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REGIONE MARCHE - Commissario Delegato CODICE DI PRATICA (LINEE GUIDA) PER LA PROGETTAZIONE DEGLI INTERVENTI DI RIPARAZIONE, MIGLIORAMENTO SISMICO E RESTAURO DEI BENI ARCHITETTONICI DANNEGGIATI DAL TERREMOTO UMBRO-MARCHIGIANO DEL 1997 ISTITUTO UNIVERSITARIO DI ARCHITETTURA DI VENEZIA - D.S.A. Prof. Francesco DOGLIONI Contributi: arch. Gianluca Canofeni, arch. Floriana Marino, arch. Giovanna Minardi, ing. Alberto Moretti, arch. Pietro Regazzo, ing. Giorgio Serafini CONTRATTO DI RICERCA TRA COMMISSARIO DELEGATO PER LA REGIONE MARCHE E IUAV D.G.R. n. 78 PR/CBC del 18 gennaio 1999 Convenzione reg. int. 2709 del 25 maggio 1999

CODICE DI PRATICA (LINEE GUIDA) PER LA PROGETTAZIONE … · PREMESSA E INTRODUZIONE AL TEMA pa g. 19 1.1. Premessa pa g. 19 1.2. L’evoluzione delle posizioni scientifiche , lo sviluppo

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REGIONE MARCHE - Commissario Delegato

CODICE DI PRATICA (LINEE GUIDA)PER LA PROGETTAZIONE DEGLI INTERVENTI DI RIPARAZIONE, MIGLIORAMENTO SISMICO

E RESTAURO DEI BENI ARCHITETTONICI DANNEGGIATI DAL TERREMOTOUMBRO-MARCHIGIANO DEL 1997

ISTITUTO UNIVERSITARIO DI ARCHITETTURA DI VENEZIA - D.S.A.Prof. Francesco DOGLIONI

Contributi: arch. Gianluca Canofeni, arch. Floriana Marino, arch. Giovanna Minardi,ing. Alberto Moretti, arch. Pietro Regazzo, ing. Giorgio Serafini

CONTRATTO DI RICERCA TRA COMMISSARIO DELEGATOPER LA REGIONE MARCHE E IUAV

D.G.R. n. 78 PR/CBC del 18 gennaio 1999Convenzione reg. int. 2709 del 25 maggio 1999

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I testi non firmati sono di Francesco Doglioni, responsabile della ricerca, Unità Operativa di Venezia del GruppoNazionale per la Difesa dai Terremoti, CNR, presso il Dipartimento di Storia dell'Architettura, Istituto Universitariodi Architettura di Venezia.

Le foto e i grafici, ove non diversamente specificato, sono opera degli autori dei singoli capitoli.

Parte delle ricerche di base sono state realizzare con fondi di ricerca CNR-GNDT.

Oltre agli autori dei diversi contributi, si ringraziano per la collaborazione prestata:Paola Barbirato, Andrea Bonazza, Giorgia Carlig, Marco De Giacometti, Silvia Fachin, Roberto Jannon, RobertaTarini; I.R.R.S- CNR, Tipolitografia DBS.

Un vivo ringraziamento all'ing. Alberto Cherubini, presidente del Comitato Tecnico-Scientifico, e all'arch. MarioCanti, direttore del Centro Regionale per i Beni Culturali, per aver promosso e seguito lo sviluppo della ricerca.

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CODICE DI PRATICA (LINEE GUIDA) PER LA PROGETTAZIONE DEGLI INTER-VENTI DI RIPARAZIONE, MIGLIORAMENTO SISMICO E RESTAURO DEI BENIARCHITETTONICI DANNEGGIATI DAL TERREMOTO UMBRO-MARCHIGIANODEL 1997

INDICE

PRESENTAZIONE (A. Cherubini) pag. 15PREFAZIONE (M. Canti) pag. 17

1. PREMESSA E INTRODUZIONE AL TEMA pag. 191.1. Premessa pag. 191.2. L’evoluzione delle posizioni scientifiche, lo sviluppo degli strumenti

legislativi e normativi pag. 201.3. Contributi dalla ricerca scientifica pag. 201.4. Obiettivi e campo di applicazione del codice di pratica per la

progettazione del miglioramento pag. 21

2. IL PROGETTO DI MIGLIORAMENTO ANTISISMICO NEL RESTAURO pag. 25

2.1. Indirizzi e direttive dell’opera di restauro dei beni architettonici danneggiati nelle Marche: la scelta del miglioramento pag. 25

2.2. Comportamento, danno, vulnerabilità tipica e specifica pag. 262.3. Macroelementi e meccanismi di danno pag. 292.4. La peculiarità progettuale del miglioramento pag. 292.5. Altre componenti o condizioni del restauro strutturale: riparazione,

consolidamento statico, manutenzione pag. 302.6. Impostazione e valutazione degli interventi secondo i criteri del restauro

architettonico pag. 30

3. SCHEMA METODOLOGICO E PROCEDIMENTO DI PROGETTAZIONE DEL MIGLIORAMENTO pag. 35

3.1. Sequenza e articolazione delle fasi di progettazione pag. 353.2. Configurazione del progetto in rapporto al livello di danno e alla

complessità del caso: semplificato/speditivo, standard, complesso pag. 40

4. IL RILIEVO DELL’EDIFICIO PER L’ANALISI DEL SUO COMPORTAMENTO STRUTTURALE NEL TEMPO pag. 41

4.1. Requisiti richiesti al rilievo dalle “Direttive Tecniche della RegioneMarche e dalle “Istruzioni” del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali pag. 41

4.2. Le conoscenze necessarie al progetto di miglioramento nel restauro pag. 424.3. Il rilievo metrico, architettonico-costruttivo e del degrado pag. 434.4. Il rilievo del quadro fessurativo e deformativo pag. 444.5. Rilevamento e documentazione fotografica pag. 484.6. Ricerca storica e Relazione storico-critica pag. 48

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PARTE PRIMA

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5. LA DIAGNOSI DI VULNERABILITA’ E IL PROGETTO DI DANNO pag. 535.1. La diagnosi di vulnerabilità sismico-strutturale e di danno ulteriore atteso

(progetto di danno) in base alla casistica di danno pag. 535.2. Vulnerabilità tipica e meccanismi di danno delle chiese (A. Moretti) pag. 545.3. Vulnerabilità tipica e meccanismi di danno degli edifici in aggregato

(G. Canofeni) pag. 765.4. Forme di vulnerabilità specifica (F. Marino) pag. 97

6. LA “LISTA DI CONTROLLO” DEGLI ESITI DIAGNOSTICI E DEGLI OBIETTIVI DI PROGETTO pag. 121

6.1. Finalità della “Lista di Controllo” pag. 1216.2. Articolazioni della lista di controllo pag. 121

7. LA PROGETTAZIONE DEFINITIVA DEGLI INTERVENTI pag. 1257.1. Ruolo, finalità generali e livelli di approfondimento del progetto pag. 1257.2. La concezione complessiva degli interventi di miglioramento-

Esemplificazione pag. 1277.3. Contenuti della “Relazione programmatica” pag. 1427.4. I grafici di Progetto Definitivo: contenuti e modalità redazionali pag. 143

8. LA PROGETTAZIONE ESECUTIVA DEL MIGLIORAMENTO:GLI INTERVENTI NEI NODI STRUTTURALIE NELLE PARTI COSTITUTIVE pag. 151

8.1. Ruolo e requisiti del progetto esecutivo pag. 1518.2. Il nodo muro-tetto: confinamento e consolidamento sommitale delle

murature, connessioni tra muro e tetto, irrigidimento e solidarizzazione delle falde del tetto pag. 152

8.3. Il nodo muro-solaio: consolidamento dell’appoggio e connessioni muro-solaio, irrigidimento di solai e tirantatura perimetrale pag. 164

8.4. Il nodo muro di fondazione-terreno di appoggio pag. 1718.5. Le discontinuità murarie: la riparazione delle lesioni, il risarcimento

di vuoti, la neutralizzazione strutturale delle discontinuità costruttive pag. 1738.6. Sistemi di consolidamento meccanico della muratura a fronte di

vulnerabilità accentuate pag. 1788.7. Gli interventi sulle volte: volte strutturali, volte strutturali leggere

(a mattoni in foglio) pag. 1828.8. Sistemi di tirantatura metallica o mista a contenimento di meccanismi pag. 1858.9. Aspetti legati alla protezione e al restauro di superfici architettoniche

e di elementi di arredo fisso e mobile pag. 188

9. DOCUMENTI TECNICO-ECONOMICI PER IL CONTRATTOD’APPALTO NEL PROGETTO ESECUTIVO pag. 189

9.1. Il Capitolato Speciale di Appalto pag. 1899.2. L’Elenco dei Prezzi Unitari pag. 1899.3. Il Computo Metrico Estimativo con Quadro Economico di Spesa pag. 1909.4. La richiesta del rendiconto “come costruito” a consuntivo pag. 190

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10. ESEMPLIFICAZIONI DI PROGETTI E DI INTERVENTI pag. 19110.1. Presentazione dei casi pag. 19110.2. Il progetto per il miglioramento sismico

del Tempio monumentale di S. Nicolò a Carpi (RE) (G. Serafini) pag. 19310.3. Interventi di riparazione, manutenzione, consolidamento statico e

miglioramento del Palazzo Cumano a Feltre (BL),ora sede della galleria d’arte moderna “C. Rizzarda” pag. 203

10.4. La progettazione del miglioramento sismico nel caso dellaChiesa di S. Savino a Liceto di Sassoferrato (AN) (P. Regazzo) pag. 219

10.5. Casa Castellani a S. Ippolito (PS) (G. Minardi) pag. 236

11. BIBLIOGRAFIA pag. 251

I testi non firmati, le foto e i grafici di cui non è indicato l’autore sono di Francesco Doglioni, responsabile dell’UnitàOperativa di Venezia - IUAV del Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti - CNR.Parte degli studi di base sono stati realizzati con fondi ricerca del CNR-GNDT.

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PRESENTAZIONE

Una delle attività istituzionali dei ComitatiTecnico-scientifici istituiti a seguito del terre-moto del IX/97 nelle regioni Umbria eM a rch e, su precisa indicazione del Pro f.Franco Barberi, è quella dello svolgimento diricerche connesse alla materia trattata nellapreparazione di procedure e direttive di attua-zione della Legge n. 61/1998.

Le prime ricerche attivate riguardano il set-tore dei Beni Culturali e non è un caso: que-sto post-evento a seguito del sisma iniziato il2 6 / 0 9 / 9 7 , c a rat t e ri z z ato da molte nov i t àrispetto alle esperienze del passato, ha risco-p e rto la centralità dei Beni Culturali nelnostro patrimonio edilizio e storico danneg-giato.

Si tratta di due contributi significativi –sulla scia della lunga scuola del GNDT di V.Pe t ri n i : la ri c e rca di Francesco Dog l i o n isegue il filone delle analisi svolte per le chie-se danneggiate a seguito del sisma del 1976nel Friuli e della proposta di modellazionestrutturale per macroelementi; sulla stessalinea, la ricerca di Sergio Lagomarsino portaa risultati significativi l’approccio iniziatodalla Protezione Civile con il Censimento divulnerabilità dei Beni Monumentali svoltonegli anni 1998 – 99 con lo strumento dei“Lavori Socialmente Utili”.

Una intelligente ed accurata revisione con-c o rd ata con il Centro Regionale BeniCulturali delle Marche, permette oggi di ren-dere questi preziosi lavori disponibili ed uti-lizzabili da tutti, in particolare dai Progettisti,a cui è stato richiesto di assecondare, anche secon un po’ di fatica iniziale, il notevole sfor-zo innovativo richiesto a tutti dall’attuazionedella Legge.

Nella regione Marche l’attività di ricercadel CTS sta vedendo oggi il progressivo coin-volgimento delle strutture regionali, in primalinea quella dei Beni Culturali: è certamenteun elemento di grande novità e di soddisfa-

zione per tutti noi constatare che, nella fase direale avvio dell’autonomia regionale, trova

spazio e dignità l’attività speculativa e di pen-

siero che accompagna e valida un processo e

lo rende ripetibile ed esportabile ad altri con-testi italiani

Alberto Cherubini

Presidente del CTS Marche

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PREFAZIONE

Nell’ambito degli strumenti adottati dallaRegione Marche come riferimenti fondamen-tali per fornire una risposta ad una correttametodologia di indagine e di intervento sulpatrimonio culturale danneggiato dalla crisisismica, si è ritenuto opportuno, d’intesa conil Comitato Tecnico Scientifico delle Marche,di conferire incarichi di ricerca volti ad otte-nere indirizzi di metodo e, contemporanea-mente, un sussidio tecnico sotto forma di“Codice di pratica per la progettazione deglii n t e rventi di ri p a ra z i o n e, m i g l i o ra m e n t osismico e restauro dei Beni Architettonici”, e“Modelli semplificati per valutare la vulnera-bilità sismica delle costruzioni storiche e cal-colare il livello di protezione sismica a segui-to degli interventi di miglioramento”.

S’è pensato così di fornire un sussidio spe-cifico per impostare correttamente, sia sotto ilprofilo culturale, sia in diretta conseguenza,tecnico e applicativo, un tema come quellodel restauro, del miglioramento delle caratte-ristiche costruttive e statiche come risposta alsisma, e della conservazione attiva dell’orga-nismo edilizio.

Il lavoro è il risultato delle ricerche paralle-le condotte dal professore Francesco Doglioni(del Dipartimento di Storia dell’Architetturadell’Università di Venezia) e dal ProfessoreS e rgio Lago m a rsino (del Dipartimento diI n geg n e ria Stru t t u rale e Geotecnicadell’Università di Genova), entrambi, figuredi riferimento nel campo accademico, espertin e l l ’ i n d agine conoscitiva dell’orga n i s m oarchitettonico e nello studio di princìpi teori-ci e metodologici della conservazione, conp a rt i c o l a re ri g u a rdo ai comportamenti deisistemi edilizi in fase sismica.

I risultati delle ricerche costituiscono unatappa fondamentale per la realizzazione degliintenti programmatici con i quali è stato pre-disposto il Piano di ripristino, recupero erestauro del patrimonio culturale danneggiatodalla crisi sismica; e rappresentano altresì un

documento finalizzato all’individuazione diun processo metodologico che non si proponecome mero “prontuario” bensì, basandosi suuna preventiva e approfondita lettura criticadell’organismo architettonico, pone indirizzidi metodo, e induce ad ottenere nei progetti enegli interventi di recupero che ne consegui-ranno, una rispondenza e comparabilità neimezzi di indagine, nelle scelte figurative e dilinguaggio, e nel percorso tecnico.

La funzione svolta dalle ricerche ha pro-mosso e consentito lo sviluppo di una meto-dologia sperimentale, tuttora in evoluzione,costituita da un insieme di criteri e tecnichedove il miglioramento entra organicamente afar parte dell’opera di restauro rafforzandonela connessione tecnica e concettuale con gliinterventi di protezione dagli effetti sismici.

Un primo ringraziamento va quindi agliautori, senza la cui dedizione e competenzanon sarebbe stato possibile il perseguimentodegli obiettivi raggiunti. I n o l t re, un grazie part i c o l a re va rivo l t oall’Ing. Alberto Cherubini, che come presi-dente del Comitato Tecnico Scientifico delleMarche, con grande cultura tecnica ha pro-mosso e incentivato gli studi.

Nel dare pubblicazione dei risultati dellericerche, si auspica che da queste derivi un’at-tenzione maggiore al recupero dei caratteri edei valori dei beni culturali ed ambientali checostituiscono il tessuto insediativo del patri-monio marchigiano e si esprime la convinzio-ne che gli studi attivati potranno essere stru-mento utile per la definizione di una strategiadi conservazione attiva del territorio, anche aldi là della contingente situazione di emergen-za.

Mario CantiDirettore del Centro Regionale

per i Beni culturali della Marche

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1.1. PremessaIl naturale ed inevitabile ripetersi di eventi sismici inItalia pone un problema strategico che coinvolge tantola cultura della conservazione del patrimonio storicoarchitettonico, quanto la sfera della protezione civile edell’ingegneria sismica.I terremoti che hanno di recente colpito l’Umbria e leMarche ripropongono in modo ancora più evidente chein passato il tema della vulnerabilità sismica del patr i-monio architettonico. Nelle due regioni almeno 4.000edifici vincolati hanno subito danni, e ad essi vannoaggiunti numerosi edifici privati nei centri storici e nelterritorio. Nella maggior parte dei casi il danneggia-mento non ha raggiunto livelli prossimi al crollo, equesto fatto induce a ritenere che l’opera di riparazio-ne post-sisma potrà assumere come propria finalitàanche la prevenzione di danni futuri.Siamo consap evoli che la maggior parte del pat ri m o n i oa rchitettonico del paese è vulnerabile al sisma, i n t e n-dendo per vulnerabilità l’intrinseca pre d i s p o s i z i o n ed e l l ’ e d i ficio a subire danni e crolli in caso di terre m o t o .Il patrimonio si trova perciò in una condizione di ele-vato degrado potenziale, ed una azione che miri a con-servare e trasmettere al futuro i monumenti, quale sipropone il restauro, deve includere come obiettivodella normale operatività la dotazione di predisposizio-ni antisismiche. Il D.L. 29 ottobre 1999, n. 490, Testounico delle disposizioni legislative in materia di beniculturali e ambientali, nel fornire la definizione direstauro all’art. 34, afferma esplecitamente: “Nel casodi beni immobili nelle zone dichiarate a rischio sismi -co in base alla normativa vigente il restauro compren -de l’intervento di miglioramento strutturale”.D’altro canto, una azione di protezione civile rivolta aridurre il rischio per gli uomini e le cose, deve porsi lostesso obiettivo, data la grande diffusione nel territorioitaliano di edifici di antica origine.

Questo studio si propone di approfondire la particolarearticolazione che il progetto di restauro deve assumerequando si pone anche la finalità del miglioramentosismico,in funzione preventiva o per riparare un manu-fatto già danneggiato. Riteniamo infatti che debbaessere precisata e rafforzata l’appartenenza tecnica econcettuale degli interventi di miglioramento sismicoalle opere di conservazione.Va anche dimostrato comequesti interventi siano di fatto inseparabili dal com-plesso di opere manutentive necessarie a mantenere inefficienza la fabbrica, e debbano organicamente asso-ciarsi ad essi. Inoltre dobbiamo delineare e mettere apunto un percorso tecnico comune tra restauro e prote-zione da sisma, superando una separazione oggi fre-

quente e facendo sì che il miglioramento costituisca unusuale strato tematico del progetto di restauro. Ne deriva che, se il miglioramento deve entrare orga-nicamente a far parte dell’opera di restauro e costituir-ne uno specifico obiettivo, gli interventi che esso pre-vede devono poter essere valutati anche in base ai cri-teri di accettazione che sono propri del restauro, e con-tribuire al rapporto tra mezzi e fini che appartiene aquesta disciplina. Simmetri c a m e n t e, se il re s t a u rovuole accogliere al proprio interno l’opera di migliora-mento, deve condividerne le categorie concettuali, adesempio considerare la vulnerabilità come una condi-zione di degrado potenziale futuro sulla quale interve-nire preventivamente, anche a costo di motivati impat-ti sulla fabbrica da conservare.Proponiamo perciò una procedura di riferimento perricercare attraverso il progetto una connessione con-cettuale e operativa tra il restauro architettonico e ilmiglioramento in funzione antisismica. Lo definiamocon termine oggi in voga “codice di pratica”, anche seci rendiamo conto- e non perderemo occasione perricordarlo- di come, anche al di là di limiti impostidalle capacità individuali, la comunità scientifica nelsuo insieme sia ben lungi dall’aver raggiunto in mate-ria quelle certezze che la formula sembra presupporre.Ma le necessità del fare incalzano, i progetti e gli inter-venti di riparazione devono comunque essere realizza-ti anche senza potersi fondare su acquisizioni definiti-ve, di cui oggi non disponiamo.P roponiamo perciò un lavo ra re tecnico ri fl e s s ivo ,attento a captare i segnali che la fabbrica ci può dare,utilizzando metodi e concetti di cui non mitizziamol’efficacia, ma che ci spingono a cercare di capire ilcomportamento avuto sino ad oggi dalla fabbrica,facendone il punto di riferimento per prevederne ilcomportamento futuro. Teniamo conto che l’esperien-za del danno sismico subito dagli edifici monumentali,a documentare la quale si stanno formando significati-ve banche dati, può diventare quello che è stata l’ana-tomia patologica per lo sviluppo della scienza medica,e quello che è oggi per essa lo studio epidemiologico. L’obiettivo è un agire prudente e non affrettato, limita-to nell’entità e mirato nella qualità degli interventi.Siamo comunque consapevoli -l’esperienza del dannosubito ce lo dimostra- che interventi intensivi e pesan-ti non garantirebbero di per sè la sicurezza al sisma, ecertamente danneggerebbero la delicata natura degliedifici antichi, assorbendo risorse che riteniamo deb-bano essere impiegate in modo più mirato.

1. PREMESSA E INTRODUZIONE AL TEMA1.1. Premessa1.2. L’evoluzione delle posizioni scientifiche, lo sviluppo degli strumenti legislativi e normativi1.3. Contributi dalla ricerca scientifica1.4. Obiettivi e campo di applicazione del codice di pratica per la progettazione del miglioramento

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1.2. L’evoluzione delle posizioni scientifiche, lo svi-luppo degli strumenti legislativi e normativi- Si può affermare che fino agli inizi degli anni ‘80 nonesisteva una specifica disciplina del rafforzamento deimonumenti in funzione antisismica. Mentre il consoli-damento statico poteva avvalersi degli studi e dell’ope-ra, ad esempio, di Sisto Mastrodicasa (1), nel campopiù specifico della riparazione o del rafforzamento infunzione antisismica si realizzavano nella maggiorparte dei casi applicazioni a monumenti della tecnicasviluppata per le nuove costruzioni, concettualmenteeterogenea ai modi e ai materiali costruttivi dellacostruzione antica, e perciò portata a piegare i monu-menti alla propria logica ed incapace di adattarvisi. Lacoscienza di un procedere del tutto inadeguato sottomolti punti di vista è maturata nel corso degli anni ‘70e ‘80, anche a seguito degli interventi successivi ai ter-remoti del Friuli e dell’Irpinia. Nei restauratori è maturata la consapevolezza di quan-to fosse ormai insostenibile la scissione tra struttura easpetto visibile, che portava a considerare indifferenteun inserto strutturale nel corpo della fabbrica purchènascosto alla vista. La grave invasività e distruttivitàpropria dei modi di riparazione e consolidamento anti-sismico applicati al patrimonio architettonico nellericostruzioni del Friuli e dell’Irpinia ha favorito questapresa di coscienza.D ’ a l t ro canto, alcuni studiosi di Scienza dellaCostruzioni (tra i quali in particolare Di Pasquale,Benvenuto e Giuffrè) hanno maturato la consapevolez-za che i fondamenti concettuali propri della Scienzadelle Costruzioni dovessero essere considerati inappli-cabili alle strutture tradizionali in muratura (vedi adesempio la mancanza dei presupposti per l’applicazio-ne della legge di Hook) e di conseguenza fosseronecessari profondi ripensamenti tanto delle modella-zioni numeriche che degli interventi su di essa basati.Il sostanziale vuoto normativo nel campo dei monu-menti, riconosciuto dalla legge sismica generale n.64del 1974, (2) ha avuto un punto di svolta con il D.M.1986 (3). Ampliando lo spazio ap e rto da tale decre t o , l e“ R a c c o m a n d a z i o n i . . . .” e l ab o rate nel 1986 dalComitato per la Prevenzione del Patrimonio Culturaledal Rischio sismico, istituito nel 1984 dal Ministro deiBB.CC. di concerto con il Ministro della ProtezioneCivile, ed emanate come circolare (4), rappresentanouna tappa importante nella maturazione di questacoscienza. Si è inteso con quel documento porre unfreno alle applicazioni massicce ed invasive di inter-venti quali le iniezioni cementizie, l’applicazione dipareti armate, la sostituzione immotivata di solai ecoperture lignee con strutture in cemento. E’stato indi-cato il miglioramento sismico, in luogo dell’adegua -mento sismico, come l’unica impostazione concettualee normativa adatta e certamente compatibile per imonumenti. Nel contempo si è inteso aprire la stradaalla comprensione e al rispetto del comportamentostrutturale dell’edificio, ed alla adozione preferenzialedi tecniche di consolidamento di accertata compatibi-l i t à , in part i c o l a re tradizionali (soprattutto tira n t i

metallici), limitando l’applicazione indiscriminata dimateriali e tecniche moderne. E’ stata poi sottolineatala carenza di una ricerca scientifica moderna in questocampo, e la necessità di avviarla con un programma diampio respiro finalizzato alla protezione sismica delpatrimonio monumentale.Lo stesso Comitato Sismico ha poi elab o rato le“Direttive...” (5), il cui testo conteneva un significativocommento. Un successivo aggi o rnamento ha dat oluogo nel 1997 alle “Istruzioni generali per la redazio-ne di progetti di restauro nei beni architettonici di valo-re storico-artistico in zona sismica”, adottato nel 1997anche dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici conalcune modifiche, che sarà prossimamente recepito daun decreto interministeriale. Esso costituirà perciò laprima legge di regolamentazione degli interventi infunzione antisismica nel campo del patrimonio archi-tettonico (6).Da ricordare che nel 1996 il Ministero dei LavoriPubblici ha aggiornato il decreto del 1986, emanandola relativa circolare esplicativa (7).Di re c e n t e, la Regione Marche ha emanato le“Direttive tecniche” (8), che tengono conto dei riferi-menti normativi citati; ad esse si farà costante riferi-mento.

1.3. Contributi dalla ricerca scientificaTra le attività di studio della vulnerabilità sismicaavviate dal GNDT (9), si colloca una linea di ricercasul danno subito nel terremoto del Friuli dagli edificimonumentali. E’ stato formato un ar chivio fotograficoper documentare lo stato di ciascun monumento primadel terremoto, dopo la prima serie sismica e dopo lenuove scosse del settembre 1976. Le sequenze cosìraccolte, che in molti casi hanno permesso di docu-mentare l’evoluzione del processo di danno, hannoanche consentito di studiare lo sviluppo cinematico deiprocessi di danneggiamento, ponendola in rapportocon le condizioni precedenti al sisma.La ricerca è stata approfondita in particolare per lechiese, ed ha portato a considerare il danno sismicocome risultante di due componenti vulnerabili propriedell’edificio. La prima è legata alla conformazionepropria della parte di manufatto (denominata conven-zionalmente macroelemento) cui si associano di prefe-renza dati meccanismi generali di danno, e viene defi-nita vulnerabilità tipica. La seconda si collega alle par-ticolari modalità costruttive proprie di ciascun manu-fatto, come la presenza di discontinuità indotte da pro-cessi di costruzione e trasformazione, da dissesti pre-gressi, in sostanza ai fattori individuali che influenza-no localmente l’evoluzione del meccanismo generale.Questa seconda componente è denominata vulnerabi -lità specifica (10)E’stata compiuta perciò una ricerca di tipo epidemio-logico sulle patologie ricorrenti, mettendo in evidenzale correlazioni con i caratteri ai quali esse si associanocon maggiore frequenza.Spiegare il danno avvenuto anche attraverso i caratteridella costruzione che lo hanno influenzato o comunqueconsentito è perciò l’obiettivo di questa impostazione

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che possiamo definire fenomenologica.

L’insieme degli effetti di dissesto, che denominiamo“danni”, presente in ciascun edificio e posto in strettarelazione con i suoi caratteri, è considerato in questaimpostazione un patrimonio prezioso e insostituibile.L’opera di riconoscimento, descrizione e interpretazio-ne dei danni è necessaria per almeno due scopi.Il primo, di carattere strategico e generale, è rivolto aproseguire la ricerca epidemiologica sui manufatti, perampliare la base di dati che ha consentito di istituirecorrelazioni e rilevare le probabilità di insorgenza di undato meccanismo di danno in manufatti dotati di deter-minati caratteri. Rilevare il danno in un dato edificio eparagonarlo con metodi opportuni ad altri danni analo-gamente rilevati in altri manufatti, costituisce perciò uncontributo all’avanzamento della ricerca e allo svilup-po di una banca dati che, opportunamente organizzata,potrà diventare la memoria esperta cui fare concreta-mente riferimento nell’opera di prevenzione. Diventainoltre la chiave per accedere alla memoria di dannogià esistente, in quanto consente di ricercare le situa-zioni affini per caratteri e per danno, traendone indica-zioni sulla possibile evoluzione dei fenomeni.

Il secondo scopo è direttamente funzionale alla com-prensione e descrizione del comportamento già acqui-sito dall’edificio (11),a formarne la storia evolutiva deltutto individuale e complessa pur se riconducibile aschemi interpretativi generali e semplificati. Questaanamnesi (12) è considerata base fondamentale per laprogettazione del miglioramento antisismico di un edi-ficio. Si è infatti osservato in via generale che, se l’e-dificio non muta radicalmente assetto, il suo compor-tamento tende a riprodursi anche a grande distanza ditempo, recidivando danni anche antichi e evolvendo imeccanismi che li inducono.In questa impostazione il danno già presente vieneconsiderato un test al vero, una sperimentazione rea-lizzata in condizioni irriproducibili in laboratorio, invivo e non in vitro, in quanto tiene conto:-dell’insieme di part i c o l a rità stori c o - c o s t ru t t ive, d iinterazione con il suolo, di manutenzione, di configu-razione strutturale proprie dell’edificio;-delle sollecitazioni reali indotte dal terremoto in queldato sito, se l’edificio è stato colpito da un terremoto disignificativa potenza.Il danno è perciò il risultato di una sperimentazionenon standard ma assolutamente reale -niente modellala realtà meglio di quanto possa fare la realtà stessa- icui esiti tuttavia possono essere interpretati solo attra-verso una attenta investigazione delle condizioni e deicaratteri che li hanno influenzati. Il problema si sposta perciò sulla nostra capacità diosservare, descrivere, interpretare la realtà, e di para-gonare tra loro le diverse situazioni attraverso l’ado-zione di concetti e categorie di lettura in grado di fun-gere da tramite nei due sensi (dal particolare al genera-le e dal generale al particolare) tra singolo caso e popo-lazione di manufatti, senza che si verifichi ad ogni pas-saggio una perdita troppo rilevante di informazione edi precisione.

I concetti di “macroelemento” e di “meccanismo”, adesempio, sono funzionali a questo scopo, e diventanoperciò strumenti di lavoro necessari almeno fino aquando non saranno messi a punto mezzi concettualipiù raffinati.Il saper ricondurre ad un meccanismo “ideale”, ossiaschematizzato attraverso un modello,un dato quadro didanno reale significa al tempo stesso disporre di unostrumento interpretativo/descrittivo del fenomeno edacquisire consapevolezza del ruolo svolto dalle condi-zioni al contorno che hanno spinto il meccanismo amanifestarsi attraverso quella data configurazione didanno. Tutto questo contribuisce a rendere più fitto ecircostanziato il tessuto di correlazioni tra fenomeniche investono la fabbrica nel suo insieme (schematiz-zabili in meccanismi di danno) e caratteri individuali(di costruzione e configurazione, di trasformazione,degrado e dissesto nel tempo) delle diverse parti dellafabbrica.

1.4. Obiettivi e campo di applicazione del codice dipratica per la progettazione del miglioramentoPur nel panorama di rinnovata definizione normativa,vi è una diffusa tendenza a dare per scontati o a dele-gare alla pratica professionale i contenuti e i modi diquello che costituisce il passaggio fondamentale per laefficacia degli interventi, ossia il progetto. Vi è anche,da parte di alcuni, il rifiuto di scendere nel dettaglio,quasi fosse limitativo per le scelte dei singoli operato-ri di fronte ai singoli casi reali. Appare di grandeimportanza, invece, formare strumenti di indirizzo eriferimento della progettazione -intesa come l’operaintellettuale per mezzo della quale si realizza l’elabo-rato tecnico-amministrat ivo denominato “ p roge t t o - ,per meglio definirne i contenuti e gli approfondimentinecessari, fornendo al tempo stesso riferimenti suforme di redazione sperimentate che possono favorirela chiarezza degli elaborati.L’elaborazione di un codice di pratica per la progetta-zione e la realizzazione degli interventi di migliora-mento antisismico in edifici monumentali tende perciòa far fronte alla necessità, costantemente riscontrata, didisporre di uno strumento orientativo e divulgativo chesi collochi a raccordo tra norme di legge, indirizziscientifici e culturali e pratica professionale.Il codice di pratica intende costituire riferimento allaprogettazione del miglioramento per le classi più dif-fuse di manufatti di antica costruzione quali chiese pic-cole e medie, edifici civili inseriti nel tessuto urbano,ville o edifici isolati, escludendo quelli che per l’ecce-zionalità dimensionale o tipologica o per la presenza distati di crollo o di danno molto grave richiedono unapproccio affatto particolare. I suoi contenuti dovrannoessere riprecisati in rapporto alle singole caratteristicheculturali dell’area, per meglio tener conto delle tipolo-gie presenti, dei materiali e dei modi costruttivi, ecc.Non si intende quindi proporre la soluzione dei proble-mi, quanto piuttosto un modo di riferimento con cuicercarla e metterla a fuoco in ciascun edificio tenendoconto di esperienze più generali.Nè si intende attribuire un valore para-normativo ai

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materiali e agli accorgimenti tecnici che verranno pro-posti, anche se riteniamo utile indicarli, talvolta inalternativa tra loro, spiegando nel contempo il percor-so e le motivazioni che hanno spinto, in altre situazio-ni reali, ad adottarli: ciascun progettista, se deciderà diutilizzarli, dovrà farli propri adattandoli alle esigenzedell’edificio da restaurare, oppure potrà sostituirli conaltre soluzioni opportunamente motivate.

E’ esigenza di tutti che si producano progetti chiari,essenziali ed efficaci; che presentino una coerenza traapprofondimenti compiuti e scelte proposte; che docu-mentino in futuro le decisioni assunte e gli interventieffettuati e, se possibile, diventino l’elemento inizialesu cui formare una cartella clinica dell’edificio dure-vole nel tempo (il “fascicolo del fabbricato”), da utiliz-zare anche successivamente per le verifiche del com-portamento e per gli aggiornamenti suggeriti dall’a-vanzare delle conoscenze e delle capacità tecniche.Questo non allo scopo di appesantire la progettazionecon ulteriori adempimenti burocratici, ma per renderlacapace di argomentare la necessità e l’efficacia degliinterventi, per rendere comparabili e valutabili i diver-si progetti in termini di soluzioni proposte e di con-gruità di costo, dimostrando la reale continuità con lafase di rilevamento dei danni. Ricordiamo che il pro-getto è lo strumento con cui si definisce l’entità e il tipodegli interventi, quindi il loro impatto sulla costruzio-ne e il loro costo economico. E’necessario che le scel-te assunte siano trasparenti e sempre verificabili, che visia una corrispondenza riconoscibile tra gli effetti cau-sati dal sisma o prevedibili e le opere che si propone direalizzare. Tutti questi sono elementi necessari, anchese non sufficienti, a determinare la qualità dello stru-mento progettuale.

D’altro canto, va tenuto presente che il progetto dimiglioramento ha di per sè una natura in prevalenzapersuasiva, e solo in parte dimostrativa, come invecedeve avere l’adeguamento, cui si chiede soprattutto didimostrare con il calcolo che dopo l’intervento la fab-brica raggiungerà le prestazioni strutturali richieste perlegge. Il progetto di miglioramento, infatti, deve esse-re in grado di convincere che le soluzioni propostesono, nella specifica situazione di quell’edificio, effi-caci a contrastare i danni sismici. Al progetto dimiglioramento si chiede soprattutto di articolare eargomentare le soluzioni proposte in rapporto alla par-ticolare natura dell’edificio.Le argomentazioni a sostegno delle soluzioni proget-tuali e i motivi della scelta tra possibili alternatived evono perciò ap p a ri re in ch i a ro nel progetto dimiglioramento, essere ripercorribili a valle e valutabilida altre persone, in quanto rappresentano il fondamen-to tecnico del progetto. Al calcolo numerico è affidatoun ruolo di dimensionamento e di verifica dell’entitàdel miglioramento apportato. Il calcolo perciò parteci-pa insieme agli altri argomenti a sostenere ed indiriz-zare le scelte, ma non mira a costituire, come tende adavvenire nell’adeguamento, la parte preponderante delprogetto.

La proposta che avanziamo è quella di formare uncorpo di riferimenti tecnico-operativi e di argomenta-zioni, a valle delle “Istruzioni...” del Comitato Sismicoe della “Raccomandazioni” della Regione Marche, chene costituiranno l’indirizzo fondamentale. La formuladel “codice di pratica” della progettazione, è concepitaper fornire al progettista esemplificazioni pratiche eriferimenti metodologici -argomenti, appunto- da uti-lizzare nei vari passaggi analitici e decisionali, ancheper contribuire a definire uno standard tecnico per laredazione e la successiva verifica e accettazione deiprogetti.La struttura proposta cerca di tener sempre presenteche l’operatore progettista, cui è diretta, deve far pro-pria anche l’attrezzatura concettuale necessaria ad uti-lizzare con autonomia critica gli strumenti offerti: l’a-dattamento per l’applicazione ai casi reali è l’attivitàpiù tipica della progettazione. Dovrà inoltre acquisirela mentalità che è propria e particolare di chi intendarealizzare il miglioramento. Per questi motivi ci si sof-ferma, anche problematicamente, sulla definizione diconcetti e di categorie generali, considerandoli stru-menti fondamentali per la concezione dell’intervento eper la costruzione del progetto.

I modi proposti di analisi, diagnosi e progettazionedegli interventi si pongono in continuità metodologicae operativa con l’attività di schedatura degli edificiecclesiastici danneggiati dal terremoto in base allascheda GNDT, integrata con parti della scheda ICR.I contenuti della scheda di ciascun edificio devonoopportunamente essere acquisiti e controllati dal pro-gettista, ed integrati con gli aspetti che nella schedaattuale non sono sviluppati, come lo stato di consisten-za propria delle strutture e lo stato di manutenzione.Tuttavia la scheda, con le valutazioni e interpretazionidei tecnici che l’hanno redatta, deve essere considera-ta una prima lista di controllo del progetto, un indice diproblemi cui si dovrà dare puntualmente risposta.

Lo studio non può pretendere certo di esaurire la com-plessa problematica, ma vuol contribuire a formareuno stato dell’arte orientato sulle varie tematiche checoncorrono a costruire il progetto di miglioramentoentro l’impostazione propria del restauro architettoni-co. Va detto che queste tematiche sono usualmente trat-tate dagli specialisti in modo monografico, e questonon favorisce i collegamenti e le interazioni tra di esse,che risultano invece di grande importanza ai fini del-l’applicazione pratica nel progetto. Lo studio cercherà soprattutto di sviluppare questi col-legamenti: tra restauro architettonico e miglioramento,ad esempio, tra riconoscimento delle vulnerabilità ei n t e rventi proge t t ati per contra s t a rl e, t ra carat t e ricostruttivi delle parti dell’edificio e tecnologie di inter-vento ad essi adattate.La struttura a capitoli che si intende proporre nello stu-dio è tale da poter essere ulteriormente sviluppata eapprofondita in modo settoriale: successivi documentitecnici, anche autonomi, potranno focalizzare specifi-che problematiche qui solo accennate (ad es. il conso-

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lidamento delle volte, oppure l’intervento sulle struttu-re snelle) o dar conto di risultati di ricerche e speri-mentazioni in corso nell’applicazione di tecniche.

(1) Vedi il noto testo di S. MASTRODICASA, Dissesti stati -ci delle strutture edilizie, ed. Hoepli, Milano.

(2) La legge n. 64 del 2 febbraio 1974 affermava all’art. 16 -Edifici di speciale importanza artistica:”Per l’esecuzione diqualsiasi lavoro di riparazione in edifici o manufatti dic a rat t e re monumentale o ave n t i , c o mu n q u e, i n t e re s s earcheologico, storico o artistico, siano essi pubblici o di pri -vata proprietà, restano ferme le disposizioni vigenti in mate -ria”. Tuttavia, nelle leggi di tutela non vi è alcuna disposi-zione specifica riguardo all’intervento antisismico, per cui lanorma, nella sua ambiguità, consentiva sia interventi radicalie di grande impatto sul bene che la loro negazione.

(3) D.M. 24 gennaio 1986 del Ministero dei Lavori Pubblici.

(4) Circolare n. 1032 del 18 luglio 1986 del Ministero per iBeni Culturali ed Ambientali recante : “Raccomandazionirelative agli interventi sul patrimonio monumentale a tipolo-gia specialistica in zona sismica”.

(5) Vedi la Circolare 1841 del 12 marzo 1991 del Ministeroper i Beni Culturali ed Ambientali recante “Direttive per laredazione ed esecuzione di progetti di restauro comprenden-ti interventi di miglioramento antisismico e manutenzionenei complessi architettonici di valore storico-artistico in zonasismica”.

(6) Il testo delle “Istruzioni...”, predisposto dal Comitato, è

s t ato ap p rovato con integrazioni nel voto n.564 del28/11/1997 dell’Assemblea Generale del ConsiglioSuperiore dei Lavori Pubblici.

(7) D.M. 16 gennaio 1996 del Ministero dei Lavori Pubblicidi concerto con il Ministro dell’Interno, recante “Norme tec-niche per le costruzioni in zone sismiche” e Circolare n. 65del 10 aprile 1997 del Ministero dei Lavori pubblici recante“Istruzioni per l’applicazione delle Norme Tecniche per lecostruzioni in zone sismiche di cui al D.M. 16/1/96”.

(8) Vedi Deliberazione della G.R. n. 78 del 18/1/1999:Approvazione delle “direttive tecniche” per la progettazionee realizzazione degli interventi di ripristino, recupero erestauro, con miglioramento sismico,del patrimonio cultura-le danneggiato dalla crisi sismica

(9) Il GNDT, Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti,è un organo di ricerca del CNR costituito in accordo con ilDipartimento della Protezione Civile.

(10) Per la definizione di vulnerabilità tipica e vulnerabilitàspecifica, e più in generale per i risultati di ricerca legatiall’analisi del danno, vedi il testo di F. DOGLIONI, A.MORETTI, V. PETRINI, Le chiese e il terremoto, ed. LINT,Trieste, 1994, cui si farà costante riferimento.

(11) Per la definizione di comportamento, vedi a pag. 16

(12) Si intende per anamnesi la ricostruzione dei trascorsifisiologici e patologici dell’edificio nel tempo.

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2.1. Indirizzi e direttive dell’opera di restauro deibeni architettonici danneggiati nelle Marche: lascelta del miglioramentoLa legge 30 marzo 1998, n.61, indica gli obiettivi del“ripristino, recupero e restauro” come contenuto gene-rale del piano degli interventi (art. 8). A sua volta ilripristino è associato in un altro articolo a “riparazionee miglioramento sismico” (art. 2 punto 3). Per “ripri-stino”, anche se non disponiamo di una definizionenormativa, possiamo intendere in questa sede “tuttiquegli interventi necessari a riportare il bene verso unacondizione di efficienza e completezza in cui si presu-me che l’edificio si trovasse prima del danneggiamen-to e del degrado, includendo perciò, a seconda deidanni subiti, le opere di riparazione, di risarcimentolimitato o di ricostruzione estesa a intere parti”.Le Direttive emanate dalla Regione Marche precisanoe integrano questo obiettivo. Infatti nella “Premessa”,si afferma: “Gli interventi di ripristino, recupero erestauro ammissibili dovranno essere ricondotti esclu-sivamente alla tipologia di interventi di miglioramentosismico, definito al punto C.9.1.2. del D.M. 16/1/1996del Ministero dei L.L.P.P., in misura compatibile con leesigenze di conservazione e tutela del bene.”Possiamo quindi affermare che alla restituzione di inte-grità fisica (ripristino), di efficienza funzionale (recu -pero), di conservazione e fruibilità del bene (restauro,i cui obiettivi in parte coincidono con quelli attribuiti alripristino e al recupero), si vuole associare una attivitàdi prevenzione dei danni futuri attraverso il migliora -mento sismico.

L’obiettivo di rendere compatibile l’aumento dellasicurezza con la conservazione dei monumenti hacome riferimento concettuale e pratico la categorianormativa del miglioramento.La definizione è contenuta nel D.M. 16 gennaio 1996,Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche (1),al punto C.9.1.2. Intervento di Miglioramento. “Sidefinisce intervento di miglioramento l’esecuzione diuna o più opere riguardanti i singoli elementi struttura-li dell’edificio con lo scopo di conseguire un maggiorgrado di sicurezza senza, peraltro, modificarne inmaniera sostanziale il comportamento globale. E’ fattoo bbl i go di eseg u i re interventi di miglioramento achiunque intenda effettuare interventi locali volti a rin-

novare o sostituire elementi strutturali dell’edificio.Tale tipologia di intervento si applica, in particolare, alcaso degli edifici di carattere monumentale, di cuiall’art. 16 della legge 2 febbraio 1974, n. 64, in quantocompatibile con le esigenze di tutela e di conservazio-ne del bene culturale.”

Come si può constatare, la nozione di miglioramentoha come cardine il comportamento globale della fab-brica, che non va sostanzialmente mutato. Questo obiettivo può apparire contraddittorio: se ildanno (che si è già verificato, o che è probabile datal’attuale vulnerabilità di un edificio) è la naturale con-seguenza di un comportamento strutturale infausto, percontrastare il danno si dovrebbe tendere a mutarlo, nona conservarlo.A questo ragionamento, apparentemente corretto e incerti casi inoppugnabile, si oppongono alcuni fattori.In primo luogo, se l’architettura è costituita da una datastruttura, da essa inseparabile, cui si associa un datocomportamento, un mutamento globale del comporta-mento richiede un radicale cambiamento della struttu-ra, e quindi mina il rapporto struttura-architettura.Sotto il profilo concettuale la struttura è un modo diessere dell’architettura, e non accettiamo che ne vengaseparata. Dal punto di vista pratico, per mutare il com-portamento sono in genere necessari interventi ad altacomponente invasiva e distruttiva, che compromette-rebbero la natura storica e l’autenticità del bene cheinvece si vuole conservare.Ma, soprattutto, in questo ultimo decennio è maturatala consapevolezza che, inserendo presidi rivolti a muta-re radicalmente il comportamento (ad es. strutture inte-laiate in murature continue, pannelli in c.a. affiancati,ecc.) si determina un comportamento ibrido, difficil-mente prevedibile e potenzialmente più sfavorevole diquello che si vuole evitare.Di qui l’indirizzo a non correre questo rischio e aincrementare e valorizzare le prestazioni strutturalidella fabbrica, sfruttandone sistematicamente le risorsedi resistenza e accettandone senza rifiuti pregiudizialiil modo di essere strutturale.Di conseguenza, il miglioramento tende a limitare ilpiù possibile gli effetti di danno intervenendo sulle sin-gole parti per reindirizzare il comportamento di insie-me in modo più favorevole, ma ponendosi l’obiettivo e

2. IL PROGETTO DI MIGLIORAMENTO ANTISISMICO NELRESTAURO

2.1. Indirizzi e direttive dell’opera di restauro dei beni architettonici danneggiati nelle Marche: lascelta del miglioramento

2.2. Comportamento, danno, vulnerabilità tipica e specifica2.3. Macroelementi e meccanismi di danno2.4. La peculiarità progettuale del miglioramento2.5. A l t re componenti o condizioni del re s t a u ro stru t t u ra l e : ri p a ra z i o n e, consolidamento stat i c o ,

m a nu t e n z i o n e2.6. Impostazione e valutazione degli interventi secondo i criteri del restauro architettonico

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il limite di non mutarlo globalmente.Ne deriva la fondamentale importanza di saper inter-pretare attraverso i danni il comportamento passato permettere a fuoco, insieme ad altre osservazioni, l’iden -tità strutturale della fabbrica e per prevederne il com-portamento futuro. Attraverso una analisi accurata deidanni e dei dissesti presenti, considerati perciò nonsolo come effetti da riparare, ma anche come manife-stazioni fondamentali per la comprensione del com-portamento, si individuano i punti critici (“vulnerabi-li”) della struttura e si indirizzano gli interventi corret-tivi. L’impostazione proposta è basata sulle esperienzee su alcuni concetti di riferimento, sviluppati soprattut-to nella ricerca GNDT (2).

Secondo questo studio, le costruzioni monumentaliassumono al sisma comportamenti riconducibili ad unnumero relativamente limitato di meccanismi di danno,correlati soprattutto alla forma della parte colpita. Il meccanismo di danno diviene quindi lo strumentoper descrivere il comportamento dell’edificio interpre-tando il danno che si è verificato.A sua volta, il danno è il risultato e la dimostrazione diuna forma di vulnerabilità intrinseca della parte dan-neggiata. Natura e storia della fabbrica, vulnerabilità, danno emeccanismo, comportamento, sono perciò legati dauno stretto rapporto per la reciproca capacità di espli-carsi: come meglio si potrebbe descrivere il comporta-mento vulnerabile di una parte di manufatto, denomi-nata macroelemento (3) se non descrivendo il dannoche ne può conseguire e il processo cinematico attra-verso il quale si sviluppa il meccanismo? All’opposto,come meglio descrivere la componente eziologica deldanno insita nell’edificio, se non attraverso la qualifi-cazione della vulnerabilità, fondata a sua volta suicaratteri architettonici e costruttivi dell’edificio?

2.2. Comportamento, danno, vulnerabilità tipica especificaPur essendo la nozione di comportamento il punto diri fe rimento centrale del miglioramento antisismicosecondo la definizione legislativa, non ne è affattochiarito il significato.Possiamo definire provvisoriamente il comportamentocome il modo caratteristico di una costruzione di resi-stere, deformarsi ed eventualmente dissestarsi fino alcrollo a fronte delle sollecitazioni indotte dai propricarichi o da azioni esterne.Il comportamento attuale è perciò una manifestazionefondamentale dell’identità strutturale di una costruzio-ne, ossia il modo con cui esso ha reagito e reagisce allesollecitazioni cui è stato sottoposto e con cui, salvomutamenti ed evoluzioni, continuerà a reagire anche infuturo. Il comportamento a sua volta deriva almeno inparte dal concetto strutturale insito nella costruzione(la vitruviana ratio firmitatis, la ragione della saldezza,il principio che assicura solidità e include in sè la pre-visione o aspettativa di un dato comportamento) ma èanche fortemente influenzato dall’insieme di evoluzio-ni, di origine antropica o naturale, che la fabbrica ha

subito nel tempo (modifiche, degrado con perdita diefficienza, dissesto che consuma risorse di resistenza).La disposizione delle funzioni resistenti implica unadata aspettativa di comportamento strutturale, e formaquegli “schemi di risorse” (4) sui quali la fabbrica siregge, e dei quali è necessario tener conto. Il concetto stru t t u rale largamente prevalente nellac o s t ruzione mu ra ria è volto ad assicura re resistenza aic a ri chi di gravità ve rt i c a l i , e ad eventuali spinte a com-ponente ori z zo n t a l e, indotte da volte non compensat econ tira n t i , da archi o altro. Raramente una stru t t u ramu ra ria è orga n i z z ata in modo da poter off ri re re s i s t e n-ze ri l evanti ad azioni dive rse da quelle ve rticali. Se nepuò dedurre che le costruzioni mu ra rie sono intri n s e c a-mente vulnerabili alle sollecitazioni ori z zontali indottedal terre m o t o , in quanto queste hanno di consueto unap a rte limitata nella previsione di comportamento che hap resieduto alla costruzione del manu fat t o .In ogni caso, il danno è una manifestazione significati-va del comportamento ed il suo studio costituisce ilpunto di passaggio fondamentale, anche al fine di isti-tuire un rapporto con la storia costruttiva e la storia deldissesto. Oltre a dare una dimensione temporale alcomportamento -il comportamento nel tempo- se nemettono in luce le evoluzioni svavorevoli dimostratedal danno, che costituiscono quindi un nucleo certo diforme di vulnerabilità.Si è constatato che, se l’edificio non muta configura-zione e struttura, il suo comportamento tende a ripro-dursi anche a grande distanza di tempo al ripetersidelle sollecitazioni, recidivando i danni e i meccanismiche li generano . Si produce con il tempo un dannocumulato, dovuto a diversi terremoti o dissesti statici icui effetti sono stati solo parzialmente riparati, chedetermina l’affaticamento della struttura, e la perditadella sua efficienza e capacità di risposta strutturale.Ristabilire questa efficienza perduta con opere chereintegrino le risorse consumate dall’edificio durante ilsuo comportamento resistente nel tempo è dunque unodegli obiettivi del progetto, e che potremmo definirecome riparazione del danno cumulato, come risarci -mento delle capacità strutturali o, in breve, come ripri -stino strutturale. Per realizzarlo, è necessario indivi-duare sistematicamente nel corso della fase analiticatutte le forme di indebolimento che si sono prodotte.

Si definisce come vulnerabilità la predisposizione diun manufatto ad essere danneggiato in caso di sisma.La vulnerabilità è perciò una condizione attuale dipotenziale degrado futuro, che si manifesterà quandol’edificio sarà colpito da terremoto.Inoltre essa può essere descritta, nel suo insieme, comestima e qualificazione del danno atteso, che può esserecosì suddiviso:-come indice dei danni ulteriori probabili, in quantoprosecuzione di meccanismi la cui presenza e avvenu-ta attivazione sia già stata riconosciuta attraverso l’in-terpretazione dei danni ad essi associati;-come indice dei danni possibili, associando la memo-ria dei danni già verificati alla configurazione delleparti (vulnerabilità tipica) o a condizioni di debolezzalocali (vulnerabilità specifica).

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Suddivisione in macroelementi della chiesa di S. Maria Assunta a Mevale (Visso). Disegno degli allievi del Laboratorio diRestauro Architettonico, IUAV, 1999.

Le discontinuità dovute ai processi di costruzione e modificazione nel tempo costituiscono spesso fo rme di vulnerabilità specifica. Nelle fo t o , la lesione che si sviluppa nel campanile a vela (Visso) trae innesco da una antica ango l ata non ammors ata. Il danno sismi-co in questo caso è sicuramente favo rito e infl u e n z ato dalla discontinuità costru t t iva pre s e n t e.

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Anche il danno pregresso, non efficacemente riparato, costituisceuna forma di vulnerabilità specifica. In questo edificio a Visso lelesioni comparse sull’intonaco recente in prossimità della finestraangolare (vedi particolare in basso) si ricongiungono alle frattureantiche già presenti in architravi e cornici in pietra,ad indicare comeil meccanismo tipico di danno -la rotazione dell’angolata-, innescatoin precedenti terremoti, sia ora facilitato dal danno non riparato.

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La vulnerabilità specifica è quella che dettaglia e indi-rizza localmente il comportamento generale, e che altempo stesso ha funzioni di innesco di meccanismiconnessi a vulnerabilità tipiche.

2.3. Macroelementi e meccanismi di dannoSi definisce meccanismo il modello di rappresentazio-ne cinematica con cui si interpreta e si descrive il com-portamento al sisma di una parte strutturale unitaria(denominata macroelemento) e il danno conseguente.Al meccanismo è affidato sia il ruolo di interpretazio-ne dinamico-meccanica del danno accaduto che di pre-visione del danno ulteriore, in quanto il comportamen-to futuro è ipotizzabile come progressione del mecca-nismo, sia esso già attivato o meno, con il danno che aquesta progressione è associato.

La suddivisione in macroelementi svolge una funzioneconvenzionale, utile alla descrizione e comprensionedel fenomeno di danno. Perciò non deve essere ogget-to di una rigida formalizzazione, in quanto del tuttointerna e strumentale al processo di interpretazione.Nel quinto capitolo è riportata una sintesi esemplifica-ta dei meccanismi riconducibili a vulnerabilità tipiche,riconosciuti in macroelementi che appartengono adedifici religiosi e civili, e dei danni connessi a vulnera-bilità specifiche.

Vi sono meccanismi tendenzialmente unidirezionaliche, una volta attivati, tendono a indurre spostamentiprogressivi, che si sommano allo spostamento prece-dente come ad esempio nel caso del ribaltamento fuoripiano di una facciata. Altri meccanismi ciclici sonobidirezionali, come ad esempio quelli indotti da solle-citazioni a taglio alternate nelle due direzioni nel pianodi una parete. Questi ultimi tendono a produrre comun-que una somma di danni, ma spostamenti assoluti piùlimitati.

Tuttavia nel meccanismo a taglio, una volta che il pan-nello murario è giunto a rottura,possono insorgere altricomportamenti (meccanismi acquisiti). Ciascun mec-canismo può essere descritto come complesso di azio-ni, di spostamenti e di danni indotti alla parte.Si possono formare gerarchie di meccanismi:- meccanismo generale di macroelemento, quandoinveste la parte nel suo insieme;- meccanismo parziale di macroelemento, quando neinveste una parte significativa;- meccanismo locale, quando associato a forme di vul-nerabilità specifica di parti limitate;- meccanismo composito (ad es. meccanismo generaleassociato a meccanismo locale, oppure meccanismigemelli paralleli, con cerniera a quote diverse sullafacciata in corrispondenza delle cornici marcapiano)- meccanismi simmetrici, quando investono in modobilaterale il macroelemento;- meccanismo associato o acquisito, meccanismo chesi attiva localmente a seguito dell’avanzamento e svi-luppo di un altro meccanismo generale.In alcune condizioni specifiche è difficile riconoscere

un preciso meccanismo generale; ad esempio, quandola decoesiome mu ra ria consente la disgrega z i o n eminuta della muratura, impedendo quella netta separa-zione con spostamento reciproco di blocchi cui il con-cetto stesso di meccanismo tende a fare riferimento.Questa impossibilità di riconoscere i meccanismi purin presenza di danni rilevanti ha sovente di per sè unsignificato diagnostico, in quanto può essere sintomodi una grave inconsistenza muraria e/o del prevalere dialtre forme di vulnerabilità specifica.

E’ necessario che si sappia valutare il differenziale didanno e vulnerabilità prodotto dal terremoto rispettoalla situazione iniziale, essa stessa valutabile comelivello di danno e di vulnerabilità e come efficienzamanutentiva.

2.4. La peculiarità progettuale del miglioramentoA valle della definizione normativa, si può così speci-ficare il miglioramento nel restauro, utile a megliodefinirne gli obiettivi e le modalità di realizzazione.Un’opera sistematica di miglioramento si realizza indi-viduando e contrastando tutte le forme di vulnerabilità,tipiche e specifiche, presenti nella fabbrica.E’costituita da un insieme di interventi rivolto a coin-volgere e sfruttare nella reazione al sisma le risorse diresistenza offerte dalle diverse parti della costruzione.Devono soprattutto essere riorganizzati o potenziati icollegamenti resistenti a trazione, in modo da favorirel’interazione e il reciproco sostegno tra le parti dellafabbrica; vanno contrastate in particolare le azioniinerziali fuori piano sulle pareti esterne attraverso ilcollegamento con le masse contrapposte, temporanea-mente non interessate da tale azione. Il miglioramentosi attua quindi attribuendo per quanto possibile alleparti esistenti funzioni strutturali temporanee e ulterio-ri rispetto a quelle già svolte, e coinvolgendole nellarisposta sismica globale con accorgimenti costruttivi econnessioni efficaci e poco turbative.

Il miglioramento di una costruzione monumentale inmuratura tende ad quindi integrare il suo comporta-m e n t o , p revisto nella concezione stru t t u rale dellacostruzione muraria per prevalenti carichi statici verti-cali, senza mutarlo significativamente nelle normalicondizioni di esercizio, ma introducendo presidi ingrado di intervenire “a richiesta” per contrastare azio-ni dinamiche orizzontali, e soprattutto per inibire ilprogredire e il sommarsi degli spostamenti che aggra-vano il danno.

Si tratta quindi di “invischiare” gli spostamenti con-nessi al comportamento proprio di un edificio, renden-done le strutture più duttili, meno fragili, ed impeden-do che la somma di spostamenti, dovuta al ripetersiciclico delle azioni inerziali, porti al progressivo aggra-vamento del danno, piuttosto che tendere tout-court adimpedirlo introducendo elevate rigidezze.Con il miglioramento non si cerca perciò una sorta diinvulnerabilità, ma una sistematica difesa.2.5. Altre componenti o condizioni del restauro

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s t ru t t u ra l e : ri p a ra z i o n e, consolidamento stat i c o ,manutenzionePerché il miglioramento sia efficace e duraturo, è con-dizione preliminare che essa sia dotata di una configu-razione strutturale che le consenta di reggere il pesoproprio con adeguati margini di sicurezza, non soffradi dissesti statici rilevanti, non presenti danni non ripa-rati, non si allontani marcatamente dalle regole delbuon costruire, sia in sufficienti condizioni di efficien-za manutentiva. Se la costruzione si trova in uno statoinsoddisfacente sotto uno o più aspetti, all’opera dimiglioramento devono necessariamente essere associa-ti interventi in grado di riportarlo ad uno stato di effi-cienza media. Il miglioramento, che possiamo conside-rare una componente del restauro strutturale, in questicasi va associato alla riparazione (ripristino struttura-le), al consolidamento statico, alla manutenzione .

L’opera di riparazione ha come finalità il risarcimentodi effetti di dissesto (danni) presenti nella costruzione,in quanto essi determinano di per sè una forma di vul-nerabilità, anche a prescindere dal persistere dellecause che li hanno provocati.Gli effetti di dissesto costituiscono il risultato e laprova tangibile dell’avvenuto consumo di parte dellerisorse di resistenza che l’edificio aveva nella fase pre-cedente al danneggiamento; risorse che con la ripara-zione si intendono ricostituire, ma non necessariamen-te accrescere: quanto meno, ciò non fa parte del con-cetto di riparazione, che non richiede programmatica-mente di aumentare la resistenza rispetto ad uno statoprecedente assunto a riferimento.

L’opera di consolidamento statico, è rivolta ad aumen-tare l’efficienza e le capacità strutturali che si sianorivelate carenti, in modo che la costruzione sia in gradodi sopportare senza danno i normali carichi statici diesercizio.La riparazione, infatti, inibisce gli effetti sulla compa-gine strutturale di un danno che si è già verificato; tut-tavia essa non interviene sulle cause che lo hanno pro-vocato, compito che affidiamo al consolidamento. E’evidente che in molti casi le opere di riparazione e diconsolidamento sono fortemente collegate e possonoanche coincidere; tuttavia è importante che le duesfere, quella che riguarda gli effetti di danno e quella lecause che li hanno prodotti siano, almeno sotto il pro-filo concettuale, affrontati separatamente.

L’opera di manutenzione è rivolta soprattutto a mante-nere in efficienza le protezioni contro gli agenti atmo-sferici o contro l’usura accentuata, impedendo così ildecadimento anche stru t t u rale dell’edificio. Infat t i ,ogni perdita di efficienza delle protezioni ha in tempipiù o meno lunghi inevitabili ripercussioni sulla fun-zionalità strutturale dell’insieme.Alla manutenzione è perciò affidato il compito di rista-bilire condizioni di normale efficienza, ossia non trop-po distanti da quelle di una fabbrica assiduamentecurata, e di proteggerla per un certo tempo.

2.6. Impostazione e valutazione degli interve n t isecondo i criteri del restauro architettonicoIl progetto di miglioramento deve essere il risultato diuna struttura valutativa dei fini e dei mezzi, quella pro-pria del restauro, dalla quale attinge i propri criteri erequisiti di accettabilità. Se questo avviene positiva-mente, l’opera di miglioramento entra organicamente afar parte del progetto di restauro e ne costituisce unacomponente fondamentale.Descriviamo alcuni criteri-obiettivo tratti dalla pubbli-cistica recente del restauro (5).

Tendenza al minimo intervento.L’intervento deve essere quello strettamente necessarioe sufficiente a raggiungere lo scopo. Un accorgimentoin questa direzione può essere rappresentato dall’attri-buzione di molteplici funzioni alla stessa opera (adesempio gli impalcati irrigidenti in copertura, che fun-gono al tempo stesso da struttura di contrasto di piùmeccanismi e da consolidamento dell’orditura secon-daria). L’intervento perciò deve essere mirato e moti-vato. Ad esempio, se si qualifica ciascuna opera, inbase alle finalità e alle motivazioni per cui è proposta,con un aggettivo scelto tra generico, tipico e specifico,si mette in evidenza se l’intervento costituisce una pre-cisa risposta terapeutica e il risultato di un percorso afronte di una precisa diagnosi di carenza o di vulnera-bilità, generale o locale, o se rappresenta una previsio-ne indifferenziata, perciò non mirata e generica, unasorta di a-priori tecnico che conduce, ad esempio, allasostituzione generalizzata degli intonaci o delle strut-ture lignee.

Ricerca della compatibilità.La compatibilità può essere va l u t ata sotto dive rs iaspetti. Vi è una compatibilità meccanico-struttura-le, nel caso in cui l’intervento, non riscontrandone lanecessità,non muti la concezione strutturale, ma cerchidi integrarla limitatamente alla capacità di risposta alleazioni rispetto alle quali l’edificio è vulnerabile. Se unintervento non muta il comportamento acquisito e pre-vedibile, e tende piuttosto ad impedire la somma deisuoi effetti, frenandone lo sviluppo, può essere consi-derato compatibile sotto questo aspetto. Tuttavia latendenza a rimodulare il comportamento, anche modi-ficandolo, diviene legittima quando il comportamentodi una parte è gravemente dannoso all’insieme (comead esempio nell’interazione tra campanile e chiesacontigua). Il problema della compatibilità si spostaallora ai modi e ai materiali con cui è realizzato l’in-tervento.Vi è una c o m p atibilità fi s i c o - ch i m i c a, rivolta adaccertare che non si verifichino interazioni negative tramateriali di apporto e materiali già presenti nella fab-brica. Vedi ad esempio il caso di dilatazioni termiche odi variazioni igrometriche fortemente differenziate, diapporto di sali solubili nel sistema, di introduzione diparti con resistenze meccaniche troppo diverse dalcontesto murario in cui sono inserite. La compatibilitàfisico-chimica può essere associata alla durabilità del-l’intervento, ossia al permanere nel tempo dei requisi-

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ti richiesti, senza che nell’interazione con l’esistenteinsorgano effetti secondari negativi tali da diventareessi stessi fonte di degrado o da compromettere l’effi-cacia strutturale dell’intervento.Vi è infine una compatibilità costruttiva tra materialidi apporto e materiali della fabbrica, che spinge allaricerca di forme di affinità, pur nella inevitabile diver-sità. Si è sviluppato in questo campo il dibattito tra l’impie-go di materiali e tecniche appartenenti alla tradizionecostruttiva muraria e materiali e tecniche “moderne”.In realtà la questione va opportunamente articolata inbase alla capacità di risolvere la varietà di casi e situa-zioni, e non giova affrontarla con spirito manicheo.Ad esempio possiamo distinguere:- i m p i ego di mat e riali e tecniche di posa affini e tenden-zialmente ri p ro d u t t ivi rispetto alla tradizione costru t t ivac o n s t at ata nel manu fatto o nell’area (ad esempio lasostituzione di elementi lignei degra d ati con altri similiper essenza, p o s i z i o n e, l avo ra z i o n e, e c c ) ;-impiego di materiali tradizionali (legno, pietra, matto-ne, ecc.) con tecniche parzialmente innovative rispettoalla tradizione, o con funzioni rinnovate (ad esempioi m p a l c ati irri gidenti diagonali fo rm ati da tavo l at osovrapposto a solai o tetti);-impiego di materiali e tecniche moderne posti in operaad assolvere funzioni già previste nella fabbrica antica,ma venute meno per degrado degli elementi; vedi adesempio il caso di cordoli-tirante metallici posti insostituzione di elementi lignei posti in opera all’inter-no delle murature e poi degradati;-impiego di materiali e tecniche moderne posti in operacon funzione di affiancamento di una struttura indebo-lita. Sovente si pone l’alternativa tra sostituire un ele-mento ligneo o lapideo non riparabile o conservarlo,affiancandogli una struttura che lo sollevi dalle funzio-ni strutturali. In questo secondo caso, è opportuno chela nuova struttura sia dichiarata come attuale , e perciòrealizzata con materiali e configurazione autonomi.Questo tuttavia non deve spingere a soluzioni ostenta-te ed invadenti rispetto al contesto; -applicazione di materiali e tecniche della tradizionemoderna (cordoli, solette, strutture metalliche) inseritiad integrare per singole funzioni mirate la struttura del-l’edificio esistente. Diverso, e in linea di principio noncompatibile, è il caso dell’applicazione di materiali etecniche della tradizione moderna (strutture in c.a. o inm e t a l l o , s t ru t t u re pre c o m p resse) secondo concettistrutturali estranei alla costruzione muraria (ad esem-pio la struttura intelaiata), a sostituire interamente lafunzione strutturale dell’edificio esistente;-applicazione di materiali e tecniche innovative mirate(fibre di carbonio, malte speciali, ecc.) non ancora dif-fusamente sperimentate nel processo applicativo enegli esiti, ma potenzialmente in grado di risolvereproblemi sino ad oggi non risolti senza gravi impatti;vedi ad esempio il problema del consolidamento dellevolte.

Reversibilità. Anche attorno a questo termine si èacceso un forte dibattito, tra chi sostiene dover essere

un requisito fondamentale degli interventi e chi ritienetrattarsi invece di un requisito impossibile da persegui-re e comunque non significativo.Appare in ogni caso opportuno parlare di aspirazioneprudenziale alla reversibilità,come possibilità futura dirimuovere senza danni eccessivi per l’opera l’interven-to oggi effettuato. In questo caso essa sarebbe limitataalla sostituibilità senza gravi danni indotti di un inter-vento di consolidamento, nel caso per varie ragioniesso dovesse dimostrarsi inefficiente o dannoso. Se ne può derivare che, maggiori sono i rischi dell’in-sorgere di forme di incompatibilità (meccanica, fisico-chimica) tra elemento inserito e struttura preesistente,o le probabilità del verificarsi di una limitata durabilitàdel nuovo elemento, maggiore deve essere l’attenzionea consentirne la amovibilità futura, ricercando unaffiancamento non invasivo e ancoraggi puntuali e“freddi”.Per contro, l’intervento eseguito con materiali e tecni-che di cui sono maggiormente accertate la compatibi-lità e la durabilità, nonchè l’affinità con i modi costrut-tivi della fabbrica antica, non necessariamente deveessere reversibile con facilità, anche in considerazionedel fatto che questo non è un requisito proprio dellatradizione costruttiva. Per questi materiali si deve per-ciò puntare sia al minimo intervento che alla riduzionedegli impatti, attraverso accorgimenti e forme di con-trollo adeguate.

Rispetto dell’autenticitàAnche questo requisito è legato al significato che siattribuisce al termine “autenticità”, in quanto tra glistudiosi del restauro vi è chi privilegia l’autenticitàdella configurazione architettonica e chi quella dellamateria costitutiva. Prudenzialmente, il rispetto del-l’autenticità si attua limitando comunque al massimole sostituzioni di materia e di superficie stratificata.

Conservazione della materiaCome è noto - e vedi quanto già detto a proposito delrispetto dell’autenticità- la materia costitutiva dell’ope-ra è considerata nel suo insieme portatrice di testimo-nianze di cultura costruttiva e di segni del passaggiodel tempo. La sua sostituzione fisica o la sua compro-missione non sono considerate possibili senza produr-re una drastica perdita di identità e di potenziale infor-mativo dell’opera, e pertanto sono escluse in via diprincipio dall’opera di restauro.Tuttavia, a fronte di rilevanti forme di degrado e didanno, che mettano in pericolo l’esistenza dell’opera ela sicurezza delle persone, è certamente lecito operareanche interventi di modificazione della materia,in baseal principio del minor danno e del minimo intervento(vedi). Il superamento di questo principio generale -laconservazione della materia- è consentito nell’ambitodi una impostazione etica dell’opera di restauro, inbase alla quale diviene lecito usare mezzi di per sè ille-citi quando si tratta di perseguire fini doverosi di ordi-ne superiore.Il problema perciò si sposta sulla capacità di dimostra-re, nell’apparato del progetto, che gli interventi sosti-

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tutivi sono effettivamente necessari per fini conservati-vi generali, che costituiscono il minimo intervento eproducono impatti puntuali e comunque mirati sullamateria.Va ricordato che la conservazione della materia, asso-ciata a limitate modifiche alle superfici esterne, con-sentirà anche in futuro di osservare i segni del dannocome manifestazione del comportamento nel tempo,permettendo di ripetere il processo interpretativo-dia-gnostico. E’ perciò un obiettivo che ha significato nonsolo come fine dell’opera di restauro, ma anche comemezzo per proseguire e verificare nel tempo l’efficaciadell’opera di miglioramento.

Controllo dell’impatto visivoPer impatto visivo intendiamo le modifiche alla visibi-lità e alla percezione dell’opera conseguenti agli inter-venti e alle modifiche introdotte dal progetto. Prevale la tendenza a ritenere che, se interventi affian-cati e non invasivi consentono di conservare meglio lamateria dell’opera, il loro impatto visivo è comunquepiù accettabile, ove non ostentato e opportunamentecontenuto, rispetto ad interventi di radicale sostituzio-ne e ricostruzione.In questo vi è quindi un profondo mutamento rispettoai primi decenni del dopoguerra, in cui si riteneva chel’opera strutturale, se completamente dissimulata nellacostruzione, fosse del tutto legittima, anche a costo diforti impatti sulla materia della costruzionne.

