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DARK LOVE I. 31 Ottobre 1990. Claire e Alexandre Lacroix, appena ventenni, erano tornati a casa dopo aver trascorso un meraviglioso primo anniversario di matrimonio. Stanchi, decisero di vedere un film tranquillamente seduti sul divano. Alexandre prese una grande coperta che divisero in due per riscaldarsi. La temperatura era molto bassa nonostante fosse fine Ottobre. "Questo sarà l'inverno più freddo" annunciavano i giornalisti. Lo dicevano sempre, ma quell'anno forse l'affermazione era più che azzeccata considerando che già in autunno le temperature toccavano i 10°. Improvvisamente la loro tranquillità venne interrotta. Qualcuno bussò energicamente alla porta. All'unisono dissero "Chi è?". Ma nessuno rispose. Alexandre si avvicinò alla porta e dopo un pò aprì. Claire gli si affiancò camminando lentamente. Alexandre non vide nessuno, si guardò un pò intorno e poi il suo sguardo cadde sul pavimento. “Chi era?” Chiese lei sussurrando. Alexandre non rispose, sul pavimento giaceva una cesta. Claire la raccolse e vide che sotto alcune coperte c’era un bambino che dormiva, un biglietto ed un medaglione d'oro. Lesse ad alta voce. “ Vorrei tanto poter crescere mio figlio, ma è impossibile. Spero che vi prendiate cura di lui” Claire improvvisamente smise di leggere. “Che succede?” la voce di Alexandre era carica di nervosismo. Prese il foglietto e continuò a leggere. Quando ebbe terminato quasi gridò “E’ uno scherzo vero?" disse furibondo " Oggi è Halloween no? Dolcetto o scherzetto? Qualcuno, a quanto pare, ha deciso di farci uno "scherzetto" di cattivo gusto" Claire prese il bambino tra le braccia. Era molto piccolo. Forse era nato proprio quel giorno. La creatura aprì gli occhi. Per poco Claire non lo lasciò cadere. I suoi occhi erano totalmente bianchi. Lentamente, dopo qualche secondo, comparvero due iridi blu. Sembrava così tranquillo. Ma ciò che avevano appena visto li aveva un pò turbati. Il biglietto li informava che quella creatura non era umana. Che era un essere molto potente, nato dall'unione tra un angelo e un demone. La madre che sosteneva di essere un demone affermava inoltre di non poterlo crescere perchè sarebbe stata perseguitata da entrambe le razze, poichè sin dall'alba dei tempi angeli e demoni erano acerrimi nemici. Voleva una vita più tranquilla per suo figlio così aveva deciso di affidarlo a loro. E crescendo con gli umani sarebbe cresciuto come un bambino normale ma dotato di poteri straordinari. Si scambiarono un’occhiata. Fu Alexandre a parlare. “Tu credi a tutto ciò? Sembra così innocuo" “Hai visto anche tu che i suoi occhi erano bianchi, no?” Claire aveva un po’ paura ma si era già affezionata al bambino. “Si, ma forse ha ragione. Crescendo con noi, sarà come un normale essere umano" ribattè Alexandre. "Bene tesorino" disse Claire osservando il bambino "Resterai con noi"

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DARK LOVE

I.

31 Ottobre 1990.

Claire e Alexandre Lacroix, appena ventenni, erano tornati a casa dopo aver trascorso un meraviglioso

primo anniversario di matrimonio. Stanchi, decisero di vedere un film tranquillamente seduti sul divano.

Alexandre prese una grande coperta che divisero in due per riscaldarsi. La temperatura era molto bassa

nonostante fosse fine Ottobre. "Questo sarà l'inverno più freddo" annunciavano i giornalisti. Lo dicevano

sempre, ma quell'anno forse l'affermazione era più che azzeccata considerando che già in autunno le

temperature toccavano i 10°.

Improvvisamente la loro tranquillità venne interrotta.

Qualcuno bussò energicamente alla porta. All'unisono dissero "Chi è?". Ma nessuno rispose. Alexandre si

avvicinò alla porta e dopo un pò aprì. Claire gli si affiancò camminando lentamente. Alexandre non vide

nessuno, si guardò un pò intorno e poi il suo sguardo cadde sul pavimento.

“Chi era?” Chiese lei sussurrando.

Alexandre non rispose, sul pavimento giaceva una cesta.

Claire la raccolse e vide che sotto alcune coperte c’era un bambino che dormiva, un biglietto ed un

medaglione d'oro.

Lesse ad alta voce.

“ Vorrei tanto poter crescere mio figlio, ma è impossibile. Spero che vi prendiate cura di lui”

Claire improvvisamente smise di leggere.

“Che succede?” la voce di Alexandre era carica di nervosismo. Prese il foglietto e continuò a leggere.

Quando ebbe terminato quasi gridò “E’ uno scherzo vero?" disse furibondo " Oggi è Halloween no? Dolcetto

o scherzetto? Qualcuno, a quanto pare, ha deciso di farci uno "scherzetto" di cattivo gusto"

Claire prese il bambino tra le braccia. Era molto piccolo. Forse era nato proprio quel giorno.

La creatura aprì gli occhi. Per poco Claire non lo lasciò cadere. I suoi occhi erano totalmente bianchi.

Lentamente, dopo qualche secondo, comparvero due iridi blu. Sembrava così tranquillo. Ma ciò che avevano

appena visto li aveva un pò turbati. Il biglietto li informava che quella creatura non era umana. Che era un

essere molto potente, nato dall'unione tra un angelo e un demone. La madre che sosteneva di essere un

demone affermava inoltre di non poterlo crescere perchè sarebbe stata perseguitata da entrambe le razze,

poichè sin dall'alba dei tempi angeli e demoni erano acerrimi nemici. Voleva una vita più tranquilla per suo

figlio così aveva deciso di affidarlo a loro. E crescendo con gli umani sarebbe cresciuto come un bambino

normale ma dotato di poteri straordinari.

Si scambiarono un’occhiata. Fu Alexandre a parlare. “Tu credi a tutto ciò? Sembra così innocuo"

“Hai visto anche tu che i suoi occhi erano bianchi, no?” Claire aveva un po’ paura ma si era già affezionata al

bambino.

“Si, ma forse ha ragione. Crescendo con noi, sarà come un normale essere umano" ribattè Alexandre.

"Bene tesorino" disse Claire osservando il bambino "Resterai con noi"

"Come lo chiamiamo?" disse Alexandre avvicinandosi, anche lui attratto da quella deliziosa creatura.

"Uhm... E' come luce in questa notte. Potremmo chiamarlo Lucien".disse Claire sorridente.

"Si, mi piace. Benvenuto tra noi, Lucien. Lucien Lacroix"

12 Agosto 1991

Amelie era in preda alle contrazioni. Suo marito, Mark, la aiutò a stendersi sul letto. Il sudore le imperlava la

fronte, il dolore era devastante. Mark le teneva la mano e le sussurrava "Su, un ultimo sforzo". Amelie

faceva del suo meglio. Spingeva, respirava affannosamente. Mark ad un tratto gridò "Sta nascendo, sta

nascendo". Amelie si concentrò e finalmente il bambino nacque.

Lo avvolserO in una morbida coperta ed Amelie lo prese tra le braccia. Il bambino lentamente aprì gli occhi,

ma prima che comparissero due meravigliose iridi verde smeraldo, essi erano di un nero intenso come la

pece. Durò pochi secondi e poi scomparve.

I due neo genitori non furono sorpresi.

Erano entrambe demoni ed avevano dato vita ad un'altra creatura altrettanto demoniaca.

Daniel.

Daniel Durand.

15 Dicembre 2007.

Daniel quel pomeriggio aveva deciso di uscire un pò. Quando tornò a casa si accorse che la porta era

socchiusa. Quando entrò vide i suoi genitori riversi sul pavimento. Daniel si avvicinò e iniziò a chiamarli, a

toccarli ma loro non reagivano. Nessun segno di vita. Delle lacrime iniziarono a sgorgare dai suoi occhi.

"Mamma, papà" disse singhiozzando. Si mise per terra, prendendosi la testa tra le mani. Non poteva e non

voleva credere che tutto ciò fosse reale.

Quando percepì la presenza si sentì sollevare da terra e si ritrovò faccia a faccia con una creatura che lo

osservava con due occhi vitrei, bianchi. Un angelo.

" Perchè li hai uccisi?" girdò.

"Perchè non meritano di vivere e nemmeno tu"

L'angelo iniziò a dargli pugni sino a stordirlo. Lo prese, lo issò e lo lanciò contro ogni mobile di quella casa.

Usò il suo viso per spaccare tutti gli specchi.

Daniel era incapace di reagire, poteva solo attendere la morte.

L'angelo posò Daniel sul pavimento, si concentrò e liberò un'energia che fece tremare la casa.

La scagliò contro di lui.

Ci fu luce, un bagliore accecante. Poi il buio.

Nessun demone poteva competere contro un angelo, ma Daniel non era un demone qualsiasi.

Quando aprì gli occhi si ritrovò sul pavimento. Accanto a lui giacevano i suoi genitori. Non poteva restare li.

Così decise di andarsene, di fuggire. Notò che il suo medaglione era per terra, lo raccolse e se lo mise. Era

l'ultimo legame con i suoi genitori. Sarebbe tornato li, per dargli un degno eterno riposo ma adesso doveva

andare.

Correva senza fermarsi, senza stancarsi. Ma nemmeno l'aria fredda riusciva a liberare la sua mente. Cercò di

scacciare via l'immagine delle due persone che più amava ormai morte. "Vi vendicherò" urlò nella notte.

Improvvisamente percepì due presenze. Una era umana mentre l'altra....angelica? demoniaca? Non riusciva

a capire. Sembravano fuse nella stessa persona. "Impossibile" Pensò.

Si nascose dietro ad un muro ed osservò le due figure. L'umano era un adulto di almeno quarant'anni. L'altra

creatura invece era un giovane dai capelli biondo cenere. Il ragazzo colpiva ripetutamente l'uomo. Ad un

certo puntò si voltò verso di lui e due occhi blu iniettati di sangue gli rivolsero uno sguardo infuocato. Il

giovane prese la testa dell'umano e la sbattè forte contro il muro. L'uomo morì con il terrore negli occhi che

erano rimasti aperti.

"Chi sei?" adesso la creatura si stava pericolosamente avvicinando a Daniel.

Daniel disse "Piuttosto tu, cosa sei?" Un angelo? Un demone? Entrambe? E' assurdo!"

Il giovane allora gli spiegò tutto e concluse dicendo: "Non mi sto vantando ma sono l'essere più potente che

esista, faresti meglio ad avermi come amico che come nemico"

Anche Daniel raccontò la sua storia. "Mi dispiace per quello che ti è successo. Sai, non sono come gli altri. Io

cerco di portare un pò di ordine in questo mondo e non uccido demoni ma angeli ed esseri umani spregevoli

come quello" disse indicando l'uomo morto.

"Oh che sollievo" disse Daniel sorridendo nervosamente.

"Bene. Io sono Lucien".

"Daniel"

I due si strinsero la mano e fu come se una scarica elettrica li avesse attraversati.

II.

“Perché uccidi angeli” chiese ad un tratto Daniel “se anche tu lo sei?”

Lucien si preparò ad affrontare un piccolo discorso e poi parlò. “Anche gli esseri umani uccidono loro simili,

solo che io lo faccio per una giusta causa. Gli angeli sono malvagi, forse anche più dei demoni stessi. Loro

vogliono essere i supremi. Vogliono liberare il mondo dai demoni perché sono stati creati da Lucifero che

non è un demone come molti credono ma un Angelo cacciato dal paradiso perché non voleva inchinarsi

davanti alla razza umana. Loro vogliono ferirlo moralmente uccidendo il suo “esercito” fece una pausa e poi

riprese “Io li uccido perché anche se hanno scelto di inchinarsi davanti alla razza umana non esitano ad

uccidere qualche uomo pur di colpire un demone. Io sono cresciuto con gli umani e alcuni meritano di vivere

e non di morire ingiustamente. E’ questo il problema. Gli Angeli non pensano a salvare il mondo dalle

persone spregevoli. A quello ci devo pensare io. I demoni sono sempre stati al loro posto, non hanno mai

tentato di andare contro ad un angelo perché sanno che non ne uscirebbero vivi”

“Ma io si” disse Daniel “perché? Perché sono dovuti morire i miei genitori? Non potevano salvarsi anche

loro?” disse furioso mentre colpiva con un pugno un muro che iniziò a sgretolarsi.

Lucien lo lasciò sfogare. Anche lui era perplesso. Non riusciva a capire perché Daniel fosse ancora vivo.

Osservò il suo medaglione ma sembrava uguale a tanti altri persino al suo.

“Mi dispiace” disse Lucien posando una mano sulla spalla di Daniel “ma ti prometto che troveremo chi ha

fatto questo e lo uccideremo. Sarà difficile ma ce la faremo. Credo che tu voglia dare una degna sepoltura

ai tuoi. La mia famiglia ti aiuterà e qualche volta puoi stare da noi.”

“Grazie” disse Daniel adesso un po’ più rilassato. Ma subito dopo iniziò a piangere. Lucien non sapeva che

fare. Decise che forse, un abbraccio sarebbe stato un po’ consolatorio. Ma anche questo contatto tra le due

creature provocò una scarica elettrica. Fu Daniel a riscuotersi.

“Ecco cosa faremo, di giorno ci comporteremo come normali esseri umani e proveremo a rintracciare

l’Angelo che ha ucciso i tuoi genitori. Di notte ci occuperemo degli umani che non meritano nemmeno di

respirare. Renderemo questo mondo un posto migliore. Noi prenderemo il posto di Dio. Faremo ciò che lui

dovrebbe fare. Ti sto proponendo un'alleanza che nessuna creatura potrà spezzare. Pensaci: tu sei

sopravvissuto ad un attacco angelico mentre io posso annientare angeli e demoni senza dovermi sporcare le

mani"

Daniel rimase a fissare la creatura dinanzi a se. Colse una luce nei suoi occhi. Capì che faceva sul serio. Ne

rimase affascinato. Fino a qualche ora prima pensava che non avrebbe più avuto una ragione per vivere

senza le persone che amava ma qualcuno era andato in suo soccorso e aveva risvegliato in lui la furia

demoniaca che aveva sempre sopito. Chiuse gli occhi e quando li riaprì erano neri. Fissò Lucien e

sorrise “La caccia è aperta”.

Suggellarono l’alleanza con una stretta di mano. Questa volta non ci fu nessuna scarica tra di loro. Ma la

pallida luna lasciava il posto ad incombenti nuvole nere ed un lampo squarciò il cielo.

III.

D'estate Bordeaux era una delle città più afose di tutta la Francia. Gli abitanti pativano molto il caldo e

facevano di tutto pur di trovare un pò di fresco. Ma le creature che vivevano tra gli umani sembravano non

curarsene. Le temperature, calde o fredde che fossero, sembravano non avere alcun effetto su di essi.

Talvolta dovevano fingere di sentir caldo o freddo per non destare troppi sospetti. Semplicemente si

adattavano. Lo stesso facevano Daniel e Lucien anche se la loro vera natura non era sconosciuta a chiunque.

Quando Lucien aveva presentato alla famiglia il demone che si era imbattuto il lui, Daniel era parso molto

imbarazzato. Era la prima volta che interagiva con gli umani. Di solito si manteneva a distanza. Non aveva

mai frequentato la scuola, studiava in casa con un insegnante privato nonchè demone.

Daniel si era integrato bene nella famiglia e si era dimostrato davvero gentile. Lucien pensava che avesse più

umanità lui di qualsiasi altro uomo sulla Terra. I primi tempi erano stati difficili. Lo trovava sempre assorto

nei suoi pensieri. Anzi, assorto nel suo pensiero fisso: i genitori. La notte sfogava la sua rabbia sugli umani

che avevano commesso gravi reati. Seppur con la violenza eliminava un pò di feccia almeno da Bordeaux.

Il tempo passava e nonostante spesso avessero viaggiato dopo tre anni non erano ancora riusciti a trovare

l'Angelo. Ed una sera mentre se ne stavano tranquilli sulla terrazza Daniel sottolineò la situazione.

"Sono passati tre anni, maledizione e ancora niente" urlò contro Lucien ormai abituato ai suoi scatti d'ira.

"Te l'avevo detto che non sarebbe stato facile" rispose Lucien tranquillamente. Questa calma improvvisa che

si impossessava di Lucien irritava Daniel. Non si sentiva del tutto capito. Cercò di essere più razionale. Di

ragionare come lui, ma non ci riusciva. Voleva trovare quel bastardo subito. Voleva ridurlo in cenere dopo

averlo torturato.

"Siamo già sulla buona strada" proseguì Lucien " siamo già stati in tanti luoghi in cui non c'è traccia di

angeli. In questo modo possiamo restringere il campo" Sperò di sembrare convincente. Non voleva

deluderlo. Purtroppo anche per loro la Terra era troppo grande.

"Restringiamo il campo solo ad altri quattro dannati continenti?" Mentre parlava Daniel si avvicinava sempre

più minacciosamente a Lucien. Proseguì "Sai, sei irritante. Io ho perso tutto ciò che avevo. Tu almeno una

famiglia ce l'hai. Io non ho nulla. Non ho nemmeno la tua comprensione. Il tuo appoggio. Se ti do fastidio

dimmelo"

Luciene si limitò a ridere sommessamente. "Ah, demoni" disse sospirando.

Daniel gli si avvicinò e gli sferrò un pugno in pieno volto. Ma Lucien non si scompose. Rimase immobile. Il

sorriso era scomparso. Daniel si pentì subito del suo gesto dettato dalla rabbia. Se l'era presa con Lucien

perchè era l'unico con cui potesse sfogarsi ma questa volta aveva esagerato. Lucien si era sempre

comportato gentilmente con lui e lo aveva aiutato nella sua ricerca.

Lucien non disse una parola semplicemente lo prese dalla giacca e lo issò da terra. I loro visi era vicini.

Adesso Daniel stava fissando gli stessi occhi vitrei di quel maledetto angelo che aveva distrutto la sua vita.

Balbettò qualcosa di incomprensibile. Sentì la mano della morte accarezzarlo. Ma ciò che temeva non

accadde. Lucien lo scaraventò per terra facendogli sbatterle la testa contro il muro che andò in frantumi.

"Non osare" disse guardandolo nuovamente con i suoi occhi blu come il mare" sfidarmi mai più. Sono stato

chiaro?"

"Chiarissimo" fu la risposta di Daniel che continuava a massaggiarsi la testa. "Mi dispiace. In fondo sono solo

uno stupido demone condannato all'infelicità. Questa è la mia dannazione eterna"

"Non puoi prendertela con me per quello che ti è successo ok? Io ho incontrato molti demoni ma a nessuno

avevo mai permesso di avvicinarsi a me così tanto. Anche se vi difendo in questa stupida guerra non ho mai

concesso a nessuno la mia amicizia ed il mio aiuto. A te si invece. Dovresti considerarti fortunato perchè hai

un'opportunità di vendicarti e di avere qualcuno che sostenga la tua causa. Io fossi in te non mi lamenterei.

Pensi che se non mi avessi incontrato avresti trovato da solo l'Angelo? Sarebbe stata una missione suicida.

Sicuramente vedendoti ancora vivo avrebbe chiamato altri maledetti angelii e adesso di te non ci sarebbero

nemmeno le ossa."

"So di aver sbagliato" disse Daniel mentre si alzava e si puliva la giacca "Non accadrà mai più. Io vorrei solo

metter fine a questa storia e continuare la mia vita sapendo di aver fatto giustizia. Forse in realtà sono io

quello che ha fatto troppo poco. Non tu. E ti ringrazio per quello che fai e che hai sempre fatto. Sei l'unico

con cui possa prendermela perchè sei l'unico amico che ho"

Lucien gli si affiancò e gli diede una pacca sulla spalla "Tranquillo. Mi dispiace di averti spaventato ma

dovevo darti una piccola lezione. Dai andiamo sacco di patate"

Daniel inarcò un sopracciglio e sorrise. "Dove andiamo?"

"A divertirci" concluse Lucien sogghignando.

Avevano accuratamente studiato la loro preda, le sue abitudini. L'uomo in questione, aveva quarantacinque

anni e aveva alle spalle numerose accuse di stupro ma nonostante ciò aveva passato pochi anni in carcere.

Era stato beccato perchè dopo aver commesso la violenza era come se si sentisse in colpa e voleva redimersi

confessando le sue colpe a Dio. Quindi andava in Chiesa.

Daniel e Lucien sapevano che quella sera si sarebbe fatto vivo da quelle parti.

Erano le dieci. Si accomodarono sugli scalini adiacenti la chiesa e aspettarono. Qualche minuto dopo

comparve l'uomo. Lo osservarono. Piantarono i loro occhi su di lui. Alla fioca luce dei lampioni i loro occhi

brillavano in maniera spettrale.

Avvicinandosi l'uomo li osservò e venne attraversato da un'ondata di eccitazione e paura. Non ricordava di

averli mai visti, si sarebbe di certo ricordato di tanta bellezza. Allo stesso tempo aveva paura. I loro sguardi

erano come quelli di un gatto che ha appena intrappolato un topo e ne pregusta l'uccisione. Quasi

inciampando sugli scalini passò accanto ai due ragazzi e gli si gelarono le ossa. Quando aprì il grande

portone si sentì meglio. Il male era fuori. Il bene lì dentro. Si sentiva al sicuro. Penso di trattenersi più del

solito. Sicuramente i due se ne sarebbero andati.

Pregò per tutto il tempo. Allo scoccare della mezzanotte si diresse verso l'uscita.

Quando chiuse la porta vide che le scale erano deserte. Si incamminò verso casa ma una voce lo bloccò.

"Fermati" Si voltò e vide che il ragazzo biondo era appoggiato al muro e senza dire nulla lo scrutava. L'altro

invece era dietro di lui. Sentì la fredda canna della pistola contro la sua nuca. Si irrigidì.

"C-cosa volete? Soldi?"

"No, tranquillo" la voce era tagliente. "Non vogliamo i tuoi soldi. Vogliamo la tua testa"

L'uomo non riuscì a parlare, tentò di gridare ma senza rendersene conto si ritrovò piegato sulle ginocchia.

Sentì le tempie pulsare fastidiosamente sempre più forte. Improvvisamente il dolore cessò. Delle lacrime

iniziarono a rigargli il viso.

Si sentì afferrare e trascinare. Cercò di resistere ma erano troppo forti.

"Abbiate pietà di me" disse singhiozzando.

Daniel e Lucien sentendo quelle parole si fermarono di colpo. L'uomo andò a cozzare contro un'auto. Lo

sollevarono.

Adesso la pistola era nella mani di Lucien. Le armi di Daniel sarebbero state le parole ed anche le mani.

"Dovremmo avere pietà di te brutto bastardo?" Ancora prima di finire la frase colpì l'uomo in volto

rompendogli il naso da cui iniziò a colare il sangue e nello stomaco impedendogli di respirare per qualche

secondo.

"Adesso muoviti pezzo di merda" Fu Lucien questa volta a parlare.

Lo portarono in una casa abbandonata. Al centro della stanza c'era una sedia malconcia. Lo fecero sedere.

Per un pò nessuno parlò. L'uomo si guardava intorno alla ricerca di una via di fuga.

"Non pensarci nemmeno, non hai scampo" sibilò Daniel estraendo un coltello dalla sua giacca. "Lucien, la

pistola"

Lucien si avvicinò e diede la pistola a Daniel che sparò un colpo sopra la testa dell'uomo.

Stavano giocando con la loro preda.

Poi mirò ai pantaloni dell'uomo e questa volta sparò.

L'uomo gridò. Ma l'urlo venne soffocato da Lucien che con il suo potere mentale provocò altro dolore a

quell'essere inutile che adesso sputava sangue.

L'uomo continuava a dimenarsi ma era come se ci fosse una forza che gli impedisse di alzarsi dalla sedia.

Daniel diede la pistola a Lucien e guardò il coltello sorridendo. Con ferocia lo conficcò nelle coscie dell'uomo.

L'ultima cosa che vide furono due occhi neri che lo fissavano mentre sentiva un dolore lancinante alla gola

squarciata dalla lama.

L'uomo morì. Dalla gola sgorgava sangue. Il viso era pallido e coperto di lacrime e sangue.

Nessuno probabilmente lo avrebbe mai trovato. O se ciò fosse successo nessuno avrebbe preso gli assassini

poichè le armi le portavano sempre con loro e non lasciavano impronte.

