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Corte di Appello di Milano - Sez. II 11 maggio 2015 - de Ruggiero Presidente,
Garavaglia Estensore - M.E. (Avv. Alfieri) c. M.S. (Avv. Bernardi, di Bella)
Comunione ereditaria - Unico immobile - Non comodamente divisibile - Progetti
tecnici - Modalità “verticale/orizzontale” - Presupposti delle porzioni -
Autonomo e libero godimento - Inesistenza di servitù, pesi, limitazioni - Beni più
ambìti economicamente
(C.c., artt. 718, 720, 727, 728, 729)
La non comoda divisibilità di un bene immobile si determina sotto l’aspetto
strutturale all’accertata ricorrenza dei relativi presupposti della impossibilità di
formare porzioni suscettibili di autonoma e libera fruizione, non compromesse
da servitù, pesi e non richiedenti opere di notevole costo.
La divisione giudiziale dell’immobile, pervenuto in successione a più coeredi,
può effettuarsi per linee verticali “da cielo a terra”, sebbene comporti notevoli
opere per la realizzazione, consti di una servitù di veduta, presenti difficoltà per
l’assegnatario di un lotto ad accedere nel proprio box auto. A differenza della
modalità per piani, c.d. orizzontale, quella verticale offre più autonoma gestione
dei cespiti separandi con il pregio di elidere o ridurre le occasioni di conflittualità
fra le parti, perché ridotte le entità in comune quali servitù attive e passive di
scariche ed affacci. Quanto al valore economico delle “porzioni verticali”, ove si
volesse alienarle, conseguirebbe la maggiore appetibilità dei terzi per
l’indipendenza dei compendi. Nelle divisioni stesse non si può trascurare il
rispetto del principio di proporzionalità ed omogeneità qualitativa delle porzioni,
tenendo buon conto nel formare i lotti del rispetto dei rapporti tra le quote,
talvolta diverse.
Il giudizio di divisione potrebbe concludersi all’esito del deposito della perizia di
ufficio con la declaratoria di esecutività del progetto di scioglimento della
comunione, facendo acquiescenza tacita/spontanea all’esecuzione del decisum,
apportante la compensazione delle spese di giustizia. Diversamente, alla parte
che intimò la sospensione dei lavori divisionali e non aderì alla soluzione recepita
dal C.T.U e dal giudicante (Progetto del tipo verticale), appellante della
pronunzia di primo grado, va imputata la prosecuzione del giudizio ed è
condannata da sola alle spese di lite.
[Non constano precedenti sulla modalità di divisione adottata]
- 2 -
(Omissis) 1. L’appellante M.E. nel primo motivo d’impugnazione (Violazione del
principio di comoda divisibilità del bene - artt. 720-727 c.c.) richiama la corretta
argomentazione del Giudice di prime cure laddove ha osservato che la non
comoda divisibilità di un bene immobile, sotto l’aspetto strutturale, è
determinata dall’impossibilità di formare in concreto porzioni suscettibili di
autonomo e libero godimento, non compromesse da servitù o pesi e non
richiedenti opere di notevole costo.
Nella fattispecie, la soluzione adottata dal Giudice (progetto 1) prevede una
divisione verticale del bene che però comportava una notevole spesa per la
realizzazione delle opere necessarie ad eseguirla (€ 21.700,00), nonché la
circostanza che il balcone, posto al primo piano ed assegnato all’appellato nel
progetto 1, consente la veduta e l’affaccio quantomeno obliquo sul fondo
dell’appellante, trovandosi ad una distanza inferiore a quella prevista dalla legge
(artt. 905 ss. c.c.).
Tale balcone determina una servitù di veduta (diretta ed obliqua) sulla
proprietà dell’appellante. Inoltre, per mancanza di spazio sufficiente, sempre
l’appellante per entrare ed uscire dal suo box, fino all’attuale accesso carraio di
via S., deve effettuare la manovra in retromarcia. Tali difetti potrebbero essere
superati con l’adozione del progetto n. 3, che prevede: una divisione parimenti
in senso verticale; il medesimo importo per la realizzazione delle opere (€
21.700,00); una più comoda area di manovra per l’accesso ai box; l’assegnazione
del balcone al M. con l’eliminazione della servitù.
2. Nel secondo motivo d’impugnazione (Omessa motivazione circa il progetto
divisionale n. 3) la parte si duole del fatto che il Giudice non abbia neppure
preso in considerazione il progetto 3, pure definito del tutto “valido ed
alternativo” nella Memoria delucidativa, avendo omesso ogni motivazione al
riguardo. E’ pur vero che il Giudice aveva elencato i vantaggi del progetto 1
(divisione verticale) rispetto a quelli del progetto 2 (divisione orizzontale), ma
avrebbe dovuto condurre una più attenta analisi del progetto 3, anche al solo
fine di dichiararlo inidoneo. La circostanza che tale progetto prevedeva un
conguaglio a carico di M.E. di € 2.234,00 a fronte di un conguaglio più ridotto (€
434,00) nel progetto 1, non assumerebbe rilievo, stante la relativa esiguità
rispetto ai valori in gioco.
./.
- 3 -
3. Nel terzo motivo d’impugnazione (Circa le spese giudiziali) l’appellante
lamenta la propria condanna alle spese, in quanto ritenuto responsabile della
prosecuzione del giudizio che, secondo il Tribunale, avrebbe già potuto
concludersi all’esito del deposito della perizia d’ufficio (16 febbraio 2009;
semmai, osserva la parte, dopo il deposito della Memoria delucidativa il 28
maggio 2009).
L’appellante osserva che, se è vero che all’udienza del 17 febbraio 2010 aveva
espresso il desiderio di privilegiare la soluzione n. 2, perché meno onerosa, in
subordine aveva comunque dichiarato di accettare anche la soluzione n. 3 (cui
l’appellato non si era opposto).
La condanna di un condividente alle spese può essere giustificata secondo la
giurisprudenza, solo quando la stessa abbia dedotto pretese ingiustificate o
abbia posto inutili resistenze o abbia avuto un comportamento ingiustificato (v.
Cass. 3083/2006; Cass. 3024/2011; Cass. 7059/2002), il che non era avvenuto
nel caso di specie, giacché la parte aveva giustificato la sua preferenza per il
progetto 2 perché meno oneroso e al modello 3 aveva comunque aderito in via
subordinata.
