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Convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi (MARPOL). A cura del prof. Satta S.F. 15/09/2018 Premessa. L’IMO (Organizzazione Marittima Internazionale) è una convenzione autonoma delle Nazioni Unite (ONU) incaricata di scrivere le regole generali che disciplinano i vari aspetti della navigazione a livello mondiale quali: trasporto via mare, sicurezza marittima, protezione del mare dall’inquinamento. Fondamentale per ciò che riguarda quest’ultimo punto è la convenzione MARPOL 73/78, elaborata dalla rivisitazione della normativa precedente al 73 integrata dagli atti della conferenza internazionale tenutasi nel 78 a seguito di gravi disastri ambientali causati, tra il 75 e 78, da petroliere. La convenzione è nata con lo scopo di ridurre al minimo l'inquinamento del mare da idrocarburi, gas di scarico e altre sostanze nocive. Entrata in vigore nel 1983, assoggetta alle prescrizioni della convenzione tutte le navi battenti bandiera dei paesi aderenti, a prescindere dal luogo in cui navigano. I singoli paesi sono responsabili per le navi iscritte nei propri porti. La convenzione, al 2001, è stata ratificata da 161 nazioni che rappresentano il 98% del tonnellaggio mondiale. Struttura della convenzione. La Marpol contiene 6 annessi, specifici per la prevenzione delle diverse forme di inquinamento marino provocato dalle navi e precisamente tutte le norme per la prevenzione dell'inquinamento da: 1 oli minerali; 2 sostanze liquide nocive trasportate alla rinfusa; 3 sostanze inquinanti trasportate per mare in imballaggi; 4 liquami scaricati dalle navi; 5 rifiuti solidi scaricati dalle navi; 6 scarichi dei motori marini (SOx -ossidi di zolfo- ed NOx -ossidi di azoto).

Convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento … (Convenzione... · 3) Le morchie che si producono per la depurazione del combustibile devono essere raccolte in

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Convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi (MARPOL).

A cura del prof. Satta S.F. 15/09/2018 Premessa. L’IMO (Organizzazione Marittima Internazionale) è una

convenzione autonoma delle Nazioni Unite (ONU) incaricata di scrivere le

regole generali che disciplinano i vari aspetti della navigazione a livello mondiale

quali: trasporto via mare, sicurezza marittima, protezione del mare

dall’inquinamento. Fondamentale per ciò che riguarda quest’ultimo punto è la

convenzione MARPOL 73/78, elaborata dalla rivisitazione della normativa

precedente al 73 integrata dagli atti della conferenza internazionale tenutasi nel

78 a seguito di gravi disastri ambientali causati, tra il 75 e 78, da petroliere. La

convenzione è nata con lo scopo di ridurre al minimo l'inquinamento del mare da

idrocarburi, gas di scarico e altre sostanze nocive. Entrata in vigore nel 1983,

assoggetta alle prescrizioni della convenzione tutte le navi battenti bandiera

dei paesi aderenti, a prescindere dal luogo in cui navigano. I singoli paesi sono

responsabili per le navi iscritte nei propri porti. La convenzione, al 2001, è

stata ratificata da 161 nazioni che rappresentano il 98% del tonnellaggio

mondiale.

Struttura della convenzione. La Marpol contiene 6 annessi, specifici per la

prevenzione delle diverse forme di inquinamento marino provocato dalle navi e

precisamente tutte le norme per la prevenzione dell'inquinamento da:

1 oli minerali;

2 sostanze liquide nocive trasportate alla rinfusa;

3 sostanze inquinanti trasportate per mare in imballaggi;

4 liquami scaricati dalle navi;

5 rifiuti solidi scaricati dalle navi;

6 scarichi dei motori marini (SOx -ossidi di zolfo- ed NOx -ossidi di azoto).

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La MARPOL dà inoltre precise istruzioni circa:

Cisterne destinate al solo uso di zavorra pulita;

Costruzione di navi petroliere a doppio scafo;

Adozione di piani di prevenzione inquinamento da idrocarburi (SOPEP);

Obbligo di informare gli stati costieri in caso di inquinamento accidentale;

Obbligo per le navi di collaborare con gli enti terrestri;

Mantenimento a bordo di quantitativi di materiale antinquinamento;

Periodiche esercitazioni della squadra antinquinamento;

Adozioni di idonee apparecchiature (oil separator) per garantire che la

concentrazione di olio non superi i valori consentiti;

Tenuta del Registro Idrocarburi;

Adozione di un piano per lo smaltimento dei liquami (acque nere);

Adozione di un piano per lo smaltimento di rifiuti solidi e relativo Registro.

La MARPOL fissa, inoltre, per ogni annesso delle aree speciali nelle quali, per

riconosciute ragioni tecniche in relazione alle condizioni oceanografiche ed

ecologiche ed al particolare tipo di traffico che vi transita, occorre osservare

normative particolari.

Sono sempre possibili ovunque discariche per la sicurezza della nave e la salvaguardia delle persone. Le merci pericolose sono tutte quelle che possono esporre ad un elevato

rischio l’equipaggio e la nave. Esse sono gli esplosivi, gli infiammabili, i corrosivi,

i prodotti tossici e gli infettanti. Queste merci possono essere trasportate alla

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rinfusa, cioè a diretto contatto con le strutture della nave o delle lamiere di

grossi serbatoi, con navi speciali mentre, il trasporto di merci pericolose in

imballaggi può essere effettuato con qualsiasi tipo di nave.

