furono proprio questi momenti, ripe-
tuti per molti giorni, avvenuti anche da-
vanti a centinaia di discepoli, che tolsero
la paura dal cuore di questi uomini.
Gesù vero uomo e vero Dio è l’unico
che ha vinto la morte ed è tornato dai
suoi mostrandosi vivo.
Gesù non è tornato alla vita che aveva
prima: è andato avanti, è entrato in una
vita con la “V” maiuscola.
Per noi è difficile capire come il corpo
di Gesù risorto, pur essendo il suo, pur
avendo i segni della morte in croce, è un
corpo che ha delle caratteristiche nuove:
è entrato in una Grandezza, una Forza,
una Pienezza di vita difficili da credere.
L’incontro dei discepoli con Gesù ri-
sorto dopo la sua morte è il fatto storico
più importante di tutta la
storia dell’umanità insieme
alla sua nascita.
Fu l’evangelista Luca che
chiese a Maria di raccon-
targli con precisione come
avvenne questa nascita.
Quindi, potremmo dire che
nel Vangelo di Luca è la
Madonna stessa che ci rac-
conta come Dio si è fatto
carne ed è entrato nella
storia.
Gesù è presentato al Tempio
16
Il rito nella Liturgia
Nella Liturgia si trova il fondamento per
la comprensione dei contenuti di fede.
Ma essa risponde anche ad un’esigen-
za tipica dell’uomo, quella di esprimersi
attraverso riti e preghiere, dimensione
che lo differenzia dagli animali.
Infatti: «Nella vita umana segni e sim-
boli occupano un posto importante.
In quanto essere corporale e spirituale
insieme, l’uomo esprime e percepisce le
realtà spirituali attraverso segni e simboli
materiali.
In quanto essere sociale,
l’uomo ha bisogno di segni e
di simboli per comunicare
con gli altri, per mezzo del
linguaggio, di gesti, di azioni.
La stessa cosa avviene
nella sua relazione con Dio.
Le grandi religioni dell’umanità testimo-
niano, spesso in modo impressionante, ta-
le senso cosmico e simbolico dei riti religio-
si.
La liturgia della Chiesa presuppone, inte-
gra e santifica elementi della creazione e
della cultura umana conferendo loro la
dignità di segni della grazia, della nuova
creazione in Gesù Cristo» (vd. Codice di
Diritto Canonico).
La liturgia cristiana pertanto non disprez-
za questa modalità di esprimersi tipica
dell’uomo, bensì la accoglie e la purifica,
cosciente che solo il rito ha la
capacità di manifestare e di
donare, per la grazia sacra-
mentale, la comunione con il
Dio vivente.
In questa maniera, viene indi-
cata la via per superare il ri-
schio di un annullamento del
valore della bellezza rituale,
Sono i riti liturgici
che fanno conoscere i contenuti della fede
e permettono
di esprimerla e di viverla
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che è invece caratteristica pe-
culiare del cristianesimo.
Questo pericolo era emerso a
partire dagli anni ’60, quando
un utilizzo della distinzione fra
“fede” e “religione” era divenu-
to quasi una parola d’ordine
nella riflessione catechetica.
Invece, come giustamente
ha sottolineato l’allora cardina-
le Ratzinger, «Chi ha operato
una distinzione nel cristianesimo
tra religione (Religione = insie-
me di riti) e fede, ha avuto torto
a voler separare del tutto queste due real-
tà, considerando positivamente la fede e
negativamente la religione.
La fede senza i riti è irreale. La fede ha
necessità dei riti. La fede cristiana deve,
per sua natura, vivere come “religione”.
Ma ha avuto ragione ad
affermare che anche fra i
cristiani la religione può
corrompersi e trasformarsi
in “superstizione”, in este-
riorità, ad affermare, cioè,
che la religione concreta,
in cui la fede viene vissuta,
deve essere continuamen-
te purificata a partire dal-
la verità che si manifesta
nei contenuti della fede e che fa conti-
nuamente riconoscere il proprio mistero e
la propria infinitezza».
La liturgia come “esperienza” di Dio
Solo nella liturgia è possibile una piena
“esperienza” di Dio, a motivo della sua ca-
ratteristica sacramentale.
La liturgia è l’unico luogo dove Cristo è
totalmente presente e
che, quindi, essa non è
solo “culmine” della cate-
chesi e della vita cristiana,
bensì è anche “fonte”.
Proprio la vita liturgica
permette di maturare nel-
la comunione con Cristo,
facendo “l’esperienza” di
un incontro reale con Lui.
La fede, così, se da un lato è
condizione di accesso al culto
cristiano, d’altro lato nasce solo
dopo la liturgia, poiché solo nei
sacramenti si riceve il dono del-
la grazia che salva.
Infatti: «“La liturgia è il culmine
verso cui tende l’azione della
Chiesa e, insieme, la fonte da
cui promana tutta la sua virtù”.
Essa è quindi il luogo privilegia-
to della catechesi del popolo
di Dio.
