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Narratori Francesi Contemporanei Corpo estraneo

Corpo estraneo

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Quando apprende che Claire, la sua figlia ventiquattrenne, è stata trasportata priva di conoscenza in un ospedale parigino dopo essere stata investita da un motociclista che poi si è dato alla fuga, Elvire salta sul primo treno per Parigi e presagisce la devastazione che l’incidente le scatenerà dentro. Mentre ricompone i frammenti della propria esistenza, poco a poco Elvire prende le distanze dalla sua famiglia acquisita, per la quale a ben vedere non è mai stata altro che un “corpo estraneo”. Senza addentrarsi ulteriormente nei dettagli della narrazione, basti dire che niente, in Corpo estraneo, è lasciato al caso, non una data, non un evento, non un sentimento.

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Narratori Francesi Contemporanei

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NARRATORI FRANCESI CONTEMPORANEI

Collana diretta da Gianni Gremese

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Hélène Lenoir

Corpo estraneoromanzo

Traduzione dal francese diGiulia Castorani

GREMESE

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Titolo originale:Pièce rapportée© 2011 by Editions de Minuit

Stampa: Tipografica Artigiana – Roma

Copyright dell’edizione italiana:2013 © GREMESENew Books s.r.l. – Romawww.gremese.com

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere registrata,riprodotta o trasmessa, in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo,senza il preventivo consenso formale dell’Editore.

ISBN 978-88-8440-764-1

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L’ha chiamato per dirgli che era riuscita a trova-re due biglietti per quel venerdì sera. Era contenta,si sentiva.

«Ma sai benissimo che io non posso, venerdì,quindi faresti meglio a dirmi che hai deciso di an-darci con qualcun altro.»

«Vedremo, vedremo… Dove sei?»«Ti sto aspettando. È l’una e venticinque e mi

piacerebbe ordinare.»«Sì, allora per me l’insalata del giorno e una Per-

rier al limone, sto morendo di sete! Sono lì fra treminuti.»

Pensierosa, ha spinto la bicicletta sul marciapiederisalendo verso l’incrocio, si è fermata al sole, haguardato il cellulare, esitato, sospirato, poi con unsolo movimento del pollice l’ha richiamato: «Cel’hai con me…? Eppure non sono in ritardo, e hoanche trovato il tuo DVD, te lo porto, sei contento?».

«Ok, allora adesso datti una mossa!»Ma lei si è presa il tempo di appoggiare la bici-

cletta contro il vetro della pensilina dell’autobus,dove poteva guardarsi mentre si abbottonava la giac-ca, riavvolgeva attorno al collo le sottili sciarpe dai

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toni dominanti malva, tirava giù la corta gonna pan-talone e lisciava sulle ginocchia i collant perfetta-mente intonati, pensando: ho i miei biglietti, ciandrò da sola, cercherò di rivendere l’altro, o ancheno, ho vinto alla lotteria, ho ventiquattro anni, pos-so pagarmi due posti a teatro solo per me, conce-dermi per una volta, almeno una volta nella miavita, il lusso di non avere nessuno accanto, lui – luiche ci viene solo per farmi un piacere, e poi si agitatutto il tempo, oppure si addormenta, stanco mortonaturalmente e in ritardo, arriva sempre in ritardo,nervoso, ma guai a me se oso brontolare, lamentar-mi perché ho dovuto aspettarlo e poi entrare in salaappena due minuti prima che chiudessero le porte,tutte cose che detesto, e in più devo anche ringra-ziarlo per essersi tanto affannato per me, è propriocome papà… È l’una e venticinque, può aspettare.Andrò da sola a teatro e gli regalerò il suo DVD dimerda, tieni, grande e generosa, sì sì, te lo regalo,mi fa piacere, ho vinto alla lotteria, non lo sapevi…?no, è uno scherzo… La faccia che farebbe se glielodicessi, come la nonna, la sua faccia quando le hodetto che avevo giocato prima ancora di sapere cheavevo vinto, questo, non lo sa nessuno, a parte Claasche del resto non mi ha ancora risposto, e la nonna:non hai alcuna cognizione di quali sono i veri valori,eppure alla tua età dovresti sapere che il denaro siguadagna con il sudore della fronte! Lei che naviganell’oro senza essersi mai dovuta guadagnare un sol-do in vita sua, come mamma e tutte quelle bravedonne che hanno fatto un terno al lotto senzaaver… e io, se sposo Antoine, se… il mio terno allotto, è lui, il mio?…

