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2018, ITI Edizioni, Milano

Collana

STRUMENTI

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La via maestra

Paola Gares

Morte e rinascita, orizzonti di consapevolezza

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La via maestra.

Autore: Paola Gares ©

Direzione scientifica: Pier Luigi LattuadaProgetto grafico, impaginazione: Lost IntervalRedazione e Curatela: Giovanna Calabrese, Ilaria Cislaghi, Elena Piccoli, Patrizia Rita Pinoli

Copertina: Claudia Castiglioni - Facebook: JIN MU edizioni

Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e a norma delle convenzioni internazionali. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta con sistemi elettronici, meccanici o altro senza l’autorizzazione dell’Editore.

ITI Edizioni, Milano, 2018c/o Integral Transpersonal Institute Via Villapizzone, 26 - 20156 Milanotel.: 028393306email: [email protected]

Prima edizione: novembre 2018, © ITI Edizioni ISBN: 978-88-85694-04-0

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INDICE

Prefazione 12introduzione 18

Capitolo I1. riti e rituali di morte nelle diverse culture e nelle tradizioni antiche 241.1 La morte nell’Antico Egitto 271.2 Libro dei Morti Maya 301.3 I riti di morte nella Grecia Antica 33 1.4 Pratiche funebri nell’antica Roma 361.5 I rituali di morte presso gli etruschi 381.6 Riti africani 391.7 Riti funebri indù 441.8 Riti funebri ebraici 461.9 Riti funebri cinesi 481.10 Riti funebri dei Bara del Madagascar 51

Capitolo II2. il mondo doPo la morte 532.1 La spinta dell’uomo verso un’altra vita 532.2 Morte e rinascita: l’archetipo solare della Resurrezione e Cristo 552.3 Il Libro Egizio dei Morti 572.4 Bardo Todol, il Libro Tibetano dei Morti 59

Capitolo III3. morte e rinascita:

simbologia e riti di Passaggio nelle morti di ogni giorno 66

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3.1 La Morte: l’Arcano decimoterzo del Tarocco 68 3.2 I riti di passaggio 693.3 Lo Sciamanesimo: pratiche di trasformazione e guarigione 713.4 I Misteri eleusini e i cicli vita-morte-vita nella natura 743.5 La Donna Scheletro: la morte e l’amore 78

Capitolo IV4. la morte fisica, simbolica e archetiPica nella Psicologia:

teorie e conoscenze a confronto 824.1 La psicoanalisi e la morte 824.2 Il transpersonale e la morte 844.2.1 Il karma e la reincarnazione 854.2.2 Esperienze di vicinanza con la morte 884.2.3 Matrici perinatali: un’esperienza archetipica della morte

prima del morire 914.2.4 Il rebirthing e la respirazione olotropica 984.2.5 Un breve accenno alla terapia psichedelica e agli

stati olotropici nelle fasi di accompagnamento alla morte e nella psicoterapia 101

4.3 Ilsoffiodellavita:testimonianzediesperienzadivicinanzaconlamorte 103

Capitolo V5. la biotransenergetica e la morte 1105.1 Lo Zero: affrontare la morte dell’Io 1115.1.1 Passaggio dallo Zero: chiave di consapevolezza 1145.1.2 Passaggio dallo Zero: pratica di mindfulness 1175.1.3 Il Grande Gesto 1185.2 Lo stato di unità e di scomparsa nella meditazione 1205.3 Morte e rinascita attraverso le pratiche con gli Orixàs 1225.4 Principio di malattia-morte-guarigione: Pae Omolù 123

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Capitolo VI6. studio qualitativo circa l’imPatto della morte

reale e simbolica sul benessere di vita 1266.1 Intento della ricerca 1266.2 Metodologia 1276.2.1 Il questionario pre-test 1286.2.2 Il ciclo di meditazioni sulla morte 1326.2.3 Somministrazione questionario post-test 1336.3 Raccolta ed elaborazione dati 1346.4 Panoramica delle trasformazioni delle percentuali dei dati 1426.4.1 Confronto qualitativo tra pre-test e post-test

dei vissuti positivi e negativi 1426.4.2 Confronto qualitativo tra vissuti raccolti dai feedback

registrati dopo ogni meditazione serale 1496.4.3 Confronto qualitativo tra vissuti dei 4 quadranti 152 6.5 Discussione dei risultati e conclusioni 154