Il mondo aveva bisogno di loro. Dei giustizieri della notte.

IV.

Quella sera Lucien ospitò Daniel a casa sua. Rientrarono all'una e cercarono di non svegliare nessuno.

Qualche anno prima la famiglia si era allargata. La madre "umana" di Lucien aveva dato alla luce due

splendidi gemelli: Carol ed Emilien.

Adesso avevano quasi tre anni e si erano affezionati molto anche a Daniel. Ovviamente erano all'oscuro della

loro vera natura.

La camera di Lucien era molto ampia ed un'intera parete ospitava una libreria colma di libri di ogni genere.

Appena entrarono Daniel si sedette sul letto. "Penso che dormirò, uccidere mi provoca sonnolenza" bisbigliò

sbadigliando.

Qualche volta anche loro dormivano. Poteva rivelarsi molto noioso non prendersi mai una pausa. Nonostante

ciò anche nel sonno riuscivano a percepire ogni minimo movimento intorno a loro.

Lucien chiuse gli occhi e lentamente sprofondò nel sonno. Si svegliò alle sei del mattino quando l'alba

iniziava ad insinuarsi dentro la camera. Ma non fu la luce accecante che lo destò dal suo sonno ma bensì

Daniel. Si agitava nel sonno. Dormiva in maniera scomposta. Lucien si issò sulle braccia per vederlo meglio.

Dovette trattenersi dal non ridere ma poi Daniel si raddrizzò. Il sole inondava di luce il viso del giovane

demone rendendo ancor più evidente la spruzzata di lentiggini sul naso e sulle guance. Lucien rimase un pò

ad osservarlo, sentì il suo stomaco contrarsi ma non perchè avesse fame. Non riusciva a capire quale fosse

l'origine di quel lieve dolore che colpì il suo addome. Un pensiero attraversò la sua mente ma cercò di

scacciarlo. "Non è possibile" disse ad alta voce senza rendersene conto.

"Mmm...cosa non è possibile?" Daniel si era svegliato.

Lucien distolse lo sguardo e riappoggiò la testa sul cuscino. Parlò guardando il soffitto "Uhm... mi sono

ricordato che tra qualche giorno è il tuo compleanno. Mi sembrava impossibile averlo dimenticato" mentì.

Una strana sensazione si impossessò di lui e sentì il bisogno di allontanarsi dalla stanza, o meglio da

Daniel. Prima che l'altro potesse dire qualcosa si alzò dal letto. Arrivato alla soglia della porta si voltò. Vide

Daniel intento a mettersi il medaglione. Per un attimo il sole lo illuminò e a Lucien sembrò di vedere una

particolare incisione. Ma forse se l'era solo immaginata. Aprì la porta e andò a farsi una rapida doccia. Nel

frattempo il suo stomaco aveva smesso di fare i capricci.

I genitori di Lucien scesero le scale insieme a Carol ed Emilien. Daniel fece notare la sua presenza con un

sonoro "Buongiorno".

"Daniel!" gridarono all'unisono i due gemelli appena lo videro. Daniel gli andrò in contro e li prese entrambe

in braccio.

"Ma guarda! Io sono il loro fratello maggiore e nemmeno mi considerano" disse Lucien fingendo di essere

deluso.

I due piccoli allungarono le mani verso Lucien e restando nelle braccia di Daniel lo baciarono sulle guance.

"Siete perdonati" disse arruffando ad entrambe i capelli.

Daniel a volte si sentiva in colpa per il rapporto che aveva instaurato con tutti loro. Sentiva di tradire la sua

famiglia ma in cuor suo sapeva che i suoi genitori sarebbero stati felici per lui.

Quella mattina Daniel decise di uscire da solo. Sapeva che si sarebbe annoiato ma voleva stare un pò tra la

gente comune. Alcune volte si soffermava ad osservare i bambini nel parco e pensava alla sua infanzia. Lui

non era mai stato davvero un bambino. Era stato istruito a difendersi, a combattere. Non aveva frequentato

la scuola, non aveva avuto amici. Altre volte il suo sguardo si posava sugli anziani. Non sarebbe mai

invecchiato.

Passeggiando nel parco percepì una presenza angelica. Si guardò intorno per cercare di individuarla e

quando capì che era pericolosamente vicina a lui indietreggiò ma andò a sbattere contro qualcosa. Una

ragazza.

"Scusami, non ti avevo vista" disse mentre le porgeva una mano per aiutarla ad alzarsi da terra. La ragazza

rifiutò il suo aiuto.

Quando fu in piedi lo fulminò con lo sguardo. "Scuse non accettate. Hai visto come sono? Pensi che io possa

presentarmi al colloquio di lavoro in queste condizioni?"

In effetti la sua giacca si era sporcata. Il giorno prima c'era stato un temporale e alcune pozzanghere erano

sparse per la città. In una di quelle ci era finita proprio lei.

Iniziò ad imprecare. Notò che aveva dimenticato di raccogliere un foglio che le era caduto dal grande

quaderno ad anelli dove probabilmente c'erano dei documenti.

Lo raccolse "Ti è caduto questo" disse mentre stava per porgerglielo. Qualcosa attirò la sua attenzione.

"Aspetta, tu credi che esistano queste creature?" Il foglio conteneva una ricerca su angeli e demoni e c'era

l'immagine di due medaglioni. Uguali a quelli che portavano lui e Lucien. In entrambe erano incisi due

piccolissimi pentacoli. Aveva già notato questa incisione nel suo medaglione ma non ne aveva mai parlato

con Lucien perchè non credeva fosse importante. C'era scritto che erano molto potenti e che avrebbero

potuto provocare l'Apocalisse. Inoltre erano gli unici due esistenti al mondo.

"Non sono affari tuoi" disse lei strappandogli il foglio dalle mani.

Fece per andarsene quando lui la bloccò serrandole il braccio con la mano. "Invece si"

Si tolse il medaglione e glielo porse.

Lei sgranò gli occhi. "Non è possibile"

Era la seconda volta che Daniel in poche ore sentiva pronunciare quelle parole.

V.

La ragazza dopo aver confrontato il medaglione che il giovane le aveva mostrato e quello illustrato sul foglio

rimase per qualche secondo senza fiato. Erano identici, senza alcun dubbio. Inoltre i possessori potevano

essere solo o angeli o demoni. Guardò meglio il ragazzo con cui si era scontrata e arrivò alla conclusione che

fosse un demone.

Qualche minuto prima lo avrebbe volentieri mandato a quel paese ma adesso capì che era stato solo un

incidente.

Ne approfittò del fatto che gli occhi del demone fossero posati sul foglio per ammirarlo.

Il suo viso era talmente liscio da sembrare finto. Sentì il desiderio di allungare una mano e

accarezzarlo. I suoi capelli, corti e castani, con la luce del sole diventavano rossi. Era come se la luce

mostrasse la sua anima. Rossa come il fuoco ardente dell'inferno.

Si ritrovò persa nel verde smeraldo delle sue meravigliose iridi che la stavano osservando con aria

interrogativa. Distolse lo sguardo sperando che le sue guance non prendessero fuoco.

Gli si avvicinò "Quindi tu... sei un demone?" Solo dopo aver pronunciato la parola "demone" si assicurò che

non ci fosse nessuno nei dintorni che avesse potuto udirla.

"Già.." disse come se fosse una colpa esserlo.

Daniel, intento a studiare quello strano foglio non riusciva a capirne appieno il significato. In che modo due

medaglioni potevano scatenare l'Apocalisse? Le informazioni non erano molto chiare. E soprattutto perchè

un'umana si interessava a queste cose? Chi l'aveva informata?

Se voleva ottenere qualcosa doveva iniziare con il piede giusto. Era arrivato il momento di presentarsi.

Le tese la mano "Scusami se non mi sono presentato prima ma capirai bene perchè. Io sono Daniel"

La ragazza strinse la sua mano e a quel punto pensò che sarebbe anche potuta morire, felice. "Anna".

Anna aveva quasi diciotto anni e già cercava un lavoro. Era carina ma non attirava l'attenzione su di se. I

suoi lunghi capelli castani erano mossi. I suoi occhi erano dello stesso colore. Suo nonno le aveva fatto

conoscere il mondo degli angeli e dei demoni. Ne era rimasta affascinata immediatamente.

Daniel continuava a percepire quella maledetta presenza angelica. Decise di chiamare Lucien.

L'unico angelo al mondo che Daniel non odiava, arrivò poco dopo. Per telefono non gli aveva spiegato bene

la situazione ma aveva accennato ai medaglioni. Ricordandosi di ciò che aveva visto quella mattina - la

particolare incisione, quel piccolo pentacolo, sul medaglione di Daniel - si era fiondato li.

Camminava a passo svelto. Sembrava un robot programmato per seguire un preciso percorso e distruggere

qualsiasi cosa gli si parasse davanti.

Anna era ancora più emozionata. Un angelo e un demone in un colpo solo. La cosa più stupefacente era che

le due creature fossero amiche. "Straordinario" pensò. Ormai il colloquio di lavoro era perso ma non

sembrava più importarle.

Quando vide Lucien ne rimase ammaliata. Il suo sguardo freddo che non tradiva emozione, i capelli biondo

cenere che sembravano brillare di luce propria e il viso che sembrava fatto di porcellana perfettamente liscio.

Notò che i due erano molto simili. Lucien era leggermente più alto.

Incurante delle ragazza si rivolse a Daniel nervosamente "Cos'è questa storia dei medaglioni"?

Anna provò a parlare ma le parole non vollero uscire dalle sue labbra.

Daniel gli porse il foglio. " Vedi questi medaglioni? Sono uguali ai nostri. Qui dice che esistono solo questi al

mondo. Gli unici ad avere inciso un piccolo pentacolo. Si parla di una loro straordianaria potenza e che in

qualche modo insieme possano scatenare l'Apocalisse. Non dice altro"

Anna si sentiva un'intrusa. In realtà lo era. Ma era grazie a lei se adesso avrebbero potuto conoscere meglio

il significato dei loro medaglioni. "Io conosco una persona che potrebbe aiutarvi" Mettere insieme quelle

parole le costò molta fatica.

Entrambe si voltarono. Stavano aspettando un nome.

"Mio nonno, lui... si, lui può aiutarvi. Spero solo che non gli venga un infarto"

"Andiamo" dissero all'unisono come se potessero reciprocamente leggersi la mente.

A metà strada Lucien si fermò. Daniel e Anna lo imitarono.

"Scusami, ma prima ero troppo preso da questa strana faccenda" fece una piccola pausa "Lucien" disse

porgendole la mano.

Anna la strinse e pensò di non lasciarla mai più. "Non essere stupida e molla questa meraviglosa e delicata

mano angelica". Rimproverò se stessa mentalmente.

Nel parco l'angelo era seduto su una panchina. Accanto a lui c'era un vecchietto che continuava a parlargli.

Raccontava delle sue ferite riportare in guerra. "Dovrebbe fregarmene qualcosa?" gli avrebbe volentieri detto

ma si concentrò su ben altro. Anna. Sapeva che la sua famiglia era molto interessata a quelli come lui e a

quelle insulse creature, nonchè demoni. Aveva scoperto che suo nonno sapeva qualcosa di importante.

L'aveva seguita li nel parco. Ad un certo punto si era scontrata con un ragazzo ed era rimasta li a parlare.

Ora, non aveva dubbi. Quel demone era Daniel Durand. Aveva ucciso i suoi genitori ed era convinto di

aver fatto fuori pure lui.

"Perchè non sei morto, bastardo?" urlò nella sua mente.

Diede un pugno sulla panchina facendo sobbalzare l'anziano seduto vicino a lui.

VI.

L'angelo aveva attirato attenzione su di sè, molta. Il bracciolo di metallo della panchina era piegato.

L'anziano interdetto spostava lo sguardo dall'angelo alla panchina.

"Roba da matti".

Aveva pronunciato quelle parole guardandolo con disprezzo e se n'era andato con la sua andatura lenta e

portandosi dietro tutti i suoi ottantacinque anni.

"Michael?" Una voce femminile si fece largo tra il brusio. L'angelo si voltò udendo il proprio nome.

"Vedo che non perdi occasione per metterti in mostra". La voce era suadente ma Michael non era interessato

alle sue avances. Era solito desiderare e non farsi desiderare.

Aveva desiderato la morte di Daniel Durand ma ciò non era accaduto. Il sole pensiero lo rendeva

furioso.

"Melissa" Michael si concesse un sorriso. Ne fu immediatamente disgustato. Ma pur di raggiungere il potere,

avrebbe fatto qualunque cose.

I suoi capelli neri e gli enigmatici occhi di ghiaccio erano imprigionati in un viso senza sorriso.

Daniel, Lucien e Anna raggiunsero la casa dell'anziano signore che avrebbe potuto far luce su quello che

strada facendo era stato battezzato "il mistero dei pentacoli".

Anna dovette bussare energicamente alla porta. Qualche secondo dopo si udirono dei passi sul pavimento

che scricchiolava. La porta venne aperta e comparve un uomo di circa settant'anni, i capelli grigi ormai

destinati a diventare bianchi. Il viso era un ammasso di rughe che davano al vecchio un'aria saggia.

"Anna" un'amabile sorriso evidenziò ancor più le occhiaie "Prego, entra. Chi sono questi due giovanotti?"

Si fece da parte lasciando entrare il trio.

Nell'ora successiva Anna aveva spiegato al suo caro nonno tutta la situazione. Dapprima era sembrato

scettico ma poi aveva osservato meglio quei due tipi che Anna aveva trascinato in casa sua. I dubbi

lentamente si affievolirono. Il colpo di grazia arrivò quando entrambe consegnarono nelle sue fragili mani i

loro medaglioni d'oro con inciso in ognuno dei due un piccolo pentacolo, anch'esso dorato pertanto non

visibile ad un primo sguardo.

L'unica differenza riguardava la grandezza. Quello di Lucien era più grande.

Il vecchio si era lentamente alzato dalla sedia e aveva riconsegnato i medaglioni ai rispettivi possessori.

"E' da tutta la vita che studio questi affari. Il foglio che ho qui - quello in cui veniva descritto il potere dei

medaglioni - mi ha tenuto sveglio giorno e notte. L'ho trovato proprio qui a Bordeaux cinquant'anni fa. Ne

sono rimasto affascinato ma non credevo che tutto ciò esistesse davvero. Volevo crederci ed è buffo perchè

la prima cosa che ho pensato quando Anna, la mia cara nipote" fece una pausa per sorriderle "mi ha

raccontato tutto è stato "

Nel corso degli anni, Adam, il nonno di Anna aveva cercato dovunque informazioni legate ai medaglioni. Le

uniche informazioni utili riguardavano un luogo che avrebbe in parte risolto il mistero. Non si era mai

avventurato perchè quel luogo era accessibile solo ai possessori dei medaglioni.

Adam aveva scritto su un foglio, con mano tremante, le coordinate per raggiungere il luogo.

"Una chiesa?" Daniel si innervosì "Io non entro in un luogo in cui i valori sono andati a farsi benedire e dove

vengono venerati gli angeli. Senza offesa, Lucien"

Lucien alzò le spalle come per dire "Non c'è problema amico"

"Quella chiesa è semidistrutta. Nessuno più ci mette piede.Se scopri il potere di questi " disse Adam

indicando i medaglioni "forse potrai impedire che avvenga l'Apocalisse. Diventerai un eroe"

A Daniel non importava fare l'eroe. Non era un fanatico che voleva farsi elogiare dal mondo. Ma non avrebbe

permesso che l'Apocalisse avesse inizio.

Stavano quasi per uscire quando Adam li bloccò "Ci terrei ad essere informato. Voglio conoscere ogni

sviluppo di questa storia. Se scoprite qualcosa, qualsiasi, chiamate questo numero"

"Perchè dev' essere tutto così complicato?" Lucien si passò una mano tra i capelli "Siamo noi i possessori,

perchè siamo all'oscuro di qualcosa che ci appartiene? Mia madre, è stata lei a lasciarmi il medaglione.

Nemmeno lei sa niente?" Non voleva trovare risposte ad ognuna di quelle domande che gli arrovellavano il

cervello. Desiderava solo una soluzione immediata. Il primo passo era recarsi in quella chiesa. Ma poi cosa

sarebbe successo?

"Esco un pò" Anna era costretta a gridare quando lei e suo nonno si trovavano in stanze differenti.

Camminava lentamente, ripensando a tutta quella faccenda che la entusiasmava, quando improvvisamente

si sentì afferrare violentemente. Le dita della mano che le immobilizzava il braccio erano smaltate. Una

donna.

Nonostante il caldo afoso si sentì gelare.

La donna sussurrò al suo orecchio "Vieni con noi tesoro" Sogghignò.

Anna vide che insieme alla donna c'era anche un ragazzo. "Ti ho già visto" pensò.

Poi ricordò. In quei pochi momenti in cui non stava fantasticando su lei e Daniel si era voltata e aveva notato

uno strano tipo seduto su una panchina che la stava osservando. Era lo stesso che adesso si trovava li.

"Tranquilla" continuò la donna "non ti faremo del male. O meglio, non subito. Vero Michael?"

La sua inquietante risata echeggiò nella testa di Anna.

VII.

Il grande portone della Chiesa era chiuso da un catenaccio ma si trattava di uno ostacolo banale. Daniel

diede un colpo facendo rovinare con un tonfo il catenaccio sugli scalini adiacenti la struttura. Lucien si fece

avanti e aprì il portone che emise un fastidioso cigolio. Dopo averlo richiuso si lasciarono alle spalle il mondo

"normale".

L'interno della chiesa aveva un aria spettrale. Dal tetto semidistrutto entravano fasci di luce che si posavano

sul pavimento in marmo, una schiera di piccole statue di angeli troneggiava sull'altare.

Avanzarono lentamente guardandosi intorno e osservando quel che restava degli affreschi raffiguranti angeli.

Daniel si sentiva soffocare. Era circondato da ciò che più temeva ma per sua fortuna erano inanimati. Si

sentiva ugualmente osservato. Non era piacevole restare li. Decise di rompere il silenzio.

"Allora cos'è che dovrebbe illuminare le nostre menti e permetterci di risolvere questo mistero?" cercò di

nascondere la sua agitazione.

"Non saprei" ammise Lucien frustrato. "Non so da dove cominciare"

Qualche minuto dopo Daniel trovò una Bibbia e con riluttanza iniziò a sfogliarla. Qualcosa cadde per terra. La

raccolse. Sembrava un piccolo segnalibro.

"Lucien, vieni qui"

Nel retro del segnalibro c'era scritto qualcosa. Sicuramente era stata usata una penna stilografica.

Lucien lesse ad alta voce "Solo il figlio del demone alato potrà oscurare il mondo" accanto alla scritta

erano riprodotti i due medaglioni con inciso un piccolo pentacolo. Quello più piccolo era sbarrato. Ciò

significava che quella frase riguardava il medaglione più grande. Quello di Lucien.

Quando Daniel aveva capito che la frase riguardava Lucien era rimasto pietrificato. Si prese qualche minuto

prima di rivelare ciò che sapeva a Lucien.

"Se riguarda me significa che io sono il figlio del demone alato e che posso oscurare il mondo, quindi

scatenare l'Apocalisse. Ma, mio padre è un angelo, non un demone. E non mi risulta che i demoni abbiano le

ali"

"Lucien" la voce di Daniel echeggiò come un presagio di morte. Prima di continuare lo guardò dritto negli

occhi "Quel che sto per dirti non credo che ti piacerà. Demone alato è un termine che usiamo noi demoni

per indicare...." non riuscì a finire la frase. Abbassò lo sguardo.

"Per indicare cosa, chi?" Lucien aveva già perso la pazienza.

"Lucifero" fu la risposta secca di Daniel.

Ricevuta la notizia, Lucien era incredulo. Alternava momenti di risate isteriche a momenti di rabbia in cui

distruggeva ciò che il tempo aveva risparmiato. Si passava nervosamente le mani tra i capelli. La furia era

dipinta sul suo volto.

"Non può essere, no" urlava e non c'era verso di fermarlo. Daniel ci aveva provato rischiando di essere

colpito, così aveva deciso di lasciarlo sfogare fino a quando non si sarebbe calmato da solo. Dovette

aspettare due ore prima di potergli nuovamente rivolgere la parola.

Uscirono fuori e si sedettero sugli scalini. Daniel gli mise un braccio intorno al collo.

"Devi stare tranquillo. Questo non cambia niente, almeno per me. Che importa se il tuo vero padre è il

Diavolo?" la voce di Daniel calmò un pò gli animi di Lucien.

"Non mi piace essere il figlio di un mostro. E poi, ha voluto un figlio solo per scatenare l'Apocalisse?" Che

squallore, pensò.

"Adesso la cosa più importante è cercare di capire come non provocarla. E credo che l'unico modo per

scoprirlo sia andare da...lui. Prima ovviamente dobbiamo sapere dove si trova e come incontrarlo. Non credo

che sarà una passeggiata"

"D'accordo" disse più a se stesso che a Daniel.

Improvvisamente sentì nuovamente quella strana sensazione allo stomaco. Daniel era vicinissimo. Il suo

ginocchio era appoggiato al fianco di Lucien.

"Perchè mi fai questo effetto, Daniel?" avrebbe voluto dire ma restò solo un pensiero.

Il vorticare di pensieri nella sua testa venne interrotto dal suo cellulare che iniziò a vibrare.

"Adam?"

Il vecchio sembrava affannato "Ragazzi, dovete venire qui. Credo che Anna sia stata rapita"

"Arriviamo"

Non c'era bisogno di dare spiegazioni a Daniel, aveva già sentito tutto.

Lucien fu un pò sollevato ma si vergognò subito perchè il rapimento di Anna avrebbe posticipato l'incontro

con suo padre, Lucifero.

Anna riaprì gli occhi improvvisamente. La testa le faceva male. "Dove sono?"

Non arrivò nessuna risposta ma sentì alcune voci che diventavano sempre più acute.

Non ricordava di essersi addormentata.

La donna le si avvicinò e senza dire nulla la guardò sorridendo. Subito dopo arrivò Michael che si fermò a

guardare la scena.

La donna estrasse dal suo stivale un coltello. "Adesso ci dirai tutto ciò che sai su Daniel Durand oppure...."

avvicinò la lama alla sua gola "morirai" sogghignò.

VIII.

Anna era terrorizzata. Cercava di muoversi ma pesanti catente le serravano le caviglie. Calde lacrime scesero

a rigare il suo viso. Sapeva solo una cosa: Daniel era un demone. Ma cos'altro avrebbe potuto dire?

Ventiquattr'ore prima non sapeva nemmeno della sua esistenza. La donna iniziò a schiaffeggiarla. "Ho detto

parla"

Tra i singhiozzi Anna ripetè per l'ennesima volta la stessa frase "So solo che è un demone"

"Melissa" per la priva volta Michael parlò "forse non è il metodo giusto"

Melissa lo fulminò con lo sguardo ma Michael rimase impassibile.

Anna lanciò uno sguardo implorante a Michael ma lui si voltò prima di restare intrappolato nei suoi occhi.

Melissa diede un pugno ad Anna nello stomaco e un fiotto di sangue le uscì dalle labbra.

Michael spinse via Melissa e si chinò su Anna, le porse un fazzoletto e la aiutò a pulirsi il viso coperto

di sangue.

"Cosa fai?" Melissa irata si intromise sferrando un pugno a Michael che però le bloccò il braccio. Con un

colpo seccò lo spezzò. Un urlo di dolore echeggiò nell'immensa stanza vuota. Melissa tentò di rimetterlo a

posto ma prima che potesse anche solo provarci Michael le spezzò anche l'altro facendola crollare in

ginocchio. Con un movimento rapido prese il coltello prima di Melissa e le tagliò la testa.

Anna che aveva assistito alla scena dovette trattenersi dal non vomitare.

Michael gettò il coltello imbrattato di sangue e tolse le catene dalle caviglie di Anna. La aiutò ad alzarsi.

Ancora Anna non riusciva a comprendere perchè avesse ucciso Melissa. Quando fu in piedi si sentì la testa

vuota. Prima di svenire due braccia forti la sorressero. Provò una sensazione di estrema pace.

Daniel e Lucien tornarono a casa di Adam che li stava già aspettando sulla soglia della porta.

"E' da un paio d'ore che non vedo Anna" nonostante l'età camminava nervosamente avanti e indietro.

"E tu pensi che l'abbiano rapita. Perchè?" fu Daniel a parlare.

