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1 Consenso Informato alla sterilizzazione chirurgica nell’uomo e nella donna [Informed consent for male and female surgical sterilization] Minerva Medicolegale 2004 Giugno;124(2):63-70 LUIGI MASTROROBERTO 1 , FEDERICA MELA 1 , GIANLUIGI PILU 2 , GIANFRANCO TUCCI 1 , DOMENICO VASAPOLLO 1 1 Scuola di Specializzazione in Medicina Legale, Università degli Studi di Bologna 2 Clinica Ostetrica Ginecologica, Policlinico S. Orsola, Bologna Indirizzo per la richiesta di estratti: Dr. L. Mastroroberto, Via delle lame 29, 40122 Bologna. E -mail [email protected]

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Consenso Informato alla sterilizzazione chirurgica nell’uomo e

nella donna

[Informed consent for male and female surgical sterilization]

Minerva Medicolegale 2004 Giugno;124(2):63-70

LUIGI MASTROROBERTO1, FEDERICA MELA1, GIANLUIGI PILU2,

GIANFRANCO TUCCI1, DOMENICO VASAPOLLO1

1Scuola di Specializzazione in Medicina Legale, Università degli Studi di

Bologna

2Clinica Ostetrica Ginecologica, Policlinico S. Orsola, Bologna

Indirizzo per la richiesta di estratti:

Dr. L. Mastroroberto, Via delle lame 29, 40122 Bologna. E -mail [email protected]

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Riassunto

Gli Autori, dopo avere descritto le più comuni tecniche di sterilizzazione nella

donna e nell’uomo, evidenziano l’efficacia, gli effetti a lungo termine e le

complicanze delle diverse metodiche. Considerando poi quali devono essere gli

elementi che caratterizzano una corretta informazione a queste procedure

chirurgiche, hanno elaborato un modulo di consenso alla sterilizzazione

chirurgica diverso nella donna e nell’uomo, segnalando, tuttavia,

l’indispensabilità di un colloquio preliminare fra il medico e il paziente.

The authors, after having treated most common sterilization technicies in

women and men, show the efficacy, the long term effects and the complications

of different technics. After considering the elements concerning the correct and

complete patient’s information for male and female surgical sterilization, they

realize a consensus’ schedule, different for men and women, showing

furthermore necessity of a preliminary meeting between the doctor and the

patient.

Parole chiave: sterilizzazione, complicanze, informazione, consenso,

responsabilità professionale.

Key words: sterilization, adverse effects, information, consensus, malpractice.

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Si stima che la sterilizzazione chirurgica, una delle metodiche

contraccettive più utilizzate nel mondo, sia stata adottata da circa 190 milioni di

coppie; infatti, negli Stati Uniti sono eseguite annualmente circa 700 000

procedure di sterilizzazione femminile e 500 000 di quella maschile(1-3). Dopo

un acceso dibattito giuridico-dottrinale sugli aspetti connessi alla liceità di tali

trattamenti(4-9), nel nostro Paese si è fatto strada l’orientamento che porta a

ritenere legittima la richiesta (da parte del paziente) e l’attuazione (da parte del

medico) di una siffatta metodica di contraccezione.

Su questa problematica ha preso specifica posizione la Federazione degli

Ordini dei Medici(10) che nel ribadire l’orientamento della Giurisprudenza ha

lasciato, tuttavia, trapelare qualche perplessità, sottolineando che la liceità

deriva dalla piena consapevolezza del paziente, dovendo cioè esserci, alla base

del trattamento stesso, un chiaro e specifico consenso informato e consapevole.

Volendo predisporre un consenso giuridicamente valido a tale tipo di

trattamento medico che ha evidentemente connotazioni peculiari e che almeno

in parte lo differenzia da altri tipi di prestazioni sanitarie mediche o

chirurgiche, occorre anzitutto premettere alcuni dati tecnici, la cui conoscenza è

indispensabile per dare la più completa informazione al paziente. E poiché, in

linea di massima, le problematiche giuridiche e medico-legali restano le stesse a

seconda che la sterilizzazione venga eseguita su uomo o donna, mentre diversi

sono gli elementi che caratterizzano le rispettive tecniche di esecuzione, si

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procederà di seguito nella trattazione delle varie metodiche, illustrando

dapprima quelle attuabili nella donna, poi quelle sull’uomo.

