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UNIVERSITÀ DI PADOVA FACOLTÀ DI INGEGNERIA Corso di Laurea in Ingegneria Elettronica
RELAZIONE DI TIROCINIO
PROGETTO E REALIZZAZIONE DI UN
INVERTER MONOFASE A TENSIONE
IMPRESSA
Relatore: Ch.mo Prof. PAOLO TENTI
Azienda: I.T.I.S. F. Severi - Padova
Tutor aziendale: Prof. Giorgio Tombola
Laureando: MARCO ZUCCHERATO
Anno accademico 2006-2007
SOMMARIO
In questa relazione si descrivono le fasi della progettazione di un inverter monofase a tensione impressa, un convertitore c.c./c.a. utilizzato come controllore per automatismi, gruppo di continuità o parte finale di sistemi fotovoltaici. Il lavoro si articola nelle attività di scelta e dimensionamento dei componenti da utilizzare e nel collaudo del prototipo realizzato: si parte da uno schema di principio e se ne espandono le caratteristiche, ricavando lo schema elettrico finale, si effettua un’analisi dettagliata del funzionamento dei componenti scelti e se ne dimensionano i valori per ottenere le specifiche desiderate. In seguito si collauda la scheda realizzata facendo uso di un circuito di controllo dedicato, con caratteristiche ottimizzate per le prove da sviluppare, verificando che il funzionamento si avvicina a quello atteso: i mosfet si accendono secondo le temporizzazioni volute, la tensione di uscita copia adeguatamente la forma d’onda di controllo utilizzata, la dissipazione di potenza è adeguatamente supportata tramite il dissipatore scelto. Andranno invece modificate le caratteristiche dei gommini di isolamento tra dissipatore e mosfet poiché aventi resistenza termica troppo elevata, tale da compromettere le prestazioni complessive dell’inverter. Le prove ad alta tensione evidenziano il buon funzionamento della scheda anche con potenziali elevati, senza alcuna problematica di isolamento o malfunzionamento, mentre sono rimandate a sviluppi successivi le prove ad alta tensione con pieno carico in uscita.
INDICE
Sommario
Introduzione 1
Capitolo 1 Cenni teorici sugli inverter 3
Capitolo 2 Schema elettrico e descrizione del circuito 5
2.1 Stadio di potenza realizzato con MOSFET 5 2.2 Circuiti di pilotaggio dei MOSFET 6
2.2.1 Descrizione dei driver IR2121 e IR2125 7 2.2.2 Stadio di pilotaggio a bassa tensione 9 2.2.3 Stadio di pilotaggio ad alta tensione 10
2.3 Stadio di alimentazione per i circuiti di pilotaggio e il sensore LEM 10 Schema elettrico 12
Capitolo 3 Progettazione del circuito 13
3.1 Pre - progettazione per stima valori componenti 13 3.2 Progettazione 14
3.2.1 Dimensionamento stadi di pilotaggio mosfet 14 3.2.2 Dimensionamento dello stadio invertitore di potenza 16 3.2.3 Dimensionamento dello stadio di alimentazione 17
Capitolo 4 Collaudo e misure 19
4.1 Introduzione 19 4.2 Circuito di controllo 20
4.2.1 Schema elettrico e descrizione del circuito 20 4.2.2 Verifica del funzionamento e taratura 21
4.3 Stadio di alimentazione e distribuzione delle tensioni 22 4.4 Stadi di pilotaggio dei mosfet 22
4.4.1 Reti di ritardo 22 4.4.2 Driver sul lato a bassa tensione 23 4.4.3 Driver sul lato ad alta tensione 25
4.5 Stadio invertitore di potenza 26 4.5.1 Prove a vuoto a bassa tensione 26 4.5.2 Prove a carico a bassa tensione 28 4.5.3 Prove ad alta tensione a vuoto e con carico di prova 32
Conclusioni 37
Bibliografia 38
1
INTRODUZIONE
L’impiego degli invertitori c.c./c.a. è da tempo necessario e presente in molte applicazioni di uso più o meno comune. La disponibilità di energia elettrica nelle giuste forme e caratteristiche è prerogativa di sistemi e impianti di produzione efficienti e affidabili, e gli inverter hanno preso posto in stabilimenti in cui si devono controllare con precisione azionamenti elettrici, in campo medico all’interno delle sale operatorie, per garantire l’alimentazione alle apparecchiature di diagnosi e operazione in qualsiasi condizione di fornitura generale dell’energia elettrica, nell’uso comune nei casi in cui si rende necessario usufruire della tensione di rete per far funzionare alcune apparecchiature disponendo solamente di fonti a bassa tensione, quali le batterie degli autoveicoli, e nei sistemi fotovoltaici, che si stanno sempre più diffondendo, in cui gli inverter costituiscono lo stadio di uscita alimentato dagli accumulatori ricaricati con i pannelli solari. L’obiettivo di questo progetto è realizzare lo stadio finale di un inverter che abbia caratteristiche idonee ad un impiego proprio in un sistema fotovoltaico. L’ attuale necessità di sfruttare in misura sempre maggiore le fonti rinnovabili stimola l’interesse verso questo tipo di convertitore, che in questo contesto deve offrire un rendimento ottimizzato per sfruttare al meglio la conversione di energia. Si parla di stadio finale perché un inverter completo è composto di più parti fondamentali: l’elemento di partenza è la batteria di alimentazione a cui è necessario collegare un convertitore elevatore di tensione, in grado di fornire alla sua uscita un potenziale molto maggiore di quello di ingresso; questo potenziale è sfruttato dallo stadio finale vero e proprio, detto stadio invertitore, che consente di invertire la tensione applicata ai capi del carico di uscita, modulandola per ottenere le caratteristiche di ampiezza e frequenza richieste dal tipo di impiego. Infine, questi tre stadi necessitano di un controllo a retroazione per regolare la tensione di uscita e garantire stabilità e precisione della risposta del convertitore alle sollecitazioni esterne. Come risultato è possibile generare la copia esatta della tensione di rete, oppure una particolare forma d’onda per pilotare un motore elettrico, o anche comandare un altoparlante controllando la corrente che lo attraversa e realizzando quindi un amplificatore audio. Partendo dal presupposto di focalizzare il lavoro solamente sullo stadio invertitore si organizza la progettazione di questa scheda, con l’obiettivo di sviluppare in futuro le altre parti necessarie alla completa realizzazione del convertitore. Si inizia dalla stesura dello schema elettrico che evolve insieme allo studio delle caratteristiche dei componenti utilizzati, all’analisi dettagliata del funzionamento del circuito, alle scelte e alle ottimizzazioni adoperate, alla stima dei valori di interesse principale. Si affina poi il dimensionamento dei componenti fino a raggiungere la versione finale del progetto, e se ne realizza un prototipo. Si iniziano le prove per collaudare la scheda, ottimizzando le misure da effettuare in funzione dei risultati parziali ottenuti al fine di ottenere una caratterizzazione precisa ed esauriente degli aspetti di principale interesse.
2
La relazione si sviluppa in quattro capitoli: il capitolo 1 introduce alcuni aspetti teorici basilari per la comprensione del progetto, il capitolo 2 illustra le funzionalità dei blocchi principali che realizzano il circuito, descrivendo le varie parti dello schema elettrico e giustificando le scelte effettuate, il capitolo 3 sviluppa il dimensionamento dei componenti e il capitolo 4 raccoglie i risultati ottenuti dalle prove effettuate durante il collaudo, mettendo in evidenza l’obiettivo di ciascuna misura e le differenze tra i risultati e i valori attesi.
3
CAPITOLO 1
CENNI TEORICI SUGLI INVERTER
Gli inverter sono convertitori c.c./c.a., cioè dispositivi che permettono la conversione da una tensione continua ad una tensione alternata, tipicamente sinusoidale o comunque con ampiezza e frequenza regolabili. Si parla in questo caso di inverter a tensione impressa. Queste caratteristiche portano gli inverter ad essere impiegati negli azionamenti di motori elettrici, in cui è così possibile controllare velocità e coppia, o per realizzare alimentatori in alternata come gruppi di continuità (UPS), alimentatori in sistemi fotovoltaici e stadi di isolamento per alimentatori c.c./c.c. switching ad alta frequenza. Tipicamente negli inverter si ha trasferimento bidirezionale di potenza al carico: si lavora in quattro quadranti se il carico è resistivo-induttivo, come avviene nella maggior parte dei casi, e perciò si necessita di interruttori bidirezionali in corrente ma unidirezionali in tensione, predisponendo i diodi (detti di freewheeling) in antiparallelo agli switch (mosfet o IGBT, nei mosfet si ha già il body-diode integrato). Il valore della tensione impressa all’uscita è così reso indipendente dal verso delle correnti. Dato che le sorgenti di alimentazione di un inverter sono di tipo capacitivo, le variazioni della corrente assorbita dovrebbero essere contenute, da cui la necessità di disporre in uscita di un filtro induttivo che mantenga costante la corrente durante le commutazioni (o almeno impedisca impulsi di corrente elevati) filtrando le armoniche di modulazione di uscita. Tale filtro può essere intrinseco per le caratteristiche del carico o inserito appositamente per questo scopo. Schemi utilizzati
Gli schemi utilizzati sono due: Half-Bridge (mezzo ponte): impiega due interruttori e consente solo le modulazioni ad onda quadra e PWM a due livelli, richiedendo un valore di tensione di alimentazione pari al doppio di quella massima applicabile al carico, rendendo pesanti le sollecitazioni sui componenti.
Figura 1.1 Schema di un inverter half-bridge
Full-Bridge (ponte intero): anche detto ponte H, sfrutta un’unica sorgente di alimentazione, e consente anche la modulazione PWM a tre livelli. A parità di tensione sul lato in continua la massima tensione di uscita raddoppia, e a parità di potenza sul carico le correnti si dimezzano, richiedendo eventualmente meno componenti in parallelo.
Figura 1.2 Schema di un inverter full-bridge
S1A D
D
E
E
- Vout +
S2A
S1B D
D D
E - Vout +
S2BS2A
S1A D
4
Tecniche di modulazione
Con la tipologia half-bridge è possibile controllare l’inverter in modulazione ad onda quadra o in PWM a due livelli. L’onda quadra consente di disporre in uscita di un segnale la cui armonica fondamentale ha valore di picco pari a circa 1.27 volte la tensione di alimentazione, ed è possibile regolare la frequenza ma non l’ampiezza della forma d’onda generata. Per variare l’ampiezza sarebbe necessario agire sulla fonte di alimentazione, che essendo di tipo capacitivo presenta problematiche di controllo e di lentezza della risposta. Il numero di commutazioni è basso, e quindi anche le perdite, ma la forma d’onda in uscita è molto distorta e difficilmente filtrabile. La modulazione PWM a due livelli consente, variando il duty-cycle della tensione di uscita, di ottenere un valore medio variabile secondo la legge VOMEDIA = (2δ – 1)E, con E tensione di alimentazione. Usando un opportuno controllo è possibile ottenere un generico andamento della forma d’onda in uscita, in particolare quello sinusoidale. E’ necessario imporre che la frequenza del segnale modulante sia almeno dieci volte minore di quella di commutazione, per distinguere nettamente i prodotti di modulazione dal segnale di interesse che sarà ottenuto con un opportuno filtraggio. Spesso negli azionamenti si usa una forma ibrida delle due modulazioni, detta sovramodulazione, in cui si sfrutta la maggiore ampiezza della fondamentale (+27%) attenuando le brusche variazioni con tratti di modulazione PWM. L’inverter full-bridge consente, in aggiunta, di adoperare la modulazione a tre livelli. Disponendo di quattro interruttori è possibile imporre alla tensione di uscita il valore istantaneo zero, oltre che +E e –E. Rispetto alla modulazione a due livelli la frequenza di commutazione in uscita dall’inverter raddoppia a parità di frequenza di pilotaggio degli interruttori, con beneficio per gli stadi di filtraggio di uscita e per l’eventuale rumore acustico. I prodotti di modulazione risultano più distanziati dal contenuto a bassa frequenza che si desidera filtrare, semplificando le caratteristiche del filtro. Data la particolare topologia dei circuiti che realizzano un inverter è necessario garantire che gli interruttori in serie di una gamba del ponte non si accendano contemporaneamente, poiché si creerebbe un cortocircuito ai capi dell’alimentazione. Si inseriscono tipicamente dei circuiti di controllo per inserire un tempo di ritardo, detto tempo morto, tra lo spegnimento di uno switch e l’accensione di quello in serie. La presenza di questi ritardi provoca il contemporaneo spegnimento di entrambi gli interruttori almeno per un determinato intervallo di tempo. Nel caso di carico induttivo, la corrente è mantenuta in circolo e forza uno dei due diodi di freewheeling a condurre, rendendo il valore di tensione in uscita determinato dal verso della corrente. Il risultato è che la tensione di uscita è differente rispetto al valore desiderato ma questo errore può essere compensato e corretto a livello di controllo dell’inverter, eliminando così la distorsione generata[1].
