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Centro Militare di Studi Strategici
Dott. Andrea De Rosa
Dott.ssa Keluna Marciana Sitoe
La dimensione della sicurezza e sorveglianza marittima dell‟Iniziativa 5+5
Difesa: possibili prospettive e sinergie nel più ampio contesto delle iniziative
europee
2
Per raggiungere lo scopo preteso con la ricerca a noi affidata abbiamo pensato di strutturare il
lavoro finale in questo modo:
FINALITA’ GENERALI DELL’ ATTIVITA' DI RICERCA
INTRODUZIONE
CONTESTUALIZZAZIONE
CAPITOLO I: Nuove dimensioni della sicurezza e sorveglianza internazionale
1.1 Globalizzazione della Sicurezza e Sorveglianza;
1.2 Cooperazione nella Sicurezza e Sorveglianza Marittima nel Mediterraneo
Occidentale;
1.3 Fattori di rischio presenti nell‟area e delle ricadute;
1.4 (Sostegno politico, militare ed economico offerto dai paesi occidentali, arabi,
asiatici ed africani e dalle organizzazioni internazionali)
CAPITOLO II: Il 5+5: possibile sviluppo per i problemi di Sicurezza e Sorveglianza
Marittima del Mediterraneo
2.1 La strategia dell‟UE per garantire la Sicurezza e Sorveglianza Marittima
verso il Mediterraneo. La Politica Europea di Vicinato.
2.2 La Politica marittima Integrata dell‟Unione Europea.
2.3 Strategie nuove per la Sicurezza euro-mediterranea. I Processi di
integrazione sub-regionali. L‟instabilità del Mediterraneo e il contributo della
Marina.
2.4 Dai Forum informali all‟ Iniziativa 5+5 (approccio interministeriale: Difesa +
Esteri, Interni e Trasporti …; strategia inter-istituzionale che riunisce sotto un
unico ombrello tutte le istituzioni nazionali competenti: Marina, Guardia
Costiera, Dogana, Polizia …). Possibili prospettive e sviluppi futuri della
cooperazione nel suo ambito.
3
CAPITOLO III: Ipotesi per fronteggiare le emergenze umanitarie legate ai flussi
migratori nel Mediterraneo
3.1 Emergenza Nord Africa e conseguenti sviluppi sul piano amministrativo e
legislativo;
3.2 SPRAR e centri di prima accoglienza;
3.3 Operazione MARE NOSTRUM ; SAR; Agenzia EASO.
3.4 Un approccio globale in tema di migrazione.
3.5 Punti di maggiore criticità su immigrazione e asilo
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
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FINALITA‟ GENERALI DELL‟ ATTIVITA‟ DI RICERCA
Le finalità generali della presente relazione sono sinteticamente le seguenti :
- Rendere conto della complessità dei fenomeni che si verificano nell‟area
Mediterranea, già sul finire del secolo scorso e specialmente dagli anni Duemila ad
oggi, come causa ed insieme anche effetto della spinta verso la globalizzazione, e con
i rischi di instabilità che ad essa si collegano.
- Delineare brevemente il nuovo assetto che va acquisendo la Politica di Difesa, la
quale, mentre va perdendo la sua valenza statica e legata alle aree locali, ne va
recuperando una ben più ampia ed articolata in funzione della responsabilità che le
pertiene all‟interno di tutti gli ambiti della Sicurezza collettiva.
- Indicare, all‟interno della Politica di Vicinato per il Bacino Mediterraneo1, il senso, le
funzioni, le competenze ed i possibili sviluppi dell‟ Iniziativa 5+5 Difesa, nella
creazione di sinergie interne e trasversali, in un quadro d‟azione “europeo” più
confacente all‟attuale contesto strategico2 e geopolitico, nella convinzione che proprio
la dimensione sicurezza nell‟ambito marittimo sia in grado di offrire le più grandi
opportunità di collaborazione nella salvaguardia del bene comune.
- Tratteggiare la posizione dell‟Italia sulle politiche migratorie, con le possibili soluzioni
atte a fronteggiare le nuove emergenze umanitarie che ne costituiscono parte
integrante.
1 Cfr. i 6 obiettivi specifici dell’ENI individuati nella programmazione 2014-2020.
2 Multilateralismo, continuum tra sicurezza interna ed esterna, indivisibilità e comprehensive broad approach al tema in oggetto, e il principio della differenziazione, il ‘more for more’…
5
INTRODUZIONE
La presente ricerca si sviluppa come attività principale del tirocinio svolto al CEMISS
(Centro Militare di Studi Strategici) in un periodo di quindici settimane.
Il lavoro in oggetto ha come titolo “La dimensione della Sicurezza e Sorveglianza marittima
dell‟Iniziativa 5+5 Difesa: possibili prospettive e sinergie nel più ampio contesto delle
iniziative europee”.
Secondo il sito del Ministero della Difesa1, l‟“Iniziativa 5+5 Difesa” è un foro di
collaborazione nel settore della difesa e della sicurezza, nato a fine 2004, e di cui fanno
parte dieci nazioni del Mediterraneo Occidentale (Algeria, Francia, Italia, Libia, Malta,
Mauritania, Marocco, Portogallo, Spagna e Tunisia). Tramite la realizzazione di attività
pratiche e attraverso lo scambio di idee e di esperienze, il foro ha come obbiettivo
migliorare la reciproca comprensione e la fiducia nell‟affrontare i problemi della sicurezza
nell‟area di interesse.
Questo foro, da una fase ricognitiva delle esigenze, è passato ad una dimensione pratica
di attività concrete, cioè, l‟organizzazione di esercitazioni congiunte in ambito marittimo e
aereo. In quest‟ottica sono state individuate tre aree di cooperazione, e nello specifico:
contributo delle forze armate alla sorveglianza marittima, contributo delle forze armate alla
protezione civile, e per ultimo la sicurezza aerea.
Il tema della presente relazione ha molto più a vedere con la prima area, cioè, l‟area della
cooperazione, nella quale rientrano attività connesse con la ricerca, il soccorso, la
prevenzione e il contrasto dei traffici illeciti, ed infine anche la rilevante lotta
all‟inquinamento marino.
Siamo consapevoli che può essere una sfida parlare di cooperazione - sia nella sicurezza
che nella sorveglianza - nel Mediterraneo. Il fatto è che un vasto numero di Stati
affacciantisi sul Mediterraneo sono sparsi in tre continenti (Africa, Europa e Asia). Questo
fattore fa sì che nello sfruttamento di gran parte di quello che il mare offre sia presente,
nella maggior parte dei casi, l‟elemento dell‟indispensabile interdipendenza e necessità di
richiamo alla cooperazione.
1 Cfr. http://www.difesa.it/Ministro/Compiti_e_Attivita/Pagine/La_Iniziativa_5_5.aspx
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I due elementi appena riferiti – indispensabile interdipendenza e cooperazione – portano
con sé l‟esigenza di tener conto di diversi interessi e punti di vista, facilitando il
raggiungimento del consenso.
Di fronte al sostegno politico, militare ed economico offerto dai Paesi e dalle
Organizzazioni Internazionali interessate al processo di stabilizzazione del Mediterraneo
Occidentale, nel fluttuante scenario politico e socioeconomico dei Paesi della sponda sud
del Mediterraneo Occidentale colpiti dalla primavera araba e dalla perdurante instabilità,
nel più ampio ambito della EUROMED e nella vicinanza geografica, interdipendenza in
materia di sicurezza e condiviso interesse alla cooperazione nella regione, abbiamo
formulato come problema di fondo per la nostra ricerca la seguente domanda: “Nel
contesto europeo, quali politiche, di facile attuazione, potrebbero essere adottate per
garantire una maggior cooperazione nella sorveglianza e sicurezza marittima del
Mediterraneo all‟interno dell‟Iniziativa 5+5 difesa?”
Con la ricerca in atto si intende studiare, nel contesto delle diverse iniziative europee nel
campo della sicurezza e sorveglianza marittima, il contributo dell‟Iniziativa 5+5 Difesa, e
dunque presentare suggerimenti per il miglioramento dei progetti già in corso d‟opera.
Per lo svolgimento del tema abbiamo diviso il lavoro in tre capitoli, specificamente:
- Le nuove dimensioni della sicurezza e sorveglianza internazionale;
- L‟Iniziativa 5+5: possibile sviluppo efficace ed efficiente per i problemi di Sicurezza
e Sorveglianza Marittima del Mediterraneo;
- Ipotesi per fronteggiare le emergenze umanitarie legate ai flussi migratori nel
Mediterraneo
Per lo svolgimento del nostro studio useremo, a parte il materiale bibliografico, materiale a
stampa e articoli di riviste specializzate, utili per un‟eventuale ulteriore analisi ragionata e
comparata dei siti web ufficiali.
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CONTESTUALIZZAZIONE
Valenza geo-strategica e storico-culturale del Mar Mediterraneo
Come mare interno, compreso tra le coste meridionali dell‟Europa, settentrionali dell‟Africa
e occidentali dell‟Asia, il Mediterraneo, soprattutto per la sua posizione strategica, la
funzione di termoregolazione svolta dalle sue acque (e la loro pescosità), il clima
gradevole e adatto agli addensamenti demografici, ha svolto sempre funzioni di spazio di
comunicazione o di barriera tra mondi diversi, ed ha consentito floride attività commerciali,
oltre allo sviluppo di una vivace attività portuale. Ancora oggi esso è tramite di migranti, e
frontiera tra il mondo occidentale e quello islamico 2.
In prossimità delle sue coste dal 6.000 a.C. vennero praticati l‟agricoltura e l‟allevamento
del bestiame e vi fiorirono le prime grandi civiltà. Con il tempo andò sempre più
accentuandosi la differenza tra le zone occidentali, più arretrate, e quelle orientali, dove
prosperò il commercio e sorsero i primi agglomerati urbani, con attività artigianali ed il
gusto della decorazione. Tra il III ed il II millennio si intensificarono le relazioni economico
culturali nella zona mediterranea centro orientale, l‟Italia meridionale, la Grecia, l‟isola di
Creta – dove ebbe espressione la civiltà Minoico Micenea -, la Siria, il Libano, l‟Egitto e
l‟Anatolia.
Dal XIII secolo a.C., lo spirito imprenditoriale dei Fenici diede un forte impulso al
commercio marittimo in tutta l‟area mediterranea. Conseguentemente nacquero delle
colonie e sorsero città, in seguito divenute famose, come Cartagine.
All‟espansione fenicia, nel secolo VIII a.C. subentrò quella greca, specie nell‟area orientale
dalla Sicilia al Mar Nero. Tra il VI e il V secolo, il Mediterraneo fu teatro di lotta tra Greci,
Etruschi e Cartaginesi per il controllo dello spazio occidentale e centrale del Mare.
Dopo la breve ricomposizione operata nel IV secolo a.C. dall‟Impero di Alessandro Magno
(che fondò il porto di Alessandria), lo scontro frontale avvenuto nella metà del secolo
seguente tra Roma e Cartagine portò alla vittoria di Roma. L‟Impero Romano, fino al V
secolo d.C. operò una crescente irradiazione della sua cultura, civiltà e potenza.
2Cfr. Enciclopedia Treccani.
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La penetrazione dei Vandali sulle coste africane, e, sul finire del secolo, la divisione tra
l‟Occidente (dominato dai regni romano-barbarici) e l‟Oriente (soggetto all‟Impero di
Bisanzio), spostò l‟asse della vita commerciale mediterranea nella zona orientale.
Lo scenario mutò radicalmente con l‟espansione degli Arabi Musulmani, tra il VII e VIII
secolo, dalle coste del Vicino Oriente all‟Africa settentrionale e alla Spagna, gettando
anche le basi di una ricca civiltà ispirata ai valori islamici.
Nel XII secolo lo spirito di avventura e la fiorente attività commerciale delle Repubbliche
marinare, svolsero un‟efficace azione di contrasto verso gli Arabi e la pirateria saracena:
Europa cristiana e interessi commerciali giunsero fino al Vicino Oriente.
La caduta di Bisanzio nelle mani dei Turchi Ottomani (1453) dirottò le principali vie
commerciali dal Mediterraneo all‟Asia, e, dopo la scoperta dell‟America (1492), verso
l‟Atlantico. Nel 1600 si ridusse drasticamente la potenza navale di Venezia e della
Spagna, e nei due secoli seguenti si affermò nel Mediterraneo la supremazia sempre più
forte degli Inglesi e dei Francesi.
Dagli inizi del 1700 l‟Inghilterra avviò la conquista di ampi spazi nell‟area centro
occidentale di questo Mare, mentre la Russia – in forza della decadenza dell‟Impero
Ottomano – mirava ad espandersi in quella orientale, e per suo conto l‟Austria aspirava
alla zona adriatica.
Nell‟età della Rivoluzione Francese e di Napoleone Inghilterra e Francia si scontrarono
ripetutamente nel Mediterraneo : la prima divenne una potenza navale incontrastata,
mentre la Francia, dopo la distruzione dell‟Impero Napoleonico (1815), si installava in
Algeria (1830). Entrambe le potenze furono impegnate nella comune azione di contrasto
alle ambizioni espansionistiche della Russia nel Mediterraneo Orientale verso gli stretti,
ed a svolgere un‟opera di puntellamento dell‟Impero Ottomano in difficoltà.
L‟apertura del canale di Suez tra il 1859 e il 1869 rese possibile per la prima volta il
collegamento tra il M. Mediterraneo e l‟Oceano Indiano, scongiurando i pericoli e la
lunghezza dei tempi di percorrenza dei traffici marittimi e commerciali lungo quelle rotte,
ed implementando, dal XIX secolo, l‟uso delle navi a vapore.
Il colonialismo della seconda metà del secolo portò la Gran Bretagna ad impadronirsi di
Cipro nel 1878, e la Francia ad annettersi la Turchia nel 1881. Contemporaneamente,
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l‟Italia avanzava le sue rivendicazioni nel Continente africano. Il XX secolo vide lo scontro
sul Mediterraneo delle ambizioni e dei conflitti tra le potenze europee.
Se la Germania aiutò gli Ottomani nel mantenere la loro sfera di influenza nelle regioni
mediterranee dell‟Impero, contrastò la penetrazione della Francia in Marocco.
Nel 1912 l‟Italia ebbe la sua colonia mediterranea, con la conquista della Libia, strappata
ai Turchi. Nel 1918 la Prima Guerra Mondiale cancellò Russia, Austria e Turchia come
potenze mediterranee, e frustrò le speranze delle forze nazionaliste arabe, ponendo il
Mediterraneo Orientale sotto il dominio di Gran Bretagna e Francia. Nel periodo dell‟Italia
Fascista alle ambizioni italiane si aggiunsero quelle tedesche nella volontà di scalzare il
dominio franco britannico su questo Mare. La vittoria degli Anglo Americani al termine del
2° conflitto mondiale pose fine alle speranze di entrambe gli schieramenti, anche per il
venir meno del ruolo di grandi potenze svolto fino ad allora dall‟Inghilterra e dalla Francia :
andarono deluse le loro speranze di mantenere forti posizioni nel Mediterraneo anche
dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Lo scenario del Mediterraneo mutò completamente, per il processo in atto di
decolonizzazione, e per il peso sempre più determinante nel suo spazio delle due Super
Potenze : gli Stati Uniti e l‟Unione Sovietica, legati, gli uni, al nuovo Stato di Israele, e
l‟altra agli Stati Arabi, man mano entrati nella sua orbita fino al crollo del regime comunista
nel 1991. Nell‟ultimo mezzo secolo, i Paesi del Medio Oriente sono stati segnati
profondamente dallo scontro tra i Paesi Islamici e Israele, nel quadro di una conflittualità di
carattere politico, socioculturale e religiosa ancora oggi aperta.
Nel secolo scorso tra le priorità del discorso strategico occidentale, sin dai primi anni
Novanta, è stata la costruzione di un‟architettura di sicurezza regionale nel Mediterraneo e
nel Medioriente, nell‟oscillazione tra un modello di difesa limitato ai soli Paesi della sponda
Nord, ed uno schema di sicurezza cooperativa che avrebbe realizzato l‟integrazione delle
due sponde in un‟unica struttura regionale.
Il Mediterraneo è stato in quegli anni il fulcro di una serie di iniziative multilaterali volte a
creare stabilità, sviluppo e sicurezza nella regione. Tra queste la proposta, subito abortita,
della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione nel Mediterraneo (CSCM). Seguì il
Gruppo 5+5, il Forum Mediterraneo, il Dialogo Mediterraneo della Nato, il Processo di
Barcellona. Parallelamente si svolgevano i primi tentativi di integrazione subregionale tra i
Paesi Arabi : l‟ Unione del Maghreb Arabo (1989) e il Processo di Agadir (2001).
Il clima ottimistico in cui furono lanciate queste proposte si dileguò l‟ 11 settembre 2001,
anche se, all‟ombra della War on terror e dei conflitti in Afghanistan e in Iraq, si sono
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comunque succeduti vari progetti tesi alla stabilizzazione politica ed economica del
Mediterraneo :
- Il disegno americano di Greater Middle East, finalizzato alla stabilizzazione di lungo
periodo dell‟intera zona.
- L‟Iniziativa di cooperazione di Instanbul, che unisce i Paesi della Nato e sei membri
del Consiglio di Cooperazione del Golfo
- La Politica europea di Vicinato (PEV), lanciata nel 2003 con l‟obiettivo di promuovere
sviluppo e stabilità nella cerchia di Paesi amici limitrofi all‟Unione allargata a 27.
- L‟ Unione per il Mediterraneo, del luglio 2008, che dopo il „fallimento di Barcellona‟ e il
conseguente travagliato percorso politico diplomatico, ha l‟ambizione di costituire il
nuovo quadro delle relazioni Euro Mediterranee.
I problemi della Sicurezza e della Cooperazione oggi esistenti nell‟area mediterranea
hanno acquisito un carattere sempre più multidimensionale ed integrato.
Con il termine "sicurezza multidimensionale" si intende la sua estensione da una
dimensione esclusivamente militare ad ambiti molteplici e diversificati. La sicurezza non
ha solo la connotazione classica di „ incolumità fisica‟, ma è una nozione inclusiva di sfide
apparentemente eterogenee come : terrorismo, criminalità organizzata, pirateria
informatica, instabilità economica, cambiamento climatico, movimenti di popolazione,
pandemie, contrasti religiosi ed identitari.
Questi fattori destabilizzanti appaiono ora tra loro integrati ed interdipendenti, mentre
precedentemente erano stati trattati separatamente.
Con il termine “sicurezza globale” si intende la sua estensione spaziale in quanto le
minacce travalicano i confini del singolo Stato, rendendo inevitabile il ricorso ad un‟azione
coordinata a livello internazionale, ed un approccio multifattoriale.
Ad esempio i cambiamenti climatici sono innescati da attività localizzate, ma hanno
ripercussioni planetarie. Al contrario, attività globali aterritoriali - come le speculazioni
finanziarie - hanno profonde ripercussioni locali.
Si potrebbe sostenere che la politica internazionale, proprio con particolare riferimento
alle tematiche della sicurezza, si sia trasformata in una sorta di “politica interna
mondiale”..
Con il termine “sicurezza umana” si fa riferimento alla forte componente sociale e
culturale insita nelle problematiche della sicurezza.
Nel periodo della Guerra Fredda il Mediterraneo rappresentava il versante meno
problematico dell‟Alleanza Atlantica. Dopo la frattura dell‟ ‟89, ai conflitti già esistenti
nell‟area (a cominciare da quello arabo- israeliano -palestinese) si sono aggiunte altre
complessità o security issues : l‟instabilità politica dei Paesi della Sponda Sud, il gap
economico tra le due Sponde, le misperceptions culturali, il terrorismo, la proliferazione di
armi di distruzione di massa, il crimine organizzato, i flussi migratori illegali ed incontrollati,
le questioni energetiche, i temi ambientali.
11
Sono tutti fattori che, nel loro insieme, fanno del Mediterraneo un “circolo vizioso
dell‟insicurezza”.
1. Nuove dimensione della sicurezza e sorveglianza internazionale
1.1 Globalizzazione della Sicurezza e Sorveglianza
Secondo Sait-Pierre (2008: 55 apud DE OLIVEIRA, 2009: 15), con il termine “sicurezza”
s‟intende la sensazione che fa percepire l‟assenza di minacce che mettano a rischio
l‟esistenza, la proprietà, gli interessi, i valori o i modi particolari di essere di colui che la
percepisce. Infatti, ci sentiamo sicuri quando siamo liberi delle minacce alla nostra
tranquillità.
La sicurezza è garantita dalla difesa, attività che diminuisce le vulnerabilità e, allo stesso
momento, accresce la capacità di capire possibili casi di minaccia, riducendo o rendendo
nulli gli effetti della stessa.
Per Sicurezza internazionale s‟intende l‟insieme di misure prese dagli Stati ed
Organizzazioni Internazionali (ad esempio le Nazioni Unite) nell‟ambito della salvaguardia
della reciproca sopravvivenza e sicurezza.
Sorveglianza
La sorveglianza può riguardare diversi ambiti e pertanto essere : aerea, terrestre,
marittima (quella che a noi interessa).
I problemi di sicurezza e sorveglianza possono e devono essere affrontati non solo da
mezzi o strumenti militari, ma anche con altre operatività. Inoltre essi richiedono il
coinvolgimento di tutti i paesi ,molti dei quali, per diversi motivi (localizzazione geografica,
vasta estensione territoriale, risorse economiche ridotte destinate allo scopo)non sono in
grado, da soli, di custodire e garantire sia la sicurezza che la sorveglianza. In questo
contesto si inserisce opportunamente il concetto di globalizzazione della sicurezza e
sorveglianza : ad esso si dedicheranno in seguito alcuni paragrafi.
12
Entrambi i concetti sono correlati a quelli di protezione e difesa, e per questo motivo si
darò spazio nella discussione anche a questi.
Alla fine degli anni Ottanta i diversi percorsi relativi alle relazioni tra l‟Europa e il
Mediterraneo iniziarono ad alterarsi. Nell‟ambito della Conferenza sulla Sicurezza e la
Cooperazione in Europa (CSCE), i Paesi comunitari dell‟Europa del Sud e i Paesi della
sponda mediterranea meridionale ottennero che fosse inserita una “dimensione
mediterranea”, o perlomeno il riconoscimento di un legame organico fra la sicurezza
dell‟Europa e quella del Mediterraneo.
Il Processo di Barcellona aveva come obiettivo principale creare un‟area di sicurezza
basata sulla cooperazione (cooperative security). Si ricorda che questo modello di
sicurezza basato sulla cooperazione è quello sul quale si fondava la CSCE.
Ancora negli anni Ottanta Italia e Spagna, sempre nell‟ottica della CSCE, proposero la
creazione di una Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione nel Mediterraneo (CSCM)
che per diversi motivi non viene accolta da tutti.
Con l‟intensificazione del conflitto URSS e USA, gran parte delle iniziative di cooperazione
nei diversi settori nel Mediterraneo, che cominciavano a coinvolgere una parte dei Paesi,
furono messe da parte. Con l‟indebolimento dell‟URSS nell‟ ambito internazionale, e
l‟affermazione degli USA come “unica” superpotenza, sono entrati in scena i Paesi Arabi.
L‟Europa vide l‟avvicinamento degli USA alla zona mediterranea come una minaccia ai
rapporti creati precedentemente.
Di fronte a questo problema l‟Unione Europea propose ai Paesi della regione di avviare
riforme politiche ed economiche necessarie ad assicurare democrazia, stato di diritto,
rispetto dei diritti umani e delle minoranze e uno sviluppo sostenibile. La proposta venne
estesa ai Paesi del Nord Africa e a quelli del Medio oriente : nel 1995, da essa ebbe
origine la Dichiarazione di Barcellona e il PEM (Partenariato Euro-Mediterraneo). Secondo
ALIBONI e COLOMBO ( 2010: 6 – 7) “la PEV (Politica Europea di Vicinato) riafferma gli
obiettivi di cooperazione e riforma del Processo di Barcellona, ma li persegue in un contesto
bilaterale nel quale essi sono necessariamente destinati ad affermarsi in modo debole e
soprattutto non omogeneo, cioè né regionale né multilaterale.”
Alla fine della Guerra Fredda, si intese come una delle principali ragioni delle difficoltà e
degli insuccessi della cooperazione euro-mediterranea proprio la varietà sia delle visioni
13
che delle percezioni della sicurezza all‟ interno dei singoli Paesi. In generale, il concetto di
sicurezza euro-mediterraneo è molto complesso, per svariate ragioni, legate soprattutto :
al conflitto arabo-israeliano; al fattore islamista; alla tendenza alla segretezza delle
procedure; alle diverse modalità di approccio alla cooperazione in materia di sicurezza.
Quest‟ultimo è un fatto che riguarda principalmente la Nato e il suo Dialogo Mediterraneo,
ed anche le importanti :
- PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune)
- PESD (Politica Europea di Sicurezza e Difesa)
- Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione nel mediterraneo CSCM
- Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE)
- Organizzazione per la sicurezza e Cooperazione in Europa (OSCE)
- Assemblea Parlamentare Euro-Mediterranea
- Fondazione Anna Lindh
1.2 Cooperazione nella sicurezza e sorveglianza marittima nel Mediterraneo
occidentale
La Marina Militare è un settore nell‟ambito delle forze di difesa dello Stato. A questo
settore si uniscono l‟Esercito e l‟Aeronautica Militare. La Marina Militare ha il compito di
controllare la condotta delle operazioni navali sia nelle acque territoriali che in quelle
internazionali in modo di assicurare la difesa degli interessi vitali del Paese contro ogni
possibile minaccia al territorio, ai cittadini, alle linee commerciali di traffico marittimo3. .
Nel corso degli anni, il concetto di mare e le aree di studio che di esso si occupavano ha
registrato un continuo processo di revisione. Secondo il Digesto (vol. IX, 1987-1999: 307),
l‟incessante cambiamento prodottosi in relazione a questo concetto è dovuto a vari fattori
di ordine politico, tecnologico ed economico. Inoltre esso ha dato vita a due gruppi, nello
specifico : il gruppo del tradizionale regime dei mari (codificato dalle quattro convenzioni di
Ginevra sul diritto del mare del 29/04/1958) e il gruppo delle nuove istanze espresse
dall‟evolvere della realtà internazionale.
3 http://www.marina.difesa.it/conosciamoci/Pagine/default.aspx
14
Negli anni Sessanta il concetto di mare viene internazionalizzato, cioè viene inteso come
patrimonio comune dell‟umanità e non più come res communis omnium (al di là delle zone
soggette alla giurisdizione nazionale degli Stati rivieraschi).
Il regime dei mari introdotto dalla Convenzione di Ginevra si è imperniato su quattro punti
fondamentali. Ad arricchire questa concezione, c‟è il nuovo Diritto del mare. Quest‟ultimo,
fu introdotto dalla Convenzione Montego Bay del 1982. Il Diritto del mare individuò spazi
marini aventi particolare rilevanza e sono: acqua interne, mare territoriale, zona costiera,
zona economica esclusiva, piattaforma continentale e alto mare.
Nel momento della codificazione della Convenzione ,sia di quella Ginevra che quella di
Montego Bay, il Diritto Internazionale ha rispettato le divisioni di acque interne e mare
territoriale.