Tecniche di sterilizzazione nella donna (sterilizzazione tubarica)

La sterilizzazione tubarica consiste sostanzialmente nel creare un blocco

meccanico o nell’interrompere le tube di Falloppio così da impedire la

fecondazione dell’uovo. Delle circa 700 000 sterilizzazioni tubariche eseguite

attualmente negli Stati Uniti ogni anno, la metà sono effettuate nell’immediato

post-partum e la restante metà ambulatorialmente in donne non gravide(6).

Dal 1880 ad oggi sono state descritte in letteratura diverse tecniche. Una

delle prime, descritta da Pomeroy nel 1930 e che prevedeva la legatura della

porzione centrale delle tube con materiale riassorbibile formando un loop che

poi veniva escisso, è ancora oggi (ancorché ne esistano alcune varianti tecniche,

cosiddetta Parkland, Uchida) la procedura di sterilizzazione chirurgica più

utilizzata nell’immediato periodo post-partum. Si presenta infatti semplice

sotto il profilo tecnico in quanto il fondo uterino giunge a livello dell’ombelico,

cosicché le tube sono facilmente accessibili attraverso una piccola incisione

addominale periombelicale (cosiddetta minilaparotomia periombelicale). La

sterilizzazione tubarica per via laparotomica può essere attuata anche nel corso

di un intervento di taglio cesareo (cosiddetta tecnica di Irving).

La maggior parte degli interventi di legatura tubarica al di fuori della

gravidanza vengono tuttavia oggi fatti per via laparoscopica(16-17).

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Utilizzando questa via di accesso mini-invasiva le tube possono essere

elettrocoagulate o occluse meccanicamente. La elettrocoagulazione, seguita o

meno dall’asportazione di un segmento di tuba, può essere praticata con il

metodo unipolare o bipolare. L'elettrocoagulazione unipolare è comunemente

ritenuta più efficace rispetto a quella bipolare, in quanto causa una lesione di

maggiore entità dell’ovidotto (la maggiore percentuale di successo si ottiene

quando almeno 3 cm di tuba vengono distrutti); tuttavia essa è associata a

complicazioni rare, ma potenzialmente severe, come le lesioni intestinali da

insulto termico (che possono realizzarsi sia per contatto diretto tra l’intestino e

la porzione di tuba che viene coagulata, sia per contatto accidentale

dell’intestino da parte del forcipe o del trocar), tant’è che attualmente negli

Stati Uniti si ricorre maggiormente alla tecnica bipolare. Quest’ultima è infatti

più sicura in quanto a differenza della precedente (in cui l’intero corpo del

paziente è parte del circuito elettrico), la distruzione tissutale rimane confinata

nell’area tra, e immediatamente adiacente, i paddle bipolari, essendo questi i

confini del circuito così determinatosi.

A causa dell’estensivo danno causato alle tube da queste tecniche (che le rende

sì, come si è detto, più efficaci, ma che, allo stesso tempo, fa sì che siano più

difficilmente reversibili qualora la paziente cambi la sua decisione), sono stati

sviluppati altri metodi che prevedono invece l’occlusione meccanica delle tube

utilizzando dispositivi di varia natura, come anelli di diverso materiale plastico

o clip metalliche (Falope ring, Hulka-Clemens ring, Filshie clip) il cui

inserimento richiede, comunque, specifica competenza(11-16).

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Tutte le metodiche sopra descritte (laparoscopia con elettrocoagulazione

o occlusione meccanica delle salpingi, laparotomia con legatura e asportazione

di un tratto di salpinge) sono considerate efficaci e ugualmente accettabili e, in

generale, il tasso di fallimento (gravidanza indesiderata) è inferiore all'1% (il

fallimento durante il 1° anno è stimato nello 0,1-0,8%, di cui 1/3 sono

gravidanze ectopiche)(11). L'unico ampio studio comparativo disponibile (studio

CREST che ha coinvolto 10 685 pazienti dal 1978 al 1986, con follow up fino al

1994)(12) indica tuttavia che il rischio di gravidanza persiste per alcuni anni

dopo la sterilizzazione e che varia a seconda della procedura chirurgica

utilizzata e della età della paziente al momento della sterilizzazione.