4. Va in via preliminare esaminata l’eccezione di improcedibilità del proposto
appello, mossa dalla difesa di M. S., per asserita acquiescenza tacita di M.E. alla
sentenza di primo grado, avendo le parti di comune accordo dato esecuzione ai
lavori per la divisione dell’immobile, come da documentazione prodotta.
L’eccezione per la Corte è da ritenersi infondata. Infatti, l’attuale appellante ha
in un primo tempo dato esecuzione ai lavori divisionali ritenendosi obbligato in
forza della impugnata sentenza, ma in seguito ha intimato la loro sospensione
(come da documentazione prodotta); non vi sono pertanto gli estremi per
l’operatività dell’istituto dell’acquiescenza tacita, che richiede la spontaneità
nell’esecuzione del decisum. L’appello appare comunque infondato a questa
Corte.
Quanto alla “servitù di veduta” lamenta l’appellante, dall’esame degli elaborati
peritali (cfr. CTU 16 febbraio 2009 e Memoria delucidativa 28 maggio 2009, in
particolare allegati planimetrici) si desume che in tutti i progetti divisionali
(ancor più in quello “orizzontale”, caldeggiato in primo grado dallo stesso
convenuto, ora appellante) si porrebbe comunque un problema di “veduta” (a
distanze inferiori da quelle codicistiche), ineliminabile in quanto l’edificio da
./.
- 4 -
suddividere era stato concepito e realizzato come strutturalmente e
funzionalmente unitario e mancano le distanze sufficienti per evitare tale
inconveniente (d’altra parte, come osserva la parte appellata, anche sul retro
dell’edificio c’è un balcone d’ingresso che produrrebbe, nell’ipotesi prospettata
dall’appellante, una servitù di veduta). L’esame della planimetria del progetto
divisionale n. 3 (cfr. Memoria delucidativa 28 maggio 2009) evidenzia che il
balcone controverso, seguendo tale progetto, sarebbe da suddividere o da
attribuire al lotto B (di M.E.), riproducendo (se del caso a posizione invertita) lo
stesso problema.
Ma soprattutto, a opinione di questa Corte, i due lotti, così come previsti nel
progetto 3, non rispettano il principio di proporzionalità ed omogeneità
qualitativa delle porzioni attribuite (art. 718 e 727 c.c.) Infatti, mentre il
progetto 1 attribuisce ai due lotti una proporzionale superficie di terreno (271
mq al lotto A, 144 mq al lotto B, all’incirca equivalenti ai rapporti tra le due
quote di comproprietà, 2/3 quella di M.S., 1/3 quella di M. E.), il progetto 3
finisce - in violazione degli indicati princìpi - con l’alterare significativamente tale
rapporto (238 mq di terreno al lotto A, 179 mq al lotto B), riducendo in misura
anche maggiore l’area cortilizia libera (giardino) a disposizione del fabbricato A,
diminuendone in tal modo, a opinione di questa Corte, se non il valore, la
comodità d’uso e l’appetibilità per i terzi (quindi anche la commerciabilità).
Per tali motivi, nell’ambito dei progetti divisionali “verticali”, il progetto 1 (che
tra l’altro minimizza il conguaglio dovuto) appare più qualificato e
maggiormente rispondente ai criteri che regolano le divisioni immobiliari
rispetto al progetto 3, tenuto conto anche della differenza di valore delle quote
tra i condividenti. Può anche essere che la soluzione divisionale di cui al
progetto 1 renda meno agevole l’accesso al box dell’appellante, ma comunque
non in misura tale da renderlo impossibile o eccessivamente difficoltoso.
Da qui il rigetto dei primi due motivi d’appello.
Vale poi osservare che - come d’altra parte riconosciuto dall’appellante - M.E. in
primo grado ha sempre sostenuto la c.d. divisione “orizzontale” (progetto 2)
rispetto a quella verticale (progetti 1 e 3), soluzione quest’ultima che viceversa
presenta palesi vantaggi, riassumibili nel fatto che <<“la divisione verticale dei
cespiti immobiliari permette una gestione autonoma” dei separandi cespiti che
appunto diventano assolutamente “indipendenti da cielo a terra”>> (così
./.
- 5 -
rettamente la gravata sentenza; in dettaglio cfr. CTU 16 febbraio 2009 e
Memoria delucidativa 28 maggio 2009), con il pregio sia di elidere o
quantomeno ridurre le occasioni di conflittualità tra le parti (naturalmente ben
maggiori, nel caso in cui avessero condiviso un vero e proprio condominio con
divisione orizzontale della proprietà e vari enti in comune, nonché con la
costituzione prevedibile di numerose “servitù attive e passive di scarichi e
affacci” - cfr. Memoria delucidativa), sia di preservare il valore economico delle
porzioni, di maggiore appetibilità da parte dei terzi (in caso di separata
alienazione dei cespiti) perché costituite da compendi immobiliari tra loro
indipendenti, sia infine perché maggiormente rispettosa del principio di c.d.
eguaglianza qualitativa delle quote (artt. 718 e 727 c.c.), come reso evidente dal
maggior conguaglio previsto nel secondo progetto (“divisione orizzontale”)
rispetto al primo e al terzo progetto (“divisione verticale”).
Ad abundantiam vale osservare che, come dimostrato dall’appellato nel
presente giudizio (doc. 9 di parte appellata, producibile in questa sede in quanto
nuovo), gli stessi costi per le opere divisionali si sono rivelati ridotti (ca. 2/3)
rispetto alle stime della CTU per il primo e terzo progetto (equivalenti) e di poco
superiori a quelli previsti nel secondo progetto; in concreto i costi per le opere
necessarie per attuare la divisione “verticale” si attestano su ca. il 4% del valore
del compendio, mentre i costi per la divisione “orizzontale” sono pari a ca. il
2,5% del valore del compendio (come stimato nella CTU): una differenza non
tale da giustificare i gravi inconvenienti della divisione orizzontale.
Ebbene, come sottolineato dal Tribunale, mentre “l’attore da subito ha chiesto
che la divisione del compendio immobiliare fosse disposta “in senso verticale”,
soluzione recepita prima dal CTU e poi dal giudicante”, ad essa si è sempre
opposta la parte convenuta (la cui preferenza per il progetto 3 è stata fatta,
quantomeno nel giudizio di prima istanza, solo in via subordinata e come “male
minore” rispetto alla divisione orizzontale), determinando una prosecuzione del
giudizio (che avrebbe potuto concludersi all’esito del deposito della perizia
d’ufficio, con la declaratoria di esecutività del progetto divisionale a spese
compensate) che è ad essa sola imputabile e che giustifica la condanna alle
spese di lite.