Quando si affronta il tema “mare”, si ritiene sia importante legarvi il concetto di „frontiera‟
o „confine‟ dello stato che Ronzitti ( 2013: 78), definisce come « una linea che delimita la
sovranità statale». E‟ da tener presente anche che il termine „sovranità‟ ha subito nel
corso degli anni una significativa evoluzione, nel senso che oggi appare riduttivo intendere
la sovranità come spazio di potere libero da interferenze esterne, mentre rimane
fondamentale comunque il concetto di „frontiere‟ di Stato.
Le frontiere possono essere stabilite con l‟aiuto della delimitazione e della demarcazione.
Nella delimitazione si precisano - facendo ricorso alle coordinate geografiche - i limiti
dell‟ambito spaziale entro cui lo Stato esercita la sovranità territoriale, e nella
demarcazione si fa la trasposizione dei dati geografici sul terreno.
Di solito il ricorso al metodo della delimitazione è un atto bilaterale tra i due stati confinanti
e si concretizza con la stipulazione di un trattato internazionale (Ronzitti, 2013: 78). La
delimitazione può riguardare la frontiera marittima nel caso di stati costieri adiacenti o
frontisti. In linea di principio è valido il principio di estensione4.
4 Secondo il Diritto Internazionale, uno Stato potrà fissare il mare territoriale a 12 miglia dalla linea di base o,
se lo tiene opportuno, ad un limite inferiore. Nel caso di Stati adiacenti o che si fronteggiano, in mancanza di accordo, la delimitazione unilaterale non è opponibile (sinonimo) allo stato adiacente o frontista. (Ronzitti, 2013: 78-79)
15
Il Digesto (Vol. XIII, 1987-1999: 410), trattando di sicurezza della navigazione marittima
pone un collegamento tra : tutela ambientale, sicurezza dei traffici marittimi e
salvaguardia della vita umana in mare.
L‟attività di navigazione si svolge in ambiti spaziali sottoposti alla sovranità di vari Stati.
Quest‟ultima coinvolge interessi di soggetti appartenenti a Stati ed ad aree economiche
differenti, avendo come conseguenza la nascita di rapporti giuridici destinati a non
esaurirsi. Nell‟ambito della cooperazione nel Mediterraneo operano delle Organizzazioni
che si presentano articolate a seconda dei gruppi di influenza : internazionale, regionale,
nazionale. Di esse tratteremo in seguito.
1.2.1 Iniziative di cooperazione a livello internazionale
IMO (International Maritime Organization) : è un‟Agenzia specializzata delle Nazioni Unite,
istituita a seguito dell‟adozione della Convenzione internazionale Marittima di Ginevra del
1948. Essa ha il compito di promuovere la cooperazione marittima tra i paesi membri e
garantire la sicurezza della navigazione e la protezione dell‟ambiente marino. Più
concretamente, sostiene l‟elaborazione e l‟adozione di convenzioni ed accordi su materie
relative alla navigazione ed al trasporto via mare dei passeggeri e delle merci, e anche alle
garanzie del trattamento degli equipaggi.5 Questo organo è nato nel 1982 essendo stato
preceduto dal preceduta dall‟IMCO (International Maritime Consultive Organization) del
1958. (Cfr. Digesto vol. XIII, 1987-1999: 411). Altre iniziative riguardano la :
GIZC (Gestione Integrata delle Zone Costiere)
Sorveglianza marittima integrata
Pianificazione dello Spazio Marittimo (PSM)
Assemblea Parlamentare Euro-Mediterranea
Fondazione Anna Lindh
5Cfr.http://www.esteri.it/MAE/Templates/GenericTemplate.aspx?NRMODE=Published&NRNODEGUID=%7b2032C
46A-F064-4B1B-9EBD-
FF0E02304E6F%7d&NRORIGINALURL=%2fMAE%2fIT%2fPolitica_Estera%2fEconomia%2fCooperaz_Econom%
2fIMO%2ehtm&NRCACHEHINT=Guest#1
16
1.2.2 Iniziative di cooperazione a livello regionale
FRONTEX6 Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere
esterne degli Stati membri dell‟Unione Europea
1.2.3 Iniziative di cooperazione a livello nazionale
Mare Nostrum
1.3 Fattori di rischio presenti nell’area e delle ricadute
ATTORI ESTERNI NEL MEDITERRANEO E GLOBALIZZAZIONE
L‟evoluzione verso la globalizzazione, che si è affermata nell‟area mediterranea negli anni
Duemila, ha influenzato notevolmente il quadro della cooperazione, specie nei
delicatissimi settori della lotta al terrorismo e del contrasto all‟immigrazione illegale.
Spesso si sono presentate resistenze da parte dei Paesi dell‟Europa del Nord, e al
contrario si è vista l‟Italia impegnata in cooperazioni di settore rafforzate con singoli paesi
europei (come in occasione della “Dichiarazione italo-francese sull‟immigrazione”
approvata nell‟aprile 2010 dai governi francese ed italiano).
Al di fuori dell‟ambito comunitario, l‟Italia, con Accordi di cooperazione bilaterali – come
quello stipulato con l‟Egitto nel 2010 - , ha conseguito dei risultati, ma a spese della
cooperazione multilaterale e dei suoi obiettivi di sradicamento delle cause di questi
gravissimi fenomeni. Il terrorismo e l‟immigrazione irregolare sono due realtà che vengono
presentate come sovrapposte ed intrecciate, e, peraltro, sono sempre più acutamente
percepite come la più grave minaccia alla sicurezza comune nell‟intera area .
I punti di debolezza delle politiche di cooperazione euro-mediterranea per quanto
concerne il terrorismo e l‟immigrazione sono:
- Le politiche adottate per la loro prevenzione nel corso degli ultimi anni si sono
rilevate poco efficaci .
- Tutti i provvedimenti che sono posti in essere a diversi livelli – nazionale,
intergovernativo, comunitario – spesso sfuggono ad un pieno controllo democratico, e
6 http://europa.eu/about-eu/agencies/regulatory_agencies_bodies/policy_agencies/frontex/index_it.htm
17
rischiano di limitare l‟esercizio dei diritti e la tutela della libertà dei cittadini europei e
dei paesi partner;
- Il rallentamento della collaborazione multilaterale: il venir meno della cooperazione si
può addossare alla diversa sensibilità degli stati membri, alla loro prossimità
geografica, alle diverse consuetudini storiche, e ai diversi interessi di ciascuno di essi.
Più sviluppata è invece la collaborazione bilaterale, ma risulta manchevole sotto il
profilo del supporto – morale e non solo -.dell‟intera comunità europea.
La tendenza verso la globalizzazione cui accennavamo prima ha influenzato notevolmente
il quadro della cooperazione. L‟evoluzione di questa tendenza è dovuta a vari fattori, come
l‟internazionalizzazione di alcune economie della sponda sud ed est del bacino (Egitto,
Israele, Turchia, e, su scala ridotta, Giordania, Marocco e Tunisia), e il diffondersi delle
opportunità di crescita degli scambi a livello internazionale. A questi fattori va aggiunto
anche il modificarsi della struttura dell‟economia mondiale.
I flussi degli scambi – e conseguentemente dei trasporti – vanno soprattutto dall‟Asia
orientale e dal sub-continente asiatico verso l‟Europa e la costa settentrionale del
continente americano, passando in modo massiccio attraverso il Canale di Suez, il Mar
Mediterraneo e lo Stretto di Gibilterra. Buona parte di questi flussi ha come destinazione la
stessa area mediterranea, un‟altra ha le coste dell‟Europa del Nord; un‟altra gli Stati Uniti e
il Canada. Si stima chel’80% del trasporto mondiale via mare passi per questo
bacino. Si sono in tal modo sviluppati grandi scali marittimi come Gioia Tauro in Italia, il
porto, ampliato, di Damietta in Egitto e quello di Tangeri in Marocco. Da questi grandi scali
le merci vengono poi distribuite attraverso un sistema di trasporto locale “huband spokes”,
che in parte si svolge ancora via mare, in parte si addentra per via di terra. I flussi extra-
regionali, in questo modello, tendono a superare quelli regionali, e favoriscono perciò
l‟integrazione globale rispetto a quella locale. A ciò si aggiunga l‟interesse di nuovi attori
extra-regionali per quest‟area, come l‟interesse strategico per il Vicino Oriente della
amministrazione del Presidente americano Obama, che si riflette sul Mediterraneo.
Attori esterni sulla scena mediterranea sono anzitutto i paesi del Consiglio di
Cooperazione del Golfo (CcG), i quali hanno rapidamente aumentato i loro investimenti,
specie diretti nei paesi del Vicino Oriente e del Nord Africa, fino a superare per alcuni anni
quelli dell‟Ue. Ancora oggi si mantengono elevati, specialmente nei settori di consumo,
come il turismo e l‟immobiliare, ed in buona parte nelle infrastrutture strategiche che
riguardano trasporti e servizi (in particolare energetici).
18
Altri grandi attori internazionali sono: l‟India, la Cina, la Turchia e la Federazione Russa.
Quest‟ultima ambisce ad un riavvicinamento al Mediterraneo, dietro la spinta dello
sviluppo del proprio settore energetico e della competizione per i mercati europei, per
l‟intensificarsi dei rapporti economici e commerciali con la Turchia, e per la recente svolta
filo-russa dell‟Ucraina. Le scelte politiche dell‟amministrazione Bush all‟indomani degli
eventi dell‟11 settembre 2001 sono state percepite dal mondo arabo musulmano come
antagoniste, per il sospetto di collusione, in particolare dell‟Arabia Saudita, con il
terrorismo di Al Qaeda. La polarizzazione con l‟Iran e i suoi alleati dopo la guerra in Iraq, e
gli sviluppi che ha comportato in Afghanistan, in Libano, e specialmente in Palestina con la
scissione di Hamas, hanno spinto i paesi del CcG a criticare la politica seguita dagli USA.
I paesi arabi moderati non hanno interrotto la loro alleanza con Washington, ma hanno
svolto un‟intensa attività diplomatica, specie in relazione al conflitto arabo-israeliano. Gli
eventi degli anni Duemila hanno portato ad una maggiore interazione strategica fra i vari
attori mediorientali, con Iran, Arabia Saudita e paesi del CcG impegnati nel quadro di uno
stesso conflitto dall‟Asia centrale alle sponde del Mediterraneo : da qui una presenza
senza precedenti, sul piano economico e politico, di paesi mediorientali nel bacino del
Mediterraneo. La Turchia ha svolto una politica molto attiva, sotto la guida del Partito per
la Giustizia e lo Sviluppo (Akp) di ispirazione religiosa islamica, nei confronti dei vicini
caucasici, mediorientali, oltre che della Russia. La Turchia può rappresentare in Medio
Oriente e nel Mediterraneo un nuovo attore, che per la sua cultura, la sua storia, le sue
capacità politiche ed economiche, può contribuire alla nascita di un Mediterraneo
sicuramente più sfaccettato ed aperto ad altre aree.
L‟Unione Europea è posta dinanzi a nuove sfide per quanto riguarda la sua politica
mediterranea, che va ripensata in un‟ottica di globalizzazione. L‟Unione ha elaborato
strategie – come la “East of Jordan”-, un progetto iscritto nella Strategia di Sicurezza del
2003, nella prospettiva della ripresa di un dialogo coni soli arabi. Questi tentativi però non
hanno avuto sviluppi concreti. Il negoziato con i Paesi del CcG allo scopo di creare
un‟area di libero scambio con i Paesi dell‟UE si è anch‟esso concluso con un nulla di fatto.
La prospettiva in cui collocare la politica euro-mediterranea oggi va inserita in un contesto
più allargato, che comprenda le relazioni con le regioni adiacenti e gli attori esterni, in
particolare la dimensione transatlantica. Per gli USA la tendenza alla globalizzazione del
Mediterraneo comporta vantaggi e sfide. Negli anni Ottanta dalla Conferenza di Madrid
presero avvìo negoziati multilaterali che formavano la sostanza strategica del progetto di
19
“Nuovo Medio Oriente”. Oggi la Turchia gode di un‟accresciuta potenza e desta serie
preoccupazioni per le sue nuove prospettive; l‟amministrazione USA, dal canto suo,
ponendo un legame tra i conflitti del Grande Medio Oriente e quello arabo-israeliano, ha
dato a quest‟ultimo una priorità che si rivela in maggiore sintonia con le esigenze
dell‟Europa. Se l‟Europa ampliasse la sua prospettiva oltre i confini del Mediterraneo,
tenendo conto dei legami che quest‟area ha con il Medio Oriente, il mondo arabo e quello
musulmano, verrebbe ad adottare un approccio anche più idoneo al rafforzamento di una
prospettiva transatlantica nel Mediterraneo. E‟ questo il compito delicatissimo, ma
possibile, di un‟attività politico-diplomatica europea più energica e dinamica nella regione,
in una più stretta cooperazione transatlantica.
CAPITOLO II : Il 5+5 : possibile sviluppo per i problemi di Sicurezza e Sorveglianza
Marittima del Mediterraneo
2.1 La strategia dell’ UE per garantire la Sicurezza e Sorveglianza Marittima verso il
Mediterraneo.
La politica europea di vicinato per il bacino mediterraneo
Breve storia delle politiche europee verso il Maghreb e il Mashreq dagli anni Novanta ad
oggi.
Le relazioni tra l‟Unione Europea e la sponda orientale e meridionale del Mediterraneo
hanno vissuto diverse stagioni, che potremmo sinteticamente raggruppare in quattro
momenti :
1° L‟attenzione iniziale sui Balcani e l‟Europa orientale;
2° Lo spostamento del focus verso il sud, operato dalla Conferenza di Barcellona del
1995;
3° La creazione di un‟unica politica di vicinato nel 2007;
4°Il primo periodo di programmazione dopo la Primavera Araba del 2011.
La politica orientale degli anni Novanta
Nell‟anno in corso, il 2014, si è avviato il nuovo settennato di programmazione dell‟Unione
Europea e, per inciso, nel secondo semestre dello stesso anno la presidenza sarà
dell‟Italia. In questo arco di tempo, attraverso le sue politiche interne ed esterne, l‟ U E
cercherà di raggiungere gli obiettivi di Europa 2020, dopo il parziale fallimento della
strategia di Lisbona, e a mezzo di una nuova fase della Politica di Vicinato, che dopo il
20
grande allargamento (il Big Bang) del 2004-2007, ha visto l‟Unione spostare il suo
baricentro verso oriente.
Nei primi anni Novanta, i rapidi mutamenti politici verificatisi nell‟Europa orientale e
balcanica avevano imposto ai Paesi dell‟Unione Europea (Comunità Economica Europea
fino al 1992) l‟adozione di scelte e strategie con un respiro di lungo periodo, e quindi con
un‟attenzione verso l‟Est. Da Varsavia a Mosca, da Tallinn a Sofia si mettono in atto grandi
cambiamenti. Si sciolgono l‟Unione Sovietica e così anche il Patto di Varsavia, e
scoppiano le guerre iugoslave. La Repubblica Democratica Tedesca cessa di esistere e
viene incorporata nella Germania Occidentale e nella CEE. La Cecoslovacchia si divide, e
all‟economia socialista subentra il libero mercato. Mosca appare una capitale sempre più
distante da Parigi, Berlino e Londra, e molte ex repubbliche sovietiche si rivolgono ad
occidente, spesso in un‟ottica antirussa. A metà degli anni Novanta le Repubbliche
Baltiche sottoscrivono gli Accordi di Associazione all‟Ue e, tra il 1999 (Cechia, Ungheria e
Polonia) e il 2004 (Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia)
quasi tutti gli stati dell‟ex blocco aderiscono alla NATO.
Finito il sistema bipolare, ad evitare pericolose derive autoritarie o l‟intromissione di altri
soggetti, era necessario intervenire con questo Drang nach Osten, da cui l‟insieme
europeo di aiuti erogati ad alcune delle ex repubbliche sovietiche7attraverso il programma
TACIS (finalizzato a sostenere il passaggio verso l‟economia di mercato, e a promuovere il
processo di consolidamento democratico e dello stato di diritto), e attraverso il programma
PHARE8, che dal 1994 al 2006 costituisce il principale strumento finanziario per la
preadesione e il raggiungimento dell‟aquis communautaire. Al programma PHARE si sono
aggiunte dal 2000 le componenti ISPA per le infrastrutture, e SAPARD per lo sviluppo
rurale. Destinatari ne sono stati i paesi dell‟Europa orientale diventati membri dell‟Unione
tra il 2004 e il 2007. Invece per i Balcani tra il 1996 e il 1999 è stato messo a punto il
programma OBNOVA con lo scopo di finanziare progetti, programmi ed azioni per la
cooperazione alla ricostruzione ed il ritorno dei profughi e degli sfollati. Nel periodo di
programmazione 2000-2006 il programma CARDS9 è stato destinato a Bosnia-
Erzegovina, Croazia, Jugoslavia (poi Serbia e Montenegro), Albania e Macedonia. Dal
2007 il programma ha cambiato nome e finalità, diventando IPA: Instrument for Pre-
Accession, ed è stato lo strumento che con le sue cinque componenti ha condotto i
Balcani occidentali verso l‟Unione Europea.
Tutto questo volume di risorse devolute per evitare derive autoritarie, o il riaccendersi di
focolai nei Balcani, spostava troppo verso Oriente l‟asse dell‟U E, rischiando di trascurare i
Paesi occidentali – Spagna, Portogallo e Italia meridionale -, già segnati da un Pil pro
capite inferiore a quello degli altri stati membri.
La Conferenza di Barcellona e le prime iniziative euro mediterranee
7 Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Cazachistan, Chirghisistan, Moldavia, Mongolia, Uzbechistan, Russia,
Tagichistan, Turcmenistan e Ucraina. 8 Il programma, istituito nel 1990 era rivolto solo a Polonia e Ungheria, da cui l’acronimo Poland and Hungary : Aid for
Restructuring of the Economies. In seguito è stato esteso anche agli altri Paesi. 9 Acronimo per Community Assistance for reconstruction, development and stabilisation.
21
A metà degli anni Novanta il versante Sud del Mediterraneo era ancora visto come una
realtà distante, sia perché geograficamente non era considerata Europa (come si poteva
discutere a livello politico per la Turchia e le repubbliche caucasiche), sia perché i flussi
migratori erano piuttosto contenuti. Sporadiche agitazioni nel Maghreb e nel Mashreq non
travalicavano i confini nazionali, e non incidevano sostanzialmente sull‟economia europea.
L‟UE prende coscienza della necessità di ampliare il suo raggio d‟azione anche in
direzione sud con la Conferenza di Barcellona del 1995, proponendosi di includere tutto il
Mediterraneo nel quadro delle relazioni privilegiate europee, e di promuovere
l‟integrazione economica e politica tra le due sponde. Da poco erano stati firmati gli
Accordi di Oslo – successo diplomatico di Bill Clinton e del Ministro degli Esteri norvegese
Johan J. Holst -; con Arafat e Rabin sembrava avviata un‟era di pacificazione tra arabi e
israeliani.
A Barcellona si costituisce il Partenariato Euro mediterraneo che coinvolge tutti i membri
dell‟UE di allora ed i seguenti paesi terzi mediterranei : Algeria, Cipro, Egitto, Israele,
Giordania, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia e Autorità Palestinese. La Libia
è esclusa perché sotto embargo ONU, e come osservatori sono invitati la Lega Araba e la
Mauritania. Finalità dell‟iniziativa è la creazione di uno spazio comune di pace e di
stabilità, obiettivo da raggiungere mediante azioni di cooperazione multilaterale sviluppate
in tre dimensioni :
- Il partenariato politico e di sicurezza,
- Il partenariato economico e finanziario,
- Il partenariato sociale, culturale ed umano.
Con la prima dimensione i partner si impegnano a rispettare i diritti umani e le libertà
fondamentali, l‟integrità territoriale e la sovranità degli altri stati, combattere il terrorismo e
la criminalità organizzata e promuovere la sicurezza regionale.
Il secondo asse, cui è assegnato il 90% dei fondi messi a disposizione dalla Commissione
Europea, è volto alla creazione di una Zona di Libero Scambio senza dazi doganali e altre
barriere commerciali che possano ostacolare la libera circolazione delle merci e dei
capitali.
La terza dimensione è invece volta a promuovere tutte le azioni utili a favorire il dialogo
interculturale, la reciproca conoscenza e il coinvolgimento delle organizzazioni della
società civile. Nel 2008, su impulso francese è stata costituita l‟Unione per il
Mediterraneo 10, con lo scopo di rilanciare la strategia del 1995, concentrandola su sei
macro-obiettivi ai quali corrispondono altrettanti grandi progetti :
- Disinquinamento del Mar Mediterraneo, comprese le zone costiere e le aree marine
protette;
- Creazione di autostrade del mare e terrestri che colleghino i porti, e miglioramento dei
collegamenti ferroviari al fine di facilitare la circolazione di persone e merci;
10
Ad essa aderiscono i 27 stati membri dell’UE, i paesi mediterranei meridionali e sudorientali e Albania, Bosnia Erzegovina, Croazia, Mauritania, Monaco e Montenegro.
22
- Piano mediterraneo per l‟energia solare, che indaghi le possibilità di sviluppare fonti
energetiche alternative nella regione;
- Programma di protezione civile congiunto sulla prevenzione, la preparazione e la
risposta alle catastrofi naturali o causate dall‟uomo;
- Costituzione di un‟Università Euro Mediterranea a Portorose, in Slovenia, inaugurata
nel giugno 2008;
- Iniziativa Mediterranea di Sviluppo Imprenditoriale che assista la piccola e media
impresa in una prima analisi del fabbisogno, offra assistenza tecnica e favorisca
l‟accesso al credito.
Si prevedeva inoltre l‟insediamento di un Segretariato Permanente, inaugurato a
Barcellona nel marzo 2010, con il compito di valutare proposte progettuali di
cooperazione euro mediterranea , e di supportare con finanziamenti i proponenti nella
ricerca. Nel Consiglio Europeo di Barcellona del 2002, per fornire un sostegno anche
finanziario alle iniziative di cooperazione, fu istituito il FEMIP – Fondo Euro Mediterraneo
di Investimento e Partenariato -, rafforzato ulteriormente dal Consiglio di Bruxelles
dell‟anno seguente. Questo strumento finanziario è gestito dalla BEI – Banca Europea per
gli Investimenti – e sostiene i cosiddetti PPM (Paesi Partner del Mediterraneo) a centrare
gli obiettivi della modernizzazione economica e sociale e dell‟integrazione regionale, in
coerenza con quanto previsto dalla Politica Europea di Vicinato (PEV) e dall‟ Unione per il
Mediterraneo. Il FEMIP unifica tutti gli strumenti utilizzati in precedenza dalla BEI per
operare nel Mediterraneo. In modo speciale finanzia i progetti relativi ai primi tre macro
obiettivi su menzionati. Con una spesa ad oggi di più di 11 miliardi di euro ha contribuito a
sviluppare progetti soprattutto nel campo dell‟energia, telecomunicazioni, PMI e gestione
dei rifiuti nei 9 Paesi destinatari11, con una netta prevalenza di Turchia, Tunisia, Algeria,
Egitto e Marocco; ha dato sostegno al settore privato mediante l‟iniziativa locale o gli
investimenti diretti esteri; ha promosso la creazione di un ambiente favorevole agli
investimenti. Il sostegno finanziario è costituito da erogazione di prestiti, private equity o
assistenza tecnica.
Il primo strumento finanziario dell‟Unione per il Mediterraneo, gestito dal Segretariato di
Barcellona e da due funzionari della BEI è il Fondo InfraMed per le Infrastrutture. La
realizzazione di questo Fondo è stata avviata dal FEMIP nel 2010, assieme alla BEI, alla
Cassa Depositi e Prestiti Italiana, alla Caisse des Dépots francese e a due istituzioni
finanziarie nordafricane, la marocchina Caisse de Dépot et de Gestion e l‟egiziana EFG
Hermes. Al Fondo InfraMed si affiancano, per progetti di importi minori, altri due fondi
regionali di investimento, InfraEgypt e InfraMaroc.
Un passo avanti nell‟avvicinamento tra le due sponde - dal punto di vista politico - è stata,
nel dicembre 2003 , la costituzione dell‟ APEM – Assemblea Parlamentare Euro
Mediterranea -, composta da membri dei parlamenti dei PPM e del Parlamento Europeo.
Il principale strumento mediante il quale la Commissione Europea ha finanziato gli
interventi di cooperazione economica e finanziaria del partenariato euro mediterraneo è
stato istituito con il Regolamento comunitario 1488 del 1996 : è il programma MEDA
11
Algeria, Egitto, Gaza/Cisgiordania, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Siria e Tunisia.
23
(MEDA I dal 1996 al 1999, e poi, con leggere modifiche, MEDA II dal 2000 al 2006).
Nell‟arco di dieci anni questo programma, costruito sulla base di TACIS e PHARE, ha
sostenuto progetti che promuovessero la realizzazione dei tre obiettivi del partenariato
euro mediterraneo con finanziamenti a fondo perduto, finanziamenti in conto interessi e
iniziative di venture capital. L‟intervento comunitario non doveva essere superiore all‟ 80%
del costo totale dei progetti, i cui beneficiari non erano solo le autorità centrali ma anche i
comuni, le associazioni di categoria, le organizzazioni non governative, i consorzi di
produttori, le associazioni e le fondazioni. La dotazione finanziaria di MEDA I era di 4,6
miliardi di euro, portati a 5,35 miliardi per il periodo di programmazione 2000-2006.
Il nome del programma, a differenza degli anglofoni CARDS, PHARE e TACIS, prevedeva
un bilinguismo anglo-francofono, e trae origine dal titolo “Mesures d‟accompagnement
financier et technique a la réforme des structures économiques et sociales dans le cadre
du partenariat euro-méditerranéen”. Con MEDIA II si assiste ad alcuni significativi
cambiamenti volti ad aumentare l‟efficacia e l‟efficienza delle iniziative portate avanti. Da
un punto di vista programmatorio si definiscono documenti programmatici uniformi : i
Country Strategy Paper ed iProgrammi – pluriennali – Nazionali o Regionali Indicativi. Dal
punto di vista organizzativo, invece, dal 2001 viene istituito a Bruxelles l‟Ufficio EuropeAid
(accanto alla DG Relex12, che mantiene funzioni di indirizzo politico e strategico di lungo
periodo) : detto Ufficio ha compiti più operativi, legati alla gestione ed attuazione del
programma. Inizia al contempo la devoluzione delle competenze alle Delegazioni, che si
completa nel 2004.
Verso un unico programma di vicinato
Con il 2007 si apre il nuovo settennato europeo di programmazione, con il quale si
formalizzano gli orientamenti già proposti dalla Commissione nella Comunicazione al
Consiglio e al Parlamento “Europa ampliata – Prossimità : Un nuovo contesto per le
relazioni con i nostri vicini orientali e meridionali” del marzo 2003. Non si discute più di
diversi programmi di cooperazione esterna, ognuno con proprie caratteristiche e rivolto ad
aree geografiche omogenee (CARDS per i Balcani, TACIS per la Russia e le ex
Repubbliche Sovietiche, PHARE per i Paesi in preadesione e MEDA per la costa
meridionale ed orientale del Mediterraneo) ma di Paesi ENPI (dall‟acronimo inglese del
nuovo strumento finanziario European Neighbouhood Policy Instrument) : i Paesi ai quali
si rivolge la Politica Europea di Vicinato, o di Prossimità.
