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1
Benito Calonego
LL EE PP II ÙÙ BB EE LL LL EE PP OO EE SS II EE
DD ’’ AA MM OO RR EE
DD AA TT UU TT TT OO II LL MM OO NN DD OO
(142 testi poetici)
L’amore è una grazia. (Susanna Agnelli)
3
INDICE
Ho accolto tra le poesie alcuni testi di canzoni in rappresentanza di un immenso repertorio
popolare che, nei modi e nelle forme che gli sono peculiari, dà una valida risposta al naturale e
insopprimibile bisogno di poesia.
Sono contrassegnate con un asterisco * i testi di immediata suggestione e presa emotiva.
ANONIMO SUMERO Canto d’amore pag. 7
ANONIMO EGIZIO Lamento di Iside 9
ANONIMO EBREO La bellezza della sposa 10
SU WU *A sua moglie 12
SAFFO Un dio mi sembra l’uomo 13
*A Gòngila 14
Vorrei veramente essere morta 15
CATULLO *Viviamo mia Lesbia ed amiamo 17
Povero Catullo basta con le follie 18
Odio e amo 19
QAYS Risplendi o Laylà 20
WALLADA Torneremo insieme? 22
DANTE ALIGHIERI Tanto gentile 23
FRANCESCO PETRARCA Chiare fresche e dolci acque 24
LOUISE LABÉ Deh s’io potessi vivere 25
WILLIAM SHAKESPEARE Sonetto LXXV 26
ANTON MARIA LAMBERTI La biondina in gondoeta 27
ELIZABETH B. BROWNING È vero il grande amore 28
GIOSUE CARDUCCI I voti dell’amore 30
Panteismo 31
Qui regna amore 32
Primavera classica 33
ABORIGENI AUSTRALIANI Canto d’amore 35
INDIANI D’AMERICA *Risveglio 36
*Invito notturno 37
Bellezza della mia donna 39
DONNA PIGMEA *Compianto funebre 40
ANONIMO GIAPPONESE *Dolore 41
JOHANN WOLFGANG VON GOETHE Or quale amica sua ti vedo apparirmi 42
Faustina 43
Sempre tra le mie braccia 44
HEINRICH HEINE Lungi lungi 45
TAGORE *Il tuo amore 46
La storia dei nostri cuori 47
Un tocco fugace 48
I lacci della tua dolcezza 49
GABRIELE D’ANNUNZIO La figlia di Iorio (estratto) 50
EDGAR LEE MASTERS Paul McNeely 53
APOLLINAIRE Mia Lou stasera m'accuccerò
nelle trincee 54
Piccola Lou malgrado tutto conosco
la tua dolcezza . 55
JUAN RAMON JIMENEZ Ti riconobbi, perché guardando
l'orma 56
*Bacio d’amore 57
Taci! Gusta lo zenit 58
Rampicanti pag. 59
Nel nostro amore, la pena e la gioia 60
Non spegnere la luce... 61
4
UMBERTO SABA Guarda là quella vezzosa 62
*Bocca 63
Ed amai nuovamente e fu di Lina 64
*Sovrumana dolcezza 65
Amore 66
L'autunno 67
VINCENZO CARDARELLI *Attesa 68
DIEGO VALERI *Milano 69
Che abbiamo fatto, amore? 70
Rose rosse 71
non levar gli occhi 72
Sequenza per un'ombra 73
(Grazie dei fior) 74
GIUSEPPE UNGARETTI Dove la luce 75
BIAGIO MARIN Passa pei vogi tovi 77
AHMAD ZAKI ABU SHADI Eterna unione 78
VLADIMIR MAJAKOVSKIJ Liliska! 79
Marina da guerra in amore 81
LOUIS ARAGON Le mani di Elsa 82
Elsa allo specchio 83
JACQUES PREVERT *I ragazzi che si amano 84
*Tre fiammiferi (Paris at night) 85
*Alicante 86
Il giardino 87
*Sabbie mobili 88
Per te amore mio 89
*Barbara 90
Prima colazione 92
NAZIM HIKMET *Anima mia 93
Benvenuta, donna mia 94
I tuoi occhi 9 5
Sono cent'anni 9 6
La mia donna è venuta con me 97
RAYMOND QUENEAU L’uomo del tramvai 98
(Rose rosse) 99
PABLO NERUDA Sonetto XI 100
Sonetto XII 101
Sonetto XLVII 102
Sonetto LXXXIX 103
*In te la terra 104
*Se tu mi dimentichi 105
WYSTAN H.. AUDEN Blues in memoria 107
ARSENIJ A. TARKOVSKIJ I primi incontri 108
CESARE PAVESE *You, wind of March 110
*La luce dei tuoi occhi 112
ATTILIO BERTOLUCCI La neve 113
La fidanzata 114
Le farfalle 115
ANNA MARIA ORTESE Mentre mio padre moriva ti vidi
per la prima volta 117
PIERRE DELANOE *Et maintenant (E adesso) 118
GEORGES BRASSENS Nell’acqua della chiara fontana 119
MARGHERITA GUIDACCI *Prima del nostro incontro 120
*E’ come una mancanza di respiro 121
PINO RUFFO Natura morta 123
BLAGA DIMITROVA *Abbraccio 124
*Notti bianche 125
*Mattino 126
5
Senza amore 127
GERVASIO BELLINATO *Lettere alla moglie 128
WISLAWA SZIMBORSKA Accanto a un bicchiere di vino 130
AUTORE SCONOSCIUTO *Anello nuziale 131
GIORGIO CALABRESE *E se domani 132
ADONIS Uno specchio per Khàlida 133
ALDA MERINI Quando tu non ci sei 134
*Lettere 135
*Genesi 136
GINO PAOLI *Il cielo in una stanza 137
MUHAMMAD AL-MAGHUT Malinconia al chiaro di luna 138
MOGOL *Acqua azzurra acqua chiara 139
UNSI ‘L-HAGG Dialogo 141
BELLA ACHMADÙLINA *La tua casa 142
Io pensavo che tu eri il mio nemico 144
BIANCAMARIA FRABOTTA Quasi che il sonno l'uno all'altra 145
ELENA CLEMENTELLI Storia d'amore 146
Duello al tramonto 147
MOGOL *L’immensità 148
SEAMUS HEANEY Commiato 149
FABRIZIO DE ANDRÈ *Marinella 150
MARIANNA BUCCHICH L’intrusa 151
Il tempo dei desideri 152
VALERIO NEGRINI Infiniti noi 153
RENATO ZERO I migliori anni della nostra vita 154
ANTONIO GIAROLA Sei il mio fiore 155
MARIA TERESA MANCINI Ancora non ti conosco 156
Il sentiero del vento 157
Tremava l’ombra 158
CLAUDIO BAGLIONI *Questo piccolo grande amore 159
CARLA BARONI *XI Venere vedi come sei malvagia 161
XXI Sì fummo i soli esseri del tempo 162
XXIXIo ricordo che non ti dissi t'amo 163
L Mi son svegliata, ero nel mio letto. 164
ENRICO RUGGERI *Quello che le donne non dicono 165
6
La felicità è amore, nient'altro. (Hermann Hesse)
7
SPOSA SUMERA DEL 2000 a. C.
Con il canto di una sposa felice si aprono queste pagine di poesia
d’amore. Per una fortunata coincidenza queste parole d'amore e di felicità si
presentano agli esordi della civiltà quasi come un riflesso d'un amore coniugale
quale dovette essere, se mai fu, quello di chi visse nell'Eden.
Fu cantato da una sposa per il proprio marito, il re Shu-Sin, che fu
signore del paese di Sumer circa quattromila anni fa.
Canto d'amore
Sposo, caro al mio cuore,
grande è la tua bellezza, dolce come il miele,
leone1, caro al mio cuore,
grande è la tua bellezza, dolce come il miele.
Tu mi hai affascinata, lascia che io resti tremante davanti a te;
sposo, io vorrei essere condotta da te nella camera da letto.
Tu mi hai affascinata, lascia che io resti tremante davanti a te,
leone, io vorrei essere condotta da te nella camera da letto.
Sposo, lascia che ti accarezzi;
la mia carezza sapiente è piú saporosa del miele,
nella camera, colma di miele,
godiamo della tua stupenda bellezza.
Leone, lascia che ti accarezzi,
la mia carezza sapiente è piú saporosa del miele.
Sposo, tu hai preso piacere da me:
dillo a mia madre, e lei ti offrirà leccornìe,
dillo a mio padre e lui ti offrirà dei doni.
La tua anima, io so dove allietare la tua anima;
sposo, dormi nella nostra casa fino all'alba,
il tuo cuore, io so dove rallegrare il tuo cuore;
leone, dormi nella nostra casa fino all'alba.
Tu, poiché mi ami,
dammi, ti prego, le tue carezze,
mio signore dio, mio signore protettore,
mio Shu-Sin che rallegri il cuore di Enil,
dammi, ti prego, le tue carezze.
1. Metafora: forte come un leone
(Da CARLO LAPUCCI, CANZONIERE DELL’AMORE CONIUGALE, ED. CAPPELLI)
8
ANONIMO EGIZIO DEL 1000 a. C.
(Testo rituale egizio che faceva parte della liturgia nella celebrazione del culto
della dea Iside)
LAMENTO DI ISIDE
Vieni a casa tua, vieni a casa tua, o dio On !*
Vieni a casa tua, tu che non hai nemici.
O bel giovane vieni a casa tua per vedermi.
Io sono la tua sorella che tu ami: tu non devi scostarti da me.
O bel ragazzo, vieni a casa tua.
Io non ti vedo ed i miei occhi ti desiderano.
Vieni a quella che ti ama, Wennofre, tu beato !
Vieni alla tua sorella, vieni alla tua consorte, tu stanco di cuore.
Vieni alla signora della tua casa.
Io sono la tua sorella della tua stessa madre,
tu non devi stare lontano da me.
Gli dei e gli uomini hanno vòlto a te il loro viso
e ti piangono insieme.
Io ti chiamo e piango, che s'oda fino al cielo.
Ma tu non odi la mia voce;
eppure io sono la tua sorella che amavi sulla terra:
tu non amavi nessuna all'infuori di me, fratello mio, fratello mio!
*Osiride, marito della dea Iside
(Da CARLO LAPUCCI, CANZONIERE DELL’AMORE CONIUGALE, ED. CAPPELLI)
9
ANONIMO DELL’ANTICO TESTAMENTO
La bellezza della sposa
LO SPOSO
Bella, tutta sei bella, amica mia,
non c'è difetto in te.
Vieni con me dal Libano, sposa mia,
vieni, vieni dal Libano.
Scendi dalla vetta dell'Amana,
dalle cime del Senir e dell'Hermon,
dalle tane dei leoni,
dai monti dei leopardi.
Mi hai fatto impazzire, sposa mia, sorella,
con un solo sguardo mi hai fatto impazzire,
con una sola perla del tuo collo.
Come è dolce il tuo amore, sposa mia, sorella,
piú inebriante 'del vino è il tuo amore
e la fragranza del tuo profumo
il piú soave degli aromi.
Stillano miele le tue labbra, sposa mia,
miele e latte la tua lingua
e profumo del Libano impregna le tue vesti.
Tu sei un giardino recinto, sposa mia, sorella,
una sorgente chiusa, una fonte sigillata.
I tuoi germogli un orto di melograni,
di alberi con frutti squisiti
di fiori di Cipro, di nardo,
nardo e croco, cannella e cinnamomo,
di tutti gli alberi d'incenso,
di mirra e d'aloè
con gli aromi piú delicati.
Una fontana di giardino,
una polla d'acqua viva,
un ruscello che scende dal Libano.
10
LA SPOSA
Levati aquilone1, vieni austro
2,
spira nel mio giardino,
cola il tuo balsamo.
Entri il mio amore nel suo giardino
a gustare la delizia dei suoi frutti.
(1
- 2 sono vènti.)
(Dal CANTO DEI CANTICI, In <<CARLO LAPUCCI, CANZONIERE DELL’AMORE CONIUGALE, ED.
CAPPELLI>>)
11
SU WU (Poeta cinese vissuto tra il primo e il secondo secolo a.C.)
A sua moglie
Dacché intrecciammo i capelli e fummo sposi
Il nostro amore non fu spezzato da dubbi.
Restiamo dunque allegri per questa notte
tra feste e giochi; finché il buon tempo dura.
A un tratto mi torna in mente la via da percorrere,
balzo dal letto e m'affaccio sul davanzale.
Le stelle e i pianeti sono tutti sbiaditi nel cielo,
lunga, lunga è la strada – non posso restare.
Vado a servire sul campo di battaglia
senza sapere quando ritornerò.
Ti tengo la mano; con solo un profondo sospiro -
piú tardi il pianto – quando saremo divisi.
Goditi intanto i fiori di primavera
ma non scordare il nostro tempo d'amore.
Sappi che se son vivo ritornerò,
se muoio saremo ancor nel pensiero uniti.
(Da CARLO LAPUCCI, CANZONIERE DELL’AMORE CONIUGALE, ED. CAPPELLI)
12
SAFFO (poetessa greca del VII – VI sec. av. Cristo)
Un dio mi sembra l’uomo
Un dio mi sembra l’uomo che seduto
di fronte a te t’ascolta già rapito
mentre tu parli dolcemente, e ridi
d’ugual dolcezza.
Questo mi fa balzare in petto il cuore;
così ogni volta che ti vedo , voce
alle labbra non sale, ma la lingua
ecco si spezza
ed un fuoco sottile per la pelle
serpeggia e d’improvviso più non vedo
nulla cogli occhi, e paiono le orecchie
sorde rombare,
sudore freddo avvolge le mie membra,
un tremito mi scuote, e più dell’erba
verde divento, e non lungi da morte
esser mi pare...
13
SAFFO (poetessa greca del VII – VI sec. av. Cristo)
A Gòngila
O mia Gòngila, ti prego:
metti la tunica bianchissima
e vieni a me davanti: intorno a te
muovi desiderio d'amore.
Cosí adorna, fai tremare chi guarda;
e io ne godo, perché la tua bellezza
rimprovera Afrodite.
(Da SALVATORE QUASIMODO, LIRICI GRECI, BMM MONDADORI)
14
SAFFO (poetessa greca del VII – VI sec. av. Cristo)
Vorrei veramente essere morta
Vorrei veramente essere morta.
Essa lasciandomi piangendo forte,
mi disse: « Quanto ci è dato soffrire,
o Saffo: contro mia voglia
io devo abbandonarti. »
« Allontanati felice » risposi
« ma ricorda che fui di te
sempre amorosa.
Ma se tu dimenticherai
(e tu dimentichi!) io, voglio ricordare
i nostri celesti patimenti:
le molte ghirlande di viole e rose
che a me vicina, sul grembo
intrecciasti col timo;
i vezzi di leggiadre corolle
che mi chiudesti intorno
al delicato collo;
e l 'olio da re, forte di fiori,
che la tua mano lisciava
sulla lucida pelle;
e i molli letti
dove alle tenere fanciulle joniche
nasceva amore della tua bellezza.
Non un canto di coro,
né sacro, né inno nuziale
si levava senza le nostre voci;
e non il bosco dove a primavera
il suono... »
(Da SALVATORE QUASIMODO, LIRICI GRECI, BMM MONDADORI)
15
GAIO VALERIO CATULLO (87-54 a.C.)
Viviamo, mia Lesbia, ed amiamo,
Viviamo, mia Lesbia, ed amiamo,
e ogni mormorio perfido dei vecchi
valga per noi la più vile moneta.
Il giorno può morire e poi risorgere,
ma quando muore il nostro breve giorno,
una notte infinita dormiremo.
Tu dammi mille baci, e quindi cento,
poi dammene altri mille, e quindi cento,
quindi mille continui, e quindi cento.
E quando poi saranno mille e mille,
nasconderemo il loro vero numero,
che non getti il malocchio l’invidioso
per un numero di baci così alto.
(Da VALERIO CATULLO, CANTI, TRAD. SALVATORE QUASIMODO, ED.
MONDADORI)
16
GAIO VALERIO CATULLO (87-54 a.C.)
Povero Catullo, basta con le follie
Povero Catullo, basta con le follie,
ciò ch'è finito, convinciti, è finito!
Un tempo brillarono per te limpidi giorni,
quando correvi dove voleva la fanciulla
da te amata come nessuna sarà mai amata.
E là, quante dolcezze nei giochi d'amore,
che tu volevi, allora, e lei non rifiutava.
Davvero brillarono per te limpidi giorni!
Ma ora non vuole piú, e tu cerca di vincerti,
e mostrati indifferente come lei,
e non seguire i suoi passi se ti fugge,
e non tormentarti piú, ma, ostinato, resisti.
Addio, fanciulla, ormai Catullo è deciso,
non tornerà a cercarti, non ti vuole per forza.
Ma tu soffrirai, se non sei desiderata.
Ti pentirai, perfida! Che vita sarà la tua?
Chi, ora, verrà da te? E per chi sarai bella?
E chi amerai? E di chi si dirà che tu sei?
Chi bacerai? A chi morderai le labbra?
Ma tu, Catullo, ostinato, resisti.
(Da VALERIO CATULLO, CANTI, TRAD. SALVATORE QUASIMODO, ED.
MONDADORI)
17
GAIO VALERIO CATULLO (87-54 a.C.)
Odio e amo
Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile;
non so, ma è proprio così, e mi tormento.
(Da VALERIO CATULLO, CANTI, TRAD. SALVATORE QUASIMODO, ED.
MONDADORI)
18
QAYS (poeta arabo VII secolo)
<<La storia d'amore tra il poeta Qays e sua cugina Laylà è divenuta una
leggenda tramandata nei secoli.
II giovane Qays s'innamorò di sua cugina Laylà e incominciò a scriverle dei versi
d'amore. Un giorno l'incauto innamorato, in preda all'entusiasmo della passione,
annunciò pubblicamente l'identità della sua amata, trasgredendo così una norma
di discrezione della società beduina che vietava l'ostentazione dei propri
sentimenti in pubblico e la dichiarazione del nome della persona amata. La storia
d'amore si mutò in tragedia: la dichiarazione di Qays compromise l'onore di
Laylà, la quale venne ritenuta haràm, «proibita». Solo un altro uomo che,
sposando legittimamente Laylà, l'avesse dichiarata pura, avrebbe potuto
dissipare ogni sospetto sull'integrità della fanciulla. Laylà andò pertanto in sposa
a un altro uomo, mentre il giovane Qays cominciò a errare nel deserto,
conducendo una vita solitaria, e sfogò nella composizione di poesie la sua
passione mai esaurita. >>
Risplendi o Laylà
Risplendi, o Laylà, quando ormai è l'ora
che all'orizzonte già cala la luna.