Capitolo VII7. la morte è il mio inizio 1587.1 Lamiastradafinoaqui 1627.1.1 Aprile 2009: viaggio sciamanico verso l’energia del Senex 165 7.1.2 Luglio 2009: l’iniziazione 1667.1.3 Ottobre 2009: Apertura Corpomente 1757.1.4 Novembre 2009 1757.1.5 Gennaio 2010: Apertura Corpomente 1777.1.6 Aprile 2010: pratica di Ricapitolazione 1787.1.7 Febbraio 2011: Corpo del Sogno di Ogun 1797.1.8 Settembre 2011: Viaggio sciamanico nel regno di Oxum 1827.1.9 Novembre 2011: Corpo del Sogno di Xangò 1837.1.10 Gennaio 2012: costellazione dell’ombra 1857.1.11 Aprile 2012: Libertà dal Conosciuto 186

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7.1.12 Luglio 2012 1867.2 Conclusioni 187

aPPendici

I. Partecipazione alla ricerca di Biotransenergetica “La morte è il mio inizio” 188

II. Consenso informato per l’uso di dati clinici 189III. Questionario iniziale 190IV. Meditazione: “Passaggio dallo Zero e morte” 194V. Questionario finale 199

bibliografia 202 sitografia 205

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Ringraziare per me è sempre un atto di profonda connessione con il mio cuore, con la mia anima.È un atto liberatorio e potente, mi permette di crescere proprio perché mi fa partire dal basso, mi fa chinare la testa, per osservare i miei piedi, e mi insegna e ricorda che è da lì che parte ogni passo, ogni strada, ogni cammino di vita…Come in alto, così in basso.E allora ringrazio tutte le anime che mi hanno permesso di alzare lo sguardo, di osservare il cielo, di volare libera e di planare proprio su questo cammino.Ringrazio Pier Luigi Lattuada, Master e Maestro, che con amore e passione continua a donare alla vita ciò che fa vibrare il suo cuore. Queste vibrazioni sono giunte fino a me e il mio cuore è entrato con loro in risonanza armonica…Ringrazio Giovanna Calabrese, relatrice della mia tesi, dottoressa capace e sorella di cammino. La sua dedizione attenta e rispettosa mi ha guidata verso la pulizia, la chiarezza e la linearità. Il suo tempo sacro mi è stato donato con gratuità e leggerezza. Per questo le sarò sempre grata.Ringrazio la mia famiglia, mia Madre Mariella, insegnante preziosa di vita, sciamana in contatto con le forze della Natura, specchio dei dolori da curare con amore; in lei si incontrano le forze del femminile sacro, che mi ha insegnato senza neppure accorgersene. Mio Padre Carlo, amorevole campo di battaglia per moltissimi scontri che mi hanno insegnato la forza di lottare, di ascoltarmi, di credere in me; in lui ritrovo l’energia della vita che esplode e che smuove ogni mia singola cellula. Mio Fratello Lele, compagno di cammino, alleato nelle difficoltà, sostegno nel dolore, presenza nella quotidianità, certezza per il cuore. In lui risuona la mia storia, in lui ritrovo il nido e le radici che parlano di me... in lui ritrovo la risata che nessuno oltre a noi potrà mai capire.

