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PROGETTO DEFINITIVO R.A.V. R.A.V. ART. 2 BIS DELLA CONVENZIONE ANAS-RAV DEL 29 DICEMBRE 2009

DEL 29 DICEMBRE 2009 ART. 2 BIS DELLA CONVENZIONE ANAS … · recentemente, sia da parte francese sia italiana, non hanno raccolto elementi per una sicura datazione 4. Le ricerche

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PROGETTO DEFINITIVO

R.A.V.

R.A.V.

ART. 2 BIS DELLA CONVENZIONE ANAS-RAVDEL 29 DICEMBRE 2009

F . T . S T U D I O S . R . L

U F F I C I : P. Z Z A S . D O M E N I C O, 2 - 1 2 0 1 6 P E V E R A G N O ( C N ) T E L E F O N O – FA X 0 1 7 1 / 3 3 8 2 0 9

w w w. f t s t u d i o . e u - E - M A I L : i n f o @ f t s t u d i o. e u

S E D E L E G A L E : V I A M A D A M A C R I S T I N A , 8 - 1 0 1 0 0 T O R I N O P. I . 0 6 4 7 3 9 0 0 0 1 4

A T T E S TA Z I O N E D I Q U A L I F I C A Z I O N E S O A C A T E G O R I A O S 2 5 – I I C L A S S I F I C A

Progetto:

Comune di Courmayeur, fraz. Entreves (AO)

Potenziamento della S.S. 26 DIR. dal km 0+850 al km 1+888

(in comune di Courmayeur)

dicembre 2015

VERIFICA PREVENTIVA DELL’INTERESSE ARCHEOLOGICO

D.L. 109/2005, artt. 2ter-quinquies, poi recepito dal D.L. 163/2006, artt. 95-96

REDAZIONE: Dott.ssa Anna Lorenzatto

Comune di Courmayeur (AO) Potenziamento della S.S. 26 DIR.

1

INDICE

Premessa e descrizione del progetto p. 2

Geomorfologia del territorio p. 4

Inquadramento storico ed archeologico p. 5

Schede di sito p. 11

Analisi della fotografia aerea p. 16

La ricognizione di superficie p. 17

Valutazione del rischio p. 21

Bibliografia p. 23

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PREMESSA E DESCRIZIONE DEL PROGETTO

Il presente elaborato di valutazione del rischio archeologico, redatto in ottemperanza alla normativa

sulla verifica preventiva del rischio archeologico (D.L. 109/2005, artt. 2ter-quinquies, poi recepito

dal D.L. 163/2006, artt. 95-96), è parte integrante del progetto definitivo steso in relazione al

potenziamento della S.S. 26 nel tratto compreso tra le progressive al km 0+850 e al km 1+888.

Si rimanda agli elaborati progettuali specifici per le precisazioni in merito alle principali

caratteristiche dell’intervento, che consisteranno, in maniera sintetica, nella realizzazione di:

- l’inserimento di una rotatoria a due rami sulla S.S. 26 DIR. nel tratto precedente la località di

Entrèves che consente di migliorare i collegamenti da/per l’autostrada A5 e sgravare dal

traffico di media/lunga percorrenza l’abitato di La Palud. La rotatoria di tipo convenzionale

avrà il diametro della circonferenza esterna pari a 46 m e ingressi ad una singola corsia. La

sezione della rotatoria in progetto è composta dall’anello giratorio di larghezza 6.00 m,

banchina interna da 1.00 m una corona sormontabile di 2.00 m e banchina esterna di larghezza

1.00m per complessivi 8.00 m di pavimentato;

- ampliamento della sede stradale, nel tratto successivo alla rotatoria, per prolungare la corsia

di arrampicamento dei mezzi pesanti diretti al traforo. Sono inoltre stati previsti degli

allargamenti delle corsie in corrispondenza delle curve circolari e degli allargamenti delle

banchine nei punti dalla visibilità più critica. Nel tratto interessato dall’ampliamento per la

realizzazione della corsia di arrampicamento sono state dunque previste due corsie di marcia di

larghezza 3.75 m e una corsia di arrampicamento esterna in direzione traforo di larghezza 3.50

m, oltre a una banchina in destra e sinistra di larghezza 1.50 m. La piattaforma stradale nel

tratto non interessato dall’ampliamento continuerà ad essere ad unica carreggiata, composta da

due corsie di marcia da 3.75m e banchine da 1.50 m per un totale pavimentato di 10.50 m;

- realizzazione di un impianto semaforico attuato all’intersezione con la strada La Palud

provvisto di corsia di svolta in sinistra per le provenienze dal traforo del Monte Bianco e di

corsia di immissione per le provenienze dalla Strada La Palud verso la A5.

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A sostegno dell'ampliamento del rilevato stradale, così come dell’area interessata dalla futura

rotatoria, si prevedono muri prefabbricati di sostegno e di sottoscarpa. Le fondazioni interesseranno

i terreni di copertura (alluvioni, detriti, morene), prevalentemente costituiti da sedimenti sciolti di

natura ghiaiosa e/o sabbiosa. Per la realizzazione dei muri prefabbricati si prevede l’erezione di una

sottofondazione su micropali in c.a., da realizzarsi in prima fase, e da una seconda fondazione da

realizzarsi successivamente con l'aggancio dei pannelli prefabbricati. Le fondazioni di prima e

seconda fase dovranno essere collegate strutturalmente tramite appositi ferri di ripresa. In alcune

zone tuttavia i muri di contenimento esistenti verranno mantenuti, in particolare nella zona a ridosso

del tornante e in corrispondenza del sottopasso, dove però si renderanno necessari interventi di

ripristino della facciata che si presenta in diversi punti superficialmente ammalorata.