Tanto premesso e in definitiva, considerati assorbiti dalle argomentazioni già
svolte ogni ulteriore rilievo o istanza anche di carattere istruttorio, la Corte
./.
- 6 -
ritiene che vada rigettato l’appello proposto da M.E. e che, per l’effetto, la
sentenza del Tribunale di Como n. 1187/11 del 17 maggio 2011, depositata il 5
settembre 2011, debba essere confermata per l’intero. (Omissis)
IMMOBILE NON COMODAMENTE DIVISIBILE PERVENUTO A DUE EREDI.
DIVISIONE VERTICALE C. D. “DA CIELO A TERRA”
di Vittorio Santarsiere
Abstract
L’immobile non comodamente divisibile pervenuto a più eredi apporta una
eccezione al diritto potestativo dei condividenti di ottenere i beni in natura. E’
deroga legittimamente praticabile all’accertata ricorrenza dei presupposti:
operazioni complesse e costose, costituzione di servitù, limiti, pesi eccessivi,
rischio dell’autonoma fruizione dei beni, notevole deprezzamento delle
porzioni. I manufatti non comodamente divisibili sono regolati da norme
derogabili, aventi una disciplina speciale, onde salvaguardare il diritto
individuale alla cessazione della contitolarità e, quando la divisione in natura
fosse impraticabile, si procede secondo l’art. 720 c.c.
L’unico immobile urbano pervenuto in successione a due coeredi è possibile
dividerlo anche secondo una delle modalità permesse dalla natura delle cose:
divisione per linee “verticali” (da cielo a terra) e divisione per piani “orizzontali”.
Particolare importanza riveste l’opera del C.T.U., incaricato di formare uno o più
progetti divisionali con memorie delucidative. Queste descrivono i vantaggi e
svantaggi dei lotti, la migliore gestione dei cespiti separandi, i meno possibili
conflitti fra le parti con la riduzione delle entità comuni, la maggiore appetibilità
dei terzi nel caso di vendita, stante l’indipendenza dei compendi.
Rientra nei poteri del giudice accertare in quale modo i diritti dei condividenti
siano meglio soddisfatti, considerando anche le indicazioni delle parti e del
perito. Iussu iudicis può disporsi l’esecuzione di opere finalizzate alla congrua
funzionalità delle porzioni, facoltà che scaturisce dagli artt. 718 e 727 c.c. Alla
spettanza per ciascun coerede di quote diseguali, esse vengono allestite ad
personam e sono attribuite dal giudice, poiché nel caso la legge tralascia la
regola dell’assegnazione per sorteggio.
Circa le spese processuali afferenti al giudizio di divisione, liquidate con la
sentenza definitiva, sono a carico della massa ereditaria quelle scaturite
dall’interesse comune. Le spese necessitate, invece, da eccessive pretese,
resistenze, comportamento ingiustificato di parte seguono la soccombenza
secondo il prudente apprezzamento del giudice.
- 7 -
Sommario: 1. Temi della controversia. - 2. Norme di legge cui si sussume la
fattispecie. - 3. Beni ed interessi della disputa. - 4. Ratio della protezione legale.
- 5. Lavori divisionali iussu iudicis. - 6. Iter giurisdizionale a tutela delle parti
1. Temi della controversia
Apertasi la successione di G.M. vennero alla sua eredità i due figli: S.M. per i
2/3; E.M. per 1/3. Sconosciuta l’origine delle differenti quote dei due legittimari,
potrebbe presumersi che il de cuius abbia lasciato ad uno di essi la propria
disponibile, all’altro la sola legittima ovvero che vi sia stata cessione tra i
condividenti di quota parte spettante. La comunione di che trattasi annovera un
unico immobile urbano di non comoda divisibilità e terreno circostante,
situazione ardua per addivenire alla divisione consensuale.
Quando mancasse la volontà negoziale di sciogliere la contitolarità, si richiede
il ministero del giudice, sicché S.M. convenne il fratello al Tribunale di Como,
domandando la divisione del cespite. L’attore ne prospettò la fattibilità “in
modo verticale” con quantificazione degli eventuali conguagli, soluzione
condivisa dal giudice, perché portante la divisione del compendio al meglio,
sebbene più onerosa. La fine della comunione così realizzata precorre benefìci
non indifferenti, sia nell’aspetto economico, sia per la successiva mancanza di
attriti fra i singoli proprietari.
Risaputo ab antiquo che “communio est mater rixarum”, l’impellenza del
riportare i beni al loro naturale modo di essere col superamento della
comunione si inferisce in modo palmare. Ex art. 727, comma 1, c.c., le porzioni
devono essere formate, previa stima dei beni, comprendendo una quantità di
beni mobili, immobili e crediti di eguale natura e qualità, in proporzione
dell’entità di ciascuna quota, e la divisione per linee verticali meglio si addice a
tal fine.
In questa modalità, costituzione di servitù, imposizione di oneri, pesi o
limitazioni sono contenuti, né vi sarebbero deprezzamento delle porzioni, scarsa
desiderabilità dei cespiti sul mercato immobiliare. Nel difetto di diritti reali
parziari ed altre limitazioni obbligatorie, si può spuntare un prezzo migliore in
caso di alienazione, gli stessi rapporti di vicinato mancherebbero di motivi
perturbatori.
Come rilevato in dottrina, può intendersi quale indivisibilità la particolare
./.
- 8 -
situazione di beni determinati o di un loro complesso, che, compresi in una
comunione, non si prestano alla divisione, non già in senso assoluto ma in quello
relativo. Si ha, cioè, riguardo essenzialmente alla menomazione del valore o
dell’uso dei beni stessi, per effetto di una divisione in natura (1).
Un immobile può ritenersi non comodamente frazionabile qualora la divisione,
pur realizzabile materialmente, attribuisca porzioni non idonee alla funzione
economica dell’intero, determini al frazionamento una notevole riduzione del
valore o comporti operazioni divisionali complesse, troppo costose. Ancora, se
apportasse la imposizione di servitù, limiti, pesi eccessivi a carico delle singole
quote od il pagamento di conguaglio in denaro sproporzionato rispetto al valore
di ciò che si riceve in natura (2).
In presenza di bene non comodamente frazionabile, la divisione va effettuata,
secondo voce dottrinale, seguendo quanto più possibile il criterio
dell’omogeneità delle porzioni e, nei casi in cui neanche tale strada fosse
percorribile, il criterio di “minor eterogeneità” (3).
