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Robert V. Kozinets Media, fan e netnografia COMUNICAZIONE E SOCIETÀ FrancoAngeli IL CULTO DI STAR TREK A CURA DI TITO VAGNI

COMUNICAZIONE E SOCIETÀ - francoangeli.it · Etnografia e netnografia di Star Trek “For the world is hollow and I have touched the sky”: Star Trek come rifugio utopico

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FrancoAngeliLa passione per le conoscenze

€ 15,00 (V)

Robert V. KozinetsRobert V. Kozinets ha indagato con una delle prime ricerche netnografiche

mai condotte le complesse trame del fandom legato alla famosissima serietelevisiva Star Trek, individuando uno dei più grandi fenomeni di consumodel nostro tempo.

L’impatto commerciale e culturale di questa serie è un chiaro esempiodel ruolo che le immagini, gli oggetti e i testi mediali giocano nelle nostre vite:sebbene siano connessi alla dimensione ludica, al piacere della visione ealla distrazione che ne deriva, essi acquisiscono la loro importanza nei processiidentificativi, imponendosi come vere e proprie religioni civili.

Star Trek è presentato come un territorio espanso in cui tanto i fan quantoi semplici spettatori trovano rifugio, per evadere dal proprio contesto, “finoad arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima”, (tele)trasportandosidalla realtà alla finzione e riemergendo ogni volta dal sogno utopico.

Ed è per questo che il Signor Spok, l’Enterprise o il Capitano Kirk sono figureancora vivide dell’immaginario collettivo contemporaneo.

Robert V. Kozinets è unanimemente riconosciuto come l’inventoredella netnografia e un’autorità nel campo dei social media, del marketing edell’innovazione. Hufschmid Professor di Strategic Public Relations e BusinessCommunication presso la University of Southern California, insegna anchepresso la Annenberg School for Communication e la Marshall School of Business.

Ha scritto numerose opere, concentrandosi sul rapporto tra tecnologia,media e consumo. Il suo ultimo libro è Netnography: Redefined (Sage, 2015).

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Informazioni per il lettore

Questo file PDF è una versione gratuita di sole 20 pagine ed è leggibile con

La versione completa dell’e-book (a pagamento) è leggibile con Adobe Digital Editions. Per tutte le informazioni sulle condizioni dei nostri e-book (con quali dispositivi leggerli e quali funzioni sono consentite) consulta cliccando qui le nostre F.A.Q.

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COMUNICAZIONE E SOCIETÀ

Collana diretta da Vanni Codeluppi

La collana “Comunicazione e società” intendeaiutare i lettori a comprendere perché la comuni-cazione rivesta un ruolo così centrale all’internodelle società di oggi. Mette pertanto sotto osser-vazione le molteplici forme assunte dalla comu-nicazione; e cerca di farlo con uno stile immediatoe adatto ai tempi accelerati della contemporaneità.Tentando però, nel contempo, di non rinunciarealla necessaria qualità interpretativa, né ad unosguardo critico, nella consapevolezza che talesguardo costituisca la premessa di ogni possibilemiglioramento sociale.

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Comitato scientifico

Arthur Asa Berger (San Francisco State University),Mike Featherstone (Goldsmiths, University ofLondon), Patrice Flichy (Université Paris-EstMarne-la-Vallée), Mark Gottdiener (University atBuffalo), Gilles Lipovetsky (Université de Grenoble),Geert Lovink (Universiteit Van Amsterdam),Lev Manovich (The Graduate Center, City Universityof New York), George Ritzer (University of Maryland),Dan Schiller (University of Illinois).

Tutte le proposte di pubblicazione provenientida autori italiani vengono sottoposte alla pro-cedura del referaggio (peer review), fondatasu una valutazione che viene espressa daparte di due referee anonimi, selezionati fradocenti universitari e/o esperti dell’argomento.

peer review 26-02-2013 12:04 Pagina 1

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Robert V. Kozinets

Media, fan e netnografia

IL CULTO DI STAR TREK

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Titolo originale: Utopian Enterprise: articulating the meaning of Star Trek’s Culture of

Consumption

Copyright © 2016 by Robert V. Kozinets “All Rights Reserved”

Traduzione dall’inglese di Guerino Bovalino

Progetto grafico della copertina: Elena Pellegrini

In copertina un’elaborazione grafica dei ciottoli di Mas d’Azil in Francia, risalenti al Mesolitico. Dipinti con motivi cruciformi, a cerchi, a bande anche serpentiformi o con serie di punti; questi segni pittografici vengono interpretati in vario modo e sono ritenuti uno dei primi

esempi di comunicazione simbolica.