Sono inoltre state individuate due aree di cantiere, deputate allo stoccaggio dei materiali e delle

attrezzature necessari alla realizzazione del progetto. La prima di circa 4.000 mq, da adibire a

campo base (1.250 mq), cantiere operativo (1.500 mq) ed area di caratterizzazione (1.250 mq) si

troverà in adiacenza alla strada statale S.S.26 all’altezza del km 8+100, a lato della corsia direzione

sud, direttamente accessibile dalla viabilità locale esistente. La seconda di circa 2.500 mq sarà

invece da adibire ad area di supporto e si situerà all’interno della curva al km 9+600 nel tratto da

potenziare.

Dal momento che i lavori previsti dal progetto implicano inevitabili interventi sul terreno, la

presente relazione si propone di fornire un inquadramento rispetto alle potenzialità archeologiche

del sito considerato, in modo da indirizzare ed agevolare le scelte progettuali ed esecutive ed

eventualmente ipotizzare in maniera preventiva misure finalizzate ad attenuare il possibile impatto

dell’opera sul patrimonio sepolto nelle aree interessate. I lavori descritti dal progetto non ricadranno

in un’area interessata da procedimenti di tutela in essere o in corso di istruttoria, ma la zona può

presentare elementi di rischio genericamente connessi con la frequentazione antropica

nell’antichità, a partire dall’epoca preistorica e successivamente in periodo romano e medievale.

Per maggiori dettagli progettuali si rimanda alla relazione tecnica in allegato.

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GEOMORFOLOGIA DEL TERRITORIO

Il territorio comunale di Courmayeur si colloca nel settore nord - occidentale della Valle d’Aosta,

alle pendici del Monte Bianco. In particolare, la frazione di Entrèves presso cui verranno realizzati i

lavori in oggetto si situa sul versante sinistro dell’alta Valle d’Aosta, allo sbocco del torrente della

Dora di Ferret in corrispondenza con la Dora di Veny: i due affluenti confluiscono poi nella Dora

Baltea, costituendo l’asta fluviale principale del territorio.

Il bacino montano della Dora Baltea si estende su un'area di 3.930 kmq nel settore interno delle

Alpi nord occidentali e coincide con il territorio della Regione Autonoma Valle d'Aosta, tranne che

negli ultimi 10 km prossimi al suo sbocco. Il solco vallivo ha un andamento trasversale od obliquo

rispetto all'allungamento in direzione NE-SW delle principali strutture a Falda (Appartenenti ai

Domini Ultraelvetico, Pennidico, Piemontese e Austroalpino), da questo profondamente incise: le

Valli Ferret e Veny, che si sviluppano con andamento prevalentemente SW-NE conformemente alla

direzione locale del Fronte Pennidico, si discostano dunque dall’andamento vallivo principale.

L’orografia della zona è tipicamente montuosa, con versanti molto acclivi, sia in sponda destra che

sinistra della Dora di Ferret e con pendii più dolci in corrispondenza delle fasce rimodellate dai

processi di erosione e rideposizione ad opera dei ghiacciai; i depositi quaternari che si incontrano

risultano quindi di diversa provenienza e origine (glaciale, alluvionale e derivanti da processi di

versante).

Il massiccio del Monte Bianco risulta è caratterizzato da una sequenza di alte vette, creste e

ghiaccia: questo contrafforte granitico, che corrisponde ad una scaglia tettonica di recente

sollevamento costituente il locale basamento del Dominio Elvetico, sovrasta tutti gli altri rilievi

distribuiti più a sud, che sono per la maggior parte costituiti da rocce di origine sedimentaria,

metamorfosate nel corso dell'orogenesi alpina.

Si vogliono ricordare nelle sequenze ultra-elvetiche del Monte Chetif, a sud-est del Massiccio del

Monte Bianco nei pressi di Courmayeur, la presenza di alcune importanti mineralizzazioni

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stratiformi a piombo, zinco, barite e fluorite, tra le quali spicca quella chiamata “Trou des

Romains”1.

INQUADRAMENTO STORICO ED ARCHEOLOGICO

Per quanto concerne il territorio comunale di Courmayeur, si registra ad oggi una scarsa

disponibilità di dati strettamente archeologici che permettano di delineare un preciso quadro della

frequentazione soprattutto per le epoche più antiche. Ciò nonostante, occorre indubbiamente

segnalare la prossimità dell’areale considerato al valico del Piccolo San Bernardo, che costituì fin

dalla preistoria un fondamentale punto di transito per l’accesso ai territori transalpini.

La regione è infatti sempre stata un’area di contatto tra i due versanti delle Alpi, poiché attraverso

le vie di percorrenza sviluppatesi lungo il corso della Dora Baltea, secondo la direttrice Aosta-

Ivrea-Vercelli o Chivasso, veniva garantito il collegamento tra la Pianura Padana e l’Europa nord-

occidentale.

