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RETAIL MARKETING Comunicare il prodotto in store Estratto da Largo Consumo n. 6/2019 Strategie per rafforzare la shopping experience e la fedeltà alla marca attraverso la relazione diretta tra consumatore e prodotto davanti allo scaffale. I FORUM DI LARGO CONSUMO © Editoriale Largo Consumo srl

Comunicare il prodotto in store - MK GROUP · di nicchia da una parte (per esempio, i prodotti bio e gourmet) e l’esigenza ... emersi tre esempi di mercati che saranno di grande

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RETAIL MARKETING

Comunicareil prodotto in store

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n.6/

2019

Strategie per rafforzare la shopping experiencee la fedeltà alla marca attraverso la relazione diretta

tra consumatore e prodotto davanti allo scaffale.

I FORUMDI LARGO CONSUMO

© Editoriale Largo Consumo srl

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DISTRIBUZIONE

l mondo del retail è attraversato da grandi trasformazioniche riflettono i cambiamenti sociali: nuovi stili di consu-mo, nuove modalità di acquisto, nuove esigenze dei con-sumatori. In un universo dominato da un’offerta multica-

nale sempre più vasta e articolata, è necessario saper attiraree coinvolgere il pubblico, che ha sempre meno tempo e menoattenzione da dedicare agli acquisti e privilegia la velocità el’efficienza, come testimonia il successo dell’e-commerce edelle catene specializzate. In questo scenario, il punto di ven-dita assume un’importanza cruciale per rafforzare la relazio-ne e la comunicazione con il consumatore. Industria e retailerconfermano l’esigenza di valorizzare i negozi fisici, ancheripensando e superando i modelli e le logiche tradizionalidella distribuzione, per arrivare a offrire una shopping expe-rience forte, in grado di consolidare la fedeltà alla marca. Leattività in-store sono un’opportunità per entrare in contatto

Idiretto con il pubblico e per raccontare il prodotto al di làdello scaffale, utilizzando strumenti come informazioni tec-niche approfondite ed esperienze sensoriali (come la prova ol’assaggio) e guidando il consumatore all’acquisto attraversopersonale specializzato. Diventa dunque sempre più rilevanteanche la capacità di innovare e di rispondere alle richieste deiclienti con nuovi prodotti e servizi, come dimostrano le ini-ziative di ibridazione tra distribuzione e somministrazione,che stanno riscuotendo un successo crescente. Per questomotivo, i dati sul comportamento dei consumatori sarannosempre più il vero asset su cui in futuro dovranno confrontar-si retailer e aziende. Il ruolo del marketing operativo sul pun-to di vendita è stato l’argomento al centro del Retail Circle,l’incontro organizzato da Largo Consumo, Retail InstituteItaly e MK Group il 26 marzo scorso, nella sede di RetailInstitute Italy a Milano, cui hanno partecipato direttori com-merciali e marketing di grandi marchi dei beni di largo con-sumo, responsabili di insegne della grande distribuzione edesperti di retail marketing. L’incontro è stato coordinato daArmando Garosci, giornalista della rivista che ha animato emoderato il dibattito.

RETAIL INSTITUTE ITALY:IL FUTURO DELLA DISTRIBUZIONENel mondo del retail c’è un grande ritardo nella capacità di

trasformare il dibattito attuale nello scenario futuro della di-stribuzione italiana: è quanto sostiene Daniele Tirelli, presi-dente diRetail Institute Italy. Il problema principale per i re-tailer è la quantità dei prodotti/brand disponibili, che aumenta

Comunicare il prodotto in storeRETAIL MARKETING

Strategie per rafforzare la shopping experience e la fedeltà alla marca attraversola relazione diretta tra consumatore e prodotto davanti allo scaffale.

ddii Marialetizia Mele e Armando Garosci

I FORUM

DI LARGO CONSU

MO

LARGO CONSUMO n. 6/2019

• Che tipo di ruolo strategico riveste il punto di vendita nellacustomer experience?

• Che tipo di rapporto intercorre tra prodotto e punto di vendita? • Quali sono i fattori di successo del marketing operativo sul pun-to di vendita?

• Come evolve il punto di vendita dal punto di vista della Gdo edell’industria?

• Retailization, e-commerce, discount, warehouse: nuove oppor-tunità o minacce per la distribuzione?

• Il valore dei dati: in che modo industria e retailer analizzano econdividono le informazioni sui consumi?

