29
1 http://lanostramatematica.splinder.com EGITTOLOGIA LA CROCE D'ISIDE PASSWORD DI UNA MACCHINA DELLA VITA Il mito di Osiride e una nuova matematica Nella biografia, posta alla fine del mio libro in edizione E-Book, I due leoni cibernetici 1 , dico che l'idea di portare avanti gli studi descritti in questo testo sono derivati da ricerche fatte sulla Piramide di Cheope. Ebbene proprio dalle leggende dell'antico Egitto, sul dio Osiride e la dea Iside, ci viene il modo di capire con semplicità il processo matematico seguito in quest o testo per congiungere” il numero 3,14 e infiniti decimali, noto come pi greco, con un altro, 1,618, anche questo con infiniti decimali e noto come sezione aurea o divina proporzione, nel Rinascimento. Ma così come sono non potrebbero mai trovare fra loro relazione, eppure attraverso la quarta parte del primo e la radice quadrata dell'inverso del secondo, noto come sezione argentea, la cosa si dimostra possibile, risultando due numeri molto ravvicinati fra loro. 1 http://www.webalice.it/gbarbella/index_081211a.html Una croce d'Iside o Ankh proveniente dal tesoro di Tutankhamon. http://en.wikipedia.org/wiki/Ankh

croce_iside

Embed Size (px)

DESCRIPTION

saggio sulla croce egizia di Iside

Citation preview

Page 1: croce_iside

1

http://lanostramatematica.splinder.com

EGITTOLOGIA

LA CROCE D'ISIDE

PASSWORD DI UNA MACCHINA DELLA VITA

Il mito di Osiride e una nuova matematica

Nella biografia, posta alla fine del mio libro in edizione E-Book, I due leoni cibernetici1, dico che

l'idea di portare avanti gli studi descritti in questo testo sono derivati da ricerche fatte sulla

Piramide di Cheope. Ebbene proprio dalle leggende dell'antico Egitto, sul dio Osiride e la dea Iside, ci viene il modo di capire con semplicità il processo matematico seguito in questo testo per

“congiungere” il numero 3,14 e infiniti decimali, noto come pi greco, con un altro, 1,618, anche

questo con infiniti decimali e noto come sezione aurea o divina proporzione, nel Rinascimento.

Ma così come sono non potrebbero mai trovare fra loro relazione, eppure attraverso la quarta

parte del primo e la radice quadrata dell'inverso del secondo, noto come sezione argentea, la

cosa si dimostra possibile, risultando due numeri molto ravvicinati fra loro.

1 http://www.webalice.it/gbarbella/index_081211a.html

Una croce d'Iside o Ankh proveniente dal tesoro di Tutankhamon.

http://en.wikipedia.org/wiki/Ankh

Page 2: croce_iside

2

http://lanostramatematica.splinder.com

Ritornando ai due dei dell'antico Egitto suddetti, Osiride - mettiamo - è pi greco, e Iside, sorella

e sposa, è il numero derivato della sezione aurea (Nefti che è sempre accanto a Iside nelle

rappresentazioni iconografiche: vedi illustr. 1).

La leggenda che sappiamo tutti è questa in sintesi:

Osiride regna al fianco della sua sorella e sposa, Iside.

Per gelosia il fratello Seth, dio del male, nel corso di un banchetto, si fa aiutare a

rinchiudere Osiride in un baule e lo getta nel Nilo.

Iside parte alla ricerca della bara e la trova.

Seth, approfittando di una assenza di Iside, si impossessa della bara e riduce il corpo

di Osiride in quattordici pezzi (il doppio di

sette) spargendoli per tutto l'Egitto.

Iside riparte e va alla ricerca delle membra

del suo sposo e ogni volta che ne trova un

pezzo lo seppellisce sul posto e vi fa erigere

dei santuari.

Ecco, è proprio nell'analogo modo che pi greco viene

posto come in una bara e poi in otto fasi viene ridotto

in “pezzi”. Otto per l'esattezza: non che l'abbia

stabilito a priori, perché l'itinerario matematico

descritto nel libro, I due leoni cibernetici, porta a

questa soluzione.

L'E-book, I due leoni cibernetici, è un testo di

matematica che si avvale di un sistema di geometria dei

volumi in cui non si fa correlazione con

l'archeomitologia del dio egizio Osiride, della piramide

di Cheope e dei geroglifici che vi riguardano. Ma con

quanto ho detto sopra già si può capire il legame con

gli argomenti dell'archeomitologia appena menzionati,

fermo restando che è utile, se non necessario,

eviscerare l'E-book almeno per capire i nessi

matematici di Pi greco e Sezione aurea con determinati

geroglifici strettamente legati a Osiride e Iside. Si

tratta dell'Ankh o Croce d'Iside, lo Scettro Wзs e il Dy tradotti in concezioni geometriche.

Scopo di questo saggio è di pervenire appunto ad una interpretazione geometrica di questi

geroglifici e solo così è possibile vederli in relazione fra loro per poi arrivare a concepire il

legame con Pi greco e Sezione aurea. Col prossimo capitolo si inizia dalla piramide di Cheope

concepita in modo geometrico e immaginata come un cristallo.

Illustrazione 1: Da un papiro della

XVIII dinastia dei faraoni dell’antico Egitto, rinvenuto nella tomba dello

scriba Ani e conservato nel British Museum di Londra.

Particolare di Osiride, seduto in un tabernacolo a forma di sepoltura. Iside e Nefti dietro di lui. (Tratto dal 4° vol. dell'«Enciclopedia della Civiltà

atomica», ediz. Il saggiatore)

Page 3: croce_iside

3

http://lanostramatematica.splinder.com

Una parabola per il mistero della Grande Piramide.2

La Grande Piramide fu concepita secondo canoni suggeriti dalle credenze religiose esoteriche

vigenti al suo tempo. Non scandalizzi immaginare che il manufatto sia una sorta di pietra filosofale e per questo fu informata al canone della sezione aurea per conferirle l’armonia col

cosmo. Altrimenti come poteva il defunto faraone Cheope, ritenuto un dio in terra, navigare col

dio Ra per raggiungere il regno dei morti? Occorreva che la barca solare, da intravedersi nella

piramide unita ad una parabola della quale si parlerà (naturalmente si tratta di emblemi

metafisici), fosse veramente speciale. Ma, di conseguenza, era necessario che essa fosse idonea a

procedere per il “viaggio del giorno e della notte”, la qualcosa comportava che essa fosse

congegnata anche come corpo di luce oltre che di pietra. Di qui non desti meraviglia immaginare

il complesso piramidale unito ad una parabola sottostante, così come è stata considerata dal

punto di vista della geometria, (illustr. 2) e particolarmente come uno speciale cristallo

somigliante alle note gemme preziose che si incastonano su anelli e collane.

Dati geometrici dell’illustr. 2:

ya = √ [2 / (1 + √5)] = 0,786151377...

xa = ya² / 2 = 0,309016994...

phi = 38,17270763...°

180° – 4phi = 27,30916948...°

yi = tang (180° – 4 phi) = 0,516341175...

xi = yi² / 2 = 0,133304104...

d = 0,080615621...

2 Una parabola per il mistero della grande piramide - http://www.webalice.it/gbarbella/piramide_parabola.html

Illustrazione 2: La piramide con la parabola unite e viste come un cristallo. Caso particolare della

riflessione ottica all’interno.

