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Biblioteca Comunale Terrazzo Circolo Culturale “TerraNostra” Circolo Culturale TerraNostraCircolo Culturale “Poeti Terrazzani” TERRA MADRE Scambi culturali in collaborazione con la Biblioteca Comunale diTerrazzo 21 Aprile 2013 Teatro San Lorenzo Minerbe (VR) Ore 17,30 Con Nella Dall’Agnello Voce recitante: Brunetta De Gasperi Accompagnamento musicale di Antonello Buoso Falamischia VII Edizione I POETI MINERBESI incontrano I POETI TERRAZZANI

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Biblioteca Comunale Terrazzo Circolo Culturale “TerraNostra”

Circolo Culturale “TerraNostra”

Circolo Culturale “Poeti Terrazzani”

TERRA MADRE

Scambi culturali in collaborazione con la Biblioteca Comunale diTerrazzo

21 Aprile 2013 Teatro San Lorenzo Minerbe (VR)

Ore 17,30

Con Nella Dall’Agnello

Voce recitante: Brunetta De Gasperi

Accompagnamento musicale di Antonello Buoso

Falamischia

VII Edizione

I POETI MINERBESI incontrano I POETI TERRAZZANI

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CIRCOLO CULTURALE “TerraNostra”

Con la collaborazione di:

Circolo Culturale “Poeti Terrazzani”

LA TERRA MADRE

Dedicato

Uno tra i temi oggi importanti è quello di creare in tutti noi un rapporto

autentico con la natura in tutte le sue dimensioni, senza accentuazioni

unilaterali.

Forse in passato è stato più facile, oggi però è diventato un problema urgente,

per cui la prima operazione da compiere ci sembra sia quella di

“riequilibrare” questo rapporto.

Noi viviamo in campagna eppure molti di noi non ha alcun contatto vivo con

la natura. Questa è diventata quasi esclusivamente un oggetto da consumare:

la campagna, la montagna, la neve, il mare, l’acqua, sono beni utili da

consumare.

I fiori “servono” per ornare la casa o per essere analizzati e vivisezionati a

scuola. Atteggiamenti buoni, ma parziali.

Bisogna far rinascere e crescere in tutti noi il senso della contemplazione

gratuita, dell’ammirazione “disinteressata”di fronte alla bellezza delle cose

piccole e grandi. Bisogna riprendere di nuovo ad ascoltare il canto

dell’universo. Non solo. Ma un ascolto attento e disponibile conduce a

scoprire che il canto annuncia la presenza di un Altro di cui l’universo non è

che un segno.

Il poeta in tutto ciò ci aiuta …

Se osserviamo un paesaggio

vediamo che esso varia

con il mutare dei suoi elementi naturali:

è un bosco, poi un fiume, il mare …,

ma varia anche a seconda della maniera

con cui il poeta osserva quei contenuti.

È tutto il poeta, con il suo sentire,

con le sue scelte espressive,

che traspare da una descrizione

ed è su tutto questo che si fonda

l’irripetibilità della vera poesia,

il distinguersi e differenziarsi di un testo da un altro.

È tutto il poeta, con la sua capacità di osservare

in profondità,

di esprimere ciò che è difficile da dire …

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E ciò è bellezza …

Con gli occhi dell’anima

C’era una volta …

e il ricordo va alla mia campagna

ora riarsa, nuda sotto il sole,

avvelenata, piagata

da troppo tempo smerigliata.

Correvo a piedi nudi

lungo il filare, giù nel botro

sorseggiando acqua sorgiva

e con la brezza che mi ghermiva

nel silenzio m’immergevo.

Mi perdevo tra guglie sottili di una verde cattedrale

coglievo gli esili steli, il limìo delle cicale,

libertà e speranza assaporavo

e sazia poi, felice al rivo tornavo.

Non bastava guardare per contemplare i colori …

eri il sole che abbagliava

eri il fiore di pochi mesi addietro

frutto che di splendore si ammantava

eri il germoglio, l’albero, l’ape, l’acre odore

le parole faticano ora ad esprimere le sensazioni del cuore.

C’ero immersa, del tutto, … senza nulla aver chiesto,

con la leggerezza di un sogno piacevole, ero colma d’ebbrezza

ci volevano gli occhi dell’anima

per gustare quella gratuita bellezza.

Ora rimane un tronco rinsecchito,

scheletro pietoso di una battaglia perduta,

triste meraviglia di un lontano passato,

ma … forse … accanto al fossato

tremano ancora dei teneri boccioli

Ornella Princivalle

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Come sei bella madre

Come Sei bella madre

adorna di mille colori,

gioielli di forme diverse

disseminati per ogni dove,

d’oro e smeraldi accesi,

di rubino e candore di neve.