5
CAPITOLO 2
SCHEMA ELETTRICO E DESCRIZIONE DEL CIRCUITO
In questo capitolo si illustreranno le funzionalità dei blocchi principali che realizzano l’inverter e le caratteristiche dei componenti utilizzati, motivando scelte ed accorgimenti adottati in sede di progetto. Maggiore dettaglio è riservato al funzionamento dei driver utilizzati per il pilotaggio dei mosfet.
2.1 Stadio invertitore di potenza realizzato con MOSFET La parte centrale dello schema elettrico è composta da quattro mosfet di potenza (Q1, Q2, Q3, Q4) disposti in configurazione full-bridge, due dei quali individuano la gamba sinistra (Q1, Q3) e due la destra (Q2, Q4) del ponte.
Figura 2.1 Stadio di potenza a mosfet
C421nF
LEM
VDD
TP5LEM output
R140,022R
VCC
CS1
C411nF
TP18CS3
R415k
R60,022R
R1215k
-VCC
J1f ast-on 6,3 mm
J2f ast-on 6,3 mm
C341µF600V
TP19CS4
R1115k
TP16CS1
C54.7nF
CS4
C204.7nF
C214.7nF
Q4STP12NM50
CS1 LEM
1234
5 6+V-VO0V
IN OUT
Q2STP12NM50
VCC
Q3STP12NM50
J4
f ast-on 6,3 mm
-VCC
(400 V)
R315k
C64.7nF
CS3
CS2
VDD
R130,022R
J5
f ast-on 6,3 mm
TP17CS2
+C33470µF450V
R50,022R
Q1STP12NM50
6
In serie a ciascun mosfet è collegato, al terminale di source, uno shunt (R5, R6, R13, R14) usato come sensore per il circuito di protezione dalle sovracorrenti, interno a ciascun driver pilota (vedi paragrafo successivo). Al terminale di gate risultano collegati un resistore (R3 , R4, R11, R12) ed un condensatore (C5, C6, C20, C21), in parallelo tra loro; il resistore ha lo scopo di scaricare la capacità tra gate e source (Cgs) nel momento in cui venisse a mancare il collegamento al circuito di pilotaggio, in modo da non lasciare l’ingresso del mosfet in uno stato di alta impedenza: la mancanza del collegamento ad un potenziale ben definito, infatti, può portare ad accensioni indesiderate del dispositivo, a causa di accoppiamenti capacitivi con disturbi o segnali, rendendone complicato lo spegnimento. Il condensatore (opzionale) è inserito per rendere definito il valore di capacità complessiva Cgs da pilotare, dato che sommandosi alla capacità intrinseca del mosfet permette di rendere trascurabili le variazioni a cui questa è soggetta durante il funzionamento in commutazione, e di stimare più precisamente i parametri degli stadi di pilotaggio. Fra i punti centrali del ponte va collegato il carico tramite i due fast-on J4 e J5. In serie al carico è posto il sensore di corrente LEM per predisporre l’inverter al controllo di corrente, poiché tale sensore fornisce alla sua uscita (piedino 3) una tensione proporzionale alla corrente che lo attraversa, in entrambe le direzioni: il sensore basa il suo funzionamento sull’effetto Hall, presenta isolamento galvanico tra la parte ad alta tensione (piedini 5 e 6) e quella di segnale a bassa tensione, e richiede l’alimentazione duale che è filtrata tramite due condensatori di tipo ceramico multistrato (C41, C42), veloci nella risposta in frequenza per sopprimere eventuali disturbi indotti dalla commutazione dei dispositivi attivi. Per il controllo di corrente non è stato utilizzato un trasformatore di corrente, poiché questo non consente la rilevazione di eventuali componenti continue che possono essere presenti per asimmetrie di funzionamento del ponte, e che devono invece essere necessariamente regolate o compensate. Il condensatore elettrolitico C33 consente di filtrare la componente alternata della corrente assorbita dal carico, la quale avrà andamento impulsivo dato il funzionamento tipico di un inverter, in maniera tale che l’alimentazione ne fornisca solo la componente media e non i picchi più significativi. Dati gli elevati valori di capacità e tensione di lavoro, questo condensatore è caratterizzato da induttanze parassite non trascurabili che lo portano ad avere risposta in frequenza lenta, e vi è quindi posto in parallelo il condensatore a film plastico C34, più veloce nel supplire a rapidi assorbimenti di carica. Il ponte è collegato all’alimentazione tramite la coppia di fast-on J1 e J2. 2.2 Circuiti di pilotaggio dei MOSFET I circuiti di pilotaggio dei mosfet si raggruppano in quattro stadi, due uguali per il controllo in alta tensione (per i mosfet Q1 e Q2) e due uguali per il controllo in bassa tensione (per i mosfet Q3 e Q4), disposti simmetricamente rispetto al ponte. La caratteristica principale di questi stadi è la presenza di un driver dedicato che consente di interfacciare agevolmente i livelli di tensione dei segnali logici in ingresso con quelli richiesti per il pilotaggio in uscita, riuscendo congiuntamente ad agire da buffer per fornire la corrente assorbita dai mosfet durante la commutazione. I driver utilizzati incorporano inoltre un circuito di protezione individuale capace di spegnere il mosfet pilotato in presenza di sovracorrenti, entro tempi sufficientemente brevi per evitarne la rottura. La peculiarità di questa protezione integrata, insieme all’interesse a gestire indipendentemente i quattro mosfet per ragioni di flessibilità nel controllo dell’inverter, giustifica l’utilizzo di un driver per ogni transistor, escludendo la scelta di half-bridge o full-bridge driver integrati, dalle caratteristiche più vincolanti. Nella descrizione che segue, data la simmetria del circuito, sarà presa come riferimento solo la parte sinistra dello schema elettrico.
7
2.2.1 Descrizione dei driver IR2121 e IR2125
L’integrato IR2121 è un mosfet gate driver (MGD) per dispositivi a bassa tensione. Lo schema funzionale è di facile interpretazione e se ne descrivono gli stadi di principale interesse: Figura 2.2 Schema funzionale dell’integrato IR2121 il segnale di ingresso perviene ad un trigger di Schmitt e passa attraverso la porta AND fino a giungere, tramite il PRE-DRIVER, al BUFFER di uscita, capace di erogare la corrente necessaria al pilotaggio del mosfet. La logica dell’ingresso è non negata e fa corrispondere all’applicazione di un livello logico alto l’attivazione dell’uscita per accendere il mosfet, e viceversa. La porta “AND” consente di congiungere al segnale di ingresso il controllo da parte dei circuiti di UNDER-VOLTAGE DETECTION e di PROTEZIONE DA SOVRACORRENTI. L’UV-detection è un circuito di protezione che interviene disattivando l’uscita del driver in caso di abbassamento della tensione di alimentazione del componente sotto ad un certo valore di soglia minimo, in modo tale che il pilotaggio del mosfet avvenga sempre con una tensione tra gate e source sufficientemente elevata (tipicamente 10 ÷ 15V) da garantire un adeguato riempimento del canale (tipicamente i mosfet adottati sono enhancement e a canale N): una tensione Vgs troppo bassa porterebbe infatti ad un aumento inaspettato della resistenza di canale del mosfet e ad un conseguente stato di funzionamento in alta dissipazione che è di norma non previsto e non accettabile. In seguito al ripristino della tensione di alimentazione entro valori corretti, qualora la protezione venisse disattivata, l’impulso presente all’ingresso del driver riattiva l’uscita. La protezione da sovracorrente è invece affidata al blocco AMPLIFIER-COMPARATOR-BLANKING FILTER-ERROR TIMING: dal momento in cui è acceso il mosfet e al pin CS è presente una tensione superiore alla soglia di 0.23V il comparatore commuta, e il suo segnale di uscita attraversa il blanking-filter che introduce un ritardo di 500ns per filtrare eventuali picchi spuri prodotti dalla commutazione dei transistor. Terminata la fase di filtraggio, se il pin CS rimane ancora superiore alla soglia di intervento si innesca un meccanismo di retroazione attraverso l’amplificatore, che regola la tensione di uscita del componente per mantenere costante la corrente sul mosfet, impedendone ulteriori incrementi; contemporaneamente si attiva lo stadio di ERROR-TIMING, uno stadio temporizzatore che, insieme al trigger di Schmitt e al condensatore esterno collegato al pin ERR e caricato a corrente costante, consente di stabilire la durata dell’intervallo di tempo che intercorre tra la rilevazione di sovracorrente nel mosfet pilotato e il suo spegnimento, e quindi di regolare la sensibilità della protezione. Durante questo intervallo rimane attiva la regolazione di tensione, dopodiché il temporizzatore spegne il mosfet. Riportando l’ingresso a livello logico basso il
8
condensatore esterno viene scaricato e il circuito è nuovamente predisposto per la rilevazione di sovracorrenti[5]. L’integrato IR2125 è un driver che differisce dal precedente per la capacità di pilotare mosfet per alta tensione in cui il terminale di source non è ancorato al potenziale di massa, ma è collegato ad un punto che varia approssimativamente tra zero e il valore massimo dell’alimentazione del ponte. In questo caso è necessario disporre della tensione Vgs di comando indipendentemente dal potenziale assunto dal source stesso, e a tale scopo l’integrato sfrutta un CIRCUITO DI BOOTSTRAP, composto da un diodo (Dbs) e da un condensatore (Cbs) che viene caricato e usato come floating supply rispetto al terminale Vs: durante la fase di on del mosfet sul lato basso del ponte, il condensatore si carica attraverso il
diodo raggiungendo il valore di tensione desiderato, assorbendo la corrente di carica dall’alimentazione a bassa tensione Vcc e garantendo quindi un basso dispendio di potenza; successivamente il condensatore può fornire la carica necessaria all’accensione del mosfet sul lato alto del ponte, a prescindere dal valore di tensione del terminale di source. Il diodo blocca le sollecitazioni a tensione elevata ai capi del condensatore, pericolose in particolare nei polarizzati in cui l’applicazione di una tensione inversa ne comporta facilmente la rottura. E’ da notare che non è solamente il mosfet pilotato
Figura 2.3 Circuito di bootstrap a scaricare la capacità Cbs, ma contribuiscono anche la corrente quiescente della circuiteria
interna al driver, la corrente assorbita dai traslatori di livello (questi funzionano facendo commutare due mosfet che a loro volta assorbono carica, si veda in seguito), la corrente di perdita gate-source del mosfet acceso e l’eventuale corrente di perdita sul condensatore se di tipo elettrolitico. Il condensatore Cbs va dimensionato in modo che all’assorbimento della quantità totale di carica corrisponda una variazione di tensione sufficientemente piccola da garantire il corretto livello minimo di tensione per il pilotaggio del mosfet. Per controllare il corretto funzionamento del driver è presente il circuito di protezione UV-DETECTION sia per l’alimentazione dell’integrato sia per monitorare il potenziale Vbs, e in entrambi i casi esso è capace di garantire la presenza dei livelli di alimentazione adeguati. Infine, il tempo di accensione del mosfet sul lato basso del ponte dovrà essere sufficiente a garantire l’immagazzinamento della giusta quantità di carica sul condensatore[6].