L’unico bene immobile pervenuto in successione ai due coeredi può
trasformarsi in proprietà personale anche secondo una delle modalità permesse
dalla natura delle cose: divisione per linee “verticali” (da cielo a terra) e
divisione per piani “orizzontali”. Del resto, afferma la giurisprudenza che rientra
nei poteri del giudice accertare in quale modo il diritto del condividente sia
meglio soddisfatto (4).
Il Tribunale statuì la divisione, accogliendo il progetto 1 elaborato dal C.T.U. e
la preferenza del quotista dei 2/3 della divisione in modo “verticale”; la
propensione del titolare di 1/3 della eredità era, invece, per l’attuazione del
progetto “orizzontale”. M.E., appellata la pronunzia, lamentava tre motivi di
gravame: violazione del principio di comoda divisibilità del bene; omessa
motivazione circa il progetto di divisione 3; le spese giudiziali poste a carico di
esso medesimo.
./.
(1) P. Carusi, Le divisioni, Utet, Torino, 1978, 31.
(2) Cass. 22 luglio 2005 n. 15380, in D. & G., 2005, 39, 32.
(3) V. Raiola, L. Salamone, Dividere l’eredità …, Halley, Matelica, 2006, 155.
(4) Cass. 12 marzo 2010 n. 6134, in Rep. Foro it., 2010, v. Divisione n. 46, extenso
in Juris data. Cass. 15 maggio 2002 n. 7059, in Rep. Foro it., 2002, v. Divisione n.
16.
- 9 -
2. Norme di legge cui si sussume la fattispecie
Gli artt. 713, comma 1, e 1111, comma 1, c.c. riconoscono ad ogni coerede il
diritto allo scioglimento della comunione. La ratio di tale facoltà va individuata
nello sfavore dell’ordinamento al permanere dei beni indivisi, che ne determina
l’intralcio alla circolazione, apporta litigi tra gli eredi, come l’astensione da ogni
utile opera di restauro. Con riferimento agli immobili edilizi, la divisione li salva
dall’incuria e fatiscenza, perché gli eredi in comunione, posti o meno nel
godimento di alcuni manufatti, non sono propensi a sostenere spese di
riparazione.
Alla luce di quanto precede risalta come sia sensato il favor divisionis e
sconveniente il patto di indivisione decennale, dettato per la comunione
ordinaria (art. 1111, comma 2, c.c.), cui si ritiene sussumibile anche la
comunione ereditaria, retaggio storico pervenuto dal diritto romano. Altra
ipotesi di sospensione quinquennale della divisione può sovvenire ad istanza e
per ministero del giudice, qualora ex art. 717 c.c. l’immediata esecuzione arrechi
pregiudizio al patrimonio ereditario (5).
Sancisce l’art. 718 c.c. che ciascun coerede può chiedere la sua parte in
natura dei beni mobili e immobili dell’eredità, salve le disposizioni degli articoli
seguenti.
L’ottenere la porzione in natura con l’assegnazione di beni delle tre categorie:
immobili, mobili e crediti estrinseca un diritto potestativo. La norma, tuttavia,
trova un limite nella non comoda divisibilità degli immobili. Alla evenienza, la
stima dei beni da dividere con l’elaborazione del progetto vengono
generalmente affidate al C.T.U. e, secondo la giurisprudenza, la scelta del
criterio da utilizzare per la divisione rientra nel potere discrezionale ed esclusivo
del giudice (6).
Sotto la rubrica “Immobili non divisibili” recita l’art. 720 c.c. che, qualora
nell’eredità vi fossero immobili non comodamente divisibili, essi devono
preferibilmente comprendersi per intero, con addebito dell’eccedenza, nella
./.
(5) Cfr. G. Azzariti, La divisione, in Trattato di diritto privato diretto da P.
Rescigno, 6, 1997, 396 s.
(6) Cass. 12 marzo 2010 n. 6134, in op. cit.
- 10 -
porzione di uno dei coeredi avente diritto alla quota maggiore o nelle porzioni di
più coeredi se ne richiedessero congiuntamente l’attribuzione. Se nessun
coerede sia a ciò disposto si procede alla vendita all’incanto.
Sono dettati tre possibili assetti del compendio ereditario di non comoda
divisibilità: includerlo in toto nella porzione del coerede col diritto alla quota
maggiore, al quale si addebita l’eccedenza; destinazione a più coeredi se ne
richiedessero congiuntamente l’attribuzione; la vendita all’incanto se nessun
coerede vi fosse interessato. Le alternative, per mio modesto avviso, non sono
al meglio, poiché verrebbe frustrato il principio della spettanza delle porzioni dei
beni in natura. Evidenziato che se più coeredi fossero attributari, scaturirebbe
una nuova comunione a scapito del favor divisionis (7). Non si potrebbe
applicare il criterio dell’assegnazione per sorteggio. La vendita all’incanto, poi,
rimedio residuale se nessuno ambisca l’attribuzione dell’intero, comporterebbe
l’estraneazione di tutti gli eredi dalla proprietà di famiglia.
Per la giurisprudenza una comoda divisibilità postula il frazionamento del bene
con determinazione delle quote suscettibili di autonomo e libero godimento, da
formarsi senza problemi tecnici costosi sotto l’aspetto economico - funzionale.
La divisione non deve incidere sulla originaria destinazione dell’immobile, né
comportare un sensibile deprezzamento del valore delle quote rapportate al
valore dell’intero, considerando l’usuale destinazione ed utilizzazione del bene
(8).
Il combinato disposto degli artt. 718 e 727 c.c., sul diritto del coerede di
ricevere una parte omogenea di mobili e immobili corrispondenti alla sua quota,
conferisce al giudice il potere di disporre l’esecuzione di opere onde assicurare
la proporzionalità e funzionalità delle porzioni assegnate ai condividenti (Adde
sub 5.). Il principio stesso dovrebbe applicarsi all’evenienza che faccia parte
della comunione anche un solo bene, come nel caso che ci occupa. Ciò in
applicazione di tesi restrittiva, che riconosce al condividente il diritto alla
./.
(7) Cass. 24 febbraio 1999 n. 1566, in Giur. it., 1999, I, 1, 1802.
(8) Cass. 29 maggio 2007 n. 12498, in Giur. it., 2007, 2438. Cfr. Cass. 16 febbraio
2007 n. 3635, in Rep. Foro it., 2007, v. Divisione n. 21. Trib. Roma 18 aprile 2012,
in Guida dir., 2012, 26, 66.