"Non è solita stare così a lungo fuori casa. Lei non è di Bordeaux. Passa l'estate qui perchè ama questa città

e perchè condivide con me questo grande segreto. Inoltre ieri, dopo che ve ne siete andati mi ha detto che

al parco qualcuno non smetteva di osservarla"

Lucien si ricordò che Daniel aveva parlato di una presenza angelica "Oh merda"

Come se potesse leggere la mente di Lucien, Daniel ne capì immediatamente il significato "Come facciamo a

trovarla?" Il suo tono era molto preoccupato e per uno strano motivo Lucien ne fu irritato.

"Purtroppo non ha lasciato tracce ma lei me lo ha descritto. Capelli neri, occhi di ghiaccio, abbastanza alto.

Inoltre aveva uno sguardo minaccioso"

Daniel per un attimo si sentì mancare la terra sotto i piedi. Pensando lucidamente la descrizione gli aveva

subito fatto venire in mente l'angelo che aveva ucciso i suoi genitori e che senza successo aveva provato a

far fuori anche lui. Che fosse tornato per lui?

Daniel prese da parte Lucien scusandosi con Adam "E' l'angelo"

"Si lo so che è un angelo" rispose Lucien.

"No, non un angelo qualsiasi ma quell'Angelo"

Come faceva quell'angelo a sapere che Daniel non era morto? Solitamente la sicurezza faceva si che un

angelo non si assicurasse della morte delle sue prede. Pertanto non era tornato per controllare se Daniel era

effettivamente morto.

Lucien pensò di essere finito dentro a un incubo: lui era figlio del Diavolo e poteva scatenare l'Apocalisse,

ancora non era chiaro cosa rappresentasse invece il medaglione di Daniel. Altri due umani erano a

conoscenza della loro vera natura e possedevano informazioni di cui loro ignoravano l'esistenza. Anna era

stata rapita. L'angelo era tornato. E provava una strana sensazione ogni volta che Daniel gli si

avvicinava.

Cosa sta succedendo? imprecò.

Tornarono da Adam e lo aggiornarono. L'anziano cadde goffamente sulla sedia. Era sfinito ma ancora nei

suoi occhi brillava la speranza.

"Abbiamo i sensi abbastanza sviluppati. Potremmo riconoscere l'odore di Anna e trovarla"

La proposta di Daniel sembrò la più sensata. Era l'unico modo.

Quando Anna riaprì gli occhi capì che qualcuno la stava tenendo in braccio. Sbattè leggermente le palpebre e

mise a fuoco la figura che si stagliava contro la luce. Michael.

Sentì l'odore dell'erba dopo un temporale. I suoi polmoni lo accettarono di buon grado. Un'aria fresca

spazzava via l'afa di Agosto.

Michael cercò di farla distendere sull'erba ma immediatamente Anna allungò le braccia e si avvinghiò al suo

collo. "No, non mi lasciare"

Ormai senza forze cedette. E si ritrovò sull'erba. Sentì una mano accarezzarle i capelli, poi chiuse gli occhi e

si riaddormentò.

Seguiti da Adam, Daniel e Lucien arrivarono in un edificio semidistrutto. Solo il pianoterra era intatto. Tutte

le stanze erano vuote. Sul pavimento in una di esse trovarono un fazzoletto sporco di sangue e altre macchie

sulle mattonelle. Vicino al sangue c'erano delle catene. E il corpo di una donna con la testa mozzata.

Adam era terrificato "Cosa le hanno fatto?"

"E' ancora viva, non preoccuparti la troveremo" Lucien lo aiutò a uscire di li. Il suo viso era pallidissimo.

Adam si sentiva in colpa per ciò che era successo ad Anna e doveva trovarla.

"Andiamo" disse con nuova energia.

La trovarono un'ora più tardi. Respirava lentamente, la bocca era semiaperta. La riscossero dal suo sonno.

L'angelo non c'era più.

Sembrava ubriaca. Quando riconobbe suo nonno riprese a piangere e lo abbracciò. "E' finita" disse poco

convinto.

Da lontano, Michael osservava. Quando li vide arrivare sospirò ma era irritato dalla presenza di Daniel. Cercò

per un attimo di scacciarlo dalla sua mente. Avrebbe trovato un mondo per scoprire la verità.

Si concentrò su Anna. Ripensò al suo viso sfigurato dal sangue, alla furia di Melissa. Si era solo servito di lei.

Aveva sempre obbedito permettendogli di avvincarsi al segreto che lei e suo nonno custodivano.

Qualcosa però non era andata secondo i suoi piani. Nonostante la sua freddezza, nonostante la sua

crudeltà si era innamorato. Di Anna.

IX.

Daniel non era mai stato in un ospedale. Non prendeva nemmeno un raffreddore, figuriamoci avere qualche

malattia grave.

Lucien invece si. Ne aveva un bel ricordo. Sua madre aveva messo al mondo due splendide creature umane.

Due gemelli.

Ma non aveva sbirciato dentro le altre stanze, preso com'era dall'emozione.

Questa volta commise l'errore di farlo. Il suo sguardo incontrò quello di un vecchio ormai rassegnato ma

consapevole di aver vissuto. E poi quello di un bambino, pallidissimo, che cercava di restare sveglio, lottava.

La vita gli sfuggiva dalle mani. E avrebbe perso la battaglia contro la signora nera, la Morte.

Erano li per Anna. Quando si era risvegliata non era in condizioni ottime. Non riusciva ancora a reggersi in

piedi. Il naso era rotto e le doleva lo stomaco a causa del pugno ricevuto. Parlava piano e non sempre ciò

che diceva era comprensibile. Nelle caviglie aveva dei segni viola provocati dalle catene che le avevano

strette.

Quando entrarono nella sua stanza stava dormendo. Accanto al letto c'era Adam seduto su una sedia che le

teneva la mano. Fu un tuffo al cuore per entrambe. Se lei era li ridotta in quel modo la colpa era loro.

E li opprimeva.

Si avvicinarono cercando di non fare rumore.

Lucien sussurrò "Come sta? Cosa dicono i dottori?"

"Si riprenderà" rispose flebilmente Adam. Osservandolo era facile indovinare che avesse pianto fino a

qualche minuto prima. Forse vedendoli arrivare si era velocemente asciugato le lacrime.

Rimasero li un'ora. Poco prima che se ne andassero Anna aprì gli occhi. Cercò di alzare la mano per salutarli

e un debole sorriso comparve sul suo viso malconcio.

Lasciarono Adam li. Nuvole nere precedevano l'arrivo di un altro temporale estivo che si sarebbe abbattuto

sulla città molto presto.

Poco prima di entrare a casa di Lucien, quest'ultimo arrestò il passo. Si voltò verso Daniel "Finiamola qui. Io

non voglio andare avanti con questa storia. Anna è finita in ospedale. Chi sarà il prossimo? O forse

sarà la mia famiglia a doverne subire le conseguenze?"

Daniel lo capiva. Aveva ragione. Ma la curiosità era troppa "Ancora non sappiamo cosa rappresenti il

mio medaglione"

"Forse è meglio non saperlo, il mio non ha portato nulla di buono. Mi ha solo stravolto" l'ira di Lucien era

palpabile.

Detto ciò se lo sfilò e lo lanciò per terra. Beffardamente un ultimo fascio di luce illuminò il piccolo

pentacolo inciso.

"Certo, capisco. Meglio lasciar perdere. Io...vado a casa mia per questa notte" Daniel capiva quando

qualcuno preferiva stare da solo.

"Sicuro? Lo sai che qui puoi stare quanto vuoi. Sei il benvenuto" Lucien cercò con un sorriso di scacciare la

rabbia. Impossibile.

"Si, lo so. E ringrazio te e la tua famiglia per questo. Ma vorrei stare da solo" in realtà voleva permettere a

Lucien di sbollire la rabbia.

Lucien lo salutò con un cenno del capo e si avviò verso casa.

Daniel rimasto solo si chinò e raccolse da terra il medaglione di Lucien e se lo mise nella tasca della giacca.

Rivolse uno sguardo al cielo e una goccia colpì il suo occhio. Stava piovendo.

Corse veloce verso casa ma ormai si era bagnato. Il suo aspetto era come quello di chi si è appena tuffato in

mare con tutti i vestiti.

Quando entrò in casa, bagnato fradicio, venne accolto dal silenzio. Un silenzio pesante che nessuno avrebbe

più spezzato.

Sulla porta di casa si tolse i vestiti e lasciando una scia d'acqua dietro di se andò in bagno dove si avvolse in

un comodo accappatoio.

Una volta asciutto salì in camera sua e si mise una tuta.

Seduto sul letto si sfilò il medaglione e lo avvicinò a quello di Lucien. Troppo.

Una scarica elettrica si diffuse nel suo corpo. Lasciò andare i medaglioni allontanandoli con il piede.

Nonostante la scossa fosse stata forte non aveva sentito alcun male. Era solo confuso.

"Cosa diavo.." si fermò pensando che in fondo il Diavolo c'entrava qualcosa.

Forse Lucien aveva ragione. Meglio lasciar perdere.

Chiuse tutte le finestre e nella casa calarono le tenebre. Erano l'unica cosa di cui non aveva timore.

Nel cuore della notte decise di alzarsi. Non aveva voglia di dormire. Scese nel salone ed accese la luce.

Sopra ogni mobile c'erano delle foto incorniciate. Si soffermò a guardare quella in cui aveva sei anni ed era

con i suoi genitori. Sorridevano. Sorrise anche lui a quei tre che non conosceva più. Sua madre, Amelie, era

splendida. Aveva i suoi stessi occhi e quelle lentiggini davano anche a lei un'aria dolce. E lo era. Suo padre,

Mark, sembrava così pieno di vita. Lui invece appariva come un normale bambino e quel suo sorriso celava

la sua vera natura. Accarezzò il vetro che proteggeva la foto e la rimise apposto. Non si lasciò andare alle

lacrime. Non voleva essere triste. Voleva ricomiciare a vivere. O forse non aveva mai vissuto davvero.

Senza cambiarsi uscì di casa è si infilò il cappuccio. L'aria era fresca e ancora era buio.

Intento a pensare non badò ad eventuali presenze.

Svoltando un angolo si scontrò con un uomo. Sulla trentina probabilmente. Insieme a lui c'erano altre due

persone.

Gli si pararono davanti sbarrando la strada. Tre contro uno.

"Dacci il tuo bel...medaglione e noi non ti faremo nulla" l'uomo sorrise mostrando una schiera di denti

ingialliti

Daniel sorrise al pensiero di farli fuori tutti e tre. Aspettò che facessero loro la prima mossa.

"Prova a prenderlo allora"disse Daniel sorridendo e mostrando a sua volta una dentatura perfetta.

L'uomo senza esitazione strappò il medaglione dal suo collo. Daniel lo lasciò fare.

L'uomo rideva di gusto. Si allacciò il medaglione. Ancora non sapeva che sarebbe stata l'ultima cosa che

avrebbe fatto nella sua vita. Una scossa si insinuò nelle sue ossa, il cuore si fermò all'istante. Cadde per

terra.

Gli altri due erano immobili increduli. Daniel si riprese ciò che gli apparteneva.

Senza che potessero rendersene conto anche gli altri due si ritrovarono accasciati al suolo con il collo

spezzato.

Daniel si rimise il medaglione "Bordeaux, che città noiosa"

Anna si sentì improvvisamente meglio. Si svegliò con la luce che le inondava il viso. Sorrise.

Voltandosi vide un mazzo di fiori posato accanto al suo letto ed una figura sparire oltre la porta.

"Michael" Era ancora troppo debole per gridare. Non l'avrebbe sentita.

X.

Quando Daniel aveva visto quell'uomo stramazzare per terra colpito da una scarica elettrica partita dal suo

medaglione era rimasto un pò sorpreso. Non credeva che avrebbe avuto quell'effetto ma era capace di

controllare anche la sua espressione, e pertanto il suo viso non si era scomposto a differenza di quello degli

altri due che avevano sgranato gli occhi e incapaci di scappare gli avevano rivolto uno sguardo implorante.

Ma Daniel nei loro occhi aveva letto lo stesso fallimento di quello che ora giaceva morto ai suoi piedi. Niente

compassione per quei miserabili. E soprattutto niente testimoni.

Era subito arrivato ad una conclusione: solo lui e Lucien potevano indossare i loro medaglioni. Lucien aveva

commesso un grave errore gettandolo per terra il giorno prima. Qualche ignaro umano giustamente attratto

da quell'oro luccicante lo avrebbe raccolto e se non lui qualcun'altro lo avrebbe allacciato al collo e in pochi

secondi sarebbe morto. Per fortuna, Daniel, si fidava del suo istinto e lo aveva portato con sè. Sapeva anche

che Lucien voleva porre fine a quella storia ma voleva almeno aggiornarlo.

La città a quell'ora era deserta. Il temporale era da poco passato e tutti se ne stavano rintanati sotto le loro

coperte. Solo i balordi gironzolavano per le vie in cerca di guai. Ma si credevano forti, scaltri. Non potevano

immaginare in cosa sarebbero incappati. Non si erano nemmeno ubriacati solo per gustarsi il momento in cui

avrebbero derubato qualche poveraccio e per essere abbastanza lucidi da fare a botte senza rischiare

qualche figuraccia. Secondo Daniel bisognava essere un pò folli.

Non voleva che la città si risvegliasse con un acre tanfo. Non voleva che venissero trovati tre cadaveri. La

polizia si sarebbe mossa per nulla. Meglio occuparli in qualcosa che meritava davvero un criminale dietro le

sbarre. Daniel, si caricò quelle carcasse umane sulle spalle issandoli senza alcuno sforzo. Nessuno dei tre

perdeva sangue.

Guardandosi furtivamente intorno raggiunse una piccola foresta. Gettò per terra i corpi e poco prima di

scostare l'ultimo cespuglio per rientrare in città sentiì un branco di lupi ululare.

"In bocca al lupo, ragazzi" disse sogghignando.

Quella notte, Lucien non aveva chiuso occhio. Troppi pensieri gli affollavano la mente. Troppe responsabilità

gli erano crollate addosso tutte in una volta. Rivolse una muta preghiera per Anna. Ma non pregò Dio,

anche lui stentava a crederci. Pregò che Anna fosse abbastanza forte da tornare se stessa. E la pregò di

allontanarsi dal suo mondo perchè al di la delle apparenze non era così sublime.

Pensò a Daniel. Se lo immaginava seduto al buio nella sua stanza in quella casa ormai vuota

nonostante fosse colma di ricordi. Si sentì invadere da un senso di tristezza. Lui non poteva capire il

dolore che stava provando Daniel, lui non aveva mai conosciuto la sua vera madre ma quella a cui era stata

affidato era il meglio che potesse chiedere. Suo padre, non voleva nemmeno conoscerlo. Invece per Daniel,

suo padre, era un eroe. Altro che Superman.

Iniziò a focalizzare nella sua mente l'immagine di Daniel. Si lasciò sfuggire un sorriso e sentì le guance

avvampare. Il suo stomaco iniziò nuovamente a contrarsi ma Lucien non si lmanentò. Non voleva più

sfuggire a ciò che provava. Prese coscienza del fatto che si sentiva attratto da lui. Più lo

allontanava e più desiderava che restasse.

La sua sola presenza lo destabilizzava, se lo vedeva prendersi cura di qualcun altro si sentiva montare dentro

la gelosia.

Lucien non aveva mai avuto una relazione. Non poteva stare con un'umana perchè non avrebbe potuto

vivere per sempre con lei. Fosse stato un vampiro, ammesso che esistessero, avrebbe potuto trasformarla.

Ma nessuno può diventare un Angelo. Ne tantomeno un demone. Si nasce così e basta.

Si era limitato solo a guardarle da lontano le ragazze, niente di più.

Con Daniel invece sarebbe stato più facile. Ma si sentì uno stupido a pensare che anche lui potesse

ricambiare.

Adesso che aveva accettato i suoi sentimenti sarebbe stato difficile persino riuscire a salutarlo. Forse gli

avrebbe confessato tutto. Ma poteva perdere anche la sua amicizia e non voleva che accadesse. Anche lui

faceva parte della sua famiglia e apparteneva alla cosa più importante che avesse.

Sempre più convinto decise di lasciar perdere quella storia sui medaglioni.

Che se ne restasse all'Inferno, Lucifero. Cercare anche solo di avvicinarsi sarebbe stata un'impresa e

non voleva sprecare tempo, nonostante avesse a disposizione un'eternità, per incontrare il simbolo del male,

colui che lo aveva creato solo per attuare il suo oscuro piano.

Quando iniziò ad albeggiare uscì dalla sua camera e scese in cucina. Solo i gemelli si sedevano a tavola a

fare colazione. Claire e Alexandre sgranocchiavano qualcosa velocemente e poi andavano entrambe a lavoro.

Alexandre accompagnava Carol ed Emilien all'asilo e nel periodo estivo dai nonni. Lucien non sopportava

l'assordante silenzio in cui restava la cosa dopo che tutti varcavano la soglia della porta. Quindi, usciva.

Guardandosi allo specchio si sentì diverso senza il suo medaglione ma pensò che forse era rimasto ancora lì

fuori. Presto lo avrebbe ripreso.

Uscito si aspettò di trovarlo nel punto esatto in cui lo aveva scagliato il giorno prima ma non ve n'era traccia.

La tasca del suo jeans iniziò a vibrare. Prese il cellulare e sullo schermo comparve un nome che solo a

leggerlo scombussolò il suo organismo. "Daniel"

Lo lasciò squillare un pò, sapeva che l'amico non era uno di quelli che molla la presa.

Con mani tremanti accettò la chiamata ma non disse nulla.

"Lucien?" la voce di Daniel era calma.

"Si scusami e solo che non trovo più il mio medaglione" mentì.

"Oh, si l'ho preso io. Volevo parlarti di alcune cose al riguardo"

"Senti, lo sai che non voglio più avere a che fare con questa storia. Ho chiuso"

"E' importante davvero. Incontriamoci tra dieci minuti in piazza"

"No...cioè si" allontanò il cellulare per soffocare un "Oh merda"

"Tutto bene?" chiese perplesso Daniel.

"Si, non preoccuparti, arrivo"

Chiuse la chiamata prima che l'altro potesse dire qualcosa.

Aveva dieci minuti di tempo per pensare a come poter stare a un metro da Daniel senza avere qualche crisi.

Avrebbe preferito trovarsi davanti una schiera di angeli infuriati piuttosto che incontrarlo.

Anna sapeva che quel giorno Adam, suo nonno, non avrebbe potuto farle visita così si rassegnò a trascorre

un'altra noiosa giornata in quell'ospedale.

Mentre lei era intenta a leggere un piccolo libricino che gli aveva lasciato Adam, comparve Michael.

I due si guardarono senza dire una parola.

Dopo un interminabile silenzio imbarazzante lui prese una sedia e la avvicinò al suo letto. Si sedette e le

strinse la mano nella sua.

"Come stai?" disse spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

"Bene, grazie. Mi riprenderò" sorrise accarezzando il dorso della mano di Michael.

Nei minuti successivi Michael le disse quanto fosse dispiaciuto del fatto che lei avesse dovuto subire tutto

quel male. Pensava che con i metodi di Melissa lei avrebbe rivelato qualcosa di importante. Ma capendo che

non cedeva era arrivato alla conclusione che davvero lei non sapesse niente. A quel punto sia Melissa che le

catene erano diventate superflue.

Non smise un attimo di scusarsi.

Poco prima di andarsene le parlò con un tono serio "Promettimi che non parlerai di me con nessuno. Nè con

tuo nonno nè con Daniel e nemmeno con quell'altro"

"Lucien, intendi?" Anna si pentì di aver fatto il suo nome.

"Si, lui"

"Perchè?"

"E' complicato ma presto ti spiegherò tutto"

"Promesso?"

"Promesso" disse lui dandole un bacio sulla fronte.

XI.

Lucien, arrivato in piazza scorse tra la folla Daniel che si sbracciava per farsi notare. Alzò una mano come

per dire "Si, ti ho visto". Respirò profondamente e andò incontro all'amico che a passo svelto lo stava

raggiungendo.

Quel giorno Daniel indossava una maglietta a maniche corte, jeans e scarpe da ginnastica ma nemmeno

l'ombra della sua adorata giacca. Un paio di occhiali impediva di guardarlo negli occhi. Quando arrivarono a

neanche due metri di distanza, Daniel sollevò gli occhiali appoggiandoli sui capelli. Si avvicinò a Lucien per

abbracciarlo velocemente come era solito fare ogni volta che lo rivedeva. Era il suo modo di salutare. Ma

quando Lucien percepì il movimento delle sue braccia, pescò dalla tasca del suo jeans il cellulare e finse di

aver ricevuto un messaggio. Daniel restò un pò deluso e si chiese se il suo amico non avesse avuto qualche

problema. Decise di prestare attenzione ai suoi gesti. Capiva che gli nascondeva qualcosa. Ma il suo

segreto, almeno secondo lui, aveva i minuti contati.

"Tutto bene?" chiese.

"Oh scusa, mi è arrivato un messaggio. Possiamo andare"

Si lasciarono la piazza alle spalle e si avviarono verso il parco, quello che aveva cambiato le loro vite. Ancora

Daniel si chiedeva perchè si era scontrato proprio con la persona che possedeva informazioni sui loro

medaglioni.

Scelsero una panchina vuota e Daniel iniziò a parlare "Lo so che vuoi star fuori da questa storia dei

medaglioni ma c'è una cosa che devo dirti. Ricordi quando ieri hai gettato il tuo medaglione?"

Lucien si limitò ad annuire e cercò di non guardarlo troppo anche se era un'impresa riuscirci.

"Bene. Ho pensato di prenderlo"

"Ecco dov'era finito"

"Si, in ogni caso ieri sera, non so nemmeno perchè l'ho fatto, ho avvicinato i due medaglioni e ho preso la

scossa. Ma non una scossa leggera. E non riuscendo a dormire, sono uscito e ho incontrato tre idioti, pace

all'anima loro, che volevano fregarmelo. Uno dei tre se l'è allacciato al collo e ci ha rimesso la

pellaccia. Morto, stecchito"

Lucien sgranò gli occhi "Davvero? Ma com'è possibile?"

"Vorri saperlo. Io credo che solo noi possiamo indossarli e soprattutto che dobbiamo continuare"

"Daniel, lo sai come la penso. Ogni cosa mi sembra assurda ed è buffo considerando che sono per metà

angelo e per metà demone. Non dovrei stupirmi di niente. Eppure...lo faccio."

"Non c'è modo di convincerti eh?" Daniel parve rassegnato.

"No. Invece c'è una cosa che voglio continuare a fare. Trovare l'Angelo. Dobbiamo parlare con Anna"

"Mi sento in colpa. E' colpa mia se Anna è in ospedale. Tutte le persone che si avvicinano a me tendono a

morire o a ferirsi. Qualcuno deve aver gettato una maledizione su di me ancor prima che nascessi"

Ecco, Lucien si sentì nuovamente infastidito dal fatto che Daniel fosse così attaccato a quella ragazza.Forse

era innamorato di lei. Il solo pensiero lo mandava in bestia. Strinse i pugni cercando di essere

razionale.

Daniel notò che Lucien si era accigliato. Si voltò verso di lui e senza mezzi termini lo apostrofò "Hai qualche

problema? Mi stai nascondendo qualcosa?"

"Io? No perchè dovrei?" rise nervosamente.

"Sei sicuro? Mi sembri molto strano oggi. Lo eri pure al telefono. Quando ci siamo incontrati mi hai

praticamente ignorato. Parlo e sembra che ogni cosa ti faccia infuriare"

"Non potresti capire!"

"Allora effettivamente c'è qualcosa di cui non vuoi parlarmi"

"Esatto. E non ho intenzione di farlo. Se ci tieni alla nostra amicizia dimentica questa cosa"

Detto ciò si alzò e a passo svelto si allontanò.

Daniel non lo seguì, si limitò a osservarlo mentre si allontanava. Sembrava teso e si chiese se il problema

non fosse proprio lui. O forse detto o fatto qualcosa di sbagliato? Pensò.

Lucien camminava prendendo a calci le piccole pietre disseminate sul terreno. Stupido! Da un'ora non faceva

altro che ripeterlo ad alta voce. Perchè non riusciva a mentire? Avrebbe dovuto trovare una buona scusa.

Non voleva comportarsi in quel modo. Purtroppo era impulsivo. Come qualsiasi altro angelo.

Detestava quella sua parte. Detestava ogni volta aggredire Daniel solo per remprime i suoi sentimenti.