Figura 2.4 Schema funzionale dell’integrato IR2125
9
In questo integrato sono mantenuti a bassa tensione l’alimentazione e i dispositivi logici di controllo, per i quali il pilotaggio avviene normalmente con riferimento a massa: l’adeguata interazione con gli stadi finali in alta tensione è possibile tramite i traslatori di livello UP-SHIFTERS e DOWN-SHIFTERS, realizzati con mosfet e visibili nella parte centrale dello schema funzionale, i quali garantiscono l’attivazione degli stadi finali riferiti invece al potenziale Vs fluttuante. Come nell’IR2121 compaiono gli stadi AMPLIFIER-COMPARATOR-BLANKING FILTER-ERROR TIMING per la rilevazione delle sovracorrenti, con funzionamento analogo ai precedenti. 2.2.2 Stadio di pilotaggio a bassa tensione
Figura 2.5 Stadio di pilotaggio a bassa tensione Nello stadio a bassa tensione il segnale di ingresso IN3 (IN4 nella parte destra) attraversa la rete di ritardo composta da R15, C26 e D9 (R16, C27 e D10) e giunge al driver U3 (U4), il quale pilota il mosfet Q3 (Q4) tramite R9 e D7 (R10 e D8). La rete di ritardo consente di accendere il mosfet nella parte bassa del ponte solamente se quello superiore si è spento totalmente, evitando correnti di cortocircuito dovute alla conduzione simultanea di due mosfet nella stessa gamba; la scelta di gestire questi ritardi direttamente a livello hardware evita il verificarsi di condizioni di funzionamento critiche del ponte che possono essere causate da un controllo esterno inadeguato. Il resistore R9 (R10) limita la corrente di gate durante l’accensione del mosfet, mentre D7 (D8) è un diodo Schottky usato per velocizzarne lo spegnimento, escludendo l’azione del resistore limitatore. Il condensatore C24 (C25) stabilisce il ritardo di intervento del circuito di protezione dalle sovracorrenti ed è scelto di tipo ceramico per la propria stabilità termica. Il condensatore C22 (C23) è inserito per filtrare i disturbi indotti nell’alimentazione del circuito. Lo shunt R13 (R14) funziona come sensore di corrente per il circuito di protezione interno al driver, e deve essere collegato tra i pin CS e Vs dello stesso. Il filtro composto da L4, C16 e C17 (L5, C18 e C19) impedisce agli impulsi di corrente assorbiti dal mosfet durante l’ accensione di propagarsi verso gli stadi di alimentazione, la cui risposta a tale sollecitazione potrebbe compromettere la stabilità della tensione regolata; l’intervento più rapido nel supplire alle richieste di carica dei driver sarà da parte del ceramico multistrato C17 (C18), seguono poi l’elettrolitico C16 (C19) e l’induttanza L4 (L5), la quale impedisce che la rapida variazione di corrente venga assorbita direttamente dagli stadi precedenti.
ft=5kHz
V3
V3
Terr=20µs
R910R
TP8Vg3
C261nF
R151k8
R130,022R
VCC
D91N4148
R1115k
CS3
U3IR2121
4
17
623
8
5
co
m
VccOut
CSINerr
Vcc
Vs
C17
100nF
100nF
C22
D71N5819
Td=1µs
CS3
L4100µH
TP22IN3
+C1610µF35V
TP18CS3
TP25Out3
IN3
TP10Vc3
C204.7nF
Q3STP12NM50
C241nF
10
2.2.3 Stadio di pilotaggio ad alta tensione
Figura 2.6 Stadio di pilotaggio ad alta tensione Lo stadio di pilotaggio ad alta tensione è pressoché identico a quello a bassa tensione, con la sola aggiunta del circuito di bootstrap necessario al funzionamento del mosfet a potenziale di source fluttuante. Si possono individuare nuovamente la rete di ritardo con i componenti R7, C11 e D5 (R8, C14 e D6), il filtro per bloccare i disturbi verso l’alimentazione con i componenti L1, C1 e C2 (L2, C3 e C4), il condensatore ceramico C12 (C13) per lo stadio di temporizzazione interno al driver e la coppia R1-D1 (R2-D2) per regolare la corrente di gate del mosfet. Il circuito di bootstrap si compone del diodo D3 (D4) e dei condensatori C7 e C8 (C9 e C10): il diodo deve poter sopportare una tensione inversa pari a quella di alimentazione del ponte ed essere di tipo fast-recovery, poiché la sua funzione di blocco deve proteggere i condensatori ma non disperderne la carica accumulata favorendone il feed-back verso l’alimentazione. I condensatori sono di tipo ceramico multistrato per soddisfare sollecitazioni rapide da parte del driver, ed elettrolitico per garantire la quantità di carica necessaria all’accensione del mosfet senza far scendere il potenziale Vbs sotto la soglia minima rilevata dal circuito di UV-detect. 2.3 Stadio di alimentazione per circuiti di pilotaggio e sensore LEM
Figura 2.7 Stadio di alimentazione duale
C381 µF
IN4
+ C39100µF35V
+ C30100µF35V
U6LM79L15
1
2 3GND
I O
Vin
ft=5kHz
-Vin
C291 µF
IN2
C40
1 µF
L62.2µHJ3
CON10
1
2
3
4
56
78
910
Ingresso Vout
J6V_output
-Vin
L7
2.2µH
+C37470µF50V
-VCC
U5LM7815
1
2
3I
GNDO
C311 µF
(20V 0.5A)
IN3
VCC
+C28470µF50V
Vin
IN1
ft=5kHz
LEM
U1IR21254
17
623
8
5c
om
VccHO
CSINerr
Vb
Vs
CS1
Terr=20µs
D3STTH1L06
V1
TP20IN1
Td=1µs
VDD
TP14Vc1
IN1
TP16CS1
R71k8
Q1STP12NM50
ft=5kHz
+ C710µF35V
R110R
R315k
D51N4148
C2
100nF
TP1Vg1
TP24Out1
C54.7nF
L1100µH
CS1R5
0,022R
V1
+C110µF35V
TP6Vs1
VCC
D11N5819
C111nF
TP3Cbs1
C121nF
C8
100nF
11
Lo stadio di alimentazione fornisce la tensione stabilizzata necessaria per il funzionamento dei componenti del circuito, garantendo che questi non risentano di fluttuazioni o disturbi provenienti dalle tensioni applicate alla scheda. Esso si compone di due filtri e di due regolatori lineari di tensione. Le tensioni di alimentazione del ponte (per la parte a bassa tensione) Vin e –Vin attraversano i filtri formati da L6, C28 e C29 e da L7, C37 e C38 e giungono agli integrati U5 e U6, che mantengono la propria uscita rispettivamente a +15V e -15V. I condensatori C30 e C39 favoriscono la stabilità dei regolatori, che funzionano in base ad un circuito a retroazione, mentre C31 e C40 intervengono rapidamente in risposta ad eventuali picchi di corrente assorbita. L’alimentazione positiva è sfruttata dai quattro stadi di pilotaggio dei mosfet, quella negativa è necessaria per alimentare il sensore di corrente LEM nella sua funzione di rilevazione di correnti bidirezionali. Il connettore utilizzato è di tipo standard a 10 pin per cavo piatto, a cui viene collegato un morsetto a due poli (J6) per poter raccogliere insieme anche un eventuale segnale di uscita proveniente dal carico.
° ° ° ° °
Item Quantity Reference Part Vnom Type
Inom/Pnom
1 1 CS1 LEM 5A
2 6 C1,C4,C7,C10,C16,C19 10µF 35V allum.elettrolitico
3 8 C2,C3,C8,C9,C17,C18,C22, 100nF cer. multistrato
C23
4 4 C5,C6,C20,C21 10nF cer. multistrato
5 8 C11,C12,C13,C14,C24,C25, 1nF ceramico
C26,C27
6 2 C37,C28 470µF 50V allum.elettrolitico
7 6 C29,C31,C38,C40,C41,C42 1nF cer. multistrato
8 2 C30,C39 100µF 35V allum.elettrolitico
9 1 C33 470µF 450V allum.elettrolitico
10 1 C34 1µF 600V film plastico
11 4 D1,D2,D7,D8 1N5819
12 2 D4,D3 STTH1L06
13 4 D5,D6,D9,D10 1N4148
14 4 J1,J2,J4,J5 fast-on 6,3 mm
15 1 J3 CON10
16 4 L1,L2,L4,L5 100µH 100mA
17 1 L6 2.2µH 300mA
18 1 L7 2.2µH 50mA
19 4 Q1,Q2,Q3,Q4 STP12NM50
20 4 R1,R2,R9,R10 10R 1/4 W
21 4 R3,R4,R11,R12 15k 1/4 W
22 4 R5,R6,R13,R14 0,022R 1 W
23 4 R7,R8,R15,R16 1k8 1/4 W
24 2 U1,U2 IR2125
25 2 U4,U3 IR2121
26 1 U5 LM7815
27 1 U6 LM79L15
28 1 DISSIPATORE 1 TO-220 20°C/W
29 1 DISSIPATORE 2 MOSFET 0,5°C/W
Tabella 2.1 Lista componenti
12
Fig
ura
2.8 Schem
a elettrico
R315k
-VCC
TP12GND
TP6Vs1
L5100µH
+C1610µF35V
R81k8
C311 µF
TP13GND POWER
V1
R71k8
C9
100nF
D11N5819
LEM
R50,022R
C271nF
TP18CS3
R110R
100nF
C22
C341µF600V
U1IR21254
17
623
8
5
com
VccHO
CSINerr
Vb
Vs
C17
100nF
Terr=20µs
R1010R
D81N5819
+ C710µF35V
Vin
+ C1910µF35V
D71N5819
VCC
J6V_output
TP26Out2
Terr=20µs
IN3
+C1010µF35V
CS1
CS3
TP16CS1
V4
V4
TP27Out4
+C28470µF50V
U6LM79L15
1
2 3GND
I O
01 1.08
INVERTER - Stadio di potenzaCustom
1 1Wednesday , Nov ember 15, 2006
Title
Size Document Number Rev
Date: Sheet of
R151k8
+C110µF35V
ft=5kHz+ C4
10µF35V
C8
100nF
TP24Out1
J2f ast-on 6,3 mm
+C33470µF450V
VCC
Terr=20µs
IN4
TP22IN3
Vin
D3STTH1L06
U2IR2125 4
17
623
8
5
com
VccHO
CSINerr
Vb
VsTP5LEM output
LEM
Terr=20µs
VDD
C54.7nF
C381 µF
+ C30100µF35V
-Vin
D21N5819
V1
C121nF
-VCC
L62.2µH
D10Shottky
TP14Vc1
(20V 0.5A)
J4
f ast-on 6,3 mm
IN4
CS1 LEM
1234
5 6+V-VO0V
IN OUT
D9Shottky
R60,022R
CS4
R161k8
Td=1µs
IN3
IN1
R1115k
Q4STP12NM50
D5Shottky
VCC
TP2Vg2
R415k
TP10Vc3
CS3
TP8Vg3
Td=1µs
TP23IN4
TP11Vc4
R910R
-Vin
Q3STP12NM50
J5
f ast-on 6,3 mm
V2
L2100µH
C241nF
VCC
L1100µH
V3
R1215k
100nF
C23
Td=1µs
Ingresso Vout
-VCC
IN1
C204.7nF
IN2
L7
2.2µH
C291 µF
C18
100nF
+ C39100µF35V
CS2
TP15Vc2
TP25Out3
C64.7nF
Td=1µs
ft=5kHz
TP1Vg1
U4IR2121
4
17
623
8
5
com
VccOut
CSINerr
Vcc
Vs
VCC
Q2STP12NM50
C214.7nF
TP3Cbs1
R140,022R
R130,022R
U5LM7815
1
2
3I
GNDO VDD
CS4
TP21IN2
U3IR2121
4
17
623
8
5
com
VccOut
CSINerr
Vcc
Vs
VCC
J3CON10
1
2
3
4
56
78
910
(400 V)
V2Q1STP12NM50
TP7Vs2
C251nF
CS2
TP19CS4
C3
100nF
ft=5kHz
C111nF
IN2
C2
100nF
TP4Cbs2
C261nF
ft=5kHz
CS1
C411nF
ft=5kHz
C40
1 µF
TP20IN1
V3
R210R
J1f ast-on 6,3 mm
D4STTH1L06
+C37470µF50V
C141nF
VCC
D6Shottky
L4100µH
C131nF
ft=5kHz
TP9Vg4
TP17CS2
C421nF
13
CAPITOLO 3
PROGETTAZIONE DEL CIRCUITO
In questo capitolo sono dimensionati tutti i componenti che realizzano il circuito in base alle specifiche desiderate. La pre-progettazione ha l’obiettivo di stimare l’ordine di grandezza dei valori principali di interesse, quali le sollecitazioni sui mosfet e le caratteristiche dei driver integrati, per orientarsi verso la più opportuna scelta dei componenti da utilizzare. La progettazione esamina gli aspetti con maggiore precisione, per affinare i risultati ottenuti nelle stime iniziali e disporre di valori più corrispondenti al funzionamento reale. 3.1 Pre-progettazione Caratteristiche di uscita desiderate
POUT = 1kW VOUTeff = 230 V IOUTeff = 4.35 A η ≥ 90% VOUTpicco = 325 V IOUTpicco = 6.15 A Caratteristiche di ingresso
Modulazione PWM a due o tre livelli con duty-cycle massimo δMAX = 0.85 e frequenza di commutazione fs = 50kHz La tensione VDD di alimentazione del ponte è pari a: VDD = VOUTpicco / δMAX = 382V , fissata poi a 400V. Scelta del mosfet
Si cerca un mosfet con corrente massima in funzionamento continuo IDSmax ≥ 6.15A, valutata alla temperatura di funzionamento TC = 100°C, più aderente al funzionamento reale che non TC = 25°C, e una tensione massima di lavoro VDSmax ≥ 1.2VDD = 480V, in cui si è tenuto un margine di sicurezza del 20%. Si sceglie il mosfet STP12NM50 le cui caratteristiche principali sono:
VDSmax = 550V @ Tjmax , IDSmax = 7.5 A @ TC = 100°C RDSon = 0.35Ω @ TC = 25°C CGS ≈ 1nF CGD ≈ 20pF
Stima delle caratteristiche e scelta dei driver
Nel datasheet del mosfet ([2], Figura 10) è dichiarato un assorbimento di carica in commutazione pari a 28nC con tensione VGS stabile a 7V. Fissando RG = 10Ω si ottiene un tempo di commutazione tSW = 28nC / 0.8A = 35ns. Si impone tSW = 50ns. La stima della corrente di gate assorbita dal mosfet valutando l’escursione della tensione ai capi delle capacità CGS e CGD porge:
iG ≈ 1nF(15V / 50ns) + 20pF(400V / 50ns) ≈ 0.46 A (3.1)
14
Si sceglie un driver capace di erogare almeno 1A in uscita e per il lato ad alta tensione il driver deve poter lavorare ad una tensione sufficientemente superiore a quella di alimentazione del ponte. Le caratteristiche cercate corrispondono ai driver IR2121 e IR2125. 3.2 Progettazione
La progettazione si sviluppa dimensionando i componenti di ciascuno dei tre blocchi principali che costituiscono il circuito, cioè gli stadi di pilotaggio, l’invertitore di uscita a mosfet e l’alimentazione della parte di controllo. 3.2.1 Dimensionamento stadi di pilotaggio mosfet
Corrente, resistore e diodo di gate
Dal datasheet del mosfet si apprende che la carica massima richiesta in commutazione è pari a 39nC, e fissato il tempo di commutazione in 50ns si ottiene che la corrente di gate richiesta è iG = 0.78A. Poiché in corrispondenza di una corrente IDS di circa 6A si ha una VGS di 7V, la resistenza di gate risulta RG = 10Ω. Il picco di corrente in accensione è quindi uguale a 1.5A, poiché si parte con le capacità del mosfet scariche. In spegnimento il diodo in parallelo alla resistenza di gate consente di scaricare le capacità più velocemente, imprimendo ai loro capi la tensione di uscita del driver, che commuta in circa 50ns. Risulta:
iG ≈ 1nF(15V / 50ns) + 20pF(400V / 50ns) ≈ 0.46 A (3.2) che porta a scegliere un diodo di gate di tipo Schottky da 1A. La resistenza in parallelo al mosfet (R3, R4, R11, R12) è posta a 15kΩ. Adoperando la capacità esterna aggiuntiva il valore complessivo di CGS aumenta, e per stimare la quantità di carica totale assorbita si fa l’integrale della corrente nei primi 50ns del transitorio, ricavando poi un valore medio di corrente da associare ad un impulso rettangolare equivalente. In questo modo si può capire qual è l’entità della corrente richiesta al driver. Nel caso di capacità aggiuntiva di 10nF si ottiene QTOT = 80nC, che nei 50ns di accensione equivalgono a iG = 1.6A. In spegnimento si ottiene iG = 3.5A. Nel caso di capacità da 4.7nF si ha QTOT = 56nC, iG = 1.1A in accensione e iG = 2A in spegnimento. Filtri antidisturbo
Nell’ipotesi che dal filtro sia assorbita solamente la componente continua della corrente richiesta dai driver si devono scegliere induttori con corrente nominale pari a (sovrastima):
iL = iGmedia = (iG * tSW) * fs = 40mA (3.3) Imponendo una frequenza di risonanza pari a 5kHz (una decade sotto quella di commutazione) e adoperando condensatori da 10µF, gli induttori risultano di valore nominale 100µH. Trovando disponibili solo induttori da 47µH la frequenza di taglio risulta leggermente superiore e pari a 7kHz. Reti di ritardo
Per entrambi i driver la soglia fissata per la rilevazione di un livello logico alto in ingresso, e quindi della corrispondente attivazione del mosfet in uscita, è di 2.2V. Volendo ritardare l’accensione di 1µs si valuta l’andamento del transitorio di carica del condensatore in
15
funzione del valore massimo della tensione di ingresso, che può essere di 5V o di 15V. Scelto il condensatore da 1nF le resistenze valgono 1k8 per i 5V e 6k3 per i 15V. Circuito di protezione dalle sovracorrenti
Si ammettono nel funzionamento picchi di 10A limitati a 20µs. Essendo la tensione di soglia del circuito di CURRENT SENSE VCS = 230mV, si sceglie uno shunt da 22mΩ – 1W. La capacità di temporizzazione è scelta in base alla seguente formula fornita nel datasheet dei driver ([3], [4]):
dt = C*(1.8V / 100µA) (3.4)
da cui C = dt / (1.8V / 100µA) = 20µs / (1.8V / 100µA) = 1nF (3.5)
Condensatore e diodo di bootstrap
Il design tip DT-98-2a ([6]) fornisce la seguente formula per dimensionare la capacità di bootstrap:
(3.6)
in cui Qg è la carica assorbita dal mosfet in commutazione, Iqbs(max) è la corrente quiescente del driver, Qls è la carica richiesta dai traslatori di tensione interni al driver ad ogni commutazione, ICbs è la corrente di perdita del condensatore elettrolitico (se usato di questo tipo), f è la frequenza di commutazione, VCC l’alimentazione dei driver, Vf la caduta in conduzione sul diodo di bootstrap, VLS la caduta di tensione sul mosfet del lato a bassa tensione e VMin il valore minimo di intervento del circuito di UNDERVOLTAGE LOCKOUT. Come regola pratica è consigliato di scegliere un condensatore quindici volte più grande. Sostituendo nella formula i valori, alcuni dichiarati dal costruttore, si ottiene Cbs = 2.2µF. Si pone Cbs = 10µF. Per quanto riguarda il diodo, il design tip considera che questo sia attraversato da una corrente media If pari alla carica Qbs assorbita da Cbs ogni volta che si ricarica, quindi del valore usato al denominatore della (3.6), moltiplicata per la frequenza di commutazione, e sollecitato da una tensione inversa VRRM almeno pari a quella di alimentazione del ponte. E’ richiesto un diodo di tipo fast-recovery. Si ottiene quindi:
VRRM = VDD = 400V e If = Qbs*f e tRRmax = 100ns (3.7) Il diodo con questa caratteristica di tensione inversa sarà di tipo a giunzione e non Schottky. Dissipazione del driver
Il driver eroga corrente quando la sua uscita è a livello alto e la assorbe quando è a livello basso. Trascurando quest’ultimo contributo, la potenza media in uscita sarà data da:
PDISS = VOUT * IOUT * tSW * fs = 15V * 1.1A * 50ns * 50kHz = 40mW (3.8)
16
3.2.2 Dimensionamento dello stadio invertitore di potenza
L’aspetto che caratterizza principalmente lo stadio di uscita è la dissipazione di potenza nei mosfet. E’ necessario garantire che durante il funzionamento la temperatura di questi componenti rimanga entro i limiti massimi consentiti per evitare danneggiamenti e malfunzionamenti, quindi va curato con particolare attenzione il dimensionamento del dissipatore. Dalle caratteristiche di uscita si sceglie la portata di corrente del sensore LEM e la dimensione del condensatore di filtraggio dell’alimentazione. Stima delle perdite in conduzione e in commutazione
La dissipazione di potenza nei mosfet è composta dalla somma delle perdite in conduzione e in commutazione. Queste ultime possono dipendere, oltre che dal valore di tensione di alimentazione del ponte, dal valore di corrente di uscita e dal tipo di carico, anche dalla tipologia di controllo impiegata. Adottando una tecnica di modulazione PWM a due livelli, i quattro mosfet commutano per tutto il funzionamento dell’inverter, poiché si attiva una diagonale per volta, massimizzando il valore delle perdite. In modulazione a tre livelli è invece possibile farne commutare solo due ad alta frequenza, abbassando il contributo di dissipazione. Si considera di seguito un controllo PWM a due livelli con frequenza di commutazione a 50kHz (periodo di commutazione TS = 20µs) e modulante ad onda quadra a 50Hz. Perdite in conduzione: la corrente iDS su ciascun mosfet si può approssimare come un’onda quadra in cui il valore massimo corrisponde a quello della corrente sul carico e il valore minimo è zero. In queste condizioni la corrente efficace che interessa il componente è
IDSeff = √[(1/TS) ∫iDS2dt] = IOUTpicco / √2 = 4.35A (3.9)
Se il mosfet lavora ad una TC = 100°C la resistenza RDSon risulta di 0.6Ω ([2], Figura 14), per cui la potenza dissipata risulta
PCOND = RDSon * IDSeff2 ≈ 12W (3.10)
Perdite in commutazione: nell’ipotesi di funzionamento con carico induttivo tale da mantenere al valore massimo la corrente di uscita durante le commutazioni risulta PCOMM = [(VDD*IOUTpicco*tSW) / (2*TS)] * 2 = [(400V*6.15A*50ns) / (2*20µs)]*2 ≈ 6W (3.11)
Ciascun mosfet dissipa quindi una potenza totale di
PDISS = PCOND + PCOMM = 18W (3.12)
Dissipatore
Si impone che in condizioni di massima dissipazione i mosfet raggiungano una temperatura del contenitore al più pari a 100°C, valore normale per il tipo di componenti utilizzato e a cui sono riferite le principali caratteristiche tecniche. Fissato il valore massimo di temperatura ambiente a TAMB = 50°C si parte dalla formula:
∆T = TC – TAMB = PDISS * RTHtot (3.13)
17
in cui RTHtot = RTHCS + RTHSA, RTHSA è la resistenza termica del dissipatore richiesto per ciascun mosfet e RTHCS è la resistenza termica tra il contenitore del mosfet e il dissipatore, cioè quella del gommino di isolamento utilizzato, stimata di 0.5°C/W, e si ricava: ∆T = PDISS * RTHtot → RTHtot = ∆T / PDISS → RTHSA = ∆T / PDISS - RTHCS = 2.28°C/W (3.14) Usando un dissipatore unico per tutti e quattro i mosfet, considerando che la sua resistenza termica tra punto e punto sia bassa e trascurabile tanto da garantire una distribuzione di temperatura uniforme, si può pensare di dover disporre dell’equivalente di quattro resistenze termiche del valore di (3.14) in parallelo, quindi il dissipatore deve avere una resistenza termica almeno pari a:
RTHSAtot ≤ RTHSA / 4 = 0.57°C/W (3.15)
Si trova disponibile un dissipatore da 0.4°C/W.
Scelta del trasduttore LEM
Il trasduttore è scelto con portata di corrente di 10A, e fornisce 4V a fondo scala, per un equivalente di 4mV/10mA.
3.2.3 Dimensionamento dello stadio di alimentazione
Scelta dei regolatori di tensione
I driver possono essere alimentati fino a 18V, mentre il LEM richiede una alimentazione duale di 15V. Si scelgono quindi due regolatori lineari da +15V e -15V come gli LM7815 e LM79L15. Nel primo caso si tiene conto che complessivamente i driver assorbono al massimo 200mA e si sceglie la versione del regolatore per correnti fino a 1A, nel secondo caso l’alimentazione negativa è richiesta solo dal LEM e quindi si sceglie la versione L per correnti fino a 100mA. Condensatori di compensazione
Si pongono C30 e C39 di valore 100µF per rendere stabile la risposta in uscita. Induttori di filtraggio
Gli induttori sono dimensionati su una frequenza di taglio di 5kHz, e con i condensatori di ingresso da 470µF valgono 2.2µH. L’induttore L6 deve poter condurre una corrente massima di circa 300mA.