Grazie ai principali valichi del Grande e del Piccolo San Bernardo si raggiungevano i bacini del

Reno da un lato, attraverso la regione dei Tre Laghi in Svizzera, ed i bacini del Rodano e della

Saona dall’altro2. Nello specifico, l’antichità di frequentazione del valico del Piccolo San Bernardo

è attestata inequivocabilmente dalla presenza di un cromlech, ovvero un allineamento circolare di

pietre, posto esattamente sullo spartiacque italo-francese, in passato concordemente definito come

“celtico” e pertanto risalente ad età preromana3. A tutt'oggi non si può precisare l'epoca esatta di

1 I filoni affiorano sui versanti del Mont de La Saxe, nel vallone di Chapy, sui versanti del Monte Chetif (miniera della Pendent) e nel vallone di Checroui; DI GANGI 2010, p. 9, nota 91. 2 Il passaggio attraverso il valico del Gran San Bernardo costituiva una via alternativa a quella del Ticino, che conduce all’alto Vallese o alla valle del Reno; RUBAT BOREL 2006, p. 259. 3 Secondo Mezzena sarebbe possibile inquadrare la realizzazione del cromlech tra le prime testimonianze accertate della presenza umana nella valle, che sembrano risalire ai momenti tardi o finali del Neolitico, nella fase di transizione tra con l’età del Rame, a cavallo tra la fine del IV e l’inizio del III millennio. In questo momento ebbe luogo con ogni probabilità lo sviluppo di una cultura di tipo megalitico con caratteristiche comuni che si ritrovano nelle necropoli con

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costruzione della struttura megalitica, dal momento che anche alcuni sondaggi archeologici eseguiti

recentemente, sia da parte francese sia italiana, non hanno raccolto elementi per una sicura

datazione4.

Le ricerche condotte hanno permesso di evidenziare la continuità nel tempo del controllo dei

valichi, che anche durante l’età del Ferro rappresentò per la popolazione celtica dei Salassi uno dei

perni fondamentali dell’economia, impostata inoltre sullo scambio e sullo sfruttamento delle risorse

minerarie per la ricchezza dei bacini valdostani5.

I sentieri preromani per i valichi e l’oltralpe vennero ricalcati e sostituiti dalla strada consolare detta

"delle Gallie", la prima opera pubblica che i Romani realizzarono in Valle d'Aosta in funzione

dell'espansione militare e politica. Proprio la localizzazione in un'area di transito obbligato, alla

convergenza di due importanti direttrici - la via che conduceva al valico del Piccolo San Bernardo

(Alpis Graia) e quella per il valico del Gran San Bernardo (Alpis Pœnina) - determinò l'importanza

logistica e strategica di Augusta Prætoria, fondata nel corso del I sec. d.C. Dalla porta occidentale

della città, usciva dunque la strada diretta verso il passo del Piccolo San Bernardo, lungo la quale si

svilupparono realtà insediative indiziate da numerosi rinvenimenti, per lo più sporadici6. In

prossimità dell’areale considerato, significativa risulta essere la presenza delle strutture d’età

romana legate allo sfruttamento delle acque termali a Prè-Saint-Didier, dove la presenza di

sepolture di età imperiale, non lontane dai resti di un ponte sulla Dora, sembra suggerire l’esistenza

di un probabile luogo di sosta lungo la via consolare7. Procedendo verso La Thuile, da identificarsi

verosimilmente con la stazione di Ariolica, sono state riconosciute ulteriori emergenze relative a

ponti sulla Dora, nelle frazioni di Faubourg e Pont-Serrand, mentre della strada per l'Alpis Pœnina,

invece, rimane un tratto di circa 60 m tagliato nella roccia visibile al "Plan de Jupiter" insieme ai i

tombe a cista di Vollein e Villeneuve (Champrotard) e nelle fasi iniziali dell’area megalitica di Saint Martin de Corleans ad Aosta. MEZZENA 2006, p. 108. 4 Nel corso degli ultimi secoli il sito è stato oggetto di ricerche ed interventi privi di sistematicità, non rivolti a salvaguardare l'integrità del monumento antico. Inoltre, i successivi eventi storici, fino alla Seconda guerra mondiale, hanno contribuito a loro volta a danneggiare il monumento e l'area archeologica nel suo insieme. CANAL 1996 - 1997. 5 MANDOLESI 2007, pp. 2873 – 275. 6 Oltre ai ritrovamenti effettuati nel tempo lungo la direttrice viaria ed ai resti relativi all’infrastruttura stessa, nuove indagini di ricerca archeologica sono state intraprese in anni recenti nell'ambito del Progetto Interreg “La via consolare delle Gallie” per mettere in luce la sede stradale antica. 7 Incerta è l’identificazione della statio di Arebrigium, riportata sugli itinerari antichi nel fondovalle prima della salita al

valico, da localizzarsi ad Arvier o per l’appunto a Prè-Saint-Didier; ARMIROTTI 2000 – 2001; ARMIROTTI 2003; MANDOLESI 2007, p. 301.

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resti del fanum e delle mansiones romane indagate in maniera approfondita con indagini

archeologiche recenti8.