Tale studio ha infatti evidenziato che la probabilità di una gravidanza nell'arco

di 10 anni dalla sterilizzazione è più alta per l'occlusione laparoscopica con

dispositivi meccanici (associata, tuttavia, a un minore danno alla tuba e a una

più alta probabilità di reversibilità) e per la elettrocoagulazione bipolare (36,5

gravidanze per 1 000 procedure) rispetto alla elettrocoagulazione unipolare e

alla salpingectomia parziale post-partum per via laparotomica (7,5 gravidanze

per 1 000 procedure)(12). Lo studio CREST valuta una percentuale di fallimento

per tutti i metodi considerati insieme pari a 18.5 per 1 000 procedure in 10

anni.

Il rischio di gravidanza varierebbe poi a seconda dell’età della paziente

al momento dell’intervento, con il rischio più alto per le pazienti di giovane età

sterilizzate con il metodo di elettrocoagulazione bipolare (54.3 casi per 1 000

procedure).

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Nell'ambito delle tecniche laparotomiche sono state poi segnalate

significative differenze d’efficacia in rapporto alla sede della legatura, massima

per il tratto istmico della salpinge, minima per quello infundibolare (in 3 anni,

rispettivamente, 3,4 e 30 gravidanze per 1 000 interventi)(13).

E’ utile precisare che la sterilizzazione tubarica non previene buona parte delle

gravidanze extrauterine, che nessuna procedura è totalmente efficace e che è

ammesso che una gravidanza possa avvenire indipendentemente da un errore

tecnico dell'operatore.

In quest’ultima eventualità le cause di fallimento possono consistere o in un

mancato riconoscimento dell’ovidotto a causa di una sua scarsa visualizzazione

dovuta a un’esposizione inadeguata della struttura, aderenze o una patologia

annessiale, per cui può essere legato al suo posto il legamento ovale,

infundibolare, rotondo (per questo motivo viene raccomandato prima di tutto

di identificare le terminazioni fimbriate delle tube e quindi di trazionarle

medialmente verso la regione istmica). Un altro errore può essere

rappresentato da un’incompleta occlusione dell’ovidotto secondaria a un errato

posizionamento dell’anello o della clip, ovvero dall’utilizzo del dispositivo

meccanico su tube edematose o dilatate, o ancora, dalla applicazione di

corrente per un tempo troppo breve in caso di elettrocoagulazione. Infine, il

fallimento può essere secondario a una sutura eseguita in modo scorretto o

nella mancata preservazione dei 2 cm prossimali della tuba (14).

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Le complicanze delle procedure di sterilizzazione tubarica sono nel

complesso rare. La elettrocoagulazione unipolare può provocare, come

ricordato, lesioni intestinali. La mortalità globale viene stimata intorno a 1-2

casi per 100 000 procedure(15-17), mentre la causa più frequente di morte è

rappresentata dalle complicazioni dell’anestesia generale e, in misura

decisamente minore, da sepsi ed emorragie.

Gli effetti a lungo termine sono invece controversi. E' stato segnalato che

la sterilizzazione tubarica aumenti il rischio di disturbi del ciclo mestruale, ma

non esiste una chiara evidenza in questo senso. Diversi studi suggeriscono

invece che la sterilizzazione diminuisce il rischio di cancro ovarico e di malattia

infiammatoria pelvica(11,18,19).

I ricercatori continuano a valutare la possibilità di nuove tecniche

chirurgiche di sterilizzazione tubarica. Nel novembre 2002 la Food and Drug

Administration (FDA) ha approvato un nuovo metodo consistente nella

occlusione delle tube per via isteroscopica. Tale procedura viene attuata

mediante l’incannulazione delle tube con mini-cateteri inseriti attraverso gli

osti tubarici uterini e l’inserimento di dispositivi in materiale plastico o in

nichel/titanio che si espandono a livello della giunzione utero-tubarica(20).

Durante le 12 settimane che seguono il loro posizionamento si ha la formazione

di tessuto reattivo che viene così a occludere completamente l’ostio tubarico.

Un’isterosalpinografia viene effettuata a distanza di 3 mesi dalla procedura per

verificare l’avvenuta occlusione degli ovidotti e il regolare posizionamento dei

micro-dispositivi.

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I benefici di questa nuova tecnica sono rappresentati dall’assenza di incisioni e

quindi di cicatrici e dal fatto che non vi è necessità di penetrare in cavità

peritoneale, né di eseguire un’anestesia generale, dal momento che la

procedura può essere eseguita in anestesia locale.