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Ha scosso i capelli e li ha stretti in una coda di ca-vallo con una fascia elastica viola, sorridendo ai dueo tre barboni che, dall’ombra dell’ampia tettoia del-la Fnac sotto cui erano accampati, la chiamavano ela stuzzicavano, in vena di scherzi. Si sentiva carinae, senza controllare l’effetto nel vetro della pensili-na, si è messa la borsa sulla schiena sistemandosi latracolla prima di riprendere la bicicletta e spingerlalentamente sul bordo del marciapiede verso l’incro-cio, offrendo il volto al sole, abbagliata da qualcosadi molto più grande dell’eccitazione di andare dasola a teatro venerdì, come se, uscendo da un bosco,si stesse lanciando con la bici in mezzo ai campi dicolza, la luce, l’odore e Claas che la aspetta a brac-cia aperte in fondo al sentiero… Claas, vicino al fie-nile dove finalmente sarebbe stata lei, sarebbe statoil suo turno, finalmente…

Ha inforcato la bicicletta, si è messa in posizioneal semaforo per attraversare avenue Niel insieme aipedoni ed evitare così l’ingorgo dell’incrocio, ades-so ha fretta, Claas, sms: se venerdì sera sei a Parigi,ho due biglietti, vieni!… sì: vieni!… Glielo manderòdopo pranzo… oppure adesso?… no, preferisco te-nermelo per dopo, Antoine… mi farà bene pensarcimentre lui mangerà, il tempo passerà più veloce-mente, o più lentamente, in ogni caso meglio, iltempo passerà meglio se so che dopo… E, vedendol’omino diventare verde, è montata in sella per rag-giungere con tre pedalate avenue des Ternes.

La moto si era intrufolata fra l’ingorgo di mac-chine ferme per girare a sinistra, che bloccavano an-cora l’incrocio. Claire aveva appena girato l’angolo,accelerando e tenendosi sulla destra. Il tipo ha

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strombazzato insultandola da sotto il casco. Senzaguardarlo, lei gli ha risposto con un gesto brusco, lamano aperta, morbida, schiaffeggia l’aria appena so-pra il manubrio. Lui ha frenato. Lei ha sentito quellamassa scura e calda avvicinarsi e sfiorarla tuonandosulla sua sinistra: cado, paura, Anne mia sorella An-ne e Claas e Nathalie, mamma e Claas, mamma,rombo acuto del suo grido rosso, arancione, bolide,razzo che si immerge all’improvviso nella gommaelastica, poi duro, nero, e tutto fu silenzio.

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Girata verso il finestrino sporco e forse azzurro-gnolo del treno, Elvire cerca di ricordarsi, di rico-struire con grande precisione l’ultima scena, gesti,parole, e il luogo esatto, la luce, il volto, la voce, nonquella fin troppo nota del telefono, ma quella dellapartenza, la voce di Claire che se ne andava diecigiorni prima, strapazzata dal padre che aveva decisoall’ultimo momento di portarla alla stazione, a pattoche si sbrigasse, si spicciasse, si desse una mossa…Non sento altro, lui che sbraita e lei che non osa ne-anche domandarmi, no anzi, io, io che non oso ne-anche insistere con lui perché lasci che sia io adaccompagnarla, con calma, come avevamo previstosin dall’inizio… Aveva le lacrime agli occhi mentremi abbracciava, o me lo sto inventando? Ci siamoguardate? Abbiamo avuto il tempo e il coraggio difarlo, di salutarci, prenderci dieci secondi per salu-tarci e lasciare che si spazientisse?… Sicuramenteno, e ho dovuto spingerla fuori infilandole centoeuro in tasca, vai, presto, non far aspettare tuo pa-dre, non sono neanche sicura di averla accompa-gnata fino alla macchina perché so che a lui nonpiace e non volevo esagerare, in modo che il tragitto

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fosse almeno passabilmente sopportabile per lei, unquarto d’ora, o forse neanche perché lui pretendesempre di arrivarci in dieci minuti, lui, e mancavaancora più di mezzora prima della partenza del tre-no… Non so più perché ha voluto farsi carico a tuttii costi di quella corvè, perché accompagnarla allastazione è sempre una corvè per lui, stufo di fare iltassista alla signorina… ma lascia fare a me, a me fapiacere, no no, tu hai già tutto il suo casino da met-tere a posto, è normale dividersi il lavoro… Non hodetto nulla, l’ho lasciata andar via con lui, punita,proprio così, punita e se anche lui adesso cerca di ri-cordarsi della sua ultima scena, la sua ultima… se leinon si sveglia, se… le sue ultime parole, di Frédéric,le sue ultime parole rivolte alla figlia e il suo sguar-do quando l’ha lasciata alla stazione dieci giornifa… lo sguardo… Ma forse lui ancora non lo sa, ilsuo cellulare era spento, e quando vede che sono ionon ha mai fretta di sapere perché ho cercato diparlargli, come se lo chiamassi in continuazione perun nonnulla… Per fortuna mi ha risposto la segrete-ria telefonica, non avevo voglia di sentire la sua rea-zione, mi avrebbe impedito di partire, mi avrebbesupplicato, mi avrebbe ordinato di aspettarlo in mo-do da andarci insieme in macchina, e durante tuttoil tragitto avrei dovuto sopportare i suoi soliloqui ela sua guida violenta, avrebbe sfrecciato sull’auto-strada e dopo, negli ingorghi del boulevard péri-phérique… Probabilmente lo farà fra pochissimo,forse è già partito, deciso a battere il record per cer-care di essere lì prima di me, il che fortunatamenteè impossibile ma… No. Frédéric non si muoverà…lui… Non voglio pensare a questo, voglio, vorrei po-