La localizzazione di Entrèves ai piedi del Monte Bianco alla congiunzione della Dora di Ferret con

il ramo di Veny9, può suggerire l’esistenza già in antico di percorsi secondari per i territori

d’oltralpe, verso la Svizzera attuale nella Val Ferret attraverso l’omonimo colle e per la Gallia

tramite il Col de La Seigne nella Val Veny10. La presenza a breve distanza della via consolare

transitante per il valico del Piccolo San Bernardo, più agevole e frequentata, induce a ritenere che

questo ipotetico secondo percorso fosse in realtà meno praticato.

Allo stato attuale della ricerca purtroppo non esistono indizi concreti in relazione a esistenza di

insediamenti stabili nel territorio attuale di Courmayeur in periodo romano, ad eccezione di un

corredo funerario di I-II sec. d.C. recuperato probabilmente negli anni Trenta del XX secolo in

frazione La Saxe11. La sepoltura ed il luogo indicato per il suo ritrovamento sembrano costituire una

testimonianza concreta della frequentazione antica forse da connettere all’affioramento di filoni

metalliferi sui versanti del monte La Saxe, che si tramanda essere già sfruttati in epoca romana

come suggerisce indirettamente il toponimo di “Trou des Romains” (l’area di specifico interesse

archeologico è stata evidenziata sulla TAV. I)12.

La coltivazione e lo sfruttamento di importanti giacimenti, in particolare auriferi ed argentiferi,

presenti nella valle come in tutta l’area alpina occidentale, continueranno fino all’epoca moderna:

per il periodo medievale, studi recenti hanno sottolineato in particolare la presenza in documenti

datati tra XIII e XIV secolo di luoghi di estrazione e lavorazione dei metalli a Courmayeur,

individuabili attraverso la macrotoponomastica (Curiam Maiorem; Curia Maiori)13. In ogni caso,

8 Archeologia in Valle d’Aosta 1982; CAVALLARO – DAVITE – GIRARDI 2002 – 2003; ARMIROTTI 2003. 9 L’idronimo Dora deriva dalla voce preindoeuropea Duria, diffuso tra le popolazioni celtiche con il significato di “rigagnolo, fiume”, mentre la denominazione Baltea viene dal celtico Bautica,ovvero “recinto di spini”; MANDOLESI 2007. 10 Dai giacimenti di ferro sfruttati deriva, molto probabilmente, il nome della valle ad est di Entrèves. 11 RONC 2010; ZANOTTO 1986. 12 ROBILANT 1786 – 178, pp. 253 – 257; LORENZINI 1995; DI GANGI 2010, pp. 83 e 86. Henry suppone lo sfruttamento di miniere tra II e III secolo d.C. a Dolonne, dominato dal Mont Chetif: il toponimo sarebbe da ricondurre a Mons Captivus, “…a causa dei prigionieri che vi lavoravano nelle miniere…”; HENRY 1977, p. 17. 13 Zanotto riferisce che tra le miniere ispezionate nel 1337 da bernardo di Carnivat, capo minatore del conte, una si trovasse sui monti di Courmayeur, ZANOTTO 1979, p. 16; DI GANGI 2010, pp. 81-92.

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notizie storiche attestano la ripresa dello sfruttamento della miniera di Mont de La Saxe a partire dal

XVII secolo14.

Il dato relativo alla presenza romana in età imperiale a Courmayeur, al di là del legame con attività

di sfruttamento minerario, è stato confermato dalla campagna di indagini archeologiche condotte

tra 1997 e 1999 all’interno della Chiesa Parrocchiale di San Pantaleone e San Valentino. In

quell’occasione, infatti, è stato portato in luce un lacerto di struttura muraria romana, in

associazione a materiale datato al III sec. d.C., che sembra tener conto della sistemazione della

paleo frana su cui poggeranno gli edifici successivi15. E’ infatti da imputare al terreno fortemente

sconnesso la principale ragione degli interventi edilizi di ristrutturazione e modifica che

interessarono nel tempo la chiesa, come emerso dalla sequenza e dalla sovrapposizione delle

strutture evidenziate nel corso dello scavo.

I risultati delle indagini archeologiche sull’evoluzione architettonica dell’edificio sono stati

riassunti in cinque grosse fasi costruttive che si collocano cronologicamente tra XI-XII secolo e XVIII

secolo, dal momento la consacrazione della chiesa è datata al 13 luglio 1742. L’edificio non risulta

menzionato tra le parrocchie valdostane citate nelle bolle pontificie dell’XI secolo e le prime

attestazioni storiche risalgono al 1227 per una controversia con il capitolo della Cattedrale di

Aosta. Quarant’anni più tardi la chiesa era annoverata tra quelle che dipendevano da Morgex, ma il Liber

Redditum capituli Auguste del 1302 cita la parrocchia tra quelle di collazione del capitolo della

Cattedrale. Il culto di San Pantaleone viene fatto risalire alla traslazione delle reliquie a Lione,

dopo il IX secolo, e la sua festa è già menzionata nei messali prudenziali valdostani dell’XI secolo.

Le prime fasi romaniche indagate nella chiesa, che confermano dunque i dati deducibili dai

documenti storici, costituiscono per Courmayeur la più antica attestazione archeologica di periodo

medievale, dal momento che occorre rilevare una carenza nella documentazione tra tardo antico ed

alto medioevo16.

