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CENNI SULLEMPIRISMO INGLESE (ripasso ) Prof. Monti – a.s. 2016-2017 INGLESE (ripasso...) I MAGGIORI ESPONENTI JOHN LOCKE (1632 1704) JOHN LOCKE (1632 1704) GEORGE BERKELEY (1685 – 1753) DAVID HUME (1711 – 1776) LE IDEE IN PILLOLE LEMPIRISMO, FRA 600 E 700, SI INNESTA SULLA SECOLARE L EMPIRISMO, FRA 600 E 700, SI INNESTA SULLA SECOLARE TRADIZIONE INGLESE (DA RUGGERO BACONE IN AVANTI). IN ANTITESI AL RAZIONALISMO, LEMPIRISMO ASSUME UN À A TTEGGIAMENTO CRITICO NEI CONFRONTI DELLE POSSIBILITÀ CONOSCITIVE DELLUOMO . LA RAGIONE UMANA È LIMITATA DALLESPERIENZA: ESSA È FONTE DI LA RAGIONE UMANA È LIMITATA DALL ESPERIENZA : ESSA È FONTE DI TUTTE LE CONOSCENZE UMANE E, PROPRIO PER QUESTO, NE DEFINISCE I LIMITI. LUOMO PUÒ ACQUISIRE CONOSCENZE BEN FONDATE SOLO IN QUEI C Q S O C O S CAMPI E IN QUELLE SITUAZIONI CHE RIENTRANO NEI LIMITI DELLE SUE ESPERIENZE, REALI E POSSIBILI.

CENNI SULL EMPIRISMO INGLESE (ripasso ) INGLESE (ripasso) · TRADIZIONE INGLESE (DA RUGGERO BACONE IN AVANTI). ... idee di Anima Mondo Diodi Anima, Mondo, Dio. IMMANUEL KANT 1724

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CENNI SULL’EMPIRISMO INGLESE (ripasso )

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

INGLESE (ripasso...)I MAGGIORI ESPONENTI

JOHN LOCKE (1632 – 1704)JOHN LOCKE (1632 1704)GEORGE BERKELEY (1685 – 1753)DAVID HUME (1711 – 1776)

LE IDEE “IN PILLOLE”

L’EMPIRISMO, FRA ‘600 E ‘700, SI INNESTA SULLA SECOLAREL EMPIRISMO, FRA 600 E 700, SI INNESTA SULLA SECOLARE TRADIZIONE INGLESE (DA RUGGERO BACONE IN AVANTI).

IN ANTITESI AL RAZIONALISMO, L’EMPIRISMO ASSUME UN ÀATTEGGIAMENTO CRITICO NEI CONFRONTI DELLE POSSIBILITÀ

CONOSCITIVE DELL’UOMO.

LA RAGIONE UMANA È LIMITATA DALL’ESPERIENZA: ESSA È FONTE DI LA RAGIONE UMANA È LIMITATA DALL ESPERIENZA: ESSA È FONTE DI TUTTE LE CONOSCENZE UMANE E, PROPRIO PER QUESTO, NE DEFINISCE I LIMITI.L’UOMO PUÒ ACQUISIRE CONOSCENZE BEN FONDATE SOLO IN QUEI C Q S O C O SCAMPI E IN QUELLE SITUAZIONI CHE RIENTRANO NEI LIMITI DELLE SUE ESPERIENZE, REALI E POSSIBILI.

IMMANUEL KANT1724 1804

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

1724 - 1804

1 K t d l d ll’E i i i d1. Kant prende le mosse dall’Empirismo arrivando a elaborare il suo Criticismo (anche detto filosofia trascendentale o filosofia del limite).

2. L’attività intellettuale di Kant si può distinguere in tre periodi:tre periodi:

A) SPECULAZIONI SCIENTIFICO – NATURALISTICHEB) PRIME SPECULAZIONI FILOSOFICHEB) PRIME SPECULAZIONI FILOSOFICHEC) CRITICISMO

IMMANUEL KANT 1724 - 1804Prof. Monti – a.s. 2016-2017

3. Cosa significa “Criticismo”CRITICARE, per Kant, significa indagare sistematicamenteCRITICARE, per Kant, significa indagare sistematicamente circa il fondamento di una esperienza umana qualsiasi, chiarendone le possibilità (ovvero le condizioni di esistenza), la validità (i titoli di legittimità o non legittimità che la

tt i ) i li iti (i fi i t i licaratterizzano), i limiti (i confini entro i quali essa permane valida).

Centrale è, quindi, l’aspetto del limite. Per questo il criticismoCentrale è, quindi, l aspetto del limite. Per questo il criticismo può essere definito anche come “filosofia del limite”.

4. Le “coordinate” fondamentali del Criticismo

A) L’EMPIRISMO MA SENZA LA SUA DERIVA SCETTICA;A) L EMPIRISMO, MA SENZA LA SUA DERIVA SCETTICA;

B) IL SUCCESSO DELLA SCIENZA MODERNA;

C) LA CRISI DELLA METAFISICA.

IMMANUEL KANT 1724 – 1804Critica della ragione pura (1781)

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

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5. Il problema generale della Critica della ragione pura

LA C.R.P. È UNA ANALISI CRITICA DEI FONDAMENTI DEL SAPERE (“sapere” in senso forte: sapere come conoscenza

t b f d t )certa e ben fondata).

AI TEMPI DI KANT “SAPERE” SIGNIFICAVA:

1) SCIENZA 2) METAFISICA1) SCIENZA; 2) METAFISICA;

LA C.R.P. SI OCCUPA DI ENTRAMBE.

6 Scienza e metafisica si presentano agli occhi di6. Scienza e metafisica si presentano agli occhi di Kant in modo molto diversoLa scienza appariva un sapere ben fondato (cioè basato su solide fondamenta) e progressivo (si passa da una scoperta asolide fondamenta) e progressivo (si passa da una scoperta a quella successiva);

la metafisica, al contrario, con la sua pretesa di superare l’esperienza e di giungere all’assoluto appariva come unl esperienza e di giungere all assoluto, appariva come un campo di dispute continue e inconcludenti, incapace di approdare a risultati ben fondati e progressivi.

IMMANUEL KANT 1724 – 1804Critica della ragione pura (1781)

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

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7. Le domande della Critica della Ragion purag

A) COME È POSSIBILE CHE LA MATEMATICA E LA FISICA POSSANO, COME DI FATTO ACCADE, AVERE LO STATUTO DI SCIENZE, OVVERO DI DISCIPLINE CAPACI DI GIUNGERE A CONOSCENZE CERTE? COSA FA SÌ CHE QUESTO ACCADA?

B) LA METAFISICA, AMMESSA LA SUA INEVITABILITÀ, PUÒ ASPIRARE A DIVENIRE UNA SCIENZA?

IMMANUEL KANT 1724 – 1804Critica della ragione pura (1781)

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7.1 La prima domanda

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Abbiamo visto che le discipline scientifiche appaiono a Kant provviste delle seguenti caratteristiche:

CERTEZZA (non solo probabilità!) CERTEZZA (non solo probabilità!)

FECONDITÀ FECONDITÀ (progresso!)

La Critica vuole scoprire il perché la scienza abbia tali caratteristiche e la teoria dei giudizi, che oracaratteristiche e la teoria dei giudizi, che ora vedremo, serve proprio per assolvere a tale esigenza!

IMMANUEL KANT 1724 – 1804Critica della ragione pura (1781)

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8 Cos’è un “giudizio”?

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Non è qualcosa che abbia un valore morale (comeinvece è per noi!).

Si d fi i i di i i t tt d l tiSi definisce giudizio ogni struttura del tipo: SOGGETTO + PREDICATO.Esempi:

“Anna è bella”Anna è bella“Giove è un pianeta”“L’acqua bolle a 100 gradi centigradi”“Leibniz ha inventato il calcolo integrale”Leibniz ha inventato il calcolo integrale…

I i di i h d ibili tt i ti h /I giudizi hanno due possibili caratteristiche: SINTETICO / ANALITICOA PRIORI / A POSTERIORI

Abbiamo dunque quattro diverse possibilità: sintetico a prioriAbbiamo dunque quattro diverse possibilità: sintetico a priori, sintetico a posteriori, analitico a priori e analitico a posteriori (che

noi non consideriamo).