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Ringrazio il compagno di cammino che ha attraversato questi ultimi anni di vita, questo percorso formativo e tutti i processi interiori che lo hanno accompagnato, Manu. Lo ringrazio perché è maestro, lo onoro perché mi permette, attimo dopo attimo, di guardare il mio cuore, di imparare ad ascoltarlo, di apprendere come curare la mia anima e l’anima di colui che amo. Lo ringrazio per tutto l’amore che mi ha saputo donare. In un modo a me sconosciuto, ha saputo indicarmi la forza dell’accettazione incondizionata.Ringrazio tutti gli amici dell’anima, pochi ma buoni e forti e presenti nel cuore in ogni istante. Grazie perché siete la dimostrazione dell’esistenza dell’Amore. Ringrazio le nonne della mia vita, Palmira, Carmelina, Alda…Grazie perché sentirmi nipote ha significato sentirmi amata, nutrita, protetta, accolta. La Grande Madre Terra agiva attraverso di voi per farmi sentire una figlia al sicuro di camminare su questa vita. La vostra semplicità mi è stata maestra e guida. La vostra presenza silenziosa una certezza anche ora che non abitate più i vostri corpi terreni. La vostra assenza è piena di voi e mi parla quotidianamente, ricordandomi il cammino della guerriera.Ringrazio le Forze della Natura, che nei piccoli segni di ogni giorno si svelano a me, mostrandomi i loro segreti, parandomi il loro linguaggio, facendomi sentire parte del disegno d’Amore Universale.Ringrazio la Morte, finalmente alleata e compagna del cammino. La ringrazio perché la sua presenza mi ricorda la strada, come una fila di sassolini, per giungere al cuore, al centro, alla Verità.Ringrazio tutte le anime che si sono rese disponibili per le meditazioni che servivano a questa ricerca. Grazie perché so di avervi chiesto molto: stare di fronte alla Morte è una sfida per veri guerrieri e voi tutti avete dimostrato di esserlo! Ringrazio tutte le persone che non sono più presenti nella mia

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vita per loro scelta o per le onde dell’esistenza. Grazie perché l’assenza mi insegna la presenza. E infine, ringrazio me stessa, il mio coraggio, la mia forza. Ringrazio il mio cuore di non stancarsi mai di cercare, di camminare, anche quando la strada è difficile, anche quando l’ombra di Signora Morte sembra coprire la direzione. Ringrazio la mia anima per la voglia di vivere e di attraversare tutti gli inverni della vita, con speranza e fiducia. E ringrazio anche le mie ombre, splendide insegnanti del limite da amare.Ringrazio tutti voi che avete letto sino a qui, e vi auguro di affrontare la Morte con la stessa profonda passione con cui siete in grado di affrontare la Vita, sua sorella e intima compagna. Namastè.

P. G.

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PREFAZIONE

L’autrice è mossa dal tentativo di svelare un miracolo. Quell’epifania che si fa palese nel momento in cui la morte, simbolica o reale che sia, è vicina; proprio in quei momenti in cui predominano sofferenza e tristezza, angoscia e disperazione, proprio allora ci possono essere ancora vita, limpidezza, acutezza e moti dell’animo di una intensità e profondità ineffabili.

L’opera rivela la sua cifra allorquando manifesta la morte come un viaggio interiore aspro, che costringe a esplorare la propria finitezza. Poiché siamo in costante divenire e il traguardo è segnato dalla morte, essa acquista un senso esistenziale: diviene il criterio dirimente delle nostre scelte quotidiane, diviene il crocevia della biografia di ognuno per orientare il percorso di vita. Tuttavia è caustico pensare alla propria morte; figurarsela è impossibile, sosteneva Freud.

Eppure l’autrice sottolinea, con tocco delicato, che imparare a guardare la morte diviene la guida che ci può condurre dalla strada tortuosa della disperazione verso l’orizzonte della consapevolezza. Dalla accettazione della nostra condizione di morituri nasce la coscienza dell’importanza del nostro presente, di ogni istante di vita. La morte, insomma, diviene la bussola a breve e a lungo termine della nostra progettualità biografica.

Il confronto con la morte è strutturante la nostra identità poiché ci pungola ad acquisire una pienezza di vita che oltrepassa la sua stessa finitudine.