Questi Paesi diventano pertanto una sorta di rimland, una cintura territoriale disciplinata
da un unico regolamento comunitario, il 1638/2006, e che, per alcuni aspetti, viene
distinta tra ENPI Sud (Algeria, Autorità Palestinese, Egitto, Giordania, Israele, Libano,
Libia, Marocco, Siria e Tunisia) ed ENPI Est (Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia,
Moldavia, Ucraina). La Russia è beneficiaria dei fondi ENPI anche se le relazioni con
l‟UE non rientrano nella PEV ma sono definite da un apposito Accordo di Partenariato
Strategico. Questa visione si allinea con quanto chiaramente indicato nella Strategia
Europea in materia di Sicurezza adottata dal Consiglio Europeo del dicembre 2003,
12
Direzione Generale Relazioni Esterne della Commissione Europea.
24
laddove si stabilisce che «l‟integrazione degli Stati aderenti aumenta la nostra sicurezza
ma ravvicina altresì l‟Europa alle zone problematiche. Il nostro compito consiste nel
favorire l‟esistenza di un cerchio di Paesi ben governati ad est dell‟Unione europea e
lungo il Mediterraneo, con cui possiamo intrattenere rapporti stretti e cooperativi»13.
Con l‟introduzione della PEV – Politica Europea di Vicinato, detta anche di Prossimità –
dal 2004, la politica mediterranea dell‟UE si è sdoppiata :
- Da una parte la PEV, che riguarda sostanzialmente il secondo pilastro di Barcellona, e
che si attua attraverso programmi nazionali o transfrontalieri;
- Dall‟altra il PEM (Partenariato Euro Mediterraneo), che si concentra sul I pilastro,
mentre il raggiungimento degli obiettivi del III pilastro è garantito anche dalla
Fondazione Anna Lindh14, il cui network raggruppa enti locali ed organizzazioni
della società civile provenienti da 43 Paesi; ha sede ad Alessandria d‟Egitto e finanzia
piccoli progetti di cooperazione tra la sponda settentrionale e quella meridionale nei
seguenti settori : istruzione e giovani; arti e cultura; pace e convivenza; valori, religione
e spiritualità; città e migrazioni; mezzi di comunicazione.
L‟Europa definisce i sui confini : la PEV riguarda i Paesi che l‟Europa considera il suo
confine e che, anche dopo l‟adesione a Bruxelles dei paesi candidati15 e potenzialmente
candidati16,rimarranno frontiera esterna anche nel medio-lungo periodo (decisione questa,
che soffoca le euro-speranze moldave e ucraine, che, dopo il periodo di TACIS,
aspiravano ad essere inserite nella programmazione IPA – Instrument for Pre-Accession
2007-2013 -, e di rientrare nelle prospettive di allargamento).
L‟area ENPI è quindi uno spazio con il quale la UE vuole intrattenere rapporti privilegiati e
costruire un solido e fidato partenariato, anche perché a sua volta confinante con paesi
particolarmente caldi, instabili e bellicosi, dall‟Africa Sub-Sahariana, all‟Iraq, all‟Iran. ENPI
sostituisce ed unifica i programmi MEDA e TACIS, disponendo, fino a tutto il 2013 di una
dotazione finanziaria pari a 11,18 miliardi di euro, di cui il 95% destinato ai programmi di
sviluppo nazionali, multinazionali o tematici; il rimanente 5% invece riservato ai programmi
di cooperazione transfrontaliera. Questi ultimi sono bilaterali (programma Spagna-
Marocco; Italia-Tunisia) o multilaterali (Bacino del Mediterraneo).
ENPI prevede una programmazione composita :
a) Country Strategy Paper : documento settennale di inquadramento politico-
economico del paese beneficiario, che comprende l‟analisi della situazione e la
strategia di risposta;
b) Il Programma Indicativo Pluriennale (3-4 anni) che stabilisce i finanziamenti globali
e settoriali previsti:
c) Il Piano d‟Azione Annuale, che descrive i progetti indicati per il finanziamento,
definisce il costo per ogni progetto, e determina lo stanziamento dei fondi. I primi
13
http://consilium.europa.eu/uedocs/cmsUpload/031208ESSIIIT.pdf. 14
www.euromedalex.org. 15
Turchia, Macedonia, Islanda, Montenegro e Serbia. 16
Bosnia-Erzegovina, Albania e Kosovo ai sensi della risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
25
Piani sono stati sviluppati con i paesi con cui l‟Europa ha già siglato gli Accordi di
Associazione o di Partenariato e Cooperazione (come Giordania, Marocco, Tunisia,
Israele e Autorità Palestinese).
d) Come fatto nuovo rispetto al passato, i paesi partner presentano un programma
operativo congiunto alla Commissione Europea, che, a seguito di un negoziato per
verificarne la conformità al regolamento di base ed ai documenti strategici, lo
adotta.
e) Le attività sono ammissibili a finanziamento solo da quando i singoli stati
sottoscrivono la Convenzione di finanziamento.
L‟Italia è interessata dal 2007 da due programmi ENPI : il transfrontaliero bilaterale Italia-
Tunisia17 e il programma “Bacino del Mediterraneo”, i quali cofinanziano al 90% progetti
promossi da partenariati composti da enti pubblici o del privato non profit provenienti
dall‟area ammessa18 e afferenti ai pilastri di Barcellona. I partenariati candidati devono
essere formati da almeno un partner della sponda settentrionale e uno proveniente da
quella meridionale. Il Marocco ha aderito al programma ma non ha sottoscritto l‟Accordo
Finanziario con la Commissione Europea, mentre non partecipano al programma Algeria,
Libia e Regno Unito (Gibilterra), pur essendo Paesi ammissibili secondo l‟ENPI CBC
(Country Cross-Border Cooperation) Strategy Paper. La Turchia ha invece fatto richiesta
di non essere inclusa tra i territori ammissibili al programma, avendo fatto altresì richiesta
di adesione all‟Unione Europea.
L‟Autorità di Gestione dell‟Italia-Tunisia è in capo alla Regione siciliana, mentre la
Regione Sardegna gestisce il „Bacino del Mediterraneo‟. Aver ottenuto l‟Autorità di
Gestione di un programma così esteso rappresenta un bellissimo risultato nell‟ottica del
posizionamento strategico, anche se le lingue ufficiali di lavoro sono l‟arabo, il francese e
l‟inglese. I risultati ottenuti però sono sporadici, non rispondenti ad una strategia chiara ed
articolata della politica estera italiana. Di alternative non ve ne erano, posto che la Francia
aveva già ottenuto la gestione del programma MED19, il programma di cooperazione
transnazionale interno all‟UE che finanzia progetti tra partner della sponda settentrionale
del Mediterraneo. Il MED è un programma bilingue inglese/francese, anche se
quest‟ultima lingua è la lingua ufficiale solo in Francia. La Grecia non era un candidato
forte, per la gestione ritenuta inadeguata del Programma Archimed 2000-2006. La Spagna
era troppo decentrata geograficamente. Valencia ospita comunque la sede del Branch
office per il Mediterraneo Occidentale, mentre la sede do riferimento per il Mediterraneo
orientale è ad Aqaba, in Giordania, bagnata dal mar Rosso. I programmi hanno fatto
17
Il cui territorio di riferimento è rappresentato dalle province di Caltanissetta, Agrigento, Siracusa, Ragusa e Trapani e dai governatorati di Ariana, Beja, Ben Arous, Biserta, Nabeul, Jendoubam, Tunisi e Manouba. 18
Cipro, Francia (limitatamente a Corsica, Linguadoca-Rossiglione, Provenza-Alpi-Costa Azzurra), Grecia, (Macedonia Orientale – Tracia, Macedonia Centrale, Tessaglia, Epiro, Isole Ioniche, Attica, Grecia Occidentale, Grecia Centrale, Peloponneso, Creta, Egeo settentrionale ed Egeo meridionale), Italia (Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana), Malta, Portogallo(Algarve), Spagna (Andalusia, Catalogna, Comunità Valenzana, Murcia, Isole Baleari, Ceuta e Melilla), Egitto (Marsa Matruh, Al Iskandanyah, Al Buhayrah, Kafr ash Shaykh, Ad Daqahliyah, Dumyat, Ash Sharquiyah,Al Isma ‘iliyah, Bur Sa ‘id, Shamal Sina’), Israele, Giordania (Irdbid, Al-Balga, madaba, Al-Karak, Al-Trafila, Al-Aqaba), Libano, Autorità Palestinese, Siria (Latakia e Tartous), Tunisia (Médenine, Gabès, Sfax, Mahdia, Monastir, Sousse, Nabeul, ben Arous, Tunis, Ariana, Bizerte, Béja, Jendouba). 13
A Marsiglia, presso la Regione PACA (Provenza-Alpi-Costa Azzurra).
26
registrare molti ritardi nell‟attuazione, nonostante i richiami alla semplificazione delle
procedure in un‟ottica dell‟aumento dell‟efficienza e dell‟efficacia da valutare in base ai
risultati conseguiti. Molto spesso le procedure sono risultate troppo complesse, e molto
forte il divario amministrativo ed organizzativo esistente tra le due sponde del
Mediterraneo.
Il futuro della politica europea di vicinato
Nel 2011 è iniziato l‟avvìo dei negoziati e delle riflessioni sulla nuova programmazione, in
un clima di grandi cambiamenti nei Paesi ENPI sud, segnati dalla Primavera Araba.
Esistono tre documenti comunitari20 che delineano gli orientamenti sulla politica di vicinato
2014-2020, e su come si intendono raggiungerne i risultati attraverso l‟ENI21, lo strumento
finanziario che sostituisce l‟ENPI.
Le modifiche apportate sono rilevanti : la semplificazione amministrativa, lo snellimento
del percorso di programmazione – anche per la Politica di Coesione che regolamenta i
Fondi Strutturali -, e soprattutto l‟introduzione del principio more for more.
Il principio more for more significa che il sostegno comunitario sarà in funzione degli
effettivi progressi compiuti dai paesi vicini nell‟istituire e consolidare la democrazia e
nel rispetto dello Strato di Diritto. Non viene definito un modello democratico di
riferimento, ma si richiamano degli indicatori di contesto :
- Elezioni libere ed eque;
- Libertà di associazione, di espressione, di riunione e di stampa;
- Indipendenza della magistratura e diritto al giusto processo;
- Lotta alla corruzione;
- Riforma del settore della sicurezza e democratizzazione delle forze armate e di polizia.
In questa direzione la Commissione prevede anche di costituire un Fondo Europeo per la
democrazia, a sostegno dei soggetti politici che lottano per il cambiamento democratico
nei loro paesi22: questo Fondo, qualora non fosse gestito in maniera indipendente,
potrebbe orientare il sostegno finanziario verso forme più gradite, intervenendo sulla libera
scelta di un sistema „democratico‟ più rispondente alle caratteristiche proprie dei singoli
paesi. Con l'applicazione del nuovo principio della differenziazione l‟Europa destinerà
pertanto un volume di fondi più consistente laddove ritenga che il suo aiuto possa produrre
risultati migliori : nelle regioni e nei paesi più bisognosi, compresi gli Stati fragili.
20
COM (2011) 200 definitivo – Comunicazione congiunta al Consiglio Europeo, al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni dell’8 marzo 2011 – “Un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale”; COM (2011) 303 definitivo – Comunicazione congiunta al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni del 25 maggio 2011 : Una risposta nuova ad un vicinato in mutamento e COM (2011) 839 definitivo – Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 dicembre 2011 che istituisce uno strumento europeo di vicinato. 21
European Neighbourhood Instrument, al quale la Commissione Europea ha destinato, con la proposta di bilancio del 7 dicembre 2011, una dotazione complessiva pari a 18,1 miliardi di euro. Il pacchetto sugli strumenti di azione sterna dell’Unione www.senato.it/documenti/repositoru/dossier/.../DossierElettronico89.pdf. 22
Nella comunicazione 303 vengono citati i partiti politici, le ONG non registrate, i sindacati e le altre parti sociali.
27
I Paesi che sono in grado di generare risorse sufficienti a garantire il loro sviluppo non
godranno più di sovvenzioni bilaterali, ma beneficeranno di nuove forme di partenariato e
continueranno a ricevere fondi attraverso programmi tematici e regionali. A complemento,
sono introdotte modalità innovative di cooperazione, come la combinazione di prestiti e
sovvenzioni.
Dal punto di vista economico il fine ultimo è la creazione di una zona di libero scambio
globale ed approfondita23, nella quale :
1. sia armonizzata la normativa in materia di concorrenza e appalti pubblici;
2. siano rispettate le medesime norme sanitarie, fitosanitarie e sul benessere degli
animali;
3. Siano abbattute le barriere commerciali.
Questo avverrà anche a mezzo della riduzione dai 29 settori tematici previsti nella
programmazione ENPI, ai 6 obiettivi specifici dell‟ENI. Inoltre la cooperazione
economica sarà integrata dal supporto della BERS – la Banca Europea per la
Ricostruzione e lo Sviluppo -, che espanderà il suo raggio d‟azione al Mediterraneo
meridionale ed orientale.
Il partenariato con la società civile sarà rafforzato attraverso la progressiva integrazione
dei paesi beneficiari nei programmi a diretta gestione della Commissione Europea. In
particolare si intende promuovere la cooperazione nel settore dell‟istruzione superiore
attraverso un sostegno alla mobilità degli studenti ed alla cooperazione interuniversitaria
con i programmi ricompresi in Youth on the Move, una delle cosiddette “iniziative faro”
individuate nella strategia Europa 2000, come ad esempio TEMPUS ed ERASMUS
MUNDUS e con HORIZON 2000, il successore dei Programmi Quadro per la ricerca
scientifica e lo sviluppo tecnologico.
Riguardo alla tipologia di programmi da adottare, viene confermata la logica attuale :
1) programmi bilaterali a sostegno di un unico Paese partner;
2) programmi multinazionali tematici e di cooperazione regionale o sub-regionale tra
paesi partner;
3) programmi di cooperazione transfrontaliera tra uno o più stati membri da una parte e
uno o più paesi mediterranei dall‟altra.
Dalla Dichiarazione di Barcellona ad oggi sono cambiate molte cose. Basti pensare ai due
dei paesi terzi firmatari degli accordi che sono divenuti membri dell‟Unione Europea : Cipro
e Malta; alla Turchia che ha ottenuto lo status di candidato, ed alle trasformazioni in atto in
molti stati. Una politica europea di vicinato, ben gestita ed utilizzata, può attrarre al polo
europeo questi stati, e garantire insieme all‟Unione una fascia di protezione e difesa da
possibili minacce esterne.
23
DCFTA – Deep and Comprehensive Free Trade Area.
28
Competenze dell’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la
Politica di Sicurezza
Attualmente Alto Rappresentante dell‟Unione Europea per la Politica Estera e di Sicurezza
(ed anche Vice Presidente della Commissione Europea in occasione del Consiglio
Europeo straordinario di Stoccolma nel dicembre 2009) è Catherine Ashton, il cui mandato
quinquennale verrà a scadenza durante il turno di presidenza italiana dell‟UE, nel secondo
semestre del 2004. In precedenza C. Ashton è stata Commissario Europeo per il
Commercio : durante quel periodo ha rappresentato l‟UE ai negoziati sul commercio
mondiale del Doha Round, ed ha contribuito ad instaurare significative relazioni
commerciali bilaterali e di investimento tra l‟UE e partner terzi.
In materia di Affari Esteri l‟Alto Rappresentante assume le funzioni svolte
precedentemente all‟entrata in vigore del Trattato di Lisbona, dalla presidenza a rotazione
semestrale, dall‟alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune (PESC) e
dal commissario europeo per le relazioni esterne. In conformità agli artt. 18 e 27 del
Trattato sull‟Unione Europea, l‟Alto Rappresentante :
- Guida la politica estera e di sicurezza comune dell‟Unione;
- Contribuisce con le sue proposte all‟elaborazione di questa politica, la attua in qualità
di mandatario del Consiglio ed assicura l‟attuazione delle decisioni adottate in materia;
- Presiede il Consiglio “Affari Esteri”;
- E‟ uno dei vicepresidenti della Commissione. Veglia sulla coerenza dell‟azione esterna
dell‟Unione. In seno alla Commissione è incaricata alle responsabilità che incombono
a tale istituzione nel settore delle relazioni esterne e del coordinamento degli altri
aspetti dell‟azione esterna dell‟Unione;
- Rappresenta l‟Unione per le materie che rientrano nella politica estera e di sicurezza
comune e conduce, a nome dell‟ Unione, il dialogo politico con i Paesi terzi; è a capo
del servizio europeo per l‟azione esterna.
Alla fine del 2008 è stata istituita l‟operazione EUNAVFOR Atalanta, per contrastare la
pirateria nel Golfo di Aden : questo mandato è stato rinnovato fino al dicembre 2012,
mentre la sua area d‟azione è stata estesa anche oltre il Golfo di Aden, nell‟Oceano
Indiano. L‟operazione si inserisce nel quadro di sostegno ed attuazione delle numerose
risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell‟ONU sulla lotta alla pirateria, e finalizzate : alla
protezione dei convogli del Programma Alimentare Mondiale (PAM) che trasportano aiuti
alimentari alla popolazione somala; alla protezione delle navi mercantili che navigano al
largo delle coste somale, ed alla dissuasione, prevenzione e repressione degli atti di
pirateria e degli attacchi a mano armata nelle aree da questi interessate. Il CAE del 23
marzo 2012ha approvato la Decisione relativa all‟estensione del mandato dell‟operazione
Atalanta fino al dicembre 2014, e l‟estensione dell‟area delle operazioni, in presenza di
determinate condizioni, azioni anche a terra, limitatamente ad una fascia costiera definita.
Le operazioni militari condotte nel quadro della politica di sicurezza e difesa comune
(PESC) non sono inserite nel bilancio dell‟Unione Europea . Queste operazioni sono
finanziate dai contributi degli Stati membri. Con la “Decisione 2011/871/PESC del
29
Consiglio, del 19 dicembre 2011,relativa all‟istituzione di un meccanismo per amministrare
il finanziamento dei costi comuni delle operazioni dell‟Unione Europea che hanno
implicazioni nel settore militare o della Difesa (Athena)” è stato istituito un meccanismo di
gestione del finanziamento dei costi comuni relativi a tali operazioni. Tale meccanismo
(Athena) è dotato di capacità giuridica e riguarda soprattutto due specie di operazioni :
1. Operazioni militari dell‟UE
2. Azioni di sostegno militare, decise dal Consiglio, a sostegno di uno Stato terzo o di
un‟organizzazione terza, e che quindi non sono sottoposte ai comandi operativi dell‟
Unione Europea.
I rappresentanti speciali dell’Unione Europea (RSUE) coadiuvano l‟Alto
Rappresentante dell‟UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, nella trattazione di
questioni attinenti a singoli paesi/regioni o a tematiche specifiche. Hanno un ruolo
importante perché :
a) Fanno sì che l‟Unione Europea garantisca una presenza politica attiva in paesi e
regioni chiave, agendo come volto e voce per le politiche dell‟UE;
b) Rendono più forte ed efficace la Politica Estera e di Sicurezza Comune,
conferendo all‟UE una maggiore coerenza come attore sulla scena globale.
Attualmente esistono dieci RSUE per : Afghanistan, Unione Africana, Bosnia-Herzegovina,
Asia Centrale, Corno d‟Africa, Kosovo, il Processo di Pace in Medio Oriente (MEPP), Sud
Caucaso e Georgia, Mediterraneo meridionale, Sudan e Sud Sudan. In queste regioni i
rappresentanti speciali promuovono le politiche e gli interessi dell‟Unione Europea, e
contribuiscono attivamente a consolidare la pace, la stabilità e lo stato di diritto.
L‟Unione Europea dispone di un‟ampia gamma di misure restrittive come strumento di
politica estera. Di volta in volta è importante saper valutare quali misure o pacchetti si
prestino meglio a conseguire i risultati desiderati. Tali misure possono prevedere :
- Sospensione della cooperazione con un paese terzo;
- Sanzioni commerciali (generali o specifiche, embarghi sulle armi);
- Sanzioni finanziarie (congelamento dei fondi o delle risorse economiche, divieti
riguardanti transazioni finanziarie, restrizioni relative ai crediti all‟esportazione o agli
investimenti);
- “travel ban”.
Le misure restrittive imposte dall‟Unione Europea possono essere dirette sia a governi di
paesi terzi, che contro entità non statali e persone fisiche o giuridiche (ad esempio gruppi
terroristici e singoli terroristi). Negli ultimi anni il Consiglio dell‟UE ha approvato una serie
di orientamenti sull‟attuazione e la valutazione delle misure restrittive (sanzioni) nel
contesto della politica estera e di sicurezza comune dell‟UE, che forniscono indicazioni su
questioni generali e contengono formule standard e definizioni comuni da utilizzare negli
strumenti giuridici di attuazione di misure restrittive.
30
2.2 La Politica Marittima Integrata dell’Unione Europea
Tra i passi più significativi verso una Politica Marittima Integrata per l‟Unione Europea vi è
indubbiamente il Sistema di Barcellona 1976/1995, con il Protocollo SPA ed il Protocollo
detto GIZC – Gestione Integrata delle Zone Costiere -. «Tale ultimo Protocollo – scrive
Fabio Caffio24- , nel perseguire la protezione e lo sviluppo sostenibile delle zone costiere
del Mediterraneo, sollecita gli Stati ad adottare una strategia di gestione integrata di tutte
le problematiche ambientali, socio-economiche e culturali, finalizzate alla conservazione e
alla protezione dell‟ambiente umano, tenendo conto, allo stesso tempo, della fragilità degli
ecosistemi e dei paesaggi, della varietà delle attività e degli usi, delle loro interazioni, della
vocazione marittima di alcuni di essi e del loro impatto sulle componenti marine e terrestri.
Il contenuto del Protocollo implica, quindi, che vi sia un‟integrazione delle politiche
collegate dei diversi settori coinvolti e delle componenti terrestri e marittime del territorio
interessato (la sottolineatura è nostra). Il Protocollo impone alle parti l‟obbligo di cooperare
“al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile e la gestione integrata delle zone costiere” e
in questa prospettiva esse devono definire un “quadro regionale comune” per la gestione
integrata delle zone costiere del Mediterraneo, che sarà attuato mediante idonei piani
d‟azione regionali e altri strumenti operativi, nonché nell‟ambito delle rispettive strategie
nazionali».
La Politica Marittima Integrata (PMI) è stata istituita nel 2007 per riaffermare la dimensione
marittima dell‟Unione Europea : fin dalla sua creazione ha cercato di potenziare lo sviluppo
sostenibile dell‟economia marittima europea e di tutelare più efficacemente l‟ambiente
marino, favorendo la collaborazione di tutti gli interessati al di là dei settori e delle frontiere.
La PMI ha dunque il compito di coordinare, e non di sostituire le politiche relative ai settori
marittimi specifici, occupandosi di questioni che riguardano diversi interlocutori. Il suo
scopo è quello di :
- cogliere l‟interconnessione delle industrie e delle attività dell‟uomo incentrate sul mare.
Quando si discute di porti, trasporti marittimi, ricerca sui mari, energia eolica, pesca o
turismo, una decisione in un settore può incidere su tutti gli altri. Ad esempio un parco
eolico offshore può creare perturbazioni ai trasporti marittimi, ed avere conseguenze
sulle attività portuali;
- risparmiare tempo e denaro, sollecitando le autorità nazionali allo scambio dei dati in
tutti i settori, ed a collaborare, anziché operare separatamente sui diversi aspetti del
medesimo problema;
- rafforzare una collaborazione sempre più sistematica e strutturata tra i responsabili
politici nei diversi settori e a tutti i livelli di governo – autorità marittime nazionali,
amministrazioni regionali e locali, autorità internazionali, sia in Europa che altrove.
In seno ad una conferenza organizzata a Limassol (Cipro) l‟ 8 ottobre 2012, i ministri
europei per la politica marittima e la Commissione Europea (rappresentata dal presidente
24
Fabio Caffio, Carnimeo Nicolò, Leandro Antonio, Elementi di diritto e geopolitica degli spazi marittimi, Bari, Cacucci editore S.a.s. 2013, pp. 155-156.
31
José Manuel Barroso e dalla commissaria Maria Damanaki), hanno adottato un‟ Agenda
marina e marittima per la crescita e l‟occupazione, ribadendo in tal modo – a livello di
Unione, Stati membri e Commissione – il significato che un approccio dinamico e
coordinato in materia di affari marittimi ha nel rafforzare lo sviluppo dell‟"economia blu”, e
nel garantire allo stesso tempo il buono stato ecologico dei mari e degli oceani.
L‟UE, con il regolamento 1255/2011 fissa le priorità strategiche della politica marittima
integrata individuate dalla Commissione, dal Consiglio e dal Parlamento europeo, ed offre
finanziamenti, erogando delle risorse25 in milioni di euro da destinare principalmente a
„bandi di gara‟ ed 'inviti a presentare proposte'.
Ci soffermeremo brevemente sulle politiche trasversali che appartengono alla Politica
Marittima Integrata, per poi focalizzarci più diffusamente sul tema più specifico, che ci
riguarda, della Sorveglianza Marittima Integrata.
1. Crescita blu26. E‟ la strategia a lungo termine per appoggiare una crescita sostenibile
nei settori marino e marittimo. Riconoscendo che i mari e gli oceani rappresentano un
motore per l‟economia europea, con al suo attivo enormi potenzialità per l‟innovazione
e per la crescita, questa strategia rappresenta il contributo della politica marittima
integrata al conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 per una crescita
intelligente, sostenibile ed inclusiva. La cosiddetta “economia blu” impiega circa 5,5
milioni di persone, e genera un valore aggiunto lordo di quasi 500 miliardi di euro
l‟anno, ed alcuni settori presentano ulteriori margini di crescita. La strategia si articola
in tre componenti : I°) Misure specifiche di politica marittima integrata : a)„conoscenze
oceanografiche‟ per migliorare l‟accesso alle informazioni sui mari); b) Pianificazione
dello spazio marittimo (per garantire una gestione efficace e sostenibile delle attività
in mare); c) Sorveglianza marittima integrata (per permettere alle autorità di avere un
quadro più chiaro di ciò che accade in mare). II°) Strategie relative ai bacini marittimi,
per garantire la migliore combinazione possibile di misure volte a promuovere una
crescita sostenibile, tenendo conto dei fattori climatici, oceanografici, economici,
culturali e sociali (Mare Adriatico e Mar Ionio; Oceano Artico; Oceano Atlantico; Mar
Baltico; Mar Nero; Mar Mediterraneo; Mare del Nord); III°) Approccio mirato ad attività
specifiche (acquacoltura; turismo costiero; biotecnologie marine; energia degli oceani;
estrazione mineraria nei fondali marini)27.