Di collane fiorite ti cingi,

di frutta colmi la gonna,

del manto di messi t’impingui,

di grappoli odorosa corona,

con cascate dai monti ridi

baciando i piedi del bosco,

i fiumi al mare sospingi

specchiando il femmineo tuo volto.

La pallida sfera, un gingillo

nel cielo turchino e cobalto,

di stelle lucenti un sigillo

che guidano l’andar al traguardo.

Amata regina terra madre,

al risveglio del sol del mattino

ricevi raggi caldi d'ardore

per addolcire l'erbe amare

cibo quotidiano d’ogni figlio,

che ti sa giusta e benevole,

prodiga e severa maestra,

sapiente col meritato castigo.

Speranza Ghini

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Isole vaganti

Staccate dal continente

travolte delle correnti

d’oscuri oceani ribollenti,

trascinano l’esistenza

di orfani scontenti

rivolte al cielo, al mare,

l’orizzonte scrutano

dove il mondo appare,

per sapere della terra madre,

terra del rimpianto,

viva in viscere tessute

di sua stessa essenza,

richiamo al cuore frale

che mai la può scordare.

Speranza Ghini

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Eterno Ulisse

Il corpo impastato di polvere

va dell’uomo il cammino,

vagando di tutte le strade

mai pago d’altro destino,

al suolo che curioso lasciò,

per un sogno e sete di nuovo,

la voce antica lo chiama,

nostalgia di bambino,

del grembo di madre,

fiore appassito al declino

ne cerca la quiete che profumò

un dì, il primo vagito.

Speranza Ghini

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Giocar con la terra

La gioia dei bimbi

è una paletta e un bastoncino,

giocando, imitano il nonno

a costruir l'orto giardino.

Scavano per cercare il lombrico,

guardano la formichina

che trascina il suo chicco;

poi con sorpresa s'accorgono

che c‘è un cespo d'insaIata

un po' traforata

e vedono nascosto il bruco

che Se l'è mangiata.

Il nonno finisce di seminare

e loro lo vogliono aiutare

ad innaffiare quei semi

che un giorno dovranno germogliare.

A piedi scalzi si riempiono

il loro secchiello

e per loro non c'è un gioco più bello.

Mites Parladore

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Terra

Genitrice dell’umanità

ricca di fauna e flora

Tu sai essere generosa

con chi ti ama e lavora.

Se i tuoi frutti nascono

nella naturalezza

sono una squisitezza.

Dal tuo ventre

nascono giacimenti

d’immensa ricchezza

e come per magia

rifioriscono reperti

d’archeologia.

E giorno per giorno

scopriamo quant’è bello

e variegato il mondo.

Se poi dividessimo

la tua generosità

la fame nel mondo sparirà.

Ma se l’ingratitudine umana

ignora questa realtà

di noi poveri esseri cosa sarà?

Mites Parladore

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Adolescenza abruzzese

Felice vivevi senza pretese

nell’umile casa del tuo paese

fra i boschi verdi

e i mandorli in fiore

crescevi attorniato da tanto calore.

Tu lanciavi grida gioiose

che facevano un’eco lontano

tuo padre rideva

e ti prendeva per mano.

Passò il tempo

divenisti uomo

pastore come il padre

e nonno non t’andava

la metropoli t’aspettava.

Lavorasti sodo

divenisti ricco rispettato

ma il tuo cuore

fra i verdi boschi d’Abruzzo

hai lasciato

Mites Parladore

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Tre case bianche

Tre case bianche sul dosso

le varda el pianoro co’ i oci

scuri de’ i so balconi.

Nel cielo sereno, nuvolete

lesiere stende on bianco velo.

Tanto le lo pitura e svaria in

baleti sempre pi’ novi.

Con piume giganti le sventola

e rinfresca angeli de drio sconti.

Le case intanto,se conta le fole

de-la gente che tranquilla lì vive

e sogna ...... i sogni pi’ bei.

Canta el me core, emozionà,

sto angolo de mondo incantà.

Licia Pesente

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Campo di grano

Steli teneri di grano

allineati in dritte file

come soldati.

Sorriso alla vita

nell'autunno che avanza.

Misteriosi tra nebbie e

biancore invernale.

Onda verde nell'aria primaverile,

di rossi papaveri punteggiata.

Luce e calore nel giugno

che avanza. Spighe preparate

alla "battaglia del grano"

in tenuta dorata a sfamare

la fame del mondo.

Il sole vi bacia; s'indorano

si gonfiano le spighe.

Uccelletti vanno e vengono

a rubare nel vostro scrigno

prezioso.