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ter piangere, piangere come si deve, sentire qualco-sa lì, lì… Tutta quella colza…

Non conosce Antoine, «il caro amico di Claire»come ha chiarito inutilmente lui per presentarsiquando l’ha chiamata verso l’una dal taxi che lo sta-va portando all’ospedale Beaujon, dove Claire erastata trasportata immediatamente, priva di cono-scenza, il polso insanguinato e la guancia… era tut-to quello che lui poteva dirle. Non l’aveva vista, eraarrivato sul luogo dell’incidente dieci secondi dopola partenza dell’ambulanza. Claire stava uscendodalla Fnac, dovevano incontrarsi per pranzare insie-me, come facevano tutti i mercoledì, in un bistrot diplace Saint-Ferdinand, più o meno a metà strada frai loro uffici, lui lavorava ad Argentine, e dall’avenuede Villiers Claire ci metteva solo dieci minuti in bici-cletta, prudente, sì, era sempre molto prudente, edera stato un pirata della strada, un motociclista, unostronzo in moto che l’aveva stesa per poi filarselaverso Neuilly, la polizia… Io la stavo aspettando, ave-vamo appena parlato al telefono, avevo addiritturaordinato per tutti e due e l’ho chiamata almeno die-ci volte, finché una signora mi ha risposto e mi hadetto… Ho fatto la strada di corsa ma sono arrivatotroppo tardi… io… io sono tanto… ma venga, laprego, venga!…

Claire le aveva parlato per la prima volta di An-toine a Natale: gentile, ventisette anni, buona fami-glia, ottima posizione, aveva tutto per piacere.Elvire: Non sei innamorata. Claire: No, ma sto beneinsieme a lui e penso che lui mi ami. È sufficiente,

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no? Elvire: In ogni caso avete tempo.«Sì. È un romantico. Vuole fare tutto secondo la

tradizione. Farà il viaggio fino a qui per chiedere lamia mano a papà… presto ci saranno i fiori all’aran-cia!»

«Fiori d’arancio, cara, non all’arancia… Va bene,ma prima dovremo avere modo di conoscerlo unpo’, devi portarlo qui e presentarcelo…»

«Sì sì.»«E se è di buona famiglia, come dici, anche loro

faranno qualche piccola ricerca sulla nostra, per sa-pere se sei degna di entrare nella loro.»

«L’hanno già fatto e sono entusiasti perché an-che nella loro famiglia c’è uno zio parroco che co-nosce molto bene padre Bohlander.»

«Tua nonna ne sarà felicissima.»Non aveva osato aggiungere che Frédéric lo sa-

rebbe stato meno e che non era il caso di dirglieloperché lo avrebbe ferito non essere stato menziona-to come prima referenza familiare affidabile, visti isuoi meriti e la sua posizione di avvocato, di primo-genito. Aveva preferito fermarsi lì e ringraziarla conun sorriso molto materno per quelle confidenze ap-passionanti, sicuramente eccitanti, ma guarda,quante cose succederanno!… senza metterla a partedelle sue preoccupazioni, abbastanza leggere del re-sto, perché se Claire non era innamorata e la fami-glia di Antoine aveva già cominciato a grattare lasanta etichetta Bohlander per esaminare il contenu-to della bottiglia, ne sarebbe passata di acqua sotto iponti prima che apparisse un ridicolo pretendentee che arrivassero i fiori d’arancio. Dio, quant’erasciocca, e così estranea a questo mondo…