Sorgi, quando nel ciel tarda l'aurora:
la luce e i raggi che il sole aduna
splendono in te ma il sole non ricuce
col filo dei tuoi denti il tuo sorriso.
Di luna e sole insieme tu hai la luce,
essi non hanno gli occhi che ha il tuo viso.
Se hai tu della luna il bianco brillante,
essa non ha il tuo collo né il tuo seno,
e il sole mattiniero, sì splendente,
non ha il tuo sguardo, di languore pieno.
Donde esso mai potrebbe trarlo seco?
donde trarrebbe la grazia infinita
di Laylà, quando, il volto chino e sbieco,
ha gli occhi di un'antilope impaurita?
Non so se il suo sorriso non somigli
di più, con i suoi bianchi denti ascosi,
di GarWal-Muradayri' ai noti gigli
20 o a ricche perle, gioielli preziosi.
19
Ed è tanto gentile la mia amica,
sì delicata e dalle carni belle,
che se solo la sfiora una formica
le lascia impresso un segno sulla pelle.
Ed è il suo incedere sì delicato,
che con piccoli passi ella s'avanza,
serrati che le si misura il fiato,
graziosi che somigliano a una danza.
Ed è sì debole che se si china,
30 ella, con grazia e tenerezza enorme,
teme-che la sua taglia troppo fina
dei fianchi lasci intraveder le forme.
Mamma gazzella ormai più non si cura,
ché al materno zelo non ritorna,
del cucciolo dalla zampa insicura,
che presso al-'Aqìqayn 2 vive e soggiorna.
Ma del terreno umido ed ameno
la primavera lo splendor ravviva,
così da un nembo già carico e pieno
la prima pioggia finalmente arriva.
Nei pressi delle alture di Laylà, una sera
facciamo sosta sulle lande riarse
lì dove il suo accampamento era,
ma le cui tracce sono ormai scomparse.
La nuvola rigonfia d'acqua gronda
due piogge sopra il campo abbandonato:
la prima mattutina, e la seconda
mentre partiamo, al suono di un boato.
Sopra il prato di lavanda
soffia la brezza, e sopra i fiori aulenti,
e ovunque intorno, e sull'intera landa
verdeggiano le foglie rilucenti.
Già sul fare della sera
sentiamo dei profumi in lontananza
' Luogo rinomato per una sorgente d'acqua.
che, poi che viene ormai la notte nera,
si fondono in un'unica fragranza.
Oscillano di Laylà gli occhi lassi,
come chi con fatica passa un ponte:
20
ella non sa se invertire i passi
60 o delle mandrie se seguir le impronte.
Ma, devo dir, la cosa sua più bella,
che più di tutto ispira in me il desio,
è quando, nel durar del viaggio, ella
si volta, ed il suo sguardo incrocia il mio
e sul mio volto languido si posa
ed i miei occhi piangono d'amore,
dalle palpebre mie stillano a iosa
lucide perle colme di languore.
Sol la sua luce ho visto, solo questa,
70 solo il suo occhio luminoso e bruno,
ma dell'accampamento ciò che resta
non vidi, e ora non ho ricordo alcuno.
Gli occhi incavati e la polvere in faccia,
per darle aiuto ogni donna anziana
solleva Laylà sulle proprie braccia
per porla poi, piangente, in carovana.
Sempre lodato son per la pazienza
con cui sopporto questa sofferenza
ma per la passione in me non v'è pazienza.
(Trad. R. La Scaleia)
21
WALLADA (poeta arabo, Cordova ? - 1091)
Torneremo insieme?
Torneremo insieme dopo la separazione?
Tutti gli innamorati piangono le loro pene!
Le ore dell'incontro invernale veloci son passate,
su ardenti braci di desiderio sono consumata!
Altro non potrebbe essere: da te sono separata!
Quel che temevo il rapido destino mi ha portato!
Passano le notti, ma la separazione è infinita;
schiava di passione neanche la pazienza mi ha liberata.
Che Dio asperga la terra che ti ha rifugiato
con piogge abbondanti e copiosamente versate!
(Trad. L. Bariani)
22
DANTE ALIGHIERI (1265-1321)
Tanto gentile e tanto onesta pare
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ’ntender no la può chi no la prova:
e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.
23
FRANCESCO PETRARCA (1304-1374)
Chiare, fresche e dolci acque
Chiare, fresche e dolci acque,
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo ove piacque
(con sospir' mi rimembra)
a lei di fare al bel fianco colonna;
erba e fior' che la gonna
leggiadra ricoverse
co l'angelico seno;
aere sacro, sereno,
ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse:
date udïenza insieme
a le dolenti mie parole estreme.
...................................................
Da' be' rami scendea
(dolce ne la memoria)
una pioggia di fior' sovra 'l suo grembo;
ed ella si sedea
umile in tanta gloria,
coverta già de l'amoroso nembo.
Qual fior cadea sul lembo,
qual su le treccie bionde,
ch'oro forbito e perle
eran quel dí a vederle;
qual si posava in terra, e qual su l'onde;
qual con un vago errore
girando parea dir: - Qui regna Amore. –
………………………………….
24
LOUISE LABÉ (Poetessa francese 1524 – 1566)
Deh, s’io potessi vivere
Deh, s’io potessi vivere fin da oggi,
domani e sempre, tra le sole braccia
dell’uomo amato, e s’egli mi dicesse
stringendomi al suo petto: O amica cara,
amiamoci fra noi, ben soddisfatti
l’uno dell’altra, senza che più nulla
possa in vita dividerci ; se, al colmo
del possesso tra noi, mentre lo tengo
stretto al pari dell’edera e del fusto,
la morte invidiosa ci strappasse
l’uno all’altra per sempre, allora, al colmo
dei nostri amplessi, esalerei lo spirito
mio sulle labbra sue, fino a morirne
d’una felicità che non ha nome.
25
WILLIAM SHAKESPEARE (1564-1616)
LXXV
Tu sei per i miei pensieri come il cibo per la vita,
o come per la terra le dolci piogge di primavera,
e per amor tuo sostengo una lotta
come l'avaro con le sue ricchezze:
Ora orgoglioso possessore, e quindi
affranto che i tempi ladri gli rubino il suo tesoro;
ora contando solo di stare con te, e ora preferendo
che anche altri partecipino delle mie conquiste;
Qualche volta deliziato della tu vista,
e poco dopo affamato di un tuo sguardo;
non possedendo né cercando altra gioia
che quella che tu dai o che da te io spero.
E così, giorno dopo giorno, languisco e sono sazio,
di tutto disponendo, e tutto desiderando.
26
ANTON MARIA LAMBERTI (poeta veneziano 1757-1832)
La biondina in gondoeta
La biondina in gondoeta
l’altra sera gò menà,
dal piasser la povareta
la s’ha in boto indormensà.
La dormiva su ‘sto brasso,
mì ogni tanto la svegiava,
mì ogni tanto la svegiava.
E a barca che ninava
la tornava a indormensar,
e a barca che ninava
la tornava a indormensar.
Contemplando fisso, fisso,
‘e fatesse del mio ben,
quel visetto cussì slisso,
quea bocca e quel bel sen
mi sentiva dentro al petto
una smania, un missiamento,
una smania, un missiamento.
Una specie de contento
che no' so come spiegar,
una specie de contento
che no' so come spiegar.
Mò stufà, oh finalmente,
de sto tanto so' dormir,
e gò fato da insoente,
no m' 'ò vudo da pentir.
Perchè, Oddio, che bee cose
ghe go dito e ghe go fato,
ghe go dito e ghe go fato.
No, mai più tanto beato
ai me zorni no so stà.
No, mai più tanto beato
ai me zorni no so stà.
27
ELIZABETH BARRETT BROWNING (Poetessa inglese 1806 – 1861)
È vero, il grande amore
È vero, il grande amore che è mio vanto,
dal petto risalendomi alla fronte,
con un tale rubino mi incorona,
che gli occhi degli uomini cattura,
e misura l'intimo valore. Questo amore,
unico mio pregio, non avrei, se l'esempio
tu non mi avessi dato, insegnandomi
come: quando il tuo schietto sguardo
il mio ebbe incrociato e amore dall'amore
ha chiamato. Non posso quindi dire che
amore sia cosa mia; l'anima stanca e fragile
hai rapita, posandola con te su un trono
d'oro. E se amo, (oh, anima, umili siamo!)
è per te solo, il solo che io amo.
28
GIOSUE CARDUCCI (1835 – 1907)
Poesia giovanile, composta a soli 18 anni.
I voti de l'amore
Canto tirolese imitato in lingua toscana
Ogni gioia per me nel mondo è morta
poi che lontano dimoro allo mio amore.
Se le potessi aprire il duol che porta,
alcuna medicina avrebbe il cuore.
Fortunato usignol che sai volare,
ti piaccia di volerla salutare:
voglile dire per tua cortesia
che s’arricordi d'esser sempre mia.
Orefice che stai a la finestra,
lavora in oro schietto un anellino,
in oro schietto color di ginestra
che lo possa infilare un bel ditino,
un bel ditino sottile sottile
come gambo di mammola in aprile:
con lacrime di doglia e di desio
scrivici nel di dentro il nome mio.
Se una chiave avessi io di diamante
lo cor con quella chiave aprir vorria;
e così aperto e nudo a te d’avante
i’ lo vorrei portar, speranza mia.
Tu ci vedresti un'immagine bella
come la stella Diana tua sorella;
un'immagine bella ci vedresti,
ed io so, cara, che ne piangeresti.
Se un uccellin fossi io della foresta
andrei a posarmi in sur un arbor verde:
vorrei cantare una canzone mesta
come quel giorno che l'amor si perde.
E quando avessi cantato a bastanza,
a te vorrei volare, oh mia speranza;
l'esser lontana non ti gioveria,
ché volerei da te, speranza mia.
O colombella che d’amor ti lagne
prestami in cortesia quell'ali belle;
29
di sopra valli, di sopra montagne
voglio volare all'amor mio con quelle.
Se lo mio amore non mi vuol parlare,
fuggirò quanto un’ala può portare.
Chissà dove anderò con l'ali tue,
e il mio tesoro non mi vedrà piùe.
(maggio ’53)
(Da GIOSUE CARDUCCI, TUTTE LE POESIE, NEWTON COMPTON EDITORI)
30
GIOSUE CARDUCCI (1835 – 1907)
Panteismo
Io non lo dissi a voi, vigili stelle,
A te no ’l dissi, onniveggente sol:
Il nome suo, fior de le cose belle,
Nel mio tacito petto echeggiò sol.
Pur l’una de le stelle a l’altra conta
Il mio secreto ne la notte bruna,
E ne sorride il sol, quando tramonta,
Ne’ suoi colloqui con la bianca luna.
Su i colli ombrosi e ne la piaggia lieta
Ogni arbusto ne parla ad ogni fior:
Cantan gli augelli a vol — Fósco poeta,
Ti apprese al fine i dolci sogni amor. —
Io mai no ’l dissi: e con divin fragore
La terra e il ciel l’amato nome chiama,
E tra gli effluvi de le acacie in fiore
Mi mormora il gran tutto — Ella, ella t’ama.
(aprile ‘72)
(Da GIOSUE CARDUCCI, TUTTE LE POESIE, NEWTON COMPTON EDITORI)
31
GIOSUE CARDUCCI (1835 – 1907)
Qui regna amore
Ove sei? de’ sereni occhi ridenti
A chi tempri il bel raggio, o donna mia?
E l’intima del cor tuo melodia
A chi armonizzi ne’ soavi accenti?
Siedi tra l’erbe e i fiori e a’ freschi venti
Dài la dolce e pensosa alma in balía?
O le membra concesso hai de la pia
Onda a gli amplessi di vigor frementi?
Oh, dovunque tu sei, voluttuosa
Se l’aura o l’onda con mormorio lento
Ti sfiora il viso o a’ bianchi omeri posa,
È l’amor mio che in ogni sentimento
Vive e ti cerca in ogni bella cosa
E ti cinge d’eterno abbracciamento.
(agosto ‘72)
(Da GIOSUE CARDUCCI, TUTTE LE POESIE, NEWTON COMPTON EDITORI)
32
GIOSUE CARDUCCI (1835 – 1907)
Primavera classica
Da i verdi umidi margini
La violetta odora,
Il mandorlo s'infiora,
Trillan gli augelli a vol.
Fresco ed azzurro l'aere
Sorride in tutti i seni:
Io chiedo a' tuoi sereni
Occhi un piú caro sol.
Che importa a me de gli aliti
Di mammola non tócca?
Ne la tua dolce bocca
Fremeun piú vivo fior.
Che importa a me del garrulo
Di fronde e augei concento?
Oh che divino accento
Ha su' tuoi labbri amor!
Auliscan pur le rosee
Chiome de gli arboscelli:
L'onda de' tuoi capelli,
Cara, disciogli tu.
M'asconda ella gl'inànimi
Fiori del giovin anno:
Essi ritorneranno,
Tu non ritorni piú.
Marzo 1873
(Da GIOSUE CARDUCCI, TUTTE LE POESIE, NEWTON COMPTON EDITORI)
33
ABORIGENI AUSTRALIANI
Questo è un Canto d’amore tradizionale degli <<Uomini Formica–del miele>>
per la conquisa di una donna. Un canto primitivo e ingenuo, pieno di fascino.
***
Lentamente camminava,
Danzando e saltellando
Lei viaggiava.
***
Riposava all'ombra, sedeva
E dormiva.
***
Amante, amante,
Amante, preso al laccio, accalappiato.
Amante, preso al laccio, accalappiato.
***
Ammirò le gambe ben tornite,
Ammirò i fianchi e gli occhi della donna.
***
Volse lo sguardo al visitatore,
Malato d'amore.
***
Le bellissime decorazioni sul mio corpo
La condurranno verso di me.
***
Lei cercò, mentre era mezza addormentata,
Lei guardò, cercò.
***
L'uomo iniziato,
Danzando, visitò lo spirito di lei.
***
Essi si sedettero
Come amici, stanchi.
***
L'uomo cercò il sito sacro,
In dubbio se prendere gli oggetti sacri oppure no.
***
34
Si abbracciarono con tenerezza,
I suoi pensieri colmi di lui.
***
Pensieri colmi di lui,
incantati, Intrappolati.
***
L'uomo iniziato
L'ha catturata per sempre.
***
Si decorò per una cerimonia d’amore
Mentre camminava,
con le Croci di corda simili a orecchie di cane.
(Da CANTI DEGLI ABORIGENI AUSTRALIANI, OSCAR MONDADORI)
35
INDIANI D’AMERICA
Risveglio
Svegliati! Fiore della foresta,
cielo che cammina,
uccello di pianura,
creatura dagli occhi di cerbiatto,
quando mi guardi io sono felice
come un fiore che beve la rugiada,
il tuo respiro è l'alito
di fiori che si schiudono al mattino,
di fiori che si chiudono alla sera
contro una luna color di foglia morta.
Non vedi il fiotto rosso del mio sangue
correrti incontro
come un torrente nel fitto della macchia
in una notte magica di luna?
Se mi sei accanto canta il mio cuore,
e danza come un ramo
scosso dallo Spirito del Vento,
in una luna di fragole.
Quando mi guardi severa
nero mi si fa il cuore,
come un fiume abbagliante
che nubi di pioggia oscurano.
Se mi sorridi, ecco che torna il sole,
e sono un'increspatura
disegnata sul viso dello stagno.
Guardami,
guarda il rosso tamburo del mio cuore.
Ride la terra, il cielo assieme a lei:
io non ricordo più come si ride
se non mi sei vicina.
Svegliati, amore, svegliati!
(CANTO DEGLI INDIANI ALGONKIN CHIPPEWA)
Il testo poetico indiano è tratto da “49 CANTI DEGLI INDIANI D’AMERICA” - I MITI
POESIA - Mondadori
36
INDIANI D’AMERICA
Invito notturno
Vieni, amore mio,
saliamo insieme il fianco ripido
della montagna.
Da lì guarderemo il tramonto
e parleremo di foglie che cadono;
e quando sarai mia sposa
ci siederemo là
finché la Bella Viaggiatrice della notte
si fermerà a splendere
proprio accanto alla cima.
Guarderemo le stelle bambine
seguire le più grandi,
gli Astri del nord giocare a palla,
il Fulmine farci cenno
mentre accende la pipa,
il remeggio potente
dell'Uccello di Tuono,
e la stirpe di Tornado e Tempesta.
Aspetteremo finché tutto intorno
sprofonderà nel sonno.
Ma noi non dormiremo.
Ci siederemo insieme sulla cima
e non faremo caso al gufo
che griderà: "È ora di dormire!».
Guarderemo le stelle
nel loro volo immemore
nel cuore della notte.
Ci stringeremo più vicini,
con il pensiero
rivolto a noi soltanto.
E ancora il gufo griderà:
"Tutti a dormire!"
Ci si avvicinerà
la Bella Viaggiatrice della notte
per avvertirci che tutto, tranne noi,
arà affondato in un suo sogno,
e che le stelle bambine
37
e perfino l'Uccello di Tuono
avranno fermato il proprio volo.
Ed è vero, il gufo è una saggia creatura,
e al suo richiamo
ogni giovane uomo,
ogni fanciulla,
dovrebbe ubbidire
e rifugiarsi, a notte,
tra le pareti della propria casa:
non come noi,
distratti da complici stelle.
(CANTO DEGLI INDIANI ALGONKIN)
Il testo poetico indiano è tratto da “49 CANTI DEGLI INDIANI D’AMERICA” - I MITI
POESIA - Mondadori
38
INDIANI D’AMERICA
Bellezza della mia donna
Dalla mia casa,
dalla mia donna,
bellezza s'irradia e si espande.
Dai quattro angoli della mia casa,
dal cuore forte della mia compagna,
bellezza s'irradia,
ricopre le cose
con un fascio di luce.
(CANTO DEGLI INDIANI NAVAJO)
Il testo poetico indiano è tratto da “57 CANTI NAVAJO” - I MITI POESIA - Mondadori
39
DONNA PIGMEA DELL'AFRICA CENTRALE
Compianto funebre
Non andrò più alla caccia né alla pesca,
non coglierò
dell'alta palma i grappoli,
non cercherò miele nel bosco
perché tu mi hai lasciata.
Poiché non ci sei più
non mangerò più carne
né miele né radici o pesce.
Ma perché sei scomparso,
caro che amavo tanto?
Voglio morire anch'io
perché non ci sei più.
(Canto di una donna pigmea dell'Africa Centrale)
40
ANONIMO GIAPPONESE
Dolore
Ritorno senza incontrarlo.
Fonda notte nel cuore.
Forse splende la luna,
ma non vedo la strada.