IMMANUEL KANT 1724 – 1804Critica della ragione pura (1781)

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8.1 I giudizi analitici a prioriIl PREDICATO NON AGGIUNGE NULLA DI NUOVO AL SOGGETTO,

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,MA SI LIMITA A RENDERE ESPLICITO QUALCOSA CHE È GIÀ PRESENTE NEL SOGGETTO.

“I CORPI SONO ESTESI”I CORPI SONO ESTESI

SI TRATTA SÌ DI GIUDIZI UNIVERSALI E NECESSARI, MA NON CIINSEGNANO NULLA DI NUOVO: NON SONO FECONDI E QUINDI NON BASTANO PER RENDERE RAGIONE DELLA SCIENZA!

8.2 I giudizi sintetici a posteriori8.2 I giudizi sintetici a posterioriIL PREDICATO AGGIUNGE, GRAZIE ALL’ESPERIENZA, QUALCOSA DI NUOVO AL SOGGETTO.

“I CORPI SONO PESANTI”

SI TRATTA DI GIUDIZI FECONDI, MA SONO PRIVI DIÀ ÀUNIVERSALITÀ E DI NECESSITÀ!

Ciò che dipende dall’esperienza, infatti, può essere dall’esperienza smentito!

IMMANUEL KANT 1724 – 1804Critica della ragione pura (1781)

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Giudizi sintetici a posteriori Giudizi analitici a priori

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GIUDIZI SINTETICI A PRIORIGIUDIZI SINTETICI A PRIORI

8.3 I giudizi sintetici a priori

“OGNI EVENTO DIPENDE DA CAUSE”“OGNI OGGETTO DELL’ESPERIENZA SI DÀ NELLO SPAZIO E NEL TEMPO”

QUESTI PRINCIPI SI CHIAMANO GIUDIZI SINTETICI A PRIORI.

Essi costituiscono, a parere di Kant, il fondamento delle scienze pperché ne giustificano entrambi i caratteri: la necessaria certezza e la fecondità.

IMMANUEL KANT 1724 – 1804Critica della ragione pura (1781)

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9. Cos’è , dunque, la scienza?

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LA SCIENZA, PER KANT, È LA SOMMA DI GIUDIZI SINTETICI A PRIORI E DELL’ESPERIENZA.TUTTE LE PROPOSIZIONE SCIENTIFICHE SONO BASATE SUI GIUDIZI SINTETICI A PRIORI E TRAGGONO IL LORO CONTENUTO DALL’ESPERIENZA.

“IL CALORE DILATA I METALLI”IL CALORE DILATA I METALLI

SOLO L’ESPERIENZA CE LO PUÒ DIRE: QUINDI È UN GIUDIZIO FECONDO (aspetto sintetico).

ALLO STESSO TEMPO, IL GIUDIZIO SI BASA SUL PRINCIPIO DI CAUSALITÀ (“OGNI EVENTO DIPENDE DA CAUSE”). È, QUI, IL CALORE CHE CAUSA LA DILATAZIONE DELCAUSE ). È, QUI, IL CALORE CHE CAUSA LA DILATAZIONE DEL MMETALLO (aspetto a priori).

DETTO ALTRIMENTI: L’ESPERIENZA FORNISCE ALLE SCIENZE IL MATERIALE (MATERIA) DI STUDIO MATERIALE CHE VIENEMATERIALE (MATERIA) DI STUDIO, MATERIALE CHE VIENE FORMATO (FORMA) TRAMITE I MODELLI FORNITI DAI GIUDIZI SINTETICI A PRIORI.

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10. Un grosso problema: una nuova rivoluzione copernicana

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copernicana

SE I GIUDIZI SINTETICI A PRIORI NON DERIVANO DALL’ESPERIENZA DA DOVE DERIVANO?DALL ESPERIENZA, DA DOVE DERIVANO?

Struttura della ragione

MATERIA FORMA

TEORIA DELLA CONOSCENZAEsperienza!della ragione 

umana

MATERIAELEMENTO EMPIRICO, A POSTERIORI

FORMAELEMENTO RAZIONALE, A PRIORI

SINGOLA CONOSCENZASINGOLA CONOSCENZA

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11. Due nuovi concetti: “fenomeno” e “noumeno”

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SI CHIAMA FENOMENO (alla lettera “CIÒ CHE APPARE”) la cosa realmente esistente così come essa appare a noi, filtrata dalle nostre forme pure a priori.p p

SI CHIAMA NOUMENO (O “COSA IN SÉ”) LA MEDESIMA COSASI CHIAMA NOUMENO (O COSA IN SÉ ) LA MEDESIMA COSA REALMENTE ESISTENTE, MA COSÌ COME ESSA È IN SÉ STESSA, DEL TUTTO INDIPENDENTEMENTE DA COME APPARE A NOI.

Esempio: la mela, l’uomo e il gatto...

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12. I gradi della conoscenza

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Kant articola la ragione (in senso ampio) umana in tre gradi fondamentali:

1) Sensibilità. Le cose del mondo ci sono date mediante i sensi in modo immediato, intuitivo, seppure già mediato dalle forme a priori della sensibilità: spazio e tempo.

2) Intelletto. Per suo tramite noi pensiamo i dati fornitici dai sensi mediatamente i concetti puri o categorie.

3) Ragione (in senso stretto). È per suo tramite che la mente, andando oltre il dettato dell’esperienza, cerca di fare metafisica, ovvero di spiegare l’intera realtà attraverso le tre idee di Anima Mondo Dioidee di Anima, Mondo, Dio.

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13. La suddivisione della Critica della ragione pura

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La prima Critica è così suddivisa:

ESTETICA TRASCENDENTALE(forme pure a priori, cioè forme trascendentali della sensibilità: spazio e tempo)

A. DOTTRINA DEGLI ELEMENTI

LOGICA TRASCENDENTALE

ANALITICA DIALETTICAANALITICA DIALETTICA(forme pure a priori, cioè forme (le tre Ideetrascendentali dell’intelletto: metafisiche:12 categorie) Anima, Mondo,

Dio)

B. DOTTRINA DEL METODO

IMMANUEL KANT 1724 – 1804Critica della ragione pura (1781)

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14. ESTETICA TRASCENDENTALE

I t i K t t di l ibilità l f i i

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In questa sezione Kant studia la sensibilità e le sue forme a priori.

La sensibilità è sia passiva (recettiva), perché riceve dall’esterno i suoi contenuti, sia attiva, perché i dati sensibili vengonosuoi contenuti, sia attiva, perché i dati sensibili vengono organizzati da essa in modo autonomo.

La materia della conoscenza sensibile, i dati sensoriali, sonoi ti di ti d ll f ( i i) d ll ibilità lorganizzati, ordinati, dalle forme pure (a priori) della sensibilità: lo

spazio e il tempo.

Lo spazio è la forma del senso esterno ed esprime l’ordine dellap pcoesistenza delle cose, cioè il loro disporsi l’una accanto all’altra.Il tempo è la forma del senso interno ed esprime l’ordine dellasuccessione dei nostri stati d’animo, ossia il loro disporsi l’unod l’ ltdopo l’altro.

Relativamente a spazio e tempo Kant confuta sia la visioneempirista (spazio e tempo sarebbero concetti tratti dall’esperienza:p ( p p pLocke) sia quella oggettivistica (spazio e tempo sono cose a sestanti, realmente esistenti: Newton).

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14. ESTETICA TRASCENDENTALE

Ri d K t l i il t NON

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Riassumendo: per Kant lo spazio e il tempo NON sono cose realmente esistenti e indipendenti da noi, ma sono parte della struttura della nostra ragione. Spazio e tempo sono, in particolare, le due modalità (forme pure aSpazio e tempo sono, in particolare, le due modalità (forme pure a priori della sensibilità) attraverso le quali l’uomo percepisce la realtà esterna.

S i t f i i t i ifi hSpazio e tempo sono forme a priori, questo significa che non dipendono dall’esperienza, ma dalla struttura della ragione umana.

Dubbio: se spazio e tempo sono strutture soggettive della mente umana, com’è p p gg ,possibile che la realtà esterna, indipendente da noi, si configuri sempre in termini spaziali e temporali? Risposta: Spazio e tempo sono soggettivi solo rispetto alla realtà in sé, ovvero i i tti i i tt ll ltà i t i f i!ai noumeni, ma sono oggettivi rispetto alla realtà conosciuta, i fenomeni!