Decise che non poteva più andare avanti così. L'unica cosa da fare era confessare a Daniel ciò che provava

nei suo confronti. Preferiva perdere la sua amicizia piuttosto che demoralizzarlo ogni volta. Non se lo

meritava.

Aveva già sofferto abbastanza nella sua vita.

Con il suo permesso o meno avrebbe trovato quel dannatissimo Angelo e lo avrebbe consegnato

nelle sue mani.

Ritornò sui suoi passi ma una volta giunto alla panchina che aveva condiviso con Daniel un'ora prima non lo

trovò. Di certo non sarebbe rimasto li ad aspettarlo in eterno. Daniel era impaziente. Ma sicuramente

l'avrebbe trovato.

Provò a chiamarlo al cellulare ma rispose la segreteria telefonica. Non lasciò un messaggio.

Improvvisamente capì dove poteva essere. Da Anna.

"Posso entrare?"

Anna si voltò e vide Daniel fermo sulla soglia della porta. "Certo che puoi" anche lei sorrise.

Era molto contenta di vederlo. Per un attimo, dimenticò Michael.

Daniel si trattenne per tutto l'orario di visita e poco prima di essere esorato dagli infermieri ad uscire si

rivolse a lei con tono serio "Anna. C'è una cosa che dovresti sapere" almeno lui certe cose non le teneva per

se a differenza di qualcun altro.

"E' successo qualcosa?" chise Anna sollevandosi sulle braccia. "Mio nonno sta bene?"

"Si, tranquilla. Ecco riguarda l'Angelo che ti ha rapita. Io lo conosco. Quando avevo sedici anni lui si è

introdotto in casa mia ed ha ucciso i miei genitori. Quando sono tornato lui ha cercato di far fuori anche me

senza riuscirci. Lui ha distrutto la mia vita. Devi aiutarmi a trovarlo"

Anna si sentì crollare il mondo addosso. Non riusciva a credere che Michael potesse aver fatto una cosa

simile.

L'aveva aiutata ed era anche andato a trovarla in ospedale. Senza dire una parola delle lacrime si posarono

sulle sue guance. Daniel l'abbraccio goffamente ma era un abbraccio sincero.

"Mi dispiace molto per quello che ti è successo. Ma lui è stato gentile cone me. C'era anche una ragazza con

lui che voleva sapere cose su di te ma io non gli ho detto niente. Mi ha maltrattato e lui l'ha uccisa.Mi ha

salvata"

"E tutto questo cosa significa?" Daniel conosceva già la risposta.

Anna abbassò lo sguardo "Che non posso aiutarti, mi dispiace. Davvero. Gli devo la vita"

"L'avevo detto io di essere condannato all'infelicità eterna. Grazie a te ora ne ho la certezza"

Uscendo sbattè la porta facendo cadere un piccolo quadretto che era appeso nella stanza.

Uscendo dall'ospedale si scontrò con Lucien che lo bloccò serrandogli il braccio con la mano.

"Lucien lasciami andare. Non voglio parlare con te, con nessuno"

"Non devi per forza parlarmi. Puoi anche solo limitarti ad ascoltarmi. Non ci saranno più segreti"

Lucien lasciò la presa ma Daniel non fuggì via. Rimase li.

"D'accordo. Ti ascolto"

XII.

"Questo non è il luogo adatto par parlare" Lucien iniziò a trascinare Daniel lontano dall'ospedale stringendo il

suo braccio.

"Lucien! So camminare!"

Lucien lasciò la presa. Sul braccio di Daniel era rimasto il segno della mano di Lucien.

"Si può sapere che ti prende?"

"Seguimi e lo saprai"

Daniel stava perdendo la pazienza. Odiava tutti quei sotterfuggi.

In pochi minuti si ritrovarono di nuovo al parco. Daniel esausto si mise a sedere, Lucien invece camminava

nervosamente.

Daniel parlò prima che potesse farlo Lucien "Sai, prima sono andato da Anna. Le ho raccontanto dell'angelo.

Di ciò che mi ha fatto. Di come ha distrutto la mia vita. Le ho chiesto di aiutarmi a trovarlo ma lei mi ha

detto che non può perchè a quanto pare è un gentiluomo che l'ha salvata. Lei gli deve la vita. Ti rendi

conto?" la frustrazione era dipinta sul suo volto.

"Ti ha...davvero detto così? Ah, gli umani a volte sono così stupidi!"

"Non ho bisogno di lei per trovare quel bastardo! Ritorneremo presto sull'argomento ma adesso sputa il

rospo"

"Non è facile per me parlarne, soprattutto con te" Lucien continuava a camminare ed evitava lo sguardo di

Daniel. "Ma devo farlo. Non ce la faccio. E' una cosa troppo importante e rischio di impazzire se me

la tengo dentro. Io vorrei solo che tu non reagissi troppo male"

"Non puoi sapere come reagirò. Ma devi comunque dirmi che cosa ti sta succedendo"

A quel punto Lucien decise di sedersi. Guardando Daniel negli occhi e gli disse tutto "Non voglio fare giri di

parole e non voglio dilungarmi troppo. Daniel, io mi sento attratto da te. Forse l'ho sempre saputo ma

solo ora me ne sto rendendo davvero conto. Pensavo che fosse solo perchè non potrei stare con un'umana

ma non c'entra nulla. Mi piaci" concluse abbassando lo sguardo.

Daniel rimase in silenzio incapace di parlare.

Passò qualche minuto. "Ti prego di qualcosa" urlò Lucien alzandosi.

Daniel vide qualcosa luccicare sul volto dell'amico. Una lacrima.

Non aveva mai visto Lucien piangere. Non lo credeva capace. Invece adesso lo stava facendo, per lui.

Perchè era spaventato dai suoi stessi sentimenti.

Improvvisamente del sangue macchiò la camicia di Lucien all'altezza delle scapole come se due proiettili

l'avessero colpito.

Il tessuto iniziò ad aprirsi sino a mostrare due spaventose cicatrici da cui fuorisciva il sangue.

Qualcosa di un bianco splendente iniziò a prendere forma sulle sue spalle. Ali.

Lucien era ancora di spalle. Le ali, maestose, si aprirono mostrando la loro bellezza. Era bianche e alcune

piume grigie.

Daniel si avvicinò e delicatamente posò le mani su una di esse. Al contatto Lucien si girò di scatto.

I due si guardarono senza dirsi nulla. Lucien si alzò in volo sparendo nella notte.

Anche quella per Daniel era una novità.

Ma sapeva che a differenza delle credenze umane, agli angeli non era sempre permesso di volare. Per farlo

doveva esserci una ragione.

Ricordò le parole che un tempo aveva letto in un libro che ora giaceva nello scaffale di casa sua "Solo

quando vorrai allontanarti da ciò che più ami le tue ali verranno in tuo soccorso. Solo da quel momento

potrai volare per sempre"

Voleva volare, raggiungerlo ovunque fosse. Si diresse verso la direzione presa da Lucien. Si incamminò tra

gli alberi sino a tornare in città. Non c'era nessuno in giro. Nessuno che urlava "Cos'era quella cosa in

cielo?". Per fortuna nessuno aveva visto Lucien.

Nel cielo vide alcuni bagliori, forse lasciati dalle ali. Seguendoli arrivò direttamente a casa di Lucien. Bussò

energicamente alla porta. Provò a suonare il campanello. Sbirciò dalle finestre ma la casa era deserta. Erano

soliti salire in terrazza. Così si arrampicò facendo attenzione a non causare alcun danno alla facciata della

casa.

Lucien si teneva il viso tra le mani. Le sue ali erano ancora li e rilucevano.

Un rumore destò la sua attenzione. Due mani spuntarono dal muro e poi una chioma castana.

"Che mi tocca fare. Un paio di ali mi farebbero proprio comodo" Daniel abbozzò un sorriso.

"Daniel, che ci fai qui?" disse Lucien asciugandosi le lacrime.

"Te ne sei andato senza che io potessi dirti qualcosa. Adesso sei tu che devi ascoltarmi!"

XIII.

" Scusami se non ti ho detto nulla subito ma mi hai spiazzato. Non me lo aspettavo" il tono che stava usando

Daniel era stranamente tranquillo, pensò Lucien. Qualcun altro gli avrebbe già urlato contro chissà quale

insulto ponendo fine per sempre all'amicizia. Lui invece l'aveva seguito fin li, si era arrampicato per parlargli.

Sentì crescere dentro la speranza.

"Adesso capisco perchè ogni volta che mi preoccupavo per Anna tu ti irritavi. Si, lei è una ragazza molto

carina ma.... non sono innamorato di lei come sicuramente avrai pensato. Non lo sono. E non lo sarò mai. E

non voglio che la nostra amicizia finisca"

"Mi dispiace" disse Lucien ritraendo le ali e guardando in basso "di averti trattato male. Di averti spaventato

facendoti rivirere l'incubo della morte dei tuoi genitori. Mi sento uno schifo per questo"

Lentamente Daniel gli si avvicinò e lo abbracciò.

Lucien non voleva lasciarlo andare, aveva un profumo meraviglioso. Lui lo era.

Quando si staccarono dall'abbraccio Daniel parlò con un tono amichevole. Evitò l'imbarazzo.

"cavolo, sono fantastiche le tue ali" sorrise

"Daniel, non...non sei arrabbiato?"

"E perchè dovrei esserlo? La mia mente è aperta e non chiusa come la maggior parte degli umani. E poi ti

voglio bene e niente potrà distruggere la nostra amicizia. Stammi bene"

Detto questo si arrampicò sul muro e saltò giù. Un salto di almeno dieci metri ma come un gatto, agilmente,

arrivò sull'asfalto senza far rumore e senza farsi male.

Tornando a casa, Daniel, iniziò a ripensare a tutta quella situazione. Da un pò di tempo aveva notato quello

strano cambiamento in Lucien. Ma non credeva di averci visto giusto. Per Lucien, lui non era un semplice

amico. Spesso aveva notato il suo modo di guardarlo ma quegli occhi erano così indecifrabili che non si era

soffermato molto.

Anche se Daniel nella sua vita aveva pianto tante di quelle volte, certi sentimenti non li mostrava molto

facilmente. Era difficile capire a cosa stesse pensando. E si pentì delle sue parole. Perchè in realtà non

voleva dire "No, non sono arrabbiato. E' tutto okay". Voleva dire ben altro. Ma lui non aveva lo stesso

coraggio di Lucien.

"Vigliacco" disse a se stesso.

Sentiva di non avere in mano la sua vita. Anni di ricerche distrutte da una ragazza quando ormai era sul

punto di compiere la sua vendetta. Dei medaglioni che nascondevano un oscuro segreto di cui per anni non

ne aveva saputo nulla.

Sentiva di dover fare qualcosa ma non sapeva come. Adam? No, gli avrebbe ricordato le taglienti parole di

Anna. E la rabbia sarebbe tornata.

Voleva porre fine ad ogni cosa e ritornare alla vita normale.

E poi avrebbe finalmente parlato in maniera sincera a Lucien. Niente segreti.

Lucien era ancora li, nella sua terrazza. E con le braccia appoggiate al muro e la schiena leggeremente

piegata guardava la luna che si posava sui suoi occhi come quando candidamente illumina il mare.

Le sue ali non c'erano più ma ormai quella camicia poteva benissimo buttarla. Strappata e insanguinata.

Si era stupito quando aveva percepito le ali ma poi tutto era diventato chiaro. Era il bisogno di allontanarsi

da ciò che si ama, nel suo caso...Daniel.

Dopo le sue parole di comprensione si era sentito ancora più in colpa. Non lo aveva aiutato abbastanza, anzi

spesso gli andava contro ma non lo meritava. Come Daniel si sfogava contro di lui perchè era il suo unico

amico, lui gli era andato contro perchè sapeva di non poterlo amare come voleva.

Si passò la mano tra i capelli e sospirò rassegnato.

Arrivò la mezzanotte.

Anche quella sera, Daniel era tornato a casa e si era rifugiato nel buio lasciandosi avvolgere totalmente. Il

buio per lui era come respirare aria pura.

Disteso nel suo letto, chiuse gli occhi. Ma la quiete che regnava nella sua camera venne interrotta da un

tremolio. La tasca del jeans che aveva appoggiato alla sedia si illuminò.

Un pò controvoglia si alzò e prese il cellulare.

Lucien.

Sentì qualcosa agitarsi dentro.

Rispose "Quanto tempo che non ci si sentiva eh?"

Lucien rise.

"Auguri"

Solo in quel momento Daniel rammentò che era proprio il 12 Agosto. Il suo compleanno.

"Grazie. Me ne ero dimenticato. Eh la vecchiaia. Diciannove anni sono troppi"

Risero entrambe.

Lucien, nella sua stanza, si ritrovò con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.

Daniel era capace di farlo sentire bene e ne aveva di bisogno.

Poco prima con un notevole sforzo era riuscito a dirgli implicitamente "Ti amo".

XIV.

Dopo aver staccato il cellulare, Daniel si distese nuovamente sul letto. Chiuse lentamente gli occhi

lasciandosi avvolgere dalle tenebre ma qualcos altro turbò la sua quiete. Sentì bussare alla porta

energicamente. Chi poteva essere? Lucien forse? A quel pensiero qualcosa si agitò dentro lui. Ma pensò che

Lucien, pur avendo le ali, non sarebbe mai riuscito ad arrivare così in fretta li, e poi perchè mai avrebbe

dovuto? Se ci fosse stato qualche problema sicuramente l'avrebbe già avvisato al telefono.

Si avviò alla porta con la sua calma felina e allertò tutti i sensi. Capì che non si trattava nè di un angelo nè di

un demone. Ma comunque decise che avendo uno spioncino era bene usarlo. Ah, i cari vecchi metodi umani!

Avvicinò un occhio verde smeraldo allo spioncino e ciò che vide lo turbò. C'era Anna.

Aprì la porta con foga pronto a urlarle in faccia che non voleva avere niente a che fare con lei. Ma Anna fu

più veloce, lo scansò ed entrò in casa.

"Anna cosa c..." lei lo zittì posandogli un dito sulle labbra.

"Sta zitto e fammi parlare, okay?"

"D'accordo" disse Daniel con il tono più minaccioso che trovò. "Proverò ad ascoltarti senza perdere la

pazienza".

"Sono...scappata dall'ospedale" disse Anna notando che Daniel restava impassibile alle sue parole. Avrebbe

dovuto dirle "Cosa hai fatto?" e invece se ne stava li a fissarla e a metterla in soggezione con quei suoi occhi

da predatore. "Sono scappata per venire qui da te". Queste parole ebbero un minimo effetto su Daniel.

"E per quale ragione?. Hai intenzione di invitarmi al tuo matrimonio con il tuo caro angioletto/assassino?"

disse sferrando un pugno alla porta a pochi centimetri dal viso di Anna. Non l'avrebbe mai colpita,

indubbiamente. Ma l'avrebbe spaventata. Un umano non dovrebbe mai mettersi contro un demone. Può farti

morire dalla paura.

Anna sentì le sue gambe tremare. Aveva sentito un fruscio a pochi centimetri dal suo viso e uno scricchiolio

che indicava che il pugno di Daniel aveva fatto a pezzi una parte della porta. Cercò di riprendere fiato, di

essere più lucida e di non farsi intimorire.

"No, tranquillo. Non è per questo che sono venuta. Ma esattamente per il motivo opposto"

"Ti ascolto" disse Daniel inclinando la testa come un bambino curioso.

"Quando te ne sei andato, ho riflettuto sulla nostra discussione. Ho risposto in maniera impulsiva. Lui mi ha

salvato la vita e questo fatto non si cancella. Ma è anche vero che le tragedie restano per sempre impresse

nella mente e il cuore si spezza ogni volta che qualcuno ne parla ed io ho usato parole orrende. Mi vergogno

di me stessa. Sono immensamente dispiaciuta e spero che un giorno tu possa perdonarmi per tutto questo.

Ci conosciamo da poco tempo ma ho capito da subito che sei una persona meravigliosa e non perchè sei un

demone ma perchè sei più umano di qualunque altro. Anche se bè un umano non sarebbe mai capace di far

fuori una porta con un pugno" rise ma alcune lacrime sgorgarono dai suoi occhi.

A dimostrazione della sua immensa umanità Daniel le asciugò le lacrime con le sue morbide dita, la attirò a

sè e la strinse in un abbraccio. Anna inizò a piangere violentemente contro la sua spalla, sentendosi una

nullità per ciò che aveva fatto. Perchè era stata così stupida? Non se lo sarebbe mai perdonato. Intanto

Daniel non smetteva di sussurrarle "Non piangere" con la sua voce melodiosa.

Anna a differenza di tante altre ragazze non era bassa e le fu facile sollevarsi sulle punte. Con altrettanta

facilità le sue labbra raggiunsero quelle di Daniel. Il solo contatto mandò in estasi Anna che iniziò a baciarlo

seriamente e con sua grande sorpresa lui ricambiò. Come poteva un demone farla sentire tanto vicina

al Paradiso? Era incredibile.

Quante volte aveva letto nei libri storie di ragazze che hanno fantastiche storie d'amore con creature tanto

affascinanti?

E quante ragazze realmente potevano dire di aver baciato un demone e anche di esser state salvate da un

angelo?

Daniel si sentiva turbato ma non riusciva a smettere di baciare Anna, era il suo primo bacio ed era

meraviglioso. Sentiva lo stomaco in subbuglio come non mai. Tante emozioni si scontravano in lui e non

riusciva a fermarle. Non riusciva a pensare in maniera razionale, era sopraffatto.

Delicatamente posò le sue mani sui fianchi di Anna che ebbe un sussulto e rise mentre ancora le loro labbra

erano unite. Lei gli circondò il collo con le braccia e iniziò ad accarezzargli i capelli e il collo. Alcuni brividi

scossero il suo intero essere.

Senza più esitazioni, la sollevò e la prese in braccio. "Che fai?" sussurrò lei anche se nessuno avrebbe mai

potuto sentirli.

Mentre saliva le scale portando in braccio Anna, si chiese cosa stesse facendo. Poco tempo prima aveva

detto che mai avrebbe amato Anna, nonostante fosse carina. Ed ora stava per fare l'amore con lei. Ma forse

l'amore non c'entrava, era solo passione. I demoni erano fatti così. Ma lui era diverso, perchè stava cedendo

alla sua natura?

I demoni potevano essere paragonati ai pinguini che si scelgono una compagna per la vita. Facevano cosi

anche loro. E in quel momento Daniel capì che avrebbe scelto solo lei. Ma c'era anche un'altra persona nel

suo cuore, nella sua mente, nella sua nera anima.

Sarebbe stato più giusto scegliere lei ma non potevano stare insieme per sempre. Non potevano essere

compagni per la vita.

La vita, l'eternità avrebbe voluto trascorrerla con qualcun altro che adesso era lontano.

Mentre questi pensieri affollavano la sua mente erano giunti sino alla sua camera, la cui porta era ancora

aperta. Lentamente Daniel entrò e adagiò Anna sul letto. Si mise su di lei e le sorrise.

"Daniel che significa tutto questo, qualche minuto fa mi odiavi e adesso...."

"Sarò sincero con te, Anna. Io non ti amo come vorresti ma sento che c'è qualcosa tra noi. E adesso capisco

perchè ci siamo incontrati. I demoni scelgono una persona per tutta la loro vita che solitamente corrisponde

all'eternità ed io inconsapevolmente ho scelto te. Ma amo un'altra persona. Noi non possiamo stare insieme

per sempre. Non esiste alcuna possibilità che tu possa diventare un demone e starmi accanto per sempre. E'

nella natura di ogni demone scegliere qualcuno ma io mi ero già innamorato di un'altra persona ancora

prima di incontrarti. Sono combattuto. Vorrei stare con te, adesso. Non posso giurarti che ci starei per

sempre ma sento che anche se solo per una notte tradirei chi realmente amo".

Detto questo le si mise accanto sul letto, prendendole la mano e stringendola forte ma senza farle male.

"Ti capisco.... credo" disse Anna ridendo "non è facile per te ed io lo so che non potrei mai diventare una di

voi. Mi sono già rassegnata. Credi che se passassimo la notte solo a baciarci sentiresti ancora di aver tradito

quella persona?"

"No, credo che fino ai baci possiamo arrivarci" disse lui ridendo.

Si voltò e la baciò. Per tutta la notte.

XV.

Quando Anna si svegliò e girandosi tastò il letto e la sua mano tocco qualcosa, o meglio qualcuno. Si ricordò

di essere rimasta tutta la notte a casa, anzi, nel letto di Daniel. Avevano trascorso la notte a parlare di loro,

delle loro vite, dei misteri ancora irrisolti scambiandosi baci e carezze. Anna sapeva che doveva accontentarsi

e non si era mai sentita cosi felice. Adesso sapeva che cosa doveva fare: aiutare Daniel a ritrovare

Michael. Forse non avrebbe guardato mentre lo faceva a pezzi ma lo avrebbe comunque

consegnato nelle sue mani. Doveva farlo.

Anna non aveva bisogno di ridestare Daniel dal suo sonno perchè sapeva che sicuramente lui era già sveglio.

Notò che si era tolto il medaglione e lo aveva appoggiato sul comodino, si alzò e lo prese ammirandone la

bellezza, i dettagli dorati.

"Sono ossessionato da questo medaglione. Vorrei capire cosa nasconde" Daniel era in piedi ed appoggiò una

mano sulla spalla di Anna che sussultò leggermente.

"E allora scopriamolo, no?"

Adam stava studiando alcuni documenti che aveva raccolto. Riguardavano i medaglioni delle due giovani

creature che erano entrate nella sua vita, coinvolgendo anche Anna, sua nipote.

Non riusciva ancora ad arrivare da nessuna parte, a comprendere. La curiosità, il voler raggiungere la verità

lo ossessionava, lo tormentava. Riusciva sempre a risolvere i "casi". Questa volta era tutto così

incredibilmente complicato. Che fare? Dove cercare? Doveva forse aspettare che la verità venisse a galla

senza far niente? No, non era nell'indole di Adam arrendersi così facilmente. Lui era un temerario. E questo

caso lo riguardava da vicino e non avrebbe più permesso che ad Anna venisse fatto del male.

Stava rimuginando su questi pensieri quando alla porta suonarono. Si alzò stancamente dalla sedia e le sue

ossa ne risentirono molto, si avviò verso la porta che permetteva già dall'interno di indovinare la sagoma di

chi stava fuori. Capì subito di chi si trattava quando vide un'imponente figura maschile culminare in una

chioma castana. Accanto a lui c'era qualcuno, una ragazza. Anna? A passo più svelto si precipitò ad aprire. E

si ritrovò davanti sua nipote.

"Anna?" chiese interdetto "ma tu non dovresti essere in ospedale? Tesoro, cosa ci fai qui? Oh, prego entrate.

Salve Daniel" si fece da parte lasciandoli entrare.

"Buongiorno, Adam. Anna le spiegherà tutto". Forse il sorriso di un umano lo avrebbe rassicurato, ma la

visione dei denti leggermente aguzzi di un demone non aiutavano anche se erano collocati in

un viso quasi angelico. Mai fidarsi troppo di un demone. E purtroppo gli umani, quei pochi che ne erano a

conoscenza, non avevano ancora trovato modo di sconfiggerli. Croci? Acqua santa? Nulla di tutto ciò li

avrebbe fermati. E Adam ne era assolutamente consapevole, per questo poteva solo fidarsi.

Anna, spiegò brevemente tutta la situazione: era fuggita dall'ospedale perchè si sentiva meglio ed era

tremendamente dispiaciuta per le parole che aveva usato contro Daniel. Gli aveva detto che non poteva

aiutarlo nella sua personale caccia all'angelo che gli aveva distrutto la vita, privandolo dell'amore dei genitori

perchè lei se ne sentiva in debito dopo che l'angelo malvagio, Michael, le aveva salvato la vita. Fuggita era

tornata a casa di Daniel che le aveva spiegato come si comportano i demoni nei confronti dell'amore, che lui

l'aveva scelta ma amava un'altra persona. Omise volontariamente i tanti teneri baci che si era scambiata con

il demone.

"E questo è tutto" concluse Anna.

Adam si passò una mano tra i capelli grigi "Dannazione, impazzirò dietro a tutta questa storia. E, Anna, vuoi

per caso farmi venire un infarto? Non sono più un trentenne". Si mise gli occhiali e sollevò lo sguardo

inchiodando i suoi occhi in quelli di Daniel. "Daniel, posso contare su di te? Non voglio che nessun altro osi

più farle del male. Darei la vita per lei. Ma non posso controllarla sempre, non ne ho le forze. Tu si. Me lo

prometti? Io farò il possibile affinchè tutta questa situazione possa finire nel migliore dei modi. Ed ho

bisogno anche dell'aiuto del tuo amico, Lucien"

"Certo, lo chiamo. Arriverà presto".