(Canto popolare giapponese)
41
JOHANN WOLFGANG VON GOETHE (poeta tedesco 1749-
1832)
Or quale amica sua ti vedo apparirmi
Or quale amica sua ti vedo apparirmi, […]per un festivo giorno.
La copia dei suoi ricci mi trovo sul sen; la testina
riposa e preme il braccio che al collo suo si presta.
Oh qual dolce destarsi! serbate, o chete ore, il ricordo
del piacere, che lieti cullando ci addormìa.
Si muove ella nel sonno, s'abbassa sul largo del letto.
svoltasi, ma pur sempre, ecco, la man mi tiene.
Sincero amore ci lega e fedele desio,
di variar soltanto si riserbò la brama.
A una stretta di mano io veggo i begli occhi di nuovo
aprirsi. Oh no! ch'io possa ancora un po' mirarla.
Non vi aprite! voi ebbro, confuso mi fate; rubate
del puro contemplare a me presto il diletto.
O magnifiche forme! o come tornite le membra!
Se Arianna, o Teseo, bella così dormìa.
come fuggisti? Oh bacia, Teseo, queste labbra! poi vanne.
Ma guardala! Si desta! — Per sempre or suo sarai.
Da JOHANN WOLFGANG VON GOETHE, ELEGIE ROMANE-
EPIGRAMMI VENENZIANI, ED. NEWTON
42
JOHANN WOLFGANG VON GOETHE (poeta tedesco 1749-
1832)
Faustina
[…] esacrabile affatto temer su la via de l'amore,
serpi, e velen frammezzo le rose del piacere;
se nel momento in cui più bella ti s'offre la gioia
al tuo capo inclinato la sussurrante cura
s'approssima. Per questo Faustina mi rende felice!
Ella è fedele, e lieta partecipa al mio letto.
L'alacre giovinezza d'intrighi si piaccia attraenti:
un bel sicuro in pace amo io godermi a lungo.
Qual voluttà, la nostra! noi baci sicuri scambiamo,
ci suggiam confidenti alito e vita entrambi.
Così l'intera notte si gode, e premendoci al seno,
stiamo la pioggia a udire, il nembo, il temporale.
Vien così l'alba, e l'ore ci recano fiori novelli,
e adomanci ridendo festevolmente il giorno.
Non mi portate invidia, Quiriti! un tal ben vi consenta,
d'ogni bene del mondo primo ed ultimo, il nume.
Da JOHANN WOLFGANG VON GOETHE, ELEGIE ROMANE-
EPIGRAMMI VENENZIANI, ED. NEWTON
43
JOHANN WOLFGANG VON GOETHE (poeta tedesco 1749-
1832)
Sempre tra le mie braccia voglioso trattengo l’amata
Sempre tra le mie braccia voglioso trattengo l’amata,
sempre il mio cuore s'avvince con forza al suo seno,
sempre il mio capo riposa sui suoi ginocchi: lo sguardo
sollevo alla bocca ridente, ai suoi occhi.
«Smidollato!». mi dicono, «così passi i tuoi giorni?»
Ah, male li passo! Senti un po' che mi capita:
ho voltato le spalle, ahimè, all'unica gioia della vita,
la carrozza son già venti giorni che mi porta lontano.
Vetturini che tengono d broncio, camerieri insinuanti,
e il servo di piazza che inedita menzogna e raggiro.
Se provo a evitarli, mi cattura il mastro di posta,
chi comanda è il postiglione, e c'è pure la dogana!
«Non ti capisco! Ti contraddici! Sembravi godertela
come in Paradiso. in tutto. come Rinaldo, felice.»
Ah, mi capisco io: è in viaggio il mio corpo,
ma in grembo all'amata pur sempre lo spirito posa.
Da JOHANN WOLFGANG VON GOETHE, ELEGIE ROMANE-
EPIGRAMMI VENENZIANI, ED. NEWTON
44
HEINRICH HEINE (poeta tedesco 1797-1856)
Lungi lungi
Lungi lungi, su l'ali del canto
di qui lungi recare io ti vo':
là, nei campi fioriti del santo
Gange, un luogo bellissimo io so.
Ivi rosso un giardino risplende
de la luna nel cheto chiaror:
ivi il fiore del loto ti attende,
o soave sorella de i fior.
Le viole bisbiglian vezzose,
guardan gli astri su alto passar;
e tra loro si chinan le rose
odorose novelle a contar.
Salta e vien la gazzella, l'umano
occhio volge, si ferma a sentir:
cupa s'ode lontano lontano
l'onda sacra del Gange fluir.
Oh che sensi d'amore e di calma
beveremo ne l'aure colà!
Sogneremo, seduti a una palma,
lunghi sogni di felicità.
(Traduzione di Giosuè Carducci)
45
RABINDRANATH TAGORE (Poeta indiano 1861 – 1941)
Il tuo amore
Sì, lo so, non è nient'altro che il tuo amore
questa luce dorata che danza sulle foglie,
queste pigre nubi che veleggiano nel cielo,
questa brezza che passa lasciando
la sua freschezza sulla mia fronte.
La luce del mattino m'ha inondato gli occhi:
è questo il tuo messaggio al mio cuore.
Chini il viso, i tuoi occhi fissano i miei occhi,
e il mio cuore ha toccato i tuoi piedi.
(Il testo è tratto da “TAGORE, POESIE: GITANJALI – IL GIARDINIERE, trad. Girolamo
Mancuso, ED. NEWTON)”
46
RABINDRANATH TAGORE (Poeta indiano 1861 – 1941)
La storia dei nostri cuori
Le mani si stringono alle mani
e gli occhi indugiano sugli occhi:
così comincia la storia
dei nostri cuori.
E' la notte della luna di marzo;
nell'aria un dolce profumo di henna;
il mio flauto giace per terra
e la tua ghirlanda di fiori
non è terminata.
Questo amore fra me e te
è semplice come una canzone.
Il tuo velo color zafferano
inebria i miei occhi, la corona
di gelsomini che tu intrecci
mi commuove come una lode.
E' un gioco di dare e trattenere,
di svelare e di nuovo velare;
di sorrisi e di timidezze,
e di dolci inutili lotte.
Questo amore fra te e me
è semplice come una canzone.
Nessun mistero al di là del presente;
nessuna lotta per l'impossibile;
nessuna ombra dietro l'incanto;
nessuna ricerca nel buio.
Questo amore fra te e me
è semplice come una canzone.
(Il testo è tratto da “TAGORE, POESIE: GITANJALI – IL GIARDINIERE, trad. Girolamo
Mancuso, ED. NEWTON)”
47
RABINDRANATH TAGORE (Poeta indiano 1861 – 1941)
Un tocco fugace
Quando mi passò accanto con passi veloci,
l'orlo della sua gonna mi sfiorò.
Dall'ignota isola d'un cuore
venne improvviso
un caldo alito di primavera.
Il tremito d'un tocco fugace
mi sfiorò e svanì in un momento,
come petalo d'un fiore reciso
trasportato sull'ali della brezza.
Si posò sul mio cuore come un sospiro
del suo corpo e un sussurro del cuore.
(Il testo è tratto da “TAGORE, POESIE: GITANJALI – IL GIARDINIERE, trad. Girolamo
Mancuso, ED. NEWTON)”
48
RABINDRANATH TAGORE (Poeta indiano 1861 – 1941)
I lacci della tua dolcezza
Liberami dai lacci della tua dolcezza,
amore mio! Non più questo vino di baci.
Questa greve nebbia d'incenso
fa soffocare il mio cuore.
Apri le porte,
fa entrare la luce del mattino.
Sono perduto in te,
prigioniero delle tue carezze.
Liberami dai tuoi incantesimi,
ridonami la forza
d'offrirti il mio cuore liberato.
(Il testo è tratto da “TAGORE, POESIE: GITANJALI – IL GIARDINIERE, trad. Girolamo
Mancuso, ED. NEWTON)”
49
GABRIELE D’ANNUNZIO (1863-1938)
Il brano, tratto dalla tragedia <<LA FIGLIA DI JORIO>>, è paragonabile
all’Intermezzo della <<Cavalleria rusticana>>. Si colloca nel bel mezzo di un
cupo dramma e rasserena gli animi con la poesia di un leggiadro e musicale
“duetto” d’amore.
Aligi è un giovane pastore e Mila una giovane donna dalla cattiva fama. Ha
conosciuto Aligi quando si è rifugiata nella sua casa per sfuggire alle molestie di
un gruppo di mietitori ubriachi.
La scena si svolge in una caverna pastorale, sui monti dell’Abruzzo.
MILA
Aligi, fratel mio! Dammi la mano.
ALIGI
Mila, il cammino è là, poco lontano.
MILA
Dammi la mano tua, ch'io te la baci.
È il sorso che concedo alla mia sete.
ALIGI
Appressandosi.
Mila, col tizzo io la volli bruciare.
È quella mano trista che t'offese.
MILA
Non mi rammento. Io son la creatura
che trovasti seduta su la pietra,
che veniva chi sa da quali strade.
ALIGI
appressandosi ancora.
Su la tua faccia il pianto non s'asciuga,
creatura. Una lacrima ti resta
nei cigli; trema, se parli; e non cade.
MILA
S'è fatto un gran silenzio. Aligi, ascolta.
Non cantan più. Con l'erbe e con le nevi,
siamo soli, fratello, siamo soli.
ALIGI
Mila, tu sei come la prima volta
là su la pietra, quando sorridevi
con gli occhi e avevi i piedi sanguinosi.
50
MILA
E tu, tu non sei quello inginocchiato
che i fioretti di San Giovan Battista
posò per terra? Ed una li raccolse
e se li porta nello scapolare.
ALIGI
Mila, una risonanza nella voce
hai, che mi consola e mi contrista
come d'ottobre quando con le mandre
si cammina cammina lungo il mare.
MILA
Camminare con te per monti e spiagge,
vorrei che questa fosse la mia sorte.
ALIGI
O compagna, prepàrati al viaggio.
Lungo è il cammino, ma l'amore è forte.
MILA
Aligi, passerei sul fuoco ardente,
e che l'andare non avesse fine!
ALIGI
Pei monti coglierai le genzianelle
e per le spiagge le stelle marine.
MILA
Se dovessi pontare i miei ginocchi
nelle tue péste, mi trascinerei.
ALIGI
Pensa ai riposi, quando farà notte
La menta e il timo avrai per origlieri.
MILA
Non penso, no. Ma lascia, anche per questa
notte, ch'io viva dove tu respiri,
ch'io t'ascolti dormire anche una volta,
che anch'io vegli per te come i tuoi cani!
ALIGI
Tu lo sai, tu lo sai quel che s'attende.
Con te partisco l'acqua il pane e il sale.
E così partirò la giacitura
fino alla morte. Dammi le tue mani!
51
Si prenderanno per le mani guardandosi fisamente.
MILA
Ah, si trema, si trema. Tu sei freddo,
Aligi, tu ti sbianchi... Dove va
il sangue del tuo viso che si perde?
Ella si scioglierà e con le mani gli sfiorerà le gole.
ALIGI
O Mila, Mila, sento come un tuono...
E tutta la montagna si sprofonda.
Dove sei? dove sei? Tutto si perde.
Anch'egli tenderà le mani verso di lei, come uno che brancoli.
E si baceranno. Poi cadranno entrambi in ginocchio, l'uno di
contro all'altra.
MILA
Misere di noi, vergine Santa!
ALIGI
Misere di noi, Cristo Gesù!
Sarà grande silenzio.
(Da GABRIELE D’ANNUNZIO, LA FIGLIA DI IORIO, ED. MONDADORI)
53
EDGAR LEE MASTERS (1869-1950)
Paul McNeely
Cara Jane! cara adorabile Jane!
Come scivolavi nella stanza (dove giacevo così malato)
con la tua cuffietta da infermiera e i polsini di lino,
mi prendevi la mano e dicevi con un sorriso:
«Non siete poi così malato — starete presto bene».
E come il liquido pensiero dei tuoi occhi
affondava nei miei, quale rugiada che penetra
nel cuore di un fiore.
Cara Jane! l'intera fortuna dei McNeely
non avrebbe potuto comprare la tua cura di me,
giorno e notte, notte e giorno;
né pagare il tuo sorriso, né il calore della tua anima,
nelle tue manine posate sulla mia fronte.
Jane, fino a che la fiamma della vita scomparve
nell'oscurità, oltre il disco della notte,
anelai e sperai di guarire
per adagiare il mio capo sui tuoi piccoli seni,
e tenerti avvinghiata in una stretta d'amore —
mio padre provvide per te alla sua morte,
Jane, cara Jane?
(Da EDGAR LEE MASTERS, ANTOLOGIA DI SPOON RIVER, TRAD. LETIZIA CIOTTI
MILLER, ED.NEWTON)
54
APOLLINAIRE (poeta francese 1880-1918)
Mia Lou stasera m'accuccerò nelle trincee
Mia Lou stasera m'accuccerò nelle trincee
Scavate vicino ai nostri cannoni
Sono a dodici chilometri da qui
Quei buchi dove avvolto nel mantello color orizzonte
Scenderò mentre scoppiano le bombe
Per viverci tra i nostri soldati trogloditi
Il treno si è fermato a Mourmelon le Petit
Sono arrivato contento com'ero partito
Andremo subito alla nostra batteria
Attualmente sono con la fanteria
Fischiano proiettili nel cielo grigio del nord
Nessuno per ora guarda in faccia la morte
*
E vivremo così nelle prime linee
Canterò le tue braccia come i colli dei cigni
Canterò i tuoi seni degni di una dea
Il lillà sta per fiorire
Canterò i tuoi occhi
Dove danza tutto un coro di graziosi angioletti
Il lillà sta per fiorire oh cupa primavera
Il mio cuore arde per te come una cattedrale
E suona l'adunata dell'immenso amore
Povero cuore povero amore
Dègnati di sentire il rantolo
Che sale dalla mia vita alla tua gran bellezza
T'invio un proiettile pieno di fedeltà
E testimoni oh Lou l’esplosione del mio bacio.
55
APOLLINAIRE (poeta francese1880-1918)
Piccola Lou malgrado tutto conosco la tua dolcezza
Piccola Lou malgrado tutto conosco la tua dolcezza
seguendo la Primavera ogni giorno sul sentiero
E bagnandomi la fronte in quest'ombroso profumo
Che mi giunge dai giardini dove ti rivedo tutta
Così conquisterò il gran cuore profumato
Dell'universo tiepido e dolce come la tua bocca
E il suo tenero volto in questa metà di maggio
Si offre a me tutt'a un tratto languido sul suo letto
Di petali di iris di grappoli di lillà
Piccola Lou d'Amore sento al mio collo le tue braccia rosa
Quest'isola di corallo che esce dai tuoi occhi stanchi
E che disponi sull'oceano dell'Amore.
56
JUAN RAMON JIMENEZ (poeta spagnolo 1881-1958)
Ti riconobbi, perché guardando l'orma
Ti riconobbi, perché guardando l'orma
del tuo piede sul sentiero,
sentii dolore al cuore che tu calpestasti.
Corsi follemente; cercai per tutto il giorno,
come un cane senza padrone.
...Te n'eri già andata! E il tuo piede calpestava
il mio cuore, in una fuga senza fine,
come se quello fosse il cammino
che ti portava via per sempre...
(DA JIMENEZ. POESIE D’AMORE, NEWTON)
57
JUAN RAMON JIMENEZ (poeta spagnolo 1881-1958)
Bacio d’amore
Lascia colare il tuo bacio
- come una fonte -
filo fresco nella tazza del mio cuore!
Il mio cuore, poi, sognando,
ti restituirà, doppia, l'acqua del tuo bacio,
dal canale del sogno,
da sotto la vita.
E l'acqua del tuo bacio
- oh nuova aurora della fonte! sarà eterna e eterna,
perché il mio amore sarà la sua sorgente.
(DA JIMENEZ. POESIE D’AMORE, NEWTON)
58
JUAN RAMON JIMENEZ (poeta spagnolo 1881-1958)
Taci! Gusta lo zenit
Taci! Gusta lo zenit,
ascolta il sole.
Non parlarmi! Unisci,
nel fiore permanente
di un infinito amore,
le tue mani alle mie,
il tuo silenzio al mio.
Taci! Aspira l'azzurro,
ascolta l'oro.
(DA JIMENEZ. POESIE D’AMORE, NEWTON)
59
JUAN RAMON JIMENEZ (poeta spagnolo 1881-1958)
Rampicanti
Sei come il fiore
del ramo più alto
del cielo.
Il tuo profumo viene
- che buono! — da tanto lontano
come io ti reco,
col ramo più profondo
della terra, il mio bacio.
(DA JIMENEZ. POESIE D’AMORE, NEWTON)
60
JUAN RAMON JIMENEZ (poeta spagnolo 1881-1958)
Nel nostro amore, la pena e la gioia
Nel nostro amore, la pena e la gioia
si accendono e si spengono,
come, a primavera, la mattina e la sera.
Oh soave scontro dolce
dell'ombra e della luce,
della luce e dell'ombra
— né luce del tutto, né ombra del tutto —,
belle loro due, come quelle due;
simulacro di lotte,
uguali nella disfatta e nel trionfo!
Amore; crepuscolo, aurora
di primavera!
(DA JIMENEZ. POESIE D’AMORE, NEWTON)
61
JUAN RAMON JIMENEZ (poeta spagnolo 1881-1958)
Non spegnere la luce...
Non spegnere la luce...
Lasciar scorrere
l'ora negativa, finché cada sola
sotto l'acacia in fiore del sentimento,
sotto il cielo stellato dell'idea.
Nulla come la felicità
di comprendersi, infine, a fronte aperta,
a cuore aperto!
Dopo,
in un ritmo lento e sorridente,
cominciare a coprire con l'anima in germoglio
i solchi semiaperti, ammassare
le rose dentro quelli
- tutte, tutte le rose;
l’anima ben potata,
non smetterà di darle! -
(DA JIMENEZ. POESIE D’AMORE, NEWTON)
62
UMBERTO SABA (Trieste 1883 – 1957)
Guarda là quella vezzosa
Guarda là quella vezzosa,
guarda là quella smorfiosa.
Si restringe nelle spalle,
tiene il viso nello scialle.
O qual mai castigo ha avuto?
Nulla: Un bacio ha ricevuto.
(Da UMBERTO SABA, ANTOLOGIA DEL CANZONIERE, ED. EINAUDI)
63
UMBERTO SABA (Trieste 1883-1957)
Bocca
La bocca
che prima mise
alle mie labbra il rosa dell'aurora,
ancora
in bei pensieri ne sconto il profumo.
O bocca fanciullesca, bocca cara,
che dicevi parole ardite ed eri
cosi dolce a baciare.