L’aritmetica e la geometria, le fondamentali discipline matematiche, sono scienze (cioè portano a conoscenze certe) e sono produttive ( p ) p(cioè portano a scoprire cose nuove) proprio perché si basano, rispettivamente, sul tempo e sullo spazio.

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15. LOGICA TRASCENDENTALE: L’ANALITICA

I t i K t t di l’i t ll tt l f i i

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In questa sezione Kant studia l’intelletto e le sue forme a priori.

Le forme a priori dell’intelletto sono definite da Kant con un termine aristotelico: CATEGORIE.CATEGORIE.

Le categorie sono i modi attraverso cui vengono pensati, da partedell’intelletto, i contenuti offerti dall’intuizione spazio-temporale della

ibilitàsensibilità.

La realtà ci viene data tramite i sensi, ma viene pensata tramite l’intelletto.

“Senza sensibilità, nessun oggetto ci verrebbe dato e senza intelletto nessunoggetto verrebbe pensato. I pensieri senza contenuto sono vuoti, le intuizionisenza concetti sono cieche.”

Attenzione: se per Aristotele le categorie avevano valore sia gnoseologico cheontologico, Kant ritiene che esse abbiano una valenza solo gnoseologica: lecategorie sono le modalità di funzionamento della mente umana e, in quantog , qtali, hanno valore solo relativamente ai fenomeni, non ai noumeni (esattamentequanto valeva anche per spazio e tempo).

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15. LOGICA TRASCENDENTALE: L’ANALITICA

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Quante e quali sono le categorie?Visto che pensare significa giudicare, ovvero connettere un soggetto ad un predicato, vi saranno tanti tipi di categorie quanti sono le modalità del giudizio.

QUANTITÀ molteplicità unità totalità;QUANTITÀ molteplicità, unità, totalità;

QUALITÀ realtà, negazione, limitazione;

RELAZIONE sostanzialità e inerenza, causalità e dipendenza, comunanza o azione reciproca;

MODALITÀ possibilità e impossibilità esistenza e non esistenzaMODALITÀ possibilità e impossibilità, esistenza e non esistenza, necessità e casualità.

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15. LOGICA TRASCENDENTALE: L’ANALITICA

Non è difficile comprendere come le categorie indicate siano attive in uno qualunque dei nostri pensieri: - pensiamo sempre a una cosa o a più cose o a una totalità di cose (quantità);- una cosa è sempre pensata come reale oppure come non reale, oppure come distinta da questa o quella realtà (qualità);distinta da questa o quella realtà (qualità); - Il pensiero prevede molto spesso delle relazioni fra elementi distinti (esempio: “Roberto è molto maldestro: rompe sempre tutto” causalità);Il pensiero contempla anche le modalità dell’accadere (“È possibile che settimana prossima io vada al mare, ma dovrò tornare a casa al massimo entro giovedì” (categorie di possibilità e di necessità).

Anche in un pensiero semplicissimo come “C’È UNA MELA” entrano in azioneAnche in un pensiero semplicissimo come C È UNA MELA entrano in azione numerose categorie: unità, realtà, sostanzialità, esistenza.

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15. LOGICA TRASCENDENTALE: L’ANALITICA

Formulata la tavola delle categorie, Kant cerca di giustificarne la validità e l’uso, è il problema che lui chiama deduzione trascendentale Si tratta di giustificare diè il problema che lui chiama deduzione trascendentale. Si tratta di giustificare di diritto una pretesa di fatto.

La deduzione delle categorie non consiste semplicemente nel far vedere che esse sono adoperate, di fatto, nella conoscenza scientifica. Bisogna invece giustificare che il loro uso è legittimo e determinare i limiti della validità di questo uso.

Detto altrimenti: se le categorie sono solo caratteristiche della mente umana, come si può pretendere che esse valgano anche per la realtà esterna?

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REALTÀ (fatta di noumeni, cose in sé)

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Dati sensibili

Primo filtro ordinatore: forme pure della sensibilità, spazio e tempo!

Cosa intuita

Secondo filtro ordinatore: forme pure dell’intelletto, categorie!Cosa pensata

SOGGETTO CONOSCENTE (conosce il fenomeno!)

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16. LOGICA TRASCENDENTALE: L’ANALITICA

L’intelletto umano non è né totalmente passivo (si limita a riflettere la realtà così come essa è) né totalmente attivo (esso crea i propri oggetti di pensiero dalcome essa è) né totalmente attivo (esso crea i propri oggetti di pensiero dal nulla). Esso è invece sia passivo (agisce su materiale che proviene dall’esterno) che attivo (organizza autonomamente tale materiale).

Al quadro manca ancora un ultimo elemento: per essere pensati, gli oggetti devono essere riferiti ad un unico centro mentale unificatore che Kant chiama IO PENSO.

L’io penso unifica le percezioni sensibili, filtrate tramite spazio e tempo, utilizzandole le categorie e riferendole a sé.È come se in ogni singolo pensiero ci fosse un elemento implicito: “Io penso che...”.

Tutto ciò che pensiamo è, appunto, pensato, perché ultimamente riferito a questo centro unificatore!questo centro unificatore!

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Dati sensibili

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Primo filtro ordinatore: forme pure della sensibilità, spazio e tempo!

Cosa intuita

Secondo filtro ordinatore: forme pure dell’intelletto, categorie!C tCosa pensata

IO PENSO

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16. LOGICA TRASCENDENTALE: L’ANALITICA

L’io penso come coscienza non è la conoscenza dell’io come esso è in se stesso (per esempio come anima immortale) Non solo la conoscenza delstesso (per esempio, come anima immortale). Non solo la conoscenza del mondo esterno, ma anche quella del nostro io è solo fenomenica: io conosco persino me stesso solo tramite l’esperienza interna che ho di me e non in termini assoluti!

In Kant l’io può essere definito come “legislatore della natura”.Solo in senso materiale – cioè relativamente ai dati sensibili – la natura è esterna all’uomo In senso formale invece essa è interna all’uomo: le relazioniesterna all uomo. In senso formale, invece, essa è interna all uomo: le relazioni che si instaurano fra i dati sensibili, formando il fenomeno, sono tutte interne all’uomo come strutture portanti della sua mente.

Attenzione: spazio, tempo e categorie operano solo sui dati della sensibilità. Questo significa che il conoscere in senso forte, scientifico, non può in alcun modo estendersi oltre l’esperienza, prescindendo da essa.

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16 LOGICA TRASCENDENTALE L’ANALITICA

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16. LOGICA TRASCENDENTALE: L’ANALITICA

Kant paragona la conoscenza fenomenica, la conoscenza basata sui datidell’esperienza alla terra ferma di un’isola solida sicuradell esperienza, alla terra ferma di un isola, solida, sicura...

L’inevitabile desiderio umano di andare oltre il fenomeno, per forza limitato, e diconoscere il noumeno – le cose come sono in se stesse, l’assoluto – è similealle smanie di un navigante attratto dalla scoperta di nuove terre, ma destinato avagare inutilmente tra i flutti, perdendosi in essi.

In altre parole: la metafisica la pretesa di conoscere l’assoluto non può essereIn altre parole: la metafisica, la pretesa di conoscere l assoluto, non può esserescienza: passiamo così alla dialettica trascendentale.

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18. DIALETTICA TRASCENDENTALE

In questa sezione della Critica Kant si domanda se anche la metafisica, comedisciplina possa concludere a conoscenze di carattere scientificodisciplina, possa concludere a conoscenze di carattere scientifico.

Se in Platone la dialettica era la scienza suprema, ovvero la scienza delle Idee,per Aristotele essa denotava tanto il procedimento dimostrativo fondato supremesse solo probabili, quanto l’arte di costruire ragionamenti capziosi,fallaci, basati su premesse niente affatto probabili, ma fatte apparire come tali!

È ad Aristotele che Kant si richiama: la dialettica trascendentale ha lo scopo diÈ ad Aristotele che Kant si richiama: la dialettica trascendentale ha lo scopo dismascherare i ragionamenti fallaci della metafisica!

Attenzione però: anche se infondata, la speculazione metafisicarappresenta “un’esigenza naturale ed inevitabile della mente umana”.