Ogni anno, Lucien era solito fare un regalo a Daniel in occasione del suo compleanno. Ma adesso era a corto

di idee. Orologio? Già al polso di Daniel da anni. Cintura? La stessa cosa.

Poteva rivolgersi solo ad una persona anche se non gli piaceva molto l'idea. Doveva andare da Anna.

Arrivò in ospedale e sapendo che non era in orario di visita chiese se poteva passare velocemente dalla

paziente, Anna. Ma le infermiere gli riferirono che era scappata, nessuno l'aveva vista. Ne avevano

denunciato la scomparsa al nonno che allarmato aveva fatto iniziare le ricerche da parte della polizia.

"E' sicura?" chiese accigliato.

"Si, sicurissima. Era una ragazza così gentile, così..."

"Merda!"

"Come scusi?"

"Niente, devo andare. Grazie"

Lucien chiamò immediatamente Daniel.

Daniel stava per premere il tasto di avvio chiamata quando iniziò a squillargli tra le mani il cellulare. "Lucien"

"Che tempismo! Cosa sei telepatico, adesso?" scherzò Daniel.

"Si, cioè no. Ascolta. Anna è scomparsa"

"Oh, scusami. Ho dimenticato di dirti che so dov'è. E' scappata ed è venuta a parlarmi. Adesso siamo da

Adam".

"Tutto qui?" chiese Lucien con un tono sarcastico. "Arrivo subito. E, Daniel? La prossima volta vedi di non

dimenticarti certe cose. Quali impegni te l'hanno impedito?"

Prima che Daniel potesse pensare ad una possibile risposta che non includesse "baci" e "Anna a casa mia,

nel mio letto" Lucien chiuse la comunicazione.

"Angeli" sospirò. "Sta arrivando. Come procediamo? Come possiamo scrivere la parola fine a questa brutta

storia?"

Adam si fece serio "Devo assolutamente capire che relazione c'è tra i due medaglioni"

"Certamente, quello di Lucien ce l'ho qui io. Lui voleva sbarazzarsene ma non credo che debba. L'ho preso e

lo tenuto io, potremmo già iniziare a studiarli. Che ne pensi?"

Adam ci riflettè su. "Si, credo di si. Sveliamo questo mistero". Gli occhi di Adam si illuminarono. Scavare

l'ignoto, l'arcano lo rendeva entusiasta.

Lucien, ancora confuso per tutta quella situazione, si avviò verso la casa di Adam che non distava molto da

li, non avrebbe nemmeno dovuto correre per raggiungerla in fretta. Il suo passo normale era già di per se

veloce. Poche centinaia di metri e sarebbe arrivato a destinazione. Istintivamente si portò la mano al collo e

tastandosi il petto si ricordò di non avere più il medaglione. Era stato Daniel a ritrovarlo e prenderselo. Forse

non era una buona idea cercare di capire per cosa fossero stati creati, sino ad ora quello che aveva scoperto

non gli era piaciuto. Essere il figlio del diavolo non era affatto una bella cosa. Sapeva che

avrebbero portato solo guai. A volte la verità deve restare seppellita sotto la superficie e nessuno

dovrebbe grattarla, ci si può fare male.

Mancava poco ormai, pochi metri.

Arrivato sulle scale stava per bussare quando una violenta esplosione lo scaraventò contro il muro ad alcuni

metri di distanza. L'esplosione era avventura proprio all'interno della casa.

Inorridito e impaurito si rialzò immediatamente lasciandosi dietro pezzi di muro che continuavano a cadere

per terra.

Arrivò davanti alla casa.

"Daniel? Anna? Adam?" Nessuna risposta. La casa non era interamente crollata ma era stata ridotta a

brandelli.

Un luccichio sinistro destò la sua attenzione.

"Ma che diavolo...?"

XVI.

Tra le macerie Lucien trovò brandelli dei medaglioni, come avevano fatto a rompersi? Erano loro la causa di

quel disastro? Ma non aveva tempo per pensarci, doveva trovare le persone che ne erano rimaste coinvolte.

Trovò per primo Adam. Era interamente sommerso dalle macerie. Si inginocchiò accanto a lui e lo liberò ma

Adam non dava segni di vita.

"Adam? Mi senti? Svegliati!" urò Lucien mentre scuoteva Adam ma il suo corpo non si mosse. "No, Adam,

no".

Il cuore non batteva, il respiro era inesistente. Provò con un massaggio cardiaco ma non ci fu nulla da fare.

Adam se n'era andato.

Pur non conoscendolo davvero, sul viso di Lucien scivolò una silenziosa lacrima. Di fronte alla morte anche

uno come lui era totalmente impotente. Poteva solo restare a guardare.

Mise Adam in un posizione dignitosa. "Riposa in pace" disse prima di andare a cercare Daniel e Anna.

Vide che si era raccolto un bel gruppo di persone fuori ma nessuno sarebbe mai entrato. Avrebbero atteso i

soccorsi.

Della casa erano rimaste solo le pareti che minacciavano di crollare da un momento all'altro. Era questione di

poco tempo.

Riprese la sua ricerca spostando i pezzi del tetto con le scarpe.

Aveva trovato anche Daniel. Giaceva per terra e una pozza di sangue si allargava all'altezza della sua testa.

Si avvicinò proprio come aveva fatto con Adam, cercando di mantenere la calma. Spostò Daniel rivolgendolo

dalla sua parte. In quel momento sentì un leggero respiro e un lamento. Almeno era vivo.

Daniel sbattè le palpebre lentamente e provò a issarsi ma era dolorante. "Lucien! Io..io sto bene. Va a

cercare Anna e Adam"

Lucien non gli disse che aveva già trovato Adam, morto. Proseguì cercando Anna. E la trovò pochi metri più

in la, distesa per terra ma anche in questo caso riuscì a percepire un debole respiro.

La sollevò da terra, prendendola in braccio. Lei era talmente debole che non riusciva neanche ad aggrapparsi

a Lucien tanto che le sue mani pendevano dal corpo come se fosse morta. Ma per fortuna era solo ferita. Ce

l'avrebbe fatta.

"Oh, grazie...mmm al cielo? Sembra una bestemmia detta da me?" chiese Daniel mentre si alzava dal

pavimento. I suoi capelli erano sporchi di sangue, il suo. Nell'impatto era andato a sbattere contro lo spigolo

del tavolo ma la ferita si stava già rimarginando. Il sangue, però, avrebbe dovuto lavarlo via.

Lucien abbozzò un sorriso. "Daniel, Adam è...è"

"Morto? Oh, cavolo. Povera Anna. Era tutto ciò che le restava. Come farà adesso? Che facciamo noi?"

"Intanto andiamo via da questo inferno. Raccogli tutti i brandelli dei nostri medaglioni e poi mi racconterai

cosa diav... insomma cosa avete combinato qui dentro".

Daniel riuscì a trovare ogni brandello dei medaglioni ma anche qualcos'altro attirò la sua attenzione. Per

terra trovò altri due medaglioni più piccoli ma comunque uno era più grande dell'altro proprio come i loro. Vi

erano le stesse incisioni. Ma c'era qualcosa di strano. Avevano delle rientranze come se fossero fatti per

incastrarsi perfettamente con qualcos'altro. Daniel provò ad avvicinarli ma le rientranze non

corrispondevano.

"Oh, bene. Un altro mistero" disse sospirando e seguì Lucien fuori che teneva ancora in braccio Anna,

apparentemente morta. Ma i suoi sensi erano in grado di percepire, cosi come quelli di Lucien, i minimi

movimenti, respiri. Per loro il silenzio assoluto non sarebbe mai esistito.

Quando uscirono fuori le persone che erano giunte sin li li accerchiarono facendo domande ma loro le

scostarono e se ne andarono. Presero una scorciatoia in cui nessuno avrebbe visto che il loro passo non era

affatto umano. E arrivarono sino all'ospedale ma non quello in cui Anna era già stata ricoverata. Non

volevano ulteriori guai. Così andarono in un altro che era parecchio lontano ma loro arrivarono in poco

tempo.

Si assicurarono che stesse bene, che tutti i valori fossero regolari. Nel frattempo un'ambulanza sarebbe

andata a prendere Adam anche se ormai per lui era tutto finito.

Lungo la strada Daniel era riuscito a malapena a pulirsi il sangue, non aveva prestato così tanta attenzione

considerando che il dolore era passato subito ma qualche residuo era rimasto e ancora si poteva vedere la

cute danneggiata. Ci voleva un pò prima che si rimarginasse del tutto. Pertanto l'infermiera che stava

parlando con loro se ne accorse.

"Lei ha del sangue e..mi faccia vedere. Ha una ferita profonda. Venga e meglio se si fa controllare"

"No, sto benissimo. Non è il caso" disse Daniel ridendo nervosamente.

"E' stato vittima di un esplosione. Venga" disse l'infermiera cercando di portare con sè Daniel afferrando il

suo braccio.

Daniel si scostò violentemente "Non mi tocchi" disse.

L'infermiera vide qualcosa che la fece inorridire e terrorizzata riuscì a dire "D'accordo".

"Che ti prende? Ti senti bene?" chiese Lucien che non aveva mai visto Daniel reagire in quel modo. "Non

devono mica prelevarti il sangue e scoprire che non sei umano! Ti avrebbero solo fatto un controllo e magari

ti saresti tolto quel sangue dalla testa, no?"

"Scusami, anzi dovrei scusarmi con lei. Non so che mi prende. Mi sento strano ed è...strano perchè

solitamente niente riesce a scalfirmi"

"Dev'esser stata quella maledetta esplosione. Mi vuoi spiegare adesso, per favore?"

"Certo, andiamo fuori".

"Tu stavi arrivando. Così ho proposto di iniziare a studiare i medaglioni senza di te, tanto pochi minuti e

saresti stato presente anche tu. Non credevo che un minuto avrebbe cambiato le cose. E adesso mi sento

responsabile per la morte di Adam. Non posso crederci. Sono un disastro continuo. La gente dovrebbe starmi

lontana"

"Ma per favore, ma ti senti quando parli?"

"Comunque, continuo a raccontare. Ho detto ad Adam che una sera ho provato ad avvicinarli ed ho preso la

scossa. Quel pazzo di Adam ha voluto riprovarci, solo che avvicinandoli non è successo niente. Così li ha

uniti, li ha fatti toccare l'uno con l'altro e.. BOOM! Solo che è strano. Perchè l'esplosione avrebbe dovuto

ridurre in brandelli almeno loro che sono umani, invece no. Ha distrutto il tetto della casa e l'ha fatta

tremare. Non è stata una vera e propria implosione. E' stata forse un'implosione che ci ha scaraventati a

metri di distanza. Proprio come è successo a te, che eri proprio dietro la porta. E' tutto così danantamente

complicato. In ogni caso prima di sbattere contro il tavolo ho visto qualcosa che si liberava dai medaglioni

che nel frattempo andavano in pezzi. Che significato ha tutto questo?"

"Credo che dovremmo recuperare tutti i documenti raccolti da Adam, forse non riusciva a capirci niente

perchè non erano quelli i veri medaglioni che doveva studiare ma questi" disse Lucien mentre apriva il palmo

della mano mostrando i nuovi medaglioni, che a differenza dei precedenti era rossi, come l'argilla.

"Credo proprio di si. Vado a recuperarli immediatamente. Nessun altro deve trovarli!"

Daniel era tornato nella casa "infernale" e nel frattempo Lucien era rimasto in ospedale. Era entrato nella

stanza di Anna, sedendosi accanto al suo letto e aspettando che si risvegliasse.

Non avrebbe mai potuto curare ferite o malattie gravi ma poteva comunque mandare un flusso che avrebbe

allietato le persone malate. Nel caso dei terminali avrebbe alleviato le loro sofferenze per poco tempo.

Quindi meno gravi erano le condizioni della persona più facile era per lui aiutarle.

Prese la mano di Anna tra la sue, chiuse gli occhi e si concentrò fino a quando non sentì che Anna respirava

meglio.

Quando si risvegliò sembrò smarrita. Si voltò e vide Lucien. "Sono morta e adesso mi trovo in paradiso?"

chiese.

Lucien rispose limitandosi a sorriderle. "No, lo sai che gli angeli custodi vegliano sui vivi, no?"

Sorrise anche lei e in quel momento capì che non sarebbe riuscito a dirle che suo nonno non c'era più, che

aveva perso tutto ciò che aveva. Troppe sciagure si erano abbattute su di lei. E per essere una semplice

umana era abbastanza forte.

"Non ricordo molto di quel che è successo. Mio nonno e Daniel stanno bene?"

Lucien abbassò lo sguardo. Gli angeli non riusciva a mentire tanto facilmente. Potevano dire piccole bugie,

ma quando si trattava di questioni serie era sempre difficile far finta di niente. Maledisse Lucifero da cui

aveva ereditato i maledetti geni angelici.

Anna si accigliò capendo che qualcosa era successo.

"Oh mio Dio. Sono morti entrambe" disse mentre iniziavano a sgorgare lacrime dai suoi occhi.

Lucien avvicinò ancor di più la sua sedia al letto, le prese una mano nella sua e la guardò negli occhi. "Daniel

sta bene. Ma...tuo nonno.." non riuscì ad aggiungere nient altro.

Anna si coprì il volto con le mani. Non voleva crederci. Era impossibile che tutto questo stesse accadendo

proprio a lei. Prima momenti di assoluta beatitudine e poi l'inferno.

Strinse forte la mano di Lucien per sfogarsi. "Mi dispiace tantissimo, Anna. Ma tu devi essere forte. Devi farlo

per Adam. Me lo prometti?"

Anna annuì tristemente e si sedette sul letto per bere e calmarsi un pò.

Lucien la consolò abbracciandola e in quel momento capì che non era giusto odiarla. Non aveva fatto niente

di male. Non aveva colpe ma proprio in quel momento lei sentì il bisogno di confessare qualcosa, non che

fosse un peccato ma ci teneva a dirlo.

"Io e Daniel ci siamo baciati"

"Oh" fu tutto quello che Lucien riuscì a dire mentre la sua anima demoniaca si risvegliava.

Per fortuna se la doveva vedere con la sua parte angelica che l'avrebbe tenuta a bada.

Daniel era riuscito ad arrivare in tempo nella casa di Adam e raccogliere tutto ciò che era rimasto dei

documenti che il caro vecchio aveva raccolto prima che arrivassero altri curiosi e i soccorsi per portare via il

corpo di Adam.

"Riposa in pace, Adam"

Incapace di resistere alla tentazione voleva sapere se il ragionamento di Lucien era corretto.

Si sedette nella panchina più vicina che trovò ed iniziò a sfogliare i fogli.

Dopo poche pagine sorrise.

"BINGO!"

XVII.

Lucien aveva ragione. Quei fogli descrivevano i nuovi medaglioni, quelli che nell'esplosione-implosione si

erano liberati dal loro guscio.

Mentre leggeva, Daniel vide sopraggiungere l'ambulanza. Ne scesero quattro uomini. Dopo pochi minuti

uscirono con una barella e Daniel si voltò dall'altra parte. Non poteva guardare ancora. Il senso di colpa

avrebbe preso il sopravvento. Ma lui doveva restare lucido, ragionare. E porre fine a tutta quella follia.

L'unica soluzione era analizzare per bene quei fogli, capire dove i loro medaglioni li avrebbero condotti e

chiudere una volta per sempre quella questione. Si alzò, infilò i fogli nella giacca e si avviò a passo svelto

verso l'ospedale.

Giunto vicino alla porta della stanza in cui riposava Anna sentì delle voci animate: Anna e Lucien stavano

discutendo.

Bussò alla porta ed abbassò la maniglia. Appena entrò i due si ammutolirono.

"Ho interrotto qualcosa?" chiese Daniel scherzando.

Lucien si limitò a fulminarlo con lo sguardo, si alzò dalla sedia e andò fuori. Uscendo lo urtò sbattendo la sua

spalla contro quella di Daniel.

"Ehi! Lucien ma che ti prende?" Daniel era incredulo.

Stava per avvicinarsi al letto quando un mano intrappolò il suo braccio in una morsa d'acciaio e venne

portato fuori.

Era Lucien.

"Ma che ti prende?" disse Daniel sistemandosi la giacca.

"Almeno potevi dirmi che stavi per fare sesso con Anna!"

"Primo, stavamo per fare l'amore non sesso. Secondo non l'abbiamo fatto. Ho capito che...sei geloso ma ti

prego non comportarti così. Non potrei sopportarlo. Dopo quello che ha passato quella povera ragazza

adesso ti comporti come un bambino capriccioso, eh? Abbiamo un problema da risolvere. Dopo potremmo

discutere di tutto ciò che vorrai!"

"Non mi sembravi tanto preso da questo problema, visto che stavi per spassartela. In fondo il problema è

solo mio no, sono io il figlio del diavolo. Non tu!"

"Lucien? Cerca di essere lucido, d'accordo? Altrimenti non sarai d'aiuto. E no, non è solo problema tuo.

Riguarda anche me. Anche il mio medaglione. E voglio sapere il perchè. Voglio capire dove tutto ciò ci

porterà. Non ne posso più. Scusami se per un attimo mi sono voluto riposare e stare un pò in compagnia.

Non ho fatto nulla di male. E non devo rendere conto a te delle mie azioni"

Lucien non sapeva che dire. Alzò le braccia in segno di resa. "D'accordo. Scusami. Sono solo troppo

impulsivo. Hai trovato i documenti?"

"Si" rispose Daniel "ma questo non è il luogo adatto. Credo sia meglio andare a casa mia. Va bene?"

"Certo".

"Adesso vorrei parlare un attimo con Anna. Aspettami qui"

Lucien si limitò ad annuire.

Quando Daniel entrò nella stanza di Anna si scusò per tutto quello che stava accadendo.

"Non preoccuparti. Non è colpa tua"

"Non ne sarei tanto sicuro" abbassò lo sguardo ancora una volta sentendosi in colpa.

Anna si mise a sedere e delicatamente gli sollevò il viso toccandogli il mento. "Non preoccuparti"

"Mi dispiace molto per ciò che è successo ad Adam. Era davvero un brav'uomo"

"Si, era l'unica persona della mia famiglia. Adesso sono sola".

"No, hai noi" Daniel le prese le mani tra le sue.

Restò li ancora un pò fino a che l'infermiera non lo esortò ad uscire e raggiunse Lucien che in quel momento

stava guardando qualcuno dentro una stanza.

"Chi è?" chiese Daniel avvicinandosi a lui.

Sul letto c'era un bambino. Aveva tubi collegati alle sue braccia stanche e deboli. Tubi anche nel naso.

Dormiva in posizione supina, le palpebre tremavano leggermente, e la bocca era semi-aperta. Su una sedia

c'erano appoggiati tanti peluche. La stanza era colorata ma li dentro non era l'allegria a regnare.

Lucien entrò nella stanza. E Daniel restò immobile sulla soglia della porta a guardarlo.

Lucien si avvicinò a quel bambino che non conosceva. Prese una mano tra le sue, sussurrò qualcosa che

Daniel non riuscì a capire. Il bambino aprì gli occhi e sembrò aver ritrovato un pò del suo colorito naturale.

Sorrise e Lucien ricambiò il sorriso.

"Grazie" disse con voce flebile il bambino.

Lucien si limitò a sorridere ancora e a stringere più forte la sua mano. Daniel temette che l'avrebbe stritolata

ma il bambino non sembrava sentire dolore. Anzi, fu pervaso da una piacevole sensazione e il suo sorriso si

fece più ampio. Era come se fosse circondato da un alone dorato.

"Io mi chiamo Lucien, e tu?"

"Mike, mi chiamo Mike"

"Ciao Mike"

"Ciao Lucien"

Lucien uscì dalla stanza ma Daniel era ancora rapito da quel bambino che adesso sembrava diverso da

quello che poco prima giaceva su quel maledetto letto d'ospedale. Il bambino, Mike, sorrise anche a lui.

Daniel capì che il suo sorriso era contaggioso.

Alle sue spalle, Lucien parlò. "Ha un tumore alle ossa. Non sopravviverà. Sarebbe dovuto morire oggi, tra

qualche ora. Ma io ho alleviato il suo dolore e potrà vivere ancora qualche giorno. Quando si spegnerà lo

farà con il sorriso sulle labbra perchè adesso e in pace"

"Lucien, Dio esiste?"

"Non saprei che dirti. Io non l'ho mai visto. Mi importa solo poter alleviare il dolore a chi sta male. Essere,

anche solo per poco, l'angelo custode di qualcuno".

Anche Daniel avrebbe voluto avere quel potere ma ciò non sarebbe mai successo. Però, era felice di poter

vedere che Lucien fosse capace di compiere piccoli "miracoli". Si asciugò una lacrima prima che Lucien

potesse vederla e lo seguì fuori.

Arrivarono a casa di Daniel che era già buio.

Lucien non era mai stato in quella casa.

Era molto grande, a due piani. Appena entrarono fu colto dal magnifico odore che solo i libri sanno

sprigionare. Nel salone, infatti, addossata alla parete vi era una grande libreria con tomi antichi e moderni.

La casa era tappezzata di foto. Ritraevano Daniel con la sua famiglia. In ognuna erano sorridenti e felici

come non lo sarebbero mai stati nel futuro che si profilava per loro. Nero e senza sorrisi.

Giunsero al tavolo in cui vi erano tre sedie.

In quel momento Lucien si immaginò Daniel, ogni sera seduto su quel tavolo ad immaginarsi con i suoi

genitori. In quel momento capì di essere stato stupido. Che come sempre lo trattava male, forse perchè

Daniel non voleva essere consolato da lui. Ma cercava rifugio nelle braccia di altri, di un'altra.

Cercò di scacciare via quei pensieri.

"Mettiamoci al lavoro" disse Daniel che nel frattempo aveva posato sul tavolo i medaglioni e tutti i fogli

raccolti a casa di Adam.

Lucien istintivamente coprì il dorso della mano di Daniel con la sua. Daniel non si mosse.

"Volevo chiederti ancora scusa. Sono stato davvero uno stupido. Perdonami"

"Si forse è vero, sei stato stupido" disse Daniel ridendo e aggiunse "Certo che ti perdono. Sta tranquillo"

Lucien sorrise e capì che si sarebbe innamorato di quel ragazzo ogni giorno per il resto della sua eternità.

Non era semplice capire ciò che quei dannati fogli volevano comunicare. Lavorarono tutta la notte, cercando

anche su internet informazioni utili. Daniel aveva con sè un block notes in cui annotava ogni cosa che

potesse rivelarsi utile.

"Queste sono coordinate" dissero all'unisono.

Cercarono sul web e trovarono il luogo indicato.

"E tutto ciò che significa?" fu Lucien a chiederlo.

"Significa che è qui che dobbiamo andare, adesso dobbiamo capire che fare una volta li"

"Guarda" disse Lucien " qui parla di una grande porta, "la porta del diavolo"."

Daniel osservò meglio e vide che c'era anche un allegato. "Aprilo"

Davanti ai loro occhi prese forma il luogo in cui dovevano recarsi. Era un luogo abbastanza isolato, non

lontano dalla loro città. Sembrava un grande campo abbandonato ma al centro capeggiava una struttura di

forma rettangolare. Nelle pareti vi erano incise figure demoniache e angeliche. La grande porta era rossa,

proprio come l'argilla.

Solo un occhio angelico o demoniaco avrebbe potuto individuare le sporgenze della porta come se qualcosa

potesse incastrarsi.

"I medaglioni" urlò Daniel. "Ecco a cosa servono!"

"Apriranno quella porta, la porta del diavolo?"

"Credo proprio di si, Lucien"

"E li dentro cosa pensi che troveremo"

"Sono più che sicuro che ci sarà paparino ad aspettarti"

"Cosa, Lucifero è li dentro?"

"Andiamo a scoprirlo, no?"

XVIII.

Daniel e Lucien trovarono il campo abbandonato quando stava già albeggiando. La luce solare aveva

schiarito il campo che appariva come un'immensa distesa incolta, come se un tempo quel luogo fosse stato

popolato. Ma era davvero così? O era solo un'illusione? Forse era la stessa sensazione che si prova dopo

aver messo piede nel luogo in cui tempo antichi villaggi palpitavano di vita. Esattamente al centro di quella

distesa, come un perfetto disegno, capeggiava la struttura di forma rettangolare e mentre avanzavano un

fascio di luce illuminò la porta rossa che sembrava brillare.

