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DESCRIZIONE DI ALCUNI FOSSILI DELL' ISOLA PIANOSA PRESSO QUELLA DELL' ELTIJ CON ILLUSTRAZIONI E SULU. FISTUtANA ECIlINATA DEL BROCCHI So-PRA I }'OSSILI DEL SARGUS E CURYSOPIlRYS DEL VALENCIENNES, SUL GENERE SPHAEROJ)CS AGASSIZ., E SOPRA LE SPECIE A TAL ATTRmtlTE PEL PROF. O. G,. Letta al R, [s{i{ttlo d' inc-oraggiamento alle Scienze Naturali) 'nella tonwta de' 1 agosto 1862. If-l-()

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DESCRIZIONE DI ALCUNI FOSSILI

DELL' ISOLA PIANOSA PRESSO QUELLA DELL' ELTIJ

CON ILLUSTRAZIONI E CO~IENTI

SULU. FISTUtANA ECIlINATA DEL BROCCHI ~ So-PRA I DE~TI }'OSSILI DEL GE~EHI~

SARGUS E CURYSOPIlRYS DEL VALENCIENNES, SUL GENERE SPHAEROJ)CS

AGASSIZ., E SOPRA LE SPECIE A TAL GE~ERE ATTRmtlTE

PEL PROF. O. G,. COS'I:.~

Letta al R, [s{i{ttlo d' inc-oraggiamento alle Scienze Naturali) 'nella tonwta de' 1 agosto 1862.

If-l-()

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IL Signor l\linistro di Pubblica Isb'uzione ebhe il huon pensiero di acquistare, nello scorso anno, una magnifica collezione di minerali c di fossili provenienti dall' Isola dell' Elba e da quella detta Pia­nosa, isoleUa dalla l)rima per un buon tratto disgiunta. Gli uni ~ome gli altri sono stati raccolti d.iligentemente e conservati dal Si­g'nor Capitano Pisani, il quale ne fece pubblica mostra nella espo­sizione italiana' in Firenze, nell' autunno dell' anno decorso 1881.

La collezione suddetta fu destinata alla Scuola di Applicazione per gl' ingegneri in Torino e per parecchi altri lliusei d'Italia.

L'onorevole Professore cav. Bartolomeo GastaMi, alle di cui cu­re sono affidale le collezioni del suddetto Istituto, qual suo Segretario, gentilmente mi permetteva esaminare codesta collezione dell' Elba; e,

l

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h'alasciando i minerali, i quali, comunque pregevoli, nulla offrivano di nuovo, limitai il mio esame ai soli fossili di Pianosa. AI primo sg'uardo gittalo sopra di essi, mi fu facile avvedermi di alcuni denti (li pesci identici a quelli chc io trovava in Cerisano (Calabria Citra), e che poscia si discoprirono ancora sulle èoste settentrionali di Af­frica in Staoneli; i quali denti si trovano da me effigiati e descrit­ti nella Paleontologia del Regno di !Vapoli e nella Ittiologia fossile italiana, e dal Valenciennes negli Annali di Scienze Naturali di Pa­rigi ( Seconda serie, 18t2).

l\laggiore interesse indi mi destarono parecchi altri denti e CCI'­

le armalure dentarie, ancor esse di pesci; sicchè e per loro stessi, c per le rclazioni loro con gli analog'hi o identici delle altre loca­lità sopraccitate, mi strinscl'O a farne il subbietto di accurato stu­dio, associandovi quanto altl'o di notevole vi era in quella specia­le collezione. Il risultamenlo di tale disamina forma ora l' argo­mento della presente memoria; nella quale debbo ancor consagrare tre speciali articoli, richiesti da una maggiore chiarezza di cui so­no tuttora bisognevoli i soggetti ai quali si riferiscono.

C!\PITOl.O I.

DELLA LOCALITÀ DEI l'OSSlLI , E CATALOGO DEI IIIEDESIlUI.

I fossili di cui si ragiona si sono ricavati propriamente dall' 1-50leUa Pianosa, divisa, come si è detto, da quella dell' Elha per un ampio canale. II terreno che li racchiude è tufaceo, ove più ove meno compatto, con tritumi di testacei, echinodermi, poliparì, e parti staccate di pesci, mescolati a g'hiaia e cioltoleUi. Il sito proprio Hl cui si sono raccolti è conosciuto col nome locale di Cannelle , il quale è presso il lido del mare battuto dalle onde: sicchè la

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roccia:è tutta erosa ed annerita nella superficic, e so\"entc riliPlu' a nudo gli avanzi organici rispettati dall' azione erosiva delle onde marine; ed è per questo che di siffatti fossili si è fatta non mc­diocre l'accolla (1).

In altro sito detto Carlini, il sullodato Signor Pisani disco­priva un deposito di ossami, la più parte de' quali appartenenti a Ruminanti, a Cetacei, e qualche simbolo di Pachiderme. Il prelo­dato Signor Gastaldi attende a ristaurare talune di queste parti, e si occuperà indi a darcene chiara e ben determinata notizia. Per ora possiamo affermare che i generi ai quali si mostrano essere questi avanzi appartenuti sono :

RUMINANTI

B l È malagevole cosa il dar nome specifico ad un C 08 .' • i '1' avanzo organicQ, il quale non presenta qualcuno de­

ervus e ap lUS gli organi primarii d'onde la scienza procede. Capra. • . • . Vale per esso la osservazione superiormente espressa.

Sm,IPEDI

Equus . . . . Denti, dei quali non vale la pena discorrere. PACIllDER~lI

Sus scrofa. • • Zanne e denti molari. CETACEI Un apparato auditivo (2).

(~) lo giudico così perchè, oltre lo aver osservato in parecchi esem­plari la roccia nella condizione descritta con denti di pesci ad essa attac­tati, anche so-pl'a tatuno di questi os-si si h'ovallo de' piccoli balani fe­tenti. La roccia dunque à dovuto essere lambita dalle onde del mare dopo essere stati quelli sepolti.

(2) Un simile apparato auditivo ò io ottenuto t1alla calcarea tenera a ,;rana fina di Lecce, e trovasi descl'itto nella Paleontologia del Regno di Napoli. 8e non vado eluto esso appartiene al genere Delfino.

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TESTACEI

Filtulana ltalica, ·Costa (1). CariUUiTlL '1''llsticum. Pectunculus glycimeris (2). Pecten laUssimus.

- sanguineus.

Jacobaeus. cristat'lls. Pes-lutrae. opeJ'culCt1'is.

TeJ'eln'atulct vitrea. semiglobosa?

obbliquus.

. . . .

llinnites Gastaldi, Costa. Ostl'ea crispa, Costa (3).

CICLOBRAlXCHI

Patella vulgata.

nRACIIIOPEDI

biplicata, Br. (4.).

(l) V cdi l' artii!DJo seguen le SI1 questo soggetto. (2) Serba esso ancora i I SI10 colore natul'ille , com e d' ')l'di nari o si tI'o­

,'a nelle conchiglie del terreno Plisliocene di Tal'1111to ed altrove. (3) Identica a quella {uLtOt'.'l vivente nel /Ilare di Napoli, e che f\'Ora­

si ('ffigiata da noi nel1a Tav. I, fig. 1 a b ( Fauna napol. il' "fila); Ol'a

rilppresenlata dalla fig. 9 a b della Tav. I. Fossile anche nella Calabria. (4) In seguito delle anfibologie inlrodotte dai moJrl'lli sel'itlol'i, la

Ti']'('bl'alula b1"plicala, sì nettamen[e cf1ìgiata e descriUa dal Urocchi, il riscos­~II un critico esame, al quale si sono accinti i Signori Saemnnn e Tt'iger.

Le di costoro conclusioni però obbligano a dOl'erc i1ggiungrI'e ancora (Illal-

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·. d

CIRROPEDI

Balanus sulcosus.

GASTEROPEDI

TU1'ritella vermicularis, Br. (i). Scalaria cont1'acta, Br. (2). Cancellaria cancellata.

Natica ma11l1nillata? Slrombus C01'onatus. Cypl'aea pyrus.

-' - v(JfJ'ietas. TTochus fTagaroides. Turbo rugosus. R · ? 'zssoa . . . . . •.

Clypeaste1' altus. 1'osaceus.

Cidarites vulgaris.

. ? Conus medite1'1'aneus. HeUx •..... p

EClIIiXODERlUI

Spatangus lacunostls. Echinolampas I11einu. E chinus lividus.

che aHra osserrazione per meglio chiarire la ricognizione clelIa specie, e le suc relazioni coi fcneni nei quali giace. Perocchè i p,'clodati autori ne àn­

no troppo ristretti i confini) e circoscritta la forma, mentre altri, dalle modificazioni appunto d~lla sua forma tolale, dalle divcrsc .suc dimensio­ni, e da qualche altI'a abberrazionc o c"entua1 mutamento, pretendono co­stituirne altrettante specie. Si è ricorso per fino alla microscopica punteg­~ialUl'a del1a esterna superficie della conchiglia per ricavarne un CaI'altel'e diagnostico delle suddette specie.

La T. biplicala si trova abbonuevolmente nelle Calabrie e nella Tcl'l'il <1' Otranto. Nell' Italia superiore, nell' Astigiano, mCl'ifa special menzione MonglielLo, ove, nel luogo detto Vigna del forno, si [l'ora copiosissima cd

esclusivamente siffaLta specie, prcscntandosi solLo svariate dimensioni e COlì­

figul'élzioni. (I) Inriluppata nella ll1élssima pade dal nal(lnli~ liulcoslIs. (2) IJcnlica a quella tro"lta in 'l'crrclÌ (Clllqbl'ia).

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POLIPARII

Frammenti svariati da non potersi ben definire.

ftlALAGOSTRACEI

Chele isolate e svariate, una delle quali identica a quella di Capo dell' Armi, nella Calabria ultra prima, descritta nella Paleon .. tologia del regno di Napoli, Par. III.

Carcharodus xyphoides. Oxyrhina ..•... ? Galeocerdus 'rectus. - minor. Sphirna prisca.

IrTIOLITI

Sphaerodus cinctus, (1). annularis. depressus. lens.

- crassus. globulus.

CAPITOLO II.

OSSERVAZIONI E SCHIARUIENTI SULLA FISTULANA ITALICA, nob,

Il chiarissimo Brocchi descrisse una specie di Fistulana sot­to la generica denominazione di Teredine, per serbare l' uniformi­tà dell' adottato sistema Linneano; senza mancar però di riferirla al genere Fistulana di Bruguier, ritenuto da Lamarck. Ed in quan~ to alla specie credè ravvisare nel fossile che aveva fra le mani l'i ..

(1) Vedi sul genere Splwcrodus il Cap. IV di questo medesimo lavoro.

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-1--dentico di quello a cui Lamarck assegnato avelU il nome di Fi:slll~ laM echinata. Con ciò cadrle il Brocchi nel doppio errore, del~ la mal concepita identità della specie, e della non vera ricognizio~ ne del genere. Nel quale secondo errore però fu tratto dall' auto­rità dello sLesso l .. amarck, il quale si era illuso ancor eg'li ; men~ tre la sua Fistulana echinata è una Clavagella, siccome fu poslc~ riormente emendato dal Sig. Deshayes.