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Era la terza volta. A ventiquattro anni. Tre tentati-vi in meno di quattro anni. L’ultima era recente: ilsettembre precedente, appena otto mesi prima. Co-pione ben noto. Un cocktail di pillole e compressevarie, una nuova riserva accumulata di nascosto allafarmacia, dove lei pure sapeva di rischiare il posto disemplice preparatrice sottraendo campioni oppuremedicinali più o meno scaduti portati dalla genteper aiutare i più sfortunati e che a volte le venivachiesto di suddividere in base alla data di scadenzaindicata su scatole, tubetti, fiale, flaconi… Le capsulee le compresse doveva estrarle una a una dai blister egettarle tutte nei contenitori per il trattamento spe-ciale dei rifiuti tossici o nocivi. Teschio su etichettaarancione. Era la sua attività preferita, quella cheaveva sempre sognato di poter fare per mestiere:contare, selezionare, maneggiare quei piccoli ogget-ti molto più interessanti delle caramelle o dei botto-ni. Infatti, dato che sin da bambina aveva dimostratouna grande passione per quel genere di giochi,quando aveva dovuto scegliere il suo futuro indiriz-zo professionale Elvire le aveva consigliato di sce-gliere un lavoro che fosse gratificante per lei, comela produzione di dolciumi, o di gioielli, la sartoria,la moda… Ma Claire non era golosa e non possede-va alcun estro creativo. L’unica cosa che voleva nonera neanche fare la farmacista (gli studi erano deci-samente troppo lunghi e difficili), ma semplicemen-te lavorare in una farmacia, vale a dire, diceva suopadre, sorbirsi le lagne dei vecchietti e giocare ineterno alla commerciante senza neanche poter toc-care la cassa, ma se ti fa piacere, se è l’unica ambi-

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zione che hai nella vita, vai!, fai!, ma poi non venircia chiedere l’elemosina piagnucolando perché, senon te ne sei resa conto, dubito che potrai continua-re con il tuo stile di vita attuale con i quattro soldiche guadagnerai nel tuo negozio, sempre ammessoche ne trovi uno che accetti di assumerti!… Noncontare su di me, ripeteva… Di fronte a lei, ma inrealtà Frédéric aveva ceduto alle preghiere di Elviredi fare tutto il possibile per almeno una delle due fi-glie, e proprio quella, la maggiore, Claire, la più fra-gile, la più fedele, quella che non era fatta perquesta terra…

Perché, si chiedeva ora guardando sfilare i campidi colza che si alternavano a distese altrettanto im-mense di orzo, avena e grano ancora verdi, di altez-ze e densità diverse sotto un cielo grigio, monotono– perché ho detto così sin dalla sua nascita, quel mi-racolo di bambina così tranquilla dopo tanti dolori,non fatta per la terra… per anni, come un ritornel-lo, senza mai chiedermi che cosa volesse dire…mentre invece Anne… non so… ho mai avuto perAnne, quand’era piccola?… ho mai pensato, guar-dandola, a qualcosa che non fosse dare a Claire, senon un fratello, almeno una sorella che invece, An-ne, mia sorella Anne?… per sentirla poi dirmelo egridarmelo insieme ad altre atrocità prima di sbatte-re la porta… quella porta, quegli insulti e come era-vamo, io e Claire, rannicchiate l’una contro l’altra,impietrite, in lacrime, sul divano del salone, incapa-ci di fare un gesto per trattenerla o di correre perraggiungerla, chiederle di aspettarci, di portarci conlei, diciassette anni, Frédéric era a Parigi, e io hochiamato Claas perché la accogliesse quando sareb-

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be arrivata da lui, ero sicura che sarebbe andata lì…e Claire… se Claas… se scopre che Claire di nuovo,ma in un modo molto più violento e deciso questavolta, senza giocare con le sue pillole colorate néchiamare in extremis, ma sempre in tempo per po-ter costruire una tranquillizzante versione ufficiale:gastroenterite, coliche renali, cosa non abbiamo in-ventato per mascherare quei brevi ricoveri! Tre oquattro giorni di osservazione, la parola d’ordine:osservazione, la teniamo in osservazione, e Bernard,il cognato dottore, che le firmava dei permessi per illavoro quando usciva, riposo fortemente consigliato,presenza, non lasciarla sola nelle prossime settima-ne, e io ci sono andata, l’ultima volta, per quasiquindici giorni in ottobre ho vissuto nel minuscolobilocale, senza sapere come distrarla, chiedendo al-le sue amiche o ai cugini di darmi un po’ il cambioe farla uscire in modo che io potessi frugare tra lesue cose e trovare… che cosa ho trovato cercandomio malgrado, su ordine di Frédéric: solo tu puoifarlo, è tuo dovere… Ma tutto, tutto quello che ve-devo allora in quell’appartamento, il quarto piano,la finestra, le tende, cinture, bicchieri, fili elettrici,coltelli da cucina, quando si inizia a guardare cosapotrebbe servire a qualcuno che vuole davvero mo-rire… Forse è per questo che non sento niente?Stanca, nauseata, il cuore… per il fatto che non misono accorta di nulla? Io, sua madre, non ho… ep-pure l’ho sentita, l’altro fine settimana, mi sembravache finalmente stesse cominciando a tornare con ipiedi per terra, aveva ripreso la danza, aveva messosu un po’ di peso, sembrava a suo agio, neancheuna parola su Antoine e io non ho fatto domande,

