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1 AISCI ACCADEMIA ITALIANA DELLE SCIENZE CRIMINOLOGICHE ED INVESTIGATIVE Codice di Ricerca MIUR 61894 GEB *** ISTITUTO ANIENE Ente di Formazione e Orientamento accreditato Regione Lazio Det. G11940/2015 *** CRIME BOX Criminology and Forensic Training and Advice CORSO SPECIALISTICO IN CRIMINOLOGIA PROJECT WORK “Raccontami il carcere” Analisi della situazione carceraria dal punto di vista del detenuto TUTOR Dott.ssa Maria Elena Caporale Dott.ssa Marica Palmisano CORSISTA Ilaria Marcon ANNO FORMATIVO 2016/2017

CORSO SPECIALISTICO IN CRIMINOLOGIA SPECIALISTICO IN CRIMINOLOGIA PROJECT WORK “Raccontami il carcere” Analisi della situazione carceraria dal punto di vista del detenuto TUTOR

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AISCI ACCADEMIA ITALIANA DELLE SCIENZE CRIMINOLOGICHE ED INVESTIGATIVE

Codice di Ricerca MIUR 61894 GEB

***

ISTITUTO ANIENE Ente di Formazione e Orientamento accreditato Regione Lazio Det. G11940/2015

***

CRIME BOX Criminology and Forensic Training and Advice

CORSO SPECIALISTICO IN CRIMINOLOGIA

PROJECT WORK

“Raccontami il carcere”

Analisi della situazione carceraria dal punto di vista del detenuto

TUTOR Dott.ssa Maria Elena Caporale Dott.ssa Marica Palmisano

CORSISTA Ilaria Marcon

ANNO FORMATIVO 2016/2017

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INDICE

Premessa

Capitolo 1

Cos’è il carcere?

Capitolo 2

Figure professionali all’interno del carcere

Capitolo 3

Analisi del questionario “Raccontami il carcere”

Conclusione

Bibliografia

Appendice

Questionario “Raccontami il carcere”

3

Premessa

Il progetto da me sviluppato nasce dall’esperienza fatta durante il tirocinio

svolto presso la Casa Circondariale di Latina nell’estate del 2016.

La scelta di svolgere il tirocinio presso un Istituto penitenziario, nasce

dall’interesse mostrato nei confronti delle materie sociologiche e criminologiche

rispetto al tema della devianza. Ossia tutti quei comportamenti contrari alle

norme penali, sociale e culturali.

I detenuti possono essere considerati “devianti” poiché si ritrovano a scontare

una determinata fattispecie criminosa, che ovviamente si ripercuote in senso

negativo nella società.

Per questo motivo sono soggetti a pregiudizi e stereotipi negativi da parte della

società, tanto da non essere più considerati. Rimangono emarginati da tutto il

resto.

Nonostante tutto, sono essere umani con diritti e tutele da far valere comunque

nelle loro condizioni di reclusione.

Questo è il pensiero che mi ha spinto a realizzare un progetto, il quale prevede

la somministrazione di un questionario dal titolo “Raccontami il carcere”.

Il questionario serve ad approfondire, capire e riflettere il vissuto del detenuto

all’interno della struttura carceraria. Mettere in rilievo le possibili problematiche

che il detenuto può avere o ha riscontrato e trovare le dovute soluzioni. Capire

come funziona il carcere e il lavoro svolto dalle varie figure professionali, come

gli educatori, psicologi e così via.

Figure, molto importanti nel seguire i detenuti durante la loro permanenza

all’interno del carcere.

Inoltre, il questionario serve a rispondere se effettivamente il carcere è

legittimato sulla rieducazione e sul reinserimento in società, limitando così il

tasso di recidiva.

Il progetto analizza cosa sia il carcere, le figure professionali che seguono il

detenuto e su cosa vertono le domande del questionario.

4

Capitolo 1

Cos’è il carcere?

Il carcere è un luogo di privazione della libertà di un soggetto che deve

scontare la pena per la violazione di un reato.

La concezione del carcere, come lo s’intende oggi, è molto diversa da quella

del passato. Gli albori del carcere vengono fatti risalire verso la fine del periodo

medievale, anche se è con l’avvento dell’Età Moderna, con le origini della

prigione monastica, che il carcere assume il significato di oggi.

Il carcere, oltre ad essere un luogo in cui si viene privati della libertà, è

finalizzato al rientro del condannato nella società, sempre nel rispetto dei diritti

dell’uomo, così come stabilisce l’art. 27 comma 3 Cost. «Le pene non possono

consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla

rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte».

Nei secoli scorsi le pene inflitte nei confronti di chi commetteva un reato

erano di tipo punitivo e venivano esplicate di fronte al pubblico, la condanna era

vista come uno spettacolo.

La pena consisteva in supplizi e torture atroci (impiccagioni, marchiatura,

amputazioni…) che andavano a ledere profondamente, sia il corpo che la dignità

del condannato. Era prevista anche la pena di morte.

La centralità della pena e di chi commette il reato assume rilevanza con il

pensiero di due scuole, la scuola Classica, di orientamento filosofico-giuridico,

che nasce alla fine del Settecento e la scuola Positiva, di orientamento medico-

giuridico, che nasce nella seconda metà dell’Ottocento.

Maggiori esponenti della scuola Classica furono Cesare Beccaria e Jeremy

Bentham.

Beccaria con la pubblicazione del testo “Dei delitti e delle pene” si fa

portatore di una nuova concezione del sistema di giustizia, mentre a Bentham si

riconosce l’efficienza del dispositivo, il Panopticon, nel quale poter scontare la

5

pena. Si ha un’idea più umana della giustizia, rispetto alle varie forme obsolete di

punizioni praticate durante l’Ancien Regime.