In ogni caso la MARPOL riguarda disposizioni inerenti la prevenzione dell’inquinamento prodotto dalle navi, sia nelle operazioni di routine che accidentalmente, da qualsiasi sostanza ritenuta inquinante. Storia. Le origini di tale convenzione si rifanno al disastro del Titanic, avvenuto

nell’aprile 1912, uno dei primi grandi incidenti marittimi, il primo ad essere

documentato dai media e quindi ad interessare grandi masse di persone. Due

anni dopo, esattamente nel 1914, venne approvata la prima versione di tale

convenzione, in realtà poche pagine, ma che mostravano la volontà di porre

sotto regolamentazione ogni aspetto della vita di bordo che potesse comportare

pericolo per la vita umana. Successive modifiche e integrazioni furono apportate

a più riprese.

Negli primi anni settanta, data la lentezza per aggiornare e/o approvare nuove

norme, anziché far firmare la ratifica delle nuove leggi a tutti i paesi aderenti,

venne proposta e approvata la procedura del tacito accordo dove le nuove

norme, una volta approvate ( da un numero di paesi membri la cui stazza

lorda mondiale rappresenti almeno il 50%) diventano leggi vincolanti se, dopo un

certo periodo di tempo, nessuna nazione pone obiezioni.

Le convenzioni emanate dall’IMO (ente che opera sotto egida dell’ONU), devono

essere rispettate; le singole nazioni possono aggiungere norme, generalmente

più restrittive. Qualsiasi paese che la nave visita può condurre una propria

ispezione per verificare la conformità agli standard e può fermare l'unità in caso

di significative non conformità.

L’inquinamento può essere causato intenzionalmente o accidentalmente.

Esempi di inquinamento intenzionale sono:

Discarica a mare di zavorra proveniente dalle cisterne del carico;

Discarica a mare di acqua di lavaggio delle cisterne destinate al carico;

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L’annesso 1

Discarica a mare di sedimenti di carico;

Discarica a mare di acqua sporca di sentina del locale macchina;

Discarica in mare di liquami o rifiuti in aree non consentite;

Esempi di inquinamento accidentale sono:

Fuoriuscita di carico per troppo pieno;

Avarie alle apparecchiature di controllo;

Sinistri quali incaglio, collisione, esplosione.

Purtroppo gli effetti dell’inquinamento marino sulla fauna e sulla flora possono

essere devastanti. Le comunità turistiche costiere devono sostenere costi enormi

per il ripristino delle proprie attività, senza parlare dei danni enormi causati

all’industria della pesca. L’inquinamento marino è una seria minaccia per

l’esistenza di tutto il genere umano.

tende a:

minimizzare la produzione di acque oleose;

limitare la quantità di olio scaricabile in mare;

prevedere specifiche tipologie di navi cisterna per il trasporto degli idrocarburi

con indicazioni vincolanti in merito alle caratteristiche costruttive;

introdurre aree speciali dove si applicano misure più restrittive (Gran Barriera

Corallina in Australia, arcipelago delle Galapagos, arcip. delle Canarie, etc.).

Le regole da 4 a 8 stabiliscono i criteri di ispezione navale e le modalità di

rilascio del certificato MARPOL. Prevedono una visita iniziale, per verificare

che struttura, impianti, equipaggiamento etc. siano a norma, e una visita

intermedia ad intervalli non superiori ai 5 anni (periodo di durata del certificato).

La MARPOL non esclude la possibilità di lavare le cisterne con acqua, come

succede in seguito a una diversa destinazione d'uso della nave o per consentire

ispezioni, ecc. Anzi, a fine discarica e dopo il lavaggio con il COW, è prassi

frequente lavare le cisterne con acqua. In tal caso:

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a) sarà necessario un quantitativo di acqua minore e la stessa acqua sarà molto

meno sporca rispetto al passato;

b) l’acqua sporca di lavaggio può essere conservata a bordo in una "slop tank” e

consegnata al successivo terminale di arrivo che, per imposizione della

Convenzione, dovrebbe essere fornito di un adeguato serbatoio di raccolta.

La MARPOL prevede anche che si possa scaricare a mare un certo quantitativo

di acqua di lavaggio, ma sotto condizioni alquanto restrittive previste dalle regole 9 e 10 (controllo delle discariche di olio minerale). Queste regole stabiliscono

che le navi cisterna in navigazione non possono scaricare olio minerale nelle

zone SECA, mentre in tutte le altre non possono scaricare a distanza inferiore a

50 miglia dalla costa, non più di 30 litri per miglio e velocità inferiore ai 6 nodi,

senza dispositivo di segnalazione e di controllo del contenuto. I quantitativi

scaricabili dipendono dall’età della nave e quantità di olio trasportata.

Con il termine oli minerali si indicano dei fluidi che si trovano in natura, creatisi

in milioni di anni. Dal punto di vista chimico, gli oli minerali sono delle miscele

simili al petrolio ma, a differenza degli idrocarburi, solitamente non sono

combustibili e quindi vengono adoperati: come lubrificanti per il cambio; nel

raffreddamento (per l’alto livello di ebollizione e scarsa espansione termica) di

macchinari che producono molto calore (es. motori di grosse macchine);

nell'elettrotecnica per la loro nulla conducibilità elettrica; nel raffreddamento di

personal computer.

