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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN CONSERVAZIONE ED EVOLUZIONE TESI DI LAUREA La geomatica nella cooperazione internazionale: le aree potenzialmente inondabili nella Provincia di Herat RELATORE INTERNO: PROF. GIOVANNI BOSCHIAN RELATORE ESTERNO: DOTT. GIULIANO RAMAT CANDIDATA: SIMONA LIPPI ANNO ACCADEMICO 2014-2015

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN CONSERVAZIONE ED EVOLUZIONE

TESI DI LAUREA

La geomatica nella cooperazione internazionale: le aree potenzialmente

inondabili nella Provincia di Herat

RELATORE INTERNO: PROF. GIOVANNI BOSCHIAN RELATORE ESTERNO: DOTT. GIULIANO RAMAT

CANDIDATA: SIMONA LIPPI

ANNO ACCADEMICO 2014-2015

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...per millenni ogni uomo aveva contato solo il proprio territorio, ma la misura della circonferenza

terrestre segnerà per gli uomini l'uscita dal villaggio; e ogni uomo, al di là dell'attaccamento alla sua

terra, diverrà abitante della Terra...

Eratostene ( 275-193 a. C) matematico-astronomo- geografo-poeta greco

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INDICE

PREMESSA

INTRODUZIONE

La Geomatica per la Cooperazione Internazionale. La Gestione delle calamità naturali.

CAPITOLO 1. AREA DI STUDIO

1.1 Inquadramento generale 1.2 Il clima nella provincia di Herat

1.3 Le cause delle alluvioni nell'area di studio

1.4 Hari Rud

CAPITOLO 2. MATERIALI

2.1 Telerilevamento per il monitoraggio del territorio

2.2 Digital elevation model

2.3 I questionari

CAPITOLO 3. METODI

3.1 Sistemi informativi territoriali

3.2 Cenni di telerilevamento

3.3 Carte dell'acclività e dell'esposizione 3.4 Estrazione della rete idrografica 3.5 Estrazione del NDVI

3.6 Classi litologiche

CAPITOLO 4. - ELABORAZIONI: CARTA DELLE AREE POTENZIALMENTE ALLUVIONABILI

4.1 Parametri che influenzano i fenomeni alluvionali 4.2 Suddivisione in classi

4.3 Mappe morfologiche

4.4 Elaborazione dei parametri in ambiente GIS

4.5 Carta della suscettibilità alluvionale

CAPITOLO 5. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

BIBLIOGRAFIA

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PREMESSA

Questo lavoro di tesi si colloca all’interno del progetto di “supporto per

azioni di risposta, mitigazione e prevenzione ai disastri naturali nella provincia

di Herat (Afghanistan)” gestito dall’organizzazione umanitaria Intersos con cui l’associazione GISmap collabora per la realizzazione di analisi spaziali e

multitemporali.

Intersos, insieme al partner locale ANDMA (Afghanistan National Disaster

Management Authority), ha portato avanti una campagna di censimento in più di 1000 villaggi nei distretti della Provincia di Herat, raccogliendo informazioni

sulle catastrofi naturali che affliggono questa provincia.

Il progetto presentato in questa tesi vuole fornire una prima analisi delle

aree potenzialmente inondabili nella provincia di Herat al fine di predisporre una documentazione utile alla Protezione civile Afghana nei progetti di

prevenzione e soccorso nei villaggi che ricadono in suddette aree. La difficoltà di una tale analisi proviene dalla scarsità dei dati per questa provincia e

dall'impenetrabilità dei luoghi. É stato quindi necessario trovare una

metodologia che non si avvalesse di dati di campo ma utilizzasse solo

informazioni telerilevate analizzate in ambiente GIS.

Grazie a questa tecnologia e alla reperibilità di dati telerilevati dai quali derivare altre informazioni importanti come la distribuzione della vegetazione o

la piovosità media mensile, è stato possibile creare una carta delle aree

potenzialmente alluvionabili senza dover ricorrere a dati che non potevano esser

ottenuti in modo tradizionale data la sensibilità della zona

La tesi è strutturata come segue:

Nel primo capitolo viene presentato un inquadramento della regione basato sui dati conosciuti e finalizzato all’individuazione di elementi utili alle procedure di

analisi. Con il secondo capitolo, invece, si sono voluti trattare i materiali

richiamando i concetti fondamentali del Telerilevamento e dell'importanza dei

dati da esso ottenuti.

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Nel terzo capitolo sono illustrate le procedure di analisi seguite per raggiungere

gli obiettivi prefissati cercando di illustrare passo dopo passo le varie

metodologie impiegate.

Nel quarto capitolo invece, si definiscono le metodologie di classificazione

impiegate per l’estrazione di informazioni tematiche per la mappatura delle aree

potenzialmente alluvionate

Il quinto capitolo è dedicato alla restituzione cartografica dei risultati ottenuti.

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INTRODUZIONE

Il termine Geomatica individua un ambito multidisciplinare di applicazione

dell'informatica alle scienze della Terra. Applicare gli strumenti e i metodi

della Geomatica significa integrare con originalità e concretezza i sistemi di

posizionamento, Remote Sensing (Telerilevamento), Geographic Information System (GIS), modelli di simulazione e Decision Support System.

L'applicazione di tecniche geomatiche nella Cooperazione internazionale

presenta numerosi casi e approcci differenti. I paesi emergenti sono spesso

caratterizzati dalla scarsità di dati relativi al territorio e l'acquisizione di

informazioni con una componente spaziale assume pertanto un valore

intrinseco contribuendo a migliorare e diffondere la conoscenza di tale

territorio.

Inoltre, i paesi in via di sviluppo sono più vulnerabili di fronte alle calamità naturali e meno organizzati per affrontarne le conseguenze. Le NGO

(organizzazioni non governative), le istituzioni di soccorso e gli enti

impegnati nella cooperazione trovano quindi nella Geomatica un valido

strumento di supporto all'interno di progetti di prevenzione, monitoraggio e

soccorso.

Il telerilevamento, uno degli strumenti della Geomatica, è tra le tecnologie

maggiormente applicate al monitoraggio ed alla ricerca in campo ambientale.

di osservare grandi superfici e territori remoti, di ef-

di investigare

nelle diverse bande dello spettro elettromagnetico, il telerilevamento permet-

te di indagare sui fenomeni non direttamente accessibili all’esperienza umana

e sulla situazioni in atto, difficilmente identificabili in altro modo. I vantaggi

di superficie osser-

vata, rendono il telerilevamento particolarmente attraente. Soprattutto in luo-

ghi remoti e afflitti da guerre l'utilizzo di questi dati sembra essere di grande rilievo anche per la gestione e l'intervento in casi di calamità naturali.

Il dati forniti dal telerilevamento sono uno strumento imprescindibile per la

pianificazione territoriale in paesi in via di sviluppo (Imhoff et.al 1987)

Il GIS gioca un ruolo fondamentale nella gestione delle catastrofi sia per la

loro natura multidimensionale sia per la componente spaziale fondamentale.

(Coppock 1995). Il principale vantaggio nell'utilizzo dei GIS per la gestione

dei Natural Hazards e in particolare per i fenomeni alluvionali, è che riesce a

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generare sia una visualizzazione della catastrofe sia a creare analisi di early

warning (intensità con la quale l’evento giungerà ad un determinato sito)

(Hausman 98)

In specifico, le alluvioni sono tra i disastri naturali quelli che hanno un mag-

gior forte impatto socio economico e ambientale, incluse la perdita di vite

umane, la distruzione delle infrastrutture e dell'ambiente naturale (Bangira 2013).

Immagine multispettrale dal sensore MODIS del satellite EOS-Terra. L'immagine in alto mostra l'alluvione lungo il fiume Hari-

rud nella provincia di Herat. L'immagine in basso è stata invece rilevata qualche giorno prima che iniziassero le intense piogge

e mostra l'estensione del fiume nelle sue condizioni normali

Lo scopo del progetto consiste nella messa a punto di una procedura che at-

traverso l'utilizzo dei dati telerilevati e la creazione di una cartografia geo-

morfologica partendo dai Digital Elevation Model (disponibili come openda-

ta) permetta, in ambiente GIS, di definire aree potenzialmente alluvionabili.

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La metodologia si basa sull' utilizzo esclusivo di immagini satellitari, data

l'impenetrabilità dei luoghi indagati. Le immagini utilizzate sono principal-

mente Aster Dem a 30 metri e immagini Landsat a media risoluzione. L'ana-

lisi morfologica permette di identificare le aree potenzialmente alluvionabili,

riconoscendo le forme caratteristiche dell'ambiente fluviale sia a scala di ba-

cino sia sui singoli corsi d'acqua interessati. L'elaborazione dei dati in am-biente GIS permette in primo luogo di identificare le aree a bassa pendenza

con reticolo idrografico sviluppato e, in seconda analisi, di delimitare le aree

suscettibili a eventi alluvionali che verranno infine confrontate con i risultati

dei questionari ottenuti durante i censimenti di Intersos.

La capacità dei GIS di elaborare grandi volumi di dati rende questi strumenti

particolarmente adatti agli studi geomorfologici. Attraverso modelli sviluppa-ti con algoritmi di calcolo sempre più raffinati, è possibile impiegare queste

tecnologie per descrivere quantitativamente le diverse componenti del pae-

saggio.

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CAPITOLO 1 - AREA DI STUDIO

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1.1 Inquadramento generale

La Provincia di Herat, ’A h occidentale, con circa 61.301 km2 di

estensione territoriale, confina a ovest con ’I a nord con il Turkmenistan

e la provincia afghana di Badghis, a est con la provincia di Ghor e a

h

di Herat (Fig.1.1).

Fig. 1.1. Provincia di Herat e suoi distretti.

relativamente pianeggiante con altitudine media di 900 m

s.l.m., con ambiente

’ h attraversata da est a ovest dal fiume Hari Rud

(Fig.1.2.), che scorre lungo la pianura alluvionale in cui vive buona parte del-

in oasi, dove la presenza di acqua consente di prati-

care ’ principalmente a livelli di sussistenza. Le zone collinari e

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montuose circostanti presentano una composizione geologica diversa con

gneiss e graniti intervallati a rocce sedimentarie cenozoiche.