(Da UMBERTO SABA, ANTOLOGIA DEL CANZONIERE, ED. EINAUDI)
65
UMBERTO SABA (Trieste 1883-1957)
Ed amai nuovamente e fu di Lina
Ed amai nuovamente; e fu di Lina
dal rosso scialle i l piú della mia vita.
Quella che cresce accanto a noi, bambina
dagli occhi azzurri, è dal suo grembo uscita.
Trieste è la città, la donna è Lina,
per cui scrissi il mio libro di piú ardita
sincerità; né dalla sua fu fin'
ad oggi mai l'anima mia partita.
Ogni altro conobbi umano amore;
ma per Lina torrei di nuovo un'altra
vita, di nuovo vorrei cominciare.
Per l'altezze l'amai del suo dolore;
perché tutto fu al mondo, e non mai scaltra,
e tutto seppe, e non se stessa, amare.
(Da UMBERTO SABA, ANTOLOGIA DEL CANZONIERE, ED. EINAUDI)
66
UMBERTO SABA (Trieste 1883 – 1957)
Sovrumana dolcezza
Sovrumana dolcezza
io so, che ti farà i begli occhi chiudere
come la morte.
Se tutti i succhi della primavera
fossero entrati nel mio vecchio tronco,
per farlo rifiorire anche una volta,
non tutto il bene sentirei che sento
solo a guardarti, ad aver te vicina,
a seguire ogni tuo gesto, ogni modo
tuo di essere, ogni tuo piccolo atto.
E se vicina non t'ho, se a te in alta
solitudine penso, piú infuocato
serpeggia nelle mie vene il pensiero
della carne, il presagio
dell'amara dolcezza,
che so che ti farà i begli occhi chiudere
come la morte.
(Da UMBERTO SABA, ANTOLOGIA DEL CANZONIERE, ED. EINAUDI)
67
UMBERTO SABA (Trieste 1883-1957)
Il titolo della poesia lascia intendere che tra i due uccelli sono in ballo
non soltanto pulsioni di natura istintuale funzionali alla procreazione,
ma anche emozioni e sentimenti. (Vedi in questa stessa raccolta la poesia
<<Le farfalle>> di Attilio Bertolucci.)
Amore
Questa mattina, e come li portavo
alla finestra, ebbi sorpresa lieta.
Si scambiavano in becco il cibo, oggetto,
ieri ancora, di tanta lite. È il modo
– il loro – di baciarsi e dirsi grati
l'uno all'altro di esistere. È già il nido.
(Da UMBERTO SABA, ANTOLOGIA DEL CANZONIERE, ED. EINAUDI)
68
UMBERTO SABA (Trieste 1883-1957)
L'autunno
Che succede di te. della tua vita,
mio solo amico, mia pallida sposa
La tua bellezza si fa dolorosa,
e più non assomigli a Carmencita.
Dici: "E' l'autunno. è la stagione in vista
sì ridente, che fa male al mio cuore".
Bici - e ad un noto incanto mi conquista
la tua voce --Non vedi là in giardino
quell'albero che tutto ancor non muore,
dove ogni foglia che resta è un rubino?
Per una donna, amico mio. che schiant
l'autunno ! Ad ogni suo ritorno sai
che sempre, fino da bambina. ho pianto"
Altro non dici a chi ti vive accanto,
a chi vive di te, del tuo dolore
che gli ascondi; e si chiede se più mai,
anima, e dove e a che, rifiorirai.
(Da UMBERTO SABA, ANTOLOGIA DEL CANZONIERE, ED. EINAUDI)
69
VINCENZO CARDARELLI (1887-1959)
Attesa
Oggi che t'aspettavo
non sei venuta.
E la tua assenza so quel che mi dice,
la tua assenza che tumultuava,
nel vuoto che hai lasciato,
come una stella.
Dice che non vuoi amarmi.
Quale un estivo temporale
s'annuncia e poi s'allontana,
cosí ti sei negata alla mia sete.
L'amore, sul nascere,
ha di quest'improvvisi pentimenti.
Silenziosamente
ci siamo intesi.
Amore , amore , come sempre ,
vorrei coprirti di fiori e d'insulti.
(Da VINCENZO CARDARELLI, POESIE, OSCAR MONDADORI)
70
DIEGO VALERI (Poeta veneto 1887 – 1976)
Milano
Corso Venezia rombava e cantava
come un giovane fiume a primavera.
Noi due, sperduti, s’andava s’andava,
tra la folla ubriaca della sera.
Ti guardavo nel viso a quando a quando:
eri un aperto luminoso fiore.
Poi ti prendevo la mano tremando;
e mi pareva di prenderti il cuore.
(Da DIEGO VALERI, POESIE SCELTE, OSCAR MONDADORI)
71
DIEGO VALERI (Poeta veneto 1887 – 1976)
« Che abbiamo fatto, amore? » trasognato chiedevo
« Che abbiamo fatto, amore? » trasognato chiedevo
Dori sorrise: « Abbiamo fatto l'amore, amore ».
(Da DIEGO VALERI, POESIE SCELTE, OSCAR MONDADORI)
73
DIEGO VALERI (Poeta veneto 1887 – 1976)
Rose rosse
Quella notte tu (ricordi come ardeva
l’invisibile fiamma dell’estate
nell’azzurra penombra siderale?)
portavi tre rose alla cintura,
tre grandi rose, rosse come sangue.
Io ti stringevo tutta sul mio petto,
ti baciavo su gli occhi e su le tempie,
su la nuca, tra i riccioli di seta,
e agli angoli soavi della bocca.
Tu sorridevi appena le parole
che non potevi dire. Io ti sentivo
tutta mia, ti sentivo penetrare
tutta in me, come l'acqua nella zolla,
e così chiara e tepida, che quasi
il pianto mi scoppiava nella gola...
Poi carezzavo abbandonatamente
i tuoi piccoli seni martellati
(come, come tremava la mia mano!),
le tue braccia sottili di velluto,
così dolci, e il tuo fianco così dolce
traverso la leggera mussolina
del chimono scarlatto; e mi bruciava
il sangue; e mi pesava mi pesava
il cuore; e mi parea di sprofondare
a poco a poco entro un abisso d'ombra,
d'ombra morbida, calda, profumata...
E nell'ombra splendevano i tuoi occhi,
umidi, ardenti, l'anima tua stessa,
e le tre rose, le tre rose rosse.
74
DIEGO VALERI (Poeta veneto 1887 – 1976)
Non levar gli occhi...
Non levar gli occhi. Resta ancora un poco
china sul tuo lavoro ad agucchiare.
Voglio vederti ancora un poco
così com'ora, come non t'avevo
veduta mai (che importa se nel tristo
gioco mi trema il cuore e si spaura?...):
tutta fuori di me, tutta te sola:
una straniera che mi siede accanto;
una donna che cuce un panno bianco...
Quella sei tu, sei tu quella che m'ha dato,
per darmi gioia, tutta la sua vita?
Quella che dentro l'anima mia cupa
s'é versata così come una musica
di primavera? quella che mi porta
in sé, quella ch'io porto in me racchiusa
come una fede che non può finire?...
... Sì, tu sei quella, tu sei quella, amore!
Ecco: hai levato il capo dal lavoro,
mi ti volgi e mi sorridi tutta.
Ed io ti scorgo in fondo agli occhi immensi,
in fondo al cuore, una fiammella d'oro,
che brucia e brucia e non si discolora
non vacilla e mai non morirà.
5
1 0
15
2 0
75
DIEGO VALERI (Poeta veneto 1887 – 1976)
Il poeta rivive la morte della donna amata con accenti sofferti, in cui il mistero
della morte si accompagna ad una tenera e commossa pietà per la creatura che
<<sola con l'ombra della sua vita, della sua morte >> sta per varcare l’estremo
confine della vita.
Sequenza per un'ombra
………………………………………………...
La casa verde era chiusa nell'ombra,
tra i fiumi erranti del bianco mattino.
Tu stavi ritta presso la casa,
sola nel sole, al confine dell'ombra:
ferma in quel moto di spazi confusi,
piccola forma opaca, che rompe
il sole, che fa la sua macchia d'ombra.
Sola eri e ferma, senza sorriso,
ferma nel sole, sola con l'ombra
della tua vita, della tua morte.
Tu porti nelle braccia il mio dolore
come una creatura:
dolce lo chiudi sopra il dolce petto,
il tuo caro dolore.
Dove vai? dove sei? Già ti allontani
da memorie e speranze, dai segreti
nostri pensieri, dal dolce dolore,
che fu nostro, di vivere. Ti perdi
nell'ombra dei tuoi occhi: sconfinata
ombra sul mondo. Sei già d'altri, o solo
tua. Non ti vedo più. Sento, non vedo,
il sole di settembre sul mio volto.
…………………………………………………………….
(Da DIEGO VALERI, POESIE SCELTE, ED. OSCAR MONDADORI)
76
Grazie dei fior
Fra tutti gli altri li ho riconosciuti
Mi han fatto male eppure li ho graditi
Son rose rosse e parlano d’amor
77
GIUSEPPE UNGARETTI
Dove la luce
Come allodola ondosa
Nel vento lieto sui giovani prati,
Le braccia ti sanno leggera, vieni.
Ci scorderemo di quaggiù,
E del male e del cielo,
E del mio sangue rapido alla guerra,
Di passi d'ombre memori
Entro rossori di mattine nuove.
Dove non muove foglia più la luce,
Sogni e crucci passati ad altre rive,
Dov'è posata sera,
Vieni ti porterò
Alle colline d'oro.
L'ora costante, liberi d'età,
Nel suo perduto nimbo
Sarà nostro lenzuolo.
1930
(Da GIUSEPPE UNGARETTI, VITA DI UN UOMO - TUTTE LE POESIE,
MONDADORI)
Dove la luce (G. Ungaretti)
78
Il poeta vuole fuggire dalla realtà quotidiana insieme alla sua donna, in un
mondo sereno, di sogno. Non pensa a un luogo reale, ma ad un luogo della
fantasia, del sentimento. Un luogo incantato. Un luogo in cui le mattine non sono
ripetitive ma sempre <nuove>, dove le colline sono <d'oro>, dove ci si sente
<liberi> dalla fretta e dagli impegni quotidiani, dove l'amore è gioia costante.
La poesia è giocata soprattutto sul piano semantico, grazie ad un lessico
fortemente connotativo e ad una rete fittissima di figure semantiche (similitudine,
metafora, metonimia, ecc...). Non è immediatamente comprensibile, ma richiede
un intenso lavoro di decifrazione e di interpretazione, per essere compresa
La donna del poeta è invitata a venire da lui/con lui come una <allodola
ondosa>, cioè con la leggerezza aerea del suo corpo snello. La meta del viaggio
sono le colline d'oro, dove la luce non muove più le foglie, la sera è posata, l'ora è
costante e le mattine sono nuove. Il motivo del viaggio, in negativo è dato dal
desiderio di scordare la vita quotidiana (quaggiù), con le sue sofferenze, i suoi
sensi di colpa, i suoi sogni e i suoi crucci, in positivo dall'aspirazione alla serenità
e ad un rapporto d'amore interamente appagante, sul piano affettivo e sul piano
sensuale.
Da notare la potente carica connotativa delle parole e delle espressioni
seguenti: <ondosa>, <quaggiù>, <male>, <cielo>, <rossori>, <mattine nuove>,
<altre rive>, <posata sera>, <colline d'oro>, <ora costante>, <liberi d'età>,
<perduto nimbo>.
Numerosissime le metafore: <allodola ondosa>, <vento lieto>, <le braccia ti
sanno leggera>, <sangue rapido alla guerra>, <non muove foglia più la luce>,
<sogni e crucci passati>, <posata sera>, <colline d'oro>, <ora costante>, <liberi
d'età>, <perduto nimbo>, <sarà nostro lenzuolo>.
Una metafora è incastonata in una similitudine : <come allodola ondosa
...vieni>.
Numerose le metonimie: <quaggiù>, <del male e del cielo>, <sangue rapido
alla guerra>, <altre rive>, una sineddoche < lenzuolo>, alcune delle quali nel
contesto di una metafora.
Tutte insieme le figure richiamate rendono il tessuto testuale quanto mai
suggestivo e allusivo, trasfigurano la realtà in un mondo incantato.
79
BIAGIO MARIN (GRADO 1891 – 1985)
Passa pei vogi tovi
Passa pei vogi tovi
inprovisi riflessi de lavanda,
in me, la meravegia granda
per quî to sieli novi.
A volte un'ametista trascolora
comò in sieli serali:
ma la dolsessa de l'ultima ora un ultimo suspiro dei maestrali.
Geme 'l mar su le spiase
se perde 'l cuor fra luse inserte,
le to pupile grande e ver te
dise l'ultima frase.
Passano per i tuoi occhi
improvvisi riflessi di lavanda,
in me, la meraviglia grande
per quei tuoi c iel i nuovi .
A vol te un'ametista trascolora
come in cieli serali:
ma la dolcezza dell 'ult ima ora,
un ultimo sospiro dei maestrali .
Geme il mare sulle spiagge
il cuore si perde fra luci incerte,
le tue pupille grandi e aperte
dicono l'ultima frase.
(Versione in italiano di Edda Serra)
(Da BIAGIO MARIN, POESIE, GLI ELEFANTI POESIA GARZANTI)
80
AHMAD ZAKI ABU SHADI (poeta egiziano 1892-1955)
Eterna unione
Pensano sia possibile
che da te io mi separi
e anelo all'infinito la tua grazia
Dolce e onesta fragranza
sparsa tra le tue chiome
ogni respiro carezza
le tue labbra impresse sulle mie
Per vero, ovunque tu sia
speme e vita dal mio cuore
non chiedo altro
che te, soltanto te
E se divento polvere
non morirò del tutto;
passa la vita ma la polvere
conserva il tuo ricordo
(Trad. F M. Corrao)
81
VLADIMIR MAJAKOVSKIJ (poeta russo morto suicida 1893-1930)
Liliska!
(In luogo di una lettera)
Un fumo di tabacco ha divorato l'aria.
La stanza
è un capitolo dell'inferno di Krucenych.1
Ricordati
proprio a questa finestra
per la prima volta
estasiato accarezzavo le tue mani.
Eccoti oggi seduta,
il cuore chiuso dentro una corazza.
Ancora un giorno e poi
mi scaccerai
magari anche imprecando alle mie spalle.
Nella buia anticamera la mano nella manica
più non stenterà a entrare disfatta dal tremore.
Correrò via
e getterò il mio corpo sulla strada.
Selvatico animale
impazzirò
sotto una sferza di disperazione.
Ma così non si deve,
mia cara,
mia diletta,
meglio lasciarci ora.
Non importa
il mio amore
è un pesante macigno
che incombe su di te
ovunque tu possa fuggirmi.
Lascia in un grido estremo che si sfoghi
l'amarezza dei lamenti e del rancore.
Quando anche un bue è disfatto di fatica
lui pure andrà a gettarsi
in fredde acque in cerca di ristoro.
Ma altro mare non c'è
per me
tranne il tuo amore,
né tregua c'è in amore
anche nel pianto.
Se un elefante stanco vorrà pace
si stenderà maestoso sull'infocata sabbia.
82
Ma altro sole non c'è
per me
tranne il tuo amore,
anche se non so tu dove o con chi sei.
Se così se ne fosse tormentato
dell'amore — un poeta
in soldi e gloria l'avrebbe mutato,
ma altro suono non c'è
che mi dia gioia
tranne che il suono del tuo nome beato.
E non mi getterò giù nella tromba delle scale
e non berrò il veleno
né premerò il grilletto dell'arma sulla tempia.
E non c'è lama di coltello che
abbia su me potere
tranne che sia la lama del tuo sguardo.
Tu scorderai domani
che io t'incoronavo,
che d'un ardente amore l'anima ti bruciavo,
e un carnevale effimero di frenetici giorni
disperderà le pagine dei miei piccoli libri...
Le secche foglie delle mie parole
potranno mai indurre uno a sostare,
a respirare con avidità?
Almeno lascia che un'estrema tenerezza
copra l'allontanarsi
dei tuoi passi.
(26 maggio 1916, Pietrogrado)
Traduzione di Giovanni Giudici
1. Allude al poema <Gioco all’inferno> scritto a quattro mani dai futuristi
Chlebnikov e Krucenich nel 1912.
(Da V. MAJAKOVSKIJ, POESIE, ED. MONDADORI)
83
VLADIMIR MAJAKOVSKIJ (poeta russo morto suicida 1893-1930)
Una poesia d’amore scherzosamente fantasiosa, dal trasparente significato
antimili- tarista.
Marina da guerra in amore
Van sui mari scherzando in crociera
il torpediniero e la torpediniera.
E come la vespa s'attacca col miele,
così la torpediniera fedele.
E per il torpediniero, infinita
è la felicità della vita.
Ma li scoprì con gli occhiali sul naso
un riflettore pedante, per caso.
Una sirena fece la spia,
denunziandone a tutti la scia.
Fuggì via la torpediniera,
come al vento della bufera.
Ma il torpediniero ormai stanco,
poverino, fu colto nel fianco.
Sull'oceano ora va la preghiera
della vedova torpediniera.
Dava forse agli uomini noia
quella loro semplice gioia?