- 11 -
porzione spettante con congrua quantità di immobili, mobili, negando, tuttavia,
il potere di pretendere che i beni oggetto della divisione debbano ridursi in
tante porzioni quanti sono i divisionari (9).
Ogni porzione di beni ereditari deve comprendere beni mobili, immobili e
crediti di eguale natura e qualità, ma la norma dell’art. 727 c.c. non ha carattere
inderogabile, essa indica, invece, un criterio di massima dal quale il giudice può
discostarsi (10). La divisione non comoda di un immobile integra eccezione al
diritto potestativo di ciascun partecipante alla comunione di conseguire i beni in
natura. E’ legittimamente praticabile solo quando risulti rigorosamente
accertata la ricorrenza dei suoi presupposti, costituiti dall’irrealizzabilità del
frazionamento dell’immobile o dalla sua realizzabilità a pena di notevole
deprezzamento o dall’impossibilità di formare in concreto porzioni suscettibili di
autonomo e libero godimento, tenuto conto dell’usuale destinazione e della
pregressa utilizzazione del bene stesso (11).
Le porzioni diseguali in natura rispetto al diritto derivante dalle quote
spettanti si possono compensare con danaro ex art. 728 c.c. Il conguaglio,
quando dovuto tra i condividenti deve determinarsi avendo riguardo al valore
del bene relitto al tempo del giudizio di divisione trattandosi di debito di valore.
L’addebito dell’eccedenza prescinde da domanda di parte, attiene alle
concrete modalità di attuazione del progetto divisionale devolute alla
competenza del giudice (12).
Come rilevato in dottrina, sebbene la norma parli di conguaglio in denaro, può
costituire oggetto delle prestazioni proprie della divisione anche ogni altro bene
od utilità, che venga dato allo scopo di effettuare la debita assegnazione di
valori corrispondenti alle quote (13). In armonia con l’interesse dei condividenti,
./.
(9) L. Mengoni, La divisione testamentaria, Giuffrè, 1950, 154.
(10) C. Giannattasio, Delle successioni - Divisione donazione, Utet, Torino, 1980,
59.
(11) Cass. 21 agosto 2012 n. 14577, in Rep. Foro it., 2012, v. Divisione n. 33.
(12) Cass. 23 maggio 2013 n. 12779, in Rep. Foro it., 2013, v. Divisione n. 28.
(13) E. Minervini, Divisione contrattuale ed atti equivalenti, ESI, Napoli, 1990,
179.
- 12 -
il contenuto delle attribuzioni fatte a ciascun partecipante può essere il più
ampio possibile, comprendere anche prestazioni di fare, purché suscettibili di
valutazione patrimoniale (14).
La normativa per sciogliere una comunione ereditaria in via negoziale o
giudiziale, è unica, peraltro applicabile alla divisione delle cose comuni, se non
in contrasto con le norme dettate per la comunione in generale (art. 1116 c.c.).
Rileva nella divisione giudiziale la derogabilità dei princìpi di massima, posti dagli
artt. 718 - 728 c.c., in quanto la rigorosa osservanza potrebbe pregiudicare il
diritto dei condividenti alla porzione dei valori spettanti sulla massa. Si tratta di
un’apertura utile ove impossibile addivenire alla divisione secondo i criteri
dettati. “Il principio della divisione in natura non ha carattere assoluto”
(Relazione del Guardasigilli al codice, n. 345).
La derogabilità delle norme sulla divisione comporta la loro potenzialità
espansiva per addivenire a soluzioni più varie in relazione alla non omogenea
natura dei cespiti pervenuti in comunione. Scaturisce, quindi, per ministero del
giudice, la duttilità delle regole, adattabili alle diversità della massa (diritto
vivente). Le possibili, alterne modalità di scioglimento della comunione,
derivanti dalla derogabilità della legge determinano spazio per qualsiasi risvolto
che possa evidenziarsi opportuno. Codesta versatilità rispecchia le norme di
chiusura, talvolta predisposte in diritto positivo, per l’espansione delle norme su
materie non prevedute prima. Il relativo corpo di norme, che induce una sorta
di assimilazione al modus operandi degli ordinamenti di common law, è, per mio
sommesso avviso, bene pensato e congruo.
3. Beni ed interessi della disputa
La controversia muove dal disaccordo tra gli eredi sulla modalità di divisione
dell’unico immobile pervenuto in successione. I metodi per superare la non
comoda divisibilità di esso, prospettati dal C.T.U., sono essenzialmente due, la
divisione della proprietà per linee verticali “da cielo a terra” e quella per piani,
./.
(14) C. Miraglia, Divisione contrattuale e garanzia per evizione, Camerino-
Napoli, 1981, 22. Cfr. Gazzara, Divisione, in Enc. dir., XIII, 1964, 423.
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c.d. orizzontale. Il contrasto fra le parti afferisce a questa dicotomia, posto che
un fratello propende per la divisione verticale, l’altro vorrebbe l’orizzontale.
Il perito nominato ha redatto tre progetti di divisione, ivi prospettando
vantaggi e svantaggi di natura economica ed autonomia di fruizione dei beni. Va
rimarcato che la diversa titolarità delle quote, 2/3 e 1/3 ha richiesto la
formazione dei lotti A e B con la rispettiva, connaturata destinazione a ciascun
erede, poiché le porzioni diseguali, come notato in giurisprudenza, vanno
direttamente attribuite dal giudice agli aventi diritto (15).
- Progetto 1, estrinseca la divisione per linee verticali “cielo terra”. Comporta
una servitù di veduta da balcone a favore della porzione di M.S. (lotto A) ed a
carico di quella di M.E. (lotto B). L’entrata e l’uscita dal box di questo ultimo è
difficoltosa e va fatta in retromarcia.
- Progetto 2, prevede la divisione per linee orizzontali. M.E. sostiene di
preferirlo, perché meno dispendioso. In subordine, però, accettava il progetto 3,
cui neanche il fratello si era opposto. Ma prevede maggiore conguaglio rispetto
ai progetti 1 e 3.
- Progetto 3, considera una divisione, anch’esso, per linee verticali “cielo terra”.
Il balcone controverso andrebbe diviso, quanto meno attribuito al lotto B,
riproducendo, a posizione invertita, lo stesso problema. Qui l’accesso al box
sarebbe più comodo rispetto al progetto 1.
Il giudizio divisorio consta di due fasi, nella prima si accerta il diritto a dividere
con l’esame dei certificati storico-catastali, iscrizioni e trascrizioni circa i beni
nell’ultimo ventennio, per appurare l’esistenza eventuale di litisconsorti
necessari, nonché di vincoli o pregiudizi (16). Nella seconda si compiono le
./.
