Upload
detournement-webzine
View
221
Download
1
Tags:
Embed Size (px)
DESCRIPTION
LUXURY ETC. // FEBRUARY TWOHOUSandTEN
Citation preview
DÉTourNEMENT INDEPENDENT & PERIODIC WEBZINE // LUXURY ETC. // N.O5 FEBRUARY TWOHOUSandTEN
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
! COLLABORA CON NOI alla REALIZZAZIONE di DÉTOURNEMENT ! PARTECIPA a FREE//COVER : INFO : detournement-webzine.blogspot.com
… in progress: DÉTOURNEMENT è un DIFFUSORE COLLATERALE, in formato WEBZINE, ORIENTATO AD ESSERE VETRINA DI RICERCA
NELLE NUOVE POLITICHE SOCIALI, IL CUI NETWORK, APERTO ALLA PROMOZIONE DI ogni EMERGERE CULTURALE, ATTRAVERSA UNA
PIATTAFORMA D’UTENZA INCLINE ALL’USO DEI New Media Work, in una LOGICA POST-ARTISTICA o MEGLIO ATTA alla DEVALORIZZAZIONE
DELL’Arte ALTA. CONTRO IL FASCIO dei SAPERI STABILITI, CONTRO L’INQUINAMENTO CULTURALE: X una RICCHEZZA CRITICA, RADICALE
e LIBERTARIA decentrata dal COATTISMO DI MASSA, L’OBIETTIVO è: RIAPPROPRIARSI DEL PROPRIO MEDIA-SYSTEM MENTALE, CON
L’AUSILIO di un USO ECQUOresponsabile DEL TERMINE ‘FREE’, PREPOSTO AD ESSERE PRATICA DEL FARE OPINIONE o meglio x
LIBERARE IL FARE CRITICO DA qualsivoglia GENERE OBBLIGAZIONALE. INDIPENDENTE E DEMOCRATICO, NEL FARE DELL’ATTIVISMO LA
PROPRIA FEDE COLLATERALE, IL WEBZINE È MEZZO COOPERATIVO X E DI TUTTI, IN CERCA DI 1 CONTINUA FREE COLLABORATION!
détour
nement
SOMMARIo
LUXURY x Marianna Lodi è .. 02
ILLUSION of LUXURY 03
LUSSO = POSSESSO 04
LOWXURY 05
IL VERO LUSSO CAMMINA SUI BINARI 07
UN LUSSO TUTTO ITALIANO? 09
SCOLARIZZAZIONE SOGNO PER 72 MILIONI DI BAMBINI 10
MAI PIÙ 11
In copertina: Marianna Lodi, Conchiglia Rosa, pastel on paper - MDF, 70x50 cm, 2003 ► courtesy of the artist
EDITOR in chief ⋆ Gabriele Perretta
MANAGING editor ⋆ gr.gr.
Art DIRECTOR ⋆ gr.gr.
EDITORs ⋆ Cecilia Geroldi ⋆ gr.gr. ⋆ Matteo Bergamini
CONTACT ⋆ [email protected]
détour 02
nement
Luxury x Marianna Lodi è ..
vestire la propria pelle di madre perla, dentro a conchiglie di mare che ricordino la trasparenza e i riflessi dell'acqua...
03 détour
nement
ILLUSION of LUXURY
OGGI IL VERO LUSSO È REGALARCI IL TEMPO DI ... BY gr.gr.
L‟anno appena trascorso è e sarà ricordato come un anno orribile, caratterizzato dalla crisi economica, di cui si è largamente e
lungamente parlato mentre, contemporaneamente, si è cercato d‟incentivare la spesa dei privati in un ottica di ottimismo .
In ogni momento, a testimonianza della ripresa, ci hanno propinato: file di fronte agli outlet, che propongono generi di lusso; piccole
interviste a cittadini nelle vie del ... Tutto sta riprendendo come prima … ed infondo è vero, infatti non essendoci alternative da proporre,
per una grave carenza di prospettive non si è fatto altro che iniziare a riedificare il medesimo castello di sabbia. Chiaramente tra addetti
ai lavori di alto livello finanziario nulla è cambiato la crisi dell‟anno passato è stata archiviata come: un incidente inevitabile.
Nel mondo delle mezze verità si tace sul prezzo che i giovani sotto i trenta anni silenziosamente stanno pagando con poche prospettive,
dai lavori saltuari a quelli sottopagati. Rispetto a dicembre 2008, la disoccupazione è aumentata di 4.628.000 unità e di 2.787.000 unità
nell'eurozona!
Intanto sotto la sconcertante insegna dell‟ottimismo i consumatori continuano a usufruire di finanziamenti, nei centri commerciali, per
l‟acquisto di beni voluttuari, automobili lussuose, pacchetti vacanza o l‟ultimo modello di telefonino. Lo pseudo lusso assurge a status
simbol, perciò si fanno finanziamenti su finanziamenti per la pura e delirante illusione di appartenere ad una classe sociale: superiore
alla propria. Il vecchio detto ‘chi mostra il portafoglio mostra il sedere’ non può essere più valido oggi come oggi, data la necessità di
mostrare anche ciò che non si ha: anche quando non si arriva alla fine del mese, vivendo nella speranza che la propria situazione
finanziaria muti grazie ad esempio alla fortuna al gioco.