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18. DIALETTICA TRASCENDENTALE

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Abbiamo visto che l’intelletto unifica, tramite l’attivazione delle categorie, i datiprovenienti dai sensi. L’uomo, però, per natura tende al raggiungimentodell’incondizionato e della totalità: solo di questi si mostra soddisfatto!dell incondizionato e della totalità: solo di questi si mostra soddisfatto!

La ragione dell’uomo non si accontenta, non è mai paga, sempre vuole andareoltre, giungendo così alle tre idee della metafisica:

ANIMA – ovvero l’idea della totalità dei fenomeni interni (psicologia razionale).

MONDO – ovvero l’idea della totalità dei fenomeni esterni (cosmologiarazionale).

DDIO – ovvero l’idea della totalità dei fenomeni interni ed esterni, l’assolutatotalità ridotta ad unità (teologia razionale).

Il problema è che di queste tre totalità noi non abbiamo né possiamo mai avereIl problema è che di queste tre totalità noi non abbiamo né possiamo mai avereesperienza alcuna!

IMMANUEL KANT 1724 – 1804Critica della ragione pura (1781)

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18.1 DIALETTICA TRASCENDENTALE: psicologia razionale

Questa disciplina è, a parere di Kant, fondata su di un paralogisma, cioè un“ragionamento errato” che consiste nell’applicare la categoria di sostanza all’ioragionamento errato , che consiste nell applicare la categoria di sostanza all iopenso.

L’io penso, però, è un noumeno: noi non possiamo sapere come esso sia.L’errore sta, dunque, nell’ipotizzare l’esistenza dell’anima e, addirittura, diattribuirle tutta una serie di caratteristiche che, rispetto la nostra esperienza,sono del tutto ingiustificate e ingiustificabili.

Si dice che l’anima è semplice, libera, immortale, ecc. Ma cosa, quali daticoncreti stanno a fondamento di ciò? Nessuno.

IMMANUEL KANT 1724 – 1804Critica della ragione pura (1781)

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18.2 DIALETTICA TRASCENDENTALE: cosmologia razionale

Il cosmo l’universo la totalità del mondo fisico non rientra mai nella nostra

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Il cosmo, l universo, la totalità del mondo fisico non rientra mai nella nostraesperienza: noi esperiamo questo o quel fenomeno, mai la totalità dei fenomeni!L’idea di Mondo, dunque, è al di fuori di qualunque esperienza possibile.

Nonostante ciò, i metafisici pretendono di poter dire qualcosa sul Mondo,sull’universo, come totalità: facendo questo essi incappano in quelle che Kantchiama antinomie..

Le antinomie sono coppie di affermazioni fra loro opposte, entramberazionalmente sostenibili, ma fra le quali la ragione risulta incapace di decidere.

1. Il Mondo è finito (nello spazio e nel tempo)Il Mondo è infinito (nello spazio e nel tempo)

2. La materia è divisibile all’infinito2. La materia è divisibile all infinitoLa materia non è divisibile all’infinito

3. Esiste una causalità liberaEsiste solo una causalità deterministicas ste so o u a causa tà dete st ca

4. Il Mondo dipende da un essere necessario, Dio.Il Mondo non dipende da un essere necessario, Dio.

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18.2 DIALETTICA TRASCENDENTALE: cosmologia razionale

In ogni singola antinomia tra tesi e antitesi è impossibile capire quale sia vera.Perché? Il problema sta nell’Idea di Mondo illegittima perché non sostenuta daPerché? Il problema sta nell’Idea di Mondo, illegittima perché non sostenuta daalcuna esperienza reale o possibile.

Per ciò che riguarda terza e quarta antinomia, Kant puntualizza che le tesig q , pvalgono nel mondo dei fenomeni, nel cui ambito non si incontra mai né Dio néla libertà, mentre le antitesi potrebbero valere per la cosa in sé.

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18.3 DIALETTICA TRASCENDENTALE: teologia razionale

Kant si pone in termini critici rispetto a tutte le pretese dimostrazioni del fatto

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Kant si pone in termini critici rispetto a tutte le pretese dimostrazioni del fattoche Dio esiste (o che non esiste!).

Contro la prova ontologica di Anselmo. Dio, in quanto assolutamente perfetto,deve esistere.Ma come si può passare da un semplice concetto mentale, per quanto perfettopossa essere, all’esistenza reale. L’esistenza non è un predicato in mezzo adAltri: la differenza fra cento talleri immaginati e cento talleri reali non sta inAltri: la differenza fra cento talleri immaginati e cento talleri reali non sta inalcun predicato, ma nel fatto che i primi non esistono e i secondi sì!

Contro la prova cosmologica. Tutto ciò che è contingente deve l’esistenza aqualcos’altro, che lo precede, ma prima o poi bisogna per forza giungere ad unessere necessario, Dio.Primo errore: la categoria di causa connette solo fenomeni a fenomeni, nonfenomeni a qualcosa che fenomenico non è (Dio)fenomeni a qualcosa che fenomenico non è (Dio).Secondo errore: anche ammesso questo essere necessario, come si potrebbepoi identificarlo con Dio? Impossibile!

IMMANUEL KANT 1724 – 1804Critica della ragione pura (1781)

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

18 3 DIALETTICA TRASCENDENTALE: teologia razionale

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18.3 DIALETTICA TRASCENDENTALE: teologia razionale

- Kant si pone in termini critici rispetto a tutte le pretese dimostrazioni del fattoche Dio esiste (o che non esiste!).( )

Contro la prova fisico-teleologica. Il Mondo è troppo bello e ordinato: deveesistere qualcuno che lo abbia pensato e creato.Primo errore: l’ordine della natura potrebbe stare nella natura stessa comePrimo errore: l’ordine della natura potrebbe stare nella natura stessa, comedimostrare che non è così? Impossibile.Secondo errore: l’ordine e la bellezza del Mondo che noi esperiamo sono finiti eimperfetti, quindi come possiamo sostenere che un eventuale Creatore siap q pinfinito e perfetto, cioè sia Dio? Impossibile!

In sede teorica, Kant è agnostico, in quanto ritiene che la ragione umana nonpossa dimostrare né che Dio esiste né che non esistepossa dimostrare né che Dio esiste né che non esiste.

IMMANUEL KANT 1724 – 1804Critica della ragione pura (1781)

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

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18.3 DIALETTICA TRASCENDENTALE: teologia razionale

- Quanto detto fino ad ora significa che le tre Idee della ragione sono inutili?Assolutamente no!Assolutamente no!

- Esse non servono a conoscere con certezza alcun fenomeno reale, ma hannoun fondamentale uso regolativo.gLe tre Idee funzionano come stimoli per la ricerca: traguardi in séirraggiungibili, ma che spingono l’uomo ad approfondire e ad allargare sempredi più le sue conoscenze!

Le idee, cessando di valere dogmaticamente come realtà, varranno in questocaso problematicamente, come condizioni che impegnano l’uomo nella ricercanaturale e lo sollecitano di evento in evento, di causa in causa, ad estenderequanto possibile il dominio della propria esperienza e di dare a questo dominiola massima unità.

IMMANUEL KANTCritica della ragione pratica (1787)

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

1 ANALITICALa seconda grande opera di Kant concerne non il conoscere scientifico

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La seconda grande opera di Kant concerne non il conoscere scientificodell’uomo, ma il suo agire pratico.

Nella Critica della ragion pratica Kant parte da questa convinzione: esisteuna legge etica assoluta.

Su cosa si basa tale convinzione?

Kant ritiene che o la morale è una chimera, un’illusione, e l’uomo agisce in virtùdelle sole inclinazioni naturali (gli istinti) oppure se la legge morale esistedelle sole inclinazioni naturali (gli istinti), oppure, se la legge morale esiste,allora essa è per forza incondizionata.Si tratta, cioè, di una ragione pratica “pura”, dove pura significa: capace disvincolarsi dalle inclinazioni dettate dall’istinto.

L’incondizionatezza della legge morale implica l’esistenza della libertà. Lalibertà diventa così il primo presupposto, o postulato, della vita etica.Tale legge sarà anche universale – cioè valida per tutti in ogni tempo e luogo –Tale legge sarà anche universale – cioè valida per tutti, in ogni tempo e luogo –e necessaria: non potrebbe essere diversa da com’è!

IMMANUEL KANTCritica della ragione pratica (1787)

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ANALITICA

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Per Kant la morale è sciolta dai condizionamenti istintuali non nel senso che può completamente prescindere da essi, ma perché è in grado di de-condizionarsi rispetto ad essi.