Page 4: croce_iside

4

http://lanostramatematica.splinder.com

La luminosità è un requisito fondamentale delle gemme

preziose e le loro studiate sfaccettature moltiplicano i

giochi di luce scomposta nei suoi colori, cosiddetti

dell’iride, all’interno per sprigionarsi in modo

sfolgorante all’esterno [illustr. 3].

Nessuna meraviglia, dunque, il vedere la piramide di

Cheope come uno speciale cristallo e costatare subito

una particolare proprietà dovuta a un ipotetico raggio

di luce che interagisce con esso. Dall’illustr. 1 si può

capire di che si tratta.

Il raggio IP è normale alla parabola e si imbatte nella

parete C’B’ riflettendosi in Q della parete opposta

C’A’. Prosegue da qui la riflessione luminosa in modo

verticale fino in fondo sulla parabola in R. Si sa che

tutti i raggi verticali confluenti su una parabola si

riflettono convergendo nel fuoco relativo, che nel

nostro caso è il punto F. Naturalmente si è capito che

il punto I di partenza del supposto raggio luminoso è

unico in modo che la sua inclinazione riferita alla verticale sia 180° – 4 phi come indicato

nell’illustr. 2. Phi è il semi-angolo al vertice della piramide. Il simbolo di phi è Φ.

Nessun commento su questo raggio salvo a vedere ora il raffronto con lo spaccato della piramide

di Cheope [illustr. 4], in cui si vedono i vari elementi in causa: la tomba del re e della regina, la

Grande Galleria ed altro.

Ed ecco il fatto meraviglioso che spiega il titolo di questo brano: Una parabola per il mistero della Grande Piramide! Due cose in una: il fuoco F della parabola di arco A’OB’, su cui è posta

la piramide A’B’C’, coincide con un certo punto della tomba della Regina e il raggio verticale

QR della ipotetica luce, all’interno della piramide in questione, coincide con l’asse della tomba del Re.

Il mistero resta, comunque, ma tutto il presente lavoro di geometria, se non altro, è servito ad

aprire un varco per poter intuire cose nuove.

Tuttavia c’è modo di far progredire un certo ragionamento che porterebbe a capire come

potrebbe funzionare l’apparato tombale in questione, la cui rappresentazione monumentale può

servire, naturalmente, come modello simbolico, al di là di ribadire la credenza di cultori di

esoterismo, un apparato per dare nuova vita al faraone Cheope per il quale è stato concepito.

Consideriamolo perciò come un certo immaginario processore rimandato al futuro da far

evolvere.

Illustrazione 3: Taglio di una pietra preziosa. Gioco di luce con la

scomposizione nei colori dell’iride.

Page 5: croce_iside

5

http://lanostramatematica.splinder.com

La Tomba del Re fa parte di

una struttura composta da

elementi granitici, che

nell’insieme è chiamata Zed.

In particolare, interessa la

disposizione della parte

superiore a questa camera,

perché è costituita da cinque

ranghi di travi disposte una

accanto all’altra e ognuna,

pesa poco più di 70 tonnellate.

Si tratta di elementi che si

suppongono capaci di produrre

energia elettrica per effetto

piezometrico, come spiegherò

di seguito.

Illustr. 5. Effetto piezoelettrico: applicando una forza a certi materiali viene

prodotta una tensione elettrica.3

3 Sito Internet http://www.hbm.com/it/menu/applicazioni/controllo-di-processi-industriali/articoli-

tecnici/dettagli-degli-articoli-tecnici-ipc/datum/2008/03/19/the-piezo-effect-and-its-applications/

Illustrazione 4: Piramide di Cheope. Sezione trasversale.

Illustrazione 5

Page 6: croce_iside

6

http://lanostramatematica.splinder.com

Dunque, sappiamo che il granito è composto in gran parte di quarzo, che è piezoelettrico. L’effetto piezoelettrico è un particolare fenomeno elettromeccanico. Ossia quando questo

materiale è sollecitato da forte pressione, o comunque quando vibra, per esempio in seguito a

una percossa, compaiono delle cariche elettriche sulla superficie.

Il passo è breve, a ragione di ciò, per intravedere nell’enorme

apparato dello Zed una batteria di produzione di energia

elettrica, e questo potrebbe spiegare la natura specifica del

raggio verticale passante per questo manufatto [illustr. 5].

Altrimenti non si fa luce sulla supposta energia segnalata dal

particolare andar di vieni del raggio in questione, passante per

lo Zed, non avendo modo di alimentarsi.

Potrebbe essere la camera della Regina questa fonte, ma

avendo scoperto la funzione di centrale elettrica dello Zed, si

può pensare che sia la Regina l’utilizzatrice dell’energia che

confluisce in lei per dar luogo – mettiamo – alla rigenerazione

vitale. Di qui il percorso attraverso un condotto orizzontale,

poi quello della Grande Galleria e finalmente verso la camera del Re [vedi illustr. 3 e 5].

Nella camera della Regina è ricavata, su una parete, una

nicchia che ha la sagoma simile a quella della sezione

trasversale della Grande Galleria; questo li mette in relazione

diretta. In più nell’anticamera della camera del Re vi sono delle saracinesche in pietra come a

voler far capire che la natura dell’ipotetico flusso vitale, proveniente dalla Regina, confluendo

verso il Re abbia a che vedere con l’acqua, chiaro segno di vita.

Mi fa pensare a questa spiegazione in che modo le ossa si rigenerano, giusto in stretta relazione

ai materiali piezoelettrici.

Il modo in cui molti organismi viventi usano la piezoelettricità è molto interessante: le ossa

agiscono come dei sensori di forza. Applicando una forza, le ossa producono delle cariche

elettriche proporzionali alla loro sollecitazione interna. Queste cariche stimolano e causano la

crescita di nuovo materiale osseo, rinforzando la robustezza della struttura ossea in quelle zone

in cui la deflessione interna è più elevata. Ne risultano strutture con minimo carico specifico e,

pertanto, con eccellente rapporto peso-resistenza.4.

Però un’altra cosa è possibile suggerire come riscontro ideografico, fra i geroglifici egizi, con il

raggio energetico verticale poc’anzi analizzato. Mi viene da intravvederlo nello Scettro o Wзs

nella mano del dio dei morti, Osiride, e di altri dei egizi, nonché in quella dei faraoni assisi sul

trono [illustr. 6].

La cima di questo scettro termina con una forcina di traverso, particolarmente sagomata, che

può benissimo riferirsi alla parete della piramide dove il raggio si riflette; mentre la parte

terminale è munita di un’altra forcina a due punte, che può riferirsi ad un doppio potere legato

4 Sito Internet http://www.hbm-italia.it/custserv/SEURLF/ASP/SFS/ID.813/MM.4,36,34/SFE/techarticles.htm

Illustrazione 6: Lo Zed.

Page 7: croce_iside

7

http://lanostramatematica.splinder.com

allo scettro il quale potrebbe trovare riscontro nel bipolarismo dell’ipotetica elettricità del

raggio verticale passante per lo Zed, precedentemente trattato. Vedremo in seguito una

concezione progredita della funzione dello Scettro o Wзs.

Di altro, è interessante costatare che, osservando gli ideogrammi riportati sull’affresco della

cappella funeraria di Thutmose III dell’illustr. 7, lo Scettro, oltre a quello impugnato dal faraone,

è anche rappresentato (in alto, sullo Scettro del faraone) a fianco dell’ideogramma dello Zed (lo

stesso della Camera del Re della Grande Piramide) e da altri segni importanti. Fra questi c’è una

sorta di ciotola (presente in 9 esemplari), dal significato di cesto, che può benissimo correlarsi

con la parabola esibita e così convalidare in cascata il resto delle argomentazioni sostenute sin

qui. Un dettaglio importante, fra i tanti della nutrita rappresentazione di geroglifici e ideogrammi,

è il gonnellino dell'offerente davanti al faraone che ha la chiara foggia della piramide di Cheope.