Il lusso consumistico a cui la gran parte delle persone accede, non è descrivibile con locuzioni quali: raffinatezza, squisitezza o
eleganza, ma bensì con sfoggio vistoso ed esorbitante avvolto da un delirio di superlativi. Alla base del nostro sistema economico vi è il
consumo, che ci ha portato ad una così definita democratizzazione del lusso, che ha spinto ad acquistare tutto ciò che ci è stato
proposto, senza soffermarci sul senso e l‟utilità effettiva delle cose con cui non abbiamo stabilito alcun rapporto.
La massa pare vivere una vita essenzialmente biologica, dove l‟amore per la conoscenza e l‟arte non ha alcuno spazio, non si legge
libri, riviste, quotidiani, niente di niente eccezion fatta per la pubblicità, che con offerte sconti e saldi, di cui le nostre buca-lettere sono
traboccanti, e che creano - in simbiosi con i massmedia - i cosiddetti bisogni indotti.
La crisi non ha ancora invertito la tendenza delle masse al superfluo, al lusso apparente, nel buon nome di una negazione delle
differenze fra le varie classi sociali, che esistono e sono determinanti, come non mai in periodi di così grave crisi economica. Oggi il
vero lusso è lo sforzo di comprendere l‟ambiente di cui facciamo parte, i dettagli che danno senso dell‟esistere, la bellezza delle cose
ristabilire quel rapporto antico con ciò che ci circonda, regalarci il tempo di conoscere e quindi vedere.
détour 04
nement
LUSSO
=
POSSE
SSO BY C. G.
“Nel Settecento, ma anche in tempi meno lontani, lusso e buon gusto coincidevano, oggi non più. Non esistono più un‟alta borghesia o
una nobiltà capaci di differenziarsi attraverso un lusso di buon gusto”. Con queste parole Gillo Dorf les in Questioni di gusto, critica
dell’acritica (edito da Allemandi&C. nel 2008) fornisce un analisi del concetto di lusso rivelando la sua linea di pensiero: “in passato era
sinonimo di gusto elitario, mentre ora equivale troppo spesso alla pacchianeria o al kitsch”. Ma cos‟è oggi il lusso? diffici le da definire
soprattutto in un periodo culturale e storico come il nostro in cui il concetto stesso viene comunemente associato alle griffes, a questi
simboli che divengono significato di uno status. Il concetto di lusso come “simbolo elitario” sembra non esistere più, questo perché la
concezione stessa del lusso è cambiata diventato una qualità che sempre più spesso associata al concetto banalizzato di gusto e di
bello, potrebbe essere definito puramente materiale, pacchiano. Ecco allora che il possedere una borsa griffata, un occhiale o una
scarpa diventa valore assoluto in cui l‟estetizzazzione estrema ne costituisce la caratteristica principale. Il lusso è diventato semplice
quotidianità basta girare per le vie di qualsiasi città, grandi o piccole essa siano, per vedere sfilate di persone ricoperte da griffe,
accompagnati immancabilmente da un piccolo animale, un cane, sottoposto anch‟egli alle torture del gusto, anche se francamente pare
essere tutto fuorché un esempio di piacere. Il lusso diviene dunque kitsch, per utilizzare un termine molto caro a Dorfles. Un‟idea
completamente lontana dal concetto reale di gusto, di bello che dovrebbe associare tutte le forme di espressione esistenti. Pare dunque
essere sempre più una manifestazioni di appartenenza ad una tribù, quella del consumismo in cui le modalità di apparire comprese le
azioni stesse divengono solo e semplice espediente per indicare il proprio essere, uno status che agli occhi degli altri è degno di
rispetto. Forse è proprio questo il lusso oggi, non più un concetto, un valore ma semplice volontà attraverso l‟utilizzo di simboli di
identificarsi a tutti i costi con un rango di appartenenza. Non solo attraverso le griffes, ma anche con azioni. Quante persone visitano
mostre o vedono opere teatrali senza realmente comprendere il significato dell‟opera stessa ma con l‟idea semplicistica di potersi
identificarsi in uno status?
Il lusso dunque è diventato sinonimo di appartenenza alla massa, il cui scopo risiede nell‟idea di possedere per apparire? Il lusso non è
più sinonimo di classe, ma di possesso?
È chiaro che cercare una definizione adeguata non è semplice ma individuare un‟ulteriore simbolo per comprenderne forse il significato
è possibile. La figura per eccellenza di questo concetto che definirei banalizzato e commercializzato è sicuramente Dubai, simbolo
massimo di opulenza che come ben sappiano è entrato in crisi. Lo slogan di questo piccolo ma potente emirato arabo è “su Dubai il sole
non tramonta mai”. Il paese delle meraviglie in cui si può trovare tutto ciò che si desidera. Palm Island isole artificiali disposte in modo
da creare l‟immagine di una palma, The Word trecento isole disposte in modo da creare il planisfero terrestre, Dubai Sport City, un
immenso spazio in cui si trovano ogni genere di impianti sportivi, piste da sci, snowboard, bagni termali, saune… ed infine Burj Dubai,
un palazzo d‟acciaio e vetro altro 800 metri, il più alto grattacielo del mondo inaugurato un mese fa. Per costruirlo sono stati necessari
cinque anni di lavori e qualcosa come quattro miliardi di dollari. Dubai sintetizza il concetto di lusso, il consumismo sfrenato, la folle
corsa verso la ricerca di tutto ciò che rappresenta la ricchezza intesa come dimostrazione sfrenata di poter possedere qualcosa, come
simbolo di eccessiva fastosità che sembra non avere nessun significato apparente se non quello di possedere.