“La catechesi è intrinsecamen-
te collegata con tutta l’azione liturgica e
sacramentale, perché è nei sacramenti, e
soprattutto nell’Eucaristia, che Gesù Cristo
agisce in pienezza per la trasformazione
degli uomini”».
«L’anno liturgico, quindi, è tra le più origi-
nali e preziose creazio-
ni della Chiesa, “un
poema - come diceva
il cardinale Ildefonso
Schuster - al quale ve-
ramente hanno posto
mano e cielo e terra”.
Chi vive l’anno liturgi-
co, apprende Cristo e
vive in comunione con
Lui e la viva esperienza di Cristo che si ha,
celebrando con la Chiesa le feste liturgi-
che, vale per la formazione della propria
fede molto più di tutte le riunioni che si
possono proporre.
La liturgia plasma così la vita della per-
sona, permettendogli anche di trasmette-
re la fede ai figli proprio introducendoli di
domenica in domenica nel “mistero” di
Cristo dispiegato nel tempo.
Il bambino, soprat-
tutto, è curioso e
chiede ai suoi geni-
tori il significato e il
perché dei riti.
Tu genitore, sei in
grado di dargli le
risposte giuste?
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Mio Signore,
proteggici
ed amaci sempre,
che la nostra famiglia
rimanga per noi
il rifugio sicuro;
che all'interno di essa
ognuno di noi
possa trovare stima,
serenità, amore.
Prega per noi
50° Gianoli Sergio e Mescia Costanza
45° Franzi Albino e Perregrini Alda
Perregrini Aldo e Pedruzzi Tersilla
40° Bianchi Fanciulli Maurizio e Ioli Giovanna
De Giovanetti Amato e Iemoli Elda
35° Codazzi Enrico e Cerri Adolfa
Libera Paolo Walter e De Giovanetti Rosanna
30° Barcella Albino e Ciaponi Rita
25° Codazzi Roberto e Gossi Maddalena
20° Borromini Stefano e Franzi Claudia
Bottà Ivano e Iemoli Dalida
5° De Giovanetti Mauro e Gatti Tiziana
Folini Fabio e Codazzi Alba
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Tutta la tecnologia sembrerebbe apparentemente costruita per risparmiare tempo. Dal fast food all’informatica, dai mezzi di sposta-mento sempre più veloci alle nuove modalità di apprendimento.
Se così fosse ci ritroveremmo con una quasi infinità di tempo libero! Al contrario, quanto più si afferma una modalità di vita post-moder-
na, i ritmi di vita diventano sempre più frenetici. Per questo le persone più intelligenti riscoprono lo slow food e
il camminare pian piano per pensare e godere. Per questo esiste la preghiera che è la vera cura dell’interiorità e
l’obiezione di coscienza alla frenesia. Mi è tornato in mente questo testo commovente del Piccolo
principe di Saint-Exupéry.
«"Buon giorno", disse il piccolo principe. "Buon giorno", disse il mercante.
Era un mercante di pillole perfezionate che calmavano la sete. Se ne inghiottiva una alla settimana e non si sentiva più il bisogno di bere.
"Perché vendi questa roba?" disse il piccolo principe. "È una grossa economia di tempo", disse il mercante.
"Gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantatré minuti la settimana".
"E che cosa se ne fa di questi cinquantatré minuti?" "Se ne fa quel che si vuole..." "Io", disse il piccolo principe, "
se avessi cinquantatré minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana..."».
E tu, caro lettore, del tempo che risparmi che cosa ne fai?
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Sabato 7 e domenica 8 dicembre: Prenotazione stelle di Natale
Consegna domenica 15 dicembre
Domenica 8 dicembre, festa dell’Im-macolata, celebreremo la “memoria del Battesimo”. E’ l’occasione perchè i genitori rinnovino gli impegni assunti quando hanno chiesto il Battesimo per il proprio figlio.
Lunedì 16 dicembre:
inizio Novena di Natale. Confessioni
Riconoscersi peccatori e chiedere sinceramente perdono a Dio nel mo-do da Lui stabilito, cioè con il Sacra-mento della Confessione, è l’unico modo per non perdere il Paradiso.
Sono a disposizione per le Confes-
sioni tutti i giorni prima e dopo la S.Messa e
nei giorni precedenti il Natale, alla sera di:
sabato 21 dicembre lunedì 23 dicembre
dalle ore 20,00 alle 21,00 pomeriggio 24 dicembre
dalle ore 14,30,00 alle 17,00 Fiaccolata
della notte di Natale secondo una tradizione consolidata Un grazie agli organizzatori e a tutti coloro che si impegnano a mantenere viva questa bella iniziativa.
Martedì 31 dicembre alla S.Messa
delle ore 18,00 canto del Te Deum per ringraziare il Signore delle oppor-tunità di bene che ci ha offerto in que-sto anno.