Non solo, ma la fascia pendente dalla cintola coincide con l'asse passante per lo Zed della

piramide.

Illustrazione 7: Affresco della cappella funeraria di Thutmose III

(sec. XV a.C.).

Page 8: croce_iside

8

http://lanostramatematica.splinder.com

Prima di addentrarci nella disamina dei suddetti geroglifici e ideogrammi, in particolare la Chiave di Iside o Ankh e il Dy che vi si accompagna frequentemente, come si vede nell'illustr. 7, ci

occuperemo meglio della geometria della piramide di Cheope per porre in evidenza ciò che è

stato accennato all'inizio, la Sezione aurea. L'Ankh è a forma di croce, superiormente c'è un

anello a forma di uovo capovolto, e il Dy, accanto o sopra, è un triangolo isoscele munito di un

altro triangolino al centro della base.

La sezione aurea5

Si può sostenere che con la parabola è possibile risalire alla concezione della sezione aurea e da

questa alla definizione geometrica, eseguibile con “riga e compasso”, di un triangolo isoscele

simile a quello della sezione trasversale della piramide di Cheope lungo i relativi apotemi [illustr.

2]. Ma per semplificare, almeno in merito alla determinazione del triangolo isoscele in questione,

procederò con il metodo noto della sezione aurea applicata ad un segmento, che stabiliamo sia

l’altezza del nostro triangolo da determinare.

Per costruire la sezione aurea del segmento AB [illustr. 8], si traccia un triangolo rettangolo

ABF, in modo che il cateto BF sia la metà di AB. Per ottenere questa metà, si tracciano due

coppie di archetti a piacere nei punti C e D e poi si uniscono: il punto E di AB è la metà

ricercata. Poi con un arco di cerchio con centro in B si interseca la verticale a B in F. Fa

seguito il congiungimento del punto A con F, sul quale si punta il compasso e si esegue l’arco

che congiunge B con G del segmento AF.

AG è la sezione aurea che si cerca: di qui con il compasso, centrato in A e di raggio AG, si

disegna l’arco che interseca il segmento AB e lateralmente nei punti I ed L di confluenza con un

arco di centro E.

5 Una parabola per il mistero della grande piramide - http://www.webalice.it/gbarbella/piramide_parabola.html

Illustrazione 8: Geometria della sezione aurea per la piramide di Cheope.

Page 9: croce_iside

9

http://lanostramatematica.splinder.com

Ed ora l’ultima cosa da fare è tracciare due rette che collegano, B con I fino a intersecare il

prolungamento ortogonale al segmento AB in M, e poi, dalla parte opposta, B con L per arrivare

alla semiretta ortogonale ad AB in N.

Il triangolo MNB è il triangolo della piramide di Cheope eseguito secondo il canone della sezione aurea.

II rapporto AB:AH, che è uguale al rapporto AH:HB, è un numero irrazionale a cui viene

attribuito il valore approssimativo 1,618... Numericamente questo rapporto è espresso da:

(1 ± √5) / 2 ≈ 1,618033989...

Si tratta anche di un numero che deriva dai rapporti fra due termini successivi della serie di Fibonacci al loro limite.

In particolare, eseguendo dei semplici calcoli, si ottiene che la semi-base di MN del triangolo

MNB (che potremo chiamare aureo) è:

MA = AN = √ [2 / (1 + √5)] = 0,786151377...

Colgo l’occasione per dimostrare quanto sia errato affermare che la Grande Piramide è informata

alla sezione aurea ed anche a pi greco. Cioè a dire, in alternativa a quanto poc’anzi

matematicamente acquisito per la versione della sezione aurea, che il quadrato di base della

piramide in questione ha il perimetro idealmente uguale ad un cerchio di diametro pari alla sua

altezza. In tal caso il semi-lato di questo quadrato ideale è 1/8 di pi greco, considerando il

diametro uguale all’unità. Quindi:

M’A’ = A’N’ = 0,785398163...

Ecco dimostrato che le due versioni differiscono fra loro, ma i valori numerici in questione,

riferiti all’unità, sono abbastanza vicini l’uno all’altro.

L'Angolo Argenteo

Altra cosa da porre in evidenza è l'angolo argenteo nella piramide in questione. Su quest'angolo

mi sono intrattenuto nelle nozioni preliminari del menzionato libro E-Book, I due leoni cibernetici, scritto da me. Qui mi sono distanziato dalla concezione dell'angolo aureo che lo vede

parte dell'angolo giro proporzionale alla sezione aurea.

Prima d'altro ho dato valenza alla sezione argentea, l'inverso della sezione aurea, che, a

differenza di questa, trova modo di dar luogo a interessanti implicazioni di ordine geometrico.

Tutto si concentra sull'analisi matematica sul piano della geometria analitica che fa capo alla

trigonometria.

Tant'è che, nel caso dell'angolo aureo convenzionale, si è applicata la regola del rapporto aureo

al circolo, dividendo l'angolo giro opportunamente, come anzidetto. Ma i relativi angoli derivati,

al di là della curiosità appagata, non trovano alcuna applicazione in geometria e tanto meno nelle

altre applicazioni fatte da costruttori, ad esempio gli artisti del Rinascimento, come si sa, a

differenza della sezione argentea.

Page 10: croce_iside

10

http://lanostramatematica.splinder.com

Per arrivare al nocciolo della questione, e trattando le cose servendoci della trigonometria,

vedremo che l'angolo corrispondente alla sezione argentea, indicata con Ф, è così espresso.

arcsin 0,6118033988... = 38,17270763...°

A questo punto siamo in grado di costatare che le funzioni trigonometriche del coseno e

tangente di questo angolo risultano uguali fra loro. Infatti:

cos 38,17270763...° = 0,786151377... e

tan 38,17270763...° = 0,786151377...

Di qui, risalendo all'inizio di questa trattazione, vedremo che l'angolo argenteo Ф, appena

rilevato, è quello del semi-angolo al vertice della piramide di Cheope relativo all'illustr. 2 (vedasi

i dati geometrici che vi fanno seguito) e illustr. 8 (angoli ABM o ABN). E poi vale la pena di

evidenziare dell'altro su quest'angolo.

La geometria della sezione argentea, con Ф = 0,618..., porta alla relazione con quella del

pentagramma poiché la metà della sezione argentea, Φ = 0,618033988..., che è 0,309016994...,

corrisponde al seno di 18° sessagesimali. Si tratta del semi-angolo di ogni cuspide del

pentagramma, infatti.

Si deve, dunque, alla geometria del pentagramma la semplificazione del calcolo dell’angolo argenteo Φ attraverso la formula:

Φ = arctan √ (2 sen 18°) = 38,1727070763...° [= arccos √(2 sen 18°)].

Come si vede, già queste costatazioni geometriche danno rilevanza alla sezione argentea da farla

assurgere al superamento di quella aurea, il cui valore numerico, 1,618033989..., non trova tanti

analoghi appigli nel campo della trigonometria.

Ma è solo un piccolo squarcio sulle reali possibilità geometriche della sezione argentea, poiché si

scoprirà tutto un mondo geometrico che lo identifica in modo speciale: in particolar modo

attraverso le intersezioni di coniche.