Riconoscibilità degli interventi.La riconoscibilità degli interventi costituisce un requi-sito che la disciplina del restauro richiede a tutte leopere di apporto, siano esse integrazioni di lacune opresidi strutturali. Si attua attraverso opportune formedi distinguibilità che, a seconda delle posizioni concet-

tuali adottate, possono essere programmaticamentedotate di linguaggio figurativo autonomo rispetto all’o-pera, oppure semplicemente distinguibili attraverso icontatti tra preesistenti e aggiunte, e la diversità dicostituzione mat e ri a l e, a n che se non visiva m e n t eaccentuata (distinguibilità stratigrafica). Questo requi-sito richiesto dal restauro coincide almeno in parte conuna necessità propria degli interventi di miglioramentoantisismico, di raggiungere una almeno parziale visibi-lità per consentire la verificabilità nel tempo o quantomeno per facilitare il riconoscimento dell’esistenza delpresidio stesso. Nondimeno è necessaria comunque una esatta docu-mentazione degli interventi eseguiti, necessaria a for-mare quella “cartella clinica” (o fascicolo del fabbrica-to) che permetta di valutare il comportamento neltempo sia dei presidi introdotti che della fabbrica nelsuo insieme.Il requisito della distinguibilità diventa importantesoprattutto per gli interventi di contrasto dei principalimeccanismi in atto o attesi, o nel caso si attuino inter-venti parziali o a stralci.Va detto che il più diffuso intervento di miglioramen-to, costituito dalla apposizione di tiranti metallici, è diper sè almeno in parte visibile e riconoscibile comeattuale per tecnica esecutiva. Si dovrà tener conto diquesto, cercando di non dissimulare interamente alme-no i capochiave o le piastre esterne, lasciandole inparte visibili. Ciò comporta anche che le opere di presidio tempora-neo, per loro natura prevalentemente esterne, e le operedi intervento definitivo, che si tende a dissimularemaggiormente nella costruzione anche inserendole alsuo interno, hanno maggiori punti di contatto e posso-no in certi casi coincidere.

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(1) Il decreto è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 5 feb-braio 1996

(2) La ricerca ha portato ad osservare il comportamento sottosisma di un numero elevato di chiese, comparando ed analiz-zando la situazione precedente al terremoto con la situazionesuccessiva al primo e poi al secondo terremoto, per capire ilrapporto tra la vulnerabilità propria di questi manufatti e ildanno effettivamente subito. Lo scopo è quello di trarne con-siderazioni di carattere più generale sul rapporto tra vulnera-bilità e danno, che siano applicabili ad indirizzare l’attività diprevenzione di edifici affini non danneggiati.Si tenta quindi una analisi dell’esperienza di danno, per trar-ne insegnamenti il più possibile codificati e trasmissibili.

(3) “Per macroelemento si intende una parte costruttivamen-te riconoscibile e compiuta del manufatto, che può coincide-re -ma non necessariamente coincide- con una parte identifi-cabile anche sotto l’aspetto architettonico e funzionale (es.facciata, abside, cappelle); è di norma estesa almeno ad unaintera parete o ad un orizzontamento, ma solitamente è for-mata da più pareti ed elementi orizzontali connessi tra loro acostituire una parte costruttivamente unitaria e, in alcuni casi,volumetricamente definita, pur se in genere collegata e nonindipendente dal complesso della costruzione.In realtà, il criterio-guida nella definizione del concetto dimacroelemento e nella sua applicazione pratica per la suddi-visione in parti della fabbrica è solo marginalmente ed insubordine di natura architettonica e strutturale, così comeformulabile in base a suddivisioni classiche della fabbrica;infatti, il principio fondamentale adottato per la suddivisionein macroelementi -che, in sostanza,ne legittima l’applicazio-ne in questa ricerca- costituisce già il risultato di una primaosservazione del comportamento sotto sisma degli edifici edel loro modo di discretizzarsi in parti macroscopiche.Per macroelemento si intende la parte edilizia nell’ambitodella quale è osservabile e compiutamente descrivibile uncomportamento unitario e riconoscibile nei meccanismi diinsieme a seguito delle azioni sismiche; è perciò una parte dicostruzione definita come unitaria in base al comportamentoosservato, e tale da consentire la descrizione dei fenomeni didanno con il minor grado di complessità, pur mantenendounitaria la lettura del fenomeno che vi si verifica.In una costruzione continua, qualsiasi suddivisione in parti ècomunque di carattere convenzionale; in questo caso è parti-colarmente finalizzata alla descrizione e localizzazione dei

fenomeni di danno, alla osservazione e interpretazione deimeccanismi di dissesto, riconoscibili in particolare attraver-so gli spostamenti relativi rispetto ai macroelementi contiguio gli spostamenti tra parti del macroelemento stesso.Le interazioni tra i diversi macroelementi -interazioni chemotivano la dimensione attribuita a ciascun macroelementoproprio in virtù del diverso comportamento- avvengono ten-denzialmente al bordo di questi; bordo che non può esseredefinito da una netta linea di confine, ma semmai da un’areaentro la quale con maggiore frequenza avvengono i danni ele discretizzazioni che sono conseguenza del diverso com-portamento dei macroelementi. Quest’area è definita comefascia o zona di sovrapposizione; con questo termine siintende quella parte costruttiva al bordo del macroelementoc o n s i d e rat o , ap p a rtenente in via principale ad un altromacroelemento, la cui descrizione è necessaria per compren-dere l’insieme dei fenomeni propri del macroelemento esa-minato.Di conseguenza i fenomeni che si verificano nelle zone ofasce di sovrapposizione verranno descritti due volte, in cia-scuno dei macroelementi interessati.” A. DE COLLE, F.DOGLIONI, L. MAZZORANA, La definizione e l’utilizzodel concetto di macroelemento, in: Le chiese e il terremoto,cit.

(4) “Il concetto di limitare i lavori di rinforzo al minimonecessario porta ad utilizzare gli “schemi di risorsa” formati-si nella statica dell’edificio senza alterarli; trattasi di stati diequilibrio con cui la fabbrica si è spontaneamente difesa, mache durano da secoli per il contrasto e la solidarietà dellestrutture murarie; il turbarli e l’avviare un diverso sistema diazioni porta talvolta alla necessità di rifare tutto.” G. GIO-VANNONI, Il restauro dei monumenti, Roma, s.d., pag. 45.La citazione è tratta dal Commento alle “Direttive” delComitato Sismico nella versione approvata il 147/1989,emanata come Circolare n. 1841 del 12 marzo 1991 delMinistero Beni Culturali e Ambientali, ad indicare l’idealecontinuità concettuale della nozione di miglioramento rispet-to a questo scritto di Giovannoni.

(5) Vedi in particolare G. CARBONARA, Teoria e metodidel restauro,in Trattato di Restauro Architettonico, diretto daG. Carbonara, vol. I, ed. UTET, Torino, 1996.

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3.1. Sequenza e articolazione delle fasi di progetta-zioneCerchiamo ora di delineare lo sviluppo complessivodella procedura di progettazione del miglioramento,ponendo in sequenza le diverse fasi in cui si articola,per poi svilupparle nei capitoli successivi.Il procedimento di progettazione segue un asse centra-le, costituito dall’edificio nella sua consistenza materi-ca e nei suoi caratteri. E’ con esso e con il suo com-portamento noto o previsto che è necessario non per-dere mai il contatto, dall’analisi fino al progetto, cer-cando di ridurre il rischio sempre presente di sostituir-lo con modelli impropri o di allontanarsene nel corsodel tragitto.Attorno a questo asse centrale si sviluppa una strutturabilaterale, formata da due filoni tematici simmetricirivolti l’uno alla ricerca e contrasto di fattori specificidi accentuazione locale , l’altro alla ricerca e contrastodi fattori tipici, estesi a parti strutturali di maggioredimensione. Il primo investe le vulnerabilità specifi-che, ossia i danni e i relativi interventi che sono lega-ti alla caratterizzazione individuale e alla storia pecu-liare di ciascun edificio; il secondo riguarda le vulne-rabilità tipiche, ossia i danni e gli interventi che sonolegati alla configurazione e al comportamento struttu-rale complessivo dell’edificio. Questa suddivisione può apparire drastica - come ineffetti è- perchè sono evidenti le ampie zone di intera-zione tra fattori tipici e fattori specifici, che ne rendo-no impraticabile la completa separazione.Tuttavia essarimarca la necessità prioritaria di saper riconoscere econtrollare, sul piano generale, i fenomeni complessi-vi, modellabili nell’insieme e maggiormente ricondu-cibili a tipi tra loro confrontabili, e, sul piano partico-lare proprio di ciascun edificio, quei caratteri ed ele-menti specifici che nella loro varietà influenzano anchemarcatamente il comportamento locale e di insieme.Il progetto si deve fondare perciò su una visione gene-rale e su una attenzione particolare, intrecciando per-corsi induttivi e deduttivi nei vari nuclei tematici.Il procedimento di progettazione viene schematizzatocon un grafico (vedi), per meglio chiarirne la struttura.Di seguito ne vengono elencati e descritti sintetica-mente i contenuti e i prodotti, rinviando ai diversi capi-toli del testo che li trattano più estesamente.

1 - Analisi diretta del manufatto1.1 - Acquisizione e restituzione dei dati di configura-zione geometrica (rilievo geometrico).1.2 - Descrizione delle qualità costruttive e dei mate-riali costitutivi (rilievo descrittivo e materico), applica-

ta a strutture e a superfici.1.3 - Studio della storia costruttiva attraverso le traccefisiche (rilievo stratigrafico) e attraverso la documenta-zione storica (ricerca storica, rivolta anche a ricostrui-re la storia sismica dell’edificio).1.4 - Rilievo e analisi dello stato di manutenzione e didegrado proprio.1.5 - Rilievo e analisi dello stato fessurativo e defor-mativo (rilievo dello stato di dissesto attuale, con misu-ra convenzionale del livello di danno). Distinguere perquanto possibile il danno sismico recente dal dannostorico pregresso.1.6 - Descrizione e localizzazione di eventuali inter-venti recenti con tecniche moderne o tradizionali.1.7 - Elenco e descrizione dei beni di carattere storico-artistico fissi e mobili contenuti nell’edificio.

Questa parte tende a dare risposta, insieme al puntosuccessivo, a quanto richiesto dal paragrafo 2- Analisistorico-critica dei manufatti, delle Direttive Tecnicheemanate dalla Regione Marche.Metodi, contenuti e modalità redazionali di questaprima parte sono sviluppati nel successivo capitolo IV.

2 - Diagnosi di vulnerabilità in fo rma di danno at t e s o2.1 - Consultazione della memoria di danno relativaalle vulnerabilità specifiche, ricerca di casi affini, dicorrelazioni, ecc. (asse: Ricerca e contrasto di fattorispecifici di vulnerabilità).2.2 - Individuazione delle vulnerabiltà specifiche pre-senti nell’edificio.2.2.1 - Interpretazione del ruolo delle vulnerabilitàspecifiche nel danno attuale2.2.2 - Descrizione dei danni probabili e possibili con-nessi a vulnerabilità specifiche.2.3 - Consultazione della memoria di danno relativaalle vulnerabilità tipiche, ai meccanismi di danno deimacroelementi, alla ricerca di casi affini, ecc. (asse:Ricerca e contrasto di fattori tipici di vulnerabilità).2.4 - Suddivisione dell’edificio in macroelementi eindividuazione delle vulnerabilità tipiche ad essi corre-late.2.4.1 - Interpretazione dei meccanismi già attivati (condanno visibile).2.4.2 - Individuazione e descrizione dei meccanismiprobabili e possibili.2.5 - Previsione del comportamento locale e globale edescrizione del danno futuro atteso (progetto di danno)in caso di sisma medio-forte, articolata in:2.5.1 - Formazione di nuovo danno connesso a vulne-rabilità specifiche esistenti;

3. SCHEMA METODOLOGICO E PROCEDIMENTO DI PRO-GETTAZIONE DEL MIGLIORAMENTO

3.1. Sequenza e articolazione delle fasi di progettazione3.2. Configurazione del progetto in rapporto al livello di danno e alla complessità del caso: sempli-

ficato/speditivo, standard, complesso

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2.5.2 - Avanzamento ulteriore del danno attuale legatoa vulnerabilità specifica (danno specifico progredien-te);2.5.3 - Avanzamento ulteriore del danno attuale con-nesso a meccanismi già attivati (danno tipico progre-diente);2.5.4 - Formazione di nuovo danno connesso all’atti-vazione di nuovi meccanismi.2.6 - Valutazioni sul comportamento al sisma di tecni-che di riparazione e miglioramento in casi affini a quel-lo considerato

Gli approfondimenti analitici e la diagnosi di vulnera-bilità sono posti in stretta relazione. La vulnerabilità,descritta in forma di danno atteso per le diverse parti(macroelementi), è il risultato di un approccio preva-lentemente fenomenologico (nei danni presenti si rico-noscono i meccanismi già attivati, la cui evoluzionepotrà produrre il danno futuro) cui si affianca unapproccio fenomenologico-analogico: data la confor-mazione dell’edificio e delle sue parti, si riconoscenella memoria di danno (l’archivio degli edifici dan-neggiati da sisma e le correlazioni tra macroelementi emeccanismi) la tendenza all’attivazione di dati mecca-nismi di danno. Si descrive perciò il danno atteso (progetto di danno).In base a questo e ad altri aspetti che concorrono ad e t e rm i n a re l’efficienza stru t t u rale della fabb ri c a( l ivello manu t e n t ivo , d egrado pro p ri o , c o n s i s t e n z astrutturale, ecc.) si forma la successiva lista di control-lo che costituisce il punto di riferimento cui deve darerisposta la progettazione degli interventi.

Il contenuto di questi punti è sviluppato in particolarenel capitolo V ed esemplificato in alcuni dei casi pre-sentati.

3 - Lista di controllo degli obiettivi di progetto3.1 - Formazione della lista di controllo con elenco sin-tetico:- delle forme di vulnerabilità tipiche e specifichedescritte in forma di danno atteso, a partire dal livellodi danno già raggiunto;- delle carenze manutentive e delle forme di degradoproprio accertate o da accertare;- di eventali carenze strutturali tali, se non sanate, dapregiudicare anche il funzionamento statico;- dei caratteri, delle superfici e delle parti cui dedicareparticolare attenzione conservativa e comunque da nondanneggiare nel corso dell’intervento.

3.2 - Eventuali prove sperimentali, accertamenti dia-gnostici in sito o in laboratorio, saggi mirati, ispezioni,necessari a completare il quadro diagnostico

La lista di controllo deve svolgere una duplice funzio-ne. La prima è quella di verificare la sistematicità ecompletezza agli approfondimenti analitici, evitandoche vengano dati per scontati e non valutati aspetti chepossono avere un ruolo importante per la conoscenzadello stato e dei caratteri dell’edificio. A questo scopo

pone un elenco di argomenti cui dare risposta, per col-laudare la parte analitica e spingere alle eventuali inte-grazioni necessarie.La seconda funzione è quella di porre un elenco diobiettivi al progetto, rispetto ai quali misurare i mezzi(gli interventi) e valutare la sistematicità delle risposte.Per svolgere questa funzione, la lista viene redatta concampi affiancati in modo tale da consentire di indicaresuccessivamente, a fronte di ciascun obiettivo ora indi-viduato, gli interventi di progetto previsti per raggiun-gerlo.In sostanza, la lista vuole costituire un interfaccia traparte analitica e parte operativa-previsionale della pro-gettazione, per favorire la consequenzialità tra di essee mantenere un chiaro rapporto tra fattori diagnostica-ti e interventi previsti.

Il contenuto della lista di controllo è descritto nel VIcapitolo, nelle Istruzioni alla Scheda di accompagna-mento del progetto e nella Scheda stessa, oltre che inalcuni dei casi illustrati.

4 - Progettazione definitiva degli interventi4.1 - Relazione descrittiva dell’impostazione data alprogetto per raggiungere gli obiettivi inclusi nella listadi controllo e dei principali interventi di:- riparazione strutturale degli effetti di danno; - miglioramento sismico;- manutenzione e conservazione, (complesso di inter-venti volti alla protezione dagli agenti atmosferici, adarrestare il degrado materiale in atto e attenuarne glieffetti);- consolidamento statico (aumento della funzionalitàstrutturale in fase statica);- restauro propriamente detto (complesso di interventiconservativi, di risarcimento e integrazione applicatoagli elementi architettonici, alle superfici, ai beni fissie mobili, ecc.a fini di restituzione di decoro e di frui-zione);- ricostruzione di parti eventualmente crollate;inoltre:- formazione di dotazioni funzionali e tecnologiche(descrizione dei requisiti d’uso che si intendono otte-nere in rapporto alla funzione svolta: ad es. accessibi-lità, dotazione impiantistica anche come adeguamentoa normative di settore, protezione antiincendio, ecc.).-verifica degli impatti degli interventi previsti sull’i-dentità storico-architettonica del manufatto; studio diaccorgimenti per la riduzione degli impatti, protezionein corso d’opera da danni indotti dal cantiere alle partifisse, ai beni mobili, ecc.

Il contenuto di questo punto costituisce la parte fonda-mentale della “Relazione programmatica”, richiesta alpunto 3 - Criteri di progettazione, delle DirettiveTecniche emanate dalla Regione Marche. In essa ilprogettista dichiara le finalità del progetto e i modi (letecniche, gli interventi) con cui prevede di raggiunger-le. E’ perciò il documento più diretto e sintetico delprogetto, che dovrebbe essere in grado di consentire achi lo legge una chiara comprensione delle scelte com-

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piute dal progettista.Per quanto riguarda la verifica degli impatti, vediquanto detto al capitolo II in merito ai requisiti diaccettabilità degli interventi rispetto alla disciplina delrestauro.

4.2 - Grafici di Progetto Definitivo, indicanti l’assettocomplessivo degli interventi, le tecniche scelte, la loca-lizzazione delle opere riferibili alle diverse categorie(vedi lista di controllo)- interventi di riparazione del danno esistente e dimiglioramento a contrasto di vulnerabilità specifiche- interventi di miglioramento a contrasto di meccani-smi attivati - interventi di miglioramento a contrasto di meccani-smi non attivati ma probabili - Interventi di manutenzione- Interventi conservativi atti ad arrestare il degradoproprio dei materiali- Interventi di consolidamento statico, atti a consentirela funzionalità statica.- Interventi di restauro propriamente detto - Interventi di ricostruzione di parti eventualmentecrollate;- Formazione di dotazioni funzionali e tecnologiche

Si attribuisce al progetto definitivo, nel caso sia pre-sentato separatamente dal progetto esecutivo, il ruolodi formare il quadro complessivo degli interventi, indi-candone soprattutto l’articolazione e la strategia diinsieme, i tracciati e gli impatti nel manufatto, le scel-te tecniche, i materiali, ecc.La Relazione ed i grafici del progetto definitivo, inte-grato con i rimandi all’elenco prezzi descrittivo dellesingole operazioni e ai particolari costruttivi sviluppa-ti, entreranno a far parte del progetto esecutivo.La fase di progetto preliminare prevista dalla legge 109viene omessa, come richiesto dalla legge 30 marzo1998, n.61.

5 - Progettazione esecutiva5.1 - Progettazione esecutiva degli interventi relativi ainodi strutturali e alle parti di maggior rilevanza per l’o-pera di miglioramento (particolari costruttivi).5.1.1 - Il nodo muro-tetto: contributi al contrasto dimeccanismi- Confinamento e consolidamento sommitale dellemurature- Connessioni tra muro e tetto- Irrigidimento e solidarizzazione delle falde del tetto5.1.2 - Il nodo muro-solaio: contributi al contrasto dimeccanismi- Consolidamento dell’appoggio e connessioni muro-solaio- Irrigidimento di solai e tirantatura perimetrale5.1.3 - Sistemi di tirantatura metallica o mista a conte-nimento di meccanismi5.1.4 - Sistemi di consolidamento meccanico dellamuratura a fronte di vulnerabilità accentuate5.1.5 - Il nodo muro di fondazione-terreno di appog-gio

5.1.6- Le discontinuità murarie- La riparazione delle lesioni- Il risarcimento di vuoti- La neutralizzazione stru t t u rale delle discontinu i t àcostruttive5.1.7 - Elementi o parti di accentuata vulnerabilità- Le angolate- I cornicioni a sbalzo- Gli elementi svettanti (comignoli, torrette, vele)- Accorgimenti di varia natura5.1.8 - Le volte- Volte strutturali-Volte strutturali leggere (a mattoni in foglio)

Nella sua fase conclusiva e di maggior dettaglio, laprogettazione degli interventi deve mettere a fuoco idettagli esecutivi in particolare nei nodi strutturali, aiquali è affidata la connessione-collaborazione dellestrutture di modo che ciascuna possa portare il propriocontributo alla resistenza della fabbrica. Va ricordatoche nei nodi strutturali (tra tetto e muro, tra muro esolaio, tra muro e muro, ecc.) va cercata la principale epiù naturale possibilità di formare connessioni e diinserire presidi utili al contrasto dei meccanismi. Lastessa possibilità di inserire tiranti o altri elementi acontrasto è favorita dalla presenza di muri di spina ecomunque è legata alla possibilità pratica di evitareingombri o impatti interni indesiderati o incompatibili.Inoltre, come è evidente, i diversi interventi devonoformare nel progetto un insieme organico, senza inter-ferenze reciproche ma, anzi, cercando di fare in modoche la medesima opera risponda a più finalità. Vedi aquesto scopo, in particolare, gli interventi manutentivisui tetti cui possono accompagnarsi finalità di miglio-ramento.Questi aspetti vengono trattati nel capitolo relativo e inalcune delle esemplificazioni riportate.

5.2 - Redazione dei documenti economico-ammini-strativi coerenti con l’impostazione assunta e con ledisponibilità economiche:- elenco dei prezzi unitari;- capitolato speciale di appalto;- computo metrico estimativo;- quadro economico di spesa;- elenco dei prezzi di offerta (eventuale);- analisi dei prezzi.5.3 - Controllo del raggiungimento degli obiettivi elen-cati nella lista, eventuali priorità assunte in caso dilimitazione delle risorse (vedi al precedente punto 3).

6 - Modellazioni6.1 - Modellazioni di calcolo a scopo di:- impostazione dell’intervento su parti non dominabiliattraverso analogia qualitativa (es. campanili connessialla chiesa, strutture di grande dimensione, ecc.);- dimensionamento dei presidi locali e generali;- verifica dell’entità del miglioramento raggiunto attra-verso gli interventi progettati ;- eventuale introduzione di ulteriori interventi o elimi-nazione di interventi.

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6.2 - Verifiche di realizzabilità ed efficacia di interven-ti previsti, attraverso prove in sito o in laboratorio

Va tenuta presente la necessità di “evidenziare il bene-ficio acquisito in termini di maggi o re sicure z z a ” ,richiesta dalle Direttive Tecniche al paragrafo 3, oltreche dal D.M. 16 gennaio 1996 del Ministero dei LavoriPubblici.Va utilizzato in particolare il modello di calcolo sem-p l i fi c ato re a l i z z ato dall’Unità Operat iva GNDTdell’Università di Genova, responsabile prof. SergioLagomarsino, in base al contratto di ricerca RegioneMarche.

3.2. La scelta della configurazione del progetto inrapporto al livello di danno e alla complessità delcaso: semplificato/speditivo, standard, complessoLo schema di progettazione proposto si riferisce asituazioni di media complessità, ossia ad edifici conconfigurazione articolata ma non particolarmente com-plessa, con vulnerabilità tipiche e specifiche, livello didanno pari o superiore a 2, condizioni conservative e dimanutenzione carenti.Nel caso di manufatti semplici e di limitate dimensio-ni, con danno di livello pari o inferiore a 2 e limitato apochi meccanismi, in buone condizioni di conservazio-ne e di efficienza manutentiva, il progetto può essere

proposto in configurazione semplificata.Si tratta in sostanza di formare un elaborato i cui con-tenuti siano limitati a quanto funzionale, mantenendol’impostazione di metodo ma rinunciando alle partievidentemente ridondanti.All’opposto, nel caso di manufatti di grande dimensio-ne o particolarmente complessi quanto a storia costrut-tiva e vulnerabilità, oppure con alto livello di danno,gli approfondimenti diagnostici, le modellazioni di cal-colo e le prove sperimentali vanno commisurate al casoin esame. Vedi il caso presentato della chiesa di S.Nicolò a Carpi (cap. 10.2).Non si intende proporre una unica configurazione nor-malizzata, ma delinearne alcune di riferimento, chesiano nell’insieme idonee a rispondere in modo econo-mico al diverso carattere degli edifici, alla severità deldanno subito, alla specifica vulnerabilità, ecc.. A cia-scuna di tali configurazioni devono essere attribuiticontenuti di approfondimento analitico e di sviluppodegli elaborati progettuali ritenuti idonei (necessari esufficienti) a raggiungere gli scopi previsti nel seg-mento casistico al quale sono indirizzate.Sulla base della scheda GNDT di rilevamento deldanno già compilata e di altre valutazioni preliminari,è possibile una pre-diagnosi della natura e complessitàdell’intervento richiesto dall’edificio.

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4.1. Requisiti richiesti al rilievo dalle “DirettiveTecniche” (Deliberazione G.R. n. 78 del 18/1/99) edalle “Istruzioni” del Ministero per i Beni Culturalie AmbientaliIl testo delle “Direttive Tecniche”, approvato comeAllegato A alla Deliberazione G.R. n. 78 del 18/1/99,al punto 2- Analisi storico critica dei manufatti, fissagli obiettivi e i principali requisiti dell’attività conosci-tiva e del rilievo in particolare.“L’interesse prioritario del progettista deve essererivolto allo svolgimento delle analisi necessarie per i“settori di indagine” indicati nell’”Allegato A1”, e inparticolare all’analisi storico-critica del bene architet -tonico che deve tendere alla sua conoscenza comples -siva, ivi compresa la sua storia sismica.La conoscenza deve consentire la comprensione del -l’organismo inteso nella sua unità architettonica es t ru t t u rale ori gi n a ri a , fo rnendo altresì indicazionisulle modifiche e trasformazioni e/o alterazioni avve -nute in esso nel tempo con particolare riferimento aquelle dipendenti da eventi sismici storici.Strumenti primari della conoscenza sono il rilievo e ladiagnostica. Il rilievo, consistente in elaborati grafici e fotografici,con relazione esplicativa, consiste in:- analisi nel dettaglio delle modalità con cui le variep a rti stru t t u rali partecipano al comportamento diinsieme dell’organismo, tenendo altresì conto dellostato di degrado presente; - individuazione delle condizioni di collasso dellastruttura già realizzatesi o potenziali, nel piano o fuoridel piano. Per quelle già realizzatesi distinguere quel -le “storiche” da quelle dovute all’ultimo evento sismi -co;- rilievo completo del quadro fessurativo ed individua -zione dei meccanismi che lo hanno determinato;- descrizione dei beni di carattere storico-artistico fissie mobili contenuti nell’edificio, ed individuazione deidanni subiti o potenziali;- rilievo fotografico di corredo.

Gli elaborati di rilievo devono fornire indicazioni suiseguenti punti:- descrizione del comportamento di insieme della stru t -t u ra considerata nella sua confi g u razione ori gi n a ria en e l l ’ eventuale confi g u razione storicamente modifi c at a ;

-storia delle destinazioni d’uso e “storia dei carichi”(accidentali e permanenti);- storia sismica del manufatto.

Il rilievo, come sopra definito, riveste importanzanotevole al fine di individuare utili correlazioni tra lalettura storica degli elementi costruttivi e le modifica -zioni intervenute rispetto all’apparato originario, ivicomprese quelle prodotte dagli eventi sismici verifica -tisi nell’area. In questo caso il progettista potrà rap -presentare su un elaborato gli elementi interessatidalle vicende sismiche passate, elementi che costitui -scono un riferimento utile per la individuazione delcomportamento del manufatto sotto azione sismica, ele parti più deboli che, per essere state modificate,costituiscono elemento di discontinuità e disomoge -neità rispetto all’insieme.”(Segue).

Altre indicazioni sono contenute nell’allegato A1 allagià citata Delibera, costituite dalle “Istruzioni generaliper la redazione di progetti di restauro nei beni archi-tettonici di valore storico-artistico in zona sismica”,del Comitato Nazionale per la Prevenzione delPatrimonio Culturale del Rischio Sismico, istituito dalMinistero per i Beni Culturali e Ambientali.In sintesi, lo scopo della parte analitica del progetto,della quale il rilievo è nucleo fondamentale, consistenel costruire una adeguata cognizione del manufatto,che permetta di sviluppare la diagnosi dei dissesti inatto e delle forme di vulnerabilità presenti, vero e pro-prio elenco dei fattori da contrastare con l’intervento.In particolare vanno riconosciuti e descritti:- i processi storici di costruzione, trasformazione, dis-sesto;- la natura e il tipo delle strutture resistenti; - i principali caratteri storico-architettonici e di super-ficie; - i caratteri costruttivi delle parti e dell’insieme; - lo stato di manutenzione e le forme di degrado pre-senti; - il danno sismico storico e il danno sismico ultimo; - la natura e il tipo dei meccanismi di danno attivati el’entità del danno raggiunto;

Ribadiamo ancora che nell’impostazione data l’insie-me degli effetti di dissesto (i “danni”) costituisce un

4. IL RILIEVO DELL’EDIFICIO PER L’ANALISI DEL SUOCOMPORTAMENTO STRUTTURALE NEL TEMPO

4.1. Requisiti richiesti al rilievo dalle “Direttive Tecniche della Regione Marche e dalle “Istruzioni”del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali

4.2. Le conoscenze necessarie al progetto di miglioramento nel restauro4.3. Il rilievo metrico, architettonico-costruttivo e del degrado4.4. Il rilievo del quadro fessurativo e deformativo4.5. Rilevamento e documentazione fotografica4.6. Ricerca storica e Relazione storico-critica

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patrimonio di conoscenza prezioso e insostituibile,estremamente utile allo studio del progetto di miglio-ramento antisismico dell’edificio danneggi ato. Ildanno è il risultato di una sperimentazione naturale alvero, che consente di risalire al comportamento dell’e-dificio.Inoltre, il carattere recidivante del danno, come conse-guenza di un comportamento sostanzialmente ripetutonel tempo, con la frequente presenza di danni cumula-ti, ne fa una importante segnale del comportamento edel danno futuro. Abbiamo già rimarcato come il concetto di comporta-mento strutturale sia centrale nella stessa definizionedata in sede legislativa del miglioramento sismico, ecome esso sia assunto al tempo stesso come una carat-teristica da non mutare radicalmente e rispetto allaquale commisurare gli interventi previsti dal progetto.Ma il comportamento è associato alla conformazionedella fabbrica e alle caratteristiche dei suoi elementiresistenti. Se sono mutati la conformazione o gli ele-menti resistenti il comportamento precedente non èlegittimamente interpretabile se non associandolo allaconfigurazione che l’edificio aveva nel momento in cuiha subito il danno.Per questo motivo il danno va inserito nella sequenzacronologica delle trasformazioni e il comportamentoriferito all’assetto contemporaneo al danno. Per inter-pretare il comportamento di lungo periodo studiando idanni remoti bisogna conoscere la storia costruttivadella fabbrica. Se ne deduce che esiste un tratto di stra-da analitica del tutto comune tra progetto di restauroarchitettonico, fondato anche sulla storia della fabbri-ca, e studio del comportamento per il progetto dimiglioramento.

R i c o n o s c i m e n t o , m i s u razione e interp retazione deidanni come effetto di un dato comportamento, da unlato, e investigazione dei caratteri storico-costruttividall’altro, sono quindi i due orizzonti del rilievo chedevono svilupparsi in parallelo per approfondire il pro-getto di restauro con finalità di miglioramento antisi-smico. Allo stato di danno, del quadro fessurativo e didissesto, attribuiamo il significato di manifestazionedel comportamento nel tempo a fronte di azioni stati-che o dinamiche, in base al quale ipotizzare il probabi-le comportamento futuro.

In questa impostazione, i dati raccolti dal rilievo devo-no essere mirati in primo luogo al riconoscimento deimeccanismi di danno già pre s e n t i e at t ivat i.Osservando la stratificazione del danno e delle opere diriparazione compiute in passato, ove riconoscibili, èpossibile sia interpretare stati di danno turbati, sia laprogressione temporale dei meccanismi e la presenzadi danni recidivanti.Tutto questo è di grande utilità performare una visione diacronica (storica) del comporta-mento. Va inoltre compiuta una descrizione del gradodi efficienza manutentiva del manufatto e del degradoproprio presente, in quanto condizionanti l’efficienza ela durabilità strutturale dell’edificio.

4.2. Il rilievo per il progetto di miglioramento nelrestauroIntendiamo per “rilievo” il sistema informativo e docu-mentario, risultante da misurazioni e da descrizioni divaria natura, dalla raccolta e prima codificazione didati, da mirate osservazioni analitiche, la cui restitu-zione su supporto grafico o grafico-fotografico consen-te di descrivere, insieme alla geometria e all’assettocostruttivo della fabbrica, i segni rivelatori del suocomportamento nel tempo, per dedurne le forme divulnerabilità attuali.Il rilievo di un manufatto, per essere funzionale al pro-getto di miglioramento nel restauro, deve svolgerealmeno tre funzioni.

La prima funzione consiste nel misurare, rappresenta-re e descrivere i dati di fatto fisici in base ai quali è pos-sibile analizzare la costituzione propria e il comporta-mento passato dell’edificio, per individuare le forme divulnerabilità tipiche e specifiche presenti.Perciò dovranno essere descritti:- la conformazione geometrica e le dimensioni dellafabbrica;- i materiali e i caratteri architettonici e costruttivi delleparti dell’edificio;- le tracce del processo storico di costruzione e trasfor-mazione, soprattutto quando comportano la presenzadi discontinuità strutturali;- il livello di efficienza/inefficienza manutentiva;- la presenza di forme di degrado proprio, anche inconseguenza di carenze manutentive, soprattutto quan-do comportano la riduzione o la perdita di efficienzastrutturale dell’elemento interessato;- gli effetti di dissesto statico e sismico (“danni”), ed illivello di danno raggiunto;- la natura, il tipo e la collocazione di interventi recen-ti, soprattutto se rivolti a consolidare l’edificio e amigliorarne il comportamento al sisma.Si tratta quindi di rilevare tutti quei dati sui quali si puòfondare la diagnosi di vulnerabilità, facilitandola attra-verso una disposizione ordinata e chiara.

La seconda funzione, in parte già assolta con i datiraccolti per la prima funzione, consiste in una più mar-cata caratterizzazione e attribuzione di significato sto-rico-architettonico alle parti, alle superfici decorate enon, e in genere alla materia costruita come portatricedi valori e dati da trasmettere nell’opera di restauro, ecomunque da danneggiare il meno possibile nell’inter-vento di miglioramento. Infatti, se l’opera di miglioramento ha come fine prin-cipale la conservazione del manufatto di fronte a futu -ri eventi sismici, il rilievo deve contenere quegli ele-menti utili a valutare gli impatti degli interventi previ-sti per consetire di minimizzarne l’entità, riducendo ilrischio che il fine (la conservazione dell’autenticitàmateriale anche di fronte al sisma) venga prevaricatodai mezzi impiegati (la componente distruttiva degliinterventi di miglioramento). Perciò nel rilievo dovranno essere indicate:- le caratterizzazioni/qualificazioni delle diverse super-

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fici presenti, decorate e non ( affreschi, decorazioni,intonaci di vario tipo, murature a vista, pavimenti,ecc.);- il significato dei diversi tipi di struttura, anche ricon-ducibili ai processi di costruzione e trasformazionemessi in luce da un pur speditivo rilievo stratigrafico;- gli elementi di particolare rarità, di intrinseco signifi-cato formale e materiale, di valore documentario, ecc.; - la presenza di contesti unitari o particolarmente signi-ficativi (ambienti interni, fronti o parti eccezionalmen-te conservate);- la presenza di arredi mobili o fissi che potrebberoessere danneggiati nel corso dell’intervento.La terza funzione è quella di produrre la base graficadel progetto, tale da consentire con chiarezza la descri-zione e la localizzazione precisa in ciascuna parte dellafabbrica dei diversi interventi previsti, anche per facili-tarne una applicazione mirata, di per sè in grado diridurre gli impatti. Il progetto, che si prevede perciò diredigere in sovrapposizione a tale base, solo mutando isimboli grafici applicati, deve poter diventare una sortadi rilievo degli interventi che saranno eseguiti. Lasovrapposizione del progetto ad un efficace rilievodello stato attuale è fatto molto importante soprattuttoper localizzare le opere di riparazione e per contrasta-re le vulnerabilità specifiche, ma anche per indicare leparti e le superfici che devono comunque essere con-servate nella loro autenticità materiale.

Si tratta comunque di raccogliere e coordinare una ele-vata quantità di informazioni tra loro eterogenee, chedevono essere riportate su uno o più supporti, grafici,fotografici o a descrizione scritta. Questo comporta ilrischio di accumulare dati ridondanti e che possonointerferire tra loro, sviando o rendendo più complessal’interpretazione dei fenomeni fondamentali. E’neces-sario quindi cercare un buon livello di funzionalità edefficacia del rilievo, che sia compatibile con la sua eco-nomica realizzazione.Ad esempio è opportuno:-ridurre per quanto possibile la produzione separata digrafici dedicati a singole categorie di informazioni (es.rilievo metrico, rilievo descrittivo, rilievo dello stato didissesto), fatto che di per sè appesantisce con una gran-de mole cartacea gli elaborati di progetto e rende piùdifficile l’interazione tra i dati consentita da una visio-ne sinottica. Tuttavia i diversi tipi di dato, pur riportatise possibile su un unico supporto, devono essere con-servati dal progettista anche su grafici o su supportiinformatici separati, in modo tale da consentirne ilrichiamo o la rielaborazione tematica ove necessario;-operare una ricerca e selezione mirata dei dati, ampli-ficandone alcuni rispetto ad altri, in quanto maggior-mente rilevanti ai fini dell’opera di miglioramento;-effettuare sintesi descrittive e interpretative dei dati efenomeni relativi ai vari segmenti tematici (es. stato didissesto, processi di trasformazione, stato di manuten-zione), in forma scritta e con l’ausilio di schemi sem-plificati, da riportare nella relazione del progetto.

Per raggiungere questi scopi (sinotticità delle informa-

zioni su grafici unitari, selezione e amplificazione deidati maggiormente utili,presenza per i diversi segmen-ti tematici di sintesi descrittive e interpretative in formascritta e attraverso schemi semplificati) si propone diutilizzare un lessico di riferimento per la descrizionedei fenomeni osservati e una grafia convenzionalecodificata, con simboli tra loro compatibili e cumula-bili, per ridurre il rischio di equivoci o perdite di chia-rezza.

Esaminiamo quindi i vari contenuti richiesti al rilievo,le possibilità di sintesi e di amplificazione, le grafierealistiche o convenzionali e le varie forme descrittive.Proponiamo di articolare il complesso analitico chedenominiamo “rilievo” in due segmenti tematici stret-tamente interrelati, rappresentati dal rilievo metrico,a rch i t e t t o n i c o - c o s t ru t t ivo e del degrado pro p ri o(con valenza strutturale) e dal rilievo del quadrofessurativo e deformativo. Ad essi fanno riferimentodue distinte legende grafiche, utilizzabili congiunta-mente nei medesimi elaborati.

4.3. Il rilievo metrico, architettonico-costruttivo edel degrado proprio (con valenza strutturale)In primo luogo, è evidente la necessità di disporre di unrilievo geometrico (piante, prospetti e sezioni) in scalaadeguata, che può essere indicata nella scala 1:100 peri grandi edifici e in 1:50 per gli edifici di media e pic-cola dimensione, e dotato di un sufficiente livello diprecisione.Tuttavia, non è necessario che la precisione sia costan-temente elevata per tutta la fabbrica. Ai fini diagnosti-ci, è invece importante disporre di un numero relativa-mente limitato di punti di controllo di più accentuataprecisione metrica, rilevati nelle posizioni utili a svela-re le geometrie di dissesto, non sempre percepibili adocchio nudo, e a misurare l’entità e l’articolazione spa-ziale dei dissesti macroscopici (vedi quanto detto diseguito per il rilievo del quadro fessurativo e deforma-tivo).

Nella scelta delle sezioni verticali o delle quote disezione orizzontale per l’esecuzione delle piante, èopportuno dare preferenza a quelle che meglio descri-vono il complesso strutturale, e che maggiormente sipresteranno all’inserimento grafico e alla localizzazio-ne degli interventi di progetto. Ad esempio, è necessa-rio includere sempre la pianta delle orditure dei tetti, ola pianta con la vista estradossale di volte e sottotetti,anche non praticabili. E’ consigliabile perciò, prima di procedere alle opera-zioni di rilevamento, compiere una accurata ispezione,redigere alcuni eidotipi a schizzo anche schematici, eformare un programma del rilievo da realizzare, in par-ticolare selezionando le sezioni più utili.

Per il rilievo metrico, è essenziale la presenza di unaquota 0 di riferimento, oltre alle usuali quotature alti-metriche e planimetriche.

Per il rilievo dei caratteri architettonici e costrutti-

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vi, va operata la scelta tra la descrizione grafica ten-denzialmente realistica e l’inserimento di fotografiepiane in scala nel grafico, anche a campioni. La descri-zione grafica è più rapida e funzionale nel caso dimanufatti di semplice configurazione e prevalentemen-te intonacati; nel caso di tessiture murarie a vista o diapparati decorativi, quali affreschi, o di arredo, il foto-piano o fotomosaico in scala approssimata delle super-fici murarie, oltre ad essere più rapidi, evitano i rischiconnessi alla selezione dei segni nel diseg n o .L’esistenza di programmi di elaborazione fotograficacon raddrizzamento anche da foto non metriche rendequesta operazione di facile esecuzione.I grafici al tratto o con parti a fotomosaico vanno com-pletati l’applicazione di sigle indicative dei diversi tipidi elemento o di carattere costruttivo, riferite ad unabaco/elenco generale di tipi costruttivi, ed integrabileper gli elementi non contemplati. Questa parte viene suddivisa in tre sezioni:- la prima riguarda le parti strutturali di anticacostruzione (murature, cornicioni, solai, tetti, tiranti,volte ecc.); gli elementi più significativi (ad es. para-menti e sezioni murarie ove osservabili, strutture divolte e di solai,nodi di appoggio delle orditure del tettosulla muratura) devono essere sistematicamente docu-mentati con fotografie e, ove possibile, con disegni didettaglio che saranno utilizzati per i particolari costrut-tivi del progetto;- la seconda riguarda le superfici e gli elementi di fini-tura di antica costruzione, o comunque di interesses t o ri c o - a rch i t e t t o n i c o , ( mu rat u re con trattamento avista, intonaci, affreschi, pavimenti, ecc.), oltre agliarredi fissi e mobili di pregio;- la terza descrive, per quanto riconoscibili, le parti ogli interventi strutturali di recente inserimento, nelcaso in cui l’edificio sia stato oggetto di interventi ope-rati con tecniche moderne in tempi recenti (cordoli inc.a., cappe in calcestruzzo su solai e tetti, solai incemento o laterocemento, iniezioni, ecc.). Nel caso sidisponga di notizie in merito ad interventi recenti (pro-getti, perizie, testimonianze dirette) ma non sianoosservabili gli interventi, è opportuno descrivere attra-verso note sui grafici quanto conosciuto, e riportare inrelazione i dati.Debbono essere indicate anche le aree sulle quali sonostati eseguiti saggi di accertamento, il cui tipo e risul-tati vanno descritti in relazione, analogamente ad even-tuali sondaggi geognostici e/o saggi per l’accertamen-to della consistenza delle fondazioni.

Anche il rilievo dei fenomeni di degrado e dei fatto-ri che riducono l’efficienza strutturale è diviso in tresezioni:- la prima segnala, attraverso una stratigrafia macro-scopica, le discontinuità costruttive che costituisconola conseguenza dei processi di costruzione e trasfor-m a z i o n e, come ango l ate o spalle inglobate senzaammorsamento da riprese murarie, oppure disconti-nuità costruttive in nodo murario. Il complesso di tra-sformazioni compiute nel tempo ha lasciato nell’edifi-cio un reticolo di eterogeneità costruttive, dovute al

variare dei materiali, delle tecniche e di continuità par-z i a l i , d ovute all’imperfetto ammorsamento con lemurature preesistenti. Date le ripercussioni strutturalidi tali discontinuità, che spesso introducono vulnerabi-lità specifiche nel comportamento della costruzione, ènecessario per quanto possibile individuarle e descri-verle, per poterne neutralizzare nel progetto gli effettidi indebolimento;- la seconda indica le forme di degrado proprio deglielementi costruttivi, limitandosi a quelle che riduco-no l’efficienza meccanica della struttura (as es. erosio-ne profonda dei giunti, fratturazione diffusa della pie-tra). Va ricordato che il degrado strutturale, intesocome decadimento della funzionalità meccanica, sicompone, oltre che degli effetti di dissesto, anche deglieffetti del degrado proprio dei materiali costitutivi,come ad esempio l’immarcimento della testa di unacapriata, la ridotta funzionalità strutturale della mura-tura a seguito della perdita di legante tra i giunti, ecc.A volte, degrado materiale proprio e degrado struttura-le si amplificano concatenandosi, formando processiarticolati ma ben riconoscibili. Si escludono perciò inquesta sede i fenomeni di degrado limitati alla superfi-cie (ad esempio la presenza di croste nere o depositi),oggetto di specifici approfondimenti conservativi;- la terza ri chiama sommariamente le c o n d i z i o n im a nu t e n t ive degli elementi di pro t e z i o n e quali l’effi-cienza del manto di copert u ra , di gronde e pluviali, d e isistemi di raccolta delle acque al suolo. Gli aspetti piùi m p o rtanti da seg n a l a re sono quelli che hanno già av u t oo potranno ave re in futuro un ruolo scatenante nel cau-s a re o favo ri re la perdita di efficienza stru t t u ra l e.Si pone attenzione soprattutto alla protezione dalleacque meteoriche e al loro allontanamento dalla zonafondale, accertando perciò la tenuta di tetti, di manti dicopertura, di converse, grondaie e pluviali con relativecanalizzazioni a terra, alla permeabilità all’acqua bat-tente dei paramenti e rivestimenti esterni.

4.4. Il rilievo del quadro fessurativo e deformativo.Il rilievo del quadro fessurativo e deformativo osservae registra le varie forme di degrado strutturale che l’e-dificio ha subito nel tempo. In esso confluiscono per-ciò sia gli effetti di dissesti statici, esauriti o in atto, siai danni connessi a dissesti di origine dinamica causatida terremoti avvenuti in antico o dall’ultima recentecrisi sismica.Non è sempre facile distinguere il complesso causaledi un danno, in quanto spesso si sommano o interagi-scono diversi fattori; tuttavia al rilievo si chiede non diinterpretare la causa del danno, bensì di raccogliere edisporre tutte le informazioni che possono consentirnee facilitarne la diagnosi. Va tenuto comunque presenteche ogni danno esistente costituisce un allontanamentodall’efficienza strutturale e induce forme di vulnerabi-lità, e che pertanto anche gli effetti dei dissesti di ori-gine statica dovranno essere descritti, diagnosticati eriparati, così come si dovrà intervenire per sanare ildegrado proprio di alcuni componenti.Per operarne il riconoscimento e la descrizione possia-mo suddividere gli effetti di dissesto (che nel loro

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insieme concorrono a determinare il degrado struttura -le o danno) in due principali manifestazioni, in genereassociate tra loro anche se non sempre riconoscibilisimultaneamente:- lesioni fisiche legate a degrado strutturale;- modificazioni della geometria, ossia mutamenti par-ziali dell’assetto geometrico che la costruzione avevaprecedentemente al danno.

Ai fini della diagnosi, è necessario avere a disposizio-ne contemporaneamente entrambe i tipi di dato, inquanto l’associazione tra modificazioni della geome-tria e lesioni fisiche porta in genere a restringere lepossibili interpretazioni più di quanto avvenga analiz-zandoli separatamente.Vi è una diffusa tendenza ad identificare e descrivereil danno attraverso le sole fratture e, dove esistono, icrolli. In realtà, per la descrizione del danno comefenomeno complesso e per costituire la base analiticautile alla sua interpretazione, intesa come “letturastrutturale”, è necessario riconoscere contestualmentee misurare con un adeguato livello di precisione glispostamenti e le deformazioni. Non disponendo, ingenere, di rilievi di sufficiente precisione precedenti aldanno, rispetto ai quali dedurre il differenziale, gli spo-stamenti possono essere stimati come deviazione dallaregolarità geometrica prevedibile. Questo apre delicatiaspetti concettuali e di metodo. Il problema è ancorapiù marcato per alcuni tipi di deformazione (ad esem-pio deformazioni plastiche nel piano della muratura),la cui stessa presenza molto spesso sfugge in quantonon danno luogo a fessurazioni visibili, e viene dedot-ta in fase di interpretazione meccanica del fenomenocome condizione complementare ai danni osservati.Il lessico relativo ai fenomeni di degrado strutturaleviene articolato in rapporto al tipo di materiale su cuisi verifica. Ad esempio, viene definito slittamento lospostamento a valle dei i coppi del tetto e scorrimentolo spostamento relativo tra due conci in pietra, chedetermina nel giunto un particolare tipo di lesionechiusa. La deformazione può riguardare in modo rico-noscibile e macroscopico un elemento ligneo, unalastra in pietra degradata oppure, in modo più difficil-mente avvertibile, una muratura. Si è scelto di rag-gruppare nella simbologia grafica i fenomeni affini,anche se diversamente denominati e di diversa portatastrutturale, dove, data la diversità dei materiali in cui siverificano, non sono possibili equivoci. Per i fenomenidi degrado e per quanto compatibile si è fatto riferi-mento alla Raccomandazione NORMAL 1/88,A l t e razioni macro s c o p i che dei mat e riali lap i d e i :Lessico, CNR e ICR.

Il rilievo degli effetti di dissesto sulla materia dellacostruzione (danni fisici) consiste in una descrizionee localizzazione dei diversi fenomeni, associati peraffinità e per semplificazione grafica in sei gruppi, enella successiva misura dell’entità del fenomeno e dialcuni altri tratti caratteristici funzionali alla fase dia-gnostica. I gruppi di fenomeni sono:- fessurazioni, fratture e lesioni marcate di vario

tipo: perdite visibili di continuità della struttura mura-ria, che si manifestano attraverso il formarsi di separa-zioni macroscopiche tra parti (1). Sono usualmentedenominate lesioni. Se il fenomeno interessa elementiunitari in pietra o cotto, si denomina frattura;- fratturazioni concentrate (in elementi in pietra ocotto, con presenza o meno di scagliature), decoesionimarcate e localizzate con o senza espulsione di parti(in muratura), corrugamenti e distacchi di intonaco:si tratta di effetti riconducibili a schiacciamento inzone di cerniera, a martellamento tra corpi, a punzona-mento/schiacciamento della muratura nella zona diappoggio di travi o capriate, ecc.;- decoesione diffusa di muratura (perdita di adesionetra malta di allettamento e supporti in pietra o matto-ne), cavillature diffuse e lesioni ravvicinate nondescrivibili graficamente, sconnessione di impalcatoin cotto di tetto o solaio o di pavimento, con perdita dilegante tra i giunti, deformazioni, ecc.;- sfilamento (di elemento ligneo dalla muratura diappoggio), slittamento (di coppi sul tetto, di elementilitici appoggiati), scorrimento (tra elementi in pietra omuratura, ove si manifesta come traslazione relativarispetto ad un giunto in cui si forma una lesione chiu-sa;- rottura (perdita di continuità di singoli elementi,come tiranti in metallo, elementi in legno), collassocon deformazione grave e permanente di capochiave inmetallo, di elementi in legno, ecc. ;- crolli di parti (perdite macroscopiche di materiadella costruzione, con caduta di parti strutturalmenterilevanti), caduta di elementi da cornici, espulsioni diconci da paramenti murari, ecc. In caso di crollo dinotevole entità, è opportuno, oltre a segnalare il profi-lo di crollo, inserire la descrizione virtuale della partecrollata, desumendola da rilievi e da documentazionefotografica.

Una parte dei danni va descritta sui grafici in modorealistico (fessurazioni, fratture e lesioni, crolli), inquanto il disegno del loro tracciato riveste di per sèimportanza diagnostica; gli altri danni sono descritticon simboli convenzionali, in quanto è sufficiente ilriconoscimento del fenomeno e la sua localizzazione.E’ opportuno comunque operare una documentazionefotografica di dettaglio dei fenomei più significativi(vedi oltre). Oltre che localizzati e descritti realisticamente, i trac-ciati di lesione vanno misurati e caratterizzati. L’entitàe il verso di spostamento relativo dei due cigli in diver-si punti della lesione costituiscono un tratto necessarioalla descrizione del fenomeno, molto importante perl’interpretazione dei meccanismi di dissesto che l’han-no prodotta. La caratterizzazione va riportata sui foto-piani delle superfici o sui grafici di insieme e, a mono-grafia, sulle foto dei singoli tratti esaminati.Inoltre, rispetto ad una terminologia diffusa, non è rile-vante tanto il fatto che una lesione sia “passante” omeno, quanto che sia riscontrabile su entrambe lefacce, con analoga o diversa configurazione , in posi-zione speculare o diversa, ecc.; oppure che non sia

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Discontinuità costruttive:A n go l ate o spalle con ri p re s ec o s t ru t t ive accostate senza am-morsamento

Discontinuità costruttiva in nodomu ra rio (mu ro accostato senzamorse)

Ripresa costruttiva con ammorsa-mento in rottura

Ripresa costruttiva dovuta a so-praelevazione

Presenza di canna fumaria

Altro (descrivere)

Degrado proprio degli elementistrutturali:Degrado di elementi litici o lateri-zi (specificare tipo:disgregazione,d i s t a c c o , e ro s i o n e, e s fo l i a z i o n e,f rat t u ra z i o n e, p o l ve ri z z a z i o n e,scagliatura

Perdita di legante tra i giunti

Inflessione di elementi lignei

Immarcimento di teste di elemen-ti lignei

Degrado generalizzato di elemen-to ligneo (at t a c chi biolog i c i ,immarcimenti,)

Degrado della struttura minuta e/odell’impalcato

Altro (descrivere)

Carenti condizioni manutentive:Manto di copertura con perdited’acqua osservabili

Converse, gronde e pluviali conperdite

Stato sistema di raccolta acque alsuolo (descrivere)

R ivestimenti esterni (effi c i e n z aintonaci-descrivere)

Presenza di vegetazione

Aree in cui sono stati eseguitisondaggi di accertamento, puntidi prova , p re l i ev i , a c c e rt a m e n t i(specificare quali)

Localizzazione sondaggi e provege og n o s t i che e/o per l’accert a-mento della natura delle fonda-zioni (specificare tipo prove).

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RILIEVO METRICO, ARCHITETTONCO- COSTRUTTIVO E DEL DEGRADO RILIEVO METRICO

Quota 0 relativa e linea orizzontale di riferimento in sezione e prospetto

Quote altimetriche rispetto a quota 0

Quote planimetriche

RILIEVO DEI CARATTERI ARCHITETTONICI E COSTRUTTIVIInserire nel disegno,anche a campione, descrizione realistica grafica o fotografica, di ciascun elemento caratterizzante Formare elenchio abachi dei diversi tipi e caratteri presenti nella costruzione con relative sigle di riferimento da riportareParti strutturali di antica costruzione

Parti sezion. Parti visteIn pianta In piantae in alzato e in alzato

RILIEVO DEI FENOMENI DI DEGRADO E ALTRI FATTORI CHE RIDUCONO L’EFFICIENZA STRUTTURALE

A architravi (in pietra, in legno, in mattone, ecc.)C cornicioni (in pietra, in legno, in cotto, ecc.)M murature (es. con paramento a corsi irregolari di pietra sboz-zata, ecc.)S solai (es. in legno biordito con travi principali e secondarie,impalcato in pianelle (indicare a tratteggio in pianta la proiezio-ne delle travi principali del soffitto superiore)T tetti (es. a capriate, terzere, travetti e pianelle) indicare proie-zione in pianta degli elementi principaliTI tiranti metallici (indicare sezioni e tracciato) es. in ferro for-giato, collegati a elementi lignei V volte strutturali (es. a botte con mattoni ad una testa)VNS Volte non strutturali o controsoffitti (es volta in canna into-nacata su centine lignee estradoassali)... Altro (descrivere)Parti strutturali moderne (con sigla M) (vedi relazione- da uti-lizzare nel caso l’edificio sia stato oggetto di interventi recenti diconsolidamento con tecniche moderne)CO-M Cordoli in c.a.- Indicare sezione e tipo:1 a tutto spesso-re - 2 a spessore parziale - 3 in aderenza

CA-M Cappe in calcestruzzo su solai o tetti -indicare spessore,se misurabileSO-M 1, Solai in cemento- 2, in laterocemento - 3 in acciaio etavelloni - altro...INI-M Iniezioni di consolidamento nella muraturaPE-M Perforazioni armateTI-M (Tiranti metallici- indicare sezioni e tracciato) es. inacciaio tondo con collegamenti a vite, in trefoli di acciaio armo-nico.... Altro(descrivere)Superfici e elementi di finitura:MV (muratura a vista)I (intonaco)A F(affreschi)P (pavimenti)AF (arredi fissi)AM (arredi mobili)...Altro (descrivere)

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Parti sezion. Parti visteIn pianta In piantae in alzato e in alzato

Parti sezion. Parti viste RILIEVO DEL QUADRO FESSURATIVO E DEFORMATIVODESCRIZIONE DEGLI EFFETTI DEL DISSESTO SULLA MATERIA DELLA COSTRUZIONE(DANNI FISICI)Fessurazioni, fratture e lesioni di vario tipo: inserire nei grafici (sulle superfici viste) i tracciati reali, consegno tendenzialmente proporzionato all’entità della lesione (es. tratto 0,15 ampiezza fino a 3 mm,0,3 da3 mm a 1 cm., 0,5 da 1 cm. a 3 cm., doppio tratto oltre 3 cm.). Nelle parti sezionate in pianta e in sezio-ne vert. segnare il punto di incidenza della lesione su ciascuna delle due superfici murarie.

Proiezione in pianta di lesioni su volte o archi soprastanti

Fratturazioni concentrate, decoesioni localizzate con o senza espulsione di parti, corrugamenti di intona-co ( in genere riconducibili a fenomeni di schiacciamento, martellamento, punzonamento di travi all’ap-poggio, ecc.)

Decoesione diffusa di muratura (perdita di adesione tra malta e supporti),cavillature diffuse e lesioni rav-vicinate non descrivibili graficamente, sconnessione di impalcati in cotto

Sfilamento (di elemento ligneo dalla sede nella muratura), slittamento o scorrimento con giunto chiuso(tra elementi in pietra o blocchi in muratura) - in mm.la dislocazione

Rottura di tiranti in metallo o in legno, di travi in legno, deformazione grave di capochiave

Crolli di parti e/o caduta di elementi da paramenti (segnare bordo di crollo e ricostruzione grafica dellaparte crollata, in base a rilievi, documentazione fotografica, ecc.)

Elementi descrittivi e di misura locale:Rilevamento locale dell’ampiezza della lesione e vettore di spostamento relativo tra i cigli di lesione (trat-to che unisce i punti complementari di distacco dei due cigli)Idem, con dislocazione fuori dal piano del muro dei cigli di lesione (la parte inferiore aggetta verso l’e-sterno)

Configurazione complessiva del ramo di lesione:-a cigli paralleli, con vettore ortogonale ad essi (simbolo: rettangolo)

-a cigli paralleli, con vettore non ortogonale (simbolo: rombo)

-a cigli che si divaricano partendo dall’apice della lesione (simbolo: triangolo)

-a cigli che si divaricano partendo già separati (simbolo: trapezio)

Variazione di piano della muratura in corrispondenza di lesioni (indica probabile cerniera

DESCRIZIONE E MISURA DEGLI SPOSTAMENTI RICONDUCIBILI AL DISSESTO (MODIFICA-ZIONI GEOMETRICHE) Rilievo dello scostamento dalla verticalità (fuori/entro piombo) o dalla orizzontalità (spanciamenti), conmisura in mm. dello scostamento dei punti rilevato dalla linea verticale o orizzontale di riferimento edenfatizzazione (x5 o x10) della scala dello scostamento. La spezzata ottenuta dalla congiunzione dei punti rilevati può essere ruotata di 90° per rendere apprezza-bili in prospetto gli spostamenti fuori piano. N.B. Le linee di sezione devono intercettare fuori piombo,spanciamenti, deformazioni e altro.

Riporto sulla pianta del piano terra della proiezione verticale di punti rilevati a quota superiore (es. ango-late,m urature non a piombo,pilastri,ecc.), misura in mm. dello scostamento rispetto al punto corrispon-dente a terra, con scala enfatizzata x 10

Romboidalizzazione di aperture, deformazione di archi e volte ( a tratteggio configurazione geometricadi riferimento)

Perdita di verticalità di capriate (accatastamento)-entità dell’inclinazione tra sommità e catena

Componenti vettoriali riconoscibili dello spostamento di masse murarieRotazione nel piano (P) o fuori piano (F.P.) o mista (angolare- m) (indicare con C grande cerchiato il o ipunti di cerniera)

Traslazione orizzontale (T.O.) (connessa a slittamenti in elevato o in fondazione)

Traslazione verticale (T.V) o sub-verticale (T.SV) (connesse a cedimento di fondazione)

15

15

88 8

8

86

6

0

+5

-5

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riscontrabile su entrambe le facce, cosa che potrebbeindicare, ad esempio, la formazione di una cernieraaperta su un lato e chiusa sull’altro.

Una operazione complementare e necessaria è costitui-ta dalla d e s c rizione e misura degli spostamentiriconducibili al dissesto (modificazioni geometri-che). Come si è detto, l’obiettivo della elevata precisionemetrica non deve essere necessariamente esteso a tuttala fabbrica e a ciascuna sua parte. E’essenziale inveceche esistano punti o linee di controllo per la misuradegli spostamenti,di più marcata affidabilità, mirati siaa svelare e descrivere esattamente geometrie di disse-sto non apprezzabili ad occhio nudo, sia a rilevare l’en-tità e l’articolazione di dissesti anche macroscopici. Sipossono utilizzare accorgimenti per enfatizzare il dato,rendendolo maggiormente leggibile: ad esempio, ladeviazione dal piano verticale o orizzontale di unamuratura viene esaltata se le deformate, ottenute colle-gando i punti misurati strumentalmente, sono accen-tuate aumentando di dieci volte la scala della deviazio-ne dal piano rispetto a quella del rilievo di base, eponendo a riferimento della deformazione così accen-tuata la linea orizzontale o verticale del tracciatoassunto come “regolare”, oltre alla quota reale delladeviazione.Porre a confronto, ad esempio, la deformata di unavolta o l’assetto verticale dei due piani murari in corri-spondenza di un’angolata, con il tracciato che ci sipotrebbe attendere come regolare (un arco a raggiocostante, un piano verticale), permette di apprezzarefenomeni anche poco percettibili, fornendo un impor-tante ausilio grafico alla comprensione dei fenomeni.

4.5. Rilevamento e documentazione fotograficaLa documentazione fo t ogra fica deve descrive re inmodo esaustivo lo stato visibile e le condizioni at t u a l id e l l ’ e d i fi c i o , in modo tale da costituire un documentoe fficace sullo stato che ve rrà modifi c ato dall’interve n t o .Oltre alle foto di insieme e di contesto, che devonoconsentire di comprendere l’inserimento ambientaledell’edificio, le riprese generali devono interessare tuttii fronti, i principali ambienti interni, incluse le zoneordinariamente meno accessibili, come i sottotetti e gliscantinati. Devono poi essere effettuate riprese di det-taglio mirate a descrivere i quadri fessurativi e le variemanifestazioni di dissesto,gli effetti di degrado o man-cata manutenzione, i principali elementi costruttivi,architettonici o decorativi. La documentazione foto-grafica deve perciò essere il risultato di una sistemati-ca campagna di rilevamento fotografico, opportuna-mente preordinata e costituita da un numero di ripreseadeguato alla complessità dell’oggetto. Le stampe delle diverse foto, ciascuna delle quali data-ta, numerata e con didascalia illustrativa, vanno ordi-nate su un fascicolo. Una planimetria schematica ripor-terà i punti di ripresa delle foto con il numero relativo,in modo da facilitare il riconoscimento della parte rap-presentata. Quando si fotografano elementi di dettaglioo parti di cui può essere difficile la localizzazione a

posteriori, è opportuno predisporre una lavagna in cuisono riportate le indicazioni opportune e fotografarlainsieme alla parte interessata. Nel caso le condizioni lo consentano e ne rendanoopportuno l’utilizzo, possono essere realizzati fotopia-ni, possibilmente in scala, o fotomosaici con tratta-mento informatico delle immagini per raddrizzare isingoli fotogrammi e unirli tra loro. Il fotopiano puòsostituire in tutto o in parte la restituzione grafica deglialzati, soprattutto per rilevare superfici con ornati pla-stici o pittorici molto articolati, murature a vista forte -mente caratterizzate nella tessitura o con quadri fessu-rativi particolarmente complessi, la cui restituzionegrafica comporterebbe una inevitabile selezione e sem-plificazione. Alle foto così trattate possono esseresovrapposte le quote metriche di riferimento e le anno-tazioni dei dati relativi al quadro fessurativo e di disse-sto operate con la grafia convenzionale proposta.

4.6. Ricerca storica e Relazione stori c o - a rch i t e t t o-n i c aAlla ricerca storica si richiede, fondadosi su docu-menti opportunamente ricercati e letti, di interpretare ilprocesso di costruzione e modifica nel tempo dell’edi-ficio, delineando le diverse fasi costruttive, i caratteri egli elementi di contesto -quali la proprietà, la commit-tenza, l’uso- utili a comprendere il permanere o ilmutare dell’assetto della fabbrica, gli eventi anchetraumatici che possono averla interessata, quali incen-di, crolli o altri fatti. Una particolare attenzione vaposta alla cronologia sismica e alla ricostruzione deglieventuali trascorsi di danno riconducibili ad eventisismici del passato. La relazione deve fondarsi sui diversi tipi di fonte utile,che vanno per quanto possibile riportati in modotestuale o riprodotti, citando sempre il riferimentobibliografico e/o archivistico dei documenti via viautilizzati.Tra i diversi tipi di fonte possiamo citare:- fonti archivistiche costituite, ad esempio, da atti nota-rili, testamenti, contratti per lavori, visite pastorali;- documenti grafici quali catasti, disegni di progetti,atti di commissioni d’ornato;- iconografie di varia natura, quali rappresentazioni pit-toriche o a stampa che includono l’edificio, disegni oschizzi; - documenti fotografici d’epoca;- fonti bibliografiche edite, tra i quali gli eventuali testispecifici che trattano in modo monografico dell’edifi-cio o del suo autore, e i testi di carattere generale, chetrattano la storia locale, le guide o altro;- testimonianze dirette.

La ricerca delle fonti storiche si presenta in genereardua e il più delle volte dà luogo a risultati frammen-tari, soprattutto se condotta in un arco di tempo nonadeguato. Inoltre richiede una specifica preparazione, eper questo è opportuno sia condotta da specialista, checollabori con il progettista non solo nella fase di ricer-ca e lettura testuale, ma anche in quella interpretativa,valutando il grado di attendibilità e la capacità docu-

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mentaria delle fonti rinvenute.Nonostante queste difficoltà, la ricerca storica è digrande importanza: spesso elementi anche frammenta-ri, se trovano punti di riscontro chiari con la fabbricareale, diventano caposaldi interpretativi che permetto-no di ampliare, ad esempio, i risultati della letturadiretta della fabbrica.Va chiarito il ruolo che attribuiamo alla ricerca storicaed ai suoi risultati nel progetto di miglioramento nelrestauro. Non si tratta più di ricercare nei documentiassetti architettonici perduti per ripristinarli, come pre-sente in una concezione del restauro da tempo supera-ta, quanto di ricostruire il processo evolutivo della fab-brica in quanto elemento fondamentale per una anam -nesi del suo comportamento strutturale nel tempo (2).Ad esempio non si può pretendere di interpretare undanno verificatosi in antico se non si conosce l’assettodella costruzione al momento del dissesto; non si pos-sono individuare pienamente le discontinuità costrutti-ve, che danno luogo a vulnerabilità specifiche, se nonsi riconoscono le fasi costruttive che le hanno determi-nate. Anche se di rado la ricerca storica dà risposteesaustive a questo scopo pratico, tuttavia le connessio-ni che si possono istituire con l’analisi architettonico-costruttiva dell’edificio, soprattutto se condotta construmenti stratigrafici (3), permettono di integrare traloro diversi tipi di fonte ciascuno dei quali frammenta-rio. L’obiettivo è giungere ad una interpretazione deiprocessi fondata sia sulle fonti scritte, sia su quella cheoggi viene considerata la principale fonte materiale,l’edificio stesso, documento che reca sedimentata lapropria storia.

A seconda della rilevanza del manufatto e delle suenecessità, del tipo e dell’entità delle fonti disponibili,dell’impegno nella ricerca sulle fonti scritte, verrannoprodotti due distinti elaborati - la Ricerca Storica e laRelazione Storico-Architettonica, che riprenderà gliesiti della ricerca storica mettendoli a confronto conl’osservazione diretta della fabbrica- oppure un unicoe l ab o rat o , d e n o m i n ato Relazione Stori c o - A rch i t e t-tonica. La Relazione Stori c o - A rchitettonica può essere

costituita da due parti.La prima, formata dalla collazione degli esiti dellaricerca storica e dell’osservazione diretta con metodi-che stratigrafico-costruttive, tende a formare una rico-struzione evolutiva della fabbrica, descrivendo il pro-cesso di formazione e trasformazione, anche suddivisoin fasi. Essendo una interpretazione fondata su diversitipi di fonte e raggiungendo gradi di certezza variabili,deve costantemente richiamare le fonti e gli elementi asupporto, e dichiarare le incertezze interpretative e leipotesi subordinate.La seconda consiste in una lettura e una descrizioneall’oggi dei principali caratteri presenti e riconoscibili,quali l’impianto architettonico di insieme o delle parti,l’assetto tipologico, gli elementi costruttivi e i caratte-ri di cultura materiale considerati singolarmente o col-legati in ambienti, quali murature, solai, strutture dicopertura, intonaci e coloriture, decorazioni, pavimen-ti, elementi architettonici quali camini o altro.

(1) In generale, se nel quadro fessurativo è presente un nume-ro limitato di fratture marcate, che corrispondono a separa-zioni e spostamenti a blocco rigido di parti murarie, più nettae univoca è l’identificazione dei meccanismi di dissesto. Percontro, al prevalere di fenomeni di deformazione associati adecoesioni diffuse e lesioni ravvicinate di limitata ampiezza,l’interpretazione del danno attraverso i meccanismi divienepiù problematica e di minore efficacia. Tuttavia anche questamaggiore difficoltà interpretativa costituisce un importanteelemento diagnostico,in quanto frequentemente associato aduna diffusa decoesione muraria, fatto che implica la necessitàdi intervenire non solo sui meccanismi di insieme della fab-brica ma anche a migliorare le caratteristiche intrinsechedella struttura muraria.

(2) Questa funzione della storia è sostenuta in diversi scrittida Paolo Marconi.

(3) Su questo argomento vedi in particolare F. DOGLIONI,Stratigrafia e Restauro- Tra conoscenza e conservazionedll’architettura, ed LINT, Trieste, 1997

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Nella pagina a fianco: foto di insieme edi dettaglio della facciata della Chiesadi S. Maria Assunta a Mevale (Visso).

Il rilievo del quadro fessurativo e defor-mativo deve saper cogliere, anche ricer-candoli in modo mirato,i fenomeni utilia comprendere il comportamento mec-canico dell’edificio. Spesso effetti didanno anche diversi -dei quali si ricono-sca la concatenazione- permettono diindividuare in modo chiaro un medesi-mo meccanismo.La facciata della chiesa di S. MariaAssunta a Mevale (Visso- foto in alto asinistra) presenta sui fianchi una lesioneinclinata che indica una lieve traslazio-ne con rotazione verso l’esterno (foto inalto a destra). Su alcune cornici allabase della facciata si osservano frattura-zioni e scagliature dovute con evidenzaa schiacciamento (foto a destra in centroe in basso). Sul semipilastro interno allafacciata vi è una lesione che tende adaprirsi verso l’interno della chiesa (fotoin basso a sinistra). I diversi danni pos-sono essere considerati effetti di ununico meccanismo di ribaltamento dellafa c c i at a , con cern i e ra alla base ch etende a concentrare i carichi nel puntodi rotazione (con conseguente compres-sione concentrata) e a fo rm a re unalesione aperta a V dalla trazione sul latointerno. In questo particolare caso, ilquadro deformativo può rivelarsi ingan-nevole: la facciata risulta pressochè apiombo anzichè fuori piombo, comesarebbe lecito aspettarsi, probabilmenteperchè costruita in entro-piombo in fun-zione antisismica, come più marcata-mente la parte absidale della chiesa. Ildissesto potrebbe perciò aver assorbitol’entro piombo, riportando in verticalela facciata.Altre lesioni connesse allo stesso mec-canismo si trovano sulla prima campatadegli archi posti tra la navata centrale ele navate laterali.

A destra: Quadro fessurativo e quadrodeformativo, con linee di controllo ver-ticali e orizzontali, rappresentati in asso-nometria. Chiesa di S. Savino a Licetodi Sassofe rrato. Disegno di PietroRegazzo.

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Studio del quadro fessurativo della chiesa di S. Bartolomeo a Trento, con riprese di tratti di lesione e frecce indicanti i vettori dispostamento ottenuti congiungendo i cigli di lesione. Elaborazione di Marco Baldi e Nicola Predelli.

