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MAGGIO 2003

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- La Caritas, prima di essere una struttura organizzativa e un insieme di perso-ne impegnate in precise attività, è un’istanza cristiana, e più precisamente ecclesiale, con finalità educativa. La Chiesa si perfeziona così sempre

più nella sua unione sponsale con Cristo e nella sua maternità nello Spirito. I credenti diventano così sempre più ciò che sono chiamati a essere per mezzo del Signore Gesù. In altri termini, si può affermare che la Caritas è una componente essenziale della vita cristiana. Essa è la virtù teologale dell’amore a Dio e al prossimo: è l’anima della Chiesa nello Spirito, se così si può dire: un’anima la quale manifesta la propria densità nella dile-zione particolarmente al prossimo “che si vede”; un’anima la quale viene concretizzata e stimolata da tutti i membri della Comunità cristiana e in modo speciale da alcuni tra loro.

- Ciò che caratterizza il lavoro educativo della Caritas è la sempre maggiore comprensio-ne e assimilazione della gratuità che è strutturale alla Chiesa. Alla fine, non riusciamo, razionalmente, sotto il profilo umano, a comprendere il motivo adeguato per cui Dio ci ha amati creandoci e inviandoci il Signore Gesù a morire e a risorgere per noi: Cristo, poi, ci ha offerto il suo Spirito e ha rinnovato l’umanità e il cosmo nella Grazia protesa alla Gloria. La gratuità applicata a Dio la si disegna - la si intuisce - come un concetto-limite. E siamo chiamati più ad amare che a capire. Il credente deve amare gli altri - ultimamente - non perché gli altri hanno bisogno di lui, sono nell’indigenza, vivono con difficoltà, si presentano come amabili ecc., ma perché Dio ha amato lui stesso per primo, senza che ne avesse diritto. L’amore al prossimo perdura quando si origina dall’amore di Dio, e comunque va sempre nel senso di un sospendersi a Dio oltre il rapporto soltanto umano.

- La Caritas è in qualche modo “statutaria” dentro la realtà della Chiesa. Essa ha origine dal sacramento primordiale che è l’ umanità di Cristo, dal sacramento universale che è la Chiesa e dai riti sacramentali in senso stretto, soprattutto dalla Penitenza e dall’Eucaristia (per stare al caso dei battezzati comunicati e cresimati durante l’infanzia o in tenera età).

Intervento di S.E. Mons. Alessandro Maggiolini, Vescovo di Como, al convegno diocesano delle caritas parrocchiali.

LA CARITAS, DIMENSIONE DELLA CHIESA

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Il partecipare ai riti sacramentali - e alle celebrazioni liturgiche in generale - implica il far proprio, da parte dei fedeli, la tensione che Cristo vive per salvare tutti soprannatu-ralmente e per condividere con tutti l’esistenza umana anche nei suoi aspetti più densi di terrestrità. Lo Spirito donato dal Signore Gesù morente e risorgente è il principio vitale che stimola e responsabilizza i credenti ad adeguarsi al dinamismo di Cristo che si offre ai vicini e ai lontani: che consegna il suo Corpo e versa il suo Sangue “per voi e per tutti”; che si identifica con tutti coloro che hanno fame, hanno sete, sono nudi ecc. Detto in termini diversi: la Liturgia e soprattutto i sacramenti comunicano l'impegno della carità e la forza per attuare tale impegno. Si tratta di una condivisione che diviene necessaria-mente concretezza di gesti, durata di responsabilità, impostazione di vita, se la Caritas non vuole estinguersi in una pia intenzione o perdersi nella deriva di una vita rassegnata.

- Ancora: la Caritas è componente fondamentale della Chiesa. Il suo significato e la sua - faticosa e dolce - imperatività e praticabilità, perciò, sono elementi che non possono mancare dalla predicazione evangelica e soprattutto liturgica. La sodezza e l’incisività della proclamazione della Parola nel kerigma, nell’omelia, nella catechesi e nella di-dascalia devono orientarsi anche a suscitare l’atteggiamento di amore al prossimo: un amore che deriva da quello che si deve a Dio e che non può stemperarsi in evanescen-za: è chiamato, invece, a coagularsi in iniziative precise e quanto è possibile efficaci.