I temi oggetto di discussione:

��Approfondimenti: www.largoconsumo.info/tag/Promozione sul Pdv

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DISTRIBUZIONE

né l’uno, né l’altro. Né l’industria, né i retailer hanno ancora laconsapevolezza di come sarà questo mondo tra pochi anni: ènecessaria, pertanto, una visione del futuro che sappia guarda-re molto avanti, per poi adeguare la prassi quotidiana alle nuo-ve esigenze del mercato.

MÜLLER: PARTIRE DAGLI STILI DI CONSUMOMüller è leader nel mercato degli yogurt e dei dessert; la fi-

liale italiana, che l’anno prossimo celebrerà i 25 anni di attivi-tà, ha un volume d’affari annuo tra i 120 e i 150 milioni di eu-ro ed è parte di un gruppo multinazionale che fattura più di 6miliardi di euro all’anno. Sergio Attisani, direttore commer-ciale, ricorda che il successo di Müller è dovuto in parte allescelte di posizionamento che sono state fatte, ma soprattutto alprodotto: l’intuizione è stata quella di modificare lo yogurt perrenderlo più vicino ai gusti delle persone, più pop. Lo yogurt èun prodotto generazionale e ora la sfida è pensare alle genera-zioni future che guardano a nuovi contenuti di brand e di pro-dotto. Per questo motivo Müller, in collaborazione con alcuniistituti di ricerca, ha cercato di segmentare i propri consumato-ri in macro-gruppi sulla base degli stili di consumo e sta pro-ponendo questa visione alla distribuzione, per costruire uno

scaffale sulla base di parametri come reddito, in-novazione, semplicità. Lo scaffale, sottolinea At-tisani, deve essere il risultato delle scelte del

consumatore: da qui a cinque anni, con lasemplificazione della spesa e la riduzio-ne del potere d’acquisto per un grupposempre più ampio di consumatori, i su-permercati rischiano di perdere clientiperché, schiacciati tra l’innovazionedi nicchia da una parte (per esempio,i prodotti bio e gourmet) e l’esigenzadi ridurre i prezzi dall’altra, perdonodi vista i bisogni dei consumatori in-termedi e questo favorisce il di-scount, che intercetta meglio il bi-sogno di semplicità. Partire daglistili di consumo può essere inveceuna logica per ridefinire il punto divendita, che ha bisogno di esserevalorizzato: la distribuzione è

3LARGO CONSUMO n. 6/2019

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I partecipanti alla tavola rotondaazienda

Retail Institute ItalyMüllerCeres–IperMK GroupMK GroupDivita Italia (Ricola)Humana ItaliaLedvance (Osram)AuchanCameo ItaliaRummoLargo Consumo

funzionePresidenteDirettore CommercialeCountry Sales Manager Consulente retail e FMCGMarketing & Ecommerce DirectorPresidenteVice PresidenteTrade Marketing ManagerDirettore CommercialeRetail Sales Channel ManagerResponsabile Studi e RicercheExecutive Manager Trade Marketing & FieldCustomer Team ManagerGiornalista

nomeDaniele TirelliSergio AttisaniGianpaolo Corti Gianluca Di VenanzoMassimo Baggi Giorgio PorroPaolo FregosiMatteo RimoldiAndrea AmiconeErika SambugaroAlessandro ArnaoRoberto RoccaNiccolò AnzilottiArmando Garosci

Servizio fotografico: ADV Events per Largo Consumo

in continuazione grazie a fenomeni inarrestabili, come la glo-balizzazione: su questo numero crescente la distribuzione de-ve operare una selezione sempre più stretta. D’altra parte, ilconsumatore ha molte più alternative e può scegliere tra il ne-gozio sotto casa, il discount, il punto vendita specializzato, ilsupermercato. La grande distribuzione deve quindi risolveredue questioni fondamentali, legate all’economia del tempo eall’economia dell’attenzione: il compito è necessario sia poteroffrire un’esperienza di acquisto rapida ed efficiente, sia sapersuscitare l’interesse del consumatore. Tirelli evidenzia comespesso le scelte di assortimento dei retailer non siano adegua-te, perché si fondano ancora su formule matematiche di ripar-tizione dello scaffale cosiddette “a retroazione”, ovvero si de-ve vendere di più quel che si è venduto! Invece di un calcolobasato su un “mono-input”, si dovrebbero considerare altri cri-teri relativi al potenziale delle vendite future, come la comuni-cazione verso il consumatore e la sua sollecitazione, offrendo,per esempio, informazioni aggiuntive e dimostrazioni per dif-ferenziare i prodotti. Non sempre la marca è al centro del pro-cesso di acquisto: dobbiamo distinguere i prodotti adatti al si-lent selling, che parlano da soli grazie alla forza del brand, daquelli che richiedono al distributore l’organizzazione di unflusso informativo teso ad aggiornare il cliente sulle alternati-ve di acquisto. Nel dibattito, sottolinea Daniele Tirelli, sonoemersi tre esempi di mercati che saranno di grande interesseper il prossimo futuro: quello dei derivati del latte e dei suoisostituti come lo yogurt, che verrà investito da innovazioni co-me il lassi, l’ayran, il kefir, il laban (sia di latte vaccino che dilatti vegetali) che possono portare al triplo di referenze espo-ste ed essere destinate a erodere con tantissime “crumbs” lequote di mercato dei prodotti tradizionali; le birre, per le qualista aumentando notevolmente il numero di referenze; e il mer-cato dei cibi per cani e gatti, che ha portato alla nascita di pun-ti vendita specializzati, impensabili solo dieci anni fa.