Se l’uomo fosse solo sensibilità – cioè se fosse esclusivamente guidato dagli g gistinti – o se fosse solo ragione – cioè se non avesse affatto istinti sensibili –allora la morale non avrebbe senso. Nell’un caso, come nell’altro, egli non sarebbe libero, non avrebbe scelta alcuna nel suo agire.

L’uomo però vive nella perenne tensione fra istinto e ragione e in lui si manifesta una continua lotta fra impulsi egoistici, istintuali, e ragione.La legge morale dice il dovere, dice ciò che è giusto che sia: l’uomo può decidere di agire in obbedienza ad essa oppure contro di essa.

IMMANUEL KANTCritica della ragione pratica (1787)

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

ANALITICA

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- Kant distingue i principi pratici che regolano la nostra condotta in MASSIME e IMPERATIVI.

La massima è una prescrizione di valore puramente soggettivo (esempio:La massima è una prescrizione di valore puramente soggettivo (esempio: “alzarsi presto al mattino per fare ginnastica”).

L’imperativo, invece, è una prescrizione con valore oggettivo e universale. Gli imperativi si scindono in due tipologie: IMPERATIVI IPOTETICI e IMPERATIVICATEGORICI.

Gli imperativi ipotetici prescrivono dei mezzi in vista di fini ipoteticamenteGli imperativi ipotetici prescrivono dei mezzi in vista di fini ipoteticamente accettati ed hanno la forma del “se … devi”.

Esempi: “Se vuoi essere una persona colta allora DEVI studiare!”“Se vuoi andare in vacanza allora DEVI lavorare!”

IMMANUEL KANTCritica della ragione pratica (1787)

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

ANALITICA

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Né le massime né gli imperativi ipotetici costituiscono la legge morale.Essi, infatti, sono legati a interessi particolari, specifici, e non hanno i caratteri dell’incondizionatezza e dell’universalità.

C id i l i “ l i t l tti f i ti ”Consideriamo la massima “alzarsi presto al mattino per fare ginnastica”. Ciascuno di noi può decidere di seguirla, inoltre si tratta certo di una cosa utile. Ma non definiremmo immorale qualcuno che si comporta diversamente!

Consideriamo ora l’imperativo ipotetico “se vuoi essere una persona colta allora devi studiare!” Certo è vero che se io desiderio essere colto allora loallora devi studiare! . Certo, è vero che se io desiderio essere colto allora lo studio diventa mio preciso dovere... Però il fatto di impegnarsi nello studio, se ci pensiamo, non è affatto un dovere incondizionato e universale.È immorale la persona che, decidendo di non studiare, rinuncia alla cultura? Chiaramente no.

IMMANUEL KANTCritica della ragione pratica (1787)

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

ANALITICA

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Gli imperativi categorici sono gli unici universali e, per questo, solo essi hanno il carattere della moralità.

Ma cosa comandano gli imperativi categorici?

Kant risponde che la ragione morale comanda se stessa, cioè l’esigenza dell’universalità. Egli presenta tre formulazioni interconnesse dell’imperativo categorico, che è a tutti gli effetti unico.

1 “Opera sempre in modo che la massima della tua azione possa sempre1. “Opera sempre in modo che la massima della tua azione possa sempre valere come principio di una legislazione universale”.

2 “Agisci in modo da trattare l’umanità sia nella tua persona sia in quella di2. Agisci in modo da trattare l umanità, sia nella tua persona, sia in quella di ogni altra, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo”.

3. “Agisci in modo che la volontà, in virtù della sua massima, possa3. Agisci in modo che la volontà, in virtù della sua massima, possa considerare se stessa come universalmente legislatrice”.

IMMANUEL KANTCritica della ragione pratica (1787)

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ANALITICA

g p ( )

1. “Opera sempre in modo che la massima della tua azione possa sempre valere come principio di una legislazione universale”.

In parole povere: “Qualunque cosa tu faccia, tieni presente anche le esigenze degli altri”. Comportati in modo tale che, se tutti agissero esattamente come fai tu, nessuno avrebbe a soffrirne ingiustamente.

Esempio:pMentire, in generale, è immorale: perché?Perché se tutti mentissero i rapporti umani, e quindi la costituzione della società, sarebbero impossibili.

2. “Agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona, sia in quella di ogni altra, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo”.

I l “Ri tt l di ità d ll ” N t tt i ltIn parole povere: “Rispetta la dignità delle persone”. Non trattare mai un altro individuo solo come un mezzo, uno strumento, per ottenere qualcos’altro!

3. “Agisci in modo che la volontà, in virtù della sua massima, possa considerare se g , , pstessa come universalmente legislatrice”.

Questa formulazione ripete e precisa la prima.

IMMANUEL KANTCritica della ragione pratica (1787)

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ANALITICA

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L’etica kantiana è stata definita formale: questo significa che essa non ci dice che cosa dobbiamo fare, ma in che modo dobbiamo fare tutto ciò che decidiamo di fare.

Questo perché Kant ritiene che, se la legge morale dicesse di fare delle cose ben precise e determinate, allora risulterebbe legata ad esse, perdendo la libertà e l’universalità.

L’imperativo etico non può essere costituito da una casistica di precetti, ma tocca ad ognuno, a seconda della situazione specifica, di tradurre in pratica la legge stessalegge stessa.

L’imperativo etico è caratterizzato anche dal fatto di essere completamente disinteressato. Se la legge morale ordinasse in vista di un fine o di un utile si limiterebbe ad una serie di imperativi ipotetici e comprometterebbe, in primo luogo, la propria libertà, in quanto non sarebbe più la volontà a dar legge a se medesima, ma gli oggetti a dar legge alla volontà, compromettendo così anche la suaoggetti a dar legge alla volontà, compromettendo così anche la sua incondizionatezza.

IMMANUEL KANTCritica della ragione pratica (1787)

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ANALITICA

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Il cuore della moralità kantiana consiste invece nel dovere-per-il-dovere. Secondo la Critica della ragion pratica noi non dobbiamo agire, per esempio, in vista della felicità, ma solo per il dovere. Da ciò il rigorismo kantiano, chevista della felicità, ma solo per il dovere. Da ciò il rigorismo kantiano, che esclude dal dominio dell’etica emozioni e sentimenti, che sviano la morale oppure, quando collaborano con essa, ne inquinano la purezza. Nell’etica di Kant il rispetto per la legge è l’unico sentimento ammesso.

Per Kant, poi, non basta che un’azione sia fatta esteriormente secondo la legge, ggovvero in modo conforme ad essa. La morale implica una partecipazione interiore, altrimenti rischia di scadere in atti di legalità ipocrita oppure in forme più o meno mascherate di autocompiacimento. Non è morale ciò che si fa, ma l’intenzione con cui lo si fal intenzione con cui lo si fa.

IMMANUEL KANTCritica della ragione pratica (1787)

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

ANALITICA

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ANALITICA

Nulla di esterno o di interno deve costringere l’uomo al rispetto della legge morale: così essa perderebbe di senso.

Non si può neppure far poggiare la legge morale su Dio, dicendo che occorre sottomettersi alla volontà divina a noi rivelata: anche questo minerebbe l’incondizionatezza della morale e la libertà dell’uomol incondizionatezza della morale e la libertà dell uomo.

La morale si base solo e soltanto su se stessa, ovvero sull’uomo e sulla sua dignità di essere razionale finito.

IMMANUEL KANTCritica della ragione pratica (1787)

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

DIALETTICA

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Nella Critica della ragione pratica, in particolare nella Dialettica, Kant prende in considerazione quello che chiama SOMMO BENE.

Abbiamo detto che per Kant la felicità non può essere il movente del dovere, della legge morale, pure è insito in noi il bisogno di pensare che l’uomo che agisce secondo morale possa essere anche felice.agisce secondo morale possa essere anche felice.

Kant ritiene che, in questa nostra vita, dovere e felicità non possano essere davvero congiunti: troppi sono gli esempi contrari! L f di i t i l’i i t d ll i f li ità i iLo sforzo di essere virtuosi e l’inseguimento della propria felicità sono azioni spesso, anzi, per lo più opposte! Virtù e felicità costituiscono quindi la cosiddetta ANTINOMIA ETICA.