Si avvicinarono guardandosi intorno, nella speranza che nessuno passasse di li. Ma, in fondo, chi era così

pazzo da andare li? A fare cosa, poi? Magari qualcuno si era sentito attratto da quella strana porta ma poi

aveva lasciato la curiosità scivolare perchè non poteva entrare. L'accesso era consentito solo ad angeli e

demoni. Non era necessario affliggere un cartellone che rappresentasse un comune essere umano e sotto

scriverci "Io non posso entrare". Era chiaro.

"Sicuro di volerlo fare?" Daniel spezzò il silenzio che sembrava avvolgere il mondo interno.

Lucien lo guardò e Daniel capì che aveva un'aria preoccupata, non spaventata, ma preoccupata

indubbiamente. Capiva che non doveva essere facile prepararsi all'incontro con il proprio padre, soprattutto

se tuo padre è Lucifero in persona. Il Re degli Inferi, l'Angelo più bello e splendente del Paradiso che aveva

osato sfidare Dio.

A volte Daniel lo ammirava: quanti sarebbero stati capaci di fare un simil gesto? Lui ci aveva provato ma

aveva fallito ed era stato costretto alla caduta e con lui tutti gli altri angeli che avevano preferito stare dalla

parte del Dio delle tenebre. Dopo esser caduti le loro ali si erano spezzate, ma non quelle di Lucifero. Era

troppo forte. Ma la sua punizione era peggiore. Un angelo, forse Michele, era sceso in Terra per confinarlo

nelle calde mura dell'Inferno. Lucifero era stato incatenato e un sortilegio gli impediva, nonostante la sua

immane forza, di spezzarle.

Così, furbo, com'era aveva escogitato un piano. Era riuscito ad attirare si li quanti più angeli, trasformandoli

in demoni, suoi sudditi. Tra di essi avevano creato altri esseri che nascevano già in forma demoniaca.

Attraverso pericolosi riti celebrati per lui dalle nuove creature era riuscito a creare demoni dal nulla e così la

sua specie si era moltiplicata. Li aveva mandati in giro per il mondo, a sondare il terreno. Le sue creature,

come aveva potuto constatare, erano più forti di quelle create da Dio: gli umani. Ma ancora i demoni erano

più deboli degli angeli. Bastava nulla per spazzarli via, per spezzarli come foglie autunnali. Pertanto aveva

fatto forgiare due medaglioni che, ne era, certo avrebbero scatenato la furia dell'Inferno per riversarla sul

mondo. Avrebbe vinto lui. Era arrivato il momento. Lo sentiva, lo percepiva. Suo figlio era li.

Lucien si fermò a pochi centimetri dall'imponente porta e ne osservò le minuziose incisioni, perfette. Gli

umani le avrebbero trovate inquietanti, lui sublimi. Raffiguravano angeli e demoni, lotte tra le creature, ma

anche banchetti armoniosi. Rispettivamente a destra e a sinistra della maniglia vi erano due rientranze. E' li

che Daniel e Lucien avrebbero dovuto incastrare il loro medaglioni. E aprire le porte dell'Inferno.

"Sono pronto" annunciò Lucien un pò trepidante.

"Rilassati. Andrà tutto bene" cercò di incoraggiarlo Lucien mettendogli una mano sulla spalla.

Lucien guardava dritto davanti a sè. "E' ora". Prese i due medaglioni facendo attenzione a non farli scontrare

nuovamente. Li adagiò delicatamente sulla porta, nelle rientranze. Aderirono perfettamente. Si sentirono

innumerevoli scatti e i due medaglioni vennero rigettati per terra. Allora non era esattamente quello il loro

compito? Avrebbero dovuto tenerli con loro, ancora, nel loro cammino.

Fu Daniel ad abbassare la maniglia. La porta si aprì immediatamente e vennero investiti da un'aria

terribilmente calda, ma a nessuno dei due dava fastidio. Un umano sarebbe rimasto bruciato e sarebbe

morto subito.

Entrarono cautamente e richiusero la porta alle loro spalle. La stanza era in ombra ma si poteva ben vedere

che l'arredamento era molto spoglio. La stanza nonostante l'imponenza esterno della struttura non era poi

così grande. Per terra erano sparsi petali di rosa ormai diventati neri, alcuni specchi addossati alle pareti

erano incrinati al centro, dal soffitto pendeva un lampadario antico. Esattamente di fronte a loro si stagliava

un'altra porta. Decisero di avanzare. Era li che dovevano andare.

Ma una voce li bloccò. Daniel la riconobbe subito e per un attimo temette il peggio. Serrò i pugni e contrasse

la mascella. Sta calmo, si impose. Quando entrambe si voltarono si ritrovarono il viso enigmatico di Michael,

l'angelo.

"Tu.." esclamò Daniel pronto ad attaccare.

"Un momento. E' importante. Dovete sapere"

"Cosa? Adesso sei dalla nostra parte, adesso?"

"Daniel non c'è mai stato nulla di personale"

"Hai fatto fuori i miei genitori" disse Daniel mentre i suoi occhi iniziavano a tingersi di nero ma subito si

riscosse e il verde smeraldo riprese a brillare nelle sue pupille.

"Lo so. Ma non è stata una mia decisione. Sono un servo di Lucifero"

Questa volta fu Lucien ad intervenire "Un angelo servo di Lucifero? Non aveva forse trasformato tutti gli

angeli in demoni?" chiese incuriosito.

"Si, hai ragione. Ma io non sono un angelo millenario. Ho poco più di vent'anni. I miei genitori sono angeli

caduti e sono nato qui sulla Terra. Non so come ma Lucifero è venuto a saperlo e mi ha portato via da loro

costringendomi ad asservirlo. Perchè in questo modo sarei sembrato dalla parte di Dio. Una copertura

perfetta. E mi ha costretto a fare ciò che ho fatto"

"Bene. Non ti perdonerò mai sappilo. Com'è che ora non sei più soggiogato da lui?" chiese impaziente

Daniel.

"Lo so che non mi potrai mai perdonare. Ma ti chiedo un solo favore. Quando tutto sarà finito, lasciamo

tornare da Anna" gli occhi di Michael assunsero una tonalità triste e tutta la furia che prima sembrava

sprizzargli da tutti i pori era sparita.

Non rispose alla sua implorante richiesta ma ribattè "Ti avevo chiesto com’è che non sei più soggiogato da

lui"

"Si" iniziò Michael tenendo gli occhi bassi come se si vergognasse "L'ho combattuto da dentro. Il vero me ha

lottato contro quelle imposizioni, si è ribellato. Mi ci è voluto un pò ma ce l'ho fatta. Ho ricordato chi ero. Ed

è per questo che ora sono qui per aiutarvi"

"Interessante. Cos'hai da dirci? Dov'è Lucifero?"

"E' proprio da lui che vi porterò, ma fingerò di essere ancora sotto il suo potere. Non so quali intenzioni

abbia, ma sono qui per dirvi che è capace di qualunque cosa pur di raggiungere il suo scopo. So che ha un

piano per voi due, ma non l'ha rivelato nemmeno a me. So solo che c'entrano i vostri medaglioni. Vi sta

aspettando"

Michael si mise davanti a loro come per mostragli la strada ma Daniel era ancora titubante. Potevano fidarsi

di lui? Aveva distrutto la sua vita, la sua famiglia. Avrebbe dovuto farlo a pezzi in quel momento. Chiese con

gli occhi aiuto a Lucien.

"Fidiamoci. E' l'unica cosa che possiamo fare. E non preoccuparti se solo proverà a sfiorati lo ridurrò in

cenere. E non credo che oserà mettersi contro di me. Sa già che farà una fine orribile"

Daniel dovette convenire che Lucien aveva perfettamente ragione. Per un angelo era già complicato sfidare

un altro angelo, un suo simile, figurarsi il figlio di Lucifero mezzo angelo-mezzo demone. Non avrebbe avuto

scampo e dovette anche ammettere che gli occhi di Michael sembravano sinceri. Così annui.

Michael gli fece strada, spinse leggermente la porta che al suo tocco si aprì senza cigolare. Arrivarono in una

stanza piccolissima al cui c'entro vi era una scala a chiocciola che portava giù, nelle viscere della Terra.

Quando arrivarono molti piani più forti senza per nulla sentire la stanchezza di quell'infinita discesa erano

ancora ignari di ciò che avrebbero visto.

La stanza era interamente in marmo bianco. Statue di angeli e demoni osservavano il loro passaggio,

schierate le une di fronte alle altre. Una grande scala era ornata da incisioni in latino. Un'enorme lampadario

in oro illuminava la stanza. Il soffitto presentava diversi dipinti, ma non come quelli dei grandi pittori, erano

molto meglio, sublimi. Solo una mano angelica poteva esser stata capace di dar vita a quelle meraviglie. I

dipinti raffiguravano bellissime creature, talvolta dal sesso indefinibile, alate e non e vi erano anche bellissimi

paesaggi in cui regnava la pace. Era difficile distogliere lo sguardo da quei capolavori.

"E' stato..?" Lucien non riuscì a finire la frase. Michael aveva già capito e rispose "Si, è stato Lucifero a

dipingerli ed anche a fare tutte queste sculture. E' vero, lui è incatenato ma da quando siete nati voi, a volte

può liberarsi ma non superare quella porta. Non può varcare ciò che solo i medaglioni possono aprire. Voi

costituite la sua libertà.

"Si illude se pensa che lo lasceremo girare indisturbato in superficie" disse Lucien.

"Ricordate il suo immenso potere. Può farvi inchinare al suo volere senza che ve ne rendiate conto. Ma

adesso andiamo. Non ama aspettare troppo".

"Un momento" Lucien era rimasto indietro "C'è ancora una cosa che non mi è chiara. Se Lucifero può girare

nelle sue stanza e creare opere solo da quando siamo nati noi due, come ha fatto ad avermi se allora era

ancora in catene?"

"E' una questione che solo tuo p..che solo Lucifero potrà chiarirti. Quando lo vedrai, glielo chiederai"

L'idea non piaceva molto a Lucien, ma voleva sapere. Avrebbe posto la domanda a Lucifero.

"Da questa parte" Michael indicò loro le scale.

Salendo Daniel fece scivolare le sue mani sul marmo e proseguì con gli occhi chiusi come se fosse

ammaliato.

"Daniel? Mi senti?" Lucien gli diede un leggero schiaffo. "Si,si. Ti sento" rispose Daniel come se non si fosse

reso conto di nulla. Come se si fosse improvvisamente risvegliato da un sogno. Si disse che non avrebbe più

toccato nulla.

Arrivati al piano superiore videro che si potevano scegliere due direzioni.

"Daniel" esordì Michael "tu sei la destra. Lucien tu sei la sinistra". Prima di continuare dovrete andare

ognuno nella sua direzione sino a ritornare qui. Solo a quel punto la porta si aprirà"

"E tu come hai fatto invece ad andare e tornare?" chiese spazientito Daniel.

"Non è da qui che di solito passo, ma da un luogo più angusto privo di tanta bellezza. Conosco questo

passaggio ma quando si aprirà questa porta sarà la prima volta che la varcherò. Insieme a voi"

Michael sembrava una guida turistica ma almeno era esaustivo nel dare risposte che conosceva.

"D'accordo" si arrese Lucien "facciamo questa pagliacciata".

Daniel era la destra.

Il percorso era relativamente breve ma non poteva evitare di fermarsi ad ammirare i fregi, i dipinti, le statue

ma badò bene a non toccarle anche se ne era immensamente attratto e in quel momento desiderava solo

finire in un sogno che solo quelle meraviglie avrebbero evocato e perdersi per sempre, ma si riscosse dai

suoi pensieri e proseguì.

Lucien era la sinistra.

Nel suo percorso incontro solo statue che raffiguravano un essere sulla cui schiena non vi erano due ali, ma

soltanto una. Le fauci erano spalancate e gli occhi lampeggiavano d'ira. Capì immediatamente che

raffiguravano lui anche se quanto a bellezza non si avvicinava minimamente a lui. E non era per le fauci

spalancate che avrebbero contratto il suo viso di pietra, ma erano proprio i lineamenti, troppo marcati.

Giunsero nello stesso punto in cui Michael li aveva lasciati nello stesso momento.

Senza dire una parola Michael disse una formula in latino e dinanzi a loro si formò una crepa nel muro che

lentamente spaccò la parete aprendo un nuovo passaggio. Sembrava un ponte lambito dalle fiamme. A

differenza di ciò che si poteva pensare il ponte non traballava, ma era perfettamente resistenze e sicuro. Lo

attraversarono rapidamente osservando il magma sotto di loro.

"Siamo quasi arrivati"

Oltre il ponte non c'erano più porte ma un'immensa stanza. La stanza di Lucifero.

Lui era li, al centro. E in catene. La sua bellezza etera lasciava esterrefatti chiunque lo vedesse. Indossava

soltanto dei calzoni blu. Anche lui si era modernizzato. Lunghi e morbidi capelli castani gli ricadevano sulle

spalle muscolose incorniciando un viso senza tempo, senza età. Relativamente giovane. Due grandi occhi

azzurro-giacchio brillavano intensamente, il naso era perfettamente disegnato, le labbra carnose e rosse

come il fuoco più vivo. I lineamenti del viso erano delicati, le orecchie leggermente a punta, le sopracciglia

anch'esse perfettamente disegnati. Sull'ampio e muscoloso petto era adagiato un medaglione d'oro. Gli

addominali scolpiti sembrano quelli di una statua. Le dita dei piedi erano lunghe e affusolate. In quel

momento stava sorridendo mostrando i suoi denti aguzzi e perfettamente bianchi.

Mani e piedi erano avvolti in catene e gli conferivano l'aspetto di una farfalla maestosa. Le sue ali di un

bianco purissimo erano ripiegate lungo la schiena, toccavano quasi terra. La luce che emanavano era

rassicurante, armoniosa.

Michael si inchinò e disse "Mio signore, i vostri ospiti sono arrivati".

Detto questo si congedò e lanciò ad entrambe un'occhiata che significava che non se ne sarebbe andato. Li

avrebbe osservati.

"Benvenuti" disse comprendendo che loro non avrebbero proferito parola.

"Benvenuti nella mia casa" continuò. "Sono immensamente felice di avervi entrambe qui"

"Sii, per i tuoi loschi giochetti" ringhiò Daniel trovando il coraggio di risponde.

Lucifero rise calorosamente. "Mi piaci. Mi piace il tuo modo di essere. Sei coraggioso. Un tempo ero come te,

sai"

"Si, la tua storia la conosco perfettamente"

"Bene, mi fa piacere. Sarà un peccato quando morirai" disse Lucifero con un sorriso amabile.

Per un attimo Daniel si sentì gelare il sangue, un gelo che gli perforò le ossa minacciando di renderlo

instabile.

La voce di Lucifero era profonda quasi suadente, gelida e calda allo stesso tempo. Il suo eterno sorriso

minaccioso.

"Lui non morirà" Chi se non Lucien avrebbe potuto dire ciò?

"Oh, figliolo. Non essere così ingenuo"

"Non chiamarmi figliolo"

"Ma tu sei mio figlio, e non puoi farci nulla"

"Spiegami...spiegami come hai fatto? Come hai attirato una donna qui?"

"Ricorda" disse serio Lucifero "che tua madre è un demone. Non è una donna qualunque. Era al mio servizio

allora e si era innamorata di me. Ho imparato, come ben sai, che i demoni amano solo una donna nella loro

eterna vita. E così io ormai preda della mia nuova natura demoniaca ho ceduto al sentimento ed ho

ricambiato. E per sempre così sarà"

"Tu.." rise Lucien "sei capace di provare un sentimento..come l'amore?"

"Io sono capace di grande amore" rispose Lucifero che sembrava sul punto di esplodere. Ma quel magnifico

sorriso torno riaffiorò sulle sue perfette labbra infuocate. "Ho amato Dio più di me stesso, l'ho servito e lui

ha ricambiato come? Creando quella stupida razza: gli umani. Hanno distrutto il loro stesso mondo, sono

stupidi. Come ha potuto preferire loro a me? Il mio amore è mutato, è diventato odio. Ma non ho forse

ragione? Sono stato cacciato, confinato qui ed ora io avrò la mia vendetta. La mia razza è già superiore,

devo solo perfezionarla e fare in modo che nessun angelo possa più rappresentare minaccia alcuna per le

mie eteree creature demoniache"

"Come farai?"

"Grazie a voi. Grazie alla vostra presenza qui. Questo non è il vero inferno. E'..come dire..si, è l'anticamera

dell'inferno. E' necessario spalancare la vera porta per permettere alla furia infernale di spazzare via l'intera

umanità e rafforzare il potere dei demoni. Sarò il Dio del nuovo mondo, sarò il Dio di un mondo in cui regna

la pace. Gli umani non la troveranno mai"

Daniel fece un passo avanti e pose la sua domanda "Se ti servo, qui e vivo, perchè hai mandato il tuo servo

a cercarmi anni fa? Perchè volevi uccidermi? Perchè sono dovuti morire i miei genitori?"

Lucifero rise "In realtà tu mi servi morto. Così ho mandato Michael a cercarti, i tuoi non dovevano

intromettersi, ma loro erano li. Non potevano restare vivi. Quando Michael ha provato a fare lo stesso con

te, non ci è riuscito. Quando ho capito che esisteva solo un modo per farti fuori ho fatto di tutto affinchè tu

arrivassi qui, al mio cospetto per servire il tuo compito. Ho chiesto a Michael di far fuori anche quella

graziosa ragazza, Anna se non sbaglio? Lei doveva essere la compagna della tua vita anche se sento che non

è lei che ami e di far fuori anche suo nonno. Pace all'anima loro"

E così Lucifero era ignaro del fatto che Anna era ancora viva, che Michael ci teneva e che Adam era morto

per altre ragioni. Ma tutto ciò non avrebbe potuto in alcun modo rappresentare un vantaggio nei confronti di

Lucifero.

"Dov'è mia madre?"

"Quante domande che ponete. Ma comprendo che sia giusto. Mio caro, tua madre è libera di andare dove

vuole, ed è da quando ha scoperto di portare in grembo un figlio che non la vedo più. Non comprendo il

motivo della sua fuga. Ma la cosa importante è che io ti ho trovato e adesso siamo qui. Tua madre non è

importante. Questo rito non necessita di lei"

Lucien era curioso di vedere sua madre, considerando che lui non aveva esattamente lo stesso aspetto di

Lucifero significava che ne aveva preso da sua madre, e l'unica cosa che riusci ad immaginare era che lei era

bionda, probabilmente con occhi blu, profondi come i suoi.

Gli sarebbe piaciuto conoscerla, aveva commesso un errore, l'errore di amare Lucifero ma poteva fargliene

una colpa? L'amore è amore. Desiderava solo porre fine a questa storia e ritrovarla.

"Ma adesso basta. E' giunto il momento. Il momento di mettere a posto l'ultimo tassello di questo grande

puzzle. Le ultime cose da sapere. Sarai tu, Lucien figlio mio, ad uccidere Daniel, il demone. Solo versando il

suo sangue da morto e il tuo da vincente nei medaglioni, essi apriranno l'Inferno. Dovete battervi e

considerando che ancora i demoni non sono in grado di sconfiggere un angelo, sopratutto mio figlio, sarai tu

Lucien a vincere e il destino sarà compiuto". Detto questo Lucifero alzò gli occhi. "Vincerò io, papà"

Lucien e Daniel erano increduli, incapaci di fare un solo movimento. Erano arrivati sin li, intrappolandosi da

soli. Che cosa avrebbe potuto fare Michael? Nulla. Erano condannati. Ma si sarebbero opposti. Lucien non

avrebbe mai ucciso Daniel, il suo amore, non poteva nemmeno concepire il pensiero di fare un simile gesto.

Lucien lo guardò e Daniel comprese che per suo volere Lucien non ne sarebbe stato capace. In passato

l'aveva un pò spaventato, minacciato, ma non lo avrebbe ucciso.

Mentre Daniel era intento a pensare, a sperare sentì qualcosa cambiare in lui. Gli esplose un forte mal di

testa. E subito pensò delirando "Poveri umani, è questo che provano ogni dannata volta?"

Si accasciò a terra e Lucien provò ad aiutarlo ma una forza maggiore lo tratteneva li, immobile al centro

della stanza infernale. Chiuse gli occhi sperando che una volta riaperti tutto sarebbe scomparso. E si sarebbe

ritrovato seduto al bar con Daniel a chiacchierare ma nulla cambiò. Daniel era ancora disteso sul pavimento

in marmo a contorcersi.

Pensieri incoerenti si formavano nella sua testa e vorticavano minacciosamente, gli occhi inziarono a

lacrimare, i denti a dolergli. Gli sembrò di aver ricevuto un pugno nello stomaco, le ossa sembrano

sbriciolarsi ad ogni suo movimento.

Improvvisamente tutto cessò. Fissò Lucien, il quale gli rimandò uno sguardo carico d'orrore.

Gli occhi di Daniel erano due pozze nere come il petrolio. La pelle del viso contratta. Lunghi artigli avevano

sostituito le unghie, Due enormi zanne appuntite erano spuntate sostituendo la comune dentatura. La nuova

creatura sembrava ansimare e ringhiare allo stesso tempo. Sferzava l'aria davanti a se con gli artigli,

implacabili. Un suono gutturale proruppe dalla sua gola.

"Non è bellissimo?" chiese Lucifero divertito. "Non eri a conoscenza di questo aspetto, vero Lucien? Anche tu

puoi essere così, con tanto di candide ali"

Non appena Luifero pronunciò la parola "ali" la giacca di Lucien si lacerò ed una luce che abbagliò l'intera

stanza per un alcuni secondi mostrò agli occhi increduli di Lucien e affascinati di Lucifero due splendide ali

nere e rosse. Non erano nè candide nè morbide come quelle di Lucien. Daniel le sbattè muovendo l'aria che

si trasformò in un piccolo vento che scaraventò Lucien dall'altro lato della stanza.

"Sei comunque più forte tu, Lucien. Oh, è così magnifico. Ma ce ne saranno tanti altri come lui. E saranno

perfetti. Sempre più belli e forti"

Lucifero cambiò tono "Adesso. Uccidilo". sentenziò Lucifero.

Lucien guardò quella creatura davanti a se. Si, anche con gli occhi neri, le zanne, gli artigli e le ali Daniel era

bellissimo. Ma questo significava morte per Daniel. Come avrebbe fatto a non ucciderlo? A porre fine a tutto

senza fargli del male?

Quando Daniel si avventò contro la gola di Lucien, la lotta ebbe inizio.

XIX.

Daniel era sorprendentemente veloce e forte ma nonostante ciò Lucien era superiore. Con un movimento

repentino aveva evitato che Daniel affondasse le zanne nella sua gola. Lo aveva respinto gettandolo per

terra. E Daniel, prontamente, si era rimesso in piedi senza il minimo sforzo.

I suoi occhi sembravano sempre più scuri, le zanne più appuntite e gli artigli più minacciosi. Le ali

sbattevano freneticamente così Lucien aveva utilizzato le sue per respingere i venti che l’aria mossa dalle ali

di Daniel creava.

Daniel, ormai, era intrappolato in quel mostro alato. Sembrava destinato ormai alla fine. Per quanto tempo

Lucien avrebbe potuto respingere i suoi attacchi difendendosi soltanto? Poteva farlo a pezzi, ridurlo in cenere

in un attimo ma come avrebbe potuto? Nervosamente, rivolgeva lo sguardo verso Lucifero che era sempre

più estasiato dallo spettacolo.

Ebbe un’idea e sperò che Lucifero decidesse di essere collaborativo.

“Lucifero” chiamò mentre respingeva altri attacchi di Daniel “cosa accadrebbe se vincesse lui? O se

restassimo entrambi vivi?”

“Ma questo non accadrà, mio caro Lucien. Tu vincerai. Ci vorrà un po’ di tempo forse ma ne uscirai indenne,

marchierò il medaglione con il suo sangue, poi tu mi offrirai una goccia del tuo da vincente e finalmente i

medaglioni torneranno dove sarebbero dovuti stare. Alle porte dell'inferno. E questa volta le apriranno e mai

più verranno chiuse”

Lucien capì che doveva temporeggiare. C’era qualcosa che sfuggiva al suo pensiero. Qualcosa di

fondamentale che doveva sapere. Fu costretto a concentrarsi nuovamente su Daniel che gli aveva squarciato

la camicia e dei rivoli di sangue scendevano lungo il suo petto. Lucien non sentiva alcun dolore e le ferite

lentamente iniziarono a guarire da sole. Si voltò verso la porta in cui i medaglioni sarebbero stati posti una

volta terminata la lotta tra loro due. Daniel morto, lui vivo e vincitore.

