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l'origine delle costellazioni greche Archeologi e astronomi hanno ricostruito la storia della nascita di queste figure disegnate con le stelle e il modo in cui popoli diversi le hanno usate nel corso del tempo di Bradley E. Schaefer I I primo a parlarmi della costellazione dell'Orsa Maggiore fu mio non- no. In seguito, armeggiando con un vecchio binocolo, mi sono diver- tito a individuare altre costellazioni nel vasto cielo del Colorado, o ad- dirittura a inventarne una tutta mia. A quel tempo ovviamente non pensavo all'età o all'origine delle costellazioni, ma quelle figure nel cielo erano un affascinante rompicapo scientifico. Nel 1922, l'International Astronomical Union definì ufficialmente 88 costellazioni: la maggior parte di esse era stata descritta nel 128 d.C. in un testo di Tolomeo, L'Almagesto, che narrava le tradizioni più diffuse fra i Greci. Queste tradizioni erano state re- se popolari dal poema Fenomeni, composto da Arato nel 275 a.C., una sorta di best seller dell'epoca. L'unica opera pervenutaci del grande astronomo Ip- parco, Il Commentario, scritta nel 147 a.C., rivela che il poema di Arato è in gran parte copiato da un'altra opera del 366 a.C. con lo stesso titolo, scritta da Eudosso e andata perduta. Questi libri custodiscono le prime descrizioni del- la volta celeste greca, e in essi le costellazioni sono già delineate. Ma da dove provenivano le costellazioni dei Greci? I cacciatori del Paleolitico Per tracciare la storia delle costellazioni dobbiamo andare indietro nel tem- po, molto prima dei Greci. Le costellazioni sono presenti in tutte le civiltà del mondo. Millenni prima che l'inquinamento luminoso offuscasse il cielo not- turno, i popoli osservavano il moto incessante delle stelle. Ma gli uomini sono portati al riconoscimento di strutture, perciò non sorprende che il raggruppa- mento di stelle vicine fosse un'attività universale fin dai tempi remoti. punto migliore da cui partire è l'Orsa Maggiore (Ursa Maior). Queste sette stelle moderatamente luminose sono note anche con altri nomi: il Grande Me- stolo (o Zucca per Bere), l'Aratro e il Carro. Arato denomina il raggruppamen- to sia Orsa sia Carro. 11 nome «Carro» deve ovviamente essere successivo all'in- venzione della ruota (avvenuta intorno al IV millennio a.C.), ma il nome Orsa è senza dubbio molto più antico. Le prime società umane di tutta l'Eurasia co- noscevano sia le stelle sia il mito dell'Orsa Maggiore e, secondo la versione più diffusa, l'Orsa era disegnata dalle quattro stelle nell'incavo del mestolo ed era inseguita dalle tre stelle del manico che rappresentavano tre cacciatori. 72 LE SCIENZE 462 /febbraio 2007 www.lescienze.it LE SCIENZE 73

costellazioni grechedownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/2007_462_5.pdf · ni, gli Zuni, i Tlingit e gli Irochesi - condividevano infatti l'in-terpretazione dell'orsa

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l'origine delle costellazioni greche Archeologi e astronomi hanno ricostruito

la storia della nascita di queste figure disegnate

con le stelle e il modo in cui popoli

diversi le hanno usate nel corso del tempo

di Bradley E. Schaefer

I

I primo a parlarmi della costellazione dell'Orsa Maggiore fu mio non-no. In seguito, armeggiando con un vecchio binocolo, mi sono diver-tito a individuare altre costellazioni nel vasto cielo del Colorado, o ad-dirittura a inventarne una tutta mia. A quel tempo ovviamente nonpensavo all'età o all'origine delle costellazioni, ma quelle figure nel