14 Archivio della Soprintendenza per i Beni Culturali della Valle d’Aosta. 15 RONC 2010, p. 102. 16 La fondazione di edifici religiosi sul territorio a partire dal V secolo costituisce la prima tappa della cristianizzazione delle campagne, che si serve dei tracciati viari più importanti ricalcati dunque in periodo medievale. L’attestazione più prossima all’area d’intervento si colloca a Morgex, dove le indagini archeologiche condotte nella chiesa parrocchiale hanno identificato una fase costruttiva risalente al V secolo, confermando quanto riportato dalla tradizione secondo cui la parrocchia legata all’abbazia di S. Maurice d’Agaune risalirebbe al VI secolo d.C.

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All’inizio del XIII risalgono invece probabilmente le prime opere fortificate del castello di

Courmayeur, quando Pietro Benedetto dei La Court fu investito del feudo nel momento in cui la

Valle si sottomise ai Savoia nel 1233. In periodo medievale, infatti, erano le famiglie La Court,

d'Entrèves, du Pucey e La Chenal a dividersi il feudo di Courmayeur ed Entrèves, uno dei più

antichi, che ricopriva un ruolo importante. Il feudo passò successivamente a Ibleto di Sarriod

d'Introd, in seguito ai Favre, proprietari locali, fino a giungere ai Passerin, che assunsero in

quell'occasione l'attributo di Entrèves. Poiché i canonici del Gran San Bernardo nel 1752 furono

privati dei beni siti negli stati di Savoia, il castello di Courmayeur fu infine attribuito all'ordine

Mauriziano, che ordinò lavori di restauro affinché potesse ospitare dei forestieri. Con la

demolizione dell’albergo è andata persa traccia dell’edificio antico17.

Risulta invece tradizionalmente attribuita all’inizio XIV secolo la torre Malluquin, situata nel

centro abitato ed appartenente in origine alla famiglia omonima, presente a Courmayeur fin dal

XIII secolo. Fu presa in consegna nel 1351 dai commissari del conte Verde, mentre nel 1450 passò

per via ereditaria alla famiglia d'Avise, che lo tenne fino al XVII secolo.

Nonostante la datazione proposta, le caratteristiche morfologiche della torre riportano ad un’età

precedente sulla base delle tipologie delle tessiture murarie e di alcuni particolari costruttivi come le

rifiniture delle aperture18. Recenti studi inoltre sembrano definire il fenomeno della moltiplicazione

sul territorio di torri ed altre strutture fortificate quale esito di profonde trasformazioni politiche e

sociali avvenute in Valle d’Aosta tra X e XII secolo: a partire dall’alto medioevo gradualmente si

assiste ad una polverizzazione degli elementi fortificatori, dalla forte connotazione simbolica in

relazione al potere sul territorio ed alla sua organizzazione19.

Sembra invece inquadrarsi in un periodo successivo alla costituzione di compatte circoscrizioni

signorili e della conseguente ramificazione dei lignaggi sotto la gestione del potere sabaudo nel

corso del XIII secolo la casa forte di Entrèves, sorta nel 135120. In quell’anno, infatti, consegnando

Intorno all'VIII secolo si fa invece risalire la prima chiesa di Courmayeur ubicata al Purtud, in Val Veny, dove pare esistesse un magnifico bosco di pini e abeti. 17 ZANOTTO 1990. 18 Cortelazzo inoltre confronta alcune torri con la Torre Malluquin, tra le quali ad esempio la Torre dell’Archet poco distante a Morgex, ipotizzando a partire dalla metà dell’XI secolo un nuovo metodo costruttivo basato sull’impiego di un particolare sistema d’impalcato ligneo; CORTELAZZO 2010, pp. 219- 243. 19 CORTELAZZO 2010, pp. 219 – 224. 20 BARBERO 2000.

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l’edificio agli inviati del conte di Savoia in occasione delle Udienze annuali, Ugonotto, figlio di

Giovanni de Curia, dichiarò che lo faceva per la prima volta in quanto suo padre l'aveva appena

costruita. La casa forte subì le vicissitudini comuni al feudo di Courmayeur ed Entrèves, passando

al patrimonio familiare dei Sarriod d'Introd, della famiglia Favre e dei Roncas. Nel 1711 fu

acquistata dalla nobile famiglia dei Passerin d'Entrèves che ne conservano la proprietà21.

21 ZANOTTO 1990, p. 89.

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SCHEDE DI SITO

Ai fini della redazione della presente valutazione è stata condotta una ricerca bibliografica ed

archivistica su materiale edito ed inedito limitatamente ai rinvenimenti d’interesse archeologico nel

territorio comunale di Courmayeur (AO), su cui insisterà l’intervento previsto.

La schedatura comprendente tutti i ritrovamenti archeologici a partire dalla Preistoria fino al

Medioevo nell'area limitrofa a quella di intervento ha comportato dunque lo spoglio della

documentazione bibliografica inerente, compresi i dati d’archivio della Soprintendenza per i Beni

per i Beni Culturali della Valle d’Aosta. Da questa varietà di fonti discende un’ovvia disomogeneità

delle informazioni dal punto di vista della precisione nelle localizzazioni e nelle descrizioni.

Sono stati presi in considerazione i siti indicati sul P.R.G. come aree di specifico interesse

archeologico, anche se non sono stati oggetto di specifici interventi di scavo.

Le schede sono elencate secondo un ordine topografico organizzate al fine di fornire le informazioni

essenziali sul sito e il tipo di ritrovamento, la descrizione del rinvenimento e le specifiche relative

alla bibliografia.