Fu in quel momento che un’idea attraversò la sua mente come un fulmine nel cielo.

“Lucifero” chiamò nuovamente. Questi si voltò seccato “Cosa c’è, Lucien? Perché non pensi a combattere?”

“Voglio conoscere ogni particolare di tutta questa storia. Ve ne prego”

“Chiamami padre”

“Come?”

“Chiamami padre. Solo così ti concederò delle risposte alle tue domande”

“Come fai a sapere che è una domanda che voglio porti?”

“Pensi che solo il buon Dio conosca le sue creature? Sei mio figlio. Chi meglio di me potrebbe conoscerti?”

Lucien ci pensò su. Lo disgustava pensare a Lucifero come suo padre, ma questa volta ne sarebbe valsa la

pena se così facendo avrebbe potuto salvare la sua vita, quella di Daniel e porre fine a quella lotta.

“D’accordo. Padre, vi chiedo cosa accadrebbe se i medaglioni venissero posti nei meccanismi della porta

senza essere macchiati del sangue del vincitore e del perdente?”

Lucifero si concesse qualche secondo. “Sta attento, Lucien”. In quel momento Lucien si voltò ed evitò un

altro attaccato. Era stressante lottare e allo stesso tempo cercare di attirare l’attenzione di Lucifero e sperare

che fosse accondiscendente nel dargli risposta.

Lucifero rise di gusto “E’ una lotta che mi affascina. Sei in gamba, figliolo. Saresti un valoroso combattente.

Ed è anche per questo che ti meriti una risposta. Se ciò dovesse accadere le porte dell’inferno resterebbero

chiuse per sempre ed io sarei condannato a restare qui per l’eternità. Ma non pensarci nemmeno Lu…”

Lucien stava già correndo verso la porta tenendo in mano il suo medaglione, il problema sarebbe stato

sfilare l’altro dal collo di Daniel che a sua volta lo stava inseguendo. Gli saltò addosso facendolo cadere e il

medaglione gli sfuggi dalle mani e andò a sbattere contro la porta che vibrò sonoramente.

Per un attimo ci fu silenzio, poi Daniel ringhiò. Era sopra di lui. Come una furia ferì il viso di Lucien con i suoi

artigli e gli morse la gola. Lucien gridò talmente forte da far tremare le pareti. Si liberò violentemente di

Daniel mandandolo a sbattere contro il muro. Avanzò minacciosamente verso di lui. I suoi occhi erano

diventati di un bianco puro come le sue ali. Anche in lui infuriava la tempesta.

“Adesso basta” disse Lucifero. “Fermatevi un attimo" I due di colpo si arrestarono "Ponete fine a questa

lotta. Lucien uccidi Daniel. Portami il medaglione intriso del suo sangue, prendi il coltello che si trova ai miei

piedi e usalo per darmi la tua goccia di sangue che verserai sul medaglione. Se non tu, manderò qui Michael

a finire il lavoro”

Lucien sembrò riprendere un po’ della sua lucidità “Io non posso ucciderlo” era sul punto di piangere.

Si inginocchiò al cospetto di Lucifero ed una lacrima solitaria si mescolò al sangue che colava dal viso mentre

Daniel si massaggiava la testa pronto ad un nuovo attacco. Ma in quel momento sembrava affascinato dal

comportamento di quel giovane angelo così diverso dal padre incatenato.

“Perché non puoi? Cosa te lo impedisce?”

“Uccideresti mia madre? La tua compagna eterna?” chiese Lucien

“Questo cosa c’entra? Io l’amo…” Lucifero sgranò gli occhi increduli.

Lucien alzò lo sguardo ancora vitreo e lo posò sul viso del padre, implorante.

“Tu..tu lo ami?”

“Si” riuscì a rispondere Lucien in un sussurro. “Sono tuo figlio. Non puoi usarmi solo per i tuoi scopi, solo per

avere la tua stupida vendetta”

Per un attimo Lucifero sembrò colpito, sul punto di arrendersi.

“Per me l’amore è una questione importante” esordì con fare solenne “Da quando sono stato creato non ho

fatto altro che servire Dio, il mio Signore. Unico Padre. L’ho amato con tutto me stesso. E quando ho saputo

che era sua intenzione creare una razza inferiore, la razza umana, ho pensato che fosse una pazzia. Ma lui

non mi ha voluto ascoltare. Come potete? Gli chiesi io, come potete amare anche loro?

Io speravo che Dio riservasse tutto il suo amore a me, figlio prediletto. Ero il più bello, il più forte, il più

promettente angelo della sua schiera. E ora avrebbe dato vita ad altri esseri che lui in un modo o nell’altro

avrebbe amato, forse più di me. Come potevo accettare questo ignobile tradimento? Un padre deve amare i

suoi figli, non deve abbandonarli. Quando mi ribellai chiesi a Dio di prendere il suo posto, di avere il

permesso di dar vita ad una nuova razza che sarebbe stata forte ed essendo creata da me, l’avrai amata

solo io mentre Dio avrebbe continuato a riversare il suo immenso amore su di me. Ma ero un illuso, avevo

osato sfidare la potenza e l'ira di Dio. Mi cacciò, caddi, e con me tutti coloro che volevano essere amati e

non accettavano una nuova razza che ci avrebbe posti in secondo piano. Quando sono stato confinato qui

ero solo, i demoni erano al mio servizio. Ero riuscito a crearli. Così perfetti. Ma seppi ben presto che non

erano forti quanto gli angeli. Un giorno passò da me tua madre, così graziosa, bella come un angelo. Ma era

un demone. Non direttamente creata da me, ma io non ho età. E allora ero giovane, non che adesso sia

vecchio ma ho deciso di assumere un aspetto che meglio si addice ad un padre. Me ne innamorai

perdutamente. Avevo trovato qualcun altro a cui riservare il mio amore, la mia eterna devozione e quando

seppi che lei ricambiava provai un’immensa gioia. Fu da quando la conobbi che Dio mi permise talvolta di

liberarmi dalle mie catene. Passavamo intere giornate insieme a creare opere, dipingere, scolpire, baciarci

e..”

“Ti prego risparmiami i particolari” disse Lucien “va avanti”

“D’accordo. Ci amammo profondamente. E tu sei il frutto di quell’amore. Non ero mai stato con una donna.

In paradiso certe cose non sono concesse. Ma qui potevo peccare senza problemi. Anche se Dio tutto sa,

doveva concedermi qualcosa qui, ero e sono pur sempre suo figlio. Quando seppi che tua madre ti portava

in grembo ne fui estasiato e ti amai dal primo momento che seppi della tua esistenza. Tua madre a lungo

era andata sulla Terra per trovare un modo, per liberarmi da questo maleficio. Un giorno tornò eccitata

dicendomi che c’era una piccola speranza. I suoi occhi erano più luminosi del solito.

Mi disse che dei medaglioni potevano spezzare l’incantesimo. Ma serviva il sacrificio di un demone.

Pensai, “uno per dar vita a miliardi di demoni e vivere liberamente il mio amore, godermi la mia famiglia” era

un sacrificio accettabile. Seppi inoltre che il vincitore della battaglia doveva essere mio figlio. Così mi

mancava solo il demone. Ho fatto forgiare entrambe i medaglioni. Uno spettava a te, quello più grande.

Quello più piccolo al demone. Tua madre uscì in una notte piovosa e quando intercettò due demoni e vide

che la donna era incinta glielo offrì in dono.

In poche parole è stata tua madre a condannare Daniel e la sua famiglia. Ma non gliene fare una colpa. Te

ne prego. Era accecata dall’amore per me. Avrebbe fatto qualunque cosa.

Ma poco prima che tu nascessi andò via e mi lasciò un biglietto. Mi disse di sentirsi terribilmente in colpa per

ciò che aveva fatto. Non voleva che suo figlio diventasse un assassino, che fosse destinato a liberare il male

nel mondo nonostante, mio caro Lucien, come ben sai ce ne già tanto senza che io intervenga in alcun

modo. Se ne andò. E aggiunse che ti avrebbe lasciato a degli umani, così non avresti mai trovato Daniel. Ma

non poteva sapere che i medaglioni si attraggono e inevitabilmente si trovano.

Nonostante ciò mi prometteva eterno amore. Cercai di accettare la situazione. E decisi di trovare una

soluzione che non ti avrebbe fatto diventare un assassino. Avrei mandato un mio servo-angelo ad uccidere

Daniel e chiunque lo intralciasse (in questo caso i suoi poveri genitori. Mi credi se ti dico che mi dispiace? In

fondo erano pur sempre mie creature) e poi ti avrei fatto rapire , avrei preso la sola goccia di sangue che mi

serviva, ti avrei privato del tuo medaglione e tenuto con me per sempre, alla guida del nuovo mondo. Ma

solo tu puoi uccidere Daniel, lui è immune agli attacchi angelici perché lui è parte dell’incantesimo che

spezzerà la mia maledizione per sempre. Così vi siete incontrati e lui ha anche incontrato Anna. E’arrivata sin

qui perché era troppo attratta da noi meravigliose creature e i nostri misteri. Anche suo nonno lo era. Ma

Daniel era attratto da lei perché i demoni come già sai scelgono la loro compagna per l’eternità. Così lei

sarebbe stata d’intralcio perché se c'era lei Daniel non ti avrebbe mai seguito e doveva morire. Così è stato.

Nonostante tutto ho compreso che Daniel non era innamorato di lei, ma solo attratto dal loro destino

insieme. E tu provi amore per lui. Mi dispiace che tu ti sia innamorato della persona che dovrai uccidere”

“Non..” Lucien si schiarì la voce “non ti da fastidio che io ami un..ragazzo e non una donna?”

“Io sono il Re del peccato. Se lassù lo considerano tale allora non lo sarà per me”

“Comprendo”

“Bravo, figliolo. Ma nella tua vita potrai incontrare tanti altri angeli o demoni. Troverai il tuo compagno. Ti

metterò a disposizione quante creature vorrai”

“Ne voglio una sola…”

“Bene. Te la farò avere”

“..ed è già in questa stanza” disse Lucien indicando Daniel che se ne stava appostato in attesa di ricevere

ordini da Lucifero, suo padrone.

“Daniel” disse Lucifero. A quella voce Daniel alzò il viso e annuì avventandosi nuovamente contro il suo

degno avversario: Lucien.

Ripreso a lottare, talvolta a distanza, altre volte corpo a corpo. Prevaleva sempre Lucien nonostante

l'immane forza di Daniel.

Per un attimo Daniel tornò in se e si chiese cosa diavolo stesse facendo. Era forse impazzito?

Per quale assurda ragione stava lottando contro Lucien, suo amico? Ricordò le parole di Lucifero e il modo in

cui lui aveva ciecamente obbedito. Si guardò le mani e vide gli artigli, si portò una mano alle labbra e sentì le

possenti zanne. Un fruscio alle sue spalle attirò la sua attenzioni. Ali. Aveva le ali. com'era possibile? I

demoni non le possedevano ma lui si.

Era tutta una situazione assurda. Improvvisamente ricordò qualcosa e comprese che era arrivato il momento

di porre fine a tutto.

"Daniel" Lucifero lo chiamò nuovamente, i suoi occhi tornarono a tingersi di nero, un nero più buio della

notte stessa. Preparò il suo attacco contro Lucien riponendo nuovamente fiducia nell'amico, e sperando che,

stanco di tutto, non decidesse di ucciderlo. Atterrò Lucien, il quale sbatte la testa contro il pavimento senza

tuttavia perdere in sensi e gli strappò il medaglione dal petto, fece la stessa cosa con il suo e rapidamente si

diresse verso la porta.

"Cosa stai facendo?" urlò Lucifero.

Daniel si voltò verso il Re degli Inferi e lo guardò con i suo penetranti occhi verde smeraldo. Sorrise

malignamente, ritraendo le zanne e gli artigli ma non le ali.

Lucien era ancora sul pavimento e osservava la scena incredulo.

"Resterai qui per sempre" detto questo prese i medaglioni e li inserì violentemente nelle rientranze della

porta.

Entrambe videro Lucifero impallidire. "No, no, no..." iniziò ad urlare a dimenarsi fino a quando Lucifero non

riusci a far saltare le catene. Adesso era libero.

"Non è cosi che doveva andare" disse Lucien avvicinandosi a Daniel "Doveva restare qui per sempre".

"E' cosi sarà" disse una voce mentre tutto, forse il mondo intero, iniziò a tremare.

Lucien si voltò e vide che la voce apparteneva ad una bellissima donna bionda dai profondi occhi blu.

"Mamma..." riuscì a dire Lucien soffocando un singhiozzo. Guardandola comprese che lei non voleva essere

chiamata "Madre".

Nonostante Lucifero fosse libero c'era ancora qualcosa che lo bloccava.

"Figlio mio" la donna si avvicinò e accarezzò il viso di Lucien, lui le prese la mano tra le sue e la baciò. Si

abbracciarono piangendo, rimpiangendo una vita che non avrebbero mai conosciuto.

"Ti ho sempre amato, lo sai vero? Ero accecata dall'amore per tuo padre. Mi dispiace per tutto" e si rivolse

anche a Daniel "Mi dispiace per ciò che è successo. Ne sono immensamente dispiaciuta. Spero che tu possa

perdonarmi"

Daniel vide Lucien come non l'aveva mai visto prima: vulnerabile. Il viso era una maschera di lacrime

"Io.. vi perdono" disse Daniel abbassando lo sguardo.

"Te ne sono immensamente grata"

Si voltò verso Lucien che era incapace di parlare. "Mi dispiace. Ci siamo appena ritrovati e dovremmo

separarci di nuovo"

"Perchè?"

"Vedi tuo padre? Sono io che lo sto bloccando con la forza del pensiero. Ne hai preso molto da me. Sei

uguale a me. Non diventare mai come lui. Mai. Abbandonati all'amore. Ti vorrò sempre bene"

Detto questo si allontanò in direzione di Lucifero.

"Adesso andate via"

Lucien non voleva muoversi, non voleva andarsene ma Daniel iniziò a strattonarlo e a spingerlo verso

l'uscita.

"Andiamo, Lucien. Andiamo"

La terra ancora tremava, quando le porte si richiusero l'ultima cosa che Lucien vide fu sua madre che

accarezzava una guancia di Lucifero, suo padre, e gli sussurrava "Amore eterno, ricordi?"

La porta sbattè violentemente, l'inferno era sbarrato per sempre.

Michael gli venne immediatamente incontro.

"Ce l'avete fatta. Non riesco ancora a crederci" il suo entusiasmo venne smorzato quando vide le lacrime di

Lucien, ed altre silenziose su quelle di Daniel che teneva l'amico dal braccio per impedirgli di lasciarsi andare.

Michael vide le ali ripiegate sulla schiena di Daniel e sgranò gli occhi "Tu hai.."

"Si, ho le ali" rispose freddamente Daniel i cui pensieri in quel momento erano tutti concentrati su Lucien.

Aveva ritrovato sua madre e immediatamente l'aveva persa. E adesso per sempre. Si era sacrificata, per lui,

per Daniel, per il bene dell'umanità e si era condannata ad un'eternità da passare rinchiusa nell'anticamera

dell'Inferno, come definita da Lucifero, con il suo compagno, padre di Lucien il quale non sarebbe stato tanto

felice di quella situazione. E se Lucifero le avesse fatto del male? No, Daniel ne dubitava. Si poteva dire ogni

cosa di Lucifero ma anche lui e a modo suo era capace di amare. Forse non l'avrebbe mai perdonata ma

lentamente si sarebbe rassegnato e sarebbe tornato ad amare. Perchè l'amore è l'unico modo per

sopravvivere a qualsiasi cosa.

"Venite. Andiamocene via di qui"

Per fare prima, Michael li guidò nell'angusto passaggio che aveva menzionato prima di portarli li. Il passaggio

che gli era concesso seguire per tornare nel mondo degli umani.

Sarebbe piaciuto ad entrambe poter rivedere quelle meraviglie dipinte e scolpite da mani angeliche ma non

c'era tempo, non ce ne sarebbe stato più per quel posto. E loro adesso non desideravano altro che

dimenticare e fuggire via di li.

Quando uscirò all'aria aperta sembrò a tutti e tre di essere rinati. Finalmente lontani dal fuoco infernale.

Lucien si stese per terra incurante dell'erbacce che gli rovinavano i vestiti già consumati dalla lotta con

Daniel. Guardava il cielo e il sole splendente. Non parlava e Daniel non gli chiedeva nulla.

Michael prese Daniel in disparte. "Vediamoci tra qualche ora vicino casa tua d'accordo?"

"D'accordo"

Prima di andarsene Michael protese la sua mano, Daniel decise che la cosa migliore era stringerla e porre

fine alle animosità. Doveva riuscire a non pensarci, a ricordare che Michael era stato guidato da Lucifero, ed

era anche riuscito a liberarsene proprio come aveva fatto lui durante la lotta. Aveva sentito crescere

qualcosa dentro di se. Si era sforzato di ricordare le parole, di ricordare se stesso e cosa avrebbe dovuto

fare.

La lucidità si era impossessata nuovamente di lui, aveva preso i medaglioni e li aveva collocati al punto

giusto, dove non avrebbero più potuto fare alcun male.

In quel momento aveva pensato. "Questo è per Adam, per la mia famiglia"

Aveva ottenuto la sua vendetta, aveva sfidato Lucifero e aveva vinto. Invece Lucifero non era riuscito a

sconfiggere Dio. Aveva fallito.

In quel momento Daniel si era sentito invadere da un potere immenso e non c'era soddisfazione più grande

del guardarlo con i suoi veri occhi, quegli occhi che sarebbero potuti appartenere a qualsiasi altro umano che

per Lucifero significavano soltanto maledizione e condanna eterna.

Tornò da Lucien e si sedette anche lui sulla fredda erba rinsecchita.

"Tutto bene?" chiese Daniel

"Credo di si. Grazie a te"

"No, non devi ringraziarmi. Era il minimo che potessi fare. Mi dispiace tanto per quel che è successo. Fosse

dipeso di me non ti avrei mai attaccato"

"Lo so, non te ne faccio una colpa"

"Grazie" rispose Daniel avvolgendo con la sua la mano di Lucien. Rimasero per un attimo così a fissarsi.

Occhi blu contro occhi verde smeraldo. Poi Daniel ritrasse la mano e distolse lo sguardo. Si alzò.

"Andiamo" disse porgendo la mano a Lucien. Lui la prese e si sollevò da terra.

Era il momento di abbandonare quel luogo per sempre.

Prima di recarsi a casa sua per incontrarsi con Michael, Daniel decise di accompagnare Lucien a casa.

Quando aprirono la porta, trovarono la madre "umana" che li attendeva seduta nel soggiorno.

"Che sollievo rivederti. Ma dove sei stato? Anzi, dove siete stati?"

"Luciennn, Daniell" i gemellini gli andarono incontro abbracciandoli in vita. Iniziarono a sorridere e poi si

allontanarono per guardare i cartoni in televisione.

"E' una lunga storia" riuscii a dire Lucien.

"Venite, sedetevi qui. Vi preparo qualcosa".

"Grazie" dissero all'unisono.

Restarono li per un pò, a raccontare un pò Daniel un pò Lucien l'incredibile storia di Lucifero. Lucien temette

che sua madre svenisse. Era pur vero che conosceva la sua vera natura ma mandar giù il fatto che in pochi

giorni il suo figlio adottivo che considerava suo a tutti gli effetti era venuto a conoscenza del fatto che il suo

vero padre era Lucifero, che i medaglioni avrebbero potuto liberare le furie infernali, che Lucien aveva

rischiato di far fuori Daniel e che quest'ultimo era riuscito grazie anche all'aiuto della madre naturale di

Lucien a sbarrare l'inferno per sempre non era certo facile.

Lucien chiese a Daniel di restare un pò con lui. Aveva proprio bisogno di un pò di compagnia per non

pensare a quello che era successo, per non pensare a nulla.

"D'accordo non c'è problema" aveva risposto Daniel alla sua richiesta mostrando il suo amabile sorriso.

"Michael può attendere"

"Michael?"

"Si, ricordi che oggi abbiamo parlato. Mi ha chiesto di incontrarlo. Credo si tratti di Anna"

"Gli concederai di stare con lei?"

"Anna non è mia. Anzi non è proprietà di nessuno. Se lei ci tiene, se vuole starci può farlo. Non so come

faranno visto che lei è umano e lui un angelo. Ma questa sarà una questione che dovranno risolversi da soli"

"Oggi sei in vena di perdono, eh?" provò a sdrammatizzare Lucien.

"Si, credo di si" rispose Daniel sorridendo e abbassando lo sguardo. "Credo che ogni tanto faccia bene

perdonare. In fondo ho compreso che entrambe, intendo dire tua madre e Michael erano mossi da Lucifero.

Tua madre lo amava, anzi credo che lo ami ancora molto e Michael era un suo servo. E' anche grazie a lui se

sono riuscito a riacquistare la mia lucidità e porre fine a tutto"

"Già. Hai ragione"

"Io ho sempre ragione" disse scherzando Daniel "e adesso ho anche un magnifico paio d'ali. Così quando

dovrò cercarti non sarò più costretto ad arrampicarmi fin qui"

Ad entrambe tornò in mente il momento in cui Lucien si era dichiarato a Daniel ed era fuggito, volando per

la prima volta, sin li.

Ci fu un momento di imbarazzo ma passò velocemente.

Lucien si appoggiò contro il muro esausto. "Credo che dormirò per una settimana intera. Sono stanchissimo"

disse chiudendo gli occhi.

Daniel non disse nulla ma si avvicinò.

"Lucien?"

Quando Lucien aprì gli occhi se lo ritrovò davanti. Senza aggiunger parola lo baciò, dolcemente, con

passione, le loro lingue si intrecciavano in un bacio carico di tante cose, soprattutto d'amore. I loro corpi

aderirono l'uno all'altro e si ritrovarono entrambe addossati al muro. Lucien cingeva i fianchi di Daniel

mentre lui intrecciava le sue mani dietro il suo collo accarezzandogli i capelli.

Lucien perse la cognizione del tempo e gli sembrò passato troppo poco tempo da quando Daniel aveva

avvicinato le labbra alle sue.

Si guardarono intensamente.

"Lucien.." disse Daniel accarezzandogli il volto "Ti amo"

In quel momento Lucien capì cosa aveva provato suo padre quando Cristine, cosi si chiamava sua madre -

glielo aveva riferito Michael che fingendosi ancora servo era venuto a conoscenza di molte cose- , aveva

ricambiato il suo amore. E per un attimo, solo uno, ebbe compassione di lui.

Lo avvicinò di nuovo a se e lo baciò con l'intento di impedirgli di respirare e Daniel non sembrava

preoccuparsene.

"Ti amo anch'io, Daniel. Ti ho sempre amato. Tu sei la mia vita. Non potrei mai vivere senza di te"

Lucien si sentiva svuotato, si era tolto un grande macigno sul cuore.

Restarono tutta la notte li a tenersi per mano, baciarsi e parlare di tutto tranne che dell'Inferno.

"Va da Michael. Non è giusto farlo aspettare così tanto. Io sarò qui ti aspetterò"

A malincuore Daniel lasciò andare la mano di Lucien.

Volò per la prima volta e fu magnifico. Aveva anche un pò di paura, ma ben presto svanì. Si sentiva libero.

Ed era una sensazione che nessuno poteva comprendere se non la provava. Come l'amore.

Arrivò a casa sua poco dopo, ma si era comunque concesso un pò di tempo per prendere confidenza con le

sue ali, adesso che poteva utilizzarle per scopi che non includevano l'uccisione.

Atterrò sul selciato di casa sua senza emettere il minimo rumore e quando Michael se lo ritrovò davanti

sussultò leggermente.

"Eccomi"

"Grazie per essere venuto"

"Di nulla. E scusami se ti ho fatto attendere"

"Non ti preoccupare. Non mi devi niente. E poi Anna mi ha detto che avrebbe ritardato un pò. Sai che

domani ci saranno i funerali?"

Daniel non lo sapeva, ma annuì. Non sarebbe mancato, e nemmeno Lucien.

Poco dopo Anna arrivò.

"Daniel" gli andò incontro abbracciandolo. "Stai bene? E Lucien?"

"Stiamo tutti bene, non preoccuparti. Ti ringrazio per il tuo interessamento"

"Figurati. Michael ti ha detto che..?"