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5.1. La diagnosi di vulnerabilità sismico-struttura-le e di danno ulteriore atteso (progetto di danno) inbase alla casistica di dannoPosto che ciascun danno avvenuto in un edificio anticoè comunque diverso da qualsiasi altro danno in un altroedificio -non fosse altro perchè non esistono due edifi-ci antichi identici, due muri identici, ecc.- possiamosviluppare il nostro sforzo di studio delle modalità didanno in due direzioni.La prima tende a cogliere i tratti comuni esistenti tra idiversi danni, formando schematizzazioni e semplifi-cazioni volte a mettere in luce i tratti fondamentali delfenomeno e a formare classi di fenomeni affini; è laricerca delle vulnerabilità tipiche e dei meccanismi didanno estesi a parti (macroelementi). Vedi di seguitogli studi di A. Moretti sulle chiese e di G. Canofenisugli edifici urbani.La seconda indaga i motivi della differenza, ossia dellaparticolare evoluzione che ha avuto il fenomeno inquel dato caso, riconducibili a tecnica e storia costrut-tiva, alla storia di danno e di degrado; è la ricerca dellevulnerabilità specifiche e dei fattori che le influenzano.Vedi in particolare il contributo di F. Marino. Nell’ultimo decennio si sono formate alcune banchedati dei danni avvenuti al patrimonio monumentale e aisistemi interpretativi. Vedi gli studi contenuti in “Dopola Polvere”, relativi al terremoto dell’Irpinia del 1980(1), la ricerca CNR-GNDT che ha prodotto il volume“Le chiese e il terremoto” (2), dopo gli eventi sismicidel 1976 in Friuli, le documentazioni successive al ter-remoto emiliano del 1987 (3) fino ai più recenti studisul terremoto umbro-marchigiano del 1997.Ponendo a confronto i danni che si sono verificati nellediverse realtà emerge un panorama di analogie e di dif-ferenze.I meccanismi tipici riconosciuti tendono a riprodursinelle diverse situazioni, variando però anche notevol-mente al mutare delle configurazioni architettonicheprevalenti nelle distinte realtà culturali. Ad esempio, lamaggiore presenza di ampie cornici marcapiano e sul

timpano, riscontrata in Emilia e nelle Marche e rara inFriuli, condiziona le linee di cerniera dei meccanismidi facciata nelle chiese.Analogamente, il variare delle tradizioni costruttive edei materiali impiegati influenza le evoluzioni deldanno e le vulnerabilità specifiche. Perciò, le trasposi-zioni da regione e regione sono possibili e utili, mavanno operate con accortezza, verificando il tessuto dianalogie e differenze esistenti.Per le finalità del “codice di prat i c a ” gli studi che si pro-p o n gono di seguito sul danno sismico, i n ev i t ab i l m e n t es i n t e t i c i , i n t egrano la casistica di danno già esistentecon i fenomeni constat ati nel terremoto umbro - m a rch i-giano. Va detto che questi studi ri ch i e d e rebb e ro untempo maggi o re e signifi c at ivi investimenti di ri c e rc aper poter pro d u rre elab o razioni compiute. Ad esempio,il passaggio dall’osservazione di singoli casi, s p e s s och i a ri ed istru t t ivi per la comprensione dei fe n o m e n i ,a duna ve ra r i c e rca ep i d e m i o l ogica (in quanti edifici ch ep re s e n t avano quelle condizioni di partenza si è svilup-p ato quel dato danno) comporta una sistematica analisidi un nu m e ro elevato di casi anche privi di danno, a n z i-chè di pochi casi pat o l ogicamente ecl at a n t i .Il p rogetto di danno consiste perc i ò :1 - Esaminando il quadro fe s s u rat ivo e defo rm at ivoa n che alla luce della casistica disponibile,ri c o n o s c i a m ol ’ av ve nuta at t ivazione di dati meccanismi di danno. Imodi della prevedibile evoluzione costituiscono ilp rimo elemento del progetto di danno.2 - Istituendo analogie tra macroelementi presenti nellac o s t ruzione esaminata e macroelementi affini danneg-gi ati inclusi nella casistica possiamo ri t e n e re pro b ab i l eo possibile l’at t iva rsi di dati meccanismi. Il danno con-nesso alla loro at t ivazione e sviluppo costituisce ilsecondo elemento.3 - I danni connessi alle fo rme di vulnerabilità specifi-ca riconosciute nell’edifi c i o , già innescati o che sip o t ranno innescare, costituiscono l’ultima parte delp rogetto di danno.

5. LA DIAGNOSI DI VULNERABILITA’ E IL PROGETTO DIDANNO

5.1. La diagnosi di vulnerabilità sismico-strutturale e di danno ulteriore atteso (progetto di danno)in base alla casistica di danno

5.2. Vulnerabilità tipica e meccanismi di danno delle chiese (Alberto Moretti)5.3. Vulnerabilità tipica e meccanismi di danno degli edifici in aggregato (Gianluca Canofeni)5.4. Forme di vulnerabilità specifica (Floriana Marino)

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5.2. VULNERABILITÀ TIPICA E MECCA-NISMI DI DANNO DELLE CHIESEAlberto Moretti

Le forme di vulnerabilità tipica sono riferibili alla pre-disposizione della chiesa a sviluppare determ i n at imeccanismi di danno che coinvolgono intere parti diessa (macroelementi) le cui caratteristiche tipologiche,geometriche e costruttive condizionano l’attivazione ol’inibizione dei vari meccanismi possibili. Nelle pagine seguenti è riportato dapprima un abacogenerale dei meccanismi di danno delle chiese rag-gru p p ati per macroelementi e successivamente letabelle corredate da esempi fotografici in cui i mecca-nismi vengono commentati singolarmente. Nei com-menti si è cercato di mettere in luce, laddove possibile,quali siano i fattori che rendono maggiormente vulne-rabile un macroelemento nei confronti di un determi-nato meccanismo o viceversa, quali contribuiscano aconferire alla struttura una maggiore resistenza alleazioni sismiche.Gli schemi interpretativi dei possibili cinematismi dicollasso sono rappresentati mediante rotazioni o trasla-zioni di corpi rigidi anche se nella realtà le deforma-zioni non sono sempre concentrate in corrispondenzadi singole lesioni ma, specialmente per murature discarsa qualità, su ampie zone con formazione di fascidi lesioni. In questi casi il riconoscimento dei mecca-nismi attivati può trovare conferma dall’osservazionedi eventuali perdite di verticalità o di allineamento e, ingenerale, dagli stati deformativi che devono esserecongruenti con i cinematismi di riferimento.I macroelementi delle chiese presi in considerazione inquesto studio sono la facciata, la parte laterale, l’arcotrasversale e l’abside che sono i più frequenti e quelliper i quali la casistica disponibile, derivante dallo stu-dio degli effetti reali del sisma (Friuli 1976, l’Irpinia1980, Umbria-Marche 1997) rende corretto un approc-cio metodologico che si fonda sulla possibilità di pre-vedere il comportamento sismico futuro di un manu-fatto per analogia con il comportamento effe t t ivoriscontrato in casi analoghi.Esulano dalla trattazione di questa parte le chiese contipologie poco ricorrenti o di particolare complessitàarchitettonica e/o strutturale e, ancora, i macroelemen-ti per i quali lo studio dei meccanismi di danno dellecaratteristiche vulnerabili deve essere maggiormenteapprofondita come per i campanili. Per la trattazione diquesti aspetti specifici si rimanda a studi specialisticidel settore.Le volte e le coperture non sono state prese in consi-derazione come macroelementi propri ma come strut-ture che subiscono danni dall’attivazione di meccani-smi delle parti sottostanti pur svolgendo un ruoloessenziale nel determinarne il comportamento sismico.La facciata, è il macroelemento per il quale l’interpre-tazione dei meccanismi è più agevole in quanto la casi-stica di comportamento disponibile è più estesa e letipologie ricorrenti si prestano alle schematizzazioninecessarie per questo tipo di trattazione.Le parti strutturali che determinano le condizioni al

contorno, le fasce di sovrapposizione, sono costituiteda porzioni di parete laterale che generalmente posso-no essere limitate a una larghezza pari a metà dell’al-tezza di facciata, oltre alla copertura e, se presenti, allevolte dell’aula. L’evoluzione dei meccanismi di facciata è condiziona-ta in misura significativa dalla presenza, dimensione edisposizione delle ap e rt u re (fi n e s t re, rosoni ecc. . ) ,dalle spinte delle coperture non controventate e dellevolte nonché da fenomeni di interazione dinamica conaltri macroelementi come i campanili adiacenti allafacciata. Le cornici e le lesene, se ben connesse allemurature, aumentano l’inerzia della parete e sono ingrado di contrastare l’insorgenza dei meccanismi fuoripiano che coinvolgono le parti interne del macroele-mento mentre altri presidi quali le catene longitudinalisono in grado di contrastare anche i meccanismi checoinvolgono le fasce di sovrapposizione come nel casodel ribaltamento con lesioni nella parte laterale.Per le pareti laterali una classificazione tipologica èpoco agevole in quanto per questo macroelemento,oltre alla variabilità insita nei caratteri tipologici pro-pri, si aggiunge quella derivante dalle possibili connes-sioni con gli altri corpi di fabbrica quali le cappelle, lesagrestie e gli agglomerati urbani che determinanosituazioni difficilmente codificabili a priori.Questo macroelemento ha delle interazioni particolar-mente significative con la copertura in quanto è sullaparete laterale che l’orditura principale trasferisce icarichi. E’ quindi su questi macroelementi che in fasesismica si concentrano puntualmente le forze generatedal tetto che rappresentano una concausa estremamen-te significativa per attivare o aggravare i meccanismidella parete laterale. Per contro una copertura efficace-mente solidarizzata alle murature perimetrali e ingrado di trasferire le azioni sismiche può far sì che ledue pareti laterali opposte fungano mutuamente l’unada contrasto per i meccanismi fuori piano dell’altra. Le pareti centrali delle chiese a tre navate, anche sedotate di molte aperture, non risentono significativa-mente dell’azione fuori piano a causa del contrastoofferto dalle navate laterali. Gli archi trasversali dell’aula, generalmente a tuttosesto o a sesto acuto, sono collegati alle pareti lateralie fungono da sostegno per la copertura. Fra questi vaconsiderato anche l’arcone trionfale che, pur svilup-pando analoghi meccanismi, ha diverse condizioni alcontorno determinate dal contatto con l’abside e diffe-risce generalmente dai primi per i diversi rapporti fra ledimensioni del foro rispetto al pannello murario tantoche in alcuni casi il funzionamento ad arco della strut-tura può venir meno. Per gli archi trasversali si sono considerati solamente imeccanismi nel piano in quanto per gli spostamentinella direzione perpendicolare i piedritti sono vincola-ti alla parete laterale e la parte sommitale è general-mente collegata alla copertura, condizioni queste ingrado di contrastare i meccanismi fuori piano.Negli schemi di meccanismo sono stati rappresentatiesempi in cui le spalle dell’arco, generalmente snelle,subiscono delle rotazioni alla base ma se i piedritti

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sono tozzi - come nel caso degli archi trionfali - questipossono subire rotture a taglio; resta comunque inva-riato l’effetto di spostamento dell’appoggio dell’arco. La dimensione del piedritto risulta significativa ancheper gli effetti che l’arco genera sulla parete laterale: sei piedritti hanno dimensioni considerevoli svolgonoun’azione di irrigidimento assorbendo una buona partedelle azioni sismiche in direzione trasversale; se inve-ce il piedritto è snello e non incatenato esercita unaspinta con componente orizzontale che grava diretta-mente sulla parete laterale.L’abside è un macroelemento tridimensionale costitui-to, a seconda dei casi o da un parete curva o da uninsieme di pannelli murari a pianta rettangolare o poli-gonale. Generalmente la copertura è realizzata conpuntoni che esercitano delle spinte verso l’esterno del-l’abside lungo il perimetro o in corrispondenza delleangolate delle absidi poligonali che favoriscono i mec-canismi propri dell’abside. Altri fattori vulnerabilisono rappresentati dalla presenza di aperture che inde-boliscono la struttura o di volte che esercitano dellespinte ad un altezza intermedia della parete che nonvengono quindi contrastate dalla presenza di elementistrutturali come i cordoli più efficaci nei confrontidella copertura.In alcuni casi la zona del presbiterio, che divide l’auladal catino absidale, ha un’estensione tale da potersiconsiderare un macroelemento autonomo nel quale siattivano prevalentemente meccanismi di taglio nelledue pareti laterali.

Fonti delle illustrazioni fotografiche

Foto 2, 9, 10, 17, 20, 21, 23, 25, 27, 28:Alberto Moretti -Archivio Coop. Arx - Venzone (UD)Foto 4, 13, 22: Floriana Marino - Archivio Coop. Arx -Venzone (UD)Foto 24: Pietro RegazzoFoto 1, 8: G. Proietti, 1994, ‘Dopo la Polvere, rilevazionedegli interventi di recupero del patrimonio storico-artisticod a n n eggi ato dal terremoto del 1980-1981’, I s t i t u t oPoligrafico dello Stato, Roma.Foto 7, 11, 14 , 26: Commissario Delegato per i BeniCulturali - Ufficio del Vice Commissario per la RegioneUmbria, 1998, ‘Danno sismico e vulnerabilità delle chiesedell’Umbria’, CD-ROM a cura del Gruppo Nazionale per laDifesa dai Terremoti (CNR) - Unità di Ricerca di Genova.Foto 3, 5, 6, 15, 16, 18, 19, 29: F. Doglioni,A. Moretti, V.Petrini 1994 - ‘Le Chiese e il terremoto’- Ed. Lint Trieste.pp. 91-259

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MACROELEMENTO FACCIATA

MECCANISMO 1:Rotazione fuori piano del timpano intorno ad un asseorizzontale.Il meccanismo si presenta prevalentemente nei casi in cui iltimpano è realizzato in discontinuità con il corpo della fac-ciata o di spessore ridotto rispetto a quest'ultimo. La copertura non controventata, può esercitare sul timpanodelle spinte localizzate determinanti per l’attivazione delmeccanismo.

MECCANISMO 2:Rotazione fuori piano a seguito di formazione di cernie-re cilindriche con assi obliqui.L’insorgenza del meccanismo è determinata dalla presenzadi una foratura presente o tamponata nella parte centraledella facciata. Le lesioni tipiche che ne evidenziano l'attiva-zione sono simmetriche rispetto all’asse centrale della fac-ciata e l’andamento è tale da unire i punti sommitali deibordi del macroelemento con la parte bassa della foratura.Nella progressione del cinematismo si possono formare cer-niere oblique secondarie che coinvolgono anche la partecompresa fra il foro centrale e il portale.

MECCANISMO 3:Ribaltamento della facciata con formazione di cernieracilindrica alla base La formazione del meccanismo presuppone lo scollegamen-to della facciata dalla copertura e dal corpo dall’aula chepuò manifestarsi o con la rottura della murature nella fasciadi sovrapposizione con le pareti laterali o con il distaccolungo lo spigolo verticale provocato da un ammorsamentoinefficace e/o della presenza di discontinuità fra le parti.L’andamento delle lesioni caratteristiche,che nel primo casosono inclinate e nel secondo pressoché verticali, può venirecondizionato in modo significativo dalla presenza di foratu-re in corrispondenza delle fasce di sovrapposizione o da pre-sidi per l’ancoraggio della facciata che interessano solo unafascia limitata di parete laterale.

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Foto 1A n gri (SA) – Chiesa di S. Maria delCarmine –1980

Meccanismo di ribaltamento del timpanolungo un asse orizzontale.

La formazione di una cerniera orizzontalenetta ben individuata dal profilo di crollo,lascia supporre che la principale causa diinnesco del meccanismo sia costituita dal-l’esistenza di una discontinuità nello spes-sore e/o nel materiale delle murature dellafacciata rispetto al timpano.La mancanza di collegamento fra timpano ecopertura costituisce un’ulteriore condizio-ne sfavorevole per il ribaltamento dellaparte alta di facciata.

Foto 2 Nocera Umbra (PG) – Chiesa di S. Stefanoa Le Moline –1997

Rotazione fuori piano a seguito di forma -zione di cerniere cilindriche con assi obli -qui.

In seguito al sisma del 26.9.97 la parte crol-lata era quella compresa fra la sommità e unforo rettangolare che era presente nellaparte centrale della facciata.In questa fotografia, scattata dopo novemesi dall’evento principale, si nota come ilprofilo superstite converge verso il portaleevidenziando le linee di cerniera corrispon-denti all’ulteriore avanzamento del mecca-nismo che coinvolge, anche se con minoreentità, la parte muraria compresa fra foro eportale.

A sinistra, foto 3Gemona del Friuli (UD) – Chiesa di S.Maria del Fossale - 1976

A destra, foto 4Serravalle di Chienti (MC) – Abbazia di S.Salvatore ad Acquapagana – 1997

Meccanismo di ribaltamento della facciata.

L’attivazione di questo meccanismo si veri-fica qualora il punto debole del macroele-mento sia quello costituito dai vincoli alcontorno che non riescono a contrastare l’a-zione fuori piano. Si può notare la scarsa consistenza dellamuratura della parete laterale in rapporto aquella della facciata: quest’ultima ha avutoun comportamento rigido rispetto alle azio-ni fuori piano ed il vincolo, costituito dallepareti laterali dell’aula, non ha garantitouna resistenza sufficiente.

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MACROELEMENTO FACCIATA

MECCANISMO 4:Rotazione fuori piano con formazione di cerniera cilin-drica orizzontale nella fascia bassa.L’indebolimento della sezione muraria nella fascia bassadella facciata per la presenza di aperture ravvicinate costitui-sce una sezione preferenziale per la formazione della cernie-ra di rotazione. Un fattore che influenza negativamente l'e-voluzione del meccanismo è rappresentato dall'altezza delpannello murario superiore in rapporto alle sezioni resisten-ti fra i fori. Come nel caso del meccanismo 3 c’è il coinvol-gimento delle fasce di sovrapposizione con le pareti lateraliche vengono lesionate.

MECCANISMO 5a:Rottura a taglio della facciataRottura a taglio nella fascia bassa della facciata che è inde-bolita dalla presenza di diverse aperture. La tipologia chedetermina il meccanismo è la stessa del meccanismo 4 con ladifferenza che in questo caso l’attivazione del meccanismofuori piano è inibita dalla presenza di qualche presidio (cor-doli efficaci,tiranti, elemento di connessione con la copertu-ra ecc..).

MECCANISMO 5b:Rottura a taglio della facciataRottura a taglio innescato da un’apertura nella parte alta chedetermina la formazione di due alte fasce murarie. La partealta costituita dal timpano fino al foro si muove rigidamentenel proprio piano. In questo caso il cinematismo verso l'e-sterno è generalmente impedito dalla presenza di una corni-ce nel timpano con caratteristiche costruttive tali da assol-vere ad una funzione di irrigidimento anche per gli sposta-menti nel piano della facciata.

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Foto 5 e 6 Osoppo (UD) – 1976

Rotazione fuori piano con formazione dic e rn i e ra cilindrica ad asse ori z zo n t a l enella fascia bassa.

Vista frontale e laterale della facciata: laparte di muratura sopra ai fori è trattenutada una sezione ridotta di muratura apparte-nente alla parte laterale nella quale si con-centrano gli sforzi che generano le lesioni.

Foto 7Cerreto di Spoleto (PG) Chiesa di S. Mariadelle Grazie a Triponzo 1997

Meccanismo di rottura a taglio

Il meccanismo coinvolge la fascia bassa dimu rat u ra interrotta da tre ap e rt u re. Ladisposizione delle forature nella parte bassasarebbe tale da innescare l’attivazione delmeccanismo di ribaltamento fuori piano(meccanismo 4 – v. foto 5) ma in questocaso, oltre alla ridotta altezza della facciataentrano in gioco la coppia di tiranti longitu-dinali che contrastano le azioni fuori piano.

Foto 8Atella (PZ) – Chiesa del Cimitero – 1980

Meccanismo di rottura a taglio

Lo sviluppo di questo meccanismo è condi-zionato dalla presenza di un timpano rigidoche impedisce i meccanismi fuori pianoall’interno del macroelemento nonostantela presenza di una apertura tamponata alcentro. Le azioni sismiche nel piano sono scaricatesugli elementi resistenti costituiti dallefasce verticali ai lati che si lesionano.

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MACROELEMENTO FACCIATA

MECCANISMO 5c:Rottura a taglio della facciata Rottura a taglio nelle fasce murarie laterali non collegate fraloro per effetto delle aperture in asse. Il comportamento dellefasce laterali tozze è simile a quello di due setti murari indi-pendenti.

MECCANISMO 6:Formazione di articolazione della parte sommitale dellafacciata La caratteristica tipologica che determina l’insorgenza delmeccanismo è la presenza di un foro nella parte sommitaledel timpano. La parte di muratura che funge da architrave èdi dimensioni ridotte e non consente un efficace collega-mento fra le fasce di muratura laterali alte che hanno sposta-menti indipendenti in fase sismica. L’architrave si sconnetteai lati e subisce una rotazione verso l’esterno anche per effet-to della spinta localizzata della trave di colmo.

MECCANISMO 7:Spostamento esterno di parte terminale della parete dinavata E’ un meccanismo proprio delle chiese a tre navate con lapresenza di un colonnato che separa l’aula dalle navate e siverifica per la rotazione verso l’esterno del piedritto dell’ar-cata in prossimità della facciata. L’insorgenza del meccani-smo può comportare la lesione in chiave all’arco oppure ladeformazione della ghiera. Si verifica sia nella parte termi-nale verso la facciata sia in quella verso la zona absidale inpresenza del transetto. Il fenomeno è determinato dalle spin-te non contrastate degli archi estremi della parete di navata.

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Foto 9, 10, 11S e rravalle di Chienti – A bbazia di S.Salvatore ad Acquapagana (MC) – 1997

Foto 9Meccanismo di rottura a taglio

Il macroelemento della chiesa è interessatoda un meccanismo di taglio in virtù dellapresenza di fasce laterali tozze.Le principali lesioni con andamento obli-quo sono ben visibili nella parte alta e inquella centrale.La facciata ha inoltre subito uno scorrimen-to orizzontale nel proprio piano dell’ordinedi circa un centimetro misurabile alla baseche testimonia l’entità dell’azione sismicasubita dalla fabbrica (v. foto 11)

A sinistra, foto 10Meccanismo di articolazione della partesommitale della facciata.

La parte muraria soprastante l’ampio roso-ne è di esiguo spessore e non è in grado dicollegare efficacemente fra loro la fascemurarie laterali. In fase sismica queste ulti-me si muovono in modo indipendente e la parte muraria sopra il rosone subiscegravi lesioni. Si nota il nucleo in calce-struzzo all’estremità della trave di colmoche può aver svolto un’azione di martella-mento nei confronti della parte sommitale.

A destra, foto 11Dettaglio della base della facciata sul bordosinistro

Foto 12: Sellano (PG) Chiesa di S.Maria Assunta– 1997

Spostamento esterno di parte term i n a l edella parete di navata

Il meccanismo, tipico delle chiese a trenavate, coinvolge la facciata e le paretil at e rali della navata centra l e. In questaimmagine si nota il distacco della facciata,la discretizzazione del blocco murario fraquest’ultima e la prima colonna della nava-ta e la formazione di una cerniera nellaghiera dell’arco.

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MECCANISMO 8:Espulsione dell’angolataE’ un meccanismo localizzato nella fascia di collegamentofra due pareti contigue ed è originato dalla forza esercitatanelle due direzioni ort ogonali dall’azione sismica.L’insorgenza del meccanismo è favorita dalla presenza dibordonali in copertura e di volte a crocera che esercitanouna forza con componente orizzontale nella direzione dia-gonale anche in fase statica.

MECCANISMO 9:Interazione con la torre campanariaE’un meccanismo specifico delle tipologie di facciata che sitrovano a contatto con la torre campanaria. I due corpi acco-stati hanno diversi periodi propri di vibrazione che determi-nano forti sollecitazioni nelle murature al contatto. Le lesio-ni tipiche sono costituite da una zona disgregata di materia-le dovuta al martellamento e/o da una lesione inclinata cherivela la formazione di una biella compressa nel pannellomurario di facciata adiacente al campanile. Il prevalere diuna lesione tipica rispetto all’altra è determinato dallemodalità costruttive del collegamento (addossamento,conti-nuità costruttiva, ecc...).

MECCANISMO 10:Traslazione nel piano della facciataSi forma una linea di rottura con andamento pressoché ver-ticale e in posizione centrale. L’azione principale è generatadallo spostamento fuori piano delle pareti laterali; la discon-tinuità dovuta alla presenza di diverse forature in linea è unfattore che favorisce l’attivazione del meccanismo cosìcome la presenza di terreni soffici che possono provocarecedimenti fondazionali delle pareti laterali.

MACROELEMENTO FACCIATA

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Foto 13Pievebovigliana (MC) – Chiesa di S. Vito Martire – 1997

Meccanismo di espulsione dell’angolata

Il meccanismo interessa il lato opposto a quello del campa-nile.Si notano sui due lati delle pareti ortogonali i fori che inne-scano le lesioni tipiche: queste ultime sono poco evidenti eindicano un basso livello di attivazione del meccanismo.

Sotto: schema assonometrico dell’angolata

Foto 14Sellano (PG) – Chiesa di S. Antonio a Forfi – 1997

Foto 15Castelnovo del Friuli (PN) Chiesa di Madonna del Zucco -1976

Interazione con la torre campaaria

In entrambi i casi riportati, si osserva la formazione di unabiella compressa nel pannello murario di facciata adiacenteal campanile e la formazione di una zona di disgregazionedella muratura nel punto più alto del contatto fra i duemacroelementi. In queste zone gli spostamenti relativi sonodi maggiore entità e l’azione di martellamento risulta piùconsistente.

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MACROELEMENTO PARETE LATERALE

MECCANISMO 1:Rotazione fuori piano della parete laterale con formazio-ne di cerniera cilindrica orizzontale alla baseIl meccanismo si sviluppa in modo analogo a quello delribaltamento di facciata: la parete si comporta come unamensola incastrata alla base con la formazione lesioni in cor-rispondenza delle fasce di sovrapposizione laterali con anda-mento inclinato e/o verticale nel caso di discontinuità fra leparti. La sua attivazione è fortemente influenzata dalla even-tuale presenza nell’aula di una volta che esercita una spintaorizzontale sull’intera lunghezza della parete.

MECCANISMO 2:Spostamento fuori piano di parete laterale vincolata effi-cacemente su due latiIl meccanismo insorge in seguito alla perdita di vincolo d’e-stremità – generalmente quello verso la facciata – successi-vo al crollo dell’angolata o per il distacco della facciata. Ilcinematismo prevede la formazione di una cerniera cilindri-ca obliqua con spostamenti massimi sul bordo libero.

MECCANISMO 3:Spostamento fuori piano di parete laterale libera in som-mità e vincolata su tre latiLa parete laterale ha un comportamento simile a una piastravincolata su tre lati. Il meccanismo prevede la formazionealle estremità laterali di cerniere cilindriche oblique conver-genti ai bordi e la formazione di una cerniera cilindrica oriz-zontale nella parte centrale. L’insorgenza del meccanismo èfortemente condizionata dalla presenza di forature che com-portano una maggiore deformabilità della parete.

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Foto 16Venzone (UD) – Chiesa di S. Chiara – 1976

Rotazione fuori piano con formazione dicerniera cilindrica orizzontale alla base

La parete laterale non è ammorsata alla fac-ciata e alla parete dell’arcone trionfale: ilcomportamento è prossimo a quello di unamensola incastrata alla base

Foto 17Bovec (SLO) – 1998

Il meccanismo si ripete in questo caso conil lesionamento della fascia di sovrapposi-zione: l’attivazione del meccanismo è favo-rita da una parziale mancanza di ammorsa-mento nella parte alta della parete ortogo-nale.

Foto 19Forgaria nel Friuli (UD) – Chiesa di S.Giuliana – 1976

Spostamento fuori piano di parete libera insommità e vincolata su tre lati

Si tratta della parete laterale di una chiesa atre navate. Oltre alle lesioni principali – dia-gonale e orizzontale a metà del pannello –sono visibili anche delle lesioni secondarieverticali nella cornice che denunciano lacurvatura verso l’esterno del bordo libero.

Foto 18 - Venzone (UD) – Chiesa di S. Lucia – 1976Spostamento fuori piano di parete con vincolo efficace su due lati L’andamento del profilo di crollo e il margine della muratura superstite indicano laformazione di una cerniera cilindrica obliqua con rotazione verso l’esterno.

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MACROELEMENTO PARETE LATERALE

MECCANISMO 4:Rottura a taglio e deformazioni nel piano della paretelateraleIl meccanismo è di rottura a taglio per azioni nel piano dellaparete con la comparsa di lesioni ad andamento obliquo oincrociato. Si può manifestare anche con scorrimenti lungosuperfici di discontinuità, interfacce di accrescimento dellafabbrica o superfici a minore resistenza allo scorrimento oriz-zontale dovuta a scarsa qualità del legante della muratura.

MECCANISMO 5:Scorrimenti fra copertura e pareti lateraliIl meccanismo consiste nello scorrimento localizzato in cor -rispondenza dell’interfaccia fra la copertura e le muraturedella parete laterale. Si verifica se la copertura è stata sem-plicemente appoggiata alla sommità del muro oppure se incopertura è stato realizzato un intervento di cordolatura scar-samente ammorsato alle murature sottostanti. Se l’interventoha comportato un aumento di carico (come nella realizzazio-ne di cappe in calcestruzzo) o se la qualità della muraturanella parte sommitale non è in grado di trasferire gli sforzitrasmessi dalla copertura, il meccanismo si manifesta con ladisgregazione della parte muraria al di sotto della copertura.

MECCANISMO 6:Rottura a taglio dei setti trasversali della parete lateraleNelle pareti laterali con cappelle interne o esterne al perime-tro dell'aula, l’azione sismica perpendicolare al piano èassorbita prevalentemente dalle mu rat u re delle cap p e l l edisposte secondo questa direzione:ciò si verifica per la gran-de differenza che c'è fra la rigidezza dei setti murari nel pianoe fuori piano. Se l’azione è significativa si verifica la rotturadi questi setti che possono essere costituiti dalle pareti di unacappella isolata, dalle pareti trasversali di una navata lateralecon cappelle continue o dai contrafforti

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Foto 20Serravalle di Chienti (MC) – Chiesa diMadonna del Piano – 1997

Deformazioni nel piano

Nella porzione di parete lat e rale destradella chiesa - compresa fra la facciata e l’ar-co trasversale – si è attivato un meccanismodi rottura a taglio mentre la restante parte èi n t e re s s ata pesantemente anche da altrifenomeni indotti dal crollo di una partedella copertura.

Foto 21Serravalle di Chienti (MC) – Chiesa diMadonna del Piano – 1997

Scorrimento fra copertura e pareti

La copertura della chiesa è irrigidita da unacappa in calcestruzzo e da una cordolaturadi coronamento di spessore esiguo lungo lemurature. In fase sismica fra copertura ep a reti si ve ri ficano degli scorrimenti acausa della mancanza di connessioni ade-guate; gli spostamenti relativi sono peròcontenuti grazie all’azione svolta dai capo-chiave esterni delle capriate.

Foto 22Rivello (PZ) – Chiesa di S. Maria delPoggio – 1998

Rottura a taglio dei setti trasversali dellaparete laterale

I setti trasversali alla navata laterale assor-bono una parte considerevole delle azionisismiche ed in particolare di quelle tra-smesse dalle volte. Con il sisma del 1998 ilmeccanismo, già attivato in misura signifi-cativa nel 1980, ha subito una ulteriore pro-gressione.

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MACROELEMENTO PARETE LATERALE

MECCANISMO 7:Spinta localizzata di arco trasversaleGli archi trasversali all’aula esercitano – se non opportuna-mente incatenati – delle spinte con componente orizzontaleanche in condizioni statiche. In fase sismica, la componenteorizzontale viene amplificata e, se il piedritto non ha dimen-sioni adeguate, la spinta generata può gravare in modo loca-lizzato sulla porzione di parete laterale adiacente all’arco.La presenza di un sistema di archi trasversali, fa sì che laspinta non abbia un carattere localizzato ma sia una condi-zione in grado di innescare uno dei meccanismi di sposta-mento fuori piano dell’intera parete pre c e d e n t e m e n t edescritti.

MECCANISMO 8:Espulsione dell’angolataE’lo stesso meccanismo descritto per la facciata che si puòverificare anche all’intersezione con l’arcone trionfale: èlocalizzato nella fascia di collegamento fra due pareti con-tigue ed è originato dalla forza esercitata nelle due direzio-ni ortogonali dall’azione sismica. L’insorgenza del mecca-nismo è favorita dalla presenza di bordonali in copertura edi volte a crocera che esercitano una forza con componenteorizzontale nella direzione diagonale anche in fase statica.

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Foto 23Valtopina (PG) – Chiesa di S. Maria della Presentazione a Poggio – 1997

Spinta localizzata di arco trasversale

E' evidente l’effetto della spinta dell’arco non incatenato: il piedritto, assieme alla parete murariafra le due finestre viene inflesso verso l’esterno nella sezione di minore resistenza. Le caratteristi-che geometriche e di distribuzione dei fori sono tali da generare un meccanismo composto per lapresenza anche del meccanismo 3 (spostamento di parete vincolata su tre lati) per il quale la spin-ta dell'arco rappresenta una causa scatenante.

Foto 24Pievetorina (MC) – Abbazia di S. Michele Arcangelo – 1997

Espulsione dell’angolata

Nell’immagine scattata verso l’abside che è crollata, si osserva la completa attivazione del mecca-nismo. La spalla, nonostante la snellezza, non crolla completamente g razie alla qualità dell’ango-lata in pietra che sostiene la capriata.

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MECCANISMO 1:Rotazione monolatera nel piano di una spallaLa rototraslazione verso l’esterno di uno dei due piedritticomporta la modifica della geometria dell’arco con la for-mazione di cerniere in cui si concentrano le rotazioni. Lemodalità con cui si manifestano le rotazioni dipendono siadall’altezza della parte muraria alta sia dal materiale costi-tuente la ghiera che influisce sulla capacità dell’arco di subi-re delle deformazioni continue – come nel caso degli archi inmattoni – o di avere un’articolazione in blocchi rigidi. Lecerniere tendono a formarsi nei punti di minore sezione resi-stente dell’arco - quali ad esempio gli intagli nella muraturaper il posizionamento dell'orditura della copertura - con laconseguente diversità di comportamento fra le varie tipologied’arco

MECCANISMO 2:Rotazione bilaterale simmetrica nel piano delle spalleIl meccanismo è simmetrico e prevede che entrambi i piedri t-ti subiscano una rotazione ve rso l’esterno. Questo è un mec-canismo di collasso tipico per l’arco anche in condizioni sta-t i che per cui è possibile una sua at t ivazione anche per effe t t odei soli cari chi ve rticali; in fase sismica il macro e l e m e n t otende a progre d i re secondo un cinematismo pre d e fi n i t o .

MECCANISMO 3:Rotazione concorde nel piano delle spalle Si può verificare in situazioni nelle quali i piedritti sono snel-li e le pareti laterali offrono scarsa resistenza. Il cinematismoche si genera prevede la deformazione della ghiera ma nonl'allontanamento significativo delle imposte dell’arco per cui,l’eventuale presenza di una catena non risulta particolarmen-te efficace nel contrastare l'attivazione del meccanismo.

MACROELEMENTO ARCO TRASVERSALE

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Foto 25Valtopina (PG) – Chiesa di S. Maria dellaPresentazione a Poggio – 1997

Rotazione monolatera di una spalla

Lo spessore esiguo dell’arco rende evidentii punti di cerniera. Sul lato destro si è veri-ficata la rotazione della spalla (v.anche foto23) mentre il lato sinistro non ha subitorotazioni in quanto parte di un complessoedilizio adiacente.

Foto 26Foligno (PG) – Chiesa di S. Salvatore –1997

Rotazione bilaterale delle spalle

Il mat e riale costituente l’arco consentedelle deformazioni continue nella curvaturama in alcuni punti le rotazioni sono partico-larmente evidenti e sono ben visibili le partiin trazione e compressione

Foto 27Visso (MC) – Chiesa di S. Mich e l eArcangelo di Rasenna (al Cimitero) – 1997

La volta a botte continua lungo tutta l’aulaha comportamenti simili a quelli di un arco:in questo caso la parete laterale di destra,lunga e non ammorsata alle pareti dellazona absidale e sulla quale ha gravato laspinta considerevole della volta, è ruotataverso l’esterno provocando il crollo com-pleto della copertura.

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MACROELEMENTO ABSIDE

MECCANISMO 1:Traslazione o rototraslazione della parte superiore del-l’abside con distacco lungo un piano inclinatoIl meccanismo si sviluppa con il distacco della parte alta del-l’abside – generalmente circolare – e la formazione di lesio-ni inclinate a chiudere verso il basso. Le coperture, nella granparte dei casi, esercitano delle spinte non compensate suibordi dell’abside che favoriscono l’attivazione del meccani-smo.

MECCANISMO 2:Rotazione o rototraslazione fuori piano delle angolate odi fasce verticaliIl meccanismo si osserva prevalentemente nelle absidi circo-lari o poligonali e l'attivazione è favorita dalle spinte genera-te dalle travi della copertura,dalla presenza di eventuali volteinterne e alla riduzione della sezione dei pannelli muraricostituenti l'abside dovuta alla presenza di fori.

MECCANISMO 3:Meccanismo di rottura per taglio nel piano.Il meccanismo è prevalente nelle absidi rettangolari e puòinteressare anche il presbiterio; in alcuni casi,particolarmen-te di absidi poligonali, si possono osservare delle lesioniinclinate che suggeriscono la comparsa di azioni torsionalinel macroelemento.

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MECCANISMO 4:Espulsione dell’angolataIl meccanismo si manifesta con le stesse modalità descritteper la facciata e la parete laterale anche se per le absidi latipologia di copertura con le travi diagonali spingenti è piùfrequente rispetto agli altri macroelementi.

Foto 29Moggio Udinese (UD) - Chiesa di S. Spirito - 1976

Rototraslazione fuori piano delle angolate

I puntoni della copertura hanno esercitato una spinta localiz-zata alla sommità delle angolate fra i pannelli dell'absidepoligonale. I blocchi murari che si formano in seguito allelesioni, innescate dalle aperture disposte al centro dei pan-nelli, non hanno elementi di contrasto e tendono a ruotareulteriormente verso l'esterno.

Foto 28Montecavallo (MC) - Chiesa di S. Maria Assunta - 1997

Rototraslazione della parte superiore con distacco lungo unpiano inclinato.

Nella parte alta dell'abside si nota un tratto di lesione verti-cale al collegamento con il presbiterio, segno di una scaden-te connessione fra le parti; nella parte sottostante la lesioneassume l'andamento tipico lungo un piano inclinato checaratterizza questo meccanismo

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5.3. VULNERABILITÀ TIPICA E MECCA-NISMI DI DANNO DEGLI EDIFICI INAGGREGATOGianluca Canofeni

Il comportamento sismico degli edifici in aggregat oCome noto, dal punto di vista sismico, la problematicapiù grave che affligge le costruzioni in muratura stori-che è ravvisabile nella carenza di connessioni efficacifra le parti costituenti la costruzione. Raramente siri s c o n t ra un comportamento d’insieme cosidd e t t o“scatolare” che permette una efficace distribuzionedegli sforzi fra gli elementi strutturali più resistenti. Inodi critici riguardano essenzialmente i collegamentifra pareti (ortogonali o complanari), fra copertura eparete muraria e fra solaio e parete muraria. In letteratura si distinguono comunemente due modifondamentali di collasso di una parete in muratura sot-toposta ad azione sismica.Il primo modo prevede il ribaltamento del muro fuoridel proprio piano ed è dovuto alla componente dell’a-zione sismica ortogonale alla parete. Il collasso nondipende dalla resistenza della muratura ma, unicamen-te, da questioni di equilibrio fortemente influenzatedalle condizioni di ammorsatura e dalla presenza dielementi spingenti (coperture, volte). In mancanza ditrattenimenti efficaci (catene, cordoli) il muro opponeuna scarsa resistenza al ribaltamento che può avvenireanche in presenza di forze relativamente modeste.Il secondo modo di collasso consiste nella rottura dellamuratura nel proprio piano (rottura “a taglio”) dovutaalle azioni parallele al piano della parete. Questo mec-c a n i s m o , dipendente direttamente dalla re s i s t e n z ameccanica del muro, seppur frequente è raramenteresponsabile del collasso completo dell’edificio. La“duttilità” delle murature, infatti, consente alle porzio-ni murarie danneggiate a taglio di assolvere comunquealla loro funzione portante anche in presenza di esteselesioni prodotte da forze sismiche significative.Da quanto detto emerge che le modalità di danneggia-mento più pericolose, che portano frequentemente alcollasso globale dell’edificio, sono dovute a meccani-smi di ribaltamento delle pareti fuori piano (primomodo) in assenza di vincoli che contrastino le azioniorizzontali generate dal sisma.L’osservazione ripetuta dei danni subiti da edifici inmuratura in occasione di terremoti del passato confer-ma con immediata evidenza quanto detto; si notanofrequentemente distacchi di pareti, vistose rotazioniverso l’esterno e muri strapiombanti o crollati per per-dita di stabilità.

Il problema delle connessioni fra le murature è ancorapiù evidente nel caso degli aggregati urbani che si for-mano per accrescimenti successivi di edifici. In talcaso, infatti, le modalità stesse di costruzione portanoad avere pareti non collegate semplicemente perchècostruite in epoche successive senza ammorsamenti.Si è dunque in presenza di un comportamento mecca-nico condizionato da fattori tipologico-costruttivi.A seconda delle modalità di accrescimento nel tempo

dell’aggregato, che tende ad una progressiva saturazio-ne degli spazi liberi, si possono avere cellule origina -rie, di accrescimento e di intasamento. La cellula ori-ginaria è l’unica che presenta tutte le murature perime-trali costruite contemporaneamente e, quindi, general-mente ben collegate. Le costruzioni successive siaddossano a quelle esistenti sfruttando il muro incomune già realizzato; la nuova parete è costruita inaderenza, semplicemente accostata, ed in tal modo sicreano linee preferenziali di rottura lungo le quali nonsi ha alcun trattenimento nei confronti delle azioniorizzontali. Le cellule di accrescimento, in posizione angolare ointerclusa,presentano generalmente pareti esterne libe-re ad una estremità e collegate all’altra.La situazione limite, in termini di mancanza di ammor-samento, si ha nel caso di una cellula di intasamentorealizzata andando a colmare lo spazio fra due edificiesistenti e la cui parete esterna si configura, in questecondizioni, come un muro isolato non vincolato alleestremità.Inoltre è necessario tenere presente l’elevata snellezzache presentano queste pareti, dovuta alla loro altezza inrapporto allo spessore, e la circostanza che spesso sonogravate alla sommità da coperture spingenti.Tutti questi fattori, uniti alla mancanza di trattenimen-ti efficaci (i solai raramente sono in grado di svolgereuna azione di collegamento significativa), pongono ilmuro in una condizione di stabilità estremamente pre-caria nei confronti dell’azione sismica.

Le modalità con cui si manifestano i meccanismi dicollasso sono funzione oltre che delle connessionianche della posizione delle aperture sulle pareti ester-ne. Gli allineamenti, orizzontali e verticali, delle buca-ture costituiscono spesso linee preferenziali per la for-mazione di cern i e re cilindri che at t o rno alle qualiavviene la rotazione delle porzioni murarie in cui sidiscretizza la parete al verificarsi del sisma.Allo stesso modo alcuni elementi funzionali, quali adesempio le canne fumarie o i cavedi per gli impianti,costituiscono punti critici ove frequentemente si loca-lizzano le lesioni da distacco fra porzioni murarie.Infine, una caratteristica propria degli edifici in aggre-gato urbano è la continua trasformazione che le strut-ture subiscono al mutare delle esigenze abitative deglioccupanti. Questa circostanza,poco risentita dagli edi-fici monumentali in quanto soggetti a vincolo conser-vativo, ha significativa influenza sul comportamentomeccanico. Si pensi ad esempio alle variazioni nellatrasmissione degli sforzi indotte dall’apertura o chiu-sura di vani nelle pareti perimetrali ed esterne, oppureagli incrementi di carico dovuti alle superfetazioni odancora agli effetti del martellamento indotti da corpiaddossati.

Abaco dei meccanismi di collasso e schede di det-taglioL’abaco dei meccanismi di collasso è strutturato secon-do una suddivisione principale in macroelementi: pare-

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te esterna, parete di testata, parete di spina, angolatalibera, corpi secondari addossati. All’interno dellasuddivisione in macroelementi sono stati poi distinti imeccanismi di collasso osservati e documentati in casidi danneggiamento reale.Va immediatamente precisato che la casistica è tutt’al-tro che esaurita; si sono rappresentati quei meccani-smi meglio documentati e di più chiara interpretazionecon il proposito di proseguire nell’indagine per indivi-duare altri meccanismi anche introducendo, se neces-sario, nuovi macroelementi.Ogni meccanismo è successivamente analizzato attra-verso la descrizione, la rappresentazione dello stato didanno e dello schema di meccanismo e la documenta-zione fotografica. Nella descrizione vengono evidenziate genericamentele caratteristiche del meccanismo e gli elementi che lofavoriscono (vulnerabilità tipiche). Le osservazioni acommento delle fotografie, invece, descrivono fattiparticolari (vulnerabilità specifiche) che è possibilenotare nell’immagine e che, quindi, si riferiscono aquel particolare caso. Una osservazione che merita di essere seg n a l at ariguarda le variazioni nelle modalità di innesco e pro-gressione di uno stesso meccanismo al variare di fatto-ri specifici; si menzionano, ad esempio, i casi da 1.1 a1.5 che pur riferendosi al medesimo meccanismo, ilribaltamento della parete esterna, descrivono modalitàdiverse determinate da particolari condizioni presentinell’edificio (ammorsature, cordoli, aperture, ecc.).

Le immagini fotografiche utilizzate per la documenta-zione dei meccanismi descritti nelle schede di dettagliosi riferiscono ai terremoti del Friuli (1976) e Umbria-Marche (1997). La scelta si è basata sul desiderio diverificare come pur in presenza di eventi sostanzial-mente diversi, sia per zona sismo-genetica che perseverità dell’azione sismica, è possibile riconoscereuna tipicità nel danneggiamento degli edifici. Anche lediverse caratteristiche costruttive,variabili da regione aregione, non modificano sostanzialmente i meccanisminel loro innesco ma, semmai, li connotano con alcunesingolarità di comportamento.

ConclusioniIl possibile riconoscimento di una tipicità nelle formedi danneggiamento per gli edifici in aggregato costitui-sce un risultato, peraltro già riscontrato nella tipologiachiese (cfr. F. D og l i o n i , A . M o retti e V. Pe t ri n i , L eChiese e il terremoto, 1994), particolarmente interes-sante in vista della codifica degli interventi di miglio-ramento sismico.L’anello di congiunzione fra l’analisi del danneggia-mento e la corretta scelta degli interventi è costituitodal progetto di danno, ossia dalla capacità di prevede-re, a partire dalle caratteristiche costruttive, tipologichee di conservazione – o più in breve dalle vulnerabilitàtipiche e specifiche - quali meccanismi di collasso siattiverebbero in caso di sisma. Gli interventi necessa-ri saranno quelli atti a contrastare l’innesco di queimeccanismi.In quest’ottica è possibile ravvisare l’utilità dell’abacoche, costruito sulle esperienze dei passati terremoti,fornisce, per analogia con le situazioni in cui è neces-sario intervenire, informazioni qualitative sul possibiledanneggiamento.

Fonti delle illustrazioni fotograficheLe foto a corredo sono di Gianluca Canofeni – ArchivioCoop. Arx - Venzone (UD) ad eccezione di:Foto 1,5: L. Briseghella, L. Cappellari, B. Dall’Aglio et al.(1976) – ‘Earthquake in Friuli (Italy) – 1976. Damage tohistorical monuments and other buildings of artistic interest’,Bollettino di Geofisica, vol.XIX, n.72, parte 2, dicembre(numero speciale:Atti del Convegno Internazionale sul terre-moto del Friuli), pp. 1203-1452.Foto 3,8,16 (Venzone 1976):Archivio fotografico delCentro Storico di Venzone.

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1. MACROELEMENTO: PARETE ESTERNA

1.1. Meccanismo: Ribaltamento fuori piano verso l’esterno - rotazione per tutta l’estensione

Il meccanismo è fortemente condizionato dalle condizioni di ammorsamento alle estremità. Se, ad esempio, per ragioni costrut-tive la parete è stata realizzata successivamente rispetto agli edifici contermini, senza alcun ammorsamento, si avrà un ribalta-mento globale che interessa tutta l’estensione della parete. Il meccanismo è favorito da una copertura spingente.

1.2. Meccanismo: Ribaltamento fuori piano verso l’esterno - rotazione parziale (zona centrale)

Il meccanismo è una variante di quello di ribaltamento globale (cfr. 1.1) in presenza di un buon ammorsamento alle pareti orto-gonali e di aperture vicine alle estremità. Può interessare uno o più piani in relazione alla qualità del collegamento della parete aisolai intermedi. Il meccanismo è favorito da una copertura spingente.

STATO DI DANNO SCHEMA DI MECCANISMO

STATO DI DANNO SCHEMA DI MECCANISMO

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Foto 1: Gemona (UD) – 1976Meccanismo: Ribaltamento fuori piano verso l’esterno –rotazione per tutta l’estensione

Le linee di distacco quasi perfettamente verticali indicano ungrado di ammorsamento scadente fra la parte crollata e lezone limitrofe. E’anche visibile un muro trasversale di spinache presenta, anch’esso, un distacco netto dalla parete ester-na crollata. La rotazione verso l’esterno è avvenuta intornoad una cerniera cilindrica localizzata in corrispondenza dellasommità delle aperture del piano terra.

Foto 3: Venzone (UD) – 1976Meccanismo: Ribaltamento fuori piano verso l’esterno –rotazione parziale (zona centrale)

La porzione muraria crollata è localizzata nella zona centra-le tra due file di aperture che, in presenza di un buon ammor-samento alle pareti ortogonali, hanno costituito linee prefe-renziali di rottura. Si noti la dimensione esigua dei pannellimurari in corrispondenza dei parapetti che ha sicuramentefavorito l’innesco del meccanismo. E’, inoltre, ben visibileun puntone, che in seguito al crollo ha perso l’appoggio, lacui spinta ha sicuramente contribuito al danneggiamento.

Foto 2: Fraz. di Serravalle (MC) – 1997M e c c a n i s m o : Ribaltamento fuori pianoverso l’esterno – rotazione per tutta l’esten -sione

L’immagine si riferisce ad un edificio diaccrescimento che è sorto in aderenza aduno preesistente. Sulla destra,infatti, si notauna linea di distacco netta lungo la quale siriconoscono i conci angolari della cellulaoriginaria rimasta integra. La muratura piùrecente, ora crollata, era stata realizzata insemplice aderenza. Le modalità di danneg-giamento della parete di spina sulla sinistradell’immagine indicano un buon grado diammorsamento con la parete esterna crolla-ta e, quindi,una probabile realizzazione uni-taria delle due porzioni murarie.

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1.3. Meccanismo: Ribaltamento fuori piano verso l’esterno - rotazione parziale (zona alta)

Il meccanismo è una variante di quello di ribaltamento globale (cfr. 1.1) in presenza di un buon ammorsamento alle pareti orto-gonali e di aperture lontane dalle estremità. L’estensione della porzione muraria soggetta a rotazione è condizionata dalla posi-zione delle aperture.Il meccanismo è favorito dalla presenza di una copertura spingente.

1.4. Meccanismo: Ribaltamento fuori piano verso l’esterno con interessamento dell’angolata

Il meccanismo è una variante di quello di ribaltamento globale (cfr. 1.1) nel caso di edifici di estremità. La presenza di un buonammorsamento tra la parete esterna e la parete di estremità ortogonale fa sì che nella rotazione sia coinvolta l’angolata. Il mecca-nismo è favorito dall’assenza di collegamento efficace della parete esterna sia ai solai intermedi che alle pareti ortogonali internee dalla presenza di una copertura spingente.

STATO DI DANNO SCHEMA DI MECCANISMO

STATO DI DANNO SCHEMA DI MECCANISMO

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Foto 4: Casale (PG) – 1997Meccanismo: Ribaltamento fuori piano verso l’esterno - rotazione parziale (zona alta)

La presenza del cordolo in calcestruzzo alla sommità della parete ha evitato il crollo della copertura manon quello della porzione muraria sottostante in quanto non sufficientemente ancorato ad essa.Si noti la simmetria nell’andamento delle lesioni ai lati delle aperture.

Foto 5: Gemona (UD) – 1976Meccanismo: Ribaltamento fuori piano verso l’esterno con interessamento dell’angolata

Si notano tutte le circostanze che favoriscono il meccanismo: non vi è alcun ammorsamento fra la pare-te esterna e quelle ortogonali, come testimoniano le linee di distacco nette, nessun collegamento con isolai, che non sono stati interessati dal crollo, mentre sono chiaramente visibili i puntoni della coper-tura evidentemente spingenti.

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1.5. Meccanismo: Ribaltamento fuori piano verso l’esterno in presenza di vincolo alla sommità

Il meccanismo è una variante di quello di ribaltamento globale (cfr. 1.1) in presenza di un trattenimento alla sommità (vincolo)quale, ad esempio, un cordolo di notevoli dimensioni. Il meccanismo è favorito dall’assenza di collegamento efficace della pare-te ai solai intermedi e dalla qualità scadente della muratura che la rende instabile (muratura a sacco con paramenti non collegati).

1.6. Meccanismo: Ribaltamento fuori piano dovuto alle spinte localizzate della copertura (martellamento)

Il meccanismo è dovuto all’azione di spinta fuori piano degli elementi della grossa orditura del tetto (puntoni). Il martellamentociclico determina il lesionamento o, al limite, il crollo della parte alta della parete che ruota verso l’esterno. In presenza di una filadi aperture vicine alla sommità della parete la cerniera, intorno alla quale avviene la rotazione, si posiziona in corrispondenza delfilo superiore delle aperture stesse. Il meccanismo è favorito da una copertura spingente.

STATO DI DANNO SCHEMA DI MECCANISMO

STATO DI DANNO SCHEMA DI MECCANISMO

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Foto 6: Sellano (PG) – 1997Meccanismo: Ribaltamento fuori piano verso l’esternoin presenza di vincolo alla sommità

Le modalità di crollo evidenziano la totale mancanza dicollegamento fra il solaio intermedio e la parete esterna.Gli architravi in calcestruzzo visibili lungo la linea di rot-tura superiore indicano che il distacco è avvenuto in cor -rispondenza dell’allineamento delle aperture.

Foto 7: S.Martino (MC) – 1997Meccanismo: Ribaltamento fuori pianod ovuto alle spinte localizzate dellacopertura (martellamento)

Ad una osservazione attenta della som-mità della parete si notano le teste dialmeno due puntoni responsabili dell’a-zione che ha provocato il crollo dellaporzione muraria.I puntoni appaiono appoggiati sul para-mento interno della parete che non èstato investito dal crollo; se ciò fosseav ve nu t o , questo av rebbe coinvo l t oanche la copertura.

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1.7. Meccanismo: Deformazione angolare nel piano (lesionamento a taglio)

Il meccanismo è dovuto all’azione nel piano della parete che produce la rottura a taglio. Si manifesta con le caratteristiche lesio-ni ad andamento obliquo od incrociato. Le lesioni possono interessare i pannelli murari fra le aperture di uno stesso piano o leporzioni murarie fra le aperture di piani differenti. In presenza di una muratura di buona qualità le lesioni appaiono più nette edindividuabili.

1.8. Meccanismo: Lesioni nel piano per discontinuità altimetrica (martellamento)

Il meccanismo si manifesta in presenza di una discontinuità altimetrica fra pareti sullo stesso piano ma di differente altezza. Nelpunto di contatto fra la sommità della parete più bassa e la parete contigua si ha un fenomeno di martellamento che produce lesio-ni con andamento inclinato (taglio). In presenza di aperture vicine al punto di contatto, la lesione “attraversa” diagonalmente ilforo.

STATO DI DANNO SCHEMA DI MECCANISMO

STATO DI DANNO SCHEMA DI MECCANISMO

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Foto 10: Pievetorina (MC) – 1997 Foto 11: Casale (PG – 1997

Meccanismo: Lesioni nel piano per discontinuità altimetrica (martellamento)

Le immagini riportano fenomeni di martellamento di diversa entità. I fenomeni di martellamento sono tanto più pericolosi quan-to più sono differenti le rigidezze degli edifici contigui.

Foto 8: Venzone (UD) – 1976 Foto 9: Costa (MC) - 1997

Meccanismo: Deformazione angolare nel piano (lesionamento a taglio)

In entrambe le immagini sono visibili lesioni oblique molto evidenti che nella foto 9 presentano tutte un andamento secondo lamedesima inclinazione denunciando un probabile effetto di martellamento dell’edificio contiguo.

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2. MACROELEMENTO: PARETE DI TESTATA

2.1. Meccanismo: Rotazione globale fuori piano verso l’esterno

Le modalità di formazione del meccanismo sono legate alle condizioni di ammorsamento fra la parete di testata e quelle ortogo-nali. In presenza di un collegamento scadente la lesione principale di distacco, che compare sulla parete laterale, ha andamentopressochè verticale ed è molto prossima all’angolo. Se, invece, si ha un buon collegamento la lesione è inclinata e coinvolge unacospicua parte della parete laterale. La vicinanza di aperture all’angolata fa sì che l’andamento della lesione di distacco le coin-volga in quanto punti di debolezza intrinseca.

2.2. Meccanismo: Rotazione parziale fuori piano verso l’esterno

Il meccanismo è analogo a quello di rotazione globale (cfr. 2.1) e ne costituisce una variante nel caso in cui vi sia un corpo addos-sato di altezza inferiore. In tal caso la cerniera cilindrica, attorno alla quale si verifica la rotazione, si posiziona nella parte altadella parete di testata ad una quota immediatamente superiore all’altezza massima del corpo addossato.

STATO DI DANNO SCHEMA DI MECCANISMO

STATO DI DANNO SCHEMA DI MECCANISMO

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Foto 12: Costa (MC) – 1997Meccanismo: Rotazione globale fuori piano verso l’esterno

L’andamento inclinato dell’ampia lesione dovuta al mecca-nismo principale di rotazione denota un buon grado diammorsamento in corrispondenza dell’angolo. La lesioneinveste la finestra del piano superiore e si ha un fenomenolocale di rottura dell’architrave con conseguente uscita dalpiano.Un meccanismo secondario di rotazione è denunciato dallalesione verticale prossima allo spigolo.

Foto 13: Dignano (MC) – 1997Meccanismo: Rotazione parziale fuori piano verso l’esterno

N e l l ’ i m m agine si nota come la linea di cern i e ra sia posizio-n ata esattamente alla quota del colmo dell’edificio add o s s at o .La lesione, che denuncia l’innesco del meccanismo, ha unandamento pre s s o ché ve rticale che indica un grado diammorsamento piuttosto scadente fra parete laterale e pare-te di testata.

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2.3. Meccanismo: Sfondamento del timpano

Il meccanismo è provocato dall’azione ciclica di martellamento della trave di colmo che provoca lo sfondamento del timpano conconseguente rottura e rotazione della porzione muraria più elevata. Una condizione che favorisce l’innescarsi del meccanismo èla presenza di una trave di notevoli dimensioni che, in fase sismica, trasmette una elevata spinta alla parete.

3. MACROELEMENTO: PARETE DI SPINA

3.1. Meccanismo: Lesioni nel piano della parete

I meccanismi più frequenti che investono le pareti di spina sono dovuti principalmente a rotazioni delle pareti esterne. Lo schemadi meccanismo 1 descrive il caso di rotazione completa della parete esterna mentre lo schema di meccanismo 2 si riferisce al casodi uscita dal piano di una porzione intermedia della parete esterna. In entrambi i casi si ha una deformazione rombica delle aper-ture presenti sul muro di spina.

STATO DI DANNO SCHEMA DI MECCANISMO

SCHEMA DI MECCANISMO 1 SCHEMA DI MECCANISMO 2

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Foto 14: Corgneto (MC) – 1997Meccanismo: Sfondamento del timpano

Nella fotografia si nota chiaramente la testa della trave di colmo responsabile dell’innesco del meccanismo che ha portato al crol-lo della porzione muraria alla sommità della parete.

Foto 15: Costa (MC) – 1997 Foto 16: Venzone (UD) – 1976Meccanismo: Lesioni nel piano della parete

La foto 16 mostra lesioni di notevole entità che percorrono la parete per tutta l’altezza; ciò è dovuto essenzialmente alla mancan-za di solai rigidi con cordoli che, se presenti, possono confinare il danno ai singoli piani.Nel caso della foto 15 è visibile un indebolimento locale costituito dalla canna fumaria.

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4. MACROELEMENTO: ANGOLATA LIBERA

4.1. Meccanismo: Rotazione verso l’esterno

Il meccanismo è provocato dall’azione combinata delle forze agenti sui pannelli murari ortogonali formanti l’angolata. Il bloccoruota verso l’esterno con formazione di una cerniera nella parte bassa. Va notato che il macroelemento “angolata libera” può esse-re considerata come zona di sovrapposizione dei macroelementi “parete laterale” e “parete di testata”.Il meccanismo è favorito dalla presenza di un puntone spingente che poggia sull’angolata.

4.2. Meccanismo: Espulsione con formazione di “effetto arco”

Il meccanismo è un’evoluzione della rotazione verso l’esterno (cfr. 4.1) in presenza di un trattenimento (vincolo) alla sommitàdell’angolata. Il vincolo può essere costituito da un cordolo o da una catena.

STATO DI DANNO SCHEMA DI MECCANISMO

STATO DI DANNO SCHEMA DI MECCANISMO

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Foto 17: Corgneto (MC) – 1997Meccanismo: Rotazione verso l’esterno

La presenza di una muratura di buona qualità in corrispon-denza dell’angolata fa sì che la porzione muraria coinvoltanella rotazione sia di rilevanti dimensioni. La copertura conschema a padiglione presenta, in cor rispondenza dello spi-golo, un puntone spingente.

Foto 18: Verchiano (PG) – 1997 Foto 19: Sellano (PG) – 1997Meccanismo: Espulsione con formazione di “effetto arco”

Le immagini mostrano diffe renti livelli di danneggiamento. In entrambi i casi è ben visibile la presenza di un cordolo di sommitàin calcestru z zo. Nella foto 19 si nota come la fo rmazione dell’a rc o di ro t t u ra i n t e ressi l’ap e rt u ra superi o re che rap p resenta un puntodi debolezza. Lo stesso edificio ap p a re re a l i z z ato con una mu rat u ra di scarsa resistenza a doppio paramento e con una coesionei n t e rna praticamente nulla (il cumulo di macerie risulta fo rm ato da singoli elementi lapidei senza la presenza di grandi bl o c chi)

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5.2. Meccanismo: Traslazione orizzontale globale

Il meccanismo si può verificare in presenza di corpi addossati che insistono su piedritti o pareti libere di ruotare fuori piano. Inquesto caso si sviluppa una sorta di “meccanismo di piano” dovuto alla rotazione verso l’esterno dei piedritti o della parete cheha come conseguenza una traslazione orizzontale globale di tutto il corpo addossato verso l’esterno. Il meccanismo è favorito siadall’azione dell’edificio principale che “martella” il volume del corpo aggiunto sia dall’eventuale cattivo ammorsamento fra lemurature che causa un netto distacco del volume.

5. MACROELEMENTO: CORPI SECONDARI ADDOSSATI

5.1. Meccanismo: Rotazione fuori piano verso l’esterno della parete di fondo

Lo sviluppo del meccanismo e la posizione delle lesioni, con andamento verticale o inclinato, dipendono dalle condizioni di col-legamento delle pareti del corpo addossato. Al variare del grado di ammorsamento fra la parete di fondo e quelle ortogonali varial’entità della porzione di muratura coinvolta nel meccanismo. La rotazione avviene attorno a una cerniera cilindrica posizionatain corrispondenza dello spigolo esterno inferiore della parete di fondo.

STATO DI DANNO SCHEMA DI MECCANISMO

STATO DI DANNO SCHEMA DI MECCANISMO

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Foto 21: Sellano (PG) – 1997Meccanismo: Traslazione orizzontale globale

Nel caso dell’edificio rappresentato in fotografia si notacome i caratteri decorativi tendono a favorire l’evolversi delmeccanismo. Le cornici lapidee, infatti,presenti sia al pianoinferiore che a quello superiore non consentono un ammor-samento efficace delle murature.

Foto 20: Borgo (MC) – 1997Meccanismo: Rotazione fuori piano verso l’esterno dellaparete di fondo

L’innesco della rotazione della parete di fondo è denotato dalcomplesso di lesioni, con andamento verticale ed inclinato,visibili sulla parete laterale. La comparsa di un simile quadrofessurativo e non di una lesione netta indica una qualitàmuraria piuttosto scadente.

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5.4. FORME DI VULNERABILITÀ SPECIFI-CAFloriana Marino

Lo studio delle fo rme di vulnerabilità specifica pre s e n-ti nella fabb rica implica l’osservazione e la ri c e rca diquei fat t o ri che rap p resentano condizioni di “ d eb o l e z-z a ” locale che possono infl u e n z a re il processo di danno,favo rendolo o inibendolo oppure indirizzandolo ve rs op a rt i c o l a ri modalità di danno. Al tempo stesso possonorap p re s e n t a re, nel comportamento globale, fat t o ri ch ehanno funzione di innesco di determ i n ati meccanismi dicollasso. Si tratta di osserva re in maniera mirata e pun-tuale gli aspetti costru t t ivo - s t ru t t u rali e la consistenzap ro p ria dei macroelementi. Si fa r i fe rimento a carat t e-ri che possiamo dire essere pro p ri , “ i n d iv i d u a l i ” , di cia-scun macroelemento e ri g u a rdano i modi in cui l’edifi-cio è stato costru i t o , le modificazioni e tra s fo rm a z i o n isubite nel tempo, il danneggiamento e le opere di ri p a-razione av ve nu t e. Fra questi, il tipo e la qualità mu ra ri ala presenza di eterogeneità costru t t ive che determ i n a n o ,il più delle vo l t e, d i s c o n t i nuità mu ra rie non effi c a c e-mente ammors ate e non sempre leggibili. Ad esempio, la connessione muro–copertura risulta unnodo strutturale delicato ma di per sé non rappresentauna vulnerabilità. Sono le condizione specifiche agliappoggi degli elementi lignei di copertura a determina-re eventualmente deb o l e z ze locali della stru t t u ra .Questa, se non adeguatamente vincolata alle muratured’ambito, perdendo la sua funzione di solidarizzazionetra murature opposte, può innescare, in fase sismica,spinte locali con danneggiamento della muratura stes-sa anche con crolli parziali o diffusi. Oppure, unamuratura realizzata a due paramenti non collegati onon efficacemente connessi tra loro, in fase sismica,tende ad un comportamento del tutto indipendente deidue paramenti.

Si propone una suddivisione per gruppi tematici delleforme di vulnerabilità specifiche per una osservazionesistematica ed un percorso critico di lettura del manu-fatto. All’interno della suddivisione tematica, inoltre,sono state individuate delle categorie che rappresenta-no le principali condizioni di vulnerabilità con unaesemplificazione grafia di riferimento e un corredo didocumentazione fotografica. Per ogni categoria ricono-sciuta si è fatta una descrizione dei caratteri e dei pos-sibili effetti di danno indotto dal sisma. La casistica è tutt’altro che esaustiva, ma rappresenta ilcampione più ricorrente e significativo di situazioniche riguardano sia le chiese sia gli edifici, formandocosì un abaco di riferimento. Nel primo gruppo tematico si sono osservate le moda -lità costruttive iniziali, in relazione alle condizioninelle quali il manufatto è stato realizzato. Ci si riferi-sce ai caratteri e ai modi del costruire ossia alla qualità

dei supporti e leganti e alla loro adesione e/o coesionemuraria ma anche ai caratteri geometrico-dimensiona-li della muratura (sezioni inadeguate per posiziona-mento dei paramenti, per esiguo spessore, ecc.), ad unac o n fi g u razione fo rmale stru t t u ralmente inadeg u at a(vele campanarie, pilastrini/colonne particolarmentesnelle, ecc.). Si fa riferimento, inoltre, ad angolate nonefficacemente connesse alla muratura o che assolvonosolo ad una funzione formale, a coperture spingenti ocon appoggi non adeguatamente vincolati che rappre-sentano parti strutturali della fabbrica già sollecitate infase statica che con le componenti aggiuntive del sismapossono entrare in crisi.Il secondo gruppo tematico riguarda il ruolo dei pro -cessi di trasformazione edilizie che la fabbrica ha subi-to nel tempo, determinano la perdita di omogeneità econtinuità costruttiva iniziale. Si fa riferimento adampliamenti planimetrici, sopraelevazioni, chiusura eapertura di nuovi fori che possono indurre a particola-ri situazioni come, ad esempio, angolate o spalle inglo-bate senza adeguate ammorsature, sottrazioni di ele-menti costruttivi o soluzioni strutturali rischiose chepossono comportare anche la modifica dello schemastrutturale della fabbrica. Eterogeneità e discontinuitàcostruttive, quali riprese murarie non sufficientementec o n n e s s e, semplici accostamenti mu ra ri , i n e ffi c a c iammorsature, generano vulnerabilità specifiche nelcomportamento della costruzione al sisma in quantodeterminano risposte differenziate in relazione allediverse caratteristiche dei materiali.Il terzo gruppo ha preso in esame le carenze di con -nessioni strutturali e il ruolo degli elementi di presi -dio esistenti nella fabbrica.Alla connessione strutturale muro-copertura e muro-solaio viene attribuita la funzione di solidarizzazionetra murature che se non efficacemente eseguite genera-no condizioni di vulnerabilità. Anche la connessionemuro-muro può rappresentare un indebolimento nelloschema strutturale della fabbrica quando costituisceuna forma di discontinuità costruttiva.I sistemi di collegamento (tiranti, contrafforti) inade-guati o danneggiati già presenti nella fabbrica nonassolvendo la loro funzione costituiscono particolariforme di vulnerabilità specifica.Il quarto gruppo individuato affronta il tema delleforme di degrado strutturale e debito manutentivo, intermini di perdita di efficienza strutturale dei vari com-ponenti della fabbrica. Si tratta di forme di degradoproprio dei materiali e degli elementi costitutivi (nellamuratura, l’erosione profonda dei giunti o la perditaconsistente di materiale dei supporti; negli elementilignei di copertura, il decadimento fisico con perditadella consistenza) riconducibili alla riduzione dellafunzionalità meccanica della struttura. Tale tipo didegrado strutturale è, inoltre, legato alle condizionimanutentive della fabbrica; in particolare si fa riferi-

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mento all’efficienza del manto di copertura e ai sistemidi raccolta delle acque nonché alla permeabilità all’ac-qua battente dei paramenti esterni. Il degrado struttura-le comporta una riduzione di efficienza e resistenzadella struttura, costituendo una specifica forma di vul-nerabilità che, in fase sismica, condiziona i meccani-smi di danno.Il quinto gruppo tematico riguarda i dissesti pregressinon efficacemente riparati sia di natura statica siasismica. Questi rappresentano fattori di vulnerabilitàche la fabbrica conserva nel tempo, se non adeguata-mente ripresi e/o riparati, cicatrici non sempre visibiliche costituiscono comunque tracciati privilegiati doveil danno tende a recidivare.Questa sezione tematica, insieme alla successiva, nonviene trattata nel presente studio, ma viene riportatasemplicemente nello schema complessivo delle suddi-visioni tematiche.Il sesto e ultimo gruppo richiama il comportamentodegli interventi strutturali recenti che la fabbrica hasubito. Si tratta di una lettura critica del comportamento alsisma della fabbrica in relazione agli interventi chesono stati eseguiti nel tempo. Tale conoscenza – daimpostare in base a studi specifici - diventa fertileoccasione di riflessione per indirizzare le future sceltedi interventi di miglioramento sismico.

Viene riportato di seguito lo schema della suddivisioneper gruppi tematici che vuole essere un possibile tenta-tivo di formare un abaco di riferimento delle forme divulnerabilità specifiche presenti nella fabbrica. Sonoriportate, inoltre, in maniera semplificata le relativecategorie delle principali situazioni riconosciute, conuna descrizione sintetica ancorché approssimata cherimanda alla trattazione successiva.

Fonti delle illustrazioni fotografiche

Foto: 1, 4, 6, 9, 11, 16, 17 Alberto Moretti - Archivio Coop.Arx - Venzone (UD)Foto: 5, 10, 14, 20, 22, 24 Floriana Marino - Archivio Coop.Arx - Venzone (UD)Foto: 2, 3, 7, 8, 18, 21, 23, 25, 26, 27: Pietro RegazzoFoto: 12, 13, 15, 19, da: Commissario Delegato per i BeniCulturali - Ufficio del Vice Commissario per la RegioneUmbria, 1998, ‘Danno sismico e vulnerabilità delle chiesedell’Umbria’, CD-ROM

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1.1. Muratura a paramento esterno in pietra squa-drata (funzione di rivestimento) e quello interno inp i e t ra sbozzata e/o semisbozzata collegati danucleo murario scarsamente efficaceMuratura realizzata a due paramenti: quello esterno inpietra squadrata a corsi regolari posta con funzione dirivestimento; il paramento interno, invece, realizzatoin pietra sbozzata e/o semisbozzata di varia pezzaturaa corsi prevalentemente orizzontali di varia altezza.Essendo l’adesione tra le due superfici prevalente-mente affidata al nucleo murario, qualora questi siriveli scarsamente coerente, sotto l’azione sismica, siproduce uno scorrimento e/o distacco dei conci squa-drati con formazione di lesioni anche marcate lungo igiunti. Per effetto della discontinuità nel paramentointerno si sviluppa un danno con formazione di lesio-ni anche non corrispondenti con quelle esterne.