18
19
CAPITOLO 4
COLLAUDO E MISURE
4.1 Introduzione
Il collaudo effettuato per questo circuito si pone l’obiettivo di confrontare i risultati sperimentali con quelli ottenuti nella progettazione, per verificare di quanto si discostano i dati forniti dalle stime teoriche rispetto a quelli raccolti con le misure. Il procedimento adotta come linea guida lo sviluppo della progettazione, che ricalca l’effettiva evoluzione del circuito, verificando in sequenza il dimensionamento delle varie parti: sono dapprima testati gli stadi di pilotaggio con particolare attenzione alle temporizzazioni esistenti fra le attivazioni dei quattro mosfet, poi è analizzato il funzionamento del ponte (stadio invertitore) di uscita, a vuoto e a pieno carico, alimentandolo a bassa tensione per limitare danni accidentali dovuti a malfunzionamenti e per evitare l’impiego di potenziali elevati e pericolosi in prove in cui non sarebbero necessari; infine si eleva la tensione di alimentazione del ponte al valore massimo e si concludono le prove. Nel collaudo si è fatto uso di un circuito di controllo realizzato ad hoc per disporre di un pilotaggio dell’inverter ad onda quadra e in modulazione PWM. Per ogni prova saranno messi in evidenza l’obiettivo, lo svolgimento della misura, i risultati ottenuti e il confronto con quelli attesi. Si elenca di seguito la strumentazione utilizzata: 3 alimentatori stabilizzati tipo UNAOHM ST 30/2000 AR 30V-2.5A 1 alimentatore stabilizzato duale tipo UNAOHM DUAL SUPPLY ±25V-1A 1 alimentatore ad alta tensione tipo HP 712C POWER SUPPLY 600 V 0.24 A 1 generatore di funzioni tipo HP 33120A 1 oscilloscopio digitale a quattro canali tipo TEKTRONIX TDS3014B 100MHz 1.25Gsps 1 sonda di temperatura a termocoppia tipo FLUKE TC J-K 1 tester digitale NOTA: le prove iniziano dopo aver montato tutti i componenti della scheda ad eccezione dei quattro MOSFET, dei quattro DRIVER, dei condensatori C33 di alimentazione e C5, C6, C20, C21 opzionali, e del sensore di corrente LEM, che saranno inseriti nel corso del collaudo contestualmente alle prove da fare.
20
4.2 Circuito di controllo Il circuito di controllo è stato progettato per collaudare l’inverter in funzionamento ad onda quadra a 50Hz, cioè a bassa frequenza, e in modulazione PWM a due livelli, sfruttando la stessa onda quadra a 50Hz come modulante e un segnale a rampa a 50kHz come portante. Un semplice jumper consente di selezionare la diversa tipologia di controllo. L’obiettivo di questo duplice funzionamento è quello di permettere la realizzazione delle prove a bassa frequenza che si rendono necessarie nelle prime fasi del collaudo, e ad alta frequenza per testare il comportamento dell’inverter in commutazione, specialmente dal punto di vista delle perdite aggiunte da tale regime di funzionamento. Per l’assemblaggio sono stati scelti un connettore polarizzato per l’alimentazione e un connettore per cavo piatto corrispondente a quello presente sull’inverter, al fine di ottenere praticità nelle operazioni ripetitive durante il collaudo, quali le connessioni all’alimentazione e tra le due schede. Nella realizzazione non si è fatto uso di modulatori PWM integrati perché si è cercata una soluzione semplice e di realizzazione immediata con i componenti a disposizione, dato che lo scopo di questo circuito è solamente consentire lo svolgimento delle prove sull’inverter ma non quello di controllarlo definitivamente. Infine il layout del circuito è stato curato al fine di ridurre o eliminare disturbi indotti e condotti sul comparatore integrato, data la sua sensibilità notevole che poteva portare facilmente a fenomeni oscillatori indesiderati. 4.2.1 Schema elettrico e descrizione del circuito
Figura 4.1 Schema elettrico del circuito di controllo Il primo blocco funzionale che si individua nello schema è il generatore di onda quadra a 50Hz: il timer 555 è configurato come multivibratore astabile e fornisce alla sua uscita (piedino 3) un’onda rettangolare a frequenza 200Hz, che viene usata come segnale di clock del contatore U2. Il contatore, oltre a dividere la frequenza del clock per quattro, serve per ottenere un segnale con duty-cycle esattamente del 50%, caratteristica non fornita dal 555 e necessaria per il nostro scopo (si noti che il CD4029 può essere sostituito con un semplice divisore di frequenza). Il segnale così ottenuto è collegato al jumper Selezione per poter pilotare l’inverter a bassa frequenza. Al centro dello schema si individua il modulatore PWM realizzato con il comparatore LM311. Il segnale prelevato dal blocco generatore di onda quadra entra in una rete resistiva di traslazione e attenuazione, che consente di variarne valore minimo e massimo, e quindi
IN2
C111 µF
Rampa:
J1Selezione
12
3
123
C91 µF
J3Alimentazione
123
V+GND
V-
U1F
4049
14 15
IN1
R61k
+C1100µF15V
R527k
Vmax 4V
U1C
4049
7 6
TP7GND
VCC
+ C10100µF15V
TP6LEM
TP4Modulato
TP3Modulante
Vmin 0V
TP2NOT2
U5LM78L05
1
2
3I
GNDO
J2COAX Femmina
1
2 3 4 5
R31k
VCC
-Vin
50Hz
R147k
R410k
IN4
C710n
ft=5kHz
U1B
4049
5 4
R710k
VCC
-Vin
(-20V 0.5A)
U1A
4049
3 2
U1D
4049
9 10
LEM
U1E
4049
11 12
Ra
mpa
IN1
TP5Portante
VCCVCC
C4100n
IN3
C3100n
VCC
(+20V 0.5A)
C6100n
VCC
U24029
412
133
5
15
6
11
1427
1
9 10
AB
CD
CI
CLK
QA
QB
QCQDCO
PE
B/D
U/D
IN3
IN4
VCC
+C8470µF50V
R2100k
C2100n
PWM
U3
NE555C
2
5
3
7
6
48
1
TRCV
Q
DIS
THR
|RVCC
GND
J4CON10
1
2
3
4
56
78
910
L12.2µH
f=50Hz
Vin
Vin
C5100n
VCC
-
+
U4LM311
2
37
5 6
4 18
IN2
TP1NOT1
VCC
f=200Hz
21
giunge all’ingresso non invertente del comparatore. All’ingresso invertente è invece applicata una rampa (dente di sega) alla frequenza di 50kHz, tramite il connettore BNC predisposto. I trimmer R1 e R4 consentono di variare le soglie di comparazione con la rampa e ottenere in uscita valori di duty-cycle regolabili secondo le esigenze. L’uscita del comparatore è connessa al jumper di selezione. Lo stadio finale del circuito è costituito dalla cascata di due gruppi di porte NOT, ciascuno dei quali controlla due ingressi dell’inverter in modo da attivare le due diagonali del ponte. Lo stadio di alimentazione sfrutta un regolatore di tensione lineare per ottenere i +5V stabilizzati, filtrati grazie a L1, C8 e C9. Il connettore polarizzato di alimentazione consente di collegare sempre correttamente le tensioni di ingresso, che sono poi quelle fornite all’inverter, senza il rischio di inversioni di polarità. 4.2.2 Verifica del funzionamento e taratura
Si montano tutti i componenti ad eccezione degli integrati e si verificano i collegamenti di alimentazione e di massa, nonché la corretta corrispondenza dei collegamenti tra scheda e inverter collegati tramite il cavo piatto, applicando i puntali del tester direttamente in corrispondenza delle uscite degli integrati o del connettore di alimentazione per comprendere nel test eventuali piste interrotte. Alimentazione duale a ±20 V con limitazione di corrente a 10-20mA tramite connettore polarizzato per verificare l’alimentazione degli integrati e l’assenza di cortocircuiti. Successivamente si inseriscono i circuiti integrati e si regola il funzionamento a vuoto, cioè senza il collegamento con l’inverter. Si collega la sonda dell’oscilloscopio (CANALE 1) in TP3 e si regola il trimmer R2 fino a visualizzare un’onda quadra a 50Hz, verificando il duty-cycle del 50% ottenuto, come visibile
in figura 4.2. Si applica il segnale a dente di sega prelevato dal generatore di funzioni, impostando Vmin = 0V, Vmax = 4V e la frequenza a 500Hz. Tenere la portante a frequenza vicina a quella della modulante permette di valutare il comportamento del comparatore al variare delle soglie di intervento, e di regolare i valori di duty-cycle del segnale modulato. Si procede infatti spostando la sonda all’uscita del comparatore, in TP4, e regolando i trimmer del traslatore di livello-attenuatore (R1, R4) fino ad ottenere il valore massimo di duty-cycle pari al 90% e il valore minimo pari al 10%. Si collegano ora le due sonde (CANALE 1 e CANALE 2) alle uscite
Figura 4.2 Andamento della tensione in TP3 dei blocchi invertitori (TP1 e TP2) per verificarne la corretta relazione ingresso-uscita e
le corrispondenze col funzionamento atteso. Si aumenta la frequenza fino a 50kHz e si ripetono le verifiche sul modulatore PWM, regolando le soglie di comparazione per aggiustare il duty-cycle ai valori scelti. Infine si collega la scheda tarata all’inverter, la si alimenta e si verificano le caratteristiche dei segnali di comando a 50Hz e 50kHz nel funzionamento complessivo.
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Figura 4.3 Particolare della modulazione PWM Figura 4.4 Segnali di uscita delle porte NOT Traccia 1: TP1 (CH 1) Traccia 2: TP2 (CH 2)
In figura 4.3 si evidenzia la corrispondenza tra segnale modulante a bassa frequenza e segnale modulato a 500Hz, osservando la variazione di duty-cycle proporzionale al primo segnale. La figura 4.4 mostra il funzionamento degli invertitori di uscita in modulazione PWM a 50kHz, in cui si verifica la regolazione del duty-cycle ai due valori prestabiliti. Le forme d’onda risultano prive di oscillazioni o picchi spuri nonostante la ripidità dei fronti di commutazione. 4.3 Stadio di alimentazione e distribuzione delle tensioni
Si alimenta il circuito applicando una tensione agli ingressi +Vin e –Vin pari rispettivamente a +20 V e -20 V, limitando la corrente erogabile dall’alimentatore duale a 20-30mA, per individuare la presenza di cortocircuiti, malfunzionamenti o errori di montaggio dei componenti. Verificato che tale protezione non interviene si misurano le tensioni di uscita dei regolatori U5 e U6 e le tensioni di alimentazione dei driver U1, U2, U3, U4 e del sensore di corrente LEM, per controllare che siano applicate e di valore corretto. Si verifica inoltre che tutte le masse siano collegate tra loro.
4.4 Stadi di pilotaggio dei mosfet L’obiettivo del collaudo degli stadi di pilotaggio è verificare se i segnali di comando applicati in ingresso alla scheda generano la corretta evoluzione temporale della tensione Vgs di ciascun mosfet, osservandone le caratteristiche di ampiezza e fase e testando così il corretto funzionamento dei driver utilizzati. Si verifica in particolare che non vi sia sovrapposizione nell’accensione di due mosfet di una stessa gamba del ponte, condizione che porterebbe a pericolosi cammini a bassa impedenza.
4.4.1 Reti di ritardo
Si verifica se il ritardo in accensione introdotto da ciascuna rete RC di ingresso dedicata corrisponde al valore di 1µs calcolato, osservando il tempo impiegato dall’ingresso del driver a raggiungere il valore di soglia di 2.2 V indicato nel datasheet ([3] o [4]), e se il ritardo in spegnimento risulta sufficientemente minore rispetto a questo.
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Si imposta il generatore di funzioni per generare un’onda quadra a frequenza 50 kHz, δ = 0.5, Vmin = 0 V, Vmax = 5V, e si applica questo segnale all’ingresso IN3. Si collega la sonda del CANALE 1 dell’oscilloscopio al TP22, la sonda del CANALE 3 all’uscita del generatore di funzioni. Successivamente si ripete per ciascuno degli altri tre ingressi.
Nell’immagine acquisita dall’oscilloscopio (figura 4.5), che si riferisce all’ingresso IN3, si può osservare come l’andamento esponenziale della tensione all’ingresso del driver raggiunga il valore di 2.2 V, richiesto per l’attivazione della sua uscita, dopo circa 1µs, come era atteso. Analizzando gli altri tre ingressi le forme d’onda rilevate sono simili a quella riportata, con valori del ritardo compresi tra 1µs e 1.2µs. Figura 4.5 Traccia 1: tensione su TP22 (CH 3) Traccia 2: IN3 (CH 1)
In figura 4.6 la tensione di ingresso del driver (traccia 1) evidenzia l’azione del diodo che scarica velocemente il condensatore al valore di 0.8V richiesto per lo spegnimento dell’uscita, in circa 370ns, quando l’ingresso IN3 è portato a zero. Si riesce così a ritardare l’accensione ma non lo spegnimento del mosfet, come desiderato. Il picco evidenziato nel fronte di discesa della traccia 2 è dovuto a disturbi indotti dalle commutazioni attraverso le sonde dell’oscilloscopio.