La regola 13 illustra i requisiti costruttivi delle petroliere varate dopo e prima del

luglio 1996. In particolare, in quelle varate dopo il 07/96 impone:

1. doppio scafo per navi di stazza aventi portata > 5000 DWT;

2. spazi a doppio fondo e cisterne laterali per le navi di piccola stazza;

3. prevede l’adeguamento per le petroliere consegnate prima del 07/1996.

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Inoltre propone di dotare le nuove petroliere, con portata > di 20.000 t, di:

- cisterne di zavorra segregata (SBT) per garantire la completa

separazione tra carico ed acque di zavorra anche per quanto riguarda

pompe e tubi di collegamento (riducendo la capacità di carico utile);

- dispositivo per la pulizia delle cisterne di tipo COW che durante le

operazioni di scarico, preleva parte del greggio, lo riscalda e lo getta

per mezzo di un ugello rotante, ad alta pressione, sulle pareti della

cisterna. In questo modo, l’elevato potere detergente del petrolio,

consente di asportare tutti i residui rimasti, garantendo una maggiore

pulizia e riducendo enormemente i residui sul fondo della cisterna e

quindi la quantità di petrolio scaricate in mare. Con il COW si abbatte la

possibilità di formazione di miscele acqua-olio derivanti dal lavaggio

delle cisterne secondo i metodi tradizionali per decantazione, riducendo la

quantità di sedimenti sul fondo della cisterna del 60/70%;

- il sistema IGS (impianto a gas inerte) abbinato alla COW. Consiste

nell’immissione di gas inerti, atti a sostituire l’atmosfera infiammabile

presente nelle cisterne, finalizzato ad aumentare la sicurezza durante le

operazioni di pulizia delle cisterne. L’ambiente stiva, oltre ad essere

generalmente saturo di gas infiammabili è anche carico elettricamente

quindi a rischio esplosione. I gas che vengono utilizzati sono prodotti

appositamente (N2) oppure ottenuti dai gas di scarico della nave una

volta raffreddati, lavati e desolforati. L’IGS (Inert Gas Sistem) è

obbligatorio utilizzarlo nelle operazioni di carico e scarico del greggio;

- cisterne ST (Slot Tank) adibite a contenere i residui oleosi derivati dalla

pulizia delle altre cisterne;

- cisterne PL consiste nella disposizione delle cisterne contenenti acqua di

mare (cisterne di zavorra) lungo la fiancata della nave in modo da

formare una sorta di doppio scafo per prevenire o limitare sversamenti

diretti di petrolio in mare in caso di incidenti.

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Alcuni emendamenti alla reg.13 avevano previsto, a loro tempo, la dismissione

scaglionata delle vecchie petroliere al massimo entro il 2017. Buona parte di

queste navi (preMARPOL) erano prive di doppio scafo, sistemi di zavorra

segregata e con pochi accorgimenti di sicurezza.

Controllo dello scarico di olio minerale applicabile a tutte le navi. Tutte le navi hanno a bordo idrocarburi: il bunker, il Diesel oil, il gasoil, l'olio

lubrificante; quindi tutte le navi hanno il problema dello smaltimento delle acque

oleose che si formano nelle sentine di macchina e delle morchie che si formano

per il trattamento del combustibile.

Per tale problematica la MARPOL impone quanto segue:

1) Le petroliere di qualsiasi Stazza Lorda (GT-SL) e le altre navi con SL ≥ 400t,

sia dentro che fuori delle aree speciali, possono scaricare miscele oleose

provenienti dalle sentine di macchina solo se il contenuto oleoso è < 15 ppm;

2) Il separatore che divide l'acqua delle succitate miscele dall'olio deve avere

un arresto automatico al superamento delle 15 ppm;

3) Le morchie che si producono per la depurazione del combustibile devono

essere raccolte in una cassa ("cassa morchie") e scaricate a terra;

4) Le petroliere con SL≥150 t e altre navi con SL≥400 t devono avere a bordo

sia il Piano di emergenza antinquinamento approvato dallo Stato di bandiera

(SOPEP) sia il Registro degli Idrocarburi.

SOPEP (Piano di prevenzione inquinamento da idrocarburi). Esso è previsto dalla regola 26 dell'annesso I della MARPOL per le navi cisterna

uguali o superiori a 150 tonnellate di stazza lorda e le altre navi non petroliere

superiori a 400 tsl. Il piano deve contenere quattro elementi fondamentali:

1) Procedure per la rapportazione di incidenti che producono inquinamento;

2) Un elenco di Autorità e altri Enti cui notificare gli eventi inquinanti;

3) La descrizione dettagliata delle azioni che l'equipaggio deve compiere per

ridurre o controllare lo sversamento del greggio; 4) Procedure di coordinamento fra la terra e il bordo.

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Contenuto del Registro degli Olii Il Registro degli idrocarburi fa parte dei libri di bordo e va conservato a bordo per

3 anni dalla data dell’ultima annotazione.

Sulle navi non petroliere (SL ≥ 400 t) si annotano nel Registro le operazioni che

si effettuano su:

acque di sentine di macchina, sul combustibile e le casse che lo contengono;

Imbarco del bunker e dell'olio lubrificante;

Zavorramento e pulizia dei depositi del combustibile;

Scarico dell'acqua di zavorra e pulizia dei suddetti depositi;

Eliminazione dei residui (morchie);

Scarico o conferimento a terra delle acque di sentina del locale macchina.