Possibili svantaggi sono invece rappresentati dal costo dei dispositivi e

dall’acquisizione di una specifica abilità tecnica da parte dell’operatore, dalla

irreversibilità, dal rischio di perforazione (stimato dall’1.1% al 2.9%), nonché, al

momento, dalla mancanza di dati a lungo termine (i trial fino ad ora

disponibili, ancorché con risultati eccellenti, coprono infatti un arco di soli 3

anni di follow-up). Un altro metodo in studio consiste nella instillazione negli

osti tubarici, sempre via isteroscopica, di agenti sclerosanti quali la chinacrina e

il metilcianoacrilato (MCA), ma si tratta di metodiche ancora in fase

sperimentale(20).

Tecniche di sterilizzazione nell’uomo (vasectomia)

La vasectomia bilaterale può essere effettuata sostanzialmente attraverso

3 tecniche chirurgiche(21), che differiscono tra loro nelle modalità di isolamento

del dotto deferente, essendo comuni le metodiche relative alla sua sezione e

alla manipolazione chirurgica dei margini dei 2 monconi del dotto stesso.

Esse sono:

1) la closed-ended vasectomy;

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2) l’open-ended vasectomy;

3) la no-scalpel vasectomy

La 1° tecnica consiste nell’incisione della cute scrotale seguita dalla sezione del

deferente e dalla legatura di entrambi i capi del dotto. Dal momento che la

chiusura di ambedue i monconi può danneggiare l’epididimo e il testicolo (a

causa della interruzione del flusso spermatico in occasione dell’emissione del

seme, queste strutture vengono sottoposte a un incremento della pressione al

loro interno con frequente comparsa di congestione dell’epididimo e/o

formazione di granulomi spermatici) attualmente si preferisce legare solo il

moncone distale, lasciando aperto quello testicolare (cosiddetta tecnica open-

ended), il che comporta una minore incidenza delle 2 complicanze sopra citate.

La 3° procedura è stata messa a punto e utilizzata in Cina a partire dal 1974. In

pratica, si utilizza un’apposita pinza forgiata ad anello con la quale dall’esterno

si circonda e si assicura fermamente il vaso senza penetrare nella cute. Quindi,

con un emostato curvo si punge e si dilata la cute scrotale, nonché la guaina del

dotto che viene estratto, ripulito e occluso mediante la tecnica che il chirurgo

preferisce. Il vaso controlaterale viene estratto attraverso la stessa apertura che

misura circa 2 mm, è invisibile e non richiede punti di sutura. Tale metodo di

esposizione del deferente richiede un tempo operatorio estremamente breve (5-

11 minuti, a seconda dell’esperienza e dell’abilità dell’operatore) ed è associato

ad un numero inferiore di complicanze (dolore, bruciore, edema, infezioni)

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rispetto alla tecnica tradizionale “incisionale”, attribuibile alla dissezione

minima e alla ridotta manipolazione tissutale richiesta per esporre ed isolare il

vaso.

Per quanto riguarda il trattamento operativo delle due estremità sezionate del

deferente, si è visto che la loro legatura senza l’aiuto di clips chirurgiche può

portare a necrosi e distacco di materiale necrotico, evenienza questa che può

causare un fallimento precoce dell’intervento. Molti autori raccomandano

inoltre di rimuovere al massimo 15 mm del dotto, anche se si è visto che la

sezione del vaso senza la sua successiva rimozione è ugualmente efficace se

viene associata ad altre tecniche che prevedono la distruzione mediante

cauterizzazione della mucosa in corrispondenza delle estremità sezionate del

dotto seguita dalla interposizione della guaina fasciale del vaso a mo’ di

barriera (metodica anche questa associata ad un basso rischio di complicanze

post-operatorie). L’obiettivo principale è di ridurre al minimo il traumatismo

chirurgico a carico sia del deferente, sia dei tessuti limitrofi al fine di ridurre le

complicanze e di rendere possibile la reversibilità microchirurgica.

L’efficacia delle due tecniche, incisionale e “no scalpel”, è

sostanzialmente identica, raggiungendo entrambe buoni risultati. Il successo

dell’intervento è indicato dalla comparsa di azoospermia in almeno due analisi

del seme che vengono effettuate a determinati intervalli di tempo dopo

l’intervento. Attraverso questi test eseguiti su campioni di liquido seminale

viene valutata la quantità e la motilità degli spermatozoi presenti. Si è visto che

il tempo medio per ottenere l’azoospermia è di circa 6 mesi, mentre spermi

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non più mobili vengono rilevati a partire da 12 settimane dopo la vasectomia. Il

paziente, come vedremo meglio in seguito, prima di sottoporsi alla vasectomia

deve essere informato sul fatto che l’infertilità viene raggiunta a distanza di

alcuni mesi dall’intervento e che, oltre ad adottare metodi anticoncezionali

alternativi per tale periodo, deve eseguire le analisi del seme richieste nel

follow up post-operatorio. Il fallimento della vasectomia può essere dovuto

sostanzialmente a una non corretta identificazione del deferente, alla sua

ricanalizzazione o alla presenza di un vaso accessorio. Le complicanze(21-25) si

verificano in circa il 10,6% dei casi e sono rappresentate principalmente da :