Questi due errori del Brocchi mi obbligano ora ad entrare in qualche discussione, onde chiarirci intorno alla nuova specifica deno­minazione che io credo doversi assegnare a questa Fistulana, men~ tre son certo di aver fra le mani la pretesa F. echinctta del Drocchi.

Tralasciando tutLe le altre cose sottoposte a disamina dal no­stro autore, che lungo e fuor di proposito mi sembra il volerle riandare J è cosa certa che la Fistulana fossile dell' I. Pianosa è i­dentica a quella descritta dal Brocchi, proveniente dal Piacentiòo, e da lui rappresentata nella Tav. 'XV , Hg. -I ab. Il chiaro autore s'illuse intorno a quelle scabrosiHl che sogliono trovarsi allo ester­no della clala , più o meno numerose, mancanli in gran parte di (juel1a superficie, e non di rado del tutto. Egli rav\'isavu in esse quelle spinuzze che costantemente adol'Oano la Clavagella echinata ( l!'istulana echinata Lamarck ) J le quali sono tere produzioni del guscio , cave allo interno , e fistolose ec.; ma che neg'li esem­plari che aver dm;e\'a fra le manÌ il Urocchi in realtà non sono ta­li. Basta raffl'Ontare le due figure per reslarne immantinenti con­rioto; siccome trovasi poi giudicato dai posteri conchiologi. Le sca­hrosità della nostra li'islolana sono gli avanzi delle piccole fislola­ne, le quali vi si attaccano appena che gli uovicini sono espulsi dalla madre loro , e che si distaccano quando è s\'iluppata in cer­ta guisa la clava. Queste scabrosità perciò si trovano svariatamen­te aggTuppale , e scarse, o mancanti del tutto, come si è detto,

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rsscndo pmamente crcninali. Xon così nella Clavagella echinata de' contorni di Parigi , nella quale gli aculei fistulo si sono cosLanti, ordinati e simmetrici.

Or non potendo ritenere questa Fislolana col nome assegnato~ le dal Brocchi, e dovendola essenzialmente distinguere dalle altre g'ià nOle, mi sembra convenevole appellarla Fislttlanailnlica.

l .. a specie alla quale molto si accosta, tra qnrUe descritLe che 10 conosco , è la Fislttlana mnpullacea di LamarcIi (1), per la ~ola forma cstcriorr del tuho e della clava insieme; ma le valvole della interna conchiglia mancano di quella caratteristica espansione laterale delle natiche, la quale succede ael una specie di seno; e ~ono inoltre meno shadiglianti di quelle dell' ampullacea.

I maggiori esemplari della Fislulana ilalica ànno il diametro longitudinale o maggiore della clara, o corpo ellillico ab, ugua­le a m illi m etri 30 , ed il trasversale o minore uguale a 20. Vi si trm:ano nondimeno de' piccoli individui non pii. lunghi di 11 milli­metri; siccome è hen naturale il persuadersi che il loro accresci­mento comincia da molto minori grandezze. Di faLto, alla superfi­cie esterna de' magg'iori individui si trovano aderenti le piccole por­zioni di tuho, che sono scn'ite di attacco ai primordii degli ani­maletti schiusi dall' uovo: e son questi residui per lo appunto quel­li che ehhero ad illudcre il dotto Brocchi, credendoli aranzi di flucHe spine che armano la Clavagella echina[a, di cui superior­mente si è detto. Alcuni ai tali piccoli indiridui si trorano aUacca­ti 1'(1 aggruppali sopra una ruhrola di Peclen, tre de' quali sono rappl'Psenlati di naturale gTandezza dalla figura 4. della nostra pri­ma tarola.

Siccome a prImo sgnnrdo potrcbhesi credere che quel nostro

(1) D(··'!.a}'.: Pl. 1) fig. 17 . 18) 20: 28.

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Telhyoliles Tenol'ii di Pietraroja fosse lo stesso che la pl'cSPiil!'

sl)ecie di Fislulana, così giova in qucsto luogo arrcrtire quclll' cose che, tanto 11cr lo esterno, che per lo interno, l'una dall'al­tra distinguono. Nella Fistulana italica, siccome nella massima l) arte delle specie (li questo g'enere, in uno de' lati della clara ap­pariscono allo esterno le rughe degli accrescimenti successiri della interna tull'ola, la quale è aderente, mentre l'altra è libera. l\'itm segno di ciò si U\'verte in alcuno dc' tanti individui della Teziolilc da me esaminati. Allo interno poi trO\'i le ralvole della conchig'lia ben distinte ; e tra la interna parte della clara e la esterna della l'alvola libera vi è uno spazio vuoto. La Teziolite per ~pposto non offre vestigio di tali cose, e tutto lo inlerno suo è ugualmentc col­mo, senza l'eruno indizio di regolare organamento; siccome è sla­to già (lichiarato là dove se n' è data la descrizione (1.).

Non è senza interesse il notare ancora come nella interna mas­sa calcarea, che forma la esterna invoglia della conchiglia, si tro­l'assero ancora minutissime altre conchiglie di generi differenti e tra loro lon tani.

lo vi ò trovato un microscopico Cerizio, forse il pullo del gTa­nulato, il quale à lasciata la sua impronta, come la si vede elligia­ta in 8 della Tav. I.

. Similmente un' altra conchiglia, ancor essa microscopica, e del genere Trocll,1IS, che vi sta impiantata ed occulta dalla superior par­te, lasciandosi neltamente scorgere dalla parte inferiore, nella quale trovasi un largo ombellico. Ta\'. citata, fig. 7.

I~ntrambe queste conchigliette si trovano nella spessezza della parete della clava, nel sito indicato dalle linee a puntini.

(I) Accademia Pontaniana, tornata speciale per onorare la memoria del Sccio Cav. Tenore.

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In fine "\li ò pure scoperta una terza conchiglia, bivalve, PiC­

cola, ma molto maggiore delle precedenti. Essa trovasi effigiata sotto il numero 5 della medesima tm:ola. Non saprei dire a qual genere appartenesse; ma sospetto che fosse il primordio della stes~a Fistulana.

Ct\PITOLO III.

DE' DENTI FOSSILI DI PESCI.

Tra i fossili di cui è parola dell' I. Piano sa , destavano in me il magg'ior~ interesse i denti di pesci, specialmente quelli i qua­li, identici del tutto a quegli altri che prima trova\Ta in Cerisano, e poscia furono discoperti nell' t\lgeria, e ch' erano stati pure os­servati dal Soldani nene terre Sanesi, sono tuttavia mal defini li. l\rrogi pure che la loro associazione ed il loro giacimento sono argomenti di molta importanza per la geologia, e per la paleonto­logia, come vedremo. lo ò discorso di tali denti iteralamcnle nella Paleonlologia del Regno di Napoli (1) ; ma ora son costreLto l'Ì­

l'l'nire sopra di essi, poichè LuUo quello che gli accompagna, e (!uanLo vi à di nuovo où ignoto, intel'l'iene opportunamente a ri­schiarare quant' aUro si sapeva , c quel che si è pure creduto fin (lui, senza però pretendere di dissipilre del tutto le oscurità nelle (Fwti si giace.

E poichè l'argomento il comporta, e la chiarezza lo esig'e, mi permetterò ripetere alcune cose di quelle esposte ne' due soprac­('cimati luoghi, per aggiungerne altre onde completarne la storia.

I denti di cui principalmente intendesi quì l) urlare , e de' qua­li per chiarezza se ne dà pure l'immagine, furono noti ai nostri

(1) Pade I, pago ,193: Parlo II) pago 3G1.

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- li

maggiori. Il Sohlani li trovava nel Sanese, c propriamente in 8. Quirico. Egli ne fece menzione nell' Appendice al Saggio ol'itl0!Jl'(l­fico, l)ag" 12a, §. CLXXXI con tanta proprietà, da non lasciar dub­bio \'eruno nell' animo di chi à l)resenle il sogg'ctto.

Glossopetl'ae, dic' egli, se't(, de'nles l'homboùlales attt C1lbiei et grandiusculi: qtw1"ltm (tlii hinc canaliculati, inde levitel' co'n­~)exi: alii ex pm'le 1'(ulicis quandoque 1'olundati, ae lucido-ni­gerrime coloTali, (fA alte1'UIn vero exll'emum, sil'e acl parte m sllpm'i01'em subviridi colO1'e aS1Jel'S';, et aliquanLulu'm, cmnplCtlw­ti: alii INClSORES IIOJJIINUJJI DEJVTES NON COLORE SED FIGURA EXPRHITJLVT:

alii ù'1'egulares ecc. Dalle quali parole apertamente ricavasi, ch' egli ebbe fra le ma­

ni denti di Squalidei, di Sferodo, e di quelli di cui in principnl modo quì intemlesi ragionare.

l\'iuno però à cilalo il Soldani; cd io medesimo lo trascurai in sulle prime, fiducioso n elI' accuralezza di coloro che mI anno llreceduto, i quali supposi logicamente, che avessero già consultato i l)redecessori. Laonde il loro silenzio era per me sicuro indizio che niuno per lo innanzi ne avesse fatto 11arola.

Dehbo ancor confessare un altra illusione, nella quale caddi dapprima, ed appena saprei dÌ\'inare l)erchè: dir voglio dello aver riferiti cotesti denti fil genere Helo(lllS dcll' Agassiz: efl'ore del qua­le toslo mi avvidi ed emendai.

Trovai pjll tardi, che l' .onorcrole Sig. Valenciennes, negli l\n­nali di Scienze naturali di Parigi (Anno 1181,2, roI. 2, pago 99 ) averu pur descritti alcuni denti fossili, che il Sig'. Luogotenente lUe­doni rica\'ati aveva da una roccia madreporica (1) di Staoneli, pros-

(1) Il terreno madreporico in parola è stato definito dai Sigg, Bozet e Poillon de Bomblaye per terziario superiore subappennino: e dicesi esse-

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simo luogo ad 1\lg'eri ed a Sedi-Ferruch. Il chiaro autore riferisce tali denti, altri al genere Sm'[Jus, ed altri a Chrysophrys: e propria­mente i denti dc' quali qui intendesi ragionare sono dal ValancÌen­nes rigllardati come spettanti al genere Sm'[Jus.

Parmi 01' dunque opportuno che, riunendo i copiosi elementi raccolti, si potessero talmente chiarire le cose annunziate da ri­manere ben poco nel buio, fino a che altre scoperte non vengano a dissiparlo del tutto.

Prenderemo le mosse in siffatta disamina da quei denti di Pia-110sa, che costituiscono la l)arte l)rimaria dell' argomento. Si ànno in questa località:

1. o I denti rappresentati nella Tav. II, fig. 1 a b, affatto iden­tici a quelli cui il Valcncicnnes à dato il nome di Sargus Jam­nitanus, c da me riferito al genere Helodus (P al. P. I.). Tra gli e­semplari di questa località ve n' è taluno sensibilmente mag'giore dei più g'randi ch' io ò trovati in Cerisano; avendo la corOlla alta mill. 13 (1) e larga mill. 1 a; mentre tra quelli di Cerisano il maggio­re à la corona alla mill. 11 e larga mill. 12. Il Valenciennes as­segna ai suoi escmplari l' allezza di 11 mill. e la larghezza 12 m. In tutti i casi la larghezza si trova sempre mag'giore dell' altezza nella corona.