- Ancora: la Caritas è atteggiamento nativo proprio della Chiesa. Dunque, essa è realtà e atteggiamento che concernono tutti. Vi possono e vi devono essere nella Comunità cri-stiana credenti che assumano impegni particolari a favore degli ultimi. E, però, una sorta di “mandato” all’esercizio dell’amore fraterno è incluso già nell’ appartenenza alla Chiesa attraverso i sacramenti della Iniziazione cristiana. Il Vescovo, quale segno e principio di unità visibile della Chiesa locale, ha l’onere della presidenza della carità in esercizio. A lui si uniscono i Sacerdoti appartenenti sacramentalmente al Presbiterio diocesano. I Religiosi e le Religiose carismaticamente hanno un compito di esemplarità e quasi di paradossalità nel mettere in luce la genesi dell’orientamento e del realistico avverarsi della carità, e nell’attuazione dell’amore al prossimo rivolto ai più miseri, ai meno considerati, ai non amati. I fedeli non possono esimersi dal lasciarsi coinvolgere in questa tensione che è semplicemente cristiana e che tutti unisce perché la Chiesa sia il riverbero della condiscendenza e del giudizio di Dio che si pone a tutela e a difesa dei poveri. - Proprio perché componente ecclesiale, la Caritas fa propria la finalità globale della missione della Chiesa: l’evangelizzazione e la sacramentalizzazione in primo luogo; quella, poi, che viene solitamente denominata “promozione umana” dei fratelli in maggiore difficoltà. 6

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La Caritas, perciò, non ha come scopo - anche in chiave terrena e frater-na - soltanto l’andare incontro al povero nell’emergenza o l’aiutare il povero dandogli qualcosa e lasciandolo nella propria condizione; si protende anche e soprattutto a far sì che l’escluso diventi gradatamente soggetto capace di auto-nomia e, anzi, di soccorso agli altri più bisognosi in seno alla Comunità e oltre.

- Non si potrà mai dimenticare che la finalità globale dell’azione della Chiesa è l’orientamento alla liberazione dal peccato e all. accoglienza dello Spirito nella vita di Grazia e di Gloria. L’ aspetto propriamente promotivo dell’umano si collega alla priorità della proposta evangelica e dell’offerta della vita divina perché ne risulta quasi l’espressione visibile, il segno “probante” e la risposta totale alle esigenze del povero il quale è pure chiamato a diventare uomo perfetto quanto gli è possibile dentro la santità cristiana. Rimane vero che il primo servizio da rendere al fratello è la Verità rivelata e la Vita divina. Tale servizio, però, costituirebbe motivo di condanna in chi lo presta, se non fosse accompagnato e “tradotto” anche in attività caritativa materiale, culturale, comunque globalmente umana. Rimarrà sempre la tentazione di strumen-talizzare l’aiuto materiale o comunque umano offerto al povero: di strumentalizzare cioè tale aiuto alla proposta evangelica ed ecclesiale. Occorre superare un simile rischio: l’atteggiamento di fraternità nei confronti dell’ultimo” deve lasciar traspari-re un pensiero di Fede e una esistenza di Grazia che sono da accogliere in perfetta libertà, a motivo della validità loro propria e del fascino che suscitano nel fratello.

- Stante la legge dell’Incarnazione, che in qualche modo prosegue nella Chiesa e nel credente, occorrerà che la Caritas si impegni a una attenzione peculiare per iden-tificare le zone e i tipi di povertà che si vanno via-via presentando in modo costante e nuovo nella Chiesa e nella società. Occorrerà ancora che la Caritas, in qualche maniera e in qualche misura, si organizzi per inserirsi nella convivenza civile con stile ordinato e con una iniziativa sempre più incisiva. Sta qui l’importanza che i vari gruppi caritativi si conoscano e collaborino tra loro nella Diocesi e non plachino mai la premura di far uscire dall’ombra miserie e attese che spesso si nascondono. (Non sempre le povertà più vistose e più usuali sono le più consistenti e le più gravi).

- Se la Caritas è responsabilità intrinseca alla Chiesa, allora la Chiesa stessa non si esaurisce, ma si rinnova nell’esercizio della carità. L’osservazione vale anche - e a maggior ragione - per il singolo credente, il quale nell’esercizio dell’amore fraterno cresce come amico e sodale di Cristo. In tal senso non si dà atteggiamento di degnazio-

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ne verso il povero nell’attuazione della Caritas. Ciò che si impara e si riceve è spesso assai più di quanto si offre: sul piano soprannaturale e sul piano umano. Un serio e ilare impegno di gratuità può far intuire la possibilità e la bellezza di una esistenza totalmente consegnata a Cristo e ai fratelli: al punto di rinunciare, in qualche caso, a una famiglia propria e a una propria professione profana per dedicarsi totalmente e definitivamente al Signore Gesù quale fonte e foce dell’amore vero e autentico. Un serio impegno di gratuità, comunque, fa insorgere nella persona uno stile di vita che sempre più radicalmente si rende attento e si dona al povero via-via “delectabiliter”.