Ed ora si è in grado di affrontare la trattazione degli ideogrammi Ankh, Dy e lo Scettro o Wзs che si è ravvisato nell'asse passante per la tomba del Re col relativo Zed della piramide di Cheope (segmento QR dell'illustr. 4).

L' Ankh e il Dy dell'antico Egitto

Come preso da una certa cometa del solitario e vagante π greco, mi accingo a procedere per

utilizzare l'«angolo argenteo» appena rilevato, sulla scorta delle suddette possibili indicazioni

intraviste nella piramide di Cheope.

Chi non ha stimato rivelatrice di chissà quali arcani poteri la nota Chiave di Iside, o Ankh, nelle

mani di dei e re dell'antico Egitto? Ma c'è dell'altro su questo ideogramma che forse vale la pena

stimare importante, considerato che esso è quasi sempre rappresentato accanto ad un altro

segno conformato a triangolo isoscele acuto, più o meno di eguali proporzioni, conosciuto col

nome arcano di Dy. Lo abbiamo visto e trattato attraverso l'illustr, 7.

Il mio personale “senso delle cose” mi suggerisce di procedere sulle tracce di questi strani segni

pieni di fascino. Per il caso dell'Ankh ho scelto, come geometria di riferimento, una particolare

Page 11: croce_iside

11

http://lanostramatematica.splinder.com

curva, la «Lemniscata di Bernoulli», che mi è sembrata ideale per estrapolarne il possibile

“segreto” matematico relativo.

La «Lemniscata di Bernoulli» (da

lemniscato: lemnisco, corona,

palma) è il nome di un particolare

ovale di Cassini. Si tratta del

luogo dei punti di un piano per i

quali il prodotto delle distanze

PF', PF da due punti fissi F', F

(illustr. 9) è costante e

precisamente è uguale al

quadrato della semi-distanza dei

due punti; è una quartina

razionale bi-circolare con un

punto doppio nodale e tangenti

ortogonali nel punto medio del segmento AB; ha equazione cartesiana: (x^2 +y^) = 2 a (x^2 –y^2);

e polare: ρ = a √ ( cos 2θ).

Per disegnare la lemniscata di Bernoulli occorre fare in questo modo e seguire l'illustr. 10.

1. Per comodità di rappresentazione si stabilisce a = 1 e per conseguenza, b = √ 2;

2. si suddivide sull'asse delle ascisse b in tanti tratti come indicato per cui, A'Q' = 1,41 (√

2);

3. si riportano sull'asse delle ordinate in corrispondenza di ogni tratto suddetto il

corrispondente valore inverso. Esempio, sull'ordinata relativa al tratto di 1,1 (in rosso) si

stacca un valore di 0,909 e così tutti gli altri tratti;

4. si traccia la curva AQ determinata dall'intersezione delle ascisse con le ordinate per ogni

tratto (in rosso). La curva passerà per i punti A, B, C fino a Q;

5. a questo punto si usa il compasso per tracciare gli archi, con centro in A' e con raggio

pari ad ogni tratto sull'ascissa, disegnati in rosso (1,1, 1,2, ecc.) fino ad un punto

imprecisato in cui risulterà la definizione della curva lemniscata di B.;

6. si usa ancora il compasso, ma con centro in F2 che è uno dei fuochi della lemniscata di B,

e si tracciano gli archi con raggi corrispondenti ai prolungamenti dei punti A, B, C, e

successivi della curva di cui al § 4, fino all'asse delle ordinate tracciata in

corrispondenza del fuoco F2;

7. L'incontro di questi archi con quelli fatti in precedenza al § 5, facendo attenzione alle

corrispondenze fra tratti sull'ascissa e ordinate, indicherà la curva della lemniscata di B

nei punti A', S', C', fino a Q';

Ripetendo poi questo procedimento grafico per i restanti tre riquadri cartesiani, si perviene alla

definizione della ricercata lemniscata di Bernoulli.

Illustrazione 9: Lemniscata di Bernoulli.

Page 12: croce_iside

12

http://lanostramatematica.splinder.com

Siamo ora in grado di pervenire alla geometria da me immaginata della Croce di Iside, nota come

Ankh, e per questo si disegnano due lemniscate messe a croce così come si vede attraverso

l'illustr. 11 successiva. E questa di seguito è la descrizione del percorso grafico

Illustrazione 10: Come si disegna la lemniscata di Bernoulli. Caso di a = 1.

Page 13: croce_iside

13

http://lanostramatematica.splinder.com

1. Una delle curve delle due lemniscate, quella in alto, identifica l'anello a forma di uovo

capovolto;

2. si traccia un cerchio passante per i fuochi delle due curve di Cassini (con r = 1 √ 2);

3. sapendo che l'angolo al vertice della piramide di Cheope è il famoso angolo argenteo ф,

si ha modo di pervenire a disegnarla e così indentificare i punti di incontro sul cerchio

tracciato prima. Gli apotemi delle quattro piramidi di Cheope poste in croce

corrispondono ai tre bracci della Croce di Iside, così come si vede nell'illustr. 11.

Abbiamo sotto mano ora la Croce di Iside e resta da capire come fare per ottenere una supposta

geometria del Dy.

Sulla scorta del fatto che entrambe vengono sempre indicate una insieme all’altra, si deve

immaginare che la matrice dell'Ankh, or ora disegnata, sia la stessa per il Dy.

Illustrazione 11: Geometria della Croce di Iside o Ankh.

Page 14: croce_iside

14

http://lanostramatematica.splinder.com

Infatti è così.

Dunque, ridisegnando la Lemniscata di B. (illustr. 12), premesso che a = 1, si congiungano F', P

e P', ottenendo così un triangolo isoscele. In seno a questo triangolo si congiungano poi P con

O, che individua il valore della tangente goniometrica dell'angolo argenteo calcolato in

precedenza.

Infatti, sviluppando l'equazione polare della «Lemniscata di B.» si verifica, come di seguito, che

il valore supposto è giusto.

Da: ρ = a √ (cos 2θ) si perviene al valore di θ = 25°, 91364623... che permette di

verificare, appunto, l'esattezza di F'O = FO = 1 / √ 2. Riguardo al triangolo isoscele F'PP', il

semiangolo al vertice F' si calcola con la formula arctg PF/F'F che dà come risultato 13°,

6545848...

Niente di più facile dedurre che quest'angolo conduce all'individuazione dell'angolo argenteo.

Infatti l'angolo in questione si ottiene in questo caso così: Φ = 1⁄2 (90° – 13°, 6545848...) =

38°, 17270762. In tal modo si viene a configurare un triangolo isoscele che è senza dubbio lo

stesso abbondantemente presente nel repertorio degli ideogrammi egizi sotto il nome Dy.

Però del Dy resta da capire (se possibile) a cosa si può riferire il triangolino posto al centro della

base del triangolo grande. Lo farò vedere verso la conclusione.

Il pensiero geometrico degli antichi egizi

Si pone ora la domanda fondamentale per immaginare in che modo gli antichi egizi potevano

concepire tutti i loro geroglifici, ideogrammi e pittogrammi, visto che in questo testo non si fa

che concepire una stretta relazione di tutto ciò con una geometria ancora sconosciuta ai loro

tempi.

Illustrazione 12: Il supposto triangolo isoscele dell'Ankh, visto adagiato sul lato.