Un modello distributivo ancora poco conosciuto in Italia èinvece quello del warehouse, che dovrebbe essere studiato ecompreso, perché detterà l’evoluzione del punto vendita: gliipermercati del futuro dovranno essere trasformati in ibridi trasupermercato classico specializzato e ad assortimento profon-do e warehouse sullo stile dell’americana Wegmans. Tuttoquesto per sfruttare due leve che sono confuse e rese semprepiù inefficienti: la ricerca della varietà e della qualità e sul la-to opposto il risparmio dei prezzi bassi. Attualmente di fronteall’irrobustirsi dei “category killers” gli ipermercati non sono

Da sinistra, Gianluca Di Venanzo (Consulente retail e FMCG), Gianpaolo Corti (Ceres)e Sergio Attisani (Müller)

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casa; ma ne beneficiano anche il trade, che aumenta i profit-ti, e i consumatori, che ricevono un servizio aggiuntivo. I nu-meri dicono che un punto di vendita dotato di frigorifero orack permanente con birre e soft drink può incrementare ilfatturato da +40 a +200 per cento, ottenendo in ogni caso il ri-torno dell’investimento sulle attrezzature e sul caricamentodel prodotti.

DI VENANZO: FATTORI DI SUCCESSO DA COMPRENDEREGianluca Di Venanzo ha un’esperienza di oltre vent’anni

sia nel retail, dove è stato direttore di insegne della grande di-stribuzione, sia nell’industria alimentare, in particolare nelsettore degli snack salati. Di Venanzo sottolinea che il di-scount e il private label stanno conquistando il consumatoremainstream grazie al fatto di aver aumentato molto la qualitàdel prodotto; il compito dell’industria è quello di differen-ziarsi facendo innovazione e seguendo i nuovi trend di con-sumo, come il fuori casa e i prodotti salutistici, ma sembrache la marca faccia ancora fatica ad adeguarsi ai nuovi stili,nonostante ci siano gli spazi per creare nuovi mercati. Unesempio è il tema del plastic free, al quale oggi il consumato-re è molto sensibile: eppure, non ci sono ancora molte indu-strie che cavalcano questo argomento e si impegnano nella ri-duzione degli imballaggi in plastica. Un altro esempio sonole capsule di caffè, che hanno distrutto il vecchio mercato delcaffè a scaffale: in quel segmento le capsule compatibili bio-degradabili possono trovare un interessante posizionamento.È necessario comprendere i fattori critici di successo in ognicanale distributivo: i retailer devono abbandonare l’idea divoler fare tutto, perché non possono ottenere il massimo as-sortimento, il miglior prezzo, le migliori promozioni, il mi-glior livello di servizio.

Nella distribuzione, l’ipermercato è il canale che soffre dipiù, perché la variabile tempo incide molto: il consumatoredeve investire una considerevole parte del proprio temponon solo per fare la spesa, ma anche per gli spostamenti dacasa al punto di vendita e ritorno. Da questo punto di vista,l’e-commerce è vincente sia per i costi e i tempi, sia perchéoffre più informazioni: questo è importante soprattutto per lecategorie molto specializzate, come il cibo per cani, dove il50 per cento degli acquisti avviene di fronte allo scaffale equindi il merchandising non basta, servono il visual e l’assi-stenza alla vendita del prodotto. Infine, una provocazioneper l’industria, che vuole affrontare nuovi canali tradizional-mente poco presidiati, come il fuori casa, ma non ha ancora

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DISTRIBUZIONE

spesso troppo attenta agli acquisti e ai contratti e poco ai nego-zi, mentre dovrebbe recuperare la tradizione italiana della bot-tega e della cura del punto di vendita. In questo contesto, unadelle iniziative promozionali di Müller si è rivelata particolar-mente efficace: la creazione di strutture in plexiglass animatecon led colorati, che, posizionate sulle testate degli scaffali,hanno attirato i consumatori con notevoli risultati di vendita(+1.000%). La chiave di questo successo è stata nella visibili-tà extra display e nell’uso di materiali innovativi per coinvol-gere il pubblico.