L’autrice non lesina a rivelare questo percorso di trasfigurazione e rinascita identitaria, che permea le pagine dell’opera, cui, per osmosi, si imbattono anche i lettori.

Gli spunti riflessivi sono molti e indicano delle traiettorie floride di riflessione. Una tra le molteplici, che percorre tutta l’opera, riguarda un interrogativo essenziale: chi siamo noi, veramente? Qual è la nostra identità?

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Non già quell’identità che si viene a costruire dall’inizio del nostro cammin di vita, giacché si può intuire che quell’identità è in fieri ed è un complesso di possibilità vitali aperte. La strutturazione di questa identità “sociale” e “personale” avviene progressivamente attraverso scelte continue, che comportano, a volte, la necessità di annullare altre possibilità. Ci troviamo dinanzi a continue morti e separazioni che le inderogabili scelte di vita ci inducono a compiere. Finché la nostra identità non si è consolidata, ognuno di noi tenderà a identificarsi con realtà esterne: la professione, i dettami genitoriali, le abitudini di vita, e altro ancora.

Crescere come persona conduce alla interiorizzazione e, successivamente, alla trasfigurazione progressive di tali identificazioni che sono state la matrice della costituzione dell’identità stessa. Seguendo le riflessioni di Paola Gares, diventare pienamente se stessi si slega da pregiudizi di età anagrafica, per correlarsi, invece, con la perdita progressiva di tutti i riferimenti identificativi di sé. La via regia è la morte. La ricerca socratica è una progressiva perdita di sé stessi, che, paradossalmente, diviene una incessante rinascita di/a sé stessi, secondo un processo ciclico continuo, che, sottolinea l’autrice, le morti simboliche continueranno a stimolare. Fino a quando? Finché non sarà acquisito e abitato totalmente il proprio nome, la propria identità più intima, senza necessità di riferimenti identitari esterni. Le esperienze di morte quotidiane, dice l’autrice, ci spingono ad abitare il nostro nome e a rallegrarcene perché “il nome è scritto nei Cieli” (Lc.10, 20).

Una riflessione ulteriore cui l’autrice ci invita a meditare è una questione che trapela soffusamente: sei pronto a lasciar andare tutto? Sei pronto a “fare lo Zero”? Sei pronto a morire?

Se per morire bene, ammonisce la Nostra, bisogna rimettere le proprie identificazioni, le proprie cose e le aspettative, non riuscire a pervenire a questa disposizione psicologica implica che la morte non sia una vera morte.

Tutt’al più una ingiustizia, un furto, dato che la si percepisce

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come una sottrazione di qualcosa che ancora ci appartiene. La morte, però, richiede che si impari a lasciar andare e a privarci delle cose conosciute, ci insegna Krishnamurti, se si desidera esplorare nuovi orizzonti di espansione di sé, nuove traiettorie esistenziali, nuove progettualità. Rinunciare a sé stessi significa staccarsi da una condizione di vita per consentirne un’altra; lasciar perdere ciò che si è, per diventare nuovi. Il dolore dell’autrice rispecchia il dolore di ogni essere umano che riesce ad accogliere la nuova vita al prezzo dell’abbandono dell’attuale condizione, ed è in grado di offrire vita solo se disposto a morire.

Un ulteriore quesito, tutt’altro che conclusivo rispetto alle molteplici riflessioni che la tematica solleva, ci conduce ad interrogarci sulla modalità con la quale affronteremo la separazione: cosa accade in me, nell’altro e nel mondo che mi circonda, mentre mi dispongo all’ultimo giro di giostra? Qual è la relazione con il mio mondo interiore ed esteriore?