(1915) Trad. di R. Poggioli
(Da V. MAJAKOVSKIJ, POESIE, ED. MONDADORI)
84
LOUIS ARAGON (poeta francese 1897-1982)
Le mani di Elsa
Dammi le tue mani per l'inquietudine
Dammi le tue mani che tanto ho sognato
Che tanto ho sognato nella mia solitudine
Dammi le tue mani perch'io venga salvato
Quando le prendo nella mia povera stretta
Di palmo e di paura di turbamento e fretta
Quando le prendo come neve disfatta
Che mi sfugge dappertutto attraverso le dita
Potrai mai sapere ciò che mi trapassa
Ciò che mi sconvolge e che m’invade
Potrai mai sapere ciò che mi trafigge
E che ho tradito col mio trasalire
Ciò che in tal modo dice il linguaggio profondo
Questo muto parlare dei sensi animali
Senza bocca e senz'occhi specchio senza immagine
Questo fremito d'amore che non dice parole
Potrai mai sapere ciò che le dita pensano
D'una preda tra esse per un istante tenuta
Potrai mai sapere ciò che il loro silenzio
Un lampo avrà d'insaputo1 saputo
Dammi le tue mani ché il mio cuore vi si conformi
Taccia il mondo per un attimo almeno
Dammi le tue mani ché la mia anima vi s'addormenti
Ché la mia anima vi s'addormenti per l'eternità
(Trad. F. Bruno)
1. Di cosa non saputa, non conosciuta
(Da POESIA STRANIERA - FRANCESE, LA BIBLIOTECA DI REPUBBLICA,
GRUPPO EDITORIALE L’ESPRESSO)
(Da
85
LOUIS ARAGON (poeta francese 1897-1982)
Elsa allo specchio
Eravamo nel pieno della nostra tragedia
E per tutto un lungo giorno seduta allo specchio
Pettinava i suoi capelli d'oro Io credevo di vedere
Le sue mani pazienti domare un incendio
Eravamo nel pieno della nostra tragedia
E per tutto un lungo giorno seduta allo specchio
Pettinava i suoi capelli d'oro e avrei detto
Eravamo nel pieno della nostra tragedia
Che suonasse un pezzo per arpa ma senza convinzione
Per tutto quel lungo giorno seduta allo specchio
Pettinava i suoi capelli d'oro e avrei detto
Che straziasse a non finire la sua stessa memoria
Per tutto quel lungo giorno seduta allo specchio
A ravvivare i fiori dell'incendio infiniti
Senza dire ciò che un'altra al suo posto avrebbe detto
Straziava a non finire la sua stessa memoria
Eravamo nel pieno della nostra tragedia
Il mondo somigliava a quello specchio maledetto
II pettine separava i fuochi di quel marezzo1
E quei fuochi rischiaravano gli angoli della mia memoria
Eravamo nel pieno della nostra tragedia
Come in mezzo alla settimana s'accampa il giovedì
E per un lungo giorno seduta alla sua memoria
Vedeva morire lontano nel suo specchio
(Trad. F. Bruno)
1. Fitte striature
(Da POESIA STRANIERA - FRANCESE, LA BIBLIOTECA DI REPUBBLICA,
GRUPPO EDITORIALE L’ESPRESSO)
87
JACQUES PREVERT (Poeta francese 1900 – 1977)
I ragazzi che si amano
I ragazzi che si amano si abbracciano ritti
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non sono là per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano non sono là per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno Nell'abbagliante splendore del loro primo amore.
(Testo tradotto da Gian Domenico Giagni e letto, insieme a molte altri, da Achille Millo
per il bellissimo disco FONIT in vinile (non datato): MILLO DICE PREVERT.)
88
JACQUES PREVERT (Poeta francese 1900 – 1977)
Tre fiammiferi (Paris at night)
Tre fiammiferi un dopo l’altro accesi nella notte
Il primo per vedere il volto tuo
Il secondo per vedere gli occhi tuoi
L'ultimo per vedere la tua bocca
E l’oscurità completa per ricordarmi queste immagini
Mentre ti stringo a me tra le mie braccia.
(Testo tradotto da Gian Domenico Giagni e letto, insieme a molte altri, da Achille Millo
per il bellissimo disco FONIT in vinile (non datato): MILLO DICE PREVERT.)
89
JACQUES PREVERT (Poeta francese 1900 – 1977)
Alicante
Un'arancia sul tavolo
Il tuo vestito sul tappeto
E nel mio letto tu
Dolce dono del presente
Frescura della notte
Calore di mia vita.
(Testo tradotto da Gian Domenico Giagni e letto, insieme a molte altri, da Achille Millo
per il bellissimo disco FONIT in vinile (non datato): MILLO DICE PREVERT.)
90
JACQUES PREVERT (Poeta francese 1900 – 1977)
Il giardino
Migliaia e migliaia d’anni
Non basterebbero a dire
Il minuscolo secondo d’eternità
In cui tu mi hai abbracciato
In cui io ti ho abbracciata
Un mattino tra la luce dell’inverno
Al parco Montsouris a Parigi
A Parigi sulla Terra
Sulla Terra che è un astro.
(Testo tradotto da Gian Domenico Giagni e letto, insieme a molte altri, da Achille Millo
per il bellissimo disco FONIT in vinile (non datato): MILLO DICE PREVERT.)
91
JACQUES PREVERT (Poeta francese 1900 – 1977)
Sabbie mobili
Demoni e meraviglie
Venti e maree
S’è ritirato già il mare in lontananza
E tu
Come alga dolcemente dal vento accarezzata
Nelle sabbie del letto ti agiti sognando
Demoni e meraviglie
Venti e maree
il mare s’è ritirato già in lontananza
Ma nei tuoi occhi socchiusi
Due piccole onde son rimaste
Demoni e meraviglie
Venti e maree
Due piccole onde per farmi annegare.
(Testo tradotto da Gian Domenico Giagni e letto, insieme a molte altri, da Achille Millo
per il bellissimo disco FONIT in vinile (non datato): MILLO DICE PREVERT.)
92
JACQUES PREVERT (Poeta francese 1900 – 1977)
Per te amore mio
Sono andato al mercato degli uccelli
E ho comprato uccelli
Per te
Amor mio
Sono andato al mercato dei fiori
E ho comprato fiori
Per te amor mio
Sono andato al mercato di ferraglia
E ho comprato catene
Pesanti catene
Per te
Amor mio
E poi sono andato al mercato degli schiavi
E t'ho cercata
Ma non ti ho trovata
Amore mio.
93
JACQUES PREVERT (Poeta francese 1900 – 1977)
Barbara
Ricordati Barbara
Pioveva senza sosta quel giorno su Brest
E tu camminavi sorridente
Serena rapita grondante
Sotto la pioggia
Ricordati Barbara
Come pioveva su Brest
E io ti ho incontrata a rue de Siam
Tu sorridevi
Ed anch'io sorridevo
Ricordati Barbara
Tu che io non conoscevo
Tu che non mi conoscevi
Ricordati
Ricordati quel giorno ad ogni costo
Non lo dimenticare
Un uomo s'era rifugiato sotto un portico
E ha gridato il tuo nome
Barbara
E sei corsa verso di lui sotto la pioggia
Grondante rapita rasserenata
E ti sei gettata tra le sue braccia
Ricordati questo Barbara
E non mi rimproverare di darti del tu
lo dico tu a tutti quelli che amo
Anche se una sola volta li ho veduti
Io dico tu a tutti quelli che si amano
Anche se non li conosco
Ricordati Barbara
Non dimenticare
Questa pioggia buona e felice
sul tuo volto felice
Su questa città felice
Questa pioggia sul mare
Sull'arsenale
Sul battello d'Ouessant
Oh Barbara
Che coglionata la guerra
Che ne è di te ora
Sotto questa pioggia di ferro
94
Di fuoco d'acciaio di sangue
E l'uomo che ti stringeva tra le braccia
Amorosamente
è morto disperso o è ancora vivo
Oh Barbara
Piove senza sosta su Brest
Come pioveva allora
Ma non è più la stessa cosa e tutto è crollato
E' una pioggia di lutti terribili e desolata
Non c'è nemmeno più la tempesta
Di ferro d'acciaio e di sangue
Soltanto di nuvole
Che crepano come cani
Come i cani che spariscono
Sul filo dell'acqua a Brest
E vanno ad imputridire lontano
Lontano molto lontano da Brest
Dove non vi è piú nulla.
95
JACQUES PREVERT (Poeta francese 1900 – 1977)
Prima colazione
Lui ha messo
Il caffè nella tazza
Lui ha messo
il latte nel caffè
Lui ha messo
Lo zucchero nel caffelatte
Ha girato
Il cucchiaino
Ha bevuto il caffelatte
Ha posato la tazza
Senza parlarmi
S'è acceso
Una sigaretta
Ha fatto
Dei cerchi di fumo
Ha messo la cenere
Nel portacenere
Senza parlarmi
Senza guardarmi
S'è alzato
S'è messo
Sulla testa il cappello
S'è messo
L'ímpermeabile
Perché pioveva
E se n'è andato
Sotto la pioggia
Senza parlare
Senza guardarmi
E io mi son presa
La testa fra le mani
E ho pianto.
(Trad. M. Cucchie e G. Raboni)
(Da POESIA STRANIERA - FRANCESE, LA BIBLIOTECA DI REPUBBLICA,
GRUPPO EDITORIALE L’ESPRESSO)
96
NAZIM HIKMET (Poeta turco 1902 – 1963)
POESIE DAL CARCERE
Anima mia
Anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
e come s'affonda nell'acqua
immergiti nel sonno
nuda e vestita di bianco
il più bello dei sogni
ti accoglierà
anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
abbandonati come nell'arco delle mie braccia
nel tuo sonno non dimenticarmi
chiudi gli occhi pian piano
i tuoi occhi marroni
dove brucia una fiamma verde
anima mia.
1948
(Da NAZIM HIKMET, POESIE, ED. MONDADORI)
97
NAZIM HIKMET (Poeta turco 1902 – 1963)
POESIE DAL CARCERE
Benvenuta, donna mia
Benvenuta, donna mia, benvenuta!
certo sei stanca
come potrò lavarti i piedi
non ho acqua di rose né catino d'argento
certo avrai sete
non ho una bevanda fresca da offrirti
certo avrai fame
e io non posso apparecchiare una tavola con lino candido
la mia stanza è povera e prigioniera
come il nostro paese.
Benvenuta, donna mia, benvenuta!
hai posato il piede nella mia cella
e il cemento è divenuto prato
hai riso
e rose hanno fiorito le sbarre
hai pianto
e perle son rotolate sulle mie palme
ricca come il mio cuore cara come la libertà
è adesso questa prigione.
Benvenuta, donna mia, benvenuta!
1948
(Da NAZIM HIKMET, POESIE, ED. MONDADORI)
98
NAZIM HIKMET (Poeta turco 1902 – 1963)
POESIE DAL CARCERE
I tuoi occhi
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che tu venga all'ospedale o in prigione
nei tuoi occhi porti sempre il sole.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
questa fine di maggio, dalle parti d'Antalya,
sono così, le spighe, di primo mattino
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
quante volte hanno pianto davanti a me
son rimasti tutti nudi, i tuoi occhi,
nudi e immensi come gli occhi di un bimbo
ma non un giorno han perso il loro sole;
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che s'illanguidiscano un poco, i tuoi occhi
gioiosi, immensamente intelligenti, perfetti:
allora saprò far echeggiare il mondo
del mio amore.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
così sono d'autunno i castagneti di Bursa
le foglie dopo la pioggia
e in ogni stagione e ad ogni ora, Istanbul.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
verrà giorno, mia rosa, verrà giorno
che gli uomini si guarderanno l'un l'altro
fraternamente
con i tuoi occhi, amor mio,
si guarderanno con i tuoi occhi.
1948
(Da NAZIM HIKMET, POESIE, ED. MONDADORI)
99
NAZIM HIKMET (Poeta turco 1902 – 1963)
POESIE DALL’ESILIO
Sono cent'anni
Sono cent'anni che non ho visto il suo viso
che non ho passato il braccio
attorno alla sua vita
che non mi son fermato nei suoi occhi
che non ho interrogato
la chiarità del suo pensiero
che non ho toccato il calore del suo ventre
eravamo sullo stesso ramo insieme
eravamo sullo stesso ramo
caduti dallo stesso ramo ci siamo separati
e tra noi il tempo è di cent'anni
di cent'anni la strada
e da cent'anni nella penombra
corro dietro a te.
(Da NAZIM HIKMET, POESIE, ED. MONDADORI)
100
NAZIM HIKMET (Poeta turco 1902 – 1963)
POESIE DALL’ESILIO
La mia donna è venuta con me
La mia donna è venuta con me fino a Brest
è scesa dal treno è rimasta sul marciapiede
si è fatta più piccola più piccola più piccola
un seme di grano nell'azzurro infinito
poi, eccetto i binari, non ho visto più niente.
E poi mi ha chiamato, dalla terra polacca non potevo rispondere
non potevo chiederle dove sei, mia rosa, dove sei
mi ha detto vieni ma non potevo andare da lei
il treno correva come se non dovesse fermarsi mai più
soffocavo dalla tristezza.
E poi sulla terra i pezzi di neve si scioglievano
e a un tratto ho capito che la mia donna mi vedeva
mi chiedeva mi pensi ancora mi pensi ancora
mentre la primavera camminava coi nudi piedi fangosi sul cielo
e le stelle scendevano a posarsi sui fili del telegrafo
e l'oscurità batteva come pioggia sul treno
la mia donna restava in piedi sui pali del telegrafo
il suo cuore batteva — tac tac — come se stesse fra le mie braccia
i pali si muovevano e passavano ma lei non si muoveva da lì
il treno correva come se non dovesse fermarsi mai più
soffocavo dalla tristezza.
E poi ho capito che da anni da lunghi anni stavo in quel treno
ma come l'ho capito e perché mi stupisce ancora
come cantando la grande canzone della speranza
m'allontano dalle città dalle donne amate
porto la nostalgia di loro come ferita che non rimargina nella mia carne
ma cammino sempre per avvicinarmi in qualche luogo a qualcosa.
Varsavia, 1960
(Da NAZIM HIKMET, POESIE, ED. MONDADORI)
101
Rose rosse per te
Ho comprato stasera
E il tuo cuore lo sa
Cosa voglio da te
102
RAYMOND QUENEAU (poeta francese 1903-1976)
L'uomo del tranvai
Quest'uomo che cammina sul quai1 di notte
lungo la Senna tra Asnières e Courbevoie
quest'uomo la cui ombra ad ogni istante svanisce
diritto prosegue il cammino la sua curva strada
quest'uomo ha male ai piedi — miseria
e fatica gli legano le spalle
quest'uomo danza ognuno dei suoi passi
lunghi come notti d'inverno
da un'ora il tram non passa più
quest'uomo misura chilometri
con lo spessore delle sue suole
cammina nella notte in questa strada
l'attende la sua amante donna da quattro soldi
che vive nella strada e di rifiuti si ciba
e misura il suo tempo nella stanza insaziabile
che adesso alloggia un uomo del tramvai
deve fuggire al mattino con gli occhi gonfi di sonno
e ritornare verso la rimessa sonora
e mentre la sua bella nel letto dorme ancora
egli sospira che è dolce sentirsi amati
(Trad. A. Vizioli e F. De Poli)
1. Strada parigina che costeggia la Senna
(Da POESIA STRANIERA - FRANCESE, LA BIBLIOTECA DI REPUBBLICA,
GRUPPO EDITORIALE L’ESPRESSO)
103
PABLO NERUDA (poeta cileno 1904-1973)
XI
Ho fame della tua bocca, della tua voce, dei tuoi capelli
e vado per le strade senza nutrirmi, silenzioso,
non mi sostiene il pane, l'alba mi sconvolge,
cerco il suono liquido dei tuoi piedi nel giorno.
Sono affamato del tuo riso che scorre,
delle tue mani color di furioso granaio,
ho fame della pallida pietra delle tue unghie,
voglio mangiare la tua pelle come mandorla intatta.
Voglio mangiare il fulmine bruciato nella tua bellezza,
il naso sovrano dell'aitante volto,
voglio mangiare l'ombra fugace delle tue ciglia
e affamato vado e vengo annusando il crepuscolo,
cercandoti, cercando il tuo cuore caldo
come un puma nella solitudine di Quitratúe.
Da <<CENTO SONETTI D’AMORE>> (In PABLO NERUDA, POESIE D’AMORE, ED. NEWTON)
104
PABLO NERUDA (poeta cileno 1904-1973)
XII
Donna completa, mela carnale, luna calda,
denso aroma d 'alghe, fango e luce pestati ,
quale oscura chiarità s'apre tra le tue colonne?
Quale antica notte tocca l'uomo con i suoi sensi?
Ahi, amare è tiri viaggio con acqua e con stelle,
con aria soffocata e brusche tempeste di farina:
amare è un combattimento di lampi
e due corpi da un solo miele sconfitti.
Bacio a bacio percorro il tuo piccolo infinito,
i tuoi margini, i tuoi fiumi, i tuoi villaggi rninuscoli,
e il fuoco genitale trasformato in delizia
corre per i sottili cammini (lei sangue
fino a precipitarsi come un garofano notturno,
fino a essere e non essere che un lampo nell'ombra.
Da <<CENTO SONETTI D’AMORE>> (In PABLO NERUDA, POESIE D’AMORE, ED. NEWTON)
105
PABLO NERUDA (poeta cileno 1904-1973)
XLVII
Dietro di me sul ramo voglio vederti.
A poco a poco ti trasformasti in frutto.
Non ti costò salir dalle radici
cantando con la tua sillaba di linfa.
E qui sarai dapprima in fior fragrante,
nella statua d'un bacio trasformata,
fino a che sole e terra, sangue e cielo,
ti daran la delizia e la dolcezza.
Vedrò sul ramo la tua capigliatura,
il tuo segno che matura nel fogliame,
che avvicina le foglie alla mia sete,
la mia bocca empirà la tua sostanza,
il bacio che ascese dalla terra
col tuo sangue di frutto innamorato.
Da <<CENTO SONETTI D’AMORE>> (In PABLO NERUDA, POESIE D’AMORE, ED. NEWTON)
106
PABLO NERUDA (poeta cileno 1904-1973)
LXXXIX
Quando morrò voglio le tue mani sui miei occhi: voglio che la luce e il
frumento delle tue mani amate passino una volta ancora su di me la loro
freschezza: sentire la soavità che cambiò il mio destino.
Voglio Che tu viva mentr'io, addormentato, t'attendo, voglio che le tue
orecchie continuino a udire il vento, che fiuti l 'aroma del mare che
amammo uniti
e che continui a calpestare l'arena che calpestammo.
Voglio che ciò che amo continui a esser vivo
e te amai e cantai sopra tutte le cose,
per questo continua a fiorire, fiorita,
perché raggiunga tutto ciò che il mio amore ti ordina,
perché la mia ombra passeggi per la tua chioma,
perché così conoscano la ragione del mio canto.
Da <<CENTO SONETTI D’AMORE>> (In PABLO NERUDA, POESIE D’AMORE, ED. NEWTON)
107
PABLO NERUDA (poeta cileno 1904-1973)
In te la terra
Piccola
rosa,
rosa piccolina,
a volte, minuta e nuda,
sembra
che tu mi stia in una mano,
che possa rinchiuderti in essa
e portarti alla bocca,
ma
d'improvviso
i miei piedi toccano i tuoi piedi e la mia bocca
le tue labbra,
sei cresciuta,
le tue spalle salgono come due colline,
i tuoi seni si muovono sul mio petto,
il mio braccio riesce appena a circondare
la sottile linea di luna nuova
che ha la tua cintura:
nell'amore come acqua di mare ti sei scatenata:
misuro appena gli occhi più ampi del cielo
e mi chino sulla tua bocca per baciare la terra.
108
PABLO NERUDA (poeta cileno 1904-1973)
Se tu mi dimentichi
Voglio che tu sappia
una cosa.
Tu sai com'è questa cosa: se guardo
la luna di cristallo. il ramo rosso
del lento autunno alla mia finestra.
se tocco
vicino al fuoco
l'impalpabile cenere
o il rugoso corpo della legna.
tutto mi conduce a te,
come se ciò che esiste,
aromi. luce, metalli,
fossero piccole navi che vanno
verso le tue isole che m'attendono.