Sulle navi petroliere sopra le 150 TSL nel Registro, diviso in due, si annotano le

operazioni riguardanti il combustibile e le acque di sentina di sala macchine

(parte1) e le operazioni relative al carico e alla zavorra (p.2), come per esempio:

Caricazione, travaso durante il viaggio, discarica idrocarburi (petrolio);

Zavorramento delle cisterne del carico e delle cisterne CBT;

Pulizia delle cisterne del carico, lavaggio COW;

Scarico della zavorra (non si considera la zavorra delle SBT);

Scarico dell'acqua dalle slop tanks;

Chiusura delle valvole;

Eliminazione dei residui.

Ogni operazione completa, che viene indicata con una lettera, deve contenere la

posizione della nave, la data e l'ora e deve essere firmata dall'ufficiale

responsabile; ogni pagina del Registro deve essere firmata dal Comandante.

Quando si conferiscono a terra i residui oleosi di sentina, delle morchie e delle

acque di lavaggio delle casse del combustibile o delle cisterne, è necessario farsi

rilasciare una ricevuta o un certificato del rappresentante dell'impianto di

ricezione attestante la quantità dei residui, delle morchie, ecc., scaricati a terra,

nonché la data e l'ora; la ricevuta deve essere allegata al Registro.

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L’annesso 2 prevede la suddivisione delle sostanze nocive in categorie,

sulla base della loro pericolosità; definisce le caratteristiche costruttive delle

navi e la protezione delle cisterne di carico da incagli e collisioni; regolamenta il

trasporto alla rinfusa di merci pericolose e/o nocive trasportate in petroliere (navi

da trasporto di prodotti petroliferi), chimichiere (trasportano prodotti chimici liquidi

pericolosi alla rinfusa) e gasiere (trasportano alla rinfusa gas liquefatti) ed i loro

scarichi a terra e in mare.

La regola 3, per quanto concerne le navi cisterna inerenti sia l’annesso 1 che

l’annesso 2, classifica le sostanze pericolose trasportate alla rinfusa in 4

categorie (A, B, C, D). Alla prima appartengono le sostanze che se scaricate in

mare, per pulizia di cisterne o scarico della zavorra, determinano un grave rischio per le risorse marine, per la salute umana e/o alle attrattive dei luoghi e

pertanto necessitano di misure rigorose contro l’inquinamento. Alla seconda,

terza e quarta appartengono sostanze ottenute dalla pulizia di cisterne o acque

di zavorra, che se scaricate in mare causano danni via via minori alla salute,

all’ambiente ed alla attrazione dei luoghi.

La regola 5 pone divieti dello scarico in mare, per le diverse categorie di

sostanze, delle acque di zavorra e di lavaggio delle cisterne.

Ad esempio, vieta di scaricare sostanze di categoria B a meno che:

- la nave non stia procedendo ad una velocità minima di 7 nodi;

- i quantitativi di scarico siano stati approvati dallo stato di bandiera;

- la discarica avvenga al di sotto della linea di galleggiamento;

- la distanza non sia inferiore alle 12 miglia dalla costa;

- i fondali abbiano profondità minima di 25 metri.

Le unità mercantili devono essere munite di un “registro di carico” oltre che dei

registri ufficiali di bordo prescritti. Lo scopo è quello di registrare tutti gli

avvenimenti riguardanti, la caricazione e scaricazione, il travaso interno del

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L’annesso III

carico (per ragioni di stabilità), la pulizia e zavorramento delle cisterne, la

discarica della zavorra dalle cisterne, lo scarico dei residui in stazioni di

ricezione, la discarica in mare sia volontaria che accidentale. Le pagine del

registro devono essere firmate dal comandante che deve tener pronto in nave

per eventuali controlli, per un periodo di almeno 3 anni.

disciplina il trasporto delle merci pericolose trasportate in

colli, stivate in navi passeggeri, traghetti, etc.; introduce la classificazione dei

prodotti inquinanti; prevede l’etichettatura, l’adeguato imballaggio e l’obbligo di

notifica degli incidenti.

Nella regola 1 dell’annesso si specifica che il Governo di ciascuno Stato, “deve

emanare” dettagliate prescrizioni sull’imballaggio, marcatura, etichettatura,

documentazione, stivaggio, limitazioni dei quantitativi ed eccezioni.

Secondo le disposizioni dettate dalla Marpol 73/78, le merci pericolose si suddividono nelle seguenti classi:

√ Classe 1 – ESPLOSIVI; √ Classe 2 – GAS SOTTO PRESSIONE e GAS REFRIGERATI; √ Classe 3 – LIQUIDI INFIAMMABILI; √ Classe 4 – Solidi Infiammabili; √ Classe 5 – MATERIE COMBURENTI; √ Classe 6 – Materie Tossiche e Infettanti; √ Classe 7 – MATERIE RADIOATTIVE; √ Classe 8 – CORROSIVI; √ Classe 9 – SOSTANZE PERICOLOSE DIVERSE. Per ogni classe esiste un segnale di pericolo differente. Alcune classi vengono

suddivise in varie sottoclassi.

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L’appartenenza alle diverse classi viene definita dai 3 criteri di valutazione: - infiammabilità raggruppa tutte quelle sostanze capaci di entrare più o

meno facilmente in combustione e quindi di bruciare;

- instabilità, interessa tutte quelle sostanze capaci di sviluppare energia

spontaneamente o per reazione con altre sostanze stabili;

- nocività, riguarda tutte quelle merci che, introdotte o messe a contatto

con il corpo umano, producono gravi danni o infermità permanenti.