Fig. 1.2. Carta topografica in scala 1:200.000 Sovietica del 1977. Scaricata dal sito del USGS

Il territorio considerato nel presente studio copre un area di 280 km² ed è ca-

ratterizzata dalla presenza del terzo fiume più importante dell'Afghanistan: lo

Hari Rud.

E' stata scelta questa area per le potenziali implicazioni socio-economiche de-

rivanti da fenomeni alluvionali. Sono infatti zone con un forte sviluppo an-

tropico legato alla fertilità del territorio.

L'area presenta una marcata differenza tra la zona centrale antropizzata, con

quote e pendenze relativamente modeste e la zona nord orientale con quote

che arrivano fino a 3000 metri e brusche pendenze (Fig 1.3.).

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Fig 1.3 Immagine tratta da Google map Hybird della zona in esame

I villaggi , che sono concentrati lungo il fiume, hanno una media di circa 200

famiglie. La popolazione totale è di circa 200.000 abitanti. Un sistema di go-

verno socialmente strutturato gerarchicamente si applica nella maggior parte

dei villaggi , in cui la comunità è gestita dall'elite influente degli anziani, at-

traverso un Consiglio tradizionali (Shura) guidato da un Arbob. I livelli di

povertà sono elevati come indicato dal tasso di mortalità infantile del 25% .

Molte persone stanziali sono senza terra e lavorano come mezzadri per signo-

ri o praticano la pastorizia.

1.2. Il Clima della Provincia di Herat

Definire il clima in un paese come l'Afghanistan non è stato sempre facile a

causa di una scarsa o frammentaria documentazione. Fortunatamente De Bie

(2007 ) è riuscito ad interpolare dati climatici su media mensile, ricorrendo a

dati storici dal 1950 al 2000, per compilare una mappa ad alta risoluzione del

clima per il mondo, tra cui l'Afghanistan.

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Grazie a questo studio, l'Afghanistan è stato suddiviso in queste aree climati-

che: arido, subtropicale umido e mediterraneo (Fig.1.5).

Stando alla nuova classificazione, Herat ha un clima semi - arido freddo

(classificazione climatica di Köppen: BSk ) .

Fig 1.4 Classificazione di Koppen per l'Afghanistan (www.herat.climatemps.com)

Le precipitazioni sono scarse e concentrate soprattutto nei mesi invernali

quando possono raggiungere anche 60 mm in pochi giorni, mentre nel seme-

stre estivo sono praticamente assenti (Fig. 1.4).

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La Fig 1.5 Temperature e precipitazioni medie mensili della provincia di Herat. Informazione tratta dal

sito ufficiale http://www.herat.climatemps.com

Le precipitazioni medie annue di Herat sono di 310 mm. Le temperature me-

die mensili variano da un massimo di quasi 30 °C nei mesi da giugno ad ago-

sto, con minimi di quasi 0 °C nei mesi da dicembre a febbraio.

A causa dei cambiamenti di temperatura e piovosità durante il corso dell' an-

no, la maggior parte dei fiumi ha massima portata in primavera e nelle prime

settimane estive, mentre i minimi si registrano a ridosso dell’autunno e du-

rante l’inverno. La portata minima dei fiumi spesso coincide con periodi di

estrema siccità, mentre tra i mesi di febbraio e luglio spesso avvengono vio-

lente esondazioni con conseguenze disastrose per i campi coltivati, il bestia-

me e soprattutto la popolazione.

Per quanto riguarda la vegetazione, in Afghanistan, oltre ad essere influenza-

ta dal clima semiarido e dall'altitudine è stata per decenni gravemente condi-

zionata dalle opere di disboscamento attuate in tutto il paese a partire dagli

anni '70.

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La maggior parte delle aree attraversate dal fiume Hari Rud e dei suoi af-

fluenti nelle zone pianeggianti sono state arate, spianate e riadattate a scopi

agricoli mentre gran parte della superficie montana è rivestita di una sottile

copertura alluvionale con scarsa vegetazione.

La vegetazione del paese è stata studiata dal botanico tedesco Helmund Frai-

tag nel 1971 che ha diviso l'Afghanistan in diverse ecoregioni. La Provincia

di Herat è suddivisa nella regione denominata “ Central Afghanistan Persian

Basin” con prevalenza di arbusti del genere Chenopodium che tollera piovo-

sità medie annue minori di 150 mm e dalla regione “Central Afghanistan

mountains and Xeric woodland” con preponderanza della specie Pistacia ve-

ra L. e Juniperus excelsa M.Bieb distribuite tra i 1500 e i 1800 m s.l.m.

1.3 Cause delle alluvioni nell'area di studio

Quando si parla di disastro naturale ci si riferisce a una situazione o evento

che supera la capacità locale di assorbimento e risposta e che necessita quindi

di un intervento di risposta a livello nazionale o internazionale: un evento

imprevisto e improvviso che provoca enormi danni, distruzione e vittime. I

disastri si verificano per diverse ragioni, ma sono quattro i fattori principali

che stanno contribuendo alla crescita dei rischi: i cambiamenti climatici, la

crescita urbana, la povertà e il degrado ambientale (report INTERSOS, aprile

2010).

Le piene improvvise montano e decrescono rapidamente con poco preavviso.

Sono di solito causate da piogge intense, o dall' improvviso scoppio di una

diga, da una frana, dal rapido scioglimento della neve e spesso dalla scarsa

manutenzione delle opere idrauliche artificiali.

In Afghanistan le piene improvvise si verificano soprattutto a causa di forti

piogge in combinazione con un rapido scioglimento della neve, per lo più du-

rante i mesi primaverili.

La mancanza di vegetazione e il denudamento delle zone di montagna ampli-

ficano cause ed effetti delle inondazioni. Negli ultimi anni sono aumentate la

frequenza e l'intensità delle inondazioni che hanno investito numerose pro-

vince dell'Afghanistan (report INTERSOS, aprile 2010).

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’A h figura tra i paesi che corrono significativi rischi di perdite u-

mane ed economiche a causa dei disastri naturali. La strutturazione di un si-

naturali, improvvise come le inondazioni o gradua-

li come la siccità.

Grazie anche alla spinta della comunità internazionale è stato costituito

’ANDMA (Afghanistan National Disaster Management Authority), struttura

di coordinamento del NDMC (National Disaster Management Committee)

h

di gestione delle calami-

nel Paese. 1

Le piogge che si verificano nel periodo primaverile nella zona di Herat pos-

pres h

esse possono essere molto intense. ’ delle piogge degli ultimi an-

forte attenzione sul

rischio alluvionale che colpisce la maggior parte dei distretti di tale provincia.

Nella primavera 2010, per esempio, allagamenti e frane, dovuti anche all' ab-

battimento delle foreste, hanno colpito migliaia di Afghani nelle province di

Ghor, Herat, Baghlan e Kunduz. A seguito di questi eventi si sono succedute

epidemie, mentre ’ molto rigido ha intensificato ’ alimen-

tare ’ Afghanistan. Si sono anche verificate, come ciclicamente ac-

cade, numerose valanghe che hanno causato centinaia di morti tra la popola-

zione che vive nei villaggi di montagna. Tali situazioni di emergenza hanno

una loro ciclicità in quanto i fenomeni naturali che le causano hanno ovvia-

mente un carattere stagionale e il paese non si è ancora dotato di adeguati

strumenti e reti di prevenzione, né tantomeno di quelli di soccorso tempestivo

quando questi eventi naturali assumono carattere di disastro. Tra le conse-

gravi ci sono la perdita di vite umane, il danno alle strutture abita-

tive, la perdita improvvisa dei mezzi di sussistenza/generazione di reddito

(scambi commerc agricole, bestiame, infra-

1 Iniziativa d'emergenza in favore delle popolazioni vulnerabili della provincia di Herat. Ministro degli affari e-

steri direzione generale per la cooperazione allo sviluppo. Italia, marzo 2013

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strutture sanitarie, ecc.), gli spostamenti forzati della popolazione ’

e/o ’ del Paese.

Fig. 1.6 Immagini di villaggi alluvionati nel distretto di Injil. Foto tratte dal sito della NGO Intersos

In questo contesto, l'individuazione di aree potenzialmente inondabili è im-

portante sia per valutare la pericolosità che il rischio e per pianificare inter-

venti di prevenzione e soccorso immediato.

1.4. Hari Rud

Lo Hari Rud, fiume lungo 1100 km, nasce nelle montagne Koh-I-Baba e

scorre verso ovest, seguendo il confine con l'Iran e poi tra l'Iran e il Turkme-

nistan prima di perdersi nel deserto Karakum in Turkmenistan

Ha un bacino idrografico di circa 40 000 km², che comprende la città di He-

rat, intorno a cui storicamente vi è una pianura famosa per la sua fertilità.

Il fiume durante la maggior parte dell'anno è povero d' acqua e scorre in un

ampio letto a canali anastomosati (Fig.1.7) mentre nei mesi invernali aumenta

cospicuamente la sua portata. Questa stagionalità di fiumi e torrenti rende le

zone circostanti altamente vulnerabili alle inondazioni e alle frane.

Lo scioglimento nivale è un importante contributo per l' afflusso: data la na-

tura allungata del bacino, con altezze che vanno dai 900 m ai 4000 m, lo

scioglimento delle nevi è progressivo all'interno del bacino . Pertanto le por-

tate massime dell' Hari Rud si sviluppano su un periodo di circa due mesi

(marzo - aprile).

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Fig 1.7 Hari Rud. Distretto di Injil. Immagine catturata da Google Hybird

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CAPITOLO 2 - MATERIALI

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2.1 Telerilevamento per il monitoraggio del territorio

Le immagini acquisite dai satelliti sono importanti per il monitoraggio e lo

studio dell' ambiente. Sui satelliti sono montati sensori che registrano la ra-

diazione elettromagnetica riemessa dai corpi sulla terra suddivisa in un certo

numero di componenti spettrali, che possono essere combinate per produrre

immagine ottiche o digitali .