Figura 4.6 Traccia 1: tensione su TP22 (CH 3) Traccia 2: IN3 (CH 1) 4.4.2 Driver sul lato a bassa tensione
Si montano il driver U3 e il condensatore C20, scelto di valore 1.5nF per applicare al driver un carico capacitivo equivalente a quello del mosfet, dimensionato sommando alla sua Cgs intrinseca la capacità ottenuta per effetto Miller nelle commutazioni (vedi datasheet [2]). Questo accorgimento permette di evitare il montaggio del mosfet in queste prime fasi di collaudo ma di osservarne i tempi di accensione e spegnimento, e il ritardo di tali attivazioni rispetto all’ingresso nel funzionamento complessivo dello stadio. In seguito si testa lo stadio a bassa tensione della gamba destra, adoperando però lo stesso driver usato per U3 al fine di garantire la ripetibilità della misura (in realtà driver uguali della stessa casa costruttrice non dovrebbero presentare differenze rilevanti nel funzionamento, quindi la scelta è molto cautelativa), e montando la capacità C21 di valore 4.7nF per verificare il funzionamento con un carico capacitivo maggiore .
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Dal datasheet del mosfet si apprende che ad una corrente ID = 6A corrisponde una Vgs = 7V ([2], Figura 8). Tempi di accensione
Si sfrutta il segnale ad onda quadra precedentemente impostato applicandolo all’ingresso IN3, con il driver inserito nello zoccolo di U3. Si collega la sonda del CANALE 1 al TP8, la sonda del CANALE 2 all’uscita del driver, in TP25.
Figura 4.7 Traccia 1: tensione su TP8 (CH 1) Figura 4.8 Traccia 1: tensione su TP9 (CH 1) Traccia 2: tensione su TP25 (CH 2) Traccia 2: tensione su TP27 (CH 2) In figura 4.7 si osserva l’andamento della tensione VC20 rispetto al fronte di salita dell’onda quadra a 50kHz utilizzata. Il tempo necessario per raggiungere 7.7V con il condensatore da 1.5nF è di circa 20ns, come rilevato tramite i due cursori sullo schermo, rientrando nella stima di 50ns fatta in fase di progettazione. Si collega il segnale ad onda quadra in IN4 dopo aver montato il condensatore C21 da 4.7nF e inserito il driver U4. Sonda del CANALE 1 in TP9 e sonda del CANALE 2 in TP27. In figura 4.8 si determina un tempo di circa 48ns per raggiungere i 7.7V, mantenendo la stima iniziale dei 50ns. In queste condizioni però la corrente erogata dal driver dovrebbe essere aumentata del 50%, poiché il tempo di carica raddoppia, ma la capacità triplica. Ritardi introdotti nel funzionamento complessivo e tempi di spegnimento In ciascuna prova sui tempi di accensione si osserva anche il ritardo esistente tra il fronte di discesa dell’onda quadra e l’azzeramento della tensione Vgs dei mosfet, che in entrambi i
casi porge l’evoluzione rappresentata in figura 4.9. Tramite i cursori sullo schermo si evidenzia un ritardo pari a circa 500ns, da cui, tolti i 370ns dovuti alla rete di ritardo in ingresso e almeno 100ns del tempo di propagazione interno del driver, si può verificare che il tempo di spegnimento del mosfet si attesta entro i 50ns stimati, con miglioramenti apportati grazie alla presenza dei diodi D7 e D9 che velocizzano la scarica delle capacità. Figura 4.9 Traccia 1: tensione su TP8 (CH 1) Traccia 2: IN3 (CH 3)
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Come conclusione della prova si visualizza l’andamento complessivo della tensione di pilotaggio dei mosfet rispetto a quella del segnale di ingresso, tra le quali si nota la corretta corrispondenza e il ritardo nei fronti di salita.
Figura 4.10 Andamento complessivo della tensione Figura 4.11 Particolare del ritardo introdotto nei di pilotaggio dei mosfet fronti di salita
4.4.3 Driver sul lato ad alta tensione
I driver della parte ad alta tensione necessitano dei mosfet della parte bassa per funzionare correttamente, in particolare per il meccanismo del circuito di bootstrap, ma per fare le prime prove sulle temporizzazioni si collegano i pin Vs degli integrati U1 e U2 direttamente a massa. In questo modo il circuito di bootstrap non è testato, ma si può dare una valutazione di massima sul comportamento del driver; in questo caso si monta una capacità C5 pari a 10nF, per osservare gli effetti di un carico maggiore dei precedenti e caratterizzare l’utilizzo del condensatore opzionale fino a questo valore. Con le stesse modalità dei punti precedenti si visualizzano sull’oscilloscopio tempi di accensione e ritardi in spegnimento.
Figura 4.12 Ritardo di accensione mosfet Q1 Figura 4.13 Ritardo di spegnimento complessivo In figura 4.12 si nota l’effetto di carico del condensatore più grande che, in accensione, si concretizza in un ritardo di 120ns, più del doppio del tempo considerato nei casi precedenti.
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In figura 4.13 si nota come il ritardo in spegnimento risulti pressoché invariato grazie all’azione del diodo Schottky.
Dopo aver esaminato il comportamento dei driver con diversi valori di capacità aggiuntive al mosfet, si sceglie di montare sul circuito per C5, C6, C20, C21 i condensatori da 4.7nF, e proseguire il collaudo con questa configurazione. Si osserva inoltre l’andamento della corrente di gate sui mosfet, indirettamente, usando la funzione matematica differenza dell’oscilloscopio per visualizzare la tensione ai capi di uno dei resistori di gate, di valore 10 Ohm, con la sollecitazione ad onda quadra a 50kHz.
La traccia 2 evidenzia una valore di picco di 0.9A con una quantità di carica erogata corrispondente a circa 75nC, come stimabile dall’area sottesa dalla traccia stessa. I dati sperimentali sono in linea con i risultati della progettazione, anche se la stima deve essere considerata approssimativa.
Figura 4.14 Traccia 1: gradino di ingresso (CH 2) Traccia 2: andamento tensione Rg
4.5 Stadio invertitore di potenza
Le prove che si possono fare per caratterizzare il funzionamento del ponte a mosfet di uscita sono molteplici, tuttavia in questo progetto sono state realizzate quelle principali. Si parte con il funzionamento a bassa tensione e senza carico collegato, per prevenire danneggiamenti al circuito in caso di malfunzionamento o imprecisioni di montaggio e per poter maneggiare il circuito in sicurezza, dato che non sono applicati potenziali elevati. Si pensi che se si verificasse un cortocircuito, dovuto per esempio alla conduzione simultanea di due mosfet di una stessa gamba del ponte per errori di pilotaggio o difetti dei componenti, oppure il condensatore di alimentazione (470µF – 450V) fosse stato montato rovescio rispetto alla sua polarizzazione, gli effetti di una scarica a qualche centinaio di volt sarebbero ben più distruttivi e pericolosi che con qualche decina di volt di alimentazione dell’uscita. Si prosegue con l’applicazione di un carico modesto e poi si fa erogare all’inverter la corrente massima, adoperando il dissipatore previsto. Infine si eleva la tensione gradualmente e a vuoto, osservando eventuali variazioni o anomalie nel funzionamento del circuito, e poi si collega un carico di prova.
4.5.1 Prove a vuoto a bassa tensione
Si montano i quattro mosfet e si analizzano gli andamenti della tensione al nodo centrale di ciascuna gamba del ponte per verificare la corrispondenza di tensioni e ritardi nelle commutazioni a 50Hz e in modulazione PWM, verificando in particolare il funzionamento dei driver della parte ad alta tensione. A tal fine si rimuovono i collegamenti di massa provvisoriamente applicati in precedenza.
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NOTA: le prove riportate in questo paragrafo sono solamente quelle riferite al lato sinistro, dato che la simmetria del circuito ha fornito risultati praticamente identici nel collaudo del lato destro. Tensione al nodo centrale con pilotaggio a 50Hz
Si vuole osservare la corrispondenza tra il segnale di pilotaggio e la tensione in uscita osservata al test point TP6. Si collega il circuito di controllo alla scheda impostando una frequenza di pilotaggio di 50Hz. Si applica una tensione di alimentazione VDD pari a 25V. La sonda del CANALE 2 è collegata in TP6 per valutare l’andamento di tensione al nodo centrale della gamba. La sonda del CANALE 1 è collegata all’uscita del controller (TP2 su scheda circuito di controllo).
L’immagine acquisita permette di osservare come il livello alto del segnale di pilotaggio, visibile nella traccia 1, porta il nodo centrale della gamba sinistra del ponte a potenziale pressoché nullo accendendo il mosfet Q3, mentre il livello basso attiva Q1 che porta il potenziale a circa 25V, come impostato nel generatore di alimentazione. Il risultato è quello atteso. Già da questa prova a bassa frequenza si verifica il funzionamento del driver sul lato alto, e quindi del meccanismo di bootstrap adoperato.
Figura 4.15 Traccia 1: tensione di pilotaggio in TP2 Traccia 2: tensione nodo centrale in TP6 Andamento tensione Vb:
Si osserva ora il potenziale Vb afferente al test point TP3 con riferimento al potenziale di drain del mosfet Q3 (TP6) per valutare il comportamento del circuito di bootstrap. Si sposta la sonda del CANALE 1 su TP3.
Entrambe le misurazioni sono riferite a massa e la traccia 1 mostra come il condensatore Cbs (C7 + C8) si mantenga carico a circa 14V, valore che risente della caduta sul diodo di bootstrap D3. In questo modo il condensatore garantisce l’alimentazione agli stadi fluttuanti di uscita del driver U1. Le misure sono fatte tramite cursori per differenza rispetto alla traccia 2, il cui valore massimo è di circa 25V. Figura 4.16 Traccia 1: tensione Vb in TP3 Traccia 2: tensione in TP6
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Verifica ritardi di accensione e spegnimento sulla tensione di uscita
E’ importante verificare che il ritardo tra l’accensione del mosfet sul lato alto e lo spegnimento di quello sul lato basso (e viceversa) sia sufficiente ad evitare la conduzione simultanea dei due. A tal proposito si pilota l’inverter con una semplice onda quadra a 50kHz, con gli ingressi 2 e 3 complementari rispetto a 1 e 4, ottenendo un periodo di 20µs che rende visibili gli intervalli di 1µs, altrimenti indistinguibili sui 20ms dei 50Hz.