1.2. Muratura con entrambi i paramenti in pietras b o z z ata e/o semisbozzata collegati da nu cl e omurario scarsamente efficaceMuratura realizzata a due paramenti tra loro non col-legati o scarsamente connessi. Tali paramenti sonocostituiti da pietra sbozzata o semisbozzata con unnucleo murario costituito da materiale incoerente e/ocon presenza di vuoti.In caso di sisma la muratura tende a produrre un com-portamento indipendente tra i due paramenti:per azio-ne fuori piano può avvenire lo sgranamento del para-mento esterno, anche con crolli parziali, mentre quel-lo interno è generalmente trattenuto dal sistema degliorizzontamenti; per azione nel piano si assiste a feno-meni di instabilizzazione dei paramenti stessi, dovutiad un effetto di carico di punta, con deformazioni talida portare al crollo.

1.3. Muratura costituita da pietrame di varia pez-zatura per tutto lo spessore con scarsa coesionemurariaMuratura realizzata senza apparecchiatura regolarecon impiego di pietrame prevalentemente informe e divarie dimensioni, dove non è riconoscibile un nucleomurario. L’eterogeneità per forma e dimensione deisupporti rende poco efficace la coesione muraria einsufficiente l’ingranamento fra i supporti sia nelpiano che in tutta la sezione.Tende, sotto l’azione del sisma, a discretizzarsi in pic-coli blocchi, con formazione di fasci di lesioni diffuseche riducono la muratura in condizioni di equilibrioprecario.

1. VULNERABILITÀ SPECIFICHE DOVUTE A: MODALITÀ COSTRUTTIVE INIZIALI

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Foto 1 Nocera Umbra (PG) - 1997

L’esempio evidenzia un’ap p a re c ch i at u ramuraria costituita da un paramento di rive-stimento scarsamente collegato. Il nucleomurario interno è in muratura di pietramementre il paramento esterno è, in questo,caso costituito da mattoni e tavelle. Si veri-fica il distacco del paramento con estesicrolli di parti.

Foto 2Pievebovigliana (MC) – Chiesa di S. Pietroa Frontillo - 1997

La sezione muraria, resa evidente dal crollo,mostra come nell’apparecchiatura murariacomposta da paramenti non collegati o scar-samente connessi questi tendano a separarsicomportandosi in maniera autonoma. Lamuratura è costituita da pietra sbozzata es e m i s b o z z ata e malta di allettamento; iparamenti separandosi possono subire note-voli deformazioni, come in questo caso.

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1.4. Angolata in conci di pietra di rivestimentoAngolata realizzata in pietra squadrata a corsi regolariposti con funzione di rivestimento e muratura costitui-ta in pietra sbozzata e/o semisbozzata di varia pezza-tura a corsi prevalentemente orizzontali. I conci inpietra non svolgono funzione di elementi di collega-mento tra muri convergenti ma assolvono solo unafunzione formale della configurazione della fabbrica. In fase sismica si produce uno scorrimento e/o separa-zione dei conci che favorisce l’attivazione di meccani-smi per effetto del distacco fra pareti ortogonali .

1.5. A n go l ata in conci di pietra squadrata e/o semi-s q u a d rata non efficacemente connessi alla mu rat u raAngolata realizzata in conci di pietra squadrata e/osemisquadrata a corsi regolari di modesto spessore escarsamente connessi alla muratura. I conci in pietra, non occupando l’intera sezione mura-ria, costituiscono strutturalmente un indebolimento delnodo murario. Questi, se non efficacemente connessi,anziché svolgere un’azione di collegamento tendonoin fase sismica a comportarsi autonomamente dal restodella muratura. Generalmente si verificano distacchicon crolli localizzati che possono innescare meccani-smi di dissesto.

1.6. Elementi che riducono la sezione murariaSi tratta di elementi funzionali e di impiantistica rea-lizzati nel corpo della muratura, ad esempio nicchie,presenza di canne fumarie e pluviali, interruzionidovute a condotti impiantistici. Riducendo la sezionemuraria, questi influenzano la resistenza alle sollecita-zioni sismiche, in quanto ne riducono la sezione resi-stente. Pur non incidendo sulla continuità costruttivacostituisce comunque una “debolezza” nella configu-razione strutturale.Le zone di variazione della sezione muraria, così rea-lizzate, costituiscono tracciato preferenziale per la for-mazione di lesioni; le parti di muratura a sezione ridot-ta tendono a distaccarsi fino ad arrivare all’espulsione.

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Foto 3Pievebovigliana (MC) – Chiesa di S. Pietro a Frontillo -1997

Particolare del distacco dell’angolata per rotazione fuoripiano della facciata, il cui andamento è condizionato dallapresenza di una discontinuità da trasformazione. Questa ètestimoniata dalla presenza di riempimenti in malta e scagliedi pietra nelle fughe verticali.

Foto 4Foligno (PG) – Edificio in località Verchiano – 1997

Foto 5Serravalle di Chienti (MC) – Chiesa di S. Egidio a Civitella- 1997

In entrambi i casi si è in presenza di riduzioni di sezionimurarie molto significative che possono fungere da innescoper l’attivazione dei meccanismi. In particolare, nel casodella canna fumaria, l’entità della discontinuità è tale damodificare nettamente le condizioni al contorno dei macroe-lementi generando di fatto due pareti fra loro indipendenticon un bordo libero. Il mancato accertamento di questa con -dizione può portare a previsioni di comportamento dellastruttura in fase sismica decisamente diverse da quelle reali.

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1.7. Copertura spingenteCopertura con orditura principale costituita da ele-menti lignei (puntoni) poggianti direttamente sullamuratura d’ambito, dove la trave di colmo ha persostabilità negli appoggi o si è deformata inflettendosi.I puntoni producono un’azione spingente localizzata,con componente orizzontale, anche in fase statica. Conle sollecitazioni aggiuntive dovute al sisma la pareted’ambito è interessata da meccanismi di ribaltamentoe la muratura di appoggio a disgregazione e distacchi.

1.8. Copertura a capriate lignee appoggiate su unaparte della sezione muraria a doppio paramentoCopertura a capriate con appoggi che non interessanol’intera sezione muraria e non risultano adeguatamen-te vincolati: le capriate caricano in maniera disomoge-nea tale muratura, generando tensioni differenziali trai due paramenti.Nelle murature esterne si verificano azioni di punzo-namento del paramento con espulsioni localizzate. Leporzioni di muratura interna sulle quali appoggiano lecapriate vengono sollecitate sia dalle azioni verticaliindotte della catena sia da quelle orizzontali trasmesseda quest’ultima per attrito, generando una zona circo-scritta di distacco del paramento interno.

1.9. Elementi strutturali con sezione inadeguataElementi strutturali con caratteristiche geometrico-dimensionali di snellezza e/o esigua sezione, quali:timpani sve t t a n t i , g u g l i e, vele campanari e,p i l a s t ri/colonne part i c o l a rmente snelli. Si tratta distrutture caricate in modo consistente anche in condi-zioni statiche o aventi schemi statici sfavorevoli cheentrano in crisi per le sollecitazioni aggiuntive dovutea sismi anche di modeste entità.Appartengono a questa casistica anche gli archi e levolte di spessore esiguo che, a causa delle ridotte pos-sibilità di ingranamento tra i supporti, arrivano al crol-lo anche per deformazioni di lieve entità indotte dallospostamento degli appoggi.

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Foto 6Campagnola Emilia (RE) – Chiesadi S. Giacomo Maggi o re aCorgnento - 1996

Puntone di copertura che si appog-gia direttamente sulla mu rat u rage n e rando un carico concentra t osenza una adeg u ata superficie diap p oggio. In part i c o l a re, d u ra n t el’azione sismica, i puntoni possonodeterminare spinte fuori piano dellaparete su cui insistono con dannilocalizzati o con possibili sfilamen-ti.

Foto 7Pievebovigliana (MC) – Chiesa diS. Pietro a Frontillo - 1997

Pa rt i c o l a re dell’ap p oggio dellacapriata: è evidente lo spostamentorelativo fra la trave e la parete late-rale.L’ ap p oggio interessa preva l e n t e-mente il paramento interno dellamuratura per cui si genera un dannol o c a l i z z ato nella zona sottostanteper effetto della concentrazione delcarico e del trascinamento orizzon-tale da parte della catena.

Foto 8Fabriano (AN) – Chiesa della Madonna di Loreto - 1997

Cella campanaria svettante: si osserva il pericoloso fuoripiombo verso l’esterno. La configurazione geometrica risul-ta particolarmente snella e quindi particolarmente vulnerabi-le alle sollecitazioni orizzontali dovute al sisma.

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1.10. Particolare distribuzione di fori nel pannellomurarioLo sfalsamento degli allineamenti verticali delle aper-ture altera il funzionamento meccanico del pannellomurario rispetto allo schema a fasce orizzontali emaschi verticali, inducendo a maggiori sollecitazionile fasce orizzontali. Inoltre, la sovrapposizione di for isfalsati determina una linea preferenziale per la for-mazione di distacchi lungo la verticale .La particolare collocazione delle aperture all’internodel pannello murario, nello specifico, in questa casisti-ca rientrano anche le aperture in prossimità di angola-te, determinando il restringimento delle porzioni dimuratura condiziona l’attivazione di determinati mec-canismi.

1.11. Mancanza di connessione di particolari ele-menti liticiLa collocazione di elementi in pietra sia con funzionedi cornice, spalla o bordatura, sia con funzione di ele-mento decorativo in mancanza di adeguati ancoragginon è in grado di svolgere azione di contenimentorispetto alla compagine muraria circostante.In caso di sisma questi elementi inducono danni loca-lizzati in si genera un distacco tra l’interfaccia dell’e-lemento ed il resto della muratura per traslazione oriz-zontale, fino ad arrivare alla sua espulsione.

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Foto 9Sellano (PG) – Edificio - 1997

La fabbrica è interessata da una lesione che intercetta leaperture principali, le quali sono localizzate nella fascia cen-trale non in asse. La distribuzione dei fori fa sì che i pannel-li murari, a destra e a sinistra della linea dei fori, abbianocaratteristiche diverse, essendo suscettibili di diverso com-portamento sismico: all’aumentare della quota uno aumentadi larghezza mentre l’altro subisce una rastremazione.

In basso, foto 10 Sellano (PG) – Chiesa di S. Maria a Montesanto – 1997

In basso, foto 11Visso (MC) – Chiesa di S. Maria Assunta a Fematre - 1997

Il mancato ammorsamento della cornice in pietra è causa deldistacco con espulsione della stessa dal paramento murario(foto in basso).Particolare del distacco dell’elemento litico. Nello specifico,la muratura ha spinto il piedritto verso l’interno e la mancan-za di elementi di connessione ne ha impedito il ritorno nellaposizione originaria. Per spostamenti di maggiore entità o diun maggior numero di cicli sismici è possibile che gli ele-menti litici escano dalle loro sedi innescando crolli.

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2. VULNERABILITÀ SPECIFICHE DOVUTE A: PROCESSI DI TRASFORMAZIONEEDILIZIA

2.1. Eterogeneità dei materiali e diverse modalitàcostruttiveI processi di trasformazione edilizia di una fabbricanel tempo possono coinvolgere una parte o l’interoassetto architettonico, rappresentando forme di vulne-rabilità specifiche in quanto inducono la perdita diomogeneità e continuità costruttive iniziali. Le speci-fiche modalità con cui si manifesta il danno sono darelazionare all’eterogeneità dei materiali e ai diversimodi costruttivi: questi determinano nella fabbricarisposte differenziate legate alle diverse caratteristicheelastiche e di resistenza dei materiali. Tale perdita diqualità costruttiva della muratura è anche dovuta alladifficoltà di realizzare efficaci concatenazioni pertutto lo spessore del muro.Le discontinuità dovute alla disomogeneità dei mate-riali costituiscono tracciato privilegiato per la forma-zione delle lesioni.

2.2. Ampliamento della muratura senza ripresamurariaAmpliamento con apporto di nuova muratura secondoun piano di addossamento verticale rispetto alla pree-sistenza. In questo caso l’ampliamento costituisceuna parte semplicemente accostata configurando unpiano di addossamento pressoché continuo.L’addossamento per semplice accostamento di nuovicorpi, realizzato in continuità od ortogonalmente alpiano murario, privo degli opportuni ammorsamenti,determina in caso di sollecitazioni sismiche uno scor-rimento tra le due diverse parti, con separazione dellestesse in prossimità dell’interfaccia di appoggio.Per effetto sismico può verificarsi, inoltre, un martel-lamento tra le due diverse murature che provoca la for-mazione di lesioni e/o crolli localizzati nella muraturaaccostata.

2.3. Ampliamento della mu rat u ra con ri p re s amurariaL’ampliamento con ripresa muraria si caratterizza perdiverse modalità di connessione tra le parti: le zone disovrapposizione tra supporti della vecchia e nuovamuratura possono essere distribuite in corrispondenzadi ogni corso o solo di determinati corsi con diverseestensioni delle zone di sovrapposizione stessa.Una ripresa muraria non sufficientemente connessa,sotto azione sismica, tende a distaccarsi per traslazio-ne orizzontale superando così la resistenza allo sfila-mento tra malta e supporto.

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Foto 12Gubbio (PG) – Chiesa di S. Egidio a Col Palombo - 1997

Le trasformazioni subite nel corso del tempo lasciano nellafabbrica tracce di eterogeneità costruttive dovute sia ai diver-si materiali impiegati sia alle diverse tecniche utilizzate neltempo. Le superfici di interfaccia fra murature con diversecaratteristiche meccaniche rappresentano delle linee prefe-renziali per la formazione delle lesioni anche in considera-zione della difficoltà di realizzare ammorsamenti efficaci frale parti.

Foto 14Serravalle di Chienti (MC) – Abbazia di S. Salvatore adAcquapagana – 1997La discontinuità a profilo dentato evidenzia una ripresamuraria. In fase sismica, possono avvenire traslazioni oriz-zontali per il superamento della forza di attrito della maltaper una poca resistenza a trazione nei punti di discontinuità.

Foto 13Bevagna (PG) – Chiesa di S. Francesco - 1997Il danno ripreso nella foto mette in evidenza parti di muratu-ra non coeve. La discontinuità costruttiva è deducibile daldistacco netto tra le parti per l’addossamento di muratura aquella preesistente; l’apporto della nuova muratura è privodegli opportuni ammorsamenti che rappresentano una formadi vulnerabilità in grado di innescare per diversi meccanismidi danno.

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2.4. Sopraelevazione della muraturaSopraelevazioni con apporto di nuova muratura secon-do un piano di addossamento orizzontale rispetto allapreesistenza. Il piano di addossamento può averediversi tipi di configurazione con andamento orizzon-tale continuo o seguendo i giunti tra i corsi.L’accrescimento comporta un aumento della massamuraria che determina un incremento delle azionisismiche ai livelli più bassi. La sopraelevazione, none fficacemente ammors at a , i n o l t re, d e t e rmina unad i s c o n t i nuità stru t t u rale nel pannello mu ra rio tranuova e vecchia muratura costituendo la traccia prefe-renziale per la formazione di cerniere o superfici discorrimento.

2.5. Sottrazioni di elementi e/o parti murarieLe sottrazioni di elementi o parti strutturali che posso-no comportare la modifica anche sostanziale delloschema strutturale della fabbrica. Queste sottrazionipossono riguardare porzioni limitate, come elementidi collegamento o a contrasto di archi e volte, o piùestese come una riduzione planimetrica della struttura.L’operazione di sottrarre alla fabbrica parti strutturalipuò privare questa di elementi resistenti all’azionesismica. Inoltre, eliminando elementi strutturali è pos-sibile che si modifichi il comportamento dinamicod’insieme in quanto si rende possibile un maggiornumero di articolazioni.

2.6. Soluzioni strutturali inadeguate o rischiose Soluzioni strutturali inadeguate o rischiose che gene-ralmente coinvolgono il sistema degli orizzontamenticon la presenza di carichi concentrati che si configu-rano come struttura già sollecitata in fase statica. Sitratta, ad esempio, di strutture impegnate a flessionequali solai lignei liberi che sostengono pilastri o settimurari, o del punzonamento di volte da parte di pila-strini.Ulteriormente sollecitate a causa del sisma tali struttu-re possono giungere a rottura.R i e n t rano in questa casistica anche i ri e m p i m e n t idelle stru t t u re a volta che pur svo l gendo un’azione dicontenimento delle defo rmazioni costituiscono unamassa consistente, posta ad altezza anche considere-vo l e, che sollecita in maniera signifi c at iva la stru t t u-ra sottostante.

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Foto 15Castel Ritardi (PG) – Chiesa della Madonna delle Stellette a Colle del Marchese - 1997In facciata sono visibili le tracce di molteplici rimaneggiamenti: addossamenti non ammorsati,inserimento dielementi litici nella compagine muraria, utilizzo di soluzioni strutturali inadeguate (conci d’arco utilizzaticome pietre per la corsatura orizzontale). L’alto grado di trasformazioni subite riduce l’efficacia degli ele-menti strutturali in grado di resistere al sisma.

Foto 16Gubbio (PG) – Chiesa di S. Domenico – 1997La facciata ha origine dalla tamponatura di un arcone trasversale avvenuta a seguito di una riduzione dellalunghezza dell’aula. La sottrazione della parte di aula anteriore e il conseguente arretramento e ridisegno dellafacciata ha modificato la configurazione strutturale prevista originariamente. In particolare, la mancanza delleadeguate ammorsature tra le parti e l’assenza di buone angolate riduce sensibilmente la capacità di rispostaalle sollecitazioni sismiche.

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2.7. Chiusura e apertura di fori nella muraturaIl tamponamento di un foro viene generalmente realiz-zato accostando la nuova muratura al profilo della vec-chia apertura o, più raramente, creando delle morse dicollegamento tra le parti murarie .Deformandosi nel piano, il pannello murario causa loscorrimento del tamponamento che, privo di ammorsa-ture, tende a comportarsi autonomamente, giungendoanche all’espulsione. Qualora il tamponamento risul-tasse parzialmente connesso, può verificarsi la forma-zione di lesioni in prossimità dell’intervento diammorsamento stesso.L’apertura di un foro, invece, realizzata mediante lostrappo di porzioni di muratura crea delle discontinuitàcostruttive tra il pannello murario e gli elementi lapi-dei (spalle e architravi) che configurano la nuova aper-tura.

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Foto 17Serravalle di Chienti (MC) – Chiesa di S.Egidio a Civitella – 1997

Foto 18Pievebovigliana (MC) – Edificio in località Campi - 1997La particolare configurazione delle lesioni evidenziano lapresenza di tamponamenti che, in fase sismica, tendono adistaccarsi dal resto della muratura in quanto generalmentenon ammorsati con la parte preesistente.Il tamponamento realizzato per semplice accostamento dellanuova muratura non è in grado di collaborare in maniera effi-cace con quella originaria, distaccandosene a causa dell’au-tonomo comportamento.

Foto 19Bevagna (PG) – Chiesa di S. Francesco - 1997L’apertura di un foro comporta lo strappo di parti di muratu-ra e l’allentamento di quella circostante. Lo stato tensionaleall’interno delle murature contigue allo strappo non vieneripristinato con la semplice costruzione della nuova cornicedel foro.

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3. VULNERABILITÀ SPECIFICHE DOVUTE A: CARENZA DI CONNESSIONI STRUT-TURALI E RUOLO DEGLI ELEMENTI DI PRESIDIO ESISTENTE

3.1. Connessione muro – muroLe connessioni muro – muro, che si configurano comediscontinuità anche se appartengono ai processi di tra-sformazione edilizia, costituiscono nodi strutturali par-ticolarmente delicati sotto il profilo del comportamen-to in fase sismica. Si verificano condizioni diverse diaggregazione tra murature.L’eterogeneità costruttiva dovuta all’impiego di mate-riali e tecniche diverse, nonché l’imperfetto ammorsa-mento tra le strutture (mancanza di vincolo) produconoripercussioni strutturali di discontinuità nel nodo mura-rio, con scorrimento relativo delle parti, distacco e mar-tellamento.

3.2. Connessione muro - copertur aLa connessione che coinvolge tutta la struttura del tetto(orditura principale e secondaria, impalcato) con lemurature d’ambito, quando non efficacemente realiz-zata produce, sotto l’azione sismica, spinte localizzateche tendono ad allontanare le murature tra loro con sfi-lamento degli appoggi e crolli parziali o più estesi.La mancanza di murature di controvento e la presenzadi pareti snelle e/o prive di solai intermedi (comeavviene nelle chiese) determina, una volta persa la fun-zione di solidarizzazione delle murature opposte, lalibera inflessione dei muri.

3.3 . Connessione muro – solaio Un solaio a struttura lignea appoggiato direttamentealla muratura d’ambito, non efficacemente collegatocon questa, non svolge funzione di solidarizzazione trale murature: le azioni orizzontali del sisma non vengo-no trasferite e ripartite sulla intera muratura. Viene amancare un’azione di stabilizzazione verticale determi-nando spostamenti fuori piano della muratura.Si determinano azioni di punzonamento delle teste dellet ravi sulla cortina esterna della mu rat u ra con possibilitàdi crolli localizzati per instabilità o ri b a l t a m e n t o .

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Foto 20Visso (MC) – Chiesa di S. Lorenzo Martire a Riofreddo -1997Particolare del nodo murario facciata–parete: dissesto causa-to dalla spinta non compensata di un puntone di coperturache insiste sull’angolata e favorito dall’assenza di connes-sione tra le parti murarie. Si rileva la presenza concentrata didiversi cavi delle linee elettriche che possono aver concorsoal danno localizzato.

Foto 21Serravalle di Chienti (MC) – Chiesa di S. Egidio a Civitella - 1997Il danno prodotto in facciata, lesionamento diffuso nella zona del timpano, crollo localizzato e distacco di intonaco, è dovuto allaspinta della copertura durante l’azione sismica ed è favorito dalla scarsa coesione muraria. L’orditura primaria di copertura nonrisulta vincolata alla muratura di appoggio.

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3.4. Elementi di presidio: tiranti inefficaci o inade-guatiElementi di presidio presenti nella fabbrica quali itiranti metallici che risultano inefficaci per mancatotensionamento o inadeguati per fattori specifici (sezio-ne ridotta, capochiave sottostimati per dimensione oforma, ..). Nella configurazione strutturale della fab-brica i tiranti svolgono essenzialmente una doppia fun-z i o n e : s o l i d a ri z z a re parti all’interno dello stessom a c roelemento o di stab i l i z z a re re c i p ro c a m e n t emacroelementi diversi. Quando questi non svolgono più nessuna funzioneoppure risultano inefficaci o inadeguati, si determina-no condizioni di vulnerabilità specifica in quanto nonsono in grado di contrastare adeguatamente l’attivazio-ne dei meccanismi.

3.5. Elementi di presidio: contrafforti inadeguatiElementi di presidio presenti nella fabbrica quali i con-trafforti che risultano inadeguati per dimensionamentoe/o forma o mal fondati che vengono meno alla lorofunzione e capacità di opporsi a meccanismi fuoripiano della muratura di appoggio.

Foto 22Sellano (PG) – Edificio in località Casale - 1997

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Foto 23Pioraco (MC) – Chiesa di S. Maria delle Lacrime a Seppio -1997Si evidenzia il danno localizzato pr ovocato dal tirante forte-mente sollecitato con dimensioni del capochiave sottostima-te e posto in prossimità dell’angolata. In questo caso, iltirante si è ritratto all’interno della muratura in quanto leridotte dimensioni del capochiave non hanno garantito la dif-fusione degli sforzi agendo su una ridotta porzione di mura-tura di contrasto.

Foto 24Serravalle di Chienti (MC) – Chiesa di Madonna del Piano -1997La parasta addossata alla parete laterale della chiesa non pre-senta sufficienti elementi di connessione nei confronti delloscorrimento: si determina così, in fase sismica, un distaccocon separazione dei due elementi. Questo presidio svolgecomunque una debole azione di contenimento del meccani-smo di rotazione fuori piano della parete laterale e subisce undissesto al limite del collasso.

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4. VULNERABILITÀ SPECIFICHE DOVUTE A: DEGRADO STRUTTURALE E DEBI-TO MANUTENTIVO

4.1. Degrado della muratura con perdita di legan-te tra i giuntiDegrado della muratura con perdita consistente dilegante tra i giunti che determina un decadimento dellaefficienza meccanica dell’apparecchiatura muraria.L’erosione dei giunti – dovuta ad un degrado causatoda diversi fattori quali: qualità del legante, agentiatmosferici, presenza di acqua, mancata stilatura – puòindurre una condizione di decoesione muraria con per-dita di adesione tra malta di allettamento e supporti.Questo tipo di degrado strutturale può contribuire,inoltre, allo scorrimento dei supporti nella muraturacondizionando i meccanismi di dissesto.

4.2. Degrado della muratura con perdita di mate-riale dei supportiDegrado della muratura con perdita consistente dimateriale dei supporti (pietra – mattone) che determi-na una riduzione della resistenza ed efficienza mecca-nica della struttura.Si configura sia come degrado proprio dei materialidovuto al decadimento fisico (presenza di umidità egelo,dilavamento,..) sia come degrado strutturale dellacompagine muraria dovuto alla riduzione della rigi-dezza in quanto viene a mancare l’apporto della por-zione più esterna della sezione resistente.

4.3. Degrado degli elementi lignei di copertura perimmarcimento delle teste delle capriateDegrado degli elementi di copertura dovuto a immar-cimento delle teste lignee per la progressiva perdita diefficienza nel nodo strutturale. Legata a condizionimanutentive (efficienza del manto di copertura e deisistemi di raccolta delle acque), la riduzione dell’effi-cienza della connessione muro - tetto può portare lastruttura a non assolvere più la funzione di solidariz-zazione tra murature.In fase sismica si potrà avere la perdita dell’appoggiodella travatura con crolli parziali e/o generali dellastruttura.

4.4. Degrado degli elementi lignei di copertura perdecadimento fisicoDegrado generalizzato degli elementi lignei di coper-tura (orditura principale e secondaria, struttura del-l’impalcato) dovuto a decadimento fisico con perditadella consistenza: fattori di naturale invecchiamento,attacco biologico, presenza d’acqua, porta la strutturaal limite della resistenza in condizioni statiche ma nona sopportare l’incremento delle sollecitazioni dovute alsisma.Un’altra forma di degrado che condiziona la strutturadel tetto è la deformazione per inflessione della travedi colmo che induce a spinte localizzate sulle muratu-re d’ambito condizionando i meccanismi di danno.

Foto 25Camerino (MC) – Chiesa di S. Maria delle Carceri - 1997

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Foto 26Pievebovigliana (MC) – Chiesa di S. Pietro a Frontillo - 1997Degrado generalizzato degli elementi lignei di copertura con crollo di una parte consistente di questi.Si evidenziano le modalità di crollo per perdita dell’appoggio dell’orditura principale con distacchi ecrolli locali della muratura.

Foto 27Pieve Torina (MC) – Abbazia di S. Michele Arcangelo a Torricchio - 1997Degrado diffuso del sistema di copertura che coinvolge sia l’orditura principale sia quella secondaria.In particolare si può osservare l’importanza del danno sismico indotto dal degrado anche nell’orditu-ra secondaria costituita da correntini e pianelle laterizie. Il deterioramento anche della sola orditurasecondaria - che causa una riduzione di connessione fra gli elementi costruttivi - può essere causa dicrolli estesi di parti con gravi ripercussioni sulle strutture sottostanti.

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6.1. Finalità della “Lista di Controllo”Prima di passare alla progettazione degli interventi,p roponiamo una ve ri fica dell’esaustività deg l iapprofondimenti analitici svolti, e una elencazione sin-tetica degli elementi diagnostici in base ai quali indi-rizzare il progetto.La lista di controllo non vuole essere nè un ulterioreadempimento formale nè un elenco generico e onni-comprensivo, ma un momento di riflessione sui risul-tati diagnostici, alla ricerca di eventuali omissioni rile-vanti, riesaminando le domande alle quali è necessarioo opportuno dare risposta per l’edificio esaminato.Si propone perciò in primo luogo di porre una serie diautodomande, per verificare se la risposta è già statafornita, se è di qualità o affidabilità adeguata, o se deveessere integrata da supplementi di indagine. Lo scopoè far emergere eventuali zone d’ombra o incongruenzesignificative, riesaminando singolarmente e nell’insie-me dati analitici e interpretazioni diagnostiche.Compiute le verifiche necessarie, la lista di controllodeve fornire un elenco delle condizioni e delle forme divulnerabilità da contrastare, alle quali dare puntual-mente e globalmente risposta nel progetto. Se è evi-dente che il progetto non può nascere solo dalla rispo-sta ai singoli obiettivi, in quanto deve comunque rag-giungere una sua organicità non segmentata, è altret-tanto vero che esso deve soddisfare direttamente oindirettamente le esigenze che ai singoli obiettivi sonolegate.Inoltre il progetto deve tenere conto cautelativamentedi eventuali risposte non possibili o incomplete, preve-dendo per gli aspetti di importanza strategica interven-ti “a favore di sicurezza”. Ad esempio, alle domande:sono stati controllati i collegamenti tra le orditureprincipali e le murature? se sì, qual’è la loro efficien -za?, in caso di risposta negativa, perchè inaccessibili,ilprogetto, oltre a richiedere che tali controlli siano effet-tuati in corso d’opera, dovrà includere il miglioramen-to o la realizzazione di nuovi collegamenti. Dovranno essere valutati anche i sintomi indiretti utilia valutare le condizioni della connessione, come inquesto caso tracce anche limitate di sfilamento agliappoggi.Alcune domande possono procedere in modo indiretto,come ad esempio: esistono nell’edificio fenomeni didissesto che non sono stati ricondotti ad un meccani -smo statico o dinamico? Può verificarsi la presenza,ad esempio, di irregolarità geometriche o deformazio-ni dovute a dissesti antichi le cui fratture corrispon-denti non sono leggibili, in quanto occultate da reinto-nacature, o di quadri fessurativi leggibili solo per trattiparziali. In questo caso va comunque compiuto un

approfondimento e formulata una diagnosi anche conle cautele opportune.

La “lista di controllo” vuole perciò costituire:- un riepilogo e una verifica generale circa l’esausti -vità delle osservazioni e degli approfondimenti analiti -ci compiuti;- un consuntivo sintetico degli esiti diagnostici;- il primo momento di selezione e di descrizione degliobiettivi del progetto.

6.2. Articolazioni della lista di controlloCome è evidente, non è possibile formare una listastandard esaustiva di tutte le domande alle quali ènecessario o opportuno dare risposta, in quanto diversisono gli edifici cui potrà essere applicata ed estrema-mente vasta la casistica. L’elenco riporta solo alcunielementi comunque significativi, e va ampliato in rap-porto alle situazioni reali.Vengono individuate le seguenti sezioni:

- Costituzione propria delle strutture ed efficienza sta -tica- Stato di manutenzione dei sistemi di protezione ester -na- Danni e forme di vulnerabilità tipica dei diversimacroelementi - Danni e forme di vulnerabilità specifica dei diversimacroelementi

6.2.1. Costituzione propria delle strutture ed effi-cienza staticaLe domande spingono, rispetto alla prima parte dellascheda di progetto, a mettere in evidenza alcuni aspet-ti di particolare rilevanza. Le domande vanno ripetuteper ciascun macroelemento o parte costitutiva. Nelcaso non sia del tutto nota la costituzione dell’elemen-to, e siano presenti uno o più d’uno tra i sintomi elen-cati, la diagnosi va approfondita.

Struttura muraria1 - E’nota la costituzione della sezione muraria?1a) - Vi sono elementi o sintomi di possibile distacco oseparazione del paramento dal nucleo? (es. paramentoin mattoni disposti solo per fascia senza elementi inchiave, paramento in pietra da taglio disposto a lastra odi spessore uniforme, paramento in bozze di piccolad i m e n s i o n e, p resenza di spanciamenti discordi trainterno e esterno o di crolli di un solo paramento...)1b) - Vi sono elementi o sintomi di forte decoesionemuraria? (es. malta di allettamento di modesta resistenza com-

6. LA “LISTA DI CONTROLLO” DEGLI ESITI DIAGNOSTICI EDEGLI OBIETTIVI DI PROGETTO

6.1. Finalità della “Lista di Controllo”6.2. Articolazioni della lista di controllo

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pressiva e/o priva di adesione ai supporti, formazionedi lesionamento diffuso a reticolo sulla muratura, for-mazione di marcati lesionamenti a taglio...)1c) - Se sono presenti uno o più sintomi di separazio-ne dei paramenti o decoesione, sono stati eseguitiap p ro fondimenti analitici? (es.saggi , e n d o s c o p i e,prove soniche, ecc.)1d) - Sono presenti elementi o parti con elevata con-centrazione di carichi statici in rapporto alla sezione?1e) - Sono presenti muri in falso, in tutto o in partecostruiti su solai o su volte?1f) - Sono documentati e riscontrati interventi di con-solidamento murario con tecniche moderne (iniezioni,cordoli, perforazioni armate, risarcitura dei giunti amalte cementizie, lastre affiancate armate, ecc.)?

Fondazioni2 - E’ nota la natura e il tipo delle fondazioni?2a) - Sono presenti in elevato dissesti murari (cedi-menti differenziali, traslazioni verticali, rototraslazio-ni, ecc.) che segnalano il coinvolgimento del piano diappoggio fondale?2b) - Se sì, sono stati eseguiti saggi sul terreno diappoggio e/o sulla muratura di fondazione, e con cheesito?3c) - Se la storia costruttiva segnala la presenza diampliamenti planimetrici, è stata accertata la natura eil tipo di fondazione delle parti costruite in tempi diver-si?3d) - Sono stati eseguiti interventi di consolidamentofondale con tecniche moderne? Se sì, di che tipo (cor-dolo affiancato o sottofondato, micropali,ecc.) e in cheposizione?

Solai 3 - E’nota la natura e il tipo dei solai (in legno biordi-to, a putrelle con voltine, ecc.)?3a) - E’ stata verificata l’efficienza degli appoggi inparticolare sui muri esterni e nelle zone soggette a dila-vamento o umidità?3b) - Vi sono elementi lignei principali con inflessioniprossime o superiori a 1/100 della luce?3c) - E’ stata verificata la presenza di collegamentiantisfilamento tra elementi lignei e muratura? Se pre-senti, sono affidabili?3d) - E’stata verificata la natura e il tipo dell’impalca-to e delle pavimentazioni sovrapposte, e valutato ilcontributo in termini di rigidità? (pianelle di cotto,tavolato, ecc.)3e) - Se sono presenti controsoffitti che non permetto-no l’osservazione dell’ord i t u ra , questi pre s e n t a n oinflessioni, distacchi e lesioni riconducibili all’infles-sione o al dissesto dell’orditura?3f) - Sono presenti solai in cemento o laterocemento direcente costruzione? Si conosce l’armatura e la con-nessione a muro (presenza di cordolo, code di rondine,ecc.)?

Volte4 - Se sono presenti volte strutturali, ne è stata accerta-ta la costituzione e l’assetto estradossale?(in foglio, in

mattoni a una testa senza costoloni, con frenelli inmuratura, con riempimento incoerente, ecc.)4a) - Si può escludere la presenza di carichi concentra-ti punzonanti, dovuti a pilastri, puntelli, appoggi diorditure, muri i falso, ecc., o di carichi permanentidovuti a riempimenti di grande entità?4b) - Se vi sono dissesti significativi, sono stati rileva-ti il quadro fessurativo e la deformata della volta?4c) - Esistono tiranti a contenimento dei centri di spin-ta, e se sì, sono completi e affidabili?4e) - Esistono sulle murature di appoggio dissestiriconducibili alla spinta del tutto o in parte non com-pensata della volta? (spanciamenti e fuori piombo concerniere orizzontali in quota, ecc.)4f) - Sono stati eseguiti interventi recenti di consolida-mento estradossale, e quali? (risarcitura lesioni, appli-cazione di rete e betoncino, svuotamento rinfianchi erevisione frenelli, ecc.)

Tetti5 - Sono state verificate le strutture di copertura?5a) - E’ stata verificata l’efficienza degli appoggi inparticolare sui muri esterni e nelle zone soggette a dila-vamento o umidità?5b) - Vi sono elementi lignei principali con inflessioniprossime o superiori a 1/100 della luce?5c) - Vi sono elementi con assetto inclinato potenzial-mente spingente?5d) - Vi sono elementi che determinano forti concen-trazioni di carico (es. appoggi di capriate) senza ade-guata ripartizione sulla muratura o su sezioni murarieinadeguate?5e) - Se sono presenti capriate, ne sono stati controlla-ti gli elementi, i nodi, la verticalità, ecc.?5e) - E’ stata verificata la presenza di collegamentiantisfilamento (es. capochiave metallico con bandella)tra elementi lignei e muratura? Se presenti, sono affi-dabili?5f) - E’stata verificata la natura e il tipo dell’impalca-to e del manto sovrapposto, e valutato il contributo intermini di rigidità? (pianelle di cotto, tavolato, ecc.)5g) - Se il tetto è a capriate in parallelo, sono presentielementi di stabilizzazione contro il ribaltamento late-rale?

Scale su volte6 - Se sono presenti scale su volte o a sbalzo, sono statecontrollate? In particolare, vi sono lesioni nelle con-nessioni tra rampe o tra pianerottoli e rampe?

Tiranti7 - Sono stati individuati e riportati sui grafici gli even-tuali tiranti o elementi di contenimento presenti?7a) - E’ stata controllata la corrispondenza tra capo-chiave esterni visibili e tiranti interni e viceversa?7b) - Sono stati osservati tiranti rotti o comunque inef-ficaci o capochiave deformati?

Interventi in C.A.8 - Sono presenti strutture in c.a. (cordoli, scale, solai,pilastri,architravi...)? Se sì,ne sono state individuate la

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posizione, la costituzione, la natura degli ancoraggi?8a) - Sono presenti forme di dissesto riconducibili allaloro presenza e al loro comportamento sismico? (es.lesioni orizzontali, accentuazione delle lesioni a taglio,ecc.)

6.2.2. Stato di manutenzione dei sistemi di protezio-ne esterna Questa sezione ri g u a rda in part i c o l a re i sistemi di pro t e-zione dalle acque e per il loro allontanamento, la cuii n e fficenza pro d u rrebbe nel medio termine anche conse-g u e n ze al sistema stru t t u ra l e. Si tratta quindi di at t iva regli interventi corrispondenti “secondo condizione”.

Sistemi di protezione dalle acque9 - E’ stato ispezionato sistematicamente il manto dicopertura (manto in coppi o altro, converse in corri-spondenza di comignoli o abbaini, compluvi e displu-vi, colmi, ecc.)?9a) - Sono state constatate perdite d’acqua o ineffi-cienze di varia natura?9b) - Sono stati esaminati gli elementi lignei, ed in par-ticolare le testate, in corrispondenza di punti di perdi-ta?9c) - Gronde e pluviali sono efficienti o presentanoperdite?9d) - Sono stati controllati i sistemi di raccolta e allon-tanamento delle acque al suolo? Si può escludere chevi siano perdite d’acqua in prossimità delle fondazio-ni?9e) - Vi sono fenomeni di umidità nelle murature? Sesì, qual’è la loro causa?

Paramenti murari10 - Quale è l’efficienza dei rivestimenti murari o deiparamenti a vista? 10a) - Sono riconoscibili forme di degrado da eccessodi dilavamento (cadute o distacchi di intonaco, perditadi legante tra i giunti, forme di degrado della pietra odel mattone, ecc.)?11 - E’ stata controllata la tenuta all’acqua dei serra-menti?

6.2.3. Danni e forme di vulnerabilità tipica deidiversi macroelementiNella sezione “Danni e forme di vulnerabilità tipica deidiversi macroelementi” il contributo della memoriaesperta deve diventare più incisivo e sistematico. Perciascuna parte o macroelemento si elencano i meccani-smi di danno riscontrati in situazioni che presentanoaffinità di caratteri e conformazione, e quindi ritenutipossibili nel caso in esame.La risposta va articolata su diversi livelli di certezza oprobabilità.Il primo livello è costituito dai meccanismi che forma-no la vulnerabilità emergente o conclamata, ossia daimeccanismi la cui presenza ed attività è manifestata dadanni più o meno marcati, già constatati, e che sonointerpretabili come effetto dei meccanismi stessi. Perciascun meccanismo è opportuno indicare contestual-mente il livello di danno raggiunto,locale e di insieme.

Il secondo livello o gruppo è costituito dai meccanismiprobabili o possibili, ma non ancora palesemente atti-vati. Non sono presenti nel manufatto le prove che essosia già soggetto a tali meccanismi, tuttavia la casisticadi danno fornita dalla memoria esperta del danno subi-to da edifici affini lo indica come soggetto in cui l’in-cidenza di determinati meccanismi è particolarmentemarcata.

Vi è infine il terzo gruppo o livello al quale apparten-gono i meccanismi rari, in genere innescati dalla con-comitanza con fattori specifici, e da considerare comeimprobabili. Inoltre ne fanno parte i meccanismi che,se si è già attivato un meccanismo di danno che nellacasistica è individuato come antagonista ad essi e per-ciò a reciproca esclusione -vedi correlazioni sulla con-temporanea presenza-assenza di diversi meccanisminello stesso macroelemento- possono essere considera-ti come improbabili.

Questa prima lista riguarda i meccanismi di danno tipi-ci, ossia quelli che interessano i macroelementi nelloro insieme e sono rapportati alla loro configurazionee posizione rispetto all’edificio. Va ricordato che nelprimo livello va dato spazio anche al riconoscimento dimeccanismi che non figurano nella casistica, quandosono presenti danni che non sono interpretabili all’in-terno dei meccanismi già noti.

Suddivisione in macroelementi12 - Quali sono i macroelementi in cui è stata suddivi-sa la costruzione? (fornire elenco e schema grafico)

Meccanismi attivati13 - Quali sono i meccanismi di danno già attivati (condanno visibile), per ogni macroelemento, tra quellielencati nella casistica (vedi cap. 5)? (Elencare perogni macroelemento i meccanismi attivati,descrivendoil danno relativo e il livello di danno raggiunto)13 a) - Vi sono incertezze rilevanti nell’interpretazionedei meccanismi attivati?13 b) - Sono presenti danni di origine sismica ricondu-cibili a meccanismi diversi da quelli elencati nella casi-stica? (se sì, descrivere danno e interpretare meccani-smo)13 c) - Sono presenti danni di origine sismica nonricondotti a nessun meccanismo? Se sì, quali sono?13 d) - Vi sono danni sismici e meccanismi fortementeinterrelati con danni e dissesti di tipo statico? (se sì,indicare quali)

Meccanismi probabili14 - Quali sono i meccanismi di danno non at t ivat i(senza danno visibile), per ogni macro e l e m e n t o , m ap ro b abili in base alla casistica? (Elencare per og n im a c roelemento i meccanismi non at t ivati ma pro b ab i l i )

6.2.4. Danni e forme di vulnerabilità specifica deidiversi macroelementi Questa parte della lista censisce e descrive le situazio-ni e condizioni di danno e di vulnerabilità specifica, in

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a n a l ogia con la tabella ri p o rt ata al cap. 5.3-Suddivisione per gruppi tematici delle forme di vulne -rabilità specifiche, ed è articolata in quattro nuclei.Il primo nucleo è formato dai danni pregressi nonriparati e dalle situazioni di vulnerabilità locale cui si ègià associato un danno, come, ad esempio, una discon-tinuità muraria in cui si è insediata una lesione. Perqueste, il progetto dovrà prevedere sia interventi diriparazione del danno che di contrasto della vulnerabi-lità specifica.Il secondo nucleo è costituito dalle discontinuità o vul-nerabilità locali cui non si è ancora associato un danno,che è tuttavia probabile in caso di terremoto. Per que-ste, il progetto dovrà prevedere interventi a contrastodella vulnerabilità specifica. Il terzo gruppo è costituito dalle discontinuità o etero-geneità la cui presenza nella casistica di danno appareininfluente rispetto al verificarsi di danni, oppure utilea ridurre il danno di meccanismi comunque presenti.Vedi, ad esempio la discontinuità costruttiva che formaun giunto tra il campanile e la chiesa ad esso accostatae riduce gli effetti di urto reciproco tra i due corpidovuti all’oscillazione discorde. In questi casi, motiva-tamente, il progetto non prevede interventi.Il quarto gruppo, alla luce dell’esistenza o meno nel-l’edificio di interventi di restauro o consolidamentorecenti, anche in funzione antisismica, ne esamina ilcomportamento sismico dell’edificio. Vedi la presenzao meno di un cordolo terminale o ai piani, di solai inlatero-cemento, di lastre armate in calcestruzzo sullepareti, sull’impalcato di copertura o sui solai, di tiran-ti, di interventi in fondazione o altro. Vanno raccolte evalutate le informazioni circa le effettive modalità ese-cutive, e ricercata l’eventuale presenza di danni cheindichino difetti costruttivi o comportamenti negativi. Dovrà in questi casi essere compiuta una specificaricerca sulla natura degli interventi compiuti, sia attra-verso progetti e documenti di cantiere (libretti dellemisure, foto in corso d’opera), sia attraverso specificheattenzioni poste nell’effettuazione del rilievo.

Danni pregressi15 - Sono presenti danni pregressi non efficacementeriparati e/o forme di vulnerabilità specifica cui si è giàassociato un danno? Se sì, quali sono? (Per ogni

macroelemento, in rapporto alla tabella riportata alcap. 5.3 e alla casistica di danno, elencare anche conl’ausilio di grafici semplificati le forme di vulnerabilitàspecifica che presentano danno).15a) - Esistono elementi che indirettamente segnalanola presenza di danni antichi, quali contrafforti, raddos-si o altro?

Vulnerabilità specifiche senza danno16 - Sono presenti forme di vulnerabilità specifiche cuinon si è associato un danno, che tuttavia è probabile incaso di terremoto? Se sì, quali sono?(Per ogni macroe-lemento, in rapporto alla tabella riportata al cap. 5.3,elencare anche con l’ausilio di grafici le forme di vul-nerabilità constatate che attualmente non presentanodanni).16a) - Se la storia costruttiva indica la presenza di unprocesso di formazione articolato, con ampliamenti,sopraelevazioni, apertura-chiusura di fori, ecc., sonostati individuati tutti i tracciati di discontinuità conse-guenti?16b) - Possiamo escl u d e re la presenza di gra n d idiscontinuità non segnalate da danno (canne fumarie,gronde o scarichi inseriti in muratura, ecc.)?

Discontinuità da mantenere17 - Sono presenti forme di discontinuità e vulnerabi-lità sulle quali è opportuno non intervenire? Se sì, spe-cificare i motivi.

Interventi di consolidamento recenti18 - Sono stati osservati danni riconducibili al com-portamento che l’edificio ha assunto a seguito di inter-venti recenti? (es. lesioni orizzontali tra cordolo emuratura, distacchi di lastre armate, accentuazione deicomportamenti a taglio, ecc.)

E’ opportuno un continuo collegamento con graficianche schematici per consentire la localizzazione effi-cace delle diverse forme di carenza e di vulnerabilità.A conclusione della lista di controllo, saranno riepilo-gati gli elementi di vulnerabilità conclamata tipici especifici, con il livello di danno già raggiunto,e gli ele-menti di vulnerabilità e danno probabili e possibili, manon attivi.

* Questo capitolo è stato redatto con il contributo dell’ing. A. Moretti.

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7.1. Ruolo, finalità generali e livelli di approfondi-mento del progettoIl compito degli elaborati di progetto è di descrivere inmodo inequivocabile e di facile comprensione le fina-lità, la natura, le modalità esecutive e la precisa loca-lizzazione nella fabbrica di ciascuna delle operazioniche formeranno l’intervento.Il progetto deve costituire un sistema informativo edesplicativo, che, per raggiungere questo fine, utilizzaintegrandoli tra loro diversi mezzi espressivi: grafici adiversa scala, elaborazioni su base fotografica, descri-zioni e testi scritti.Il medesimo complesso di elaborati deve poter servirea più scopi, e ciò ne influenza la configurazione e laredazione:- per consentire l’esame e l’approvazione da parte delcommittente e degli enti preposti, deve fornire unachiara ed esaustiva spiegazione degli interventi proget-tati e delle loro finalità rispetto alle effettive necessitàdell’edificio, opportunamente indagate, e ai costi; deveinoltre permettere di valutare l’impatto che gli inter-venti produrranno sull’opera;- per formare l’oggetto del contratto di appalto conl’impresa, deve essere il più possibile preciso circa imodi esecutivi e le quantità e qualità di tutti gli inter-venti che lo formano, riassunti in una computazioneeconomica esaustiva e ve ri fi c ab i l e. A t t rave rso unaindagine accurata vanno perciò sistematicamente ridot-ti i margini di imprevisto, ad evitare per quanto possi-bile il contenzioso e il ricorso a perizie di variante incorso d’opera;- per poter fungere da guida operativa agli esecutori incantiere, deve essere di facile consultazione a direttocontatto con l’opera ed avere un adeguato contenuto diistruzioni tecnico-operative circa le cautele, le moda-lità, la sequenza opportuna degli interventi;- deve formare la base per la documentazione futuradegli interventi effettivamente realizzati,necessaria per

verificare il comportamento nel tempo, per svolgerel’opera di manutenzione e per l’eventuale integrazionedei presidi.

Compito della progettazione è perciò anche quello dimodulare la forma redazionale in modo da renderlaadatta a soddisfare i requisiti richiesti nel caso esami-nato.

Come è noto, la legge 11 febbraio 1994, n. 109, suc-cessivamente modificata e integrata, all’art. 16 hainnovato la definizione delle attività di progettazione,articolandola in tre livelli: preliminare, definitivo, ese -cutivo (1).Inoltre la legge 30 marzo 1998, n. 61, relativa agliinterventi urgenti a favore delle zone terremotate,all’art. 14, “Norme di accelerazione e controllo degliinterventi”, afferma che la progettazione è articolatanei soli progetti definitivo ed esecutivo, escludendoperciò il preliminare, oppure, “qualora la dimensione ela tipologia dei lavori lo consenta”, giungendo diretta-mente al progetto esecutivo.Questo comporta che i contenuti del progetto prelimi-nare vengono direttamente espressi dal progetto defini-tivo, oppure che l’esecutivo assomma i contenuti delpreliminare e del definitivo. Le “Direttive tecniche per la progettazione e la realiz-zazione degli interventi di ripristino, recupero e restau-ro, con miglioramento sismico, del patrimonio cultura-le danneggiato dalla crisi sismica” (allegato A allaDGR n. 78 del 18 gennaio 1999), forniscono ulterioriprecisazioni sui contenuti richiesti al progetto. N e l l ’ a l l egato A 1, c o l l egato alle stesse Dire t t ive,“Istruzioni generali per la redazione dei progetti direstauro dei beni architettonici di valore storico-artisti-co in zona sismica”, oltre a indicare i settori di indagi-ne necessari ad impostare il progetto, sono definite inmodo conciso le operazioni tecniche di intervento,arti-

(1) Art. 16, legge 109/94:“1 - La progettazione si articola,nel rispetto dei vincoli esistenti,preventivamente accertati,e dei limiti di spesa prestabiliti,secon-do tre livelli di successivi approfondimenti tecnici, in preliminare, definitiva ed esecutiva, in modo da assicurare:a) la qualità dell’opera e la rispondenza alle finalità relative;b) la conformità alle norme ambietali ed urbanistiche;c) il soddisfacimento dei requisiti essenziali, definiti dal quadro normativo nazionale e comunitario.(....)3 - Il progetto preliminare definisce le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori, il quadro delle esigenze da soddisfare edelle specifiche prestazioni da fornire e consiste in una relazione illustrativa delle ragioni della scelta della soluzione prospettatain base alla valutazione delle eventuali soluzioni possibili, (...), della sua fattibilità amministrativa e tecnica, accertata attraversole indispensabili indagini di prima approssimazione, dei costi, da determinare in relazione ai benefici previsti, nonchè in schemi

7. LA PROGETTAZIONE DEFINITIVA DEGLI INTERVENTI

7.1. Ruolo, finalità generali e livelli di approfondimento del progetto7.2. La concezione complessiva degli interventi di miglioramento- Esemplificazione 7.3. Contenuti della “Relazione programmatica”7.4. I grafici di Progetto Definitivo: contenuti e modalità redazionali

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colate per le diverse parti della costruzione, operazionicui si farà riferimento in dettaglio in sede di progettoesecutivo. Sono segnalate anche le tecniche che siritengono maggiormente compatibili con il concetto dimiglioramento, esprimendo la preferenza per alcune ela maggiore cautela nei confronti di altre.

Per riassumere, il progetto completo di livello esecuti-vo è costituito di norma dagli elaborati di seguito elen-cati. Con la lettera D sono indicati gli elaborati presen-ti fin dal progetto definitivo, con la lettera E quelli pro-pri del solo esecutivo; con le lettere D+E sono indicatigli elaborati presenti in entrambe i livelli che si pre-suppone vengano aggiornati nel passaggio dal definiti-vo all’esecutivo:

D - relazione tecnico-illustrativa (“Relazione Program-matica”, lista di controllo, scheda);D - relazione storica; dovrà descrivere e riferire crono-logicamente soprattutto le principali fasi di costruzio-ne e trasformazione e gli eventi sismici cui è stato sog-getto l’edificio, a formare una unitaria cronologia dellasequenza costruttiva-strutturale e sismica; D - elaborati analitici descrittivi dello stato di fatto informa grafica e fotografica: rilievo geometrico, rilievodel degrado e del dissesto con elementi di stratigrafiac o s t ru t t iva , documentazione fo t ogra fica esaustivarispetto ai danni presenti e allo stato di manutenzionedel manufatto e delle sue parti;D - elaborati diagnostici; eventuale relazione sulle fon-dazioni, nel caso si siano manifestati dissesti che lecoinvolgono;D - elaborati grafici di insieme del progetto definitivo(progetto generale), in forma grafica o mista (disegnisu basi fotografiche); planimetrie di inquadramento,piante, prospetti e sezioni a scala 1:100 e/o 1:50. Siritiene che sia opportuno, salvo particolari esigenze,

mantenere uniti nello stesso elaborato contenuti archi-tettonici e interventi strutturali, anzichè produrre ela-borati separati. Da valutare invece la possibilità di rea-lizzare alcune tavole generali dedicate prevalentemen-te agli aspetti strutturali (tavola delle fondazioni, tavo-la delle orditure dei solai e del tetto);D+E - relazione di calcolo e calcoli;E - particolari costruttivi di singoli interventi o parti, ascala da 1:20 a 1:1;E - capitolato speciale di appalto, suddiviso in tresezioni:- la normativa contrattuale: contiene le regole generalidel contratto di appalto (tempi contrattuali, penali,oneri e obblighi, importi minimi degli stati di avanza-mento, ecc.);- la normativa prestazionale: contiene i requisiti richie-sti per la corretta esecuzione delle opere e la loro accet-tazione;- l’elenco dei prezzi unitari: contiene la descrizionecompleta di ciascuna delle operazioni necessarie adattuare l’intervento progettato, e stabilisce sia l’unità dimisura (con relative norme di misurazione) che il rela-tivo prezzo unitario. Nella forma di appalto ad offertaprezzi viene prodotto un ulteriore elaborato in cui èlasciata in bianco la casella relativa al prezzo unitario,che viene formulato dall’impresa. La presenza delcomputo metrico nel progetto definitivo implica ladisponibilità dell’elenco prezzi già da questa fase.L’elenco prezzi della Soprintendenza per i BeniAmbientali e Architettonici delle Marche costituisce ilriferimento principale, come da delibera G.R. n. 2279del 21/9/98, e va utilizzato anche per la formulazionedi voci di prezzo particolari, legate a specifiche opera-zioni da compiere nell’opera, per le quali è opportunoprodurre l’analisi del prezzo. D+E) il computo metrico estimativo, in cui vengonoindicate le quantità di opere previste per ciascuna voce

grafici per l’individuazione delle caratteristiche dimensionali, volumetriche, tipologiche, funzionali e tecnologiche dei lavori darealizzare; (...)4 - Il progetto definitivo illustra compiutamente i lavori da realizzare, nel rispetto delle esigenze, dei criteri,dei vincoli, degli indi-rizzi e delle indicazioni stabiliti nel progetto preliminare e contiene tutti gli elementi necessari ai fini del rilascio delle prescritteautorizzazioni ed approvazioni. Esso consiste in una relazione descrittiva dei criteri utilizzati per le scelte progettuali,nonchè dellecaratteristiche dei materiali prescelti e nell’inserimento delle opere sul territorio; nello studio di impatto ambientale ove previsto;in disegni generali nelle opportune scale descrittivi delle principali caratteristiche delle opere, delle superfici e dei volumi da rea-lizzare, compresi quelli per l’individuazione del tipo di fondazione; negli studi ed indagini preliminari occorrenti con riguardo allanatura ed alle caratteristiche dell’opera; nei calcoli preliminari delle strutture e degli impianti; in un disciplinare prescrittivo deglielementi prestazionali, tecnici ed economici previsti in progetto nonchè in un computo metrico estimativo. Gli studi e le indaginioccorrenti, quali quelli di tipo geognostico, idrologico, sismico, agronomico, biologico, chimico,i rilievi ed i sondaggi, sono con-dotti fino ad un livello tale da consentire i calcoli preliminari delle strutture e degli impianti e lo sviluppo del computo metricoestimativo.5 - Il progetto esecutivo, redatto in conformità al progetto definitivo, determina in ogni dettaglio i lavori da realizzare e il relati-vo costo previsto e deve essere sviluppato ad un livello di definizione tale da consentire che ogni elemento sia identificabile informa, tipologia, qualità, dimensione e prezzo. In particolare il progetto è costituito dall’insieme delle relazioni, dei calcoli ese-cutivi delle strutture e degli impianti e degli elaborati grafici nelle scale adeguate, compresi gli eventuali particolari costruttivi,dalcapitolato speciale di appalto, prestazionale o descrittivo, dal computo metrico estimativo e dall’elenco dei prezzi unitari. Esso èredatto sulla base degli studi e delle indagini compiuti nelle fasi precedenti e degli eventuali ulteriori studi ed indagini, di detta-glio o di verifica delle ipotesi progettuali, che risultino necessari, e sulla base di rilievi planoaltimetrici, di misurazioni e picchet-tazioni, di rilievi della rete dei servizi del sottosuolo. Il progetto esecutivo deve altresì essere corredato da apposito piano di manu-tenzione dell’opera e delle sue parti da redigersi nei termini, con le modalità, i contenuti, i tempi e la gradualità stabiliti dal rego-lamento di cui all’art. 3.”

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di elenco prezzi, che, moltiplicate per il prezzo unita-rio e sommate, danno l’importo a base d’asta.D+E) il quadro economico di spesa, in cui vengonoelencate tutte le spese necessarie ad attuare il proget-to, suddivise in:- somme a base d’asta (derivante dal computo metri-co);- somme a disposizione dell’Amministrazione perimprevisti, spese tecniche di progettazione, direzione ecollaudo, IVA, allacciamenti, espropri, ecc.

Oltre ai contenuti usuali, nel capitolato speciale diappalto, sezione normativa contrattuale, tra gli oneri eobblighi a carico dell’impresa è opportuno inserire ilrendiconto analitico degli interventi strutturali effettua-ti e la documentazione grafica e fotografica “comecostruito” in analogia a quanto previsto dalla legge 46per le ditte esecutrici degli impianti tecnici. Questadocumentazione, che può essere funzionale sia allibretto delle misure utilizzato per la registrazione con-tabile, sia per il collaudo statico, ha lo scopo di lascia-re un quadro chiaro e veritiero delle opere realizzate,indispensabile per gli interventi futuri, ed è necessariaal monitoraggio previsto all’art. 4 della delibera del C.R. n. 234 del 10/11/98, relativa al Piano di Ripristino.Vedi a questo proposito anche il “consuntivo scientifi-co” da realizzare al termine dei lavori, come previstodalle “Istruzioni”.Va rimarcata la necessità di un rapporto equilibrato edeconomico tra i vari tipi di elaborati che compongonoil progetto di riparazione e miglioramento antisismicoin edifici storici.Sono di grande importanza il collegamento e l’intera-zione tra gli elaborati grafici (progetto esecutivo gene-rale, particolari costruttivi) e gli elaborati in formascritta (elenco dei prezzi unitari del capitolato e com-puto metrico in particolare). Perchè questo possa avve-nire, vi devono essere continui richiami ed un influssoreciproco tra i diversi tipi di elaborato, anche indiriz-zando a questo scopo le forme redazionali.

7.2. La concezione complessiva degli interventi dimiglioramento. EsemplificazioneIl punto di passaggio dalla fase analitico-diagnostica, icui risultati sono confluiti nella lista di controllo, allafase progettuale, consiste nel mettere a fuoco una stra-tegia unitaria degli interventi di miglioramento, speci-ficandone gli obiettivi in base alle carenze strutturali ealle forme di vulnerabilità individuate.Questa strategia viene descritta nella “dichiarazione dii n t e n t i ” del proge t t i s t a , e s p ressa nella RelazioneProgrammatica, ed ha lo scopo di ridurre il rischio chealla parte analitica e diagnostica segua, quasi obbeden-do ad un automatismo, una somma di interventi stan-dard, non unitariamente concepiti e non motivati nel-

l’insieme e nel dettaglio, ossia non collegati ai fabbi-sogni e alle caratteristiche del manufatto. La scelta, laconfigurazione e localizzazione delle opere di presidiocostituirà l’ulteriore passo, da sottoporre ad una primavalutazione degli impatti sulle superfici e sulle partimateriali in base ai criteri propri del restauro.

La via principale al miglioramento, così come delinea-ta dalle Direttive e dalle Istruzioni citate, consiste nel-l’aumentare in modo sistematico la duttilità e la capa-cità dissipativa del sistema strutturale, anche contem-plando parziali deformazioni e lesionamenti. Per farequesto, e per coinvolgere ogni parte nella risposta alsisma, dopo avere ricostituito attraverso la riparazionedei danni le risorse di resistenza perdute, vanno soprat-tutto aumentati i collegamenti resistenti a trazione, evi-tando di introdurre rigidezze rilevanti e concentrate,alle quali si associa in genere un mutamento di com-portamento.La ricerca di elevate rigidezze, attraverso solai e tetti incemento o laterocemento, lastre armate applicate allepareti o setti in c.a., iniezioni diffuse, ha rappresentatonegli anni ‘70 e ‘80 una risposta tendente all’adegua-mento e alla omologazione al nuovo di cui oggi com-prendiamo meglio i limiti tecnici e i rischi, oltre aisicuri impatti sulla costruzione antica.Applicando il concetto di miglioramento, cerchiamoinvece di inserire presidi capaci di collaborare con l’e-sistente o di far interagire tra loro le parti dell’edificio,piuttosto che proporre strutture tendenzialmente auto-nome. Cerchiamo inoltre di intervenire in modo mira-to, anche puntuale, per contrastare locali forme di vul-nerabilità. Ciò significa, nella maggior parte dei casi, utilizzarediffusamente presidi metallici sia a configurazionecompiuta, come i tiranti che contrappongono due pare-ti opposte soggette ad azioni fuori piano, sia con fun-zione di complemento e valorizzazione strutturale dielementi esistenti, come il capochiave che, collegandouna travatura alla muratura di appoggio, porta l’ele-mento ligneo a svolgere anche la funzione di tirante.Si tratta in generale di interventi che presentano unabuona compatibilità con i particolari vincoli architetto-nici e conservativi propri degli edifici monumentali, etendono ad aumentare l’efficacia delle connessioni tragli elementi strutturali, creando azioni antagonistiche ointervenendo su discontinuità cui si associano vulnera-bilità specifiche.

Un indirizzo di questo tipo, e il concetto stesso dimiglioramento, è ben applicabile a fabbriche di nor-male costituzione fino ad uno sviluppo di dannomedio-grave, ossia corrispondente al livello 3 dell’in-dice principale della scala di danno (2), con meccani-smi pienamente attivati e marcati ma senza immediato

(2) “Uno stato di danno di un edificio in un dato momento, alla luce della conoscenza più generale dell’evoluzione dei processidi dissesto, può essere descritto e interpretato come la condizione raggiunta in una data fase di un processo di dissesto.Avendo la possibilità di correlare il processo di dissesto all’evoluzione del (o dei) meccanismi,è anche possibile collegare il gradodi danno al grado di avanzamento del meccanismo.L’indice di danno che si propone quale scala per valutare e descrivere sinteticamente il grado di danno dei macroelementi è arti -

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pericolo di crollo, in strutture per le quali lo sviluppoprevedibile del meccanismo di danno è tendenzialmen-te lineare.In edifici con danni di livello superiore, prossimi alcrollo o in parte già crollati, le usuali opere di ripara-zione possono non essere sufficienti per quantità e qua-lità a ricostituire un assetto tale per cui, realizzandoanche gli interventi di miglioramento, il manufattoacquisti adeguati margini di sussistenza. Basti pensarea murature che hanno subito rilevanti fuori piombo odeformazioni, a solai o tetti parzialmente sfilati all’ap-poggio, ossia a quei danni che per loro natura non sonoriparabili.Si rende necessario in questi casi un gruppo di opere di“risarcimento strutturale” in grado di ricostituire lerisorse perdute. Esse possono consistere in parzialiricostruzioni, in opere “tradizionali” ove compatibilicon l’assetto architettonico, come la realizzazione dicontrafforti murari ammorsati per i muri in fuori piom-bo o di dormienti accostati all’appoggio per i travi sfi-lati, oppure in opere di nuova concezione, anche colle-

gate agli stessi interventi di miglioramento.

La parte analitico-diagnostica del progetto deve com-piere una verifica dell’assetto strutturale dell’edificio,della sua organicità e funzionalità, e metterne in luce lecarenze.Nella realtà sono frequenti i casi in cui la maglia strut-turale è stata indebolita da demolizioni e varchi, perragioni di funzionalità distributiva, per aprire o ingran-dire negozi, o altro. In queste situazioni il progettodeve prevedere la reintegrazione della maglia, o inter-venti di equivalente funzione strutturale, e la riorganiz-zazione distributiva conseguente.Altrettanto frequenti le situazioni di gravi incongruen-ze costruttive, come la presenza di muri portanti pog-giati in falso su volte, di muri non sovrapposti ai pianio altro ancora, derivanti da una configurazione struttu-rale incompleta rispetto alla prevedibile concezioneiniziale, oppure disattesa da interventi successivi, e chea volte solo un rilievo attento mette in luce. Anche que-ste vanno risolte con specifici interventi di consolida-

colato in due indici; il primo (da 0 a 6) indica il livello complessivo di danno del macroelemento, il secondo (da 0 a 6 ) indica illivello locale massimo di danno raggiunto nel macroelemento, pur se di limitata estensione; i due indici affiancati formano unascala di danno in cui sono state individuate 22 diverse possibilità.I parametri che entrano in gioco sono di natura diversa; l’indice che definisce il livello complessivo di danno è attribuito in basealla presenza e al grado di avanzamento di meccanismi di dissesto riconoscibili attraverso l’evidenza dei danni.Il livello 0 (nessuna evidenza di danno) presuppone l’inesistenza di meccanismi di dissesto attivati o comunque leggibili.Il livello 1 ( prima evidenza di danni connessi alla iniziale attivazione di meccanismi di dissesto visibili ad una osservazione accu-rata, di limitata estensione) presuppone l’ avvenuta attivazione del meccanismo di dissesto, ma i danni conseguenti sono ancoramolto limitati per entità ed estensione, al punto che è necessaria una attenta osservazione per riconoscerli.Il livello 2 (evidenza di danni e leggibilità complessiva di meccanismi di dissesto attivati nell’insieme del macroelemento, ma infase iniziale di sviluppo, con dissesti di limitata entità) corrisponde ad uno stadio in cui i danni si sono disposti sul macroelementoin modo tale da rendere compiutamente riconoscibile il meccanismo principale di dissesto, ma sono ancora limitati quanto adentità; ad esempio, si può assumere a titolo di riferimento indicativo che le lesioni principali, se isolate, non siano superiori a 1,5cm. nei punti di massima apertura, se a fascio di somma equivalente; gli spostamenti relativi saranno di conseguenza contenuti.E’ evidente che l’entità della lesione principale da assumere a limite massimo per il livello 2 deve variare in rapporto alla dimen-sione del manufatto su cui si verifica; tuttavia non pare proponibile una semplice proporzionalità tra dimensione del manufatto edimensione della lesione, in quanto sovente sugli edifici di piccole dimensioni si riscontrano lesioni proporzionalmente assai piùgrandi di quelle riscontrate sui grandi manufatti.Il livello 3 (marcata evidenza di danno e leggibilità complessiva di meccanismi di dissesto compiutamente attivati che interessa-no l’insieme del macroelemento in fase intermedia di sviluppo, con dissesti di media entità) rappresenta l’evoluzione quanto adentità dei fenomeni già ben delineati al livello 2; le lesioni principali potranno avere un’ampiezza, sempre a titolo indicativo, da1,5 a 4-5 cm., tali da raggiungere la completa discretizzazione tra le parti murarie del macroelemento, senza però che nell’insie-me si verifichino ancora danni irreversibili estesi (spanciamenti, fuori piombo rilevanti, ecc.).Nel livello 4 (evidenza macroscopica dei danni e dei meccanismi di dissesto prossimi alla fase di ultimo spostamento con parti allimite di crollo a seguito di dissesti complessivi di forte e fortissima entità) la costruzione è ormai fortemente disarticolata, i dannilocali tendono a sommarsi ai danni principali, ma sono ancora limitate e periferiche le parti al limite di crollo. Il livello 5 (come livello 4, ma con prevalenza di parti del macroelemento al limite di crollo, ossia in equilibrio precario anche infase statica, e/o con distruzione di parti e/o crolli di media estensione) rappresenta la situazione immediatamente precedente alcrollo complessivo, con spostamenti macroscopici il cui ulteriore, lieve avanzamento determinerà il crollo.Il livello 6 (crollo prevalente quanto ad entità) rappresenta la conclusione del processo di dissesto conseguente al meccanismo atti-vato. I crolli ulteriori di parti murarie superstiti avverranno con meccanismi ormai diversi da quello principale proprio del macroe-lemento, da considerare esaurito.Questa scala di danno complessivo descrive l’evoluzione di un processo di dissesto che è riscontrabile nella realtà nel caso ildanno si diffonda omogeneamente per entità e qualità su tutto il macroelemento; in tale caso il livello complessivo di danno coin-cide con il livello locale massimo di danno, al quale viene attribuito il secondo indice.Il primo dei due indici di danno può essere pertanto letto anche come il grado di evoluzione del meccanismo in una data fase delprocesso di dissesto.”Tratto da : A. DE COLLE, F. DOGLIONI, L. MAZZORANA, V. PETRINI, Proposta di una scala di danno per macroelementi,in: Le chiese e il ter remoto, pp. 281-286, ed. LINT, Trieste, 1994.La tabella relativa è pubblicata a pag. 119 dell’edizione straordinaria n. 13 del 9 aprile 1999 del Bollettino Ufficiale della RegioneMarche, Il terremoto nelle Marche, Beni culturali.

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mento, privilegiando le forme di accrescimento affian-cato alle opere di demolizione-ricostruzione.

In altri casi, la disorganicità diviene macroscopica, conc a re n ze o vulnerabilità eccezionali, e nella stessacostruzione si accostano parti di diversa natura, geo-metria e comportamento: vedi il caso esemplificatodella chiesa di S. Nicolò a Carpi, risultato di alcunesoluzioni strutturali ardite, di un ampliamento conriforma architettonico-strutturale interrotto a metà e dirilevanti danni pregressi.Si impone in queste situazioni la necessità di coniuga-re il miglioramento con la riprogettazione dell’assettostrutturale, ossia con un reindirizzo del comportamen-to delle singole parti per consentire un comportamentodi insieme maggi o rmente unitario ed orga n i c o , esoprattutto più favorevole.E’ evidente come ci si muova in questi casi ai limiti delmiglioramento, e forse oltre, perchè ci si propone dimutare il comportamento globale in quanto, dopo aver-ne riconosciuto l’intrinseca pericolosità, si è constata-ta l’impraticabilità o l’insufficienza dei normali espe-dienti di contrapposizione reciproca dei meccanismi,di collegamento o altro. La legittimità di queste opereall’interno del miglioramento va perciò ricercata nel-l’affinità dei modi, come l’affiancamento massimosenza sostituzione, l’utilizzo di materiali compatibilie/o reversibili, il coinvolgimento in funzione struttura-

le di tutte le parti utili che l’edificio può offrire.Oltretutto, in questi casi la modellazione numericaassume più marcatamente, oltre al ruolo di strumentodi dimensionamento dei presidi e di valutazione deibenefici raggiunti, anche quello di strumento di indi-rizzo della progettazione.Nella realtà, non sono infrequenti i casi di eterogeneitàdi configurazione o costituzione che comportano di persè un comportamento negativo. Basti pensare ai cam-panili connessi alla chiesa, le cui oscillazioni discordigenerano urti reciprocamente dannosi.Riteniamo, soprattutto per queste situazioni di elevatavulnerabilità e di danno molto avanzato, che il miglio-ramento debba essere considerato come un approcciometodologico piuttosto che come un recinto che inclu-de od esclude tassativamente determinate tecniche: afronte di situazioni dimostrate come particolarmentesfavorevoli, la ricerca progettualmente incisiva dellatecnica capace, in un contesto complessivamente con-servativo, di assolvere i requisiti richiesti, deve poteravvenire senza pregiudizi, assistita da una sorta disenso etico che commisuri l’intervento alla gravità deldanno possibile.

Nei grafici si propongono in funzione esemplificativaalcuni schemi di risposta a meccanismi individuati inalcuni tipi di macroelemento.