CERES: L’IBRIDAZIONE COME MODELLO DI VENDITAÈ la birra più distribuita in Italia, grazie anche al canale ho-

reca dove il marchio Ceres è presente da più di cinquant’anni.Con la recente acquisizione di Crodo e dei brand Lemonsodae Oransoda, l’azienda opera ora in due macro categorie, labirra e i soft drink, con un fatturato annuo in Italia di quasi200 milioni di euro. Per Ceres il presidio del punto di vendi-ta nella grande distribuzione è fondamentale, tanto che nel-l’ultimo anno ha raddoppiato il team dedicato. Questa attivi-tà, precisa Gianpaolo Corti, country sales manager, portabenefici non solo all’azienda, ma anche al consumatore e altrade: il consumatore può contare sulla completezza dell’as-sortimento, della promozione e dell’esecuzione; il distributo-re aumenta la penetrazione di prodotti di elevato valore e inquesto modo si generano profitti addizionali, in una logicawin-win. Tuttavia, l’azienda rileva che non sempre gli accor-di presi con le centrali per le attività di merchandising vengo-no eseguiti sul punto di vendita e che, d’altra parte, molte ini-ziative sono generate da accordi periferici: in entrambi i casi,il presidio del punto di vendita riveste un’importanza strate-gica. L’obiettivo di Ceres è quello di migliorare non solol’aspetto qualitativo del merchandising, ma soprattutto lashopping experience del consumatore.

Nel food & beverage sono in crescita i consumi fuori casae si va sempre più verso l’ibridazione tra distribuzione e som-ministrazione: le frontiere più interessanti sono l’on the go ela possibilità di consumare cibi e bevande sul punto di vendi-ta, che molti retailer stanno sperimentando. Qui è molto im-portante il livello di servizio offerto al consumatore: peresempio, nel settore beverage, può essere vincente la propo-sta di un frigorifero con un assortimento completo, che lascila scelta al cliente finale. Il vantaggio per l’industria è indi-scutibile, perché aumenta i consumi sul punto di vendita an-

che in momenti come la pausa pranzo o il ritorno a

A sinistra, Giorgio Porro (MK Group), Paolo Fregosi (MK Group), Matteo Rimoldi (Divita Italia - Ricola) e Massimo Baggi (Iper)

LARGO CONSUMO n. 6/2019

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mostrato la capacità di organizzarsi e di cooperare: lo sha-ring sarebbe una soluzione interessante per investire sui nuo-vi mercati, riducendo i costi di distribuzione e massimizzan-do gli investimenti.

IPER: TEATRALIZZARE IL GROCERYIl settore della distribuzione pare essere in crisi, più che di ri-