Gioia agli occhi ed al cuore.

Emozione infinita.

Miracolo di Dio a

tutte le sue creature.

Amore e gratitudine degli uomini

per la terra prolifica.

Speranza per un futuro

generoso di profumato pane.

Licia Pesente

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Colore

E' un giorno di sole

azzurro il cielo.

Dolce la città.

Corro tra la gente:

uomini e donne

ognuno con la sua storia.

Intingo i miei occhi nell’azzurro che

esplode nel cielo.

Dipingo le strade

i volti della gente.

Il colore penetra le cose, gli uomini, le donne.

La vita diventa lieve

come un battito d'uccello

Gabriele Panziera

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L’uccello della pace

Con il cuore in ansia,tremante,

aspetto la colomba della pace

Porterà nel becco un rametto d’ulivo?

Quanta acqua! Il diluvio ...

Infaticabile soffia forte il vento.

L’arca sembra travolgere.

I marosi ... la mia vita alla deriva va…

Dov’è l’approdo ?

Dove conduce il naufragio?

Quanto tempo mi rimane?

Sono nudo e bagnato ...

Sono ammalati quelli che amo.

Divorati dalla febbre, dal dolore

Parlatemi voi ... non lasciatemi solo!

Non governo più " l’ARCA "

La lotta è persa ... la fine è vicina!

Ma, ecco ... all’improvviso una luce

nel grande cielo pumbleo voci nuove:

arriva arriva ... .la colomba porta l’ulivo

della pianta del Getsemani ...

E’ annunciatrice di saluto, di rincontro,

di festa, di pace, di gloria. …

Qualcuno mi rassicuri finalmente!

I miei occhi non sono stati ingannati‘?!

Gabriele Panziera

Nota: poesia di Gabriele Panziera

pubblicata in francese nell’antolagia poetica e letteraria .

"FEUILLES D’OLIVIER " da Jacques Bonnadier e Joseph Pacini

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La notte

La notte veglia le strade,

il selciato delle piazze

all’angolo del monumento equestre,

negli androni

e nei vicoli

allo smorto chiarore elettrico

e osserva

le sembianze della città,

i contorni bugnati dei palazzi

i fasti delle vetrine

i luccichii dei cassonetti

dialoga con lo zampillo della fontana

palpita al fruscio del vento

che svela intimi odori delle case

La notte freme lungo i marciapiedi

quando riflessi di luce

scoprono il volto della solitudine

che, passeggiando,

scruta ogni movenza nell’oscurità

La notte veglia,

compagna delle ombre

e dell’incedere silenzioso del tempo.

Massimo Panziera

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Il lupo

Una vasta piana

ondulata da filari di pioppi

a difesa del fiume

alterna il grigio al nero,

e giù in fondo,

colline

trafitte da ripetitori d”onda.

Contemplo

e assaporo il gusto del silenzio

che mi accompagna fedele

e con un sorriso,

torno a mettere la maschera del lupo,

del lupo della steppa.

E vedo luoghi e tempi diversi,

visi su visi s’intersecano

e si sovrappongono

in rifrazioni di suoni e colori

sin dai primi anni della memoria,

quando giocavo a conche sulla battigia.

E riempio la mente di un qualcosa,

di un qualcosa,

in mancanza d’altro.

Massimo Panziera

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Raise

Le raise dea me tera

ca xe piantà sol cuore

no le pole morire.

Ma ‘l ciacolar de foie co l’arieta dea sera

intorno casa mia, el zercolo* de luna

che spuntava da infondo la stradea

e i filò col parlar dea me zente

lo Iassà la al me paese par senpre.

In sta tera foresta

i sintiminti sogna l’oro del fromento

l'ua de la me tera dolza come 'I miele

e le nià de stele che slusea

fra rami de piopiti striti

come dii in preghiera.

Penso a mi, toseto,

a le longhe veie

dele sere frede incrostà de brume,

a le primavere fate de promesse

e a le istà calde carghe de speranze.

Penso e le ripenso

co l’anema strussià

dal mal de nostalgia.

1) Zercolo: cerchio. Franco Carlo Lorenzetto

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Nel tempo primo

Nel tempo dei primi albori la terra partorì a colori:

e verde fu l’erba del piano, e gialle le spighe del grano,

a marzo i boccia dormire d’aprile e maggio a fiorire

e quella stagione leggera con brezze più miti la sera

l'uomo la chiamo Primavera.

Il caldo si fece sentire, e fece i frutti arrossire,

mele e foglie e pidocchi perfino le uve precoci.