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Meccanismo 1- Rotazione fuori piano del timpano1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO SOMMITALE2 - COLLEGAMENTI TRA TERZERE IN LEGNO EMURI DI APPOGGIO3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO DIFALDA E CONNESSIONI CONTINUE TRA IMPALCA-TO E CORDOLO-TIRANTE

SCHEMI DI INTERVENTI DA REALIZZARE A CONTRASTO DI MECCANISMICHIESE - Macroelemento FACCIATA

Meccanismo 2- Rotazione fuori piano del timpano su cer-niere cilindriche inclinate1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO SOMMITALE2 - COLLEGAMENTI TRA TERZERE IN LEGNO EMURI DI APPOGGIO3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO DIFALDA E CONNESSIONI CONTINUE TRA IMPALCA-TO E CORDOLO-TIRANTE

Meccanismo 3- Ribaltamento della facciata con cernieraalla base1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO... 2 - COLLEGAMENTI...3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO...4 - TIRANTE DI CONNESSIONE TRA MURO LATERA-LE E FACCIATA, A 2/3 DELL’ALTEZZA,ANCHE A SVI-LUPPO PA R Z I A L E , SUL LATO INTERNO DELLAMURATURA O IN PERFORAZIONE5 - VERIFICA ED EVENTUALE RINFIANCO ESTERNODELLA FONDAZIONE DI FACCIATA, NEL CASO SIACOINVOLTA NELLA CERNIERA

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Meccanismo 4- Rotazione fuori piano con formazione dicerniera nella fascia bassa1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO... 2 - COLLEGAMENTI...3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO...4 - TIRANTE DI CONNESSIONE TRA MURO LATERA-LE E FACCIATA, A 2/3 DELL’ALTEZZA,ANCHE A SVI-LUPPO PA R Z I A L E , SUL LATO INTERNO DELLAMURATURA O IN PERFORAZIONE7 - EVENTUALE TELAIO DI CERCHIATURA METAL-LICA O IN MALTE FIBRORINFORZATE DELLE APER-TURE, SULLO STROMBO INTERNO8 - E V E N T UALI INIEZIONI DI RIPARAZIONE E/OCONSOLIDAMENTO SUI PIEDRITTI ESILI

Meccanismo 5 a- Rottura a taglio della facciata6 - RINFORZO E CONNESSIONE TRA ARCHITRAVI DIAPERTURE CONTIGUE IN FACCIATA7 - EVENTUALE TELAIO DI CERCHIATURA METAL-LICA O IN MALTE FIBRORINFORZATE DELLE APER-TURE, SULLO STROMBO INTERNO8 - E V E N T UALI INIEZIONI DI RIPARAZIONE E/OCONSOLIDAMENTO SUI PIEDRITTI ESILI

Meccanismo 5 b- Rottura a taglio della facciata1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO... 2 - COLLEGAMENTI...3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO...4 - TIRANTE DI CONNESSIONE...7 - EVENTUALE TELAIO DI CERCHIATURA METAL-LICA O IN MALTE FIBRORINFORZATE DELLE APER-TURE, SULLO STROMBO INTERNO9 - TIRANTE A 2/3 DELLA CONTROFACCIATA INTER-NA

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SCHEMI DI INTERVENTI DA REALIZZARE A CONTRASTO DI MECCANISMICHIESE - Macroelemento FACCIATA

Meccanismo 5 c- Rottura a taglio della facciata1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO... 2 - COLLEGAMENTI...3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO...7 - TELAIO DI CERCHIATURA METALLICA O INM A LTE FIBRO R I N F O R Z ATE DELLE A P E RT U R E ,SULLO STROMBO INTERNO8 - INIEZIONI DI RIPARAZIONE E/O CONSOLIDA-MENTO FINO AL LIVELLO DELL’ARCHITRAVE9 - TIRANTE A 2/3 DELLA CONTROFACCIATA INTER-NAN.B: EVENTUALI ACCORGIMENTI DI ISOLAMENTODA CORPI CONTIGUI CHE TRASMETTONO SOLLECI-TAZIONI A TAGLIO (ES. CAMPANILI)

Meccanismo 6- Articolazione della parte sommitale dellafacciata1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO... 2 - COLLEGAMENTI...3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO...7 - TELAIO DI CERCHIATURA METALLICA O INM A LTE FIBRO R I N F O R Z ATE DELLE A P E RT U R E ,SULLO STROMBO INTERNO

Meccanismo 7- Spostamento esterno della facciata edella parte terminale della parete di navata1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO... 2 - COLLEGAMENTI...3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO...5 - EVENTUALE ALLARGAMENTO ESTERNO DELLABASE FONDALE10 - TIRANTE PARTE INTERNO E PARTE ESTERNO AVISTA IN CORRISPONDENZA DELLE RENI DEGLIARCHI

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Meccanismo 8- Espulsione dell’angolata1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO... 2 - COLLEGAMENTI...3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO...4 - TIRANTE DI CONNESSIONE...9 - TIRANTE A 2/3 DELLA CONTROFACCIATA INTER-NA

Meccanismo 9- Interazione con la torre campanaria1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO... 2 - COLLEGAMENTI...3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO...12 - EVENTUALI ACCORGIMENTI DI SEPARAZIONESTRUTTURALE TRA I CORPI

Meccanismo 10- Traslazione nel piano della facciata1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO... 2 - COLLEGAMENTI...3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO...7 - TELAIO DI CERCHIATURA METALLICA O INM A LTE FIBRO R I N F O R Z ATE DELLE A P E RT U R E ,SULLO STROMBO INTERNO9 - TIRANTE A 2/3 DELLA CONTROFACCIATA INTER-NA

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SCHEMI DI INTERVENTI DA REALIZZARE A CONTRASTO DI MECCANISMICHIESE- Macroelemento ARCO TRIONFALE

Meccanismo 2: Rotazione bilat e rale simmetrica nelpiano delle spalle1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO... 2 - COLLEGAMENTI...3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO...5 - VERIFICA ED EVENTUALE A L L A R G A M E N TOESTERNO DELLA BASE FONDALE10 - TIRANTE PARTE INTERNO E PARTE ESTERNO AVISTA IN CORRISPONDENZA DELLE RENI DEGLIARCHI11 - EVENTUALE COLLOCAZIONE DI TIRANTI VER-TICALI (IN PERFORAZIONE CENTRALE OPPUREESTERNI, POSSIBILMENTE IN COPPIA) MODERATA-MENTE POST-TESI, O ALTRI PRESIDI EQUIVALENTI13 - EVENTUALE RINFORZO INTRADOSSALE O SULFIANCO DELL’ARCO CON FASCE FIBRORINFORZA-TE15 - EVENTUALE TIRANTATURA VERTICALE INTER-NA O ESTERNA

Meccanismo 3: Rotazione concorde nel piano delle spalle1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO... 2 - COLLEGAMENTI...3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO...5 - VERIFICA ED EVENTUALE A L L A R G A M E N TOESTERNO DELLA BASE FONDALE10 - TIRANTE PARTE INTERNO E PARTE ESTERNO AVISTA IN CORRISPONDENZA DELLE RENI DEGLIARCHI11 - EVENTUALE COLLOCAZIONE DI TIRANTI VER-TICALI (IN PERFORAZIONE CENTRALE OPPUREESTERNI, POSSIBILMENTE IN COPPIA) MODERATA-MENTE POST-TESI, O ALTRI PRESIDI EQUIVALENTI13 - EVENTUALE RINFORZO INTRADOSSALE O SULFIANCO DELL’ARCO CON FASCE FIBRORINFORZA-TE15 - EVENTUALE TIRANTATURA VERTICALE INTER-NA O ESTERNA16 - EVENTUALE COSTRUZIONE DI CONTRAFFORTEA RINFIANCO O ELEMENTO EQUIVALENTE

Meccanismo 1: Rotazione monolatera nel piano di unaspalla1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO... 2 - COLLEGAMENTI...3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO...5 - VERIFICA ED EVENTUALE A L L A R G A M E N TOESTERNO DELLA BASE FONDALE10 - TIRANTE PARTE INTERNO E PARTE ESTERNO AVISTA IN CORRISPONDENZA DELLE RENI DEGLIARCHI13 - EVENTUALE RINFORZO INTRADOSSALE O SULFIANCO DELL’ARCO CON FASCE FIBRORINFORZA-TE

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Meccanismo 1 - Rotazione fuori piano della parete late-rale con formazione di cerniera cilindrica orizzontale allabase 1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO SOMMITALE2 - COLLEGAMENTI TRA CATENE DI CAPRIATE INLEGNO E MURI DI APPOGGIO3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO DIFALDA E CONNESSIONI CONTINUE TRA IMPALCA-TO E CORDOLO-TIRANTE4 - TIRANTE DI CONNESSIONE TRA MURO LATERA-LE E FACCIATA, A 2/3 DELL’ALTEZZA,ANCHE A SVI-LUPPO PA R Z I A L E , SUL LATO INTERNO DELLAMURATURA O IN PERFORAZIONE9 - TIRANTE IN SOMMITA’ SULLA CONTROFACCIA-TA INTERNA O SUL MURO MEDIANO10 - TIRANTE PARTE INTERNO E PARTE ESTERNO INCORRISPONDENZA DELLE RENI DELL’ A R C OTRIONFALE

Meccanismo 2 - Spostamento fuori piano di parete late-rale vincolata efficacemente su due lati1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO SOMMITALE2 - COLLEGAMENTI TRA CATENE DI CAPRIATE INLEGNO E MURI DI APPOGGIO3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO DIFALDA E CONNESSIONI CONTINUE TRA IMPALCA-TO E CORDOLO-TIRANTE4 - TIRANTE DI CONNESSIONE TRA MURO LATERA-LE E FACCIATA, A 2/3 DELL’ALTEZZA,ANCHE A SVI-LUPPO PA R Z I A L E , SUL LATO INTERNO DELLAMURATURA O IN PERFORAZIONE8 - INIEZIONI DI RIPARAZIONE E/O CONSOLIDA-MENTO9 - TIRANTE IN SOMMITA’ SULLA CONTROFACCIA-TA INTERNA O SUL MURO MEDIANO

Meccanismo 3 - Spostamento fuori piano di parete late-rale libere in sommità e vincolata su tre lati1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO SOMMITALE2 - COLLEGAMENTI TRA CATENE DI CAPRIATE INLEGNO E MURI DI APPOGGIO3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO DIFALDA E CONNESSIONI CONTINUE TRA IMPALCA-TO E CORDOLO-TIRANTE6 - RINFORZO DI ARCHITRAVI DI APERTURE13 - EVENTUALI FASCE FIBRORINFORZATE VERTI-CALI POSTE SUL LATO INTERNO DELLA MURATU-RA

SCHEMI DI INTERVENTI DA REALIZZARE A CONTRASTO DI MECCANISMICHIESE - Macroelemento PARETE LATERALE

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Meccanismo 4 - Rottura a taglio e deformazioni nelpiano della parete laterale8 - INIEZIONI DI RIPARAZIONE E/O CONSOLIDA-MENTO

Meccanismo 5 - Scorrimenti tra copertura e pareti late-rali9 - TIRANTE A 2/3 DELL’ALTEZZA SULLA CONTRO-FACCIATA INTERNA O SUL MURO LATERALE14 - CONSOLIDAMENTO DELLA FASCIA MURARIAA CONTATTO CON IL CORDOLO E COSTITUZIONEDI LEGAMI ADESIVI TRA MURATURA E CORDOLO(iniezioni di leganti adesivi, tirantini antiespulsivi, ecc.)N.B - In caso di imbozzameti della muratura e di danneg-giamenti diffusi riconducibili a modesta coesione muraria,valutare la possibilità di iniezione diffusa della muratura

Meccanismo 6 - Rottura a taglio dei setti trasversali dellaparete laterale1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO SOMMITALE5 - EVENTUALE ALLARGAMENTO ESTERNO DELLABASE FONDALE8 - INIEZIONI DI RIPARAZIONE E/O CONSOLIDA-MENTO14 - COLLOCAZIONE DI TIRANTI (IN PERFORAZIO-NE CENTRALE O ESTERNI,POSSIBILMENTE IN COP-PIA ED EVENTUALMENTE A PIU’ LIVELLI) MODE-RATAMENTE POST-TESI, O ALTRI PRESIDI EQUIVA-LENTI1 5 - COLLEGAMENTI TRA MURATURE DISCONTI-NUE ESEGUITI CON TIRANTINI CEMENTATI, COLIDI RESINA EPOSSIDICA NEL GIUNTO O ALTRON B - VA L U TARE LA POSSIBILITA’ DI INSERIRETIRANTI VERTICALI, FASCE FIBRORINFORZATE OA LT RO IN PA RTICOLARE NELLE ZONE TESE DISETTI SNELLI CON COMPORTA M E N TO TAG L I O -FLESSIONE

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Meccanismo 7 - Spinta localizzata di arco trasversale1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO SOMMITALE3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO DIFALDA E CONNESSIONI CONTINUE TRA IMPALCA-TO E CORDOLO-TIRANTE10 - TIRANTE PARTE INTERNO E PARTE ESTERNO INCORRISPONDENZA DELLE RENI DELL’ A R C OTRIONFALE

Meccanismo 8 - Espulsione dell’angolata(vedi meccanismo 8 facciate)1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO SOMMITALE3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO DIFALDA E CONNESSIONI CONTINUE TRA IMPALCA-TO E CORDOLO-TIRANTE9 - TIRANTE (ANCHE PIU’ DI UNO, A PIU’LIVELLI)SULLA CONTROFACCIATA INTERNA O SUL MUROLATERALE

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SCHEMI DI INTERVENTI DA REALIZZARE A CONTRASTO DI MECCANISMI- Macroelemento ABSIDE

Meccanismo 1 - Traslazione o rototraslazione della partesuperiore dell’abside semicircolare con distacco lungo unpiano inclinato1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO... 2 - COLLEGAMENTI...3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO...9 - TIRANTE INTERMEDIO A 2/3 DELL’ A LT E Z Z A ,OVE POSSIBILE ANCORATO ALLE MURATURE DELPRESBITERIO O DELL’AULA (A SECONDA DELLEP O S S I B I L I TA’ : ESTERNO A LAMA META L L I C A , AFASCIA FIBRORINFORZATA O A CAVO, OPPURE CONTIRANTI INTERNI ALLA MURATURA COLLEGAT IALLE TESTE) 17 - COMPENSAZIONE DELLA SPINTA DEI PUNTONIE/O A N C O R AGGIO DELLE SEMICAPRIATE A L L EMURATURE PIU’INTERNE

Meccanismo 2 - Rotazione o rototraslazione fuori pianodelle angolate o di fasce verticali in abside o cappella poli-gonale1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO... 2 - COLLEGAMENTI...3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO...9 - TIRANTE INTERMEDIO A 2/3 DELL’ A LT E Z Z A ,OVE POSSIBILE ANCORATO ALLE MURATURE DELPRESBITERIO O DELL’AULA (A SECONDA DELLEP O S S I B I L I TA’ : ESTERNO A LAMA META L L I C A , AFASCIA FIBRORINFORZATA O A CAVO, OPPURE CONTIRANTI INTERNI ALLA MURATURA COLLEGAT IALLE TESTE) 17 - COMPENSAZIONE DELLA SPINTA DEI PUNTONIE/O A N C O R AGGIO DELLE SEMICAPRIATE A L L EMURATURE PIU’INTERNE

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Meccanismo 3 - Rottura per taglio nel piano1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO... 2 - COLLEGAMENTI...3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO...9 - TIRANTE INTERMEDIO 17 - COMPENSAZIONE DELLA SPINTA DEI PUNTONIE/O A N C O R AGGIO DELLE SEMICAPRIATE A L L EMURATURE PIU’INTERNEN.B. In base alle caratteristiche della muratura, valutarel’opportunità di iniezioni di consolidamento

Meccanismo 4 - Espulsione dell’angolata1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO... 2 - COLLEGAMENTI...3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO...9 - TIRANTE INTERMEDIO 17 - COMPENSAZIONE DELLA SPINTA DEI PUNTONIE/O A N C O R AGGIO DELLE SEMICAPRIATE A L L EMURATURE PIU’INTERNE

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SCHEMI DI INTERVENTI DA REALIZZARE A CONTRASTO DI MECCANISMIEDIFICI URBANI- Macroelemento PARETE ESTERNA

Meccanismi di ribaltamento fuori piano verso l’esterno(1.1, 1.2, 1.3, 1.4)1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO SOMMITALE2 - COLLEGAMENTI DI CATENE DI CAPRIATE, TER-ZERE E COLMI AI MURI DI APPOGGIO E AL CORDO-LO-TIRANTE3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO DIFALDA E CONNESSIONI CONTINUE TRA IMPALCA-TO E CORDOLO-TIRANTE4 - TIRANTI DA FACCIATA A FACCIATA LUNGO IMURI DI SPINA5 - COLLEGAMENTI PASSANTI TRA SOLAIO E MUROESTERNO6 - IRRIGIDIMENTO DEL SOLAIO

Meccanismo di ribaltamento fuori piano in presenza divincolo alla sommità (1.5)5 - COLLEGAMENTI PASSANTI TRA SOLAIO E MUROESTERNO (DI SINGOLE ORDITURE O DEL CORDO-LO-TIRANTE PERIMETRALE)6 - IRRIGIDIMENTO DEL SOLAIO

Meccanismo di ribaltamento fuori piano dovuto a spintelocalizzate della copertura (1.6)1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO SOMMITALE2 - COLLEGAMENTI DI CATENE DI CAPRIATE, TER-ZERE E COLMI AI MURI DI APPOGGIO E AL CORDO-LO-TIRANTE3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO DIFALDA E CONNESSIONI CONTINUE TRA IMPALCA-TO E CORDOLO-TIRANTE7 - COMPENSAZIONE DELLA SPINTA DEI PUNTONICON TIRANTI E RIPARTIZIONE DELL’APPOGGIO

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Meccanismo di lesionamento a taglio (1.7)8 - ESECUZIONE DI INIEZIONI DI RIPARAZIONE ECONSOLIDAMENTON.B - STUDIARE EVENTUALI PRESIDI QUALI IRRIGI-DIMENTI DI MASCHI MURARI ESILI, C O N TO R N ISTRUTTURALI A RINFORZO DI FORI NELLE POSI-ZIONI ANGOLARI, TIRANTI

PARETE DI TESTATAMeccanismo di rotazione fuori piano (2.1, 2.2, 2.3)1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO SOMMITALE2 - COLLEGAMENTI DI CATENE DI CAPRIATE, TER-ZERE E COLMI AI MURI DI APPOGGIO E AL CORDO-LO-TIRANTE3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO DIFALDA E CONNESSIONI CONTINUE TRA IMPALCA-TO E CORDOLO-TIRANTE4 - TIRANTI O COLLEGAMENTI AL CORDOLO-TIRANTE INTERNO5 - COLLEGAMENTI PASSANTI TRA SOLAIO E MUROESTERNO (DI SINGOLE ORDITURE O DEL CORDO-LO-TIRANTE PERIMETRALE)6 - IRRIGIDIMENTO DEL SOLAIO

PARETE DI SPINAMeccanismo nel piano in connessione con la facciata1 - CORDOLO-TIRANTE ADESIVO SOMMITALE2 - COLLEGAMENTI DI CATENE DI CAPRIATE, TER-ZERE E COLMI AI MURI DI APPOGGIO E AL CORDO-LO-TIRANTE3 - PARZIALE IRRIGIDIMENTO DELL’IMPALCATO DIFALDA E CONNESSIONI CONTINUE TRA IMPALCA-TO E CORDOLO-TIRANTE4 - TIRANTI O COLLEGAMENTI AL CORDOLO-TIRANTE INTERNO5 - COLLEGAMENTI PASSANTI TRA SOLAIO E MUROESTERNO (DI SINGOLE ORDITURE O DEL CORDO-LO-TIRANTE PERIMETRALE)6 - IRRIGIDIMENTO DEL SOLAIO

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7.3. Contenuti della “Relazione programmatica”Le “Direttive” richiedono che il progetto includa laRelazione Programmatica. L’enfasi data a questo docu-mento, che costituisce la relazione illustrativa dei cri-teri di impostazione del progetto e dei principali inter-venti previsti, vuole rimarcarne il ruolo centrale nelmettere a fuoco e trasmettere le motivazioni dell’inte-ro progetto e delle scelte compiute.In essa, dopo aver riassunto i ri s u l t ati degli ap p ro fo n d i-menti analitici e diag n o s t i c i , ve n gono indicati gli obiet-t ivi di proge t t o , d e s c ritta l’impostazione data per rag-gi u n ge rli insieme agli accorgimenti tecnici pre s c e l t i .Nelle “ D i re t t ive ” , a l l ’ a rt. 3, si affe rma che nella“Relazione programmatica (...) devono confluire i cri-teri adottati, le scelte a fronte dei risultati delle analisie delle indagini svolte e l’impostazione data al proget-to in relazione ai due settori disciplinari che vi concor-rono (l’ingegneria strutturale e l’architettura-restauro).Deve essere chiaramente evidenziata la corrispondenzatra le diverse forme di vulnerabilità riconosciute nellafase analitica ed i presidi di miglioramento previsti dalprogetto”.La relazione deve perciò proporre una chiara visionedel rapporto tra caratteri e condizioni dell’edificio,obiettivi tecnico-culturali del progetto e mezzi adottatidal progettista.Deve in particolare descrivere la concezione comples-siva e gli obiettivi del progetto di miglioramento, non-chè le soluzioni adottate per rispondere alle esigenzeposte dalla lista di controllo.Ad esempio, il progettista deve indicare i criteri archi-tettonico-conservativi adottati nella scelta dei presidistrutturali, sia in termini di valutazione degli impattimateriali, sia in termini di mantenimento a vista dellestrutture di presidio (con autonoma formalizzazione,meramente tecnologico o con accorgimenti di dissimu-lazione) oppure interni occultati, indicandone le moti-vazioni.La compresenza nel progetto della “Scheda” libera laRelazione da molti obblighi informativi già assolti, e laspinge a trattare con sinteticità i criteri di fondo delprogetto per metterli a fuoco e comunicarli con chia-rezza.

Si propone di articolare la Relazione Programmaticasviluppando i seguenti argomenti:

Descrizione dell’edificio: Impostazione tipologica ea rchitettonica di insieme, i n s e rimento ambientale,caratteri e materiali costitutivi dei diversi fronti esterni,caratteri e materiali costitutivi dei diversi ambientiinterni, elementi di arredo fisso e mobile, tipi di mura-tura, tipi di solaio, tetto, scale.

Sintesi dei principali riferimenti storici, relativi in par-ticolare alla storia e alle fasi costruttive, ad eventualieventi sismici del passato (3), tratti da fonti scritte editee non, da iconografie storiche, foto d’archivio o altro

(da riprodurre), da testimonianze di vario tipo, daosservazioni stratigrafiche e costruttive direttamentecompiute sull’edificio. Nel caso la relazione storica siasviluppata in modo autonomo, riportare gli elementisalienti.

Livello di manutenzione e stato di degrado: natura etipo degli ultimi interventi noti, livello di efficienza deltetto, di gronde e pluviali,di serramenti esterni, di rive-stimenti esterni. Descrizione di eventuali fenomeni didegrado proprio dei materiali, esiti di prove e accerta -menti diagnostici sul loro stato di conservazione (vedianche scheda e lista di controllo).

D e s c rizione del sistema re s i s t e n t e: o rga n i z z a z i o n edella maglia muraria, struttura dei solai, struttura deltetto, presenza e tipo di tiranti o elementi di tenuta,eventuali strutture spingenti in fase statica, eventualidanni precedenti all’evento sismico (dissesti statici,inflessione solai, cedimento fondazioni, ecc.), inter-venti recenti a componente strutturale (descrivere perquanto possibile gli interventi compiuti), esiti di even-tuali prove compiute sulla muratura.

Descrizione dei dissesti sismici: meccanismi di dannoattivati dal recente terremoto, suddivisi per macroele-menti e schematizzati nella loro possibile evoluzione(progetto di danno), forme di vulnerabilità specificaindividuate, crolli o danneggiamenti locali accentuati(allegare scheda NOPSA).

Enunciazione delle finalità generali e dei criteri adot -tati : criteri architettonico-conservativi, criteri com-plessivi di miglioramento, valutazione e motivazionedegli impatti.

Descrizione sintetica degli interventi previsti suddivisiin categorie: opere di riparazione, opere di consolida-mento statico, opere di manutenzione, opere di miglio-ramento antisismico (per quanto possibile collegatealle vulnerabilità tipiche e specifiche e ai meccanismidi dissesto che intendono contrastare), opere di rico-struzione, opere di restauro e di finitura delle superfici,realizzazione di dotazioni impiantistiche, di sicurezzae per l’accessibilità, modifiche organizzative e distri-butive, mutamenti di destinazione d’uso, ecc.

A scopo esemplificativo, si indicano gli interventi per-tinenti alle diverse categorie, suddivise in livelli diintensità ed estensione:

RiparazioneLivello 1 - Semplice risarcimento di lesioni e di altrieffetti di danno limitati.Livello 2 - Risarcimento e ricostituzione di continuitàmuraria in corrispondenza di lesioni, incuneatura archie volte, altre opere affini .Livello 3 - Risarcimento e ricostituzione di continuità

(3) Vedi in particolare il testo di E. BOSCHI, E. GUIDOBONI, G. FERRARI, G. VALENSISE, I terremoti dell’AppenninoUmbro-Marchigiano- Area sud-orientale dal 99 a.C al 1984, Editrice Compositori, Bologna, 1998

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muraria in corrispondenza di lesioni, limitate ricostru-zioni di parti crollate o irrimediabilmente danneggiate.

Consolidamento staticoLivello 1 - Interventi locali di rafforzamento ai carichiverticali (es. consolidamento testa di capriata, presidilocali).Livello 2 - Interventi diffusi di rafforzamento ai carichiverticali, interventi locali in fondazione, rafforzamentocollaborante solai o capriate inflesse.Livello 3- Interventi diffusi di consolidamento murariocon iniezioni a fronte di grave decoesione muraria, e/ointerventi generalizzati in fondazione a fronte di disse-sti fondali, e/o rafforzamento collaborante o sostitutivodi solai o capriate.

ManutenzioneLivello 1 - Ricostituzione locale dell’efficienza deimanti di copertura, delle gronde, ecc.Livello 2 - Ripassatura completa di manti e sottomantidi copertura, sistemazione o sostituzione gronde e plu-viali.Livello 3 - Revisione sistematica dei sistemi di coper-tura con eventuale sostituzione di impalcati, media eminuta orditura, rimozione e ricollocazione manti esottomanti, interventi per il deflusso di acque, ecc.

Miglioramento antisismicoLivello 1 - (miglioramento parziale) Interventi locali acontrasto delle vulnerabilità tipiche manifestate daldissestoL ivello 2 - (miglioramento sistematico) Interve n t ilocali e generali a contrasto delle vulnerabilità tipichemanifestate dal dissesto e attese per tipologia delmacroelemento, interventi locali a contrasto delle vul-nerabilità specifiche (discontinuità, ecc.);Livello 3 - (miglioramento sistematico in situazioni dimarcata vulnerabilità) Come livello 2,ma con modalitàdi calcolo e soluzioni tecniche atte a risolvere situazio-ni di elevata vulnerabilità e pericolosità.

RicostruzioneLivello 1 - (Ricostruzione localizzata) Ricostruzione diparti di macroelemento crollate, senza che si sia avutaperdita di configurazione di interi macroelementi.Livello 2 - (Ricostruzione parziale) Ricostruzione diinteri macroelementi senza che si sia avuta perdita diconfigurazione del corpo principale.Livello 3 - (Ricostruzione generale) Ricostruzione delcorpo principale della costruzione.

Restauro e finitura delle superfici Livello 1- (Interventi conservativi) Sole opere di fissa-tura e consolidamento di intonaci di pregio o affreschi,stuccatura lesioni, risarcimento locale tinteggiature epavimenti.Livello 2 - (Interventi di restauro propriamente detti)Come 1, con integrazione delle lacune, ricollocazionef rammenti e completa presentazione estetica dellasuperficie, rinnovo tinteggiature.Livello 3 - (Interventi di restauro di particolare com-

plessità o estensione) Interventi che comportano larimozione a strappo di affreschi, o che presentanogravi problemi conservativi (umidità, presenze saline,lacune diffuse da crolli parziali, ecc.)

Dotazioni per la fruizione Livello 1 - Adeguamento alle normative degli impiantielettrici e di illuminazioneLivello 2 - Adeguamento alle normative degli impiantielettrici e di illuminazione, dotazione impianti di sicu-rezza, adeguamento anche parziale alle normative sulsuperamento delle barriere architettonicheLivello 3 - Dotazioni e adeguamenti normativi connes-si a speciali funzioni compatibili già esistenti (es.archivio, biblioteca, museo).

7.4. I grafici di Progetto Definitivo: contenuti emodalità redazionaliAi grafici del progetto definitivo è richiesto soprattuttodi indicare e localizzare con chiarezza nella fabbrica lelinee strategiche di insieme dell’intervento, relativealle diverse categorie (riparazione, consolidamento,miglioramento, ecc.).Per quanto riguarda il miglioramento, come già detto,l’impianto strategico consiste nel prevedere la rispostaa ciascuno dei meccanismi di danno riscontrati o pre-visti, e nel far sì che uno stesso intervento possa con-tribuire alla risposta a più meccanismi.

I grafici di pr ogetto definitivo devono quindi svolgerealmeno due funzioni:-una funzione di t racciamento/localizzazione sullafabbrica degli interventi di presidio (dove devono esse-re eseguiti) indicando percorsi, punti di impatto e con-nessioni, e di localizzazione di tutti gli altri interventinecessari;-una funzione di descrizione dei singoli interventi e deirelativi modi di esecuzione (cosa deve essere realizza-to e come).

La prima delle due funzioni (localizzazione/traccia-mento) viene svolta sovrapponendo alla base grafica (oin certi casi fotografica) dello stato attuale gli inter-venti disegnabili, ossia passibili di descrizione attra-verso il disegno (come un tirante, una nuova muratura,una orditura lignea, ecc.). La differenziazione g raficaindicata dalla legenda di seguito proposta può metterenell’opportuna evidenza gli interventi di nuova forma-zione rispetto alle strutture esistenti, e, anche, gli even-tuali interventi di demolizione-ricostruzione che nonmutano i profili, come ad esempio un’opera di cuci escuci, ma rilevanti per la valutazione degli impattidistruttivi.L’apposizione sui grafici di sigle di rinvio ai particola-ri costruttivi, che saranno sviluppati nel progetto ese-cutivo, consente di collegare il dettaglio all’insieme.

In via generale, va rimarcato che, mentre nelle opere dinuova costruzione o ricostruzione il disegno progettua-le in scala ha il compito fondamentale di fungere damodello dell’opera da costruire, questa funzione si

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attenua nelle opere conservative e di restauro, che perloro natura comportano limitate modifiche geometri-che descrivibili con il disegno.Molte tra le opere predominanti nel restauro, come itrattamenti della materia esistente, delle sue superfici odella sua struttura interna, mal si prestano ad essererappresentate sui grafici, in quanto non comportanomodificazioni alla superficie e ai profili (come ad es. ilconsolidamento superficiale di una pietra). In sostanzala loro descrizione sfugge agli strumenti del disegno senon per quanto serve alla loro localizzazione sull’ope-ra. Inoltre, sulla stessa superficie spesso devono esseresvolte più lavorazioni, fatto che rende complesso ilricorso a simboli e campiture grafiche da utilizzaresimultaneamente. Ma soprattutto, se le opere di restau-ro devono essere localizzate in forma grafica, pur conqualche difficoltà, la loro compiuta descrizione nonpuò che essere svolta in forma scritta, in quanto legataa precisi procedimenti, alla descrizione dei materiali daimpiegare, alle cautele operative, ecc.Per contro, l’elenco prezzi unitari descrive compiuta-mente in forma scritta l’intervento da realizzare, manon lo localizza nè lo delimita.La saldatura tra i due tipi di elaborato, naturalmentecomplementari, è essenziale per la chiarezza comples-siva del progetto; per realizzarla, è necessario almenoriportare sui grafici la sigla della voce di elenco prezzicorrispondente all’operazione prevista, localizzandolasull’opera e perimetrandone l’estensione con un trattoa contorno o una campitura, oppure con note scritte,oltre che attraverso la rubricazione analitica di ciascu-na unità di intervento nel computo metrico estimativo.Una tabella affiancata alle tavole di progetto richiamain modo abbreviato il contenuto delle principali voci dielenco prezzi (es. C.12, muratura in mattoni pieni) econsente una agevole lettura dei grafici anche senzadover simultaneamente consultare il fascicolo dell’e-lenco prezzi.(Vedi esempi applicativi).L’attuale sviluppo delle elaborazioni informatiche dibasi fotografiche consente in questo campo soluzioniinnovative di innegabile efficacia.

E’ importante sottolineare come gli elaborati del pro-getto definitivo non debbano essere superati da quellidel progetto esecutivo, ma possano essere solo integra-ti da questi e, ove necessario, aggiornati con gli affina-menti resi possibili dallo studio di dettaglio.I grafici di progetto definitivo assumono perciò la fun-zione di progetto generale o di coordinamento, la cuiconsultazione in cantiere deve essere il più possibile

facilitata. A tal fine, soprattutto per edifici di dimen-sione medio-grande, è più funzionale la scala 1:100,purchè gli interventi siano accuratamente riportati nel-l’insieme e sviluppati con particolari costruttivi, diquanto non lo sia la scala 1:50, che rende ingombrantie difficilmente utilizzabili in cantiere i disegni di pro-getto.

La connessione tra elaborati grafici generali del pro-getto definitivo, i particolari grafici del progetto esecu-tivo e la descrizione delle voci di elenco prezzi con-sente al progetto di costituire un sistema informati voagile ed efficace, riducendo il rischio -sempre presen-te- di scarsa consultazione del progetto da parte del-l’impresa e di scissione tra parte tecnico-operativa eparte economico-amministrativa dell’intervento.

A queste funzioni (localizzazione-tra c c i a m e n t o ,descrizione), il progetto deve aggiungere una funzioneesplicativa attraverso alcuni g rafici anche semplifica-ti, possibilmente in forma tridimensionale, che comu-nichino con chiarezza le linee strategiche e l’architet-tura complessiva degli interventi di miglioramento.Sono molto utili a questo fine gli spaccati assonome-trici con evidenziati i percorsi dei tiranti e degli altriinterventi di connessione, irrigidimento, ecc.Tali grafici, anche a scala ridotta, possono essere inclu-si nella Relazione programmatica.

Come è noto, non esiste una convenzione grafica nor-malizzata per la redazione dei progetti di restauro ingenerale, nè dei progetti di miglioramento sismico, equindi non sono univocamente codifi c ati i modiespressivi e redazionali con cui devono essere svolti iprogetti. L egende con gra fie tecniche conve n z i o n a l i , fo rs eanche eccessivamente formalizzate, sono state effica-cemente sperimentate nelle opere di riparazione suc-cessive al terremoto del Friuli gestite dalla SegreteriaGenerale Straordinaria. Una simile esperienza è stataripetuta dal Comune di Parma dopo il terremoto del1983 e in altre occasioni (4).Si propone qui una legenda con una grafia convenzio-nale semplificata relativa alle opere di riparazione emiglioramento antisismico con opere accessorie direstauro, che tiene conto delle esperienze compiute.Essa tuttavia dovrà inevitabilmente essere integrata eadattata qualora si riveli non adatta a descrivere situa-zioni ed interventi particolari.

(4) Vedi ad esempio il fascicolo predisposto dalla Regione Toscana, Dipartimento Ambiente, su “Progetto Terremoto inGarfagnana e Lunigiana- D.2.1, Istruzioni tecniche per la redazione degli elaborati di indagine, documentazione e progetto degliinterventi di miglioramento antisismico”, Firenze, 1996.

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Grafico assonometrico con elencazione delle principali forme di vulnerabilità dovute a discontinuità costruttive e localizzazionedei meccanismi di danno attivati nella chiesa di S. Marcello a Umin di Feltre.

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Previsione di evoluzione del danno (progetto di danno) di meccanismi attivati effettuata utilizzando esempi di danno ultimo o dicrolli prodotti su altri edifici da meccanismi analoghi.

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Grafico assonometrico con indicazione dei principali interventi di miglioramento e consolidamento.

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Schema degli interventi di miglioramento da realizzare sul tetto e sulla parte sommitale delle murature.

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Grafici del progetto definitivo di restauro e miglioramento antisismico di Porta Imperiale (Feltre, BL). Nella legenda sono elen-cate le principali lavorazioni previste dall’Elenco Prezzi Unitari di progetto, le cui sigle sono riportate sui grafici per localizzarei diversi interventi previsti. Disegni di Renata Daminato e Francesco Doglioni.

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8.1. Ruolo e requisiti del progetto esecutivoSe il progetto definitivo ha soprattutto il compito didelineare con chiarezza la strategia complessiva dimiglioramento, indicando le linee di opposizione aidiversi meccanismi, al progetto esecutivo spetta ilcompito di mettere a punto le soluzioni tecniche concui attuare la difesa, in tutte le posizioni nelle qualiessa è richiesta e concretamente possibile, e nel modomaggiormente compatibile con la conservazione delbene.Perciò la progettazione esecutiva del miglioramento hasoprattutto il compito di sviluppare gli interventi neinodi strutturali e nelle diverse parti della costruzione.Intendiamo per nodi strutturali quelle zone dell’edifi-cio in cui si concentrano le interazioni tra parti diverseed in cui, di conseguenza, le sollecitazioni sono piùaccentuate. Dalla crisi di queste zone derivano in gene-re i danni più g ravi all’intero sistema. Ad esempio, è cruciale l’intervento nella zona sommi-tale delle murature, in cui si verifica l’interazione conil tetto; le connessioni tra muro e solaio (in facciata,laterali, interne) aprono la questione sul contributo chela muratura può dare alla stabilità del solaio e su quel-lo che può dare il solaio alla stabilità della muratura sucui poggia. In questo capitolo si esaminano alcuni nodi

che, pur nella varietà delle situazioni reali, sono carat-teristici di quasi tutte le costruzioni antiche. Ma, al dilà degli accorgimenti operativi e dei dettagli esecutiviqui proposti per svilupparne il contributo al migliora-mento della costruzione, intendiamo soprattutto defini-re i requisiti e le funzioni specificamente richieste aqueste parti della fabbrica, requisiti e funzioni chedevono costituire il punto di riferimento e l’obiettivoda perseguire nella progettazione esecutiva. Si voglio-no con ciò mettere in discussione alcuni automatismi,acquisiti anche inconsapevolmente o legati ad imposta-zioni normative precedenti all’introduzione del miglio-ramento, che portano ad aderire immediatamente aduna data soluzione tecnica senza averne effettivamentevalutato la piena funzionalità ai requisiti richiesti e leeventuali controindicazioni, e senza averne prima esa-minato le alternative. Diverso è, ad esempio, stabilire irequisiti di interazione/connessione tra muro e tetto e imodi di confinamento superiore della muratura, dal-l’individuare immediatamente il cordolo in c.a. comeunica risposta tecnica.Per facilitare il riscontro concettuale e normativo,viene riportata a fianco dei diversi argomenti la parte ditesto re l at iva contenuta nelle Dire t t ive e nelleIstruzioni già citate. (1) (2)

(1) Nelle “Direttive Tecniche...”, che costituiscono l’Allegato A alla delibera G.R. n. 78 del 18 gennaio 1999, al punto 3- Criter idi progettazione, si afferma:“Il progetto (...) deve conseguire i seguenti obiettivi:(...)- garantire l’unitarietà dell’intervento complessivo, anche se articolato su singole parti strutturali, privilegiando interventi miniminecessari, tra loro omogenei e accordando tra loro interventi strutturali e di finitura, con l’equilibrata integrazione delle compe-tenze strutturali dell’ingegneria con le competenze architettoniche ed artistiche dell’architettura e del restauro”.Inoltre, al punto 4. Tipologia degli interventi strutturali e loro esecuzione:“Fermo restando che per quanto riguarda le modalità esecutive delle “Operazioni tecniche di intervento” si fa riferimentoall’Allegato A1 (“Istruzioni...” del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, n.d.r.), si vuole richiamare l’attenzione sui seguen-ti aspetti:

8. LA PROGETTAZIONE ESECUTIVA DEL MIGLIORAMEN-TO: GLI INTERVENTI NEI NODI STRUTTURALI E NELLEPARTI COSTITUTIVE

8.1. Ruolo e requisiti del progetto esecutivo8.2. Il nodo muro-tetto: confinamento e consolidamento sommitale delle murature, connessioni tra

muro e tetto, irrigidimento e solidarizzazione delle falde del tetto8.3. Il nodo muro-solaio: consolidamento dell’appoggio e connessioni muro-solaio, irrigidimento di

solai e tirantatura perimetrale8.4. Il nodo muro di fondazione-terreno di appoggio8.5. Le discontinuità murarie: la riparazione delle lesioni, il risarcimento di vuoti, la neutralizzazio-

ne strutturale delle discontinuità costruttive8.6. Sistemi di consolidamento meccanico della muratura a fronte di vulnerabilità accentuate8.7. Gli interventi sulle volte: volte strutturali, volte strutturali sottili (a mattoni in foglio)8.8. Sistemi di tirantatura metallica o mista a contenimento di meccanismi8.9. Aspetti legati alla protezione e al restauro di superfici architettoniche e di elementi di arredo

fisso e mobile

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I temi considerati riprendono in larga parte quelli giàp resenti nelle “ I s t ru z i o n i . . .” , delle quali intendonocostituire uno sviluppo applicativo, anche attraversol’esemplificazione di interventi realizzati.

8.2. Il nodo muro-tetto: confinamento e consolida-mento sommitale delle murature, connessioni tramuro e tetto, irrigidimento e solidarizzazione dellefalde del tettoLe connessioni tra la parte sommitale delle murature eil tetto (orditura primaria e secondaria, impalcato dellediverse falde), sempre importanti, diventano fonda-mentali soprattutto negli edifici privi di solai e conpareti libere lunghe e snelle, prive di murature ortogo-nali di controvento, come le chiese o le grandi aule, incui il tetto rappresenta l’unica o la principale possibi-lità di solidarizzazione orizzontale tra le murature

opposte, per contrastarne la libera oscillazione.D’altro canto le orditure del tetto, se non adeguata-mente vincolate alle opposte murature di appoggio,possono indurre su di esse spinte locali inducendo spo-stamenti progressivi verso l’esterno nel corso del terre-moto, causando la perdita di appoggio e la caduta deltetto, con crolli e danneggiamenti gravissimi. Non vi èdunque altra scelta: se le orditure e l’impalcato deltetto non diventano elementi di collegamento e di soli-darizzazione tra le murature, sono destinate a danneg-giare le murature di appoggio e ad essere danneggiateo crollare esse stesse. (3)

Va ricordato che il tetto è la parte che prima e più gra-vemente risente della mancanza di manutenzione. Unainfiltrazione d’acqua non riparata causa un particolarecinematismo di degrado, cui si accompagna una pro-

- ricostituzione della maglia muraria e verifica della sua adeguatezza con riferimento alla destinazione d’uso ed alla qualità e tipo-logia dell’apparato murario stesso;- ripristino o conferimento della efficacia di comportamento delle parti strutturali sotto il profilo della resistenza, della rigidezzae della stabilità;- utilizzazione di tecniche con nuovi materiali e relative tecnologie di applicazione, qualora siano state adeguatamente sperimen-tate;- verifica e potenziamento sistematico dei collegamenti tra strutture orizzontali (solai e tetti) e verticali (murature), delle muratu-re tra loro, con neutralizzazione delle eventuali spinte indotte da volte, archi, travature inclinate, ecc.Quanto ai primi due aspetti, occorre, a partire dalla concezione dei singoli interventi fino alla realizzazione dell’intervento com-plessivo, ripristinare e migliorare le caratteristiche di resistenza agli elementi sottoposti alle sollecitazioni di carichi ordinari o dinatura sismica, anche in ordine alla destinazione d’uso; tale ripristino e miglioramento va eseguito conservando i materiali origi-nari, tendendo a migliorare il funzionamento degli elementi strutturali, nel rispetto dei materiali di cui sono costituiti, piuttostoche introdurre o sovrapporre nuovi elementi o materiali di diversa natura.”

( 2) Dalle “Istruzioni...”, cit., paragrafo C.4- Operazioni tecniche di intervento:“”... Le operazioni possibili per ciascuna patologia o forma di vulnerabilità sono generalmente più d’uno,con caratteristiche diver-se in termini di efficacia, invasività, reversibilità, durabilità, costi.La scelta della soluzione è compito primario del progetto, e deve essere predisposta dopo attento esame della specifica situazio-ne e verifica dell’efficacia della soluzione proposta.Nell’ambito delle opere di restauro architettonico, devono in via generale essere evitate tutte le opere di demolizione-sostituzio-ne e di demolizione-ricostruzione, operando con interventi che collaborino con la struttura esistente senza alterarla. Ai punti cheseguono si presentano alcune indicazioni di carattere generale utili per conseguire un miglioramento nel comportamento sismicodelle strutture, che va attestato come indicato al punto C.1. Tali indicazioni sono, per loro natura, non esaustive.”

(3) Dalle “Istruzioni...”, cit., paragrafo C.4.7 - Tetti : “Ove i tetti presentino orditure spingenti, come nel caso di puntoni inclinatiprivi di semi-catene in piano, la spinta deve essere compensata. E’in linea generale opportuno il mantenimento dei tetti in legno, evitando interventi che comportino aumenti di masse nella partepiù alta dell’edificio o formazione di elementi eccessivamente rigidi rispetto alla compagine muraria sottostante. Devono perciòessere evitate le sostituzioni di tetti in legno con tetti in cemento o laterocemento. L’impiego di carpenterie metalliche deve essere attentamente valutato.In ogni caso non sono consentiti i provvedimenti generalizzati di sostituzione. Nel corso di interventi di restauro delle orditurelignee, per riportarle a piena efficienza strutturale, e di manutenzione degli impalcati e dei manti di copertura, va posta ogni atten-zione a verificare ed accentuare il ruolo di connessione reciproca tra murature contrapposte svolte dalle orditure del tetto. Oltre alcollegamento con capochiave metallici che impediscano la traslazione, debbono, ove possibile, essere adottati elementi di raffor-zamento del punto di contatto tra muratura e tetto.Ciò può essere compiuto attraverso cordoli-tirante in legno o in metallo opportunamente connessi sia alle murature che alle ordi-ture in legno del tetto, a formare al tempo stesso un bordo superiore delle murature resistente a trazione, un elemento di riparti-zione dei carichi agli appoggi delle orditure del tetto e un vincolo assimilabile ad una cerniera tra murature e orditure.Vanno in generale esclusi i cordoli in cemento armato, per la diversa rigidezza che essi introducono nel sistema e per l’impattoche producono. Essi possono essere utilizzati solo quando non alterino la situazione statica della muratura, e ne sia chiaramentedimostrata l’efficacia. Possono essere introdotte forme di parziale irrigidimento delle falde, ad esempio a mezzo di tavolati sovrap-posti e incrociati a quelli esistenti, con opportuni collegamenti ai bordi della muratura.In generale, vanno il più possibile sviluppati i collegamenti e le connessioni reciproche tra la parte terminale della muratura e leorditure e gli impalcati del tetto, ricercando le configurazioni e le tecniche compatibili con le diverse culture costruttive locali”.

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gressiva perdita di efficienza strutturale, con deforma-zioni e collassi prima locali e poi generali. Se questainfiltrazione avviene in corrispondenza dell’appoggioa muro di capriate o orditure principali, il danno puòessere particolarmente insidioso, sia perchè più diffi-cilmente individuabile dall’esterno, sia in quanto puòportare alla perdita di consistenza della testa lignea ealla disgregazione della muratura di appoggio, conconseguenze per l’intero sistema. In condizioni didegrado dovuto a mancanze manutentive, la strutturadel tetto non solo non sarà in grado di svolgere la suafondamentale azione di solidarizzazione tra muraturenel corso del sisma, ma si presenterà indebolita e conminori margini di resistenza nei punti nodali, giungen-do più rapidamente al crollo.Per queste ragioni, è evidente che l’opera di migliora-mento antisismico dei tetti non può essere efficace nèduratura se contestualmente non si risarcisce l’even-tuale debito manutentivo, riportando l’orditura e ilmanto a condizioni di efficienza.

Analizziamo ora le funzioni che il nodo strutturalemuro-tetto deve saper assolvere, alla luce delle vulne-rabilità tipiche e specifiche constatate, in modo dafinalizzare ad esse gli interventi esecutivi del progettodi miglioramento.1 - Funzione di collegamento reciproco del para-mento murario esterno al paramento interno, e diaumento delle caratteristiche coesive-adesive dellamuratura al suo bordo superiore.La muratura, soprattutto se in pietra, è usualmentecostituita da due paramenti non collegati tra loro, masemplicemente accostati, con nucleo interno formatoda materiale spesso poco coerente. Mentre i bordi ver-ticali, come le angolate, hanno in genere una loro arti-colazione specializzata con conci più accurati e dimaggiore dimensione, il bordo superiore orizzontalenon è specificamente definito, e costituisce solo ilpunto di arresto ove la muratura a due paramenti sipresenta a sezione aperta o con una semplice rasata dimalta, mentre sono rarissimi i conci passanti (diatoni)di collegamento.A questa debolezza intrinseca va aggiunto il fatto chesovente il tratto terminale della muratura risulta ilmeno curato sotto il profilo costruttivo, in particolareal di sopra del piano di appoggio delle orditure princi-pali, ove è spesso costituito da puri materiali di riem-pimento tra muretti esterni. In altri casi il tratto som-mitale della muratura è stato oggetto di infiltrazionid’acqua, che hanno favorito la decoesione della mura-tura e danneggiato gli appoggi delle strutture lignee egli eventuali travi dormienti annegati in malta, destina-ti a deperire rapidamente perdendo le caratteristichemeccaniche e lasciando spazi vuoti.In caso di terremoto, nella foglia muraria esterna sicreano rapidamente le condizioni di instabilità: lamancanza di carico verticale soprastante fa sì che nellarisultante prevalga la componente sismica orizzontale,e l’inadeguatezza dei collegamenti con la foglia inter-na la porta a separarsi dal nucleo e a comportarsi comeparete snella, crollando localmente per effetto di azio-

Crollo del paramento esterno e di parte del nucleo nellaparte terminale della muratura in corrispondenza del tettonella chiesa di S. Salvatore ad Acquapagana. Si osserval’assetto inclinato del crollo, forse connesso alle spinte diuna caldana soprastante che non ha svolto azione di conte -nimento. Si nota anche il modesto spessore e il limitatoammorsamento nel nucleo dei conci in pietra squadrata, cheha certamente favorito il crollo per instabilità della zonascarica.

Testa di cap ri ata parzialmente degra d ata all’ap p oggi o ,all’interno del muro.

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ni inerziali fuori piano o per spinte locali anche limita-te trasmesse dal tetto. Spesso è questa la prima formadi crollo che si verifica.Per porre rimedio a questa forma costitutiva di vulne-rabilità -la separazione dei due paramenti, per di piùnon stabilizzati dal carico- oltre a rigenerare la mura-tura nei tratti eventualmente degradati o decoesi e ariempire i vuoti, è necessario solidarizzare le duefoglie murarie con elementi resistenti a trazione postitrasversalmente alla muratura.L’esistenza di cornicioni in muratura articola ulterior-mente questa problematica, a seconda dell’entità dellosbalzo in rapporto allo spessore murario, del materialeche forma la cornice, dell’esistenza o meno di con-trappesi adeguati, ecc.2 - Funzione di appoggio e di ancoraggio delle ordi-ture principali e secondarie.La struttura del tetto, formata da capriate e/o terzere,porta per sua natura a locali concentrazioni di carichi equindi a sollecitazioni puntuali sulla mu rat u ra diappoggio. In fase sismica si verificano sovente effettidi schiacciamento e di punzonamento locale che pos-sono portare la muratura al collasso. A questo siaggiunge che, se la natura del vincolo tra l’elementoligneo e la muratura è assimilabile ad un sempliceappoggio con attrito, in caso di oscillazioni discordi trai due muri di appoggio l’elemento ligneo può scorreree sfilarsi, giungendo al crollo.Vi è quindi una duplice necessità:a)far sì che il carico dei legni principali venga riparti-to su una porzione più ampia di muratura, evitandodrastiche discontinuità di carico tra zone inferiori esuperiori; b) far sì che la natura del vincolo tra trave e murodiventi maggiormente assimilabile ad una cerniera,contrastando i reciproci scorrimenti orizzontali. La prima necessità può essere assolta in modo tradi-zionale con elementi di ripartizione inferiori all’ap-poggio in legno, pietra o, anche, a conci in calcestruz-zo, inseriti a scasso al di sotto dell’elemento ligneo.Una soluzione alternativa, che riduce gli impatti e cheriteniamo preferibile, può essere costituita dal consoli-damento locale con iniezioni della parte maggiormen-te sollecitata all’appoggio della trave e dalla colloca-zione di elementi di ripartizione (in particolare inlegno o in metallo) sovrapposti all’elemento ligneo, adesso ancorati con barre filettate e forzati in modo daassumerne almeno in parte il carico. Questo intervento riduce la necessità di demolizionefino alla base di appoggio e di smontaggio completodel tetto, trasmettendo una parte del carico al bordosuperiore della muratura.La seconda necessità richiede un elemento di ritegnoche si opponga sia allo sfilamento della trave che allospostamento fuori piano del muro di appoggio, facen-do assumere alla trave anche la funzione di tirante.Tradizionalmente questa funzione veniva assolta dauna bandella in ferro, fissata lateralmente alla travecon chiodi forgiati e collegata ad un capochiave agomito esterno alla muratura. Pur rimanendo validaanche questa soluzione, nonostante la deformabilità

Mero riempimento incoerente nel tratto terminale dellamuratura laterale dell’aula. Chiesa di Ognissanti, Feltre.

Testata superiore del muro sopra l’arco trionfale della chie -sa di Ognissanti a Feltre. Si osserva la separazione dei para -menti e la mancanza di connessioni tra le opposte terzere deltetto.

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propria di questo tipo di capochiave, sono possibilialtri accorgimenti di analoga funzione, come collari diprofilato ad L vissati a viti alla trave, nel caso esca aformare lo sporto del tetto (utilizzati nel caso diPalazzo Cumano). 3 - Funzione di confinamento resistente a trazioneal bordo superiore della muratura. Si tratta di una funzione che potremmo definire dibordo-tirante, in quanto rivolta ad aumentare il com-portamento scatolare e la resistenza a trazione delsistema murario in una zona fortemente sollecitata.Vedi ad esempio la necessità di proteggere le angolate,maggiormente esposte al ribaltamento verso l’esternoin diagonale, anche per l’azione concentrata di punto-ni angolari o di semicapriate ove esistenti, collegando-le con elementi resistenti a trazione ai tratti più internidelle murature che le formano. Questa funzione, che sovente in antico era affidata atravi dormienti in legno, può essere svolta da quelloche si può definire un tirante adesivo, ossia da un ele-mento resistente a trazione impostato su tutta la lar-ghezza superiore della muratura, con legami adesivi econnessioni meccaniche (perni metallici) diffusi sututta la lunghezza, oltre ad un capochiave di conteni-mento dell’angolata.4 - Funzioni di connessione tra muratura e impal-cato del tetto, a scopo di reciproco irrigidimento.L’impalcato del tetto, posto su un piano angolatorispetto a quello della muratura, costituisce una natu-rale e favorevole occasione per conferire alla muraturaresistenza alle sollecitazioni fuori piano, particolar-mente pericolose soprattutto nelle pareti lunghe privedi strutture di controvento. Se l’impalcato già possiedeper costituzione una relativa indeformabilità nel suopiano, questa può essere sfruttata a favore della mura-tura per contrastarne gli spostamenti laterali, , realiz-zando un collegamento a cerniera continua lungo tuttoil bordo. Se, invece, il tetto presenta un impalcatodeformabile o dal comportamento rigido-fragile, pro-prio ad esempio di un impalcato a pianelle di cotto sutravetti, il conferimento di maggiori caratteristiche diindeformabilità nel piano è opportuno, oltre che per lamuratura, anche per migliorare la stabilità del tetto:vedi ad esempio il pericoloso meccanismo di accata-stamento “a domino” delle capriate, con perdita di ver-ticalità, deformazione dell’impalcato e trasmissione dispinte alle zone di timpano murario.Per svolgere questa funzione è necessario che l’impal-cato trovi al bordo della muratura un ancoraggiolineare efficace, continuo e ben ripartito su tutta lasezione muraria.

La risposta a questi quattro requisiti funzionali porta aprogettare l’inserimento nel nodo muratura/tetto di uncordolo-tirante resistente a trazione nelle due direzionidel piano orizzontale: ortogonale alla muratura perimpedire la separazione dei due paramenti (primorequisito) e per contribuire ad opporsi allo sbanda-mento fuori piano, longitudinale per contenere leangolate esterne (terzo requisito). La resistenza fles-sionale sull’asse verticale non è un requisito richiesto,

Fasi di realizzazione del cordolo-tirante metallico. Paretelaterale della chiesa di Ognissanti a Feltre.Sopra: affiancamento di guance metalliche alla testa dellacapriata e connessioni relative.

Sotto: il cordolo-tirante prima del rifacimento del tratto ter -minale delle murature. Si osservano gli elementi di ancorag -gio.

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e quindi la struttura può avere una sezione in altezzamolto limitata, contenuta in pochi centimetri. Possonodi conseguenza essere molto limitati sia il peso chel’impatto sulle murature d’appoggio per ricavarne lasede.Tuttavia questa struttura di snodo deve essere benconnessa alla sezione superiore della muratura, a for-mare una sorta di largo tirante adesivo. Inoltre devepoter essere articolata e rinforzata con profili di mag-gior spessore, guance, ecc. in corrispondenza degliappoggi delle orditure (secondo requisito), per consen-tire la ripartizione del carico e quei reciproci collega-menti in grado di solidarizzare il muro con l’orditurae con l’impalcato (quarto requisito) al fine di contene-re sia l’azione spingente di martellamento che le pos-sibilità di sfilamento delle orditure principali. La proposta che avanziamo è di realizzare un tirante atraliccio in profilati metallici, largo quanto la sezionemuraria e connesso ad essa sia in modo meccanico chechimico, ossia con perni metallici, grappe o viti anco-rate sia alle murature che ai legni, e con fissaggi amezzo di malte fortemente adesive. L’uso di profilatimetallici consente l’articolazione in corrispondenzadegli appoggi delle orditure: collegando con viti diadeguata sezione le teste delle capriate al tralicciometallico superiore, opportunamente rinforzato in queltratto, si può solidarizzare l’elemento ligneo e ripartir-ne il carico sulla muratura. Analogamente, i tavolati opannelli di irrigidimento dell’impalcato, anche posti a45°, possono trovare in un travetto collegato al profilometallico con staffe un facile punto di fissaggio a vitisu tutto il perimetro, soddisfacendo perciò il quartorequisito.

La parte superiore del muro, per poter fornire un ade-guato ancoraggio al cordolo-tirante, deve poter giun-gere ad un buon grado di coesione propria. Nella mag-gior parte dei casi vanno perciò compiuti interventilocali di consolidamento così descrivibili:- rimozione delle malte mosse e dei depositi di polve-

re o legno degradato, fino a raggiungere la muraturapiù coerente;

- realizzazione di coli consolidanti con materiali ade-sivi prima molto fluidi e capaci di penetrare nelleporosità dei nuclei di malta (ad es. acqua, calceidraulica e resina acrilica tipo Primal in sospensio-ne) e successivamente più densi e caricati, fino adutilizzare normale malta additivata con aggrappantenei giunti in superficie;

- rifacimento di parti di muratura smossa o degradata.Nel corso di queste opera z i o n i , nei nu clei di nu ovamalta o nu ova mu rat u ra si possono inseri re elementimetallici da collega re poi at t rave rso saldat u re al cord o-l o - t i ra n t e, per aumentarne la connessione alla mu rat u ra .E’ sconsigliabile per il consolidamento murario l’uti-lizzo di materiali ad altissima resistenza, troppo supe-riore a quella propria della muratura. Infatti l’effetto daevitare è quello di bruschi cambiamenti di caratteristi-che meccaniche tra la parte consolidata e quella nonconsolidata, che determinerebbero una discontinuitànetta tra le due parti, con comportamento a blocco rigi-do della parte superiore.

Cordolo-tirante metallico realizzato sulla cimasa del muroabsidale della chiesa di Ognissanti.Sopra: si osserva il profilo a L che facilita l’ancoraggio albordo del tavolato irrigidente.

Sotto: il tavolato irrigidente a 45° in fase di costruzione.

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La varietà delle tipologie murarie e delle ordituralignee dei tetti, nonchè la loro posizione rispetto allafabbrica, richiedono una corrispondente articolazione eadattamento del cordolo-tirante di sommità e delleconnessioni tra tetto e muro.Le principali situazioni sono:- parete muraria esterna in piano, con appoggio di

puntoni inclinati o capriate;- parete muraria esterna inclinata o a timpano, con

appoggio di terzere o colmi in piano;- parete muraria interna inclinata o a timpano, con

appoggio di terzere o colmi in piano;- parete muraria interna in piano, con appoggio di

semicapriate o puntoni (muro di colmo o muro inter-no parallelo alla facciata);

- angolata in piano, con appoggio di semicapriate opuntoni angolari;

- angolata formata da muro in piano e da muro incli-nato.

Nei grafici e nelle foto che seguono si descrivono alcu-ne soluzioni di cordolo-tirante adottate per le diversetipologie.Le orditure del tetto non devono trasmettere alle mura-ture di appoggio sollecitazioni a componente orizzon-tale, che si sommerebbero a quelle sismiche con gravieffetti. E’ il caso dei tetti a configurazione spingente,assimilabili a puntoni inclinati privi di catena che necompensi la spinta applicandola a un muro più internoe più protetto, come nel caso della semi-capriata, o

neutralizzandola con la spinta del puntone contrappo-sto, come nel caso della capriata.Spesso l’inflessione dei puntoni per il carico, con l’al-lungamento della fibra tesa che corrisponde ai punti diappoggio, contribuisce essa stessa a trasmettere spintealla muratura.A seconda delle situazioni e condizioni operative -cheil sottotetto sia utilizzabile o meno, che l’intradosso deltetto sia a vista o meno, ecc.- la soluzione può consi-stere nella riconduzione a schema di capriata, capriatazoppa o semicapriata dell’elemento che ora costituisceun puntone isolato. Ciò può essere realizzato con tiran-ti metallici che formino la catena, applicati alla testadei puntoni contrapposti (capriata), oppure applicati adun punto mediano per consentire passaggi nel sottotet-to (capriata zoppa), oppure, per un solo puntone, amurature più interne (semicapriata). In alternativa altirante metallico si possono utilizzare coppie di tavolo-ni in legno, fissate con staffe e viti al puntone, o ele-menti lignei. Queste soluzioni possono essere combinate con saetto-ni in legno che tra s fe riscano parte del cari c o , ve rt i c a l i z-z a n d o l o , ad esempio al nodo mu ro-solaio di sottotetto,o p p o rtunamente ri n fo r z at o , o p p u re a mu ri intern i .Non vi è dubbio tuttavia che alcune situazioni sonointrinsecamente di difficile soluzione: vedi ad esempioil caso delle coperture absidali, formate da puntoni osemicapriate, in genere prive di un efficace punto ditenuta interno, in cui a volte la collocazione delle semi-catene è resa impossibile dalla presenza di volte o sof-

Vista interna del tetto a restauro ultimato. Le catene inflesse sono state affiancate da una coppia di tiranti metallici collegati allepiastre di consolidamento delle teste delle capriate e al cordolo-tirante perimetrale. Questi interventi di affiancamento, che rive-stono la duplice funzione di consolidamento statico della capriata e di contributo al miglioramento sismico,solidarizzando le duepareti dell’aula, hanno consentito con un limitato impatto visivo di evitare le sostituzioni di elementi lignei antichi. Chiesa diOgnissanti, Feltre.

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Particolare degli interventi di connessione tra il tetto e le murature - ango-lata nord-ovest tra facciata e parete nord. Chiesa di Ognissanti a Feltre(BL).1 - Cordolo-tirante in profilato metallico, ancorato alla parte sommitaledella muratura con malta adesiva e barre cementate, e alle orditure ligneecon viti mordenti.4 - Manutenzione e restauro del tavolato antico e dei travetti (riparazionilocali, trattamenti antitarlo e antimuffa, ecc.).5 - Irrigidimento delle falde a mezzo di tavolato in larice posto in diago-nale, collegato al cordolo-tirante perimetrale.6 - Posa di manti ondulati di protezione e ricollocazione del manto incoppi.7 - Riparazione delle lesioni a mezzo di cuciture armate con barre inox ecoli di malta adesiva priva di sali.11 - Tirantini parte interni e parte esterni alla muratura (in corrispondenzadi aperture.

Particolare degli interventi di collegamento delle capriate alle murature edi consolidamento delle capriate.1 - Cordolo tirante in profilato metallico, ancorato alla parte sommitaledella muratura.2 - Collegamento tra le teste delle capriate e il cordolo tirante formato dacoppie di piastre metalliche laterali affiancate e imbullonate alla testa dellacapriata, e da collegamento saldato con il cordolo metallico.3 - Consolidamento delle capriate con coppia di tiranti metallici affiancatialla catena, rinforzo delle teste, rinforzo del puntone con sovrapposizionedi tavoloni di larice.

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fitti a volta. In casi di questa natura vanno ricercatealtre soluzioni, ad esempio una più marcata solidariz-zazione delle falde di impalcato tra loro, alle orditure eal cordolo-tirante perimetrale.Oltre alle situazioni a configurazione spingente, vannocontrollati e potenziati tutti i collegamenti interni aidiversi ordini di struttura del tetto (grossa-media eminuta, oppure principale e secondaria), onde evitareche lo sfilamento di un chiodo, o la sua mancanza, fac-cia diventare spingenti elementi che non appaiono tali,oppure ne consenta la perdita di appoggio. Molto utilisono, ad esempio, le bandelle applicate al colmo suitravetti inclinati contapposti, oppure i profilati metalli-ci a L con viti su terzera e travetto inclinato, o le ban-delle che collegano all’appoggio due travi in conti-nuità, ma separate.

Come si è detto, l’occasione più favorevole per contra-stare lo sbandamento fuori piano di pareti lunghe privedi controvento è rappresentato dal piano di falda,o p p o rtunamente irri gidito e collegato al cord o l o - t i ra n t e.Se l’impalcato è formato solo da murali o da tavolatocon coppi direttamente appoggiati (tetto non isolato),nel caso non si intenda modificare l’impalcato èopportuno realizzare sul piano di falda controventi acroce di S. Andrea in lama metallica o con tavoloni,solidarizzati al colmo e al cordolo-tirante. Più funzio-nale appare la sovrapposizione di tavolato continuo,meglio se immaschiato, ove possibile con assetto a45°, fissato con numerose viti mordenti all’impalcato,ai travetti e al cordolo-tirante a muro. L’assetto a 45°viene proposto, oltre che per formare un impalcatorigido insieme a quello esistente, per la piu spiccatafunzione di collegamento a trazione tra muri ortogona-li, utile ad esempio a trasferire ad un muro di spinaparte della spinta fuori piano di un muro di facciata, oa contrastare reciprocamente le spinte di muri ortogo-nali esterni. Particolarmente utile è questo accorgi-mento per contenere reciprocamente il ribaltamentodel timpano e lo sbandamento fuori piano delle paretilunghe dell’aula di una chiesa, come nel caso esempli-ficato nei grafici e nelle foto.

Deformazione del piano di falda in travetti e pianelle conperdita di verticalità delle capriate (tendenza all’accatasta -mento) e trasmissione di spinta al timpano esterno, in cui siattiva un meccanismo di ribaltamento (vedi foto inferiore).Caldarola, chiesa di S. Maria nella Valle. Il fenomeno è damettere in relazione al comportamento rigido-fragile del -l’impalcato.

Fasi di realizzazione di tavolato di irrigidimento a 45° sultetto di una chiesa di piccole dimensioni. Chiesa di S.Marcello a Umin di Feltre.

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Più complesso, ma assolutamente necessario, è l’inter-vento sugli impalcati a travetti in legno e pianelle inlaterizio accostate a malta. Oltre ad un peso propriomaggiore (circa 60-70 kg/mq in luogo di 15-18 di unimpalcato in legno), l’impalcato in cotto presenta uncomportamento, come si è detto, rigido-fragile: è ingrado di trasmettere sollecitazioni compressive allemurature perimetrali, ma non svolge azioni di ritegnoin quanto privo di resistenza a trazione e facilmentedanneggiabile da azioni taglianti. Spostamenti e infles-sioni anche lievi dei travetti portano i mattoni a perde-re l’appoggio e a cadere. Si tratta senza dubbio di unmodo costruttivo altamente vulnerabile al sisma,e che,in assenza di interventi, non fornisce contributi allaresistenza strutturale della costruzione.Sono possibili diverse soluzioni di miglioramento.Un intervento usualmente adottato consiste nel realiz-zare una cappa in calcestruzzo armata con rete elettro-saldata al di sopra del pianellato. Essa comporta unpeso elevato: considerato che lo spessore minimo è dicirca 4 cm., il peso si aggira sui 110-115 kg./mq, mal’esperienza insegna che è d’uso ripianare gli avvalla-menti ed aumentare lo spessore medio a 5-6 cm., por-tando il peso unitario a livelli elevati. Si innalza perciòil baricentro della costruzione, aumentando le solleci-tazioni cui è sottoposta. Inoltre la cappa armata è unintervento nella pratica non reversibile senza demolireanche il pianellato cui aderisce, rendendolo irrecupe-rabile. Per non demolire il pianellato, gli interventi dimanutenzione di travetti e orditure dovranno essereoperati dal basso, con notevoli difficoltà operative.Si ritiene perciò di sconsigliare l’uso di cappe in cal-cestruzzo sui tetti, utilizzando semmai calcestruzzoalleggerito con armatura formata da rete elettrosaldatazincata per proteggerla dalla corrosione.Nel caso i travetti presentino una adeguata sezione enon siano inflessi, l’irrigidimento può essere realizza-to con croci di S. Andrea sovrapposte, realizzate conlame metalliche dotate di punti di ancoraggio medianialle travature sottostanti (attraverso barre filettate o vitimordenti), oltre che collegate al cordolo-tirante. Lastesura di un sottile strato di malta dolce armata conrete di plastica può conferire una sufficiente resistenzaa trazione all’impalcato. Questa soluzione, di pesonotevolmente minore, presenta una più agevole rimuo-vibilità rispetto alla cappa armata.Una variante può essere costituita dall’impiego, oltrealla croce di S. Andrea, di malta formata da malta for-temente adesiva (come la colla per la posa in opera dipiastrelle) armata con rete di plastica. A maggioricaratteristiche di resistenza contrappone una minorerimuovibilità.Se i travetti sono inflessi e non ne è opportuna la sosti-tuzione con rimozione del pianellato -come ad esem-pio nel caso di mattoni decorati all’intradosso- un effi-cace intervento innovativo è costituito dalla sovrappo-sizione di pannelli di compensato di tipo marino, peruna maggiore durabilità. Posto longitudinalmente aitravetti e collegato ad essi con viti mordenti o barrefilettate che attraversano il pianellato in corrisponden-za dei giunti a malta, il compensato risolve i problemi

Capochiave tradizionale a gomito con bandella internachiodata per l’ancoraggio di terzera al muro di cimasa

Cordolo-tirante formato da lama in muro di limitato spesso -re, e collegamento con testa di capriata. Il vecchio capo -chiave a paletto affiancato alla catena viene mantenuto inopera.

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di portata dell’orditura secondaria. I diversi pannellivanno collegati tra loro con bandelle in lamierino e viti- intervento da realizzare anche al colmo del tetto persolidarizzare le falde- e ancorati al cordolo-tiranteperimetrale.Questo intervento consente, oltre ad un peso limitato,una più facile rimuovibilità/reversibilità senza danneg-giare l’impalcato, una elevata “rigidezza duttile”, ossiaun buon comportamento a lastra resistente a trazione ecompressione, capace però di assorbire energia conlimitate deformazioni senza rotture. Il suo comporta-mento può essere accentuato attraverso la sovrapposi-zione di bandelle metalliche poste lungo le linee dimaggiore sollecitazione.

Negli ultimi decenni si è creato una sorta di automati-smo tecnico, dovuto anche alla legge 64/1974, per cuinella parte sommitale delle murature si doveva comun-que realizzare un cordolo in calcestruzzo armato.Alla luce delle osservazioni sul comportamento alsisma di interventi realizzati nel passato recente e diuna più attenta valutazione delle opere proprie delmiglioramento, la costruzione di cordoli sommitali incalcestruzzo armato va ora riesaminata con grandeprudenza e, ove possibile, sostituita da altri accorgi-menti. Il cordolo sommitale è un intervento di facile realizza-zione, in quanto la muratura è ben accessibile unavolta rimosso il manto di copertura. Tuttavia essomodifica in modo notevole il comportamento dellastruttura. Osservando i danni prodotti da sisma su edi-fici in cui sono stati realizzati cordoli sommitali ointermedi in c.a., si è potuto constatare come la loropresenza accentui notevolmente la frequenza e l’entitàdei meccanismi a taglio sulle strutture murarie sotto-stanti, aggravando i danni dovuti a questo tipo di sol-lecitazione. I meccanismi fuori piano divengono menofrequenti, ed assumono modalità diverse.Come è noto, la muratura tradizionale, ed in particola-re la muratura in ciottoli e pietrame, ha in media mode-ste caratteristiche di resistenza al taglio. Se si inseri-scono cordoli, date le accresciute sollecitazioni, sorgela necessità di un contestuale diffuso consolidamentodella muratura a mezzo di iniezioni, per renderla mag-giormente in grado di resistere agli sforzi taglianti. Lascelta del cordolo cementizio in questo nodo struttura-le comporta perciò un intervento di per sè altamenteinvasivo sull’intero sistema murario o su buona partedi esso, e che potrebbe non essere necessario. Nei casievidenziati da una specifica diagnosi è comunqueopportuno realizzare il consolidamento proprio dellemurature attraverso iniezioni o altre tecniche. Tuttaviala presenza di corpi fortemente rigidi e di notevolemassa e peso alla quota più alta, come i cordoli e,ancor più, i tetti in calcestruzzo armato che spesso visi associano, rende pressochè inevitabile e comunqueprudenziale l’aumento generalizzato delle caratteristi-che di resistenza al taglio delle murature, con inter-venti di alto impatto. Il cordolo cementizio a sezione quadrata o rettangola-re costituisce un elemento parziale derivato da un

Ancoraggio di terzera alla cimasa di muro esterno attraver -so l’applicazione esterna di un collare metallico a L. PalazzoCumano, Feltre.