Le prescrizioni riguardano gli “imballaggi” (come devono essere stivati, rizzati e

manipolati a bordo) e le caratteristiche costruttive delle navi, al fine di essere

autorizzate al trasporto di merci pericolose in colli.

L'imballaggio è adibito a contenere e proteggere merci, oltre che consentire

la loro manipolazione. Esso deve: essere economico, rispettare un equilibrio tra

qualità e prezzo ed usare materiali riciclabili. Esistono tre tipologie di imballaggi: 1) imballaggio primario: è un'unità di vendita per l'utente finale cioè l’involucro

o contenitore del prodotto che riveste direttamente l'articolo per la vendita

come ad esempio una bottiglia, una lattina per bevande, una scatola di piselli;

2) imballaggio secondario: è il raggruppamento di un certo numero di unità di

vendita e serve soltanto a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto di

vendita. Alcuni esempi: una confezione contenente più bottiglie, un

confezionamento contenente 10 pacchetti di sigarette (stecca);

3) imballaggio terziario: è un imballaggio concepito in modo da facilitare la

manipolazione ed il trasporto di un certo numero di unità di vendita. Alcuni

esempi: un pallet di confezioni o di scatoloni, L'imballaggio terziario è

normalmente riservato all'utilizzo all'interno della catena di distribuzione .

Ogni nave che trasporta merci pericolose possiede una “speciale lista” o

“manifesto” ove siano dichiarate le sostanze imbarcate e la loro ubicazione a

bordo. E’ comunque prassi, redigere un piano di stivaggio ove viene specificata la

collocazione delle merci all’interno delle stive.

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La Regola 4 dell’annesso III prevede che ogni collo deve essere contrassegnato

in maniera indelebile, con la denominazione tecnica corretta (non si può

etichettare una vernice come fosse sale da cucina!!!) a cui può aggiungersi

eventualmente il nome commerciale.

Bisogna ricordare che il metodo di marcatura della denominazione tecnica, di

affissione delle etichette, dell’applicazione delle stampigliature sui colli, deve

essere tale che l’informazione risulti ancora comprensibile sui colli, superati almeno tre mesi d’immersione in mare.

Inoltre devono essere caricate, stivate e fissate in modo sicuro; ad esempio,

le merci in colli che sviluppano vapori pericolosi saranno stivate in locali a

ventilazione meccanica o sopra coperta invece che in stive chiuse.

L’armatore o raccomandatario marittimo, per imbarcare, deve avanzare

l’istanza almeno 24 ore prima all’effettuazione delle operazioni.

L’Autorità Marittima, mediante l’esame della documentazione, verifica gli

autoveicoli con merci pericolose ammesse al trasporto marittimo. In esito al

predetto esame, autorizzerà l’imbarco e concederà il nulla-osta allo sbarco.

Prima dell’imbarco il raccomandatario deve consegnare al Comandante della

nave una dichiarazione in duplice copia (una in lingua italiana, l’altra in lingua

inglese o in sostituzione nella lingua del Paese di destinazione) sottoscritta dal

richiedente l’imbarco e da un chimico iscritto all’albo professionale che attesterà il

controllo delle sostanze, certificando le caratteristiche chimiche e di pericolosità,

per la definizione della classe di appartenenza.

Il Codice Internazionale delle merci pericolose, redatto dall’IMO di Londra, è

strutturato in maniera schematica su supporto cartaceo e informatico, in

maniera tale che ogni merce o sostanza abbia un proprio codice identificativo al

quale corrispondono una serie di informazioni necessarie alla compilazione del

modulo apposito, messo a punto dall’IMO.

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Viene indicato ad esempio come la vernice deve essere stivata a bordo in

maniera tale che non venga eventualmente a contatto con altre sostanze,

interagendo con le quali, potrebbe dar vita a situazioni di pericolo. E’ una vera e

propria guida tecnico–operativa utile per gli utenti interessati al trasporto di

sostanze pericolose, al loro imbarco e sbarco, ma anche agli addetti al controllo

di verificare che tali operazioni siano state fatte e si svolgano in regola.

Qualora si dovesse verificare un incedente che comporti la perdita o la probabilità

di perdita in mare di merci pericolose in colli, le norme stabiliscono che il

Comandante debba fare rapporto particolareggiato, senza ritardo ed in maniera

quanto più estesa possibile, al più vicino Stato costiero.

Annesso IV. Inquinamento da liquami scaricati in mare dalle navi (sea Wage).

Si intendono per liquami grigi tutti i residui di lavaggio ambientale, corporale e di

biancheria contenenti detersivi, detergenti etc.; per liquami neri gli scarichi sanitari

provenienti da W.C., orinatoi, dispensari, ambulatori, spazi destinati al trasporto di

animali vivi. Tutti gli scienziati sono concordi nel riconoscere al mare la capacità

di riciclare completamente i liquami sia grigi che neri.

Lo scarico in mare di rifiuti fognari non trattati può creare però problemi di salute

in generale, mentre nelle zone costiere può bloccare l’ossigenazione del mare con

gravi conseguenze per gli ecosistemi oltreché costituire un ulteriore danno

economico dovuto alla minore gradevolezza delle zone con vocazione turistica.

Pertanto l’annesso dispone che le navi siano dotate di un piano di trattamento

per i residui fognari (1) oppure di un sistema di trasformazione e disinfezione (2)

e di cisterne adibite per il deposito (3).