Inoltre, viene messo in rilievo la sussistenza del libero arbitrio dell’uomo,

ossia ognuno è responsabile delle proprie scelte, e per questo responsabile

penalmente dei suoi atti illeciti.

I principi cardini in “Dei delitti e delle pene” furono:

Certezza del diritto, data dalla sua universalità e chiarezza della pena;

Proporzione tra delitto e pena, giusta entità della pena con la gravità del

delitto commesso;

Abolizione della tortura e della pena di morte.

Nasce un nuovo modo di concepire il diritto di punire, in cui la punizione non

deve essere corporale, ma il nuovo concetto di pena si basa su una punizione

retributiva e deterrente.

«Il diritto di punire per Beccaria respinge innanzitutto l’idea del reato come

peccato e della giustizia come espiazione dal peccato, così da eliminare qualsiasi

elemento di discrezionalità (libero arbitrio e imparzialità dei giudici) e qualsiasi

forma di disuguaglianza di trattamento dei soggetti sulla base della posizione

sociale di appartenenza (garanzia dei diritti)»1. Si ha una nuova concezione

liberale del diritto penale.

Bentham invece progetta una struttura carceraria ideale, dove i detenuti sono

disposti circolarmente attorno ad una torre e costantemente sorvegliati. Lo scopo

era creare un sistema carcerario efficiente, rigoroso ed economico. Un sistema

che si basava sul potere dello sguardo.

«Con lo sguardo si osserva e si è osservati, perché lo sguardo penetra e si

interiorizza. Perché lo sguardo è potere. Domina. Sorveglia.»2.

Secondo Foucault, in “Sorvegliare e punire”, lo scopo del Panopticon è

«indurre nel detenuto uno stato cosciente di visibilità che assicura il

1S. CURTI, Rileggere “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria, Cedam 2015, p.33. 2Ivi, p. 72.

6

funzionamento automatico del potere. Far sì che la sorveglianza sia permanente

nei suoi effetti, anche se è discontinua nella sua azione; che la perfezione del

potere tenda a rendere inutile la continuità del suo esercizio; che questo apparato

architettonico sia una macchina per creare e sostenere un rapporto di potere

indipendente da colui che lo esercita»3.

Importante il fine intimidatorio del controllo e della punitività.

Il progetto non fu mai realizzato, ma influenzò notevolmente l’architettura

carceraria degli anni successivi. Un esempio è la Casa di correzione di San

Michele a Porta Portese, inaugurata nel 1704 durante il pontificato di Clemente

XI.

Nella scuola Positiva, fondata da Cesare Lombroso, si concentra sulla figura

del delinquente. Con la pubblicazione nel 1876, “L’uomo delinquente”, diede

una possibile spiegazione al fenomeno della delinquenza, secondo cui la pena

deve consistere in un trattamento scientifico adeguato per la riabilitazione del

reo. Secondo Lombroso criminali si nasce. Si fondava su due criteri:

Predisposizione congenite, anomali presenti sin dalla nascita;

Atavismo, regressione o fissazioni ad un livello primitivo.

Poiché si nasce delinquenti, i soggetti non possono essere responsabili

penalmente di ciò che compiono, per questo la pena deve consistere in

trattamenti riabilitativi.

«Ebbene, è solo in tempi relativamente recenti, a cavallo tra XVIII e XIX secolo,

che la reclusione diventa il principale strumento sanzionatorio in campo

penale»4.

La reclusione è un nuovo tipo di pena, nel quale si priva la libertà fino a

quando la pena non viene terminata.

«Dal punto di vista giuridico, il conflitto tra le due scuole viene superata con la cosiddetta

Terza Scuola che elabora il sistema del “doppio binario”, auspicando una mediazione tra i

principi contrapposti di responsabilità penale/pena retributiva (Scuola Classica) e pericolosità

3M. FOUCAULT, Sorvegliare e punire, Einaudi, Torino 1992, p. 69. 4F. VIANELLO, Il carcere. Sociologia del penitenziario, Carocci, Roma 2012, p.12.

7

sociale/misura di sicurezza (Scuola Positiva). […] Il compromesso diviene concreto nel

momento in cui, nella politica penale, viene inserito il principio della risocializzazione e del

trattamento. In un clima culturale, politico e sociale, in cui la risocializzazione diviene un nuovo

diritto del cittadino, viene inquadrato il lavoro della Nuova Difesa Sociale, movimento

d’opinione secondo cui lo Stato ha l’obbligo di reintegrare nella società l’individuo autore di

reato, un principio fondamentale che è poi l’idea centrale dell’opera di Benigno Di Tullio che

promuove una collaborazione stretta tra diritto penale e criminologia»5.

È con la Legge n. 354, 26 luglio 1975, recante “Norme sull’Ordinamento

Penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative della libertà”, si ha una

svolta decisiva nella legislazione penitenziaria. Le misure penali vengono

regolate con una legge formale.

Le principali novità riguardano:

La funzione “riabilitante” della pena, volta al recupero sociale;

Trattamento individualizzato, ossia l’osservazione scientifica della

personalità di ciascun carcerato, per costruire un determinato

programma;

Il trattamento deve essere fatto nel rispetto della salvaguardia della

dignità e dei diritti dell’uomo;

Costituzione di ruoli nuovi di operatori professionali;

Apertura del sistema penitenziario alla comunità esterna, il D.P.R.

230/2000 ha permesso l’introduzione delle figure di volontariato

all’interno della struttura penitenziaria;

Avvalersi principalmente dell’istruzione, del lavoro, della religione,

delle attività ricreative, culturali e sportive, agevolando opportuni

contatti con il mondo esterno ed i rapporti con la famiglia;

5B. ZOLI, R. S. DE LUCA, C. MACRÌ, Anatomia del crimine in Italia. Manuale di

criminologia, Giuffrè, Milano 2013, p. 7.