(15) Cass. 10 febbraio 1986 n. 834, in Riv. giur. edil., 1986, I, 516. Cfr. Cass. 27
ottobre 2000 n. 14165, in Riv. not., 2001, II, 660. Trib. Roma 8 luglio 1980, in
Giust. civ., 1981, I, 1783.
(16) App. Roma 1 giugno 2011 n. 2480, in www.Santarsiere.com
Cfr. G. De Cesare, T. Gaeta, La divisione ereditaria, in Successioni e donazioni a
cura di P. Rescigno, II, Cedam, Padova, 44.
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operazioni di formazione della massa per ministero del giudice istruttore o del
notaio delegato. Va previamente determinato il valore globale dei cespiti al fine
di individuare le quote ideali cui segue la formazione concreta delle porzioni da
assegnare od attribuire a seconda che rispettivamente si proceda con sorteggio
o su accordo dei condividenti.
Le operazioni divisionali si svolgono alla presenza delle parti, con l’assistenza
dei legali. Il giudice istruttore o il notaio delegato dovranno stabilire giorno e ora
delle relative operazioni, previo avviso agli interessati nei termini di legge.
Sul motivo di violazione del principio di comoda divisibilità del bene, il
gravame deriverebbe, per l’appellante, dall’avere il giudice di prime cure
statuito la divisione, applicando il progetto 1, anziché il 2 o il 3, per il quale
ultimo vi è stata pure la preferenza, ma in via subordinata.
Secondo la Corte non si configura la violazione in parola con l’adozione del
progetto 1 in riferimento alla servitù di veduta, perché tale inconveniente si
rileva in tutti tre i progetti. La relativa ineliminabilità scaturisce dall’essere
l’edificio in divisione progettato e realizzato come unitario strutturalmente e
funzionalmente. Il progetto 1 minimizza il conguaglio dovuto e meglio si coniuga
con i criteri che regolano le divisioni in considerazione della differenza di valore
delle quote tra i condividenti.
Circa il gravame del difetto di motivazione su l’esclusione del progetto 3, la
Corte spiega che i due lotti ivi previsti non rispettano il principio di
proporzionalità ed omogeneità qualitativa delle porzioni. Vi si altera
significativamente tale rapporto (238 mq di terreno al lotto A, 179 mq al lotto
B), riducendo anche l’area cortilizia libera a disposizione del fabbricato A,
diminuendone la comodità di uso e l’appetibilità dei potenziali acquirenti nel
caso di vendita. Più congruamente il progetto 1 attribuisce ai due lotti una
proporzionale superficie di terreno (271 mq al lotto A, 144 mq al lotto B), sicché
i rapporti fra le quote di comproprietà, 2/3 e 1/3, sono all’incirca equivalenti.
Quanto all’ultima doglianza circa l’imputazione delle spese giudiziali, sostiene
la giurisprudenza, che nei giudizi di divisione valgono i princìpi generali sulla
soccombenza per quelle spese che, secondo il prudente apprezzamento del
giudice di merito, sono state necessitate da eccessive pretese o da inutili
./.
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resistenze, cioè dall’ingiustificato comportamento della parte (17).
Riportato in dottrina l’orientamento giurisprudenziale per cui le spese
processuali nell’interesse comune sono liquidate con la sentenza definitiva a
carico della massa ereditaria e sostenute dai coeredi. Quelle relative ad
eventuali contestazioni seguono, invece, la regola della soccombenza per la
parte che, secondo il prudente apprezzamento del giudice, sono state
necessitate da eccessive pretese o da inutili resistenze, cioè dall’ingiustificato
comportamento della parte (18).
La sentenza in commento arreca un contributo pratico di notevole rilevanza
ove si consideri che le stesse norme codicistiche (artt. 718 - 728), nella loro
derogabilità e quali criteri di massima, da cui è consentito al giudice di
discostarsi, constano di soluzioni talvolta non congrue. Si potrebbe aggirare il
diritto degli eredi ai beni in natura; se più coeredi fossero attributari dell’unico
cespite, scaturirebbe una nuova comunione; la vendita all’incanto potrebbe
collidere con il legame sentimentale ed affettivo riguardo alla casa ed al fondo,
passato di mano in mano tra più antenati.
Nella divisione “per linee verticali”, la massima parte degli inconvenienti sono
superati, v’è l’attribuzione ai condividenti dei beni in natura, non scaturisce altra
comunione, i beni restano in famiglia. V’è una servitù di veduta, di intralcio non
superabile, per mancanza di spazio sufficiente ad evitarla. Anche la
corresponsione di un conguaglio di € 434,00, peraltro somma di scarso rilievo a
fronte dei valori in giuoco, conforta la scelta del progetto 1. Spiega la Cassazione
che la divisibilità è la regola, sebbene la stessa in concreto apporti servitù, oneri
e limitazioni a carico di singole parti, col solo limite della non eccessività delle
stesse (19).
./.
(17) Cass. 15 maggio 2002 n. 7059, in Rep. Foro it., 2002, v. Divisione n. 30,
extenso in Juris data
(18) A. Mora, La divisione giudiziale, in Trattato delle successioni e donazioni
diretto da Bonilini, IV, Comunione divisione ereditaria, Giuffrè, Milano, 2009,
289.
(19) Cass. 10 febbraio 1986 n. 834, in op. cit., 515.
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4. Ratio della protezione legale
La divisione della comunione ereditaria consta di più steps per favorire lo
scioglimento della comunione al minimo dispendio di formalità procedurali. Si
possono evitare indugi, eccedenza di spese e patemi sull’esito del
procedimento, concludendolo ai primi, essenziali passaggi. Alla formazione del
progetto/i divisionale ad opera del C.T.U., nominato dal giudice istruttore, si
potrebbe subito addivenire all’assegnazione/attribuzione delle porzioni con atto
per ministero di notaio, risolvendo la lite in accordo sol che vi sia il deposito
della perizia e la declaratoria di esecutività del progetto divisionale.
Nella fattispecie che ci occupa non è stato fatto buon uso di tale vantaggio,
poiché un coerede avversò le modalità del progetto “verticale”, proposto dal
C.T.U. e fatto proprio dal giudice. Osserva la giurisprudenza che, in tema di
divisione giudiziale, la stima dei beni da dividere e la scelta del criterio da
adottare rientrano nel potere discrezionale ed esclusivo del giudice di merito,
salvo il sostegno di una motivazione adeguata e razionale (20).