Parimenti g'li altri dcnti che gli accompagnano sono di mag­g'ior dimensione dc' simili nostrali.

Taluni di tali denti ànno la corona col margine superiore ta­gliente e parallelo alla base, ossia al limite che costituisce il colla-

l'O una breccia bianca a conchiglie spatizzate) della stessa età dogli strati che l'acchiudono pesci fossili in Orano.

(1) L'altezza complessiva è di 24 mi]!.) così ripartita - corona 13, radice 11.

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re; i lati drilti e paralleli, la superficie esterna appena convessa; la interna sensibilmente concava, spezialmente presso il margine superiore.

Ve ne sono però degli altri in cui il margine superiore è con­sumato, sicchè apparisce la interna dentina distinta dallo smalto e­steriore ben spesso, e sempre di color g'iallegg'iante tendente a quel­lo di arancia; la qual cosa prov\'Ìene dall' uso.

E s'incontra poi cotesto margine da più in piìl obliquo, e mag­giormente consumato, secondo che i denti, a creder mio, spettano alla posterior parte dell' arco dentario, oppm'c chc avcssero appar­tenuto ad individui di età maggiore. In tal modo e con questo con­cetto sono stati in serie rappresentati nella nostra Paleontologia del Regno, Parte II, Tav. V, fig. 17-24.

La radice non è quasi mai determinabile nelle sue dimensioni, perchè semprc roUa più o meno. È però ben distinta dalla corona, non solo per la mancanza di smalto, ma l)ure per la consistenza mi­nore e pel colore bianco della dentina. Il collare à una strettissima zona legg'ermente increspata. La radice è forse uguale in lunghez­za alla corona; e dico forse, perchè ne' denti con corona intiera è meno lunga, mentre apparisce non esser completa. Tale incertezza nondimeno è di poca importanza, spezialmente nella qllistione che ora si ag'ita.

Lo smalto della corona è costantemente di color giallo d'aran­cia: quello del collare e della radice è bianco, come pure quello della dentina.

Fin qui niuna differenza per minima che fosse s'incontra tra quelli dell' Affrica, e questi delle diverse contrade dell' Italia. Se nonchè, fra i molti da me ricavati da Cerisano, te ne sono tal uni di diversa forma; e che pare appartenessero alla parte posteriore dell' arco dentario, siccome è stato esposto nel cilato luogo della nostra llalcontologia dcI Rcg'no di Napoli.

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Vanno quasi coslantemente associali con essi altri denti del g'e­nere SphCW1'oclus Ag. Così in Cerisano, massimamente nell' I. Pia­Bosa, (,tI a quel che traluce dall' espressioni del Soldani, anche in S. Quil'ico. Nell' Affrica vi è qualche simbolo di denti di tal gcocre chc, come vedremo, si liga con gli Sferodi; ma è probabile che i denti reperihili colà Ilon siano caduti tutti nelle mani del Sig'. Luogotrnente l\Iedoni che gli altri raccolse.

Nella collezione faUasi dell' Isola Pianosa g'li Sferodi figurano mngg'iormente per copia, ed anche per grandezza. E dippiù l'i si trm'ano dc' denti conici di non ordinaria dimensione, de' quali non vi è esempio nelle altre località. Contrariamente, nel travertino aquila­no se n' è trovato qualche esemplare minutissimo, che vedesi rappre­sentato nella nostra Tav. III, fig'. 14 a A. Esso non à che 0,0048 mill. di altezza sopra una base del diametro di 0,0028 mill.

Incontransi pure altre forme, non esclusa quella, che solo cre­de il Valenciennes caratteristica del genere Clu'ysophl'YS. Alla qual forma strettamente si associa quella da noi rappresentata nella cita­ta tav. III, fig. 14 ab. Questo dente è nero con una zona di tre sottili strie verso il terzo di sua altezza, ed altra simile termina­trice della base.

Dalle quali cose esposte sorgono naturalmente i seguenti quesiti. 1. o Tutte queste svariate forme di denti appartengono ad una

sola specie, od a più specie di un medesimo gcnerc, od anche di genere diverso?

2. o Potendosi riferire ad una sola specie, sarà dessa (l ,,1 ge­nere IIelod1ts, Sargus, o Clu'ysophrys? de' quali generi è stata fi­nora creduta; ovvero delle fondarsi per cssa un genere nuovo?

3.!J Sc spellano a più specie, quale di essc PU() riferirsi ad uno de' summenLovati generi?

Ben si comprende quanto sia malag'c\ìolc la soluzione di code-

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sti prohlemi; nè altrimenti si può rispondere che per prohabilitit (·,1 analogie, mancanti come siamo di quelli clementi ch' entrar debhono a calcolo per un fondato giudizio. Convinto dunque di non poter da­re adequata e completa soluzione ai proposti quesili, esporrò qu('ll(~ considerazioni che per me si possono, e per le quali credo acco­starmi alla meno dubbia probabilità.

I. Q Il trovarsi tali denti tutti e quasi costant9mente così asso­ciati in una medesima località non dà certezza della pertinenza loro ad un meùesimo genere, e molto meno ad una stessa specie; PU{1

tenersi ciò solo come un grande elemento di prohabilità. E poi­chè non \'ien questa contradetla dalle analogie, acquista ancora for­za maggIore.

II.o La Fauna attuale, non dirersamente che l'anlica, ne })orgc molti esempii di armatura dentaria così svariata in un medesimo .pesce; di­\'ersi essendo cioè i denti che armano gl' intermascellari da quel­]i degli archi dentarii, c dc' pa!atini, quando questi esistono. E nel caso attuale trOl:asi dippiìl una quasi completa simiglianza tm le dil'ersc forme di denti fossili dc' quali è })arola con quelli di cel'­ti Sparoidei tuttora \'iventi, come del genpre Sargus e Chrysophrys, ai quali di fatto sono stati assimilati. Se Ilonchè gl' incisi \'i fanno gran­dissima eccezione, non arendo i fossili neppure una lontana si miglia n­za con quelli de' Saraghi noslrali, e mollo meno con quelli della Do­rata. Percbè la discrepanza sia manifesta a tuUi, anche quando non sjasi informato }UlOto nè poco di anatomia comparata, si son rap­presentati g'l'incisiri del Sargtls Salviani, e quelli della Cllì'ysophrys nd[jaris dcI Meùiterraneo, nella noslra Ta\'. II, fig. /1. l\'ella Dora­ta gl' incisid sono pressocchè cilindrici, o appena compressi ne' lati che stanno a contatto tra loro, c la estremità della corona è unguicula­fa, fig. I c 2. f\cl Sarago per opposto sono som.mamenle compressi, tanto ndla radice quanto nella hase della corona, la qnale poi di-

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lalasi in senso contrario, si fa concara quasi dalla faccia interna, corrispolldentemente conressa dalla esterna, e si assottiglia man ma­no fino il dircnirc tag'licntc nel margine estremo: sicchè si com:cr­tono in un l'ero scalp .. lIo concmlo, cd emolano quelli che armano le mandihole de' ruminanti, spezialmcnte ùel {;'enerc o ",1S. Paragonati ora ~;l' incisiti fo~sili in Jisamina con questi della Dorala e del Sa­l'ago, risulta chiélro essere hen lontani dagli uni come dagli altri in quanto alla forma.

l\lolto piil si scostano poi per la loro struUura, cbè ne' denti de' due generi Sarag'o e Dorata la corona è costituita da uno smalLo duro bianco e quasi cristallino, con pochissima o niuna parte di den­tina; mentre nr' fossili la dentina è abbondevole, e lo smalto è de­licato, comparativamente, gialliccio, opaco, e di facile sdrucimento, come è stato avvertito superiormente.

III. o Dalle quali cose cmerg'e, se non \'ado errato, che non sia le­cito assimilare ai due summentovati generi il pesce cui appartennero gl' incisivi fossili di cui si ragiona. Quindi definitivamente opino do~ l'ersi istituire per essi il genere Anthropodonlus, che vuoI dire denti simili a quelli dell' uomo, per des.ignare il pesce al quale codesti denti appartennero. Ben altrimenti va poi la cosa per rapporlo ai denli mo~ lari esterni ed interni, ne' quali si trovano tali stretti rapporti, tanto con quelli del Sarago, quanto con gli altri della Dorata, che non arrci ripugnanza di dirli perfettamente identici, associandomi all' opi~ nione dello Scilla, e de' quali andremo piil oltre a discorrere.

Quì succedono ora quegli altri denti aggruppati e di più or(li­ni, sO\lrapI)osli gli uni agli altri, rappresentati nella Tav. II, fig. 2 e 3. È questo per quanto io mi sappia un esempio nuovo in quanto a nu~ mero c disposizione, e spezialmente quello, che secondo io mi av~ riso, esprime un apparalo dentario della regione ling'uale, rappresen~ iafo nella citala tavola fig. 2. 1\'on manca è \fero la Fauna vivente di

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analoghe comhinazioni. Anzi negli stessi due g'eneri di SparoiJei Sa­rago ed Aurata, si trovano denti interni nella ca\jltà degli ossi e man­dibolari sottopDsli ag'li esterni. l\1a in essi gl' interni non fanno conti­nuità con gli esterni, e sono anche isolati; nè una moltiplicità tale di ordini (8 a 10) ci è stata ancora olTerla. Una certa analogia di soprapposizione continua si trova solamente negli ossi mascellari del Inola od Ortagol'isro, essendo nondimeno di affatto diversa nntura, c però da non potel'si con quesli gli altri associare. l\la ove mai, il che semhra improhahile, questi denti facessero parte dell' armatura dentaria di quel medesimo pesce al quale spettano i precedentemen­te esaminati, crescerehhero le difficoltà a poLer dire che il pesce fosse del genere Sm'[J/us o Chrysophrys, o di alLl'o genere della fami~ g'lia degli Sparoidei. Laonde io opino per ora dol'ersi costituire pCI'

essi un genere distinto, imponendoli il nome di Plinlodus. Vedi Capo V. Che se poi tutti codesti denti provenissero da due o piil specie,

e queste specie fossero ancora di genere diverso. i soli che trova­no esatta corrispondenza con quelli del genere Sar[Jus c Chrysophl'!}s sono quelli, che, sfcondo l'Agazzis, dovrebbero riferirsi al suo genere Sphaero(lus. In seguito dcI numero abbondevole di denti di questo genere raccolti da diverse località, e poichè l'argomento il com­porta, anzi lo esjge, mi credo nel caso di poter di essi discorrere in una maniera più positiva di quella con la quale ragionò il chia­rissimo Agassiz. Laonde, per procedere con ordine analitico e dimo­~trati\io, l) armi indispensabile richiamare ad esame tutto ciò che si è· detto da lui, compararlo coi documenti raccolti, e che ò fra le ma­ni, e dare un più fondato giudizio, tanto sulla proprietà del ge­nere Sphaerodus, quanto sopra la convenienza delle sue specie; facendo discendere ancora come un corollario l'opinione di già pro­nunziata di do,:!'!".~i fondare un genere distinto col nome di Antl'o-

donta. Ecco ( ,he forma l'argomento del seguente capitolo. ;)

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CAPITOLO IV.