8

La giurisdizionalizzazione dell’azione penale, che differenzia

compiti nuovi da svolgere da parte dei magistrati di sorveglianza e

dei tribunali di sorveglianza.

La Legge Gozzini n. 663, 10 ottobre 1986, “Modifiche alla legge sull’

Ordinamento Penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative

della libertà”, introduce misure alternative per offrire maggiori possibilità di

scontare la pena fuori dal carcere, come la detenzione domiciliare. Vengono

introdotti permessi premi attraverso la concessione di benefici, qualora il

detenuto nella sua valutazione non risulta di particolare pericolosità sociale.

Oltre a ciò al detenuto è permesso di usufruire del lavoro, corsi di istruzione,

di formazione professionale e attività culturali e ricreative al fine della

rieducazione e del conseguente reinserimento sociale.

Particolare importanza assume il rapporto che si può instaurare tra comunità

esterna e l’Istituto penitenziario, soprattutto perché mantenere un rapporto con la

società libera permette che venga applicato lo scopo del carcere, ossia la

rieducazione e la risocializzazione del detenuto stesso. La detenzione e il carcere

non sono un mondo a sé stante dalla realtà sociale, ma è un mondo che fa parte

della società stessa.

Non bisogna avere la visione che il carcere sia un luogo in cui si rinchiude il

criminale e basta, aumentando così il divario di due comunità che appartengono

alla stessa realtà.

«La società civile ha il compito di aprirsi al carcere, affinché questo si

trasformi realmente da una “istituzione totale” ad una “istituzione sociale”»6.

È introdotta la liberazione anticipata, ovvero sono scontati 45 giorni di pena

ogni sei mesi di carcerazione, solo se si mantiene una condotta regolare.

Nonostante le varie riforme, l’Ordinamento Penitenziario presentava delle

problematiche.

6G. SARTARELLI, Pedagogia penitenziaria e della devianza. Osservazione della personalità ed

elementi del trattamento, Carocci, Roma 2004, p. 49.

9

Il 30 giugno 2000 viene promulgato il D.P.R. 230, ossia il nuovo ordinamento

di esecuzione dell’Ordinamento Penitenziario, entrato in vigore il 6 settembre del

2000.

Il nuovo Regolamento ha migliorato la gestione interna della vita carceraria.

10

Capitolo 2

Figure professionali all’interno del carcere

Con la riforma del ’75 vengono introdotte, al fine dell’osservazione scientifica

e del reinserimento sociale del detenuto, delle figure professionali del tutto nuove

all’interno dell’istituzione carceraria. Esperti in pedagogia, psicologia, psichiatria

e criminologia clinica.

All’interno dell’Istituto penitenziario sono presenti diverse figure professionali

che svolgono compiti specifici, e sono:

La direzione: formata dal Direttore e dai suoi collaboratori. Il primo gode di

ampi poteri decisionali, egli si occupa di organizzare e coordinare tutte le attività

che vengono svolte all’interno del carcere. È responsabile della politica detentiva

dell’Istituto.

Il suo ruolo emerge chiaramente dall’ art. 3 comma II del regolamento di

esecuzione, il quale sancisce: «Il direttore dell'istituto e quello del centro di servizio

sociale esercitano i poteri attinenti alla organizzazione, al coordinamento ed al controllo dello

svolgimento delle attività dell'istituto o del servizio; decidono le iniziative idonee ad assicurare

lo svolgimento dei programmi negli istituti, nonché gli interventi all'esterno; impartiscono

direttive agli operatori penitenziari, anche non appartenenti all'amministrazione i quali

svolgono i compiti loro affidati con l'autonomia professionale di competenza».

Inoltre ricopre il ruolo di funzionario delegato alla gestione amministrativa-

contabile, provvedendo alle spese necessarie per il funzionamento del carcere.

Con l’aiuto degli altri operatori penitenziari, si occupa dell’osservazione

scientifica della personalità del condannato, al fine di redigere un programma

tratta mentale specifico e alla verifica dello stesso.

Il corpo di polizia penitenziaria: di cui fanno parte, tra gli altri, il comandante,

gli agenti di custodia addetti alla sorveglianza, i capiposto, corpo di polizia posto

alle dipendenze del Ministero della Giustizia, Dipartimento dell'Amministrazione

Penitenziaria. Essi si occupano di sicurezza e vigilanza sia all’interno della

struttura che all’esterno, ossia il servizio di trasferimento o piantonamento. Oltre

a ciò, collaborano alle attività di reinserimento sociale delle persone detenute.

11

Il servizio tossicodipendenze (SER.T): il servizio pubblico del Sistema

Sanitario Nazionale, che si occupa all’interno del carcere di detenuti che hanno

problemi di tossicodipendenza e alcooldipendenza. È un’assistenza sanitaria che

offre colloqui di orientamento e determina programmi terapeutici individuali.

L’ufficio esecuzione penale esterna (U.E.P.E.): sono uffici che si occupano

del trattamento socio-educativo del condannato il quale sottoposto a misure

alternative alla detenzione. Scopo è favorire il reinserimento sociale del

condannato.

Le funzioni che svolge sono sancite dall’art. 72 O.P.:

a) svolgono, su richiesta dell’autorità giudiziaria, le inchieste utili a fornire i dati occorrenti

per l'applicazione, la modificazione, la proroga e la revoca delle misure di sicurezza;

b) svolgono le indagini socio-familiari per l'applicazione delle misure alternative alla

detenzione ai condannati;

c) propongono all’autorità giudiziaria il programma di trattamento da applicare ai

condannati che chiedono di essere ammessi all'affidamento in prova e alla detenzione

domiciliare;

d) controllano l'esecuzione dei programmi da parte degli ammessi alle misure alternative, ne

riferiscono all’autorità giudiziaria, proponendo eventuali interventi di modificazione o di

revoca.