Figura 4.17 Traccia 1: uscita controller NOT2 (TP2) Figura 4.18 Traccia 1: uscita controller NOT1 (TP1) Traccia 2: tensione inverter in TP6 Traccia 2: tensione di uscita driver U1 (TP24) Traccia 3: uscita controller NOT1 (TP1) In figura 4.17 sono visualizzati i due segnali ad onda quadra in opposizione di fase che pilotano l’inverter e la tensione al nodo centrale del ponte. Considerando la traccia 3, al cui livello alto corrisponde una tensione di uscita pari a circa il valore d alimentazione VDD, come visibile nella traccia 2, si nota come il ritardo di 1µs sia presente in corrispondenza di ciascun suo fronte di salita, per consentire al mosfet complementare di spegnersi. Si osserva però che in corrispondenza dei fronti di discesa della traccia 3 vi è comunque un ritardo di 1µs nella commutazione di uscita, come evidenziato dai cursori: questo trova giustificazione nel fatto che le capacità parassite di ciascun mosfet mantengono il proprio stato di carica nell’intervallo di tempo in cui il mosfet Q1 si spegne e Q3 viene attivato. La commutazione al nodo centrale del ponte avviene proprio quando, trascorso il tempo di ritardo introdotto, il mosfet Q3 si accende e forza il potenziale a zero. Questo comportamento è caratteristico del funzionamento a vuoto in cui non c’è un carico che assorbe (o inietta) corrente dalle (nelle) capacità facendone variare la tensione ai capi. Nelle successive prove con il carico ci si aspetta che il comportamento sia diverso. La figura 4.18 evidenzia il comportamento del driver U1 che in seguito al fronte di salita del segnale di comando (traccia 1), dopo un opportuno ritardo, attiva la sua uscita per accendere il mosfet Q1. In corrispondenza del fronte di discesa del comando il driver azzera la sua uscita relativamente al potenziale Vs (pin 5 dell’integrato), che è azzerato solo quando è Q3 ad essere acceso, analogamente a quanto visto prima. Si è così messo in evidenza l’effetto delle capacità parassite esistenti, in relazione ai ritardi tra le commutazioni. 4.5.2 Prove a carico a bassa tensione
Si procede montando il sensore di corrente LEM, il regolatore LM79L15 che ne fornisce l’alimentazione negativa e il condensatore di filtro C33. Tramite il trasduttore è possibile rilevare la forma d’onda della corrente visualizzandola direttamente sull’oscilloscopio. Si adoperano carichi resistivi variabili che permettono di raggiungere gradualmente il valore
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massimo di corrente stabilito. La tensione di alimentazione VDD è fissata a 30V. Quando si monta il dissipatore previsto per il raffreddamento dei mosfet, per garantire un buon contatto tra le superfici si adoperano due mollette che tengono premuto il corpo dei mosfet sul dissipatore, favorendo lo scambio di calore. Tra i due elementi viene interposto un gommino isolante termoconduttivo, che consente di isolare elettricamente le parti metalliche dei mosfet (collegate internamente al drain), tra di loro e dal dissipatore per ragioni di funzionamento e di sicurezza elettrica. Per queste prove a bassa tensione l’isolamento elettrico è verificato semplicemente tramite il tester. Date le dimensioni del dissipatore si fa anche una valutazione della costante di tempo termica del sistema per capirne l’ordine di grandezza: in questo modo ci si può rendere conto di quanto tempo impiega il circuito a raggiungere la temperatura di regime e quindi di quanto tempo si debba aspettare in prove successive prima di effettuare misure precise. Prove senza dissipatore
Si vuole fare un primo test del funzionamento del ponte a carico. Si pilota l’inverter con l’onda quadra a 50Hz e si collega un carico variabile da 1kΩ, abbassandolo gradualmente fino ad un centinaio di Ohm. Poi lo si sostituisce con un altro da 100Ω-1A, e si toccano i mosfet per sentire se scaldano troppo. Si usa infine un carico da 47Ω-
1.8A e lo si abbassa fino a poco più di 15Ω per far erogare all’inverter quasi due ampere. I mosfet cominciano a scaldare molto, quindi dopo poco si toglie il carico. Non vengono rilevate anomalie nel funzionamento e quindi si procede con le fasi successive. In questa misura si fa anche una verifica del funzionamento del LEM. In figura 4.19 è visualizzata la tensione trasdotta (traccia 2) che mostra l’andamento della corrente e il valore massimo corrispondente a circa 1.8 A, cioè 714mV dato che il LEM produce in uscita 4mV/10mA. Figura 4.19 Traccia 1: tensione di uscita lato sinistro (TP6) Traccia 2: tensione di uscita LEM (TP5)
Prove con il dissipatore
L’obiettivo delle seguenti misure è valutare la resistenza termica del dissipatore e dei gommini isolanti durante il funzionamento, valutare il comportamento della resistenza di conduzione dei mosfet e quindi la dissipazione in ciascuno di essi, e confrontare i risultati con le stime, e soprattutto i limiti, riscontrate nella progettazione. Si collega all’uscita dell’inverter un reostato da 16Ω-6A per poter assorbire corrente fino a 6.15A. Si pilota l’inverter ad onda quadra a 50Hz. L’alimentazione è fornita collegando in parallelo tre alimentatori in grado di erogare 2.5A ciascuno. Per regolare automaticamente la tensione dei tre alimentatori, che deve essere rigorosamente uguale, si sfrutta la limitazione di corrente presente in ciascuno di essi: regolandone uno e facendo lavorare in limitazione di corrente gli altri due, questi eguaglieranno la propria tensione di uscita con quella dell’alimentatore principale, in funzione della corrente assorbita. Così, per ottenere 30V in uscita si imposta una tensione di 31V sul primo alimentatore, limitato al valore massimo di corrente, 30.5V sul secondo e 30V sul terzo: quando interviene la protezione del principale, la sua tensione scende ed eguaglia i 30.5V, attivando l’erogazione del secondo alimentatore, prima bloccata dalla tensione più alta imposta alla sua uscita (si stanno usando alimentatori con finale a transistor la cui giunzione base-emettitore risulta in questo modo interdetta). Si porta all’erogazione massima anche il secondo
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alimentatore che quindi entrerà in limitazione, abbassando la sua tensione di uscita fino al valore di 30V che consentirà al terzo alimentatore di erogare la parte restante di corrente assorbita dal carico. Adottando questo metodo si inizia la prova in cui il valore efficace della corrente di uscita, che ha lo stesso andamento della tensione ad onda quadra a 50Hz, vale 6.15A. A intervalli regolari si misura la temperatura ambiente, quindi quella dei mosfet Q1 e Q3 (si analizza la gamba sinistra del ponte) e del dissipatore per poter raccogliere i dati utili alle verifiche di interesse. Dalla prima serie di rilevamenti emerge però che le resistenze termiche dei componenti usati (dissipatore e gommini) sono maggiori di quanto stimato, ottenendo una maggiorazione del 50% sul valore del dissipatore e del 200% sul gommino: è quest’ultimo a discostarsi troppo dal valore atteso (3°C/W rispetto al 1°C/W stimato in progettazione) e a penalizzare il funzionamento dell’inverter. Le prove proseguono tenendo conto di questo aspetto. Come prima soluzione si prova a sollevare con due sostegni di legno il dissipatore per favorirne la ventilazione (questo poggiava sul banco di prova con le alette di raffreddamento) e si stringono al massimo le viti di serraggio delle mollette dei mosfet, per garantire una maggiore pressione sul componente. Inoltre si allontana il reostato dal circuito in prova, poiché nel funzionamento il suo riscaldamento contribuisce a variare la temperatura ambiente cui è sottoposta la scheda in esame. Si ripetono le misure dopo aver lasciato raffreddare il dissipatore. A questa nuova serie si aggiunge la rilevazione della caduta di tensione ai capi dei mosfet testati tramite misurazione sull’oscilloscopio, per ricavare indirettamente il valore della resistenza RDSon, e si raccolgono i dati nella seguente tabella:
Ora rilevamento
I efficace carico[A]
I efficace mosfet[A]
Vds on 1 [V]
Vds on 3 [V]
Rds on 1 [Ω]
Rds on 3 [Ω]
MOS 1 [°C]
MOS 3 [°C]
T DISSIP[°C]
9.45 4,10 2,90 1,60 1,20 0,39 0,29 28,8 31,5 20,5
9.55 4,10 2,90 1,60 1,30 0,39 0,32 32,4 36,1 23,4
10.05 4,10 2,90 1,70 1,40 0,41 0,34 35,4 39,6 26,2
10.15 4,10 2,90 1,60 1,40 0,39 0,34 37,2 41,3 28,3
10.25 4,10 2,90 1,50 1,50 0,37 0,37 39 43,0 29,9
10.35 4,10 2,90 1,60 1,50 0,39 0,37 44 44,5 30,9
10.45 4,10 2,90 1,60 1,50 0,39 0,37 40,5 44,6 31,4
11.05 4,10 2,90 1,60 1,50 0,39 0,37 41,1 45,5 31,9
11.25 6,15 4,35 3,50 3,30 0,57 0,54 67,4 79,0 41,1
11.40 6,15 4,35 3,50 3,40 0,57 0,55 72,6 84,6 44,8
12.40 6,15 4,35 3,40 3,50 0,55 0,57 74,5 88,7 46
13.00 6,15 4,35 3,60 3,60 0,59 0,59 77 89,1 46,6
13.15 6,15 4,35 3,70 3,60 0,60 0,59 78,7 94,7 48
13.30 6,15 4,35 3,80 3,70 0,62 0,60 76,9 91,0 47,1
Tabella 4.1 Dati rilevati nelle misure di temperatura Dai dati raccolti si ricavano tramite foglio elettronico i valori dei salti di temperatura tra mosfet e dissipatore (DT cs) e tra dissipatore e ambiente (DT sa), quindi, conoscendo la potenza dissipata nei mosfet, si ricava il valore della resistenza termica dei gommini isolanti (RTH cs) e del dissipatore (RTHsink), ottenuto dividendo per quattro il valore RTHsa calcolato. Di seguito sono riportati i risultati ottenuti (i dati di ogni riga fanno riferimento ai valori delle righe corrispondenti nella tabella precedente):
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T AMB [°C]
DT sa 1 [°C]
DT cs 1 [°C]
P diss 1 [W]
RTHsa 1 [°C/W]
RTHcs 1 [°C/W]
RTHsink [°C/W]
20,5 0,00 8,30 3,28 0,00 2,53 0,0
20,5 2,90 9,00 3,28 0,88 2,74 0,2
21,3 4,90 9,20 3,49 1,41 2,64 0,4
21,4 6,90 8,90 3,28 2,10 2,71 0,5
21,5 8,40 9,10 3,08 2,73 2,96 0,7
21,6 9,30 13,10 3,28 2,84 3,99 0,7
21,7 9,70 9,10 3,28 2,96 2,77 0,7
20,4 11,50 9,20 3,28 3,51 2,80 0,9
21,4 19,70 26,30 10,76 1,83 2,44 0,5
21,8 23,00 27,80 10,76 2,14 2,58 0,5
21,0 25,00 28,50 10,46 2,39 2,73 0,6
20,9 25,70 30,40 11,07 2,32 2,75 0,6
21,6 26,40 30,70 11,38 2,32 2,70 0,6
21,5 25,60 29,80 11,69 2,19 2,55 0,5
Tabella 4.2 Elaborazione delle rilevazioni di temperatura sul mosfet Q1
T AMB [°C]
DT sa 3 [°C]
DT cs 3 [°C]
P diss 3 [W]
RTHsa 3 [°C/W]
RTHcs 3 [°C/W]
RTHsink [°C/W]
T AMB DT sa 3 DT cs 3 P diss 3 RTHsa 3 RTHcs 3 RTHsink
20,5 0,00 11,00 2,46 0,00 4,47 0,0
20,5 2,90 12,70 2,67 1,09 4,77 0,3
21,3 4,90 13,40 2,87 1,71 4,67 0,4
21,4 6,90 13,00 2,87 2,40 4,53 0,6
21,5 8,40 13,10 3,08 2,73 4,26 0,7
21,6 9,30 13,60 3,08 3,02 4,42 0,8
21,7 9,70 13,20 3,08 3,15 4,29 0,8
20,4 11,50 13,60 3,08 3,74 4,42 0,9
21,4 19,70 37,90 10,15 1,94 3,73 0,5
21,8 23,00 39,80 10,46 2,20 3,81 0,5
21,0 25,00 42,70 10,76 2,32 3,97 0,6
20,9 25,70 42,50 11,07 2,32 3,84 0,6
21,6 26,40 46,70 11,07 2,38 4,22 0,6
21,5 25,60 43,90 11,38 2,25 3,86 0,6
Tabella 4.3 Elaborazione delle rilevazioni di temperatura sul mosfet Q3 Dalla tabella 4.1, nella parte bassa inerente alle prove con 6.15A, si osserva che la resistenza di canale dei mosfet è leggermente maggiore di quanto dichiarato nel datasheet del componente ([2], Figura 14) in cui con una tensione Vgs di 10V e una corrente di 6A la resistenza dovrebbe raddoppiare in corrispondenza di una temperatura di giunzione di circa 130°C. Nel nostro caso con circa 11.5W di potenza dissipata e una resistenza termica giunzione-contenitore del mosfet pari a 0.78°C/W il salto termico tra la giunzione e il contenitore è di circa 9°C e dal grafico l’aumento di resistenza risulta del 60% (da 0.35Ω si passa a 0.56Ω), molto vicino a quello misurato. Non risulta particolarmente evidente l’effetto del sovrapilotaggio del mosfet. Nelle tabelle 4.2 e 4.3 si è ricavato il valore della resistenza termica del dissipatore che si assesta intorno agli 0.6°C/W contro i 0.4°C/W dichiarati dal costruttore: le cause di questa differenza possono essere il posizionamento del dissipatore o le condizioni dell’ambiente di misura in queste prove. Più rilevante è il risultato sulla resistenza termica dei gommini, il cui valore si attesta in media intorno ai 3.5°C/W, decisamente molto più elevato di quanto adottato in fase di dimensionamento. Questo valore è molto limitativo, poiché non
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consentendo un’adeguata dispersione del calore costringe ad abbassare le prestazioni dell’inverter, che, rivedendo i conti iniziali, potrebbe erogare una corrente di 4.1A efficaci, due ampere in meno del previsto. Si noti che nella parte alta delle tabelle sono state effettuate le prove con questi limiti, che nel caso di temperatura ambiente massima (fissata a 50°C) dovrebbero garantire una temperatura massima dei mosfet di 100°C. In una successiva versione, magari definitiva, i gommini saranno sostituiti con elementi simili ma di qualità maggiore o con pasta termoconduttiva al silicone per ottenere prestazioni migliori.