- Sta qui l’esigenza di un richiamo alla vita di preghiera e a uno stile di povertà che il credente deve assumere, quando si concede alla logica della gratuità. La preghiera deve segnare un ricupero costante del motivo supremo della Caritas. Il cristiano deve essere convinto di identificarsi quasi al Signore Gesù che è venuto per i poveri, e che, anzi, nei poveri si cela e si svela. Una certa modulazione di austerità nella vita, poi, va affermata anche per ragioni ascetiche; trova, però, la sua motivazione più profonda - e genuinamente cristiana - nella tensione a condividere ciò che si ha e ciò che si è a modo di dono da Dio.

- La Caritas, in quanto espressione di Chiesa, si protenderà anche a denunciare le negligenze dei pubblici poteri circa il dovere di stabilire la giustizia e la libertà nella vita sociale. Non si presterà a essere unicamente supplenza e a essere strumentalizzata dall’autorità civile. Oltre alla critica - all’esercizio della “riserva escatologica” -, suggerirà anche provvedimenti da assumere in campo culturale, sociale e politico. E, tuttavia, non si presterà a fare il gioco di una “lotta di classe” immotivata o di una velleitaria “rivoluzione dei poveri”, che finirebbe per rendere ancor più indigenti gli indigenti. Così la “misericor-dia” evangelica salva e affina sempre più la giustizia umana. Il rapporto con le autorità civili aspirerà sempre a essere di accordo e di collaborazione. Non eliminerà forse mai, però, qualche zona di conflittualità. Il potere statuale, infatti, non si esporrà quasi mai al rischio di una gratuità che talvolta esige prestazioni quasi eroiche e che potrebbe prestarsi a facili abusi, pure nel caso di una legislazione saggia ed equa. La Caritas si porrà sempre come il persistere dell’amore di Cristo che va sempre oltre il servizio dovuto a coloro che devono diventare pienamente se stessi.D’altra parte, la Caritas attuata in “corpore vili” - “et dignissimo” - non potrà non preparare anche all. esercizio di una funzione sociale e politica, da svolgere, però, sotto la propria responsabilità. Tale funzione, anzi, segnerà un obbligo a cui la dilezione per i poveri prepara singolarmente: un obbligo che assicurerà un servizio sociale sempre più onesto e spingerà a una competenza sempre più accurata.

Nuova Olonio (SO), 27 novembre 1999.8

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CARITAS PARROCCHIALE

►Perchè la Caritas parrocchiale?

►Che cosa è e che cosa non è la Caritas?

►Come nasce la Caritas parrocchiale?

►Quali compiti ha la Caritas parrocchiale?

►Come opera la Caritas parrocchiale?

►►PERCHE’ LA CARITAS PARROCCHIALE?

1. Per aiutare la Parrocchia a vivere comunitariamente il servizio del Signore all’uomo.

2. Per sollecitare e educare l’intera comunità ad un approccio concreto, intelligente ed evangelico della realtà sociale, avendo occhi soprattutto per i poveri vicini e lontani.

3. Per stimolare e sostenere la formulazione di risposte adeguate, lasciandosi guidare dalla carità accolta nella Parola e nei Sacramenti.

4. Per aiutare a far diventare problema di tutti la sofferenza di ogni fratello e a mettere al centro della vita ecclesiale i diversi volti della povertà umana.

5. Per educare la comunità a interrogarsi sovente sulla trasparenza della carità di Cristo nell’annuncio della Parola, nelle celebrazioni, negli itinerari formativi nell’attenzione agli ammalati, ai disabili e alle emarginazioni, nell’uso delle risorse economiche e degli ambienti, nella valorizzazione dei vari carismi, nei rapporti con la società e con gli enti pubblici, nell’attenzione ai problemi dei paesi più poveri, del mondo del lavoro e della politica.

6. Per favorire in parrocchia un cambiamento di mentalità e di prassi, passando:- dalla delega alla partecipazione;- dall’elemosina all’accoglienza;- dall’impegno di pochi al coinvolgimento di tutti;- dalla semplice conoscenza dei bisogni al “farsene carico”;- dalle risposte emotive e occasionali all’intervento organico e continuativo.

7. Per coordinare le diverse espressioni caritative della parrocchia, per promuovere e proporre occasioni d’impegno, per formare in modo continuativo chi è impegnato, in modo più diretto, nella cura delle varie povertà.