Fanno parte le figure dell’assistente sociale, figure importanti nel mantenere il

rapporto con l’esterno. Soprattutto si prende cura della famiglia, poiché anche

essa subisce comunque un cambiamento profondo e per nulla facile da affrontare.

(Art. 45 O.P. Assistenza alla famiglia)

Lo psicologo: è una figura introdotta con la riforma del ’75, ed è su richiesta

della Direzione. Si occupa della cura e del trattamento. Con la loro

professionalità e competenza forniscono un apporto fondamentale per lo stato di

benessere fisico e psichico del detenuto.

«Il contributo professionale dello psicologo si polarizza sull’opera di

consulenza, finalizzata a fornire un quadro personologico del soggetto, che ha

12

presentato istanza per ottenere un permesso premio o l’ammissione alle misure

alternative alla detenzione»7.

Lo psicologo penitenziario progetta modelli di valutazione ad elaborare linee

guida di intervento psicologico.

Si occupa di formulare:

Diagnosi e prognosi, psicologica e psicoterapeuta con i dovuti programmi

di trattamento;

Interventi brevi o d’urgenza;

Prevenzione del suicidio o disagio psichico;

Valutazione del “livello di rischio”;

Valutazione sul grado di probabilità di recidiva del detenuto.

Infine partecipa all’equipe per la stesura dell’osservazione scientifica della

personalità.

La psicologia penitenziaria è divenuta importante per il recupero della

soggettività del detenuto, soprattutto per diminuire una possibile ricaduta.

La psicologia penitenziaria costituisce un patrimonio di conoscenze e uno

strumento a disposizione di utenti ed operatori: diagnosi e trattamento

psicologico finalizzati alla tutela della salute psichica e al trattamento

penitenziario per i detenuti; formazione e contenimento del rischio di burn-out

per gli operatori. La psicologia penitenziaria, nel lavoro con il detenuto, si

colloca tra richiesta dell'istituzione e bisogno del soggetto, tra punire e prendersi

cura, tra esigenze giudiziarie e sanitarie»8.

L’educatore: è una figura fondamentale all’interno del carcere, soprattutto per

quanto riguarda la realtà che investe il detenuto con tutte le sue problematiche

personali che possono derivare dalla sua permanenza in Istituto.

7Ivi, p.81. 8A. BRUNI (a cura di), Psicologi “dietro le sbarre”. Appunti di psicologia penitenziaria, Simple,

Macerata 2013, p. 10.

13

«Senza dubbio la riforma del 1975, con l’introduzione della figura

professionale dell’educatore, “ha sancito il passaggio da detenuto oggetto a

detenuto soggetto, artefice di un percorso educativo”(Basco, 1999)»9.

Questa figura si occupa dell’organizzazione e del coordinamento delle attività

interne, inoltre partecipano all’osservazione scientifica della personalità,

definendo il percorso rieducativo del detenuto.

L’educatore penitenziario è una figura essenziale nell’organizzazione

dell’attività di osservazione e di trattamento dei detenuti e degli internati. Funge

da mediatore e sostenitore nel rapporto con il detenuto, permettendo così quello

che il legislatore ha chiamato “umanizzazione della pena”. Colma le distanze tra

il mondo carcerario e quello esterno. La normativa riconosce un ruolo centrale

all’educatore.

«In tale assunto viene sottolineato che la rieducazione passa attraverso il

valore dell’ “umanità” da trasmettere mediante una specifica “relazione” tra

l’educatore e l’utente»10

I principali compiti assegnati all’educatore penitenziario sono stabiliti all’art.

82 O.P. «l'osservazione scientifica della personalità dei detenuti e degli internati e attendono

al trattamento rieducativo individuale o di gruppo, coordinando la loro azione con quella di

tutto il personale addetto alle attività concernenti la rieducazione.

Essi svolgono, quando sia consentito, attività educative anche nei confronti degli imputati.

Collaborano, inoltre, nella tenuta della biblioteca e nella distribuzione dei libri, delle riviste

e dei giornali».

Si occupano:

Segreteria tecnica del gruppo di osservazione, mantenere rapporti con i

vari membri dell’equipe, che permette lo scambio di informazioni e

l’aggiornamento della cosiddetta “cartella personale”;

attività di osservazione e stesura della relazione finale di sintesi o

comportamentale;

gestire il colloquio pedagogico con il detenuto (colloquio di primo

9G. SARTARELLI, Pedagogia penitenziaria e della devianza…, cit., p. 50. 10Ivi, p. 89.

14

ingresso, colloquio finalizzato all’osservazione ed al trattamento e

colloquio di sostegno);

coordinamento degli interventi socio-psico riabilitativi, per detenuti che

hanno problemi di tossicodipendenza e alcooldipendenza;

rapporti con la Magistratura ed il Tribunale di Sorveglianza per la

trasmissione di documenti, istanze dei condannati, riguardo misure alternative,

permessi premio e liberazione anticipata.

L’introduzione degli educatori per adulti ha permesso di dare luogo ad una

nuova disciplina che si definisce come “pedagogia penitenziaria”, «si occupa in

via prioritaria degli interventi relativi all’osservazione ed al trattamento dei

detenuti e degli internati»11

Ovviamente per capire cosa sia la pedagogia penitenziaria, bisogna accennare

cosa sia, invece, la pedagogia.