cielo erano un affascinante rompicapo scientifico. Nel 1922, l'InternationalAstronomical Union definì ufficialmente 88 costellazioni: la maggior parte diesse era stata descritta nel 128 d.C. in un testo di Tolomeo, L'Almagesto, chenarrava le tradizioni più diffuse fra i Greci. Queste tradizioni erano state re-se popolari dal poema Fenomeni, composto da Arato nel 275 a.C., una sortadi best seller dell'epoca. L'unica opera pervenutaci del grande astronomo Ip-parco, Il Commentario, scritta nel 147 a.C., rivela che il poema di Arato è ingran parte copiato da un'altra opera del 366 a.C. con lo stesso titolo, scritta daEudosso e andata perduta. Questi libri custodiscono le prime descrizioni del-la volta celeste greca, e in essi le costellazioni sono già delineate. Ma da doveprovenivano le costellazioni dei Greci?

I cacciatori del Paleolitico

Per tracciare la storia delle costellazioni dobbiamo andare indietro nel tem-po, molto prima dei Greci. Le costellazioni sono presenti in tutte le civiltà delmondo. Millenni prima che l'inquinamento luminoso offuscasse il cielo not-turno, i popoli osservavano il moto incessante delle stelle. Ma gli uomini sonoportati al riconoscimento di strutture, perciò non sorprende che il raggruppa-mento di stelle vicine fosse un'attività universale fin dai tempi remoti.

punto migliore da cui partire è l'Orsa Maggiore (Ursa Maior). Queste settestelle moderatamente luminose sono note anche con altri nomi: il Grande Me-stolo (o Zucca per Bere), l'Aratro e il Carro. Arato denomina il raggruppamen-to sia Orsa sia Carro. 11 nome «Carro» deve ovviamente essere successivo all'in-venzione della ruota (avvenuta intorno al IV millennio a.C.), ma il nome Orsaè senza dubbio molto più antico. Le prime società umane di tutta l'Eurasia co-noscevano sia le stelle sia il mito dell'Orsa Maggiore e, secondo la versione piùdiffusa, l'Orsa era disegnata dalle quattro stelle nell'incavo del mestolo ed erainseguita dalle tre stelle del manico che rappresentavano tre cacciatori.

72 LE SCIENZE

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LE SCIENZE 73

Determinare l'età delle costellazioni richiede la conoscenza del

fenomeno che chiamiamo precessione, cioè la lenta oscillazione

dell'asse terrestre prodotta da forze di marea generate dalla

Luna, che provoca lo spostamento della posizione delle stelle nel

corso dei secoli. Un movimento simile a quello di una trottola che

diminuisce di velocità man mano che ruota. Una conseguenza

di questa oscillazione è che il Polo Nord terrestre si muove

tracciando un largo cerchio nella volta celeste, e quindi la Stella

Polare, o Stella del Nord, la più vicina al Polo Nord, cambia nel

tempo (in alto a destra).

Un'altra conseguenza è che la posizione delle stelle si spostasull'eclittica (il percorso del Sole nella volta celeste) di circa un

grado (due volte il diametro della Luna) ogni 72 anni.

Le posizioni delle stelle sono misurate riferendosi a linee

concettuali (ovvero circonferenze) sulla volta celeste. Questelinee sono analoghe a quelle sul globo terrestre, con l'equatore

celeste equivalente a quello della Terra e i coluri (cioè i meridiani

celesti) come riferimento della longitudine, così come il meridiano

di Greenwich lo è per la longitudine terrestre. [equinozio di

primavera è la posizione del Sole nel momento in cui attraversa

l'equatore celestedurante il suo viaggio

verso nord (dove si

incrociano le linee

rosse del disegno qui

sotto). La precessioneimplica che la posizione

dell'equinozio si

sposterà sullo sfondostellare, cambiando le

costellazioni zodiacali

all'incirca una volta ogni

2000 anni. Nella Grecia

classica l'equinozio era in

Ariete; poi si è spostatonei Pesci e più di recente

nell'Acquario.

Ipparco scoprì la precessione intorno al 128 a.C., quando osservò

lo spostamento degli equinozi confrontandoli con le posizioni

descritte in osservazioni più vecchie. Una sorprendente impresa

intellettuale, chene fa uno dei più

grandi astronomi

dell'antichità.