Il programma LANDSAT consiste in una serie di missioni satellitari per

’ della Terra, portato avanti congiuntamente dalla NASA e

’US S (US Geological Survey). La serie di satelliti LANDSAT ha segna-

to la storia del telerilevamento, soprattutto nel campo del monitoraggio della

superficie terrestre: i dati LANDSAT sono utilizzati, ormai da oltre 40 anni,

al fine di studiare ’

I ANDSA

operativo dal 2013. Attualmen-

te sono in orbita, quasi polare eliosincrona, i satelliti 5 e 8.

Parallelamente, il satellite Terra della Nasa, fa parte del programma EOS (E-

arth Observing System): un sistema integrato di satelliti in orbita polare per

’ della superficie della terra, della biosfera, dell'atmosfera e de-

gli oceani.

I

h

importanti sono:

• ASTER (Advanced Spaceborne Thermal Emission and Reflection

Radiometer);

• MODIS (MODerate resolution Imaging Spectroradiometer);

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2.2 Digital Elevation Model

Un Modello Digitale dell'Elevazione, anche noto come DEM, dall'inglese

Digital Elevation Model la rappresentazione della distribuzione delle quote

di una certa superficie, in formato digitale. I modelli digitali della superficie

terrestre stanno acquisendo sempre maggiore importanza nei processi di ela-

borazione e analisi dei dati geografici in ambiente GIS: consentono infatti di

modellizzare, analizzare e visualizzare i fenomeni legati alla morfologia del

territorio o a qualsiasi altra sua caratteristica rappresentabile in modo comple-

to o incompleto, ma pur sempre tridimensionale.

Il DEM consiste in una matrice di numeri, ciascuno dei quali esprime la quo-

ta media delle celle in cui il territorio è stato diviso. La particolarità del mo-

D M con cui le matrici possono essere manipolate

in ambiente GIS e il fatto che ogni cella abbia delle coordinate geografiche.

I DEM sono attualmente uno strumento fondamentale ed irrinunciabile nello

studio dei processi “ ” che interessano il paesaggio fi-

di effettuare analisi sia qualitative che quantitative della topografi-

a, della morfologia del territorio, nonché il modelling di processi geomorfo-

logici e idrologici, che ivi si svolgono.

il “Terrain modeling” ’ D M divenuto negli ultimi

anni parte integrante di discipline quali idrologia, geologia, tettonica, ocea-

nografia, climatologia e geomorfologia.

I sistemi informativi geografici (GIS), inoltre, hanno permesso ’

della analisi geomorfologica quantitativa con set di dati non prettamente to-

pografici (Pike

di realizzazione di modelli digitali del terreno da dati teleri-

levati (LIDAR, SRTM) o immagini satellitari (Aster, iKonos, Alos, etc).

Queste tecnologie oltre a garantire la D M

h ’

h

con la quale le immagini vengono acquisite.

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2.3 I questionari

Secondo ’I di Sviluppo Umano del 2012, ’A h si classifica al-

la 175° posizione su 187 nazioni, attestandosi ultimo tra i paesi ’A me-

ridionale. Su un totale di 30 milioni ’ circa il 42% della popolazione

vive in c (di cui ’ % si concentra nelle zone rurali).

ciclicamente mi-

ed alluvioni. Inoltre, il mancato accesso ’ potabile

e ai servizi igienici (solo il 56.7% delle famiglie afghane ha accesso a fonti di

acqua potabile e il 28.5% ai servizi igienici) associato alla mancanza di nor-

me basiche di igiene, comporta un alto tass , soprat-

vulnerabili della popolazione (su 1.000 neonati, 51

muoiono prima dei 5 anni a causa di malattie diarroiche).

IN S S presente ed operativa in Afghanistan dal mese di ottobre 2001

quando ha avviato i primi interventi di emergenza a seguito del conflitto. Fi-

IN S S stata operativa in 17 province ma, a

partire dal 2008, in seguito al deterioramento delle condizioni di sicurezza in

vaste aree del paese, ha ridotto grad

’ presente in

Afghanistan con una sede di coordinamento a Kabul e due sedi operative nel-

N IN S S impegnata in pro-

locali, inclusi i membri dei comitati

provinciali e distrettuali, in particolare nel settore ’ dei rischi e del-

rispetto ai disastri naturali.

Il progetto focalizzato nella prevenzione dei disastri naturali ha avuto inizio

nel 2013 con un censimento della popolazione e delle infrastrutture nella

provincia di Herat. Infatti una migliore conoscenza delle infrastrutture, del

numero di abitanti e dei servizi disponibili, è stata necessaria per valutare gli

interventi da realizzare sul territorio. ’ nasce dalla lunga presenza

ed esperienza di INTERSOS e CESVI nella provincia di Herat che ha per-

messo di instaurare stretti rapporti di fidu

locali, di acquisire una conoscenza profonda del territorio e di analizzarne le

esigenze specifiche.

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Il censimento è stato ottenuto attraverso la somministrazione di questionari

da parte di impiegati locali formati da INTERSOS.

Ogni villaggio (826 in totale) censito è stato mappato con GPS e identificato

da un codice.

I questionari, suddivisi in tre unità, sono stati riempiti grazie all'aiuto del ca-

po della Shura che è l'unico che può direttamente trasmettere le informazioni riguardanti il villaggio.

La prima unità riguarda informazioni sul numero di abitanti di ogni paese,

della conoscenza cha hanno delle infrastrutture presenti nel territorio circo-

stante e dello stato generale di salute della popolazione.

La seconda parte riguarda l'uso del territorio, le catastrofi naturali e il numero

di perdite annue dovute alle varie problematiche dei villaggi quali malnutri-

zione, epidemie, alluvioni e siccità.

L'ultima parte riguarda la conoscenza circa le organizzazioni umanitarie pre-senti nella provincia dal 2001.

Prendendo in esame la seconda unità si è potuto mettere in evidenza che 350

villaggi su 826 hanno subito almeno un evento alluvionale negli ultimi 2 anni

e ben 115 hanno avuto più di 100 perdite.

L' 80% dei villaggi colpiti, si trova nei distretti di Guzura, Injil, Zinda Jan e

Pashtunzarghun, Koshan, Karukh ed Herat (Fig.2.1).

Fig 2.1 La Provincia di Herat con i distretti maggiormente colpiti da alluvioni

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I questionari sono gli unici dati di campo fino ad ora presenti, dato che la

Provincia di Herat, come tutto l' Afghanistan è ancora un paese dove la guer-

ra è presente e non è accessibile liberamente.

Questi questionari sono stati importanti per valutare se la metodologia appli-cata in questo lavoro di tesi possa essere adeguata per l' identificazione delle

aree potenzialmente alluvionali, in zone remote dove l' accesso ai dati di

campo risulta difficile.

Fig 2.2 Villaggi censiti dai questionari

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CAPITOLO 3 - METODI

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3.1 I sistemi informativi geografici

I sistemi informativi geografici GIS sono complessi strumenti informatici che

permettono di correlare dati della più diversa origine con la loro posizione

sulla superficie terrestre.

Nei GIS convergono sistemi di disegno computerizzato (CAD) e archivi di

dati alfanumerici, grafici, immagini, gestiti da database di tipo relazionale

(DBMS).

Scopo della tecnologia GIS è quindi una gestione globale del dato finalizzata

sia ’ e valutazione di entità e fenomeni localizzati sulla su-

perficie terrestre sia anche alla previsione di eventi futuri sulla scorta di dati

elaborati (creazione di scenari di rischio, “ del h ”

Componenti chiave dei GIS sono:

Utenti (tecnici e fruitori);

Hardware (attrezzature informatiche):

Software (programmi);

Dati (organizzati in tabelle; foto, mappe, ecc. e attributi dei dati);

Metodi per la costruzione di modelli di dati (vettoriale e raster).

Le tecnologie GIS, oltre a fornire uno strumento per integrare e correlare dati

di natura assai diversa tra loro, hanno introdotto la possibilità di vedere i dati

e/o la grandezza dei dati stessi su una mappa fornendo anche la posizione di

dette informazioni nello spazio e nel tempo.

Il GIS consente di associare alla rappresentazione grafica di ogni elemento

del territorio tutti gli attributi che ne definiscono le proprietà non solo spazia-

li, ma anche fisiche, temporali etc. Gli attributi risiedono in un database: ogni

operazione eseguita nel database, secondo le sue funzionalità tipiche, può es-

sere visualizzata nel suo risultato grafico.

’I Geografica, considerata non solo come un dato fine a se stes-

so, bensì come una serie di informazioni introdotte in un più vasto ambito ter-

ritoriale e soprattutto relazionate al contesto socio-economico, ci aiuta ad en-

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trare nel mondo della rappresentazione cartografica dei molteplici aspetti che

costituiscono la realtà socio-territoriale che ci circonda.

La maggiore attrattiva dello strumento GIS è quella di poter associare moltis-

sime informazioni e dati, anche assai diversi fra loro, come carte di uso del

suolo, mappe catastali, ortofoto, carte topografiche, immagini da satellite e

tabelle in Excel che, una volta integrate in un GIS ad hoc, danno

’ anche ai non addetti ai lavori, di poter formulare giudizi e/o

previsioni legati alla gestione del territorio.

I maggiori problemi del mondo di oggi come sovrappopolazione, deforesta-

zione, disastri naturali, hanno tutti in comune la loro dimensione geografica.

’ in forma digitale delle informazioni territoriali, una volta de-

finito il sistema di riferimento, avviene normalmente in 2 formati: vettoriale e

raster.

Nel primo si ha una rappresentazione per primitive geometriche quali punti,

linee e poligoni, i cui nodi sono rappresentati da coordinate numeriche; cia-

scuna unità territoriale è tradotta in una o più di queste forme ed archiviata

come insieme ordinato di coordinate.