Copyright © 2016 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy

L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sul diritto d’autore. L’Utente nel momento in cui effettua il download dell’opera accetta tutte le condizioni della licenza d’uso

dell’opera previste e comunicate sul sito www.francoangeli.it.

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Indice

Premessa

1. Basi teoriche Sub-culture e sub-culture del consumo

2. Aspetti metodologici Fan, follower e consumatori Ricerca online e offline Teoria dell’articolazione

3. Etnografiaenetnografiadi Star Trek“For the world is hollow and I have touched the

sky”: Star Trek come rifugio utopico“Datti una mossa”: il marchio e il consumo di

Star Trek“Una religione civile”Partecipare, ma con il “giusto distacco”L’utopia (commerciale) dell’EnterpriseConsumo culturale e investimento personaleLa lucentezza mitica dell’intrattenimento

Bibliografia

Postfazione. Culture partecipative tra svago e im-pegno, di Tito Vagni

pag. 7

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Premessa

Questo testo esamina la costruzione culturale e sub-culturale dei significati e delle pratiche di consumo così come rappresen-tati dalle immagini e dagli oggetti mediali. Sono stati raccol-ti dati, appunti e oggetti in 20 mesi di ricerca sul campo nei fan club di Star Trek, convegni e gruppi internet e nel corso di 67 interviste con i fan della serie Star Trek.

La sub-cultura del consumo di Star Trek si è costruita come un potente rifugio utopistico. Lo stigma, la situazione sociale e il bisogno di legittimazione influenzano i significati e le prati-che di consumo delle diverse sub-culture. Considerare Star Trek come una religione o un mito evidenzia il grado di investimen-to esistenziale che i fan ripongono nella serie. Queste interpre-tazioni sacrali sono utili a distanziare Star Trek dal superficiale status di banale prodotto commerciale.

I dati evidenziano come spesso il consumo soddisfi l’urgenza contemporanea di uno spazio concettuale che aiuti a costruire un senso di sé e di ciò che conta nella vita. La ricerca rivela an-che le forti tensioni culturali esistenti tra gli investimenti affet-tivi che le persone riversano sugli oggetti di consumo e lo stra-potere degli aspetti commerciali.

Star Trek è forse uno dei più grandi fenomeni di consumo dei nostri tempi. Le serie di fantascienza sono state accolte co-me “il fenomeno cult più redditizio e di successo nella storia della televisione” (Entertainment Weekly, 1994, p. 9). Ad oggi, le serie televisive originali di Star Trek (che furono trasmesse