Le posizioni delle

costellazioni cambiano

nel tempo in relazione

ai coluri e all'equatore,

fornendo così un modo

per determinare le

date. Uno studio della

posizione dell'Ariete

nella sfera celeste

dell'Atlante Farnese (si

veda alle pagine che

seguono) rivela che

l'originale fu scolpito

intorno al 125 a.C.,

quando l'estremità

del corno dell'Ariete

aveva appena passato

il coluro.

Precessione: lo spostamento delle stelle

2000 d C7

LI volta celeste

i me.1100 a C

Vega(La Stella del Norddi 14.000 anni fa)

Stella polare(attuale Stella

del Nord)

Polo Nord eclittico

Rotazionequotidiana

E

Questa semplice combinazione fra stelle e mito era patrimo-nio dei Greci, dei Baschi, degli Israeliti, di molte tribù siberianee in modo sorprendente aveva preso piede in tutta l'America delNord. Molte tribù del Nuovo Mondo - i Cherokee, gli Algonchi-ni, gli Zuni, i Tlingit e gli Irochesi - condividevano infatti l'in-terpretazione dell'orsa inseguita da tre cacciatori, anche se conalcune varianti.

Come si può spiegare questa stretta corrispondenza culturaletra il Vecchio e il Nuovo Mondo? È improbabile che quella del-l'Orsa sia una libera invenzione, perché le stelle non ricorda-no le sembianze dell'animale. Inoltre possiamo escludere l'ipo-tesi di contaminazione culturale da parte dei primi missionari edesploratori, visto che le tradizioni dei nativi americani sono sta-te raccolte fin dai primi contatti, e le storie non rispecchiano conprecisione la versione greca portata dai colonizzatori europei.La spiegazione più logica è che i primi colonizzatori del NuovoMondo abbiano portato il mito attraverso lo Stretto di Bering.

Circa 14.000 anni fa, i cacciatori-raccoglitori del Paleoliticodiedero vita alla prima migrazione che ha attraversato il ponteterrestre formatosi durante l'ultima era glaciale, che collegavala Siberia al continente americano. E questi uomini tramanda-rono la loro cultura ai discendenti che hanno popolato il Nuo-vo Mondo. Si può facilmente immaginare una serie di antena-

ti che, dalla Siberia del Paleolitico alle montagne e alle pianuredel Nuovo Mondo per arrivare fino all'attuale Colorado, narra-no la storia dell'Orsa nel cielo.

In realtà, la vera origine della costellazione dell'Orsa potrebberisalire a molto tempo prima di questa migrazione. Alcune pit-ture rupestri, manufatti e ritrovamenti di crani di orso nelle ca-verne europee datati più di 30.000 anni fa denotano una sorta diculto dell'orso. Quindi la costellazione potrebbe essere nata co-me raffigurazione popolare di un'icona sciamanica. Ma, qualun-que sia la sua origine, probabilmente l'Orsa Maggiore è una del-le più antiche creazioni dell'umanità.

Sacerdoti assiri

La prima testimonianza diretta delle costellazioni arriva dastele e tavolette di argilla riportate alla luce in Mesopotamia. Untesto chiamato Preghiera agli dei della notte, proveniente dal-l'antica Babilonia e datato intorno al 1700 a.C., cita quattro co-stellazioni, compreso il Carro, più tre stelle singole e le Pleiadi.Iscrizioni su pietra precedenti il 1300 a.C. rappresentano immagi-ni che non compaiono in un contesto «celeste», ma che nei seco-li successivi si riferiranno alle costellazioni, lasciando intendereche le immagini non erano ancora state proiettate nel cielo. An-che se la scarsità di testimonianze rende difficile una conclusionecerta, sembra che prima del 1300 a.C. gli abitanti della Mesopo-tamia avessero individuato soltanto alcune costellazioni.