Il sole con raggi scaldava nei monti le pietre di lava,

la terra, le acque perlate, il sole scaldava le fratte …

l'uomo la chiamò Estate.

Il tempo col suo bel volare cominciò un po' invecchiare,

un po’invecchiò la natura, la notte si fece più scura

caddero ai fiori corone, steli e corolle marrone.

Il cielo si fece più bruno, il colore lo prese dal fumo.

L'uomo lo chiamò Autunno.

Il sole coperto da giorni, il cielo dipinse contorni

di bianco a monti e pianure, vesti foreste e radure

la bianca falena spari, invece restò il colibrì.

Il freddo pareva eterno il mondo girone d'inferno.

Per questo L'uomo lo chiamò inverno.

Franco Carlo Lorenzetto

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Pranzo agratis

Pranzo agratis l‘è ciamà, parchè gnente

va paga de quel che vien magnà

l m'à invita e mi volentieri son nà

Con l’antipasto, el Proséco m'à bagna el bèco

In panza el Lugana m'à verto la tana,

cossì me son inpinà come na putana

Risoto, macaroni e torteloni

col Soave i è deventà boni boconi

Con l'arosto el Cabernet l'è rnèio del fernet

La faraona ciapà l'è piassè bona cusinà,

el Merlot i m'a consilià e l’ò massa tastà

Lambrusco e oco m'à inpinà el gosso

Col Barbera son partìo de gran carriera

Cossì el Sauvignon m'à ridoto da coion

Col vin de pianura go fato na cura

Col vin de colina someiava na cartolina

Co la torta el Recioto l'è on bel goto,

ma par le buele l'a sta on quarant’oto

Col spumante go fato on ruto birbante,

solista son deventà e cantante

Massa go magnà e squasi son scopià

Col cesso go anca de bruto barufà

In leto a tarda ora, paro mas-cio ne la pelaora

Cossita go passà, ciaro ve digo,

davanti e dedrio na note col delirio,

de soto e de sora mai passava l’ora

A la matina me son sveià codeghin

bon par el dotor che cura el stomeghin

Sergio Polo

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Campagna di primavera

Nel giardino di casa mia

sotto la pergola tutto scorre come il turbine,

rapina semi di polvere

angiòli bianchi e rosa dai pruni scompagina,

come capelli di fanciulla

conduce in cielo e nessuno se ne cura

Dalle finestre s’insinuano discreti, frammenti

d’infinito riscaldano la terra

l’anima s’immerge e medita le orme,

dove riposano le memorie

che scrivono segni nel tempo

Tocchi di accordi suona nel silenzio la cetra,

per chi sa comprendere

e la poesia si leva i calzari

prima di salire alla luce del Sole

Le sfumature della vita si rincorrono ridenti,

rammentano meraviglie passate

sotto terra fermentano voci antiche

Rinnovare le vie d’aria, d’acqua e terra,

fecondare la vecchia morte, donare buoni sapori

Con occhi da bambino guardate la voce!

Ecco sposta la pietra

"Lazzaro svegliati! Vienì fuori!"

Poi accadono cose, come un cammino

dove si addensano domande

Progetti di vita nuova elevano

la terra a sublimi vette d’amore

Sergio Polo

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Il casolare

Fioriscono le viole,

sbocciano le rose,

i prati sono in fiore,

cominciano gli amori.

Ritornano le rondini,

volteggiano nel cielo

cercando il loro nido.

Il canto degli uccelli,

mi fa sentir felice,

ma nel mio casolare,

il nido

non c’è

più

Murizio Rossoni

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ll peperone.

Tra le cose che madre terra ci regala,

il peperone è una cosa un po’ speciale

colorato buono da mangiare,

arrostito o cotto al vapore,

ma anche crudo,

tagliato fine, al naturale.

A volte dolce,

a volte un po’ piccante

è un tocco di colore,

sulla tavola d ’estate.

Il cuoco lo sa cucinare

in tantissime maniere,

per fare un buon risotto,

per la pasta alla cubana,

o nella salsa,

con cipolla e melanzana.

La casalinga, che non è da meno...

lo cucina anche con il ripieno.

Il macellaio lo mette nello spiedino,

tra un pezzo di carne,

la pancetta e il rosmarino.

Nei negozi di frutta e verdura,

con i suoi colori fa ottima fìgura.

E chi lo mangia,

a casa o al ristorante,

il peperone lo apprezza

in ogni sua variante.

Silvana Picchi

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La mia terra.

È grande la terra mia, nera e feconda

in quella valle da fiumi circondata,

gravida ancora di tanta storia antica,

amata dai contadini e ben curata.