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dal 1966 al 1969 e divennero enormemente popolari nella so-cietà dell’epoca) hanno ispirato quattro nuove serie e nove film, con un profitto di miliardi di dollari legato al merchandising. Come fenomeno culturale, i fan di Star Trek sono i primi che hanno marcato il passaggio da spettatori tradizionali a membri profondamente devoti di una sub-cultura alternativa. L’impatto commerciale e culturale di Star Trek dimostra l’importante ruo-lo che le immagini, gli oggetti e i testi dei mass-media giocano nella vita culturale contemporanea (Kellner, 1995; Hirschman e Thompson, 1997). È anche assodato che le sub-culture for-niscono influenti significati e pratiche che strutturano le identità, le azioni e i rapporti dei consumatori (Hebdige, 1979; McCra-cken, 1997; Schouten e McAlexander, 1995; Thorrnton, 1997). Precedentemente, i ricercatori che si sono occupati di consu-mo hanno studiato i testi e le influenze dei mass-media (Hir-schman, 1988, 1998; Holbrook e Hirschman, 1993; Hirschman e Thompson, 1997), i significati e le pratiche del consumo cul-turale (Belk, Wallendorf e Sherry, 1989; Holt, 1997; McCra-cken, 1986; Thompson e Haytko, 1997) e le sub-culture corre-late al consumo (Belk e Costa, 1998; Celsi, Rose e Leigh, 1993; Schouten e McAlexander, 1995). Che tali argomenti siano in correlazione tra di loro è stato precedentemente teorizzato. Nel loro lavoro etnografico sulla cultura degli skydivers (esplorato-ri dello spazio), Celsi et al. (1993) affermavano che la diffusio-ne di una visione tragica del mondo, inculcata dai mass-media negli spettatori, era risultata un importante fattore che giustifi-cava il consumo di forme culturali legate al pericolo. Schouten e McAlexander (1995, p. 57) osservano che le immagini-chiave per il consumatore appartenente alla sub-cultura delle Harley Davidson, erano quelle di un nuovo tipo di motociclista ispi-rato alle dramatis personae incarnate nei mass-media da mo-tociclisti fuorilegge e da altri archetipi simili come il cowboy. Holt (1997, p. 345) aggiunge che questi motociclisti posseggo-no quelle caratteristiche maschili “inscritte storicamente nella Harley attraverso riferimenti intertestuali collegati alla ribel-lione della classe operaia e rappresentata nei film e in altri testi della cultura di massa”.

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Nella loro mappatura culturale del fenomeno dell’uomo della montagna, Belk e Costa (1998, p. 20), considerarono importante studiare “le rappresentazioni mediatiche degli autentici uomini di montagna che fornivano il materiale base per la costruzio-ne della declinazione fantasistica attuale”. Infatti, l’immagina-rio centrale di molte sub-culture, come quelle di punk, surfi-sti, hippy, dark e hacker, spesso si basa su icone sacre, luoghi e tempi riconducibili a figure mediatiche (Hebdige, 1979; Mc-Cracken, 1997; Thornton, 1997). Comprendere l’interrelazio-ne fra consumo mediatico, sub-culture e pratiche diffusamente culturali accresce la nostra conoscenza di importanti aspetti del comportamento del consumatore contemporaneo.

Il saggio è organizzato come segue. Sono state esamina-te alcune delle problematiche chiave delle sub-culture e della letteratura dei cultural studies per fornire una base teorica al-la ricerca.

Una volta chiarita la metodologia etnografica, la si è appli-cata al fenomeno Star Trek. Il tutto è seguito da un approfon-dimento dei singoli temi emersi dagli appunti presi sul campo e dalle interviste. Le sezioni conclusive propongono lo svilup-po di un modello che possa mostrare la relazione consumatore- media all’interno della cultura del consumo di Star Trek, illu-strando le sue conseguenze per la teoria e la ricerca sul consu-matore.

Ringraziamenti

L’autore ringrazia il suo relatore Steve Arnold; Henry Jenkins, Eileen Fischer, Blaine Allen, Bill Cooper, Hamish Taylor, Norm Macintosh, Jay Handelman e John Sherry per i loro commenti e incoraggiamenti. Ringrazia inoltre profondamente l’editor, l’asso-ciate editor e i tre revisori che hanno fornito moltissimi spun-ti e contributi utili. L’autore vorrebbe sinceramente ringraziare anche i molti fan di Star Trek che hanno gentilmente sopporta-to di essere osservati ed interrogati, che generosamente gli han-no regalato le loro intuizioni sensibili e che, in definitiva, hanno reso possibile questa ricerca.

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1. Basi teoriche

Sub-culture e sub-culture del consumo

Vari aspetti delle sub-culture correlate al consumo sono sta-ti evidenziati dalle ricerche sui consumatori: il loro modo di acculturarsi (Celsi et al., 1993), la loro autodeterminazione, la loro struttura etica e gerarchica (Schouten e McAlexander, 1995), le loro regole di consumo cognitivo (Sirsi, Ward e Rein-gen, 1996). Schouten e McAlexander (1995, p. 43) hanno co-niato l’opportuno termine di “sub-cultura del consumo”, per indicare quel fenomeno definibile come “un peculiare sotto-gruppo della società che si autodetermina in base a una pas-sione condivisa per una specifica classe di prodotto, marca o attività di consumo”.