Il lusso forse è tutto fuorché questo, non significa per forza apparire possedere, ma più semplicemente avere gusto nel vero senso del
termine, saper distinguere ciò che è davvero di classe, ciò che davvero può distinguere ed identificare un essere non uniformarlo alla
massa. Il lusso dovrebbe essere attenta ricerca a ciò che è bello, inteso come ricerca di sensazioni di piacere, senza però cadere in
banalizzazioni consumistiche prive di valore.
05 détour
nement
LOWURY
LA PERFETTA FUSIONE TRA LUSSO & LOW COST. BY gr.gr.
Un nuovo settore economico capace di sintetizzare l‟attuale congiuntura culturale, è tra Noi: il suo nome è Green Luxury, un nuovo
lusso, così lo ha definito l‟Unesco, nel primo forum mondiale che l‟organizzazione dell‟Onu ha dedicato all‟industria culturale, in
programma alla Villa Reale di Monza lo scorso 24 - 26 settembre 2009, una sfida che può unire: sostenibilità ambientali, diversità
culturali e sviluppo dei paesi più arretrati, o meglio: Etica e Globalizzazione.
La così crescente attenzione per un‟economia etica è fonte di quei nuovi costumi di consumo, intrinsecamente legati ad
un'informatizzazione e socializzazione della produzione, tali da rendere indispensabili: consumi consapevoli e produzioni responsabili:
ciò nonostante ancor oggi gli aspetti etici rappresentano, per la maggior parte delle imprese, una cosmesi dell‟immagine aziendale e
non una scelta strategica, così come, per la maggior parte dei consumatori, il prezzo dei beni è dominante, rispetto alla richiesta di
qualità su base produttiva o solidaristica.
Una nuova tendenza al consumo postmoderno è in atto, interattivo e di qualità, che si contrappone - ancora in forma non solidificata da
opportune istituzionalizzazioni - al dilagare su scala planetaria del bisogno di identità omologate, sul quale si basa il successo della
moda attuale; ma anche se il business della moda di massa si regge tutt‟ora proprio sull‟utilizzo delle opportunità insite ne i processi di
frammentazione delle identità, lo sviluppo di internet, dei cross media e gli effetti sociali della stessa delocalizzazione produttiva,
rappresentano nuove opportunità di aggregazione. Munito di valori eticamente corretti il Luxury System sta investendo oltre ad unicità,
ricercatezza, qualità, artigianalità anche su biologico, solidarietà, ecocompatibilità, a conferma di quell‟attenzione globale cui la moda ne
è esempio. L'eco-friendly diventa così la cifra stilistica delle pellicce del marchio Carletto, dei trench in pvc riciclabile di reRo Design,
delle borse create riciclando sacchetti della spesa di CeeBee, dei gioielli in cartone di Sandra di Giacinto, ma anche per l'etichetta
creata dalla stilista Nathalie Verlinden, un manifesto programmatico, che propone scarpe e borse trattate con conce naturali come
estratti di nocciola e mimosa.
Mais, riso, soia, cocco, banana, bambù, latte, granchio, piume di pollo: questi gli ingredienti per una collezione di abbigliamento in
tessuti naturali, ecologici, biodegradabili e dalle proprietà superiori a quelle dei più comuni tessuti naturali e sintetici, elaborati al
Politecnico di Milano per un progetto inerente l‟Ecolusso: una nuova tendenza che vede quindi la moda, non solo impegnata a creare
oggetti eleganti e lussuosi, ma che accresce il senso di benessere e consapevolezza sui problemi e le esigenze dell'ambiente.
La differenziazione ecologica così in atto esprime però un ancor acerba distribuzione, tale per cui la sua scarsa competitività è ragione
del suo essere fuori da un mercato di massa, ovvero molti consumatori acquisterebbero un'automobile ibrida per soddisfare il proprio
bisogno immateriale di rispetto dell'ambiente, se questa non costasse il doppio rispetto ad una normale utilitaria. E molti imprenditori
produrrebbero tenendo in conto la sostenibilità, se questo non comportasse di dover aumentare i prezzi dei prodotti, subire la
concorrenza del low cost o dei prodotti esteri. Insomma in assenza di standard qualitativi imposti dall'alto sulla produzione, è difficile
immaginare il decollo dell'ecoproduzione di massa senza passare prima per l'eco-lusso, se non che una nuova stratificazione del lusso
compete al mondo dorato dell‟Extraluxury, un mondo accessibile come le edizioni limitate di operazioni di comunicazioni esclusive.