Infatti esso prevede l’installazione di un impianto di trattamento dei liquami ed

individua la distanza minima da terra per la discarica a mare degli effluenti a

seconda dell’impianto installato. La discarica in mare però non può avvenire per

via diretta ma previo stoccaggio in particolari casse di raccolta chiamate bonze.

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La regola 8 dice che lo scarico in mare di acque usate è consentito solo quando:

- la nave scarica liquami triturati e disinfettati ad una distanza > 4 Nm dalla costa;

- la nave scarica liquami non sminuzzati e non disinfettati (cibo, carta e rifiuti

simili) a più di 12 Nm dalla costa, sotto la linea di galleggiamento.

In ogni caso i liquami, raccolti in un’apposita cisterna, non devono essere

scaricati tutti in una volta ma con un rateo moderato e mentre la nave è in

rotta ad almeno 4 nodi di velocità.

Il rateo di discarica deve essere approvato dall’Amministrazione (organo addetto

ai controlli della protezione dell’ambiente marino) in accordo con gli standard

internazionali. La nave deve essere dotata di un efficiente impianto di trattamento dei liquami ed in possesso del Certificato Internazionale di

Prevenzione dall’Inquinamento da acque reflue. Inoltre l’effluente non deve

lasciare tracce visibili nella scia della nave. Quando i liquami sono mescolati con

rifiuti o acqua reflua aventi prescrizioni di discarica differenti, devono essere

applicate le prescrizioni più severe.

L’annesso V. Inquinamento da rifiuti solidi scaricati in mare dalle navi.

Si intendono per rifiuti solidi ogni tipo di avanzi di cibo e rifiuti domestici generati

durante la normale gestione della nave, e dei quali occorre liberarsi in maniera

continuativa o saltuaria. L'inquinamento da rifiuti solidi è disciplinato dall'annesso

V della MARPOL (obbligatorio per ogni nave di stazza lorda superiore a 400

tonnellate o con più di 15 persone a bordo) che prevede per detti rifiuti aree

speciali già menzionate. Nelle aree speciali è, in ogni caso, consentita la

discarica di residui di cibo alla distanza di almeno 12 miglia dalla costa o di 3 se

sminuzzati e macinati. Prevede in sintesi, il divieto di discarica in mare di

materiali plastici; indica la distanza minima da terra da rispettare per la discarica

di altri rifiuti a seconda del tipo e del trattamento subito; prevede misure più

restrittive per le aree speciali.

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La discarica dei rifiuti deve essere effettuata secondo la tabella sotto indicata:

I rifiuti solidi possono essere letali per la vita marina. Il maggior pericolo

proviene dalla plastica che può galleggiare per anni. I pesci ed i mammiferi

marini possono, in alcuni casi, confondere la plastica con il cibo. Per questo

è prevista la totale proibizione dello scarico della plastica e severe restrizioni

per lo scarico in mare degli altri rifiuti solidi sia nelle zone costiere che nelle Aree

Speciali. Inoltre è fatto obbligo agli Stati di attrezzare i porti con strutture per la

ricezione dei rifiuti solidi.

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- Registro dei rifiuti solidi. La data, la posizione della nave, la descrizione dei

rifiuti e la quantità stimata di materiale incenerito o sbarcato deve essere

riportata nel registro. Inoltre devono essere approntati gli avvisi per i

passeggeri e l’equipaggio sulle disposizioni relative ai rifiuti.

L’annesso ammette la discarica di pacchi e cavi vegetali galleggianti a distanze

> di 25 Nm; a distanze superiore a 12 Nm per cibo, carta, bicchieri e rifiuti simili;

mentre è sempre vietata la discarica di materiali sintetici (cavi, buste, reti, etc.)

- Un piano per il trattamento dei rifiuti deve prevedere procedure scritte

per la raccolta, la conservazione, il trattamento e lo spostamento dei rifiuti e

l’uso delle attrezzature di bordo.

Nel 1997 sono state stabilite le specifiche per gli Inceneritori di bordo.

L’annesso VI sostanzialmente prevede: l’installazione di motori e di inceneritori

a bassa emissione di inquinanti; l’utilizzo di combustibili a basso contenuto di

zolfo; il divieto di incenerire certi prodotti (PVC, PCB, etc.); il recupero di

composti organici volatili e i l divieto di utilizzare gas dannosi per l’ozono. In

particolare, per quanto riguarda le emissioni inquinanti nell'atmosfera, sono in

vigore i seguenti regolamenti:

· il regolamento 14: norme relative alle emissioni di SOx (ossidi di zolfo);

· il regolamento 13: si riferisce alle emissioni di NOx (ossidi di azoto).

Il regolamento 14 SOx (ossidi di zolfo) stabilisce che il tenore di zolfo (S)

contenuto nel combustibile utilizzato dalla nave non deve superare la

percentuale in massa del 3,5 % (dal 2020 il contenuto scende allo 0,5%),

mentre nelle Aree SECA non deve superare lo 0,1%, oppure, se il carburante

utilizzato produce gas che superano tali valori, si dovrà installare un sistema di

lavaggio dei gas combusti o applicato altro metodo che riduca le emissioni di SOx

a livelli equivalenti o inferiori a quelli sopra riportati.