Sotto: gli elementi metallici fuori opera.

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sistema costruttivo a telaio con solai rigidi e con tam-ponamenti non strutturali, la cui concezione è rivolta araggi u n ge re un comportamento elastico lineare,profondamente diverso dal sistema murario continuo,caratterizzato da comportamento non lineare. Così uti-lizzato, il solo cordolo non può raggiungere l’organi-cità strutturale del sistema intelaiato e giunge ad unmodello ibrido, che si potrebbe definire a muraturacorsata da elementi rigidi. L’insieme di vincoli opera-tivi, come l’impossibilità di realizzare cordoli su tuttolo spessore della muratura, comunque eseguiti in brec-cia per tratti successivi e perciò con scarti e approssi-mazioni, o come il collegamento non ottimale con isolai, allontanano l’intervento reale anche dal modellodi muratura corsata.

Sotto il profilo degli impatti fisici sulla costruzione,l’esecuzione dei cordoli in sommità comporta inoltrenotevoli problemi per l’interferenza con le teste dellecapriate o delle orditure principali del tetto, general-mente lignee. Infatti, per poter attribuire al cordolo lafunzione di appoggio e di ripartitore del carico deglielementi principali, esso deve essere posto al di sottodella quota di imposta delle orditure di grande sezione,ma ciò comporta, nella pratica operativa, una rilevantedemolizione di tratti di muratura terminale e la forma-zione, a volte, di cordoli di dimensione e di pesoabnorme. Oltretutto questo spesso implica la sistemati-ca demolizione/rimozione delle grandi orditure, fattoraramente richiesto dal degrado proprio del tetto, diforte impatto modificativo e perciò, ove non ne siadimostrata la necessità, non accettabile dal punto divista dei criteri conservativi del restauro. Inoltre, un ordinario cordolo in calcestruzzo esteso atutto lo spessore della muratura e dotato di una arma-tura regolare, è struttura di notevole rigidezza flessio-nale, oltre che sull’asse orizzontale, anche sull’asseverticale, requisito quest’ultimo non richiesto. Il siste-ma muro-calcestruzzo ha una drastica discontinuità nelpunto di contatto tra la superficie del cordolo e quelladella muratura di appoggio; discontinuità che la mag-giore dilatazione termica propria dell’elemento in c.a.

rispetto alla muratura accentua, formando nel tempo lacaratteristica cavillatura orizzontale che testimonia laperdita di adesione all’interfaccia tra calcestruzzo emuratura. La maggiore deformabilità delle strutturemurarie rispetto al cordolo -riconducibile alla grandedifferenza tra i moduli elastici, alla monoliticità delcordolo,ecc.- porta nel corso dei cicli sismici al distac-co orizzontale con la muratura, facendo venir menol’effetto di contenimento sulle murature sottostanti.Inoltre la notevole massa propria del cordolo nellaposizione più elevata determina un effetto “ariete”sulle strutture d’appoggio o contigue, formando oampliando il giunto orizzontale. Si sono infatti consta-tati frequenti crolli parziali di murature al di sotto delcordolo con separazione netta, dopo aver subito lesio-namenti a taglio. Si tratta, probabilmente, di struttureche sarebbero comunque crollate in assenza di conso-lidamenti, e quindi non è tout-court attribuibile al cor-dolo il danno presente.Per questo complesso di motivi, si ritiene che nellamaggior parte dei casi questo tipo di intervento, e soloove realizzabile in modo organico, sia concettualmen-te riconducibile all’adeguamento sismico e non debbase non in particolari condizioni essere incluso all’inter-no del miglioramento .Una soluzione che attenua i più gravi inconvenienti delcordolo a sezione quadrata o trapezia può essere rap-presentata da un cordolo a fascia, di limitato spessore(al massimo 7-10 cm.), con armature allineate e perciòcon barre trasversali al posto delle staffe, e con forticonnessioni alla muratura sia chimiche (aggrappanti,malte adesive) che meccaniche (connettori metallici estaffe). Permane tuttavia la notevole difficoltà operati-va di realizzare connessioni efficaci con l’impalcatoirrigidente e con l’appoggio delle travi principali.

8.3. Il nodo muro-solaio: consolidamento dell’ap-poggio e connessioni muro-solaio, irrigidimento disolai e tirantatura perimetrale (4)La connessione tra i solai a struttura lignea e le mura-ture di appoggio costituisce un nodo fondamentale perla resistenza al sisma della costruzione. Il solaio svol-

(4) Dalle “Istruzioni...”, cit., paragrafo C.4.5- Solai:“In presenza di azioni sismiche i solai assumono un ruolo fondamentale di collegamento tra pareti murarie e di trasmissione disforzi orizzontali.A tal fine è essenziale, di norma, che essi siano efficacemente collegati alle murature e possiedano una sufficiente rigidezza nelpiano.Compatibilmente con il rispetto delle precedenti finalità, è opportuno che, di norma, i solai con struttura in legno siano il più pos-sibile conservati, anche in considerazione del loro ridotto peso proprio. Le linee preferenziali di intervento saranno pertanto:- ove necessario si adotterà la tecnica di irrigidimento dei tavolati, con particolare attenzione alle tecniche di ammorsamento deimuri laterali;- per i solai a travi in legno e pianelle di cotto, che presentano limitata resistenza nel piano, possono essere adottati interventi diirrigidimento all’estradosso con caldane armate alleggerite, opportunamente collegate alle murature perimetrali;- per i solai a putrelle e voltine o tavelloni è opportuno provvedere all’irrigidimento mediante solettina armata resa solidale ai pro-filati e collegata alle murature perimetrali;- non deve essere adottato indistintamente l’inserimento di cordoli in breccia che comportano tagli continui nella muratura. In ognicaso deve essere data la preferenza ad incatenamenti e collegamenti perimetrali puntuali;- nei casi in cui un solaio in legno o in ferro non possa essere conservato a causa dell’accentuato degrado o dissesto sarà oppor-tuno sostituirlo con un nuovo solaio analogo a quello esistente;- il consolidamento delle travi lignee potrà avvenire aumentando la sezione portante in zona compressa, mediante l’aggiunta dielementi opportunamente connessi.

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ge nei confronti della muratura di appoggio una azio-ne di stabilizzazione verticale e di contenimento deglispostamenti fuori piano. Inoltre il solaio contribuisce asolidarizzare tra loro le murature, trasferendo e ripar-tendo le azioni orizzontali prodotte dal terremoto.Tuttavia, i diversi modi con cui è realizzato il collega-mento possono far assumere al vincolo una funzioneassimilabile al semplice appoggio con attrito, oppuread una cerniera, o ad un incastro, per cui a seconda deicasi il nodo fornisce un contributo molto diverso allastabilità del sistema. Va detto che la configurazionecostruttiva delle antiche murature e solai fa sì che que-sto riferimento abbia solo valore indicativo, in quantoi requisiti richiesti da un vincolo “ideale” vengononella realtà assicurati in modo imperfetto, assumendofunzioni ibride.Analogamente, a seconda della sua costituzione, ilsolaio può avere alle azioni orizzontali un comporta-mento a diaframma deformabile e fragile oppure alastra semirigida con caratteristiche di duttilità; nelprimo caso giunge rapidamente a rottura e forniscelimitati contributi al sistema, nel secondo ripartisce leazioni tra le diverse strutture e contribuisce ad assor-birle deformandosi in modo elasto-plastico. Le variazioni regionali e sub-regionali dei tipi di solaioe dei tipi di muratura, nonchè l’esistenza nelle tradi-zioni costruttive locali di diverse modalità di riparti-zione dei carichi all’appoggio e di connessione a murodel solaio, comportano una significativa varietà disituazioni.Pur con una forte semplificazione, si propone di sud-dividere i solai dell’edilizia civile in due principalitipologie strutturali: il solaio monordito, con un soloordine di travi poggiati sui muri opposti, e il solaiobiordito, a due ordini, formato da travi maestre princi-pali su cui poggiano travi secondarie. La tipologiacostruttiva dell’impalcato, che condiziona la sezione eil passo dei travetti, può variare dal tavolato ligneo alpianellato in cotto, che in alcune situazioni svolgedirettamente la funzione di pavimento. Il solaio biordito con impalcato a pianelle costituisceprobabilmente il tipo più diffuso nell’area marchigia-na. L’orditura principale, sovente di grande luce enotevole sezione, presenta interasse variabile da pocomeno di due metri fino a oltre tre metri; l’orditurasecondaria, di sezione minore in quanto destinata areggere l’impalcato, è ortogonale alle travature princi-pali, sulle quali poggia nei tratti mediani. Sui due latipiù brevi dell’ambiente i travetti poggiano direttamen-te a muro, o su un trave dormiente affiancato. Usualmente le orditure principali corrono parallele allafacciata e si appoggiano sui muri di spina interni o ditesta, mentre i travetti secondari poggiano sulle mura-ture di facciata e sono posti ortogonalmente ad esse.

Per quanto riguarda le murature di appoggio, invece,una delle caratteristiche più rilevanti ai fini dell’effi-cienza del nodo muro-solaio, già citata, è costituitadalla più o meno marcata costituzione a paramentidistinti o relativamente mal collegati tra loro nelnucleo mediano, e che perciò possono tendere ad assu-

Fenomeni di dissesto statico e sismico in solaio biordito conimpalcato a pianelle. Fabriano. Si osserva l’inflessione deitravetti, per contrastare la quale -a parte gli elementi dasostituire perchè degradati- può essere utile l’interventoestradossale con pannelli di compensato poggiati in luce trai travi principali e ancorati ai travetti con viti.

Si osserva il punzonamento con avvio di sfilamento delletravi principali, riconducibile ad un meccanismo di ribalta -mento della facciata non contrastato. In questo caso apparenecessario collegare agli estremi delle travi una bandellametallica con piastra o capochiave esterno, come illustratopiù avanti.

Nella foto in basso é visibile l’analogo fenomeno all’appog -gio dei travetti, e risulta evidente la necessità di un loroancoraggio a muro con cordolo-tirante metallico

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mere un comportamento separato. In caso di disconti-nuità mediana, il carico del solaio risulta applicatosolo sul paramento interno, e le sollecitazioni risulte-ranno concentrate all’appoggio delle orditure principa-li, fatto che può favorire schiacciamenti locali e,soprattutto, l’insorgere di instabilità verticale per cari-co di punta su uno o su entrambe i paramenti. Va dettoinoltre che l’azione di martellamento prodotta dallatesta delle travi principali sul paramento esterno mag-giormente libero e più snello, in quanto non interrottodall’appoggio del solaio con il suo carico, favoriscelocalmente questo fenomeno e, nell’insieme, innescala separazione complessiva ed il crollo per instabilità oribaltamento del paramento esterno.Questo fenomeno si accentua se le travature sono privedi elementi di raccordo (mensole) e di ripartizionesulla muratura, ossia se la muratura non è specializza-ta per accogliere il carico puntuale delle teste, adesempio con elementi in pietra o in legno più larghiinseriti all’appoggio.

Anche per i solai si propone la realizzazione di un cor-dolo-tirante in profilato metallico (a lama o a L), alperimetro del solaio, in quanto si ritiene risponda a piùrequisiti.Sui muri esterni, il collegamento a barre filettate (didiametro variabile da 20 a 30 mm) nelle angolate e neinodi murari consente l’applicazione in facciata di pia-stre o capochiave a bullone, ed una limitata tesatura.Viene perciò svolta in questa posizione la funzione deitiranti liberi tradizionali a livello di piano, ossia il con-tenimento di meccanismi fuori piano delle facciatecontrapposte o delle angolate. Il vantaggio è costituitoda un maggior numero di connessioni e punti di appli-cazione, che ripartiscono le sollecitazioni sull’interastruttura cui il cordolo-tirante si affianca, e non solosulle teste opposte. La presenza di numerosi punti diancoraggio lungo il percorso ne permette l’utilizzoanche in muri non rettilinei, sia di spina che in faccia-ta, dove l’apposizione di un tirante libero risulterebbep ro bl e m atica. A n a l oga m e n t e, p e rmette l’azione dicontenimento di angolate esterne anche se non è dispo-nibile l’angolata opposta per il contrasto del tirante, adesempio perchè inclusa in proprietà diversa, fattomolto frequente nei centri storici.La connessione del pro fi l ato metallico al solaio è re a l i z-z ata a mezzo di viti mord e n t i , b a rre fi l e t t ate o guances a l d ate con le ord i t u re lignee del solaio, p rincipali os e c o n d a rie; il collegamento al mu ro avviene con barrefi l e t t ate zincate o inox di piccolo diametro (10-12 mm.),che dopo aver at t rave rs ato la mu rat u ra sono bl o c c ate dap i a s t rine esterne (5x5x0,5 cm max) con bullone (ovec o m p at i b i l i ) ,o p p u re cementate all’interno della mu rat u-ra. Con questo doppio ordine di connessioni si ottienel ’ e ffetto di solidari z z a re il solaio al mu ro opponendosiallo sfilamento delle trav i , e di contra s t a re l’eve n t u a l es ep a razione della foglia mu ra ria estern a .Sui muri interni, nel caso i solai si trovino alla stessaquota, i due profili angolari opposti, ciascuno collega-to alle teste delle travi con viti mordenti, sono solida-rizzati da barre che attraversano il muro e sono saldati

Il profilo a L è ancorato con viti lunghe alle teste delle travie con passanti in perforazione al profilo sul lato opposto delmuro. Al centro: passante eseguito in corrispondenza delvano della porta.

Realizzazione di cordolo-tirante metallico perimetrale, dopot aglio e stacco di pavimento alla veneziana. Pa l a z zoVillabruna, Feltre.

Collegamento del profilo a barre saldate con piastra esternain corrispondenza dell’angolata.

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all’ala dei due profili. Si ottiene così un utile contribu-to al trasferimento di sollecitazioni tra le parti dellacostruzione attraverso i solai. Nel caso il solaio presenti inflessioni soprattutto nel-l’orditura secondaria, e si renda opportuno aumentarnela resistenza ai carichi verticali e al tempo stessopotenziare la funzione di diaframma maggiormenterigido nel proprio piano, si può sovrapporre all’impal-cato esistente (in cotto o in legno) un elemento solida-le di varia natura, adattato alle esigenze. Ad esempio,la sovrapposizione di pannelli in compensato marino(di elevata resistenza e durabilità) solidarizzato ai tra-vetti con viti passanti, può formare una sorta di trave aT di maggiore resistenza. La lunghezza dei pannelli,commercialmente disponibili fino a 2,4 m. di lunghez-za, consente nella maggior parte dei casi di superarel’intera luce dei travetti da una trave principale all’al-tra. Il collegamento dei pannelli al profilato perimetra-le a mezzo di viti e tra di loro attraverso una bandametallica sottile posta sulle giunzioni consente diaumentare notevolmente l’effetto lastra del solaio avantaggio delle murature perimetrali.Ai pannelli di compensato si può sostituire un tavo l at oi n c ro c i ato e fi s s ato a viti, nel caso l’impalcato sia inl eg n o , o p p u re cappe legge re con rete di plastica e maltafo rtemente adesiva. Una soluzione diff u s a , che tuttav i ava adottata con cautela, è costituita dalla cappa colla-b o rante in rete elettro s a l d ata e calcestru z zo. Da ev i t a reai piani superi o ri per il peso e il conseguente innalza-mento del bari c e n t ro , grava travi principali e travetti diun carico permanente - circa 120 kg/mq. - che puòi n fl e t t e rli e metterli in crisi. Nel caso si adotti tale solu-z i o n e, la maglia della rete va saldata al pro filo metalli-co peri m e t rale e i collegamenti di questo al mu ro va n n oa u m e n t ati. Per motivi analoghi a quelli già esposti inrelazione alle copert u re, va invece ev i t ata la fo rm a z i o-ne del cordolo in c.a. a scasso nella mu rat u ra , s o p rat-tutto se a pro fondità parziale, in quanto la sua funzioneviene svolta dal pro fi l ato metallico peri m e t ra l e.

Tutte queste soluzioni presuppongono la possibilità dismontare il pavimento del solaio da consolidare, e dipoter disporre, attraverso la rimozione dei sottofondi,di uno spessore variabile da un minimo di 3 a un mas-simo di 8 cm.. In caso contrario si deve innalzare illivello del pavimento finito. Si tratta perciò di una solu-

zione non compatibile con la presenza di pavimenti diparticolare pregio, o di mostre architettoniche di cuinon possa essere modificata la quota. In questi casi, dinorma, rimane comunque possibile la realizzazione delcordolo-tirante perimetrale, attraverso la rimozioneaccurata di fasce a muro in cotto o il taglio a disco dipavimenti alla veneziana con stacco a blocchi, e la suc-cessiva ricollocazione. In tali situazioni diviene impor-tante realizzare il collegamento di tutti i travetti all’ap-poggio delle travi principali, con lame o profili saldatia viti, in modo da aumentare il comportamento resi-stente a trazione del solaio nelle due direzioni. Danotare che lo stacco di queste fasce perimetrali si èdimostrato particolarmente utile anche per la colloca-zione di dotazioni impiantistiche (impianti di riscalda-mento, impianti elettrici e di sicurezza), riducendo dra-sticamente la necessità di tracce a muro o di canalizza-zioni esterne.All’appoggio e ancoraggio a muro delle travi maestreva dedicata specifica attenzione, per evitare effetti dischiacciamento e punzonamento sulla muratura affini aquelli descritti per le orditure del tetto, e per farlid ive n t a re efficaci elementi di collegamento tra lemurature di appoggio. Ove non sia già presente, vainserito un capochiave di ritegno esterno alla muraturadi appoggio, collegato alla trave con bandella lateralefissata a viti di adeguata sezione. Nel punto di appog-gio possono essere realizzate locali iniezioni consoli-danti e inserite alcune barre passanti per solidarizzarele due foglie murarie ad evitare che la trave, con effet-to ariete, spinga fuori piano la foglia esterna. Se le traviprincipali sono in continuità nei solai contigui, vannosolidarizzate tra loro con bandelle metalliche.

8.4. Il nodo muro di fondazione-terreno di appoggioL’intervento di miglioramento, secondo l’impostazio-ne data dalle Direttive e dalle Istruzioni (5), tende alimitare le opere in fondazione ai soli casi in cui la dia-gnosi del danno alle strutture in elevato individua lacomponente di carenza fondale.Si tratta in genere di situazioni in cui il dissesto ha giàavuto un innesco in fase statica, e può essere statoaccentuato dalle sollecitazioni sismiche.In particolare si riscontrano soprattutto:-cedimenti angolari con lesioni “a rientrare” dall’altoverso il basso, ossia con andamento pressochè ortogo-

(5) Dalle “Istruzioni...”, cit., paragrafo C. 4. 1- Fondazioni:“Salvo i casi che presentano dissesti analoghi a quelli descritti nel punto C.9.3.3.a) del D.M.16/1/96 e salvo le riscontrate inadegua-tezze, non si pone, in generale, la necessità di interventi in fondazione.Nei casi in cui i movimenti del manufatto appaiono dovuti a movimenti di fondazione si rende necessaria una indagine geotecnica,conforme alle prescrizioni del D.M. LL.PP. 11/3/88, per accertare la natura e l’origine dei fenomeni osservati.Comunque prima di progettare qualsiasi intervento è necessario procedere al rilievo sistematico delle fondazioni esistenti redigendouna relazione che ne individui e documenti le eventuali carenze. Il rilievo va eseguito contestualmente a saggi archeologici nell’areadi sedime circostante il complesso edilizio. L’intervento dovrà mirare alla massima uniformità delle condizioni di appoggio,al fine diottenere una distribuzione il più possibile uniforme delle pressioni di contatto; a tal fine sono da privilegiare interventi di ampliamentodella base fondale con parziale sottomurazione, rispetto invece al ricorso a pali radice o ad altre tecniche di consolidamento dei ter-reni, che potranno essere adottate solo ove non esistano valide alternative. Nel caso si ritenga indispensabile l’uso di pali radice o dialtri sistemi che alterino la natura del terreno di sedime è necessario segnalare l’intervento alla Soprintendenza Archeologica compe-tente per territorio assicurando l’assistenza allo scavo archeologico da programmarsi prima dell’intervento stesso; comunque tali inter-venti dal punto di vista tecnico e tecnologico sono da adottare solo in casi particolari e dopo aver effettuato un’analisi circostanziatae documentata dei sistemi di appoggio delle murature e delle caratteristiche delle fondazioni.”

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In alto: ampliamento esterno della base fondale con cordo -lo in c.a. affiancato e ammorsato con teste inserite nellamuratura, visibili nella foto più in basso prima del getto.

A fianco: realizzazione di cordolo di fondazione parte affian -cato e parte sottomurato, a cantieri successivi. Si osserva inquesto caso la presenza di un grosso trovante, in grado dideterminare resistenze differenziate del terreno,e la modestaprofondità del piano di appoggio delle fondazioni.

In alto: cedimento angolare di fondazione, riconoscibileanche per il tracciato “a rientrare” dall’alto verso il basso,in questo caso sicuramente influenzato dalla presenza deitiranti.

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nale rispetto al meccanismo sismico che porta al ribal-tamento della parte superiore delle angolate; -cedimenti all’interno di murature continue, con carat-teristica lesione parabolica e traslazione verticale deltratto interessato;-rotazioni o rototraslazioni della fondazione con fuori-piombo o spanciamento del muro soprastante;-cedimenti differenziali che generano lesioni interne amurature continue, spesso ad andamento verticale osub-verticale, non riconducibili nè a meccanismi diribaltamento fuori piano nè a lesionamenti a tagliogenerati da forze sismiche orizzontali;-cedimenti “a blocco rigido” che portano alla perdita diverticalità dell’intera struttura.

Se non si riscontrano patologie chiaramente riconduci-bili alla componente fondale e non si accerta attraver-so saggi la grave inadeguatezza propria della muraturafondale o del terreno di appoggio, esaminato anche conindagini geognostiche e microzonazioni, l’indicazionegenerale per l’opera di miglioramento è quella di aste-nersi da interventi in fondazione.E’ necessario comunque tener presente che, nel corsodel terremoto, la risultante dei carichi sul piano di fon-dazione può significativamente spostarsi dal nocciolo acausa della componente orizzontale. Se le sollecitazio-ni verso l’interno della costruzione sono contrastatedalla presenza di solai e murature di spina, e quindiinvestono in maniera limitata la parte interna della fon-dazione, quelle verso l’esterno non possono essereinteramente contenute da tiranti e collegamenti, ragionper cui la parte esterna dell’appoggio si trova in condi-zioni maggiormente critiche. In mancanza di allarga-menti fondali esterni, fondazioni non profonde in ter-reni di non elevata capacità danno luogo sovente a

rotazioni del piano di appoggio, cui si accompagna inelevato il fuori piombo della muratura soprastante.Questo meccanismo fondale, ove riconosciuto, va con-trastato, in quanto può fungere da innesco a meccani-smi di ribaltamento fuori piano dell’intera pare t esoprastante.Per questo motivo, gli eventuali interventi in fondazio-ne devono privilegiare, con allargamenti ammorsati, laparte esterna del piano di imposta. Le parziali sotto-murazioni vanno limitate ai casi di quota di impostainadeguata in rapporto al terreno di appoggio, o diquote differenziate tra fondazioni di corpi contigui,come sovente accade nelle costruzioni realizzate in piùfasi.

Una regola di carattere generale consiste nell’accertar-si che le acque meteoriche o di altra natura, provenien-ti dai tetti o dai terreni circostanti siano allontanatedalla zona fondale e opportunamente convog l i at e.Bisogna inoltre evitare di indebolire il piede esternodella fondazione con condotti ventilanti contro l’umi-dità o drenaggi: in più casi si è potuto ricondurre allaloro presenza un accentuato dissesto fondale in fasesismica.

8.5. Le discontinuità murarie: la riparazione dellelesioni, il risarcimento di vuoti, la neutralizzazionestrutturale delle discontinuità costruttive (6)L’intervento di miglioramento richiede la neutralizza-zione delle vulnerabilità specifi che presenti nellacostruzione. Tra queste, hanno un ruolo importante lediscontinuità murarie,che segmentano al suo interno lastruttura muraria condizionandone la risposta e chepossono essere dovute a molteplici fattori. In primoluogo le lesioni, che costituiscono l’effetto di un disse-

(6) Dalle “Istruzioni...”, cit., paragrafo C.4.2 - Pareti murarie:“Gli interventi dovranno utilizzare materiale con caratteristiche fisico-chimiche e meccaniche analoghe e comunque il più possi-bile compatibili con quelle dei materiali in opera.A seconda dei casi si procederà:- a riparazioni localizzate di parti lesionate o degradate;- a ricostituire la compagine muraria in corrispondenza di manomissioni quali cavità, vani di varia natura, scarichi e canne fuma-rie, ecc..., la cui eliminazione sia giudicata strettamente necessaria in sede di progetto di restauro;- a migliorare le caratteristiche di murature particolarmente scadenti per tipo di apparecchiatura o di composto legante.L’intervento deve mirare a far recuperare alla parete una resistenza sostanzialmente uniforme e una continuità nella rigidezza,anche realizzando gli opportuni ammorsamenti qualora mancanti.L’inserimento di materiali diversi dalla muratura, ed in particolare di elementi di conglomerato cementizio, va operato con caute-la e solo ove il rapporto tra efficacia ottenuta e impatto provocato sia minore di altri interventi, come nel caso di architravi dan-neggiati o particolarmente sollecitati.Nel caso di murature con caratteristiche meccaniche particolarmente scadenti, si potrà ricorrere alla tecnica dell’iniezione dimiscele leganti, di cui andrà preventivamente provata la compatibilità e l’efficacia, tenendo anche conto delle protezioni evetual-mente necessarie ad impedire il danneggiamento dei paramenti esterni prodotto dalla miscela.Le perforazioni armate sono da evitare come intervento sistematico di consolidamento della muratura, per l’insieme di impattiprodotti. Potranno essere adottate in via eccezionale, in modo localizzato, ove il loro impiego si riveli motivatamente utile a risol-vere problemi di connessione tra murature con impatti minori rispetto ad altre tecniche.Tutti gli interventi di consolidamento citati devono essere evitati nel caso di pareti decorate o affrescate, eventualmente operandosu altre strutture contigue con interventi di analoga efficacia e comunque operando sotto il controllo di competenze specializzate .In generale sono da evitare comunque le demolizioni di parti edilizie significative nella storia delle trasformazioni del manufattoe di particolare valore storico-artistico, anche se presentano gravi sintomi di instabilità quali strapiombi o estese lesioni.Tali situazioni vanno analizzate con attenzioneindividuandone le cause e le conseguenze strutturali, e valutando di conseguenzala opportunità o di mantenerle ricorrendo ad eventuali presidi o,in casi eccezionali,di correggerle previa la presentazione di docu-mentata dimostrazione tecnica e tenuto conto degli indirizzi della Circolare 117 del 6 aprile 1972 di cui in premessa” (“Carta delRestauro”, n.d.r.).

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sto, e devono essere oggetto di riparazione per ricosti-tuire l’efficienza perduta; in secondo luogo le discon-tinuità stratificate dal processo costruttivo, raramentelineare ed unitario, che ha portato nel tempo a ripresemurarie non ammorsate ma solo accostate, ad aperturein breccia con riprese mal connesse, alla presenzanella muratura di fori o vani inutilizzati, quali le gran-di canne fumarie.Stante la indiscutibile necessità di ricostituire un com-portamento unitario e relativamente omogeneo dellamuratura ora discontinua, le tecniche di interventodevono tener conto di alcuni aspetti. E’ opportuno non cancellare del tutto i tracciati dilesione, ma mantenerne una relativa riconoscibilitàsulla superficie esterna, pur attenuandone l’effettovisivo ed eliminandone la conseguenza di separazionestrutturale. Le lesioni infatti costituiscono uno deiprincipali elementi per riconoscere il comportamentostrutturale nel tempo e i meccanismi di danno cui èsoggetto l’edificio, e cancellarle del tutto significa eli-minare un importante elemento diagnostico per il futu-ro.Analogamente, nelle discontinuità costruttive risiedespesso la prova fisica della storia formativa dellacostruzione, e la loro cancellazione comporterebbe unsignificativo impoverimento dello spessore storico del-l’edificio. Perciò si deve tendere a neutralizzare l’ef-fetto di discontinuità, senza eliminare la traccia da cuiè desumibile il processo costruttivo.Da queste considerazioni deriva una certa sfiduciave rso l’impiego diffuso della tecnica tra d i z i o n a l edenominata “cuci e scuci”, che consiste nell’aprire lalesione o il punto di discontinuità, formando morselaterali, e nel risarcire con nuova muratura -usualmen-te in mattoni, più raramente in pietra- la breccia cosìformata. In primo luogo, non sempre tale intervento èin grado di ricostituire la continuità strutturale, soprat-tutto nella parte interna di muri di elevato spessore onei muri in pietra; in secondo luogo, per sua naturai n t e rcetta e cancella la lesione o la tra c c i a .L’osservazione del comportamento di questa forma diriparazione fa rilevare come la lesione tenda a recidi-vare, in terremoti successivi, lungo i bordi esterni dellariparazione, ad indicare che la continuità muraria nonè stata ricostituita (vedi foto a fianco). Ovviamente, lariparazione della lesione, che costituisce un effetto didissesto, non è sufficiente se non si interviene a con-trastare il meccanismo che l’ha causata. La tecnica proposta in alternativa può essere cosìdescritta.Per le lesioni di limitata ampiezza (indicativamentefino a 1 cm), e con contorni netti e poco ramificati,soprattutto se rimangano elementi (mattoni o pietre) diingranamento tra le due parti murarie separate dallalesione, può essere sufficiente il risarcimento con colia pressione naturale di leganti altamente adesivi, a riti-ro compensato, a base di calce idraulica. Nella sceltadel prodotto, va ricercata la capacità di impregnazionedella malta esistente, utile a creare saldi legami all’in-terfaccia, e raggiungibile con leganti a granulometriafinissima, di tipo colloidale, opportunamente additiva-

Riapertura di lesioni riparate in antico a cuci e scuci.Sopra: lesioni all’abside della chiesa di S. Nicolò a Carpi,che riaprono al bordo un risarcimento a cuci e scuci effet -tuato per riparare una lesione più antica (foto eseguita dopoil terremoto del 1987).

Sotto: antichi cuci e scuci eseguiti per riparare la lesione trafacciata (a sinistra) e muro di spina (a destra). Sulla parte diintonaco non rimossa si osserva il risentimento della lesionedovuto al terremoto del 1983, che si somma a lesioni prece -denti di maggiore ampiezza. Parma, casa in via Bixio 88.

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ti. La lesione va pulita con getti d’aria compressa e, sepossibile, lavata,sigillata all’esterno con malta compa-tibile, mantenendo ribassata la stuccatura e liberi icigli di lesione. Vengono contestualmente fissati i tubida iniezione e, dopo una bagnatura interna con aggrap-pante (ad esempio acqua, calce e Primal), viene ese-guita l’iniezione, a partire dal basso. A distanza diqualche giorno, i coli vanno ripresi per compensareeventuali ritiri.Per le lesioni di ampiezza superiore, o che presentinobordi sgranati e ramificati, a questo intervento va asso-ciata la realizzazione di passanti che assicurino unmiglior collegamento meccanico tra le due parti mura-rie.In questo caso possono essere utilizzate coppie dibarre in acciaio inox o zincate, ancorate con iniezionein perforazioni eseguite a cavallo della lesione e pocoangolate, e successivamente saldate tra loro. La fre-quenza e localizzazione delle coppie di barre va deci-sa in funzione del tipo di muratura e del tipo di lesio-ne, in base al principio che nella muratura maggior-mente coerente sono sufficienti poche barre di mag-giore lunghezza e sezione, mentre nella muraturameno coerente gli elementi di tenuta devono essere piùdiffusi e meno potenti.E’ possibile utilizzare altre tecniche che associanointervento “chimico” di iniezione nella lesione all’in-tervento “meccanico” di connessione tra le parti mura-rie. Dalle tradizionali grappe metalliche esterne, fissa-te a piombo, a cavallo della lesione; a lame metallicheinox inserite in giunti opportunamente aperti e cemen-tati; a conci armati inseriti a scasso e murati; a fasce dimateriali fibro-rinforzati, fissate a resina epossidica.La scelta va operata tenendo conto delle caratteristichedella muratura e dell’impatto che l’intervento determi-na sul suo paramento esterno.

La presenza di vuoti interni alle murature, come quel-li causati da canne fumarie, spesso affiancate e ramifi-cate anche in orizzontale, da aperture tamponate soloin foglia, ma anche da nicchie, spesso aperte utilitari-sticamente in punti nodali della struttura come le ango-late o gli innesti murati, costituisce un oggettivo inde-bolimento della compagine muraria, che va contrasta-to. La nuova muratura in mattoni, ammorsata a cuci escuci ai bordi della muratura esistente, è in questo casoopportuna. Se l’ammorsamento è discontinuo, ha ilpregio di mantenere comunque leggibile la traccia del-l’elemento murato. E’ da tenere presente che i vanidelle vecchie canne fumarie sono spesso riutilizzatiper il passaggio di condotti di sfiato, di ventilazione,impiantistici, ecc., e che il loro impiego è comunqueopportuno se le nuove reti impiantistiche non sono col-locabili in cavedi tecnici esterni alla muratura. In talecaso nelle pareti di chiusura, di spessore contenuto,deve essere inserito un numero maggiore di connessio-ni meccaniche (barre metalliche o altro) a ricostituirecomunque la continuità tra le due parti.

Le discontinuità murarie, anche se non ancora percor-se da lesione, costituiscono un tracciato potenziale di

La presenza di cavillature o di lesioni anche limitate, adassetto verticale rettilineo in un nodo murario, è sintomodella mancanza di ammorsamento strutturale tra le muratu -re convergenti. In questi casi è opportuno, attraverso saggimirati, accertare la presenza di discontinuità e prevedere gliammorsamenti necessari.

Le lesioni, a carattere recidivante, partecipano al processodi stratificazione dell’edificio, e sono periodicamente rico -perte da reintonacature o tinteggiature, senza che ne siastata effettuata una vera riparazione. Anche in questo caso èopportuno attraverso saggi accertare la vera entità dellalesione.

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Pagina a fianco, foto in alto a sinistra.Nel caso di grandi vuoti nella muratura, quali canne fumarieinutilizzate e nicchie, è opportuno il ricorso a tamponamentiin mattoni ammorsati a cuci e scuci al contorno.

Pagina a fianco, foto in alto a destra.Nel caso le lesioni siano concentrate e di media entità, comenella situazione indicata nella foto, la riparazione può essereeseguita con un duplice intervento. Il primo è costituito dalla realizzazione di coppie di perfora-zioni armate sottili (diam. foro 18-20 mm. con barra o tuboinox da 14-16 mm., lunghezze 400-500 mm.) eseguite confori in corripondenza della lesione. L’utilizzo di tubo inoxconsente di effettuare l’iniezione di miscela legante diretta-mente attraverso di esso, e dà migliori garanzie di effettivacementazione dell’elemento metallico al fondo del foro. I due tubi, lievemente divaricati e inclinati verso il basso,vengono poi saldati tra loro a cavallo della lesione, a costi-tuire una vera e propria cucitura.Il secondo intervento è r appresentato dal riempimento dellalesione con miscela legante adesiva, eseguito con le seguen-ti modalità:- pulitura e lavaggio interno della lesione (ove compatibile);- sigillatura a filo con malta di calce, e collocazione di tubi-cini in plastica per effettuare i coli a istanza di 40-50 cm.;- esecuzione di coli (a caduta naturale o a pressione limitata,a seconda dei casi) di miscela legante adeguatamente fluida;- eventuale ripresa dei coli a distanza di alcune ore;- rimozione dei tubi e stuccatura. Questi interventi consentono di evitare una azione comunquetraumatica come quella rappresentata dal cuci e scuci, rico-stituendo la continuità muraria ove non gravemente compro-messa.

Pagina a fianco, foto in bassoL’inserimento di tirantini inox passanti la muratura, collega-ti o meno a travature o cordoli-tiranti metallici all’interno,può essere particolarmente utile ad evitare i fenomeni diseparazione del paramento dal nucleo, come osservabilinella foto del campanile della chiesa di S. Venanzietto aCamerino (foto a destra). Si tratta di barre filettate in acciaio inox, con rondella o pic-cola testa di ripartizione e bullone di fissaggio, come nellafoto a sinistra. Data l’azione che sono chiamati a svolgere -conferire resistenza a trazione su un asse trasversale allemurature non è necessario che esse siano cementate, e pos-sono perciò essere applicate anche a secco, dando garanziadi facile rimuovibilità. Le teste esterne possono esserelasciate a vista, oppure mascherate in piccole nicchie e rico-perte a malta. Se collegate a cordoli-tirante, possono svolge-re sia funzione di solidarizzazione ai solai interni che azioneantiespulsiva del paramento, nei punti in cui, data la presen-za interna delle teste di travi, è più facile si verifichino azio-ni di martellamento.

Riparazione di una lesione in corrispondenza di una finestra.Sul davanzale o sull’architrave viene collocata,anche a vista,una barra inox, saldata alle estremità a due tondini cementa-ti con perforazione in corrispondenza delle spalle.

Tiranti a bandella applicati con viti sul fianco di travature ecollegati ad una piastra esterna formata ad L,svolgono ancheazione di contenimento di un cornicione a sbalzo.

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separazione tra parti che va trattato, sotto il profilomeccanico, alla stessa stregua di una lesione esistente.Soprattutto nei nodi murari, o in corrispondenza delleangolate, la presenza di muri addossati senza ammor-samento o di aperture meramente tamponate costitui-sce grave motivo di indebolimento. L’intercettazionedella discontinuità a mezzo di barre inox inserite inperforazione e cementate con leganti affini a quelliprima ricordati può esser intervento risolutivo, attesaanche la difficoltà pratica di realizzare il cuci e scuci amattoni, ad esempio, in un nodo a martello, e la suacomponente distruttiva su elementi architettonici stra-tificati quali le aperture murate.Da ri c o rd a re che esistono situazioni in cui è opport u-no mantenere, se non esaltare la discontinuità esisten-t e. Ad esempio, nel caso di un campanile add o s s at oalla ch i e s a , ma dotato di mu rat u ra autonoma, l ad i s c o n t i nuità fo rma un giunto molto opportuno perc o n s e n t i re l’oscillazione discorde tra i due corpi ad ive rsa altezza. Eliminare il giunto realizzando nellad i s c o n t i nuità connessioni meccaniche sarebbe perc i òun erro re, che aumenterebbe la vulnerabilità del siste-ma. A n a l oga m e n t e, vi sono giunti a funzionamentosolo compre s s ivo (vedi il caso della parete di un corp ol at e rale successivamente affi a n c ato all’aula di unach i e s a , c o l l egata di testa alla fi a n c ata della ch i e s a ) , i ncui la ricostituzione di continuità non è part i c o l a r-mente ri l eva n t e.

8.6. Sistemi di consolidamento meccanico dellamuratura a fronte di vulnerabilità accentuate L’ applicazione del concetto di miglioramento allemurature richiede in primo luogo una osservazioneattenta della loro costituzione ed una valutazione delloro comportamento resistente alla luce del danneggia-mento sismico. I modi con cui è avvenuto il lesionamento sono di persè significativi delle caratteristiche fisico-meccanichedella muratura, non solo in termini di avvenuto supe-ramento delle re s i s t e n ze ammissibili (compre s s i o-ne/taglio/trazione), quanto soprattutto del complessivocomportamento adesivo-coesivo del sistema eteroge-neo malta-supporti nel suo assetto tridimensionale .La resistenza meccanica, s ch e m at i z z ata at t rave rs ovalori numerici, non spiega di per sè il comportamen-to che si è manifestato attraverso un dato quadro fes-surativo.In realtà, come indicano ricerche recenti, il comporta-mento della muratura -e perciò la sua resistenza mec-canica- è legato all’interrelarsi di più fattori, alcuni deiquali di ordine morfologico -tipo, forma dei supporti,loro organizzazione nel paramento e nell’apparecchia-tura tridimensionale, morfologia costruttiva, disposi-zione della malta di allettamento, eventuale presenza etipo dei vuoti- altri legati alle caratteristiche meccani-che dei componenti -resistenza intrinseca della malta,resistenza dei supporti- ma, soprattutto, l’insieme deilegami adesivi che si sviluppano all’interfaccia tramalta e supporti, dei legami coesivi interni ai nuclei dimalta e propri della muratura nel suo insieme. Adesempio, una malta può essere in sè molto resistente

R i p a razione di lesioni nel campanile della chiesa diOgnissanti a Feltre (BL). In alto, il campanile prima dell’in -tervento; in basso, un dettaglio dopo la riparazione. Lalesione è stata pulita all’interno con soffi d’aria e limitatilavaggi,senza aprirne i bordi,sigillata a malta con lieve sot -tosquadro e successivamente iniettata con leganti colloidali.Sono state realizzate anche cuciture inox in coppia, con forisui fianchi della lesione. La conservazione delle malte disuperficie antiche e dei bordi di lesione, e la lieve differen -ziazione delle nuove malte di risarcitura consentono di rico -noscere ad un esame accurato l’antico tracciato fessurativo.

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ma avere modeste caratteristiche adesive, il che signi-fica che la muratura può passare da uno stato di aggre-gato adesivo-coesivo, concettualmente comparabile adun calcestruzzo, a quello di un cumulo che deve la pro-pria stabilità principalmente all’attrito o ad una limita-ta concatenazione, e muta di conseguenza il propriocomportamento.

L’analisi perciò non deve essere soltanto parametrica,mediata da valori di resistenza ai diversi tipi di solleci-tazione, ma ricercare i diversi fattori che influenzanoresistenza e comportamento. Gli interventi potrannocosì essere specificamente rivolti a contrastare uno opiù fattori di vulnerabilità individuati, evitando formedi intervento generiche e indifferenziate.

Tra i fattori di vulnerabilità dovuti alla tecnica omorfologia costruttiva possiamo citare, per quantoriguarda la malta di allettamento:- presenza di malta di allettamento di limitata consi-stenza intrinseca. Una prova empirica, ma indicativa, èdata dalla possibilità di frantumare un nucleo di maltadi piccola dimensione con la sola pressione delle dita.Ad esempio, in molte costruzioni prossime alla zonaepicentrale marchigiana e gravemente danneggiate ocrollate, si è consatata la presenza di malta con granu-lometria palesemente mal classata in quanto privadelle frazioni più fini (vedi ad esempio la chiesa diMevale, ma il fenomeno è assai diffuso) o con malteterrose, povere di legante (chiesa della Madonna delPiano);- presenza di malte prive di adesione ai supporti in pie-tra o mattone. Una prova empirica è data dalla possi-bilità di estrarre un supporto dalla muratura in unazona in cui essa è aperta e non caricata (ad esempio ilbordo superiore) con semplice azione manuale, senzauso di attrezzi e senza che nuclei di malta si manten-gano aderenti al supporto. L’adesione all’interfacciatra malta e supporti costituisce il legame fisico-chimi-co su cui si fonda principalmente la complessiva coe-sione del sistema murario, che ne influenza in modosignificativo le prestazioni meccaniche. Presentanoquesto fenomeno le malte povere di legante, o ad ele-vato ritiro, oppure “bruciate” al contatto con il suppor-to che ne ha assorbito l’acqua, o applicate a supportinon puliti o polverosi, oppure soggette a gelo e degra-do.- presenza di grandi vuoti interni tra i supporti;- mancanza di malte nei giunti, o giunti degradati inprofondità.

Per quanto riguarda la morfologia costruttiva e ladisposizione tridimensionale dei supporti nell’appa-recchio murario, sono rilevanti i seguenti fattori:- prevalenza di supporti di piccole dimensioni, tenden-zialmente quadrati, tondeggianti o a spacco, ma conlimitati piani di posa orizzontali, poco ingranati traloro nel paramento a determinare una modesta sovrap-posizione in verticale tra i supporti dei diversi corsi;- presenza di paramento poco ingranato o del tuttoseparato dal nucleo o dal paramento opposto;

Sezione mu ra ria resa osservabile dal crollo parziale.Montecavallo. Non sono riconoscibili elementi passanti, e idue paramenti appaiono solo accostati tra loro, fatto chefacilita il diverso comportamento. Da notare l’imbozzamen -to della muratura non contrastato dal solaio mediano, nono -stante il rilevante spessore.

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- presenza di nucleo “a sacco”. Si utilizza questa dizio-ne solo per contraddistinguere le murature a due para-menti separati e distanziati, con vuoto interno o riem-pimento di materiale inerte e incoerente;- presenza di muri a funzione portante di limitato spes-sore in rapporto all’altezza e al carico (muri in matto-ne ad una testa, muri in pietrame ad un solo paramen-to, ecc.);

Un elemento empirico di prima valutazione della coe-sione muraria è dato dalla risposta sonora alla percus-sione: un suono sordo e grave si associa ad uno o piùelementi di vulnerabilità tra quelli citati, un suono piùnetto e acuto è indizio di maggiore coesione muraria.

Tra le manifestazioni di dissesto rivelatrici dell’esi-stenza di uno o più fattori di vulnerabilità costitutivapossiamo citare:- diffusa presenza di lesioni di piccola dimensione, rav-vicinate e ramificate, anzichè concentrate in pochelesioni di maggiore dimensione e distanziate, indiceusualmente di maggiore consistenza muraria;- frequenti imbozzamenti dei paramenti con variazionedi planarità, avvio di fenomeni di pressoflessionediscorde riconoscibili da lesioni verticali interne alvano di porte e finestre o dall’imbozzamento oppostodelle due superfici murarie. Questo fenomeno è indicedi marcata separazione tra i due paramenti;- lesioni a taglio semi-orizzontali con fenomeni discorrimento nel piano, anche in maschi murari di gran-de sezione e lunghezza. Vedi il caso dello scorrimentodella facciata nella chiesa di Acquapagana o nellemurature della cella del campanile di Mevale. Il feno-meno, indice di modestissimi legami adesivi tra maltae supporti e di limitata coesione della malta, è più fre-quente nelle murature ad opera quadrata, con giunti diposa orizzontali che di per sè formano un piano discorrimento con minore attrito e limitate aderenze;- fenomeni di espulsione di conci angolari.

Nel caso siano presenti uno o più fenomeni o caratteritra quelli citati, è opportuno passare dall’osservazionevisiva con accorgimenti empirici a prove analiticherealizzate con idonea strumentazione, di tipo nondistruttivo a moderatamente distruttivo. Ad esempio:- misura della velocità di propagazione delle ondesonore, che è correlabile alla coesione muraria, allapresenza di vuoti e, per le misure in traparenza, allaconnessione tra i due paramenti;- prove sclerometriche sulla malta o sui supporti;- prove di estrazione di supporti;- prove compressive con martinetti piatti;- osservazioni endoscopiche entro cavità o fori apposi-tamente realizzati, per l’osservazione del nucleo;- prove di resistenza (taglio, compressione) su campio-ni murari in laboratorio o in sito o su campioni di maltaadattata a provino standard;- analisi di campioni di malte (porosità, granulometria,tipo e percentuale legante, eventuali presenze di saliche possono influire sulla resistenza meccanica, ecc.).Le misure di percentuale, dimensione e distribuizione

dei pori nella malta si prestano a significative correla-zioni con i parametri di resistenza meccanica dellamalta.

Le prove devono essere mirate in base a precisi indi-rizzi diagnostici desunti da indizi osservabili, in mododa poterne calibrare il numero in rapporto all’efficaciae al costo. Devono inoltre fornire attraverso una rela-zione conclusiva, insieme ai valori riscontrati, un com-mento interpretativo ed esplicativo che ne chiarisca ilsignificato nel caso in esame e indichi con precisionegli obiettivi da assumere per l’opera di consolidamen-to, eventualmente restringendo ad alcune tecniche omateriali l’intervento idoneo a raggiungerli.

In base al quadro delle vulnerabilità proprie dellamuratura, il progetto esecutivo deve indicare gli inter-venti prescelti.Va detto con chiarezza che i risultati sino ad ora rag-giunti dalla ricerca scientifica e dalla produzione diprodotti specifici per il consolidamento murario attra-verso iniezione non consentono risposte chiare e certa-mente affidabili nella generalità dei casi. I motivi sonodi diversa natura:- difficoltà di controllo degli esiti, che dipendono dallaomogeneità e continuità di penetrazione dei fluidi con-solidanti. E’ possibile ripetere prove soniche ad inie-zione effettuata,per misurare con l’accresciuta velocitàdel segnale il miglioramento realizzato, ma questo nondà garanzie di omogeneità rispetto all’intera muratura.Vedi ad esempio, tra i crolli constatati nella zona diSellano, la caduta a blocchi di parti murarie consolida-te con iniezione, in cui il limite di penetrazione delfluido ha determinato una marcata discontinuità dicomportamento;- difficoltà di calibrare le caratteristiche del fluido con-solidante rispetto ai materiali e alle caratteristichecostitutive della muratura da iniettare. L’utilizzo diprodotti standard presenti sul mercato può essere effi-cace in una data situazione, ma non in altre. Di qui lanecessità di una sperimentazione preliminare per lascelta del prodotto e delle modalità di applicazione (adesempio, la pressione di iniezione), per poterne valuta-re in concreto l’efficacia;- dubbi sulla durabilità nel tempo di consolidamentiche utilizzano, a n che miscelat i , m at e riali orga n i c icome le resine di vario tipo, data la mancanza di unasperimentazione di ampio respiro e di sufficiente dura-ta;- preoccupazione per gli effetti collaterali degli inter-venti di iniezione con uso di acqua (mobilitazione disali presenti nella muratura e ricristallizzazione, muta-mento dell’equilibrio termoigrometrico della parete,ecc.). Per queste ragioni gli interventi di iniezionedevono essere evitati su pareti affrescate, o realizzaticon prodotti specifici a bassissimo contenuto d’acquaconsentito da ritentori e da fluidificanti di vario tipo.

A fronte di queste incertezze, sono tuttavia maturatialcuni indirizzi chiari e condivisi:- il ricorso al consolidamento con iniezione, tecnica di

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per sè altamente invasiva ed irreversibile, può avveniresolo a fronte di forme di vulnerabilità precisamenteindividuate, e non in base ad una scelta a priori;- la necessità di evitare l’uso di cemento Portland comefluido da iniezione, per un complesso di fattori. A partei problemi di penetrazione, le caratteristiche meccani-che del cemento sono eccessivamente superiori a quel-le della malta di allettamento, per cui, a seguito delleinevitabili discontinuità si formano drastiche differen-ze meccaniche tra parti raggiunte dal fluido e parti nonraggiunte, con le conseguenze prima ricordate. In pre-senza di sali il cemento può dar luogo alla formazionedi cristalli espansivi (taumasite ed ettringite) con effet-ti disgreganti anche gravi. Il cemento stesso, se nonopportunamente controllato, può apportare sali solubi-li all’interno della muratura, per cui è necessariocomunque che tutti i fluidi iniettati ne siano privi, e chetale caratteristica sia opportunamente testata. Il cemen-to inoltre, con la sua massa e la limitata porosità, favo-risce la formazione di microcondense interne;- l’opportunità di utilizzare fluidi a base di calci idrau-liche naturali, opportunamente additivate per accen-tuarne le caratteristiche di fluidità, prodotte in modo daridurne la granulometria e consentire una parzialeimpregnazione dei nuclei di malta presenti, caratteri-stica questa preziosa per costituire legami adesiviall’interfaccia e per rigenerare nella zona esterna inuclei di malta.

Nei casi in cui è presente una notevole quantità dimalta di allettamento, con limitati vuoti ma con scarsecaratteristiche adesive (supporti enucleati dalla malta)e/o malta con modeste caratteristiche meccaniche, ilfluido prescelto deve poter penetrare nelle microcavil-lature senza arrestarsi e costituire un ponte adesivo tramalta e supporti, nonchè impregnare la malta stessa.La ricerca di questa capacità di penetrazione sembraportare inevitabilmente verso resine in sospensioneacquosa associate a leganti idraulici estremamente fini.All’aumentare dei vuoti interni alla muratura deveinvece essere accentuata la capacità di occluderli alme-no in parte, utilizzando leganti privi di ritiro. Esistonoattualmente in commercio leganti da iniezione murariacon caratteristiche mirate a questo uso.

Anche se questo comporta il rischio di introdurreforme di discontinuità, il progetto deve valutare l’op-portunità di realizzare interventi differenziati nellediverse parti murarie della costruzione, senza genera-lizzare l’iniezione. E’ possibile, ad esempio, effettuar-la nei maschi murari a terra, maggiormente sollecitatia taglio, soprattutto se di sezione ridotta per la presen-za di ampie aperture, ed evitarla nelle pareti continue -come le pareti laterali delle chiese, soprattutto nellazona centrale interessata da limitati sforzi di taglio- incui il problema prevalente permane la possibile separa-zione dei paramenti alle azioni fuori piano. Questo puòessere contrastato con tirantini passanti fermati da pia-stre di piccole dimensioni,anche applicati a secco, cioèsenza iniezione cementante, intervento che ha il pregiodi una maggiore reversibilità e di un impatto distrutti-

vo solo puntuale.Vanno in ogni caso evitate le pareti di intonaco armatocon rete elettrosaldata, per la drastica variazione dirigidità che comportano, oltre che per l’elevato impat-to distruttivo.Nelle murature interne, soprattutto delle zone solleci-tate a taglio, il rifacimento di malte degradate o distac-cate deve avvenire ricercando non tanto l’elevata resi-stenza compressiva, quanto l’aggrappo adesivo allesuperfici e il ridotto ritiro. L’introduzione di fasce dimalte fibrorinforzate, o armate con rete di materialeplastico, opportunamente collegate, può introdurre unutile contributo alla duttilità del sistema nei punti criti-ci senza aumentarne eccessivamente la massa e la rigi-dità. Ad esempio, l’indebolimento prodotto dalla pre-senza di aperture molto prossime all’angolata o al nodomurario, da spalle eccessivamente snelle in celle cam-panarie o vele , può essere contrastato, ove compatibi-le, con la formazione di un telaio interno in metalloapplicato al contorno interno del foro e parzialmenterisvoltato (profilo a L), oppure da fasce in materialifibrorinforzati.

Nel caso di architravi lesionati, soprattutto se il lorodanneggiamento è parte della linea di sviluppo di unmeccanismo, l’intervento tradizionale di rifacimento atrave in c.a. gettata in opera va limitato ai casi di mag-gior danno o per sostituire elementi in legno degradati,mentre è da preferire la riparazione della lesione e lacollocazione, anche esterna, di elementi lineari resi-stenti a trazione, quali fasce di materiali fibrorinforza-ti o coppie di tiranti opportunamente connessi allemurature laterali.

Una attenzione particolare deve essere dedicata aiparamenti esterni, a vista o intonacati, dai quali dipen-de in buona misura il carattere della costruzione, il suoinserimento ambientale e una parte importante dellapossibilità di apprezzarne l’autenticità.Ad esempio, in una muratura con paramento a vista inmattoni o in pietra è opportuno evitare il rifacimentosistematico dei giunti, ed operare selettivamente arisarcire quelli perduti o degradati, consolidando igiunti ancora recuperabili. Possono essere effettuateapplicazioni locali di silicato di etile, con funzione diconsolidamento proprio della malta, e sigillature conmicroiniezioni nei distacchi eseguite con sabbia fine,calce idraulica additivata con Primal o altro, per rico-stituire i legami adesivi tra malta e supporti.Analogamente per gli intonaci, soprattutto se di anticaformazione, è da evitare la rimozione generalizzata afavore dell’integrazione delle parti mancanti o irrecu-perabili con intonaci affini, il consolidamento di quellirecuperabili e l’eventuale intonazione cromatica disuperficie attraverso velature di calce e terre coloranti. In sostanza, si propone l’utilizzo di modalità di inter-vento articolate e differenziate a seconda dei caratteri,delle vulnerabilità e delle sollecitazioni proprie dellediverse parti murarie, limitando gli interventi di mag-gior impatto e costo alle zone in cui ne è stata accerta-ta la stringente necessità.

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8.7. Gli interventi sulle volte: volte strutturali, voltestrutturali sottili La stabilità delle volte è tema complesso già in fasestatica e ancor più in fase dinamica. La varietà di con-figurazione (a botte, a botte ribassata, a crocera,a padi-glione, a ombrello, a schifo, a cupola o semicupola,ecc.) e di costituzione (a mattoni di testa, a mattoni infoglio, in pietra o tufo, con o senza archi o costolatureintradossali o estradossali) articola notevolmente ilcomportamento strutturale, i relativi dissesti ed inter-venti possibili.Per impostare l’opera di miglioramento assume fonda-mentale importanza il rilievo accurato dell’assetto geo-m e t rico at t u a l e, s o p rattutto intra d o s s a l e, re a l i z z at oattraverso sezioni significative che includano i muri diappoggio, e la precisa identificazione costruttiva delsistema (sezioni resistenti, apparecchiatura, presenza etipo di frenelli di rinfianco, entità e tipo del materialeinerte soprastante, ecc.). In mancanza di questi ele-menti di dettaglio non è possibile comprendere il fun-zionamento statico della volta ed impostarne in modoattendibile la verifica. Riconoscere la connessione tralesioni presenti e deformazioni geometriche, infatti, èfondamentale per identificare il meccanismo di disse-sto, il comportamento della volta e le sue residue risor-se di resistenza. La spinta delle volte agisce soprattutto sulle murature

esterne della costruzione, prive di contrasto, accen-tuandone la tendenza al ribaltamento fuori piano e, incaso di terremoto, sommando la propria azione allacomponente sismica orizzontale. Ne consegue che l’in-tervento a contrasto dei meccanismi sismici, se oppor-tunamente localizzato in modo da applicarsi ai centri dispinta, può in molti casi coincidere con la neutralizza-zione statica delle volte.Possiamo dividere i principali interventi sui sistemivoltati in due gruppi: gli interventi indiretti, volti adassicurare la stabilità delle murature di appoggio, e gliinterventi diretti, applicati alla struttura delle volte.

Interventi indirettiCome è noto, le volte non sopportano l’allontanamen-to dei muri di appoggio, che esse stesse inducono, o illoro avvicinamento causato da oscillazioni discordi.Sono inoltre soggette alle azioni taglianti trasmessedalle pareti di appoggio (come nel caso illustrato dellevolte laterali della Chiesa di S. Nicolò a Carpi).Gli interventi intradossali sono costituiti da tiranti libe-ri o affiancati alle murature, soprattutto per il conteni-mento di spinte nelle angolate esterne.Gli interventi estradossali sono evidentemente condi-zionati dalla presenza o meno di pavimenti, di capriatedi tetti o altro ad una quota favorevole, cui affidare fun-zioni di tirante-puntone o di lastra.

Chiesa di S. Pietro Apostolo a Budrio (RE). Rottura della catena e danni collegati all’arco trionfale che regge la cupola e ai settilaterali.

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Ad esempio, se esiste un solaio ligneo autonomamenteordito al di sopra delle volte, gli interventi già descrit-ti per il miglioramento del solaio possono svolgere lafunzione di solidarizzazione delle murature anche afavore delle volte sottostanti, con eventuali irrigidi-menti a croce di S. Andrea se si intendono contrastaremaggiormente le sollecitazioni taglianti.Se invece la pavimentazione poggia direttamente suimateriali di rinfianco della volta, oppure su travettipoggiati su frenelli in muratura, l’intervento va proget-tato in rapporto alla tipologia della volta, alla sua costi-tuzione, all’eventuale dissesto statico già presente, alcarico con cui si intende gravare il pavimento, ecc.

Interventi direttiIn primo luogo vanno compiuti gli interventi di ripara-zione, consistenti nella messa in luce delle lesionieventualmente stuccate, pulitura, incuneatura con ele-menti in legno duro o in metallo, sigillatura e iniezio-ne con prodotti specifici, ad alta penetrazione, spiccatacapacità adesiva e buona -ma non eccessivamente ele-vata- resistenza meccanica.Come ricordato dalle “Istruzioni” (7), vanno esclusi gliinterventi che prevedono la realizzazione di cappearmate in c.a. direttamente all’estradosso della volta, inquanto la irrigidiscono in modo eccessivo. Si va diffondendo in tempi recenti l’applicazione di

(7) Dalle “Istruzioni...”, cit., paragrafo C.4.4- Archi e volte:“Gli interventi sulle strutture ad arco o a volta possono essere realizzati con il ricorso alla tradizionale tecnica delle catene, checompensino le spinte indotte sulle murature di appoggio e ne impediscano l’allontanamento reciproco.Le catene andranno poste di norma alle reni di archi e volte. Qualora non sia possibile questa disposizione, si potranno collocarele catene a livelli diversi purchè ne sia dimostrata l’efficacia nel contenimento della spinta.In caso di presenza di lesioni e/o deformazioni, la riparazione deve ricostituire i contatti tra le parti separate, onde garantire che iltrasferimento delle sollecitazioni interessi una adeguata superficie e consentire una idonea sezione resistente.Va evitato comunque il ricorso a tecniche di placcaggio all’intradosso con realizzazione di controvolte in calcestruzzo o simili,armate o meno, a favore di interventi che riducano i carichi, e/o diminuiscano le eccentricità e/o vincolino le deformazioni all’e-stradosso (rinfianchi alleggeriti, frenelli, ecc.). Tale intervento è ammesso solo ove non esistono alternative.”

Chiesa di S. Pietro Apostolo a Budrio (RE). Rottura della catena e danni collegati alla volta in foglio del presbiterio che crollain parte.

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Consolidamento della volta della loggia affrescata diVilla Poiana a Poiana Maggi o re (VI), I s t i t u t oRegionale per le Ville Venete. La volta a crocera, gra -vemente abbassata (oltre 30 cm.) e deformata, è statapuntellata all’intradosso, con centine lignee e inter -posizione a contatto con gli affreschi in poliuretanoespanso con fogli di protezione. Dopo la rimozionedei materiali inerti di rinfianco, l’estradosso è statopulito e le lesioni, aperte con soffi d’aria compressa,sono state iniettate con composto privo di sali a bassocontenuto d’acqua. Successivamente la volta è stataconsolidata sovrapponendo ai costoloni estradossali,molto abbassati, un tutore metallico costituito da unacentina a L calandrata,su cui scaricano tirantini filet -tati inox ancorati alla volta con resine epossidiche infori a sola rotazione. Infine viene ampliato all’estra -dosso il costolone in muratura, annegandovi i tiranti -ni, per ricostituire la geometria e il relativo funziona -mento statico della volta. Il pavimento, prima appog -giato alla volta, è stato posato su struttura propria, icui elementi principali in legno lamellare fungono datiranti-puntoni estradossali e il cui impalcato assolveanche funzioni di irrigidimento. Sono stati controllatii tiranti antichi esistenti.

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fasce in fibre di carbonio o altri materiali compositi,legati in genere a mezzo di resine epossidiche soprat-tutto all’estradosso della volta. Tale intervento, per ilquale sono in corso sperimentazioni e prime applica-zioni descritte nella letteratura specialistica, ha il pre-gio di essere relativamente reversibile -la resina epos-sidica è termoplastica e rammollisce a temperature nonelevate- e di apportare elevate resistenze soprattutto atrazione. Le limitate sezioni e la posa in opera a reti-colo o a fasce parallele consentono di evitare l’irrigidi-mento eccessivo della volta, che mantiene così partedella capacità di adattarsi ad assestamenti delle mura-ture d’appoggio. Questo intervento, che richiede speci-fiche modellazioni di calcolo, può essere di grande uti-lità all’estradosso delle volte sottili in foglio, caratte-rizzate da elevata fragilità, consentendo di eliminare oridurre drasticamente il materiale inerte di rinfianco,posto con funzione stabilizzante alle reni.

8.8. Sistemi di tirantatura metallica o mista L’applicazione di sistemi di tirantatura metallica èfo rse l’intervento più coerente con il concetto dimiglioramento, e che in rapporto al costo e agli impat-ti produce i maggiori benefici (8). E’ formato nella configurazione più semplice da unelemento resistente a trazione (catena) e da due capo-chiave agli estremi che trasferiscono alle murature unosforzo compressivo.Il suo impiego di elezione è mirato a contrastare i mec-canismi simmetrici e opposti, e a trasferire le azioniinerziali fuori piano che interessano i muri di facciataa sezioni murarie più interne, sollecitandole a taglionel loro piano. Questo permette di sfruttare in modopiù favorevole la sezione e le caratteristiche di resi-stenza della costruzione.Negli edifici dotati di solai, il cordolo-tirante giàdescritto può svolgere la funzione tradizionalmenteaffidata al tirante libero, salvo l’esigenza di difendereanche l’interpiano in ambienti molto alti, di contrasta-re la spinta di archi e volte su muri esterni o in situa-zioni particolari.Nel caso non sia possibile intervenire a pavimento, ocomunque si rinunci a formare il cordolo-tirante, iltirante libero può essere apposto all’intradosso, nella

connessione tra solaio e muro.Il suo utilizzo è insostituibile soprattutto negli edifici avano unico, come le chiese o le grandi aule soprattuttoin presenza di volte o archi, e negli edifici cavi, come icampanili e le torri.I principali tipi di tirante sono:-a barra di sezione quadra o rettangolare, eventualmen-te ribattuta al maglio, con capochiave esterno a palettoentro asola,tesato attraverso la dilatazione termica pro-dotta da surriscaldamento e l’incuneatura a forza delleteste. E’ il tipo di tirante proprio della tradizione piùantica, ancora utilizzabile ove lo richiedano particolariesigenze architettoniche di affinità con il contesto;-a barra tonda filettata alle estremità e collegata a pia-stre o capochiave di ripartizione, cui è fissato con bul-lone. Può avere anche un manicotto centrale controfi-lettato per la giunzione degli elementi o per la tesatura.E’ il tipo di tirante più diffuso, che rispetto al tirantetradizionale forgiato presenta il vantaggio di poteressere messo in tensione con chiavi dinamometriche,controllando con maggiore facilità e precisione la ten-sione di esercizio;- a barre tonde di elevata resistenza, tipo Diwidag oaffini, con sagomatura preformata che permette di evi-tare la filettatura, manicotti intermedi di giunzione epiastre esterne. Consente di utilizzare sezioni più ridot-te rispetto alla barra tonda normale, e offre una com-ponentistica che riduce la necessità di lavorazioni perordine particolare;- a trefoli o trecce in acciaio armonico, di elevatissimaresistenza (+16 t/cmq), con boccole speciali di arrestoda applicare a piastre di ripartizione. Si tratta del cavoutilizzato usualmente per manufatti precompressi, pro-tetto da guaina, che consente sezioni molto ridotterispetto alla resistenza offerta.

A questi tipi di tirante metallico va aggiunta una solu-zione mista, frequente nella tradizione, formata da unacatena lignea collegata agli estremi a bandelle chioda-te e capochiave metallico. A volte, soprattutto nellemurature di grande sezione, l’elemento ligneo era inse-rito all’interno della muratura durante la costruzione, emolto di frequente esso, degradandosi, ha perduto ogniefficienza meccanica, lasciando l’edificio privo di unpresidio che ora è necessario ricostituire.

(8) Dalle “ I s t ru z i o n i . . .” , c i t . , p a ragra fo C.4.8- A l t ri interventi. Incatenamenti metallici:“La pratica tradizionale di inseri re catene e tiranti in metallo va considerat a , in via ge n e ra l e, come la risposta di maggior effi c a c i ain funzione antisismica rispetto all’impatto causato al manu fat t o , per cui si ri chiede che essa vada adottata sistemat i c a m e n t e.Scopo delle catene è quello di impedire il collasso delle pareti perimetrali ortogonalmente al loro piano e verso l’esterno, quandociò non appaia garantito dai solai o da altre strutture, e di contribuire, laddove opportuno, alla capacità dell’organismo di funzio-nare strutturalmente quale organismo unitario.Sono da preferire le catene costituite da barre tonde di acciaio a bassa resistenza,con capichiave atti a distribuire la pressione con-seguente al tiro su zone murarie di adeguata ampiezza. Tali capichiave potranno essere esterni alla parete, soluzione preferibiledal punto di vista tecnico e di minor impatto distruttivo, oppure incassati con opportune cautele ove giudicato necessario. I tiran-ti dovranno in via generale essere disposti sulle murature principali, ad ogni piano, con preferenza per le soluzioni a doppia cate-na sui due lati dei muri stessi. Nel caso di muri esterni si adotterà la catena singola all’interno.Nei casi in cui sia indispensabile forare la parete in direzione longitudinale (casi che si cercherà il più possibile di evitare) si dovràdi regola dare la preferenza a catene inserite in guaina e non iniettate, per rendere reversibile l’intervento, consentire l’eventualeripresa di tesatura, evitare l’insorgenza di sollecitazioni indesiderate. Per quanto riguarda la tesatura dei tiranti, si dovranno adot-tare tensioni limitate, tali da produrre nelle murature tensioni di compressione nettamente inferiori ai valori ritenuti ammissibili”

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Collocazione di tirante a bar ra tonda con manicotto di tesatura centrale su arco di porta cittadina. Sui lati si osservano tirantia barra rettangolare, con capichiave esterni, connessi con raccordi alle travi del solaio. Porta Imperiale, Feltre.

Tirante continuo all’imposta degli archi absidali. Chiesa di Ognissanti, Feltre. L’arco trionfale delle chiese, particolarmente vul -nerabile, trae grande beneficio dalla collocazione del tirante.

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Frequente è anche il caso di tiranti rotti in antico, eli-minati e non più sostituiti, come nel caso dei tiranti sulpresbiterio della chiesa di S. Nicolò a Carpi. Oltre alla ricerca e al rilievo di tutti i tiranti esistenti edi quelli eventualmente presenti in antico e rimossi, ènecessario conoscerne la natura, lo stato di efficienza edi sollecitazione, in modo da poterne valutare l’affida-bilità soprattutto nelle posizioni in cui la loro azione èindispensabile anche in fase statica. Non è infrequenteil caso di cricche che hanno ridotto del tutto o in partela sezione resistente, e di ossidazioni all’interno dellamuratura. Oltre all’ispezione diretta e alla eventuale liberazioneparziale delle teste, nei casi più delicati è opportunoeffettuare misure della sezione resistente e delle solle-citazioni in atto attraverso apposite prove non distrut-tive.Nelle “Istruzioni”, riportate in nota, sono forniti alcu-ni indirizzi che tendono a ridurre l’impiego di tiranti atrefolo, soprattutto se utilizzati per precomprimere lamuratura, a favore di tiranti tradizionali debolmentetesati. Inoltre si privilegiano i tiranti esterni alla mura-tura, salvo i punti di attraversamento, a quelli interni inforo eseguito a perforazione o carotatura. Sono indica-zioni rivolte a contrastare un uso forzato di materiali etecnologie recenti, oltre le necessità e le capacità dellafabbrica antica. Ciò non toglie che, dopo aver accuratamente valutatole diverse opzioni e le possibili controindicazioni, illoro impiego mirato possa risolvere situazioni delicatee complesse, come la cerchiatura di cupole o tamburi,l’affiancamento di antichi tiranti molto sollecitati e diincerta affidabilità, la limitata precompressione di ele-menti murari già rotti a trazione e soggetti a ribalta-mento.Si ricorda che, nel caso siano inevitabili le saldature,devono essere realizzate su materiale accertato comesaldabile e con saldatura “a filo”, o comunque tale daevitare rotture fragili nel punto di giunzione, fornendole opportune garanzie.

Da citare la possibilità di realizzare capochiave nonconvenzionali per meglio ripartire le sollecitazioni deitiranti ove questi si applichino a punti particolarmentevulnerabili della costruzione.E’il caso dei “pluviali strutturali”, ossia di tubi metal-lici di opportuna sezione in acciaio zincato che, oltre asvolgere la funzione di discendente per le acquemeteoriche, sono collegati alle teste dei tiranti in mododa poter ripartire la loro azione sui tratti intermedi dimuratura. Se si tiene conto che i pluviali sono in gene-re collocati in prossimità delle angolate o a confine trale costruzioni, perciò in corrispondenza del muro dispina interno di separazione, si comprende come illoro utilizzo come “opera provvisionale fissa” a dupli-ce funzione possa fornire un utile contributo ad ampli-ficare l’efficacia dei tiranti ivi collocati. (Vedi l’esem-plificazione nel caso del Palazzo Cumano a Feltre -Cap. 10.3.).

8.9. Aspetti legati alla protezione e al restauro di

Danni causati agli elementi in pietra e agli intonaci antichidalla fuoriuscita di boiacca cementizia impiegata nelle inie -zioni di consolidamento. Castello di Colloredo (UD).

Intonaco provvisorio di argilla, cocciopesto e calce stesosulle murature superstiti del Duomo di Venzone (UD) primadi eseguire le iniezioni di consolidamento.