ESA~lE CRITICO DEL GENERE SPHAERODUS E DELLE SUE SPECIE.

§. , I.

» Esiste egli un genere Spluwrodus? domandava a sè stesso r A­gassiz. L' è questa una quistione, prosegue a dire l'illustre auto­re , che mi sono llroposto molte fiate, dopochè cominciai a ren­aermi familiare coi differenti tipi di pesci trituratori di epoche re­mote ». ~fa egli non potè dare dapprima alcuna soluzione al problema; e giustificò la fondazione del g'enere sulla considerazione che, tro­l'ando ne' terreni giurassici e cretacei molti denti isolati , a super­ficie levigata, i quali presentano la medesima struttura di quelli de' veri Picno(Zi) ma che ne differiscono per la forma essenzial­mente circolare; e non trovando alcun tipo in mezzo ai rottami scheletrici de' pesci di tal epoca, al quale avesse potuto riferirli; si vide perciò costretto a fondare un tal genere, al quale diede il nome di Sfcrodo, per esprimere la forma circolare e quasi di seg­menlo di sfera.

Vacillò poscia da questo primo concetto per essersi m:veduto, che anche nel genere Lcpidolo l'i sono denti affatto simili a quelli del suo genere Sfm>odo; e fu in procillto di cancellarlo. Si asten­ne nondimeno dal farlo, come esso stesso dichiara, per la so­Ia ragione, che le località in cui s'incontrano denti m sfero­do non racchiudono veruno avanzo scheletrico di veri lepidoti; (' l'lCCVCl'SCl. Andicde successi\"amente rafforzando questo suo primi­tiro giudizio con altre ossen'ilzioni: una delle quali fu lo al'er lI'O\'alo sopra le montagne di Neuehatcl un frammento di mascella cun 17 denti dello sfcrodo da lui dcUo gigante ( Splwcl'odus gi-

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gas), orùinalamenle disposti c hene spazieggiali. L'altra osscnazio­ne riposa su i lavori dell' Owen, il quale à dimostrato, che i denti ùi sferodo ànno una dirersa struttura di quelli ùc' Lepidoti. Con serrò quindi il g'enerc S(erodo , ma pure pl'onisorinmente, sperando di llervenire un giorno allo scoprimento di qualche avanzo scheletrico che giustificassc codcsta sua pre\'rggenza.

Tal' è lo stato in cui lasciò la cosa il chiaro autore delle Re­cherches SUl' les lJoisfwns fossiles; nè dopo di lui altri à sommi­nistrato alcun fatto ralm:o]e a rischiarar l'argomento. Se non che, rimontando alquanto al passato , troriamo che lo Scilla erasi a\'\'c­duto, che codesti denti erano analoghi a quelli dell' Aul'ata de'ma­ri attuali; malgTado che in quei tempi regnasse allCOra l'errore, che fossero occhi di serpenti e di rane , onde andavano regisll'ali col nome di Bufoniii. Della quale dimostrazione fatta dallo Scilla, l' Agassiz non ehhe notizia, o, prcoccupato dal principio che le at­tuali gcnie per nulla convenissero con quelle dell' età giurassica (1), credè di non doversene tener conto: si fermò sulla fm'ma emisferica predominante, e ne stabilì il genere (2).

Codeste analogie tra gli Sferodi ell i denti ('Ile armano la in­terna IJurte muscellare di molti Sparoidci non sono da porsi in duh­bio. lUa non è parimenti possihile convenire della loro generIca 1-

(1) Vedi la nota apposta allo Sphaerodtts annularis. (2) Anche il Soldani riconobbe in tal sorta di denti l'analogia con

quelli del genel'n Sarg1ls. Egli nel §. CLXXXIII del suo Saggio Ol'ittolo­gico, così si esprime. Glossopetrae orb-iculares et hemisphacl'icae , ex qlti. bus maJores vix lupini rnagnitudinAm excedentes. Sunt plerumque hteidis· simae, nigl'ae, 'Cel s1thriridi colore conspersae " {m'te dentes mola l'es Lu­pi marini, alti etiam piscis, cui nomen Sargus , Spargus cc. Ab atwto­ribus appellanlur Bufonites, Batrachites, Chclonites, Lycodontes, Scu­tellatos, alù'squs harhar1's nominibus.

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dentità. Laonde, senza ritenere come assolutamente ben fondato il genere sferodo , conveniamo che })rovvisoriamente giovasse conser­l'arlo, fino a che altri faUi non intencng'ono per hen chiarirci su lale quistione.

§. II.

Non è lo stcsso però delle specie che sotto questa denomina­zione generica reg'istrò l' 1\gassiz.

Enumera egli in faui ben i 9 specie di Sferodo, tredici delle quali descrive, e ne porge la figura; e di sci altre dà i soli nomi, promeltendone la descrizione e l'immagine. In ciò fare pcrò non curò l'autore di assicurarsi se le differenze di forma e le piccole variazioni di struttura fossero da attribuirsi a differenze posititre di pesci, cui quei denti appartennero, o fossero di parti distinte del­l'armatura dentaria d'una sola specie. In fatti, esaminando l' ar­matura dentaria, sia del genere Crisofl'ide od A,tL1'ata ( Chryso­phrys vulgaris), sia del genere Slll'gUS, è lieve cosa avvedersi della diversità di forma de' denti che spettano agI' intermascellari da quel­li dell' o~so dentario, e maggiormente degli altri che armano il pa­Jato : lo stesso intcndesi degli omologhi che appartengono alle man­dihole. Sono incisivi o faui a scalpello i primi, e l)ro})rio corris­]londono al tipo dc' denti dc' lUmmniferi ruminanti. Sono molari i secondi, quasi emisferici, e rappresentano gli Sferodo della Fauna antica; e quelli che l' 1\gassiz denomina Sphaerodus lens, irrL:J u­laris, depressus eco sono le svariale forme che ricuoprono il pa­lato, le gingivc interne eco Quegli altri poi che rgli appella Sphae-1'odus milrula, conicus, cc. possono appartenere anche all' esofago, rl'lando non fossero di quelli che armano la parte posteriore delle mascelle e delle mandibole. Lo stesso 1\gassiz, discorrendo dello

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Sphaerodus lens dichiara, essertene de' più o meno allungati, cilindrici, appiattiti pi'lì o meno, e de' conici più o meno rilevati. E qui l' A. soggiunge = è inutile ripetere che queste determinazio­ni non possono essere riguardate come definitive, se non quando si sarà trovata una mascella intera.

Con quella franchezza poi che si addice al vero ministro della )) scienza della natura dichiarava 1'1\.. medesimo « mTere de' dubbi so­)) pra la identità di quelli effigiali sotto i numeri 61 a 67, a cag'ione )) della loro grandezza. lo li riguardo provvisoriamente, dice egli, come » una gl'ande varietà dello Sphael'odus lens', salvo a farne più tar­)) di una specie distinta, quando possederemo più aml)ie conoscen­)) ze su questo genere rimarchevole )).

Dalle quali cose evidentemente risulta, che le specie del gene­re sferodo, in mano dello stesso suo autore, non furono che deno­minazioni poggiate sopra certe contìgurazioni e modificazioni della corona , quali si offrono alla vista di ognuno; e non già il risul­tamento di osservazioni l'icamLe dalla natura nello stato normale; ovvero da modificazioni intime dell' organismo. Epperò, codeste mo­dificazioni, avverandosi sopra denLi di una medesima specie di pesce, e solamente appartenenti a diverse parti della intera armatura den­taria, non sono bastevoli per esser l)rese in considerazione di ca­ratteri specifici, siccome attualmente figurano. Laonde, non poten­dosi nepllure definire recisamenLe quali di siffatta sorta di denti ap­partengano a specie distinta, e quali altri siano di pertinrnza loca­le di una medesima specie, conviene provvisoriamente conservarli ('oi nomi appellativi co' quali sono stati indicati finora, anche per non indurre confusioni od equivoci nelle loro allplicazioni in geologia; ma senza pregiudicare con ciò la scienza, e con riscna di poter l'ivenire su questo argomento quando potremo spamlere alquanta luce maggiore per rischiarare lc cose che restano ancor duhhie pcr ora.

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Per la meJesima ragione quindi è giuocoforza distinguere con un proprio nome specifico tuLli gli altri, che non si possono l'ife .. l'ire alle specie già denominale, da cui si distinguono I)or partico­lari caratteri, mantenendo il pl'incipio regolatore dal quale fu gui­dato l' Agassiz.

§. III.

Entunerazione delle specie descritte dall' Agassi~, loro ca· rallm'e distintivo; e critiche OSseT'l'uzioni inlO1'1w alla (orma, pertinenza, e località o terreni ne' quali si trovano.

1. Sphaerodus gigas, Ag.

L' addieUivo di questa specie indica già essere il mag'giore di quanti se ne conoscono. E qui è da notare che le dimensioni non sono caratteri essenziali, ma di semplice relazione. Il carattere più proprio potrebbe riporsi con l'a. nella sottig'liezza dello strato di smaI ... to; la qual cosa dice pure relazione alla spessezza dello smalto delle altre corone. Egli è però certo che in questi grossi denti emisferici l' orlo della corona non è proporzionalmente cosÌ spesso come le sue dimensioni potrebbero richiederlo; e si termina con pochissi­mo o niun collare; differenza che meg'Iio si avverte quando dire· mo della srguente sl)ccie.

Lo Sphael'odus gigas vuolsi pertanto caratteristico della ")r .. mazione del Giura, perchè ivi fu incontrato dell' Agassiz.

l\:oi lo abbiamo ottenuto dall' Eocene delle basse falde della Thlaiella. Lo abbiamo rappresentato nella Tav. III. fi~I. 1. In qucsw escmplare Irovasi un indizio ang'ustissimo di anello basilare sopra mrti. della " '~l . periferia; ma in altro identico esemplare questo in~

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dizio manca del tutto; e nell' uno come nell'altro lo smalto della co­rona è sottilissimo, almeno per quello che lascia vedere l'estremo suo lembo. Di color verde g'lauco è l'uno, un poco torchiniccio l' al­tro, ed un poco gialleggiante sul margine. Diametro 13 mill. L'al­tezza sta al diamo :: 9: 16 - 37: 84 in altro.

2. Sphaerodus annularis, Ag.

Il carattere ch' eminentemente distingue questa specie consiste, secondo l' Agassiz, in una depressione circolare, che trova si presso il margine inferiore della corona, il quale mostra di essere quasi circon­dato da un anello. l\Ieglio si direhbe però esser questo anello una zona più o meno larga, che talora scende perpendicolarmente sul piano, tal altra segue il cammino curvilineo della superficie convessa; ma sem­pre s'interrompe, si restringe, e si costituisce da rughe trasver­sali piiI o meno numerose, or poco, ora bene espresse. CosÌ le si veg­gono sopra gli esemplari effig'iati sotto i numeri 1 a 6.