Il bene diviso per linee verticali consegue palesi benefici, poiché permette una
più consistente gestione autonoma delle porzioni quando divenute proprietà
solitaria. Diversamente, più ricorrenti costituzioni di servitù attive, passive di
affacci, scarichi sopravvengono all’assetto divisionale per piani orizzontali. La
fruizione della proprietà senza diritti reali parziari va libera da occasioni di
conflitti fra le parti.
Come osservato in dottrina, la divisione ad indubbio carattere costitutivo è
implicita nell’art. 1111 c.c., secondo cui ciascuno dei partecipanti può
domandare lo scioglimento della comunione, perché in esso si esprime la
situazione del bene e del diritto stessi, che non sono quali dovrebbero essere,
ma tramite la divisione vengono restituiti al loro naturale modo di essere, alla
proprietà solitaria e al diritto non compresso da diritti eguali e concorrenti (21).
Obiettivo del giudizio è la trasformazione dei diritti di comunione dei singoli
eredi in diritti di proprietà individuale su una parte determinata della cosa
./.
(20) Cass. 15 maggio 2002 n. 7059, in Rep. Foro it., 2002, v. Divisione n. 16.
(21) S. Satta, C. Punzi, Diritto processuale civile, Cedam, Padova, 2000, 859 n.
(2).
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comune o su singoli beni del complesso. Nel procedere a detta trasformazione
le quote per i condividenti si formano includendo una quantità di beni di eguale
natura e qualità in proporzione all’entità di ciascuna quota. Il modo più sicuro
per addivenire a porzioni omogenee è quello di frazionare ogni bene in tante
parti quante sono le quote, possibilità impedita qualche volta dalla
natura/struttura dei cespiti (22).
Gli artt. 720-722 c.c., circa i beni indivisibili o non comodamente divisibili,
introducono nella divisione operazioni non conformi ai princìpi generali del
diritto ai beni in natura con norme che derogano, dettando una disciplina
speciale. La ratio consiste nella necessità di salvaguardare il diritto individuale
ad ottenere la cessazione della comunione e l’interesse collettivo a che la
divisione non determini una diminuzione significativa del valore e della
utilizzabilità dei beni. Si tratta di disciplina speciale con addentellato nell’art.
1114 c.c. “la divisione ha luogo in natura, se la cosa può essere comodamente
divisa in parti corrispondenti alle quote dei partecipanti”, diversamente la
divisione in natura non ha luogo e si procederà secondo le modalità dell’art. 720
c.c. (23).
La modalità divisionale applicata nella fattispecie volge ad eludere ogni
malagevole situazione nel predisporre le porzioni dell’eredità, sicché rileva la
procedura per linee verticali. Con la divisione per piani orizzontali, si
accompagnerebbero limitazioni, pesi, servitù a carico e favore dei lotti.
Frequenti sarebbero le servitù di veduta, di passaggio, di scolo delle acque, di
prossimità obbligata. Posizioni di disturbo, come il rumore delle acque di
scarico, le frequentazioni obbligate, la limitazione della privacy.
L’assetto del progetto 1 presenta tre inconvenienti, meno invasivi, però, di
quelli degli altri progetti: una servitù di veduta, l’accesso scomodo ad un box
auto, un esiguo conguaglio. Chiarisce il giudice che la servitù di veduta ricorre
./.
(22) G. Bordolli, G. Di Rago, La divisione degli immobili ereditari, Halley,
Matelica, 2006, 113.
(23) F. Venosta, Le successioni, 2, La divisione, in Trattato di diritto civile diretto
da Sacco, Utet, Torino, 2014, 107. Circa il fondamento giuridico della estrazione
a sorte delle porzioni cfr. Mora, in op. cit., 285.
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in tutti tre i progetti; l’accesso al box non è molto difficoltoso; il conguaglio di €
434,00 è modesto a fronte del valore dell’eredità.
Ritengo che l’iter seguito dal giudice, il risultato cui perviene la pronunzia sono
condivisibili, poiché tutto è proteso alla migliore fruizione della proprietà
individuale, peraltro senza decremento di valore in conseguenza di troppi diritti
reali parziari.
5. Lavori divisionali iussu iudicis
Il combinato disposto degli artt. 718 e 727 c.c. dispiega rispettivamente la
spettanza del diritto alla divisione in natura e la regola correlata della
omogeneità qualitativa delle porzioni. Dal diritto del coerede di ricevere una
parte omogenea di beni mobili ed immobili, corrispondenti alla sua quota,
scaturirebbe il potere del giudice di disporre l’esecuzione di opere per
assicurare ai condividenti la proporzionalità e funzionalità del cespite assegnato.
All’esito della sentenza del primo grado della vertenza che ci occupa fu dato
inizio ai lavori divisionali iussu iudicis, ma, in seguito, l’appellante M.E. intimò la
loro sospensione.
Osservato in dottrina che il diritto del coerede di ricevere una parte omogenea
di mobili e immobili, corrispondenti alla sua quota, conferisce al giudice il potere
di disporre l’esecuzione di opere particolari onde assicurare la proporzionalità e
la funzionalità delle quote assegnate ai singoli condividenti (24).
L’art. 718 c.c., nel riconoscere a ciascuna delle parti del giudizio di divisione il
diritto di conseguire la sua porzione in natura di un bene immobile divisibile (a
ragion veduta se non comodamente divisibile) conferisce al giudice, onde
realizzare la divisione in natura, il potere di disporre l’esecuzione di opere
particolari ed assicurare proporzionalità, funzionalità delle quote assegnate ai
singoli eredi (25).
./.
(24) E. De Belvis, La divisione ereditaria, in G. Amadio, S. Patti, IPSOA, Milano,
2013, 53.
(25) Cass. 7 aprile 1990 n. 2918, in Rep. Giust. civ., v. Divisione n. 12; extenso in
www.italgiure.giustizia.it
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Nella sentenza de qua non sono esplicitate le opere iniziate, di poi sospese, ma
verosimilmente potrebbe trattarsi della edificazione di muri divisori,
realizzazione di aperture, scalinate, servizi igienici aggiuntivi, asportazione di
porte, separazione degli impianti (26).
6. Iter giurisdizionale a tutela delle parti
Che i beni non divisi appartenenti a privati comportino liti è risaputo
dall’antichità, significativo il brocardo “communio mater rixarum”. Il nostro
legislatore considerò di chiudere con pronunzia giudiziale lo scioglimento della
comunione quando i condividenti, specie della eredità, non riescono ad
accordarsi.