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superfici architettoniche, di parti decorative, di ele-menti lapidei, di elementi di arredo fisso e mobileNel progetto devono essere previsti i principali accor-gimenti o attenzioni operative per ridurre gli impattisul manufatto nel corso del cantiere.Ad esempio, nel caso si intendano realizzare iniezionisu murature a vista o con paramenti da conservare, èopportuno realizzare una protezione temporanea appli-cando un intonaco provvisorio composto da argilla,cocciopesto e limitate quantità di calce spenta. Dopoaver constatato i danni irreversibili prodotti dalle fuo-riuscite di fluido da iniezione sulle superfici murarie,che ne rendevano inevitabile il completo rifacimento,questo accorgimento è stato adottato con buoni risulta-ti in alcuni interventi in Friuli a seguito del terremotodel 1976. Steso prima dell’iniezione, contiene le perdi-te di fluido oppure le porta a scorrere sulla propriasuperficie, salvaguardando i paramenti. Ad iniezioniconcluse può essere rimosso meccanicamente o consemplici lavaggi. Per superfici limitate può essere uti-lizzata anche attapulgite, ritardandone l’essiccazione

con fogli di plastica. Questa tecnica consente di ev i t a re la sostituzione omanipolazione ge n e ra l i z z ata delle superfici estern e,gravissimo impove rimento dell’autenticità di un’opera .Per le opere d’arte e d’arredo fisso e mobile va realiz-zato uno specifico “piano di sicurezza” che preveda irischi relativi e adotti le contromisure necessarie, dallospostamento in luogo sicuro alla protezione in sito con-tro gli urti, la polvere, il dilavamento o altro. Vedi aquesto proposito le specifiche istruzioni rigurdo agliinterventi sui beni storico-artistici. (9)Nei casi in cui sia indispensabile forare la parete indirezione longitudinale (casi che si cercherà il più pos-sibile di evitare) si dovrà di regola dare la preferenza acatene inserite in guaina e non iniettate, per renderereversibile l’intervento, consentire l’eventuale ripresadi tesatura, evitare l’insorgenza di sollecitazioni inde-siderate. Per quanto riguarda la tesatura dei tiranti, sidovranno adottare tensioni limitate, tali da produrrenelle murature tensioni di compressione nettamenteinferiori ai valori ritenuti ammissibili”.

(9) Vedi in particolare: Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Istituto Centrale per il Restauro, Edifici storici di culto -Decorazioni, arredi. Guida alla manutenzione , a cura di G. BASILE, Ed. Opus Libri, Firenze, 1999.

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9.1 - Il Capitolato Speciale di AppaltoIl Capitolato Generale di Appalto è contenuto nelD.M. 19 aprile 2000, n. 145, "Regolamento recan-te il capitolato generale di appalto dei lavori pub-blici, ai sensi dell'art. 3, comma 5, della legge 11febbraio 1994, n. 109, e successive modificazio-ni". Esso costituisce il riferimento normativo dibase per i contratti di appalto della PubblicaAmministrazione.Inoltre il "Regolamento di attuazione della leggequadro in materia di lavori pubblici, 11 febbraio1994, n. 109 e successive modificazioni", conte-nuto nel DPR 21 dicembre 1999, n. 554, prevedeall'art. 35 (Documenti componenti il progetto ese-cutivo) lo schema di contratto e il capitolatospeciale di appalto, descritti al successivo art. 45. Lo schema di contratto "contiene, per quantonon disciplinato dal regolamento e dal capitolatogenerale di appalto, le clausole dirette a regolareil rapporto tra stazione appaltante e impresa, inrelazione alle caratteristiche dell'intervento". In particolare prevede:a) termini di esecuzione e penali;b) programma di esecuzione dei lavori;c) sospensioni e riprese dei lavori;d) oneri a carico dell'appaltatore;e) contabilizzazione dei lavori a misura, a corpo;f) liquidazione dei corrispettivi;g) controlli;h) specifiche modalità e termini di collaudo;i) modalità di soluzione delle controversie.Allegato allo schema di contratto è il capitolatospeciale di appalto , "che riguarda le prescrizionitecniche da applicare all'oggetto del singolo con-tratto", ed è diviso in due parti. La prima, che descrive le lavorazioni, contiene"tutti gli elementi necessari per una compiutadefinizione tecnica ed economica dell'oggetto del-l'appalto, anche ad integrazione degli aspetti nonpienamente deducibili dagli elaborati grafici delprogetto esecutivo".

La seconda indica "le modalità di esecuzione e lenorme di misurazione di ogni lavorazione, i requi-siti di accettazione di materiali e componenti, lespecifiche di prestazione e le modalità di provenonchè, ove necessario, in relazione alle caratteri-stiche dell'intervento, l'ordine da tenersi nellosvolgimento delle specifiche lavorazioni. "Pertanto il Capitolato Speciale di Appalto costi-tuisce un elemento fondamentale del progetto ese-cutivo. Non è ancora disponibile un capitolato specialetipo per i lavori di restauro adottato dalla PubblicaAmministrazione, stante anche le comprensibilidifficoltà per giungere alla sua stesura. E' noto cheil Ministero per i Beni e le Attività Culturali ne hain corso la predisposizione. Pertanto i progettistipossono fare riferimento ai capitolati a stampa osu supporto informatico attualmente disponibili,adattandoli o completandoli per le parti necessa-rie a meglio indirizzare lo specifico lavoro.A titolo di esempio, vedi: S. TINE', CapitolatoSpeciale di appalto per lavori di ristrutturazionee restauro, ed. Flaccovio, Palermo;C. CAMPA N E L L A , C ap i t o l ato Speciale diAppalto per opere di conservazione e restauro,ed. Pirola, Milano.Tuttavia, dopo l'approvazione del Regolamentoattuativo della legge 109/94, la materia subirà ine-vitabilmente significative evoluzioni.

9.2- L'Elenco dei Prezzi UnitariL'Elenco dei Prezzi Unitari, previsto tra i docu-menti del progetto definitivo ed esecutivo (art. 34e 35 del Regolamento citato), definisce sotto ilprofilo tecnico-esecutivo le singole operazioni ene fissa il corrispettivo economico per unità dimisura.La Regione Marche ha adottato per gli interventisul patrimonio architettonico, con delibera dellaGiunta Regionale n. 2279 del 21/9/98, pubblicatasul Supplemento n. 21 al BUR Marche n. 80 del

9. DOCUMENTI TECNICO-ECONOMICI PER IL CONTRATTOD’APPALTO NEL PROGETTO ESECUTIVO (*)

9.1. Il Capitolato Speciale di Appalto9.2. L’Elenco dei Prezzi Unitari9.3. Il Computo Metrico Estimativo con Quadro Economico di Spesa9.4. La richiesta del rendiconto “come costruito” a consuntivo

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29 settembre 1998, il Prezziario redatto dallaS o p rintendenza ai Beni Ambientali eArchitettonici delle Marche, che è corredato dellerelative analisi di prezzo. Per specifiche lavorazioni non previste da taleelenco, è possibile formulare prezzi diversi, utiliz-zando per le analisi i prezzi elementari inclusi nelprezziario regionale (materiali in fornitura, noli,mano d'opera, ecc.).Qualora la gara sia prevista con il sistema dell'"offerta prezzi" su ciascun prezzo, anzichè conofferta ad unica percentuale di ribasso su tutti iprezzi di elenco, si dovrà produrre uno specificomodulo di offerta prezzi, con la descrizione dellevoci riportate per intero, il totale delle quantità dicomputo per ciascuna voce di prezzo, l'unità dimisura, lasciando in bianco lo spazio per formu-lare il prezzo unitario e il prodotto, in cifre e inlettere.

9.3- Il Computo Metrico Estimat ivo conQuadro Economico di SpesaIl computo metrico estimativo deve indicare ana-liticamente le quantità delle opere relative a cia-scuna voce di prezzo. E' molto importante che cia-scuna misura sia corredata di note ed elementi checonsentano di riconoscere la posizione nell'edifi-cio di ogni singola opera. Questo è utile sia ai finidi chiarire la localizzazione di progetto di ognisingolo intervento, ove gli altri elaborati si pre-stassero a dubbi, sia per controllare in corso d'o-pera l'andamento economico del lavoro, confron-

tando le singole partite previste con quelle effetti-vamente realizzate.Al termine del computo metrico viene collocato ilQuadro economico di spesa, che può essere for-mulato come nello schema a pié pagina.

9.4- La richiesta del rendiconto "come costrui-to" a consuntivoE' opportuno che tra gli oneri e obblighi a caricodell'Impresa sia inserita nel Capitolato Speciale larichiesta di un rendiconto "come costruito", ingrado di dare esatta descrizione e localizzazionedelle opere effettivamente realizzate. Si tratta insostanza di un aggiornamento a consuntivo delprogetto, in modo tale da non lasciare dubbi sullaposizione, natura e caratteristiche delle opere rea-lizzate. Lo scopo è quello di permettere nel futu-ro anche prossimo i necessari interventi di con-trollo e manutenzione delle opere di presidio, ana-logamente a quanto già avviene per gli impiantielettrici e di riscaldamento, contribuendo a costi-tuire la base per il "libretto di fabbricato" di cuirecenti norme prevedono la formazione.Inoltre un tale documento sarà utile per valutare,insieme al comportamento dell'edificio, l'efficaciadei presidi inseriti, favorendone l'eventuale inte-grazione anzichè la radicale sostituzione e modi-fica.

(*) Questo capitolo è stato redatto con la colla -borazione dell'arch. G. Mariani.

Lavori di .............. Quadro Economico di Spesa A) Somme per lavori e somministrazioni:A1) Importo dei lavori a base d’asta (soggetti a ribasso) ...........................................A2) Oneri per la sicurezza (non soggetti a ribasso, in percentuale dal 3% al 5%) ...........................................

Totale A ...........................................B) Somme a disposizione dell’Amministrazione:B1) per imprevisti (in percentuale variabile dal 5% al 15% del totale A)a seconda dell’Amministrazione Appaltante) ...........................................B2) per indagini geognostiche ...........................................B3) per allacciamenti o altre opere direttamente disposti dall’Amministrazione; ...........................................B4) per spese tecniche (progetto e direzione lavori, collaudo ove previsto,coordinamento sicurezza, ecc.): ...........................................B5) per IVA 10% su opere (A1, A2, B1, ...) ...........................................B6) Per IVA 20% su B4) Spese tecniche e affini ...........................................

Totale B ...........................................(Costo totale del progetto) TOTALE A+B ...........................................

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10.1. Presentazione dei casiI progetti che qui sono sinteticamente documentatihanno lo scopo di esemplificare alcuni percorsi tecni-ci, con le relative forme redazionali e soluzioni adotta-te.Accanto a progetti maggiormente aderenti al percorsometodologico e alle grafie proposte nel codice ve nesono altri che propongono soluzioni diverse, comun-que art i c o l ate e comprensibili nel loro sviluppo.Questo anche per ribadire che il codice non ha il finedi normalizzare i progetti sotto il profilo della redazio-ne grafica e delle soluzioni tecniche, quanto piuttostodi indicare un tracciato metodologico e operativo,insieme ad alcuni strumenti da utilizzare o da sostitui-re con altri la cui efficacia sia adeguata ad affrontare leesigenze del caso in esame.Nel loro insieme, i casi presentati esemplificano edifi-ci diversi per tipologia e dimensione, ossia una grandechiesa, un palazzo cittadino, una piccola chiesa, unavilla.

Il caso della chiesa di S. Nicolò a Carpi è certamentedi grande complessità, sia per la dimensione (oltre30.000 mc., con una cupola su tiburio a quasi 40 m. dialtezza), sia per i problemi tecnici che presenta, dovu-ti anche ad un antico ampliamento rimasto incompiu-to. Danneggiata dal terremoto del 1987, parzialmenteriparata e nuovamente colpita nel 1996, ha subito gravidanni soprattutto alle volte delle navate e agli arconidel tra n s e t t o , sui quali poggia l’alto tibu ri o .L’eccezionalità della patologia, conseguenza di unimpianto architettonico e strutturale ardito e al tempostesso eterogeneo, richiede che il comportamento dellafabbrica sia profondamente reindirizzato, operandoperciò al limite del miglioramento. Va rimarcato tutta-via come le opere previste ricerchino un grande adatta-mento con le strutture dell’edificio, riducendo gliimpatti sia visivi che fisici con una disposizione accu-ratamente progettata, impostazione questa propria delmiglioramento.Il progetto studia attentamente le carat t e ri s t i ch ecostruttive e di danno -fessurazione e deformazione-dell’edificio, progetta ed esegue approfondimenti dia-gnostici preliminari e ne delinea lo sviluppo nel corsodel cantiere. Per ragioni di disponibilità economica eper consentire i necessari rilievi in alcune zone nonaccessibili al contatto tra arconi del transetto e tiburio,il progetto esecutivo è articolato in stralci, delineando

quindi un processo tecnico prolungato nel tempo.

Il caso del Palazzo Cumano, ora sede del MuseoRizzarda, a Feltre, investe un edificio urbano bencostruito, relativamente omogeneo ed in buono stato dimanutenzione. L’opera di miglioramento in funzionepreventiva si associa ad opere manutentive ed alla for-mazione di dotazioni impiantistiche. Il quadro fessura-tivo e deformativo viene rilevato e interpretato perri c o n o s c e re i meccanismi già at t ivati nei dive rs imacroelementi. Il progetto analizza le forme di vulnerabilità tipica,derivanti dalla posizione rispetto all’aggregato, connumerose angolate libere e una parete laterale di testa,dalla articolazione planimetrica ed altimetrica, conpresenza di un corpo aggettante e di una parete latera-le svettante rispetto al profilo dell’edificio contiguo;da altri fattori, come la presenza di una lunga paretelaterale priva di vincoli e di muri ortogonali, o comel’entità e l’articolazione delle aperture sul fronte prin-cipale.Tra le vulnerabilità specifiche si osservano la separa-zione tra spalle in pietra e muratura nelle aperture, cherende esile soprattutto la struttura in angolata; l’ampiocornicione in pietra a sbalzo, con problemi di stabilitàe di fragilità; la sfilabilità delle orditure lignee del tettoe dei solai; la mancanza di ammorsamento tra il corposcale e la costruzione principale; la presenza di nume-rose ed ampie canne fumarie che interrompono la con-tinuità muraria; le alte e massicce torrette di camino,con problemi di stabilità. Il limitato livello di danno, unito alla rilevante qualitàcostruttiva dell’edificio e al suo relativamente buonostato di manutenzione, consente di concentrare l’atten-zione sull’opera di miglioramento. Il progetto proponesoluzioni rivolte soprattutto a favorire l’interazione trastrutture esistenti e presidi di miglioramento, ed agiscesistematicamente sui collegamenti tra orditure e mura-ture con un insieme di accorgimenti.

Il progetto di miglioramento sismico della chiesa diSan Savino a Liceto di Sassoferrato esamina unachiesa di limitate dimensioni, strutturalmente aggrega-ta a corpi con diversa destinazione. Analizza ed esem-plifica, anche ricorrendo a particolari forme grafiche,le vulnerabilità tipiche e specifiche presenti, e descrivegli interventi corrispondenti. Costante è la connessionecon le carenze manutentive e le forme di degrado, per

10. ESEMPLIFICAZIONI DI PROGETTI E DI INTERVENTI

10.1. Presentazione dei casi10.2. Il progetto per il miglioramento sismico del Tempio monumentale di S. Nicolò

a Carpi (RE) (G. Serafini)10.3. Interventi di riparazione, manutenzione, consolidamento statico e miglioramento

del Palazzo Cumano a Feltre (BL), ora sede della galleria d’arte moderna “C. Rizzarda”10.4. La progettazione del miglioramento sismico nel caso della Chiesa di S. Savino a Liceto di

Sassoferrato (P. Regazzo)10.5. Villa Castellani a S. Ippolito (PS) (G. Minardi)

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rendere chiara l’esistenza di un unico impianto traopere di manutenzione-restauro e opere di migliora-mento.

Il progetto per la villa Castellani a S. Ippolito (PS)interessa un edificio con gravi problemi di degradoproprio, dovuto soprattutto a mancata manutenzione,con dissesti statici che si intersecano con meccanismi

di probabile origine sismica. La presenza di strutture diintrinseca fragilità, quali le volte in foglio o i solaibiorditi, inflessi in quanto sottodimensionati, rende ilcaso interessante per la ricerca di interventi utili siasotto il profilo del miglioramento che sotto quello delrafforzamento strutturale. Viene sviluppata sia la lettu-ra dei caratteri figurativi e materiali, sia l’articolazionedegli interventi conservativi.

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10.2. IL PROGETTO PER IL MIGLIORA-MENTO SISMICO DEL TEMPIO MONU-MENTALE DI S. NICOLÒ A CARPIGiorgio Serafini

1. Premesse.In questa nota si espongono brevemente le problemati-che emerse durante la redazione del progetto per ilmiglioramento sismico del tempio monumentale diSan Nicolò a Carpi, edificio danneggiato vistosamentein occasione del terremoto del 15 ottobre 1996.L’attività di progettazione, così come la realizzazionedegli interventi,è stata divisa in due fasi,la prima dellequali è finalizzata anche all’acquisizione di una seriedi dati necessari per il completamento del progettoesecutivo.

2. Cenni storici sulla chiesa di S. Nicolò.Fin dal 1449 il papa Nicolò V aveva concesso adAlberto II di edificare, come dice Semper, “la chiesaed il chiostro dei padri di San Nicolò con giardini...”.Solo nel 1494, però, Alberto III Pio fece iniziare le

fondamenta, ma in quello stesso anno il capitolo deiminoriti, ad Imola, espresse una vibrata protesta con-tro la costruzione de “... la nuova chiesa fondata daAlberto, senza il consenso del Capitolo, per essere

troppo grandioso il progetto, dover esso essere ridot -to, in modo da non superare l’estensione della vecchiachiesa...”. La costruzione, comunque, si sviluppò, par-tendo dalla parte del coro, senza che si procedesse aduna revisione del progetto, tanto è vero che nel dicem-bre 1511 si lavorava già per costruire la struttura cen-trale corrispondente, almeno in parte, all’attuale tibu-rio. In genere gli studiosi ritengono che questa fasecostruttiva corrispondesse ad un corpo di fabbrica apianta centrale (fase costruttiva I). Solo un paio di annidopo Alberto Pio, in una lettera del 13 agosto 1513,comunicò di avere da poco inviato a Carpi un modelloper la chiesa, modello attribuito a Baldassarre Peruzzi.L’appendice peruzziana (fase costruttiva II) trasformòil sistema distributivo della chiesa secondo uno sche-ma longitudinale a tre navate con transetti modesta-mente sporgenti dal corpo dell’edificio. Nel 1521 ilavori dovevano essere prossimi alla fine, visto che ilcapitolo generale dei frati minori si riunì proprio inSan Nicolò; comunque la chiesa venne consacrata il 26aprile 1522.

Alla luce delle testimonianze materiali che stannoemergendo sembra che si debba ritenere che l’inter-vento del Peruzzi abbia anche richiesto di modificarein modo significativo la porzione della chiesa già infase avanzata di costruzione, corrispondente all’edifi-cio concepito secondo lo schema a pianta centrale,aggiungendovi le absidiole laterali e, probabilmente,alzando il tiburio.

Pianta dell’attuale chiesa con sovrapposta un’ipotesidi organizzazione della struttura a pianta centrale cor -rispondente alla fase costruttiva I.Evidentemente le absidiole corrispondono ad unamodificazione coerente con lo sviluppo assiale dellapianta. Analogamente si evidenzia la diversa posizio -ne della facciata nei due casi di sviluppo planimetrico.

3. Danni subiti dalla chiesa per effetto di eventisismici.La chiesa è stata soggetta a notevoli danni sismici nellasua storia. In particolare sono stati effettuati degliimportanti lavori di ripristino dopo il sisma del 1832,tra i quali il parziale rifacimento della semicupola del-l’abside centrale e della volta a botte e della cupola delt ransetto destro. Fu pro b abilmente durante questosisma che si spezzarono le catene che reggevano le

Fianco destro della chiesa e identificazione schemati -ca delle fasi costruttive.

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spinte dei quattro arconi al di sotto del tiburio.Una verifica sul posto ha consentito di verificare larispondenza tra le informazioni documentali e le testi-m o n i a n ze mat e riali. E’, i n fat t i , s t ata ri l evata unadiscontinuità nella tessitura muraria sulla volta a botteche si trova immediatamente a destra del tiburio. Nellaporzione più vicina al tiburio, l’apparecchiatura dellamuratura presenta uno spessore leggermente superiore(2-3 cm), per cui all’estradosso si è formato un legge-ro gradino; inoltre la muratura più recente risulta tes-suta con maggior regolarità ed i giunti appaiono inte-gralmente intasati di malta. Analoga discontinuità si rileva in corrispondenza dellavolta a botte che collega l’abside principale all’incro-cio del transetto.

La chiesa fu soggetta a notevoli danni a seguito delsisma del 1832, a causa del quale fu necessario pro -cedere al parziale rifacimento della semicupola del -l’abside centrale e della volta a botte e della cupoladel transetto destro (zone in grigio). Probabilmente intale occasione si spezzarono le catene sotto al tiburio(evidenziate in figura), di cui rimangono ora solo imoncherini fuoriuscenti dai pilastri.

Pianta schematica della zona ovest del sottotetto dellachiesa con evidenziato il quadro fessurativo principa -le.

4. Aspetti diagnostici.Per chiarire i risultati delle analisi sia sulla diagnosticastrutturale che sulla vulnerabilità dell’edificio ci si sof-fermerà prevalentemente sul complesso voltato e sulc o m p o rtamento d’assieme della chiesa in fase dicimento sismico.

4.1. Le volte della zona ovest della chiesa.Nella zona occidentale della chiesa gli spazi dellenavate sono coperti con un sistema voltato costituito datre volte a cupola per la navata centrale e da tre volte abotte, disposte trasversalmente all’asse della chiesa,per ciascuna delle navate laterali.

A seguito degli scotimenti sismici, aventi direzioneprevalentemente longitudinale, le sollecitazioni iner-ziali di competenza dei due telai centrali, più deforma-bili perché impostati su pilastri isolati, hanno presenta-to la tendenza a migrare verso le pareti esterne più rigi-de. In mancanza di un impalcato sufficientemente rigi-do e resistente, i telai longitudinali hanno trasmesso leazioni orizzontali alle pareti esterne attraverso le voltea botte, innescandovi delle lesioni a 45°, in parte incro-ciate, che raggiungono ampiezze tra i 2 ed i 4 cm.Simulazioni numeriche hanno evidenziato la coerenzatra questo meccanismo di crisi, il quadro fessurativo ele deformazioni permanenti riscontrate sulle volte.

4.2. Le volte e gli archi della zona est della chiesa.La zona orientale della chiesa corrisponde alla fasec o s t ru t t iva sviluppatasi prima dell’intervento diBaldassarre Peruzzi ed interessa il tiburio,quattro voltea botte (M, P, R ed U), quattro voltine sferiche (L, N,T e V) e cinque volte emisferiche (O, S, X,Y e Z).

Pianta delle volte e riferimenti per la loro individua -zione. Le frecce indicano le direttrici di spostamentodei pilastri rispetto alla verticale.

Dal punto di vista morfologico la copertura è realizza-ta immediatamente al di sopra del sistema voltato. Inalcuni casi la struttura lignea del coperto si appoggiadirettamente alle volte, sia per effetto della deforma-zione delle membrature, sia per una errata concezionestrutturale iniziale. Parte del sottotetto non risulta,quindi, accessibile; i rilievi diagnostici su questa zonarisultano, quindi, ancora carenti.Un’analisi visiva ha evidenziato come la situazionedella struttura al di sotto del tiburio risulti assai preoc-cupante, dato che gli archi presentano vistosi fenome-ni di schiacciamento e fessurazioni longitudinali non-ché una parziale perdita di forma con abbassamentodella parte centrale ed un parziale sollevamento dellereni.Nella fase di somma urgenza si è ritenuto di procedere

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al puntellamento dei quattro archi mediante un ponteg-gio in tubo giunto. La struttura è stata concepita inmodo da poter reggere un carico verticale pari al pesodel tiburio soprastante.Per quel che riguarda i fuori piombo delle pareti, nellazona occidentale si riscontrano valori relativamentemodesti; risultano, viceversa, elevati i fuori piombodelle lesene in prossimità dei transetti, che risentonodella divaricazione dei pilastri al di sotto del tiburio.Analogamente, anche le absidi presentano sbandamen-ti verso l’esterno elevati.Dualmente, i pilastri, che presentano sezioni crucifor-mi pressoché uguali in tutta la chiesa, hanno dei fuoripiombo ridotti nelle prime campate (zona ovest), men-tre diventano elevati all’avvicinarsi alla zona del tibu-rio, ove il sistema di archi all’incrocio è, oggi, del tuttoprivo di catene. Qui i disassamenti tra la base e la testadel capitello variano da un minimo di 6.0 cm ed unmassimo di 23.2 cm.Sulla base delle indagini endoscopiche si è potutodedurre che la muratura si presenta continua e general-mente compatta, con la presenza di limitati vuoti diestensione centimetrica. La tessitura all’interno dellospessore della muratura è più disordinata rispetto aquella superficiale, con pezzi irregolari di mattoniannegati nella malta. Non sono, comunque, presentimurature a sacco.Sono state effettuate alcune verifiche numeriche dimassima. L’entità dei pesi in gioco non è facilmentestimabile, poiché le geometrie intradossali ed estrados-sali del sistema voltato possono essere definite conbuona precisione, mentre risulta indefinita quale per-centuale di volume sia occupata da muratura piena equale da rinfianchi caotici debolmente cementati. Atitolo indicativo, considerando la sezione del pilastrointegra, per puro sforzo normale si avrebbero tensioniin sommità di 5.5 kg/cm2 ed alla base di 7.8 kg/cm2.È stata anche condotta una verifica del sistema struttu-rale, supponendo l’impalcato infinitamente flessibilenel proprio piano, per un’azione orizzontale conven-zionale simulante il sisma, come previsto per zone di3° categoria. Per effetto della sola componente fletten-te, l’incremento tensionale al lembo della sezione deipilastri è di 8.4 kg/cm2.

4.3. Il comportamento d’assieme della strutturasoggetta a forze orizzontali.Dal punto di vista del comportamento d’assieme dellastruttura soggetta a forze orizzontali ci si è soffermatiprevalentemente sull’analisi della trasmissione al siste-ma fondale di azioni che cimentino la struttura secon-do l’asse longitudinale. Il motivo di questo approfon-dimento è legato al fatto che il comportamento struttu-rale appare, in questa direzione, più problematico,stante la diversa rigidezza tra le pareti esterne ed i telaiinterni su pilastri. Il comportamento trasversale dellastruttura, infatti, chiama in causa una serie di elementistrutturali relativamente simili come rigidezza, comeresistenza e come masse inerziali. Inoltre si è tenutoconto del fatto che la storia dei sismi che hanno colpi-to il tempio monumentale di S. Nicolò registra esclusi-vamente danni connessi ad un sistema di sollecitazionia prevalente componente longitudinale (est-ovest).Per quel che riguarda le azioni oscillatorie longitudina-li vengono a collaborare all’irrigidimento della struttu-ra quattro sistemi di controventamento piano, costitui-ti da:· le due pareti esterne, di elevata rigidezza nel proprio

p i a n o , con il solo indebolimento indotto dalladiscontinuità dei transetti;

· i due telai interni che riportano a terra le azioni oriz-zontali attraverso i pilastri cruciformi, identificandoun sistema controventante di minor rigidezza.

Nell’ipotesi in cui il sistema di volte possa essere con-siderato infinitamente rigido nel piano orizzontale, leazioni inerziali tenderebbero a migrare verso le paretiesterne, richiamate dalla loro maggior rigidezza. Inquesto caso si ridurrebbero notevolmente le tensioniflessionali indotte sui pilastri dall’azione sismica, ascapito di un cimento significativo del sistema voltato,che verrebbe chiamato a trasmettere le azioni orizzon-tali non equilibrate alle pareti esterne. Come già accen-nato, è proprio questo il meccanismo che ha indottosulle volte a botte il quadro fessurativo ora riscontrabi-le, composto da lesioni a 45° incrociate tra di loro.L’analisi dei telai longitudinali impostati su pilastri èstata condotta anche secondo un modello dinamico.Nella modellazione non sono state introdotte le catene.Esaminando le uscite grafiche, si vede bene come ilsecondo modo di vibrare corrisponda ad una oscilla-zione del tiburio in controfase rispetto al resto dellacostruzione.Il terzo modo di vibrare, invece, corrisponde ad unaoscillazione in controfase della parte alta della chiesarispetto a quella più bassa. In termini di movimenti sihanno i massimi spostamenti relativi all’imposta del-l’arco al di sotto del tiburio, che viene a muoversisecondo la composizione di un moto oscillatorio oriz-zontale e di uno verticale. In termini di sollecitazione,si vengono ad individuare delle concentrazioni signifi-cative nel tratto di raccordo tra la parte alta e quellabassa della chiesa.È interessante notare come i telai centrali presentinodelle zone di minor resistenza in cui la sezione dellamuratura si riduce fortemente rispetto alla sezione cor-rente. Una di queste si viene a porre proprio dove la

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Vista del transetto e del tiburio dall’interno della chie -sa.

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componente oscillatoria legata al terzo modo di vibra-re induce le concentrazioni di sollecitazione ora ricor-date. Le altre due si vengono a collocare, invece, al disotto del tiburio.

Modello piano dinamico: primo modo di vibrare,0.408 cps.

Modello piano dinamico: secondo modo di vibrare,0.702 cps.

Modello piano dinamico: terzo modo di vibrare,1.111cps.

5. Il progetto di miglioramento sismico.Il presente progetto prende l’avvio dopo che sono statieliminati i pericoli insiti nella precaria situazione stati-ca del tiburio e degli archi sottostanti. L’esecuzione diun pesante ponteggio ha, infatti, consentito di riportarel’intero carico di tale struttura direttamente a terra.I principali obiettivi generali posti alla base di questointervento progettuale sono:· ripristinare integralmente l’affidabilità dell’edificio

rispetto ai carichi verticali,· operare, in relazione ai carichi orizzontali ed in par-

ticolare rispetto al cimento sismico, in un’ottica dimiglioramento,

· consentire, durante tutti i lavori, l’accesso alle stan-ze adiacenti al tempio monumentale ai frati ed aifedeli, mantenendo disgiunti tali percorsi d’accessoda quelli utilizzati per il cantiere,

· consentire una riapertura parziale della chiesa, limi-tata alla parte occidentale ed ai giorni in cui il can-tiere è inattivo, anche prima del completamento ditutti i lavori.

La divisione geometrica in corpi del tempio monumen -tale di S. Nicolò.

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Per dare una risposta dal punto di vista tecnico a taliobiettivi si è ritenuto di dividere in due fasi sia la pro-gettazione che l’appalto dei lavori.In una prima fase si collocheranno le lavorazioni giàidentificabili e programmabili. Tali lavorazioni, dalpunto di vista strutturale, sono finalizzate a:· consolidare gli affreschi e gli intonaci delle volte al

fine evitare distacchi e cadute, anche durante la fasedi puntellamento delle volte,

· verificare e ripristinare l’efficienza del manto dicopertura nella parte ovest,

· consolidare le volte della parte occidentale dellachiesa,

· realizzare un efficace sistema di incatenamentod’assieme dell’edificio,

· consolidare le strutture verticali (muri e pilastri)riempiendone le cavità,

· acquisire i dati necessari per effettuare gli interven-ti di fase 2,

· realizzare un sistema di cordoli che renda rigido nelproprio piano l’impalcato voltato (parte ovest).

Al termine della prima fase di lavoro si ritiene di poterproporre la riapertura della chiesa, limitatamente allaparte ovest ed alle ore in cui il cantiere non è attivo.Tale possibilità verrà verificata sulla base degli ulterio-ri dati diagnostici acquisiti nella fase 1.In una seconda fase si collocheranno le lavorazioni piùdifficilmente identificabili e programmabili allo statoattuale delle conoscenze. Tali lavorazioni, dal punto divista strutturale, sono finalizzate a:· c o n s o l i d a re le volte della parte orientale della ch i e s a ,· completare il sistema di incatenamento dell’edificio

con il cerchiaggio delle absidi e del tiburio,· completare il sistema di cordoli che renda rigido nel

proprio piano l’impalcato voltato. Più in dettaglio, le operazione e la divisione in fasi puòessere riassunta secondo le tabelle seguenti.

5.1. Consolidamento delle volte a botte .Gli obiettivi di questa serie di operazioni sono due:· nell’immediato di fornire un piano affidabile di

lavoro per lo sviluppo del cantiere;· in prospettiva di ripristinare integralmente l’affida-

bilità delle volte rispetto ai carichi verticali (pesoproprio e rinfianchi).

5.1.1. Considerazioni generali.Le considerazioni che seguono si riferiscono alla valu-tazione del livello d’intervento sulle volte a botte lesio-nate delle navate laterali. Tali valutazioni sono diretta-mente estendibili anche alle quattro volte a botte dellezone attorno al tiburio.Tutte le considerazioni partono dall’ipotesi che siastata ripristinata la continuità strutturale mediante ilriempimento delle lesioni esistenti.Nella prima parte, inoltre, si supporrà per semplicitàche la storia di carico e fessurazione non modifichi lostato di sollecitazione della struttura. Si valuteranno,quindi, le volte nella geometria attuale, una volta eli-minato il quadro fessurativo, come se fossero soggetteper la prima volta al caricamento.

La verifica statica dei sistemi voltati può venire con-dotta, in via approssimata, nell’ipotesi di materiale iso-tropo e a comportamento elastico lineare. La risoluzio-ne della struttura soggetta al peso proprio ed ai carichiesterni viene a definire un campo di azioni interne, ingenerale decomponibile in un campo di sollecitazionimembranali ed in un campo di sollecitazioni flessiona-li. L’accettabilità dello stato di sollecitazione in unpunto viene determinato verificando:a) che l’azione membranale sia di compressione e chel’eccentricità della risultante non porti alla parzializza-zione della sezione (e<h/6),b) che la tensione massima sia inferiore al valoreassunto come ammissibile,c) che il rapporto tra l’azione tagliante e la componen-te di compressione sia sufficientemente ridotta.Per volte quali quelle in esame, a cui non siano appli-cati carichi concentrati significativi, la condizione diverifica più gravosa è, usualmente, la a). Tra parentesi,si rileva che questa metodologia di verifica risulta unasemplice estensione del classico metodo di Méry per laverifica degli archi in muratura.Usualmente, la complessità delle geometrie e, ancorpiù, delle condizioni al contorno, sia in termini di vin-coli che di carichi, impedisce di operare con soluzioniin forma chiusa o di tipo algebrico, consigliando l’uti-lizzo di solutori numerici. Nel caso in questione, laperdita di forma della volta a botte ha creato una nuovageometria a doppia curvatura inversa. Come noto, lasoluzione elastica di tale tipologia di volte chiariscecome le condizioni d’equilibrio del concio elementarerichiedano che le azioni membranali, nelle due dire-zioni di massima curvatura, abbiano segno opposto.Questa semplice considerazione evidenzia come, sullabase di questa metodologia di verifica, nelle volte inconsiderazione non risultino rispettate le condizioni diaccettabilità.E’ chiaro che è possibile trascurare le azioni nella dire-zione dell’asse della volta, considerandola, in questomodo, come una serie di archi affiancati operanti inparallelo. In questo caso, l’elevato spessore degli archie l’uniformità dei carichi può rendere soddisfatta unaverifica eseguita alla Méry. La situazione semplificatacosì analizzata corrisponde, rispetto allo stato reale, aduna configurazione equilibrata, ma non congruente.Elementari considerazioni di calcolo a rottura porte-rebbero, con ogni probabilità, a giustificare un adegua-to coefficiente di sicurezza rispetto al collasso, ma leconsiderazioni sullo stato tensionale di trazione ne infi-cierebbero, comunque, l’accettabilità in relazione allepiù vincolanti esigenze di conservazione dell’apparatodecorativo esistente all’intradosso.La valutazione dello stato di sollecitazione delle voltecondotto secondo queste metodologie, comunque, nonè del tutto convincente. In effetti la quasi totalità deicarichi d’esercizio è già applicata alla volta, per cuinon è nemmeno ipotizzabile che il manifestarsi dieffetti di deformazione viscosa possa contribuire aridurre l’influenza della storia di caricamento.Se, infatti, la formazione del sistema di fessurazioni a45° ha contribuito alla depressione della parte centrale

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della chiave di volta, ha anche facilitato l’annullamen-to delle tensioni di trazione connesse a tale variazionedi geometria. Inevitabilmente, alla richiusura dellelesioni si viene ad ingenerare un doppio sistema resi-stente:a) un sistema resistente, analogo a quello attuale, costi-tuito da serie di archi ellittici incrociati, inclinati di 45°rispetto all’asse della volta;b) un nuovo sistema resistente costituito da una serie diarchi a tutto sesto paralleli tra loro.Il secondo meccanismo resistente è più rigido delprimo, per cui si può ritenere che, alla rimozione dellacentinatura, l’azione corrispondente venga assorbitaprevalentemente da questo nuovo sistema di archi. Sinoti che non è possibile effettuare una vera forzaturadella centinatura, per evitare distacchi e danneggia-menti delle porzioni affrescate. Il contributo che, inquesto modo, verrebbe ad essere tolto dal sistema resi-stente a) per essere trasferito al sistema resistente b)verrebbe, quindi, a costituire una modesta percentualedei pesi permanenti. Nello stesso modo, comunque, ilsistema resistente b) viene a collaborare efficacementeper il sostentamento dei carichi accidentali che potran-no interessare l’estradosso della volta.Sulla base di questi ragionamenti si può ritenere che ilcampo delle azioni interne possa essere consideratostabilizzato in un campo di azioni prevalentementemembranali che assume valori massimi, in valore asso-luto, dove i sistemi di archi sono più sollecitati mentreassume valori al più nulli nelle altre sezioni o rispettoad altre direzioni di verifica. Risulterebbe così rispetta-ta la condizione di assenza di azioni membranali di tra-zione. E’ chiaro che l’applicazione di nuovi carichiverrebbe ad operare su una geometria a doppia curva-tura inversa, e, come già visto, indurrebbe azioni mem-branali di trazione sulle volte .D’altra parte si rileva come lo sforzo assiale sia mode-sto, in relazione alla limitatezza dei carichi gravitazio-nali applicati. Sono, quindi, sufficienti modeste azioniflessionali indotte dai carichi concentrati o da cedi-menti vincolari per annullare lo stato di compressionepreesistente ed ingenerare quadri fessurativi significa-tivi all’intradosso decorato.In relazione a queste considerazioni, le linee generalid’intervento si prefiggono di risarcire completamentele lesioni esistenti, ripristinando, dall’estradosso, lamalta decoesa o mancante tra i mattoni. L’inserimentodi una rete in polipropilene all’estradosso consentirà difare assegnamento su una riserva di tenacità dellamuratura rinforzata. Parallelamente a quest’interventosi prevede la realizzazione, sempre all’estradosso, maindipendentemente dalle volte, di un sistema di cordo-lature a tralicciatura metallica che vincoli le pareti lon-gitudinali della chiesa e che consenta di realizzare unapasserella di passaggio che defunzionalizzi completa-mente le vo l t e, se non per il peso pro p ri o .Analogamente si prevede la realizzazione all’intrados-so di un sistema di incatenamento d’assieme dellachiesa.5.1.2. L’intervento.Preliminarmente a quest’intervento si dovranno effet-

tuare i consolidamenti degli affreschi e degli intonaci,nonché la saturazione delle lesioni dal basso. I ponteg-gi utilizzati dai restauratori rimarranno a costituire unsottoponte di sicurezza durante tutte le lavorazioni quidescritte e costituiranno la base per il puntellamentodelle volte.Le lavorazioni di dettaglio relative a questo interventosono le seguenti.· pulizia dell’estradosso della volta con aspirapolve-

re, in modo da eliminare quanto possa costituire unostrato di distacco rispetto alla tessitura dei mattoni,nonché la sporcizia presente nelle fessurazioni,

· sboiaccatura con boiacca da restauro che non richie-da la bagnatura del supporto in modo da interessarei giunti tra i mattoni e le fessurazioni, in modo dacostituire un aggrappante per la fase successiva e daga ra n t i re la tenuta rispetto alle percolazioni diboiacca all’intradosso,

· rasatura con malta da restauro (s = 15-20 mm), inmodo da riempire le lesioni e le fessurazioni nonsaturate dal di sotto; si prevede l’inserimento di unage o rete in polipropilene tipo Cintof l ex D oCintoflex M della Tenax.

· Consolidare i risalti laterali delle volte, realizzaticon mattoni posti di taglio come gradini al fine difavorire gli spostamenti in cantiere degli operai,mediante una coppia di angolari connessi con barrefilettate e dadi.

5.2. Realizzazione di un sistema di incatenamentod’assieme.Gli obiettivi di questa serie di operazioni sono due:· nell’immediato di fornire un collegamento allastruttura che eviti, durante i lavori, che si possa verifi-care il collasso locale di uno degli archi o delle volte· in prospettiva di eliminare le spinte degli archi edelle volte, di impedire ulteriori sbandamenti dei pila-stri e delle pareti esterne, di realizzare i presupposti perfar collaborare l’intero complesso strutturale al cimen-to sismico.

5.2.1. Descrizione delle modalità d’intervento.Il sistema di incatenamento d’assieme si sviluppa,grosso modo,su un unico piano orizzontale, corrispon-dente al livello dei capitelli dei pilastri centrali. Alcunelimitate porzioni dell’edificio, nella zona absidale, nonrisultano efficacemente collegate. Sarà compito dellaseconda fase realizzare questi interventi.Per la realizzazione delle catene si prevede di utilizza-re il sistema di barre in acciaio Macalloy 460,del qualesi utilizzeranno barre M42x4.5 ∆nom=39 mm filettatealle estremità e protette con rivestimento epossidico,dadi e manicotti di ripresa (couplers). Il montaggio inavanzamento consentirà di realizzare dei ritegni effica-ci pilastro per pilastro.La catena più occidentale si sviluppa esternamenterispetto alla facciata, in corrispondenza della cornicesu cui si innesta il portico sottostante. Dovrà essereprotetta mediante pitturazione a base epossidica e rico-primento con guaina coibentante per tubi. Le altre catene verranno inserite all’interno della mura-

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tura per il tratto corrispondente alle navate laterali;saranno in vista per il tratto corrispondente alla navatacentrale.Per quel che riguarda le catene longitudinali, quellelaterali si sviluppano esternamente rispetto alla faccia-ta, in corrispondenza della cornice che copre le cap-pelle laterali. Anche in questo caso dovranno essereprotette mediante pitturazione a base epossidica e rico-primento con guaina coibentante per tubi. Per riprendere le azioni di deviazione che possononascere per effetto degli errori di allineamento tra i forisi prevede l’inserimento di semicollari di parziale cer-chiatura dei pilastri, messi in opera in modo da garan-tire la completa reversibilità dell’intervento.

5.2.2. L’intervento.Le lavorazioni di dettaglio relative a questo interventosono le seguenti.· in corrispondenza dei passaggi all’interno della

muratura si eseguiranno carotaggi a secco con coro-ne diamantate Ø65 mm, eventualmente anche adistruzione;

· Si riporterà in un apposito verbale l’eventuale pre-senza di cavità all’interno dei pilastri, indicando laposizione del foro, la profondità alla quale si èincontrata la cavità e quella alla quale si è ritrovatomateriale solido;

· Si posizioneranno in opera, senza fissarli, i profilatiche costituiscono i semicollari e le piastre di riparti-zione delle azioni trasmesse dalle barre;

· Si inseriranno nei fori tutte le barre, senza mettere inforza i dadi di riscontro sulla struttura;

· Si porranno in aderenza agli intonaci dei fogli inmateriale plastico come elementi di distacco e siprocederà all’intasamento dello spazio tra gli ango-lari di cerchiatura e la parete utilizzando malte adalta resistenza;

· Esaurito il processo di presa ed indurimento dellamalta si procederà al serraggio dei dadi.

Particolare dell’intersezione del sistema delle nuovecatene in corrispondenza di uno dei pilastri.

Schema della disposizione delle catene.

Particolare (PL2) del collegamento tra la catena lon -gitudinale ed il pilastro.

5.3. Consolidamento delle strutture verticali.Gli obiettivi di questa serie di operazioni sono due:· di fornire una sezione reagente ai carichi verticali di

dimensione coincidente alla sezione ge o m e t ri c adella struttura,

· evitare che l’azione sismica venga ad interessarem e m b rat u re rese part i c o l a rmente vulnerabili dadiscontinuità strutturali nascoste, sia in termini dirigidezza che di resistenza.

A tal fine si identificano due procedure d’intervento:· consolidamento mediante ap e rt u ra , i n t e rvento a

cuci-scuci e ricostruzione della muratura,· iniezioni di boiacca.Ove è possibile identificare delle zone vuote, decoese

o lesionate, in zone accessibili direttamente perchélocalizzate in zone prive di decorazioni od accessi-bili dall’esterno, si procederà:

· ad aprire un varco nella compagine muraria,· a svuotare le tombe o le zone riempite con materia-

le caotico,· a consolidare a cuci-scuci le zone lesionate più

minute,· a mettere in opera connettori metallici (6 per cia-

scuna delle tre facce laterali) in acciaio FeB44k emalta a ritiro compensato e compatibile con i solfa-ti,

· a riempire la cavità con muratura in mattoni pieni (atre fori) e malta bastarda,

· a ripristinare il paramento di muratura.Sulla base dei carotaggi e delle endoscopie sono stateindividuate 6 zone nelle quali si dovrà procedere all’in-tervento secondo questa metodologia.

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PARTE PRIMA

I quadrati neri identificano le zone in cui si deve inter -venire con un riempimento in muratura.

Solo dove non risultasse possibile un intervento deltipo sopra descritto si potrà procedere all’iniezione conmalte speciali. Per evitare il rischio che la pressioneidrostatica del liquido iniettato danneggi le strutture ocausi distacchi di intonaco, si dovrà aver cura di plac-care tutta la superficie decorata con tavole lignee bensbadacchiate con puntelli, traversi e legature. Il contat-to tra le tavole e gli intonaci avverrà attraverso unostrato continuo di poliuretano, che opererà come unostrato di ripartizione. Le iniezioni avverranno per fasi,con un attento controllo delle quantità assorbite, al finedi evitare che si manifestino eccessive pressioni idro-statiche.Prima di procedere all’iniezione, dovranno essere ese-guite delle prove soniche di misura della velocità dipropagazione di un’onda elastica. Le iniezioni verran-no eseguite da fori disposti secondo una maglia 80x80cm2, poi completate con una seconda serie di iniezio-ni, seguite dal centro di ciascuno dei riquadri prece-denti. Dopo 30 giorni dovranno essere eseguite nuoveprove soniche di misura della velocità di propagazioneper valutare l’efficacia dell’iniezione ed, eventualmen-te, considerare la necessità di ripetere l’operazione.

5.4. Realizzazione di un sistema di tralicciaturametallica.Gli obiettivi di questa serie di operazioni sono due:· trasmettere le azioni inerziali indotte dal cimento

sismico dalle pareti longitudinali intermedie piùdeformabili a quelle esterne più rigide senza impe-gnare in modo improprio le volte a botte,

· realizzare una connessione più efficace tra la por-zione occidentale e quella orientale, coinvolgendopiù ampiamente l’edificio nella sua larghezza.

5.4.1. Considerazioni generali.Le verifiche numeriche previste dalla normativa italia-na vigente, come d’altra parte anche dalle altre norma-tive sismiche attualmente utilizzate a livello mondiale,si basano sulla immediata generalizzazione delle azio-ni indotte da una sollecitazione di tipo sinusoidale suun oscillatore semplice, elastico, ad un solo grado dilibertà. La metodologia di passaggio dal campo di sol-lecitazioni sismiche alla risposta della struttura s’in-centra sul concetto di spettro di risposta. Il fatto che sipossa verificare che tale spettro di risposta non si

modifichi sostanzialmente al passare ad una modella-zione elasto-plastica dell’oscillatore semplice non con-tribuisce più di tanto ad affinare la modellazione mate-m atica di una stru t t u ra intrinsecamente complessacome un edificio. Simulazioni più affinate eseguibili con programmi nonlineari con decadimento dei materiali possono consen-tire di tenere in conto il comportamento reale di unastruttura piana. Integrazioni numeriche step-by-stepconsentono di seguire il decadimento progressivo (intermini sia di rigidezza che di resistenza) della struttu-ra; di aggiornare, al variare della rigidezza, il periodoproprio e quindi la risposta; di valutare la dissipazionedi energia legata ai cicli isteretici che si innescano incorrispondenza delle zone di plasticizzazione. Le diffi-coltà di modellazione degli elementi strutturali e l’a-leatorietà insita nella distribuzione dei carichi non con-sentono, comunque, di raggiungere un reale affina-mento nell’analisi del comportamento della strutturacon calcoli dinamici di complessità abbordabile, evi-denziando come il problema della sicurezza sia essen-zialmente di natura statistica. Nel campo del restauro e consolidamento monumenta-le, però, è utile soffermarsi sul fatto che la duttilità e lacapacità di dissipare energia delle sezioni plasticizzatedevono giocare un ruolo fondamentale nella capacitàdi resistere a sismi di intensità maggiore di quella diprogetto. In termini operativi, la normativa prevede chela struttura sia in grado di reagire in campo elastico, equindi senza significativi danneggiamenti, al sisma diprogetto. Per sismi di maggiore intensità si ammette laformazione di fessurazioni e crisi locali, che contribui-ranno a dissipare l’energia trasmessa dal sisma all’edi-ficio, sia pure a scapito di danneggiamenti alle struttu-re ed agli elementi non strutturali, ma senza portare alcollasso la struttura nel suo insieme. Vengono, così,salvaguardate le vite umane anche per sismi di inten-sità maggiore di quello di calcolo.Davanti all’applicazione di questi principi, possonoessere fatte valere due linee di condotta divergenti:1. poiché gli edifici monumentali richiedono anche la

salvaguardia e la conservazione del bene architetto-nico, non è ammissibile prevedere a priori che sipossano verificare danneggiamenti anche per sismidi media intensità: si dovrà operare, quindi, con cri-teri di consolidamento sismico più pesanti rispettoad un edificio comune;

2. poiché gli interventi di consolidamento sismico ten-dono ad essere fortemente invasivi e a modificare,almeno parzialmente, gli schemi strutturali origina-li dell’edificio monumentale, per la conservazionedel bene architettonico si dovrà operare con criteridi consolidamento sismico più leggeri rispetto ad unedificio comune.

Vari documenti nati da studi e discussioni multidisci-plinari contribuiscono a creare un equilibrio tra questedue opposte visioni del problema.A questo punto sembra opportuno ricordare un aspettonon marginale: l’influenza della storia del comporta-mento dell’edificio ai sismi che lo hanno colpito. L’affidabilità di una costruzione, o se si preferisce, la

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sua probabilità di collasso, può essere valutata, dalpunto di vista concettuale, dal confronto tra la distribu-zione probabilistica delle resistenze e la distribuzioneprobabilistica delle sollecitazioni.Ora, in termini qualitativi, si deve ricordare che il fattoche l’edificio abbia subito gravi danneggiamenti e crol-li parziali a seguito degli eventi sismici degli ultimicinque secoli rappresenta un dato sperimentale di gran-de importanza, che consente il passaggio da una stimaprobabilistica della resistenza a priori ad una stima aposteriori. Come noto, le valutazioni a posteriori con-dotte per via intuitiva tendono a sottostimare di granlunga i contributi forniti dalla sperimentazione diretta,rispetto a quanto sarebbe deducibile dall’applicazionedi metodologie classiche del calcolo delle probabilità,quali il teorema di Bayes.Si ritiene, quindi, che non si possa ammettere che siverifichino danneggiamenti diffusi e pesanti anche persismi di media intensità, per cui si stima che si debbaoperare con criteri di miglioramento sismico non menorigorosi, almeno dal punto di vista qualitativo, rispettoa quanto verrebbe proposto per un edificio comune. Sidovrà, poi, aver cura che gli interventi proposti risulti-no poco invasivi e, per quanto possibile, reversibili.

5.4.2. L’intervento.Sulle base delle considerazioni suddette si ritiene indi-spensabile la realizzazione di un sistema di cordolimetallici controventanti nella zona ovest, al fine diricondurre l’azione sismica di pertinenza dai telai cen-trali alle pareti laterali, senza per questo indurre solle-citazioni anomale sulle volte a botte delle navate late-rali. Questo sistema può essere utilmente collocato incorrispondenza dell’estradosso delle volte, al di sottodella copertura lignea che dovrà essere parzialmenterimossa per consentire le operazioni di calo del mate-riale più ingombrante. Per il dettaglio dell’intervento sirimanda ai disegni di progetto.

6. Alcune riflessioni sulla seconda fase dei lavori.A completamento delle considerazioni sopra esposte,si propone, sia pure in modo problematico, un percor-so d’intervento che operi come linea guida per laseconda fase dei lavori. Le lavorazioni previste, ed irelativi obiettivi, sono i seguenti.1. Consolidamento delle volte a botte disposte ai quat-

tro lati del tiburio.2. Realizzazione di un sistema di travi metalliche con-

troventate nella zona est, al fine di reggere il coper-to senza applicare caricamenti impropri alle voltesottostanti, di collegare meglio il sistema di archi evolte, di realizzare un collegamento ulteriore tra lazona orientale e quella occidentale, di riportare inmodo diretto il peso del tiburio ai quattro pilastrisottostanti.

3. Completamento dell’incatenamento generale, colle-gandovi i sistemi di cerchiatura dei due bracci deltiburio e realizzando il cerchiaggio dell’absidioladestra e dell’abside centrale.

4. Incatenamento verticale del tiburio e sua cerchiatu-ra all’imposta della volta.

5. Completamento della nuova copertura lignea.

Una particolare riflessione richiede quanto proposto alpunto 2. L’obiettivo di realizzare un sistema di travi alfine di reggere il coperto senza applicare caricamentiimpropri alle volte sottostanti, infatti è perseguibileanche con una struttura lignea, eventualmente ottenutasollevando di qualche centimetro le travature esistentie recuperando tale sollevamento attraverso lo studio didiversi particolari costruttivi sull’orditura minuta. Inrealtà l’utilizzo di elementi metallici viene suggeritadagli altri obiettivi proposti

Ricostruzione assonometrica della geometria del siste -ma di incatenamento da realizzarsi al di sopra dellevolte ed al di sotto delle falde della copertura.La realizzazione con elementi metallici, accostati allamuratura ed a questa connessi per punti, consente latotale reversibilità dell’intervento.

Schema geometrico della massa muraria che costitui -sce uno dei telai longitudinali intermedi di controven -tamento.Sono evidenziate le porzioni in cui la muratura vienead avere, per motivi geometrici, dei punti di minorresistenza.

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PARTE PRIMA

Prima di tutto, allo stato attuale si ritiene problematicopensare alla possibilità di effettuare un corretto conso-lidamento degli archi, non essendo essi raggiungibilidal di sotto, perché decorati, dal fianco, perché con-nessi alle volte, e dal di sopra, perché connessi allepareti del tiburio. In assenza di un’analisi visiva dellostato della struttura dal di sopra, si ritiene di ipotizzarela loro parziale defunzionalizzazione. La nuova strut-tura verrebbe a riportare direttamente il peso del tibu-rio ai pilastri. La sua morfologia riprenderebbe la geo-metria dell’arco all’intradosso e quella della coperturaall’estradosso. La diagonalizzazione del sistema garan-tirebbe una sufficiente rigidezza al complesso struttu-rale. L’impiego dell’acciaio appare giustificato dall’e-sigenza di elevate resistenze e rigidezze, dalla neces-sità di realizzare con facilità giunzioni di una certacomplessità e dall’obiettivo di mantenere contenuti ipesi delle strutture aggiuntive.Un secondo aspetto è connesso all’esigenza di collega-re i due sistemi di irrigidimento delle zone orientale edoccidentale della chiesa. Come si vede bene nella rap-presentazione assonometrica, la porzione di collega-

mento tra le due parti non riesce a svilupparsi sullostesso piano, per cui sembra innescare una concentra-zione di sollecitazioni, più che risolvere un problemadi collegamento. Se ci si sofferma, però, sulla sezionelongitudinale dell’edificio, si vede come già ora taleconnessione risulti estremamente ridotta. Fa c e n d olavorare in parallelo i due meccanismi di trasmissionedegli sforzi si ottiene, quindi, un contributo positivo alcomportamento d’assieme della struttura. Tale contr i-buto appare giustificato, tra l’altro, dall’analisi delterzo modo di vibrare dell’edificio. L’inserimento degliincatenamenti longitudinali, da solo,tende ad ostacola-re il meccanismo di apertura dell’arco al di sotto deltiburio, e quindi sembra togliere peso alla componentedeformativa rappresentata dalla combinazione linearedel terzo modo di vibrare. Se si ricorda, però, che ilvincolamento fornito dalla catena è da considerarsiunilaterale, e che già questa componente di movimen-to ha, probabilmente, innescato la rottura della catenadel transetto sinistro, pare si possa concludere, allostato delle cose, come l’obiettivo di migliorare il lega-me tra le parti debba essere positivamente perseguito.

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Danneggiamento di un pennacchio e degli archi araccordo tra tiburio e transetto.

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10.3. INTERVENTI DI RIPA R A Z I O N E ,M A N U T E N Z I O N E , C O N S O L I DA M E N TOS TATICO E MIGLIORAMENTO DELPALAZZO CUMANO A FELT R E , O R ASEDE DELLA GALLERIA D’ART EMODERNA “C. RIZZARDA” (*)

10.3.1. Descrizione dei carat t e ri architettonici e dellep rincipali fasi costru t t ive (da fonti stori che e osserva-zioni dire t t e )

Il Palazzo Cumano, casa nobiliare di grande dimensio-ne, è costruito su una quinta stradale urbana in modofortemente unitario e scarsamente condizionato dapreesistenze.Si tratta di una costruzione eseguita disponendo digrandi mezzi, che utilizza materiali di qualità superio-re rispetto allo standard degli edifici coevi dell’area, esezioni maggiori nei solai e nelle murature.L’epoca di costruzione del palazzo, in mancanza di unaspecifica ricerca archivistica, è collocabile alla fine delXVI secolo, sulla base di valutazioni stilistico-costrut-tive e di riscontri nelle iconografie storiche.

I solai, con assetto monoordito, sono privi di decora-zione e presentano travi di larice a spigolo vivo a breveinterasse, con il tavolato posto in parallelo a coprire lospazio vuoto, secondo una tradizione veneta prevalen-temente tardocinquecentesca o seicentesca, che haormai abbandonato i soffitti dipinti alla sansovina.L’edificio sembra comunque aver avuto una fase dicompletamento (o di riassetto) decorativo verso lametà del XVIII secolo, con realizzazione di stucchinella sala al secondo piano. Una ulteriore fase neoclas-sica, ai primi anni dell’Ottocento, ha portato alla rea-lizzazione dell’interessante ed eccezionalmente inte-gro studiolo del Canonico Bartolomeo Villabruna, conpareti e soffitto interamente decorati e pavimento allaveneziana. Interessanti pavimenti alla veneziana dellostesso periodo sono conservati nel salone del primopiano, con insegne del Comune e stemmi che si richia-mano alla Repubblica Cisalpina, e nell’ambiente asud-est del primo piano.

I lavori compiuti da Alberto Alpago Novello tra il 1930e il 1937, a seguito dell’acquisto e del lascito da partedi Carlo Rizzarda, lavori dei quali non è stata ancoraritrovata la documentazione originale, hanno solo par-zialmente modificato l’edificio. La modifica più signi-ficativa appare quelle legata alla costruzione del nuovoscalone di accesso dal piano terra ai mezzanini e allascala posteriore, con gli spazi laterali chiusi da balau-stre in pietra. Sono state inoltre compiute significativeopere di intercettazione delle acque a monte e di con-solidamento delle fondazioni del corpo scale, con usodi strutture in c.a.Interventi recenti sono stati eseguiti dal Comune diFeltre (1982-83) con il completo rifacimento del tettoin legno, senza realizzazione di cordoli sommitali.L’assetto tipologico dell’edificio, a palazzo tripartitocon ampio salone centrale passante e coppie diambienti laterali affacciati sul salone, è tipico dell’edi-lizia civile veneziana e veneta dagli inizi del XVI seco-lo a tutto il XVIII secolo; lo schema è adottato nell’a-rea feltrina sia per palazzi urbani che per ville isolate.Il salone è aperto verso sud, su via Paradiso, attraversol’ampia polifora, mentre a nord vi è l’ingresso dalcorpo scale posto all’esterno del volume dell’edificio,con soluzione atipica, probabilmente suggerita dall’as-setto a pendio del sito e dalla necessità di raccordarsicon il giardino posto a nord, a quota superiore. Lascala, a rampe affiancate, separate da muro e voltate,presenta cornici e semicapitelli di ordine tuscanico inpietra; pur non ammorsata all’edificio principale, fattoche ha dato luogo nel tempo a cedimenti, appare tutta-via coeva o di poco successiva ad esso. Va detto inoltreche non si è riscontrata sui solai a vista o in altra posi-zione traccia di una scala precedente con diverso asset-to.Il fronte principale è simmetrico, con asse centrale for-mato dal portone e dalle due polifore sovrapposte,mentre le due parti laterali con coppie di finestre tro-vano un asse mediano nelle due alte torri da camino enel campo murario pieno sottostante .Sul fianco verso ovest, affacciato sulla corticella, iltimpano murario in corrispondenza del sottotetto dove-va essere organizzato a colombara, con fori di diversadimensione ora occlusi e, forse, con una cornice incotto poi eliminata.

10.3.2. Caratteri costruttivi e assetto strutturaledell’edificioIl Palazzo Cumano presenta una pianta regolare diforma tendente al quadrato, con quattro muri di spinacon andamento nord-sud; il muro a est è in parte comu-ne con la casa di proprietà Carenzoni, mentre il muro aovest costituisce il fronte sulla corte. Le facciate a norde a sud sono tra loro parallele e presentano la maggio-re concentrazione di fori.I setti murari presentano spessori regolari, decrescentida 90 cm. al piano terra a 55 cm. nel sottotetto, conriseghe ai piani. Le murature sono prevalentementerealizzate in pietrame ben tessuto legato con malta dibuona consistenza, e in mattoni in corrispondenzadelle canne fumarie. Le angolate sono in pietra squa-

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drata, le finestre presentano davanzali, spalle e archi-travi in pietra sul fronte principale. Sul fronte sud èpresente un ampio cornicione in pietra, su mensole chereggono voltini in mattoni e una cornice esterna ad ele-menti in pietra calcarea bianca .Negli ambienti laterali al piano terra sono presenti duevolte a botte ribassate in muratura di mattoni, conunghiature, volte che appaiono di buona costruzione econsistenza e presentano un ispessimento murario percontrastarne la spinta e migliorarne l’appoggio. Tutti gli altri orizzontamenti sono costituiti da solai inlegno monoorditi, che poggiano sui muri di spina eperciò con andamento parallelo alle facciate, con lucimassime di 6 m.; sono fittamente tessuti con travi dilarice squadrati di notevole sezione, pressochè privi diinflessioni e complessivamente in ottimo stato di con-servazione, se si escludono alcuni locali immarcimentidelle teste in corrispondenza di murature d’appoggioumide. Al primo piano una parte dei solai non è osser-vabile in quanto controsoffittata.Il tavolato a vista è parallelo alla travatura, e da alcunisondaggi nel sottotetto si è constatata la presenza di unsecondo tavolato di buona consistenza, chiodato orto-gonalmente al tavolato sottostante,che costituisce l’ap-poggio dei pavimenti alla veneziana con relativo mas-setto.Sono presenti alcuni tiranti al livello del solaio trapiano secondo e piano sottotetto, parte dei quali collo-cati in fase costruttiva iniziale, in quanto risultano col-locati a mezzo muro e perciò probabilmente connessi atravi lignee (“reme”) inglobate nella muratura. Sul tetto dell’edificio sono presenti 5 torri da camino dinotevole altezza e consistenza, interamente in mattoni,in parte degradate, e altri comignoli di minore altezza.

10.3.3. Fattori di degrado in atto ed interventi con-servativi previstiIl Palazzo Cumano ha subito negli ultimi anni un lungoabbandono, interrotto dal significativo intervento dirifacimento della copertura nei primi anni ‘80. Pur trat t a n d o s i , come già detto, di un edificio di nonc o mune qualità costru t t iva , p resenta alcuni fat t o ri did egrado che devono essere opportunamente contra s t at i .- Problemi di umiditàLa collocazione su pendio fa sì che il lato a nord del-l’edificio si trovi in parte contro terra, e sia esposta alleacque meteoriche non del tutto regimate e provenientidal terreno. Negli anni ‘30 l’architetto Alpago Novelloha fatto eseguire consistenti lavori di isolamento e regi-mazione delle acque, lavori che richiedono attualmen-te una sistematica manutenzione ed alcuni completa-menti. Vanno perciò verificati tutti gli scoli d’acquameteorica a nord, va abbassato il livello e impermeabi-lizzato il cortiletto infossato a nord-est, e formati dre-naggi ulteriori. Va anche protetto attraverso una con-versa in rame il punto di contatto tra l’edificio e il murodi cinta a nord-est, che attualmente provoca umidità dadilavamento nella sala della boiserie ed ha causatol’immarcimento di alcune teste di travi.Il lato verso est, per la parte che emerge dalla casaaffiancata, è in muratura a vista con giunti molto

profondi, fatto che, anche per l’assenza di converse nelpunto di contatto con il tetto della casa contigua, hafacilitato l’ingresso dell’umidità e causato danni alleteste delle travi infisse nel muro. Si prevede perciò direalizzare una fugatura a raso dei giunti e di formareuna ampia conversa in rame a contatto con il tetto con-tiguo, a costituire in particolare una protezione controgli accumuli di neve.

10.3.4. Stato di efficienza delle coperture e dei ser-ramenti ed interventi manutentivi previstiIl tetto del Palazzo Cumano, interamente sostituito nel1982-83, richiede ora una sistematica ripassatura delmanto, degradato per la frantumazione di numerosicoppi nuovi che non hanno resistito all’azione del gelo.Ciò è funzionale anche ad interventi per consentire unaumento dell’efficienza strutturale della copertura, siaalla realizzazione di strati di isolamento necessariall’utilizzo del sottotetto, non previsti nell’interventodel 1982. Si prevede pertanto di realizzare un tavolato incrociatoposto in diagonale rispetto a quello esistente, di realiz-zare un isolamento soprastante in pannelli di sughero,di porre un manto di Ondulina ripristinando i coppi,sostituendo quelli degradati con coppi vecchi di recu-pero o con coppi nuovi testati come resistenti al gelo.

10.3.5. Relazione sulle fondazioni e sui terreni diappoggioL’edificio è sito sul declivio verso sud del Colle delleCapre, sul quale è costruita la Cittadella di Feltre.Essendo il piano terra ad un’unica quota, si può presu-mere sia stato eseguito un consistente sbancamento ini-ziale, con formazione di muri contro terra a nord, nellaparte a monte. Le opere di drenaggio e di consolida-mento del corpo del vano scala a nord, eseguite neglianni ‘30 dall’architetto Alberto Alpago Novello, con-sentono di osservare la presenza di riseghe murarie ini-ziali che ampliano la base fondale rispetto al già consi-stente spessore murario (circa 80-90 cm.) . Il terreno di fondazione, osservabile in profondità negliscavi di drenaggio a monte, conferma quanto già con-s t at ato in altri edifici posti sulla dorsale dellaCittadella; si osserva infatti lo strato di ricoprimentodel sottostante bancone di scaglia rossa, bancone cheforma il rilievo del Colle delle Capre. Lo strato di rico-primento è costituito da un misto a granulometriavariabile, ben assortita e a grano supportato, pur concomponenti limo-argillose, di origine fluvio-glaciale.Ad esso può essere attribuita una resistenza a com-pressione di 2 Kg./cmq. Considerata l’ampiezza e la consistenza delle fonda-zioni ove osservabili che, data la forte unitarietà del-l’impianto si possono presumere esistere su tutte lemurature dell’edificio; considerata la buona consisten-za del terreno di fondazione; considerato che il quadrofessurativo è solo in piccola parte dovuto ad assesta-menti fondali, e che questi, ove presenti, si sono svi-luppati in antico e non si sono riattivati in modo signi-ficativo dopo i consistenti interventi eseguiti negli anni‘30,e che quindi pare essersi stabilito uno stato di rela-

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PARTE PRIMA

tivo equilibrio; considerato che gli interventi previstiper il miglioramento antisismico in elevazione svolgo-no un ruolo di irrigidimento e di connessione comun-que utile sia a impedire sovraccarichi locali alle fonda-zioni in fase sismica, sia a ridurre gli effetti di eventualicedimenti di fondazione localizzati; in base a tutte que-ste considerazioni si ritiene di non dover eseguire inter-venti in fondazione sul Palazzo Cumano.I muri controterra attualmente presenti, realizzati oconsolidati negli anni ‘30, appaiono in buone condi-zioni e non esistono pericoli di franosità del pendio. Lacompleta regimazione delle acque meteoriche previstadal progetto costituisce un elemento di ulteriore sicu-rezza.

10.3.6. Dissesti di origine statica attualmente pre-sentiL’interpretazione delle cause che hanno determinato ilquadro fessurativo attualmente osservabile (vedi grafi-ci relativi) porta ad accentuare la componente dinami-ca, dovuta a terremoti avvenuti in passato, rispetto aquella statica, dovuta a dissesti lenti di fondazione o adaltre cause.Come verrà più ampiamente sviluppato nel paragraforelativo ai dissesti di origine sismica, i dissesti interes-sano prevalentemente le angolate nord-est, nord-oveste sud-ovest del Palazzo Cumano, le connessioni tra lefacciate e i muri di spina, in particolare nella parte cheforma l’angolata sud-est al di sopra del contatto conl’edificio contiguo. I dissesti trovano una linea prefe-renziale nelle discontinuità determinate dalle finestrein asse molto prossime alle angolate, nelle ampiecanne fumarie e nelle porte sovrapposte sui muri dispina. Dall’andamento del quadro fessurativo si puòconstatare come esso, nelle angolate e nei nodi murari,non coinvolga nè le fondazioni nè le murature al pianoterra ed abbia origine ai piani superiori, con rotazioniverso l’esterno le cui cerniere si trovano ad alcunimetri di altezza. Ciò porta ad attribuire ad eventi sismi-ci passati i dissesti maggiormente significativi presen-ti nelle strutture verticali.Altri elementi del quadro fessurativo, piuttosto limita-ti, indicano un coivolgimento delle fondazioni avvenu-to in antico ed attualmente esaurito, a giudicare dalfatto che tali lesioni sono osservabili sugli intonaci piùantichi, mentre presentano avanzamento nullo o moltolimitato sugli intonaci realizzati negli anni ‘30.Corpo scale a nordUna situazione di dissesto avvenuto in antico che ècompatibile sia con una interpretazione statica chesismica è costituita dal corpo scala a nord.Strutturalmente non ammorsato con la muratura delpalazzo, e palesemente costruito in un diverso cantiereanche se di antica realizzazione, il corpo scala è ruota-to verso nord separandosi dal palazzo lungo i giunti diappoggio. La lesione che si è formata è stata riempitacon malta, ma è ben riconoscibile in quanto ha portatoalla separazione di alcuni centimetri tra le cornici inpietra poste in continuità. Il dissesto può essere spiega-to con la sola spinta statica orizzontale delle volte abotte -quattro volte sovrapposte a due a due- non com-

pensata da tiranti, certamente significativa data la snel-lezza del corpo scale e la mancanza di ammorsamenti.Esso tuttavia può essere stato accentuato da eventisismici, la cui sollecitazione può essersi sommata allecomponenti ori z zontali ge n e rate dalla spinta dellevolte; vedi la presenza del semicapitello in pietra ruo-tato e traslato nella prima rampa di scale.E’probabile vi sia stata anche una componente signifi-cativa di dissesto di fondazione; tuttavia i consistentilavori eseguiti negli anni ‘30, ora osservabili alla base(telai in c.a. e nuove murature) inducono, come giàdetto, a non intervenire sulle fondazioni. Nel corsodello stesso intervento sono stati apposti tiranti diancoraggio del corpo scala all’edificio principale edaltri interventi (intonacatura, ecc.).Cornicione in pietra su via Paradiso Il cornicione su via Paradiso, a circa 18 metri di altez-za, è costituito da mensole in pietra incastrate nellamuratura che reggono voltini in mattoni, intonacatiall’intradosso, e una cornice in testa costituta da ele-menti in pietra bianca. Il peso proprio del cornicionedetermina un momento ribaltante che non è sufficien-temente contrastato dalla parte terminale del muro, e inalcuni tratti all’interno sono osservabili lesioni oriz-zontali o distacchi in corrispondenza dell’appoggiodelle mensole. I dissesti dell’edificio hanno determina-to un allontanamento degli elementi di cornice appog-giati alle mensole, che in alcuni punti appaiono preca-riamente appoggiati (poco più di un cm. di appoggio).Si osservano alcuni tirantini di imbragamento dellecornici in pietra eseguiti in antico nel tratto ad ovest.Una osservazione più accurata delle mensole, che giàin altri casi a Feltre hanno dato luogo a rotture improv-vise e crolli (mensole dei palazzetti Da Romagno inPiazza Maggiore, mensola del poggiolo di PalazzoVillabruna in via Mezzaterra) ha portato a scoprire piùmensole fratturate a tutta altezza e in procinto di crol-lare con il cornicione appoggiato. Lo spazio sottostan-te è stato transennato.Teste di travature appoggiate sul muro di confine aestAlcune teste di travat u re sono marcite in antico e con-s o l i d ate con mensole o fe t t o n at u re sul mu ro ve rso est,per la presenza di umidità. A l t re teste in posizionea n a l oga sono nascoste da soffi t t at u re o strati di intona-c o , per cui non ne è attualmente accert abile la consi-s t e n z a .

10.3.7. Interventi di riparazione e di consolidamen-to staticoCorpo ScaleSi prevede l’esecuzione di cuciture di connessione trail corpo scale e il palazzo; le lesioni saranno risarcitecon coli di calce idraulica naturale. Verranno inoltreapposti altri tiranti, a compensare la spinta delle volte,e la muratura laterale del tratto sottotetto, attualmentead una sola testa di mattoni, sarà portata a due teste .Teste di travi marciteSaranno ispezionate le teste di travi indiziate di immar-cimento, ed eventualmente consolidate con apposizio-ne laterale di lame imbullonate o profili a L.