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►►CHE COSA E’ E CHE COSA NON E’ LA CARITAS PARROCCHIALE?

«La Caritas entra nell’ordine dei mezzi e non dei fini. Il fine è che la Comunità parroc-chiale viva il precetto dell’amore evangelico e sia nel territorio segno di speranza e di aiuto».

Che cosa è la Caritas Parrocchiale

1. E’ l’organismo pastorale che serve a sensibilizzare e animare l’intera Comu-nità Parrocchiale affinchè si realizzi la testimonianza della carità sia al suo in-terno sia nel territorio in cui è inserita.

2. E’ lo Strumento educativo che svolge compiti di:

- Approfondimento dei fondamenti evan-gelici della diaconia della carità;

- Collaborazione con gli organismi pasto-rali per una pastorale unitaria, capace di esprimere una più coerente comunione con Cristo e i fratelli.

- Antenna per cogliere i bisogni vecchi e nuovi.

- Motorino di avviamento per suscitare e stimolare nuove forme di impegno.

- Punto di coagulo e di coordinamento dei vari gruppi ed espressioni di diaconia della carità.

3. E’ espressione originale della Parrocchia e opera in stretto collegamento con la Caritas Diocesana e con l’eventuale Caritas Zonale.

Che cosa non è la Caritas Parrocchiale?

1. Non è un nuovo gruppo che si sostituisce o si aggiunge a gruppi già esistenti e operanti nell’ambito caritativo assi-stenziale.

2. Non è un’associazione di volontariato, né un movimento di settore impegnato ad assistere una particolare categoria di poveri.

3. Non è una sovra-struttura che supplisce la libera iniziativa dei singoli o soffoca le molteplici forme organizzate di carità.

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►►COME NASCE LA CARITAS PARROCCHIALE?

La Caritas Parrocchiale è:

- è un organismo della Parrocchia ed è presieduta dal Parroco;

- si costituisce attraverso modalità diverse per le quali si possono ipotizzare due proposte di “Caritas Parrocchiale”.

Prosposte di «Caritas Parrocchiale»:

1. La Caritas Parrocchiale si configura come una Commissione del Consiglio Pastorale Parrocchiale, nei cui confronti ha il compito di proporre e di attuare le direttive. La Caritas è costituita da un Responsabile delle diverse iniziative caritativo-assistenziali presenti in Parrocchia e da un Rappresentante delle Associazioni e dei Gruppi di Volontariato di ispirazione cristiana operanti nel territorio, con eventuale inserimento di qualche persona disponibile e sensibile.

2. La Caritas nelle parrocchie di piccola dimensione. E’ necessario che almeno una per-sona, attenta e capace, individuata dal Parroco, assuma il ruolo di animatore Caritas, per fungere da stimolo agli altri fratelli nella testimonianza di carità.

Nell’una e nell’altra tipologia è importante che sia ben identificato l’incaricato della Caritas Parrocchiale. Tale incaricato deve tenere un costante collegamento con il Parroco, il Consiglio pastorale parrocchiale, la Caritas Zonale, il Centro di Ascolto della Zona e la Caritas Diocesana.

E’ opportuno che sia membro del Consiglio pastorale parrocchiale.

La Caritas parrocchiale può darsi uno statuto e un regolamento e dotarsi di un minimo di strumenti e sussidi che favoriscano lo svolgimento delle proprie attività.

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1. Educazione alla testimonianza di carità

1.1 Stimola la Comunità cristiana ad approfondire i fondamenti evangelici della diaconia della carità.

1.2 Forma ed educa operativamente la Comunità cristiana nel suo insieme e nelle sue componenti (singole persone, famiglie, istituzioni, gruppi di volontariato) ad una testimonianza di carità.

1.3 A tal fine si preoccupa che ogni testimonianza di carità:- abbia come fonte l’incontro con l’amore gratuito di Dio verso tutti gli uomini;- s’incarni simultaneamente nella diaconia vissuta nella solidarietà di base e nell’im-pegno sociale e politico.

2. Conoscenza delle povertà dei bisogni e delle risorse

2.1 Conosce, studia e analizza le povertà vecchie e nuove, vicine e lontane; fa l’in-ventario delle risorse esistenti e stimola risposte più consone alle nuove e vecchie necessità.

2.2 A tal fine si serve di alcuni strumenti, quali:* valorizzazione dei rapporti personali, delle esperienze dei gruppi, delle attività pastorali (visita alle famiglie, gruppi familiari,...);* utilizzo di ricerche già disponibili;* contatti con i servizi sociali e con le istituzioni pubbliche operanti sul territorio;* elaborazione di questionario...