I siti in seguito indicati sono descritti nelle relative schede di sito e sono stati posizionati su base

cartografica CTR, fuori scala; i ritrovamenti d’età pre - protostorica sono indicati dal numero

progressivo ed evidenziati in colore azzurro, mentre quelli d’età romana in rosso e di età medievale

in verde (TAV. I).

La restituzione grafica si deve all’Arch. E. Gagliardi.

Comune di COURMAYEUR (AO)

1. Casa forte di Entrèves

Localizzazione: certa.

Modalità di rinvenimento: evidenza strutturale.

Descrizione: la casa forte di Entrèves sorse nel 1351 al centro del nucleo

abitativo. Il suo aspetto attuale è relativo ai rifacimenti effettuati intorno al 1913,

Comune di Courmayeur (AO) Potenziamento della S.S. 26 DIR.

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quando la dimora fu oggetto di un restauro integrativo. Si tratta di un edificio di

tre piani in pietra a vista, dotato di scala a chiocciola per la comunicazione

interna. Le finestre a chiglia rovesciata sono in buona parte rifacimenti

novecenteschi di originali risalenti alla metà del secolo XIV.

La prima menzione è relativa alla dichiarazione che Ugonotto, figlio di Giovanni

de Curia (de La Cour?), fece consegnandola agli inviati del conte di Savoia in

occasione delle Udienze del 1351: egli infatti affermò che la consegna avveniva

per la prima volta perché l’edificio era stato costruito dal padre proprio in

quell’anno. La casa forte subì le vicissitudini comuni al feudo di Courmayeur ed

Entrèves, passando al patrimonio familiare dei Sarriod d'Introd, della famiglia

Favre e dei Roncas. Nel 1711 fu acquistata dalla nobile famiglia dei Passerin

d'Entrèves che ne conservano la proprietà.

Cronologia: età medievale.

Bibliografia: ZANOTTO 1990, p. 89.

Riprese fotografiche della casa forte di Entrèves effettuate nel corso del sopralluogo dell’11 dicembre 2015.

2. Territorio comunale

Localizzazione: incerta.

Modalità di rinvenimento: segnalazione.

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Descrizione: fu recuperato probabilmente negli anni Trenta del XX secolo in frazione La

Saxe un corredo funerario d’età romana. I materiali, facenti parte della collezione Jules

Brocherel donata al Museo Alpino Duca degli Abruzzi, si inquadrano tra I e II sec. d.C., in

piena età imperiale.

Cronologia: età romana.

Bibliografia: BAROCELLI 1934, p. 27, nota 2; BAROCELLI 1948; ZANOTTO 1986, p.

316; RONC 2010, p. 102; Comune di Courmayeur 1995, p. 138.

3. Castello di Courmayeur

Localizzazione: certa.

Modalità di rinvenimento: fonti storiche ed iconografiche.

Descrizione: all’inizio del XIII risalgono le prime opere fortificate del castello di

Courmayeur, quando Pietro Benedetto dei La Court fu investito del feudo nel momento in

cui la Valle si sottomise ai Savoia nel 1233.

Le famiglie La Court, d'Entrèves, du Pucey e La Chenal si dividevano in periodo medievale

il feudo di Courmayeur ed Entrèves, uno dei più antichi, che ricopriva già un ruolo

importante. Il feudo passò poi a Ibleto di Sarriod d'Introd, in seguito ai Favre, i proprietari

locali fino a giungere ai Passerin, che assunsero in quell'occasione l'attributo di Entrèves.

Poiché i canonici del Gran San Bernardo nel 1752 furono privati dei beni siti negli stati di

Savoia, il castello di Courmayeur fu attribuito all'ordine Mauriziano, che ordinò lavori di

restauro affinché potesse ospitare dei forestieri.

I resti di questo castello erano fino a pochi anni or sono mascherati dalla trasformazione in

albergo che il complesso aveva dovuto subire. L'albergo venne però demolito, ed oggi non

v'è più traccia dell'antico edificio. Pare che durante la demolizione sia stata

inequivocabilmente messa in luce l'antica torre. Il castello risulta ben visibile sulle stampe

ottocentesche, accanto alla chiesa.

Cronologia: età medievale.

Bibliografia: ZANOTTO 1990, p. 88.

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1827, Rose W., Courmayeur, (110 x 150)

4. Torre Malluquin

Localizzazione: certa.

Modalità di rinvenimento: evidenza strutturale.

Descrizione: la torre Malluquin appartenne alla famiglia omonima, presente a

Courmayeur fin dal XIII secolo. Fu presa in consegna nel 1351 dai commissari

del conte Verde, mentre nel 1450 passò per via ereditaria alla famiglia d'Avise,

che lo tenne fino al XVII secolo.

Sebbene sia tradizionalmente attribuita all’inizio XIV secolo, le caratteristiche

morfologiche della torre riportano ad un’età precedente sulla base delle tipologie

delle tessiture murarie ed alcuni particolari costruttivi come le rifiniture delle

aperture. L’analisi della stratigrafia muraria e degli elevati ha inoltre consentito di

osservare tracce dell’impiego di un particolare sistema di impalcato ligneo,

analogo a quello di altre torri valdostane inquadrabili cronologicamente tra XI e

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XII secolo.