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Cornicione in pietra su via ParadisoSi prevede un consolidamento completo così realizza-to (vedi particolare costruttivo e voce di elenco prezzi):- formazione di un cordolo metallico nella parte termi-nale del muro;- apposizione di mensole metalliche in tubolare120x80x8 saldate al cordolo metallico che reggono,con tiranti inseriti a piombo, i tratti di cornice in pietrapoggiati sulle mensole;- formazione di una cappa in beton-epossidico sullevoltine in mattoni, con chiodature di connessione inacciaio inox;- riparazione delle mensole fratturate in acciaio inox eresine epossidiche;- apposizione di tiranti affiancati in acciaio con testaesterna a comprimere la parte soggetta a trazione dellemensole in pietra;- collocazione di barre verticali da 25x25mm. poste sullato interno del muro, saldate al cordolo metallicosuperiore e al cordolo metallico a pavimento, per com-pensare il momento ribaltante del cornicione.

10.3.8. Dissesti di origine sismica e definizione dellavulnerabilità dell’edificioL’edificio appare già chiaramente presente nell’assettoattuale nel dipinto datato 1677 di Domenico Falce.Il Pa l a z zo Cumano ha quindi certamente subito gli effe t-ti del terremoto detto “di A s o l o ” , av ve nuto nel 1695, icui marc ati danni sono già stati riconosciuti in altri edi-fici di Fe l t re, o l t re che ri c o rd ati da storici locali.Il quadro fessurativo consente di riconoscere l’avvenu-ta attivazione di meccanismi di dissesto di originesismica; tale interpretazione è motivata sia dal fatto chei fenomeni non sono spiegabili con dissesti statici alento sviluppo, sia che essi trovano riscontri e analogiecon quadri di danno osservati in particolare dopo il ter-remoto del Friuli in edifici affini.I principali meccanismi riconosciuti sono:1 - Rotazione delle angolate, con lesionamenti in cor-rispondenza degli assi di finestre angolari o delle cannefumarie;2 - Rotazione fuori piano delle facciate, con separazio-ne dai muri di spina e lesionamenti in corrispondenzadelle canne fumarie o delle porte interne;3 - Rototraslazione del corpo scale (con componentistatiche).

E’prevedibile che questi meccanismi di danno già atti-vati proseguano in caso di sisma, ed è quindi necessa-rio ripararne i danni già prodotti e contrastarne l’ulte-riore avanzamento.A questi si possono aggiungere, per analogie istituibilicon edifici affini danneggiati da sisma, i seguenti ulte-riori meccanismi:4 - Ribaltamento fuori piano dei timpani murari suimuri esterni a ovest e a est, con particolare riguardoalla parte svettante rispetto all’edificio contiguo a est,per le azioni di oscillazioni discordi e di urto prevedi-bili;5 - Oscillazione discorde delle torri da camino, conribaltamento e crollo.

6 - Una condizione di vulnerabilità complessiva alleazioni sismiche è costituita dalla mancanza di settimurari continui nella direzione est-ovest, in grado difungere da controvento efficace alle alte lame murariedi spina, sulle quali poggiano tutti i solai e il tetto.Inoltre la facciata sud presenta ampie aperture e di con-seguenza i setti verticali interposti sono soggetti adazioni taglianti.

10.3.9. Obiettivi del progetto di miglioramentoIl limitato livello di danno, unito alla rilevante qualitàcostruttiva dell’edificio e al suo relativamente buonostato di manutenzione, consentono di concentrare l’at-tenzione sull’opera di miglioramento.Il progetto deve tenere conto:- della relativa unitarietà e omogeneità costruttiva del-l’edificio (escluso il corpo scala a nord);- dell’elevato livello costruttivo (solai di ottima qualità,murature di rilevante spessore, ecc.) e del buon livellomanutentivo, della limitatezza di dissesti statici rile-vanti;- della presenza di marcate forme di vulnerabilità tipi-ca: per posizione rispetto all’aggregato (con numeroseangolate libere e una parete laterale di testa), per arti-colazione planimetrica ed altimetrica (presenza dicorpo aggettante e di parete laterale svettante rispettoal pro filo dell’edificio contiguo); per dimensionirispetto alla posizione (lunga parete laterale priva divincoli e di muri ortogonali); per entità e articolazionedelle aperture sul fronte principale;- della presenza di alcune significative forme di vulne-rabilità specifiche: la separazione tra spalle in pietra emuratura nelle aperture, che rende esile soprattutto lastruttura in angolata; l’ampio cornicione in pietra asbalzo, con problemi di stabilità e di fragilità; la sfila-bilità delle orditure lignee del tetto e dei solai; la man-canza di ammorsamento tra il corpo scale e la costru-zione principale; la presenza di numerose ed ampiecanne fumarie che interrompono la continuità muraria;la presenza di alte e massicce torrette di camino, conproblemi di stabilità.

Ci si propone quindi di migliorare il comportamento diinsieme dell’edificio senza modificarlo radicalmente,rafforzando con opportuni interventi il collegamentotra le masse strutturali, senza peraltro alterare le pecu-liari caratteristiche del monumento con operazioni dif-fusamente distruttive.La filosofia di insieme dell’intervento consiste nel cer-care di sfruttare al massimo le caratteristiche di resi-stenza delle diverse parti della costruzione, facendoleinteragire e aumentando per quanto possibile le con-nessioni tra di essi; si prevede soprattutto di formaresistematici collegamenti che pongano in antagonismomeccanismi contrapposti di parti della costruzione,impedendone reciprocamente gli spostamenti.Gli interventi sono in parte di tipo tradizionale adatta-to alle possibilità operative attuali -ad es. i cordoli-tirante a livello di piano- o di tipo moderno, come leperforazioni armate e cementate, realizzate solo perrisolvere locali vulnerabilità specifiche, o le iniezioni

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PARTE PRIMA

locali nelle lesioni.In alcuni casi si realizzano forme di interazione conaltre parti accessorie dell’edificio, come nel caso deipluviali realizzati in acciaio e collegati ai tiranti nellesituazioni angolari difficilmente difendibili, o nel casodei gocciolatoi in acciaio inox sotto le finestre, chesvolgono anche funzione di consolidamento locale diun punto particolarmente vulnerabile.

10.3.10. Interventi di miglioramento antisismico delPalazzo Cumano Gli interventi previsti sono i seguenti:- I n t e rventi di r i p a razione di danni sismici già pre-senti e a contrasto di vulnerabilità locali o specifi ch e.Consistono in:- riparazione di lesioni con coli di miscele costituita dacalce idraulica naturale previo sigillatura e bagnatura;per le lesioni più ampie si prevede di operare cuciturearmate in acciaio inox poste a cavallo o, nel caso dipresenza di vuoti, come nelle canne fumarie, conapporto di mattoni pieni a cuci e scuci;- formazione di cuciture armate a cavallo di aperturecon architravi o davanzale lesionato (in particolare incorrispondenza delle angolate), con armatura a vista(profilo in acciaio inox a L) in corrispondenza del foroe due barre cementate alle spalle e saldate al profilo;- sostituzione di architravi in legno degradati in alcunefinestrine del sottotetto con architravi in c.a. gettati inopera. - Interventi a contrasto di meccanismi di insiemegià attivati o prevedibili (punti da 1 a 5)I meccanismi di danno 1 (rotazione delle ango l ate) e 2( ribaltamento fuori piano dei mu ri di fa c c i ata) ve n go n oc o n t ra s t ati in part i c o l a re con la fo rmazione a tutti i pianidi cordoli- tirante posti nei punti di connessione trasolaio e mu rat u ra , nello spessore del pavimento. I tira n-ti ve n gono re a l i z z ati con pro fi l ati metallici a L o a lamasu entrambe i lati dei mu ri di spina e sul lato interno deimu ri di fa c c i at a , e sono collegati alle travat u re con vitim o rd e n t i , t ra di loro a mezzo di barre saldate inserite inp e r fo ra z i o n e, alle mu rat u re esterne con cap o ch i ave ap i a s t ra o a paletto a seconda delle situazioni. Si fo rm acosì una diffusa solidarizzazione dei solai in legno tral o ro e alle mu rat u re, che ne favo risce il comport a m e n t oa lastra e ne contrasta lo sfilamento agli ap p oggi , o p p o-nendosi alle traslazioni delle mu rat u re di fa c c i ata ve rs ol ’ e s t e rno. Sui mu ri delle fa c c i ate nord e sud, ove non visono ap p oggi di travat u ra , i cord o l i - t i ra n t e, o l t re ch ealla mu rat u ra a mezzo di cap o ch i ave e perfo ra z i o n ia rm at e, s a ranno diffusamente collegati a mezzo di vitial secondo tavo l ato esistente sotto le pav i m e n t a z i o n i , d icui si sfrutterà così il signifi c at ivo effetto irri gidente perc o n t ra s t a re la traslazione delle fa c c i at e. - Per il contrasto della rotazione del corpo scale (punto3), effettuato a mezzo di tiranti e cuciture di solidariz-zazione al corpo principale, quanto previsto per il con-solidamento statico ap p a re efficace anche comemiglioramento antisismico.- Per contrastare il possibile ribaltamento fuori pianodei timpani murari del tetto (punto 4) si prevede la rea-lizzazione di un cordolo tirante di sommità in lame

metalliche collegate tra loro e solidarizzate sia alleorditure principali (terzere) del tetto che ad un secondotavolato di irrigidimento, posto in diagonale al di sopradi quello attualmente esistente. Alle teste delle terzerevengono collegati capochiave esterni a collare, perimpedire lo sfilamento delle travature; collegate traloro agli appoggi mediani da bandelle metalliche, leterzere divengono dei tiranti-puntoni che pongono inantagonismo gli spostamenti dei timpani a ovest e aest, maggiormente soggetti al ribaltamento.- Per contrastare l’oscillazione discorde delle torri dacamino (punto 5), ve n gono posti, nelle posizioninascoste alla vista, elementi metallici collegati al cor-dolo-tirante di sommità; collegati a fasciature del fustorealizzate con cavi in acciaio posti nelle fugature, que-sti elementi aumentano la duttilità del fusto e riduconola possibilità di ribaltamento con crollo sulle strutturesottostanti. - Interventi a contrasto della vulnerabilità alle azionitaglianti in direzione est-ovest (punto 6). La complessiva solidarizzazione dei solai tra loro e conle mu rat u re ai piani, o p e rata at t rave rso i cordoli tira n t e,è sicuramente l’intervento maggi o rmente utile, i nquanto coinvo l ge diffusamente anche le stru t t u re di fa c-c i ata. Allo scopo di aumentare la duttilità del sistema edi ri d u rre gli spostamenti, le pareti div i s o rie legge re aid ive rsi piani con direzione est-ovest (fo rm ate da unas t ru t t u ra lignea intonacata) ve n gono ra ffo r z ate con untelaio irri gidente posto in traccia su un lato o affi a n c a-to e ri c o p e rto da una parete in cart o n gesso. Il telaio pre-senta un elemento centrale ap e rt o , per favo ri re la dutti-lità del sistema, ed è collegato con cuciture metallich ealle mu rat u re e con saldat u re ai cord o l i - t i ra n t e.Un sistema analogo è stato proposto da alcuni ricerca-tori a Pisa al Convegno 1991 del Gruppo Nazionale perla Difesa dai Terremoti, ed è già stato realizzato nelrestauro di Palazzo Marzona a Venzone negli anni1985-86, dopo i terremoti del 1976.Vengono inoltre posti due tiranti a contrastare la spin-ta della volta ribassata presente nella parte ovest delpiano terra.

10.3.11. Modalità esecutive per la riduzione degliimpatti sulle strutture e superfici architettonichePer l’esecuzione dei cordoli-tirante a livello di piano èstata realizzata una traccia perimetrale larga circa 15cm. eseguita a taglio mirato (a disco, con recupero astacco degli elementi, per i pavimenti alla veneziana;con sollevamento accurato e recupero per i pavimentiin cotto, ecc.) fino a giungere al tavolato del solaiorimuovendo i sottofondi. Nel vano così formato, sonostati prima collocati i cordoli tirante in profilato metal-lico, fissati con viti strutturali ai travi sottostanti e aitavolati, e successivamente posti in opera gli impiantidi riscaldamento, elettrici e di sicurezza. A posa con-clusa, sono stati ricollocati gli elementi rimossi.

(*) L’intervento è stato eseguito nel 1997-98 dal Comune diFeltre, su progetto dell’arch. Francesco Doglioni. Consulentestrutturale è l’ing. Marco De Giacometti, che ha curato anchela direzione dei lavori.

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PARTE PRIMA

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PARTE PRIMA

A fianco: grafico del quadro fessurativo presente sullato interno di un muro laterale a timpano svettanterispetto all’edificio contiguo. Si osserva la lesioneorizzontale formata dall’apertura della cerniera inne-s c ata dal meccanismo di ri b a l t a m e n t o . Pa l a z zoMarzona, Venzone (UD).

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PARTE PRIMA

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PARTE PRIMA

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PARTE PRIMA

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PARTE PRIMA

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PARTE PRIMA

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PARTE PRIMA

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PARTE PRIMA

Elemento metallico a protezione dell’angolata formato intubo di acciaio zincato, che funge da pluviale, collegato allepiastre esterne dei tiranti. A sinistra: vista di insieme dell’angolata.A destra: particolare della piastra di collegamento.

Consolidamento delle mensole del cornicione in pietra asbalzo a mezzo di coppia di barre tese esterne in acciaio etesta di ripartizione.Nella foto in basso a sinistra: vista di insieme del cornicione.Nella foto in basso a destra: dettaglio della mensola in pietrae del tirante.

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PARTE PRIMA

10.4. LA PROGETTAZIONE DEL MIGLIO-RAMENTO SISMICO NEL CASO DELLACHIESA DI SAN SAVINO A LICETO DISASSOFERRATOPietro Regazzo

10.4.1. Caratteristiche costruttive e danno nondovuto al sismaLa chiesa ad aula unica fa parte di un fabbricato checomprende altri locali abbandonati, precedentementedestinati a sagrestia e canonica. L’intero complesso è apianta rettangolare con la sola eccezione della parte inaggetto relativa al presbiterio che articola la facciataposteriore. La chiesa occupa la parte più a valle delfabbricato, sorge in un lieve pendio e, con la sua pare-te laterale, sostiene la falda di maggiore estensione trale due che compongono la copertura.Le caratteristiche geometriche e formali dell’edificio,il suo orientamento rispetto al sito in cui sorge, sonosignificative spie della distribuzione dei carichi e dellamaggiore predisposizione al danno dell’area dove ècollocata la chiesa. Qui sono presenti, in prevalenza,danni tipici rispetto alla restante parte dove i danni, sepur maggiori, sono dovuti spesso a patologie pregresselegate alla mancata manutenzione.La muratura verticale, di notevole spessore, è costitui-ta da corsi di pietrame alternati a corsi di mattoni, que-st’ultimi con funzione di regolare i livelli di posa. Sonopresenti conci di grande dimensione, ben squadrati,disposti nelle angolate e ammorsati in modo irregolaree discontinuo. Il tipo di apparecchiatura e lo stato del legante rendo-no la muratura relativamente resistente anche alle azio-ni fuori dal piano; tuttavia questa caratteristica viene amancare completamente lì dove il processo di degradoè particolarmente avanzato, ossia dove i crolli delleparti sommitali hanno favorito l’accesso diretto del-l’acqua e i conseguenti fenomeni di degrado dellemurature. Tale fenomeno è maggiormente diffuso nel-l’area della canonica dove l’inefficacia del sistema diallontanamento delle acque piovane della copertura haportato al degrado delle travi e al parziale crollo deltetto. A terra manca completamente la rete di smalti-mento delle acque e c’è il pericolo che l’acqua ristagnia ridosso delle murature per effetto della contropen-denza del terreno.Molti dei dissesti sono dovuti a fattori precedenti all’a-zione del sisma e nella maggioranza dei casi sonoriconducibili al cedimento della fondazione in corri-spondenza delle angolate del macroelemento “paretelaterale” della chiesa.

10.4.2. Conseguenze delle modificazioni subite inseguito alle trasformazioni edilizie e agli interventirecentiSono presenti discontinuità murarie causate nelle fasic o s t ru t t ive iniziali o in seguito a tra s fo rm a z i o n icostruttive, quali ad esempio: tamponamenti di grandiaperture lungo i due lati più lunghi dell’aula unicadella ch i e s a , a m m o rsamenti poco efficaci in nodimurari, ecc.. Tali condizioni sono talmente diffuse da

creare una notevole frammentazione e disomogeneitàdelle murature perimetrali e dei setti interni, rendendomolto complessa e difficile l’interpretazione dei danni.Di part i c o l a re ri l eva n z a , per il comportamento dell’edi-fi c i o , è il ri facimento recente della copert u ra della ch i e-sa re a l i z z ata con doppia ord i t u ra lignea, p i a n e l l e, c o p p ie con la predisposizione di una banchina in mat t o n i ,a l t ac i rca 8 cors i , nei due lati esterni. Essa risulta solamenteap p oggi ata alla parte ori gi n a ria sottostante, senza una d eg u ato ingranamento. Le due part i , molto eteroge n e et ra di loro , non contrastano adeg u atamente la spintaf u o ri piano provo c ata dalla copert u ra. Lo dimostrano lap re s e n z a , nel punto di ap p oggi o , di fenomeni defo rm a-t ivi e lesioni ori z zontali all’interno. Nei due lati intern id e l l ’ a u l a , lo stesso meccanismo ha dato ori gine ad und ive rso effetto del danno localizzato subito a ri d o s s odell’innesto della copert u ra nella pare t e, non essendociin questo l’interposizione della banchina in mat t o n i .Nella muratura esterna della chiesa si è provveduto inpassato alla stesura di uno spesso strato di intonaco dicemento, creando così le condizioni più sfavorevolialla naturale traspirazione della muratura.

10.4.3. Diagnosi di vulnerabilità e stato di dannoLa descrizione del dissesto statico e sismico (secondole modalità indicate nel cap. 4), le vulnerabilità tipichee specifiche correlate ai macroelementi e allo studiodei relativi meccanismi, sono riportate più in dettaglionelle successive schede.La composizione dei grafici nelle schede relative aisingoli macroelementi rispecchia il metodo di analisiutilizzato, teso alla sistematica comparazione di tutti idati relativi ai diversi rilievi, verificati ogni volta nelletre modalità di rappresentazione principali (pianta)sezione e assonometria). In particolare si incrociano leinformazioni relative ai rilievi delle deformazioni, alleconfigurazioni delle lesioni, alla lettura delle trasfor-mazioni costruttive ed alle elaborazioni in tre dimen-sioni dei dati geometrici e topografici. Operativamentenel sito si è proceduto attraverso una puntuale analisi avista delle superfici, supportata dall’utilizzo del bino-colo e da un supporto grafico e fotografico sul qualesono stati annotate tutte le osservazioni. Sono stati uti-lizzati gli strumenti classici per le misurazioni (distan-ziometro laser per il rilievo delle deformate, strumentitopografici per il controllo dei punti interni ed esterni).Dalla conoscenza iniziale dell’oggetto, data dai primirilievi, si sono potuti stabilire i temi da approfondire ele specifiche misurazioni strumentali ancora necessarieper poter formulare una corretta valutazione di diagno-si della vulnerabilità.

10.4.4. Impostazione e criteri di progettoLe peculiarità proprie della muratura costituiscono ilpiù significativo tra i caratteri superstiti, e sono unimportante testimonianza di cultura materiale che vaconservata. Tuttavia riportare a vista le parti di mura-tura attualmente coperte é stato ritenuto ammissibilesolamente per ragioni funzionali alla conservazione,ossia in presenza di intonaco recente di cemento che neimpedisce la traspirazione.

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PARTE PRIMA

L’insieme delle trasformazioni costruttive, successiveall’edificazione, hanno reso irriconoscibile l’assettoiniziale, apportando manomissioni alla struttura origi-naria e compromettendone la stabilità. Per questi moti-vi gli interventi individuati si limitano a ristabilire lecondizioni di continuità perdute, recuperando ciò cheresta dell’originaria concezione strutturale e privile-giando l’intervento conservativo dell’assetto stratifica-to attuale.Anche per ciò che riguarda gli interventi sulle parti direcente realizzazione, si adottano gli stessi criteri conl’accortezza di risolvere, dopo averle riconosciute, leconseguenze/influenze delle opere adottate rispettoalla permanenza delle patologie pregresse non ancorarisolte. L’inopportunità di rimuovere le strutture recen-ti, quali ad esempio la nuova copertura, la banchina dimuratura e il contrafforte nella parete laterale, riducenotevolmente la sfera delle possibili soluzioni proget-tuali. Ciò determina il prevalere delle soluzioni dimiglioramento antisismico strettamente utili a risolve-re locali fenomeni di discontinuità rispetto alle ridefi-nizioni integrali dei sistemi costruttivi. Le inadegua-tezze delle strutture recenti sono risolte attraverso ilcontenimento degli effetti negativi da esse prodotte,tentando di ricomprenderle nel comportamento organi-co dell’intera struttura.Alla copertura viene affidato un ruolo chiave per ilcontenimento delle spinte fuori piano di pareti con-trapposte mediante la realizzazione di un tavolato diirrigidimento. Il funzionamento a contrasto delle azio-ni sismiche della copertura dipende, in larga misura,dall’efficacia del collegamento con le pareti, realizza-to attraverso un cordolo metallico al quale viene asso-ciata la funzione di tirante. Molti dei tiranti esistentisembrano dislocati per fronteggiare locali danni piut-tosto di rispondere ad un progetto unitario che consi-deri tutte le interazioni tra le parti. E’necessario apportare alcune integrazioni alla dispo-sizione degli incatenamenti fino al raggiungimentodelle condizioni minime indispensabili per resistere aimeccanismi del primo modo di danno. L’analisi ha avuto tra i suoi scopi quello di accertarel’attivazione e lo stato di avanzamento dei meccanismidi danno tipici e specifici, per stabilirne i limiti di sicu-rezza accettabili e per definire le conseguenti variabiliintegrative all’intervento di miglioramento d’insiemeper impedire la progressione del danno. Le soluzioni per il miglioramento sismico sono cali-brate rispetto agli obiettivi e principi propri del restau-ro per cui si adotta l’impiego di materiali tradizionalicon tecniche parzialmente o completamente innovati-ve rispetto alle tradizioni costruttive o con l’attribuzio-ne di funzioni rinnovate. L’orientamento è quello diricercare gli interventi meno invasivi e favorire lasovrapposizione delle strutture nuove senza intaccarele parti originarie.Le debolezze delle strutture che derivano da particola-ri condizioni relative alla geometria e alla forma pro-prie o al rapporto pieni/vuoti, richiedono soluzionispecifiche che, senza modificare queste condizioni,riescano ad attribuire nuovi requisiti di resistenza. Ne

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Foto della facciata principale

Assonometria generale

Pianta del piano terra con proiezione delle travi

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PARTE PRIMA

sono un esempio gli elementi di tenuta previsti perriconnettere le due parti di facciata separate dalle aper-ture allineate verticalmente.Un altro esempio è costituito dalla vela i cui requisitidi particolare forma e snellezza, uniti alla posizionemolto alta, devono essere opportunamente controllati.L’intervento su questa parte mira soprattuto a rinforza-re la base dei piedritti collegandola alle parti contiguedella facciata e della parete di spina per contenere laoscillazione e il ribaltamento della vela. Altra problematica simile è costituita dalle grandi aper-ture sulle pareti laterali dell’aula della chiesa, caratte-rizzate da una discretizzazione delle esili parti murarieposte al di sopra delle stesse. La patologia che perma-ne ancora oggi, malgrado si sia provveduto in passatoalla chiusura delle aperture, va rimarginata consolidan-do le parti discretizzate e migliorando il collegamentocon il tamponamento. Completa il quadro degli interventi la ricostruzionedelle parti crollate. Di esse è ancora presente a terraparte del materiale costitutivo, per il quale è auspicabi-le un reimpiego ristabilendo, dove le tracce lo consen-tono, la posizione iniziale. La ricostruzione è facilitatadalla contenuta entità del materiale crollato e dallasemplice configurazione.Le condizioni più favorevoli alla conservazione del-l’edificio sono legate alla ripresa della funzione dellaparte abbandonata, dotando dei requisiti minimi di abi-tabilità gli ambienti e recuperando l’utilizzo dei varilocali. Non può mancare l’attenzione per la continuità delleopere di manutenzione per la quale si deve ristabilire almeglio la funzione di protezione dagli agenti atmosfe-rici e le condizioni di efficienza degli elementi attual-mente degradati.

L’elenco generale degli obbiettivi di progetto, espostonella lista di controllo, fornisce una chiara sintesi degliinterventi adottati rispetto alla diagnosi compiuta.

Foto del prospetto interno della facciata - 27/6/98 (Foto Bolzan, IRRS. Milano)

Foto dell’arco trionfale 26/6/98(Foto Bolzan,IRRS. Milano)

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ANNO XXXI • N. E d. S. 15 BOLLETTINO UFFICIALE DELLA REGIONE MARCHE 29 SETTEMBRE 2000

PARTE PRIMA

SASSOFERRATO – Fraz. LICETO – CHIESA DI S. SAVINO MACROELEMENTO FACCIATA

Assonometria

DESCRIZIONE DEGLI EFFETTI DEL DISSESTOSULLA MATERIA DELLA COSTRUZIONE(DANNI FISICI)

RILIEVO METRICO, ARCHITETTONICO-COSTRUTTIVO E DEL DEGRADO

Pianta

Sezione

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PARTE PRIMA

Le modificazioni della geometria del macroelemento facciata sonoprincipalmente quelle conseguenti ad uno spostamento fuori pianodella parete, facilitato dalla assenza di incatenamenti trasversali e dauna accertata spinta unitaria della copertura. Gli spostamenti, rileva-ti all’interno, aumentano progressivamente verso l’alto e i valorimaggiori si riscontrano in prossimità all’asse verticale di simmetriadella facciata. I valori degli sfilamenti delle travi confermano, inparte, questa tendenza, azzerandosi in prossimità del lato destro. Ladiffusione delle lesioni, sulla superficie della parete, si riduce note-volmente in prossimità dei lati, dando origine a cerniere a partiredalla base della finestra con andamento obliquo verso gli angoli. Tali conformazioni del danno costituiscono delle variabili al mecca-nismo di spostamento fuori piano della facciata e sono dovute all’a-zione di vincolo dei due muri ortogonali e alla debolezza della pare-te in corrispondenza delle due aperture allineate verticalmente.Quest’ultima condizione deve aver consentito una maggiore oscilla-zione della copertura e delle travi più vicine al colmo. L’effettolastra del tetto ha prodotto una marcata lesione che segue l’anda-mento delle falde. All’esterno è riconoscibile il limite di appoggiodel cordolo murario sulla sottostante muratura (indicato in tratteggionei grafici). E’ evidente la sua totale inadeguatezza dovuta all’inter-ruzione netta a ridosso della veletta senza il necessario collegamen-to alla parte successiva.

SASSOFERRATO – Fraz. LICETO – CHIESA DI S. SAVINO MACROELEMENTO FACCIATA

DESCRIZIONE E MISURA DEGLI SPOSTAMENTIRICONDUCIBILI AL DISSESTO (MODIFICAZIONIGEOMETRICHE)

PRINCIPALI FORME DI VULNERABILITA’

VULNERABILITA’ TIPICHE CON MECCANISMO ATTIVATO:T1 Meccanismo di spostamento fuori piano, per flessione, dellaparte sommitale della facciata (timpano) e relativo crollo della partepiù esterna, favorito da spinte localizzate delle travi della copertura.Profili di crollo con andamento simmetrico e obliquoT2 Meccanismo di ribaltamento fuori piano della parte centraledella facciata che coinvolge il muro di spina dove si forma unalesione inclinata. Tale conformazione del danno è dovuta al buoncollegamento nel nodo murarioT3 Presenza della vela svettante:

t1 Lesione alla base dei piedrittis1 Copertura pesante e a sbalzo su uno dei tre latis2 Piedritti snelli

VULNERABILITA’ SPECIFICHE:S1 Discontinuità da trasformazione: la parte superiore, in mattoni(h= 60 cm ) è stata realizzata successivamente alla parte sottostan-te, in muratura mista,durante la fase di rifacimento del tettoS2 Discontinuità verticale da trasformazione: (la probabile presen -za di ammorsamento è da verificare con saggio sull’intonacocoprente) S3 Presenza di fascia verticale di malta di cemento, probabile trac-cia di una riparazione della canna fumariaS4 Comportamento monolitico a lastra del tetto. All’interno sonopresenti lesioni lungo l’innesto della copertura e in alcuni punti,dove il tetto è solidale con il cordolo murario, la lesione si manife-sta più in basso nel punto di interfaccia tra cordolo e muratura sot-tostanteS5 Presenza di fori allineati verticalmente in facciataS6 Cedimento fondale dell’angolata

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ANNO XXXI • N. E d. S. 15 BOLLETTINO UFFICIALE DELLA REGIONE MARCHE 29 SETTEMBRE 2000

PARTE PRIMA

SASSOFERRATO – Fraz. LICETO – CHIESA DI S. SAVINO MACROELEMENTO ARCO TRIONFALE

Assonometria

DESCRIZIONE DEGLI EFFETTI DEL DISSESTOSULLA MATERIA DELLA COSTRUZIONE(DANNI FISICI)

RILIEVO METRICO, ARCHITETTONICO-COSTRUTTIVO E DEL DEGRADO

Pianta

Sezione

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29 SETTEMBRE 2000 BOLLETTINO UFFICIALE DELLA REGIONE MARCHE ANNO XXXI • N. Ed. S. 15

PARTE PRIMA

La localizzazione delle lesioni e di punti di cerniera, interpretatirispetto alla deformazione della ghiera dell’arco, consentono diverificare l’abbassamento in chiave rispetto alla geometria origina-le. I piedritti non sembrano interessati da deformazioni e i punti diimposta dell’arco non hanno subito spostamenti. Il piedritto lateralesinistro accusa un lieve fenomeno di rottura dovuto alla forte spintae al peso della copertura. L’effetto che ne deriva è visibile nel pie-dritto al di sotto della quota dell’imposta dove sono presenti duelesioni parallele e oblique indicate in tratteggio. La maggiore defor-mazione è localizzata a sinistra (vedi grafico) in coincidenza con unacerniera mentre uno spostamento più contenuto ma più estesoriguarda la parte destra con cerniera poco più in alto dell’imposta. Altre valutazioni derivano dalla lettura della morfologia del dannocombinata alla lettura stratigrafica delle murature come emerge dalconfronto tra i diversi rilievi. Un esempio è costituito dall’osserva-zione della presenza, nella sezione muraria, di due discontinuitàorizzontali che si protraggono lungo la parete dell’arco (vedi paretesezionata di sinistra nel grafico relativo al quadro fessur ativo). Unadi esse coincide con l’interfaccia tra cordolo murario e muratura sot-tostante, evidenziando un punto di debolezza preesistente aggravatodal sisma. Una situazione simile si può riscontrare nel piedritto disinistra dove due lesioni verticali, localizzate nel nodo di collega-mento del setto con la parete laterale, sono spia di un non efficacecollegamento tra le parti, realizzato in fasi costruttive diverse.

SASSOFERRATO – Fraz. LICETO – CHIESA DI S. SAVINO MACROELEMENTO ARCO TRIONFALE

DESCRIZIONE E MISURA DEGLI SPOSTAMENTIRICONDUCIBILI AL DISSESTO (MODIFICAZIONIGEOMETRICHE)

PRINCIPALI FORME DI VULNERABILITA’

VULNERABILITA’TIPICHE CON MECCANISMO ATTIVATO:T1 Meccanismo di abbassamento in chiave dell’arco e formazione didue cerniere alle reni e due lesioni all’imposta (quella di dx più alta).Presenza di lievi segni di inizio della rottura a taglio delle spalle

VULNERABILITA’ SPECIFICHE:S1 Comportamento monolitico a lastra del tetto, con lesionamentodella muratura di appoggio lungo la direzione delle falde in corri-spondenza dell’interfaccia tra la banchina in muratura e la sotto-stante muratura originaria. L’effetto del danno è combinato a quel-lo prodotto dalle spinte localizzate delle travi della copertura.S2 Discontinuità da trasformazione in nodo murario con la paretelaterale

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ANNO XXXI • N. E d. S. 15 BOLLETTINO UFFICIALE DELLA REGIONE MARCHE 29 SETTEMBRE 2000

PARTE PRIMA

SASSOFERRATO – Fraz. LICETO – CHIESA DI S. SAVINO MACROELEMENTO PARETE LATERALE DX

DESCRIZIONE E MISURA DEGLI SPOSTAMENTI RICONDUCIBILI AL DISSESTO (MODIFICAZIONIGEOMETRICHE)

I valori di spostamento aumentano progressivamente avvicinandosial contraf forte e si riducono verso l’angolata di destra che risultaperfettamente a piombo. Tale andamento è riscontrabile, per simme-tria, nel lato opposto del contrafforte dove ci sono valori di sposta-mento più contenuti che tendono ad appiattirsi in corrispondenzadel coronamento. Quindi risulta chiaro che tale modificazione dellageometria originaria è imputabile ad una grossa deformazione dellamuratura, in parte stabilizzata, forse dovuta ad un crollo. Se taleipotesi fosse vera, il crollo potrebbe essere avvenuto do ve la spintadella copertura era considerevole e la relativa parete che si contrap-poneva era indebolita dalla presenza della vecchia apertura. La rea-lizzazione del tamponamento della apertura,la forse contestuale rea-lizzazione del contrafforte e la realizzazione della banchina murarianella fase di rifacimento della copertura, si contrappongono alladeformazione correggendone in parte l’andamento, ma lasciandoalla struttura una vulnerabilità data dalla disomogeneità tra gli ele-menti. L’unico tirante a contrapporsi allo spostamento fuori pianodella parete, situato nell’angolata destra, sembra essere in buonostato e il relativo capochiave non è eccessivamente sollecitato.

Foto della parete laterale dx - 26/6/98

Assonometria

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PARTE PRIMA

SASSOFERRATO – Fraz. LICETO – CHIESA DI S. SAVINO MACROELEMENTO PARETE LATERALE DX

VULNERABILITA’TIPICHE CON MECCANISMO ATTIVATO:T1 Meccanismo di spostamento fuori piano della parte alta dellaparete, libera in sommità e vincolata su tre lati con formazione dilesione orizzontale (all’interno in corrispondenza al punto di appog-gio del cordolo murario) e obliqua verso il lato dx in corrisponden-za dell’innesto con l’arco trionfale .T2 Meccanismo di spostamento fuori piano del pannello murario,lato del presbiterio, con formazione di cerniera alla base del latointerno (ipotesi da verificare in relazione alla presenza di rotazionealla fondazione)

VULNERABILITA’ SPECIFICHE:S1 Discontinuità da trasformazione: la parte superiore, in mattoni(h= 60 cm ) è stata realizzata successivamente alla parte sottostante,in muratura mista,durante la fase di rifacimento del tettoS2 Discontinuità da trasformazione: il tamponamento della grandeporta è privo di ammorsamento. I dissesti si sono manifestati lungoi bordi dell’addossamento accentuandone la separazioneS3 Discontinuità verticale da trasformazione: la parte terminale delpresbiterio è stata realizzata successivamente alla chiesa (da verifi-care con saggio stratigrafico)S4 Cedimento fondale delle due angolate. Modificazione del cedi-mento innescata con la realizzazione del contrafforte (vanno verifi-cati gli effetti)S5 All’esterno, nella parte centrale del fronte, imbozzamento allaquota al di sotto del cordolo murario precedente al sisma e parzial-mente contenuto dall’azione del contrafforte S6 L’azione di contrapposizione locale del contrafforte crea contra-sti con le zone laterali. In particolare il contrafforte non copre ester-namente la parte di muratura in corrispondenza del nodo con la pare-te dell’arco trionfale e tale disallineamento crea sollecitazioni alsetto compreso tra le due parti

PRINCIPALI FORME DI VULNERABILITA’

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ANNO XXXI • N. Ed. S. 15 BOLLETTINO UFFICIALE DELLA REGIONE MARCHE 29 SETTEMBRE 2000

PARTE PRIMA

SASSOFERRATO – Fraz. LICETO – CHIESA DI S. SAVINO MACROELEMENTO PARETE POSTERIORE lato dx

DESCRIZIONE DEGLI EFFETTI DEL DISSESTO SULLA MATERIA DELLA COSTRUZIONE (DANNI FISICI)

Dalle elaborazioni in tre dimensioni del rilievo del quadro fessurati-vo si sono potuti confrontare gli andamenti delle lesioni registratisulle due opposte superfici della parete, r elazionando le caratteristi-che geometriche e qualitative delle lesioni e verificandone gli alli-neamenti reciproci e le continuità con le pareti ortogonali. La lesio-ne indicata con ampiezza 2 risulta essere la discontinuità più marca-ta di questo macroelemento e in parte passante in quanto presentauno sviluppo analogo alla corrispondente lesione all’interno.Dall’interno si sono rilevati spostamenti dei relativi cigli crescenticon l’aumentare dell’altezza e con direzioni riconducibili, tenden-zialmente ad un unico asse di rotazione. In questo caso il meccani-smo di ribaltamento della parete laterale ha formato nella pareteposteriore una configurazione di danno tipica. Gli effetti sono dovu-ti all’estendersi del dissesto prodotto dal ribaltamento della paretelaterale dx in cui si trovano i relativi riscontri nella lesione a quotapavimento e nei fuori piombo. Le lesioni nella parte bassa indicate con ampiezza 0.5 hanno unandamento opposto alla precedente lesione e si manifestano soloall’esterno. Tali prerogative comprovano la presenza di rotazioni ocedimenti della fondazione probabilmente ancora attivi poiché isegni compaiono su di un intonaco di cemento di recente realizza-zione.

Pianta

Sezione

Assonometria

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PARTE PRIMA

SASSOFERRATO – Fraz. LICETO – CHIESA DI S. SAVINO MACROELEMENTO PARETE POSTERIORE lato dx

VULNERABILITA’TIPICHE CON MECCANISMO ATTIVATO:T1 Il meccanismo di ribaltamento con rotazione intorno ad un asseorizzontale della parete laterale dx genera nel macroelemento unalesione esterna con andamento prevalente verticale/obliquo e unalesione obliqua all’interno. T2 Lesioni oblique partono dal limite superiore e terminano ai latidelle aperture ellittiche in parte dovute all’effetto delle spinte loca-lizzate delle travi del tetto

VULNERABILITA’ SPECIFICHE:S1 Discontinuità da trasformazione: il macroelemento è parte del-l’ampliamento realizzato successivamente alla chiesaS2 Cedimento fondale dell’angolata

PRINCIPALI FORME DI VULNERABILITA’

Foto della parete internaposteriore del presbiterio27/6/98

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PARTE PRIMA

VULNERABILITA’ TIPICHE CON MECCANI-SMO ATTIVATO:

MACROELEMENTO A - FACCIATAT1 Meccanismo di spostamento fuori piano, per flessione,della parte sommitale della facciata (timpano) e relativo crol-lo della parte più esterna T2 Meccanismo di ribaltamento fuori piano della parte cen-trale della facciata T3 Presenza della vela svettante

MACROELEMENTO B – PARETE LATERALE DXT1 Meccanismo di spostamento fuori piano della parte altadella parete, libera in sommità e vincolata su tre lati T2 Meccanismo di spostamento fuori piano del pannellomurario, lato del presbiterio, con formazione di cerniera allabase

MACROELEMENTO C – ARCO TRIONFALET1 Meccanismo di abbassamento in ch i ave dell’arco e fo rm a-zione di due cern i e re alle reni e due lesioni all’imposta (quel-la di destra più alta). Presenza di lievi segni di inizio della ro t-t u ra a taglio delle spalle

MACROELEMENTO D – PARETE DI SPINAT1 Effetti del meccanismo di ribaltamento fuori piano dellaparte centrale della facciata in relazione al buon collegamen-to realizzato nel nodo murario

MACROELEMENTO E – PARETE LATERALE SXT1 Spostamento fuori piano della parte alta e centrale dellaparete, discretizzata in blocchi e parzialmente crollata assie-me alla relativa copertura

MACROELEMENTO F – PARETE POSTERIORE latoSXT1 Spinte della copertura e rotture in corrispondenza deimuri di spina interni

MACROELEMENTO G – PARETE POSTERIORE latoDXT1 Meccanismo di ribaltamento con rotazione intorno ad unasse orizzontale della parete laterale destraT2 Spinte localizzate delle travi del tetto

VULNERABILITA’ SPECIFICHE:

MACROELEMENTO A - FACCIATAS1 Discontinuità orizzontale da trasformazione: fase di rifa-cimento del tettoS2 Discontinuità verticale da trasformazioneS3 Presenza di canna fumariaS4 Comportamento monolitico a lastra del tetto S5 Presenza di fori allineati verticalmente in facciataS6 Cedimento fondale dell’angolata

MACROELEMENTO B – PARETE LATERALE DXS1 Discontinuità da trasformazione: fase di rifacimento deltetto

S2 Discontinuità da trasformazione: il tamponamento dellagrande porta è privo di ammorsamento S3 Discontinuità ver-ticale da trasformazione: la parte terminale del presbiterio èstata realizzata successivamente alla chiesa (ipotesi da verifi-care con saggio stratigrafico)S4 Cedimento fondale delle due angolate. Modifica del cedi-mento innescata con la realizzazione del contrafforte (vannoverificati gli effetti) S5 All’esterno, nella parte centrale del fronte, imbozzamen-to alla quota al di sotto del cordolo murario, precedente alsisma e parzialmente contenuto dall’azione del contrafforte S6 L’azione di contrapposizione locale del contrafforte creacontrasti con le zone laterali

MACROELEMENTO C – ARCO TRIONFALES1 Comportamento monolitico a lastra del tetto, con lesiona-mento della muratura di appoggio lungo la direzione dellefalde, in corrispondenza dell’interfaccia tra la banchina inmuratura e la sottostante muratura originaria. L’effetto deldanno è combinato a quello prodotto dalle spinte localizzatedelle travi in seguito all’effetto spingente a “lastra” dellacoperturaS2 Discontinuità da trasformazione nei nodi murari con lepareti laterali

MACROELEMENTO D – PARETE DI SPINAS1 Discontinuità da trasformazione: grande apertura tampo-nata priva di adeguato ammorsamento e con parte soprastan-te discretizzata S2 Discontinuità da trasformazione in nodo murario creatanella fase di ampliamentoS3 Effetti residui del cedimento fondale della facciata (Cfr.AS6)

MACROELEMENTO E – PARETE LATERALE SXS1 Discontinuità verticali da trasformazione S2 Cedimenti della fondazione S3 Insufficienza strutturale da degrado: perdita di adesione ecoesione tra gli elementi della muratura, crollo nella partesommitale della muratura

MACROELEMENTO F – PARETE POSTERIORE latoSXS1 Cedimenti della fondazione S2 Insufficienza strutturale da degradoS4 Discontinuità verticale da trasformazione

MACROELEMENTO G – PARETE POSTERIORE latoDXS1 Discontinuità da trasformazione: il macroelemento èparte dell’ampliamento realizzato successivamente alla chie-sa (ipotesi da verificare con saggio stratigrafico)S2 Cedimento fondale dell’angolataTETTO – HS1 Insufficienza strutturale da degrado: marcata flessionedelle travi della copertura con affossamento del manto dicopertura

SASSOFERRATO – Fraz. LICETO – CHIESA DI S. SAVINO

PRINCIPALI FORME DI VULNERABILITA’

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PARTE PRIMA

Schema della scomposizione della fabbrica in macroelementi con localizzazione delle vulnerabilità

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PARTE PRIMA

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ELENCO GENERALE DEGLI OBBIETTIVI DI PROGETTO DELLA LISTA DI CONTROLLO

RIPARAZIONE1 Ristabilimento della continuità tra parti di muratura sepa-rate o prive di adeguato ammorsamento a causa di trasfor-mazioni costruttiveRif. Vuln. tipiche e specifiche: GS1-FS4-ES1-DS2-BS2-BS3-AS2- DS12 Ricostruzione di continuità muraria della parte soprastan-te alla grande apertura tamponataRif. Vuln. tipiche e specifiche: DS13 Ripristino dell’adesione e coesione tra gli elementi checostituiscono la muraturaRif. Vuln. tipiche e specifiche: ES3-FS2-AT14 Verifica della funzione del contrafforte in muratura e ripa-razione delle lesioni create da contrasti con parti lateraliRif. Vuln. tipiche e specifiche: BS65 Risarcimento delle lesioni e degli effetti del dannoRif. Vuln. tipiche e specifiche: DT1-GT1-FT1-AT1-GT2

CONSOLIDAMENTO STATICO6 Rinfianco esterno della fondazione per contenere i cedi-menti Rif. Vuln. tipiche e specifiche: AS6 – BS4-DS3 –ES2-FS1-GS27 Consolidamento della muratura decoesaRif. Vuln. tipiche e specifiche: ES3-FS28 Consolidamento dei solai della canonica 9 Consolidamento del tetto e sostituzione delle travi amma-lorateRif. Vuln. tipiche e specifiche: HS1

MANUTENZIONE10 Revisione sistematica del sistema di copertura con sosti-tuzioni di impalcati, media e minuta orditura, rimozione ericollocazione manti. Verifica efficienza di grondaie e plu-viali ed eventuali integrazioni Rif. Vuln. tipiche e specifiche: HS111 Costruzione di un sistema di smaltimento acque meteo -

riche attraverso pozzetti di raccolta a terra12 Rimozione intonaco di cemento, risanamento ed even-

tuale desalinizzazione delle superfici di muratura sco-perte. Risarcitura dei giunti di malta degradati

13 Tinteggiatura e ripresa di intonaci

RICOSTRUZIONE14 Reintegrazione della parte esterna del timpano crollataRif. Vuln. tipiche e specifiche: AT115 Reintegrazione della parte crollataRif. Vuln. tipiche e specifiche: ET1-ES3

Verifica eventuale presenza e natura della caldana.(/a=indica gli interventi possibili in assenza di caldana. Nel

caso contrario questi interventi sono limitati al rinforzo dellesole parti raggiungibili senza la rimozione della caldana)

MIGLIORAMENTO SISMICO16/a Contrasto dei meccanismi di spostamento fuori pianomediante verifica dei tiranti trasversali esistenti, realizzazio-ne del cordolo con funzione di tirante, collegato al tavolatoincrociato di irrigidimentoRif.Vuln. tipiche e specifiche: AT1- AT2 –DT1-ET1-FT117 Solidarizzazione delle teste delle travi alla muratura percontenere lo sfilamento. Collegamento tra teste delle travicontrapposte e sostenute dallo stesso muroRif.Vuln. tipiche e specifiche: GT2-AT1-CS1-AT2-FT118 Solidarizzazione della vela svettante alla muratura sotto-stanteRif.Vuln. tipiche e specifiche: AT319/a Contenimento del comportamento monolitico a lastradel tetto attraverso il miglioramento della connessione tratetto, muratura e l’eventuale interposta banchina in muratura.Realizzazione di cordolo ben ancorato alle parti sottostanti ecollegato al tavolato incrociato di ir rigidimento Rif.Vuln. tipiche e specifiche: AS4-CS1-BS1-AS1-BS720/a Contrasto del meccanismo di spostamento fuori pianodel pannello murario e miglioramento della connessione trale murature e il tetto mediante inserimento di tirante trasver-sale nell’arco trionfale, realizzazione del cordolo tirante col-legato al tavolato incrociato di irrigidimento e verifica deltirante trasversale esistenteRif.Vuln. tipiche e specifiche: BT121/a Contrasto del meccanismo di spostamento fuori pianodel pannello murario e miglioramento della connessione trale murature e il tetto mediante inserimento di tirante trasver-sale e realizzazione del cordolo collegato al tavolato incro-ciato di irrigidimentoRif.Vuln. tipiche e specifiche: BT2 - GT122 Contrasto del meccanismo di abbassamento in chiavedell’arco con l’inserimento di tirante. Connessione dei pie-dritti alle pareti perimetrali mediante tirantini Rif.Vuln. tipiche e specifiche: CT1 – CS223 Predisposizione, nel perimetro delle aperture, di elemen-ti di tenuta per attenuare l’indebolimento della parete dovutoalla presenza di fori allineati verticalmenteRif.Vuln. tipiche e specifiche: AS524 Inserimento di elementi puntuali di tenuta orizzontale,nella sezione muraria a contenimento della progressionedelle deformazioni e dei relativi imbozzamenti presenti sottoal cordolo murarioRif.Vuln. tipiche e specifiche: BS5

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PARTE PRIMA

Assonometria complessiva della fabbricacon localizzazione degli interventi principali

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ANNO XXXI • N. Ed. S. 15 BOLLETTINO UFFICIALE DELLA REGIONE MARCHE 29 SETTEMBRE 2000

PARTE PRIMA

SASSOFERRATO – Fraz. LICETO – CHIESA DI S. SAVINO

Assonometria e particolare costruttivodel macroelemento facciata

PROGETTO

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29 SETTEMBRE 2000 BOLLETTINO UFFICIALE DELLA REGIONE MARCHE ANNO XXXI • N. Ed. S. 15

PARTE PRIMA

SASSOFERRATO – Fraz. LICETO – CHIESA DI S. SAVINO

PROGETTO

Sezione e prospetto interno del macroelemento arco trionfale

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ANNO XXXI • N. Ed. S. 15 BOLLETTINO UFFICIALE DELLA REGIONE MARCHE 29 SETTEMBRE 2000

PARTE PRIMA

10.5. CASA CASTELLANI A S. IPPOLITO (PS)Giovanna Minardi

10.5.1. Descrizione dei caratteri del manufattoL’edificio padronale, legato alla presenza di possedi-menti fondiari, presenta riferimenti aulici espressi conmateriali e tecniche locali. Nell’insieme il complessofonde, riunificandoli, tratti della cultura borghese citta-dina del XIX secolo ad aspetti dell’abitazione rurale.Componenti strutturaliStrutture verticaliPietra arenaria, laterizio, pietra rosa del Furlo sono imateriali utilizzati per la costruzione delle murature. Sitratta di materiali reperibili nelle vicinanze, a ribadire,come altrove, il forte legame tra architettura e materia-le localmente disponibile.La muratura presenta una tessitura a corsi orizzontalicon disposizione non sempre regolare, legata con maltadi calce che ha in parte perduto le caratteristiche diadesione-coesione tra i giunti murari.L’analisi stratigrafica permette di individuare due prin-cipali fasi costruttive, caratterizzate dall’utilizzo dimateriali diversi: muratura mista, con prevalenza dimattoni, nella prima fase, già documentata nel XVIIIsecolo; arenaria nella seconda fase di ampliamento,documentata come già realizzata al 1875.

Strutture orizzontaliSolaiI solai, in legno, sono diversamente orditi nei variambienti, secondo le seguenti tipologie costruttive:- orditura doppia, con travi principali, travettisecondari, piano di mattoni; -travi principali, tavolato in legno, pavimento a matto-ni;- soffitto in “camorcanna” decorato a tempera. La pavimentazione è costituita da mattoni, disposti acorsi orizzontali o a spina di pesce.

VolteAl piano terra, la volta “a ombrello” strutturale è costi-tuita da mattoni in foglio, su cui poggia il solaio, e pre-senta scarsi ammorsamenti alla muratura verticale. Hasubito alcuni crolli parziali ed è complessivamentepericolante.Nella chiesetta annessa alla casa padronale la volta ècostituita da stuoia di canne intonacata collegata allastruttura portante di copertura, formata da travi princi-pali, travetti in legno e mattoni su cui poggia il mantoin coppi; in pessime condizioni di conservazione, pre-senta crolli di parti.CoperturaIl tetto è formato a quattro spioventi con orditura inlegno, costituita da puntoni, travi principali e travetti

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PARTE PRIMA

secondari; si trova in condizioni al limite del crollocomplessivo, essendo già crollata la trave di colmo ealtre orditure principali e secondarie .

10.5.2. Descrizione dello stato di degrado e dellecarenze manutentiveL’edificio versa in uno stato di grave degrado, in largaparte dovuto a forti carenze manutentive, che hannoesposto l’edificio ad attacchi di vario tipo. Le murature presentano diffusi fenomeni di degradoproprio dei singoli componenti lapidei o laterizi , quali“polverizzazioni, erosioni, esfoliazioni, scagliature”( vedi Lessico contenuto nelle ra c c o m a n d a z i o n iNormal 1/88), fino a giungere a significative perdite disezione; processi causati, oltre che dagli agenti atmo-sferici e dalla gelività, dallo sviluppo di microorgani-smi. I giunti murari risultano fortemente decoesi ederosi, a causa di azioni combinate di tipo chimico, fisi-co e biologico, oltre che per la composizione propriadella malta, con scarsa presenza di legante.Gli intonaci che coprono le pareti degli ambienti inter-ni, a base di malta di calce, presentano in più puntifenomeni di distacco. Le pitture murali a tempera, ese-guite su base di intonaco e gesso, risultano fortementedegradate, con fenomeni di distacco, lacune e altera-zioni cromatiche. Le strutture orizzontali versano instato di degrado, con attacco di funghi, insetti e feno-meni di marcescenza. Il crollo della trave di colmodella copertura e di alcune travi causa l’ingresso diacqua meteorica all’interno dell’edificio, aggravando idanni.

10.5.3. Descrizione del dissesto statico-sismico conlivello di dannoVulnerabilità tipiche e specificheDescrizione dei meccanismiIl danno presente è in gran parte dovuto a dissesti strut-turali pregressi, di origine statica e sismica. Tali disse-sti riguardano le fondazioni, la struttura muraria, lestrutture orizzontali (solai, volte e copertura).Lesioni profonde nei macroelementi testimoniano lapresenza di dissesti di fondazione per traslazione verti-cale e orizzontale, riconducibili, rispettivamente, acedimenti e contrazioni verticali del terreno e a contra-zioni e dilatazioni alternate del terreno argilloso. Illivello più alto di danno alle fondazioni è rilevabile incorrispondenza del nucleo più antico (parete lateralenord).Le strutture orizzontali presentano inflessioni delletravi principali e cedimento degli appoggi; l’impalcatonon rigido e la mancanza di connessione efficace trastrutture verticali e orizzontali, facilitano gli spancia-menti e i fuoripiombo, rilevabili sulle pareti esterne. Illivello maggiore di danno raggiunto, nel nucleo piùantico, è pari a 4.5, con “evidenza macroscopica di dis-sesti e di meccanismi prossimi alla fase di ultimo spo-stamento, con parti al limite del crollo, a seguito di dis-sesti di forte entità, con crolli”.Il corpo della chiesa versa in pessimo stato, con crollied espulsioni di materiali, raggiungendo un livello didanno pari a 4.5.

In generale, nell’edificio le lesioni tendono a disporsiin ampi fasci, con fenomeni di deformazione associatia decoesioni diffuse, come solitamente accade in casodi murature formate da pietrame di pezzatura variabi-le, legate con malte povere. In questi casi l’interpreta-zione del danno attraverso i meccanismi appare piùdifficoltosa, per la disgregazione diffusa che ne deriva.Tra le vulnerabilità specifiche si individuano:- mancanza di connessioni efficaci tra strutture oriz-zontali e verticali, in grado di trattenere le parti (impal-cato non rigido); - modalità costruttive iniziali, con materiali poveri; - trasformazioni successive (riprese costruttive conammorsamenti in rottura, tamponamenti di apertu-re,...); - degrado proprio dei materiali e degli elementi costi-tutivi.I dissesti strutturali diffusi nell’edificio potrebberoportare, in assenza di opportuni interventi atti ad arre-stare e contrastare i processi in atto, ad un progressivopeggioramento dello stato di danno del manufatto, consuccessiva, probabile perdita dello stesso. In particola-re, i meccanismi probabili o possibili in caso di sisma,che riguardano i macroelementi “pareti portanti” e“pareti di spina”, sono: “rotazione fuori piano dellepareti con distacco dalle pareti ortogonali”; “spintel o c a l i z z ate del tetto e delle stru t t u re ori z zo n t a l i ” ,“deformazioni nel piano” (lesionamento per taglio).

10.5.4. Descrizione del danno presente1. Lesioni a lembi complanari inclinate dalla parte delcedimento, tendenti alla verticalità verso il profilosuperiore.2. Lesioni inclinate a lembi complanari, manifestanolocali espulsioni di intonaco; interessano il pannellomurario e proseguono nel soffitto in “camorcanna”.3. Lesione profonda nella muratura; si innesca in cor-rispondenza del pavimento e interessa l’altezza delpannello murario; presenta lembi sullo stesso piano mavisibilmente distaccati, con tendenza all’espulsione eal crollo dell’angolata della chiesa.4. Lesioni diffuse, a lembi complanari, in prossimitàdelle teste delle travi lignee, dovute all’azione di mar-tellamento dei solai e del tetto.5. Crollo di solaio per il cedimento di trave in legno.6. Dissesto della volta in “cannucciato” con crollo par-ziale di intonaco, travi, pianelle in cotto.7. Dissesto della volta a crociera in foglio, con crollodi parte della stessa: mattoni, travetti e materiale diriempimento.8. Crollo di parte della copertura per il cedimento dellatrave di colmo.9. Decoesione totale della muratura interessata daespulsioni locali di materiale e distacco del paramentoesterno dal sacco murario.10. Lesione ad andamento obliquo, presenta lembi supiani diversi, denunciando una traslazione di parte delblocco murario, dovuta alla spinta delle travi di coper-tura.11. Lesione pro fonda ad andamento obl i q u o , c o nlembi complanari ma visibilmente staccati, denuncia

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una rottura prevalente nel piano del pannello murario,ma con tendenza alla traslazione verso l’esterno diparte del pannello stesso.12. Lesioni in corrispondenza dei travetti di coperturadella chiesa; i lembi delle lesioni, su piani diversi,fanno intuire il movimento fuori piano, dovuto allaspinta localizzata del tetto.

10.5.5. Ipotesi interpretativa del danno osservabileMeccanismi attivatia1. Probabile cedimento della fondazione per trasla-zione verticale. Le fessurazioni prediligono le zone diminore resistenza, come le aperture e sono inclinatedalla parte del cedimento.a2. Probabile cedimento della fondazione per trasla-zione orizzontale; l’inclinazione della lesione volgedalla parte del cedimento.a3. Probabile meccanismo di rotazione secondariacome conseguenza della traslazione; esso determina ilmoto di una parte della struttura, diretto dalla parte del-l’osservatore.a 4. Dissesto della volta, causato da una spinta eccessi-va della stessa contro i muri di fabbrica, unita ad unprobabile dissesto delle fondazioni.a 5. Dissesto delle strutture orizzontali in legno (solai

e copertura) per la marcata inflessione dell’ordituraportante e il cedimento degli appoggi.

10.5.6. Meccanismi probabili o possibilib1. Dissesto dei solai in legno e della copertura perinflessione delle travi e cedimento degli appoggi.b2. Rotazione fuori piano delle pareti con distaccodalle pareti ortogonali.b3. Spinte localizzate del tetto e delle strutture oriz-zontali (solai e volte) per la presenza di impalcato nonrigido.b4. Deformazioni angolari nel piano (lesionamento pertaglio) determinate dall’azione nel piano delle pareti.

10.5.7. Forme di vulnerabilità specificac1. Connessione tra elementi del tetto e muratura e trastrutture orizzontali e muratura: la struttura in legnodel tetto e dei solai é priva di connessioni efficaci, ingrado di trattenere le parti; impalcato deformabile .c2. Modalità costruttive iniziali: muratura mista in pie-tra arenaria e laterizio secondo la tradizione costruttivalocale.c3. Processi di trasformazione edilizia: sono presentidue nuclei costruiti in epoche differenti ( XVIII seco-lo, il più antico, metà del XIX il secondo)

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c4. Dissesti pregressi: numerosi i dissesti pregressi: infondazione, in copertura, nei solai e nella volta, nellemurature.c5. Degrado proprio dei materiali e degli elementicostitutivi: la mancata manutenzione è causa del fortedegrado dei materiali di cui è costituito il manufatto:pietra, laterizio, legno, che contribuisce all’indeboli-mento della struttura; il comportamento delle strutturelignee è influenzato dallo stato di conservazione.c6. Interventi di restauro eseguiti: negli anni ‘70 è statorifatto il solaio di un ambiente al piano primo, con traviin legno e tavelle in laterizio.

10.5.8. Criteri di progettoGli obiettivi principali del progetto di restauro consi-stono nell'arresto dei processi di degrado e dissesto inatto, nel conferire una maggiore resistenza statica esismica all'edificio al fine di consentirne l'uso, operan-do per quanto possibile nel rispetto delle strutture efiniture esistenti, con interventi ad invasività controlla-

ta in rapporto alla patologia da risolvere. Si tende aridurre le sostituzioni delle parti strutturali, puntandoper quanto possibile al consolidamento e/o all'affianca-mento con strutture collaboranti, mirando alla conser-vazione materiale e alla valorizzazione dei caratteripresenti.Tali obiettivi vengono realizzati mediante un insiemedi opere, ciascuna delle quali rivolta ad una precisafinalità e tematicità, pur essendo tra loro connesse ecomplementari.Si individuano così le seguenti categorie di intervento:- Riparazione (es. ricostituzione di continuità murariain corrispondenza di lesioni, risarcimento di crolli par-ziali, ecc.);- Consolidamento statico (es. interventi di allargamen-to fondale in presenza di dissesti accertati, aumentodelle carat t e ri s t i che meccaniche delle mu rat u re amezzo di iniezioni con calci idrauliche, aumento dicapacità portante di solai e volte);- Manutenzione (es. risarcitura dei giunti perduti,

Foto: degrado della pietra arenaria, con significative perditedi sezione.

Foto: distacco e crollo parziale del paramento in mattoni epietra dal nucleo interno. Si osserva all'interno della mura-tura un elemento ligneo in parte degradato, probabilmentecon funzioni iniziali di cordolo-tirante.

Foto: degrado della pietra arenaria, con significative perditedi sezione.

Foto: distacchi del paramento dal nucleo. Si osserva la testaesterna di un elemento ligneo principale, priva di elementimetallici di ritegno.

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manutenzione manti di copertura, infissi, sistemi diprotezione e allontanamento delle acque , ecc.);- Miglioramento antisismico (es. apposizione dei tiran-ti ai vari piani, cordolo-tirante terminale, connessionitra elementi lignei di solai e tetto con le murature, par-ziale irrigidimento di impalcati e falde con sovrappo-sizione di nuovi impalcati collaboranti, ecc.);- Arresto del degrado. Interventi conservativi sulleparti e sui materiali (es. trattamenti consolidanti e idro-repellenti su arenarie e cotto, con silicato di etile esilossani, ecc.);- Restauro e finitura di superfici (es. fissatura e restau-ro di decorazioni a tempera interne agli ambienti,risarcitura di superfici esterne con malta di calce araso, ecc.)- Dotazioni per l'uso e la fruizione (es. realizzazione diservizi igienici nelle zone a minor impatto, dotazioniimpiantistiche con tracciati affiancati ai consolidamen-ti, ecc.).

Gli interventi saranno mirati e differenziati, in rappor-to allo stato di ogni macroelemento e delle sue parti. Gli interventi sono localizzati nel progetto apponendola sigla della voce di elenco prezzi corrispondente, suigrafici di insieme e sui particolari costruttivi (vediesemplificazione alle pagine successive).

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Il consolidamento delle volte in foglio si presenta par-ticolarmente delicato e complesso.Le operazioni necessarie, da precisare inevitabilmentein corso d'opera, quando potranno essere valutate lecondizioni di sicurezza per gli operatori e sarà possibi-le una completa ispezione all'estradosso, possono esse-re così indicate:-puntellazione intradossale, con formazione di centinesu appoggi, apposizione di manti a protezione delledecorazioni e iniezione tra centina e manto di poliure-tano espanso allo scopo di creare un supporto diffusoe adattato;-rimozione degli strati di pavimento (con eventualerecupero per la successiva ricollocazione) e asporto deiriempimenti incoerenti, con pulitura dell'estradossodella volta;-risarcitura e ricostruzione in modo analogo, con mat-toni in foglio, delle parti crollate o ir recuperabili;-consolidamento estradossale realizzato con uno o piùsistemi in combinazione: rasatura con malta di calce emalta idraulica armata con rete di plastica; consolida-menti a fasce di materiali fibrorinforzati (fibre di car-bonio, fibre di vetro) legati con resina epossidica; fre-nelli in muratura di rinfianco; riparazione di lesionicon sigillature di materiali idonei.

La decisione di appoggiare direttamente l'impalcato inlegno e pianelle soprastante sui frenelli della volta,oppure di realizzare una autonoma struttura di solaioin legno o mista, va assunta in rapporto alle sezionidisponibili, ai carichi richiesti, alle condizioni dellavolta consolidata.

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Si indicano di seguito alcuni testi utili a sviluppare edapprofondire gli argomenti trattati nei diversi capitoli.

Come testo generale di riferimento sugli aspetti teo-ri c o - ap p l i c at ivi del re s t a u ro arch i t e t t o n i c o , s isegnala:

Trattato di Restauro Architettonico, diretto da G. CAR-BONARA, vol. I,II,III, IV, ed. UTET, Torino,1996

Testi che illustrano posizioni teorico-operative delrestauro:

BELLINI, A., (a cura di), Tecniche della conservazio-ne, Milano, 1986,

TO R S E L L O, B. P. , La mat e ria del re s t a u ro , e dMarsilio, Venezia, 1988.

MARCONI, P., Il restauro e l’architetto, ed. Marsilio,Venezia, 1993.

Altri testi di carattere teorico-pratico sul restauroarchitettonico e sul consolidamento

F. GIOVANNETTI, (a cura di), Manuale del recuperodel Comune di Città di Castello, Roma, 1992.

S. MASTRODICASA, Dissesti statici delle strutturee d i l i z i e. Diagnosi e consolidamento, e d.Hoepli, Milano.

Testi con specifico riferimento alla protezione sismi-ca del patrimonio monumentale

BA L L A R D I N I , R . , C A P P E L L A RO, M . R . , M AT-TIUSSI, D., Il restauro architettonico nellaricostruzione del Friuli, Udine, 1990.

G. SIROVICH, (a cura di), La protezione del patrimo-nio culturale- La questione sismica- Istituzionie ricerca universitaria”, atti del I Seminario distudi, Roma, 1988.

GIUFFRE’,A., Letture sulla meccanica delle muraturestoriche, ed. Kappa, Roma, 1990.

G I U F F R E ’ , A . , Z A M P I L L I , M . , C E R A D I N I , V. ,JACOVONI,F., PUGLIANO,A., Centri storiciin zona sismica- Analisi tipologica della dan-neggiabilità e tecniche di intervento conservati-vo- Codice di pratica per il recupero dei centris t o rici soggetti al sisma-Castelve t e re sulCalore, in :”Studi e ricerche sulla sicurezzasismica dei monumenti”, n. 8, Roma, 1988.

GIUFFRE’, A., (a cura di), Sicurezza e conservazionedei centri storici -Il caso Ortigia, Bari, 1993.

P RO I E T T I , G. , ( a cura di), Dopo la polve re.Rilevazione degli interventi di recupero delpatrimonio artistico-monumentale danneggiatodal terremoto del 1980-81, ed. Poligrafico delloStato, Roma, 1994.

BALLARDINI, R., GUCCIONE, M., (a cura di), Laprotezione del Patrimonio Culturale- La que-stione sismica, Atti del II Seminario Nazionaledi Studio tenuto a Roma il 9-10 aprile 1997,Gangemi editore, Roma 1998.

G U C C I O N E , M . , NAPPI M.R., R E C C H I A , A . P. ,Patrimonio culturale e disastri- L’impatto delsisma sui beni monumentali- Prospettive di pre-venzione, Gangemi editore, Roma, 1998.

AA. VV., ( a cura di F. GURRIERI), Manuale per lariabilitazione e ricostruzione post-sismica deglie d i fi c i , R egione dell’Umbri a , e d. DEI-Tipografia del Genio Civile, Roma, 1999.

Testi sul rilevamento architettonico, del dissesto edel degrado

Raccomandazione NORMAL 1/88,Alterazioni macro-s c o p i che dei mat e riali lap i d e i , CNR- ICR,1988.

TORSELLO, B.P., Tecniche per il rilievo di opere inmuratura interessate da fenomeni di dissestosismico, in: BALLARDINI, R., GUCCIONE,M., (a cura di), La protezione del PatrimonioCulturale- La questione sismica, Atti del IISeminario Nazionale di Studio tenuto a Roma il9-10 aprile 1997, Gangemi editore, Roma 1998,pp. 201-216.

B L A S I , C. CENTAU RO, G. A . , C H I M E N T I , M . ,PAPI, R., La rilevazione dell’edificio danneg-giato, in: AA. VV., ( a cura di F. GURRIERI),Manuale per la riabilitazione e ricostruzionepost-sismica degli edifi c i , R egi o n edell’Umbria, ed. DEI- Tipografia del GenioCivile, Roma, 1999, pp. 157-226.

Testi sulla lettura stratigrafico-costruttiva dell’edi-ficio e sulla storia sismica

F. DOGLIONI, Stratigrafia e Restauro -Conoscenza ec o n s e rvazione dell’arch i t e t t u ra , e d. LINT,Trieste, 1997.

DOGLIONI,F., PETRINI,V., Problemi di identifica-zione dei quadri di dissesto di origine sismica in

BIBLIOGRAFIA

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costruzioni antiche.Considerazioni preliminari,in “Conoscenze e sviluppi teorici per la conser-vazione di sistemi costruttivi tradizionali inmuratura”, atti del Convegno di Bressanone ,Padova, 1987.

B O S C H I , E . , G U I D O B O N I , E . , F E R R A R I , G. ,VALENSISE, G., I terremoti dell’AppenninoUmbro- Marchigiano - Area sud-orientale dal99 a.C. al 1984,Editrice Compositori, Bologna,1998.

Testi sullo studio della vulnerabilità sismica di edi-fici monumentali

ANGELETTI, P., PETRINI, V., Confronto fra danniri l evati e vulnerabilità sismica, Atti IIIConferenza Nazionale sull’Ingegneria Sismicain Italia, Roma, 1987, vol. I, pp. 637-648.

A. GIUFFRE’, a cura di, Monumenti e terremoti-Aspetti statici del re s t a u ro , e d. Kap p a ,Roma,1988.

DOGLIONI, F., MORETTI, A., PETRINI, V. (a curadi), Le chiese e il terremoto- Dalla vulnerabilitàconstatata nel terremoto del Friuli al migliora-mento antisismico nel restauro, verso una poli -tica di prevenzione, ed. LINT, Trieste, 1994.

Testi che documentano nel suo sviluppo un proget-to di restauro, con discussione dei fondamenti teori-ci ed illustrazione grafica delle diverse fasi analiti-che e di intervento:

P. REGAZZO, S. SPADA, Oratorio di S. Daniele-Bagnoletto- Contributi alla conoscenza e alrestauro, ed. Comune e Biblioteca di Bagnoli diSopra, 1996.

B.P. TORSELLO, Il castello di Rapallo- Progetto direstauro, ed. Marsilio, 1999, Venezia

Aspetti teorico-operativi legati alla ricostruzione diedifici monumentali parzialmente distrutti da ter-remoto

DOGLIONI,F.,Il progetto e il cantiere di restauro, in“Per il restauro della chiesa dei Ss. Giacomo eAnna”, Bollettino dell’Associazione “Amici diVenzone”, anno X,Udine, 1982.

AA.VV., Relazione sul progetto culturale per la rico-struzione del Duomo di Venzone,in Bollettinodell’Associazione “Amici di Venzone”,n.XII-XIII,Udine,1984.

B E L L I NA , A . , L’anastilosi nella ri c o s t ruzione delFriuli- Limiti e modi del restauro per anastilosiin alcune applicazioni a Gemona e Venzonedopo il sisma del 1976, in Bollettinodell’Associazione “Amici di Venzone”, annoXV, Udine,1988.

DOGLIONI, F., Progetto di restauro per anastilosi delDuomo di S.Andrea Apostolo a Venzone, in“ P ro blemi del re s t a u ro in Italia”, atti delConvegno Nazionale del C.N.R.a Roma il 3-6novembre 1986, Udine, 1988.

Aspetti relativi a materiali, tecniche e modalità ope-rative

MALESANI, P. CECCHI, G., Aspetti geologici, geo-morfologici e geologico-tecnici, in: AA. VV., (a cura di F. GURRIERI), Manuale per la riabi-litazione e ricostruzione post-sismica degli edi-fici, Regione dell’Umbria, ed. DEI- Tipografiadel Genio Civile, Roma, 1999, pp. 25-87.

BINDA,L., (a cura di), Effectiveness of injection tech-niques for re t ro fitting of stone and bri ckmasonry walls in seismic areas, Milano 1992.

BINDA, L., BARONIO, G., MOLINA, C., Studio teo-rico e sperimentale dei materiali e delle tecno-logie con riferimento alla durabilità, in: BAL-LARDINI, R., GUCCIONE, M., (a cura di), Laprotezione del Patrimonio Culturale- La que-stione sismica, Atti del II Seminario Nazionaledi Studio tenuto a Roma il 9-10 aprile 1997,Gangemi editore, Roma 1998, pp. 741-758.

ZANON, P.,Analisi teorico-sperimentale del materialelegno per applicazioni strutturali in edifici dii m p o rtanza stori c o - m o nu m e n t a l e, i n : BA L-LARDINI, R., GUCCIONE, M., (a cura di), Laprotezione del Patrimonio Culturale- La que-stione sismica, Atti del II Seminario Nazionaledi Studio tenuto a Roma il 9-10 aprile 1997,Gangemi editore, Roma 1998, pp. 773-786.

SPARACIO, R., Stregthening of masonry structureswith innovative techniques and materials, n:Learning from practice, Damage assesment fordesign decision and Effeciveness of Tecniques,joint USA/Italy Workshop July 21-25, 1996,Los Angeles, USA, a cura di Comerio, M.,Binda L., Milano 1997, pp. 123-158.

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ANNO XXXI • N. E d. S. 15 BOLLETTINO UFFICIALE DELLA REGIONE MARCHE 29 SETTEMBRE 2000

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