- 4,6%: infezioni minori;

- 0,16%: infezioni importanti;

- 1,9%: epididimite;

- 1,3%: granuloma spermatico;

- 0,33%: emorragie minori;

- 0,08%: ricanalizzazione.(14)

Un importante effetto collaterale è costituito dal dolore testicolare cronico post-

vasectomia (CPTP). Infatti, da alcune casistiche risulta che dal 18,7%al 27,2%

dei pazienti lamenta dolore testicolare (che costituisce quindi la complicanza

più frequente dell’intervento) e, mentre nell’88% di questi il dolore non è

elevato e regredisce in fretta, nel 19%, invece, la sintomatologia persiste per più

di 3 mesi. In questi casi, qualora il dolore non dovesse rispondere alla terapia

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farmacologica, alcuni Autori propongono un intervento di denervazione del

cordone spermatico, altri la ricanalizzazione chirurgica. Un’altra complicanza

consiste nella formazione di un granuloma spermatico, secondaria al fatto che

la spermatogenesi continua anche dopo la vasectomia, il deferente e

l’epididimo possono distendersi e gli spermatozoi stravasare, andando a

formare granulomi (che occorrono con una certa frequenza) localizzati in

corrispondenza dei siti di anastomosi chirurgica; di solito però sono

asintomatici e solo nel 3-5% causano dolore. Anche la distensione

dell’epididimo è frequente e può portare alla formazione di granulomi al suo

interno. La maggior parte degli episodi di dolore dovuti ad epididimiti o

granuloma (o anche alla formazione di una cisti dell'epididimo) si risolvono

con trattamento conservativo e in meno dell’1% dei casi è richiesta l’escissione

dell’epididimo e del dotto deferente ostruito. Le procedure mini-invasive,

come la tecnica no-scalpel hanno una percentuale di complicazioni

estremamente bassa; inoltre, la maggior parte degli Autori non ha trovato una

correlazione tra vasectomia e carcinoma della prostata, non essendovi evidenza

del fatto che tale intervento si associ a un rischio maggiore di contrarre tale

forma tumorale(23-25).

Circa il 6% dei soggetti che si sottopongono volontariamente alla

sterilizzazione chirurgica richiedono a distanza variabile di tempo di effettuare

un intervento di ricanalizzazione nonostante il suo alto costo e la percentuale

relativamente bassa di successo (vasectomy reversal). Proprio perché in circa

1/3 dei casi tale intervento fallisce, molti Autori raccomandano, soprattutto se

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si tratta di coppie giovani, la crioconservazione degli spermi prelevati prima

della vasectomia per poi poter, eventualmente, usufruire di tecniche di

fecondazione assistita quali l’inseminazione intrauterina(24-25). La percentuale di

reversibilità della vasectomia viene valutata in base a 2 fattori: la presenza di

sperma nell’eiaculato e la percentuale di gravidanze nella partner. I fattori

prognostici più importanti nel successo del reintervento sono rappresentati da:

tempo intercorso tra i 2 interventi;

età del paziente;

fattori immunologici.

Dal punto di vista della tecnica chirurgica, la ricanalizzazione dei dotti

deferenti viene effettuata attraverso una vasostomia che può essere eseguita

con tecnica macro o micro-chirurgica: entrambe sembrano ottenere risultati

analoghi (anche se la letteratura non riporta dati univoci al riguardo,

affermando alcuni Autori che le procedure microchirurgiche presentano una

quota superiore di successi)(22-23). Mentre la percentuale di ricanalizzazione è

elevata (intorno all’80-95%), il recupero della fertilità è soltanto del 50-70%

(secondo altre casistiche varia tra il 48% e l'87%). Questa difformità di dati è

dovuta ai 3 fattori sopra elencati: se la vasectomia è stata effettuata più di 10