L' esrmplare e11ìgialo solto il numero 2 à l'anello cosÌ neLla­menle espresso, da non lasciar duhitare (Iella sua perfetta identWl col tipo ch' ebbe prrsente l' Agassiz quando istituiva questa specie; negli alLri "Varia alquanto; siccome si mo(lifica la forma , la gran­ùezza cd il colore.

È ùesso emisferico, stando l'altezza al diametro :: 1: 3. Il diametro è uguale a millimetri 0,009;)°. È un I)OCO appianato nel

mezzo per effeUo di usura. Il suo colore è fosco-giallastro, con anello nero marg'inalc,

«uasi trisulcato , con delicatissime stl'ie perpendicolari, fig. 2 (t.

Dentina crassa, profondamente scavata nel cenlro , Hg'. 2 b, per l'inserzione del sottoposto germe.

Proviene dalla calcarea tenera di Lecce, Gl'e non è infrequenlr.

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Trovasi simigliante del tutto a questo in Pietraroìa (Tav. III, fig. 3 a 11 ), nel quale diverso è solo il colore, fosco verdiccio cioè nell' emisfero, giallo d'arancia essendo la fascia terminale od anel­lo, con profonda linea separatrice; la fascia si dilata alquanto gra­datamente in giù.

Il diametro è uguale a 0,0103, il quale sta all' altezza :: 7: 12. Non diverso da questo è un' aUro proveniente da quella stessa

ealcarea tenera di Lecce. Di questa medesima località molli altri, ritenendo gli stessi

fondamentali caratteri, variano solo, ora per la intensità deHa tin­ta, ora per essere quella dell' anello nera, ed arancina quella del­l'emisfero.

La fig. ~ ne rappresenta uno, nel quale l'anello è squisitamen­te distinto, essendo cilindrico, increspato eco Le figure a, 6, 7, ed 8 , rappresentano le altre varietà più rimarchevoli, passando tutte da grado a grado insensibilmente.

La figura 6 ne rappresenta uno, il cui emisfero è abbassato o quasi appianato obbliquamente, prodotto senza meno dalla compres .. sione dell' opposto.

Nero del tutto, e non perfettamente circolare nella base è quel .. lo effigiato sotto il numero 9 , proveniente da Cerisano (t).

(1) Moslrasi sorpreso il chiarissimo Pictet per aver letto nel Giorna­Je di Leonard c Bronn , che io trovato avessi il Corax falcatlls lllSleme a1l0 Spham'oclus annularis in Cerisano.

11 lo non s o che pensare, dice eg1i, delle specie indicate dal Sig. » Costa sotto nome di Corax falcatus Ag. ( superiormente riunito al ge­») nere Heterodon ). É questo stato trovato in CCl'isano ( reame di Napo­)l li ), e se devesi prestar fede al Signor Costa, è associato con delle » specie tI-iassiche (Sphaerod~~s annularis) c terzial'ie. (Pictet, Paleont. )1 ediz. 2, pag, 21,0).

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3. Spltam'odus C1'assus, Ag. (Tab. 70, fig. 101-102).

Distingue con tal nome il precitato Autore quegli Sferodi, la corona de' quali à uno smalto crasso, oppostamente a quella della Sph. gigas, col quale in ogni altra parte conviene.

nfa, dimandcl'ci io al Sign(ll' Piclct, da quali fatti emerge che lo Sphaerodus Oml'ltlm'1's fosse specie esclusivamente triassica ?

L'Agassiz, che pcl primo distingueva tale specie, la ricevè dal Conte Mnenster, e dubitati\"amentc la credè del Ceilan: pascia n'ebbe un altro dal Signor Alberti, trorato ne' depositi sabbionosi superiori del ]{EUPER,

il quale dice essergli sembrato della stessa specie. Non è dunque detto per alcun modo che lo Sphael'o(lus annularis fosse specie fl'iassica.

nla, di geazia, quando l'Agassiz così sCl'iveva, era egli consapevole che in niun altro teITeno <.Ii epoca divel'sa si fosse trovata questa forma di denti? S'egli era ancora incel'lo del genere; e se le specie sono mal de­finite, c per lo pill nominali, come pl'ctendel'e che ciascuna fosse camUe­ristica non dubbia di questa o quella fOI'mazione! Se le ricerche istituite finora non sono che troppo anguste, anzi infinitesimali , con qual cI'iterio 5i possono, stabilir leggi senza eccezione veruna?

Per non rivenire su tale argomento un' altl'a fiata, piacemi riferire qui ciò c,he lo stesso chiarissimo Pictet poco innanzi notava ( pago 205 ).

» Il Signol' Costa (e quì si rifel'isce a Leonard e Bronn-Giornale ecc., 1851) » cita tal une dene precedenti specie ( del gen. Sphaerodus cioè) nei ter­)I reni giuraSSIcI dei contorni di Napoli. Queste sono lo Sphaerodlls annu­)l laris) e Sph. cinctus trovaLo in Cerisano, e lo Sph. gigas nella ~Ia­

iella. Questo arti.colo, con buona pace dell' egl'egio A., racchiude alcuni erro­

ri talmente jigati tra loro , ch' io non sapr~i da quale prender le mosse per distrigarli ed emendarli. FaI'Ò dunque notare dapprima che nè io , nè altri à detto che ;.ili ~ferodi di Cerisano giacessero in tel'l'eno giurassico: nè in CeJ'isano ,i è 1!'Hccia di silfaHo tel'reno. Quelli provenienti dalla ~Ia­iella) è stalo deUo i',-,ersi trovati in Bucchianico, nelle basse falde del-

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Veramente per constatare siffaLLc differenze cOll\'ien disfare la tOl'ona. l\lè poi saprei quanto apprezzar si potessero; mercecchè potreh­hero esser cagionate codeste differenze da cause puramente eventuali, o almeno da condizioni parziali, nelle quali gl' individui cui apparlen-

la ~laiella , ore il giurassico) sc talc fossc il calcare di quel ~Ionte, (~

svanito, e vi succede il terreno subilppcnnino. É dunque un arhitt'io l'es­sersi detto che coteste specie di Sfel'odi siansi h'ovate in terreno giuras­sico; nè da me è stato asserito.

~Iaiella e CCI'isano sono poi tilnto discosti da Napoli, quanto Ginevra !la Torillo, da Chambel'l. Quindi non pal' \'CI'O chc siasi potuto dil'c ~tlll'

Cerisano e Maiella ne' contorni di Napoli, PCI' altra parte, sa tutto il mondo, che i tel'l'eni de' contomi di Na­

poli SOIlO Hllcanici , almeno per un raggio di 15 miglia. I più prossimi terreni di sedimento sono il ~Ionte S. Angelo di Castellammare, da un Ia­lo , cd il TaLul'I1o dall' altro,. CSS(lIUlo poi ancora indeciso se queste fOI'-1l11lzioni Ilppartengano al teneno giurassico o al cretaceo.

Il Pidet stabilisce pel' canone esser proprie dci te['['eni giura:isici le scgucnti specie: SphaCl'O(111s microdon, li gas.

minor, id. gigas, id. amwlaris , id.

--- scmiglobosus , Dunek. subanntllal'is, ~Iucns t. hybl'idlls, id, tcll'flgonunts, id. ~llbradiallls, iJ. de' terrrni ·cretacei. nettcomtcns~s J Agas.

-.11lilrula, iJ. craSSllS) id.

- icmds, nl"I:3.

- l'Uguloslls, Egel't. scmiglobos'lts, Dunli. (nollPictct ). dc' terreni terziurii. lens, Ag. ll'ltncatus, id. il'l'egulal'is , id. de]Jl'CSStlS, id.

-- ]Ja1'mts, id. - ciuchts) id. - pygmacus , Mucnst. - s'L!btnmcalus, id. - cingulalus , id.

- poliodon, Sism.

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et "-'" -.d -

nero si trorarono il rircre. Nullameno, rilcl1elHlu pCl' f('rmo questo (.1-

l'attere, lo si lrora nel mag'gior numero dcg']i Sferodi dell' Is. Piannsa. In quesLi, di grande dimensione, m:endo i maggiori un diametro di l&.. millimetri, lo smalto è rel'amente assai spesso; ma nel resto dc' loro caratteri non diIT~riscono Jilll' annulal'is, m'endo come que­sto l'anello ristretto, Sh'Ìilto, cd anche di colore direrso, come i })recedentemcnle descriUi; e ne lrm;i dc' piil o meno conves~i, re­golari ed irregolari, depressi tahmi nel mezzo, ce., tutti sono poi di un colore giallo-terreo poco splendente.

Bi tal natura è pur quello che trovasi in mezzo ad altri nel-1a calcarea tenera aì Lecce (Collez. nostJ'a n.o 1.), e nel qUille l'anello hasilare è nettamente espresso, come redcsi nella fig. 2-

della nostra Tal!. Hl, mentre la corona è crassissima, come la si l'uole nel Cl'assus.

In fine novera ]e quattro tre seguenti speciC come appartenenti a terreni

di età indeterminata, cioè: Sph. disCllS, Ag. -- conicus , id. - OCUlllS serpentis, id.

Ed avvertiremo che nella prima edizione della sua Paleontologia lo stesso onorando Pictet ripose lo Sphaerodzls anrmlllris e minim11s ne' tel'­reni triassici, mentre nella edizione seconda si trovano registrati tra quel­li de' terreni giurassici.

Conchiudendo questa nota mi si permetta ripetere = essere anCOl' tem­po di ricercare, ed estendere le investigazioni paleontologiche, troppo ristrette sembrandomi quelle graffiature futte fin qui sull' epidermide ter­restre' ed io avrò tra breve occasione di darne limpidissima prova. Per , ora serva di esempio la presente monografia degli Sphaerodus dc' terreni

terziarii d'Italia.

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4. Sphaerodus lens, Ag. (Tab. 70, fig. 22-61).

Non si può alt l'i menti discorrere di questa pretesa specie, se non riferendo testualmente quel che ne dice il medesimo autore. » Si trova nel terreno terziario di Osnabruck una quantità di pic­)l coli denti , che sebbene di forma molto variabile, ànno nondime­)l no una cerla aria di famiglia, la quale fa sì che non si provas­il se punto ripugnanza (l'identificarli. Essi sono in generale assai » piccoli ed ànno tutti una bella tinta giallo-rancio. La loro forma » è comunemente circolare; ciò nondimeno ve ne sono pure dei » più o meno allung'ati ; altri sono anche cilindrici, questi sono » senza meno g'li anteriorÌ. Nel numero de' denti circolari ve ne so­) no de' molto appiattiti, ed altri che, peI contrario, sono conici }l e piìl o meno rilevati.

l) È inutile ripetere che queste determinazioni non possono l'i­» guardarsi come definitive che quando si sarà trovata una mascel­» la intiera. Frattanto, io non debbo punto nascondere di aver dei » dubbi sopra la identità delle figure 61-67 , a cagione della 10-l) ro gran dezza. lo li riguardo provvisoriamente come una granele )l varietà dello Sphaet'odus lens , salvo a farne piìl tardi una spe­» cic particolare (lll1lOdo possederemo più ampie conoscenze su que­l) sto genere rimarchevole »).