Se ne esce solo postulando un al di là nel quale ciò che in questa vita terrena non accade possa realizzarsi! Questo presuppone altri due postulati: l’immortalità dell’anima e l’esistenza di Dio. Non dimentichiamo anche il postulato già citato in precedenza: la libertà!

IMMANUEL KANTCritica della ragione pratica (1787)

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

DIALETTICA

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Kant usa il termine postulato, traendolo dalla matematica classica: mentre gli assiomi sono affermazioni autoevidenti, i postulati sono princìpi non dimostrabili, ma che vengono accolti per rendere possibili determinate entità o verità geometricheverità geometriche.

La teoria dei postulati mette a capo a ciò che Kant definisce “PRIMATO DELLARAGIONE PRATICA” consistente nella prevalenza dell’interesse pratico su quelloRAGIONE PRATICA , consistente nella prevalenza dell interesse pratico su quello teoretico, nel senso che la ragione ammette, in quanto pratica, proposizioni che non potrebbe ammettere nel suo uso teoretico.Tuttavia, pur aprendo uno squarcio sul metafisico, i postulati kantiani non possono valere come conoscenze.

Se i postulati fossero dimostrati, inoltre, la morale scivolerebbe immediatamente nell’eteronomia e sarebbe di nuovo la religione a fondare laimmediatamente nell eteronomia e sarebbe di nuovo la religione a fondare la morale. Kant invece sostiene che sono le verità morali, seppure sotto forma di postulati, a fondare quelle della religione. Dio non sta all’inizio della vita morale, ma semmai alla fine, come suo possibile completamento.

IMMANUEL KANTCritica del giudizio (1790)

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IL SENTIMENTO

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Nella Critica del Giudizio, Kant studia quello che chiama “sentimento”, così come nelle altre due critiche aveva analizzato la “conoscenza” e la “morale”.

Anche il “sentimento” di cui egli parla va inteso non nel senso comune del termine, ma seconda una accezione “tecnica” ben precisa: si chiama “sentimento” quella peculiare facoltà umana mediante la quale l’uomo fa esperienza di quella “finalità” o “scopo” del mondo reale e delle cose che lo compongono.

Si tratta di quel concetto di finalità che la prima Critica escludeva sul piano fenomenico e che la seconda postulava a livello di noumeno.

Ciò che è “sentimento” tende a vedere e a descrivere il mondo fisico in termini di libertà e finalità. Kant sottolinea che quanto questa facoltà umana propone rappresenta solo una nostra esigenza, qualcosa che, in quanto tale, non ha valore conoscitivo in senso stretto (cioè non ha valore scientifico).valore conoscitivo in senso stretto (cioè non ha valore scientifico).

IMMANUEL KANTCritica del giudizio (1790)

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GIUDIZI RIFLETTENTI

I i di i tt i ti i d l ti t tit i il h K t hiI giudizi caratteristici del sentimento costituiscono il campo che Kant chiama dei GIUDIZI RIFLETTENTI, in contrapposizione al campo dei GIUDIZIDETERMINANTI, cioè le affermazioni scientifiche.

Mentre i giudizi determinanti sono oggettivi e scientificamente validi, almeno iò h il f lli ifl tt ti i l “bi i” diper ciò che concerne il fenomeno, quelli riflettenti esprimono solo “bisogni” di

ordine umano.

La Critica del giudizio è appunto un’analisi dei giudizi riflettenti.

IMMANUEL KANTCritica del giudizio (1790)

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

GIUDIZI RIFLETTENTI

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Ci sono due tipi fondamentali di giudizio riflettente: quello ESTETICO, che riguarda la bellezza, e quello TELEOLOGICO, che riguarda il discorso sugli scopi della natura.

Con il giudizio estetico, osserva Kant, sentiamo intuitivamente la finalità della naturanatura.Esempio: un bel paesaggio pare rispondere alla nostra esigenza di armonia estetica.

Nel giudizio teleologico tale finalità la sentiamo concettualmente.Esempio: riflettendo sulla struttura di uno scheletro, arriviamo a dire che esso ha il fine lo scopo di sorreggere un corpoha il fine, lo scopo, di sorreggere un corpo.

Nel primo caso Kant parla di finalità “soggettiva” e nel secondo di finalità “oggettiva”.

IMMANUEL KANTCritica del giudizio (1790)

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

IL GIUDIZIO ESTETICO

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Kant ci fornisce quattro definizioni di bellezza, una per ogni gruppo categoriale.

1) Secondo la qualità il bello è “l’oggetto di un piacere senza interesse”.

Io contemplo una cosa, per esempio un’opera d’arte, senza interessarmi a quanto valga, a se e quanto possa essere utile, ma solo per la sua bellezza, per il piacere che la sua rappresentazione fa sorgere in me.

2) Secondo la quantità il bello è “ciò che piace universalmente, senza concetto”.

Per Kant il giudizio estetico si presenta con una tipica pretesa di universalità, in quanto esige che il sentimento di piacere provocato da una cosa bella sia da tutti condiviso, senza che il bello sia sottomesso a qualche concetto. Le cose che giudichiamo belle sono tali perché vissute spontaneamente come belle e non perché giudicate tali attraverso un ragionamento o una serie di concettiperché giudicate tali attraverso un ragionamento o una serie di concetti.

IMMANUEL KANTCritica del giudizio (1790)

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IL GIUDIZIO ESTETICO

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3) Secondo la relazione, la bellezza è “la forma della finalità di un oggetto, in t t i è it l t i di ”quanto questa vi è percepita senza la rappresentazione di uno scopo”.

L’armonia degli oggetti belli, pur esprimendo un accordo fra le parti, quindi una finalità, non soggiace ad uno scopo determinato, concettualmente , gg p ,esprimibile.

4) S d l d lità i lti il b ll è “ iò h tt è4) Secondo la modalità, in ultimo, il bello è “ciò che, senza concetto, è riconosciuto come oggetto di un piacere necessario”.

È un altro modo per ribadire che il giudizio estetico è qualcosa su cui tutti p g qdebbono essere d’accordo, sebbene tale consonanza non sia esprimibile tramite concetti e regole logiche, ossia tramite giudizi scientifici (determinanti).

IMMANUEL KANTCritica del giudizio (1790)

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UNIVERSALITÀ

Come si può notare, la tesi più vistosa e qualificante dell’estetica kantiana è l’universalità del bello. Si tratta di una tesi piuttosto lontana dal nostro tipico soggettivismo estetico.gg

Bisogna tener presente che Kant distingue nettamente fra il campo del PIACEVOLE h è iò h i i i ll i d ll d l PIACEREPIACEVOLE, che è ciò che piace ai sensi nella sensazione, da quello del PIACEREESTETICO, che è il sentimento provocato dall’immagine o “forma” della cosa che diciamo bella. Il piacere è legato alle inclinazioni individuali e quindi non ha universalità.universalità.

Esempio di “piacevole”: la vista di una “bella donna” appartiene al piacevole e non al piacere estetico perché coinvolge ben precise inclinazioni individuali legate alla

litàsessualità.

IMMANUEL KANTCritica del giudizio (1790)

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UNIVERSALITÀ

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Ma come è possibile che vi siano giudizi estetici universali?

Kant risolve questo problema della sua estetica sulla base della comune struttura della mente umana.Kant afferma che il giudizio estetico nasce da un “libero gioco”, ossia da uno spontaneo rapporto, tra l’immaginazione e l’intelletto, in virtù del quale l’immagine della cosa appare rispondente alle esigenze dell’intelletto, generando un senso di armonia.Visto che queste due facoltà – immaginazione e intelletto – sono strutturate nelVisto che queste due facoltà – immaginazione e intelletto – sono strutturate nel medesimo modo in ciascun essere umano, ne deriva l’esistenza di giudizi estetici universali.

La bellezza dunque non sarebbe una proprietà oggettiva delle cose, ma il frutto di un incontro del nostro spirito con le cose.

Kant dice che “se le belle forme sono in natura la bellezza è nell’uomo”Kant dice che se le belle forme sono in natura la bellezza è nell uomo .

IMMANUEL KANTCritica del giudizio (1790)

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IL BELLO ARTISTICO

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Distinto dal bello presente in natura, c’è il bello artistico. Quest’ultimo non viene p ,appreso nelle cose mediante il giudizio del gusto, ma è prodotto dal “genio”, ovvero dalla ragione che opera come natura, spontaneamente e creativamente.