Tutte le partenze iniziano con la nascita, che è l’uscita da una forma di vita e l’ingresso in un’altra. Agli inizi della nostra esistenza qualcuno ci conduce per mano nelle diverse morti, nei passaggi cruciali, poi, le strutture personali si consolidano e rendono possibili forme di solitudini sempre più radicali e, quindi, rinascite sempre più impegnative. Queste diverse nascite diventano possibili in virtù della interiorizzazione dei doni vitali che gli altri ci hanno profuso. La morte, allora, è resa possibile in virtù delle progressive interiorizzazioni delle persone che, amando, stabiliscono la loro presenza dentro di noi. Quando siamo stati nutriti da vicinanza e cura, la morte è una solitudine abitata da presenze amorevoli, che rendono possibile la propria morte con pienezza e completezza psicologica. E questa completezza psicologica è foriera di rinascita e rinnovamento per le altre persone e per il mondo circostante. La morte di ognuno di noi, dunque, diventa la vita non solo per noi, ma anche per chi ci sta accanto, poiché rivela sentieri di crescita e di rinnovamento. Ciò non esclude il dolore, ma lo rende significativo.

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Proprio come accade nel setting terapeutico dove, ad ogni seduta, il terapeuta sa accompagnare il paziente attraverso morti dolorose, preludio di ulteriori dimensioni esistenziali.

elena Piccoli

Udine, 24 marzo 2018

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Al dolore e alle fatiche della Morte,ai cammini che inciampano

e al loro smisurato potere di crescita.

Ditutteleimpronte,quelladell’elefanteèlasuprema,di tutte le meditazioni di presenza mentale,

quellasullamorteèlasuprema.Detto tradizionale buddista tibetano

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INTRODUZIONE

Il concetto di morte, fin dalla notte dei tempi ha accompagnato la vita e l’esperienza umana e mistica degli uomini appartenenti alle più diverse tradizioni culturali e religiose di tutto il mondo.

La morte, come esperienza di separazione e perdita o come occasione di trasformazione e rinascita, è per l’uomo foriera di insegnamenti e profonde consapevolezze interiori a tutti i livelli della coscienza, tanto da essere considerata, in tutte le culture ancestrali e tradizionali, maestra e compagna di vita oltre che guida nel cammino dell’evoluzione, sia nei suoi aspetti reali e concreti (in termini di fine dell’esperienza incarnata) sia nelle sue pieghe simboliche.

Siamo tutti accompagnati dalla morte in ogni istante della nostra vita, poiché in ogni attimo qualcosa di noi muore per trasformarsi e rinascere e permettere la nostra continua evoluzione.

La morte bussa costantemente alle porte dell’esperienza umana sotto forma di lutti, separazioni, cambiamenti di vita repentini, allontanamenti da persone amate, decisioni e scelte che modificano lo stato delle cose. Vestita di nero e con la falce in mano o delicatamente nascosta tra le pieghe dell’esistenza quotidiana, la morte è un’esperienza che cammina accanto a ogni uomo, passo dopo passo.

Da sempre, l’essere umano è coinvolto in sentimenti legati al lutto e, in ragione di tali esperienze – in particolare quelle legate al decesso fisico – si trova impegnato nell’elaborazione di teorie, rituali, credenze e speranze quasi sempre collegate alla prospettiva di un “dopo che verrà”, un nuovo vivere, una nuova vita, una rinascita.

Nonostante in questa costruzione di un futuro dopo la morte sia insito un umano bisogno di protezione contro la paura, la morte ha in sé l’intrinseco insegnamento del processo di rinascita che l’uomo sperimenta più volte nel corso della propria vita.

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Ben rappresentata nelle antiche tradizioni come un flusso equilibrato in armonia con lo scorrere della vita, la morte è invece temuta dalla cultura contemporanea, in particolare occidentale, che se n’è distaccata a tal punto da sviluppare verso di essa e verso lo scorrere del tempo un vero e proprio atteggiamento di rifiuto. Tuttavia, come accade per ogni verità dell’anima, più l’uomo tenta di chiudere la morte fuori dall’uscio, più essa instancabilmente bussa poiché non può esistere Vita senza la sua compagna Morte, non esiste luce senza ombra né primavera senza un inverno che la preceda. Ogni polo esiste grazie al suo opposto e grazie ad esso si definisce e vive, raggiungendo l’unità dell’esistenza, il suo unico e possibile fluire.