sultati, di idee: ne è convinto Massimo Baggi, marketing &ecommerce director di Iper, insegna della Gdo che conta 21punti di vendita, ai quali si aggiungono 150 supermercati a mar-chio Unes, per un fatturato totale annuo di circa 2,5 miliardi dieuro. Secondo Baggi, nel mondo del retail esistono alcune dif-ficoltà ad accettare le trasformazioni che stanno investendo nonsolo i consumi, ma tutta la società. Un esempio è l’e-commer-ce, ancora difficile da lanciare nella Gdo con i suoi paradigmicommerciali differenti, che prevede inoltre sfide simili ai tipiciprogetti di start-up. Iper ci sta provando e nel frattempo sul latofisico sta cercando di innovare i propri punti di vendita sia nelfresco, con un aumento delle aree di somministrazione, sia nelsettore non alimentare, dove ha deciso di aprire partnership co-me la collaborazione con Unieuro, annunciata all’inizio del-l’anno: una scelta che va verso una visione di un futuro in cuil’ipermercato potrebbe somigliare sempre più a un departmentstore. Se in generale il mondo Gdo appare restio ad alcuni cam-biamenti, Baggi lancia però anche un j’accuse all’industria: ipunti di vendita appaiono noiosi anche perché noioso è il setto-re grocery e fare la spesa diventa un atto dovuto, non coinvol-gente per il consumatore. Come il fresco si sta trasformandospostandosi verso la somministrazione, anche la parte di groce-ry deve essere ripensata, perché nel giro dei prossimi dieci annisarà destinata a subire la forte concorrenza dell’e-commerce,che porterà a casa dei consumatori gli stessi prodotti a prezziconcorrenziali e in tempi rapidi. Le aziende ragionano ancorain termini di category management, mentre si dovrebbe pensa-re alla customer experience: è ancora difficile vedere cambi dirotta, ma c’è qualche tentativo di cambiare i percorsi e di abbat-tere il concetto di scaffale, per arrivare a una teatralizzazioneche trasformi il punto vendita anche nel grocery. Il vero temaper il futuro, sottolinea Baggi, è la condivisione dei dati, che so-no molto più utili dei focus group o dei panel: in un caso citatoda Iper, l’analisi dei dati condivisi ha portato un’azienda clientea scegliere per il proprio prodotto nuovi formati e a testarli siasul punto di vendita, sia sull’e-commerce. Nella maggior partedei casi, tuttavia, le imprese non appaiono interessate a questeopportunità, segno che l’industria non è ancora pronta a investi-re sui dati di comportamento dei clienti per metterli a fattor co-mune in una strategia che punti a generare valore di categoria edi conseguenza, indirettamente, anche sui singoli prodotti.

MK GROUP: LE RETI DI PRESIDIO ATTIVOIn Italia i supermercati sono ancora tutti uguali: è la con-

statazione da cui parte Paolo Fregosi, vice presidente diMK Group, società di soluzioni di in-store marketingper l’industria e la distribuzione. Mentre in altri Paesicome Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti i punti di ven-dita offrono prodotti differenziati sulla base di un preci-so target di consumatori, i retailer italiani mostrano glistessi assortimenti ovunque e – salvo qualche rara ec-cezione – l’unica leva di marketing utilizzata è il prez-zo, con il conseguente risultato di avere margini sempre

più ridotti. Il ruolo operativo del punto di vendita è importantesia per l’industria, sia per la distribuzione e potrebbe esseremolto più valorizzato: se l’obiettivo delle insegne è quello diottimizzare i costi e recuperare margini, non si dovrebbero por-re ostacoli a una intelligente presenza dell’industria sul puntodi vendita. Le aziende, precisa Fregosi, sono sempre più orien-tate a utilizzare supporti esterni per il presidio dei punti di ven-dita, che non sempre può essere attuato con le sole risorse in-terne: oltre all’attività di promotion o di merchandising conprofessionisti preparati, tra i servizi più innovativi ci sono le re-ti dedicate di Presidio Attivo, che si occupano anche della rela-zione proattiva con i capi reparto. MK Group si presenta conuna struttura consortile appositamente per avere al proprio in-terno professionalità differenti e complementari per copriretutte le tipologie di attività in-store, dai singoli promoter sulpunto di vendita alla costruzione di reti di Presidio Attivo. No-nostante l’e-commerce stia diventando sempre più rilevante, leiniziative sul punto di vendita sono ancora decisive per la rela-zione con il consumatore e per il messaggio che i retailer e l’in-dustria possono comunicare ai propri clienti. In base a recentidati Nielsen, ancora oggi il 67 per cento delle scelte di marcaavviene sul punto di vendita: la promozione e la teatralizzazio-ne diventano dunque elementi indispensabili per attirare ecoinvolgere i consumatori.

RICOLA: LA POTENZIALITÀ DEI PRODOTTI D’IMPULSORicola è una multinazionale svizzera che produce caramel-

le con erbe officinali ed esporta in più di 60 Paesi, con un fat-turato globale di 350 milioni di franchisvizzeri (circa 312 milioni di eu-ro); in Italia i suoi prodotti sonodistribuiti dal 2006 da DivitaItalia, che ha un giro d’affariannuo di 27 milioni di euro.Come evidenzia Matteo Ri-moldi, trade marketing ma-nager di Divita Italia,l’azienda ha da sempre unaforte presenza nel canaleimpulso e ha cominciato intempi recenti a struttu-

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DISTRIBUZIONE

LARGO CONSUMO n. 6/2019

Da sinistra, Andrea Amicone (Humana Italia), Armando Garosci (LargoConsum) ed Erika Sambugaro (Ledvance – Osmar)