anni prima la prognosi è significativamente peggiore; si può inoltre verificare

un raro fenomeno immunologico caratterizzato dalla formazione di anticorpi

anti-sperma che riduce considerevolmente la fertilità. Infine, se il paziente al

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momento del reintervento ha più di 50 anni, la fertilità è ridotta in misura

significativa, così come del resto a questa età si riduce fisiologicamente la

spermatogenesi. Il tempo intercorso fra i 2 interventi sembra comunque essere

il fattore prognostico più importante. Il completo fallimento di tale tecnica è

generalmente dovuto ad un’ostruzione misconosciuta dell’epididimo; inoltre,

un insuccesso dopo l'evidenza di una riapertura iniziale suggerisce la comparsa

di una complicanza a livello dell’anastomosi. In questi casi è possibile ripetere

l’intervento di vasovasostomia, ma le percentuali di ricanalizzazione dei

deferenti e di gravidanza sono ancora inferiori.

Consenso Informato

L'american College of Obstetrics and Gyencology(11) suggerisce che

l’informazione da dare alle pazienti che intendono sottoporsi a un intervento di

sterilizzazione tubarica dovrebbero comprendere i seguenti elementi:

- illustrazione dei metodi contraccettivi alternativi, inclusa la

sterilizzazione maschile;

- valutazione delle ragioni che stanno alla base della richiesta della

paziente;

- illustrazione dei dettagli tecnici della procedura, inclusa l'anestesia, con

analisi dei rischi e benefici;

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- informazione sulla natura permanente della procedura, e sulle eventuali

metodiche di correzione;

- possibilità di fallimento, incluso il problema delle eventuali gravidanze

extrauterine;

- necessità d’utilizzare sistemi di protezione contro malattie sessualmente

trasmesse.

Questi suggerimenti, che tengono conto di quasi tutte le principali

problematiche etiche, deontologiche e giuridiche che caratterizzano il consenso

a un trattamento sanitario e in particolare quello che attiene le procedure di

sterilizzazione, sono già sufficientemente indicativi di come dovrebbe essere

predisposto un modulo d’informativa o, quanto meno, una falsariga su cui

impostarlo. Di seguito, dunque, sulla base dei dati e delle indicazioni sopra

espresse, viene proposto uno schema di consenso per le tecniche chirurgiche di

sterilizzazione (sia femminile, sia maschile) che evidentemente andrà adattato

di volta in volta al tipo di tecnica utilizzata(Figura 1,2) . E’ però indispensabile aver

ben presente che la sola compilazione del modulo, per quanto esso sia

esaurientemente formulato, non può ritenersi esaustivo di una compiuta

informazione e dell’acquisizione di un consenso davvero consapevole se la sua

sottoscrizione non è preceduta da un colloquio fra il medico ed il paziente,

presupposto indispensabile a che si instauri un rapporto di reciproca fiducia e

si riducano significativamente i rischi di una rivendicazione da parte del

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paziente nei confronti del medico in caso d’insuccesso dell’intervento o del

realizzarsi di sue complicanze.

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Figura 1. - MODULO DI CONSENSO ALLA STERILIZZAZIONE

CHIRURGICA NELLA DONNA

Io sottoscritta ..., alla presenza da me voluta del mio partner (da indicare solo se

vi è l’assenso della dichiarante) ..., dichiaro di essere pienamente cosciente della

mia decisione di sottopormi volontariamente ad un trattamento chirurgico di

sterilizzazione, nonostante sia stata informata degli altri possibili metodi

contraccettivi non chirurgici oggi disponibili (pillola anticoncezionale,

dispositivi intrauterini, uso del preservativo da parte del partner, ecc.).

Dichiaro altresì di essere stata esaurientemente informata in data … dal dr. ...

delle modalità con cui mi verrà praticata la sterilizzazione, nonché dei limiti e

dei rischi che la stessa metodica prospetta secondo la letteratura internazionale

e secondo l’esperienza del centro dove sarò operata.