Nasce così un fenomeno che si potrebbe denominare: „democratizzazione del lusso‟ e che porta a considerare una riflessione fatta da
Elena Marinoni, ricercatrice specializzata in lusso e consumi culturali per Skole Ricerca: ‘il lusso oggi va in due direzioni. La prima? Si è
affermato un mercato di beni di lusso cosiddetti accessibili, ossimoro che significa un mercato di prodotti che costano in media dal 50 al
300 per cento in più rispetto ai propri concorrenti. Insomma la versione di lusso dell’oggetto comune, oggi alla portata di 50 milioni di
consumatori negli Usa e di 10 milioni in Italia. La seconda direzione: il cosiddetto lusso assoluto o extralusso, per pochi very big
spender. Dal ’90 a oggi questo mercato è cresciuto del 144 per cento in valore assoluto. Ecco spiegata la mancanza di remore nei
prezzi e nell’esclusività: stiamo parlando di consumatori che vogliono il fascino di un pezzo unico, meglio se sposato a griffe di forte
identità come il semplicissimo anellino con diamante rosa accompagnato da due diamanti blu di Bulgari venduto a 4.542.500 dollari; si
assiste a quello che noi chiamiamo ricchismo estremo con forme esibite di possesso da parte delle classi più elevate’. Se da sempre
l‟acquisto di lusso è servito a sottolineare i caratteri salienti di una determinata classe sociale oggi nei mondi più sofisticati il bene di
lusso viene usato per rispondere ad esigenze ancor più personali, alche ‘non è più sufficiente dare ai clienti ciò che essi desiderano per
raggiungere la vetta, occorre che le imprese aiutino i clienti a capire ciò che desiderano’ (Carpenter). Capire però quali siano i bisogni di
una classe così sofisticata è davvero difficile soprattutto se si pensa che oggi i clienti del lusso sono totalmente cambiati, ci si trova di
fronte a persone in cerca di una tipologia di benessere, il cui confort non indica più ostentazione, bensì un reale benessere, che nei
migliori dei casi risponde ad un‟etica tendenza chiamata: Consumo Critico.
La parola d‟ordine è: Lowxury, un termine riassunto, in occasione del Capri Trendwatching Festival lo scorso ottobre 2009 (primo
osservatorio internazionale sugli stili di vita del futuro), dai geniali stilisti di Custo Barcellona per indicare la perfetta fusione tra lusso e
low cost: un lusso questo che si fa verde, perché capace di rispondere alle attuali esigenze ECOnomiche.
Il glamour intelligente si fa così interprete di un consumo, sempre più attento ad una nuova frugalità sostenibile e smart, dove si
rivalutano pratiche antiche come il baratto (si veda il fenomeno dello swapping, nato per scambiarsi gli abiti e poi esteso a tutti i
consumi), il riciclo creativo, l‟autoproduzione domestica ed energetica e dove il giardino o il balcone di casa sono riconvertiti in spazi
autonomi per il proprio fabbisogno alimentare. Nascono, insomma, sistematologie domestiche, dove la scelta è: lavorare meno e
guadagnare meno per avere più Tempo Libero.
Oggi, per avere successo, un oggetto o quant‟altro deve corrispondere ad una scala di valori tali per cui, come ci ricorda Elena
détour 06
nement
Marinoni: ‘La vera rivoluzione per la moda, prima ancora del green, è stata quella del low cost. Marchi come Zara e H&M hanno
permesso di vivere il dress fiction (il sogno) ad una cifra abbordabile. Quando si ha la percezione di poter interpretare i personaggi che
si vuole con pochi euro non si torna più indietro e la prova sta nel fatto che, sempre più, i grandi stilisti si uniscono in matrimonio con le
marche economiche’.
È quindi necessario concepire nuovi miti, nuovi status come gli ostelli low cost progettati dall‟architetto olandese Piet Blom, che
avvicinino il grande pubblico all‟inavvicinabile: non più cifre spropositate di opere destinate ad una ristretta cerchia di facoltosi e ricchi
acquirenti, bensì cifre abbordabili tra i 100 e 5000 euro, a tal proposito si veda l‟iniziativa attuata da AAF (Affordable Art Fair),
un‟associazione che lavora tra Londra, Parigi e Bruxelles e che grazie al supporto di circa 80 gallerie d‟arte ha esposto una serie di
opere di giovani artisti a prezzi contenuti o alla nuova frontiera del gruppo spagnolo La Casa de los Fideos che ha lanciato, in un circuito
di gallerie tra Valencia, Barcellona, Londra e Roma: TONG, una pubblicazione in formato busta-a-sorpresa dal contenuto variabile
(incisioni, fotografie, video etc.) e ad un costo di 20 euro. Che dire: l‟accessibilità è tra Noi! E come si dimostra in (Extra)ordinary
Wallpaper di Aurélie Mossé (designer londinese del collettivo di creative Puff&Flock), l‟uso di metodologie open source come il
tappezzare una parete con carta usata, in fogli pretagliati da aprire e piegare a piacere assume i connotati di una creatività applicata ad
un migliorare la qualità della vita, con il semplice uso di materiali alla portata di tutti, come i rifiuti. Qui come al Milano Green Festival,
che si terrà il 14-19 aprile 2010 durante il Fuorisalone 2010, si vuole sperimentare gli altri lati del possibile, per fare dell‟oggi il Nostro
futuro.
In conclusione: vogliamo che l‟innovazione si integri ad un reale cambiamento, tale a ciò che Enzo Mari indica essere lo scopo del vero
design: cambiare - almeno un po’ - il comportamento delle persone. Per cui a Parigi dal 6 al 10 maggio 2010, si svolgerà alla sua
seconda edizione Le Salon du luxe durable 1.618 (il Salone del lusso sostenibile 1618): in mostra vi saranno le più recenti novità in fatto
di eco-ospitalità, spa resort, design, mobili, automobili, gioielli, tecnologie, produzioni alimentari etc., insomma dateci un occhiata, anche
se non proprio economica!