Nello sviluppo teoretico ed empirico del termine, Schouten e McAlexander (1995) lo situano tra altri illustri studi sub-cul-turali che analizzano gruppi i cui membri si identificano all’in-terno di un più ampio contesto culturale, trovando un senso e riconoscendosi come comunità principalmente in termini di po-sizioni contrastanti (perlopiù derivate dal consumo) contro il background culturale di riferimento (Hebdige, 1979).

Tuttavia, questa basilare letteratura sulla sub-cultura non è stata risparmiata dalla critica. Thornton (1997, p. 4) reputa che “il prefisso ‘sub’, rimandando a un più basso o secondario gra-do l’entità che esso qualifica, rivela uno dei principali presuppo-sti della tradizione culturale sulla sub-cultura, cioè che i gruppi

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sociali etichettati col nome di ‘subculture’ siano subordina-ti, subalterni o sotterranei” se non addirittura “devianti”, “cor-rotti”, illegittimi o di basso status socio-economico. L’antropo-logo Ulf Hannerz conferma che il termine “sub” introduce un grado di ambiguità. Hannerz (1992, p. 69) si chiede se la sub-cultura è:

[…] semplicemente un segmento di una più ampia cultura, o qualcosa di subordinato a una cultura dominante, o qualcosa di sotterraneo e ribelle, o un substandard, qualitativamente inferiore? Mentre la prima di queste alternative è senza dubbio la più solidamente accettata nella riflessione accademica […] tutte le altre hanno qualcosa di vago, allu-sivo, capace di generare confusione.

Mentre Hannerz evidenzia il richiamo al sotterraneo, al ri-belle, al sub-standardizzato e alle sgradite connotazioni del ter-mine, Thornton indica (esagerando la questione, a mio parere) che queste sono proprio le “principali supposizioni” di fondo di questa tradizione culturale. Anche se le sub-culture possono essere studiate come fenomeni non-devianti, è un dato di fatto che la vasta maggioranza degli studi specifici tenda a prende-re in considerazione casi di devianza, spesso ricordando “l’in-trinseco valore di gruppi diversamente denigrati” (Slack e Witt, 1992, p. 578).

Riguardo al termine “sub-cultura”, Nelson, Treichler e Grossberg (1992, p. 8) suggeriscono che la parola sia stata qual-che volta sovraccaricata di significato. Dato che i primi stu-di culturali in Inghilterra si concentravano sulle culture che, a quel tempo, possedevano “sufficiente spessore esperienziale, sociale e coerenza stilistica per essere considerate un modo di vivere”, essi asseriscono che i ricercatori dovrebbero essere più attenti nell’uso del termine per evitare “di attribuire lo status di elemento sub-culturale a quelle che sono essenzialmente attività di svago americane” (ibidem).

Per essere capaci di teorizzare l’interazione fra significati e pratiche del consumo influenzati dai media con le sub-cultu-re e le più includenti (o macro) culture, è necessario considera-re tre punti messi in rilievo dalla critica sulle sub-culture. In-

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nanzitutto, questo saggio ha deliberatamente incluso “le attività di svago americane”, nonostante esse potrebbero non possedere la profondità e la coerenza di un “modo di vivere”, e non gli si dovrebbe riconoscere lo status di sub-culture.

Come secondo punto, il concetto per cui le sub-culture basa-te sul consumo sono spesso associate a comportamenti devianti è utile perché aiuta a chiarire l’ordine morale a cui si oppongo-no e con cui si relazionano. Tuttavia, potrebbe essere teoretica-mente utile designare un termine completamente privo di ta-li connotazioni. Infine, Holt (1997) sostiene che dallo sviluppo empirico del concetto di sub-cultura del consumo si evince che il consumo condiviso dello stesso oggetto (e, presumibilmen-te, testo) esprime necessariamente un’identità comunemente condivisa. Una nuova concettualizzazione potrebbe aiutare ad evitare questa caratterizzazione, così come potrebbe rivelare la potenziale eterogeneità delle identità, delle credenze e delle pratiche riferibili ai membri di un sottogruppo apparentemen-te omogeneo.