Orbene.
se a poco a poco cessi di amarmi
cesserò d'amarti poco a poco.
Se d'improvviso
mi dimentichi.
non cercarmi.
ché già ti avrò dimenticata.
Se consideri lungo e pazzo
il vento di bandiere
che passa per la mia vita
e ti decidi a lasciarmi sulla riva
del cuore in cui ho lé radici,
pensa
che in quel giorno, in quell'ora,
leverò in alto le braccia
e le mie radici usciranno
a cercare altra terra.
109
Ma
se ogni giorno.,
ogni ora
senti che a me sei destinata
con dolcezza implacabile.
Se ogni giorno sale
alle tue labbra un fiore a cercarmi,
ahi, amor mio, ahi mia,
in me tutto quel fuoco si ripete,
in me nulla si spegne né si dimentica,
il mio amore si nutre del tuo amore, Amata,
e finché tu vivrai starà tra le tue braccia
senza uscire dalle mie.
110
WYSTAN HUGH AUDEN (poeta inglese York 1907-1973)
Blues in memoria
Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
fate tacere il cane con un osso succulento,
chiudete i pianoforti, e tra un rullio smorzato
portate fuori il feretro, si accostino i dolenti.
Incrocino aeroplani lamentosi lassù
e scrivano sul cielo il messaggio Lui è Morto,
allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni,
i vigili si mettano guanti di tela nera.
Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;
pensavo che l'amore fosse eterno: e avevo torto.
Non servon più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l'oceano e sradicate il bosco;
perché ormai più nulla può giovare.
(Da W.H. AUDEN, LA VERITÀ VI PREGO SULL’AMORE, ED. ADELPHI)
111
ARSENIJ ALEXANDROVIC TARKOVSKIJ (poeta russo 1907-1989)
I primi incontri
Ogni istante nei nostri incontri
lo festeggiavamo come un'epifania,
soli a questo mondo. Tu eri
più ardita e lieve di un'ala di uccello,
scendevi come una vertigine
saltando gli scalini, e mi conducevi
oltre l'umido lillà nei tuoi possedimenti
al di là dello specchio.
Quando giunse la notte mi fu fatta
la grazia, le porte dell'iconostasi1
furono aperte, e nell'oscurità in cui luceva
e lenta si chinava la nudità
nel destarmi: «Tu sia benedetta»,
dissi, conscio di quanto irriverente fosse
la mia benedizione: tu dormivi,
e il lillà si tendeva dal tavolo
a sfiorarti con l'azzurro della galassia le palpebre,
e sfiorate dall 'azzurro le palpebre
stavano quiete, e la mano era calda.
Nel cristallo pulsavano i fiumi,
fumigavano i monti, rilucevano i mari,
mentre assopita sul trono
tenevi in mano la sfera di cristallo,
e — Dio mio! — tu eri mia.
Ti destasti e cangiasti
il vocabolario quotidiano degli umani,
e i discorsi s'empirono veramente
di senso, e la parola tu svelò
il proprio nuovo significato: zar.2
Alla luce tutto si trasfigurò, perfino
gli oggetti più semplici — il catino, la brocca — quando,
come a guardia, stava tra noi
l'acqua ghiacciata, a strati.
Fummo condotti chissà dove.
Si aprivano al nostro sguardo, come miraggi,
città sorte per incantesimo,
la menta si stendeva da sé sotto i piedi,
112
gli uccelli c'erano compagni di strada,
i pesci risalivano il fiume,
il cielo si schiudeva al nostro sguardo...
Quando il destino ci seguiva passo a passo,
come un pazzo col rasoio in mano.
(Traduzione di Gario Zappi)
1. Nelle chiese cristiane ortodosse l’iconostasi è un tramezzo che separa il
presbiterio, cioè la parte riservata al clero, dalle navate in cui stanno i fedeli. È
tutta adorna di immagini devozionali (icone). Per il poeta entrare nella camera
della donna amata è come entrare in un luogo sacro.
2. Significò: mio re, mia regina.
(Da ARSENIJ ALEXANDROVIC TARKOVSKIJ, POESIE SCELTE, LIBRI
SCHEIWILLER)
113
CESARE PAVESE (Torino 1908-1950)
You, wind of March
Sei la vita e la morte.
Sei venuta di marzo
sulla terra nuda –
il tuo brivido dura.
Sangue di primavera –
anemone o nube
il tuo passo leggero
ha violato la terra.
Ricomincia il dolore
Il tuo passo leggero
ha riaperto il dolore.
Era fredda la terra
sotto povero cielo,
era immobile e chiusa
in un torpido sogno,
come chi più non soffre.
Anche il gelo era dolce
dentro il cuore profondo.
Tra la vita e la morte
la speranza taceva.
Ora ha una voce e un sangue
ogni cosa che vive.
Ora la terra e il cielo
sono un brivido forte,
la speranza li torce,
li sconvolge il mattino,
li sommerge il tuo passo,
i l t uo f ia to d 'au rora
Sangue di primavera,
tutta la terra trema di un antico tremore.
Hai riaperto il dolore.
Sei la vita e la morte.
Sopra la terra nuda
sei passata leggera
come rondine o nube.
e il torrente del cuore
si è ridestato e irrompe
114
e si specchia nel cielo
e rispecchia le cose -
e le cose, nel cielo e nel cuore
soffrono e si contorcono
nell'attesa di te.
È il mattino, è l'aurora,
sangue di primavera,
tu hai violato la terra.
La speranza si torce,
e ti attende ti chiama.
Sei la vita e la morte
Il tuo passo è leggero.
da «CESARE PAVESE, POESIE. OSCAR MONDADORÌ)
115
CESARE PAVESE ( 1908-1950)
La luce dei tuoi occhi
I mattini passano chiari
deserti. Così i tuoi occhi
s'aprivano un tempo. Il mattino
trascorreva lento. era un gorgo
d'immobile luce. Taceva
Tu vi va t ace vi ; l e co se
vivevano sotto i tuoi occhi
(non pena non febbre non ombra)
come un mare al mattino, chiaro.
Dove sei tu, luce. è il mattino.
Tu eri la vita e le cose.
In te desti respiravamo
sotto il cielo che ancora è in noi.
Non pena non febbre allora.
non quest'ombra greve del giorno
affollato e diverso o luce,
chiarezza lontana, respiro
affannoso, rivolgi gli occhi
immobili e chiari su noi.
E' buio il mattino che passa
senza la luce dei tuoi occhi.
da «CESARE PAVESE, POESIE. OSCAR MONDADORÌ)
116
ATTILIO BERTOLUCCI (1911-2000)
La neve
Come pesa la neve su questi rami
come pesano gli anni sulle spalle che ami.
L'inverno è la stagione più cara,
nelle sue luci mi sei venuta incontro
da un sonno pomeridiano, un'amara
ciocca di capelli sugli occhi.
Gli anni della giovinezza sono anni lontani.
(Da ATTILIO BERTOLUCCI, LE POESIE, ED. GARZANTI, COLLANA GLI ELEFANTI
POESIA)
117
ATTILIO BERTOLUCCI (1911-2000)
La fidanzata
La pioggia batteva sui vetri
veniva la sera
tu eri la mia fidanzata
e io ti tenevo stretta
seduto vicino al fuoco.
La fiamma pian piano
ci addormentava,
accendeva il tuo viso bruno
che diveniva debole brace.
Fuori v'erano alberi fermi e soavi
nella luce del ciclo che schiariva.
Uscimmo e camminammo in silenzio
fra siepi lucide e gocciolanti
alla cui ombra stavano
garofani di campo bianchi e rosa
bagnati dalla pioggia recente.
(Da ATTILIO BERTOLUCCI, LE POESIE, ED. GARZANTI, COLLANA GLI ELEFANTI
POESIA)
118
ATTILIO BERTOLUCCI (1911-2000)
Per lo scienziato il canto degli uccelli ha lo scopo di segnare il territorio, per il
poeta esprime la gioia di vivere, la felicità. Chi ha ragione?
Entrambi. Le due letture della realtà non sono alternative, ma si integrano, si
completano.
Non possiamo concepire il mondo degli animali unicamente alla luce delle
funzione biologica dei singoli comportamenti, delle singole manifestazioni della
loro vita. Gli animali hanno una vita emotiva e affettiva che per certi aspetti
somiglia alla nostra. Provano sentimenti, gioiscono e soffrono, hanno legami
affettivi di coppia che in alcuni casi durano tutta la vita. Conoscono l’amore,
anche se l’amore per essi assume modalità espressive diverse dalle nostre.
Le farfalle
Perché le farfalle vanno sempre a due a due
e se una si perde entro il cespo violetto
delle settembrine l'altra non la lascia ma sta
sopra e vola confusa che pare si sbatta
contro i muri di un carcere mentre non è che questo
oro del giorno già in via d'offuscarsi
alle cinque del pomeriggio avvicinandosi ottobre?
— Forse credevi d'averla perduta ma eccola ancora
sospesa nell'aria riprendere l'irragionevole moto
verso la plaghe che l'ombra più presto fa sue
dei campi vendemmiati e arati della domenica:
tu non hai che a seguirla incontro alla notte
come l'attendesti nel lume inquieto del sole
finché fu sazia del succo di quei fiori d'autunno.
Per agevolare la comprensione del testo inserisco le virgole in corrispondenza
delle pause.
Perché le farfalle vanno sempre a due a due,
e se una si perde entro il cespo violetto
delle settembrine, l'altra non la lascia ma sta
sopra, e vola confusa, che pare si sbatta
contro i muri di un carcere, mentre non è che questo
oro del giorno, già in via d'offuscarsi,
alle cinque del pomeriggio, avvicinandosi ottobre?
119
— Forse credevi d'averla perduta, ma eccola ancora
sospesa nell'aria, riprendere l'irragionevole moto
verso la plaghe che l'ombra più presto fa sue,
dei campi vendemmiati e arati della domenica:
tu non hai che a seguirla incontro alla notte,
come l'attendesti nel lume inquieto del sole ,
finché fu sazia del succo di quei fiori d'autunno.
(Da ATTILIO BERTOLUCCI, LE POESIE, ED. GARZANTI, COLLANA GLI ELEFANTI
POESIA)
120
ANNA MARIA ORTESE (Roma 1914-1998)
Mentre mio padre moriva ti vidi la prima volta
Mentre mio padre moriva ti vidi la prima volta.
Da quel tempo sempre stavo con te, ti cercavo,
anche tu mi cercavi: in mezzo alla gente eravamo soli,
trepido il tuo sguardo, triste — contento il mio.
Il primo giorno dell'anno dovevi venire a una festa,
io avevo al collo dei fiori di carta bianca,
piansi quando vidi che erano le tre,
e ancora il tuo volto caro non appariva. Ma il giorno
secondo dell'anno — qualcuno
ti aveva informato — corresti dalla piccola donna,
e tutta la sera per lei come una luna splendesti.
Dicesti dolci parole e non avevi chitarra,
le dame che erano in sala si fecero tristi.
«Bene, è ora di andare». Saliti in vettura,
tu e io come ragazzi, mi guardavi:
io non osavo muovermi. Mi accarezzasti la fronte.
Piegando il viso, vergognandomi, carezzai la tua fronte.
Nascondesti il tuo viso dietro il mio collo. La mano
era ferma sul mio ginocchio. Pensavo:
così fanno tutti, domani neppure si ricorderà.
Ma sono passati due mesi e ogni sera c'incontriamo,
il tuo cappotto è povero, non hai guanti né berretto,
ma la tua fronte ogni sera
è più chiara, i tuoi occhi
più teneri e gravi, la mano
che mi stringe più calda, più forte;
trascorrono ore che paiono solo alcuni momenti.
Al buio camminiamo, ed io
poso la fronte ogni tanto con umiltà sul tuo petto.
Passano case e strade, passano ponti e canali,
passano muti giardini, cade tranquilla la neve.
Le dita intrecciate, le tempie
unite in un solo tepore,
gli occhi vicino agli occhi, come una sola persona
che all'anima sua mormori tenere cose, come
la neve che scende e risale
senza rumore né moto, leggero noi andiamo.
(da Il mio paese è la notte In <<POESIE D’AMORE “IN SEGRETO E IN
PASSIONE” RACCOLTA DELLE PIÙ ”CELEBRI POETESSE DI OGGI, ED.
NEWTON>>)
121
PIERRE DELANOË (Parigi 1918- 2006)
Et maintenant
Et maintenant que vais-je faire
de tout ce temps que sera ma vie
de tous ces gens qui m'indiffèrent
maintenant que tu es partie.
Toutes ces nuite, pourquoi pour qui
et ce matin qui revient pour rien
ce coeur qui bat, pour qui, pour quoi
qui bat trop fort, trop fort.
Et maintenant que vais-je faire
vers quel néant glissera ma vie
tu m'as laissé la terre entière
mais la terre sans toi c'est petit. Vous, mes amis, soyez gentils
vous savez bien que l'on n'y peut rien
même Paris crève d'ennui
toutes ses rues me tuent.
Et maintenant que vais-je faire
je vais en rire pour ne plus pleurer
je vais brûler des nuits entières
au matin je te haïrai
et puis un soir dans mon miroir
je verrai bien la fin du chemin
pas une fleur et pas de pleurs
au moment de l'adieu
Je n'ai vraiment plus rien à faire
je n'ai vraiment plus rien........
E adesso
E adesso cosa farò
di tutto questo tempo che sarà la mia vita
di tutte queste persone che mi sono indifferenti
ora che sei partita.
Tutte queste notti, perchè per chi
e questo mattino che viene per niente
questo cuore che batte, per chi, perchè
che batte troppo forte, troppo forte .
E ora cosa farò
verso quale niente scivolerà la mia vita
122
tu mi hai lasciato tutta la terra
ma la terra senza di te è piccola.
Voi, amici miei, siate gentili
sapete bene che non si ci si può far nulla
anche Parigi muore di noia
tutte le strade mi uccidono
E ora cosa farò
riderò per non piangere
brucerò notti intere
al mattino ti odierò
e poi una sera nel mio specchio
vedrò la fine del mio cammino
non un fiore e non una lacrima
al momento dell'addio
Non ho veramente più niente da fare
Non ho veramente più niente...
123
GEORGES BRASSENS (chansonnier e poeta francese 1921-1981)
Nell'acqua della chiara fontana
Nell'acqua della chiara fontana,
lei, tutta nuda, si bagnava,
quando un soffio di tramontana
le sue vesti in cielo portava;
dal folto dei capelli mi chiese,
per rivestirla, di cercare
i rami di cento mimose
e ramo con ramo intrecciare;
volli coprire le sue spalle
tutte di petali di rosa,
ma il suo seno era così minuto
che fu sufficiente una rosa;
cercai ancora nella vigna,
perché a metà non fosse spoglia,
ma i suoi fianchi eran così minuti
che fu sufficiente una foglia;
le braccia lei mi tese allora,
per ringraziarmi un po' stupita,
io la presi con tanto ardore
che lei fu di nuovo svestita;
il gioco divertì la graziosa,
che molto spesso alla fontana
tornò a bagnarsi, pregando 1 Dio
per un soffio di tramontana.
(Trad. Fabrizio De André
1. Ringraziando
(Da POESIA STRANIERA - FRANCESE, LA BIBLIOTECA DI REPUBBLICA,
GRUPPO EDITORIALE L’ESPRESSO)
124
MARGHERITA GUIDACCI (1921-1992)
Prima del nostro incontro
Sottraggo i giorni ad uno, ad uno, li sigillo
e metto via, quando sono compiuti,
benedicendo il loro sole, la loro pioggia
o qualunque sia stato il loro dono;
benedicendo soprattutto la notte
che, seppur lenta, li accolse alla fine.
E prego quelli che ancora rimangono
prima del nostro incontro (ed a contarli
bastano ormai le dita di una mano)
di non smarrirsi in cielo, ma procedere
come i loro fratelli: un po’ più in fretta,
se possono, ritmandosi sul vivo
battito del mio cuore.
E tuttavia, neppure troppo in fretta -
perché ancora non so comprendere, adattarmi:
temo il momento in cui sarò chiamata
alla quasi insostenibile gioia.
In <<POESIE D’AMORE “L’ASSENZA, IL DESIDERIO” RACCOLTA DELLE PIÙ
”CELEBRI POETESSE DI OGGI, ED. NEWTON>>
125
MARGHERITA GUIDACCI (1921-1992)
E’ come una mancanza di respiro
E’ come una mancanza
di respiro ed un senso di morire,
quando mi stringe improvviso
il desiderio di te tanto lontano
e nulla può calmarlo, altro pensiero
non può occuparmi, tranne il Paradiso
che sarebbe per me lo starti accanto.
Ma poichè ciò m’è negato, più cara,
molto più cara d’una fredda pace
mi è la stretta indicibile
quasi marchio di fuoco che proclami
ancora e sempre quanto sono tua.
A nessun costo vorrei separarmi da questo mio dolore.
In <<POESIE D’AMORE “L’ASSENZA, IL DESIDERIO” RACCOLTA DELLE PIÙ
”CELEBRI POETESSE DI OGGI, ED. NEWTON>>
126
PINO RUFFO (?)
Natura morta
Sulla tovaglia bianca
hai posato una tazza verde;
una mela rossa e, in mezzo,
un vaso con un fiore.
Sulla tovaglia bianca
non oso posare le mie mani.
Non è morta questa natura
se le hai dato vita e sentimento.
Oltre la bianca tovaglia
vedo il colore dei tuoi occhi
e, attorno, aleggiare le tue mani.
Non oso mordere quella mela,
vuotare quella tazza,
toccare quel fiore:
non vorrei sciupare
questa viva composizione
del tuo amore.
127
BLAGA DIMITROVA - (Poetessa bulgara 1922-2003)
Abbraccio
Cuore nel cuore. E respiro nel respiro.
Così vicino a me, tanto da non vederti.
Oltre la tua spalla guardavo in lontananza un monte oscuro.
Ero protesa in uno slancio quasi a oltrepassarti.
Sentivo battere il cuore impazzito delle stelle.
Accoglievo il vento affannato, rivestito di foglie.
Mi univo alle ombre dei boschi che venivano incontro
e ai rami che si aprivano ad abbracciare la notte.
La lontananza inspiravo in un sorso enorme.
Premevo vento, nubi e stelle al mio petto.
E nel cerchio stretto di un abbraccio
ho rinchiuso l'infinito intero del mondo.
(Da BLAGA DIMITROVA, SEGNALI (POESIE SCELTE 1937-1999, ED. FONDAZIONE
PIAZZOLLA)
128
BLAGA DIMITROVA - (Poetessa bulgara 1922-2003)
Notti bianche
Fonte ignota di luce
imbeve graniti e giardini.
