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CISL Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori FEDERAZIONE NAZIONALE DELLA SICUREZZA LA SEGRETERIA REGIONALE SARDEGNA - Prot.nr. 38/2013 FNS-P.P. Nuoro li, 07 aprile 2013 POSTA ELETTRONICA 08100 Nuoro Via Vittorio Emanuele, 37 E-mail: [email protected] Al Dottor Gianfranco DE GESU Provveditore Amministrazione penitenziaria P.R.A.P. C A G L I A R I E, p.c. Alla Segreteria Nazionale Cisl FNS R O M A Alle Segreterie Provinciali Cisl FNS LORO SEDI Ufficio Relazioni Sindacali Dipartimento Amministrazione penitenziaria R O M A OGGETTO: Colonie agricole della Sardegna. La scrivente Segreteria Regionale, in merito a quanto scritto da una Organizzazione Sindacale in riferimento alla gestione delle Colonie agricole in Sardegna, interviene per precisare alcune affermazioni che a parer nostro non rispecchiano la vera gestione delle Colonie stesse dove oggi lavora, specialmente a Mamone il 70/80% dellutenza. Quindi scrivere che L’Amministrazione avrebbe potuto concentrare gli sforzi economici ed organizzativi per incentivare il lavoro dei ristretti, significa non conoscere affatto la realtà di questa tipologia dIstituti. Non è il caso di entrare nel merito delle questioni esposte nei punti che precedono, anche se si potrebbe trovare almeno contraddittorio affermare che i problemi maggiori negli Istituti dove vi sono sezioni che ospitano reclusi in regime di 41 bis ed AS siano legati alla gestione dei detenuti della MS, e poi, parlando della Colonie (dove effettivamente si trattano soggetti del circuito MS che da quegli Istituti provengono), criticarne una supposta loro scarsa economicità. Infatti, se fosse vero che il maggior numero di detenuti problematici è rinvenibile fra quelli che appartengono al circuito della MS e l’esperienza delle Colonie sta dimostrando che quella modalità di trattamento fornisce le risposte migliori per affrontare quel problema, è scontato che gli eventuali maggiori costi ( qualora ciò fosse vero) sono ripagati da una diminuzione degli eventi autolesionistici, da una diminuzione del carico di aggressività e, più in generale, da una minore tendenza recidivante dei soggetti che di quel trattamento beneficiano.

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07.04.2013 - COLONIE AGRICOLE REGIONE SARDEGNA

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CISL Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori

FEDERAZIONE NAZIONALE DELLA SICUREZZA

LA SEGRETERIA REGIONALE – SARDEGNA -

Prot.nr. 38/2013 FNS-P.P. Nuoro li, 07 aprile 2013

POSTA ELETTRONICA 08100 Nuoro – Via Vittorio Emanuele, 37

E-mail: [email protected]

Al Dottor Gianfranco DE GESU

Provveditore Amministrazione penitenziaria P.R.A.P.

C A G L I A R I

E, p.c. Alla Segreteria Nazionale Cisl FNS R O M A

Alle Segreterie Provinciali

Cisl FNS LORO SEDI

Ufficio Relazioni Sindacali

Dipartimento Amministrazione penitenziaria R O M A

OGGETTO: Colonie agricole della Sardegna. La scrivente Segreteria Regionale, in merito a quanto scritto da una Organizzazione Sindacale in riferimento alla gestione delle Colonie agricole in Sardegna, interviene per precisare alcune affermazioni che a parer nostro non rispecchiano la vera gestione delle Colonie stesse dove oggi lavora, specialmente a Mamone il 70/80% dell’utenza. Quindi scrivere che “L’Amministrazione avrebbe potuto concentrare gli sforzi economici ed organizzativi per incentivare il lavoro dei ristretti”, significa non conoscere affatto la realtà di questa tipologia d’Istituti. Non è il caso di entrare nel merito delle questioni esposte nei punti che precedono, anche se si potrebbe trovare almeno contraddittorio affermare che i problemi maggiori negli Istituti dove vi sono sezioni che ospitano reclusi in regime di 41 bis ed AS siano legati alla gestione dei detenuti della MS, e poi, parlando della Colonie (dove effettivamente si trattano soggetti del circuito MS che da quegli Istituti provengono), criticarne una supposta loro scarsa economicità.

Infatti, se fosse vero che il maggior numero di detenuti problematici è rinvenibile fra quelli che appartengono al circuito della MS e l’esperienza delle Colonie sta dimostrando che quella modalità di trattamento fornisce le risposte migliori per affrontare quel problema, è scontato che gli eventuali maggiori costi ( qualora ciò fosse vero) sono ripagati da una diminuzione degli eventi autolesionistici, da una diminuzione del carico di aggressività e, più in generale, da una minore tendenza recidivante dei soggetti che di quel trattamento beneficiano.