2. Conoscenze oceanografiche 202028. Il libro verde in oggetto raccoglie dati marini da
diverse fonti, allo scopo di aiutare le imprese del settore, le autorità pubbliche e i
ricercatori a trovare dati ed utilizzarli in maniera più efficiente per lo sviluppo di nuovi
prodotti e servizi. Inoltre serve a migliorare la nostra conoscenza del comportamento
dei mari. Poiché i mari costituiscono un sistema di dimensioni globali, caratterizzato
25
Cfr. Documento Ufficiale Programma di lavoro della politica marittima integrata pdf [115 KB] (12.03.2012). 26
Cfr. Documento Ufficiale “Libro blu” – comunicazione : Una politica marittima integrata per l’Unione europea (10.10.2007). 27
Cfr. Documento Ufficiale Comunicazione della Commissione : Crescita blu; opportunità per una crescita sostenibile dei settori marino e marittimo (13.09.2012). 28
Cfr. Documento Ufficiale “Conoscenze oceanografiche 2020 : dalla mappatura dei fondali marini alle previsioni oceanografiche”. Esito della consultazione pubblica pdf [689 KB] (11.11.2013).
32
da venti mutevoli, correnti stagionali e specie migratorie, i dati nazionali sono
insufficienti a rivelare tutto ciò che dobbiamo sapere sui mari. L‟UE ha guidato per
questo motivo l‟integrazione dei diversi sistemi nazionali e locali in un unico sistema
coerente. Grazie alle sue competenze esplicite in settori quali la pesca, l‟ambiente, i
trasporti, la ricerca, le imprese e l‟industria, l‟UE ha potuto fornire i finanziamenti e la
base normativa per l‟iniziativa Conoscenze oceanografiche 2020. Sul piano pratico
attraverso EMODNET, la rete europea di osservazione e di dati dell‟ambiente marino,
i tecnici e gli scienziati possono consultare i dati disponibili per un determinato bacino
marino e scaricare sia i rilevamenti originali che i dati derivati, come i modelli
topografici digitali, la distribuzione dei sedimenti e gli habitat marini. Lo studio di casi
concreti offre i vantaggi di un accesso migliore ai dati : CASO n. 1 : Acquacoltura in
mare aperto – progettazione di nuove gabbie in mare; CASO n.2 : Protezione contro
l‟erosione delle coste; CASO n.3 : Protezione dei cavi negli impianti eolici offshore;
CASO n.4 : Dati idrografici per ottimizzare le rotte di navigazione29.
3. Pianificazione dello spazio marittimo30. Consiste nel pianificare quando e dove
svolgere le attività umane in mare per garantire che siano per quanto possibile
efficienti e sostenibili. La pianificazione coinvolge le parti interessate in modo
trasparente nella gestione delle attività marittime. La Commissione ha stabilito che i
singoli Paesi dell‟UE saranno liberi di pianificare le proprie attività marittime, ma per
rendere più uniforme la pianificazione a livello locale, regionale e nazionale nelle zone
marittime condivise, stabilisce una serie di requisiti minimi comuni. Infatti esiste una
competizione per lo spazio marittimo (impianti per le energie rinnovabili, acquacoltura
ed altri settori di crescita) : una gestione efficiente, sorretta da norme, è necessaria
per evitare potenziali conflitti e creare sinergie tra le diverse attività. I vantaggi della
pianificazione dello spazio marittimo sono, oltre a quello di limitare i conflitti, anche :
incoraggiare gli investimenti; accrescere il coordinamento tra le amministrazioni dei
singoli paesi con l‟uso di un unico strumento che limiti i costi e semplifichi le
procedure; incrementare la cooperazione transfrontaliera tra i paesi dell‟UE a livello di
cablaggio, oleodotti, impianti eolici, rotte di navigazione…; proteggere l‟ambiente con
l‟individuazione precoce dell‟impatto e delle opportunità per un uso polivalente dello
spazio.
4. Sorveglianza marittima integrata. Consiste nell‟aiutare le autorità competenti od
interessate a scambiarsi dati e informazioni allo scopo di rendere la sorveglianza
meno costosa e più efficace. L‟UE e i paesi membri stanno perfezionando un
Sistema comune per la condivisione delle informazioni (CISE) per integrare le reti
e i sistemi di sorveglianza esistenti e consentire a tutte le autorità interessate di
accedere a tutte le informazioni di cui hanno bisogno per le loro missioni in mare. Il
CISE intende rendere interoperabili i vari sistemi, facilitando lo scambio di
29
Cfr. sui dati marini Orizzonte 2020. 30
Cfr. Documento Ufficiale Proposta di direttiva che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo e la gestione integrata delle zone costiere pdf (15.03.2012).
33
informazioni a mezzo dell‟impiego di moderne tecnologie, e dell‟adozione di una
tabella di marcia31.
Dimensione mediterranea della politica marittima integrata
Sul bacino mediterraneo si affacciano oltre 20 Paesi ed il Mar Mediterraneo rimane in gran
parte al di fuori della giurisdizione nazionale. E‟ pertanto necessaria una cooperazione per
gestire le attività marittime, proteggere l‟ambiente ed il patrimonio marino, prevenire e
combattere l‟inquinamento, garantire uno spazio marittimo più sicuro…
La dimensione mediterranea della politica marittima integrata ha come obiettivo migliorare
la cooperazione e la governance, e promuovere al contempo la crescita sostenibile nella
regione. Numerose sono le azioni che sono state poste in essere :
- Il Forum marittimo, un gruppo di lavoro sulla politica marittima integrata nel
mediterraneo, per lo sviluppo di approcci comuni alle politiche marittime nel
Mediterraneo e lo scambio delle migliori pratiche;
- IMP-MED progetto sulla politica marittima integrata per il Mediterraneo, per dare
l‟opportunità ai paesi della politica europea di vicinato del Mediterraneo di fornire ed
ottenere assistenza in materia di cooperazione e sviluppo della politica marittima;
- Il progetto MAREMED (MAritime REgions cooperation for the MEDiterranean),
nell‟ambito del programma di cooperazione territoriale europea nel Mediterraneo nel
periodo 2007-2013, che mira a promuovere la gestione marittima integrata e lo
sviluppo sostenibile delle zone costiere per diversi livelli di governance delle coste;
- Definizione di una strategia marittima per il bacino adriatico-ionico, in collaborazione
con i paesi costieri interessati, ed elaborazione di un quadro per la cooperazione in
questa regione;
- Il forum sulle funzioni della guardia costiera nel Mediterraneo (MedCGFF), forum non
vincolante, volontario, indipendente ed apolitico, che riunisce i rappresentanti delle
amministrazioni, istituzioni ed agenzie competenti per le funzioni di guardia costiera in
tutti i paesi rivieraschi del Mediterraneo;
- Il partenariato euro mediterraneo, istituito dalla dichiarazione di Barcellona nel 1995,
che è un forum regionale per la cooperazione politica, economica e sociale che integra
gli accordi di associazione bilaterali ed i piani d‟azione della PEV;
- L‟Unione per il Mediterraneo che nel 2008 ha rilanciato questo processo;
- Progetto MedPAN Sud, finanziato da fondi dell‟UE, per lo sviluppo di una rete
mediterranea di aree marine e costiere protette;
- Progetto SAFEMED per il rafforzamento della cooperazione in materia di sicurezza
marittima e prevenzione dell‟inquinamento32.
In tempi più recenti la cooperazione europea ha conseguito progressi importanti grazie
alla definizione di una politica marittima integrata che pone tra i suoi obiettivi principali
31
Cfr. Documento Ufficiale Comunicazione della commissione al Consiglio e al Parlamento europeo relativa a un progetto di tabella di marcia per la creazione di un sistema comune per la condivisione delle informazioni ai fini della sorveglianza del settore marittimo dell’UE (COM (2010)584 def.). Si veda anche BLUMASSMED – Progetto pilota sull’integrazione della sorveglianza marittima nel mare Mediterraneo e nei suoi approcci atlantici (2009-2012). 32
Cfr. Documenti principali : Comunicazione della Commissione “Una politica marittima integrata per una migliore governance nel Mediterraneo” (COM (2009) 466). Comunicazione congiunta “Un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale” pdf. COM (2011) 200.
34
l‟integrazione della sorveglianza marittima, mediante scambi informativi tra le autorità
nazionali responsabili del monitoraggio e della sorveglianza in mare, senza tuttavia
mettere in discussione le competenze stabilite dalla normativa nazionale e comunitaria.
Tale approccio ambisce non solo a migliorare il livello di sorveglianza in generale in
termini di raccolta e trattamento delle informazioni, ma anche di ridurre i costi di
sorveglianza grazie ad economie di scala fino ad ora non sfruttate.
Considerando l‟enorme volume del commercio esterno dell‟Unione Europea, che avviene
per il 90% via mare, si ritiene di dare grande impulso alla crescita economica assicurando
le condizioni fondamentali di “sicurezza” in mare nel senso più lato, riducendo la
complessità (cross-sector e cross-border) che deriva dalla natura trasversale della
sorveglianza marittima, e dal grande numero di attori militari e civili coinvolti.
Le attese in termini di benefici risultanti da questo processo riguardano le positive ricadute
su :
- La sicurezza nazionale;
- La sicurezza marittima (maritime security);
- La sicurezza della navigazione (maritime safety);
- La protezione dell’ambiente marino;
- Il controllo delle frontiere marittime;
- L‟ applicazione della legge in generale.
Sono molto significativi i risparmi potenziali a livello di UE, in considerazione della
crescente necessità di prevenire incidenti in mare, salvaguardare l‟ambiente marino, e
soprattutto di : scoprire, identificare, tracciare, intercettare ed incriminare soggetti dediti al
contrabbando, al traffico di esseri umani, alla pesca illegale, all‟immigrazione clandestina.
Tecnologia di scambio delle informazioni
Nel quadro della roadmap europea per la realizzazione del Cise33 si inserisce
BluemassMed (Bmm) – Blue Maritime Surveillance System Med : Pilot Project on
integration of maritime surveillance on the Mediterranean Sea and its Atlantic approaches.
La politica marittima integrata ed il Cise hanno individuato sette comunità di utenti che
partecipano alla cooperazione informativa :
1) Difesa e sicurezza;
2) Sicurezza della navigazione,
3) Ambiente marino;
4) Pesca;
5) Dogane;
33
Cise (Common Information Sharing Environment) : creazione di un ambiente tecnologico comune attraverso cui realizzare una cooperazione informativa fra le amministrazioni europee responsabili delle attività di sorveglianza marittima.
35
6) Controllo frontiere;
7) Diritto del mare.
Queste comunità di utenti hanno l‟obiettivo di utilizzare in modo sinergico il flusso
informativo. Bmm è stato lanciato nel 2008, ed ha svolto prove reali di scambio di
informazioni a livello nazionale e tra stati, da parte delle autorità responsabili delle
operazioni di sorveglianza. La rete è basata su un‟architettura a servizi, funzionante in
modo de-centralizzato (nessuna entità o autorità è in possesso di tutti i dati). Le
autorità connesse alla rete agiscono secondo i loro compiti, diritti, competenze e
responsabilità, e sulla base di una migliore conoscenza dell‟ambiente in cui operano –
il mare – possono svolgere meglio il proprio compito, disponendo di un flusso
informativo maggiore rispetto alla situazione precedente.
Partecipano a questo progetto pilota europeo sei Stati del Mediterraneo : Italia,
Francia, Spagna, Portogallo, Grecia e Malta. L‟Italia è presente con dieci
Amministrazioni appartenenti ai Ministeri :
- Dell‟Interno (Immigrazione e Antidroga);
- Della Difesa (Stato Maggiore Difesa e Marina);
- Dell‟ Economia e Finanze (Guardia di Finanza e Dogane);
- Delle Infrastrutture e Trasporti (Capitanerie di Porto e Trasporto Marittimo);
- Dell‟Ambiente (Protezione della Natura e del Mare);
- Agenzia spaziale italiana, con il ruolo di coordinatore nazionale su mandato della
Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Le attività definiscono funzioni e servizi del Nodo primario interministeriale italiano,
costituito dalla Centrale nazionale interministeriale di sorveglianza marittima operante
presso il Comando in Capo della Squadra Navale della Marina, con il contributo di tutte le
amministrazioni partecipanti al progetto.
BluemassMed ha acquistato una rilevanza strategica sperimentando con successo ,
(attraverso una efficace cooperazione operativa a livello regionale, e senza infrastrutture
centralizzate di governo del sistema e di accumulazione dei dati) un modello di
cooperazione informativa paritaria fra gli Stati.
Prossima frontiera : implementare la relazione tra Sicurezza Marittima e Sistemi
Spaziali34
La relazione tra sistemi spaziali e sicurezza marittima va rafforzata e portata agli stessi
livelli che esistono tra i sistemi spaziali e la sicurezza e difesa.
«Il dominio marittimo fa parte del Global Commons (aree su cui nessuna giurisdizione
nazionale può affermare un diritto di sovranità esclusiva) al pari dello spazio extra-
atmosferico, per cui il binomio “satellite – alto mare” ha una sua ragione di sostegno
reciproco. Nella realizzazione del progetto pilota gli assetti spaziali sono stati inseriti in
modo completo nell‟architettura duale della rete europea di sorveglianza marittima,
insieme agli assetti in situ non spaziali, per sviluppare nuovi servizi innovativi che sfruttano
34
Cfr. Roberto Leonardi, La sorveglianza europea del Mediterraneo Sul mare diciamoci tutto «Affari Internazionali», 09-06-2012.
36
la tecnologia radar dei satelliti della costellazione duale Cosmo-SkyMed : valorizzazione
dei satelliti di osservazione in un ruolo pro-attivo (ripresa satellitare dell‟area mediterranea
in modo sistematico e preventivo, non solo nelle situazioni di emergenza».
I recenti sviluppi delle politiche marittime nazionali, internazionali e comunitarie hanno
determinato l‟affermazione di concetti operativi come : VTM (Vessel Traffic Management)
ed E-Navigation, come evoluzione naturale dei servizi VTS/VTMIS, in direzione di una
gestione integrata del traffico marittimo da porto a porto e della fornitura di servizi geo-
spaziali di aiuto alla navigazione alle navi in transito nei corridoi di navigazione,
direttamente a bordo in modo integrato con il sistema di navigazione.
L‟implementazione di questi concetti operativi richiede l‟integrazione delle tradizionali
tecnologie di rilevamento con nuove e più sofisticate tecnologie di monitoraggio satellitari,
e con infrastrutture di comunicazione a banda larga per la gestione dell‟immagine del
traffico regionalizzata. Attualmente ASTER rappresenta un partner ingegneristico di
eccellenza specializzato nella implementazione delle politiche marittime, nell‟analisi e
nell‟implementazione dei requisiti operativi, nella stesura delle specifiche tecniche e
nell‟assistenza tecnica per lo spiegamento delle infrastrutture e dei sistemi operativi per la
sorveglianza marittima. Nella progettazione di architetture di sorveglianza integrate i
membri del Management Team sono in grado di combinare a seconda delle specifiche
prestazionali, dei target e delle minacce attese, sensori radar di taglia e tipologia anche
molto diversa, progettando quindi sistemi di tracciamento, e data fusion customizzati sulle
specifiche esigenze. In particolare il requisito operativo può comportare la combinazione e
integrazione, a livello di tracciatore, di :
. Radar millimetrici in banda K, per la sorveglianza portuale e costiera a corto raggio e
ad alta risoluzione (profiling);
. Radar coerenti in banda X, per la sorveglianza e il monitoraggio delle rotte a lungo
raggio;
. Radar satellitari ad apertura sintetica (SAR), per la rivelazione, l‟identificazione e la
classificazione periodica di natanti in alto mare (Programma GMES);
. Sistemi di Rapportazione ed identificazione Automatica, per il tracciamento cooperante
automatico, l‟identificazione e l‟autenticazione dei natanti nelle acque territoriali e contigue
(AIS) ed in mare aperto (LRIT).
37
SISTEMI ASTRA DI SORVEGLIANZA MARITTIMA
INTEGRATA
Il nuovo Centro Operativo della Marina Militare inaugurato il gennaio scorso a Roma nella
sede del Comando in Capo della Squadra Navale (CINCNAV) dimostra l‟attenzione che la
Marina Militare Italiana pone alla sorveglianza integrata degli spazi marittimi di interesse in
concorso con le altre Amministrazioni dello Stato e con le Marine Alleate, ed interviene
con la massima tempestività ed efficacia alla capacità di proiezione delle forze sul mare e
dal mare. Dal 2010 la Centrale Operativa di Sorveglianza Marittima affianca la
tradizionale Centrale Operativa Aeronavale, nello svolgimento del compito di
sorveglianza dell‟ambiente marittimo in ambito nazionale, NATO, UE e multinazionale,
essendo peraltro dotata delle più moderne tecnologie informatiche e di comunicazioni.
La Centrale Operativa Aeronavale consente a CINCNAV di esercitare il Controllo
Operativo delle Forze assegnate, mediante un sistema articolato di Comando e
Controllo,il cui cuore è rappresentato dal Maritime Command and Controll Information
System (MCCIS), sistema interoperabile con tutti gli omologhi sistemi della NATO e
dell‟UE.
38
Nuovo Centro Operativo della Marina Militare presso il
Comando della Squadra Navale
Nella nuova struttura l‟area riservata alle Centrali Operative è suddivisa in quattro
sottozone : a) Centrale Operativa Aeronavale; b) Centrale per il Controllo Operativo dei
Sommergibili; c) Centrale per il Controllo dei Velivoli da Pattugliamento Marittimo; d) Area
riservata alla Centrale Operativa dell‟ European Maritime Component Commander Ashore,
area totalmente integrata ma fisicamente separata dalla struttura nazionale.
Sotto il Comando in Capo della Squadra Navale operano circa 16.000 militari, il 48%
dell‟intera forza della Marina, con i seguenti comandi dipendenti :
- COMFORAL (Comando Forze d‟Altura)
39
- COMFORPAT (Comando Forze da Pattugliamento per la Sorveglianza e la Difesa
Costiera)
- COMFORDRAG (Comando delle Forze di Contromisure Mine)
- COMFORSUB (Comando Forze Subacquee)
- COMFORSBARC (comando Forze da Sbarco)
- COMFORAER (Comando Forze Aeree)
- COMFORAUS (Comando Forze Ausiliarie)
- MPA (Maritime Patrol Aircraft)
- QGM (Quartier Generale della Marina)
- MARICENTADD (Cemtro Addestramento)
- MARITELE (Centro principale delle Telecomunicazioni)
Il Comando in Capo della Squadra Navale ha come missione principale approntare le
forze aeronavali ed anfibie che da esso dipendono per contribuire alla sorveglianza e
difesa integrata degli spazi marittimi di interesse nazionale e garantire la proiezione di
capacità delle forze sul mare e dal mare.
2.3 Strategie nuove per la sicurezza euro-mediterranea. Processi di
integrazione sub-regionali. Instabilità del Mediterraneo e il contributo della
Marina.
Strategie nuove per la sicurezza euro-mediterranea
Dall‟inizio del 2011 la regione mediterranea e mediorientale sono state investite da eventi
drammatici : le rivolte in Tunisia ed Egitto, la guerra in Libia, gli sconvolgimenti in Siria,
nuove tensioni nella regione del Golfo… In particolare la cosiddetta “primavera araba”,
con il crollo inaspettato ed improvviso di regimi autoritari, ha posto all‟Unione Europea
nuove sfide relative alla sua politica di sicurezza e di difesa comune. Paradossalmente,
infatti, gli stabili regimi autoritari sembravano essere funzionali agli interessi europei di
contenimento dei flussi migratori e dell‟islamismo radicale. Rivelatasi insostenibile tale
posizione, molti dei Paesi europei, se pure procedendo in ordine sparso, hanno operato
una brusca svolta fino all‟impegno militare in Libia35. Il ripiegamento su azioni regionali più
limitate e settoriali come la Pev e l‟Upm, ha imposto all‟Ue un riesame critico della sua
politica mediterranea.
Nel marzo del 2011 la prima reazione unitaria europea si è concretizzata nell‟adozione del
“Partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa nel Mediterraneo meridionale” 36.
35
S. Silvestri, Una strategia europea di democrazia, sviluppo e sicurezza nel Mediterraneo, Documenti IAI 11, maggio 2011. Cfr. N. Tocci, J.P. Cassarino, Rethinking Eu’s Mediterranean Policies Post – 1/11. IAI Working Papers 11, March 2001. 36
Documento disponibile sul sito del nuovo Servizio Europeo per l’Azione Esterna, alla pagina http://eeas.europa.eu/euromed/docs/com2011_200_en.pdf.
40
Il documento in oggetto segna di fatto la fine del disegno di Barcellona, e anche dell‟Upm,
senza però proporre una strategia chiara per il futuro. Punti qualificanti del progetto
europeo sono, come vi si legge :
a) L‟abbandono definitivo dell‟approccio multilaterale del Pem, in quanto “nessun
paese è uguale, dobbiamo quindi reagire alla specificità di ciascuno di essi”;
b) L‟impegno a “sostenere incondizionatamente l‟aspirazione dei nostri vicini a
godere delle nostre stesse libertà”;
c) L‟impegno ad incentivare nei paesi mediterranei “più rapide ed ambiziose riforme
politiche ed economiche”.
L‟approccio, che si è avviato in sede europea nel dibattito sulla revisione della Pev,
presenta alcuni elementi in parte innovativi :
1) Anzitutto l‟idea di sostenere i vicini in modo concreto nell‟impegno di consolidamento
di una effettiva democrazia.
2) In secondo luogo la richiesta di promuovere non solo la crescita economica tout court,
ma con essa anche lo sviluppo sostenibile, con attenzione alle disparità regionali :
quest‟ultimo obiettivo pare specificamente mirato ai paesi del Mediterraneo
meridionale, nel quale la crescente sperequazione socio-economica è stata tra i
principali motori delle rivolte.
3) La disponibilità europea ad un sensibile incremento dei fondi da destinare ai paesi
vicini.
In definitiva il nuovo approccio europeo verso il vicinato sembra ispirato alla volontà di
promuovere in ogni Paese una stabilità sostenibile, su un impianto di riforme
democratiche riassunte dalla formula “more for more”.
Il quadro mediterraneo in costante trasformazione, così come si viene delineando, chiama
in causa la stessa identità dell‟Unione Europea. Quest‟ultima non può fermarsi più al
raggiungimento della sola stabilità, ma dovrà offrire un concreto sostegno ai processi di
democratizzazione e modernizzazione socio-economica in atto nel mondo arabo. Questa
strategia si deve accompagnare alla realizzazione di un complessivo quadro di sicurezza
nella regione, che porti i Paesi delle due sponde a promuovere insieme iniziative per la
difesa dei reciproci interessi fondamentali.
Una nuova politica europea nella regione mediterranea può partire dalle iniziative di
cooperazione più avanzate e strutturate, e da questo punto di vista lo sviluppo delle
potenzialità del Dialogo “5+5” può svolgere una significativa azione di rilancio a mezzo
dell‟azione diplomatica italiana, in una strategia di sicurezza multidimensionale ed
integrata, inclusiva di capitoli molto diversi tra loro (che spaziano dalla lotta alla
proliferazione nucleare alle armi di distruzione di massa; dal contrasto al terrorismo e alla
criminalità organizzata alle loro reti transnazionali; dalla questione dei flussi migratori al
contenimento delle ambizioni regionali e nucleari dell‟Iran; dalla ripresa del processo di
pace arabo-israeliano-palestinese alla sicurezza degli approvvigionamenti energetici e
alla questione delle risorse idriche).
41
In questo processo l‟U E, ridefinendo la propria presenza regionale, non potrà prescindere
dal coinvolgimento della Turchia, e dal confronto dialettico con le potenze esterne aventi
interessi nel Mediterraneo, come Stati Uniti, Cina, Russia, Paesi del Golfo.
In particolare tra UE e il Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg) – organismo istituito
nel 1981 tra Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar – esiste
un accordo di cooperazione concluso nel 1988, da cui sono scaturiti i negoziati per la
conclusione di un accordo di libero scambio, e un dialogo sui temi politici e di sicurezza,
che andrebbero sicuramente implementati per consentire la realizzazione piena del
disegno di una “comunità di sicurezza” euro – mediterranea, e il dispiegamento delle
potenzialità “mediterranee” della diplomazia italiana.
I processi di integrazione sub-regionale
UMA (Unione del Maghreb Arabo)
Ne sono membri : Algeria, Libia, Marocco, Mauritania, Tunisia. La sua istituzione data
1989. La regione del Maghreb, nonostante la diversità degli stati membri, presenta molti
elementi di omogeneità : la lingua, la cultura, la religione, il sovrapporsi della cultura araba
su quella berbera, un‟esperienza coloniale ed una struttura economica molto vicine.
Per tale ragione dagli anni Ottanta si ipotizzò una possibile integrazione politica ed
economica, sul modello europeo, che desse ai 5 Paesi una struttura simile a quella
comunitaria. I Paesi del nord Africa, peraltro, temevano la chiusura dei mercati europei ai
propri prodotti agricoli, per la concorrenza dei Paesi Iberici entrati nella Cee nel 1986.
Si giungeva così, il 17 febbraio del 1989 alla firma a Marrakesh del trattato istitutivo
dell‟UMA tra i 5 Stati su menzionati, per creare l‟integrazione economica, sociale e politica
tra gli Stati membri sul modello della CEE. E‟ da menzionare che parallelamente veniva
istituito il Consiglio di Cooperazione Arabo (CCA) tra Egitto, Giordania, Iraq, Yemen, in un
quadro politico e diplomatico profondamente modificato da alcune tendenze politiche
emergenti nel mondo arabo nella seconda metà degli anni Ottanta :
a) Il tramonto delle ideologie sopranazionali in vigore negli anni Sessanta e Settanta,
con il conseguente abbandono dell‟utopia della fusione politica fra gli Stati e la
scelta pragmatica di forme di collaborazione limitate ai soli ambiti economico –
sociale – culturale, per giungere successivamente a nuove ipotesi di integrazione
politica;
b) La necessità di un riscatto dall‟arretratezza economica e sociale, e la difficoltà –
comunemente avvertita – di gestire processi di riforma politica e di liberalizzazione
economica negli spazi ristretti delle singole nazioni.
Struttura ed obiettivi dell‟ UMA
A livello istituzionale l‟UMA è composta da : un Consiglio Presidenziale; un Consiglio dei
Ministri per gli Affari Esteri; La Conferenza dei Primi Ministri; una serie di Comitati
Ministeriali specializzati; il Segretario Generale; l‟Assemblea costitutiva e la Corte di
Giustizia.
42
L‟Organizzazione si proponeva come principale obiettivo quello di realizzare un‟unione
economica tra i Paesi membri, attraverso tre fasi : l‟istituzione di una zona di libero
scambio (1992-1995); la creazione di un‟unione doganale, e lo stabilimento di una tariffa
esterna comune; l‟istituzione Unione economica del Maghreb a partire dal 2000.
I Risultati e le Prospettive dell‟Unione Maghrebina sono stati piuttosto deludenti,
nonostante le numerose convenzioni e risoluzioni, rimaste lettera morta.
Le ragioni di questi esiti deludenti sono essenzialmente tre :
1) Le economie poco complementari, l‟interscambio commerciale basso, le insufficienti
infrastrutture dei trasporti e delle telecomunicazioni;
2) Motivi pertinenti la sfera politica, come l‟embargo contro la Libia, la guerra civile in
Algeria, le tensioni tra Marocco ed Algeria per il problema del Sahara occidentale;
3) Lo scarso appoggio internazionale da parte degli Stati Uniti e dell‟Unione Europea.
Nella prima metà degli anni Duemila l‟UMA ha avuto un certo impulso, per l‟abbattimento
delle dogane della Libia, il nuovo corso inaugurato in Algeria dal Presidente Bouteflika, e
la successione di Maometto VI in Marocco. In tale contesto è stata data particolare
attenzione alla cooperazione nel settore delle tecnologie informatiche e delle risorse
energetiche.