Kant ritiene che solo nel mondo dell’arte vi sia il “genio”, solo l’artista può essere tale, mentre riserva il termine “ingegno” all’ambito della filosofia o della scienza.

Fra il bello di natura e il bello nell’arte esiste, comunque, profonda affinità: la natura infatti è bella quando viene considerata esteticamente come operanatura, infatti, è bella quando viene considerata esteticamente come opera d’arte; per parte sua, l’opera d’arte è bella quando ha la spontaneità della bellezza naturale.

IMMANUEL KANTCritica del giudizio (1790)

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IL SUBLIME

Dopo aver trattato del bello, Kant passa all’analisi del “sublime”. Per sublime si intende un valore estetico che, in tutte le varie sottospecie, è prodotto dalla percezione di qualcosa di smisurato o di incommensurabileprodotto dalla percezione di qualcosa di smisurato o di incommensurabile.

In particolare, il “sublime matematico” nasce in presenza di qualcosa di smisuratamente grande (le stelle, le galassie...), mentre il “sublime dinamico” di fronte alle più terribili manifestazioni della natura (uragani, terremoti...).

IMMANUEL KANTCritica del giudizio (1790)

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IL SUBLIME

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IL SUBLIME

Di fronte a queste cose nasce in noi uno stato d’animo ambivalente: da unaDi fronte a queste cose nasce in noi uno stato d animo ambivalente: da una parte proviamo dispiacere perché la nostra immaginazione non abbraccia la grandezza e potenza di tali fenomeni, ma dall’altra piacere perché la nostra ragione sa concepire l’infinito, al cui confronto le maggiori grandezze naturali sono insignificanti...

Qualcosa di smisurato ma di finito ha il potere di risvegliare in noi l’ideaQualcosa di smisurato, ma di finito, ha il potere di risvegliare in noi l idea dell’infinito: scoprendoci potatori di tale idea, che attesta la nostra essenza di esseri superiori alla natura, ne proviamo una commozione profonda, che trasforma l’iniziale senso della nostra piccolezza fisica in una coscienza della nostra grandezza spirituale.

Ci accorgiamo che il vero sublime non risiede tanto nell’oggetto che ci sta di fronte, quanto in noi stessi.fronte, quanto in noi stessi.

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GIUDIZIO TELEOLOGICO

Come abbiamo visto la finalità del reale, oltre che essere percepita immediatamente nel giudizio estetico, può anche essere pensata mediante il giudizio teleologico, in virtù del concetto di “fine”.

Secondo Kant, l’unica visione scientifica del mondo è quella meccanicistica, basata sulla categoria di causa-effetto e sui giudizi determinanti Una visione dunque chesulla categoria di causa effetto e sui giudizi determinanti. Una visione, dunque, che esclude categoricamente il concetto di “fine”.

Kant però afferma che in noi vi è una tendenza irresistibile a pensare finalisticamente.

Di fronte alle cose del mondo, noi non riusciamo a non pensare che esseDi fronte alle cose del mondo, noi non riusciamo a non pensare che esse abbiano uno scopo!

IMMANUEL KANTCritica del giudizio (1790)

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GIUDIZIO TELEOLOGICO

Noi non possiamo mai fare a meno di incontrarci con la considerazione teleologica, in quanto il meccanicismo, secondo Kant, non è in grado di offrire una spiegazione soddisfacente e totale dei fenomeni naturali, in particolare degli organismi.

Egli arriva addirittura a scrivere che “non c’è nessuna ragione umana [ ] che possaEgli arriva addirittura a scrivere che non c è nessuna ragione umana […] che possa sperare di comprendere secondo cause meccaniche la produzione sia pure di un solo filo d’erba”.

FENOMENO e NOUMENO(chiarimento concettuale)

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

IL FENOMENO

(chiarimento concettuale)

La parola “fenomeno”, come ben sapete, è oggi ampiamente utilizzata in ambito scientificoscientifico.

Con questo termine, normalmente, ci si vuole riferire all’oggetto di studio che, in quel momento, è sotto investigazione da parte dello scienziato.g

Si parla, per esempio, di “fenomeni fisici”, di “fenomeni atmosferici”, ecc.

Perché si utilizza questo termine?

Prof. Monti – a.s. 2016-2017FENOMENO e NOUMENO(chiarimento concettuale)

IL FENOMENO

(chiarimento concettuale)

Alla lettera, “fenomeno” significa “CIO’ CHE APPARE”.

Possiamo parafrasare dicendo così: un fenomeno è qualcosa che, proprio perché appare e si fa vedere e nella misura in cui appare e si fa vedere, ci permette di conoscerlo.

Ricordate che il riferimento all’apparire e dunque al vedere, alla vista, va inteso in senso lato.

Il fenomeno è “ciò che appare” NON semplicemente nel senso che è qualcosa di “visibile agli occhi”, ma in un senso molto più generale: “appare” nel senso che “entra in relazione con noi per il tramite delle nostre facoltà conoscitive: ientra in relazione con noi per il tramite delle nostre facoltà conoscitive: i cinque sensi e l’intelletto”.

Prof. Monti – a.s. 2016-2017FENOMENO e NOUMENO(chiarimento concettuale)

IL FENOMENO

(chiarimento concettuale)

Non è però un caso che il termine si riferisca alla vista: la civiltà occidentale, infatti, ha da sempre utilizzato proprio il senso della vista come paradigma generale della conoscenza del saperegenerale della conoscenza, del sapere.

Pensate, ad espressioni come:

“Adesso è chiaro!”

“Questo è evidente!”

“E’ una persona brillante!”

“Questo è un problema oscuro”

In tutti questi e in moltissimi altri casi il vedere, e dunque la luce e il buio, sono utilizzati come metafora di un sapere certo (o di uno confuso).

Prof. Monti – a.s. 2016-2017FENOMENO e NOUMENO(chiarimento concettuale)

IL FENOMENO

(chiarimento concettuale)

Ogni oggetto della conoscenza è, in quanto tale, un fenomeno.

Come sappiamo, perché si abbia conoscenza occorrono tre elementi:

UN SOGGETTO UN OGGETTO(conoscente) (conosciuto)UNA RELAZIONE

possibile grazie a sensi e intelletto

P i di h l’i i di ti t tti è il f !Possiamo dire che l’insieme di questi tre aspetti è il fenomeno!

Prof. Monti – a.s. 2016-2017FENOMENO e NOUMENO(chiarimento concettuale)

IL NOUMENO

(chiarimento concettuale)

Il noumeno è, come abbiamo visto, la cosa in sé.

“In sé” vuol dire che la cosa è considerata “da sola”, ovvero del tutto separatamente da ogni soggetto conoscente e ogni relazione conoscitiva!

UN SOGGETTO UN OGGETTO(conoscente) (conosciuto)UNA RELAZIONE

possibile grazie a sensi e intelletto

(in sé)

Prof. Monti – a.s. 2016-2017FENOMENO e NOUMENO(chiarimento concettuale)

Da quanto detto, dovrebbe risultare chiaro che:

(chiarimento concettuale)

1. Il noumeno è inconoscibile, indescrivibile, è una x sconosciuta

hé i è l i il è d fi i i lperché ogni conoscenza è una relazione e il noumeno è, per definizione, la cosa considerata indipendentemente da ogni relazione!

2. Un unico e medesimo noumeno potrebbe dar luogo a fenomeni diversi fra loroperché esseri viventi diversi avendo forme pure a priori diverse dannoperché esseri viventi diversi, avendo forme pure a priori diverse, danno luogo a relazioni conoscitive, e dunque a fenomeni, diversi!

3. La conoscenza fenomenica è, nonostante ciò, oggettiva!perché tutti gli esseri umani possiedono le medesime forme pure a priori: danno luogo a relazioni conoscitive, e dunque a fenomeni, uguali!

Johann Gottlieb Fichte1762 - 1814

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

ADESIONE A KANT …

Il primo Fichte riteneva che la prospettiva emersa con Kant fosse, in ambito filosofico, insuperabile.

-1-Oggetto proprio della Filosofia non è l’Essere (quindi l’ontologia) ma il sapereOggetto proprio della Filosofia non è l’Essere (quindi l ontologia) ma il sapere (quindi la gnoseologia).