Page 15: croce_iside

15

http://lanostramatematica.splinder.com

È mia idea che il loro pensiero era assai permeato da concetti matematici, oggi noti, ma che non

potevano capire ed esprimere se non in modo grossolano. La concezione della quadratura del cerchio attraverso il Papiro Rhind ne è la prova.

La storia inizia con lo scriba egizio Ahmes che nel problema n. 50 del papiro Rhind, risalente al

1650 a. C., indica nel modo seguente come ottenere il valore di π, che è poi la suddetta

procedura:

«Dividi il diametro in 9 parti. Prendi 8 parti e costruisci un quadrato 8 per 8. Tale quadrato ha una superficie praticamente uguale a quella del cerchio assegnato».

Dai calcoli risulta che l’area del cerchio, ottenuto col metodo di Ahmes, risulta con un errore

inferiore al 2% rispetto al giusto valore, applicando la nota regola del quadrato del raggio per pi

greco. Nondimeno si deve riconoscere che si tratta di una approssimazione notevole per quei

tempi e non si sa nemmeno come Ahmes l’abbia trovata.

Quindi escludendo nel novero dell'antica accademia

scientifica degli antichi egizi la consapevolezza di una

geometria così come quella che mi è parso di ravvisare

in questa disamina di ipotesi riguardo agli ideogrammi,

l'Ankh, il Dy e lo Scettro Wзs, non resta che pensare

una cosa che però brancola nel buio, ma è l'unica atta a

dare concretezza che è quella di un formarsi a priori di

un pensiero intriso di intelligenza matematica. Ma è

anche un'ipotesi accreditata da parte di studiosi di

egittologia che spiegano la cosa facendo capo a incerte

e vaghe basi di appoggio. Si tratta di reperti ritrovati

che denunciano una cultura superiore a quella

riscontrabile negli antichi egizi. Uno di questi reperti è

la lampada di Dendera.

La lampada di Dendera

Il Tempio di Dendera, situato a circa 2,5

km a sud-est della località di Dendera

(Iunet in antico egizio), è uno dei templi

meglio conservati di tutto l'Egitto.

Tra i molti bassorilievi che decorano il

tempio di Hathor due hanno attirato

l'attenzione in modo particolare; essi

provengono dalle decorazioni della cripta

del tempio. Si tratta di rappresentazioni

simboliche del fiore di loto, associato

all'immagine del serpente,

tradizionalmente legato ai miti egizi della

creazione.

Illustrazione 13: Quadratura del cerchio secondo il Papiro egizio Rhind.

Illustrazione 14: Lampada di Dendera.

Page 16: croce_iside

16

http://lanostramatematica.splinder.com

Nel 1894 Joseph Norman Lockyer affermò che si trattasse invece di rappresentazioni di lampade

elettriche ad incandescenza simili ai tubi di Crookes, e che questo documentasse le conoscenze

degli antichi egizi sull'elettricità. Benché nessuna altra scoperta abbia in seguito confermato tale

ipotesi questa ha continuato a trovare proseliti.

Una riflessione di questi studiosi:

Tutte le tombe egizie, scavate sottoterra per decine di metri, sono decorate con disegni e

incisioni di una bellezza unica. L'egittologia ufficiale ci dice che l'illuminazione necessaria

all'esecuzione dei lavori era fornita da torce a fiamma.

Ma quelle torce avrebbero in pochissimo tempo consumato tutto l'ossigeno presente, mentre

quel tipo di lavoro richiedeva un sacco di tempo.

Il CICAP, Comitato di controllo delle affermazioni sul paranormale, si è dovuto arrendere,

dicendo che – in effetti – aveva ragione, e cosi hanno avanzato (e continuano a sostenere)

l'ipotesi che utilizzassero un sistema di specchi per propagare la luce nelle gallerie. Ma sempre

secondo il CICAP, gli egizi non conoscevano il vetro, quindi al massimo potevano essere specchi

di rame.

Un altro reperto, che sembra somigliare a quello di Dendera, è stato il ritrovamento della pila di Baghdad,6 che suggerisce l'idea di una possibile conoscenza dell'elettricità.

In merito alla lampada di Dendera, sorgono non poche perplessità, per esempio il serpente

raffigurato all'interno (quindi siamo sicuri che non avessero il vetro?) viene sempre affiancato,

nei geroglifici, a un simbolo che è stato tradotto nella parola “seref”, antica parola egizia, che

significa “illuminare”.

A questo punto però c'è una cosa che ancora non torna, cosa fanno le persone che vengono

sempre raffigurate sotto la lampada?

Dal canto mio, la rappresentazione della lampada in questione, al di là di immaginare che in

qualche modo gli egizi riuscissero a illuminare i sotterranei dove essi lavoravano come suddetto,

una cosa è certa per me ed è che essi a loro modo disegnavano delle cose di cui però non

riuscivano a spiegare il funzionamento. Altrimenti non ha senso rappresentare una lampada che

poteva essere come una di quelle note ai nostri giorni e, dunque, delineate dal filamento a

incandescenza all'interno di un involucro di vetro ed un bulbo a vite, ma senza tutto il resto

ideografico. Dunque questo potrebbe dar credito all'unica spiegazione concepibile, ossia che gli

antichi egizi avessero ereditato da un'altra civiltà, poi scomparsa, strani e prodigiosi oggetti. Ma

in loro, lontanissimi discendenti di quella civiltà, la cultura si era assai degradata, salvo ad averla

trattenuta sbiadita nel tempo nella mente e perciò non potevano, per esempio, penetrare il lato

scientifico della lampada in discussione. Insomma la lampada di Dendera, e forse altri oggetti

simili, erano per gli antichi egizi reperti da rispettare, se non venerare, ritenendoli appartenenti

ad esseri divini per loro. Questa è la mia opinione che, però, non collima tanto con altre cose

che dimostrano invece la capacità di eseguire opere, come per esempio quella di lavorare pietre

durissime in modo estremamente preciso (fare piccoli fori – mettiamo) che solo con i moderni

utensili diamantati è possibile.

Aggiungo una cosa che torna utile a dar sostegno alla mia ipotesi avanzata sul conto della

Camera del Re e relativo Zed della Piramide di Cheope: vedi illustr. 6. In tal caso ho ipotizzato

che lo Zed fosse un generatore di energia. Ma lo Zed, chiamato anche Djed, è lo stesso che è

6 http://blog.libero.it/mysteri/1830971.html

Page 17: croce_iside

17

http://lanostramatematica.splinder.com

posto a sostegno della lampada di Dendera, allegorizzato con due braccia, anche questa ritenuta

una sorta di lampada elettrica.

I due leoni cibernetici

Ed ora è come apprestarmi a chiudere un cerchio, giusto quello cominciato a delineare all'inizio,

poiché ho detto: «Nella biografia, posta alla fine del mio libro in edizione E-Book, I due leoni cibernetici, dico che l'idea di portare avanti gli studi descritti in questo testo sono derivati da

ricerche fatte sulla Piramide di Cheope. Ebbene proprio dalle leggende dell'antico Egitto, sul dio

Osiride, ci viene il modo di capire con semplicità il processo matematico seguito per

“congiungere” il numero 3,14 e infiniti decimali noto come pi greco con un altro, 1,618, anche

questo con infiniti decimali e noto come sezione aurea o divina proporzione nel Rinascimento.

Ma così come sono non potrebbero mai trovare fra loro relazione, eppure attraverso la quarta

parte del primo e la radice quadrata dell'inverso del secondo, noto come sezione argentea, la

cosa si dimostra possibile...».