07 détour
nement
IL VERO LUSSO
CAMMINA SUI BINARI
BY Matteo Bergamini
Ⓒ Matteo Bergamini, all right reserved
Dall‟enciclopedia libera Wikipedia: Il lusso è l'abitudine a consumi di elevata gamma qualitativa e di costo. È uno stile di vita e di
comportamento che privilegia l'acquisto e/o il consumo di prodotti e oggetti, spesso superflui, destinati ad ornare il proprio corpo o la
propria abitazione.
Dal Dizionario della lingua italiana: (Luxus_us) Sfoggio di ricchezza, abbondanza. Tutto ciò che è superfluo o eccessivamente costoso.
L‟Accademia del Lusso, in via Montenapoleone a Milano, usa come spot la frase ad effetto: “Non è sufficiente essere eccezionali,
bisogna saperlo comunicare”.
E saper vendere la propria ricchezza, anche intellettuale, è probabilmente un lusso. Sia per chi acquista, sia per chi dona un pezzo di
sé in cambio di un appagante somma che non per forza deve essere corrisposta al denaro: benefit indiretti.
Essere seducenti non è un lusso, ma è lo stato che precede il vero motore dell‟esibizione: sedurre e lasciarsi sedurre; dalla bellezza, dai
confini della ricchezza, dalle linee distintive di quello che di più prezioso può esistere. Non si vuole parlare di panfili, catamarani, hotel a
sette stelle da ottomila euro a notte; il lusso è probabilmente una condizione mentale che si ripercuote spesso e volentieri sulle piccole,
e spesso costose, dinamiche della vita.
Si era pensato a questo articolo come ad una serie ciclostilata di nomenclature di fasti, in ordine alfabetico, esattamente come accade
in Frammenti di un Discorso Amoroso di Roland Barthes. Tutta la tipologia dell‟ostentazione doveva essere eviscerata dalla A di Armani
alla Z di Ermenegildo Zegna passando per qualche Gucci, Dior, Moschino, Galliano o per qualche piatto-estetico ed estetizzante
dell‟ormai artista Ferran Adrià e della sua cucina-galleria d‟arte - El Bulli. E invece il lusso non può trovare una definizione se non nel
suo atteggiamento banale, da champagne a Portofino, da “V” infilate al posto delle “R”, da ricevimenti imperversanti di squallide
conversazioni nei salotti-bene, da impianti di risalita in località talmente lussuose che sono divenute l‟apoteosi del cattivo gusto, della
povertà del lusso.
détour 08
nement
Già, perché il lusso alla portata di tutti diventa un‟accozzaglia povera per povere menti e povere tasche sclerotizzate intorno ad una
carta-moneta che ripaga ben poco di quello che si potrebbe alla stessa cifra ottenere. Ma del lusso ignorante paga lo status symbol, e
allora che i fautori del lusso convenzionale si tengano tappeti e whiskey riversati in boisson di cristallo ma si ricordino che lo splendore,
da queste situazioni, è scappato, e ne è rimasta solamente l‟ombra frustrata.
Il lusso si è rifugiato laddove nessuno lo può vedere, soprattutto oggi, quando tutti ostentano un dispendio che appartiene alla categoria
dello spettacolo e che dunque è finto, macchinato alla bell‟è meglio per non perdere pezzi… ma la sartoria di pregio insegna che i
prodotti non possono essere effimeri e soprattutto mai macchinati a caso: la cucitura deve essere perfetta per non fare una grinza sui
corpi di chi può permettersi di indossare un taglio pregiato.
Ma i tagli pregiati, degli abiti così come della carne, stanno fallendo così come si dice stia fallendo il famoso “Made in Italy”, ormai un
lontano ricordo sepolto da importazioni e dai prodotti “Made in Italy” prodotti in Romania, Bulgaria, Marocco, Libia…? Non voglio
soffermarmi su teorie della crisi anche per la totale inefficienza del sottoscritto in veste di economista, ma vorrei soffermarmi su tre
modelli diversi di “lusso” in ascendenza dal più stupido al più intelligente e radicale… e collettivo.
Il primo caso è quello di un regalo speciale: una mela vestita. Girando e rigirando su siti web specializzati nella promozione e nella
comunicazione di prodotti mi imbatto sul grazioso vestitino ad uncinetto fatto indossare ad una mela della Val Venosta: una mela buona
ed ora anche elegante. Una povera mela diventa ricchissima. Ovviamente dovrà essere una mela dalla forma fisica invidiabile ed in
teoria dalla polpa deliziosa. Ma se invece il corpo fosse un concentrato farinoso e orribile al gusto? Pazienza, l‟estetica paga. Il frutto ha
il suo bollino sulla spalla destra, vicino alla piccola testina-picciolo e il cardigan marrone che la riveste è provvisto di piccoli bottoni gialli
ed ha anche due piccole braccina per rendere la nostra melina il più antropomorfa possibile. Carineria da scuola materna. Lusso per
adulti consenzienti a qualsiasi perversione. Il prossimo passo sarà infilare uno zampone in una sensualissima calza a rete.
Di altro avviso, nella Grande Mela, per palati raffinati che non rinunciano a trangugiare il trasgressivo cibo da strada rivisitato, ci
troviamo di fronte alla lettera H come Hamburger: il Wall Street Burger Shoppe ha aumentato il prezzo del suo hamburger di punta,
centosettantacinque dollari. Una cifra che lo rende il più caro di tutta New York.