-2-La gnoseologia, inoltre, deve assumere una prospettiva di tipo fondazionale, proprio come in Kant.p pOccorre, quindi, scoprire e chiarire al meglio quali sono i caratteri capaci di garantire all’uomo un sapere solido e fecondo.

Johann Gottlieb Fichte1762 - 1814

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

… SUBITO SMENTITA!

Ben presto, Fichte si distacca da Kant e, anzi, lo critica aspramente!

-1-Kant presuppone ma non giustifica in alcun modo la cosa in sé il noumenoKant presuppone, ma non giustifica in alcun modo la cosa in sé, il noumeno.

-2-Ammettere l’esistenza di qualcosa – il noumeno, appunto – che si pone come del tutto indipendente da chi ha consapevolezza e sapere di tale esistenza – cioè l’uomo –p p psignifica accettare qualcosa che si sottrae alla riduzione ad un unico Principio capace di spiegare la realtà, qualcosa che si sottrae alla sistematizzazione.

Insomma: il noumeno di Kant non è accettabile perché si tratta di qualcosa diInsomma: il noumeno di Kant non è accettabile perché si tratta di qualcosa di radicalmente inspiegabile.

Johann Gottlieb Fichte1762 - 1814

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

IL PRINCIPIO

Proponiamo ora una breve descrizione di come Fichte provi a qualificare il Principio assoluto da lui chiamato “Io”.

1 Il Principio è INCONDIZIONATO

Cioè non c’è nulla che, esternamente ad esso, lo condizioni e determini. In Principio, in quanto tale, non ha nulla prima e fuori di sé, ma tutto deriva da lui: esso è “originario” e “originante”.

In quanto incondizionato, poi, il Principio non potrà essere una realtà data – una sorta di “oggetto”, diciamo – ma dovrà essere un atto, una attività.

Solo l’azione infatti – “in principio era l’azione” dirà anche Goethe – può essere radicalmente prima. Ogni “cosa”, infatti, richiede una qualche giustificazione che la preceda, dunque non può essere un vero Principio.

Johann Gottlieb Fichte1762 - 1814

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

IL PRINCIPIO

Proponiamo ora una breve descrizione di come Fichte provi a qualificare il Principio assoluto da lui chiamato “Io”.

2 Il Principio AGISCE SU UN CONTENUTO CHE GLI È INTERNO

Se, infatti, il Principio che è attività agisse su qualcosa che gli è ab origine esterno, allora non sarebbe più il Principio. Questo qualcosa di esterno, infatti, proprio perché esterno al Principio richiederebbeQuesto qualcosa di esterno, infatti, proprio perché esterno al Principio richiederebbe un altro principio giustificativo.

PRINCIPIO

Johann Gottlieb Fichte1762 - 1814

Prof. Monti – a.s. 2016-2017

IL PRINCIPIO

In considerazione di quanto appena ricordato, Fichte ritiene che il Principio si possa esprimere efficacemente tramite la seguente “formula”:

L’IO PONE SE STESSO

Tale formulazione mostra tanto il carattere incondizionato quanto quelloTale formulazione mostra tanto il carattere incondizionato quanto quello condizionante del Principio.

Chiamare il Principio “Io” significa coglierlo non come frutto di un processo (ciò che vale per ogni “cosa”, ogni “oggetto”), ma come soggettività originariamente produttrice (e non prodotta!).

Johann Gottlieb Fichte1762 - 1814

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IL PRINCIPIO

L’IO PONE SE STESSO

Questo “io” è appunto azione, attività: in effetti esso “pone”.

Pone che cosa?

Pone innanzitutto se stesso!

Dire questo significa che l’Io non ha nulla di fronte a sé come esterno a sé, ma tutto è q g ,interno ad esso e da esso “posto”.

Johann Gottlieb Fichte1762 - 1814

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IL PRINCIPIO

L’IO PONE SE STESSOL IO PONE SE STESSO

Non esiste alterità alcuna: tutto ciò che il Principio compie, è sempre e comunque interno a se stesso.

In questo assoluto monismo, l’alterità è sempre e solo apparente. Ciò che chiamiamo “alterità” (l’altro da me) è, non a caso, la stessa soggettività, l’“io”, fattosi contenuto (della propria azione). È la soggettività che prende sé medesima afattosi contenuto (della propria azione). È la soggettività che prende sé medesima a contenuto della propria azione e della propria riflessione, sdoppiandosi come in uno specchio.

Johann Gottlieb Fichte1762 - 1814

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CHIARIMENTO

Per provare a rendere più chiara questa sua concezione così astratta, Fichte evoca il PRINCIPIO DI IDENTITÀ.

A = AIl fatto che A è A, che A = A è autoevidente. Si tratta, cioè, di qualcosa che non abbisogna di alcuna dimostrazione, spiegazione, chiarimento, fondazione, ecc.

Nulla costituisce il fondamento di tale Principio: nulla infatti è più chiaro o basilare o fondamentale di esso, sì da poterlo spiegare o giustificare. Al contrario, è a partire da esso ogni cosa può essere spiegata, dimostrata, ecc.p g p p g

“L’io pone se stesso” di Fichte è come questo principio logico-matematico (almeno nell’opinione di Fichte medesimo!).

L’io pone se stesso (come oggetto) come identico a sé, identico al proprio operare(come soggetto).

Johann Gottlieb Fichte1762 - 1814

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CHIARIMENTO

A = AIo pone se stesso

In quanto soggetto In quanto oggetto

Esempio: pensiamo a una persona che si ponga davanti a uno specchio. Accade proprio che l’io (in quanto soggetto che guarda l’immagine) pone se stesso (si pone come oggetto guardato) dicendo, appunto, “quello che vedo qui davanti (oggetto) sono io (soggetto)”sono io (soggetto) .

Johann Gottlieb Fichte1762 - 1814

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CHIARIMENTO

Nel Principio di identità, Fichte ritiene di ritrovare implicitamente un secondo principio, il PRINCIPIO DELLA SEPARAZIONE E DELLA OPPOSIZIONE.

È vero che “l’io pone se stesso” come identico a sé, ma anche e necessariamente come altro da sé: in effetti l’io pone se stesso non come soggetto, ma come oggetto.

Dunque nel principio dell’“io” si deve pensare simultaneamente l’identico e il diverso, l’uguale e l’opposto: l’“io” in quanto puro atto e identità assoluta e l’“io” in quanto si oggettiva e si oppone a sé.

Nei termini di Fichte, l’io è allo stesso tempo “io” e “non io”, cioè soggetto e oggetto.Il “non io”, in particolare, è la natura: ciò che si manifesta alla coscienza di ciascuno come esteriorità.

Qui la contraddizione è palese, ma l’esempio dello specchio ci aiuta a comprenderne la necessità: di fronte alla mia immagine rifletta posso dire, e posso farlo allo stesso tempo, sia “quello sono io” sia “quella è solo la mia immagine”.

Johann Gottlieb Fichte1762 - 1814

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CHIARIMENTO

La contraddizione appena denunciata viene però “risolta”: se ne occupa il PRINCIPIO DI RAGIONE.

In accordo con tale principio Fichte afferma che il “non-io” è negazione non dell’“io”In accordo con tale principio, Fichte afferma che il non io è negazione non dell io stesso, ma solo di una parte di lui.

L’io assoluto, infinito e illimitato, viene a trovarsi limitato e in sé diviso dal suo atto autoponente L’io oppone sé come soggettività a sé come oggetto oggetto che vieneautoponente. L io oppone sé come soggettività a sé come oggetto, oggetto che viene colto come limite e ostacolo all’estrinsecazione della soggettività stessa.

Il processo con il quale l’io si autolimita è di per sé incondizionato: in quanto soggetto che si condiziona da sé l’“io” è l’assoluto stesso: è quell’assoluto di cui la coscienza singola, che è finita, ha coscienza.

Esempio: una persona prende una decisione libera e consapevole dicendo a se stessa: “diventerò un avvocato!”. Questa medesima decisione, di per sé incondizionata (almeno idealmente!) limita e condiziona il soggetto che pure ne è l’artefice Ciò che la persona ha posto la sua decisione nell’atto stesso della sual artefice. Ciò che la persona ha posto, la sua decisione, nell atto stesso della sua effettiva realizzazione “limiterà”, “ostacolerà” il soggetto stesso (per diventare avvocato devo fare certe cose e devo escluderne altre!).