3. Sensibilizzazione, animazione e formazione

3.1 Informa sistematicamente la Comunità Parrocchiale sulle situazioni di maggior bisogno ed emarginazione.

3.2 Fa conoscere e valorizza i compiti dei vari gruppi impegnati nelle diverse forme di servizio caritativo-assistenziale.

►► QUALI COMPITI HA LA CARITAS PARROCCHIALE?

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3.3 Presenta iniziative di solidarietà e occasioni concrete di impegno per coinvolgere un numero sempre crescente di cristiani.

3.4 Propone iniziative di educazione alla solidarietà nella comunità parrocchiale, nelle scuole, nelle famiglie, nel mondo del lavoro, utilizzando testimonianze ed esperienze locali.

3.5 Promuove forme diverse di servizio e di volontariato, in particolare: le famiglie aperte, il volontariato internazionale, il servizio civile, l’obiezione di coscienza (O.d.C.).

3.6 Stimola la solidarietà nei confronti delle popolazioni colpite da calamità, in Italia e all’estero.

3.7 Propone “Microrealizzazioni” di sviluppo nel Terzo Mondo ad uno stile di vita sobrio.

3.8 Educa alla pace con iniziative semplici, ma provocanti un cambiamento costante del nostro modo di vivere.

3.9 Fornisce strumenti per valorizzare la catechesi e la liturgia come momenti privilegiati di educazione alla carità (es. preghiera dei fedeli, momenti di preparazione ai sacramen-ti...).

3.10 Progetta “cammini formativi” per i cristiani “operatori professionali” nei settori socio-caritativi.

3.11 Promuove un serio impegno dei cristiani nel socio-politico e favorisce un corretto rap-porto con le strutture pubbliche.

3.12 Prepara “iter formativi” per le diverse realtà della Comunità Parrocchiale (gruppi caritativi, volontariato di ispirazione cristiana...).

4. Azione di coordinamento

4.1 Coordina le attività caritative della Comunità Parrocchiale attraverso riunioni periodiche dei responsabili dei diversi gruppi e raccorda gli organismi di volontariato di ispirazione cristiana operanti nel sociale.

4.2 Collabora alla vita della Caritas Zonale e si fa tramite in Parrocchia delle iniziative proposte a livello diocesano.

4.3 Favorisce il collegamento con i servizi sociali e con le strutture sociali del territorio.

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Vengono solo suggerite alcune tappe fondamentali.

1. Contatti e conoscenza della reciproca azione pastorale tra incaricati di catechesi, liturgia e diaconia della carità.

2. Momenti di riflessione su come le tre dimensioni si integrano reciprocamente per un cammino autentico e unitario di pastorale comunitaria.

3. Censimento dei bisogni e delle risorse (servizi e solidarietà) presenti nel territorio della Comunità Parrocchiale, fatto sulla base dell’osservazione e dell’esperien-za.

4. Definizione delle priorità dei bisogni in base:- alla gravità- all’estensione- all’urgenza

5. Scelta del bisogno da prendere in considerazione e da affrontare per primo ein-centivazione del coordinamento delle risorse in area ecclesiale.

6. Raccolta di dati quantitativi riguardanti il bisogno preso in considerazione come prioritario.

7. Approfondimento culturale sul bisogno esaminato, con riferimento:- alla Parola di Dio;- al Magistero della Chiesa;- alla cultura attuale (studi, ricerche,...);- alla legislazione nazionale e regionale.

►► COME OPERA LA CARITAS PARROCCHIALE?

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8. Lettura del “come” la Co-munità Cristia-na si pone di fronte al biso-gno esaminato. Questa lettura richiede:- un’analisi del-la mentalità e degli atteggiamenti;- un’analisi dei fatti (catechesi, preghiera dei fedeli, comportamenti, organizza-zione pastorale, iniziative, opere, informazione, iniziative di volontariato,...).

9. Lettura del “come” la Comunità Civile si pone di fronte al bisogno esaminato.Questa lettura richiede:- un’analisi della mentalità e degli atteggiamenti;- un’analisi dei fatti e dei comportamenti (risorse destinate nel bilancio comunale, servizi messi in atto, azione educativa nella scuola, spazio nell’informazione, comportamento del sindacato,...).

10. Piano di lavoro (uno-due anni):- sia in riferimento alla Comunità Cristiana che alla Comunità Civile per infor-marle, per stimolarle, per proporre iniziative;- sia in riferimento alle Istituzioni Ecclesiali e Civili;- sia in riferimento ai gruppi e alle associazioni di volontariato.