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Per ottemperare ai limiti di zolfo previsti dalla normativa IMO, gli armatori

sono di fatto costretti a scegliere tra 3 differenti possibilità:

1. cambiare il prodotto petrolifero attualmente utilizzato da quasi tutte le navi

HFO (higher sulphur fuel), a favore del gasolio marino - MGO che costa il

50% in più rispetto a quello attualmente in uso;

2. installare i desolforatori di fumo ( SCRUBBERS) che pur utilizzando

combustibile HFO con tasso sulfureo superiore, il “lavaggio” dei fumi, riduce

le emissioni. Tale opzione comporta modifiche molto costose sulle navi;

3. utilizzare il GNL (gas naturale liquefatto). Nonostante questo sia il

carburante più appropriato, il suo utilizzo comporterebbe un cambiamento

radicale del “fuel system” navale (sistema di stoccaggio a bordo delle navi,

approvvigionamento nei porti, etc.).

Gli ossidi di zolfo presenti in atmosfera sono l'anidride solforosa e l'anidride

solforica, composti indicati con il termine comune SOx.

L'anidride solforosa (SO2) o biossido di zolfo è un gas incolore, irritante, non

infiammabile, molto solubile in acqua e dall'odore pungente. Dato che è più

pesante dell'aria tende a stratificarsi nelle zone più basse.

Rappresenta l'inquinante atmosferico per eccellenza essendo il più diffuso,

uno dei più aggressivi e pericolosi e di gran lunga quello più studiato.

Deriva dalla ossidazione dello zolfo nel corso dei processi di combustione

delle sostanze che contengono questo elemento sia come impurezza (come i

combustibili fossili) che come costituente fondamentale.

Dall'ossidazione dell'anidride solforosa si origina l'anidride solforica (SO3) o

triossido di zolfo che reagendo con l'acqua, sia liquida che allo stato di vapore,

origina rapidamente l'acido solforico, responsabile in gran parte del fenomeno

delle piogge acide S2+O

2

CALORESO2+O

2 SO3+H2O H2SO4Acido solforico.

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Effetti nell’uomo, per l'elevata solubilità in acqua il biossido di zolfo viene

facilmente assorbito dalle mucose del naso e del tratto superiore dell'apparato

respiratorio. L'alta reattività lo rende irritante. Il biossido di zolfo causa patologie

all'apparato respiratorio come bronchiti e asma oltre che irritazioni di pelle,

occhi e mucose. L'azione principale dei danni all'ambiente consiste

nell'acidificazione delle precipitazioni e di conseguenza dei mari.

Gli effetti corrosivi dell'acido solforico si riscontrano su materiali da costruzione,

metalli e vernici. L'acido solforico trasforma i carbonati insolubili dei monumenti

e delle opere d'arte in solfati solubili che vengono dilavati per azione della

pioggia. Nel mare l'acido solforico trasforma i carbonati insolubili delle conchiglie

dei molluschi, delle barriere coralline, corrodendole e compromettendo lo

sviluppo e la crescita di questi ed altri organismi. Il biossido di zolfo provoca

prima un rallentamento nella crescita delle piante, poi ne provoca la morte

alterandone la fisiologia.

Il regolamento 13 NOx. Pur essendo presenti in atmosfera diverse specie di

ossidi di azoto, per l'inquinamento dell'aria si fa riferimento al termine NOx che

indica la somma del monossido (NO) e del biossido di azoto (NO2).

L'ossido di azoto (NO) è un gas incolore, insapore ed inodore. Prodotto nei

processi di combustione ad alta temperatura, viene poi ossidato in atmosfera

dall'ossigeno e trasformato in biossido di azoto. La tossicità è limitata, mentre

quella del biossido risulta elevata.

Il biossido di azoto (NO2) è un gas tossico di colore giallo-rosso, dall'odore

forte e pungente e con grande potere irritante e altamente corrosivo. Il colore

rossastro dei fumi è dato dalla presenza della forma NO2. Il ben noto colore

giallognolo delle foschie che ricoprono le città ad elevato traffico è dovuto per

l'appunto al biossido di azoto. Rappresenta un inquinante secondario dato

che deriva, per lo più, dall'ossidazione in atmosfera del monossido di azoto. Si

stima che gli ossidi di azoto contribuiscano per il 30% alla formazione delle piogge

acide (il restante è imputabile al biossido di zolfo e ad altri inquinanti).

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Come detto, la principale fonte antropogenica di ossido di azoto è data dalle

combustioni ad alta temperatura, come quelle che avvengono nei motori degli

autoveicoli: l'elevata temperatura che si origina durante lo scoppio provoca la

reazione fra l'azoto dell'aria e l'ossigeno formando monossido di azoto.

La quantità prodotta è tanto più elevata quanto maggiore è la temperatura di

combustione e quanto più veloce è il successivo raffreddamento dei gas

prodotti. Quando i fumi vengono mescolati con aria allo scarico si forma biossido

di azoto per ossidazione del monossido. In generale i motori diesel emettono

più ossidi di azoto e particolati (fumo) mentre quelli a benzina emettono più

ossido di carbonio e idrocarburi.

Effetti. L'azione sull'uomo dell'ossido di azoto è relativamente blanda; inoltre, a

causa della rapida ossidazione a biossido di azoto, si fa spesso riferimento

esclusivo solo al biossido di azoto; gas irritante, può causare alterazioni delle

funzioni polmonari, bronchiti croniche, asma ed enfisema polmonare. Gli effetti

del biossido di azoto si manifestano generalmente parecchie ore dopo

l'esposizione, così che spesso le persone normalmente non si rendono conto che

il loro malessere è dovuto all'aria inquinata che hanno respirato.