Con il termine “pedagogia” «si intende la trasmissione e l’apprendimento

delle tecniche culturali legate all’uso di strumenti e metodi, alla produzione di

beni e servizi, all’orientamento del comportamento, mediante i quali l’uomo

determina le condizioni per soddisfare i suoi bisogni, per proteggersi dalle ostilità

ambientali fisiche e biologici e per vivere una vita sociale in forma ordinata e

pacifica. Poiché l’insieme delle tecniche formano la cultura, la società umana non

può sopravvivere se la cultura non viene tramandata da generazioni in

generazione; le forme e le modalità con cui essa viene trasmessa determina

appunto l’Educazione» 12.

È l’educazione l’apice della pedagogia penitenziaria, poiché il suo compito nel

settore carcerario è la ri-educazione del condannato.

Gli strumenti della pedagogia sono utili al trattamento penitenziario volto alla

rieducazione e reintegrazione individuale ed interpersonale del detenuto.

11Ivi, p.14. 12L. VIGGIANI, Storia della pedagogia penitenziaria, Anicia, Roma 2006, p. 15.

15

«I pedagogisti che aderiscono a questo orientamento fanno in modo che la

Pedagogia acquisisca i fondamenti teorici, tecnici e metodologici della ricerca

sperimentale, ai fini della valutazione in campo educativo»13.

È importante che tra educatore e detenuto si venga a creare un dialogo aperto,

il bisogno di comunicare, soprattutto perché il detenuto possa sentirsi aiutato e

compreso, una valvola di sfogo. Molte volte creare un dialogo non è così

semplice e si rischia di rimanere intrappolati dentro sé stessi, arrivando

addirittura al suicidio. Il dialogo così come la comunicazione è fondamentale per

capire la persona che si ha di fronte; nel settore carcerario serve a limitare le

condizioni di disagio «dove la mancanza di contatto umano e il non sentirsi

riconosciuti dall’altro come persona favoriscono l’espressione di distruttività»14.

Il detenuto è pur sempre un essere umano, e come tale sente il bisogno di

essere compreso, di avere un confronto. Non vuole sentirsi abbandonato.

Durante la mia esperienza ho notato che molti colloqui che si svolgevano con

la presenza del mio tutor-educatore, avvenivano perché il detenuto sentiva la

necessità di parlare, di sentirsi ancora una persona valida e non inutile.

Nei processi di comunicazione va tenuto sotto controllo quell’atteggiamento

artificiale del detenuto. Tali atteggiamenti possono essere modificati con

l’utilizzo dei seguenti strumenti:

la lettura della sua comunicazione non verbale;

l’analisi dei meccanismi di difesa dell’Io, che egli adotta;

la conoscenza delle “tecniche di neutralizzazione del conflitto”;

l’indagine della sua scrittura (grafologia)15.

È importante sottolineare come la grafologia (tecnica proiettiva/espressiva), ad

oggi ancora sottovaluta, sia così utile nel valutare la personalità (il mondo

interiore) di un soggetto. Soprattutto nell’ambiente carcerario può essere

indispensabile ad evidenziare i possibili disturbi psichici o fisici, che 13G. SARTARELLI, Pedagogia penitenziaria e della devianza…, cit., p. 52. 14Ivi, p. 88. 15Ivi, p. 96.

16

apparentemente non si mostrano. Può avere un notevole contributo nella stesura

della relazione comportamentale o in quella psicologica. Potrebbe contribuire a

migliorare il trattamento del detenuto.

Inoltre, poiché la grafologia ha moltissimi campi di applicazione, tra questi

uno è quello di orientamento. Quindi, potrebbe essere utilizzata all’interno

dell’istituto, per orientare il detenuto a capire a quale tipo di lavoro potrebbe

essere indirizzato sia all’interno del carcere sia all’esterno, una volta terminata la

pena. La grafia fornisce informazioni sufficienti ad inquadrare l’individuo.

Il ruolo del criminologo clinico: poiché si è affermato che tra criminologia e

sistema penale esista un rapporto reciproco, ad oggi il sistema italiano sta

maturando l’approccio della figura del criminologo all’interno del carcere, in

qualità di esperto ex art. 80. Dotato di una specifica competenza e formazione

può collaborare con gli altri operatori, che fanno parte dell’équipe, nella stesura

dell’osservazione scientifica della personalità.

«Sostanzialmente, all’interno del nostro sistema, la principale applicazione della

criminologia può realizzarsi nella fase della esecuzione della pena (trattamento del reo ai fini

risocializzativi) e dell’osservazione scientifica della personalità (esplicate per obbligo della

legge sempre ai fini del trattamento) che, oltre a fornire un quadro psicologico del soggetto, ha

come obiettivo di tracciare un profilo crimodinamico (ricostruzione delle dinamiche che hanno

condotto al reato), crimogenetico (in riferimento alla caratteristiche individuali e sociali che

hanno influito nella scelta comportamentale) e predittivo (in relazione al comportamento futuro

e alla eventuale valutazione della pericolosità sociale)»16. Quindi anche la figura del

criminologo può essere intrapresa nel sistema carcerario, come ulteriore

contributo nell’osservanza e nel trattamento.

L’art. 13 O.P. comma II stabilisce «nei confronti dei condannati e degli

internati è predisposta l'osservazione scientifica della personalità per rilevare le

carenze fisiopsichiche e le altre cause del disadattamento sociale. L'osservazione

è compiuta all'inizio dell'esecuzione proseguita nel corso di essa».

16B. ZOLI, R. S. DE LUCA, C. MACRÌ, Anatomia del crimine in Italia…, cit., p. 74.