Si tratta di una costruzione a pianta quadrata, costruita con grossi blocchi di pietre

squadrati, solo resto di un antico castello del quale era il donjon. Sul lato

occidentale è visibile la porta d'ingresso originaria, all'altezza di diversi metri dal

suolo, con architrave in pietra lavorata sormontato da archivolto cieco a tutto

sesto. Su tutti i lati della torre si vedono ancora le antiche feritoie. La facciata

reca incise le antiche misure valdostane (tesa, mezzatesa).

Cronologia: età medievale.

Bibliografia: ZANOTTO 1990; CORTELAZZO 2010.

5. Chiesa di San Pantaleone

Localizzazione: certa.

Modalità di rinvenimento: scavo stratigrafico.

Descrizione:i risultati degli scavi archeologici sull’evoluzione architettonica dell’edificio

sono stati individuati in cinque grosse fasi che si collocano cronologicamente tra l’XI-XII

secolo ed il cantiere settecentesco di cui si conclusero i lavori con la consacrazione della

chiesa il 13 luglio 1742. Gli scavi hanno riportato alla luce due edifici absidati posizionati l’uno dentro

l’altro di cui si sono conservate solo le strutture a valle. Queste emergenze sembrano costituire quanto

è sopravvissuto dalla demolizione forse totale delle murature occidentali di età romanica, le cui

macerie sono verosimilmente servite per creare un piano omogeneo per l’edificio del XVIII secolo,

dato il forte dislivello di quote tra i due fianchi. Dalla rimozione degli strati di riporto sono emersi

numerosi frammenti di intonaco e rivestimenti parietali, monocromatici e dipinti, relativi alle

decorazioni pittoriche delle facciate interne degli edifici primitivi.

I diversi rifacimenti della chiesa trovano spiegazione e si impostano su una paleofrana, di

cui tenne conto anche il lacerto di muratura più antico, datato all’età romana sulla base dei

materiali di scavo contestuali riferiti al III sec. d.C.

Cronologia: età romana e medievale (e postmedievale).

Bibliografia: RONC 2010.

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ANALISI DELLA FOTOGRAFIA AEREA

Sono state analizzate alcune fotografie aeree consultate sul web (“Portale Cartografico Nazionale”,

“Google Earth 2008”, “Pagine gialle Visual Map” e “Istituto Geografico Militare – Ente

Cartografico dello Stato”) relative agli appezzamenti situati nel comune di Courmayeur in frazione

di Entrèves presso i quali verrà realizzato il progetto in oggetto al fine di verificare l’esistenza di

soil marks, dramp marks, crop marks o altre anomalie riscontrabili ad esempio nella crescita della

copertura vegetativa comunemente imputabili alla presenza di eventuali resti sepolti in prossimità

delle zone interessate dagli interventi previsti.

L’analisi non ha consentito di individuare tracce specifiche di evidenze soggiacenti, ma si propone

ugualmente una fotografia aerea tratta dal Geoportale SCT in cui si osserva la presenza a nord-est

dell’area in oggetto, sul versante settentrionale della Val Ferret, di alcuni appezzamenti ben esposti,

non lontani dalle fonti di approvvigionamento idrico, come del resto poco a valle le aree insediate di

Entrèves e La Palud, favorevoli a possibili stanziamenti antropici.

Immagine tratta dal Geoportale SCT

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LA RICOGNIZIONE DI SUPERFICIE

L’attività di ricognizione archeologica consiste nella lettura di dettaglio del terreno attraverso una

verifica puntuale ed autoptica condotta da parte di operatori qualificati sulla superficie d’indagine,

con lo scopo di rilevare la presenza in superficie di eventuali reperti o emergenze in elevato che

consentano di ipotizzare la presenza di materiale d’interesse archeologico sepolto.

La documentazione nel dettaglio degli eventuali reperti riscontrati, il loro posizionamento su base

cartografica e la loro interpretazione consente di integrare efficacemente lo studio condotto sul

comprensorio territoriale considerato su base archivistica e bibliografica.

L’esecuzione di indagini archeologiche preliminari come la ricognizione superficiale (o field

survey) può costituire una verifica del territorio preliminare al completamento dell’iter di

progettazione, la cui finalità è l’accertamento della presenza di eventuali emergenze d’interesse

archeologico non note per una più attenta formulazione del cronoprogramma degli interventi ed

eventualmente del costo degli stessi. L’attività di ricognizione effettuata in accordo con la

Soprintendenza Archeologica dev’essere pianificata in un momento in cui si verifichino le migliori

condizioni di visibilità e lettura del terreno, come appena dopo le operazioni di aratura nei terreni a

coltivo22.

Si riporta di seguito la documentazione fotografica prodotta nel corso del sopralluogo effettuato

l’11 dicembre 2015 nel sito in oggetto in frazione di Entrèves, nel comune di Courmayeur.

L’attività ricognitiva non ha consentito di evidenziare la presenza di resti d’interesse archeologico

in corrispondenza dell’opera progettata, ma ha ugualmente permesso di constatare la bassa

incidenza dell’intervento su depositi vergini, dal momento che il potenziamento della S.S. 26

interesserà in parte il sedime stradale esistente e le relative strutture di contrafforte.

22 Le superfici agricole arate, infatti, risultano facilmente verificabili e consentono di accertare la presenza di materiali sepolti, anche allo stato frammentario, che la movimentazione di terreno operata dall’aratro porta inavvertitamente in superficie.