Infine si riportano i dati relativi alla costante di tempo termica del sistema:
Grafico 4.1 e tabella 4.4 Evoluzione temporale delle temperature di mosfet (traccia in alto) e dissipatore (in basso)
I valori tendono a stabilizzarsi dopo circa un’ora di funzionamento, anche se per una determinare corretta andrebbe dissipata una potenza costante e soprattutto nota con precisione, dato che se varia la RDSon in funzione della temperatura la potenza dissipata cambia, a parità di corrente che scorre nei mosfet. Questa prova ha solo valore indicativo.
4.5.3 Prove ad alta tensione a vuoto e con carico di prova
Si concludono le prove alimentando l’inverter con la massima tensione VDD. Si parte con una tensione di 50V e si arriva fino a 400V per passi successivi, valutando il funzionamento del circuito ad ogni livello impostato, prima a vuoto e poi con un carico di prova. Si fa erogare al ponte una corrente non elevata, prima a tensione bassa e poi a tensione massima. Le prove sono precedute dalla verifica dell’isolamento elettrico in alta tensione tra il dissipatore e i mosfet. Gli alimentatori a bassa tensione finora utilizzati sono sostituiti dall’alimentatore per alte tensioni HP 712C 600V – 0.24 A , e le sonde dell’oscilloscopio sono sostituite da sonde 100:1 per alte tensioni (fino a 2kV). Verifica dell’isolamento elettrico
Le prove sull’isolamento sono fatte sia in continua che in alternata. In continua si verifica se durante il montaggio trucioli di rame o di altri materiali conduttori si sono accidentalmente inseriti sotto il corpo metallico dei mosfet, in modo tale che nel serraggio delle mollette di fissaggio il conduttore sotto pressione può perforare il materiale isolante, realizzando un collegamento inaspettato. In alternata si verifica l’effetto delle capacità parassite presenti tra mosfet e dissipatore, le quali potrebbero avere un’impedenza sufficientemente bassa da diminuire la qualità dell’isolamento.
Ora rilevazione
Temperatura ambiente[°C]
Temperatura dissipatore[°C]
Temperatura mos Q1 [°C]
10.25 21,6 22 22
10.30 27 53,5
10.35 31,3 62
10.40 36,4 66,5
10.50 40,3 71,4
11.00 45,3 75,1
11.10 48,5 79,9
11.20 49,5 84,7
11.25 51,1 87,5
11.40 24 55,1 91,4
Costante di tempo termica
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
10.19 10.33 10.48 11.02 11.16 11.31 11.45
Ora rilevazione
Temperatura
mos e dissipatore
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Per iniziare si verifica tramite tester il collegamento tra le due mollette di fissaggio dei mosfet, dato che queste sono avvitate direttamente sul dissipatore e quindi in contatto con esso. In questo modo ci si può collegare al dissipatore tramite una delle mollette, dato che la sua anodizzazione esterna impedisce di disporre di punti non isolati. Nella prova a tensione continua si regola l’alimentatore a 600V, si collega il terminale di massa ad una delle mollette e il terminale positivo ad un puntale con in serie un resistore da 100k-1W per limitare la corrente. A queste due estremità è collegato un voltmetro per la misurazione della tensione di uscita. Si procede toccando la parte metallica di ciascuno dei mosfet con il puntale e si osserva se la tensione di uscita varia rispetto al valore misurato a vuoto: in caso affermativo è presente una dispersione di corrente negli isolamenti che provoca una caduta di tensione sul resistore. Nella prova a tensione alternata si sostituisce l’alimentatore ad alta tensione con un variac che si regola al valore massimo in uscita. Si utilizza lo stesso procedimento che in continua facendo attenzione però a collegare alle mollette il filo di NEUTRO, per evitare di instaurare un potenziale elevato libero e molto rischioso: in questo modo anche toccando accidentalmente le mollette non si corre alcun pericolo (il potenziale di neutro è prossimo a quello di terra). Le capacità parassite misurate con un impedenzimetro digitale risultano di circa 30pF. In entrambi i rilevamenti non ci sono variazioni della tensione misurata a vuoto, e si può quindi proseguire con il collaudo. Prove a vuoto e a carico La prima prova che si effettua è quella con circuito senza carico e senza alimentazione della parte di controllo, per testare la tenuta delle varie parti di circuito sottoposte ad alta tensione. Si collega solamente l’alimentatore ad alta tensione ponendo in serie alla sua uscita un resistore da 1k per limitare eventuali scariche di corrente in caso di rotture o malfunzionamenti. Si aumenta gradualmente la tensione fino a più di 400V, facendo attenzione che il condensatore elettrolitico C33 ha una tensione di lavoro nominale di 450V. Si sfrutta il resistore posto in serie per stimare la corrente di perdita di questo condensatore, che si aggira intorno ai 300µA. Verificato anche questo aspetto si toglie l’alimentazione al circuito e si ridispone il tutto per il funzionamento a vuoto. Si imposta una tensione di alimentazione di 100V e si fa funzionare l’inverter in modulazione PWM. Si osserva l’andamento della tensione di uscita nel punto centrale di ciascuna gamba del ponte come fatto nelle prove a bassa tensione, in particolare nella corrispondenza delle commutazioni del segnale di pilotaggio. Si aumenta la tensione fino a 200V, si fa funzionare per un certo intervallo di tempo e si verifica se l’effetto Miller nella commutazione dei mosfet aggiunge dissipazione notevole nei driver: si stacca l’alimentazione del ponte e si toccano i driver, ma come prevedibile non ci sono variazioni di temperatura notevoli. Si alimenta il circuito alzando la tensione a 300V e poi a 400V, valutando il comportamento dei ritardi tra i fronti in uscita. Come visto nelle prove a bassa tensione e come riportato nelle figure 4.20 e 4.21 le capacità parassite tendono a mantenere il proprio stato di carica durante le commutazioni dei mosfet in assenza di carico, prolungando il livello di tensione nel tempo di circa 1µs. Le sonde dell’oscilloscopio sono collegate rispettivamente al TP6 (CANALE 3 – sonda ad alta tensione) e alle uscite del controller in TP2 e TP1 (CANALE 1 e CANALE 2). Si notino anche le interferenze nella rilevazione causate dai fronti di commutazione attraverso le sonde stesse.
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Figura 4.20 e Figura 4.21 Andamenti della tensione con uscita a vuoto in corrispondenza del duty-cycle minimo e massimo del modulatore PWM. Traccia 1: uscita NOT2 del controller - Traccia 2: uscita NOT1 del controller - Traccia 3: uscita lato sinistro inverter (TP6) Si conclude applicando un carico variabile per far erogare al ponte una corrente massima di 0.24 A, limitatamente alle risorse dell’alimentatore a disposizione. Si parte nuovamente da 100V di alimentazione ma con il carico collegato, e in corrispondenza dei fronti si nota la differenza rispetto ai casi precedenti: le figure 4.22 e 4.23 mostrano prima un effetto quasi di risonanza (probabilmente con le induttanze parassite del circuito) per poi variare bruscamente in corrispondenza dell’attivazione del relativo mosfet.
Figura 4.22 e Figura 4.23 Andamenti della tensione con carico in uscita in corrispondenza del duty-cycle minimo e massimo del modulatore PWM. Traccia 1: uscita NOT2 del controller - Traccia 2: uscita NOT1 del controller - Traccia 3: uscita lato sinistro inverter (TP6)
Si alza la tensione a 200V, poi a 300V ed infine a 400V, valore in corrispondenza del quale si fa erogare al ponte una corrente di 0.16 A. Si ripete la prova sull’effetto Miller e si osserva che l’introduzione del carico fa variare la tensione durante le commutazioni con un andamento simile a quello visto nella prova a 100V. In figura 4.24 si visualizzano le tensioni al nodo centrale di ciascuna gamba, usando entrambe le sonde per alta tensione. Figura 4.24 Tensioni di uscita con carico Traccia 1: lato sinistro (TP6) – Traccia 2: lato destro (TP7)
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NOTA: al termine delle prove se si staccano i cavi di alimentazione del ponte di uscita, il condensatore C33 può rimanere carico alla massima tensione applicata; è necessario quindi, per evitare la possibilità di entrare in contatto con un potenziale elettrico molto elevato e pericoloso, adottare uno dei seguenti provvedimenti: - staccare i cavi di alimentazione ma lasciar funzionare la parte di controllo con il carico ancora collegato all’inverter: in questo modo la carica del condensatore si esaurisce gradualmente e la tensione ai suoi capi si abbassa a livelli innocui. - scollegare i cavi dall’alimentatore ad alta tensione e collegarli ad una resistenza capace di esaurire la carica immagazzinata in pochi secondi. Tale resistore non è inserito direttamente nel circuito, poiché essendo di valore abbastanza contenuto penalizzerebbe il rendimento dell’inverter.
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CONCLUSIONI
Al termine delle prove il circuito dimostra di funzionare correttamente e permette di affermare che l’obiettivo del progetto è stato raggiunto. Il collaudo del circuito non è stato completato del tutto, ma i risultati parziali sono soddisfacenti. Le scelte effettuate nella progettazione si sono rivelate adeguate, in particolar modo l’inserimento delle reti di ritardo in ciascuno dei quattro ingressi di controllo ha garantito l’assenza di conduzione contemporanea dei mosfet su una stessa gamba del ponte, e quindi l’assenza di condizioni di funzionamento pericolose e inadeguate, insieme alla scelta dei driver con protezione integrata che salvaguarda ciascuno dei quattro mosfet dal rischio di rottura per sovracorrente. E’ da notare che il sensore LEM ha permesso di visualizzare sull’oscilloscopio l’andamento della corrente sul carico, agevolando notevolmente la comprensione dei fenomeni osservati durante il collaudo. Questo sensore in talune prove ha mostrato limitazioni sulle prestazioni dovute alla sua banda limitata. Altro risultato importante della progettazione è stato la scelta del dissipatore che ha mantenuto i mosfet entro i limiti massimi di temperatura di funzionamento consentiti, permettendo all’inverter di raggiungere le prestazioni desiderate. I gommini di isolamento adoperati si sono invece rivelati inadeguati poiché scelti con resistenza termica troppo elevata, penalizzando la capacità di smaltimento del calore offerta dal dissipatore. Questo progetto ha permesso inoltre di affrontare numerose problematiche di sicurezza elettrica durante il collaudo, portando a raccogliere una serie di accorgimenti da adottare scrupolosamente perché di fondamentale, e soprattutto vitale, importanza. Il collaudo dovrebbe proseguire con la prova ad alta tensione e a pieno carico, utilizzando un carico induttivo per massimizzare le perdite di commutazione, purtroppo non comprese nei test di dissipazione termica ma sicuramente non trascurabili nel funzionamento reale completo. In una successiva versione del circuito, magari già definitiva, sarà necessario sostituire i gommini isolanti con materiali di prestazioni più elevate, ottimizzare il layout della scheda e garantire il funzionamento a piena potenza. Dopodiché si potrà proseguire con la progettazione degli altri stadi componenti l’inverter completo, partendo magari dal convertitore elevatore di tensione che può essere realizzato secondo la tipologia full-bridge, sfruttando ancora un ponte a quattro mosfet e un adeguato trasformatore.
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RIFERIMENTI:
[1] L.Malesani – P.Mattavelli – G.Spiazzi – “Dispense del Corso di ELETTRONICA
INDUSTRIALE”, Università degli studi di Padova, A.A. 2005-2006. [2] STMicroelectronics – “STP12NM50 datasheet”, February 2006, Rev. 3. [3] International Rectifier – “IR2121 Current limiting low side driver datasheet”. [4] International Rectifier – “IR2125 Current limiting single channel driver datasheet”. [5] Jonathan Adams – “Using The Current Sensing IR212X Gate Drive ICs”, Application
Note AN-1014, International Rectifier. [6] Jonathan Adams – “Bootstrap Component Selection For Control ICs”, Design Tip DT
98-2a, International Rectifier, September 2001. [7] International Rectifier – “HV Floating MOS-Gate Driver ICs”, Application Note AN-
978, December 2005. [8] LEM Components – “Current Transducers HY5 to 25-P”