Il proprietario del locale, Heather Tierney, spiega le ragioni della scelta: “Volevamo avere prodotti da 4 dollari per tutti i giorni, ma
anche qualcosa di unico, per chi ha avuto una buona seduta in borsa“. Lo speciale alimento è stato creato dallo chef Kevin
O‟Connell e associa carni bovine, tartufo nero, ottimi formaggi, funghi selvatici e flecks di foglia d´oro.
A detta di Tierney sono circa una ventina di persone che ogni mese sono disposte a spendere l‟impegnativa cifra per assaporare lo
sfizioso panino, al piano più alto del ristorante.
In questo caso il lusso inconcepibile di riversare in un piatto ultra-cheap una considerevole somma che sarebbe forse meglio riposta in
una steakhouse di MeatPacking.
Restando a Manhattan, e più precisamente proprio a MeatPacking c‟è la possibilità di una narrazione di un concetto di lusso generato,
anche in questa occasione, a partire dall‟elevamento di un degrado, proprio come accade nel caso della sfigatissima mela e de l
pezzente-hamburger. La High Line, metropolitana sopraelevata, è rimasta in funzione fino al 1980, principalmente per il trasporto di
carne da e per il distretto-macelleria della città, che ora, riconvertito, intrattiene uno strano rapporto con una sorta di nuovo lusso un po‟
pop un po‟ proletario, ricco di modelle e modelline danzanti a piedi nudi sui tavoli durante i party del brunch domenicale, rituale che con
un po‟ di buona volontà anche il più plebeo dei turisti può permettersi, dress-code permettendo… in fondo non è mai male poter
sorseggiare un Bloody Mary nel locale dove hanno girato la sit-com più trendy della stagione.
Tornando alla High Line, chiusi i battenti dopo il 1980, la struttura ha iniziato quella sorta di processo che si denomina
“inselvatichimento urbano”: le strutture metalliche si arrugginiscono, le erbacce iniziano a crescere tra i sassi dei binari e l‟odore di
catrame lascia spazio ai muschi e ai topi. In un recente documentario la fisionomia di New York, dopo la disfatta umana e dunque a città
deserta, nell‟arco di tre anni verrebbe completamente stravolta: in quel che resterebbe delle strade tornerebbero a camminare
indisturbati mammiferi allo stato brado e rettili. Ci si può facilmente immaginare, dunque, cosa fosse la High Line già dopo alcuni anni
dall‟inizio del suo disuso.
Ma ecco che un gruppo di cittadini impressionati dalla crescita di una nuova natura sopraelevata, alla fine degli anni Novanta dà vita ad
un comitato contro il suo smantellamento, e a quasi trent‟anni dalla sua chiusura, la High Line è rifiorita sostenuta dai newyorkesi che
lanciarono nel 2003 un primo concorso di idee in forma aperta che vide la partecipazione di ben 720 progetti provenienti da 34 diverse
nazioni. Verso la fine del 2004, una volta raggiunto l‟appoggio economico delle istituzioni, attraverso un concorso a inviti, viene
selezionato il gruppo formato dai paesaggisti James Corner e Field Operations e dagli architetti Diller/Scofidio+Renfro, che hanno la
meglio sui concorrenti: Zaha Hadid con Balmori Associates + S.O.M. + studio MDA; Steven Holl con Hargreaves Associates; e Michael
Van Valkenburgh Associates con D.I.R.T. Studio e Beyer Blinder Belle.
Si dà vita al lusso di un progetto unico al mondo: una striscia di verde che diviene lo scenario per una nuova deriva urbana in quella
zona di Manhattan dove Chelsea si confonde con i vecchi capannoni dell‟industria conserviera. Un mega schermo naturale arriva
laddove la nuova High Line pedonale incrocia la Nona Avenue: un anfiteatro sospeso sulla strada e protetto da una vetrata per
osservare come in un cinema dinamico il cuore pulsante della Grande Mela.
Lusso dell‟anima. Non avete mai pensato di camminare sui binari per sentirvi un po‟ più liberi? Non avete mai pensato a quanto siano
meravigliose le città osservate dal finestrino di un treno?
In caso negativo siete ingrati alla vita. Quel che più conta è che questo progetto, che vede ormai la partecipazione di un foltissimo
numero di sostenitori e di donatori, tra i quali alcune star di Hollywood, tra le quali l'attore Ethan Hawke, voce nel video che racconta la
storia del progetto, sia una provocatoria e quanto mai reale dimostrazione della potenzialità legata al recupero di situazioni di apparente
abbandono urbano: un‟esperienza di successo, dato che la prima sezione della High Line è stata aperta nel giugno 2009 e la seconda
lo sarà entro la fine del 2010.
E nel caso vi interessasse il lusso della provocazione potete sempre prenotarvi una camera, piuttosto costosa, nell‟hotel-design
costruito sull‟High Line proprio sopra i vecchi capannoni di MeatPacking District all‟incrocio con la Quattordicesima strada: i quindici
piani dell‟albergo sono completamente rivestiti da vetrate trasparenti. Il lusso di creare un caso “morale” nella città più libera di sempre
solamente evitando accuratamente di tirare le tende! Un lusso anche per i voyeur.