Ben lo sapevano gli antichi mistici e sciamani, filosofi e studiosi dell’anima che hanno generato e tradotto, dai segni della natura, simbologie sacre di unità come il Tao, la Croce, l’Om indiano, nelle quali l’umano e il divino si incontrano per indicare la strada del due che si fa uno.

Con umiltà questo scritto vuole ripercorrere la strada dell’unione grazie alla quale ridare alla morte il suo posto, ugualmente significativo ed essenziale, accanto alla vita, riconoscendo il suo potere trasformatore nell’esistenza dell’uomo.

I monaci tibetani, solo per citare alcuni mistici conosciuti e dalla cultura millenaria, indicano nella meditazione sulla morte la via della beatitudine, che permette di attraversare e raggiungere quella equazione del vivente tanto famosa e spesso ricordata, secondo la quale solo nell’accettazione della morte si può trovare la vita.

Ben lungi quindi dall’essere nemica spaventosa e temibile, la morte diventa il passaggio per raggiungere la beatitudine. Come ogni passaggio, iniziazione, feritoia, essa porta con sé difficoltà e dolore, afflizione e ferite, senza le quali, forse, non potrebbero esserci quegli insight così necessari all’ascesa dell’animo umano. È infatti esperienza comune quella che vede i periodi più difficili della nostra vita come i momenti di maggiore crescita, di comprensioni

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più profonde e, a volte, anche di illuminanti esperienze mistiche.Ogni passaggio ci chiede di lasciare qualcosa, di abbandonare parti

di noi, di affrontare l’esperienza della morte. Come insegna Madre Natura, ogni seme deve morire se vuole affrontare la trasformazione che lo vedrà diventare germoglio e poi pianta, così da raggiungere il sole. Se solo il seme si rifiutasse di affrontare il dolore della sua morte, nessuna foglia, nessun frutto, nessun fluire di vento fra i rami potrebbe esistere. Se il seme non accettasse di morire, non potrebbe permettere alla vita di rinascere.

Vita, morte, vita, in un continuo processo circolare che unisce tutti gli esseri, tutte le esistenze, tutte le anime.

In questo lavoro si vuole dunque riconsiderare il potere centrale della morte nei processi naturali, sostenendo quel principio mistico prima citato secondo il quale l’accettazione della morte (nelle sue diverse manifestazioni reali e simboliche) sarebbe la via preferenziale per giungere a una piena centratura di fronte allo scorrere dell’esistenza: nei processi di morte che costellano il cammino dell’uomo è presente un potenziale di vita. L’intento è quello di accompagnare il lettore in un viaggio lungo le esperienze di morte fisica, simbolica, spirituale, per condurlo, sostenuti dagli insegnamenti e dalle conoscenze delle antiche tradizioni, della psicologia e del modello terapeutico della Biotransenergetica1, alla condivisione della teoria secondo la quale l’accettazione della morte (nelle sue diverse sfaccettature) rappresenterebbe un percorso essenziale2 per il benessere nella vita.

Si ipotizza inoltre, seguendo la mappa dei 4 quadranti di Ken Wilber3, che una maggiore apertura e accettazione della morte possa avere influenze positive non solo sul proprio sentire personale ed intimo (1° quadrante: IO/SÉ) ma anche sui rapporti duali con le

1 Disciplina psico-spirituale di nuova concezione il cui modello verrà illustrato più avanti. Per ulteriori approfondimenti si veda Lattuada (2012).2 Letteralmente da “essenza” ossia l’essere di una cosa, ciò che ne costituisce la sostanza.3 L’argomento verrà meglio sviluppato nel capitolo 6. Per ulteriori approfondimenti si veda Wilber (2016).

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persone che amiamo (2° quadrante: IO/TU), sul rapporto con il nostro ambiente di vita più prossimo (3° quadrante: IO/NOI) e sul nostro modo di vedere e percepire il mondo (4° quadrante: IO/LORO).