Dopo queste sì chiare manifest.azioni dell' Autore, io non trovo necessario aggiung'ere una sola parola per dimostrare su quali in­eprtezze e sopra quali vaghe conghietture camminava l' Agassiz 101'­

chè discorreva di tal sorta di denti. Pare impossibile che un uomo di tanta sagacia e sÌ acuto di mente siasi potuto accontentare dì siffatLe leggerezze per gittare le basi di un genere , e pel' sellarar tante specie!

Che se si dovesse ora ritenere come specie la sopraindicata, noi

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tro\'crcmmo lI' applicarne g'li esempi a quei molti prorenicnti da Poggio piceno, "Volgarmente Poggio Piacen::a, presso Aquila. Tut­ti piccoli fino ad arcrnc di un millimetro di diametro ; or convessi, ora depressi, alcuni allungati, altl'i conici, ed alLI'i cilindracei; tutti 11erò costantemente di un bel nero lucente (1). Non mancano però (li simiglianti denti nella pih volte citata calcarea leccese, ne' quali scIo il colore è g'iallo-arancio. Uno ancora ne abbiamo ottenuto dalle basse falde della lliaiella, l. d. Rafcntc eli Caramanico; inca­stonalo in un masso conchigliare terziario con Turritelle, Cerizii, ecl altri testacei, strettamente cementati tm loro con poca calcarea. Ci­tiamo per questo esemplare la fig. 28, della Tav. 73. Agas.

Forsi un giorno si scopriranno altri' denti in Poggio-Piceno per i quali "Verrà chiarito il dubbio, che per ora rimane, se i {:;'ià descritti l)ossano appartenere al genere di cui è parola, ma di spe­cie diterse. Lo stesso è d'attendersi per quelli di Lecce e delle ri­manenti località.

5. Splwerodus ù'1'eguluris, .f\g. (Tab. 73, fig. 64-81).

Di forma ellitt1'ca o cù'colare; mez::.anamenle tumida, poco elevala, :r.lando l' alte:::,za al dimnel1'o :: 1: 3. Smalto della COTona molto spesso, e di un bel nero. - Proveniente da terreno terziar'io.

Nella nostra Tav. III, la figura 12 esibisce l'identica forma proveniente da Cerisano.

(1) Nella prima parte della Palcontologia del Regno di Napoli, Tav. lX, fig. 23 , 25 e 26 se ne sono rapprf'sentati tal uni , rifCI'cndo il pri­

mo allo Sp. iTreglllar~'s, il secondo e terzo allo Sph. lens. Tutte le svariate forme di denti tI'ovate in Poggio-piceno convengono

con quelle dell' armatura dentaria della Chl'ysophrys wlgal'is del nostro

.l\Iediterraneo.

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1\ questa spccie sarebhe da riferirsi ancora il dcnle rffigiato nella mcùesima Ta\'. fig'. H,. Nè dh'crso da quesli si ll'ora l'aaro rappresentato dana fig'. 'lO della Tav. II. Faremo notal'e però che il primo (Tal'. III, fig'. 16) meglio rappresentcre1Jhe l' ocullls-sel'­penlis; il secondo e terzo differiscono soltanto da quelli ch' l'hbc fra le mani l' 1\gassiz prl colorito, chè i nostri lmno lutti una tinla giallo-terre a c qualche l'olta di arancia.

Tutti però tro\'ano la loro simiglianza col maggiore de' mola­ri iniemi del g'cnere Sal'gus, e meglio ancora con l'omologo della Cln'ysoph1'Ys , Tav. II , fig. A 8. In quanto al colore ne ò pu­re uno bianchiccio, ma di minore dimensione, e questo meglio conviene coll' identico citato della Cl'isofride virenle.

6. Sphaerodus depressus, Ag. (,3, fig. 3-10)

C01'On(~ poco tumida ed anche q'lwsi piatta.

È questo il carattere che l' Agassiz assegna come distintivo della specie; ma non cessa di dichiarare, che sotto altri Tappol'ti essa lJOCO d'ifTerisce dct quella clello Sph. il'regularis e Sph. par­'l)'us. Sempre si nuo ta dunque nelle medesime incertezze. Ed io sog­giungo, che non dhrerso trovo il Phyllodus umbonalu,s Muenster, pro­venienle dal Il/Eocene di Vienna, del quale si ànno !) esemplari cosÌ etichettali solLo il n.o 11904 della collezione della Scuola di Appli­cazione del Genio Civile in Torino. Sono essi di color brunI() nero, taluno piil grande di quelli che ne rappresenta l' Agassiz, e che e­videntemente somiglia al molare posteriore maggiore della tuttora vivenle Chrysophl'ys, come i due altri superiormente notati. Tra r Ì1Tegulm'is dunque cd il depressus non si può trovare alcun li­mite.

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7. Spkael'odus panus, Ag. ( 'l'ab. 73 , fig. 3-10 ).

C01'Ona eli {orma circolaTe e molto alta per rapporlo al diametro; fallino dc' denti piallo nella superficie per effetto di [oeorazione. (( E dilfi­» cil'issimo e quasi impossibile, soggiunge l' A., (l1'sfingllere questa specie Jl pel solo disegno dallo Spb. inegulmis, di cui non sal'Ct probabilmm­II le che ~ma '1)a1'ielit locale ».

lUa sarà egli lecito fomlare una specie sulle semplici dimen­sioni, mentre la nalura ne porge infinili es empì di armature den­tarie svariatissime per grandezza dc' denti, come per la loro forma, tutti riuniti in una medesima specie? Lo Sphacl'odus parvus, che l' 1\gassiz rappresenla nella fig. 11 a 13 della citata ta\'ola, non differisce punto da quello da me effigiato sotto il numero 2, quan­do se n' ccceLtmmo le dim~nsioni : e della grandezza di queUi che ebb'e sotto gli occhi l' Agassiz, ancor io ne posseg'go taluni, i quali prorengono dallo stesso terreno di Cerisano, ed accompagnano l' ann'lllaì'is, quale io lo ritengo per i suoi eminenti caratteri.

L' Agaesiz ebbe i suoi esemplari dai terreni terziari di Cassel.

8. Sphae1'Odus discus, }\g. ( Tah. 73, fig'. 62-67 ).

Circolari) Tegolari , corona delicatissima.

9. SphaC1'odus cincltts, Ag. (Tah. 63 , fig. 68-70).

Ecco una ripetizione di quello che l' l\gassiz diceva parlando

dello Sph. lens. ») lo riunisco , dice egli, sotto tal nome denli di forma dif-

) ferentissima , ma che credo ciò nondimeno idenlici perchè pro\'c­») nienti da un medesimo giacimento, e che quindi ànno essi un ca~

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)) raUere comune che li distingue da tuUe le specie fin qui cono~ )' sciute; questo consiste nell' essrrc ùistinLamenle pieghettati nella )) hase ( fig. 78 e 7!) ). lo \:i l'arriso in conseguenza il denle del~ )) la fig. 68 come un ùente anLeriore; e quelli delle figure 69 e

)) 79 come spettanti al fondo dI'Ila gola. L'Autore ripete f!un([Ue SO\icntc dallo g'iacimento comune il pri~

mo criterio della identilà spcciflca, senza punto curarsi del1a diver~ sità della forma. Lo stesso deLlato trO\'i, anche piti largamente, nello Sph. lens. Assegna poi per carattere distintivo comune lo aver nella hase della corona delle pieghe o rughe \'erticali sensibilissime. Se si vuoI ritenere questo carattere quale si trova espresso nella fig. 68

citata dallo stesso Agassiz, nel quale le pieghe o rughe sono assai bene pronunziate, io dichiaro non esserrene alcuno tra tanti che ne posseggo che possa a questa specie riferirsi. llIa se pei contrario con ciò si volesse esprimere qualsiasi rugosi là , piega, o rima qua~ lunque, non ve n' è alcuno in cui non si trovassero di tali pieghe. 1\ questa specie allora sono da riferirsi quelli da me effigiati nella 'fav. II, fig. 4,~a, provenienti dall' l. Pianosa; i quali d'altro lato anelerebbero tra gli Sph. parvus, fig. 1.8, e truncatus fig. 19, ma di gran lunga magg'iori. Il prof. Sismonda trova tale specie in Pie~ monte (Pesci e erost. del Piemonte. Tav. 1., fig. 1.-.t).

10. Sphaerodus mitrula, Ag. (Tab. 73, fig. 71.~ 73 ).

D,i forma ~·e90larù.sima, di mezzana statura, corona molto fpessa, t di color bruno-carico.

1. t. Sphaerod1ls conic'Us, Ag.

Procl,isoriamente d,istinto per la sua for'ma elevata o subconica. S. accosta moltissimo allo gigas per molti rapporti, fra quali per le sue di-

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mensimd. À una linfa particolare che sembra indicare un giacimento di­t'et'so da quello.

Qui non ci dice l' i\. qual sia il colore della presente specie. Tace sopra i molti altri l'apporli che dice avere col glgas, e gli assegna un nome che nella sua applicazione trova appena esser R1J b-coni co .

12. Sphacl'odus octtlus-scl'jJcnlis, Ag. (Tab. 73, fig'. 20-21).

I denti di questa specie sono rimm'chevoli per llna tinfa gialla par­ticolare che n'chiama molto gli occhi de' se/penti. À/lno poi una smargi­natura che non saprei ~e (usse costante e normale, sembNlndomi una (rat­l,ltra nei due esemplari che ò solto gli occhi.

Questo daUalo dell' Agassiz credo che trova la sua completa applicazione nel dente da me effig'ialo sotto il numero 10, ove la smarg'itura è naturale. 1\la sarei di aV\liso che con tal nome andreb­he meglio insignito uno di quei tanti esemplari provenienti da Pog­gio-piceno , il quale realmente per la sua colorazione rappresenta un occhio di serpente. Esso tl'ovasi effigiato nella Tav. III, fig. 16, u. A. B. - Depresso, subovale, con pupilla nera, iride gialla, e cornea nera.

Specie che sembra propria del terreno cretaceo, dice l' Agas­siz. llia quello da noi descritto proviene dal calcare mioceno deI­l'Abruzzo ultra secondo.

13. Sphaerodus tl'uncatus, Ag. (Tab. 73, fig. 19).

Rimarchevole per la sua (orma massiccia ed elevata, e conseguente­mente troncata. Nella base della corona qualche grossa piega irregola7'e.

a

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L' llgassiz dubitava perfino se questo denle appartenesse al ge­nere Sphaerodus; nel qual caso dichiarU\'a, ch' esser non può che un dente anteriore; alla quale sentenza ]0 confortava la simiglianza ch' esso il coi denti anleriod di Placodus.

L'esemplare esiste nella collezione del Conle ~liinster, e pro­l'iene dal terreno terziario di OsnabruclL

Dopo ciò l' Agassiz fa menzIOne di altre sei specIe, che pro­mette descrivere più lardi, dandone per ora i soli nomi specifici. Essi sono i seguenti :

Sphae1'odus minimtls. mammillal'is. Neuconiicnsis. micl'odon. 1'homboicLalis. minor.