09 détour
Nement
1 LUSSO TUTTO ?
I T A L I A N O ¿ I T A L I A N O ?
LA LETTURA NELL‟ERA DELL‟INFORMAZIONE. BY gr.gr.
La lettura è un lusso che gli Italiani non si permettono, infatti sono 197 le copie vendute dei quotidiani ogni 1.000 abitanti e appena il
44% degli italiani legge almeno un libro in un anno. La televisione sbilancia i pesi del consumo culturale, tanto che leggere a scuola è
un‟imposizione e fuori scuola non si legge più o quasi.
In tempi di crisi, però, ci vengono comunicati i consumi culturali del tempo libero confermando ambiti di spesa, che non hanno mostrato
segni negativi, come cinema, mostre e viaggi, se non che la lettura non è un fenomeno di massa. Da qui il trend storico e generale di un
incompleto livello d'istruzione.
Tutto muta le condizioni materiali di vita, gli strumenti del lavoro, le gerarchie di valori e anche il concetto di analfabetismo.
Nel tardo diciannovesimo secolo, non si riteneva analfabeta chi era in grado di leggere le parole o scrivere il proprio nome; mentre nel
dopoguerra non si riteneva analfabeta chi era in grado di leggere e scrivere in modo breve e semplice.
Mentre l'analfabetismo sembrava definitivamente scomparso dai paesi occidentali, oggi, ci rendiamo conto che una parte della
popolazione nonostante gli studi svolti, ha perso l'uso della lettura e della scrittura. Anche in Italia, così come in altri paesi, si sta
vivendo il fenomeno di un analfabetismo di ritorno, per cui circa due terzi della nostra popolazione presenta difficoltà nel comprendere
testi, diagrammi e ragionamenti non banali. Questo non nasce solo dal fatto che metà della popolazione adulta italiana ha soltanto la
licenza media, ma da una non propensione per i consumi culturali, di genere letterario.
La scrittura è la base della divulgazione dell‟informazione, ma a quanto pare lo scrivere su Facebook, messenger e chat varie, non
impedisce che la padronanza della lingua italiana sia ai minimi storici.
Si creeranno interfacce di analfabetismo in un contesto in cui lo scrivere, l‟informare e il comunicare sono le fondamenta di un consumo
culturale, figlio di un cattivo funzionamento educativo.
Una minaccia questa per l‟intero patrimonio culturale, non di certo per chi ha le conoscenze giuste!
détour 10
nement
SCOLARIZZAZIONE
SOGNO PER 72 MILIONI DI BAMBINI LA CADUTA DI UN DIRITTO.
BY gr.gr.
Lo scopo principale di tutte le forme della cultura consiste precisamente nel compito di edificare un mondo comune nel pensiero e nel
sentimento e in nome di questa speranza non dobbiamo permettere che la futura generazione, venga così privata della possibilità di
accedere all'insegnamento scolastico per poter uscire dalla povertà materiale e non materiale.
In una società dove i contenuti dovrebbero essere accessibili a tutti, una parte dell‟umanità è esclusa, priva com‟è dei mezzi culturali di
base. Se non ora quando il diritto all‟educazione sarà dovere per tutti?
Sognare una scolarizzazione è il grande lusso che migliaia di bambini hanno, a tal proposito l‟ultimo rapporto mondiale dell'Unesco
(2010), dice che 72 milioni di bambini in età scolare primaria e 71 milioni di adolescenti non frequentano la scuola, inoltre 750 milioni di
adulti - nei due terzi dei casi donne - non sono in grado di leggere e scrivere. Nonostante gli obbiettivi fissati dall'ONU, l'accesso
all'educazione per tutti rimane una meta lontana in molte regioni del mondo. Nell'aprile del 2000 i 164 paesi partecipanti al Forum
mondiale posero tra gli altri obbiettivi di sviluppo del millennio, l'educazione primaria universale come una delle priorità della comunità
internazionale per gli anni seguenti: all‟oggi sono avvenuti sì importanti progressi, dato che il tasso di scolarizzazione è migliorato in
diversi paesi in via di sviluppo e si è ulteriormente ridotto a livello mondiale il divario tra ragazzi e ragazze, per quanto concerne
l'accesso all'educazione, ma i governi hanno trascurato in quest'ultimo decennio il problema dell'educazione.
, e non hanno rispettato gli impegni assunti nel 2000.
A pagare il prezzo di questa negligenza sono soprattutto le minoranze etniche, politiche o religiose, ne è un esempio la popolazione
Curda in Turchia, i contadini somali residenti in Kenia o gli indigeni del Chiapas in Messico.
Ora, la crisi economica internazionale, rischia di pregiudicare gli sforzi compiuti negli ultimi anni per garantire a tutti l'accesso
all'educazione. Gli effetti della recessione pesano infatti sulla volontà e sulle disponibilità finanziarie sia dei paesi in via di sviluppo che
degli Stati donatori.
L'analfabetismo nel Terzo Mondo vi è poiché la crescita della popolazione impedisce ai paesi più poveri di educare l'intera popolazione.
Inoltre le basse opportunità di promozione economica e sociale riduce notevolmente gli effetti delle campagne di alfabetizzazione
funzionale, che integra un programma di sviluppo culturale ed economico adeguato alle specifiche esigenze di una popolazione.