Esaurito il Piano di lavoro, la Caritas Parrocchiale dovrebbe verificare che cosa ha realizzato del programma predisposto, dovrebbe imparare dall’esperienza e utilizzarla per affrontare un altro bisogno fra quelli più urgenti. E così di seguito...

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SITUAZIONE DELLA COMUNITA’

(descrizione del fenomeno e/o della situazione)

BISOGNI(carenze, disagi, difficoltà,

problemi)

CAUSE(fattori determinanti,

responsabilità)

INFORMAZIONI(fonti esistenti ed attivabi-li per conoscere l’entità e

le cause dei bisogni)

a) persone in maggiore diffi-coltà: malati soli, handicap-pati, carcerati, ex- carcerati e loro famiglie, dimessi ospedale psichiatrico e psichicamente fragili, disoccupati, persone senza casa, famiglie in crisi, no-madi, diversi, immigrati, T.Mondo e altri in stato di bisogno, ragazze madri, bande giovanili...

minori abbandonati anziani non autosufficienti

Tossicodipendenti

- mancata coscientizzazione della comunità sui problemi degli «ultimi»

- mancata integrazione nella comunità

- carenza di strutture sportive e di socializzazione

- carenza di occasioni di propo-ste di valori

- carenze affettive- abbandono

- presenza di tossico dipen-denti

- delega diffusa- scollamento tra liturgia-

catechesi-carità- meccanismi e atteggia-men-

ti di rifiuto degli utlimi- disinteresse o incapacità

educativa delle famiglie

- isolamento e solitudine- ignoranza della situazione e

pregiudizi privatistici

- concezione edonistica- incomprensioni familiari- scarsa maturazione per-

sonale

- educazione a manifestare i propri bisogni

- segretariato sociale- centro di ascolto- gruppi di volontariato nei

diversi settori- anagrafe: immigrazione- ufficio di collocamento:

disoccupati

- esperienze comunità terapeutiche

b) servizi promossi dalla comunità ecclesiale

- scarsa sensibilità e presenza in bisogni emergenti

- scarsa presenza accanto ai più gravi

- servizi non più rispondenti- trasformazione di istituti

assistenziali in strutture redditizie

- impreparazione del per-sonale

- insensibilità e inade-gua-tezza delle strutture e delle persone

- resistenza al cambiamento- mancanza di creatività- bisogno di mezzi ecc.- mancata verifica ecclesiale

c) collegamenti tra servizi - carenza di linee comuni in rap-porto ad alcuni obiettivi

- sovrapposizione di servizi per il medesimo bisogno e vuoto per altri

- tendenza a rispondere ai bi-sogni in funzione di servizi già esistenti

- mancata sensibilità ad un lavoro organico

- mancanza senso di Chiesa- mancata informazione

sulla geografia dei bisogni e di verifica sulle risposte in atto

- tendenza a far sopravvivere le istituzioni

- attivazione della consul-ta delle opere caritative assistenziali come sor-gente di informazioni sull’esistente

- incontri sistematici di verifica sui bisogni

TRACCIA DI LAVORO PER IL CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE

1. TESTIMONIANZA DELLA CARITA’

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TRACCIA DI LAVORO PER IL CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE

2. RAPPORTO CHIESA-MONDO

SITUAZIONE DELLA COMUNITA’

(descrizione del fenome-no e/o della situazione)

BISOGNI (carenze, disagi, difficol-

tà, problemi)

CAUSE (fattori determinanti,

responsabilità)

INFORMAZIONI (fonti esistenti ed attiva-bili per conoscere l’entità

e le cause dei bisogni)

a) Sentirsi parte viva del mondo:

- conoscenza e presenza nel territorio

- partecipazione alla vita civile

- bisogno di «socializ-zare»

- scarsa attenzione agli “ultimi”

- scarsa presenza in orga-nismi di partecipazione (scuola, comitati, quar-tieri, ecc.)