Nel formato raster i dati sono riportati su una griglia regolare “ ” la cui

unità elementare è generalmente chiamata cella o pixel. Nel modello dati di

un GIS, comunque, i due formati coesistono e si integrano vicendevolmente;

il primo è in genere usato per dati discreti, il secondo per dati continui. Inol-

tre è possibile convertire in modo automatico i dati vettoriali in raster e vice-

versa.

Privilegiare un tipo di formato spesso è legato alla disponibilità di algoritmi

’ e, cosa non di secondo piano, al volume dei dati in termini di

memoria di massa.

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I GIS offrono la possibilità di ottenere nuove carte tematiche a partire dalla

sovrapposizione, pilotata attraverso criteri logico-matematici, di due o più la-

yers ’

Con operazione di sovrapposizione ’ la possibilità di produrre, dalla

geometria di più strati informativi e attraverso operazioni matematiche, una

nuova geometria come risultato ’ reciproca di tutte le geome-

trie delle coperture di partenza, includendo anche la ricostruzione delle rela-

zioni topologiche tra esse.

Le elaborazioni finali di ogni applicazione in ambiente GIS riguardano la

presentazione dei risultati. I dati riguardanti il territorio possono essere pre-

sentati in molte forme differenti quali mappe tematiche, grafici, rapporti stati-

stici e tavole.

Questo permette inoltre una continua integrazione con i sistemi e le tecnolo-

gie esterne, che garantisce il massimo rendimento dei Sistemi Informativi

Geografici, in termini ’ e fruibilità dei risultati.

La scelta del software libero

Il termine open source, relativo ad un software, sta a specificare che gli svi-

luppatori di tale applicazione consentono agli utenti esterni l'accesso al codi-

ce sorgente, messo a disposizione appunto per permetterne lo studio, l'appor-

to di modifiche e migliorie.

Nel settore che tratta dell'informazione geografica aperta e libera, negli ultimi

anni si sono registrati notevoli progressi in merito alla disponibilità di appli-

cativi e più in generale di soluzioni per la gestione dei dati territoriali e dei

servizi ad essi correlati.

Le risorse disponibili spaziano tra vari ambiti, come quello dei Desktop GIS,

dei Mobile GIS, del Telerilevamento, dei webGIS e GeoServizi, dei Geoda-

tabase e delle librerie.

Alcuni tra i più utilizzati sono:

Grass, Quantum GIS e gvSIG.

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Per questo lavoro di tesi è stato scelto il software gvSIG.

gvSIG (Generalitat Valenciana Sitema de Informacion Geografica) è un sof-

tware GIS open source con precisione cartografica distribuito anch' esso con

licenza GNU GPL. gvSIG (gvsig.org) è nato nel 2003 in Spagna, da una so-

cietà privata e inizialmente dedicato alla Comunità Valenzana, grazie a un fi-

nanziamento con fondi dell' Unione Europea per lo sviluppo regionale. Il

programma è scritto in linguaggio Java e può essere integrato da pluging

processing SEXTANTE.

3.2. Il Telerilevamento

I una metodologia che permette di identificare, misurare e

analizzare le caratteristiche qualitative e quantitative di un determinato ogget-

to, area o fenomeno senza entrarne in contatto diretto. Le informazioni ven-

gono acquisite da aereo, satellite o piattaforme dotate di strumenti, i sensori,

che misurano l' energia irradiata o riflessa dalla superficie terrestre (Selvini &

Guzzetti, 1999). Le informazioni che servono vengono estratte tramite elabo-

razione, essenzialmente numerica, dei dati telerilevati (Richards, 1993). La

radiazione elettromagnetica rappresenta un collegamento ad alta velocità tra

il sensore ed il fenomeno in esame; variazioni nelle caratteristiche delle ra-

diazioni elettromagnetiche diventano fonte di una grande quantità di dati, che

consentono di ricavare e di interpretare importanti informazioni sui diversi

aspetti del fenomeno investigato.

I sensori remoti si dividono in sensori passivi e attivi; entrambe le tipologie

sono tipicamente caratterizzate dal tipo di informazione che si vuole ottenere:

spettrale, spaziale e di intensità.

• Sensori passivi: rilevano la radiazione elettromagnetica riflessa o emes-

il caso delle lunghezze ’ nel campo visibile),

mentre ’ emessa, come ’ essere misurata

sia di giorno che di notte.

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• Sensori attivi: rilevano la risposta riflessa da un oggetto irradiato da

una fonte di energia generata artificialmente da loro stessi. Per questo

motivo i sensori attivi devono essere in grado di emettere una conside-

revole quantità di energia, sufficiente a illuminare il bersaglio. La radia-

zione emessa raggiunge ’ in osservazione e la sua frazione ri-

flessa viene rilevata e misurata dal sensore, come nel caso dei radar.

Le immagini prodotte dai sensori permettono di realizzare delle mappe

tematiche del territorio, e quindi di valutare a priori ed in maniera quan-

titativa il territorio stesso, e controllare gli effetti che vengono prodotti

’ da interventi antropici o in caso di

e la di-

stribuzione del fenomeno attraverso immagini satellitari.

Un esempio è rappresentato dalle immagini telerilevate dello tsunami

che ha cambiato l' aspetto delle coste asiatiche (Fig. 3.1).

Fig. 3.1 Immagine tratta da: Prati C. “Note di fondamenti di telerilevamento” Politecnico di Milano, Di-

partimento di Elettronica e Informazione, 2005

Il telerilevamento permette inoltre la realizzazione di modelli altimetrici digi-

tali DEM (Digital Elevation Model), che consistono nella rappresentazione

delle quote di una superficie in formato raster, associando a ciascun pixel la

relativa quota.

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Lo spettro elettromagnetico

una distribuzione continua ’ energia elet-

tromagnetica ordinata per lunghezze ’ λ A h fi-

a tutti gli effett comodo, per motivi pratici, ed anche teorici

suddividerlo in diversi intervalli o bande spettrali (Brivio et al., 2006). Si de-

finisce in questo modo lo schema dello spettro elettromagnetico:

Fig 3.2 Spettro elettromagnetico con particolare del visibile

(Fonte: http://www.smfn.unical.it/files/cdl/sgeologiche/4159lezione6.pdf)

I

’ h raramente,

’ ioletto.

Le caratteristiche principali di queste bande sono:

• Ultravioletto: Costituito dalla radiazione elettromagnetica con lunghez-

’ prima del

violetto). Anche se non possiamo percepire con i nostri occhi questa

“ ” dello spettro possiamo apprezzarne gli effetti attraverso il feno-

meno della fluorescenza, che è la luce visibile emessa da particolari ma-

teriali naturali (rocce e minerali) o artificiali, quando questi vengono

colpiti da radiazioni UV.

Visibile ’

h ’ corte ma di solito accettabile, men-

comunemente chiamata “luce”

importante notare come questa

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sia ’ parte dello spettro a cui sia possibile associare il concetto di

colore.

• Infrarosso: si distingue in:

-IR VICINO o RIFLESSO il quale ha propagazione di tipo ottico, preva-

lentemente emesso da sorgente esterna e riflesso dal corpo osservato;

Le regioni ’ sono assolutamente invisibili per ’ h

umano e sono legate ad alcuni fenomeni di interazione energia-materia.

-IR TERMICO o EMESSO emesso per irraggiamento sponta-

neo del corpo osservato.

• Microonde: sono ampiamente utilizzate per il telerilevamento, sia attivo

(SAR, InSAR,..) sia passivo (radiometri). Le microonde possono dare infor-

delle di queste ultime come

per esempio il contenuto di acqua.

3.3 Carta delle pendenze e dell' esposizione

Il parametro acclività rappresenta un elemento geometrico molto importante

che influisce sulla stabilità dei versanti, determinando un aumento della fre-

quenza di instabilità all' aumentare della pendenza, sul comportamento delle

acque in termini di dinamica erosiva e sul clima dato che la quantità di ener-

gia solare che arriva in superficie dipende dall' inclinazione di quest'ultima.

Lo strumento Slope di gvSIG calcola il tasso massimo di variazione tra ogni

cella e i suoi vicini (la variazione massima di quota in base alla distanza tra la

cella e le otto vicine). In questo modo si riesce a conoscere il rapporto tra la

distanza orizzontale e variazione di quota. La pendenza quindi è data dal rap-

porto tra massima differenza di quota e distanza tra i centri delle celle.

’ rappresenta la direzione, rispetto al Nord, della linea di massi-

“ ”

’ utilizzata la funzione sottoprogramma Geo-

morphometry and terrain analysis > ” (Fig.3.3).

’ N variare tra

0° e 360°.

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Fig 3.3 La mappa delle esposizioni

3.4 Estrazione della rete idrografica

L'informazione digitale delle quote contiene implicitamente il pattern della

rete idrografica, ovvero in base all'altimetria del bacino è possibile ricavare il

percorso teorico delle aste fluviali e dei loro affluenti. La ricostruzione com-

pleta dei percorsi idraulici può essere effettuata adottando la ragionevole ipo-

tesi di lavoro, che dovrà essere verificata sulla base delle risultanze, secondo

cui i deflussi superficiali avvengono nelle direzioni di massima pendenza.

Si è quindi utilizzato l'algoritmo per cui ogni cella idrologica scarica l'acqua

in una sola delle 8 adiacenti, secondo il criterio per cui l'acqua si muoverebbe

nella direzione della massima pendenza del terreno. Quindi il percorso idrau-

lico da una cella generica “ ” viene individuato confrontando le pendenze

nelle 8 direzioni e selezionando quella più elevata

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Utilizzando come input un livello raster rappresentativo delle quote topogra-

fiche o un modello digitale del terreno (DEM) gli strumenti di analisi idrolo-

gica consentono di individuare in maniera automatica il sistema di drenaggio

e quantificare le caratteristiche del sistema.

Le elaborazioni idrologiche effettuate in ambiente GIS si basano sul concetto

di convergenza del flusso di ruscellamento sulla superficie del terreno.