Sull’ambiente marino il meccanismo principale di aggressione comunque è

costituito dall'acidificazione del mare; gli inquinanti acidi causano un

indebolimento delle conchiglie dei molluschi, dei coralli e degli scheletri della

fauna ittica per la perdita, in particolare, di ioni calcio e magnesio.

SISTEMI DI ABATTIMENTO (SOx) e altre emissioni inquinanti. Tutti i combustibili fossili contengono zolfo. Nelle raffinerie, il greggio viene

separato in distillati e residui. I combustibili marini sono generalmente costituiti

da miscele di residui.

Desolforazione dei distillati: Lo zolfo che resta nei distillati può essere ridotto

fino a livelli molto bassi. Lo zolfo estratto può essere utilizzato come fertilizzante,

per la pulizia di superfici e produzione di gomma vulcanizzata.

Desolforazione dei residui: La desolforazione dei residui è più complessa e

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difficilmente viene realizzata. I residui sono infatti costituiti da lunghe catene

molecolari con lo zolfo profondamente intrappolato. La rimozione dello zolfo

richiede molta energia per rompere tali molecole. Il risultato di tale processo è

rappresentato da prodotti a molecola più semplice, adatti per miscelazione

con combustibili di basso pregio.

Un processo alternativo e più economico è il "coking" per il quale distillati più

pregiati vengono estratti dai residui lasciando una polvere di carbone, che

può essere riutilizzata per la produzione della grafite o come additivo per il

carbone in impianti dotati di sistemi per la desolforazione dei gas di scarico.

I combustibili marini, sottoposti a desolforazione, diventano prodotti più costosi

perché richiedono una elevata quantità di energia per la loro realizzazione. I

benefici prodotti potrebbero giustificare questi costi, ma soltanto se non esiste

alcuna alternativa più economica.

Additivazione dei combustibili: prima di parlare di additivi nel combustibile per

la riduzione degli SOx, è utile puntualizzare:

1) gli additivi non rimuovono lo zolfo ma lo convertono in forme meno nocive;

2) la forma cambiata è più facile da catturare rispetto agli SOx gassosi;

3) l'utilizzo di additivi è efficace solo se associato a sistemi di cattura.

Gli additivi per il combustibile comportano benefici, ma non possono rimuovere

lo zolfo dal combustibile. Durante il processo di combustione si possono

formare solfati come, ad esempio, il solfato di calcio (gesso).

Il gesso non essendo acido è meno nocivo degli SOx ma il suo impatto, quando

viene emesso, non è ben noto. I solfati sono adatti a trattamenti di post-

combustione attraverso cui è possibile rimuoverli più facilmente rispetto agli SOx.

Desolforazione dei gas di scarico. I gas di scarico, prima di essere immessi

nell'atmosfera, vanno miscelati con un composto contenente calcio in modo

che gli SOx siano convertiti in solfato di calcio (gesso). Il gesso estratto, viene

mandato in discarica o utilizzato per fabbricare cartongesso o cemento.

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Una vasta gamma di tecnologie per l'abbattimento degli SOx sono impiegate da

anni negli impianti terrestri di produzione dell'energia elettrica dal carbone

(combustibile notoriamente ricco di zolfo). Gli impianti di desolforazione dei gas

di scarico a bordo derivano quindi inevitabilmente dalla tecnologia terrestre,

sicuramente più matura. La tecnologia più utilizzata oggi nel campo delle caldaie

è costituita dal Wet scrubbing. I sistemi "Wet" sono in grado di fornire efficienze

di rimozione dell'SO2 molto elevate (90-98%) per un intervallo abbastanza ampio

del tenore di zolfo nel combustibile. In questi anni tale tecnologia ha riscontrato

aumento dell'efficienza e riduzione dei consumi energetici. Tuttavia la vera

complessità sorge nei sistemi per convertire i fanghi umidi residui in prodotti

inerti da mandare a discarica. Per questo motivo, negli impianti terrestri, si è

affermata sempre di più la tecnica del "Dry Scrubbing".

Per ciò che riguarda le emissioni di NOx, allo stato attuale, la progettazione dei

motori rappresenta il principale approccio per ridurre tali emissioni.

Altre strategie di riduzione delle emissioni: Elettricità in porto.

Rappresenta una valida alternativa all'utilizzo dei motori ausiliari: quando una

nave è ormeggiata in porto, infatti, spegne i motori di propulsione e utilizza gli

ausiliari per garantire una serie di servizi (refrigerazione, illuminazione,

funzionamento pompe etc).

Gli ausiliari, alimentati con combustibile HFO o MGO, producono grosse quantità

di inquinanti. La soluzione di collegare quindi le navi in porto ad una rete

elettrica terrestre, consentirebbe di non utilizzare tali motori. Questa soluzione

comporta la necessità di investire in modifiche da realizzare nei porti e a bordo

delle navi. Sono molti i porti che utilizzano questa soluzione con tempi

brevissimi per il passaggio da un sistema di alimentazione all'altro.

I costi risultano essere da 2 a 4 volte maggiori ma le emissioni inquinanti

prodotte, risultano da 15 a 75 volte inferiori per le navi che sfruttano l'elettricità

di terra: il valore è variabile in funzione del combustibile utilizzato (HFO o MGO).