L’espressione cultura del consumo è usata per concettualiz-zare un particolare sistema interconnesso di immagini, testi e oggetti commerciali, che specifici gruppi usano – attraverso la costruzione di pratiche, identità e significati sovrapposte e an-che in conflitto – per dare un senso condiviso ai loro contesti e orientare le vite e le esperienze dei propri membri.

Questa definizione è giustificata dalla connessione inter-testuale di oggetti, testi e ideologie nel sistema di significato culturale dei consumatori (Thompson e Haytko, 1997), dalle influenze industriali sulle culture e sulle sub-culture contem-poranee (Appadurai, 1986, 1990; Schouten e McAlexander, 1995), e dalla contestuale incorporazione di significati così co-me essi sono incarnati e negoziati dai membri della cultura in particolari situazioni, ruoli e relazioni sociali (e.g., Hannerz, 1992; Holt, 1997). Concentrarsi su uno specifico sistema di immagini, testi e oggetti (Appadurai, 1986), permette l’esplo-razione di un’eterogeneità culturale in disaccordo con le opi-nioni che privilegiano un condiviso sistema di significato. Al contrario, ciò si volge alla critica fatta da Holt sulla validità

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della sub-cultura del consumo (1997) perché il livello di con-divisione o divergenza del significato di consumo non è de-dotto dal concetto, ma da interessi empirici. Con questo focus teoretico, potremmo adesso addurre giustificazioni metodolo-giche sull’uso della cultura di Star Trek come area di ricerca sui consumatori.

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2. Aspetti metodologici

Fan, follower e consumatori

Creato dall’ex pilota della Seconda Guerra Mondiale ed ex poliziotto del Dipartimento di Polizia di Los Angeles Gene Roddenberry (vedi Alexander, 1994) e lanciata durante l’api-ce della Guerra Fredda e della Corsa allo Spazio, Star Trek è una serie di fantascienza ambientata trecento anni nel futuro, in un’utopia sociale e tecnologica post-capitalista. Le cinque se-rie televisive di Star Trek e i nove film, mostrano le avventure intergalattiche di diversi equipaggi che viaggiano nello spazio della “Federazione dei Pianeti Uniti”, impegnati in una tra-versata dell’universo finalizzata a esplorare “nuovi mondi sco-nosciuti” alla ricerca di “nuove forme di vita e nuove civiltà” (Whitfield e Roddenberry, 1968). Per quanto riguarda il suo im-patto culturale, un sondaggio di Harris del 1994 ha dimostrato che il 53% del pubblico americano si considerava “fan di Star Trek” (Harrison e Jenkins, 1996, p. 260; Tulloch e Jenkins, 1995, p. 4), un dato che probabilmente include molti fan che se-guono solo in maniera casuale le serie televisive.

Molto meno numerosa della base di fan occasionali è quel-la identificabile come la reale sub-cultura dei fan di Star Trek. La sub-cultura di Star Trek, erede di quei gruppi di fan del-la narrativa fantastica (i.e., fan del fantasy e della fantascienza) che si riunirono in America e in Inghilterra già dai primi an-ni ’20, è riconoscibile dall’utilizzo dei termini fandom o media

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fandom per descrivere la loro cultura e la loro comunità istitu-zionalizzata (vedi Bacon-Smith, 1992; Jenkins, 1992). Fandom è il termine generale, spesso applicato ai fan della letteratura. Media fandom si riferisce in maniera più specifica ai fan della televisione e dei film della narrativa fantasy. Lo storico e scrit-tore di fantascienza Frederick Pohl (1984, p. 47) ha così descrit-to la sub-cultura dei fandom:

I membri condividevano interessi e atteggiamenti che il resto del mondo disprezzava.Essi pensavano in termini di scienza e futuro, e quando non leggeva-no o scrivevano di quelle cose, ciò che volevano maggiormente era-parlare di quegli argomenti. Così facendo, diedero i natali ad un par-ticolare fenomeno culturale, il “fandom” della fantascienza. È molto difficile spiegare i [fandom] della fantascienza a chi non ha compe-tenze a riguardo. L’analogia più vicina, forse, potrebbe essere i “Cri-stiani sotterranei” della Roma pagana, piccoli e clandestini gruppi di credenti che si incontravano in segreto, evitati o persino aggrediti da-gli estranei al credo, o come li chiamano i fan, dai “terrestri”.