Flow Direction Tool

necessario identificare, per o-

discretizzata ’ di indagine, la direzione del flusso di ru-

effettuata

tramite il “ w Direction ” (Fig.3.4).

Fig 3.4 Sschema a celle per flow direction

determinata individuando la direzione di massima

pendenza per ogni cella calcolata come rapporto tra la variazione di quota tra

i centroidi di celle adiacenti e la distanza relativa tra essi. Una volta indivi-

duata la direzione di massima pendenza la relativa, cella di output viene codi-

ficata secondo il valore rappresentativo della direzione individuata.

Sink Tool e Fill Tool

Nel caso in cui la cella pre

“ ” possibile definire una direzione di deflus-

so.

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Un sink individua una depressione locale, in corrispondenza della quale, non

essendo individuabile una direzione di deflusso verso ’ il flusso en-

I es-

sere di origine naturale, come accade ad esempio in caso di presenza di doli-

h derivare da ’ legata ’

del DEM. Allo stesso modo un “ ” rappresentativo di un picco altimetri-

costituito da ’ circondata da celle alle quali sono associati valori

relativame alti. Per ottenere una accurata definizione delle direzioni di

deflusso tali errori devono essere eliminati dal DEM prima di procedere a

qualsiasi tipo di elaborazione idrologica.

opportuno utilizzare la funzione “S ” che con-

sente di identificare i suddetti errori; questi stessi possono essere corretti con

la funzione “ ”

Flow Accumulation Tool

Successivamente si procede ’ tramite ’ del “ w Ac-

cumulation ” che, partendo dal raster di output del Flow Direction, con-

sente di valutare il numero di celle a monte idrologico che contribuiscono al

deflusso transitante nella i-esima cella presa in considerazione.

Il Flow Accumulation calcola il flusso transitante come peso cumulato di tut-

te le celle che contribuiscono al deflusso di ciascuna delle celle a valle, for-

h ’ della pioggia che defluireb-

be in ogni cella, ’ in cui tutta la precipitazione si trasformi in super-

ficiale, trascurando le componenti di evapotraspirazione ed infiltrazione.

In figura 3.5 ’ a sinistra mostra la direzione di deflusso di ogni cel-

la e quella a destra il numero di celle di input contribuenti per ciascuna cella

di output.

Fig 3.5 Direzione di deflusso e numero di celle contribuenti per la flow accumulation

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Le celle caratterizzate da un valore di accumulazione pari a zero individuano

gli alti topografici e possono essere utilizzate per individuare le linee di di-

spluvio.

Le celle con un alto valore di flusso cumulato individuano le aree nelle quali

si concentra il deflusso e costituiscono la base per ’ del retico-

lo di flusso.

3.5 NDVI da immagini Landsat 8

L'Indice della differenza normalizzata di vegetazione (NDVI) viene utilizzato

per visualizzare l'entità della copertura vegetale nelle immagini di telerileva-

mento. La vegetazione fornisce un'intensa riflessione nell'area 0,7 - 0,9 mi-

crometri e molto più debole nell'intervallo 0,6 - 0,7. Poiché la firma spettrale

delle vegetazione è alquanto caratteristica, la distinzione della vegetazione a

foglie verdi rispetto al terreno nudo è generalmente manifesta. La differenza

tra la radiazione riflessa nel campo del visibile e l'infrarosso vicino può esse-

re utilizzata per determinare ulteriori dettagli sulla vegetazione, come la sua

fotosintesi e il tasso di crescita. I pigmenti nelle cellule delle foglie assorbono

gran parte del rosso e riflettono la maggior parte della radiazione dell'infra-

rosso vicino.

Nella lettura delle mappe valori bassi di NDVI si verificano in aree a bassa

copertura vegetale (o in sene-

scente o sofferente, mentre gli alti valori dell'indice rispecchiano una situa-

fotosintetica e quindi elevata presenza di biomassa ver-

de. La non elevata risoluzione spaziale delle immagini ed i frequenti passaggi

del satellite Landsat consentono un monitoraggio mensile dell'Indice di Ve-

getazione su scala regionale o globale. Con il monitoraggio delle mappe di

NDVI vengono tenuti sotto costante osservazione fenomeni su scala conti-

nentale, quale quello dell'avanzamento A

N U A in grande crescita, in ogni par-

te del mondo, l'utilizzo di questo strumento da parte degli enti per la pro-

grammazione e l'assistenza tecnica in campo agricolo su scala nazionale e re-

gionale, con particolare riferimento alla valutazione dell'impatto sulle produ-

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, inondazioni,

infestazioni etc.).

Il calcolo per il NDVI di Landsat 8 è: (canale5 - canale4) / (canale5 + cana-

le4)

L'NDVI viene così calcolato:

VIS (canale 4) e NIR (canale 5) stanno rispettivamente per le misure di riflet-

tanza spettrale acquisite nelle regioni visibile (rosso) e nel infrarosso vicino.

Queste riflettanze spettrali sono esse stesse rapporti della radiazione riflessa

su quella entrante per ogni banda spettrale, e di conseguenza assumono valori

compresi tra 0 e 1. In base alla definizione, lo stesso NDVI varia quindi tra -1

e +1.

L' NDVI di un'area contenente una fitta vegetazione tenderà a dare valori po-

sitivi (0,2-0,8) mentre nel caso di nuvole e di neve sarà caratterizzato da valo-

ri negativi. Altri obiettivi visibili dallo spazio sulla terra sono:

• acque ferme (ad esempio, oceani, mari, laghi e fiumi) che hanno una ri-

flettanza piuttosto bassa in entrambe le bande spettrali (perlomeno lon-

tano dalle coste) e quindi portano a valori positivi o addirittura legger-

mente negativi di NDVI;

• terreni che in genere mostrano una riflettanza spettrale nel vicino infra-

rosso un po' più grande rispetto al rosso, e quindi tendono a generare

valori positivi anche piuttosto piccoli NDVI (ovvero 0,1-0,2).

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Fig 3.6 Immagine Landsat 8 in falsi colori della Provincia di Herat. Immagine del 17 Marzo 2014

3.6.Classi litologiche

Lo U.S Geological Surveys ha digitalizzato e reso fruibile la carta geologica

dell' Afghanistan in scala 1:500 000 di Abdullah & Chmyrlov (1977) (Fig.3.7

e 3.8).

Dallo studio delle diverse componenti litologiche sono state definite cinque

classi principali con pericolosità differente dovuta a due parametri principali:

coerenza e permeabilità.

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, facil-

mente separabili nei loro grani costituenti per mezzo di una semplice agita-

zione meccanica o per immersione nell' acqua), che hanno coesione bassa o

uguale a zero.

Ad esempio, per quanto concerne il primo parametro, una roccia incoerente-

di altre condizioni, una

predisposizione al dissesto maggiore di quella posseduta da una roccia coe-

rente e pseudocoerente a strati alternati, come un flysch.

del terreno favorisce i dissesti in quanto, soprattutto nei pe-

riodi piovosi, per il forte aumento di portata, innesca il processo di erosione

di sponda.

La capacità di un terreno di farsi attraversare dall'acqua si chiama permeabili-

tà, che ovviamente dipende dalla presenza di vuoti nel materiale solido che

costituisce il terreno stesso. Se i vuoti sono costituiti da pori, si parla di per-

meabilità per porosità; se i vuoti sono costituiti da fratture, si parla, invece, di

permeabilità per frattura. E' importante notare che, in entrambi i casi, solo i

vuoti che comunicano tra loro possono permettere il movimento dell'acqua. I

terreni costituiti da granuli grossolani sono molto permeabili ; ciò significa

che l'acqua vi si infiltra facilmente e non tende a rimanere in superficie. Nei

terreni costituiti da granuli molto piccoli, per esempio i terreni argillosi, l'ac-

qua filtra con molta più difficoltà ; quindi, dove ci sono questi terreni è più

facile per l'acqua rimanere in superficie. Per quanto riguarda i terreni costitui-

ti da roccia compatta, la permeabilità varia a seconda della quantità e delle

dimensioni delle fratture e di quanto queste fratture si intersecano.

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Fig 3.7 Estrazione dell'area studiata della Carta Geologica Russa a scala 1:500000

Fig 3.8 Layer vettoriale delle classi litologiche per la Provincia di Herat

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CAPITOLO 4 - ELABORAZIONI: CARTA DELLE AREE POTEN-

ZIALMENTE ALLUVIONABILI

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4.1 Parametri che influenzano i fenomeni alluvionali

Per poter determinare la vulnerabilità alluvionale è importante identificare la

sorgente del danno e le aree più soggette a rischio. L'approccio classico per la

delineazione della aree potenzialmente alluvionabili con differenti livelli di

rischio è basato su l'applicazione di modelli idrologici e idraulici. Ad ogni

modo, per quei bacini in cui è impossibile effettuare misure sul campo e

quindi è impraticabile una simulazione idrologica e idraulica, la ricerca di un

effettiva metodologia alternativa per l'individuazione di aree potenzialmente

inondabili è essenziale (Kourgialas & Karatzas, 2009).

La sintesi dei dati e la mappatura delle relazioni tra i fenomeni naturali e gli

elementi a rischio richiedono l'uso di strumenti come i sistemi di informazio-

ne geografica (GIS). Le catastrofi naturali sono infatti fenomeni multidimen-

sionali con una componente spaziale.

La regola di base per la stima delle aree a rischio di inondazione è la classifi-

cazione della regione in categorie in base al grado di pericolosità (molto alto,

alto, moderato, basso e molto basso). Questa classificazione è effettuata con-

siderando i fattori che causano e influenzano un'inondazione e assegnando a

questi dei pesi relativi. Questo processo viene eseguito in ambiente GIS per

produrre mappe tematiche per ogni parametro analizzato. La combinazione

lineare delle carte tematiche e la selezione dei pesi produce la mappa delle

aree potenzialmente inondabili (Kourgialas & Karatzas, 2009).