Oggi, nonostante le difficoltà oggettive che si presentano, il processo di integrazione del
Maghreb ed una approfondita cooperazione regionale appare un prerequisito
indispensabile, non solo per un più promettente sviluppo economico interno, ma anche per
una migliore collaborazione con l‟Europa e per l‟assunzione di strategie più chiare e
definite verso i temi del terrorismo, dei processi migratori e delle riforme politiche.
Processo di Agadir
Paesi membri : Egitto, Giordania, Marocco, Tunisia. Data di istituzione : 8 maggio 2001,
quando i Ministri degli Esteri dei 4 Paesi firmavano la dichiarazione di Agadir con questi
obiettivi :
- Migliorare la cooperazione tra i Paesi del mondo arabo;
- Sviluppare l‟accordo pan – arabo di libero commercio (Great Arab Fre Trade Area –
GAFTA);
- Rilanciare le rispettive economie stabilendo una forte alleanza economica,
- Mettere a punto un dispositivo idoneo alla liberalizzazione del commercio tra i Paesi
Arabi del Mediterraneo e l‟U E.
Dopo quasi tre anni di negoziati e quattro incontri successivi tra i rappresentanti degli Stati
firmatari (in Marocco, in ottobre 2001; in Egitto, nel luglio del 2001; in Giordania, nel
dicembre del 2001; in Tunisia, nel marzo del 2002), i ministri degli esteri dei quattro Paesi
firmavano a Rabat, il 25 febbraio del 2004, l‟accordo attuativo della Dichiarazione di Agadir
“per la creazione di un‟area di libero scambio tra i paesi arabi del Mediterraneo” (MAFTA
– Mediterranean Arab Free Trade Area), non escludendo ulteriori adesioni future di altri
Stati membri della Lega Araba che avessero concluso con l‟U E un associazione di libero
scambio o di libero commercio.
43
Questo processo è importante specie in considerazione del fatto che i quattro Stati
firmatari sono al tempo stesso : membri del WTO; legati tra loro da accordi bilaterali;
firmatari del GAFTA; legati da accordi bilaterali di associazione con l‟Unione Europea.
L‟Ue accoglieva assai favorevolmente l‟avvio di questo processo, riconoscendo
nell‟integrazione Sud-Sud l‟anello mancante dell‟integrazione Nord – Sud, in altri termini lo
strumento essenziale della strategia di Barcellona.
L’instabilità del Mediterraneo e il contributo della Marina
L‟attuale grave crisi economica è influenzata da politiche discutibili e da notevoli
problematiche sociali e di occupazione. La globalizzazione con i fenomeni ad essa legati -
dai flussi di migranti al terrorismo internazionale e alla pirateria -, hanno contribuito ad
aumentare i rischi di instabilità in tutta l‟area del Mediterraneo. Lo scenario si presenta
fluido, rischioso per la sicurezza in generale, e persino per la sopravvivenza di alcuni
popoli. Le primavere arabe hanno prodotto guerre civili (Siria, Egitto), radicalismi
islamici(Yemen, Tunisia), disgregazione (Libia), ritorno a vecchie tensioni (Libano) o a
focolai di fanatismo (Algeria), oppure a stalli (Palestina). Un‟ombra di destabilizzazione si
proietta nel Mediterraneo (Turchia). Il ricorso alla violenza tra le parti in lotta è ormai
endemico e incontrollabile, al costo di centinaia di migliaia di vittime e profughi : di
democrazia neppure l‟ombra, mentre aumentano i morti del Cairo e le atrocità in Siria.
Siamo tutti sullo stesso mare e dimentichiamo che condividiamo millenni di storia e di
cultura. Ogni Stato ha creato sue alleanze, operando una profonda revisione del concetto
di sicurezza e della pianificazione militare, specie di quella marittima. Dinanzi alle nuove
minacce la politica di difesa perde la sua valenza territoriale e statica, legata alle aree
locali, per assumerne una più ampia in funzione della responsabilità sulla Sicurezza
collettiva, e sulla esigenza prioritaria della tutela degli interessi nazionali nel mondo. Ne
consegue un nuovo approccio sull‟uso delle Forze Armate, in situazioni che sono
prevalentemente internazionali, ed in un coordinamento sempre più stretto con le varie
istituzioni nazionali ed internazionali. La Difesa e la Marina Militare rappresentano beni
primari per la vita delle collettività (anche della nostra), per la libertà e la sicurezza dei
cittadini, e partecipano altresì, con un indotto occupazionale interno essenziale oggi, al
rilancio dell‟economia nazionale e al sostegno delle nostre imprese sui mercati
internazionali (come la campagna del Cavour), valorizzando tecnologie e prodotti duali,
per uso in progetti e compiti sia militari che civili.
I ruoli della Marina sono nella “politica di sicurezza”, nella “politica estera”, nella “politica di
solidarietà”, e si esprimono nella consapevolezza che le attività che si svolgono in mare
hanno un valore strategico, umanitario e vitale. Il mare, che da sempre ha rappresentato
un ambiente naturale di comunicazione e di collegamento tra popoli, civiltà e culture
differenti, lo è ancora oggi in una società globalizzata, tecnologica e telematica, che affida
il proprio benessere ad attività economiche che si svolgono prevalentemente via mare,
con l‟80% del traffico di materie prime e prodotti del commercio mondiale L‟importanza
delle vie di comunicazione marittima nel futuro è destinata a crescere, e la strategia navale
sul piano militare dovrà essere potenziata su un duplice livello :
44
- Nazionale, per adeguare lo strumento militare alla nuova realtà geostrategica, con
modelli atti a conseguire una capacità integrata di sorveglianza degli spazi marittimi
- Internazionale, alla ricerca di una sempre maggiore cooperazione militare e civile, con
logiche di massima sinergia insieme ad altri Enti ed Agenzie.
Gli obiettivi militari sono sicuramente primari nella strategia di sicurezza marittima, ma non
sono gli unici, essendo subordinati infatti al livello più o meno alto di interoperabilità e
correlazione dell‟impegno generale, e soprattutto all‟esistenza di uno strumento dotato di
spiccate caratteristiche di „dual use‟, cioè : flessibilità e capacità di adattamento anche ad
impegni civili.
Lo strumento aereonavale deve quindi soddisfare numerosi compiti insiti nell‟area
marittima in senso lato :
- Controllo delle linee di traffico e protezione dei mercantili dai pirati;
- Controllo dei flussi migratori;
- Interventi in caso di calamità,
- Compiti di tutela eco-marittima;
- Assistenza e soccorso della vita umana in mare;
- Assistenza e soccorso della vita umana anche a bordo, a mezzo degli operatori
medico-socio-sanitari delle unità di pronto intervento e primo soccorso.
L‟impiego della forza navale in funzione „dual use‟ deve avere dunque requisiti di
expeditionary, ovvero la capacità di effettuare dal mare interventi di diversa natura su
terra, come la capacità di proiettare assetti logisticamente indipendenti, che possono
contrastare minacce, prevenire crisi, mantenere la pace o ripristinarla, prestare soccorso
ovunque a popolazioni colpite da qualsiasi tipo di calamità.
La componente navale deve pertanto dotarsi :
a) Di un‟autosufficienza tattica, una capacità reale di impiego “dual use” dal mare e sul
mare, l‟indipendenza di operare per lunghi periodi di tempo da una notevole
distanza dalla struttura logistica terrestre;
b) Le unità di superficie devono essere in grado : di dislocarsi in teatro; ri-dislocarsi
esercitando semplicemente il diritto di libera navigazione, e anche di riconfigurarsi
con flessibilità, avendo innate capacità “multipurpose”.
c) Nei compiti di protezione civile e in compiti eco-ambientali, la componente navale
potrà esprimere anche altre capacità come : basi operative avanzate; strutture di
comando e controllo; sorveglianza; protezione delle forze in teatro; trasporto
marittimi; depositi di scorte, alloggi, ricovero profughi e altro ancora.
d) A mezzo della componente elicotteristica imbarcata37le unità di superficie possono
essere particolarmente utili per attività umanitarie, di soccorso ed evacuazione,
37
Durante Heli Expo 2014, il più importante evento del settore elicotteristico, Agusta Westland, società di Finmeccanica, ha presentato il nuovo modello AW109 Trekker, un biturbina leggero, della classe di 3 tonnellate, dotato di pattini al posto del tradizionale carrello retrattile con ruote, al fine di garantire la massima flessibilità di impiego su terreni accidentati, e per ottimizzarne l’impiego per i principali compiti per i quali è stato realizzato : eliambulanza, soccorso in montagna, protezione civile, antincendio, lavoro aereo, compiti di polizia. Inoltre, le eccezionali prestazioni in termini di velocità, carico utile e sistemi di sicurezza, un nuovo cockpit con avionica
45
specie laddove sia interrotto l‟accesso a strade, aeroporti o ad altri mezzi di
trasporto.
E‟ importante che tutte queste capacità possano esprimersi avvalendosi della libertà dei
mari, senza dipendere da preventive autorizzazioni diplomatiche, vincoli di movimenti e
posizionamenti sul territorio, e senza dover “invadere” i confini nazionali altrui.
La Marina, per supportare in modo trasversale entrambe i concetti operativi, promuove in
modo continuo, competente e responsabile, l‟addestramento di numerose Marine delle
aree in cui opera, valorizzando in modo corretto questa che è una delle “eccellenze”
italiche, aspettando positive ricadute sul piano economico e industriale, e anche più in
generale nelle relazioni tra Paesi, al fine di stimolare la cooperazione, il dialogo e la
reciproca conoscenza con Paesi ad economie molto differenti, ma che hanno il desiderio
lavorare insieme per contribuire alla sicurezza marittima del Mediterraneo, e non solo di
esso.
La futura nuova componente aeronavale nazionale, ristrutturata con la cosiddetta Legge
Navale inglobata nell‟attuale Legge di Stabilità, è predisposta per rispondere non solo ad
una minaccia militare tradizionale (forse oggi non molto probabile), ma per assolvere
diversi compiti, con flessibilità, prontezza, interoperabilità, perché destinata a confrontarsi
con Nazioni e Corpi svariati, e anche in ugual modo con le Alleanze tradizionali.
La risposta più corretta alle notevoli incertezze sul piano della sicurezza non può che
risiedere in uno strumento multiuso, militare-civile, equilibrato nelle componenti e
finanziariamente sostenibile nell‟arco di 15-20 anni. Deve essere uno strumento militare di
moderna concezione, in grado di esprimere : prontezza, mobilità, gestione
dell‟informazione, proiezione, sopravvivenza, sostenibilità logistica, con un impiego duale,
capace di azioni aderenti alla diversa natura delle minacce da contrastare, con moduli di
protezione civile, presidi antinquinamento ed ambientali. Il piano di ammodernamento del
naviglio d‟altura, progettato con la futura Legge Navale, prevede la costruzione di almeno
25 Unità polivalenti, che sostituiranno le 44 Unità obsolete, operanti da oltre un trentennio.
Questo prezioso strumento per il raggiungimento degli obiettivi di sicurezza, in senso lato
potrà anche contribuire in modo concreto ed onesto a “far ripartire la crescita del nostro
Paese”38.
all’avanguardia, rendono l’elicottero la soluzione perfetta per gli operatori di tali mercati e per tutte le missioni nelle quali è richiesta grande versatilità. 38
Cfr. LERTORA G., Investire nella marittimità – Analisi Difesa, 22 dicembre 2013.
46
2.4 Dai forum informali all’Iniziativa 5+5 (approccio interministeriale : Difesa +
Esteri, Interni, Trasporti…; strategia inter-istituzionale che riunisce sotto
un unico ombrello tutte le Istituzioni nazionali competenti : Marina,
Guardia Costiera, Dogana, Polizia…). Possibili prospettive e sviluppi futuri
della cooperazione nel suo ambito.
Forum Informali
1. Iniziativa Mediterranea dell‟OSCE. Membri sono i Paesi OSCE + Algeria, Egitto,
Israele, Marocco, Tunisia e Giordania. La data di istituzione è 1975. L‟OSCE (fino al
1995 CSCE) ha avuto inizio dal 1975, quando l‟Italia, insieme con altri Paesi europei,
aveva avviato una forma di dialogo istituzionalizzato con otto Pesi rivieraschi del
Mediterraneo (Algeria, Libia, Egitto, Libano, Marocco, Siria, Tunisia, Israele), ai quali
venne riconosciuta la possibilità di presentare propri contributi al dibattito che avrebbe
portato alla firma, all‟atto finale di Helsinki. La CSCE fin dalla nascita aveva una
dimensione mediterranea, nella consapevolezza della forte interconnessione tra la
sicurezza europea e quella delle regioni limitrofe. Il Documento conclusivo di Helsinki
enunciava il principio della „indivisibilità della sicurezza‟, secondo il quale «security in
Europe is to be considered in the broader context of world security and is closely
linked with the security in the Mediterranean as whole, and that accordingly the
process of improving security should not be confined to Europe but should be
extended to other parts of the world, and in particular to the Mediterranean area». L‟
Atto finale di Helsinki estendeva il concetto di sicurezza, allargandolo alla
cooperazione non solo politica e militare, ma anche economica e nella cosiddetta
“dimensione umana” (diritti umani, libertà fondamentali, stato di diritto). E‟ proprio sulla
base di questa attenzione verso la sicurezza mediterranea, che su iniziativa dell‟Italia,
affiancata dalla Spagna, nel settembre 1990, in occasione della Conferenza di Palma
De Maiorca, venne lanciato il progetto di CSCM. La CSCM avrebbe dovuto associare
le grandi aree che si affacciano sul bacino – Comunità Europea, mondo arabo, Europa
dei Balcani – ed anche Stati Uniti ed Unione Sovietica, presentandosi così come
un‟istituzione interregionale finalizzata a gettare le basi di una sicurezza collettiva
regionale, ed a sviluppare la cooperazione politica, culturale ed economica nell‟area,
con il compito di avviare un dialogo istituzionalizzato tra gli attori regionali. Poiché
questo disegno di CSCM fu avanzato in piena crisi del Golfo, il consenso dei Paesi
europei fu «tanto ampio quanto superficiale», mentre gli Stati Uniti non ne accettavano
l‟impostazione di base.39I rapporti dell‟OSCE nel corso del tempo si sono mantenuti
solo con cinque Paesi mediterranei : Algeria, Egitto, Israele, Marocco e Tunisia, ai
quali si aggiunse nel 1998 la Giordania su iniziativa statunitense. Occorre ricordare
che l‟OSCE è l‟unica organizzazione internazionale che non ha un trattato istitutivo
perché non esiste un documento ufficiale che sancisca in maniera formale il rapporto
tra l‟OSCE e i sei Partners Mediterranei per la Cooperazione (questa è la loro
39
Cfr. R. Aliboni, in Annuario IAI, XIX, p. 114. Servizio Stampa e Informazione del Ministero Affari Esteri, The Mediterranean and the Middle East after the war in the Gulf : the CSCM, Roma, 1991; R. Aliboni (1991); discorso di De Michelis a Barcellona, ottobre 1991, in W. Weidenfeld (1991). Cfr. anche G. Jacoangeli, in «Lettera diplomatica», 12.11.1990, in Manuale della politica estera italiana 1947-1993, a cura di L. V. Ferraris, Bari, Laterza 1998.
47
denominazione ufficiale). Questa circostanza rispecchia sia la particolare struttura
dell‟OSCE, sia la progressiva marginalità in cui è stata relegata la dimensione
mediterranea. Inoltre tale organizzazione non ha mai negoziato un trattato
giuridicamente vincolante, perché non possono essere considerati come tali nemmeno
i documenti più importanti come l‟ Atto Finale di Helsinki del 1975 o la Carta di Parigi
del 1990. E ancora, a partire dagli anni Novanta, le forti questioni della transizione
democratica in Europa Orientale e la stessa espansione geopolitica dell‟OSCE (con
l‟ammissione dei nuovi Stati indipendenti dell‟URSS), hanno spinto l‟organizzazione a
privilegiare nettamente la componente continentale rispetto a quella mediterranea. La
struttura dell‟iniziativa mediterranea dell‟OSCE poggia su un apposito Gruppo di
Contatto, destinato a far conoscere le priorità dei partner mediterranei nei propri
rapporti con l‟organizzazione, e oltre a questa funzione di trait d‟union nelle tre
dimensioni dell‟organizzazione : politico militare; economico ambientale; sociale
umana, il Gruppo di Contatto cura l‟organizzazione del “Seminario Mediterraneo”,
l‟evento annuale nel quale sono discusse tematiche di interesse comune per i Paesi
OSCE ed i partners mediterranei. I lavori trattano i temi della sicurezza su questioni
come terrorismo, flussi migratori, crimine organizzato, divario economico, degrado
ambientale. Per le ragioni sopra esposte l‟iniziativa mediterranea dell‟ OSCE non ha
conseguito risultati particolarmente significativi. Tuttavia è pur sempre un‟iniziativa che
richiederebbe maggiore attenzione, perché – a differenza della NATO e dell‟Unione
Europea – non è vista con sospetto dai Paesi della sponda Sud, essendo anzi
considerata come fonte di “expertise” in materia di “conflict prevention” e “confidence
building”. Inoltre, avendo svolto un ruolo rilevante nello stabilire un clima di dialogo tra
i due blocchi negli anni della Guerra Fredda si può ritenere che i meccanismi
dell‟odierna OSCE potrebbero facilitare la costruzione di meccanismi di cooperazione
tra gli attori mediterranei.
2. Dialogo 5+5. Ne sono membri : Italia, Francia, Malta, Portogallo, Spagna + Algeria,
Libia, Marocco, Mauritania, Tunisia. La data di istituzione è : 1990. Il Dialogo 5+5
rappresenta un foro informale tra i 5 Paesi del Mediterraneo Occidentale e i Paesi
dell‟Unione del Maghreb Arabo. Evocato fin dal 1983 dal Presidente francese
Mitterand, il progetto fu presentato, con la denominazione di “Processo di
Cooperazione del Mediterraneo Occidentale”, nella Conferenza di Roma del 10
ottobre 1990, e fu rinominato in seguito “Iniziativa 5+5” con l‟integrazione di Malta
voluta soprattutto dall‟Italia nella riunione tenutasi ad Algeri nell‟ottobre 1991.
L‟Organizzazione si proponeva di unire i Paesi aderenti in una solidarietà definita
come «una terza via tra l‟approccio puramente bilaterale e quello comunitario», con
l‟obiettivo del raggiungimento di un‟efficace collaborazione in materia di sicurezza
economica e di integrazione culturale. Il Dialogo – paralizzato di fatto nel corso degli
anni Novanta – a motivo delle sanzioni imposte dall‟ONU alla Libia per l‟"affare
lockerbie", è ripreso a partire dal 2008 con il reinserimento graduale del regime di
Gheddafi nella comunità internazionale, rivelandosi un importante forum di
concertazione. Struttura ed obiettivi dell’ “Iniziativa 5+5” : Gli obiettivi del dialogo
consistono soprattutto nel raggiungimento di un‟approfondita cooperazione delle parti
in materia di : sicurezza, economia, integrazione culturale. La struttura del dialogare è
48
quella della concertazione agile ed informale, focalizzata soprattutto sulle questioni
della sicurezza. Gli elementi che caratterizzano l‟ “Iniziativa 5+5” sono in particolare 2 :
a) L‟idea di una forte affinità tra i Paesi del Mediterraneo Occidentale, considerato già
dalla Dichiarazione di Roma come un‟area fortemente omogenea ed integrata;
b) La natura multidimensionale del suo concetto di sicurezza, che spazia dagli aspetti
politici a quelli economici, da quelli militari a quelli socioculturali. Sulla questione
dei flussi migratori, nella 1a Conferenza di Tunisi (16-17 ottobre 2002) i Paesi del
Dialogo hanno adottato una „Dichiarazione‟ che analizza cause e conseguenze
delle migrazioni (legali ed illegali) e avanza proposte per fronteggiare il fenomeno:
training e coordinamento delle forze di polizia, scambio di informazioni, studio
scientifico dei flussi. Particolare attenzione è stata dedicata al tema della
migrazione di transito nell‟area maghrebina, elemento chiave per il passaggio dei
migranti irregolari diretti in Europa. Dopo l‟11 settembre 2001 è stata posta in primo
piano nell‟ Agenda del Dialogo la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata,
fino all‟adozione, nel dicembre 2004 a Parigi, di una Dichiarazione di Intenti e di un
Piano d‟Azione per la promozione di un lavoro comune. Il Piano prevede l‟incontro
annuale dei Ministri della Difesa, per fare un bilancio ed approvare la fase
successiva; ed inoltre l‟organizzazione di un Comitato Direttivo costituito da due
responsabili dei Ministri della Difesa di ciascun Paese, che si riunisce 2 volte
all‟anno per proporre ed eseguire l‟esecuzione di ciascuna azione, oltre a
designare i comitati ad hoc di esperti e la formazione degli stessi comitati
specializzati, invitati a programmare seminari per discutere il piano d‟azione. Sul
piano strettamente economico il “5+5” si propone anche di promuovere progetti di
integrazione e di sviluppo nell‟area, per affrontare ed attenuare le profonde
differenze esistenti nella regione. Particolare attenzione viene dedicata
all‟intensificazione della cooperazione sul piano bilaterale e multilaterale, alla
promozione della cooperazione decentrata, ed a tutte quelle iniziative volte ad
avvicinare le comunità di affari dei 10 Paesi. Un primo bilancio relativo ai Risultati
ed alle Prospettive dell’"Iniziativa 5+5” evidenzia quanto il Gruppo, dopo l‟inerzia
degli anni Novanta, abbia saputo riprendersi un ruolo di rilievo, procedendo in
modo parallelo e complementare al Processo di Barcellona. I suoi punti di forza,
emergenti con chiarezza, sono anzitutto : la sua natura informale, che ha
permesso un migliore approfondimento della cooperazione in vari ambiti; poi la
composizione ristretta, che ha consentito la partecipazione equilibrata tra Paesi
membri dell‟U E e Paesi Mediterranei. I punti di debolezza dell‟Iniziativa consistono
specialmente nel ruolo delle questioni interne maghrebine, come : i rapporti tra
Algeria e Marocco; il problema del Sahara Occidentale, il ruolo della Libia, che ne
hanno condizionato in modo paralizzante gli sviluppi… Indiscusso merito
dell’"Iniziativa 5+5" sul piano politico è quello di aver legato strettamente i temi
pace – sicurezza – sviluppo, prendendo in considerazione un concetto
multidimensionale e integrato di sicurezza. Sul piano economico, invece,
nonostante i vari impegni assunti per la maggiore circolazione di informazioni e un
più ristretto coordinamento fra i settori industriali e commerciali dei Pesi membri, il
Dialogo non è riuscito a promuovere un aumento degli investimenti diretti nei
49
partners maghrebini. In tema di cooperazione sociale ed umana, i maggiori
successi sono stati nella lotta all‟immigrazione illegale, nello scambio di
informazioni, nella promozione e nello studio e dell‟analisi del fenomeno migratorio
in generale. In tal senso il Gruppo rappresenta un utile “forum” di mediazione,
utilizzato sia dai Paesi della Sponda Nord (più colpiti dall‟immigrazione clandestina)
per convincere i Paesi maghrebini della necessità di una lotta comune contro
questo fenomeno, sia i Paesi della Sponda Sud (al tempo stesso luogo di partenza
e spesso di transito per l‟immigrazione verso l‟Europa) per porre l‟accento sulla
necessità di una più approfondita cooperazione economica e sociale, ritenuta il
principale antidoto per porre un freno alla politica migratoria nei paesi più
sviluppati. Il dialogo come laboratorio di idee, e la sua struttura snella ed informale,
costituiscono un‟iniziativa degna di grande attenzione nell‟attuale contesto
mediterraneo. L‟istituzione di conferenze ministeriali “settoriali” mirate a temi
specifici (migrazione e difesa) hanno permesso una migliore competenza
nell‟individuazione delle cause prime dei problemi studiati. Il potenziamento di
questi punti di forza e l‟ampliamento dei settori della cooperazione potrebbero
rappresentare due elementi in grado di affermare definitivamente l‟importanza del
“Dialogo 5+5”.
3. Forum Mediterraneo. Ne sono membri : Algeria, Egitto, Francia, Grecia, Italia, Malta,
Marocco, Portogallo, Spagna, Tunisia, Turchia. L‟istituzione risale al 1994 ad
Alessandria d‟Egitto : si tratta di un‟organizzazione informale, su base regionale e a
livello intergovernativo. E‟ stata promossa dalla Francia e dall‟Egitto con la volontà di
rilanciare il multilateralismo mediterraneo di fronte al rallentamento iniziale del “Gruppo
5+5” ed alla mancata realizzazione del progetto di Conferenza per la Sicurezza e la
Cooperazione nel Mediterraneo (CSCM). Il formato definitivo del Forum data 1995,
con l‟ingresso di Malta in occasione della II Conferenza Ministeriale di Saint Maxime.
Nonostante il desiderio di adesione al Forum da parte di numerosi Paesi (Cipro,
Giordania, Israele, Libia, Mauritania, Russia, Slovenia, Siria) il Forum ha preferito
mantenere la sua struttura originaria, più snella, focalizzata sul mediterraneo e libera
da potenziali contrapposizioni politiche e strategiche. Struttura ed obiettivi : Il Forum
si è distinto come laboratorio di idee e strumento complementare al Partenariato Euro
Mediterraneo. Poggia su tre campi di lavoro : politico istituzionale; economico
finanziario; socio culturale. Dopo il 2001 il Forum ha rivolto la sua attenzione in modo
particolare ai temi della sicurezza, fino ad adottare, nel maggio 2002, un “Codice di
condotta” comune in materia di terrorismo Il Forum si è avvantaggiato del suo
carattere informale e del ridotto numero dei partecipanti. Nel 2010 è stata avallata la
proposta di integrare il Forum all’interno del Dialogo 5+5, allargando quest‟ultimo
alla Grecia e all‟Egitto40.
40
Cfr. Sicurezza e cooperazione nel Mediterraneo contemporaneo, Fondazione Mezzogiorno Europa, febbraio 2012. CeMiSS,Security, Stability and Co-operation in the Mediterranean Region : building a vision ,Roma, 2005. Ministero degli Affari Esteri, VII Conferenza degli Ambasciatori (27-28 luglio 2010), Eurodinamiche, sicurezza condivisa e “Paesi – sistema”, Documenti di lavoro, Roma, 2010.
50
CAPITOLO III : Ipotesi per fronteggiare le emergenze umanitarie legate ai flussi
migratori nel Mediterraneo.
. LA POSIZIONE DELL’ITALIA SULLE POLITICHE MIGRATORIE
In vista della Presidenza italiana dell‟Unione Europea nel secondo semestre del 2014
Il Governo Italiano ha attuato e sta ponendo in essere azioni caratterizzanti – nel più
ampio contesto internazionale – in merito al tema dell‟accoglienza dei migranti 41.
Il Nostro, infatti, è tra i Paesi europei quello maggiormente interessato al fenomeno
migratorio, per l‟incessante e massiccio afflusso di uomini, donne e minori provenienti dai
Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, documentato dalle statistiche.