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Tornando al punto dell’economicità delle colonie, NON esiste non solo in Italia ma nel

mondo occidentale (con qualche eccezione, forse, negli Istituti federali degli Stati Uniti) un Istituto penitenziario in attivo; il carcere non è un’impresa ed ha scopi e fini diversi dalla necessità di produrre un profitto.

Diverso è vedere se gli eventuali maggiori costi sostenuti determinino una apprezzabile tranquillità sociale, nel senso che il soggetto che esce dai così detti circuiti attenuati abbia posto in essere un percorso tale da permettere una diagnosi di diminuita pericolosità sociale (in definitiva, di poter ragionevolmente ritenere che sia capace di avere costruiti percorsi individuali tali da scongiurare una ricaduta nella recidiva). I dati in possesso, provenienti anche da Enti ed Organizzazioni non governative, sono unanimi nell’indicare che tale percorsi siano quelli che, al momento, garantiscono un minor tasso di recidiva.

La situazione attuale delle carceri italiane, inoltre, ha determinato una serie di sentenze della Corte Europea dei diritti dell’Uomo sfavorevoli al nostro governo, tale che, solo recentemente, lo Stato Italiano ha dovuto risarcire la somma di €. 100.000 a sette ristretti, che si sono visti riconosciuto l’obbligo al risarcimento per trattamenti inumani e degradanti.

La nostra Costituzione, peraltro, all’art. 27 stabilisce che le pene detentive devono essere orientate a percorsi risocializzanti.

Tutte le Leggi, della materia de quo, infine, evidenziano e valorizzano il ruolo essenziale del personale di Polizia Penitenziaria nella partecipazione all’opera rieducativa, ampliando quello che era prima il compito meramente custodialistico, e assegna al Corpo la dignità ed il ruolo essenziale di soggetti attivi nell’ambito della partecipazione propositiva al trattamento del ristretto, inteso come attività multidisciplinare, in cui hanno grande rilevanza i contributi di tutti gli operatori penitenziari che, a qualsiasi titolo, hanno rapporti quotidiani con il recluso.

L’esperienza progettuale delle Colonie Sarde, che auspicabilmente dovrebbe estendersi anche ai cosiddetti Istituti chiusi (e vi sono dei segnali di esperienze analoghe anche in alcune strutture Sarde), realizza esattamente questo scopo, in linea con la Carta Costituzionale e le Leggi dello Stato Italiano.

E’ evidente che, come tutte le attività progettuali che si muovano in territori poco esplorati ( e perciò poco conosciuti), non si deve dare niente per scontato e si deve ritenere che tutta l’esperienza sia migliorabile ma, certamente, non si può porre lo sguardo solo sulla redditività puramente e semplicemente economica dell’esperienza progettuale; tale redditività, peraltro che esiste, dal momento che l’articolo citato evidenzia anche esperienze di collaborazione con soggetti privati che i prodotti Galeghiotto acquistano e pagano; lo stesso articolo, correttamente, dà anche conto di altre esperienze che si stanno costruendo insieme ai medesimi soggetti, tutte indirizzate all’inclusione sociale e fare sì che la struttura penitenziaria sia qualcosa di diverso da una realtà avulsa dalla comunità che la circonda, ma che, al contrario, sia parte attiva della comunità stessa. Ne consegue un incremento anche di quella redditività che prima non c’era, semplicemente perché i prodotti delle Colonie erano consumati unicamente all’interno; questi sono certamente valori aggiunti che diminuiscono anche il costo del mantenimento di un ristretto nella colonie rispetto ad una detenuto di media sicurezza in una struttura chiusa.

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Anche il servizio del Corpo di Polizia Penitenziaria ne trae certamente dei benefici, dal

momento che stare quotidianamente a contatto con soggetti con una minore carica di aggressività determina dei benefici in termini di benessere organizzativo e di situazioni stress correlate; anche questo è un valore che dovrebbe essere suscettibile di una valutazione in termini di rapporto costi/benefici, così come, allo stesso modo, i minori costi legati ad una minore carica recidivante del soggetto si traducono, in generale, in maggiori risparmi per il sistema Stato.

Questa serena riflessione, pertanto, dovrebbe portare ad una valutazione non puramente critica dell’esperienza delle colonie che, si ribadisce, vede coinvolti pienamente tutti gli operatori e, soprattutto, la Polizia Penitenziaria; essa dovrebbe invece essere, al contrario, il momento iniziale di un percorso di condivisione rivolto ad esportare ( utilizzando le risorse disponibile al di fuori dei capitoli ordinari di spesa del Dipartimento e, segnatamente, le risorse messe spesso a bando da strutture comunitarie per percorsi di inclusione sociale) quell’esperienza progettuale in maniera tale che essa non resti confinata nel recinto delle colonie penali, ma possa essere realizzata ( con diverse graduazioni legate al contesto) anche negli altri Istituti penitenziari Sardi.

Con la presente è gradita l’occasione per porgere cordiali saluti

Il Segretario Generale Aggiunto Regionale Giovanni Villa