Per la stima delle aree potenzialmente inondabili nella pianura alluvionale del

fiume Hari Rud nei distretti centrali della Provincia di Herat, si sono valutati

sette fattori (variabili): questi fattori sono stati definiti attraverso sette layer

tematici utilizzando il software open source gvSIG. Ciò è stato fatto partendo

dal presupposto che in un bacino idrografico le caratteristiche fondamentali

che influiscono sul rischio alluvionale sono morfometriche, geologiche e ve-

getali; si sono perciò ricercati quei fattori giudicati importanti ai fini dell'in-

dividuazione delle aree a maggior suscettibilità alluvionale. Infatti le caratte-

ristiche morfologiche hanno effetti sullo scorrimento superficiale, sull'erosio-

ne e trasporto di sedimenti e sull'infiltrazione; la geologia su erosione, tra-

sporto e scorrimento sotterraneo e la copertura vegetale infine sulla traspira-

zione, erosione e infiltrazione. Considerando anche queste caratteristiche, le

variabili individuate per uno studio sulle aree potenzialmente inondabili, so-

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no: accumulo di flusso (flow accumulation), pendenza, altitudine, esposizio-

ne, intensità della pioggia, uso del suolo (presenza di vegetazione) e geologia.

Tutte queste variabili sono state georeferenziate con il Sistema di Riferimento

Proiettato corrispondente al codice EPSG 32641 che utilizza il Datum

WGS84 con proiezione UTM (Universal Trasverse Mercator). Le mappe ra-

ster prodotte hanno pixel

di 30mx30m e coprono una superfice di circa 20.000 km2.

PARAMETRI EFFETTI

Caratteristiche morfologiche Scorrimento superficiale, erosione,

trasporto di sedimenti, infiltrazione

Geologia Erosione, trasporto, scorrimento sot-

terraneo

Copertura vegetale Traspirazione, erosione, infiltrazione

Precipitazioni Deflusso superficiale

Fig 4.1. I Layer del progetto. Tratto da gvSig

Flow accumulation è un metodo indiretto di misura delle aree drenate (in uni-

h basso ad un nume-

elevato, permette proprio la delineazione del percorso fluviale.

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I parametri topografici di pendenza ed elevazione sono inversamente propor-

zionali alla comparsa di alluvioni. Questi infatti influenzano la quantità di

precipitazioni che ristagna sulla superficie terrestre o contribuisce allo scor-

rimento superficiale delle acque.(Kwak & Kondoh, 2008).

La presenza di vegetazione inoltre è un'efficace fattore di protezione del suo-

lo e di riduzione del rischio idraulico a valle: le radici di

profonde ed estese di quelle delle specie coltivate, consolidano il terreno,

mentre le chiome trattengono la pioggia, aumentando il tempo che le acque

impiegano per giungere al corso ’ recettore. L'indice di NDVI (Nor-

malized Difference Vegetation Index) indica la quantità di copertura vegetale

nell'area in esame. Quindi si può derivare il rapporto tra copertura vegetale e

le caratteristiche di deflusso. NDVI è la tecnica più efficace per discriminare

la risposta della vegetazione alle inondazioni. Il potenziale di vegetazione in-

fluisce sulle alluvioni attraverso l'evapotraspirazione. La copertura vegetale

controlla sia la quantità che la tempistica delle precipitazioni che raggiungo-

no la superficie del suolo.

Nel bacino dell'Hari Rud, l'intensità della pioggia e lo scioglimento delle nevi

sono le variabili di innesco delle frequenti inondazioni. La progressione dello

scioglimento nivale, che dipende dalla quota e dall' esposizione del versante,

è rappresentata dal layer “A ” mappa derivata dal DEM, che indica l'e-

sposizione del versante innevato rispetto al nord.

La geologia infine ha un ruolo catalizzatore nella generazione dell'esondazio-

ne.

I fattori usati in questo studio sono stati selezionati per la loro generale rile-

vanza nelle catastrofi da esondazione e in accordo con la letteratura e a causa

della loro rilevanza nell'area di studio.

I dati originali includono: i valori mensili di precipitazioni interpolati dalle

tre stazioni metereologiche della provincia di Herat. Sono stati scaricati dal

sito www. Wordclime.org su una griglia di risoluzione spaziale di 1 km2. Le

variabili incluse sono la precipitazione totale mensile, la temperatura minima

e massima.

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4.2 Suddivisioni in classi

I sette parametri introdotti nel capitolo precedente sono stati utilizzati per

stimare le aree potenzialmente inondabili. Tra questi, Flow Accumulation,

Slope, Elevation, Rainfall, NDVI ed Aspect hanno valori numerici mentre la

carta geologica è espressa in forma descrittiva.

L'effetto di ogni fattore è stato riclassificato in diversi livelli di pericolo o

punteggi che possono essere al massimo 5: molto alto (valore 10), alto (valo-

re 8), moderato (valore 5), basso (valore 2) e molto basso (valore 1).

Nel caso dei fattori con valori numerici di elevazione, pendenza e intensità di

precipitazione, la divisione in classi di pericolo è calcolata, analizzando l' i-

stogramma e utilizzando il Jenk's Natural Break per identificarne l' ampiezza.

Questo metodo permette di determinare statisticamente classi di ampiezza ta-

le da rendere minima la varianza dei valori interni a ciascuna classe e massi-

ma quella tra le classi. Utilizza il metodo di ottimizzazione di Jenks che sfrut-

ta discontinuità e salti nella distribuzione dei valori; le ampiezze degli inter-

valli possono essere differenti.

Nel caso dei parametri flow accumulation, NDVI e aspect, anch'essi numeri-

ci, la suddivisone in classi è stata determinata trovando la soglia che in lette-

ratura indicasse presenza o assenza di pericolo.

Nel caso del parametro Geologia la classificazione è dipesa principalmente

dall'influenza che la diversa composizione delle rocce ha sul processo di i-

nondazione. Ad esempio ghiaie e sabbie, tipiche delle zone di conoide, indi-

cano un alto pericolo di alluvione a causa della loro incoerenza e semi per-

meabilità.

Quindi ogni layer è stato riclassificato nelle diverse classi di pericolo. Ma la

pericolosità non può essere stimata considerando separatamente l'effetto di

ogni fattore.

Ogni fattore ha un grado di influenza differente sulla suscettibilità alluvionale

e non può essere considerato separatamente dagli altri. É stato dunque neces-

sario assegnare un peso relativo per ogni parametro individuato.

I pesi dei fattori sono stati determinati impiegando la metodologia presentata

da Shaban et al (2006) che considera gli effetti di ogni fattore sull'altro.

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É stato creato un diagramma dove si evidenziano i rapporti tra i vari fattori e

l'influenza che hanno fra loro. Attraverso il diagramma si individua il tipo di

rapporto che i parametri hanno fra loro, se diretto o indiretto.. Nel primo caso

si assegna un punto al fattore, nel secondo, mezzo punto. Questo è un modo

per poter quantificare i due tipi di relazione e trovare il peso relativo di ogni

fattore. Ad esempio l'altitudine ha un'influenza diretta sulla distribuzione del-

la vegetazione, mentre la presenza di vegetazione ha un' influenza indiretta

sulla pendenza poiché attenua l' azione erosiva di un deflusso superficiale. In-

fine i punti per ogni variabile vengono sommati e si ottiene un valore corri-

spondente.

Secondo Kourgialas e Karatzas, per una valutazione complessiva di come

ogni fattore sia relazionato alla pericolosità delle aree inondabili, si deve mol-

tiplicare il valore ottenuto alle classi di pericolosità di ogni parametro.

Il contributo di ogni fattore sulle aree potenzialmente inondabili, espresso in

percentuale, è il peso totale di ogni fattore diviso il peso totale cumulativo

delle variabili. Ottenuto il peso percentuale si creano le sette mappe riclassi-

ficandole con i valori pesati (Kourgialas & Karatzas, 2011).

A questo punto le sette classi sono combinate linearmente attraverso un' ope-

razione di Somma con lo strumento MapAlgebra

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Fig. 4.2 Mappa dei Rilievi Ombreggiati e Villaggi che hanno subito una alluvione negli ultimi due anni.

Creata con il Software GIS gvSig

4.3 Mappe morfologiche

La prima fase di analisi consiste ’ dei dati altimetrici del ter-

reno descritti nel DEM al fine di produrre mappe morfometriche, quali la

mappa della pendenza e dell'esposizione. Questa semplice elaborazione in

ambiente GIS del dato topografico è importante poiché le caratteristiche mor-

fologiche del territorio sono fondamentali per analizzare un bacino idrografi-

co. A ’ delle aree delimitate si esegue successivamente ’ in-

terpretativa su immagini LANDSAT, di cui si sfruttano le caratteristiche mul-

tispettrali per evidenziare presenza di vegetazione.

’ dei dati in ambiente GIS permette in primo luogo di identifi-

care le aree a bassa pendenza con reticolo idrografico ben sviluppato, che so-

no quelle con maggiore suscettibilità alluvionale.

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Per ’ in esame sono state scaricate due “ avo ” dal sito dell' U.S.G.S.

(U.S. Geological Survey), rappresentanti porzioni contigue di territorio; at-

traverso ’ di mosaicatura ottenuto un DEM per un'area to-

tale di 20.000 km2. I dati di elevazione sono distribuiti su di una griglia che

copre ’ compresa ’ tra i 61°,000 e 63°,300 di longitudine est

e tra 34°,000 e 35°,000 di latitudine nord; le quote sono restituite in metri ri-

ferite al livello del mare. Il grid utilizza il sistema di proiezione Universale

Trasverso di Mercatore (UTM), zona 41, “ ” WGS84, e coordinate e-

spresse in metri.

Con lo strumento “ h and terrain ” di Sextante sono

state ottenute le carte della pendenza e dell' esposizione (Fig.4.3).

Fig 4.3 Gli Algoritmi di Sextante

4.4 Elaborazione dei parametri in ambiente GIS

I DEM scaricati dal sito earthexplorer.gov.com in formato geotiff con risolu-

zione spaziale 30m x 30m georeferenziati con un sistema di riproiezione

UTM, zona 41 e datum WGS84, si riferiscono ad una ripresa del satellite A-

ster della Nasa nell'ottobre del 2012.