Confermando l’importanza della sub-cultura fandom come area di ricerca accademica, gli studi etnografici hanno raccol-to ricche visioni teoretiche e descrittive sull’analisi del pub-blico (Amesley, 1989; Jenkins, 1992), sul media-femminismo (Bacon-Smith, 1992; Penley, 1997) e sulla produzione dei fan e della loro persistenza (Fiske, 1989; Jenkins, 1992, Tulloch e Kenkins, 1995). Tuttavia, Grossberg (1992, p. 52) è stato critico sul modello “sub-culturale” del fandom, poiché esso comprende “fan che costituiscono solo una frazione elitaria del più ampio pubblico di consumatori passivi”.

Grossberg incoraggia gli studiosi a tentare di “capire la dif-ferenza” tra questi gruppi studiando i consumatori, piuttosto che semplicemente scartandoli come poco interessanti (ibi-dem). Concettualizzando i confini tra la sub-cultura della fan-tascienza e il più largo popolo di fan proposto dal sondaggio di Harris, Tulloch e Jenkins (1995, p. 23) distinguevano tra fan, ossia i “partecipanti attivi all’interno dei fandom intesi come istituzione sociale, culturale e interpretativa” e followers, inte-si come “membri del pubblico che regolarmente guardano e ap-

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prezzano i programmi di fantascienza ma che esibiscono una minore identità sociale connessa al consumo di essi”, anche se gli studiosi ammettono che “il confine tra i due gruppi rimane fluido e piuttosto occasionale”.

Le differenze tra i fan e i consumatori suggerite dalla di-stinzione di Tulloch e Jenkins (1995) considerano i consu-matori (passivamente definiti “followers”) come possessori di “una minore identità sociale” come fan della fantascienza, pre-sumibilmente perché essi non sono “partecipanti attivi all’in-terno del fandom inteso come istituzione sociale, culturale e interpretativa”. Una prospettiva alternativa, tuttavia, pone l’i-dentificazione individuale e l’investimento affettivo negli og-getti e nelle immagini dei mass-media – piuttosto che la par-tecipazione sub-culturale – come caratteristica essenziale dei fandom (Grossberg, 1992; Harrington e Bielby, 1996). Analo-gamente, l’etnografia attuale usa un criterio di autoidentifica-zione per stimolare l’appartenenza, allo scopo di sminuire alcu-ne delle differenze ideologiche tra fan e consumatori, basate sul pregiudizio che i fan (1) consumano instancabilmente, (2) fisi-camente sono uniti in comunità usando (3) atti di partecipazio-ne creativi e sub-culturali piuttosto che il semplice consumo di oggetti commerciali di massa. Quindi, la prospettiva di ricer-ca utilizzata in questo saggio è in armonia con le demarcazioni di Tulloch e Jenkins, ma esplora anche i fluidi confini cultura-li esistenti, rispettivamente, tra i due gruppi di fan di Star Trek e di entrambi i gruppi con il più largo universo di consumo che li comprende.

Ricercaonlineeoffline

Influenzata dalla mia storia personale di devoto telespetta-tore di Star Trek oltre che collezionista del relativo merchan-dising, questo studio etnografico è il risultato di 20 mesi di ri-cerca sul campo, tra il 1995 e il 1997, svolto su tre aree che mostrano una gamma di forme di interazione mediatica legata a Star Trek: dalle aree più macro-culturali e anonime a quelle