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rarsi per il presidio dei punti di vendita della Gdo. Nella storeexecution emerge a volte la difficoltà di applicare gli accordisul territorio: nonostante la categoria delle caramelle sia im-portante per il trade, perché genera vendite incrementali e am-pi margini, spesso non riceve dal retailer un’adeguata atten-zione. Un caso emblematico è quello delle avancasse, che pergli acquisti di impulso sono strategiche e che invece a voltenon sono gestite in modo efficace dalle insegne. Il tema fon-damentale, sottolinea Rimoldi, è far comprendere ai punti divendita la potenzialità dei prodotti d’impulso, che, anche senon sono nella lista della spesa del consumatore, portanograndi marginalità e, se collocati negli espositori fuori dalloscaffale, generano vendite incrementali molto più alte rispet-to, per esempio, al taglio prezzo a volantino, senza distrugge-re valore. Oltre all’extra display, per Ricola un altro strumen-to fondamentale di marketing operativo sono le promozioniin-store e il sampling in particolare, perché, nonostante lagrande notorietà del marchio, conquistata soprattutto graziealle campagne televisive, spesso il consumatore in realtà nonha una reale conoscenza dei prodotti: l’incontro fisico sul pun-to di vendita e l’assaggio permettono di far apprezzare la qua-lità e di raccontare aspetti meno noti del prodotto.

La promozione in-store offre la possibilità di un contattoqualitativo diretto con il consumatore, che riceve informazio-ni sul prodotto e sull’azienda ed è quindi più facilmente spin-to all’acquisto.

HUMANA ITALIA:UNA CUSTOMER EXPERIENCE DA MIGLIORAREHumana Italia è una divisione di DMK Group, cooperati-

va tedesca dairy based che fattura globalmente quasi 6 miliar-di di euro; in Italia il fatturato è di circa 80 milioni di euro trababy food, integratori alimentari per la fascia d’età da 0 a 3anni e baby care. Nella riflessione sul ruolo del punto di ven-dita nella grande distribuzione, Andrea Amicone, direttorecommerciale di Humana Italia, porta l’esempio delle sanita-rie: spazi di piccole dimensioni, non oltre i 400 mq, che ven-dono tutti i prodotti per bambini e hanno una sorta di perso-nal shopper che guida il consumatore, in genere la mamma,attraverso un’esperienza che risulta premiante per le vendite,perché spinge all’acquisto di impulso su prodotti correlati.

Anche il baby store, aggiunge Amicone, permette un presi-dio attivo del punto di vendita e – in occasioni promozionali– una relazione con il consumatore vicina alle esperienze de-gli ipermercati degli anni Novanta. L’interazione con il con-sumatore è ovviamente evoluta an-che nelle farmacie, altro canale di-stributivo per il baby food, conprofessionisti capaci di accom-pagnare il consumatore nell’ac-quisto e di indirizzarlo anchenella situazione di neces-sità. Questo aspettoesperienziale manca an-cora nella grande di-stribuzione, che do-vrebbe invece trarnespunto per miglio-rare la customerexperience. Nellacategoria del babyfood, in partico-lare, la missione

dell’azienda nell’ambito del punto di vendita è quella di ac-compagnare la mamma in un “viaggio” dalla nascita del bam-bino sino ai 3 anni e per fare questo ha bisogno del contattofisico a tre dimensioni. Nelle iniziative sul punto di vendita,le attività più efficaci sono quelle che investono sulla profes-sionalità degli operatori: ogni mamma passa nello scaffaledel baby food, ma idealmente occorrerebbe una persona pre-parata per accompagnarla all’acquisto.

Le esperienze più recenti di Humana Italia nella Gdo sonolegate a iniziative promozionali con hostess per far conosce-re e assaggiare prodotti come omogeneizzati alla frutta, pou-ches, biscotti e per accompagnare il cammino dallo svezza-mento fino ai 3 anni. L’obiettivo è creare un momento diesperienza forte, che punti a consolidare la fedeltà alla marca.Per ottenere questo risultato è fondamentale scegliere perso-ne di livello elevato e gestirle direttamente sul punto di vendi-ta: le parole chiave sono professionalità e flessibilità.