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Dallo studio del DEM si possono ricavare importanti informazioni riguardan-

ti la morfologia dell'area esaminata.

Da un profilo topografico si vede che la zona a Nord-Ovest e a Sud di Herat

presenta forti rilievi caratterizzati da elevata pendenza. Qui i tratti fluviali e-

splicano maggiormente la loro azione erosiva ma la loro portata e sezione

fluviale sono esigue. Quindi in questi tratti la pericolosità di esondazione è

molto bassa. Scendendo da Nord Ovest verso il distretto di Injil si ha un

cambio di pendenze e si notano la presenza di conoidi e la confluenza degli

esigui torrenti nell'Hari Rud. Si ha quindi una vasta zona pianeggiante attra-

versata dal fiume principale che presenta un letto molto ampio che esonda ve-

locemente in concomitanza di piogge intense e prolungate.

Essendo la rete idrografica fortemente influenzata dall'orografia, si riscontra

in alta quota un elevato numero di piccoli bacini in cui piene improvvise si

propagano rapidamente a valle, interessando aree golenali solitamente ben

definite.

Data la mancanza di documentazioni storiche relative a eventi di piena e la

carenza di rilievi topografici si è deciso di procedere con questo criterio di

suddivisione:

sono state attribuite classi di rischio “ ” alle aree alluvionali

comprendenti ’ alveo di magra dei tronchi pedemontani e terminali, in

quanto la presenza dei depositi alluvionali stessi induce a ritenere tali aree

soggette al passaggio di piene non contenibili ’ di magra, anche con

concomitanti fenomeni di trasporto solido.

Sono state considerate aree a rischio “ ” le aree di conoidi pe-

manifesta la presenza di un

alveo fluviale.

Sono state considerate a rischio “ ” le aree montane in cui la

rete idrografica presenta esigui torrenti con forte pendenza.

Sono state considerate a rischio "molto basso" le zone di alta montagna con

una rete idrografica poco sviluppata o assente.

Le classi, con relativi punteggi di pericolosità, sono state quindi così divise:

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CLASSI DI PERICOLOSITÀ PUNTEGGI ALTITUDINE

Molto Alta 10 652 m – 950 m

Alta-moderata 7 950 m - 1350 m

Moderata-bassa 4 1350m – 1700 m

Molto bassa 1 1700 m – 3263 m

Fig 4.4 Mappa riclassificata del DEM originale

Pendenza

I valori espressi in gradi della pendenza variano da 0° a 66°. Dallo studio

dell'istogramma e il Jenk's Natural Break si suddivide il paramentro in cinque

classi.. La zona da 0 a 3° di pendenza rientra nella categoria " molto alto" a

causa del terreno quasi piatto e alto tasso di ristagno dell'acqua . L'area con

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3-9° è considerata a rischio "alto" per le inondazioni dovute alla lieve pen-

denza. L'area con pendenza del 9-14° provoca un ruscellamento relativamen-

te alto e bassa infiltrazione , e quindi viene classificata a rischio "moderato".

La quarta ( 14-22°) e la quinta ( >22° ) categoria sono considerate a rischio

"basso" e "molto basso" grazie alla maggiore pendenza che causa dilavamen-

to superficiale (Fig.4.5).

Fig 4.5 Mappa delle pendenze riclassificata

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TABELLA - CLASSI DI PENDENZA E PESO

DELLA PENDENZA

Classe Pendenza (°) Valore

Molto alta 0-3 10

Alta 3-9 8

Moderata 9-14 4

Bassa 14-22 2

Molto bassa > 22 1

Aspect

Lo scioglimento nivale è un'altra fonte di cambio dei deflussi nei bacini mon-

tani. In mancanza di stazioni meteorologiche ed informazioni di monitorag-

gio di scioglimento nivale si è pensato di semplificare la classificazione a so-

le due classi di pericolo, in modo da ridurre al massimo la quantità di errori

dovuti a considerazioni sbagliate. Infatti in bacini di tipo montano le precipi-

tazioni e le temperature presentano una marcata dipendenza dalla quota, che

costituisce un forte elemento di incertezza a causa di elevata variabilità spa-

ziale, da attribuirsi alla morfologia fortemente articolata del territorio, da cui

derivano condizioni differenti di esposizione, pendenza, ombreggiamento e

copertura del suolo.

Quindi si è deciso di definire due sole classi di alto e basso rischio dovute

all'esposizione del versante a sud in cui si ha un rapporto tra insolazione

diurna maggiore rispetto a tutti gli altri versanti (Fig.4.6).

CLASSE DI PERICOLOSITÀ VALORE ESPOSIZIONE

Alto 8 Versante Sud

Basso 2 Versante Nord, Est, Ovest

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Fig 4.6 Mappa delle esposizioni riclassificata

Intensità delle precipitazioni

Dopo aver scaricato il file raster relativo alle precipitazioni medie mensili

dell'area interessata dal sito di Worldclime.org, si è proceduto a un ricampio-

namento del file stesso. Si sono impostati pixel di risoluzione spaziale di

30mx30m. Dopo il ricampionamento è stata estratta la perimetrazione dell'a-

rea interessata con l'algoritmo di geoprocessing “C ” Tutte queste modifi-

che sono state necessarie per creare un layer raster con la stessa origine, nu-

mero di pixel e identica risoluzione di tutti gli altri; condizioni necessarie per

poter eseguire le operazioni di Map Algebra (Fig.4.7).

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Dall' esame dell' istogramma dei valori della piovosità media dei mesi prima-

verili, in cui si hanno le massime precipitazioni, si è desunto di dover suddi-

videre il layer in tre classi di pericolosità

CLASSE PERICOLOSITÀ VALORI PRECIPITAZIONE MEDIA

Alta 8 70mm-90mm

Moderata 4 70mm-55mm

Bassa 2 55mm-35mm

Fig 4.7 Mappa delle intensita di pioggia riclassificata

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Flow accumulation

Attraverso l'analisi del DEM si è potuta ricavare la direzione di scorrimento

grazie all'algoritmo Flow direction calcolare

’ di drenaggio attraverso la funzione Flow accumulation.

determinati, non

rappresentano valori comparabili con quelli reali, in quanto lo strumento

Flow Accumulation deriva tutti i possibili percorsi che i fiumi potrebbero se-

guire in base alla morfologia del territorio.

Tuttavia questo non rappresenta un reale problema per gli obiettivi che ven-

h ’ morfologica quantitativa

’ in esame deve tenere in considerazione semplicemente ’

stessa di una direzione di deflusso principale verso cui convergono le acque.

Una volta estratto il possibile reticolo idrografico è stato confrontato con la

carta topografica sovietica (consultabile sul sito dell' U.S.G.S.) e con le im-

magini satellitari di Google Earth (Fig.4.8).

CLASSE PERICOLOSITÀ VALORE FLOW ACCUMULATION

Molto alta 10 > 1.000.000 celle

Molto bassa 1 < 1.000.000 celle

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Fig 4.8 mappa del Flow accumulation riclassificata

Copertura del suolo

L'Indice della differenza normalizzata di vegetazione (NDVI) viene utilizzato

per visualizzare l'entità della copertura vegetale nelle immagini di telerileva-

mento.

Si è quindi proceduto a scaricare dal sito earthexplorer.gov.com le immagini

Landsat 8 relative all'area studiata per il mese di marzo e aprile che sono i

due periodi più interessati a fenomeni di esondazione.

Una volta ottenute le immagini i raster potevano essere analizzati per ottenere

gli indici di verde (NDVI sono state impiegate la banda 4(Red)

e la banda 5(NIR) dalla curva di riflettanza spettrale; i valori di NDVI ven-

gono ottenuti combinando le bande 4 e 5 secondo le seguenti formule:

NDVI = (banda5-banda4)/ (banda5+banda4)

Pertanto, le immagini relative ai valori di NDVI sono state calcolate attra-

verso Sextante in gvSIG, impiegando le bande 4 e 5 delle immagini Landsat a

disposizione per il periodo 2012-2014.

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Dopo l' estrazione dell' indice NDVI si sono individuate due classi di pericolo

che evidenziano la presenza o assenza di vegetazione (Fig.4.9).

Fig 4.9 Mappa della copertura vegetale riclassificata

In letteratura viene assunto il valore NDVI di 0.2 come discriminante per la

presenza di vegetazione. I valori tra -1 e 0.2 indicano scarsa o assente vegeta-

zione (www.arpa.emr.it).

CLASSI PERICOLOSITÀ VALORI NDVI

Molto alto 10 <0.2

Molto basso 1 >0.2

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Geologia

Dallo studio delle diverse componenti rocciose si sono definite cinque classi

principali con pericolosità differente dovuta a due parametri principali: coe-

renza e permeabilità.

Come già detto nel capitolo precedente questi due parametri sono stati impor-

tanti per la suddivisione in classi di pericolo (Fig.4.9).

Classi litogeomorfologiche:

Depositi di fondovalle alluvionale

Sono tipi litologici del complesso caotico argilloso, la cui particolare natura

strutturale e tessiturale preclude pressoché completamente sia la circolazione

idrica sotterranea, sia la percolazione e l'infiltrazione dalla superficie, sia il

contenimento di quantità significativa di acque di saturazione.

Depositi di conoidi

In questa classe dominano sedimenti Quaternari, soprattutto rappresentati

dalle ghiaie e sabbie delle alluvioni dei corsi d’acqua. Poco coerenti ma con

granulometria grossolana e quindi più permeabili

Conglomerati grigi

Rocce eterogenee del Pliocene. Rocce poco coerenti o sciolte ma porose con

porosità medio bassa. Non hanno fenomeno di ristagno ma possono creare

dissesti.

Rocce Mesozoiche

Sono rocce resistenti poiché coerenti ma eterogenee per quanto riguarda la

permeabilità. Sono soprattutto formate da flysch2

2 FLYSCH: , che documentano un

incipiente sollevamento di una catena montuosa (orogenesi).