I migranti giunti complessivamente sulle coste italiane lo scorso anno sono stati 42.925, il
325% in più dell‟anno precedente : di questi sono sbarcati o trasbordati a terra dopo il
soccorso in mare 37.886 (l‟88% del totale annuo), dei quali 14.753 solo a Lampedusa.
Principali Nazioni di provenienza sono stati anzitutto la Libia, seguita dall‟Egitto, dalla
Turchia, dalla Siria, dall‟Eritrea. Dei 42.925 migranti affluiti sulle coste italiane nel 2013, i
soccorsi in mare sono stati 37.258 dei quali 6.127 in 47 operazioni nell‟ambito
dell‟0perazione Mare Nostrum.
Solo nei primi 30 giorni di quest‟anno sono sbarcati 2.156 migranti, rispetto ai 217 dello
stesso periodo dello scorso anno. In conseguenza l‟Italia ha dovuto ampliare la rete di
accoglienza, nei due distinti ambiti : a) relativo al primo soccorso ed all‟accoglienza
iniziale; b) preordinato a favorire percorsi di integrazione sociale.
E‟ aumentata la capacità ricettiva dei centri governativi per immigrati – Centri di Primo
Soccorso e Accoglienza (CPSA), Centri di Accoglienza (CDA), e Centri di Accoglienza per
Richiedenti Asilo (CARA) – dai 5.516 posti del 2012 agli attuali 7.501, con una percentuale
di aumento del 36%.
Sono state attivate, specie in Sicilia, Strutture temporanee e di primissima accoglienza,
che oggi assicurano ospitalità a 3.847 persone.
Riguardo alla rete di seconda accoglienza, preordinata a favorire i percorsi di inclusione
sociale, nel 2.013 è stato potenziato significativamente il Sistema di Protezione per
Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR), la cui ricettività è stata portata a oltre 9.400 posti.
41
Cfr. Audizione del Vice Ministro Sen. Bubbico presso la Commissione Migrazione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, Roma, 4 febbraio 2014.
51
I Centri di identificazione e di espulsione presenti in Italia sono 13 : a Bari, Bologna,
Brindisi, Caltanissetta, Crotone, Gorizia, Milano, Roma, Torino, Trapani e Trapani Milo, per
una capienza complessiva di 1.791 posti, ridotti a circa 840, per lavori di ristrutturazione
ancora in corso.
Nel 2.013 le domande presentate alle Commissioni Territoriali per il riconoscimento della
protezione internazionale sono state 25.838 : di queste 3.144 hanno definito lo status di
rifugiato, 5.654 la protezione sussidiaria, e 7.450 la concessione di un permesso per motivi
umanitari. Le domande che hanno sortito esito negativo sono state 9.542, e di esse 2.499
a motivo dell‟irreperibilità dei richiedenti. Per il massiccio afflusso di migranti e richiedenti
asilo nel 2.013, il Governo ha adottato un provvedimento di legge che autorizza il
Ministero dell‟Interno ad istituire eccezionalmente fino a dieci sezioni delle Commissioni
Territoriali. In attuazione di questa norma sono state costituite 10 Sezioni delle
Commissioni : 4 a Siracusa, 2 a Roma, 1 a Crotone, 1 a Bari, 1 a Torino e 1 a Trapani.
Nel corso dell‟Audizione presso la Commissione Migrazione dell‟Assemblea Parlamentare
del Consiglio d‟Europa, il Vice Ministro dell‟Interno Bubbico, riferendo su incidenti
verificatisi in mare – nella fattispecie i casi "Salamis" e "Akadent" –, ha trovato modo di
rilevare la correttezza delle operazioni di soccorso compiute dalle Autorità italiane, e nel
contempo di sottolineare il diverso grado di disponibilità ad adempiere gli obblighi di
soccorso per motivi umanitari da parte dei Paesi nelle cui aree di competenza si
verificano gli eventi in oggetto. Sul caso Hirsi il Vice Ministro ha altresì evidenziato che il 4
ottobre del 2012 il Comitato dei Ministri del Consiglio d‟Europa ha verificato quanto segue :
- L‟Italia non ha mai seguito una politica di respingimenti indiscriminati contro i migranti
irregolari;
- Le intercettazioni in mare operate dall‟Italia si svolgono in conformità alle Convenzioni
internazionali e alle modalità operative stabilite da Frontex.
L‟8 marzo 2013 lo stesso Comitato ha riconosciuto gli sforzi e l‟impegno delle autorità
italiane per giungere alla piena attuazione della sentenza adottata dalla Corte di
Strasburgo. Nella stessa data la Commissione europea ha archiviato il relativo caso EU
Pilot.
Dopo l‟immane tragedia verificatasi presso Lampedusa il 3 ottobre scorso, il Consiglio e la
Commissione europea hanno deciso di porre al centro delle loro agende il tema della
gestione dei flussi migratori. In particolare la Commissione europea ha disposto
l‟assegnazione di fondi straordinari all‟Italia per un importo di 30 milioni di euro, 8 dei quali
da destinare alle operazioni Frontex nel Mar Mediterraneo, ed ha promosso la formazione
di una Task force tra i Paesi membri. L‟Italia, ad evitare il ripetersi di nuove tragedie, ha
avviato un‟operazione di soccorso e salvaguardia della vita dei migranti in mare
denominata "Mare Nostrum", ed ha presentato un progetto per consentire un‟immediata
assistenza sanitaria ai migranti che attraversano il Canale di Sicilia già nella fase di
soccorso in mare. Nel progetto è prevista la presenza di personale medico e paramedico a
bordo delle imbarcazioni della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza impegnate
nelle operazioni di soccorso.
52
3.1 Emergenza Nord Africa e conseguenti sviluppi sul piano amministrativo e
legislativo.
L‟arrivo via mare, in Italia, solo nel 2011, di oltre 62.000 migranti provenienti soprattutto dai
Paesi del Nord Africa, ha portato alla dichiarazione dello stato di emergenza umanitario
con DPCM 12 febbraio 2011, successivamente prorogato fino al 31 dicembre 2012.
Il DPCM 5 aprile 2011 prevedeva la concessione di misure umanitarie di protezione
temporanea per un periodo di sei mesi, prorogata due volte, fino a quando, il consolidarsi
in Tunisia del processo democratico, ne fece venir meno i presupposti : cessarono le
misure di protezione previste dal decreto, ma non la tutela dei soggetti vulnerabili e di
quanti fossero in grado di dimostrare la permanenza di gravi ragioni di carattere
umanitario. Peraltro fu stabilita la possibilità per i migranti di seguire programmi di
rimpatrio volontario e assistito, o di convertire i permessi di soggiorno umanitari con altri
permessi secondo altre tipologie previste dalla legge.
Fu nominato un Commissario delegato all‟emergenza umanitaria, il quale, d‟intesa con le
Regioni, potesse assicurare i servizi di assistenza e di accoglienza ai migranti –
provenienti perlopiù dalla Libia - giunti in Italia in data successiva al 5 aprile 2011.
Per definire una strategia condivisa e superare la situazione d‟emergenza, fu costituito un
Tavolo di coordinamento nazionale composto dai rappresentanti dell‟Amministrazione
dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali, ed aperto alla partecipazione di esponenti
UNHCR, OIM e Save the Children.
Il 31 dicembre 2012 fu dichiarato chiuso lo stato d‟emergenza, e al Commissario delegato
nella gestione dell‟accoglienza subentrò il Ministro dell‟Interno.
Le misure adottate per favorire i percorsi d‟uscita dei migranti furono :
- Il rimpatrio volontario e assistito.
- In sede di Tavolo nazionale fu deciso anche di corrispondere ad ogni singolo migrante
la somma forfettaria di 500 euro come contributo per i primi costi di vitto ed alloggio.
- In seguito alla chiusura dell‟emergenza molti migranti sono riusciti a compiere
autonomi percorsi grazie al sostegno degli enti locali e delle associazioni del terzo
settore.
- Altri migranti recatisi in diversi Paesi europei sono stati fatti rientrare in Italia (o sono
in corso le relative procedure) secondo le vigenti disposizioni internazionali.
Dopo la chiusura dello stato d‟emergenza è stato comunque garantito il regime di
accoglienza in favore delle svariate categorie di soggetti vulnerabili : nei primi mesi del
2014 continuano a beneficiare di accoglienza in apposite strutture circa 1300 vulnerabili
tra quelli provenienti dall‟emergenza.
53
I temi migratori presenti nell‟agenda politica del nostro Paese riguardano in particolare :
- Il rapporto tra Europa e Paesi d‟origine
- Il transito dei flussi migratori.
Sul piano interno l‟Italia pone attenzione soprattutto a rivedere la disciplina dei tempi di
permanenza nei centri di identificazione e di espulsione e ad elevare gli standard
qualitativi di accoglienza. Sul tema dell‟ asilo il nostro Paese intende :
a) provvedere all‟emanazione di un Testo Unico che disciplini la materia in modo
organico, migliorando l‟attuale modello di accoglienza, razionalizzando le procedure di
riconoscimento della protezione internazionale, qualificando ulteriormente i servizi
erogati nei centri;
b) uniformare i vari sistemi di accoglienza per coloro che richiedano o siano titolari di
protezione internazionale (CDA, CPSA, CARA), riconducendoli al modello SPRAR
(Sistema di Protezione per i Richiedenti Asilo e Rifugiati) che anche a livello europeo
è ritenuto una best practice.
All‟interno delle politiche migratorie è anche alto il livello di attenzione al tema
dell‟integrazione : è prevista la nomina nella compagine governativa di un Ministro con
espressa delega alla materia dell’integrazione.
A livello locale il Ministro per l‟integrazione ha avviato una consultazione con le
Amministrazioni interessate e gli altri soggetti pubblici e privati per l‟adozione di un
Programma strategico nazionale sull’integrazione. Lo scopo è quello di creare un
quadro di riferimento istituzionale a cui ricondurre ogni iniziativa ed ogni tipo di
investimento pubblico ordinario e straordinario. Il Programma stabilisce un percorso di
durata triennale, e sarà articolato in settori, assi e azioni, riguardanti tra l‟altro :
accoglienza, istruzione e formazione, orientamento al lavoro e sostegno all‟occupazione,
politiche abitative, politiche della salute. Sono stati promossi – in corso di svolgimento del
programma – protocolli d‟intesa per lo scambio di buone prassi sulle politiche di
integrazione dei cittadini stranieri da estendere su tutto il territorio nazionale.
E‟ in via di definizione, sotto il coordinamento del Ministro dell‟Integrazione, d‟intesa con
la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Piano nazionale d‟Azione contro il razzismo, la
xenofobia e l‟intolleranza, per rendere sistematico ed effettivo il principio di parità di
trattamento e non discriminazione, attraverso un significativo programma di misure
pluriennale (2013-2015). Al Piano sta collaborando l‟UNAR – Ufficio Nazionale Anti
discriminazioni Razziali, e dovrà nelle intenzioni rappresentare una risposta efficace delle
istituzioni e della società civile contro l‟intolleranza.
Misure sul piano amministrativo
Un gruppo di lavoro dovrà rivedere il Capitolato generale d‟appalto per la gestione dei
centri per immigrati, al fine di ampliare i servizi erogati e rendere più uniforme lo standard
d‟accoglienza su tutto il territorio nazionale.
54
I prezzi degli appalti per la gestione dei centri dovranno essere progressivamente
rivalutati, per evitare che aggiudicazione delle gare a prezzi troppo bassi si possano
riflettere negativamente sulla qualità dei servizi.
Dovranno essere attivati nuovi centri dotati di caratteristiche strutturali atte a migliorare
le condizioni di ospitalità per i migranti (è prevista l‟istituzione di un Centro governativo
per ospitare fino a 1.000 persone a San Giuliano di Puglia, per l‟accoglienza di famiglie e
migranti vulnerabili).
Il Centro di contrada Imbriacola a Lampedusa dovrà al più presto essere restituito (dopo i
lavori iniziati il 10 nov. 2013) alla piena agibilità e capienza della struttura per 381 posti.
Sarà rinnovata per l‟intero anno 2014 la convenzione con le organizzazioni umanitarie
aderenti al Progetto Praesidium ( l‟UNHCR, l‟OIM, la Croce Rossa Italiana e Save the
Children), che già dall‟anno scorso prevede anche l‟attività di monitoraggio e di ispezione
sul rispetto degli standard di accoglienza nei centri per immigrati.
10 Sezioni delle Commissioni territoriali istituite per il riconoscimento della protezione
internazionale ridurranno i tempi di attesa per l‟esame delle domande di asilo.
Misure sul piano normativo
- L‟iter di adozione del decreto legislativo che recepisce la direttiva europea
2011/51/UE, relativa ai titolari di protezione internazionale lungosoggiornanti, è stato
perfezionato;
- È in fase di attuazione la Direttiva 2011/95/UE sull‟attribuzione della qualifica di
beneficiario della protezione internazionale. Tra l‟altro il provvedimento prevede : varie
misure di inclusione, un Piano nazionale degli interventi volti a favorire l‟integrazione
dei beneficiari di protezione internazionale, l‟istituzione di un Tavolo di coordinamento
interistituzionale (amministrazioni dello Stato, regioni ed enti locali, integrato da
rappresentanti dell‟UNHCR);
- È all‟esame del Parlamento il disegno di legge di delegazione per il recepimento delle
Direttive 2013/32/UE, recante procedure comuni per il riconoscimento e la revoca
dello status di protezione internazionale, 2013/33/UE, recante le norme relative
all‟accoglienza dei richiedenti la protezione internazionale, e 20011/36/UE sulla
prevenzione della tratta degli esseri umani e di protezione delle vittime;
- Lo stesso disegno di legge presenta la delega al Governo per la redazione di un Testo
Unico, volto ad assicurare una maggiore organicità alle disposizioni legislative
nazionali riguardanti l‟asilo, anche in attuazione dell‟art. 10 della Costituzione.
- Lo schema di Regolamento di attuazione del decreto legislativo n. 25 del 2008 sulle
procedure per il riconoscimento della protezione internazionale, che sta per essere
sottoposto all‟esame del Consiglio dei Ministri, prevede tra l‟altro l‟emanazione di linee
guida per la “regolamentazione della vita nei Centri di accoglienza per richiedenti asili
(CARA)”.
3.2 SPRAR e centri di prima accoglienza. Iniziative per il miglioramento
dell’accoglienza dei richiedenti asilo e per l’integrazione dei rifugiati.
55
Tra le iniziative rivolte al miglioramento complessivo della situazione dei richiedenti asilo,
la più significativa è costituita, dopo l‟ampliamento della rete di prima accoglienza, e
l‟elevamento degli standard di accoglienza, dall‟ ampliamento del sistema di seconda
accoglienza che ruota intorno allo SPRAR, gestito dal Ministero dell‟Interno tramite l‟ANCI
(Associazione Nazionale dei Comuni d‟Italia). Nel dicembre 2013 questo Sistema ha
assicurato una capacità di accoglienza di oltre 9.400 migranti, a fronte dei soli 3.000 posti
dell‟anno precedente.
Il consolidamento dello SPRAR è un nodo di svolta nel sistema di accoglienza al fine di
passare dalla situazione di emergenza a quella di ordinaria gestione. Per il triennio 2014-
2016 la capacità ricettiva dello SPRAR è stata fissata in 16.000 posti di accoglienza,
facendo salva la possibilità per gli enti locali di attivare ulteriori posti per eventuali
sopraggiunte necessità. I progetti dello SPRAR hanno durata di sei mesi, e dunque
16.000 posti, per l‟avvicendamento dei migranti allo scadere del primo semestre, possono
diventare 32.000 su base annua.
Altre iniziative volte ad agevolare l‟iter delle procedure di asilo sono :
- Semplificazione delle procedure di riconoscimento della protezione internazionale con
l‟introduzione di un modello di domanda on line (C3) che opera su una piattaforma
informatica (Vestanet);
- Riduzione dei tempi di definizione delle procedure “Dublino”, a mezzo del
perfezionamento di un apposito sistema informatico denominato “Dublinet”;
- Intensificazione dell‟attività di formazione dei componenti delle Commissioni territoriali
per il riconoscimento della protezione internazionale.
Miglioramenti per l’integrazione di rifugiati
E‟ in via di perfezionamento il recepimento della Direttiva 2011/95/UE sull‟attribuzione
della qualifica di beneficiario della protezione internazionale. E‟ prevista, in particolare,
l‟adozione di un Piano nazionale di durata biennale per l‟individuazione di linee
d‟intervento tese a promuovere l‟effettiva integrazione dei beneficiari di protezione
internazionale. Detto Piano è riferito in particolare a : inserimento socio lavorativo,
accesso all‟alloggio, assistenza sanitaria e sociale, formazione linguistica e contrasto
delle discriminazioni.
Nel nostro Paese il processo d‟integrazione dei migranti ruota intorno allo SPRAR, i cui
interventi si armonizzano con le misure minime di accoglienza previste dalle direttive
europee (Direttiva 2003/9/CE). Negli anni il livello ed il numero di questi interventi è via via
cresciuto in forza della condivisione di buone prassi che l‟intero Sistema ha fatto proprie.
Ulteriori sforzi sono stati compiuti per una maggiore personalizzazione dei percorsi di
integrazione. Gli enti locali, le associazioni del terzo settore ed i gestori delle attività, oltre
a fornire vitto e alloggio svolgono interventi su base, accompagnando ogni singola
persona nella (ri)conquista della propria autonomia, e i progetti territoriali dello SPRAR
completano l‟accoglienza integrata con servizi volti all‟inserimento socioeconomico delle
persone.
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Progetti specializzati sono presenti per il sostegno di specifiche vulnerabilità : persone
disabili o con problemi di salute, minori non accompagnati, vittime di tortura, nuclei
monoparentali, donne sole in stato di gravidanza, persone con disagio mentale o
psicologico con necessità di assistenza sanitaria, sociale e domiciliare, specialistica e/o
prolungata. Molti progetti finalizzati all‟inserimento nel mondo del lavoro di soggetti
richiedenti la protezione internazionale sono stati realizzati dal Ministero del Lavoro e
delle politiche sociali con Fondi europei nel quadro dell‟Obiettivo Convergenza.
Per il periodo 2014-2020, in relazione alla programmazione del Fondo Europeo Asilo e
Immigrazione – che si concentrerà sulla gestione integrata della migrazione –sono
state previste linee di azione specifiche per il sostegno all‟autonomia socio-economica
dei titolari di protezione internazionale.
3.3 Operazioni Mare Nostrum e SAR. Agenzia EASO.
L‟operazione Mare Nostrum è stata intrapresa dal 18 ottobre 2013013 dopo il disastro di
Lampedusa, per compiere un‟azione umanitaria mirante : a) rafforzare il dispositivo
aereonavale di sorveglianza e soccorso in mare; b) assicurare assistenza sanitaria di
primo intervento ed ospedaliera; c)incrementare la sicurezza della vita umana; d)
controllare i flussi migratori. Tutto ciò a mezzo del dispiegamento di 5 unità navali e 2
assetti aerei della Marina Militare. Questa attività è perdurate ancora, e fino ad oggi ha
consentito il soccorso in mare di 6.127 migranti nell‟ambito di 45 operazioni.
L‟area interessata a questa operazione si estende per 50 miglia a sud di Lampedusa ed
oltre 100 miglia a sud-est della Sicilia. Numerosi Stati membri hanno mostrato interesse a
tale iniziativa : in particolare la Slovenia ha messo a disposizione un‟unità navale che ha
supportato le unità italiane nell‟ambito dell‟operazione dal 15 dicembre al 31 gennaio
scorsi.
Nel corso delle Operazioni SAR nell‟anno 2013 sono stati soccorsi in mare 37.258
migranti. Il numero delle imbarcazioni soccorse è stato di : 281 da assetti italiani; 4 da
assetti Frontex; 60 da navi mercantili. Sono invece giunti sulle coste italiane in modo
autonomo 5.999 migranti a bordi di 133 imbarcazioni. Gli assetti italiani hanno sbarcato
tutte le imbarcazioni soccorse in porti del nostro Paese, e tutti i soccorsi operati da navi
mercantili con il coordinamento delle autorità italiane si sono conclusi con l‟approdo in
porti del territorio nazionale.
Nel Testo Unico sull‟immigrazione, l‟art.18 prevede un permesso di soggiorno speciale
per chi fornisca un contributo utile all‟individuazione o alla cattura dei responsabili di reati
legati al favoreggiamento ed allo sfruttamento dell‟immigrazione clandestina, illegale.
Il rilascio di questo permesso ha lo scopo di sottrarre la vittima alle organizzazioni
criminali, e di consentirgli di partecipare a programmi di assistenza ed integrazione
sociale.
Tra i temi di attualità relativi a quella che è stata definita una vera e propria emergenza
umanitaria, e cioè l‟afflusso costante di imbarcazioni cariche di migranti verso le nostre
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coste, ci sono le problematiche relative agli sbarchi. Le autorità italiane hanno sempre
assicurato interventi di soccorso, non solo nelle acque SAR di propria competenza,
inizianti a circa 170-190 miglia dalle coste siciliane, ma anche in aree SAR altrui, sotto il
coordinamento dei centri di soccorso dei Paesi interessati. Spesso si verifica che questi
ultimi chiedono alle nostre autorità di condurre i migranti sul suolo italiano, dichiarando di
non disporre di mezzi in zona.
Nell‟ambito dell‟Operazione Mare Nostrum a bordo delle unità navali sono stati imbarcati,
insieme a mediatori culturali, operatori di polizia degli uffici immigrazione, personale della
polizia scientifica per le procedure di pre-identificazione dei migranti e per il loro foto
segnalamento, personale medico e paramedico per interventi di primo soccorso. Tutto
questo per acquisire elementi utili per il contrasto all‟immigrazione illegale.
Le riprese video del 13 dicembre 2013 del centro di Lampedusa hanno documentato un
caso isolato. Nello specifico, il responsabile sanitario, avendo rilevato che tra i 299 ospiti
del centro 104 persone erano affette da scabbia, ha eseguito il trattamento sanitario
previsto per questa patologia in modo assolutamente inappropriato dal punto di vista
operativo, ed inaccettabile sul piano umano. Dopo la diffusione del filmato la Prefettura di
Agrigento ha sciolto il contratto, assegnando 30 giorni di tempo per la cessazione del
servizio. Il Ministero dell'Interno, ad evitare la possibilità del ripetersi di simili episodi, ha
diramato indicazioni alle Prefetture perché – d‟intesa con le organizzazioni umanitarie
aderenti al progetto Praesidium – dispongano un piano straordinario di ispezioni per
verificare che nell‟espletamento dei servizi erogati nei centri, siano sempre tutelati la
dignità e i diritti umani dei migranti.
Occorre inoltre che il Ministero dell‟Interno si impegni: a)per la revisione del Capitolato
generale di appalto per la gestione di centri di accoglienza, b) per la razionalizzazione ed
il miglioramento dei servizi ad oggi resi, anche c) attraverso l‟emanazione di una direttiva
generale per la diffusione delle buone prassi individuate dalle organizzazioni umanitarie,
le quali curano il monitoraggio dei centri, e sono in grado di fornire preziose indicazioni sui
correttivi da apportare per una migliore organizzazione dei servizi.
Accordi bilaterali e politiche di respingimento
- L‟Italia ispira la sua azione di contrasto all‟immigrazione illegale al rispetto dei principi
di diritto internazionale e comunitario in materia, ed esclude il ricorso a respingimenti
collettivi.
- All‟interno degli accordi bilaterali in tema migratorio vanno distinti : gli accordi di
cooperazione di sicurezza e gli accordi di riammissione. I primi prevedono forme di
collaborazione di polizia per contrastare la criminalità organizzata che gestisce i traffici
legati all‟immigrazione illegale. I secondi riguardano le intese governative finalizzate a
definire le procedure di riammissione degli immigrati irregolari individuati sul territorio
nazionale. Circa questi ultimi, l‟Italia ha stipulato a livello bilaterale specifici accordi di
riammissione fino al 2008 con i seguenti Paesi africani : Marocco, Tunisia, Algeria,
Nigeria, Egitto.
58
- L‟Italia sostiene la concreta implementazione degli accordi di riammissione stipulati
dall‟Unione Europea con i Paesi terzi, promuovendo anche la sottoscrizione dei relativi
protocolli attuativi. In questo senso l‟Italia sostiene la necessità che l‟Unione Europea
stipuli nuovi partenariati di mobilità e sicurezza con i Paesi terzi di origine e transito,
aiutando con disposizioni di „capacity building‟ le autorità di quei Paesi ad avvicinarsi
agli standard internazionali in materia di asilo.
L‟Italia ha impegnato 10 milioni e 400 mila euro a valere sul Fondo europeo rimpatri
(distribuiti su 11 progetti), e, per il periodo 2008-2013, risorse superiori a 24 milioni di euro
a valere sul Fondo europeo per i rifugiati (distribuiti su 83 progetti).
Per quanto riguarda la Protezione dei soggetti vulnerabili, il progetto Praesidium
costituisce un unicum nel panorama europeo dell‟assistenza ai migranti perché le agenzie
partner (OIM, UNHCR, Save the Children e CRI) cooperano in stretta sinergia con le
istituzioni, contribuendo a definire interventi sempre più orientati al rispetto della dignità e
dei diritti fondamentali della persona. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha
emanato delle linee guida per definire tutte le misure connesse alla loro protezione, dal
censimento delle presenze all‟individuazione dei familiari, al rimpatrio volontario e assistito
e alla conversione del permesso di soggiorno al raggiungimento della maggiore età.
I minori non accompagnati in Italia godono di un‟ampia protezione che comprende il diritto
all‟istruzione, le cure sanitarie, l‟alloggiamento in un luogo sicuro e le misure di tutela.
Nei confronti dei minori stranieri non accompagnati che richiedono asilo sono previste
varie procedure di tutela, e gli stessi sono inseriti in centri destinati a loro nell‟ambito dello
SPRAR.
Servizi di informazione per i migranti
Nell‟ambito del progetto Praesidium, le organizzazioni UNHCR, OIM, Save the Children e
CRI forniscono presso tutti i centri governativi e nei posti di sbarco delle informazioni circa
: a) la consulenza legale; b) informazioni sulla legge italiana sul tema dell‟immigrazione
illegale e tratta di esseri umani, le procedure di ingresso regolare e le modalità di richiesta
di protezione internazionale; c) informazioni sulla possibilità di rimpatrio volontario e
assistito; d) diffusione di materiale informativo sulle attività delle diverse organizzazioni.
Altri supporti informativi per i migranti sono presso gli “sportelli asilo” di diversi comuni e
presso le sedi di molte ONG di settore. Queste assicurano anche attività di assistenza, di
primo soccorso, di mediazione culturale e di interpretazione.
Ipotesi di creare presidi nei Paesi di transito per un primo screening dei migranti
Questa ipotesi era contenuta in una proposta più articolata del Sindaco di Lampedusa e
del Senatori Manconi, Presidente della Commissione Diritti Umani del Senato.