Da quel momento le pietre che segnalano i confini e i sigil-li di forma cilindrica iniziano a mostrare gruppi di icone di più

costellazioni associate a simboli del Sole, della Luna e dei piane-ti. E proprio queste associazioni ci assicurano che le immagini siriferiscono alle costellazioni. A partire dal 1100 a.C. circa, alcu-ne tavolette cuneiformi elencano più di 30 nomi di costellazioniprovenienti da tre fasce di volta celeste. Una serie di tre tavolettechiamata Mul.Apin elenca numerose annotazioni della posizionee dei movimenti di quasi tutti i gruppi di stelle della Mesopota-mia. 11 Mul.Apin è stato più volte copiato, con lievi modifiche; lecopie superstiti sono datate tra il 687 a.C. e il DI secolo a.C.

Per fortuna gli studiosi di astronomia antica possono datarela conoscenza delle costellazioni ricorrendo alla precessione del-le stelle, cioè al loro spostamento rispetto al sistema di coordina-te definite dal Polo Nord e dagli equinozi (si veda il box a fronte).Grazie alle stelle che descrivono un movimento molto lento e insenso orario rispetto al quadrante delle coordinate celesti, possia-mo stabilire una data con la precisione di un orologio.11Mul.Apindà le posizioni delle stelle nel cielo, e noi possiamo tradurle in da-te approssimative. Le tavolette riportano per esempio che l'equi-nozio di primavera si trova sul lato orientale di quella che per noioggi è la costellazione dell'Ariete, e questo elemento ci riporta anon più tardi del II millennio a.C.. Molte annotazioni dipendonoanche dalla latitudine di chi osserva, quindi un'analisi approfon-dita può rivelare sia l'epoca che la latitudine dell'osservatore.

Hermann Hunger dell'Università di Vienna e David Pingreedella Brown University hanno esaminato numerosi dati delMul.Apin, confrontandoli in parte con una descrizione dell'ap-parizione delle stelle successiva al testo mesopotamico e redat-ta da Tolomeo. I due hanno calcolato la data del 1000 a.C. e unalatitudine di 36 gradi, suggerendo che l'autore, o gli autori, delMul.Apin avrebbe operato in Assiria, la parte settentrionale del-la Mesopotamia. Il Mul.Apin elenca quasi tutte le costellazio-ni mesopotamiche, che quindi sarebbero state codificate primadel 1000 a.C. E in effetti sembra che la maggior parte siano stateidentificate tra il 1300 e il 1000 a.C.

In modo indipendente ho identificato 114 descrizioni dellavolta celeste riportate nel Mul.Apin che suggeriscono sia la datasia la latitudine in cui sono avvenute queste osservazioni. Nes-sun elemento potrà fornire data e latitudine con una precisio-ne sufficientemente utile, ma la combinazione statistica di tuttele 114 osservazioni può fornire stime piuttosto precise. Secondoi miei calcoli, i dati riportati nel Mul.Apin risalgono al 1100 a.C.(con un'approssimazione di 80 anni) e con 33 gradi di latitudinenord (con un'approssimazione di 1,5 gradi). Le mie conclusio-ni concordano con quelle di Hunger e Pingree nell'ipotizzare os-servatori assiri e nel suggerire un periodo di identificazione dellecostellazioni inferiore a due secoli.

Un'analisi diversa dei dati relativi alle costellazioni è in gra-do di stabilire sia il periodo sia il luogo d'origine delle costel-lazioni più meridionali visibili dall'emisfero settentrionale.L'idea che c'è dietro è che le stelle troppo a sud per essere vi-sibili da una posizione medio-settentrionale formerebbero uno

spazio vuoto più o meno circolare che ha come centro il PoloSud. La posizione di questo spazio e la collocazione implicitadel polo rivelerebbero la data, e il raggio del cerchio indichereb-be la latitudine a cui sono state identificate le costellazioni delMul.Apin. Grazie a questa idea ho calcolato che le sei costella-zioni meridionali che tracciano il contorno dello spazio vuotosono state scoperte all'inizio del I millennio a.C. a una latitudi-ne di circa 33 gradi.