- assenteismo e lontanza

- disinteresse e disinfor-mazione

- eccessiva complessità e burocratizzazione dei servizi pubblici

- diffidenza nei confronti del «civile-pubblico»

- indagine storica sul processo di formazione della comunità

- indagine sulla presenza quantitativa dei cristiani negli organismi pubblici a livello politico e ammi-nistrativo

- contatto costante con la gente

- verifica sulla presenza degli ultimi a livello di programmazione e decisione

b) stile di dialogo:

- conoscenza reciproca e collaborazione con uo-mini di buona volontà

- rapporti con strutture pubbliche

- disattenzione ai segni dei tempi

- scarsa conoscenza e valorizzazione delle esperienze laiche

- scarso collegamento- difficoltà di stabilire

rapporti

- paura di strumentaliz-zazione

- scontro fra ideologie- mentalità di contrap-

posizione tra «noi» e gli «altri»

- rilevazione conoscitiva sulle varie forme di emarginazione

- indagini sulla frequenza a fenomeni di massa

- informazione sulla composizione e sul fun-zionamento degli orga-nismi pubblici (statuti, regolamenti, opuscoli divulgativi)

c) in ascolto delle chiese del mondo:

- stile di vita (povero, aper-

to, solidale e au-tenticità dei valori)

- cultura e impegno di pace e giustizia

- una collaborazione dalla «parte dei poveri»

- Terzo Mondo- rifiuto atteggiamenti

“mondani”- esigenza di costruirsi

come comunità umana

- disimpegno nell’offrire modelli alternativi

- disimpegno nel pro-muo-vere forme non-violente di difesa

- «il consumismo ha fiac-cato tutti» (cd. doc CEI Prosp. paese)

- i poveri del 3° mondo ignoranti o minimizzati nei piani pastorali

- mancanza del senso del rischio

- deresponsabilizzazione nell’uso e destinazione pubblica dei «talenti»

- mentalità assistenzia-listica e riparatoria, non libertaria e promo-zionale

- assorbimento incon-sa-pevole di “valori” borghesi

- costume radicato di delega

- verifica sui dati dell’ulti-mo censimento

Fonti generali: - riviste specializzate e

indagini - circolazione di esperien-

ze di collaborazione con il «pubblico»

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* CARITAS PARROCCHIALE:

ORGANISMO PASTORALE* CENTRO D’ ASCOLTO:

STRUMENTO OPERATIVO

CARITAS PARROCCHIALE

La Caritas è l’organismo pastorale voluto dai Vescovi per sensibilizzare e coinvol-gere l’intera comunità cristiana affinchè realizzi la testimonianza della carità sia al suo interno sia nel territorio in cui è inserita.

La Caritas è un organismo educativo in ordine alla testimonianza della cari-tà. La sua funzione è prevalentemente pedagogica.Destinataria dell’azione Ca-ritas è la comunità cristiana.

La Caritas è normalmente una commis-sione che fa capo al Consiglio Pastorale. Non è un gruppo di volontariato.Non ha titolo né opportunità a costituirsi come associazione.

CENTROD'ASCOLTO

Il Centro di Ascolto è uno strumento per la conoscenza diretta e personalizzata dei bisogni ed un punto di riferimento-orien-tamento in cui le persone in difficoltà possono sperimentare l’accoglienza e l’aiuto concreto della comunità cristiana, attraverso le sue molteplici espressioni.

Il Centro di Ascolto è uno strumento ope-rativo in ordine alla conoscenza e prima risposta ai bisogni, attraverso le sue spe-cifiche funzioni di ascolto, presa in carico, orientamento e coinvolgimento.Destinatarie dell’azione del Centro di Ascolto sono le persone in situazioni di bisogno.

Il Centro di Ascolto è un gruppo di volon-tariato nel quale possono collaborare anche operatori professionali. Può costituirsi giu-ridicamente anche in associazione.

IDENTITA’

FUNZIONI

STRUTTURA

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CONOSCENZA DEI BISOGNI

COORDINAMENTO

Per sensibilizzare la comunità cristiana, la Caritas è chiamata a conoscere, studiare e analizzare le povertà vecchie e nuove, vicine e lontane.A tal fine si serve di stru-menti diversi, tra cui il Centro di Ascolto, l’Osservatorio sui bisogni e le risorse, le commissioni di studio, contatti, incontri, ricerche, ecc.

La Caritas cura il coordinamento delle ini-ziative di ispirazione cristiana.Il compito di fungere da coscienza critica e da punto di coagulo dei vari gruppi caritativi va al di là dell’autoadesione degli stessi.

Il Centro di Ascolto è una antenna dei bisogni emergenti sul territorio, attra-verso l’ascolto diretto delle persone in difficoltà.Amplia l’analisi e la riflessio-ne per essere maggiormente in grado di capire i bisogni e rispondervi in modo promozionale.

Per meglio svolgere la propria attività in ordine alla soluzione delle situazioni di bisogno, il Centro di Ascolto si collega organicamente con le altre realtà sociali e caritative presenti sul territorio.Tale collegamento risponde ad interessi ope-rativi comuni tra le diverse realtà che vi aderiscono.