Il "Piano di ammissione umanitaria dell‟Unione Europea" proposto prevedeva 4 punti : La
richiesta avanzata dall‟Italia in sede europea di attivare la Direttiva europea sulla
protezione temporanea (2001/55/CE); l‟esame „in loco‟ delle domande di protezione
internazionale mediante la rete diplomatico-consolare; la realizzazione di „presidi
59
internazionali‟ nei paesi della Sponda Sud del Mediterraneo per avviare la procedura di
concessione della protezione temporanea; il trasferimento dei beneficiari di protezione
internazionale dal „presidio‟ allo Stato membro di destinazione. Il Senatore Bubbico rileva
come l‟idea di un esame in loco delle domande di asilo attraverso la rete diplomatico-
consolare nei Paesi di origine e transito dei flussi sia difficile da percorrere per la necessità
di un adeguamento delle strutture e del personale diplomatico-consolare, senza, peraltro,
assicurare che tale misura sia in grado di ridurre l‟afflusso verso l‟UE.
La nozione di „Presidio‟ proposta dal Piano si presta a diverse interpretazioni : quella
accettabile è nella forma prevista dai Partenariati di Mobilità e Sicurezza che l‟UE
sottoscrive con diversi Paesi terzi di origine e transito dei flussi, i quali contemplano
interventi di assistenza da parte dell‟UE nei Paesi terzi firmatari proprio nel settore
dell‟asilo e della protezione internazionale. Invece è di difficile realizzazione la proposta di
forze di sicurezza europee nei Paesi terzi di origine e transito dei flussi.
Lotta al traffico di esseri umani
L‟investigazione condotta nel merito ha rilevato che la gestione del traffico di esseri umani
si va orientando sempre più dai migranti economici ai profughi. Le forze di polizia italiane
nel 2013 hanno arrestato 200 persone tra scafisti, organizzatori e basisti, ed hanno
sequestrato 158 natanti. Inoltre l‟Italia ha stipulato accordi intergovernativi di cooperazione
e sicurezza, strutturando su base giuridica le iniziative di collaborazione : tra gli accordi più
significativi sono quello con la Libia e con la Tunisia.
Con la Libia il programma di cooperazione è stato ripreso dopo il superamento della crisi
bellica : è stato riproposto il progetto SaharaMed, finanziato dall‟Europa e dall‟Italia; è
stato ripristinato l‟ufficio dell‟esperto per l‟immigrazione presso l‟Ambasciata d‟Italia a
Tripoli, l‟Ufficio di collegamento libico in Italia presso l‟Ambasciata della Libia in Roma, ed
è stato aperto un “ufficio d‟amicizia” presso il Consolato loibico di Milano; sono istituendi i
consolati di Palermo e di Agrigento.
Con la Tunisia prosegue l‟attuazione di un programma impegnativo di assistenza tecnica,
consistente nella cessione di mezzi e di equipaggiamenti, e nell‟organizzazione di corsi di
formazione ed addestramento per il personale della polizia tunisina. Le autorità tunisine
hanno mostrato disponibilità al rimpatrio dei propri connazionali presenti irregolarmente sul
territorio nazionale.
Altri progetti pilota rientrano nel quadro della collaborazione bilaterale, stipulati dal
Ministero dell‟Interno come cooperazione rafforzata con alcuni Paesi dell‟Africa Sub-
Sahariana (Nigeria, Ghana, Gambia, Niger, Gibuti, Senegal). Questi progetti pilota
prevedono formazione, forniture di equipaggiamenti e un distacco annuale di funzionari di
polizia dei suddetti Paesi.
Altri progetti europei di cooperazione internazionale finalizzati al contrasto
dell‟immigrazione illegale vedono l‟Italia in prima fila. Riguardevoli il progetto Sahara-Med
(in collaborazione con l‟OIM, il CIR e la Grecia), per la prevenzione dell‟immigrazione
irregolare dal Sahara al Mediterraneo, e il progetto Sea Horse per la creazione di una rete
60
protetta di comunicazione satellitare tra Stati membri e Paesi terzi interessati ai flussi
(Libia, Tunisia, Algeria ed Egitto) per lo scambio di informazioni volte al contrasto
dell‟immigrazione irregolare via mare. Altri accordi stipulati dall‟Italia con Paesi dell‟Unione
Europea – in particolare con la Francia, la Germania, la Grecia, Malta, Spagna e Regno
Unito – prevedono azioni di lotta all‟immigrazione illegale legate alle operazioni Aeneas ed
Hermes in ambito Frontex. La Commissione Europea, in occasione del GAI del 5 dicembre
2013 ha riconosciuto la validità di un collegamento maggiore tra Frontex ed Europol
nell‟azione di controllo delle frontiere e di contrasto dell‟immigrazione illegale.
Peraltro l‟attività di soccorso in mare dell‟Italia è costante : tutte le imbarcazioni con
migranti in difficoltà di cui le autorità italiane siano giunte a conoscenza sono state
soccorse, sia per avvistamento diretto che per richieste di aiuto pervenute.
Le organizzazioni criminali, per la gestione dei traffici, utilizzano piccole imbarcazioni e
programmano il viaggio in modo da arrivare sulle coste italiane durante la notte, così da
sottrarsi all‟individuazione. Le operazioni SAR sono attivate dall‟Italia – come già detto
prima – non solo nella propria area di responsabilità, ma anche in zone SAR di Paesi terzi,
spesso a grande distanza dalle nostre coste, e con un dispiegamento di più mezzi per far
fronte contemporaneamente a più interventi.
In Italia esistono norme penali che sanzionano gravemente il traffico di esseri umani.
La lotta alla tratta è stata posta in agenda tra le priorità della Presidenza italiana
dell‟Unione Europea nel secondo semestre 2014.
L‟Italia ha anche ratificato il Protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Palermo sulla
tratta degli esseri umani, che ad oggi costituisce il principale strumento internazionale a
vocazione universale per il contrasto a questo fenomeno. La legge di delegazione europea
2013 – ai fini del recepimento della direttiva 2011/36/UE –prevede un coordinamento tra le
istituzioni che si occupano di tutela e assistenza alle vittime di tratta e quelle che hanno
competenza all‟asilo. Tra i criteri di delega è ricompreso anche l‟obbligo di informare i
minori stranieri non accompagnati-vittime di tratta, della possibilità di chiedere la
protezione internazionale.
Attualmente si rileva che, per la grave instabilità geopolitica del quadrante Sud del
Mediterraneo, la pressione migratoria proveniente dal Nord Africa non diminuirà nel
prossimo futuro. Gli arrivi dei migranti nel mese di gennaio di quest‟anno sono decuplicati
rispetto a quelli del 2013 (2.156 rispetto a 217), e i migranti sbarcati nei primi sei mesi
sono stati 7.916, e nel secondo semestre 35.009, con una media di circa 200 arrivi al
giorno e punte superiori alle 1.000 unità.
Da alcuni anni a questa parte i flussi si concentrano quasi esclusivamente in Sicilia e
sull‟isola di Lampedusa. I due organismi della Conferenza Episcopale Italiana Caritas
Italiana e Fondazione Migrantes, con il Rapporto immigrazione 2013 - Tra crisi e diritti
umani -, hanno intrapreso un nuovo percorso per lo studio della mobilità umana,
privilegiando una metodologia induttiva secondo cui, partendo dall‟osservazione delle
realtà locali delle sedi diocesane, si arrivi ai riferimenti istituzionali e associativi nazionali
61
e internazionali. Il Rapporto immigrazione fruisce di una partecipazione allargata, oltre
che alla Caritas diocesana di Roma, alla Caritas Ambrosiana di Milano, alle Migrantes di
Torino e Palermo. In esso si rileva l‟aumento costante delle presenze straniere, e come i
migranti, colpiti maggiormente dalla recessione, abbiano grandi capacità di adattamento,
sebbene i diritti umani siano frequentemente violati.
La situazione in atto, e l‟innestarsi su di essa di network criminali dediti alla gestione del
business „tratta‟, evidenziano la necessità che la comunità internazionale assicuri in tutte
le sedi un alto livello di attenzione al tema dei flussi migratori misti nel Mediterraneo, e
garantisca un adeguato sostegno – strumentale e finanziario – a favore dei Paesi posti
sulla frontiera esterna dell‟Unione.
Agenzia EASO
Il 4 giugno 2013 l‟Italia ha sottoscritto a Malta, con EASO un Piano di supporto speciale
che comporta il sostegno tecnico ed operativo fino alla fine del 2014, con l‟obbiettivo del
rafforzamento dei livelli qualitativi del sistema nazionale di asilo e di accoglienza. Il Piano
prevede il coinvolgimento di tutti gli attori interessati : magistrati, forze dell‟ordine,
componenti delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione
internazionale, addetti di prefetture e questure, uffici centrali del Ministero dell‟Interno
competenti in materia di immigrazione ed asilo. Il Piano speciale prevede misure in
relazione ai seguenti ambiti :
- il monitoraggio delle procedure di asilo e potenziamento delle capacità di analisi dei
dati;
- l‟ampliamento del sistema COI (informazioni sui Paesi d‟origine);
- un‟informazione capillare sulle procedure Dublino;
- il monitoraggio del sistema di accoglienza;
- la gestione dell‟emergenza.
L‟attuazione del Piano è in corso.
Praesidium
Originariamente Praesidium era un progetto, avviato nel 2006 e rinnovato ogni anno,
finalizzato al miglioramento delle condizioni di accoglienza dei flussi migratori, che
raggiungevano clandestinamente Lampedusa per via mare.
Sull‟isola fu attivato un presidio fisso di OIM/CRI/UNHCR per fornire agli immigrati accolti
nel Centro un servizio di assistenza umanitaria, supporto sociale ed orientamento
normativo. Particolare attenzione era riservata ai richiedenti la protezione internazionale in
Italia, ai „soggetti vulnerabili‟, come donne e minori, famiglie monoparentali e minori non
accompagnati ed eventuali vittime di tratta. Il progetto è stato successivamente ampliato:
a) sia sotto l‟aspetto territoriale, estendendosi da Lampedusa agli altri punti strategici
di frontiera delle coste siciliane, e poi alle regioni Puglia, Calabria, Campania e
Marche;
62
b) Sia sotto il profilo delle agenzie umanitarie coinvolte, con l‟ingresso di Save the
Children, al fine di una più efficace tutela dei minori non accompagnati;
c) Sia con l‟inclusione di tutti i centri governativi dislocati sull‟intero territorio nazionale.
Il rapporto di partnership con le ONG aderenti al Progetto si è in seguito rafforzato con la
sottoscrizione di un Addendum alla convenzione, in forza del quale presso ogni centro
governativo (CIE/CDA-CARA/CSPA), è stata costituita una Commissione con il compito di
sostenere l‟attività istituzionalmente attribuita al Prefetto competente sul territorio in fatto
di verifica e controllo degli standard di accoglienza offerti agli ospiti.
La capacità di gestione e di accoglienza posta in atto dall‟Italia nei confronti dei continui
flussi migratori ne è uscita rafforzata e qualificata.
Le aree di intervento prioritario per l’U E e gli Stati membri individuate dalla Task
Force Mediterranea
La Task Force istituita dalla Commissione Europea all‟indomani del naufragio di
Lampedusa ha individuato 5 aree di intervento prioritario per l‟Unione Europea e gli Stati
membri:
1. La promozione di maggiori canali di ingresso in Europa ed una maggiore
cooperazione dell‟Unione con i Paesi terzi;
2. La protezione regionale, reinsediamento e rafforzamento dell‟immigrazione legale;
3. La lotta alla tratta di esseri umani e al favoreggiamento dell‟immigrazione illegale;
4. Il rafforzamento della sorveglianza delle frontiere per migliorare il quadro
situazionale marittimo e proteggere i migranti nel Mediterraneo;
5. Assistenza nei confronti degli stati membri che affrontano le pressioni migratorie.
Di particolare importanza si ritiene per l‟Italia il rafforzamento previsto di Frontex e la
volontà di intensificare il dialogo con i Paesi di origine e transito per aumentarne la
capacity building. Inoltre si ritiene siano opportune delle campagne di informazione per
dissuadere i migranti dall‟esporsi al rischio di intraprendere viaggi in mare connotati da un
elevatissimo grado di pericolosità. Si ritiene doveroso anche valorizzare il principio di
condizionalità, legando la cooperazione europea al maggiore impegno degli Stati
beneficiari nel contrasto all‟immigrazione illegale e nelle politiche di riammissione.
3.4 Un approccio globale in materia di migrazione
L‟approccio globale in materia di migrazione e mobilità (Global Approach to Migration and
Mobility, GAMM) costituisce il quadro del dialogo e della cooperazione con tutti i paesi
terzi, ed al contempo un‟impostazione generale per i dialoghi e la cooperazione connessi
alla migrazione.
Inizialmente la Commissione Europea il 30 novembre 2005 stabiliva in una
Comunicazione le “Priorità d‟azione per rispondere alle sfide dell‟immigrazione. Prima
iniziativa presa dopo la riunione di Hampton Court”, e subito dopo il Consiglio europeo
63
nelle sue conclusioni del 15 e 16 dicembre dello stesso anno adottava l‟"Approccio globale
in materia di migrazione : Azioni prioritarie incentrate sull‟Africa e il Mediterraneo”. Queste
azioni prioritarie riguardano in particolare : il rafforzamento della cooperazione e
dell‟azione degli Stati membri; il dialogo e la cooperazione con gli Stati africani; il dialogo e
la cooperazione con i Paesi vicini dell‟intera regione mediterranea; le questioni relative al
finanziamento e all‟attuazione delle misure prioritarie stabilite.
Il 4 maggio 2011 la Commissione Europea nella sua Comunicazione sulla migrazione
presentava delle iniziative volte a sviluppare una politica migratoria europea complessiva,
per dare risposte più adeguare alle sfide poste dal fenomeno migratorio, nel rispetto della
tradizione europea di asilo e di protezione, e per evitare l‟attraversamento illegale delle
frontiere. Si era al tempo delle rivoluzioni arabe della primavera 2011, ed il massiccio
afflusso di immigrati, provenienti dal Mediterraneo meridionale, sulle coste italiane e
maltesi, evidenziava le limitate risorse dell‟Unione nel fronteggiare l‟emergenza in corso, e
la necessità – nello stesso tempo – di una maggiore solidarietà fra gli Stati membri in
questo campo. In questa Comunicazione la Commissione affrontava il tema di un
“approccio globale” in tema di migrazione, ponendo in rilievo la necessità di una riflessione
più approfondita sugli obiettivi strategici dell‟Unione, sia esterni che interni, per poi tradurli
in proposte concrete per lo sviluppo dei partenariati cruciali (in particolare quello con
l‟Africa, il partenariato orientale, il partenariato euro mediterraneo ed i partenariati con i
paesi dell‟allargamento). In particolare veniva sollecitato un migliore equilibrio tematico fra
i tre principali settori di intervento : l‟organizzazione della migrazione legale; il
potenziamento della lotta contro la migrazione irregolare; l‟aumento dei vantaggi reciproci
della migrazione per lo sviluppo.
Il 18 novembre 2011 la Commissione europea pubblicava una nuova Comunicazione su
“L’approccio globale in materia di migrazione e mobilità” con l‟obiettivo di rafforzarne
la coerenza con altri settori strategici, e di migliorare l‟equilibrio tematico e geografico. Le
priorità operative di particolare rilevanza su cui concentrare gli sforzi dell‟UE riguardavano
i seguenti settori :
1) Organizzazione ed agevolazione della migrazione legale e della mobilità;
2) Prevenzione e riduzione della migrazione irregolare e della tratta degli esseri umani;
3) Promozione della protezione internazionale e rafforzamento della dimensione esterna
della politica di asilo;
4) Aumento dell‟incidenza della migrazione e della mobilità sullo sviluppo.
La Comunicazione suggerisce anche priorità geografiche e meccanismi di attuazione, e
prende in considerazione le questioni relative ad un finanziamento e monitoraggio
appropriati.
Il 23 aprile 2012 il Consiglio dell‟UE adottava il documento “Azione dell‟Unione Europea
sulle pressioni migratorie – Una risposta strategica”. Con questo strumento l‟UE e gli Stati
membri intendevano affrontare l‟immigrazione irregolare, assicurando al contempo il
rispetto dei diritti fondamentali. I settori strategici prioritari evidenziati sono 6 :
64
1°) rafforzare la cooperazione con i paesi terzi di transito e di origine sulla gestione della
migrazione;
2°) migliorare la gestione delle frontiere esterne;
3°) prevenire l‟immigrazione clandestina attraverso la frontiera greco-turca;
4°) contrastare meglio gli abusi dei canali di migrazione legale;
5°) preservare la libera circolazione prevenendo abusi da parte di cittadini di paesi
terzi;
6°) migliorare la gestione della migrazione, con particolare riferimento ai rimpatri.
Ogni presidenza del Consiglio ha accettato di inserire nel proprio programma tale strategia
e di aggiornarla costantemente, in particolare nell‟ambito del Comitato Strategico
sull‟Immigrazione, le Frontiere e l‟Asilo (CSIFA). Il Governo Italiano ha dichiarato di voler
dedicare particolare attenzione alla Road map perché questo documento presenta una
logica aperta, ed è la base per nuove iniziative mirate a rafforzarne l‟efficacia.
Dopo l‟adozione dell‟approccio globale, nel 2012 si sono intensificati i dialoghi a livello
internazionale per concludere accordi bilaterali. Il principale strumento dell‟approccio
globale consiste nella possibilità di concludere “partenariati per la mobilità” con i paesi
terzi, che comprendono, oltre agli accordi di riammissione, una serie di misure che vanno
dall‟aiuto allo sviluppo all‟agevolazione per il rilascio del visto temporaneo di ingresso, a
misure sulla migrazione circolare e alla lotta contro la migrazione clandestina.
Il 7 giugno 2013 l‟Unione Europea ha firmato un partenariato per la mobilità con il
Marocco, primo partner fra i paesi del Mediterraneo.
Dopo il tragico naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013, anche dietro impulso del
Governo italiano, il Consiglio Europeo del 24 e 25 ottobre 2013 ha discusso la questione
dei flussi migratori verso l‟Europa, con l‟intenzione di ritornare sulle questioni dell‟asilo e
della migrazione in una prospettiva più ampia e più a lungo termine nel giugno 2014,
quando saranno definiti gli orientamenti strategici per l‟ulteriore programmazione
legislativa ed operativa nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Il Consiglio inoltre ha
accolto molto favorevolmente la creazione di una Task Force “Mediterraneo” (TFM),
guidata dalla Commissione Europea e comprendente Stati membri, agenzie dell‟UE e il
Servizio Europeo per l‟azione esterna (SEAE), con l‟invito ad individuare “sulla base dei
principi di prevenzione, protezione e solidarietà”, le azioni prioritarie per un utilizzo a breve
termine più efficiente delle politiche e degli strumenti europei. Nelle sue Conclusioni del 19
e 20 dicembre 2013 il Consiglio ha anche indicato tra le priorità in materia di flussi
migratori un dialogo più intenso con i paesi terzi, per evitare che i migranti intraprendano
viaggi pericolosi verso l‟Unione europea, ribadendo l‟importanza, in questo approccio
globale, di elementi come le campagne di informazione, i programmi di protezione
regionale, i partenariati per la mobilità ed un‟efficace politica di rimpatrio.
65
Il 21 febbraio 2014 la Commissione Europea ha pubblicato la “Relazione sull’attuazione
dell’approccio globale in materia di migrazione e mobilità 2012-2013”(COM(2014)96),
segnalata peraltro dal Governo italiano come atto di particolare interesse nazionale, ai
sensi della legge n.234/2012. Questa relazione evidenzia che nel 2012 e 2013 sono stati
compiuti significativi passi avanti per una politica esterna più consolidata e coerente in
materia di migrazione e asilo, e sono state rafforzate le relazioni politiche con paesi e
regioni terzi, ad es. con i paesi del Mediterraneo meridionale e con quelli del partenariato
orientale. In particolare la Commissione ritiene validi i partenariati per la mobilità, che sono
in grado di rendere la cooperazione reciprocamente vantaggiosa. L‟impianto e la
metodologia del GAMM sono applicati a livello globale con tutti i paesi terzi interessati, e
ciò consente flessibilità, capacità di stabilire priorità tra le esigenze emergenti, e di definire
appropriate forme di coinvolgimento dell‟UE con i paesi partner, a seconda delle priorità in
materia di politica estera e di flussi migratori e di asilo. Circa le prospettive future la
Commissione ritiene che rimanga valido il criterio dell‟equilibrio geografico. Fra i criteri
pertinenti segnala : a) l‟interesse strategico di un paese terzo in relazione a una qualsiasi
delle aree tematiche del GAMM, in particolare la portata della pressione migratoria e le
questioni relative alla riammissione ed alla mobilità; b) le relazioni politiche complessive
con un paese terzo, compresi il rispetto dei diritti umani e aspetti più generali (scambi
commerciali, sviluppo, sicurezza, turismo…); c) l‟interesse espresso da un paese terzo per
la cooperazione, e la sua capacità istituzionale in tal senso; d) una chiara visione degli
esiti e dei risultati attesi.
Il finanziamento del GAMM nell‟ambito del Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) per il
periodo 2007-2013 è stato effettuato prevalentemente attraverso gli strumenti per la
cooperazione esterna dell‟UE. Nell‟ambito del nuovo QFP la Commissione intende
continuare a mettere a disposizione risorse finanziarie per l‟attuazione del GAMM.
In sede di Consiglio il 27 febbraio 2014 il gruppo di lavoro sulla Cooperazione allo
Sviluppo (CODEV) ha presentato il progetto “Interrelazioni tra politiche pubbliche e
migrazione. Sviluppo dei paesi partner : casi studio e raccomandazioni”. Questo progetto
ha ricevuto un‟allocazione finanziaria di 4 milioni di EUR, di cui 3 a valere sul programma
tematico Asilo e Migrazione, per una durata di tre anni (giugno 2013-giugno 2016)
In particolare, nella seduta in sessione plenaria tenutasi al Parlamento europeo il 12
marzo 2014 sono state votate risoluzioni in merito a :
- La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, recante
disposizioni generali sul Fondo Asilo e migrazione e sullo strumento di sostegno
finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la
gestione delle crisi (COM(2010) 752);
- la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il
Fondo Asilo e migrazione (COM(2011) 751);
- la proposta di regolamento del parlamento europeo e del Consiglio che istituisce,
nell‟ambito del Fondo Sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per la
cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la gestione delle crisi
(COM(2011) 753);
66
- la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce,
nell‟ambito del Fondo Sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per le
frontiere esterne e i visti (COM(2011) 750).
Per il periodo 2014-2020 al Fondo per asilo, migrazione e integrazione (AMIF) è stato
assegnato un bilancio totale di 3,1 miliardi di EUR, di cui almeno il 20% di 2,4 miliardi di
EUR che gli Stati membri avranno a disposizione (3,1 miliardi di EUR meno 746 milioni
per i programmi comunitari e altre azioni) dovrà essere speso per misure che sostengano
la migrazione legale e promuovano l‟effettiva integrazione degli immigrati. Gli Stati membri
dovranno altresì destinare almeno un ulteriore 20% dei fondi per misure in materia di
asilo; dovranno fornire motivazioni dettagliate in caso mantengano le spese al di sotto
delle percentuali stabilite. Inoltre gli Stati membri che si trovano nella necessità di
affrontare “carenze strutturali in materia di alloggi, infrastrutture e servizi” non avranno la
possibilità di decidere di spendere meno in materia di asilo. Gli Stati membri potranno
ricevere fondi AMIF per accogliere rifugiati provenienti da Paesi UE o non UE. Nel caso
accolgano i richiedenti asilo nell‟ambito del programma di reinserimento dell‟UE
riceveranno un importo forfettario di 6.000 EUR a persona reinserita, cifra che potrà
essere aumentata fino a 10.000 EUR per le persone vulnerabili o provenienti da zone
prioritarie (come Siria e Ucraina).
Il Fondo Sicurezza Interna (ISF) supporterà la questione delle frontiere esterne e dei
visti con finanziamenti dell‟importo di 2,8 miliardi di EUR fino al 2020. Il Fondo sarà
utilizzato per costruire le infrastrutture necessarie ai valichi di frontiera e per la
sorveglianza delle frontiere. Saranno concessi finanziamenti ai sistemi informatici previsti
dal Sistema europeo di sorveglianza delle frontiere (EUROSUR), e ad azioni che facilitino
la gestione efficace dei flussi migratori, il trattamento delle domande di visto e la
cooperazione consolare.
Sono previsti altresì controlli a campione sulle spese. Il contributo dell‟Unione ai progetti
nazionali sarà generalmente fino al 75% del bilancio totale, e in alcuni casi potrà essere
innalzato fino al 90%, ad esempio qualora la pressione sul bilancio di uno Stato membro
potrebbe mettere a rischio un progetto specifico.
Priorità del Governo Italiano per il 2014 in materia di immigrazione e asilo
L‟attività del Governo italiano nell‟ambito del semestre di presidenza dell‟Unione sarà
influenzata dalla scadenza del Programma di Stoccolma e dalla definizione delle Nuove
Linee Guida in Materia di giustizia e Affari Interni, che dovrebbero essere adottate dal
Consiglio europeo di giugno 2014, e che influenzeranno l‟azione dell‟Unione in questo
settore nel prossimo futuro.
67
Per quanto concerne le questioni migratorie il Governo italiano ne sottolinea l‟importanza
per il futuro dell‟Unione, riferendosi anche alla necessità di sostenere gli sforzi compiuti dai
Paesi che fungono da frontiera esterna dell‟Unione, sia nella prevenzione e nel contrasto
dell‟immigrazione illegale, sia nelle attività di soccorso e di assistenza ai migranti.
Al riguardo viene ribadita l‟importanza di Frontex (Agenzia europea per la gestione della
cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell‟Unione europea) e di
una rafforzata partecipazione degli Stati membri alle sue operazioni. L‟Agenzia, istituita
con il regolamento (CE) n.2007/2004 del Consiglio, ha iniziato ad operare a Varsavia il 2
ottobre 2005, ed ha numerosi compiti, tra i quali il coordinamento e la cooperazione fra gli
Stati membri in materia di gestione delle frontiere esterne, nella formazione di guardie
nazionali di confine (e nell‟elaborazione di norme comuni in materia di formazione), nel
seguire l‟evoluzione delle ricerche in materia di controllo e sorveglianza delle frontiere
esterne… Dal 2007 ha anche il compito di impiegare squadre di intervento rapido alle
frontiere negli Stati membri che subiscono una pressione urgente e eccezionale, come per
l‟afflusso massiccio di immigrati clandestini. Il nuovo regolamento istitutivo di FRONTEX
Regolamento (UE) n. 1168/2011 introduce, rispetto al regolamento precedente, alcuni
importanti cambiamenti, riguardanti alcuni settori delle attività di base svolte da Frontex :
- la creazione di squadre europee di guardie di frontiera (formate da guardie di
frontiera nazionali assegnate o distaccate dagli Stati membri per operazioni congiunte,
interventi rapidi e progetti pilota);
- Chiarimento e messa in evidenza degli obblighi in materia di diritti fondamentali (in
caso di violazione dei diritti umani, le missioni di Frontex devono essere sospese o
concluse, totalmente o parzialmente), creazione del ruolo di responsabile dei diritti
fondamentali, istituzione di un forum consultivo sui diritti fondamentali al quale
partecipano anche le organizzazioni internazionali e le ONG competenti, definizione di
un codice di condotta per garantire il rispetto dei diritti fondamentali;
- Il rafforzamento delle capacità operative dell‟Agenzia, anche attraverso l‟introduzione
di un meccanismo quasi obbligatorio relativo alle risorse tecniche ed umane (una volta
create le squadre europee di guardie di frontiera, formate da personale nazionale
assegnato o distaccato dagli Stati membri dell‟Agenzia per partecipare alle operazioni
congiunte, e messe a disposizione dell‟Agenzia le attrezzature tecniche, gli Stati
membri sono obbligati per legge ad onorare gli impegni presi).