La Neva ha riversato in cielo rossori,
il cielo nel fiume fremiti d'azzurro.
E spalla a spalla due giovani
vanno con passo cauto e lento -
per non disperdere questa luce
che da cuore a cuore trabocca.
Blaga Dimitrova - 1947
(Da BLAGA DIMITROVA, SEGNALI (POESIE SCELTE 1937-1999, ED. FONDAZIONE
PIAZZOLLA)
129
BLAGA DIMITROVA - (Poetessa bulgara 1922-2003)
Mattino
Era necessario un addio, perché capissi,
che non c'è un addio per noi.
Per sempre porterò in me quest'alba
come segno di bruciatura.
Alzàti sul far del giorno,
partimmo verso l'aeroporto grigio
ed eravamo contenti, perché era così lontano.
La mia ultima parola fu un sorriso.
E sopra di noi sorgeva con l'addio
l'incontro vero e l'amore.
Blaga Dimitrova - 1961
(Da BLAGA DIMITROVA, SEGNALI (POESIE SCELTE 1937-1999, ED. FONDAZIONE
PIAZZOLLA)
130
BLAGA DIMITROVA - (Poetessa bulgara 1922-2003)
Senza amore
Da questo momento vivrò senza amore.
Libera dal telefono e dal caso.
Non soffrirò. Non avrò dolore né desiderio.
Sarò vento imbrigliato, ruscello di ghiaccio.
Non pallida per la notte insonne -
ma non più ardente il mio volto.
Non immersa in abissi di dolore -
ma non più verso il cielo in volo.
Non più cattiverie - ma nemmeno
gesti di apertura infinita.
Non più tenebre negli occhi, ma lontano
per me non s'aprirà l'orizzonte intero.
Non aspetterò più, sfinita, la sera -
ma l'alba non sorgerà per me.
Non mi inchioderà, gelida, una parola -
ma il fuoco lento non mi arderà.
Non piangerò sulla crudele spalla -
ma non riderò più a cuore aperto.
Non morrò solo per uno sguardo -
ma non vivrò realmente mai più.
(1958)
(Da BLAGA DIMITROVA, SEGNALI (POESIE SCELTE 1937-1999, ED. FONDAZIONE
PIAZZOLLA)
131
GERVASIO BELLINATO (1922-1987)
Non sono i versi a fare una poesia, ma l’emozione e il sentimento espressi
poeticamente.
Quelli che seguono non sono poesie in senso stretto, ma stralci di lettere. Li
riporto perché sono pieni di poesia. Le lettere sono state spedite alla moglie dal
caro amico e collega Gervasio Bellinato da Mussumeli in Sicilia, dove aveva
preso servizio come direttore didattico.
Ancora ti stringo tra le braccia e non mi sento di lasciarti. Sento palpitare il
tuo seno mentre i cuori si parlano. La penna è confusa e traduce male le concitate
tenerissime parole che gli animi nostri nel silenzio si dicono. lo vorrei una
trascrizione fedele del mio senti-mento, ma l'amore è molto più grande della mia
povera parola. E così ti ascolta senza parlare o pronuncia confuso il noto saluto
che per noi significa... baci, carezze e altre cose assai belle. L'ho già ripetuto mille
volte stamattina questo saluto e sempre mi torna alle labbra: ciao Passerotto, ciao
amore, ciao tesoro. È questa la nostra poesia, scritta ormai tanti anni fa, eppure
sempre tanto bella.
Fra poco la reciteremo insieme, a due voci, pensando ai fiori campestri e ai
freschi tramonti che l'hanno ispirata. Riandremo in quei luoghi tenendoci per
mano per rivedere i meandri del fiume, per ascoltare la raganella che chiama la
pioggia. E anche noi piangeremo di tenerezza ritrovando sempre verde il giardino
dove sboccia il nostro affetto. Verrai? Ti porterò tra le braccia come allora per
ripeterti ancora che ti amo tanto tanto.
* * *
Era proprio di questa stagione; c le erbe sull'Adige alitavano amore. Sono
passati tanti giorni, tanti tanti da quel pomeriggio, eppure per noi quelle erbe
hanno an-cora lo stesso respiro. Le senti? Ci dicono che attendono noi, prima che
l'autunno mandi le nebbie a celarne i colori. Ma anche tra le nebbie noi sapremo
scoprire il verde della nostra erba.
* * *
L'amore è un suggeritore assai monotono; sa dire solo poche parole, ma
grandi come il mondo. Dicendo "amore mio, ti voglio tanto bene" infatti io evoco
il so¬le della primavera, la rugiada dei fiori, la musica delle fronde, i colori
dell'alba e mille altre cose ancora, tutte presenti nel ricordo dei tuoi occhi, nella
freschezza del tuo sorriso.
Mandami tanti baci: baci appena sussurrati a fior di labbra; baci stimolati da
misteriosi profumi; baci sereni nei quali l'amore si riposa e prende nuovo vigore.
Baci baci baci, ed io mi sentirò ricco e fortunato più d'ogni altro uomo al mondo.
132
WISLAWA SZIMBORSKA, (Poetessa polacca premio Nobel 1923 – 2012)
Accanto a un bicchiere di vino
Con uno sguardo mi ha reso più bella,
e io questa bellezza l'ho fatta mia.
Felice, ho inghiottito una stella.
Ho lasciato che mi immaginasse
a somiglianza del mio riflesso
nei suoi occhi. Io ballo, io ballo
nel battito di ali improvvise.
[…….…]
Gli parlo di tutto ciò che vuole:
delle formiche morenti d'amore
sotto la costellazione del soffione.
Gli giuro che una rosa bianca,
se viene spruzzata di vino, canta.
Mi metto a ridere, inclino il capo
con prudenza, come per controllare
un'invenzione. E ballo, ballo
nella pelle stupita, nell'abbraccio
che mi crea.
[……….]
Quando lui non mi guarda,
cerco la mia immagine
sul muro. E vedo solo
un chiodo, senza il quadro.
(Da WISLAWA SZYMBORSKA, ELOGIO DEI SOGNI, ED. ADELPHI)
133
OTTAVIANO MENATO (Poeta veneto 1927-2010)
Il "sí" del matrimonio
Prima di dire il "sì,
dolcissimo mio futuro sposo,
prendimi tra le tue braccia
e stringimi nella tua musica.
Non parlare, ferma il tempo,
vestimi della dolcezza dei tuoi occhi
e fammi sognare,
fammi volare in alto, in alto!
E sulla soglia dell'infinito azzurro,
coprimi dei canti del cielo,
dei canti del tuo grande amore,
del tuo ardente cuore.
Insieme danzeremo la gioia
del nostro gioioso "sí",
del nostro "sì"
per sempre.
(Da CANTO LA VITA, LA BELLEZZA, L’AMORE)
135
AUTORE (A ME) SCONOSCIUTO
Anello nuziale
Mentre lavoro, con l'anello d'oro puro
tu mi stringi nel sangue del mio dito,
che poi si fa con te,
piacere per tutta la mia carne.
Che felicità! Come le mie forti vene
vanno, dolci, ubriacandosi di te,
come di un celeste miele
nella luce degli eterni calici!
Il mio cuore intero passa,
fiume impetuoso e nobile,
sotto il soave anello che, per contenerlo,
s'apre in infiniti circoli d'amore.
136
GIORGIO CALABRESE (Genova 1929)
E se domani
E se domani
io non potessi
rivedere te,
mettiamo il caso
che ti sentissi stanco di me.
Quello che basta all'altra gente
non mi darà
nemmeno l'ombra
della perduta felicità.
E se domani
e sottolineo "se"
all'improvviso perdessi te,
avrei perduto il mondo intero
non solo te.
137
ADONIS (poeta siriano-libanese 1930)
Uno specchio per Khàlida
(1.L’onda)
Khàlida
Sul ramo
tutto intorno
germoglia la tristezza
Khàlida
Un viaggio annega i giorni
nell'acqua dei tuoi occhi.
Una onda mi ha insegnato
che la luce delle stelle,
che il volto delle nubi
e il lamento della polvere
sono un solo fiore...
(Traduzione F. M. Corrao)
138
ALDA MERINI (1931-2009)
Quando tu non ci sei
a Michele Pierri
Quando tu non ci sei,
e l'aria non risuona dei tuoi richiami segreti
allora l'ombra si stende come un manto,
la sera diventa feroce
e gli uccelli mi cadono ai piedi stecchiti
come percossi da una peste improvvisa,
perché la mancanza di amore
ahimè è la mia pestilenza.
(In POESIE D’AMORE - L’ASSENZA, IL DESIDERIO – LE PIÙ IMPORTANTI
POETESSE ITALIANE CONTEMPORANEE, ED. NEWTON)
139
ALDA MERINI (1931-2009)
Lettere
Rivedo le tue lettere di amore
illuminata adesso dal distacco,
senza quasi rancore...
L'illusione era forte a sostenerci,
ci reggevamo entrambi negli abbracci
pregando che durassero gli intenti,
ci promettemmo il «sempre degli amanti»,
certi nei nostri spiriti di iddii,
E hai potuto lasciarmi!
E hai potuto intuire un'altra luce
che seguitasse dopo le mie spalle.
Mi hai suscitata dalle scarse origini
con richiami di musica divina,
mi hai resa divergenza di dolore,
spazio per la tua vita di ricerca
per abitarmi il tempo di un errore
e mi hai lasciato solo le tue lettere
onde ne ribevessi la mia assenza.
da La presenza di Orfeo
(In POESIE D’AMORE - L’ASSENZA, IL DESIDERIO – LE PIÙ IMPORTANTI
POETESSE ITALIANE CONTEMPORANEE, ED. NEWTON)
140
ALDA MERINI (1931-2009)
Genesi
Vorrei un figlio da te che sia una spada
lucente, come un grido di alta grazia,
che sia pietra, , che sia novello Adamo,
lievito del mio sangue e che risolva
più dolcemente questa nostra sete!
Ah, se ti -amo, lo grido ad ogni vento
gettando fiori da ogni scarso ramo
e fiorita son tutta e di ogni velo
vo' scerpando il mio lutto,
perché genesi sei della mia carne.
Ma il mio cuore, trafitto dall'amore
ha desiderio di mondarsi, vivo,
e perciò dammi un figlio delicato,
un bellissimo vergine viticcio
da allacciare al mio tronco e tu possente
padre, tu olmo ricco di ogni forza antica
mieterai dolci ombre alla mia luce.
da Tu sei Pietro
(In POESIE D’AMORE - L’ASSENZA, IL DESIDERIO – LE PIÙ IMPORTANTI
POETESSE ITALIANE CONTEMPORANEE, ED. NEWTON)
141
GINO PAOLI (1934)
Il cielo in una stanza
Quando sei qui con me
questa stanza non ha più pareti
ma alberi, alberi infiniti.
Quando sei qui vicino a me
questo soffitto viola
no, non esiste più...
Io vedo il cielo sopra noi
che restiamo qui, abbandonati
come se, se non ci fosse più
niente, più niente al mondo.
Suona un'armonica:
mi sembra un organo
che vibra per te e per me
su nell'immensità del cielo
. . .
Suona un'armonica:
mi sembra un organo
che vibra per te e per me
su nell'immensità del cielo
Per te... e per me
nel cielo.
142
MUHAMMAD AL-MAGHUT (poesia araba 1934)
Malinconia al chiaro di luna
Oh primavera che arrivi dai suoi occhi Oh passero che viaggi al chiaro di luna
Portami da lei
Versi di passione o fendente di lama io sono perduto, ferito
Amo la pioggia e gemo per onde lontane
mi desto da un sonno profondo
ricordo il ginocchio di una donna amata, un giorno la vidi e nel vino e nei versi mi
persi.
Di' alla mia amata Laylà,
dalla bocca ebbra e i piedi di seta, sono malato e il desiderio mi strugge colgo
tracce di passi sul mio cuore
Damasco, carro di rose per prigionieri,
disteso nella mia stanza
a scrivere, sognare e guardare i passanti
dall'alto cuore del cielo
ascolto il palpito della tua pelle nuda.
Da vent'anni, bussiamo alle tue porte chiuse
sui nostri abiti e sui figli la pioggia diluvia
e i nostri volti feriti dalla tosse tagliente
dolenti come il pallido addio della tisi
e i selvaggi venti dei deserti
recano i nostri lamenti
ai vicoli, ai fornai e ai delatori
e noi cavalli bradi ci avventiamo sulle pagine di storia piangiamo e tremiamo
e dietro i nostri passi curvi
passano i venti e spighe amaranto...
Ci separammo
una tempesta di stelle cadenti
avanza nei tuoi gelidi occhi
Eccola, corrucciata amante
dal corpo ammantato di tosse e di gemme sei mia
questo amante è per te, amata!
Prima di partire,
ho giaciuto con una donna e scritto versi d'amore
alla notte, all'autunno alle nazioni umiliate.
Nel giallo meriggiare del sole
appoggiavo il capo tra le imposte delle finestre
lasciavo brillare le lacrime come alba, come donna nuda
Legato da un antico vincolo alla malinconia e alla devozione e in prossimità di
silenziose nubi lontane
apparivano a centinaia nudi laidi torsi
immersi in un fiume di spine e una nube dai tristi occhi blu mi stringe
alla storia adagiata sulle mie labbra.
143
Oh lunghi sguardi di dolore
oh macchioline di sangue, déstati io qui ti vedo
su bandiere ammainate
tra le pieghe di abiti setosi Sotto il tuo cielo terso avanzo tra la folla come tuono
dorato avanzo piangendo patria mia
Dove sono i vascelli colmi di spade e tabacco
e la serva dai grandi occhi che ha conquistato un regno come due calde donne
Sei come una lunga notte sul petto di donna, patria mia io spettro anonimo qui
sono straniero
144
MOGOL (1936)
Acqua azzurra acqua chiara
Ogni notte ritornar
per cercarla in qualche bar,
domandare ciao che fai
e poi uscire insieme a lei.
Ma da quando ci sei tu
tutto questo non c'e' piu'.
Acqua azzurra, acqua chiara
con le mani posso finalmente bere.
Nei tuoi occhi innocenti
posso ancora ritrovare
il profumo di un amore puro,
puro come il tuo amor.
Ti telefono se vuoi
non so ancora se c'e' lui ...
accidenti che faro'
quattro amici trovero'.
Ma da quando ci sei tu
tutto questo non c'e' piu'.
Acqua azzurra, acqua chiara
con le mani posso finalmente bere.
Nei tuoi occhi innocenti
posso ancora ritrovare
il profumo di un amore puro,
puro come il tuo amor
Da quando ci sei tu
tutto questo non c'e' piu'.
Acqua azzurra, acqua chiara
con le mani posso finalmente bere...
Sono le quattro e mezza ormai
non ho voglia di dormir
a quest'ora, cosa vuoi,
mi va bene pure lei.
Ma da quando ci sei tu
tutto questo non c'e' piu'.
Acqua azzurra, acqua chiara
con le mani posso finalmente bere
Acqua azzurra, acqua chiara
Nei tuoi occhi innocenti....
145
UNSI ‘L-HAGG (poeta libanese 1937)
Dialogo
Dimmi, mia amata, a cosa pensi?
Penso al tuo sole che non mi illumina, amore mio.
Dimmi, a cosa pensi?
Penso a te, a come puoi resistere alla freschezza del mio cuore.
Dimmi, a cosa pensi?
Penso, amore mio, alla tua tirannia, a come ora m'ami mentre io non t'amo.
(Traduzione M. Masullo)
146
BELLA ACHMADÙLINA (poetessa russa 1937-2010)
La tua casa
La tua casa, che non conosce le disgrazie,
mi accoglieva e mi sbaciucchiava sulla guancia.
Come un pesce dall'acqua
il servizio faceva capolino dai vetri.
Ed il cane mi veniva incontro saltellando
come una cornacchia, piccolo, bagnato,
e nella indifesa armatura
stavano ritti i cactus alla finestra.
Dalle discordia di tutta la terra
io venivo come un infreddolito ambasciatore
e la casa mi guardava negli occhi
ed era buona e delicata.
Sulla mia testa non attirò
la vergogna, non si tradì.
La casa mi giurava che mai
aveva visto quella donna.
Diceva: "Io sono vuota. lo sono vuota!"
Io dicevo: "Da qualche parte, da qualche parte...
Diceva: "Lascia stare. Lascia stare.
Entra e dimenticatene."
Oh, come temevo dapprima
un fazzoletto o un altro oggetto,
ma la casa ripeteva le sue parole,
rimescolava gli oggetti.
Faceva sparire le tracce di lei.
Oh, come fingeva abilmente
che qui non erano cadute lacrime,
non si era appoggiato un gomito.
Come una minuziosa risacca
lavò tutto: e le impronte delle scarpe,
e quell'oggetto abbandonato,
ed il bottone di un guanto.
Tutti si erano messi d'accordo: il cane dimenticò
con chi giocava ed il piccolo chiodo
non sapeva chi lo aveva dimenticato
147
e mi dava una nebbiosa risposta.
Gli specchi erano così vuoti,
come se la neve vi fosse caduta e fermata.
Non potevano ricordarsi i fiori
chi li poneva nel bicchiere sfaccettato...
Oh, casa altrui! Oh, cara casa!
Addio! Ti domando una piccola cosa:
non essere così buona. Non essere così buona.
Non consolarmi con un inganno.
1959
(Da BELLA ACHMADÙLINA, POESIE SCELTE, FONDAZIONE PIAZZOLLA ROMA)
148
BELLA ACHMADÙLINA (poetessa russa 1937-2010)
Io pensavo che tu eri il mio nemico
Io pensavo che tu eri il mio nemico,
la mia pesante sciagura,
ma tu non sei un nemico, sei soltanto un contaballe
e tutto il tuo gioco è da quattro soldi.
Sulla piazza del Maneggio
gettavi una moneta nella neve.
Indovinavi dalla moneta
se io ti amavo o no.
E mi coprivi le gambe con lo scialle
là, nel giardino di Alessandro,
e mi scaldavi le mani, ma ingannavi sempre,
pensavi sempre che anche io avrei mentito.
Turbinavano sopra di me le menzogne,
più somiglianti ad uno stormo di cornacchie.
Ma ecco, per l'ultima volta mi dici addio,
negli occhi né azzurro, né nero.
Oh, vivrai ancora, non soffrirai,
però, a me non importa assolutamente nulla.
Ma come tutto è senza ragione,
ma come tutto è assurdo.
Tu devi andare a destra.
Io devo andare a sinistra.