Utilizzando lo schema di base della pratica del Passaggio dallo Zero e la sua successiva evoluzione che sfocia nella pratica del Grande Gesto4, è stata realizzata una meditazione guidata che accompagna la persona ad accogliere la morte simbolica e a immaginare di vivere la morte fisica, compiendo un profondo viaggio tra le braccia di Nanà, l’archetipo della Madre Terra secondo la tradizione sciamanica afro-brasiliana.

Grazie a un questionario pre- e post-test (vd. capitolo 6), è stato valutato l’impatto di tale meditazione sulla vita in generale e sui vissuti nei 4 quadranti, riportati dai partecipanti alla ricerca qualitativa che verrà successivamente approfondita.

Sono state utilizzate le pratiche del Passaggio dallo Zero e del Grande Gesto, potenziate con il viaggio nelle profondità della Grande Madre, poiché l’esperienza dello Zero in Biotransenergetica è quella che maggiormente si avvicina all’esperienza della morte. Come verrà in seguito descritto, l’esperienza dello Zero implica lo scomparire ai contenuti della coscienza su tutti i livelli del corpomente: il corpo mentale con i suoi pensieri e le sue visualizzazioni e ricordi, il corpo emotivo con le sue emozioni, il corpo fisico con le sue sensazioni, il corpo energetico con le sue esperienze sottili e il corpo spirituale o transpersonale con le sue esperienze mistiche di contatto con il trascendente.

Scomparire come metafora del morire, del lasciare tutto per svanire in quel vuoto pieno che è la pura essenza del Sé, grazie alla quale percepire il ritorno a casa, il contatto con il Divino Uno, intelligenza universale.

4 Pratiche psicoterapeutiche di auto-guarigione interiore sviluppate da Pier Luigi Lattuada nel campo della Biotransenergetica.

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Accettare di morire come unica via per ritornare a casa e quindi rinascere, permettendo lo scorrere del ciclo vita-morte-vita che regola tutti i processi del micro e del macrocosmo.

Ritornare, liberi dalla paura che normalmente blocca il naturale fluire di questi processi, liberi dalla paura del dolore tanto cara (purtroppo) a questa nostra epoca contemporanea. Infine, una volta liberi dal bisogno di allontanare l’angoscia della morte, (ri)scoprire che il tesoro nascosto è una gemma preziosa e unica: la possibilità di trovare pienamente sé stessi e quindi di vivere da vivi, non da morti viventi, zombie in terra.

Come diceva Abraham a Sancta Clara, monaco agostiniano del XVII secolo: “L’uomo che muore prima di morire non muore quando muore” (Grof, 2006).

Nel capitolo 1 di questo saggio si intende condurre il lettore attraverso le manifestazioni rituali connesse alla morte nelle principali tradizioni antiche e in alcune importanti filosofie e culture contemporanee: le tradizioni dell’Antico Egitto, dei maya, i riti funebri della Grecia, dell’antica Roma, degli etruschi, dei popoli dell’Africa, i rituali indù, ebraici, cinesi e del Madagascar. Nel capitolo 2, si approfondiscono la trattazione e la descrizione dell’archetipo solare della Resurrezione, del Libro Egizio dei Morti e del Libro Tibetano dei Morti, il Bardo Todol, e viene evidenziato il concetto culturale e spirituale della vita dopo la morte, importante premessa al concetto terapeutico della guarigione sciamanica e del processo di trasformazione vita-morte-vita, temi, questi ultimi, trattati nel capitolo 3, unitamente ai riti di passaggio, ai rituali di iniziazione sciamanica, ai misteri eleusini e al concetto della morte sostanzialmente presente nel mondo della natura e nei suoi cicli di rinnovamento.

Nel capitolo 4 trovano spazio le concezioni filosofiche e psicologiche a sostegno del concetto della “morte generatrice di vita” con una particolare sottolineatura delle tematiche connesse al mondo del transpersonale (trattando i concetti di karma e di