17

Il criminologo può far parte del Tribunale di Sorveglianza secondo l’art. 70

O.P. («tale organo è composto da due magistrati di sorveglianza e da due

professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, scienze dell’educazione,

psichiatria e criminologia, nonché docenti di scienze criminalistiche»17). Svolge

un ruolo di membro non togato, con il D.P.R. n. 230 del 30 giugno 2000, le

competenze si sono estese (artt. 96, 97, 98), può infatti assumere la funzione di

relatore ed estensore dei provvedimenti assunti.

17Ivi, p. 77

18

Capitolo 3

Analisi del questionario “Raccontami il carcere”

In questo capitolo tratto del questionario che ho realizzato, sempre in base a

ciò che ho riscontrato all’ interno del carcere.

Il questionario verte su domande inerenti la vita carceraria, ma anche il punto

di vista del detenuto. La sua condizione non è marginale, anzi il detenuto è

l’attore principale nel teatro del carcere. Bisogna comprendere i vari disagi che

negli ultimi anni hanno interessato la struttura carceraria, come il

sovraffollamento e/o la scarsa qualità della vita che non possono permettere il

giusto sviluppo delle attività trattamentali, così come la giusta condizione di vita

dei detenuti.

Il questionario serve ad approfondire, capire e riflettere il vissuto del detenuto

all’interno della struttura carceraria.

Mi sono concentrata sulla posizione giuridica del carcerato, perché

ovviamente se definitivo la pena da scontare è lunga, e quindi abitare in un luogo

di detenzione per molto tempo richiede le giuste precauzioni nel rispetto delle

condizioni di vita.

L’art. 15 O.P sancisce «Il trattamento del condannato e dell'internato è svolto

avvalendosi principalmente dell'istruzione, del lavoro, della religione, delle attività culturali,

ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno ed i rapporti con la

famiglia.

Ai fini del trattamento rieducativo, salvo casi di impossibilità, al condannato e all'internato

è assicurato il lavoro.

Gli imputati sono ammessi, a loro richiesta, a partecipare ad attività educative, culturali e

ricreative e, salvo giustificati motivi o contrarie disposizioni dell'autorità giudiziaria, a svolgere

attività lavorativa o di formazione professionale, possibilmente di loro scelta e, comunque, in

condizioni adeguate alla loro posizione giuridica».

Tutti questi elementi sono utili e necessari al fine del reinserimento sociale del

detenuto, soprattutto alcune attività ricreative e rieducative sono importanti per la

popolazione detentiva di giovani, che negli ultimi anni è cresciuta.

19

All’interno dell’istituto deve essere favorita l’istruzione art. 19 O.P «Negli

istituti penitenziari la formazione culturale e professionale, è curata mediante l'organizzazione

dei corsi della scuola d'obbligo e di corsi di addestramento professionale, secondo gli

orientamenti vigenti e con l'ausilio di metodi adeguati alla condizione dei soggetti.

Particolare cura è dedicata alla formazione culturale e professionale dei detenuti di età

inferiore ai venticinque anni.

Con le procedure previste dagli ordinamenti scolastici possono essere istituite scuole di

istruzione secondaria di secondo grado negli istituti penitenziari.

É agevolato il compimento degli studi dei corsi universitari ed equiparati ed é favorita la

frequenza a corsi scolastici per corrispondenza, per radio e per televisione.

É favorito l'accesso alle pubblicazioni contenute nella biblioteca, con piena libertà di scelta

delle letture».

L’istruzione è fondamentale per il concetto di rieducazione, poiché la

detenzione ha come scopo oltre al riadattamento in società anche l’educazione

del soggetto. Può essere considerata come opportunità per quei soggetti

analfabeti o provenienti da contesi socio-economici bassi. Può essere vista come

un percorso di formazione culturale oltre che di conoscenze, utili al di fuori del

contesto detentivo.

L’istruzione può essere migliorata anche con attività culturali, ricreative e

sportive, Art 27 O.P. «Negli istituti devono essere favorite e organizzate attività culturali,

sportive e ricreative e ogni altra attività volta alla realizzazione della personalità dei detenuti e

degli internati, anche nel quadro del trattamento rieducativo.

Una commissione composta dal direttore dell'istituto, dagli educatori e dagli assistenti

sociali e dai rappresentanti dei detenuti e degli internati cura la organizzazione delle attività di

cui al precedente comma, anche mantenendo contatti con il mondo esterno utili al reinserimento

sociale».

Hanno una valenza rieducativa, soprattutto in ambito socio-pedagogico.

Servono a migliorare anche la condizione psicologica del detenuto, poiché la

privazione della libertà a lungo andare può portare a compiere gesti estremi,

come il suicidio o l’autolesionismo.

Le attività possono essere viste come alternative all’ambiente opprimente del

carcere, servono a migliorare la situazione dei singoli, in particolare quella che è

chiamata “la pericolosità sociale”.

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Permettono di sviluppare e coltivare attività che possono perseguire anche

nella società libera.

All’interno del carcere, un altro aspetto importante è quello del lavoro. Gli

artt. 20, 20-bis, 21 e 21-bis O.P., si occupano di tutelare il lavoro del detenuto.

L’ART. 20 O.P. «Negli istituti penitenziari devono essere favorite in ogni modo la

destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro e la loro partecipazione a corsi di

formazione professionale. A tal fine, possono essere istituite lavorazioni organizzate e gestite

direttamente da imprese pubbliche o private e possono essere istituiti corsi di formazione

professionale organizzati e svolti da aziende pubbliche, o anche da aziende private

convenzionate con la regione.

Il lavoro penitenziario non ha carattere afflittivo ed è remunerato.

Il lavoro è obbligatorio per i condannati e per i sottoposti alle misure di sicurezza della

colonia agricola e della casa di lavoro…».