Le prove archeologiche, l'epoca e la latitudine calcolate dalMul.Apin e dalle sei costellazioni più a sud offrono una versionecoerente dei fatti. La maggior parte delle costellazioni mesopo-tamiche e dei dati osservativi sono stati ricavati a una latitudineche varia tra 33 e 36 gradi circa, in un arco di tempo compresotra il 1300 e il 1000 a.C. da una popolazione della regione, pro-babilmente gli Assiri.

Le costellazioni presenti nel Mul.Apin sono una curiosa com-

PROBABILMENTE L'ORSA MAGGIORE È UNA

DELLE Più ANTICHE CREAZIONI DELL'UMANITÀ

Vista da sopra la

74 LE SCIENZE

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LE SCIENZE 75

L'Atlante FarneseLa più antica descrizione che ci sia pervenuta delle costellazioni greche appare su una

statua romana del II secolo d.C., l'Atlante Fa rnese. Gli storici dell'arte ne deducono che

la statua è una copia di un originale greco. Esposta a Napoli, la scultura rappresenta il

dio Atlante che sostiene sulle spalle un globo celeste.

L'analisi dettagliata che ho effettuato della posizione delle costellazioni sul globo

rivela che le figure sono ubicate con una precisione migliore di due gradi per una

data intorno al 125 a.C., con un'approssimazione di 55 anni. La precisione denota

che i dati originari erano sistematici e precisi, al pari di quelli presenti in un catalogo

stellare. A quell'epoca l'unico catalogo stellare esistente era quello di lpparco, e un

attento confronto fra le costellazioni del globo e le

descrizioni presenti nei Commenta ri di Ipparco

e in altre opere denota una corrispondenza

soltanto con il grande astronomo greco.

Certo, in quel periodo altri astronomi

potrebbero aver scritto cataloghi, ma

non abbiamo nessuna indicazione a

questo riguardo, dunque è quasi certo

che la fonte sia Ipparco.

LE FIGURE IN RILIEVO sulla volta celeste

disegnano le costellazioni nei minimi

dettagli, e comprendono l'equatore celeste, i

tropici e i coluri.

UNA PIETRA PROVENIENTE

DALLA MESOPOTAMIA, datata a

un'epoca successiva al 1300

a.C., che riporta immagini di

costellazioni.

Il M U LAPIN, tavoletta

cuneiforme del 1100 a.C.

circa, elenca le posizioni

egli spostamenti delle

costellazioni mesopotamiche.

binazione. Alcune rappresentano le divinità, altre simboleggianoanimali e altre ancora descrivono comuni attrezzi agricoli. Il te-sto pronuncia molti auspici in base ai gruppi di stelle che usa an-che per tracciare un calendario, essenziale per qualsiasi economiadi tipo agricolo. Auspici, divinità e calendari erano di competen-za esclusiva del clero, un indizio importante, che ci porta a ipo-tizzare che le costellazioni sono state elaborate dai sacerdoti.

Gli studiosi greci

I raggruppamenti mesopotamici compaiono in molte delle co-stellazioni della Grecia classica. Per esempio le stelle del Capricor-no e dei Gemelli indicate dai Greci erano conosciute dagli Assiricon nomi simili- il Pesce-Capra e i Grandi Gemelli. Venti costella-zioni sono riproduzioni fedeli, mentre altre 10 sono formate dal-le stesse stelle ma hanno nomi differenti. Il Bracciante Agricolo ela grande Rondine degli Assiri, per esempio, sono state rinomina-te rispettivamente Ariete e Pesci.