LEDVANCE: LE SFIDA DI FAR CONOSCERE LE TECNOLOGIESi definisce «una startup con più di 100 anni di esperien-

za»: Ledvance è una multinazionale (2 miliardi di euro il fat-turato globale) nata nel 2016 da una scissione di Osram, di cuiè licenziataria del marchio di prodotto per consumer e grossi-sti sia nella Gdo, sia nella distribuzione specializzata fai-da-te. L’approccio al punto di vendita è molto diverso tra grandedistribuzione e specializzati, rileva Erika Sambugaro, retailsales channel manager di Ledvance: nel mondo brico è più fa-cile, perché la categoria riceve attenzione e ha ampi spazi,con la possibilità di localizzare l’offerta a scaffale in modopreciso tra Nord e Sud; negli ipermercati gli spazi sono più ri-dotti e c’è la difficoltà di tenere alta l’attenzione sulla catego-ria delle lampadine (radicalmente trasformatasi negli ultimianni dalle nuove norme europee) e di gestire nel contempo iprodotti innovativi, come la luce connessa. ЀÈ una categoriacomplessa, che sente l’esigenza dell’assistenza, perché spes-so il consumatore ha bisogno di essere indirizzato all’acqui-sto. Da questo punto di vista, il canale on line offre ampiepossibilità di comunicare il prodotto con testi, immagini, vi-deo, tutorial e questo, soprattutto per il settore non food, è unpunto a favore della multicanalità. Due sono gli strumentivincenti sul punto di vendita, secondo Sambugaro: le attivitàin-store e la comunicazione. Il personale in-store (che Led-vance chiama Power Seller) è importante nell’ambito tecnolo-gico, perché dà informazioni al consumatore e

LARGO CONSUMO n. 6/20196

DISTRIBUZIONE

Da sinistra, Alessandro Arnao (Auchan), Roberto Rocca (Cameo Italia) e Niccolò Anzilotti (Rummo)

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può guidarlo verso un acquisto adeguato alle sue esigen-ze; altrettanto utile è la comunicazione sul punto di vendita,con contenuti tecnici e dettagliati, ma questo aspetto è anco-ra difficile da realizzare, sia nella Gdo, sia nelle catene spe-cializzate. Per i prodotti ad alto contenuto tecnologico, comel’illuminazione connessa, le difficoltà sono spesso tecniche:per esempio, non è possibile mostrare ai consumatori il fun-zionamento dei sistemi digitali di illuminazione connessa, seil punto di vendita non è dotato di connessione a Inter-net. Oggi questo è uno degli ostacoli alla presenza di questiprodotti nella distribuzione tradizionale, affer-ma Ledvance, ed è una sfida che l’industria e i retailer devononecessariamente affrontare insieme.

AUCHAN: UNA CONTINUA RICERCA DI SERVIZI AGGIUNTIVIIl concetto di experience store è diventato centrale secondoAlessandro Arnao, responsabile studi e ricerche di AuchanRetail Italia (insegne Auchan e Simply della grande distri-buzione in diversi formati, dall’ultra prossimità all’ipermer-cato, per un totale di circa 300 punti di vendita diretti sul ter-ritorio nazionale e un fatturato di circa 3,4 miliardi di euro).

Arnao sottolinea come sia in atto un fenomeno che ribaltale tradizionali dinamiche della distribuzione: se in passato erail cliente a recarsi nel negozio, oggi è il punto di vendita chedeve andare verso il consumatore. È un cambiamento spessodifficile, ma obbligato. Le grandi superfici, per avere un ruo-lo attivo, devono diventare centri di esperienza, più che divendita, e questo sta spingendo i retailer verso una continuaricerca di innovazione e di servizi aggiuntivi. Auchan è forte-mente impegnata in questo percorso e punta non solo sul mi-glioramento della customer experience relativa all’acquistodei prodotti, ma anche su tutta una serie di servizi comple-mentari che facilitino la vita al cliente. Tuttavia, Arnao sotto-linea che tale sforzo non deve far dimenticare le basi del me-stiere. Le ricerche confermano che i consumatori cercano larelazione e il contatto, vogliono un interlocutore al quale ri-volgere le proprie domande: la garanzia del prodotto non ladà l’etichetta, ma la persona che consiglia, con un volto e unnome, e questo è il valore aggiunto che lo store fisico deve ri-conoscere rispetto al negozio on line.

Negli studi sull’interazione con il consumatore, precisa Ar-nao, presenza fisica e accoglienza sono elementi primari dellarelazione, ma assistenza e competenza sono determinanti so-prattutto quando si tratta di “raccontare” il prodotto e questofa la differenza in particolari mercati, come per esempio il fre-sco tradizionale o i mercati a contenuto tecnologico, comel’elettronica di largo consumo. Per questa ragione, assorti-mento (mercati) e personale di negozio (professionalità e spe-cializzazione) sono item intimamente legati. Tenendo ferme leconsiderazioni fatte, c’è poi da rilevare come i consumatoriabbiano atteggiamenti e abitudini di consumo diverse da zonaa zona e a maggior evidenza tra Nord e Sud del Paese. Un re-tailer si deve fare interprete anche di queste diversità, al fine dirispondere sempre al meglio ai bisogni dei consumatori.