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Basamento cristallino

antica della crosta terrestre continentale, costituita da rocce

cristalline, sedimentarie e metamorfiche che presentano diagenesi o meta-

morfismo estremi . Rocce proterozoiche miste ad arenarie rosse

CLASSE PERICOLOSITÀ VALORI CLASSI LITOLOGICHE

Molto alta 10 Depositi di fondovalle

Alta 8 Depositi di conoide

Moderata 4 Conglomerati grigi

Bassa 2 Rocce Mesozoiche

Molto bassa 1 Basamento cristallino

Fig 4.10 Mappa delle classi litologiche riclassificata

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4.5 Carta della suscettibilità alluvionale

Una volta riclassificati tutti i parametri si procede a valutare il peso di ognu-

no attraverso una schematica descrizione dell'interazione tra i fattori che in-

fluenzano la suscettibilità alluvionale (Fig.4.11)

Relazione diretta

Relazione indiretta

Fig 4.11 Diagramma delle relazioni tra variabili

Secondo la metodologia di Shaban et al. (2006) abbiamo considerato gli ef-

fetti di ogni fattore in relazione agli altri. Dal diagramma si nota come le va-

riabili interagiscano tra di loro assumendo pesi differenti. Sempre secondo

Shaban et al si attribuisce un punteggio pari a 1, per gli effetti diretti e un

punteggio di 0,5 per quelli indiretti .

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Altitudine: ha un effetto primario sulla piovosità media dato che si hanno

maggior precipitazioni con l'incremento dell'altitudine, sul flow accumulation

e sulla copertura vegetale. Ha un effetto indiretto sulla pendenza.

3 * 1 (effetto primario)+ 1*0,5 (effetto secondario)= 3,5 punti

Pendenza: ha un effetto primario su flow accumulation e copertura vegetale

mentre ha un effetto indiretto sull'esposizione del versante

2*1 + 1*0,5 = 2,5

NDVI: ha un effetto diretto su flow accumulation e indiretto sulla pendenza.

1*1+ 1*0,5 = 1,5

Flow accumulation: ha un effetto diretto sulla pendenza e un effetto indiretto

sulla geologia.

1*1+1*0,5 = 1,5

Geologia: ha effetti diretti sulla copertura vegetale e sul flow accumulation e

un effetto indiretto sulla pendenza.

2*1 + 1*0,5 = 2,5

Intensità di precipitazione: ha effetti diretti sia sul flow accumulation e sulla

copertura vegetale.

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2*1 + 0*0,5 = 2

Esposizione: ha effetti primari sia sul flow accumulation che sulla copertura

vegetale

2*1 + 0*0,5 = 2

PARAMETRI RELAZIONE DIRETTA RELAZIONE

INDIRETTA PESO

DEM Precipitazioni, NDVI, flow accumulation Pendenza 3,5

Pendenza Flow accumulation, NDVI Esposizione 2,5

Esposizione Flow accumulation, NDVI --- 2

Indice NDVI Flow accumulation Pendenza 1,5

Precipitazioni Flow accumulation, NDVI --- 2

Flow Accumulation Pendenza Geologia 1,5

Geologia Flow accumulation, NDVI Slope 2,5

Per una miglior comprensione di come i diversi fattori sono relazionati all'e-

vento di esondazione, bisogna combinare i valori delle classi con i pesi appe-

na trovati, che ci daranno il peso di ogni fattore su quello totale. Il contributo

di ogni fattore per le aree potenzialmente inondabili è espresso in percentua-

le. La percentuale è calcolata come rapporto tra il peso totale di ogni fattore

sul grande totale come mostrato in tabella.

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PARAMETRI INTERVALLI CLASSI VALORI PESO PESO

TOTALE PESO %

DEM

650-950m

950-1350m

1350-1700m

1700-3263m

Molto alto

Alto

Moderato

Molto basso

10

8

4

1

3,5 80,5 27

PENDENZA

0-3°

3-9°

9-14°

14-22°

>22°

Molto alto

Alto

Moderato

Basso

Molto basso

10

6

4

2

1

2,5 62,5 22

ESPOSIZIONE Sud

Nord, ovest, est

Alto

Basso

8

2 2 20 7

PRECIPITAZIONI

70-90mm

55-70mm

35-55mm

Alto

Moderato

Basso

8

4

2

2 28 10

NDVI <0,2

>0,2

Molto alto

Molto basso

10

1 1,5 16,5 6

FLOW

ACCUMULATION

>20 000 pixel

<20 000 pixel

Molto alto

Molto basso

10

1 1,5 16,5 6

GEOLOGIA

Fondo alluvionale

Conoide

Conglomerato grigio

Rocce mesozoiche

Basamento cristallino

Molto alto

Alto

Moderato

Basso

Molto basso

10

8

4

2

1

2,5 62,5 22

In accordo con questa tecnica di pesatura, ogni fattore viene infine moltipli-

cato per il suo peso percentuale e la sommatoria di tutti i fattori produce la

mappa finale delle aree potenzialmente inondabili (Gemitzi et al, 2006)

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La mappa risultante è quindi la combinazione dei sette parametri che sono re-

lazionati tra loro e direttamente con gli eventi alluvionali (Fig 4.12).

Fig 4.12 Raster della suscettibilità alluvionale creato a partire dall'interazione delle variabili che influi-

scono sui fenomeni di inondazione

Fig 4.13 Layer vettoriale delle aree potenzialmente inondabili riclassificato

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Dalla carta si evince che la maggior parte dei villaggi che hanno subito un' al-

luvione negli ultimi 2 anni ricade nelle aree a elevata pericolosità alluvionale.

Infatti, come verrà spiegato nel capitolo successivo, il 76% dei villaggi colpi-

ti rientra nella fascia a maggior suscettibilità alluvionale.

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CAPITOLO 5 - DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

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un esempio di come le immagini satellitari e i GIS

possano essere utilizzati quale supporto per ’ di banche dati

territoriali esistenti o per la realizzazione di nuovi prodotti a costi relativa-

mente contenuti e in tempi brevi anche in zone remote.

Si è perseguito l' obiettivo di analizzare una metodologia per la valutazione di

aree potenzialmente inondabili in territori remoti. Questa metodologia, basata

esclusivamente su dati telerilevati fruibili gratuitamente, ha lo scopo di ag-

giornare la preesistente mappatura delle aree a rischio alluvionale effettuata

da iMMAP (NGO americana) basata su fotointerpretazione di dati storici te-

lerilevati

Dati i risultati dei questionari, in cui l'83% dei villaggi censiti è risultato posi-

tivo ad eventi alluvionali sebbene non tutti rientrino nelle categorie di rischio

della cartografia prodotta da iMMAP. Si è deciso di implementare tali mappe

definendo aree con classi differenti a suscettibilità alluvionale per i distretti

centrali della provincia di Herat.

Da una verifica per confronto tra i risultati della metodologia proposta in

questo lavoro e i questionari di INTERSOS, si evince una corrispondenza tra

i villaggi che hanno subito realmente alluvioni negli ultimi due anni e le aree

classificate ad alta suscettibilità.

L' analisi ha riportato che il 76% delle aree abitate rientra nella fascia ad alta

pericolosità; il 17% rientra nella fascia moderata; il 7% in quella bassa.

Nella tabella seguente è riportato il numero esatto e la distribuzione dei vil-

laggi inondati.

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CLASSI DI PERICOLOSITA' VILLAGGI COLPITI

(su 263 totali) PERDITE

Molto alto 105 Tra 5000 e 100

Alto 96 Tra 1500 e 100

Moderato 45 < 100

Basso 10 < 30

Molto basso 7 < 10

GvSig si è dimostrato uno strumento potente soprattutto per la sua capacità di

integrare dati di diversa natura. Lo studio conclude che l'uso della tecnica

GIS dovrebbe essere incoraggiato nella valutazione del rischio di allagamen-

to, così come è in grado di integrare le variabili geomorfologiche, idrologi-

che, meteorologiche e socio-economiche. L' esame di un numero adeguato di

livelli tematici e la corretta assegnazione dei pesi sono chiavi di successo del-

le tecniche GIS nell'identificare mappe di pericolo .

La metodologia può essere migliorata cercando di ottenere dati satellitari a

maggior risoluzione e incentivando la Protezione civile Afghana a monitorare

con un maggior numero di stazioni meteorologiche le aree suddette, per avere

informazioni più dettagliate da inserire nelle analisi di pericolosità. Inoltre,

una rete di stazioni meteo opportunamente distribuite sul territorio può essere

un potente strumento per l'early warning, in grado di discriminare le aree a ri-

schio mediante l'integrazione con i dati di suscettibilità. La metodologia può

essere integrata infine con un'analisi fotointerpretativa che potrebbe aggiun-

gere al risultato una validazione storica, riconoscendo sul terreno le forme

delle alluvioni passate.

Una migliore prevenzione potrebbe essere attuata proprio nelle aree che sono

risultate avere un'alta suscettibilità alluvionale, nonché una migliore pianifi-

cazione di interventi di mitigazione del rischio legato alle inondazioni, per la

gestione dei soccorsi durante gli eventi alluvionali e per il monitoraggio nel

tempo delle fasi di ripristino.

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L' immagine sottostante rappresenta un particolare della mappa prodotta da

iMMAP (georeferenziata in EPSG 32641) (Fig.5.1) con riportati i villaggi

censiti da INTERSOS; si nota che nella zona intorno alla città di Herat, molti

villaggi che hanno dichiarato di aver subito un' alluvione, rimangono esclusi

dalle classi di rischio della carta. Questi stessi villaggi rientrano nelle aree di

rischio prodotte con queste metodologia.

Fig.5.1 Particolare della mappa del rischio di inondazione dell' Afghanistan occidentale, iMMAP 2013

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Fig.5.2Mappa del rischio di inondazione dell' Afghanistan occidentale, iMMAP 2013

Fig.5.3 Particolare della mappa della pericolosità alluvionale.

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