Viene inoltre accresciuto il ruolo di coordinamento di Frontex, che è tenuta a nominare un
agente di coordinamento per tutte le operazioni congiunte. A Frontex è assegnato un
mandato generale di sostegno allo sviluppo del sistema di guardie di frontiera Eurosur.
Lo stanziamento di bilancio per Frontex al momento è di circa 93 milioni di EUR, con un
organico di 310 effettivi. Il 1° giugno 2014 sarà nominato il nuovo direttore esecutivo.
L‟Agenzia dispone di 26 elicotteri, 22 aerei, 113 navi e attrezzature radar.
Nella Relazione programmatica 2014 il Governo italiano ha dichiarato di voler favorire la
piena attuazione del Regolamento (UE) n.1052/2013 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 22 ottobre 2013, che istituisce il sistema europeo di sorveglianza delle
frontiere (Eurosur). Obiettivi di Eurosur sono il rafforzamento dello scambio di
68
informazioni e della cooperazione operativa tra le autorità nazionali degli Stati membri e
con Frontex. Eurosur ha il compito di fornire a tali autorità e a Frontex le infrastrutture e gli
strumenti necessari per migliorarne la “conoscenza situazionale”.
Per “conoscenza situazionale” si intende la capacità di monitorare, individuare,
identificare, localizzare e comprendere le attività illegali transfrontaliere allo scopo di
motivare le misure di reazione, combinando nuove informazioni alle conoscenze già
acquisite ed essere maggiormente in grado di ridurre le perdite di vite umane di migranti
alle frontiere esterne, lungo le stesse o in loro prossimità. La “conoscenza situazionale”
indica anche la capacità di reazione alle frontiere esterne degli Stati membri dell‟Unione al
fine di individuare, prevenire e combattere l‟immigrazione clandestina e la criminalità
transfrontaliera e contribuire a garantire la protezione e la salvezza della vita dei migranti.
Il regolamento definisce “quadro situazionale” un‟interfaccia grafica per presentare quasi in
tempo reale dati e informazioni trasmessi da varie autorità, sensori, piattaforme e altre
fonti, che sono condivisi con altre autorità mediante canali di comunicazione e
informazione allo scopo di ottenere una “conoscenza situazionale” e sostenere al capacità
di reazione lungo le frontiere esterne e nella zona pre-frontaliera.
Eurosur in termini geografici ha designato e attivato i centri nazionali di coordinamento in
due fasi successive e la Commissione europea ritiene che i costi necessari al suo
funzionamento, quasi completamente coperti da fondi europei, per il periodo 2011-2020
saranno di 338,7 milioni di EUR.
Il Governo italiano riserva particolare attenzione alla comunicazione adottata dalla
Commissione europea il 4 dicembre 2013 sull‟attività della Task Force
“Mediterraneo”(COM(2013) 869).
I cinque settori di azione principali di ampia portata geografica sono :
1) Azioni in cooperazione con paesi terzi;
2) Protezione regionale, reinsediamento e rafforzamento delle possibilità di immigrazione
legale in Europa;
3) Lotta contro la tratta, il traffico e la criminalità organizzata;
4) Rafforzamento della sorveglianza delle frontiere, per contribuire a migliorare il quadro
situazionale marittimo e a proteggere e salvare i migranti nel mediterraneo;
5) Assistenza e solidarietà nei confronti degli stati membri che devono affrontare forti
pressioni migratorie.
Per quanto riguarda quest‟ultimo punto la Commissione specifica che i programmi
nazionali degli Stati membri per il quadro finanziario pluriennale (QFP) 2014-2020
dovrebbero riflettere chiaramente tali priorità perché possano essere mobilitati i
finanziamenti necessari non appena saranno operativi i rispettivi meccanismi di
finanziamento.
Il Consiglio Giustizia e Affari Interni nella riunione del 3 e 4 marzo 2014 (3298°
sessione del Consiglio) ha discusso sugli ultimi sviluppi e tendenze riguardanti i flussi
migratori verso l‟Europa. Ha accolto con favore la comunicazione della Commissione sulla
69
Task Force per il Mediterraneo, invitando tutti i portatori di interesse a proseguire la loro
partecipazione alle azioni operative e la Commissione europea a presentare una relazione
per il Consiglio Giustizia e Affari Interni che si terrà a giugno 2014.
Il Governo italiano ha manifestato l‟intenzione di favorire, in particolare in occasione del
Consiglio europeo di giugno 2014, un‟attuazione equilibrata del Sistema Comune
Europeo d’Asilo (CEAS). Il nuovo sistema europeo comune di asilo comprende nuove
regole che stabiliscono le procedure comuni per la gestione delle domande di asilo e i
diritti di base per i richiedenti asilo che arrivano nell‟Unione europea. La riforma
comprende le seguenti misure legislative datate 26 giugno 2013 : la direttiva 2013/32/UE
recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di
protezione internazionale (rifusione); la direttiva 2013/33/UE recante norme relative
all‟accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (rifusione); il regolamento (UE)n.
603/2013 che istituisce l‟"Eurodac” per il confronto delle impronte digitali per l‟efficace
applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di
determinazione dello Stato membro competente per l‟esame di una domanda di
protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese
terzo o da un apolide e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle
autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il
regolamento (UE) n.1077/2011 che istituisce un‟agenzia europea per la gestione operativa
dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (rifusione); il
regolamento n.604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello
Stato membro competente per l‟esame di una domanda di protezione internazionale
presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide
(rifusione). Le nuove norme dovrebbero entrare in vigore nel secondo semestre del 2015.
Inoltre la direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre
2011, reca norme sull‟attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di
beneficiario di protezione internazionale; su uno status uniforme per i rifugiati o per le
persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, e sul contenuto della
protezione riconosciuta (rifusione).
La proposta di regolamento sulla sorveglianza delle frontiere marittime esterne
La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 aprile 2013
(COM(2013) 197), recante norme sulla sorveglianza delle frontiere marittime esterne nel
contesto della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell‟Unione
europea, è stata segnalata dal Governo, ai sensi della legge 234/2012, fra gli atti
dell‟Unione di particolare interesse nazionale.
70
Tale proposta rientra fra le azioni contenute nella comunicazione sulle attività della Task
Force per il Mediterraneo, ed è ritenuta uno degli strumenti chiave a disposizione
dell‟Unione per migliorare la sorveglianza alle frontiere marittime esterne e per evitare
tragedie in mare. Obiettivo dell‟azione proposta è l‟adozione di norme specifiche per la
sorveglianza delle frontiere marittime da parte delle guardie di frontiera nelle operazioni
coordinate da Frontex. La Commissione ritiene che tale sorveglianza dovrebbe essere
svolta efficacemente in modo da impedire alle persone di eludere le verifiche ai valichi di
frontiera o da dissuaderle dal farlo. La sorveglianza di frontiera non dovrebbe limitarsi alla
localizzazione dei tentativi di attraversamento irregolare delle frontiere, ma comprendere
anche iniziative come l‟intercettazione di imbarcazioni sospettate di voler entrare
nell‟Unione senza sottomettersi alle verifiche di frontiera, ed anche stabilire le modalità per
affrontare le situazioni che possono verificarsi durante un‟operazione marittima,
individuando quelle volte a portare a buon esito tale operazione.
Il motivo della Proposta si evince dal punto 5.1 del Programma di Stoccolma, relativo alla
gestione integrata delle frontiere esterne, dove era richiesto alla Commissione di
presentare entro il 2010 proposte per precisare e potenziare il ruolo dell‟Agenzia europea
per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri
dell‟Unione e mettere a punto “regole d‟ingaggio chiare per le operazioni congiunte in
mare, badando a tutelare le persone bisognose di protezione che viaggiano in flussi misti,
in conformità del diritto nazionale”.
Questa richiesta inizialmente era stata soddisfatta ricorrendo alla procedura di
comitatologia in base all‟art. 12, par. 5, del regolamento (CE) n. 562/2006 (cd. “Codice
Schengen”), con l‟adozione della decisione del Consiglio 2010/252/UE, che riuniva in un
unico strumento giuridico disposizioni vigenti di diritto dell‟Unione e di diritto internazionale,
allo scopo di superare le divergenze d‟interpretazione del diritto internazionale della
navigazione adottate dagli Stati membri nonché le rispettive prassi, e di garantire così
l‟efficienza delle operazioni marittime coordinate dall‟Agenzia.
Il Parlamento europeo ha però ritenuto che l‟atto avrebbe dovuto essere adottato secondo
la procedura ordinaria e non mediante la procedura di comitatologia, e ha pertanto adito la
Corte di giustizia contro il Consiglio, chiedendo l‟annullamento della decisione in quanto
essa introduceva nuovi elementi essenziali nel codice frontiere Schengen, modificava
elementi essenziali del medesimo codice e modificava il contenuto del regolamento (CE)
n. 2007/2004, istitutivo dell‟Agenzia. La Corte, con sentenza del 5 settembre 2012, ha
effettivamente annullato la decisione in quanto essa introduce nuovi elementi essenziali
nel codice frontiere Schengen; inoltre ha disposto di mantenere gli effetti della decisione
stessa fino all‟entrata in vigore, in tempi ragionevoli, di una nuova normativa.
Nel presentare la nuova proposta la Commissione, oltre a tenere conto dei lavori
preparatori che avevano preceduto la decisione 2010/252/UE, in primis dello Studio sugli
strumenti di diritto internazionale in merito all‟immigrazione illegale via mare (SEC (2007)
691), è intervenuta sul testo della decisione per adeguarla a sviluppi legislativi e
giurisprudenziali come le modifiche al regolamento 2007/2004 introdotte dal regolamento
(UE) n. 1168/2011, e la sentenza della Corte europea dei diritti dell‟uomo nella causa Hirsi
71
Jamaa e altri c. Italia, nella quale vengono forniti chiarimenti ai concetti di intercettazione e
soccorso. Più in dettaglio il regolamento 1168/2011 estende le funzioni dell‟Agenzia,
prevedendo che essa possa assistere gli Stati membri in circostanze particolarmente
delicate, tenendo conto che alcune situazioni possono comportare emergenze umanitarie
e il soccorso in mare, mentre la sentenza della Corte europea dei diritti dell‟uomo ribadisce
l‟esigenza di tutelare i diritti fondamentali dei soggetti intercettati in mare e il principio di
non respingimento nelle operazioni marittime.
Più precisamente la proposta :
- Si applica a tutte le operazioni di sorveglianza delle frontiere marittime svolte dagli
Stati membri con il coordinamento dell‟Agenzia (art.1), includendo nel concetto di
“sorveglianza di frontiera” anche le misure di intercettazione e le modalità di
applicazione per il soccorso che si rendessero necessarie tiene conto del nuovo ruolo
dell‟Agenzia, che pur non assumendo le funzioni di centro di coordinamento del
soccorso, assiste gli Stati membri durante un‟operazione marittima affinché essi
rispettino li obblighi derivanti dal diritto internazionale della navigazione;
- Trasforma (tenendo conto delle modifiche apportate al regolamento 2007/2004) il
piano operativo in uno strumento giuridicamente vincolante non solo rispetto agli
interventi rapidi, ma a tutte le operazioni coordinate dall‟Agenzia;
- Tiene conto (in particolare all‟art.4) delle questioni sollevate dalla Corte europea dei
diritti dell‟uomo nella sentenza Hirsi Jamaa e altri c. Italia, con riferimento al principio di
non respingimento sancito dall‟art. 19, par.2 della carta dei diritti fondamentali dell‟UE.
Pertanto, in caso di sbarco in un paese terzo, l‟identificazione delle persone
intercettate o soccorse e la valutazione delle loro circostanze personali devono
avvenire, per quanto possibile, prima dello sbarco, e le persone in questione devono
essere informate in modo opportuno sul luogo dello sbarco, in modo che possano
esprimere le eventuali ragioni per cui ritengono che uno sbarco nel luogo proposto
violerebbe il principio di non respingimento. Qualora lo Stato membro ospitante o gli
Stati membri partecipanti vengano a conoscenza che in detto paese terzo vi è il rischio
che le persone siano sottoposte a pena di morte, tortura o altre pene o trattamenti
inumani o degradanti, o che in esso sussista il rischio di espulsione, rimpatrio o
estradizione verso un altro paese in violazione del principio di non respingimento, le
persone intercettate o soccorse non sono sbarcate in quel paese;
- introduce al capo III una distinzione chiara tra localizzazione, intercettazione e
soccorso, e riguardo all‟intercettazione la proposta distingue tra misure che possono
essere adottate in acque territoriali (art.6), in alto mare (art.7) e nella cd. “zona
contigua” (art.8). Per zona contigua in base all‟art. 33 della convenzione delle Nazioni
Unite sul diritto del mare, si intende la zona adiacente alle acque territoriali, e non può
estendersi oltre le 24 miglia nautiche a partire dalla linea da cui è misurata l‟ampiezza
delle acque territoriali e in essa si applica la libertà di navigazione.
- L‟intercettazione di imbarcazioni in alto mare è chiaramente subordinata all‟obbligo di
nutrire il fondato sospetto che l‟imbarcazione sia utilizzata per il traffico di migranti;
- Per le situazioni di ricerca e soccorso la formulazione riprende quella usata nella
convenzione internazionale del 1989 sulla ricerca e il salvataggio marittimo e del
72
Manuale internazionale di ricerca e soccorso aereo-marittimo (IAMSAR), e sono
individuati i criteri per definire quando un‟imbarcazione è considerata in situazione di
incertezza (art.9, par.3), di allarme (art. 9, par. 4), o di pericolo (art.9, par.5);
- All‟art.10 innova rispetto alla decisione del Consiglio nel trattare la questione dello
sbarco in termini di intercettazione e di soccorso. In caso di intercettazione nelle acque
territoriali o nella zona contigua, lo sbarco deve avvenire nello Stato membro costiero
:sono pertanto equiparati, per quanto concerne l’effetto che essi producono, il
concetto di acque territoriali e di acque contigue;
- Nell‟ operazione di soccorso viene introdotto il concetto di “luogo sicuro”, che è lo
spazio per garantire uno sbarco rapido ed efficace : esso viene definito negli
orientamenti sul trattamento delle persone soccorse in mare, adottati
dall‟Organizzazione marittima internazionale. Questo concetto tiene conto del fatto che
attualmente le unità marittime ed aeree operano coordinate dal centro di
coordinamento del soccorso cui spetta definire il porto adeguato o il luogo di sbarco.
Per concludere, nel progetto di risoluzione legislativa del Parlamento europeo presentato
l‟8 gennaio 2014, fra gli emendamenti presentati in Commissione per le libertà civili, la
giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo, si segnala l‟emendamento 204 che
introduce l‟articolo 10 bis sui Reparti specializzati : “A norma dell‟Articolo 16 del
regolamento (UE) n.2004/2007, l‟Agenzia valuta la necessità di istituire reparti specializzati
negli aspetti relativi alla sorveglianza delle frontiere marittime come uffici operativi nelel
zone sottoposte a rilevanti flussi migratori, anche irregolari, e in particolare nel
mediterraneo, al fine di migliorare il coordinamento tra gli Stati membri, garantire
solidarietà e responsabile condivisione degli oneri fra gli stessi Stati, rafforzando la
capacità operativa dell‟Agenzia”. Secondo i firmatari (Salvatore Iacolino, Marco Scurria,
Roberta Angelilli) “la creazione di un ufficio operativo nel Mediterraneo è coerente con le
previsioni contenute nella risoluzione del Parlamento europeo del 23 ottobre 2013 sui
flussi migratori nel mediterraneo, in particolare i tragici eventi a Lampedusa, ed è in linea
con le indicazioni sul rafforzamento delle attività di Frontex nel Mediterraneo espresse
nelle conclusioni del Consiglio Europeo del 24-25 ottobre 2013”.
3.5 Punti di maggiore criticità sui temi di immigrazione ed asilo
Il Parlamento europeo si è riunito a Strasburgo in sessione plenaria dall‟8 al 10 ottobre e
dal 21 al 24 ottobre 2013. Dopo aver ampiamente discusso sull‟argomento immigrazione
(9 ottobre), ha adottato una Risoluzione su “i flussi migratori nel Mediterraneo, con
particolare attenzione ai tragici eventi al largo di Lampedusa” [2013/2827(RSP)]. Secondo
il Parlamento una tragedia di tale portata deve segnare un punto di svolta nella politica
migratoria europea . Perché simili tragedie non abbiano mai più a verificarsi, gli
europarlamentari hanno chiesto agli Stati membri e agli organismi dell‟UE un maggiore
coordinamento nella gestione del fenomeno migratorio in tutta la sua gamma (profughi,
73
rifugiati, migranti economici), più interventi nei Paesi di provenienza, ed un corretto utilizzo
degli strumenti giuridici disponibili nel quadro della politica dell‟UE in materia di visti e di
mobilità dei lavoratori migranti. Il Parlamento ha chiesto inoltre sanzioni penali nei
confronti dei trafficanti di esseri umani, i quali non possono in alcun modo essere
equiparati ai soccorritori dei naufraghi, ed un migliore coordinamento dei mezzi e delle
risorse impiegate dall‟UE nel contrasto dell’immigrazione clandestina (comprese quelle
a disposizione di Frontex, Eurosur, Europol).
In quest‟ottica il Parlamento europeo ha approvato la Risoluzione legislativa del 10 ottobre
2013 sulla “proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce
il sistema europeo di sorveglianza delle frontiere (EUROSUR)”. EUROSUR, entrato in
vigore il 2 dicembre 2013, ha il compito di rafforzare lo scambio di informazioni e la
cooperazione operativa tra le autorità nazionali degli Stati membri e l‟Agenzia europea per
la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (Frontex), per potenziare le
rispettive capacità di soccorso, e di individuazione, prevenzione e contrasto
dell‟immigrazione clandestina e della criminalità transfrontaliera.
Le Risoluzioni adottate dal Parlamento europeo, che risultano di particolare rilevanza per
l‟impatto sulla tutela dei diritti fondamentali, riguardano le seguenti aree tematiche :
- Conflitti e persecuzioni religiose;
- Corruzione e diritti umani nei Paesi terzi;
- Flussi migratori e soccorso dei migranti;
- Femminicidio;
- Tratta degli esseri umani.
Riguardo alla prima area, il Parlamento, con Risoluzione del 9 ottobre 2013 sulle “misure
adottate dall‟UE e dagli Stati membri per affrontare il flusso di rifugiati a seguito del
conflitto in Siria” ha invitato l‟Unione europea a convocare una Conferenza umanitaria per
valutare i bisogni dei Paesi limitrofi che accolgono i rifugiati provenienti dalla Siria (Libano,
Giordania, Turchia ed Iraq in particolare), per confermare loro il supporto dell‟Europa; per
adire a “procedure di asilo eque ed efficienti” in tutta Europa; per sottolineare l‟obbligo del
soccorso in mare di tutti gli Stati.
Allo stesso tempo il Parlamento ha adottato una Risoluzione - il 10 ottobre - “sui recenti
casi di violenze e persecuzioni contro i cristiani, in particolare a Maalula (Siria) e Peshawar
(Pakistan), nonché sul caso del pastore Saeed Abedini (Iran)”. In questo contesto è stata
espressa una forte condanna contro gli attacchi dei militanti siriani a Maalula, ed è stata
richiesta una maggiore protezione per i monasteri del paese. Riguardo al Pakistan il
Parlamento ha chiesto di rivedere le leggi definite “blasfeme” che rischiano di incitare
all‟odio verso tutte le religioni, come dimostrano gli attacchi ai fedeli nelle chiese del
Peshawar. Riguardo all‟Iran, il Parlamento nella stessa risoluzione ha chiesto che il
Governo rilasci il pastore Saaed Abadini, detenuto per la sua fede da più di un anno nelle
prigioni iraniane.
In merito alla seconda area tematica, il Parlamento europeo ha adottato l‟8 ottobre
un‟importante Risoluzione “sulla corruzione nei settori pubblico e privato : l‟impatto dei
74
diritti umani nei Paesi terzi”. L‟attenzione si è rivolta ai Paesi emergenti che offrono grandi
opportunità di investimento ad operatori economici europei, spesso a scapito dei diritti
fondamentali. Il Parlamento europeo con questa Risoluzione ha chiesto all‟UE di dotarsi di
una legislazione anti-corruzione che punisca i funzionari di Paesi terzi che violano i diritti
umani, e ha chiesto alle aziende di adottare in quelle realtà i medesimi standard di tutela
dei diritti umani che vigono nei Pesi occidentali. La Risoluzione individua quindi nel
contrasto alla corruzione in molti Paesi il punto di partenza per liberarsi dai sistemi di
potere e di oppressione che soffocano lo sviluppo e i diritti umani42. La Risoluzione
raccomanda l‟impegno dell‟UE in questa direzione, ed in stretta collaborazione con le forze
dell‟ONU e con tutti gli organismi internazionali e nazionali che già operano in questi
settori.
L‟8 ottobre 2013 il Parlamento europeo ha approvato una Risoluzione, focalizzando
l‟attenzione sul “genericidio : le donne scomparse?”, ed ha sollevato il velo su un
fenomeno purtroppo diffuso in alcune regioni dell‟Asia e dell‟India, ma presente anche in
alcune zone dei Paesi occidentali. Questo fenomeno consiste nell‟”uccisione sistematica,
deliberata e selettiva rispetto al genere di persone appartenenti ad un determinato sesso”.
La relazione considera anche le pratiche di selezione prenatale in funzione del sesso che
assumono le forme di infanticidio. Queste pratiche sono diffuse soprattutto in quei Paesi
dove a livello culturale e sociale si esprime la preferenza per il figlio maschio, e dove
l‟esiguo numero di nascite di soggetti di sesso femminile, statisticamente non paragonabile
alla componente maschile, non è assolutamente giustificabile nel quadro del normale
sviluppo demografico di una popolazione. Il genericidio è assimilabile al femminicidio,
perchè comune è la matrice culturale dei due fenomeni, la quale considera la donna
inferiore, o comunque asservita all‟uomo. Con questa Risoluzione il Parlamento ha invitato
la Commissione e gli Stati membri a contrastare questo problema, promuovendo una
cultura del rispetto, del riconoscimento della comune dignità dell‟uomo e della donna, ed
esortando ad identificare e perseguire gli ambulatori che praticano aborti selettivi. Inoltre Il
Parlamento ha invitato la Commissione europea a rafforzare la cooperazione con gli
organismi internazionali, quali ONU, Unfap, UN Women, OMS, Unicef, OHCHR per
affrontare questo fenomeno in ogni sua dimensione, avvalendosi anche della
collaborazione dei Governi locali e delle organizzazioni delle donne e della società civile
impegnate in questo campo.
Nella seduta del 23 ottobre il Parlamento europeo ha approvato la Risoluzione “sulla
criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro : raccomandazioni in merito
ad azioni e iniziative da intraprendere”. In essa si fa ampio riferimento alla tratta degli
esseri umani come componente significativa della criminalità organizzata. Nell‟ambito
della criminalità organizzata intesa in senso lato, vengono evidenziati gli aspetti criminali
del traffico di esseri umani (dalla tratta al rapimento, al sequestro e alla presa di ostaggi,
all‟omicidio volontario, alle lesioni personali gravi, al traffico illecito di organi e tessuti
42
Cfr. anche la Risoluzione del Parlamento Europeo del 27 febbraio 2014 sulla situazione dei diritti fondamentali, con l’attenzione posta sui Diritti specifici in base alla Carta dei diritti fondamentali (diritto alla dignità, libertà, uguaglianza, cittadinanza, giustizia civile, commerciale, amministrativa, penale, pp. 15 e sgg). Si veda anche in merito al testo citato pdf. Marina Castellaneta, Diritti umani.
75
umani – compresi gli embrioni, le sostanze ormonali ed altri fattori di crescita -, a tutte le
nefandezze legate a razzismo e xenofobia) e vengono espresse raccomandazioni ed
indicate le misure concrete a combattere questo fenomeno mostruoso nel significato e
nelle proporzioni43.
In seno al Consiglio Europeo, riunito a Bruxelles nei giorni 24 e 25 ottobre 2013, il
Presidente Herman Van Rompuy ha evidenziato nel suo intervento conclusivo che l‟azione
futura degli Stati dell‟Unione Europea in tema di migrazione, asilo e mobilità, sarà guidata
da “tre principi, tre valori : prevenzione, protezione e solidarietà”. Tutti i leaders degli Stati
hanno convenuto sulla necessità di condividere la responsabilità degli Stati costieri
maggiormente interessati da questo fenomeno del salvataggio di vite umane, e a questo
scopo hanno chiesto di rafforzare l‟operatività di Frontex, di garantire rapidamente la
funzionalità del Sistema europeo di Sorveglianza delle Frontiere (Eurosur), e di
individuare, da parte della Task Force per il Mediterraneo, le misure prioritarie per un
utilizzo più efficiente delle politiche e degli strumenti europei.
CONCLUSIONI
Il quadro finora esposto, sicuramente non esaustivo, speriamo abbia comunque un
significato indicativo della complessità dei problemi che, a partire dall‟area mediterranea,
coinvolgono tantissimi Paesi, interessati in vario modo al Mediterraneo, specchio d‟acqua
che il Premier italiano Matteo Renzi, all‟indomani della sua elezione, in un dibattito
televisivo, e nella prospettiva di doversi recare presto in Germania dalla Cancelliera
Merkel, non ha esitato a definire come «il cuore d‟Europa», e priorità dell‟interesse non
solo italiano ma anche continentale.
In tal senso ci sembra di aver dimostrato come l‟operatività inesausta dell‟Iniziativa 5+5
della Difesa si ponga tutt‟ oggi, come dal suo nascere e in particolare dai primi anni
Duemila, come una fondamentale architettura di sicurezza e di pace per la stabilità nel
Mediterraneo, la quale è sempre più riconquista di ogni giorno, dietro l‟incalzare di eventi
che sfuggono al nostro controllo e che ci sovrastano (dai conflitti in Ucraina alla Siria,
all‟Iran…). Siamo peraltro convinti, alla luce di quanto indicato dal profondo magistero del
Santo Padre Giovanni Paolo II, che l‟umanità non possa avere un futuro se non attraverso
43
Sulle attività di contrasto alla criminalità grave ed organizzata, sulla situazione e le tendenze del terrorismo nell’Unione Europea, e sulla struttura e i compiti di EUROPOL cfr. Senato della Repubblica Dossier del 19 marzo 2014.
76
la pace : è questo il monito che Egli non si è stancato di ripetere in tutte le latitudini della
terra.
Da quando fu eletto papa ad oggi l‟ordine mondiale è cambiato non poco, e con questi
mutamenti sono cambiati anche i rapporti di forza. Con più impeto di allora si accendono
oggi inquietanti interrogativi sul fondamentalismo religioso, che da San Giovanni Paolo II a
Benedetto XVI , a papa Francesco, è stato sempre energicamente respinto, nel nome di
una cultura della pace e della fratellanza, nella quale anche noi ci riconosciamo, ed alla
quale speriamo di aver dato anche il nostro piccolo contributo con questo nostro studio.
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77
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