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Primo tratto della S.S. 26, con movimento franoso sul versante nord-occidentale del Mont de la Saxe all’imbocco della Val Ferret, e tratto rettilineo successivo interessato dall’inserimento della futura rotatoria, da W: il muro

di contrafforte visibile nella ripresa indizia la pendenza del versante su cui si arrampica la strada.

Inizio del tratto relativo al tornante verso l’abitato di La Palud, da W, e particolare della frana di Mont de la Saxe.

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Riprese della curva attuale del tornante, da SE e da SW.

Riprese della curva attuale del tornante, da SW, con particolare dell’innesto attuale della carreggiata per l’abitato di La Palud.

Riprese della curva attuale del tornante con localizzazione della seconda area di cantiere prevista nell’area incolta all’interno del raggio della curva stessa, da E.

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Panoramica dell’ultimo tratto interessato dal progetto di potenziamento della S.S. 26, antecedente la galleria , da E e da W.

Panoramica della porzione di strada a monte del tornante, da E.

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VALUTAZIONE DEL RISCHIO

La ricerca preliminare condotta sulla base di dati d’archivio e bibliografici ha consentito di avanzare

alcune ipotesi in merito all’impatto che il progetto in esame potrebbe avere, in termini archeologici,

sul territorio.

Pur non essendo stati a tuttora imposti vincoli archeologici ai sensi del D. Legs.vo 42/2004 in

prossimità del sito in esame, sono accertati elementi di rischio archeologico connessi con una

frequentazione che i rinvenimenti attestano a partire con certezza dall’età romana, ma che non si

esclude possa aver avuto luogo anche già in età preistorica come analizzato dalla disamina

precedente.

La fortunata posizione rispetto agli itinerari di valico e la presenza di importanti giacimenti

metalliferi nel contesto territoriale risultano infatti essere caratteristiche favorevoli allo sviluppo

delle dinamiche insediative. Inoltre, la vicinanza a fonti di approvvigionamento idrico, così come la

particolare conformazione geomorfologica di alcuni lievi declivi ben esposti situati in prossimità

dell’area di intervento induce a ritenere possibile una frequentazione del territorio anche in epoca

antica.

In considerazione delle premesse svolte, si ritiene opportuno considerare un potenziale rischio

archeologico “assoluto”, valutato in relazione alla vicinanza del tracciato rispetto ai siti archeologici

già segnalati ed alla densità di attestazioni riscontrate nel comprensorio esaminato, ed un potenziale

rischio archeologico “relativo”, stimato in connessione alla tipologia di interventi da effettuarsi sul

terreno.

Rischio archeologico assoluto

Il grado di rischio assoluto viene convenzionalmente definito su tre livelli differenziati:

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- alto: aree con numerose attestazioni archeologiche, condizione geomorfologica e paleoambientale

favorevole all’insediamento antico, presenza di toponimi significativi che possono essere indicatori

di un alto potenziale archeologico sepolto;

- medio: aree con scarsa presenza di rinvenimenti archeologici, ma che hanno goduto di una

condizione paleoambientale e geomorfologica favorevole all’insediamento antico, presenza di

toponimi significativi;

- basso: aree con scarsa presenza di rinvenimenti archeologici, assenza di toponimi significativi,

situazione paleoambientale con scarsa vocazione all’insediamento umano.

Sulla base di tali premesse, si ritiene di attribuire una gradazione del rischio MEDIO-BASSO, in

ragione delle attestazioni certe di periodo romano e medievale individuate e degli indizi di presenza

successiva delineati in precedenza, in assenza allo stadio attuale delle conoscenze di ricerche e scavi

condotti in maniera sistematica che possano circoscrivere ulteriormente gli elementi di rischio.

Rischio archeologico relativo

Il potenziale rischio archeologico “relativo” viene ipotizzato in connessione alla tipologia di

interventi da effettuarsi sul terreno e risulta calibrato anche sulla base dei risultati ottenuti dalle

indagini ricognitive e dall’analisi della fotografia aerea.

Ciò premesso, si ritiene di poter attribuire un rischio archeologico relativo all’opera BASSO,

incidendo l’intervento in gran parte sul sedime stradale esistente e sulle aree limitrofe

verosimilmente già sconvolte in occasione della realizzazione della viabilità attuale (TAV I).

Si consiglia la sorveglianza archeologica alle operazioni di scavo dal momento che la

documentazione di eventuali emergenze archeologiche presenti potrebbe consentire una

significativa integrazione della conoscenza sul popolamento antico di un areale che si presenta di

estremo interesse per la comprensione dei fenomeni di distribuzione insediativa e frequentazione in

antico, ma che finora ha restituito poche testimonianze di interesse strettamente archeologico.

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Si segnala infine che l'eventuale affioramento di importanti contesti archeologici potrà

condizionare, anche in corso d'opera, il cronoprogramma esecutivo e comportare varianti

progettuali, in funzione del completamento della documentazione e della salvaguardia di quanto

eventualmente rinvenuto.

Peveragno, dicembre 2015

F.T. Studio s.r.l.

Dott.ssa Anna Lorenzatto

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BIBLIOGRAFIA

Archivi consultati

Archivio della Soprintendenza per i Beni Culturali della Valle d’Aosta.

Abbreviazioni adottate

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Siti consultati

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www.lovevda.it

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