Pomeriggio dell’Epifania: speciale
benedizione dei nostri bambini. Domenica 12 gennaio:
Festa di S.Cristoforo con la tradizionale Processione e il pranzo comunitario.
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Questo regalo che mi avete fatto è estremamente significativo.
È il segno-simbolo del “carisma” sacerdotale. Indica il compito principale che Dio affida al sacerdote: insegnare a nome Suo e donare, sempre a Suo Nome,
la capacità di vivere secondo il Suo insegnamento.
“Perché abbiano la Vita e l’abbiano in abbondanza”
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La nostra preghiera di suffragio per Venturini Giandomenico + 22/09 (77 anni) Iemoli Emidio + 30/10 (92 anni) Bellasi Gaudenzio + 31/10 (78 anni) Conforti Cirillo + 12/11 (93 anni Iemoli Sr. Rita + 13/11 (100 anni)
Angolo della generosità Aggiornato al 30 novembre 2019
Off. dal gruppo folkloristico 200,00
Off. per festa 50° ordinaz. sacerdotale 975,00+1200,00
Off.da Anniversari di Matrimonio 500,00
Off.da Festa del Ringraziamento 787,00
Off.in mem.di Venturini Giandomenico 130,00
Salvo errori e/o omissioni. Nel caso vi prego di farlo presente. Grazie!
NATALE NON E’...
Non è un telegramma di auguri (Buon Natale e Buone Feste).
Non è una dichiarazione che siamo perdonati (vabbè, scurdàmuci o passato e
arrivederci a tutti in paradiso).
Natale non è una promessa elettorale che ci sarà un condono tombale per tutti
(tranquilli, non preoccupatevi più) e che tutti i guai che abbiamo combinati
sono con un solo tocco magicamente scomparsi (pim pum pam, tutto a posto).
Natale non è una vaporosa o fantasmagorica apparizione in un sogno dove
tutto il mondo (abracadabra) è divenuto meraviglioso.
Natale non è una visita di cortesia o di obbligo (toccata e fuga e chi s'è visto
s'è visto).
MA E’...
Natale è una presenza,
una presenza povera per distruggere il fascino della ricchezza,
una presenza inerme per distruggere il mito della potenza,
una presenza mite per svilire la tentazione della prepotenza.
una presenza costante, definitiva, di un Dio che amerà senza pretese,
senza ripensamenti e senza rimpianti.
Off.in mem.di Bellasi Gaudenzio 250,00
Off.dai Coscritti 1946 50,00
Off.in mem.di Conforti Cirillo 300,00
Off,dai Coscritti 1964 50,00
Off,in mem.di Iemoli Sr.Rita 200,00
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26 gennaio
Consegna del VANGELO 3ª elementare
16 febbraio
Festa dei Santi Giacinta e Francesco
23 febbraio
Celebrazione dell’ ALLEANZA (Comandamento dell’AMORE) 4ª elementare
22 e 23 marzo
Prime CONFESSIONI 4ª elementare
9 aprile
S.Messa CRISMALE e S.Messa in COENA DOMINI
4ª e 5ª elem.
17 maggio
Consegna della CROCE 5ª elementare
24 maggio
Amministrazione del Sacramento della CRESIMA
e Prima COMUNIONE
31 maggio
Chiusura anno catechistico
Mercoledì 4 dicembre
11 dicembre 18 dicembre
INCONTRI CATECHESI degli ADULTI Riviviamo il pellegrinaggio in Terra San-ta (ore 20,30 in casa parrocchiale)
Sabato 7 e
domenica 8 dicembre
Prenotazione “Stelle di Natale” Celebrazione: Memoria del BATTESIMO
Domenica 15 dicembre
Consegna del “Padre nostro” (2ª elem.) Consegna “Stelle di Natale” INIZIO NOVENA di NATALE
Lunedì 16 dicembre
INIZIO NOVENA di NATALE
Sabato 21 e lunedì 23 dicembre
dalle ore 20 alle 21
Possibilità delle CONFESSIONI
Martedì 24 dicembre
ore 10,30: S.Messa e benedizione delle statuine di Gesù Bambino ore 24,00: FIACCOLATA e S.Messa solenne della MEZZANOTTE
Mercoledì 25 dicembre
ore 09,30: S.Messa a S.Sisto ore 11,00: S.Messa solenne di NATALE
Giovedì 26 dicembre
ore 10,00: S.Messa di S.Stefano
Martedì 31 dicembre
ore 18,00: S.Messa e canto del TE DEUM
Mercoledì 1 gennaio 2020
Sante Messe orario domenicale solito
Lunedì 6 gennaio
FESTA dell’EPIFANIA nel pomeriggio Benedizione speciale ai nostri BAMBINI
Domenica 12 gennaio
FESTA di S.CRISTOFORO ore 10,45: S.Messa solenne PROCESSIONE e pranzo comunitario
Un vivo RINGRAZIAMENTO agli agricoltori che hanno offerto i loro prodotti
e a tutti coloro che hanno lavorato
per la riuscita della festa.
GRAZIE