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sperando che avesse rotto lei stessa e che un altro…sì, ci ho pensato, come se finalmente si fosse inna-morata e io volevo, accompagnandola alla stazionese solo Frédéric me l’avesse permesso invece di…Avremmo bevuto qualcosa, l’avrei guardata e leavrei detto… non so… Priva di conoscenza, nonvuol dire niente… ma il sangue, la guancia insangui-nata, vuol dire il viso… sfigurata?… mia figlia, sfigu-rata?… Perché si sarebbe gettata sotto le ruote di unmotociclista in piena Parigi se avesse veramente vo-luto…? e il motociclista, lo stronzo in moto, anchelui sarebbe caduto, bici, pedone, cane o gatto, è co-munque un urto e ci si ferma per forza, normal-mente quando si investe qualcuno… ma lui hatagliato la corda, Antoine mi ha detto che il tizio sel’è filata… Quindi lei non voleva, questa volta, nonha affatto tentato di… niente affatto, è evidente, lodirò a Frédéric se sbraita accusandola di aver dinuovo… Lei voleva vivere…

Elvire lo ripete a mezza voce scuotendo piano latesta: lei voleva vivere, debole, schiacciata, incapacedi interrompersi per pronunciare il mormorio delsuo pensiero: lei deve vivere… Fuori, la colza diquel giallo tanto violento ha ceduto il passo a bo-schetti verdeggianti, piccole valli, giovani fogliamipicchiettati di fiorellini pallidi, meraviglie di mag-gio, viali di carpini, frutteti, una prateria che scivolaverso l’ombra di un fiume, l’erba alta piena di bot-ton d’oro e graminacee, il cielo imperturbabilmenteinsulso, Elvire chiude gli occhi.

Suoneria.Spaventata, cerca il cellulare nonostante ce l’ab-

bia in mano da quando è partita, Frédéric?… Antoi-

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ne. È a Beaujon, al pronto soccorso, ma non voglio-no dirgli niente… Solo qualcuno della famiglia…non c’è nessuno a Parigi che potrebbe?…

«Sì, sì, io, arrivo, sarò lì fra tre quarti d’ora, mache cos’ha? cosa le stanno facendo? è un buon ospe-dale?…» Tutte domande alle quali lui ovviamentenon poteva rispondere e che, lo sentiva, non faceva-no che aumentare il suo nervosismo: Vada via, gli di-ce, non ser ve a niente che lei rimanga lì, almomento solo i medici possono fare qualcosa, lei èstato formidabile ma adesso vada via, è troppo dolo-roso, la avvertirò appena arrivata, appena avrò qual-che notizia, glielo prometto!

Sulla scia di questa telefonata, chiama Frédéric,questa volta contrariata di sentire di nuovo la segre-teria: Ti ho appena lasciato un messaggio. Claire èstata investita da un pirata della strada, un pazzo, unassassino in moto che è scappato. All’incrocio Ter-nes-Mac Mahon. È ferita al viso, priva di conoscen-za, è tutto quello che so. L’hanno portataall’ospedale Beaujon. Io sono in treno e dovrei arri-vare fra un’ora… ma per favore, informati e dim-mi… oh, non lo so, ho tanta paura!

Riattacca, unisce le mani sul cellulare e le stringefra le ginocchia, respira lentamente, la bocca semia-perta, concentrata sul respiro, gli occhi chiusi, comese la sua voce e gli sguardi smarriti dei tre o quattropasseggeri seduti non lontano da lei avessero appe-na attestato la realtà della catastrofe, proiettandolei, Elvire, al centro della sala da ballo quando l’or-chestra si ferma e i ballerini si allontanano, le luci sispengono poco a poco in un’alba glaciale, il suo abi-to cade, lei ha freddo e nessuno… Claas? Mi farebbe

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talmente bene sentire la sua voce, anche solamentequella del messaggio registrato della segreteria…Ma a che scopo allarmarlo se nel frattempo Claire siè ripresa, solo un lieve trauma, la guancia, un sem-plice graffio, tre punti di sutura, e il polso, forse rot-to, ma non è grave un polso rotto…

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