A questa serie si potrebbero aggiungere molte a1t.'e specie, quando adottar si volessero le norme che ànno guidato l' llgassiz in siffaUe specifiche determinazioni. ~Ia io ò la convinzione cile molle di codeste differenze possono benissimo appartenere ad una specie sola; della qual cosa ne porgono esempio non equivoco i due ge­neri Sargus e Ch1'ysoph1'ys, come tante fiale si è ripetuto (1).

(1) Le critiche osservazioni preposte pCI' ben intenderei in ciò che noi pensiamo intorno alle specie del pretpso gl'nere 8phaerodus , sono ap­plicabili eziandio alle specie de' genel'i Cal'carQdon, Oxyrhyna, Lamna, Olodus ecc. ; ne' quali generi si trovano mutarsi le forme, le gl'andezze e qualche altro carattere passando dai denti anteriori mediani ai laterali e posteriori.

Che se io ò seguito l' Agassiz nel h'altare di tal sorta di denti, nel­la Panteologia Napolitana, c,onh'o il mio avviso, ciò è stato fatto P et' non indurre mutamenti a danno della reciproca intelligenza fra i cullori di que­sta bmnca di naturali dottrine; senza con ciò aveI' mancato fame anerli­to il lettore in parecchi luoghi lli quella trattazione.

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Se non che giova far notare per magg'ior chiarezza delle conclusiu­ni alle quali giungeremo:

i. o che nell' 1\lgcl'ia, i denti incisiri pel' i quali si l)fOPO­ne il genere Anlrodonla, sono accompagnali solo con qualche raro dente molare posiel'iore (Chl'y~wplLOl'yf; sifi(ensis Valanc.), e simil­menle de' molari emisferici (Spltacl'odns, Ag.), che il Va]anciennes non impropriamente rifcl'isèe al genere Sargus.

2. o che gli slessi incisit'i, in Cel'isano, sono accompagnati ùa altri identici per sostanza, stroLtura e colore, de' quali non trovo in alcuno altro deposito esempio di sorta. Sono frefluenti altronde i molari emisferici (Sphacl'odus, ,\g.); e rarissimi poi i molùl'i po­steriori dell' arco dentario.

3. o che nella calcarea Icccese si h'mano non infreqnenti i molari emisferici , comunque s\'ariati di forma; ma fin qui nOll si è trorato un solo di quelli incisivi.

4. o Similmente, nella calcarea di Pogg'io-piceno si trofilllO frequenli i molari emisferici di ogni gTandezza, e di svariata for­ma, quasi costantemente neri, eccetto qualche caso raro; senza essersi incontrato alcuno, sia deg'l' incisivi, e sia dc' molari esterni o laterali.

a. o L' I. Pianosa ci offre ora in copia lulle codeste forme dentarie; e per dippiù quell' altra armatura linguale e palatina, di CUI sarà data la descrizione qui appresso.

Si potrebbe supporre dunque che siffaUe discrepanze derivasse­ro, non solo da circostanze eventuali, ma pure dalle ricerche più o meno assidue ed accurate. Senza negare del tutto queste possihilità, debbo qui dichiarare che, in quanto a ricerche, quelle praticate in Lec­ce sono per assiduità di molti anni, e per estensione superiori a quante altre se ne sono fatte altrove fin qui. Quelle fatte in Ceri­sano non sono state ancora scarse. Laonde da questi diversi risul-

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lamenti l)al'rebbe doversi conchiudcre , che non sempre i denti emis­ferici, o S(el'odi, dehbono appartenere a quella stessa genia di no­tanti, alla qUille spellano gl' incisi\Ji che formano l'attuale nos!l'o ar­g'omelllo. Contrariamente per!) le associazioni loro coO\'engono neHl> quattro localWl ; Slaoneli , Cerisano, Pianosa e S. Quirico.

L'Isola Pianosa ne porge per dippiil quella sorta di armatu­ra dentaria interna (l), la quale escluderehbe a parer mio l' asso­ciazione di molari emisferici, tanto per ]a ben diversa slrutlura e

:;;ostanza , quanto per la inconcepibile loro posizione. l\lcntre dunque è da ritenersi, che gl' incisiui da \Talancienne~

(lcfiniti del gencl'e Sargus, e de' quali fa la ~pecie di S. Jamni­lanus, i molari ch' eg'li crede spcUare a specie diversil, S. 1'CSOC­

('urritanus, i due del S. siti(cnsis - quelli che definisce per molari di Sm'gus, fig', 9-14 - e quello di cui fa la C1'ysophl'ys, non sono che denti di un medesimo genere, e forsi anche di una ~tcssa sprcie, e solo di diversa posizione, come tutto ciò realmente :-i trova ne' due summenlmmti generi. Il genere però non può esseri,' ll{~ Sar[jH.'I nè Chl'ysophl'ys, per quello che è stato precedentpmcn­!p esposto ~ e per quanto altro si (rora coscg'nalo IIella terza parte (pag. 1 :!a) della Paleontolog'ia del Regno di l\Jnpoli.

Egli è dunque chiaro, s(' non mi sono illuso, dm!ersi fondare })('[' questa specie di combinazione dentaria un grilNe nuovo, ch' io propongo col nome di Anfrodonfa , cosÌ (h'finito :

)) Incisivi larghi e grossi, con radice quasi uguale alla coro­na in larghezza ed altezza. ~Iolari esterni conici o qmh'l coniri.

) l\lolm'i interni emisforici di svariata oTandezza ed anche di fio'n-~ ~

)) ra diversa )) (2).

(1) Vr(li la descrizione nrl capitolo sr:~tI('ntr.

(2) Calcol.l1a il :3ignol' ValanciclInes, .. Ile la dimellsione del pc~('e, a

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~.,

- vM -

Località. - Staoncli nell' l\ffl'lca. - Cel'isano in Calabria. Pianosa presso l'I. Elba. - S. Quirico nella Toscana.

Altro genere poi convien creare })er quello apparato dentario della Pianosa, I)cl quale propong'o il nome di Plinthodus.

CAPITOLO V.

DEL GENERE PLlNTlIODUS nob. (1).

Armatura dentaria del palato e della faccia interna delle ma­scelle costituila da denti quasi piatti, posli a modo di maltonata , e soprapposti gli uni agli altri similmente e per piìl strati. Denti esterni conici o quasi tali?

cui appartennero gl' incisivi in parola, avesse aLlinta la lunghezza di un me­

tro e mezzo) fatra proporzione tra i denti fossili con que1li del genere Sal'-

9'US de' mari attuali.

Se si potesse ritenere per fermo, che la grandezza de' denti fosse sem­pre proporzionale il quella del capo, codesla dimensione io non la trol'erei (·sagl'rata. Pl'rocchè in un Sargo di un piede di lungo (peso rol. 1), il diametro o larghezza della corona del mag8'iore incisiro è uguale a milli­metri 0)0028: quello dell' incisivo fossile è di millimeh'i 14, dimensione alla quale non giungono gli esemplari esaminati dal ~ignor Valancicnnes.

I più wandi esistenti nella collezione dt'lIa Scuola di applicazione di Torino ànno la larghezza di millimetri 13%. Quindi si à la propol'ziollC di 28: UO, o di I: 5. Sarebbe quindi il pesce fossile di piedi 5.

DIa è costante in natUl'a che il capo sia il primo a svilupparsi: e pc­rò la sua grandezza non Cl'CSC" in ragione chc sviluppa esso eJ il COl·pO. Quindi a me sembra non dorel'si lenel'e pcr esalla la proporzione slabilila dal Signol' Valancicnnes.

(1) llÀw9-oç opera la!crÌzia, cd OlGuç dcnte.

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È da qlle~La disposizione semplice e chiara che si è riem:ato il carattere pl'oprio dI'l grnere, e la sua denominazione, ch' esalta­mente la eS]H'ime; cioè, dentalura fhUa a modo di malionata, ocl

opera lalprizia , come i romani la dissero. 1\1on può dil'~i lo sLesso de' denti che armano l' 01'10 delle ma­

scelle, o Mnti eSlerni, <1(" (l'Iali non se ne conosce veruno normal­mente ad esse aLlaccalo, od impianlato nl'l proprio alveolo. Si tro­rano è ve'fo riunili insieme in un mClh'simo luogo, Lanlo i predetti denti palatini e mas('ellal'Ì interni, quanto i denli conici o di altra forma ci Lati gi~l lm g'li Sferodi, ma ciò a parer mio non basla per potere ail'ermare che gli lini come gli altri appartennero ad un me­desimo pesce. Questa sorta di criterio, di cui non ignoro essersi m:valuto taluno, come l' i\gassiz, parmi insuffieienie per un giu­dizio esatto ed incontestahile. Che se riò fosse ammissibile, si do­ll'ehbe del pari convenire che i pretesi Sferodi, e quegli altri ùenti che il Valanciennes riferisce al genere Sctrgus, spettassero ugualmente ad una stessa specie, od alnwno ad un medesimo ge­nere, perocchè tutti coaliti si trovano nella stessa roccia, e quasi in un sol punto. Se nonchè, l'apparato palatino, del quale è qui parola, è solamente nell' I. Pianosa che siasi trovato associato con quei denti a foggia d'incisivi umani, o del genere Sargus , come li vuole il Valaneiennes. Nel Piemonte, ove una specie cong'enere al nostro Plinlodus trovata il Prof. E. Sismonda, rra questa ac­compagnata solo con sferodi conici ed emisferici, come meglio ve~ dremo qui appresso.

Per tutte coteste considerazioni a me pare che, almeno per ora , la sorte di armatura dentaria palatina della quale trattiamo, .lebha esser considerata di un genere ben distinto; e però si è as­sunLo per tipo, ritenendo come prohabile solamente, che quei den­ti conici, siano oppur nò del genere sferodo , e di specie distin-

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ta, armassero 1'01'10 eslerno della mandibola e degl' inLermasceIIari. Egli è vero che una sLrella analogia si troua tra questo no­

stro genere ed il genere P1zyllodus Ag" quanùo si considerasse la sola sovrapposizione de' denti , anche facendo astrazione, se co­sì si volcsse, della diversa loro spessezza. Il numero di tali so­vrapposizioni di dcnti ùa 4 a 1. O anche meglio ne raITorzerebbe la loro convenienza. ~fa la forma e la disposizione de' denti del nostro Plinlhotlus, e sopraLtlllto di quelli che appartengono alla faccia in­terna della mandibola, sono ben lontane da potersi assimilare e riu­nire solto un medesimo tipo generico coi Phyllodus.

Nel genere Phyllodus i deati sono laminari; e quantunque lo spessore non oltrrpassa un quarto di linea, e quindi non differis­sero in ciò da quelli del nostro genere Plinthotlus, pure, parago­nate al loro diametro , rende i primi lamellari , mentre i secondi sono quasi pisiformi. Nei Phyllodus \1' à, come nei Pycnodus, u­na serie longitudinale ncI mezzo dell' apparato linguale, o palatino di denti laminari assai larghi, accompagnati da denti minori dispo­sti in serie laterali; mentre nel Plinthodus nulla di ciò s'incontra, anzi procedono in senso contrario, come anderemo a dimostrare.