1957
(Da BELLA ACHMADÙLINA, POESIE SCELTE, FONDAZIONE PIAZZOLLA ROMA)
149
BIANCAMARIA FRABOTTA (Roma 1946)
Quasi che il sonno l'uno all'altra
Quasi che il sonno l'uno all'altra
h rapisse, nel buio intrecciando le dita
si sfiorano con la punta del piede
e pensano — gli estremi si toccano
nel cuore della notte.
Uno dei due già sogna anche per l'altro.
E incline più al contagio che al presagio s'addormenta
l'amore coniugale
mano nella mano, la vita cinta
come per la danza, mentre quell'altra
vita preme ai cancelli del rimosso e
li piega. Entrambi sul fianco sinistro.
L’alba li sveglia un poco più fratelli.
In <<POESIE D’AMORE “IN SEGRETO E IN PASSIONE” RACCOLTA DELLE PIÙ
”CELEBRI POETESSE DI OGGI, ED. NEWTON>>
150
ELENA CLEMENTELLI (vivente)
Storia d'amore
Ci scontrammo sulle piste del sangue.
Imperativo,
più che invito,
il richiamo che fu comando ai sensi.
Il sorriso d'un angelo apostatico
accese un lampo nel meriggio
e un fragore di tuono
scosse l'attonita inerzia dei cuori.
In cielo, la congiunzione degli astri
avvolse i nostri segni: e fu consenso.
Giro di giorni e d'anni
lungo un fiume convulso di eventi.
Poi, mano nella mano, mentre più
chiara luce
attenua, senza spegnerlo, il fuoco di quel primo bagliore,
memoria e pace giacciono insieme.
E così, insieme, i passi, nell'armonia dei ritmi
costruiti
battuta su battuta,
fra allegro andante e scherzo,
scandiscono i tempi d'una partitura in crescendo.
da Il conto
In <<POESIE D’AMORE “IN SEGRETO E IN PASSIONE” RACCOLTA DELLE PIÙ
”CELEBRI POETESSE DI OGGI, ED. NEWTON>>
152
ELENA CLEMENTELLI (vivente)
Duello al tramonto
Non scagliamo parole
attraverso il burrone dell'amore franato.
Non costruirebbero un ponte.
Ma muti volgiamo le spalle,
contiamo i passi, secondo le leggi d'onore,
sempre più a nord,
sempre più a sud,
fino a perdere il conto e la voglia
di fermarci e sparare.
da Così parlando onesto
In <<POESIE D’AMORE “IN SEGRETO E IN PASSIONE” RACCOLTA DELLE PIÙ
”CELEBRI POETESSE DI OGGI, ED. NEWTON>>
153
MOGOL (1936)
L’immensità
Io son sicuro che, per ogni goccia
per ogni goccia che cadrà
un nuovo fiore nascerà
e su quel fiore una farfalla volerà
Io son sicuro che
in questa grande immensità
qualcuno pensa un poco a me
e non mi scorderà
Sì, io lo so,
tutta la vita sempre solo non sarò
e un giorno io saprò
d'essere un piccolo pensiero
nella più grande immensità.....
di quel cielo.
Sì, io lo so,
tutta la vita sempre solo non sarò
un giorno troverò
un po' d'amore anche per me
per me che sono nullità
nell'immensità...
154
SEAMUS HEANEY (poeta dell’Irlanda del Nord, 1939)
Commiato
Signora dalla camicetta increspata
E dalla semplice gonna scozzese,
Da quando hai lasciato la casa
Il suo vuoto ferisce
Ogni pensiero. In tua presenza
Passava in fretta il tempo, ancorato
A un sorriso; ma l'assenza
Ha sconvolto l'equilibrio dell'amore, ha tolto
L'ormeggio ai giorni. Ed essi danno sgroppate,
Rimbalzano e a testa bassa caricano
Attraverso il calendario
Scagliati dal suono quieto
Della tua voce tenera di fiore.
Sulla mia spiaggia si frange la tua assenza,
Sei partita, ed io sono per mare.
Finché non riprendi il comando
L'io si ammutina.
155
FABRIZIO DE ANDRÈ (1940-1999)
Marinella
Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a primavera
ma il vento che la vide così bella
dal fiume la portò sopra a una stella
sola senza il ricordo di un dolore
vivevi senza il sogno di un amore
ma un re senza corona e senza scorta
bussò tre volte un giorno alla sua porta
bianco come la luna il suo cappello
come l'amore rosso il suo mantello
tu lo seguisti senza una ragione
come un ragazzo segue un aquilone
e c'era il sole e avevi gli occhi belli
lui ti baciò le labbra ed i capelli
c'era la luna e avevi gli occhi stanchi
lui pose la mano sui tuoi fianchi
furono baci furono sorrisi
poi furono soltanto i fiordalisi
che videro con gli occhi delle stelle
fremere al vento e ai baci la tua pelle
dicono poi che mentre ritornavi
nel fiume chissà come scivolavi
e lui che non ti volle creder morta
bussò cent'anni ancora alla tua porta
questa è la tua canzone Marinella
che sei volata in cielo su una stella
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno , come le rose
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno come le rose.
156
MARIANNA BUCCHICH (vivente)
L'intrusa
Vorrei lei non trovasse
una traccia di te.
Ti amo molto -
non lo deve sapere
questo voglio che sia solo per me
e per te.
Butterò le tue cicche
perché non senta l'odore
delle tue labbra,
nasconderò i bicchieri
cancellerò le orme dei tuoi piedi cambierò le lenzuola
perché le tracce del nostra amore non suscitino la sua invidia. Resterà solo un
odore
di te nel mio cuore.
Solleverò leggera la tua chitarra
e la nasconderò...
ma tutto resterà nella mia stanza
che chiuderò a chiave
e lascerò anche le lenzuola piene di fiori.
Lascerò lei fuori dalla porta.
In <<POESIE D’AMORE “IN SEGRETO E IN PASSIONE” RACCOLTA DELLE PIÙ
”CELEBRI POETESSE DI OGGI, ED. NEWTON>>
157
MARIANNA BUCCHICH (vivente)
Il tempo dei desideri
Pareva un grande amore.
Forse lo era.
Non lo sappiamo.
Saranno le stelle
che brillano in questa sera
a decretarne il destino.
È una pioggia di ste lle
sulla mia testa,
mandano strani bagliori
messaggi indecifrabili
come quell'amore
che nacque fra noi
una notte all'improvviso
e improvvisamente mutò
come il vento
che si porta le cose belle
non si da dove
se fra le foglie
marcite dal tempo
o sulla luna piena
perché le conservi
il tempo dei desideri.
(Inediti)
In <<POESIE D’AMORE “IN SEGRETO E IN PASSIONE” RACCOLTA DELLE PIÙ
”CELEBRI POETESSE DI OGGI, ED. NEWTON>>
158
VALERIO NEGRINI (1946-2013)
Infiniti noi
Che ti serve ormai
tormentarti per capire il mondo
farti soffiare dentro da ogni vento
niente c'è che valga il tuo sgomento.
Guarda invece noi
piangi per l'amore se si perde
odiami se sei messa da parte
grida se l'amore grida forte.
Perché noi qui, infiniti noi
siamo il tempo innocente
che nasce dal silenzio del mondo
intorno a noi.
Chi ti ascolta mai
dolce e disperata tra la gente
dove le tue mani son respinte
ciò che non è tuo non vale niente.
Perché noi qui, infiniti noi
siamo il tempo innocente
che nasce dal silenzio del mondo
intorno a noi.
Io ti ascolterò
voce di stupito sentimento
io sarò il tuo tempo in un momento
con l'orgoglio di dormirti accanto.
Guarda ancora noi
piangi per l'amore se si perde
odiami se sei messa da parte
grida se l'amore grida forte.
159
RENATO ZERO (Roma 1950)
I migliori anni della nostra vita
Penso che ogni giorno sia come una pesca
Miracolosa e che è bello pescare sospesi su di una
soffice nuvola rosa.
Io come un gentiluomo, e tu come una sposa
Mentre fuori dalla finestra si alza in volo
soltanto la polvere. C'è aria di tempesta!
Sarà che noi due siamo di un altro lontanissimo
pianeta. Ma il mondo da qui sembra soltanto una
botola segreta. Tutti vogliono tutto per poi
accorgersi che è niente. Noi non faremo come l'altra
gente, questi sono e resteranno per sempre...
I migliori anni della nostra vita
I migliori anni della nostra vita.
Stringimi forte che nessuna notte è infinita
I migliori anni della nostra vita
Stringimi forte che nessuna notte è infinita.
I migliori anni della nostra vita
Penso che è stupendo restare al buio abbracciati
e muti, come pugili dopo un incontro.
160
ANTONIO GIAROLA (Poeta veneto vivente)
Sei il mio fiore
Sorgi piano amore
stamattina col vento che t'alita
profumo tra i capelli
già colmi di sole.
Ed io ti vedrò per sempre
ogni giorno così
ed anche quando
vincerà il tempo
sarai il mio fiore.
(Da ANTONIO GIAROLA, POESIE 1972-1989, ED- MG)
161
MARIA TERESA MANCINI (vivente)
Ancora non conosco
Ancora non conosco
il linguaggio dei gesti
dei tuoi pensieri nuovi
né tu conosci il mio
che pur traspare
nella ricerca
di segni antichi
alfabeto già scritto
nell'anello di luce
che ci chiude.
E il raggio che investe
la cintura di nubi
la siepe che risplende
nel profondo del fiume
è l'attimo che vivo
chiaroscuro dell'anima
aperta verso la tua.
(Da MARIA TERESA MANCINI, NEL CUORE DEL VENTO, VENILIA EDITRICE)
162
MARIA TERESA MANCINI (vivente)
Il sentiero del vento
Lo chiamavamo
il sentiero del vento
erto tra le dune
nell'intrico di more e biancospini.
lo mi stancavo: «Aspetto qui
su questo tronco di pino
in vista del pontile».
Tu proseguivi oltre le siepi:
un lungo tratto sabbioso
tutto in discesa sino al faro.
Conoscevo la spiaggia solitaria
dove la sterna
nasconde il nido dietro una conchiglia.
Sceglievi i tronchi
che il mare respingeva:
«Vedi, è una cosa bella,
basta incidere qui, poi levigare:
è il tuo viso, la bocca un po' imbronciata,
i c ape l l i l egge r i come fo gl i e . . . » .
Scandisce il tempo la clessidra.
Sul sentiero del vento
nel volo dei gabbiani
si perde il mio richiamo.
Al di là degli spazi la tua riva.
So che risponderai.
In questa breve radura
accanto al pino reciso
devo ancora aspettare.
(Da MARIA TERESA MANCINI, NEL CUORE DEL VENTO, VENILIA EDITRICE)
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MARIA TERESA MANCINI (vivente)
Tremava l'ombra
Tremava l 'ombra del faro
a l c h i a r o d e l l a l u n a .
Risalivano i flutti la scogliera.
Rifugio improvvisato sulla spiaggia
un capanno di legno abbandonato.
Qualche bottiglia vuota oltre la soglia
un piccolo gabbiano accovacciato.
Come giunchi intrecciati
le tue mani leggere
cingevano il mio capo.
- Saremo l 'o lmo e la vi te .
Due vele affiancate sul mare.
Frecce scagliate insieme
verso l'infinito. -
Nell'alba di madreperla
radeva il vento le orme
segnate sulla rena.
Era l'ultima estate.
Grumi d'alghe punteggiano la riva
ride roco un gabbiano sulla diga.
È onda franta il ricordo
e la tua voce
eco di mare
dentro conchiglia vuota.
(Da MARIA TERESA MANCINI, NEL CUORE DEL VENTO, VENILIA EDITRICE)
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CLAUDIO BAGLIONI (1951)
Questo piccolo grande amore
Quella sua maglietta fina
tanto stretta al punto che mi immaginavo tutto
e quell'aria da bambina
che non glielo detto mai ma io ci andavo matto
e chiare sere d'estate
il mare i giochi e le fate
e la paura e la voglia
di essere nudi
un bacio a labbra salate
il fuoco quattro risate
e far l'amore giù al faro...
ti amo davvero ti amo lo giuro...ti amo ti amo
davvero!
e lei
lei mi guardava con sospetto
poi mi sorrideva e mi teneva stretto stretto
ed io
io non ho mai capito niente
visto che ora mai non me lo levo dalla mente
che lei lei era
un piccolo grande amore
solo un piccolo grande amore
niente più di questo niente più!
mi manca da morire
quel suo piccolo grande amore
adesso che saprei cosa dire
adesso che saprei cosa fare
adesso che voglio
un piccolo grande amore
quella camminata strana
pure in mezzo a chissacchè l'avrei riconosciuta
mi diceva "sei una frana"
ma io questa cosa qui mica l'ho mai creduta
e lunghe corse affannate
incontro a stelle cadute
e mani sempre più ansiose
di cose proibite
e le canzoni stonate
urlate al cielo lassù
"chi arriva prima a quel muro..."
non sono sicuro se ti amo davvero
non sono...non sono sicuro...
e lei
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tutto ad un tratto non parlava
ma le si leggeva chiaro in faccia che soffriva
ed io
io non lo so quant'è che ha pianto
solamente adesso me ne sto rendendo conto
che lei lei era
un piccolo grande amore
solo un piccolo grande amore
niente più di questo niente più
mi manca da morire
quel suo piccolo grande amore
adesso che saprei cosa dire
adesso che che saprei cosa fare
adesso che voglio
un piccolo grande amore...
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CARLA BARONI (È nata a Cologna Veneta e vive a Ferrara)
X . Venere vedi come sei malvagia
Venere vedi come sei malvagia,
colpisci coi tuoi dardi e poi ne ridi.
Ridi delle frasi banali sempre uguali
che gli amanti si scambiano tra loro,
ridi dei baci, ridi alle carezze.
Tu che conosci tutti gli artifici
dell'umano piacere ti diverti
a quel gioco sottile, alla partita
che non lascia né vinti né vincenti.
E il ripetersi uguale delle mosse
nella grande scacchiera della vita
muove il riso cosciente della beffa,
ma le pedine questo non lo sanno.
Regina e re, siano bianchi o neri
si senton soli dentro all'universo.
(Da CARLA BARONI, LO ZUFOLO DEL DIO SILVANO, SOVERA EDITORE)
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CARLA BARONI (È nata a Cologna Veneta e vive a Ferrara)
XXI. Sì fummo i soli esseri del tempo
Sì fummo i soli esseri del tempo
vibranti come corde di una cetra.
Intorno a noi qual altra creatura
avremmo mai supposto che esistesse?
Noi eravamo gli unici viventi
a respirare il soffio della terra.
I primi e gli ultimi nel cerchio che si chiude
e ripete per sempre il suo percorso,
non spirale che evolve e s'allontana
allargandosi dal punto di partenza
ma un cerchio stretto, anello di catena
che non si spezza nell'oblio dell'ora.
(Da CARLA BARONI, LO ZUFOLO DEL DIO SILVANO, SOVERA EDITORE)
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CARLA BARONI (È nata a Cologna Veneta e vive a Ferrara)
X X I X Io ricordo che non ti dissi t'amo
Io ricordo che non ti dissi t'amo.
Ero tutta per te, tu lo sapevi.
Ma ora lo sussurro dentro al vento,
ora lo grido ai lati della valle
e lo ripeto con convincimento
in mille modi, in mille toni: t'amo.
Cosa dirti di più mio Dio silvano.
Tutti lo sanno del mio folle amore.
Anche l'acqua che scorre piano, piano
già mi rimanda come ecolalia1
il ritornello dolce: t'amo, t'amo.
1. Ripetizione meccanica dell’ultima parola o frase.
(Da CARLA BARONI, LO ZUFOLO DEL DIO SILVANO, SOVERA EDITORE)
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CARLA BARONI (È nata a Cologna Veneta e vive a Ferrara)
L (Epilogo) - Mi son svegliata, ero nel mio letto
Mi son svegliata, ero nel mio letto.
Accanto a me giaceva il Dio silvano1,
gli occhi azzurri colore di pervinca,
aggrottata la fronte da un pensiero.
«Hai delirato tutta notte sai.
Mormoravi nel sonno di un tuo Dio
e di un altro dal nome di Silvano»
mi diceva con fare sospettoso.
Io sorvolai con un sospiro lieve:
«Ho fatto un sogno, un brutto sogno o forse
era bello non so. Io ti cercavo
tra prati e valli, tra montagne e colli
io ti cercavo e tu non c'eri mai».
Tra me pensavo: questo non fu sogno,
fu la rivelazione, lo scavare
nel mistero dell'uomo, alle radici
di questo nostro essere imperfetto
che ci rimanda all'involucro esterno
e non rammenta mai da quale
prodigioso germoglio siamo nati,
e già smemora anche del suo ieri.
E la misura ho avuto dell'intensa
passione, il nodo che ci tiene avvinti.
Noi siamo già vissuti nei primordi,
siamo vissuti solo poco dopo
che l'alga verde s'ancorasse al suolo.
Siamo tornati dall'eternità.
Il sole risplendeva nel querceto
e il vento mi portava odor di bosco.
Nella mattina fresca appena, appena
quarto di luna sorrideva ancora.
1. Figura mitologica dell’uomo amato
(Da CARLA BARONI, LO ZUFOLO DEL DIO SILVANO, SOVERA EDITORE)
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ENRICO RUGGERI (Milano 1957)
Quello che le donne non dicono
Ci fanno compagnia certe lettere d'amore
parole che restano con noi,
e non andiamo via
ma nascondiamo del dolore
che scivola, lo sentiremo poi,
abbiamo troppa fantasia, e se diciamo una bugia
è una mancata verità che prima o poi succederà
cambia il vento ma noi no
e se ci trasformiamo un po'
è per la voglia di piacere a chi c'è già o potrà arrivare a stare con noi,
siamo così
è difficile spiegare
certe giornate amare, lascia stare, tanto ci potrai trovare qui,
con le nostre notti bianche,
ma non saremo stanche neanche quando ti diremo ancora un altro "si".
In fretta vanno via della giornate senza fine,
silenzi che familiarità,
e lasciano una scia le frasi da bambine
che tornano, ma chi le ascolterà...
E dalle macchine per noi
i complimenti dei playboy
ma non li sentiamo più
se c'è chi non ce li fa più
cambia il vento ma noi no
e se ci confondiamo un po'
è per la voglia di capire chi non riesce più a parlare
ancora con noi.
Siamo così, dolcemente complicate,
sempre più emozionate, delicate ,
ma potrai trovarci ancora quì
nelle sere tempestose
portaci delle rose
nuove cose
e ti diremo ancora un altro "si",
è difficile spiegare
certe giornate amare, lascia stare, tanto ci potrai trovare qui,
con le nostre notti bianche,
ma non saremo stanche neanche quando ti diremo ancora un altro "si"
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Senza amore l'umanità non sopravvivrebbe un solo giorno
(Erich Fromm)