La costellazione chiamata Triangolo è un buon esempio delmodo in cui i Greci hanno mutuato le stelle mesopotamiche. NelMul.Apin le stelle del Triangolo sono state indicate con il no-me di Aratro (nome usato anche per l'Orsa). Gli egiziani e i popo-li della Mesopotamia conoscevano la geometria, che però usava-no solo come strumento d'ingegneria. Nel 585 a.C. Talete portòla geometria dall'Egitto alla Grecia, dove fu trasformata da se-rie di regole empiriche a sistema logico ordinato di grande bellez-za e astrazione, raggiungendo l'apice con Gli Elementi di Euclide,del 300 a.C. Solo con questa trasformazione si poteva celebrare iltriangolo nel cielo come fondamento della geometria. La costel-

lazione del Triangolo, quindi, è il nome dato dai Greci a un grup-po di stelle mesopotamiche fra l'epoca di Talete e di Eudosso, ov-vero in un momento imprecisato fra il VI e il IV secolo a.C.

Non sappiamo se i Greci avessero già adottato diverse costella-zioni quando introdussero il Triangolo, ma le poche informazio-ni che abbiamo suggeriscono una risposta negativa. Le due primefonti scritte dei Greci - i poemi epici di Omero, che si presume sia-no dell'VBI secolo a.C., e il calendario agricolo di Esiodo (anch'es-so dell'VBI secolo) - citano entrambe due importanti costellazio-ni (Orione e l'Orsa Maggiore), due ammassi stellari (le Pleiadi e leIadi), e due stelle (Sirio e Arturo). Ma niente di più. E tutte le al-tre fonti precedenti il 500 a.C. non fanno cenno alle stelle. Quindiè probabile che i Greci avessero ricevuto le più importanti figuredescritte dalle stelle prima del 500 a.C., ma forse non così tante.

La prima dissertazione completa sui cieli dei Greci si trova nellibro di Eudosso del IV secolo a.C., oggi conosciuto grazie all'ope-ra di trascrizione di Arato e Ipparco. L'opera di Eudosso ha riferi-menti come: «La testa (del Drago) ruota vicino al luogo in cui simescolano i confini dell'alba e del tramonto», vale a dire che lestelle della testa del Drago si trovano a una distanza dal polo ta-le da sfiorare l'orizzonte nord. Questa osservazione è valida solo auna specifica latitudine che cambia nel tempo; il vincolo all'epo-ca e alla latitudine è vago e non aiuta. Scrive ancora Eudosso: «Alsorgere dello Scorpione a est, Orione sembra battere in ritiratasull'orizzonte occidentale»; cioè lo Scorpione e Orione compaionosimultaneamente su orizzonti opposti. E anche questa afferma-zione indica un'epoca e una latitudine non ben definiti.

I due vincoli si possono combinare per ricavare un'unica da-ta e un'unica latitudine delle osservazioni ma con una precisione

ancora troppo scarsa. Per superare questo problema, nell'opera diEudosso ho individuato 172 osservazioni che dipendono sia dal-l'epoca sia dalla latitudine. I vincoli integrati fra tutte queste os-servazioni si risolvono in un'approssimazione di 0,9 gradi in la-titudine (100 chilometri) e 80 anni nel tempo. Ho trovato che leconoscenze di Eudosso sono coerenti con un unico periodo e luo-go di origine: 1130 a.C. a una la-titudine di 36 gradi, corrispon-dente all'Assiria.

Il periodo e il luogo corrispon-dono a quelli del Mul.Apin. A di-re il vero, ho notato che il Mul.

Apin ed Eudosso condividonouna notevole quantità d'informa-zioni, il che mi fa concludere chei dati di entrambi provengano daun archivio iniziale creato intor-no al 1100 a.C. da un osservato-re assiro. E poiché tutte e due lefonti descrivono la maggior partedelle costellazioni antiche, alcunecon nomi differenti, lo scenarioera completo già nel 1100 a.C.