Non trova spazio zavorra nei suoi solchi

ma solo piante, fiorenti e piene

di spighe dorate, mais, trifoglio e bietole

e frutti succulenti maturati al sole,

e boschi di pioppi con braccia alzate al cielo,

che dan ristoro a laboriosa gente.

Corro. . .e la vedo in sogno

la terra mia che un di abbandonai,

ero giovincella e... già maritata

Torno e, ritrovo ancora le mie radici,

perché il mio cuore non l’ha dimenticata.

Silvana Picchi

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Arasti

Muci de erba e de nuvole

sora el me canpo.

Crosete come casotine

da’l coerto de oro.

Recini de marasche

a batociar sul colo bianco

e perle de sudore

inpirà in on fil de vento.

Moschini su’l vetrale

e brenti

de crinto e de fraga

par piè de butini

che i fola alegria.

Mustaci de mosto

sora na boca che ride

e on ciodo par cavar zo

panocie inscartozà

spetenandoghe i caviji.

E mi,

che fico el me s-cianco

ne l’ocio del tenpo.

E mi,

che risvolto,

co i denti lustri de na forca,

arasti de brespagna e ricordi,

su on trame de ani

che ormai el riva al fosso.

Luciana Gatti

(dal libro ARASTI Ed. 2010)

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Salve tera madre

Salve, tera mare!

Pesto i to sloti suti

in cao al trame de la vita,

portando soto la lesena

na fassina de giorni,

ligà da na vis-cia de ricordi.

T’ò lassà on dì e so ‘ndà via,

co’ le rue del caro che scrizava

el giarin de na strada bianca.

Gavea alora na corona de sole,

che de sera metea

su’l piumin de’l tramonto,

par fracarme in testa

on zalo bascheto de luna.

E man sbuse gavea par spendare sogni

e denti par rosegare

el pan de’l padrenostro,

forsi lassando calche fregola de ben.

Ma desso, salve, tera mia! Desso so tornà,

come butà da on pensiero as-cio,

on astico de sfiondra

e posto la me schena straca

su la to piopa negra, la pi’ alta.

Na piopa che ga visto

xoli de ale, xoli de foje

e che a man giunte la m’à spetà,

come na mare che mastega orazion.

Luciana Gatti

(dal libro ARASTI Ed. 2010)

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Appunti

“C’erano sempre stati

sul pianeta del piccolo principe

dei fiori molto semplici,

ornati di una sola raggiera di petali,

che non tenevano posto

e non disturbavano nessuno.

Apparivano un mattino nell’erba

e si spegnevano la sera.

Ma questo era spuntato un giorno,

da un seme venuto da chissà dove,

e il piccolo principe aveva sorvegliato

da vicino questo ramoscello

che non assomigliava

a nessun altro ramoscello.

Poteva essere

una nuova specie di baobab.

Ma l’arbusto cessò presto di crescere

E cominciò a preparare un fiore.

Il piccolo principe sentiva che

sarebbe uscita

un’apparizione miracolosa,

ma il fiore non smetteva più

di prepararsi ad essere bello,

al riparo della sua camera verde.

Sceglieva con cura i suoi colori,

si vestiva lentamente,

aggiustava i suoi petali ad uno ad uno.

Non voleva uscire

sgualcito come un papavero.

Non voleva apparire che nel pieno

splendore della sua bellezza.

La sua misteriosa toilette

era durata giorni e giorni.

E poi, ecco che un mattino,

proprio all’ora del levar del sole,

si era mostrato”. (Saint-Exupery).

Ci vogliono occhi contemplativi

per apprezzare il gratuito.

Non per negare il dato esterno,

scientifico, ma per infondergli

un significato pieno,

per “umanizzarlo”.

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INDICE

Dedicato pag …

Con gli occhi dell’anima pag …

Come sei bella madre pag …

Isole vaganti pag …

Eterno Ulisse pag …

Giocar con la terra pag …

Terra pag …

Adolescenza abruzzese pag …

Tre case bianche pag …

Campo di grano pag …

Colore pag …

L’uccello della pace pag …

La notte pag …

Il lupo pag …

Raise pag …

Nel tempo primo pag …

Pranzo a gratis pag …

Campagna di primavera pag …

Il casolare pag …

ll peperone. pag …

La mia terra. pag …

Arasti pag …

Salve tera madre pag …

Appunti pag …

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RINGRAZIAMENTI

A:

Don Bruno Zuccari Parroco di Minerbe

Dott.ssa Katia Degani e Biblioteca Comunale di Terrazzo

Prof.ssa Nella Dall’Agnello

I Poeti Terrazzani

I Poeti Minerbesi

Brunetta De Gasperi

Tipografia di Giovanni Campiglio