In particolare:

dichiaro di essere stata informata:

che la sterilizzazione mi verrà praticata mediante (indicare se con laparoscopia

o laparotomia) ... e con la specifica tecnica della (indicare quale) ...;

che tale metodica prevede un’anestesia (indicare il tipo) ...;

che la tecnica ha un’elevata efficacia contraccettiva, superiore al 99%, ma che

non può dare la garanzia assoluta del risultato e, soprattutto, non previene

le gravidanze extrauterine;

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che l’intervento è praticato con l’obiettivo di determinare una sterilizzazione

permanente; tuttavia, rispetto all’eventualità che in futuro decidessi di

cambiare idea sottoponendomi a un nuovo intervento per recuperare la

fertilità, sono stata informata delle ridotte probabilità di successo di questo

nuovo trattamento e consapevolmente acconsento alla tecnica indicatami,

essendo stata resa edotta che essa, rispetto ad altre, ha un’efficacia (indicare

se maggiore o minore) nel determinare la sterilizzazione inversamente

proporzionale alle probabilità di ripristinare eventualmente in futuro la mia

fertilità;

che le complicazioni della sterilizzazione tubarica sono nel complesso rare;

esse sono legate in maggior numero all’anestesia generale e in misura molto

minore a infezioni, emorragie o (ma solo nel caso di elettrocoagulazione unipolare

delle salpingi) a lesioni intestinali. La mortalità globale (estremamente rara)

viene stimata intorno a 1-2 casi per 100 000 procedure; circa gli effetti a

lungo termine sono stati segnalati rari casi di aumento di disturbi del ciclo

mestruale, mentre diversi studi suggeriscono che la sterilizzazione

diminuisce il rischio di cancro ovarico e di malattia infiammatoria pelvica;

che l’intervento di sterilizzazione non mi mette al riparo da malattie

sessualmente trasmesse, prevenibili solo con l’uso del preservativo.

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Figura 2. - MODULO DI CONSENSO ALLA STERILIZZAZIONE

CHIRURGICA NELL’UOMO

Io sottoscritto..., alla presenza da me voluta della mia partner (da indicare solo se

vi è l’assenso del dichiarante) ..., dichiaro di essere pienamente cosciente della mia

decisione di sottopormi volontariamente a un trattamento chirurgico di

sterilizzazione, nonostante sia stato informato degli altri possibili metodi

contraccettivi non chirurgici oggi disponibili (uso del preservativo, metodi

contraccettivi utilizzati dalla partner).

Dichiaro altresì di essere stato esaurientemente informato in data … dal dr. ...

delle modalità con cui mi verrà praticata la sterilizzazione, nonchè dei limiti e

dei rischi che la stessa metodica prospetta secondo la letteratura internazionale

e secondo l’esperienza del centro dove sarò operato.

In particolare:

dichiaro di essere stato informato:

che la sterilizzazione mi verrà praticata mediante la specifica tecnica (indicare

quale)...;

che tale metodica prevede un’anestesia (specificare il tipo) ...;

che la tecnica ha un’elevata efficacia nel determinare la sterilizzazione, ma

che non può dare la garanzia assoluta del risultato; dichiaro soprattutto di

essere stato informato che l’infertilità determinata dall’intervento viene

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raggiunta solo a distanza di alcuni mesi dal trattamento stesso e che, oltre ad

adottare metodi anticoncezionali alternativi per tale periodo, è necessario

eseguire le analisi del seme più volte dopo l’intervento per avere conferma

della raggiunta condizione d’infertilità;

che l’intervento è praticato con l’obiettivo di determinare una sterilizzazione

permanente; tuttavia, rispetto all’eventualità che in futuro decidessi di

cambiare idea sottoponendomi ad un trattamento per recuperare la fertilità,

sono consapevole delle ridotte probabilità che questo nuovo intervento

abbia successo; in relazione a ciò, sono stato informato sulla possibilità di

effettuare la crioconservazione del mio seme prima dell’intervento;

che l’intervento presenta frequentemente un effetto collaterale rappresentato

da dolore al testicolo, che in genere è di entità contenuta e regredisce

spontaneamente in breve tempo. In taluni casi però può persistere anche per

alcuni mesi e raramente rendere necessario un nuovo intervento;

che le altre complicazioni della vasectomia sono nel complesso relativamente

rare, realizzandosi in circa il 10% degli interventi, e sono rappresentate per

lo più da infiammazioni o infezioni locali o emorragie di modesta entità, tali

da non modificare il normale decorso clinico; che complicanze di maggior

rilievo (quali ad esempio infezioni importanti, granuloma spermatico,

epididimite, ricanalizzazione della vasectomia) si verificano in circa il 2% dei

casi e talora possono rendere necessario un nuovo intervento;

che il trattamento di sterilizzazione non mi mette al riparo da malattie

sessualmente trasmesse, prevenibili solo con l’uso del preservativo.

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