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più sub-culturali e intime. La prima area è l’articolata e intima “micro-cultura” locale (Hannerz, 1992, p. 77; Sirsi et al., 1996), ossia le assemblee dei fan. Ho aderito, sono diventato un mem-bro attivo e ho partecipato al Consiglio d’Amministrazione di Fan Trek, un fandom-club canadese di Star Trek. Ho anche par-tecipato a Super Media, un comitato di organizzazione di con-vegni del fandom. Negli anni seguenti, sono stato osservatore e partecipante a trentadue eventi e agli incontri del fandom. Fan Trek aveva circa 150 membri, anche se solo 30 di essi segui-vano gli incontri mensili del club. Di quei 30, approssimativa-mente il 58% erano uomini e il 60% erano di un’età compresa tra i venticinque e i quaranta anni. Il 72% dei posti del Consi-glio d’Amministrazione erano occupati da donne, incluse le po-sizioni di vertice, e fra le 10 o 11 persone che prendevano parte assiduamente alle riunioni del Consiglio c’erano solo due o tre uomini. La prevalenza di donne nei ruoli dirigenziali è comune in Star Trek e nei fandom della fantascienza, come è stato nota-to da Bacon-Smith (1992), e Penley (1997) (per una prospettiva sui fan, vedi Trimble, 1983).

La seconda area di ricerca è stata la congregazione delle mi-cro-culture locali e di fan interessati (ma non partecipanti as-siduamente e istituzionalmente) attraverso l’osservazione par-tecipata a cinque convegni su Star Trek e relativi fandom (quattro in Canada e uno negli Stati Uniti). Queste prime due aree mi hanno permesso di osservare e capire l’attuale com-portamento o la “prospettiva d’azione” (Gould et al., 1974; Ar-nould e Wallendorf, 1994) dei fan di Star Trek che esercitavano le pratiche di consumo. La terza area è stata la più regional-mente dispersa e gli interscambi avvenivano per mezzo della comunità virtuale attraverso messaggi nei gruppi di discussio-ne, pagine web e corrispondenza personale via e-mail.

Questa parte dello studio è stata completata da una ricerca sul campo, fatta di interviste con osservazione partecipante, scari-cando e postando messaggi sui gruppi di discussione dei fan (e.g., rec.arts.startrek.current, rec.arts.startrek.fandom), attraverso la co-struzione e la gestione di un homepage www.StarTrekResearch, e per mezzo di interviste ai fan via e-mail.

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Muovendomi all’interno di questa combinazione di ricer-ca sul campo online e offline, ho condotto interviste informa-li semi-strutturate. La ricerca sul campo è stata arricchita da due interviste personali e ognuna della durata di circa tre ore, a due diversi fan canadesi di Star Trek (“Hilary”, durante una festa dopo un convegno, e “Evan”, a casa sua)1. Le discussioni e le interazioni con i membri di Fan Trek e Super Media (e.g., “Theodore”, “Walt”) sono state raccolte tramite appunti sul campo e via e-mail. Ho condotto interviste via e-mail (o cyber-interviste) con 65 diversi fan auto-dichiarati di Star Trek (e.g., “Jacob”, “Stephanie”, “Sarah”), che hanno inviato e-mail da domini di Stati Uniti (69%), Canada, Brasile, Australia, Nuo-va Zelanda, Inghilterra, Slovacchia, Germania, Svezia, Svizze-ra, Sud Africa e Giappone. Approssimativamente, il 52% erano donne. Le loro età era compresa fra i 13 e i 66 anni. Le inter-viste via e-mail variano per durata e profondità: da una singo-la e breve risposta a dozzine di dettagliati scambi di più pagi-ne avvenuti in oltre quattordici mesi. Le interviste personali e quelle via e-mail hanno permesso l’accesso alla “prospetti-va d’azione” (Gould et al., 1974; Arnould e Wallendorf, 1994) che i fan di Star Trek usano per spiegare il loro comportamen-to di un fan.

Il risultato di questa raccolta è una collezione di dati quali-tativi consistente in quasi 440.000 parole di appunti presi sul campo, interviste e analisi dei membri; 260.000 parole di da-ti di repertorio; e 267 fotografie. Questo materiale è stato esa-minato nel dettaglio, durante e successivamente al processo di raccolta dei dati, nel quale è stato trascritto a mano.

Le formulazioni analitiche basate sulla teoria sono state te-state e migliorate da un’ulteriore ricerca sul campo, attraver-so dati di repertorio e fotografie. È stato anche usato NUD*IST, un software di analisi qualitativa. La revisione del testo com-prende uno scrupoloso tentativo di considerare le prospettive di cultura dei membri presentando formalmente reperti di ricer-

1. Sono stati usati pseudonimi allo scopo di proteggere la privacy dell’in-formatore.