"Si, tranquilla. So tutto. Michael non sono io a doverti dare il permesso di stare con lei. Siete voi due che

dovete decidere se ne vale la pena, se volete stare insieme, se vi amate"

"Si ci amiamo" disse Michael sorridendo e guardando Anna che al suo sguardo diventava radiosa.

"Ne sono felice. Ma come farete? Lei è umana e tu sei un angelo? Lei invecchierà.." disse Daniel che amava i

lieto fine con una punta di tristezza.

"Per amore, per lei farei qualunque cosa. Troveremo una soluzione" e strinse forte la mano di Anna.

"Vi direi che Dio vi benedica, ma come sempre queste cose dette da me hanno un retrogusto blasfemo"

Risero entrambe e in quel momento Daniel seppe che tutto si sarebbe sistemato.

"Domani verrete?" chiese Anna.

"Certo, Anna. Come potremmo mancare. Adam era una persona meravigliosa e ci ha aiutati molto. E' il

minimo che possiamo fare"

"Grazie, di cuore. A domani allora"

"A domani"

I due si allontanarono mano nella mano e guardandoli Daniel ricordò i baci che si era scambiato sino a poco

prima con Lucien, le sue mani, i suoi occhi radiosi come quelli di Anna.

Con il cuore più leggero spiccò il volo. L'amore lo stava aspettando.

XX.

Il giorno del funerale di Adam il sole splendeva alto nel cielo.

Daniel e Lucien si erano addormentati l'uno nelle braccia dell'altro in terrazzo. Talmente spossati non

avevano sentito la madre di Lucien salire sin li per chiamarli. Quando li vide abbracciati comprese ogni cosa

e un lieve sorriso si posò sulle sue labbra. Se Daniel rendeva felice Lucien, se poteva liberarlo dal peso che

aveva dovuto portare e le perdite che aveva subito, allora ciò rendeva felice anche lei. Si portò le mani al

cuore e li guardò come si guardano due dolci cuccioli. Si accovacciò accanto a loro, non voleva interrompere

l'idillio ma qualche ora dopo ci sarebbe stato il funerale.

"Lucien" chiamò. Sbattè le palpebre lentamente e i suoi occhi prima bianchi - ma ormai la madre era

abituata a quella visione - divennero blu, come l'oceano. Lui le sorrise e lei gli diede un bacio sulla fronte e

accarezzò come solo una madre sa fare il viso di Daniel. Si rialzò e se ne andò. Prima di scendere le scale si

voltò un'ultima volta. "Mancano poche ore"

Lucien sarebbe rimasto li per sempre, tra le braccia di Daniel. Lo guardò affascinato e come sempre rimase

ammaliato dalla sua bellezza. Posò un dito sulle sue palpebre, tracciando il contorno degli occhi, del naso,

delle labbra e quando Daniel aprì i suoi occhi verde smeraldo gli mancò il fiato. Stancamente, Daniel gli

sorrise e si sollevò. A Lucien parve di sentirne già la mancanza.

"E' tardi vero?" disse Daniel.

Lucien si chinò su di lui e sfiorò le sue labbra con un bacio "Si".

Pochi minuti dopo scesero in camera.

"Penso che questi vestiti non siano affatto adatti" disse Daniel.

"No. Non credo affatto. Purtroppo non ho nulla da prestarti"

"Non preoccuparti. A casa dovrebbe esserci qualche vestito di mio padre. E poi vorrei stare un pò li, da solo.

Ci vediamo direttamente al cimitero"

Lucien abbassò lo sguardo. "D'accordo"

"A dopo" Daniel si avvicinò e gli diede un veloce bacio sulla guancia. Lucien avvampò ma Daniel era già

uscito e fu felice che il demone non avesse notato il suo rossore. Avrebbe sicuramente detto "Il freddo

Lucien che diventa rosso? Da non crederci"

Furono i primi ad arrivare. Poco dopo videre Anna sopraggiungere, vestita interamente di nero, aggrappata

al braccio di Michael, anche lui vestito di nero. L'unica stonatura erano i suoi occhi azzurri.

Anna non aveva nessun velo a coprirle il volto rigato di lacrime. Si avvicinò ai due e li abbracciò.

"Non è facile accettare una cosa simile"

"No, affatto" convenne Anna mentre si soffiava il naso.

"Vieni andiamo a sederci" disse teneramente Michael stupendo ancora una volta Daniel per il suo

cambiamento totale, inimmaginabile qualche giorno prima.

Lucien vide che Daniel non smetteva di fissare Anna.

"Nessun ripensamento?" chiese Lucien che si rese conto immediatamente di aver fatto una domanda in

opportuna. Ma a Daniel sembrava non importare e rispose "No, nessuno. So che lui si prenderà cura di lei ed

è tutto ciò che mi interessa sapere. Mi basta" sorrise voltandosi verso Lucien.

La cerimonia fu breve e Anna era continuamente scossa da violenti singhiozzi. Il giorno prima era riuscita a

mantenere una calma quasi glaciale ma ora il suo muro di granito era stato abbattuto dal dolore che

dilagava in lei senza darle tregua. Era stanca, stremata. Ma al suo fianco c'era Michael, il suo amore. Non

poteva dire con certezza di non amare Daniel, ma lui era destinato ad un'altra persona e l'amore per Michael

era sincero e soprattutto ricambiato. Perchè sprecarlo? In quel momento desiderava solo sentire la sua mano

stretta attorno alle sue. Lei poteva stringerle, quasi stritolarle senza fare alcun male al suo compagno.

"Sta tranquilla. Adam adesso riposa in pace"

Quale miglior conforto se non le parole pronunciate direttamente da un angelo?

Anna fu l'ultima a posare una rosa bianca - colore preferito di Adam - sulla tomba del nonno. Versò un'ultima

lacrima.

"Ti voglio bene, grazie per esserti preso cura di me. E scusami se a volte ti ho fatto arrabbiare, perdonami"

"Non devi sentirti in colpa, Anna".

Era stato Lucien a pronunciare quelle parole.

"Lui lo sa che gli vuoi bene e chi non fa del male alle persone che ama? Semmai ce ne fosse stato bisogno

sono sicuro che ti avrà già perdonata. Liberati da questo peso, non portarti sul cuore un macigno che non

meriti. Non farlo"

Anna non rispose, abbracciò Lucien e pianse stringendolo sempre più forte. Era finalmente riuscita a sfogarsi

e si sentiva davvero più leggera.

"Gli angeli veglieranno su di te, stanne certa"

Lucien volse lo sguardo in direzione di Michael che se ne stava un pò in disparte e gli sorrise.

"Mi raccomando. La affidiamo a te, è nelle tue mani. Amala ogni giorno, fino a quando avrete la possibilità di

stare insieme"

"Lo farò. Non dubitarne. Mai". Il tono usato da Michael convinse Lucien il quale ebbe la certezza che lui se

ne sarebbe preso cura e non l'avrebbe mai lasciata, che avrebbe fatto di tutto per creare per loro due

un'eternità fatta solo di amore ed armonia. E non c'era bisogno di Dio per ottenere tutto ciò. Bastavano solo

buona volontà e amore. Senza quello nulla sarebbe stato possibile. E' sempre l'amore che risolve tutto, altra

cosa di cui non avrebbe mai dubitato. Mai.

Passarono giorni, settimane. E Daniel e Lucien non smettevano mai di amarsi.

Una sera mentre i genitori di Lucien, insieme ai gemelli, andavano ad uno spettacolo teatrale Daniel e Lucien

rimasero soli in casa.

"Ho pensato ad una cenetta romantica" annunciò quel pomeriggio Lucien.

"Uh, non me la perderei per niente al mondo" disse Daniel sorridendo maliziosamente.

"Il pesce è sublime" disse Daniel mentre si ripuliva la bocca con un fazzoletto. Lo appallottolò e fece

"canestro" nel cestino.

"Sono contento che la cena sia stata di tuo gradimento"

"Merito della buona compagnia"

Lucien si alzò dalla tavola e gli porse la mano "Vieni come"

Daniel la guardò per un attimo e poi si lasciò trascinare da Lucien che lo condusse in camera da letto.

Si sedette sul letto, aprì un comodino ed estrasse una scatola di forma rettangolare blu.

"E' per te" disse Lucien porgendogliela

"Per me? Oh, bè grazie". Quando la aprì si ritrovò davanti agli occhi una bellissima collana d'oro che

terminava in una bellissima chiave.

"Perchè solo tu puoi aprire il mio cuore" disse Lucien mostrando a sua volta una collana che già portava al

collo, ma aveva nascosto sotto la camicia. La collana era simile a quella di Daniel, ma non vi era una chiave,

ma bensì un piccolo cuore d'oro.

"Te l'ho già detto che ti amo, Lucien?"

"Si, tante volte. E non mi stancherò mai di sentirtelo dire, lo sai vero?"

Si baciarono e poi Lucien allacciò la collana al collo di Daniel. "E' perfetta"

Quando Daniel si voltò le loro labbra erano vicinissime e Daniel ci mise poco a distruggere la distanza che li

separava dal baciarsi.

Le loro labbra si unirono come se fossero state create per questo. Per non separarsi mai.

Il bacio fu languido, dolce, carico di passione, di amore. Le mani freneticamente cercavano i capelli da

accarezzare. Lucien spostò le labbra e iniziò a baciargli il mento, sino a scendere lungo la gola, baciandogli

infine il collo.

Daniel gemette di piacere. Gli prese il volto tra le mani e lo guidò verso il letto ed iniziò a spogliarlo. Ormai

privi dei vestiti e di inibizioni, per la prima volta, stavano facendo l'amore. Daniel si mise sopra di lui e

ricambiò i baci.

Il mondo fuori, era dimenticato. Non esisteva più. C'erano solo loro due.

L'unico accessorio che non tolsero furono le collane che si incrociavano sbattendo l'una con l'altra.

Daniel e Lucien non riuscivano a smettere di sussurrarsi "Ti amo". Poichè era vero, e la verità ha bisogno di

essere detta, più e più volte.

La mattina seguente, Daniel dormiva a pancia in su e il lenzuolo lo copriva poco lasciando gran parte del suo

corpo scoperto che baciato dal sole sembrava brillare.

Lucien si era già svegliato e non faceva altro che ammirare quello spettacolo.

Percorse la colonna vertebrale di Daniel con un dito provocandogli un brivido. Si appoggiò sulla sua schiena

e gli baciò il collo sussurrandogli parole dolci all'orecchio.

Daniel si svegliò sorridendo e girandosi guardò Lucien negli occhi intensamente.

"Non lasciarmi mai"

"Come potrei?" disse Lucien baciandolo.

Fecero l'amore un'altra volta fino a quando non crollarono l'uno nelle braccia dell'altro. Si risvegliarono

insieme e non aveva importanza di che ora fosse. L'importante era non separarsi. Restare così, abbracciati.

Possibilmente per sempre, per l'eternità.

Daniel era appoggiato sul petto di Lucien quando si ricordò una cosa importante. Si sollevò di scatto.

"Che succede?" chiese Lucien un pò preoccupato. Daniel lo rassicurò subito. "Nulla di cui tu debba

preoccuparti. Volevo solo dirti...Buon compleanno!"

"Oddio. Me n'ero dimenticato. Sai, è grave se mi fa dimenticare queste cose" disse e Daniel si limitò a

baciarlo.

"Ecco, ieri tu mi hai fatto un regalo" esordì Daniel portandosi le mano al petto e giocando con la bellissima

collana d'oro "Un regalo bellissimo. Spero che il mio possa piacerti quanto a me è piaciuto il tuo"

"Di te mi piace tutto, quindi anche i tuoi regali. Li amerei per il semplice fatto che me li hai fatti tu"

"Sei molto dolce, sai? Mesi fa non l'avrei neanche immaginato che dietro quella maschera di ghiaccio si

nascondesse un cuore così tenero"

"Avrai un'eternità a disposizione per conoscere di me ogni cosa, ogni minimo dettaglio"

"Non vedo l'ora"

Si scambiarono un altro bacio e insieme si alzarono dal letto, indubbiamente imbarazzati per la loro nudità.

Le guance di Daniel assunsero lo stesso colore dei suoi capelli illuminati dal sole, quindi rosso fuoco. Lucien

dopo la prima esperienza era riuscito con il tempo a limitare il rossore ma questa volta Daniel lo notò.

Entrambe risero e si vestirono.

Mano nella mano camminarono per strada, talvolta guardati in maniera quasi disgustata.

"Che vengano a dircelo in faccia che gli facciamo schifo" disse Daniel. "Li faccio pentire per bene, stronzi!"

"Calma calma. Non ti agitare. Per adesso non pensiamoci e godiamoci questa giornata"

"D'accordo" Daniel strinse più forte la mano di Lucien e il solo contatto lo pervase di un senso di pace e

tranquillità.

Camminarono per ore, girarono per la città, soffermandosi in quasi tutte le librerie e facendo acquisti proprio

li.

"E' davvero buffo leggere di noi in questi libri" disse Daniel mentre sfogliava un fantasy. "Se sapessero la

verità..."

"Credo che qualcuno ci speri davvero nella nostra esistenza. E' brutto non poterlo dire, almeno a loro"

"Già, ma non credo che sarebbe una buona mossa. Certo contro di noi nessuno può far nulla ma non mi va

di passare l'eternità ad essere perseguitato"

"Hai ragione. Dovranno accontentarsi di sognare e sperare"

"Come ogni buon lettore che si rispetti no?"

Nonostante non gli piacesse molto essere così attaccato alle cose materiali, Lucien non vedeva l'ora di

sapere quale regalo Daniel aveva scelto per lui.

"Vieni ci siamo quasi" annunciò Daniel prendendolo per mano. "Sono sicuro che ti piacerà"

"Modesto, eh?" Lucien fece un sorriso sghembo

"Un pochino, dai" sorrise Daniel.

Quando Lucien vide qual era il regalo di Daniel rimase pietrificato. Non riusciva a respirare, il cuore era a

mille. Le gambe gli tremavano e non volevano smettere, si sentiva mancare era totalmente incredulo.

Emozioni su emozioni sconvolgevano tremendamente la sua anima.

"Non è possibile.."

"Avvicinati" lo esortò Daniel.

"Sei sicuro?"

"Certo, altrimenti non ti farei mai fare una cosa del genere"

Sul terreno giaceva un corpo, sembrava che avesse le ossa rotte, i morbidi capelli biondi sembrano

galleggiare sulla superficie di un fiume, o un mare che non c'erano, non li.

Lucien la riconobbe subito.

"Mamma" disse prendendola in braccio.

"Che è successo? Com'è possibile che sia qui? L'ho vista condannarsi all'Inferno"

"E' vero, ma..."

"ma, cosa?" domandò Lucien impaziente mentre sollevava da terra la madre e delicatamente la teneva in

braccio mentre le sue mani penzolavano dal corpo.

"Prima che uscissimo insieme ricordi che ti ho detto che dovevo velocemente fare una cosa importante?"

"Si, ed io non ho chiesto perchè ho pensato si trattasse del regalo"

"Appunto" acconsentì Daniel indicando la madre che giaceva tra le sue braccia.

"Ti prego, Daniel. Non farmi diventare pazzo. Cos'è successo? Cos'hai fatto?"

"Ti dico tutto, non preoccuparti" Daniel sembrò voler prendere una boccata d'ossigeno prima di iniziare a

raccontare.

"Quando eravamo al funerale di Adam ho visto che Anna dopo avere posato la rosa sulla tomba ha anche

versato qualche lacrima che è andata a finire proprio sulla rosa. Anna si è alzata subito, incapace di restare li

ancora un secondo in più. Così non ha visto ciò che ho visto io"

"Ovvero. Daniel, cos'hai visto?" Lucien era sempre più impaziente, voleva sapere. Soprattutto capire.

"Ho riconosciuto il fiore. Non so come si chiama esattamente, deve avere uno di quei nomi scientifici

impronunciabili in latino, ma l'avevo già visto"

"Dove?"

"All'inferno, o nell'anticamera, come diavolo si chiama. Non gli avevo dato peso. Ce n'erano alcuni buttati per

terra. Ed ho ricordato che tra i fogli delle ricerche di Adam si parlava anche di questo fiore"

"Perchè io non ne ho mai saputo niente?"

"A dire il vero nessuno lo sapeva. Nei fogli c'era la descrizione, ma sembrava essere quella di un medaglione

che raffigurava un fiore. Invece era un fiore che poteva essere trovato solo grazie al medaglione. Solo il

medaglione poteva permettere di accedere ad un fiore cosi. Un fiore del "male". Un fiore infernale"

"Oggi sono tornato a casa mia, mi sono connesso su internet e ho approfondito la ricerca su questo fiore.

Ovviamente, gli umani credono che siano solo dicerie, anche perchè nessuno ne ha mai trovato uno"

"Cosa dicono queste "leggende" su questo fiore?"

"Dicono che chi lo trova, ne basta uno, versandoci sopra una lacrima può in qualche modo esprimere un

desiderio e il desiderio è stato concesso a me"

"In che modo?" chiese Lucien ormai affascinato. Pendeva dalle labbra di Daniel.

"Hai presente tutta la storia dei demoni che scelgono la compagna per l'eternità"

"Certo. Nel tuo caso Anna"

"Proprio lei. Da qualche parte esiste e continuerà ad esistere questo legame eterno che però io non voglio

condividere perchè amo te e non lei. Ho cambiato il mio destino, in un certo senso. Ma i fiori, pur avendo

questi poteri, non sono a conoscenza dei cambiamenti. Quindi anche se è stata Anna a piangerci sopra, io

che sono il suo compagno eterno posso esprimere il desiderio al suo posto. In un certo senso si pensa che il

compagno farà qualcosa per alleviare il dolore di colei che ha pianto"

"Potrebbe anche riportare in vita persone ormai defunte se lo si chiedesse?" domandò Lucien accigliato.

"Si, esatto" rispose Daniel con enfasi.

"E tu..." Lucien quasi non riusciva a parlare "Tu hai chiesto che mia madre venisse liberata dall'Inferno? Hai

fatto questo per me?" chiese Lucien con le lacrime agli occhi.

"Si, per te. Per chi altro sennò?"

"Ma Daniel.." per un attimo il tono di Lucien sembrò accusatorio poi la sua voce si ammorbidì "Avresti

potuto riavere i tuoi genitori. Perchè non hai chiesto che venissero riportati in vita?"

"Perchè amo te"

"E questo che significa"

"Che tu, la tua felicità siete più importanti di qualsiasi altra cosa al mondo"

"Oh, Daniel"

"E.."

"E, cosa?"

"Sai come ha fatto il fiore infernale a finire nelle mani di Anna?" Daniel non aspettò che Lucien dicesse No "è

stata proprio tua madre. Lo ha dato lei a Michael, lei sapeva che lui non era più schiavo degli ordini di

Lucifero, Michael aveva trovato il coraggio di confessare una cosa simile alla compagna di Lucifero. Lei lo

aveva trovato un giorno per strada e gli aveva rivelato la sua identità. Quando lui l'aveva condotta li, lei

aveva strappato alcuni fiori dall'albero che si trova in una specie di serra"

"E perchè non me l'ha detto? E nemmeno Michael l'ha fatto? Se il fiore fosse finito nella tomba e tu non

l'avessi visto?"

"Michael non poteva dirmelo, perchè se fossi venuto a conoscenza dell'esistenza del fiore dodici ore prima di

quelle previste affinchè i "poteri" si attivino, non avrebbe avuto alcun effetto. Michael sapeva ma non poteva

dirlo al diretto interessato. Ad ogni modo è stato lui a portarmi vicino Anna mentre posava il fiore sulla bara

di Adam. Era impossibile non notare una cosa simile"

"Adesso è tutto chiaro. Ma avresti dovuto esprimere un altro desiderio"

"No, Lucien. Io voglio la tua felicità. E tu per essere felice hai bisogno di tua madre"

"E di te, Daniel. Non dimenticarlo"

"No, non potrei mai. Ma lei è una parte importante, in cuor tuo l'hai sempre cercata e io ho visto come la

guardavi, con quanto amore covato per anni, ed ho capito che ti sarebbe saperla presente nella tua vita. E la

mia felicità dipende dalla tua. Sei felice tu? Lo sono anche io"

"Almeno lei sarebbe stata viva, anche se rinchiusa nell'inferno"

"Lucien" Daniel si avvicinò "Io ho avuto modo di vivere con i miei genitori per sedici anni"

"Anche io ho dei genitori"

"Non è la stessa cosa di sentire quel legame profondo che può unire solo due persone così vicine"

"Daniel..."

"No, Lucien. Non dire altro. Ho preso questa decisione e non me ne pento.

"Sei unico, davvero" Lucien pianse "Senza di te nulla avrebbe senso"

Daniel gli accarezzò il viso "Ho saputo dove avrei potuto trovare tua madre, l'ho messa qui al sicuro così

nessuno l'avrebbe vista. Purtroppo non è ancora conoscente. Portiamola a casa tua, così li potrà riposare e

risvegliarsi con te accanto"

Lucien guardò sua madre. Anche in quelle condizioni era bellissima. Ed era felicissimo di riaverla. Guardò

Daniel e pensò che mani nessuno, nè Lucifero nè Dio, sarebbe riuscito a dar vita a nessun'altra creatura

meravigliosa come quella che aveva davanti.

Così portarono Christine a casa di Lucien.

Anche la madre adottiva pianse molto e si commosse davanti alle parole di Daniel. E comprese che per suo

figlio non ci sarebbe stata altra scelta migliore e lo abbracciò. "Sei straordinario" gli disse.

"No" rispose lui "Sono solo innamorato follemente"

"Che Dio.., no meglio lasciar perdere la benedizione" finalmente si concesse un sorriso.

Christine si risvegliò il giorno dopo, in uno strano morbido e comodo letto.

Accanto a se vide suo figlio e un giovane demone. Lucien gli teneva la mano e la accarezzava i capelli.

Daniel, aspettava impaziente che la donna si svegliasse.

"Buongiorno, mamma"

Per un attimo sembrò spaesata ma poi ricordò chi era ma non come fosse arrivata li.

"Lucifero?"

"Non è il caso di preoccuparsi di lui, adesso" rispose Lucien.

"Come ho fatto ad arrivare qui?"

"E' una lunga storia. Te la racconteremo".

Daniel annuì e Lucien proseguì "ti dico già che non sei più condannata, sei libera. Libera di essere mia

madre"

"Oh tesoro" si sollevò leggermente baciandogli una guancia "Sono così felice"

Daniel e Lucien riuscirono in breve a raccontarle ogni dettaglio di quell'assurda storia. Ne fu felice e triste per

Daniel che aveva sacrificato la possibilità di riavere i suoi genitori vivi per poter permettere a Lucien di

riabbracciare sua madre e poter contare sulla sua presenza. Era davvero straordinario, e da come suo figlio

lo guardava capì che tra i due c'era del tenero e ne fu felice. Erano davvero una bella coppia.

Poco prima che Lucien uscisse dalla camera per farla riposare ancora un pò lei lo chiamò e lui

immediatamente si volse verso di lei.

"Buon compleanno, amore mio"

Lui sorrise e arrosì questa volta lasciando che il rossore gli imporporasse il viso. "Grazie"

Dopo alcuni giorni Christine ritornò ad essere attiva come sempre. Era riuscita anche a fare - seppur in

ritardo - un regalo a Lucien. Aveva optato per un orologio che Lucien sicuramente non avrebbe mai più tolto

dal suo polso. Ma la cosa più importante era che quel regalo gliel'aveva fatto sua madre. La madre che lo

aveva messo al mondo.

Riuscirono a trovarle una cosa li vicino e lei promise, senza che comunque nessuno le avesse chiesto una

cosa simile, che non sarebbe stata appiccicosa come avrebbero potuto credere. Aveva un immenso rispetto

per quella donna (e suo marito, ovviamente) che si era presa cura di suo figlio in tutti quegli anni pur

conoscendo il suo oscuro segreto.

In ogni caso Daniel e Lucien decisero poco tempo dopo di andare a vivere insieme. A casa di Daniel.

"Ne sei sicuro?" chiese Lucien.

"Certamente" rispose Daniel "Questa casa ha bisogno di vita. Di amore" e si mise a guardare tutte le sue

foto con i genitori. "Loro avrebbero voluto così, ne sono certo"

Lucien lo abbracciò avvolgendolo.

"Ti amo Daniel"

"Ti amo Lucien"

"Non dimenticarlo"

"Avrai un'eternità per ricordarmelo, non temere".

FINE.