CAMEO ITALIA: LE ATTIVITÀ SUL PDV IN OTTICA WIN-WINCameo Italia ha cominciato a investire sul punto di ven-

dita fin dagli anni Novanta, strutturando una rete di accountche oggi conta circa 50 persone che effettuano un presidioattivo in circa 4.000 punti vendita.

L’azienda, che fa parte di una multinazionale tedesca e fat-tura 200 milioni di euro all’anno, è presente in più categorie:l’ambient (preparati per dolci), il fresco (dessert e torte) e ilsurgelato (pizze). Il tema della relazione sul punto di vendi-ta è fondamentale, sottolinea Roberto Rocca, executive ma-nager trade marketing & field, e deve fondarsi sulla consa-pevolezza di avere un interlocutore affidabile e competente:da questo punto di vista, precisa Rocca, aiuta molto la forzadelle analisi che vengono svolte periodicamente per sostene-re le argomentazioni di vendita. Cameo supporta i propri ac-count con dati e informazioni indispensabili per poter collo-quiare con i responsabili dei punti di vendita, al fine di pro-durre maggiori vendite di sell-out.

I dati aiutano a sgomberare il campo dai pregiudizi, perchémostrano in che modo un prodotto può essere un’opportuni-tà per il retailer; il category management è uno strumentoche non è vantaggioso solo per l’azienda, ma, se ben utiliz-zato, riesce a intercettare i reali bisogni dei consumatori eproduce risultati concreti. Cameo porta come esempi di sod-disfazione alcune iniziative in-store che si ripetono ogni an-no e sono legate a feste e ricorrenze che per l’ingredientisti-ca per la pasticceria sono molto importanti, per le tradizioniregionali dei dolci fatti in casa: vengono realizzate delle ma-xi isole espositive ed esplicative per presentare i prodotti espiegare le possibilità di utilizzo.

La recente collaborazione con una nota food blogger haconsentito di creare sui punti di vendita eventi molto apprez-zati; molto significativa è stata anche l’esperienza effettuatacon la collaborazione di alcuni retailer, con i quali sono statisviluppati all’interno dei punti di vendita dei corner che pro-ponevano tutti i prodotti Cameo per pasticceria, con l’assi-stenza all’acquisto. Le attività sul punto di vendita, eviden-zia Rocca, non portano vantaggio solo all’industria, ma an-che all’insegna e devono quindi essere pensate in un’otticawin-win: sono iniziative da organizzare, svolgere e misurareattraverso la continua collaborazione tra azienda e retailer,sulla base di obiettivi condivisi e misurabili.

RUMMO: L’IMPORTANZA DI COORDINARE LE AZIONIIl presidio del punto di vendita riveste grande importanza

anche per Rummo, che produce pasta col metodo Lenta La-vorazione con un fatturato globale annuo di circa 100 milio-ni di euro, una quota di mercato a valore di circa il 6% e unaquota trattanti intorno all’11%. In questa categoria lo scaffa-le è piuttosto chiaro e facilmente leggibile da parte del con-sumatore, osserva Niccolò Anzilotti, customer team mana-ger di Rummo; il consumatore ha le idee abbastanza chiarequando deve comprare la pasta.

Tuttavia, precisa Anzilotti, l’investimento sul punto divendita è indispensabile per verificare l’implementazionedegli accordi presi con le insegne clienti e per poter verifica-re che ci sia una corretta “fair share” sullo scaffale in fun-zione delle ottime rotazioni espresse e della quota di merca-to; per questo motivo Rummo ritiene fondamentale anche larelazione con i capi reparto, che, lavorando sul punto di ven-dita, conoscono perfettamente le performance dei prodotti.Tra le iniziative sul punto di vendita, una delle soluzioni piùefficaci resta l’extra display. Anzilotti cita una recente pro-mozione con box espositivi, condotta con un’insegna, che haavuto successo grazie anche al coordinamento tra la sede egli store, minimizzando il rischio di rottura di stock e massi-mizzando l’incrementalità promozionale. �

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DISTRIBUZIONE

LARGO CONSUMO n. 6/2019

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