Osservato in dottrina che, alla evenienza della divisione, se la determinazione
delle porzioni della cosa comune e la loro attribuzione ad ogni condividente
fossero fatte dall’autorità giudiziaria con provvedimento vincolante per tutti gli
interessati, l’attività esplicata rientrerebbe nella sfera della giurisdizione
contenziosa. Ove, invece, il medesimo risultato distributivo-attributivo si
ricolleghi espressamente od implicitamente alla concorde volontà degli
interessati, sia pure attuata con l’intervento e la collaborazione del giudice,
l’attività di questo ultimo avrà natura di volontaria giurisdizione (27).
Il progetto adottato nel caso in commento, a fronte di quote diseguali, ha
formato le porzioni ad personam per i due condividenti, perché la legge ha
preferito, nella circostanza, di tralasciare la regola del sorteggio. Un caso
dottrinale: Tizio destinatario di 2/3, Caio di 1/3, nulla impedirebbe di dividere la
massa ereditaria in tre porzioni eguali, sorteggiandone una a favore di Caio, si
tratterebbe di predisporre tre porzioni e non due. La legge ha scelto
un’alternativa diversa, disponendo che vengano formate “tante porzioni quanti
sono gli eredi e le stirpi condividenti in proporzione delle quote” (art. 726,
./.
(26) Cfr. Cass. 19 maggio 2015 n. 10216, in Banca dati Foro it.
(27) G. Capozzi, Successioni e donazioni, II, a cura di Ferrucci, Ferrentino, Giuffrè,
Milano, 2015, 1311. Conf. A. Burdese, La divisione ereditaria, in Trattato di
diritto civile italiano, Utet, Torino, 1980, 116 s.
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comma 2, c.c.) e la portata di questa norma è confermata dalla seconda parte
dell’art. 729 c.c , che non autorizza il sorteggio nella ipotesi di quote diseguali
(28).
Nella fattispecie l’applicazione letterale della normativa con l’attribuzione
diretta è provvidenziale, posta la non comoda divisibilità. Il formare tre lotti,
invece di due solo per l’assegnazione a sorteggio ed il contenimento di servitù
ed oneri, sarebbero stati più problematici. Né si può trascurare l’eventuale
paradosso che l’estrazione a sorte assegni il lotto di centro al titolare di 1/3
dell’eredità ed all’altro i due lotti estremi e separati.
I tre progetti della non agevole divisione di che trattasi, elaborati dal C.T.U.,
annoverano anche conguagli in denaro, di entità varie per appianare le porzioni
siccome l’art. 728 c.c. dispone che l’ineguaglianza in natura delle quote
ereditarie si compensa con un equivalente in danaro. Il conguaglio esprime
l’eguale corrispettivo economico di una quota e deve determinarsi con
riferimento al valore dell’immobile al tempo della decisione del giudizio
divisionale. Il debito da conguaglio, che grava sull’assegnatario di immobile non
agevolmente frazionabile, costituisce debito di valore, insorgente allo
scioglimento della comunione.
Nella fattispecie, le spese di lite sono poste a carico della parte soccombente,
che ha determinato la prosecuzione del giudizio in appello. Facendo
acquiescenza al decisum del primo grado vi sarebbe stata la compensazione
insieme alla controparte. Al deposito della perizia di ufficio, portante la
declaratoria di esecutività del progetto di divisione, il procedimento poteva
chiudersi con ordinanza. Questa formalità meno solenne viene spiegata in
dottrina, qualificando il procedimento contenzioso ordinario ma con momenti di
specialità. E il giudizio stesso perverrebbe a conclusione sulla base di accordo
delle parti e rinuncia alla riserva di gravame (29).
./.
(28) P. Forchielli, F. Angeloni, Delle successioni - artt. 713-768, in Comm.
Scialoja, Branca, Libro II, Delle successioni, Zanichelli Foro it., Bologna Roma,
2000, 222 s. Cfr. De Cesare, Gaeta, in op. cit., 52.
(29) L. Di Cola, L’oggetto del giudizio di divisione, Giuffrè, Milano, 2011, 224.
- 21 -
Diversamente, la legge pone le spese giudiziali e quelle di C.T.U. unicamente a
carico del soccombente, che deducesse in causa pretese non fondate, abbia
posto inutili resistenze o tenuto ingiustificato comportamento. Si tratta di
un’applicazione svigorita del principio di cui all’art. 96 c.p.c. verso la parte
soccombente, che agisca o resista in giudizio con mala fede o colpa grave.
Sostiene una voce dottrinale che la regola della soccombenza è da collegare
con l’infondatezza della pretesa o dell’eccezione in senso sostanziale e
processuale, come significato del modo di comportarsi della parte nel processo.
Più precisamente, la condanna alla rifusione delle spese della parte, che ha
tenuto contegno incongruo, costituisce lo strumento di sanzione del modo
come la parte medesima ha partecipato all’amministrazione della giustizia. Ciò
conferma il rilievo che gli esborsi sopportati propriamente per la tutela del
diritto dei condividenti si intendono a carico della massa (30).
Il superamento dello stato di comunione, con l’addivenire alla proprietà
individuale, volge all’intensa fruizione, conservazione e circolazione dei beni. La
contenuta imposizione di limiti ed oneri in sede di frazionamento porta
senz’altro alla migliore utilizzazione dei cespiti per l’interesse dei proprietari. E’
di tutta evidenza l’accortezza della scelta del tipo di divisione verticale con
riduzione degli assoggettamenti tra i lotti. La pronunzia, tendente alla pacifica
coesistenza dei proprietari esclusivi, denota notevole buon senso.
Bibliografia generale: D. Colangeli, La divisione testamentaria, in Successioni e
donazioni a cura di Balestra, Di Marzio, Cedam, Padova, 2014. G. Amadio, S.
Patti, La divisione ereditaria, in Trattato delle successioni e donazioni, IV, Giuffrè,
Milano, 2009. A. Mora, Immobile non comodamente divisibile, assegnazione
mediante estrazione a sorte ed attribuzione, Fam. pers. succ., 2005, 507. M.R.
Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, Giur. sist. dir. civ. comm. Bigiavi,
35, Utet, Torino, 1998. F. Gigliotti, Profili sostanziali della divisione giudiziale di
immobili ereditari non comodamente divisibili, Giust. civ., 1993, II, 523.
(30) F. Cordopatri, L’abuso del processo e la condanna alle spese, in Riv. trim.
dir. proc. civ., 2005, 271.