Il lavoro ha un carattere rieducativo, come espressamente stabilito al comma

V, e fa parte del trattamento individualizzato. È uno strumento importante per il

reinserimento nella società e può essere un’occasione nell’ingresso del mondo

del lavoro in futuro. I metodi e l’organizzazione di lavoro devono rispecchiare

quelli del lavoro nella società libera.

Le attività lavorative e ricreative devono sempre essere attinenti con lo stato di

detenzione.

Se perseguite e sostenute possono migliorare il recupero del condannato.

Con il nuovo ordinamento è stata permessa la partecipazione della comunità

esterna all’azione rieducativa (art. 17 O.P.).

Con l’art. 18 O.P. vengono stabiliti i colloqui, la corrispondenza e

l’informazione.

Il condannato ha il diritto di mantenere rapporti con la famiglia.

La famiglia ha un ruolo centrale e positivo per la risocializzazione e

rieducazione del condannato. In ambito sociologico, la famiglia è la principale

agenzia di socializzazione, e può influire molto nel comportamento di un

membro.

21

I colloqui devono essere sempre autorizzati dal direttore, costituiscono un

diritto del detenuto e pertanto il provvedimento del direttore non è assolutamente

discrezionale.

Altri mezzi di comunicazione sono facoltativi, come la corrispondenza

telefonica, che può avvenire solo con i familiari. In casi particolari può essere

consentita corrispondenza telefonica con terzi.

«Per i condannati e gli internati la corrispondenza telefonica viene autorizzata

con provvedimento motivato dal magistrato di sorveglianza. Per gli imputati […]

sono di competenza dell’Autorità Giudiziaria procedente fino alla pronuncia

della sentenza di 1 grado»18.

Infine il questionario si occupa di temi delicati, come il diritto alla salute (art.

32 comma II Cost. e art.11 O.P.).

Alcune domande riguardano problemi di tossicodipendenza e/o

alcooldipendenza e le malattie sessualmente trasmissibili (AIDS). In particolare

al detenuto è chiesto se sta seguendo una terapia specifica e se le cure e

l’assistenza ricevute sono eseguite in maniera corretta o se presentono delle

scarsità.

Inoltre, se l’istituto ha preso tutti i provvedimenti necessari per evitare problemi

sia tra i detenuti e sia con la struttura.

Esistono provvedimenti extra ordinem:

Affidamento in prova per tossico o alcool dipendente;

Affidamento in prova e la detenzione domiciliare nei confronti di persone

affette da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria.

Il problema della tossicodipendenza recentemente è aumentato, diffondendo

problemi di riabilitazione all’interno delle strutture penitenziarie, così come la

prevenzione e la cura delle persone affette da HIV. Purtroppo molte strutture non

sono adeguate e non presentano spazi sufficienti e addebiti all’assistenza sanitaria

di persone che soffrono di tali problemi. 18G. CATELANI, Il codice penitenziario, Laurus, Roma 2002, p. 77.

22

Infine, nel questionario sono presenti domande in cui i detenuti possono

esprimere liberamente le problematiche che hanno riscontrato durante la loro

permanenza all’interno del carcere.

Possono raccontare le difficoltà delle loro condizioni di vita e allo stesso tempo

possono suggerire cosa migliorare.

Soprattutto nel caso degli stranieri, la difficoltà di comunicazione che può esserci

con le varie figure professionali, rende più difficile e lento il loro trattamento.

Così si dà importanza all’introduzione del traduttore (mediatore culturale), per

migliorare i possibili disagi.

Il carcere, a mio avviso, può migliorare sentendo chi dentro ci vive.

23

Conclusione

L’obiettivo che mi sono posta con questo progetto, è fornire un questionario

che permette di analizzare, a livello sociologico, gli istituti penitenziari presenti

sul territorio nazionale per comprendere cosa funziona meglio o non, nei diversi

istituti a cui verrà somministrato.

Poter comprendere dove c’è bisogno di apportare un miglioramento, sulla base

dell’istituto che funziona meglio.

Lo scopo della reclusione è di permettere una ri-educazione del detenuto

affinché possa conseguire un giusto reinserimento nella società.

Purtroppo, nei confronti dei condannati viene attivato un comportamento

discriminatorio e di rifiuto. La situazione è difficile soprattutto per coloro che

sono stati assolti o che hanno portato a termine la loro pena.

La società, per quanto possa essere difficile di comprensione, non può

rimanere indifferente a questa situazione.

Il questionario diventa fondamentale ai fini di un miglioramento della

situazione dei detenuti sia all’interno che all’esterno del carcere. Serve a

comprendere se il trattamento penitenziario e riabilitativo sia adeguato o non.

Il titolo del questionario “Raccontami il carcere”, fa sì che i protagonisti di

questa storia siano i detenuti, che con questo mezzo possano raccontarsi. Si dà

attenzione al loro punto di vista, riguardo la situazione in cui sono costretti ad

estinguere la pena. Una testimonianza umana sulla quale riflettere e migliorare.

24

Bibliografia

BRUNI A. (a cura di), Psicologi “dietro le sbarre”. Appunti di psicologia

penitenziaria, Simple, Macerata 2013.

CATELANI G., Il codice penitenziario, Laurus, Roma 2002.

CURTI S., Rileggere “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria, Cedam

2015.

FOUCAULT M., Sorvegliare e punire, Einaudi, Torino 1992.

SARTARELLI G., Pedagogia penitenziaria e della devianza. Osservazione

della personalità ed elementi del trattamento, Carocci, Roma 2004.

VIANELLO, Il carcere. Sociologia del penitenziario, Carocci, Roma 2012.

VIGGIANI L., Storia della pedagogia penitenziaria, Anicia, Roma 2006.