Senza un‟istruzione di base, non possono esservi avanzamenti durevoli nella sanità, nella uguaglianza tra uomo e donna, nell'accesso
all'impiego, nella sicurezza alimentare, nella democrazia e nella capacità di utilizzare le nuove tecnologie dell'informazione e il rapido
evolvere della società dell'informazione nei paesi industrializzati, rischia di aggravare ulteriormente il divario con le popolazioni più
povere. Insomma la crisi finanziaria globale minaccia l‟educazione di milioni di bambini dei paesi più poveri. Un fattore questo
dominante sul piano politico, perché determinante la possibilità di controllare lo sviluppo scientifico e tecnologico in una gerarchia
mondiale del potere.
Solo nei paesi ricchi e avanzati in cui la quasi totalità dei giovani prende un diploma superiore e una quota crescente e consistente
accede anche all‟università, possono infatti permettersi di pensare al futuro: e gli altri? Non hanno i fondamenti per poter usare gli
strumenti base per comunicare ed essere partecipi di quel mondo globalizzato, quale è il Nostro, un mondo in cui per la prima volta le
conoscenze si trasformano in merci, divenendo prevalentemente un business di settori complementari come l‟hi-tech, dove la
scolarizzazione di massa ha un enorme importanza, se e solo se le nuove generazioni beneficeranno di una formazione adeguata per
essere portatrici di cambiamenti.
11 détour
nement
MAI PIÙ DIMENTICANZE BY gr.gr.
Il crollo della tensione morale lascia spazio ad un‟assuefazione alla prepotenza e ad una chiusura della mente e dei cuori, che portano a
vedere le minoranze come una spesa per la società, come estranee e parassitarie, ed è da qui che nascono quei brividi di
recrudescenza e razzismo, che percorrono il nostro tempo.
Nelle democrazie avanzate il potere decisionale, invece di decentrarsi dalla parte dei cittadini, si è sempre più concentrato in ristrette
élite politiche, finanziarie e culturali: in tutti i paesi solo poche migliaia di persone controllano effettivamente lo sviluppo della società.
La netta divisione tra potere politico e potere economico, sulla separazione dei poteri esecutivo, rappresentativo e giudiziario, sembra
non esistere. I grandi gruppi finanziari e industriali condizionano in maniera spesso decisiva i governi e le politiche, senza che i cittadini
siano pienamente consapevoli di tali condizionamenti. Il potere politico è sempre meno autonomo da quello economico e finanziario,
anche grazie allo sviluppo del quarto e del quinto potere: i media. Dalla difficoltà di risolvere l‟entropia sociale alla complessità
competitiva posta dalla globalizzazione, le élite politiche spesso tentano di centralizzare il potere nell‟esecutivo per riuscire ad
accorciare i processi decisionali e governare efficacemente, cercando di recuperare il consenso popolare, grazie al decisionismo e ad
iniziative populiste.
Sin troppo spesso la spasmodica ricerca di una giustificazione al malessere, che pervade la società, porta ad indicare negli immigrati, le
cause di un Disagio Generale. Ed è proprio qui che l‟appoggio e l‟influenza di un mezzo di comunicazione di massa, quale è la
televisione, può garantire o meno il successo delle nuove avventure politiche populiste. In questo clima il Giorno della Memoria non
rappresenta una sostanziale presa di coscienza da parte dell'Europa, teatro dell'orrore delle persecuzioni nazi-fasciste di un deliro che
ha sterminato sei milioni di ebrei e di altre centinaia di migliaia di persone, ma anche un avvertenza, poiché il male e l‟oscuramento
delle coscienze non siano più nel possibile umano.
I sopravvissuti, testimoni di orrori per cui la lingua non ha parole per descrivere, sono preziosi racconti per trasmettere alle nuove
generazioni ciò che fu la Shoah .
Se l‟uomo è un animale comunicante, che agisce nel mondo sulla base di modelli creati con l‟appoggio delle informazioni che riceve, il
ricordare e il riflettere sull‟orrore sono i presupposti, perché mai più avvenga una follia del genere. Bisogna prendere coscienza che il
silenzio non aiuta mai la vittima, ma sempre l'aggressore. Spesso siamo abituati a pensare all‟insieme dei deportati, dei numeri e non li
vediamo come singoli individui, che la follia collettiva ha strappato dalle loro famiglie, dalle loro città ed è questo che ci invita a fare
l‟opera Stolperstein (Pietre d'inciampo) dell'artista tedesco Gunter Demming, dove i sampietrini dalla superficie di ottone lucente, con i
nomi dei deportati, la data di nascita ed ove è possibile quella di morte, sono posti all‟interno della pavimentazione della strada davanti
alle abitazioni da cui sono partiti, per creare una mappatura che coinvolge tutta Europa - sino ad ora ne sono state poste 22000 - e che
dica a tutti: qui abitavano persone strappate alla loro vita. Per non dimenticare!
Dal 27 gennaio 1945 quando i cancelli di Auschwitz furono aperti, il mondo non poté più dire la grande menzogna che nasce da una
lobotomizzazione che una gran parte si è lasciata imporre nella mente, per poter affermare: Io non sapevo.
Le vittime sono morte e ricordare è mettersi in guardia contro il pericolo, che in questo momento di crisi etica e materiale corriamo,
quando abbiamo paura l‟altro è la nostra paura, l‟origine di ogni male, alche dimenticare è un lusso che nessuno può consumare:
affinché non si ripeta mai più.