È ragionevole concludere chein un momento imprecisato do-po il 1100 a.C. e prima dell'ope-ra di Eudosso, datata 366 a.C., iGreci hanno adottato le costella-zioni mesopotamiche. L'assenza di fonti a proposito delle costel-lazioni greche (che non siano l'Orsa e Orione citati in Omero) pri-ma del 500 a.C. indica che gran parte del trasferimento culturalesi è avuto dopo quella data. Fonti scritte provano che lo zodia-co babilonese è arrivato in Grecia intorno al 400 a.C. (lo zodiacoè il percorso che il Sole segue nel suo viaggio intorno alla Terra;spostandosi lungo lo zodiaco, il Sole passa davanti alle 12 co-stellazioni che hanno forme umane o di animali). La conoscen-za potrebbe essersi diffusa dalla Mesopotamia alla Grecia in moltimodi, ma per il momento non sappiamo come.

Anche se basato sui gruppi stellari mesopotamici, il sistemagreco delle costellazioni presenta 18 figure che non hanno origi-ni nell'est o in un altro luogo da scoprire: la loro natura è greca.Per esempio, c'è Ercole associato ad altre costellazioni che sim-boleggiano creature sconfitte dall'eroe, fra cui il Leone e il Drago.C'è anche Ofiuco, che regge fra le mani il Serpente, e il Delfino,come si conviene a un popolo di navigatori quali erano i Greci.Sei di queste costellazioni raffigurano la scena, presa dalla mito-logia greca, in cui Perseo libera Andromeda. Probabilmente que-ste nuove costellazioni sono state create dagli stessi Greci.

Scienziati di oggi

Il modo in cui i Greci usavano le costellazioni è cambiato neltempo. All'inizio le immagini narravano storie di eroi e di animalileggendari, poi sono diventate strumenti per i calendari e i navi-gatori. Quindi lo zodiaco ha avuto il ruolo di sistema di coordina-te con cui misurare le posizioni dei pianeti nel contesto dell'astro-logia appresa dai babilonesi.

Gli scritti di Ipparco segnano il passaggio a uno studio scien-tifico delle stelle. Agli inizi della carriera, realizzò comparazioniquantitative dettagliate fra le costellazioni dell'opera di Eudossoe quelle che poteva osservare nel cielo, scoprendo molte diffe-renze. Nel 135 a.C. osservò una nova, l'esplosione di una stel-la, e la scoperta lo spinse a redigere un catalogo completo delle

stelle (andato perduto), in modoche le stelle nove potessero esse-re riconosciute. Grazie a un cata-logo quantitativo e ai primi datidei greci, Ipparco ha calcolato lospostamento delle stelle causatodalla precessione, segnando unasvolta. Lo studio delle costella-zioni era diventato scientifico insenso moderno.

L'origine delle costellazio-ni greche si colloca in un passa-to così lontano che le prove sonoframmentarie. È una storia conmolte lacune, e alcuni punti sonosoltanto ragionevoli ipotesi. Malo schema di base è chiaro, e mo-stra come la conoscenza sia tra-smessa nel tempo e nello spazioman mano che modifica elemen-ti di una cultura. Le costellazionisono uno strumento eccezionale

per la comprensione profonda di una cultura, perché coinvolgo-no un aspetto intellettuale della società preistorica, difficile da di-stinguere in fonti archeologiche più consuete.

Inoltre, l'evoluzione dell'uso delle costellazioni indica comel'astronomia si trasformò in una scienza moderna. Si va dalla re-ligione al popolare, pratico e poi scientifico, seguendo un anda-mento costante con una diminuzione della spiritualità e un au-mento della quantificazione. E oggi come in passato le storie deinostri antenati continuano a legare generazioni e culture. P

'AUTORE

BRADLEY E. SCHAEFER si è laureato e specializzato al Massachusetts

Institute of Technology. Attualmente è professore al Dipartimento di

fisica e astronomia della Louisiana State University a Baton Rouge. Fa

parte del comitato di redazione del «Journal forthe History of Astro-

nomy and of Archaeoastronomy».

PER APPROFONDIRE

GIBBO N W. B.,Asiatic Paralleis in North American Star Lore: Ursa Major,in «Journal of American Folklore»,Vol. 77, pp. 236-250, 1964.

ULANSEY D., I misteri di Mitra, in «Le Scienze» n. 258, febbraio

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