Plinthodus Pisani, nob.

Tav. II.° , fig. 2-3.

La fig. 2. a rappresenta r apparato linguale o palati no di gran­dezza naturale. Come vedesi à dessa la figura di un delta, coll' a­l)ice troncato, e(l i lati flessuosi. Tutto il piano è coperto di denti, molto fra loro stivali, sicchè da tondi divengono quasi quadl'ilatcri l)cr la reciproca compressione latcrale. La superfìcie loro è poco con­,-essa, ben levigata, smaHata c s11lendcntc. I maggiori in larghezza

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sono nel mezzo deUa ma poslc['iore, dai quali allonlanan(losi gli altrÌ gTudatanwnle impiccioliscono. Ve ne sono ~ orùini simmptrieamcn­le soprappm:li gli uni agli alll'i, aHa guisa stessa di un m<lUonato, donde il nome O'cncI'ico. I lllil O'!.60ri sono bianchi come l'avorio; tl nu gli altri, il misura rhe da quesli si scoslano cd impiccioIiscOllO acqui-

stano colore giallo di arancia. Quelli che armano la parte laterale interna delle mandibole e

degl' intermasccllari, rappresentati dalla figura 3 A, E, C, non dis­somig'liano essenzialmente dai lin!Jualf; sono però un poco mello qua­drilaleri de' prf'cedenti, scnsa eSSCl'e perciò completamente roton­di, nè tuui simili ed uguali, come si ~eggono nella Hg. 3 B. Sottoposti a questi, che formano ]0 strato superiore, si trovano al­tri 8 a 10 strali di simili denti, più depressi e piìl tendenti alla figura quadrangolare. In ciascuno strato se ne contano 7 sulla linea laterale corrispondente al mezzo della cavità boccale, fig. 3 C; IO sulla linea posteriore che guarda il faring'e, fig'. 3 A; ed anterior~ mente si riducono a ~ o a, chè non bene e distintamente tutti ap~ pariscono. Essi si trovano normalmente attaccati ad una porzione dell' osso mascellare, qual si vede in tuUe le diverse posizioni del~ le citate figure ingTandite due volte.

l\'on voglio lasciar senza ricordo, che anche nel Sal'gus si tro­vano alla interna cavità della mandibola, e proprio nella parte sua posteriore, alcuni dcnti accessori sottoposti ai molari esterni corri~ spondenti; ma ciò non è lo stesso che quello che ci porge il pre~ sente caso del nostro Plinl1wdus. Quelli del Sal'gus si possono ras­somigliare alla seconda dentizione che in molti mammiferi si a\JlJer~ te. Questi del Plinlhodus trovano la loro analogia nelle diverse ar­mature dentarie de' Plugiostomi.

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- ~'l -Noterò da ultimo lo aver trovato in due frammenti della stessa

roccia, alla quale sono attaccati tutti i già descrilti, due altri pic­~oli denti. Uno di essi, fig. 12, della stessa natura di quelli già descritti, è riferibile al preteso genere Sphaerodus Ag. Esso è pic­lolissimo, non avendo più che 3 mill. di diametro; à figura circo­lare, quasi glohosa, un poco depresso nel mezzo della faccia supe­riore della corona, e con una fossetta profonda nel centro; la sot­toposta faccia radicale è leggiermente concava; lo smalto è spesso ~ di color gialliccio tendente allo arancio.

L'altro rappresentato dalla fig. 13, di naturale g-randezza, par­mi riferibile al genere Sfirna, senza pretendere che sia di specie distinta, non iscorgendosi alcun carattere che lo distinguesse da quel­li della Sfìrna p1'isca 1\gas.

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1,3 -

SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE.

-- "

TAVOLA I.

Figura t,.2 e 4. Fistulana Italica di tre diverse dimensioni ed età. Fig. 3. E la stessa che la fig. 2, a semplici tratti, per esprimere le rughe

trasversali dE'gli accrescimenti successivi della interna valvola cor~ rispondente, i quali si lasciano vedere allo esterno dello involu­cro calcare per la sua tenuità e sottigliezza.

Fig. 5. Embrione di conchiglia trovato allo interno di una piccola Fisto~

lana, la cni grandezza natmale è di 2 millimetri) come la si vede accanto dell' individuo ingrandito, congiunto per una linea a puntini.

Fie. 6. Conclliglia della F~'stulana di naturale grandezza, quale si trova racchiusa nella clava marnosa.

Fig. 7. Impronta di un Trochus microscopico, racchiuso nello spessore del· lo involucro marnoso della clava.

Fig. 8. Simile di un Cerithium. Fig. 9. L' Ostrea crispata di nalmale grandezza - A veduta dalla parte

esterna - B dalla interna - C di prefilo. Fii. t O. Terebraltda selniglobosa? "cdllta dalle tre diverse posizioni.

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- ~4-

'fAVOU II. a

l"ig. A. nlandibola destm della Chrysophrys tulgaris del nIeditl'l'I'ancf) , dr naturale grandezza, al'mata dc' suoi denti incisivi e molal'i, i quali si trovano sul contorno isolatamente ingl'anditi pel' dimosh'arne me­glio la forma rispetlira.

N . o i. Primo dente incisiro anteriol'e, ing'J'andito, c veduto di lato. 2. il successivo posteriore: il 3. 0 è poco mino l'C e poco diverso. 4 c 5. i due successivi, a corona conica, e base cilindrica; i suc­

cessivi vanno mano a mano mutando di figura e decrescendo. 6. il settimo alquanto orale, a corona convessa. È desso il posterio­

re de' molari. 7. il posteriore de' molari della fila interna, il quale perfetfam('nte somi­glia ad uno Sphaerod1ls, slando ha l' annularis cd il depresslls Ag.

8. L'ultimo molare interno, depres.so, e di figura ovalc, veduto di profilo; il quale completamcnte conviene con lo Sphaerodus dcpre~­

sus Agassiz; cd a questo sono riferibiJi, tanto quello effigiato sot­to il num. Il J di questa medesima tavola, quanto quello della Tav. III, fig. 6, il quale conviene c(,l depressus fig. b, Ag.

J:'ig. B. 1. Rappresenta il primo incisivo del Sal'gus Salviani. - et fcduto

dalla faccia intcrna concava - b veduto di profilo: entrambi ingranditi.

2. il maggiore de' molari interni J di grandezza naturale, ed in­gl'andito; il quale conviene col molare della Chrysophrys, in­dicuto dal N.o 7.

TAVOLA II. h

.EiS' 2". a, A. Rappresenta }' apparato dcntario pulatino o lingua]e del Più,­thodus, di naturale grandezza) e qual esso trovasi impiantalo so­pra la roccia.

In A. si rappresenta ingrandito ed li semplici contorni, onde meglio apparisse la disposizione, figura, e proporzioni dci diven~i JCll­

ti di cui si compone.

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In C. vcdesi la pade posleriore, ingrandita come la pI'cceJente, ed al medcsimo oggctto.

In D. viene rapprescnlata dalla parte inferiore quella porzione che tro­vasi a nudo " c che mostra la concava struttura dei denti.

Fig. 3. In A, si rappresenta un gruppo di tali denti appartenenti al lato ma­sce]]are sinistro, veduto dal lato interno,

In B, lo stesso veduto dal lato superiore.

In C, ed a semplici contorni, dal Iato postel'iore. Tuili egualmente ingranditi due volte.

Fi-g, 4. RappI'esenta uno dei denti conici ( fm'ingiano? ), il quale è colorato a metà nero, e l'altra metà giallo-rancio. Esso à le seguenti di­rnenSlOllI :

porzIOne a b = m. 7 b c = m. 7

Totale millimetri U; base millimetri 08 5 ,

Fig. 5. Altro dente quasichè simile al precedente, otluso però, e meno regolare, di color nCl'o , con una fascia media di color giallo­rancio; alla base esso dilatasi assai più dal Iato concavo, ma ir­regolarmente.

Fig. 6 e 7. più piccoli, campaniformi, al(Illanto direrso l'uno dall' altro; entrambi di color giallo-rancio, con una piccola ZOlla nem nel mezzo.

Fig. 8. Conico ottuso, mollo basso e dilatato nella base, con leggi era· zona bruna nel mezzo.

Fig.

Fig. Fig.

Fig.

9.

10. H.

Conico-ottuso, irregolare, più acuto neH' apice, giallo-rancio nel~

la metà supel'iore, fosco nella inreriore. Depresso, analogo al maggiore posleriol'c della Chrysophrys. Emisferico, clepl'esso ileI mezzo, di color giallo-I'ancio, con una zona alla basc più chial'a, alla qualc succede l'altra bruno-nera di regolare 11ll'ghczza. QueslQ è simile a quello della fig. 6) tav. 111,

J2. lUinimo, glohoso, con un fossetto neI mezzo.

I 3. Den le di S1?hirna prisca.

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- 46-

TAVOLA III.

Fig. L a. Sphaerodus gigas Ag. di naturale grandezza. A.. Lo stesso ingrandito ed a semp1ici contorni, veduto di profilo.

Fig. 2. a. Sphaerodus anmtlaris, Ag. A. Lo stesso come sopra. B. Veduto dalla inferiol' parte.

Fig. 3 - 5. Varietà del medesimo. Fig. 4. 5. Sphaerodus lens, Agas fig. 28. ma di gran lunga maggiore,

alendo quello dell' Agassiz il diametro di 2 ]inee appena.

Fig. 6. aA. Sphaerodus depressus Ag. (Tav. 73, fig. 6' ). Fig. 7·9. Altre ,'arietà dello Sph. annularis. Fig. 8. Sphaerodus cinclus , Agas. Fig. IO. Sphaerodus oculus-serpentis, Ag. Fig. 11. Sphaerodus depressus, Ag. :Fig. 12. Sphaerodus irregularis, Ag. Fig. 13. Sphaerod'lts depressus Ag.! Identico a quelIo rappresentato dal

prelodato autOl'e sotto il numero 3 della Ta v. 73. L' Agassiz dichiara esser conico ed elevato J e perciò stiman­

dolo anteriore, mentre gli altri che egli riferisce alla poste­rior parte sono stiacciati, come l'indica il nome.

l"ig. 44. Sphaerodns cinclus? Ag. lfig. 15. Sphaerodus depressus, Ag. l1'ig. 16. Id. Forsi meglio oculus-serpentis. Consulta il testo. Fig. 11. Sphaerodus lens. Ag. fig. 22. conviene completamente. lìjg. 18. Sphaerod'll8 lens. Ag. fig. 22.

lo non avrei punto distinto come specie un tal dente, che non dis­somiglia essenzialmente dai precedenti annularis, se non perchè ai solchi trasversali, che costituiscono l'ane)]o o zona basilare, si associano le crespe perpendicolari J le quali si annunziano pure nell' anntllaris rappresentato dalla figlll'a seconda, ove sono so­lamente meno sensibili.

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