A questo punto occorrerebbe leggere il mio suddetto E-Book per capire bene in che modo si

arriva al “congiungimento” dei due, π / 4, e √ ф (ф è la sezione argentea).

Ovviamente chiedo troppo ad alcuni di voi che mi leggete, poiché il testo suddetto non è di facile

lettura, eccetto che per chi è preso per la matematica, anche se, non essendo io un accademico

ma un autodidatta, non abbia espresso i vari ragionamenti seguendo la prescritta ortodossia.

Comunque lo scopo del libro in discussione è quello di mostrare un itinerario, fuori dai

ragionamenti accademici, per giungere a indisporre l'accademica concezione di trascendenza intesa per il numero irrazionale Pi greco simboleggiato con π.

Il “congiungimento” di π / 4 con √ ф a questo porta. E in relazione al tema di questo saggio

resta da dare una risposta per arrivare a intuire (ma siamo sempre nel mondo delle ipotesi) a

cosa potrebbe riferirsi quel minuscolo triangolino posto alla base del triangolo che rappresenta

l'ideogramma egizio Dy, e capire in che modo la Chiave d'Iside è una sorta di password come

inteso dal titolo di questo saggio. Perciò ora tenterò una scalata, quel tanto che occorre per giungere a dare queste risposte:

parlerò delle cose salienti che riguardano il suddetto mio E-Book “I due leoni cibernetici”,

perché altrimenti non si afferrano i concetti che concorrono a considerare il misterioso Dy

congiunto alla Chiave d'Iside, due chiavi in una di volta di tutto l'impalcato del libro. Giusta la

concezione di vedere collocata accanto all'Ankh, la Chiave di Iside: una chiave così preziosa che

è posta nelle mani di dei e faraoni nell'iconografia relativa dell'antico Egitto.

Comunque è piacevole e non astruso quel che dirò; chi mi legge converrà che è davvero

allettante perché riguarda la cibernetica attraverso un complesso “pacco di sfere” che io ho

concepito e chiamato “sphere packing” (illustr. 15) allo stato di aggregazione della materia.

Quindi il pacco di sfere viene anche concepito come un poliedro i cui spigoli costituiscono i

centri delle sfere periferiche dell'involucro sferico. (illustr. 16)

Page 18: croce_iside

18

http://lanostramatematica.splinder.com

Ma l'argomento della chimica viene appena sfiorato e conta solo capire che “Sphere Packing” è

un particolare involucro a forma sferica contenente determinate sfere, e che funge da modello

geometrico capace di servire da sistema cibernetico di autocontrollo7, appunto. Cosa che si

otterrà seguendo l’itinerario di una piacevole meccanica ingegneristica. Né più e nemmeno

similmente ad un sistema meccanico, del tutto analogo ad una scatola di trasmissioni come quella

di un cambio di velocità o anche a un differenziale di un’automobile. (illustr. 17)

Illustrazione 17: Sphere Packing come scatola di ingranaggi di un variatore continuo di velocità.

7 http://venus.unive.it/miche/cicli_ecosis/0013.htm

Illustrazione 15: Sphere Packing. Illustrazione 16: Poliedro di Sphere

Packing.

Page 19: croce_iside

19

http://lanostramatematica.splinder.com

Per quanto concerne il riferimento alchemico dei due numeri, pi greco e sezione aurea, “I due leoni cibernetici”, nulla che impressioni perché i due leoni si rifanno all'alchimia, noti come il

leone verde e leone rosso.

Poche note a riguardo, tanto per dare l’opportunità a chi non conosce l’alchimia di accettarne la

relazione con il procedimento usato dall’autore per “gemellare” i due numeri in questione in

termini matematici.

Generalmente, il Leone è il segno dell’oro, segno sia alchemico che naturale; radice, cioè, delle

proprietà fisico-chimiche di questi corpi. Ma i testi di alchimia danno lo stesso nome alla materia

che, nella preparazione del solvente, accoglie in sé lo Spirito universale, il fuoco segreto. In

ambedue i casi si tratta sempre dell’interpretazione della potenza, dell’incorruttibilità, della

perfezione.

Il primo agente magnetico che serve a preparare il solvente, alcuni lo hanno chiamato Alkaest, –

si chiama Leone verde, non tanto perché possiede una colorazione verde, ma perché non ha

ancora acquisito i caratteri minerali che distinguono chimicamente lo stato adulto da quello

nascente. È un frutto ancora verde ed acerbo, e paragonato al frutto rosso e maturo. È la

giovinezza metallica, sulla quale non ha ancora agito l’Evoluzione, ma che contiene in sé il

germe latente di una energia reale, che più tardi sarà destinata a svilupparsi. È lo stadio in cui

sono l’arsenico ed il piombo in confronto all’argento ed all’oro. Il Leone rosso, dunque,

secondo i Filosofi, non è altro che la stessa materia, o Leone verde, portata mediante speciali

procedimenti a questa tipica qualità che caratterizza l’oro ermetico o Leone rosso.

Essi, come si vedrà, strada facendo nel corso della lettura del libro in questione, fanno da

maestri e nocchieri di viaggi (di qui la relazione con la cibernetica perché “timonieri” dell’ideale

vascello geometrico, Sphere Packing, appunto) che, con meraviglia, non sono da catalogare solo

come concezioni metafisiche, proprio grazie ai risultati ottenuti con l’ausilio della elementare

matematica esibita da me.

Page 20: croce_iside

20

http://lanostramatematica.splinder.com

Riprendendo il lato della meccanica ingegneristica di Sphere Packing, si capisce già che le sfere

impacchettate ruotano fra loro immaginandole dotate perifericamente di ingranaggi ideali. Si

tratta di un altro genere di geometria impiegato per l'occasione, tale da permettere una

variazione dei rapporti di velocità, non solo al variare della rotazione degli otto timoni-sfere

segnate in arancione nell'illustr. 17, ma anche perché cambia il genere di dentatura che non è

come quella convenzionale che segue di pari passo il diametro primitivo dell'ingranaggio. E qui

un'altro miracolo dell'immaginazione per ricorrere alla geometria degli anelli di Möbius inseriti in

un anello torico il cui asse circolare è lo stesso della sfera ove si trova. Naturalmente la sfera ne

contiene infiniti, tali da determinare la dentatura ideale necessaria per la trasmissione di Sphere Packing cibernetica.

Con l'illustr. 18 è in mostra il nastro di base “con una faccia”, che tutti conosciamo col nome di

Möbius, mentre l’altro, dell'illustr. 19, è quello che vi deriva, ma con “due facce”. La torsione,

come si vede, è una per l’intero nastro, ossia per 360°, mentre l’altra è due volte l'intero

nastro.

Detto tutto ciò che, tuttavia non dà l'esatta idea di com'è che i due “Leoni cibernetici” hanno

relazione tale da “congiungersi”, ma anche “distaccarsi” però. Dunque si tratta di un ideale

bilanciere di un vero e proprio orologio, anzi un computer fuori dalle concezioni scientifiche

moderne. Meglio ancora, per aderire al tema di questo saggio riposto nel titolo, si tratta di una

macchina della vita in evoluzione nel tempo. E siamo nell'era giusta per concepirla

scientificamente.

Di qui, finalmente siamo giunti alla comprensione di quel triangolino del Dy, ma è una mia

supposizione poiché il Dy, l'Ankh e lo Scettro o Wзs, ma anche altri geroglifici, restano

comunque relegati nel mistero dei simboli di una concezione metafisica che razionalmente resta

impenetrabile.