ZOLI B., DE LUCA R. S., MACRÌ C., Anatomia del crimine in Italia.

Manuale di criminologia, Giuffrè, Milano 2013.

ORDINAMENTO PENITENZIARIO, in

http://presidenza.governo.it/USRI/ufficio_studi/normativa/L.%2026%20luglio%

201975,%20n.%20354.pdf.

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Questionario

“Raccontami il carcere”

Dati anagrafici:

1. Età: _____

2. Sesso: -F

-M

3. Nazionalità: -Italiana

-Straniera

-Se STRANIERA, indica il paese di provenienza:

___________________________________________________________

4. Stato civile: -Nubile/celibe

-Sposato/a

-Separato/a

-Divorziato/a

-Convivente

5. Titolo di studio: -licenza elementare

-licenza media

-diploma di scuola superiore

-laurea

-attestato di qualifica professionale

-nessuno

6. Hai interrotto gli studi?

SI NO

-Se SI, a quale età e perché?

________________________________________________________

7. Vorresti proseguire gli studi o iniziare un percorso all’interno dell’istituto?

SI NO

-Se SI, di che tipo:

___________________________________________________________

8. È la prima volta che ti trovi in carcere?

26

SI NO

- Se NO, quali sono (molto sinteticamente) i tipi di reato di cui ti hanno accusato le

volte precedenti?

______________________________________________________________

9. Hai ricevuto informazioni, da parte degli operatori dell’istituto riguardo la

tua permanenza e le possibili attività all’interno del carcere?

SI NO

10. Sei soddisfatto delle informazioni ricevute?

SI NO

11. Vorresti avere informazioni su un’eventuale assistenza psicologica e/o

percorso di consapevolezza e crescita personale?

SI NO

12. Posizione giuridica: -in attesa di 1°giudizio

-appellante

-ricorrente

-condannato definitivo

-doppia posizione giuridica

- Se DEFINITIVO, indica in quale anno finisce la tua pena secondo il tuo casellario

giudiziario (non calcolare benefici):

______________________________________________________________

13. Per quale tipo di reato stai scontando la pena?

______________________________________________________

14. Prima della carcerazione, svolgevi un’attività lavorativa?

SI NO

-Se SI, quale:

______________________________________________________________

15. Svolgi attività ricreative/lavorative all’interno dell’istituto?

SI NO

27

-Se SI, quali:

______________________________________________________________

16. Vorresti fare altre attività/lavori all’interno dell’istituto?

SI NO

-Se SI, quali ti piacerebbe fare?

______________________________________________________________

17. Sei soddisfatto delle varie attività che vengono svolte all’interno

dell’istituto?

-Molto soddisfatto

-Abbastanza soddisfatto

-Poco soddisfatto

-Per niente soddisfatto

18. Cosa consiglieresti di aggiungere/cambiare alle attività già disponibili?

_______________________________________________________

19. Vorresti proseguire un tipo di corso di formazione professionale?

SI NO

20. Ritieni che le attività disponibili ora, da svolgere all’interno dell’istituto sono

di aiuto una volta terminata la pena?

SI NO

-Perché?

_____________________________________________________________

21. Se potessi scegliere, che cosa porteresti dall’esterno all’interno dell’istituto e

perché (puoi indicare qualunque cosa, attività, persone, regole di convivenza

sociale, ecc.)?

________________________________________________________

22. Durante la tua permanenza in carcere, ha riscontrato difficoltà nelle modalità

di contatto con la propria famiglia?

SI NO

28

-Se SI, indica in che modo:

______________________________________________________________

23. Al momento del tuo ingresso, sei stato sottoposto a tutti i controlli medici?

SI NO

- A quali esami sei stato sottoposto?

______________________________________________________________

24. A tuo avviso, attualmente è sufficiente l’assistenza sanitaria che ricevi?

SI NO

25. E quella psicologica?

SI NO

26. Quale figura professionale pensi andrebbe migliorata o inserita?

______________________________________________

27. Hai mai avuto la sensazione di essere vittima di una discriminazione?

SI NO

-Se SI, di che tipo?

__________________________________________________

28. Hai riscontrato difficoltà di comunicazione per la mancanza della figura del

traduttore19? (solo per STRANIERI)

SI NO

29. Riterresti che la sua presenza migliorerebbe la comunicazione tra te e

l’operatore? (solo per STRANIERI)

SI NO

30. Con chi avresti problemi a condividere la stanza di detenzione e perché?

_______________________________________________________

31. Al momento del tuo ingresso, hai avuto problemi di

tossicodipendenza/alcooldipendenza?

SI NO

19INTESA COME INTERPRETE

29

32. Stai eseguendo una terapia specifica per il problema della dipendenza?

SI NO

33. Prima dell’ingresso in carcere, hai contratto delle malattie sessualmente

trasmissibili?

SI NO

34. Ti ritieni soddisfatto per la cura e l’assistenza ricevuta all’interno del

carcere?

SI NO

35. Sei a conoscenza dello stato di sieropositività di persone detenute?

SI NO

36. Ritieni che, da parte dell’istituto sono state attuate le dovute precauzioni al

fine di evitare problemi?

SI NO

-Se NO, indica le difficoltà riscontrate:

_____________________________________________________________________

37. Indica che tipo di problemi hai riscontrato all’interno dell’istituto durante la

permanenza.

_______________________________________________________

38. Indica eventuali episodi spiacevoli riscontrati all’interno dell’istituto durante

la permanenza.

_______________________________________________________

39. A tuo avviso, cosa si potrebbe fare per migliorare le condizioni di vita/spazi

condivisi e non, all’interno del carcere?

______________________________________________________

Si ringrazia per la collaborazione

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