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La vera dimensione della Caritas è quella della Parrocchia e della Diocesi. E’ nel contatto con la gente e la comunità viva che si può fare veramente animazione alla carità e esercitare quella prevalente funzione pedagogica che caratterizza la Caritas; è nell’azione pastorale in unità al Vescovo che si può costruire una coerente programmazione che dal Centro coinvolga tutta la Comunità Diocesana.Tuttavia la dimensione zonale ha una notevole importanza dal punto di vista della pastorale d’insieme.La Zona di fatto è il raccordo che permette che i progetti diocesani siano adattati e sperimentati sulle esigenze locali e che queste esigenze e soprattutto le ricchezze e le esperienze positive dalla base arrivino al Centro.In questo contesto si inserisce la Commissione Caritas Zonale, come punto di raccordo che permetta al sacerdote Referente Caritas per la Zona di far passare un messaggio alle Parrocchie e ai Parroci e, attraverso questo sacerdote o un rappresentante laico (o tutti e due, dove ci fossero la forze) di contribuire a costruire il progetto e il programma per una Caritas veramente Diocesana.

Compiti della Commissione Caritas Zonale

• Promuovere le Caritas parrocchiali e coordinarle, soprattutto dal punto di vista di supporti per l’animazione della comunità alla carità.

• Favorire il confronto fra le diverse realtà caritative che operano nella Zona.

• Curare la formazione di chi si dedica alla pastorale della carità.• Coordinare eventuali interventi caritativi per i quali la dimensione parroc-

chiale sia insufficiente• Tenere uno stretto contatto con il Centro d’Ascolto soprattutto nella valuta-

zione dei bisogni che esso rileva sul territorio della Zona, in modo che siano conosciuti dalle Parrocchie e si discutano insieme le risposte da dare.

• Collaborare alla pastorale d’insieme della Zona, soprattutto con le altre Commissioni costituite, nella prospettiva di una mentalità e di una pratica dei fedeli che faccia unità tra celebrazione, insegnamento ricevuto e vita.

LA COMMISSIONE CARITAS ZONALE

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Costituzione della Commissione Zonale

• La Commissione si costituisce attorno al Sacerdote Referente Caritas per la Zona o al laico che svolge questo compito di riferimento (in alcuni casi potrebbero sussistere entrambe le figure).

• La Commissione è di regola formata dagli Incaricati Caritas parrocchiali e da rappresentanti di enti o servizi caritativi ecclesiali che sono presenti sul proprio territorio. L’Incaricato Caritas parrocchiale e il rappresentante della Parrocchia nella Zona, tranne eccezioni che saranno vagliate dal Referente, devono coincidere.

• Non è necessario che ogni parrocchia abbia un Incaricato e quindi un rappre-sentante nella Commissione. L’incarico potrebbe essere interparrocchiale, o per più parrocchie che però coincidono come Comune o fare riferimento all’unico parroco di più parrocchie. Questo anche per non formare Com-missioni eccessivamente numerose. L’importante è che il territorio della Zona sia coperto e che gli Incaricati abbiano la possibilità di fare da tramite riconosciuto con le parrocchie che rappresentano.

Un percorso possibile per il prossimo anno pastorale

• Prima tappa. Di tipo formativo. Attraverso il presente sussidio e/o quello di Caritas italiana che riporta i principali discorsi dei Papi riguardo alla Caritas verificare l’unità di pensiero su che cos’è questa organizzazione a cui si ap-partiene e il comune sentire riguardo al ruolo che essa può svolgere a servizio delle comunità cristiane.• Seconda tappa. Con scopo di animazione. Prendere in considerazione la proposta di Giornata Caritas così come è presentate dalla Caritas Diocesana e vedere come si può attuarla nelle proprie parrocchie (tempi, modalità, conte-nuti…), cercando almeno qualche elemento comune a tutta la Zona.• Terza tappa. A mo’ di verifica. Ascoltare chi lavora all’interno del Centro di Ascolto per vedere quali elementi del loro lavoro possono entrare nel pro-gramma della pastorale d’insieme zonale. Verificare il programma della Ca-ritas Diocesana per vedere che cosa si è attuato e che cosa no e per suggerire proposte per il prossimo programma biennale.

Si tenga conto che gli Incaricati parrocchiali saranno invitati una volta o due all’anno per una formazione comune a cura della Caritas Diocesana.

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BIBLIOGRAFIA

Indirizzo Internet

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TERZA di CO-PERTINA

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QUARTA DI COPERTINA

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