Siamo giunti a intravedere in Sphere Packing una funzione di base che illuminerebbe in termini

Illustrazione 18: Toro con nastro di base avvolto ad una faccia

(Möbius).

Illustrazione 19: Toro con nastro di base avvolto a due facce.

Page 21: croce_iside

21

http://lanostramatematica.splinder.com

geometrici il lato oscuro del mistero di Osiride che è legato al Tempo, giusto l'accostamento del

bilanciere appena detto. E quel più conta la funzione peculiare della Chiave d'Iside o Ankh.

Ora non spiego come funziona il servomeccanismo che fa muovere gli otto timoni-sfere di Sphere Paccking, perché subentra la tematica dei calcoli matematici esibiti nel testo relativo. Tuttavia il

servomeccanismo in questione fa capo alla geometria della lemniscata di Bernoulli e questo si può

capire. E si capisce di conseguenza quanto sia fondamentale la geometria della Chiave di Iside,

l'Ankh, il Dy e lo Scettro o Wзs,che vi derivano.

Dall'illustr. 20 si comprende tutto del nostro bilanciere che oscilla con un angolo piccolissimo,

da me simboleggato con εLB, che può benissimo trovare quale migliore corrispondenza del

misterioso triangolino del Dy.

Il bilanciere non è altro che lo Scettro o Wзs, una volta in mano a Osiride e poi a Iside.

Il bilanciere oscilla assumendo due posizione terminali che sono quelle della radice quadrata della

sezione argentea (inversa della sezione aurea) e di pi greco diviso 4. Il disegno li evidenzia in

rosso e verde in relazione ai due leoni alchemici del titolo del mio libro E-Book.

Ma l'oscillazione è a gradi e non progressiva e sono esattamente 8 i salti che intervallano

l'angolo assunto dai due della sezione aurea e pi greco. Una piccolissima parentesi in proposito.

Nella conclusione del mio libro in questione collego gli otto salti del bilanciere con i chakra della

filosofia yoga che si riferiscono ai centri di forza dei diversi corpi energetici compenetrati in

quello umano.

Illustrazione 20: Ipotesi dei due scettri o WЗS: di Osiride (verde) e Iside (rosso).

In parallelo, mi viene di affacciarmi ad una piccola finestra della scienza senza però

addentrarmici, quella così complessa e affascinante dei salti quantici. Un mondo immenso tutto

da scoprire!

Page 22: croce_iside

22

http://lanostramatematica.splinder.com

Appendice

Le due facce di Sphere Packing

Nella conclusione del capitolo precedente ho accennato ad un risvolto degli otto stadi del

supposto bilanciere segnatempo della macchina cibernetica Sphere Packing. Ho introdotto

l'argomento dei chakra della cultura yoga che per certi versi non sembra avere legami con

cultura dell'antico Egitto. Tuttavia entrambe affondano nel mito della storia del nostro pianeta,

dunque c'è la possibilità potenziale che in modo sotterraneo entrambe concordino – mettiamo –

sul piano delle mie congetture sul piano della geometria, visto che ho tradotto ogni cosa

dell'apparato dei geroglifici, ideogrammi e pittogrammi dell'antico Egitto, in questo modo.

Resta però un vuoto da colmare per quanto concerne la cultura dell'astrologia e astronomia

dell'antico Egitto, certamente in stretta relazione con il suddetto apparato dei geroglifici,

ideogrammi e pittogrammi che in qualche modo dovrebbero trovare i segni, con la geometria da

me esibita con Sphere Packing. L'astrologia e l'astronomia non erano così distinte fra loro così

come lo è oggi. Naturalmente se avessi ravvisato qualcosa in merito che poteva avere riflessi –

mettiamo – sulla Croce d'Iside o altro contemplato in questo saggio, mi sarei dato da fare per

esaminarlo, invece no.

Tuttavia il segno che

accomunerebbe la visione degli

antichi egizi in materia degli astri

“serpeggia” comunque nel mio

Sphere Packing allo stesso analogo

modo con cui mi è sembrato di

ravvisare negli otto stadi del

bilanciere segnatempo suddetto, i

chakra dell'antica cultura yoga.

Infatti è così, perché è nel seguito

della storia dei popoli mediterranei

che compare in Francia nel 1500

un personaggio carismatico ritenuto un mago, indovino e

astrologo, Enrico, Cornelia Agrippa.

(Illustrazione 22 a sinistra: Impacchettamenti di sfere.) Fra la molteplicità delle sue produzioni, egli mostra un

magico repertorio di Segni ideografici correlato ai

pianeti8 che, come farò vedere, sono straordinariamente

aderenti alle diverse rappresentazioni di Sphere Packing. E tutto ciò costituisce una faccia della

medaglia del titolo di questo capitolo, che è di natura

esoterica, ma non manca quella di natura scientifica

allineata ai nostri tempi.

8 La Filosofia Occulta o Magia - di Enrico Cornelio Agrippa, vol. II, capitolo XXII - Edizioni Mediterranee Roma.

Illustrazione 21: Il soffitto astronomico nella sala del sarcofago della tomba di SethiI nella Valle dei Re. Raffigura

stelle e costellazioni.

Illustrazione 22: Impacchettamenti di sfere.

Page 23: croce_iside

23

http://lanostramatematica.splinder.com

Non è difficile immaginarla già, perché ne ho già parlato nel descrivere la natura geometrica di

Sphere Packing. Infatti mi sono avvalso del concetto dell'impacchettamento di sfere,9 che, oggi, è

oggetto di studio nel campo delle trasmissioni televisive ed altro, oltre che della matematica. Ma

è vero anche che l'idea matematica dell'impacchettamento sfere sorse nel 1600, dunque circa un

secolo dopo al tempo di Agrippa.

Ed ora di volata mostrerò via via le varie correlazioni di Sphere Packing con i segni ideografici

dei pianeti immaginati da Agrippa nel suo libro, La Filosofia Occulta o Magia, segnato fra le

note.

Il segno o carattere del Sole

9 http://www.quadibloc.com/math/pakint.htm

Illustrazione 23: Una vista delle sfere di Sphere P. e relativo poliedro che vi corrisponde. L'ideogramma del segno o

carattere del Sole di Agrippa è segnato in rosso . L'originale

è posto accanto.

Page 24: croce_iside

24

http://lanostramatematica.splinder.com

Il segno o carattere di Mercurio

Illustrazione 24: Altra vista delle sfere di Sphere P. e relativo poliedro che vi corrisponde. L'ideogramma del segno o

carattere di Mercurio di Agrippa è segnato in grassetto .

L'originale è posto accanto.

Page 25: croce_iside

25

http://lanostramatematica.splinder.com

Il segno o carattere della Luna

Illustrazione 25: Altra vista delle sfere di Sphere P. e relativo poliedro che vi corrisponde. L'ideogramma del segno o

carattere della Luna di Agrippa è segnato in viola .

L'originale è posto accanto

Page 26: croce_iside

26

http://lanostramatematica.splinder.com

Il segno o carattere di Venere

Illustrazione 26: Altra vista delle sfere di Sphere P. e relativo poliedro che vi corrisponde. L'ideogramma del segno o carattere di Venere di Agrippa è segnato in grassetto . L'originale è

posto accanto

Arrivati a questo punto, come si vede attraverso l'illustr. 26, le cose si complicano per la

presenza nel disegno di qualcosa di nuovo che non si spiega a prima vista, ma chi ha già letto il

mio scritto Sphere Packing presente sul web e fra gli studi di matematica del mio sito10, sa di che

si tratta.

L'ideogramma di Agrippa presenta una curva non circolare sulla destra, una sorta di falce, e in

Sphere P. vi è riportata facendola dipartire da una delle sfere, quella a destra e poi confluire nel

centro della sfera in alto, posta a 120°. Come si spiega?

Si tratta di un'altra mia invenzione geometrica e riguarda una serie di curve di mia ideazione

ricavate dalle geometrie di figure stellari, ovvero da poligrammi. Una di queste è la curva

dell'ottagramma ed è la stessa del disegno in discussione.

La curva è questa (illustr. 27), completa di abaco per la parte matematica di calcolo:

10 Il geometra pensiero in rete: http://www.webalice.it/gbarbella/lavori.html

Page 27: croce_iside

27

http://lanostramatematica.splinder.com

Abaco di calcolo Illustrazione 27: Curva dell'ottagramma.

Equazione polare:

ρ = ρ0/cos(θ/3) raggio polare;

ρ0 = r sen(360/4n) raggio cerchio interno;

r = 1 raggio cerchio esterno;

n divisioni del poligramma;

δ = arctan 3 cotan (θ/3) angolo tangente della curva con il raggio polare;

a = 3ρ0 asintoto.

Illustr. 28: Da un papiro della XVIII dinastia dei faraoni dell’antico Egitto rinvenuto nella tomba dello scriba Ani e conservato nel British Museum di Londra. Particolare: Anubi, lo scriba Ani supera il giudizio finale e viene condotto alla presenza di Osiride.

Ed ora, non a caso ho disposto le cose suddette per ultime, perché siamo

alla fine di questo saggio. Ed è il caso di dire “dulcis in fundo”, tutto in

onore della Croce d'Iside o Ankh, tema del saggio non ancora del tutto

sviluppato.

La prima cosa riguarda la curva dell'ottagramma (giusto in armonia degli

otto stadi delle oscillazioni del pendolo di Sphere P., ma è vero anche che

questa è contornata da otto sfere disposte sulla circonferenza della sfera

di contenimento del pacchetto sfere (solo che queste, a differenza del

convenzionale pacchetto studiato dai matematici, sono i centri delle sfere

Illustrazione 28: Partic. Papiro di Ani

Page 28: croce_iside

28

http://lanostramatematica.splinder.com

suddette a combaciare con la sfera globale).

Ho notato che nei pittogrammi egizi si ricorre spesso a rappresentazioni di fiori muniti di gambo,

nulla di misterioso. Ma se questi hanno relazioni con rappresentazioni che inducono a pensare

che si tratti di concezioni inspiegabili, allora il fiore o i fiori possono avere una valenza

significativa. E si dà il caso che ho la fissazione di tradurre tutto in figure geometriche, al punto

di intravedere in certi fiori, quelli dell'illustr. 28, emblemi di poligrammi, Perché non è possibile

se ho immaginato che la macchina cibernetica Sphere P., da me congegnata servendomi della

geometria, a questo conduce, alla vita che si profila attraverso dei fiori.

Allora perché non credere anche che quei fiori non siano corrispondenti a curve di poligrammi?

E giacché abbiamo sotto mano il curioso Papiro di Ani, mi è sorta l'idea che quella sorta di

congegno davanti allo scriba Ani dà forte l'idea di qualcosa che oscilla. Tutto è sorretto da una

leva che sembra avere due appoggi all'estremità destra. Due punti di contatto che fanno capo ad

una sorta di omino antropomorfizzato. La mano destra alzata che termina con un puntalino e

inizia con una grossa molla che si avvolge per tutto il corpo; la testa è munita di una piccola

molla di senso contrario alla prima. Cosa vuol allegorizzare?

Ma non si spiega nemmeno come si sostiene la leva con tutto ciò che vi è sopra, a meno che quel

pacco di fogli stretti da un laccio stiano a simboleggiare un'energia che da questo si sprigiona e

fa da forza premente per opporsi alla caduta di ciò che sta in lato. Il passo è breve per

immaginare che si tratta, forse, del sapere che il pacco di fogli – di certo un libro – inteso come

fonte traducibile in concezioni vitali in tanti modi posti in atto dall'uomo. L'idea base ce la dà la

fisica dell'elettromagnetismo. E nel caso di Ani è un sapere mistico che fa bene all'anima e lo

spirito.

Ecco la fonte della vita eterna concessa dal dio Osiride in trono nel tabernacolo davanti a lui,

che qui non si vede. Ma è possibile vederlo attraverso l'illustr. 1 dell'inizio di questo saggio.

E i due in uno che sostengono in apparenza il tutto sostenuto sulla leva? Possono benissimo

essere correlati ai due leoni cibernetici del mio E-book e contemporaneamente, nell'insieme, al

bilanciere del tempo esaminato geometricamente facendo capo alla lemniscata di B.: in realtà

servendoci della Chiave di Iside.

E così abbiamo parlato della prima cosa che ho disposto per

concludere questo saggio, la seconda cosa è la versione

evoluta della Chiave di Iside e di Iside stessa. È sapete chi

ce lo dice mostrando il segno? Una cosa che ci riporta a

quello di Costantino I imperatore che fece porre sui labari

del suo esercito prima della battaglia di Ponte Milvio nel 312

d.C. contro Massenzio. Alla croce cristica.

Avete notato il segno ideografico a forma di croce con due

bracci a V del pianeta Venere di Agrippa (illustr. 26)? Non ci

dà l'esatta idea della croce mistica del cristianesimo

sorgente? Come quella dell'illustr. 29 accanto?

La potenza del simbolismo, nei primi secoli cristiani, si

manifesta anche nella croce mistica scolpita sulla pietra. La

pietra è incisa con una croce a Tau (T); il chi (X) traversa

Illustrazione 29: La croce mistica solpita nella pietra.

Page 29: croce_iside

29

http://lanostramatematica.splinder.com

l'asta del Tau che si arrotonda in ro (P) in alto. Il nome di Cristo e la forma della sua croce sono

riassunti in queste linee. Il Cristo, figlio di Dio, è l'inizio e la fine di tutto; l'alfa e l'omega, inizio

e fine dei segni intellettuali e, per estensione, dell'intelligenza stessa e dell'anima umana,

scortano a destra e a sinistra.

La croce ha schiacciato e domato Satana, il serpente antico. Il serpente si arrotola e si incatena

al piede della croce.

Questo è il lato del cristianesimo, ma ancor prima, la dea Iside, come potenza generatrice e

fecondatrice della natura, viene assimilata a Venere e si riconosce da alcuni attributi propri come

lo scialle, le rose, la situla.

La famosa Venere capitolina e la Venere dell'Esquilino sono ritenute statue di Venere-Iside.

Ambedue le sculture portano infatti i simboli della dea: la prima nuda, con lo scialle posto su

un'idria poggiata in terra, con i capelli annodati, sta per immergersi nelle acque; la seconda,

trovata sull'Esquilino nel 1874, è nuda anch'essa con i sandali ai piedi e in atto di avvolgere con

una benda la capigliatura; ha accanto a sé un vaso decorato con foglie di loto, e un ureo posto su

una “cista” ornata di rose. Potrebbe anche rappresentare una fanciulla del culto isiaco che si

appresta ad un bagno rituale.11

Brescia, 12 luglio 2010

11 Roma egizia: culti, templi e divinità egizie nella Roma imperiale , Boris de Rachewiltz, Anna Maria Partini – Ed.

Mediterranee.