90
“Ecco, il seminatore uscì a seminare...” “Alzati e cammina” (Atti 3,6) Semestrale di formazione comunitaria Anno XI - n° 1/2008 Poste Italiane S.p.A. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 del 24/12/2003, Conv. in L. N. 46 del 27/02/2004 - Torino - n.1/08 Caro Gesù, Anche quest’anno comminerò a lungo con te, uomo di Nazaret. Sì, perché rileggendo il vangelo di Matteo, proverò a trovarti, a riconoscerti. Proverò a scoprirti, a ri-scoprirti. C’è sempre una spessa crosta di fango da togliere, un sarcofago da scoperchiare, mille metri di bende da srotolare: il potere clericale, la cultura patriarcale, che hanno seppellito la tua umanità e a volte le stesse bende amorevoli dei tuoi discepoli e discepole che, per difenderti, hanno imbalsamato la tua persona. Tanta fatica con il rischio e la meraviglia di arrivare a te, uomo di 2000 anni fa e scoprire che non sei quello che conoscevo ieri, un anno fa, decenni fa. Devo essere sincera: la curiosità nei tuoi confronti è cambiata. Ora mi è chiaro: quello che veramente mi interessa è come tu hai parlato di Dio, come tu hai vissuto l’Amore, come tu, uomo in carne ed ossa (più ossa che carne, credo, visto il tuo stile di vita…), come tu hai sentito, come hai capito il tuo essere figlio del Dio Abbà. So che non sei il Dio in terra e, se mi dicessero che non sei esistito, non cambierei il mio cercare te, per- ché so che sei talmente vero che uomini e donne hanno voluto parlare di te, hanno voluto descrivere chi sei, provare ad interpretare il tuo messaggio, hanno cercato di capire quale fosse la forza, lo spirito che ti spingeva e sosteneva. Qualche sera fa parlavo con gli amici del gruppo bi- blico e, per provare a dire come vedo te ora, mi è ve- nuta l’immagine di una gita in montagna con gli sci: mi sembra proprio che tu ora per me sia l’amico che batte la pista, che traccia il sentiero per scendere nella neve. Molte volte non ti vedo, ma trovo le tue tracce e le seguo. Luciana Bonadio Ci sono alberi con radici profonde e vigorose, i cui frutti sono dolci e succosi. Ci sono alberi con radici striminzite, un tronco avvizzito, che non riescono a portare frutti. Ci sono alberi che, nati su un terreno arido e secco, riescono a dare raccolti traboccanti. Ci sono alberi che, nonostante siano cresciuti in un campo fertile, sono infecondi. Ti faccio dono, mio Dio, di questo mio albero, con le sue stagioni fruttifere e quelle meno prolifiche. Ti ringrazio perché sei l’artefice della mia fecondità, perché mi hai donato molte opportunità, hai fertilizzato e irrigato il mio terreno, anche se spesso io non sono riuscita a trasformare in linfa vitale e produttiva la Tua parola. Ma, soprattutto, Ti ringrazio per avermi dato l’opportunità di nascere e la libertà di crescere e di portare frutti. Per tutto questo Ti prego e Ti ringrazio. Amabile Picotto Signore, amico di oggi e di sempre, voglio con questa mia preghiera condividere una forte emozione che ho provato ieri. Infatti sono stata a vi- sitare la mostra di pittura di Federico che, con altri 200 giovani sconosciuti, esponeva le sue opere nell’ex Carcere Nuove di Torino. Entrare in quel luogo di sof- ferenza, freddo, angusto nella sua grandezza, e oscuro, mi ha provocato brividi e disagio. Ho pensato a tutte le vite spente che sono trascorse lì dentro, per decreto della giustizia. Ho pregato per loro, tutti, quelli colpevoli e soprat- tutto quelli innocenti, e mi sono in un attimo imma- ginata tutte le carceri del mondo e tutte le creature che vegetano senza un fazzoletto di cielo, il profumo dei fiori, l’abbraccio di una persona cara. Ma, di più, ho pensato ai carceri durissimi come Guantanamo e a tutti i suoi similari in Asia, in Africa, nelle nostre na- zioni civili. Ho pensato, insomma, a tutti coloro che spengono la loro vita tra quelle mura umide, torturati, perseguitati per le loro idee di libertà contro regimi totalitari. Dopo questo volo il mio pensiero è tornato vicino a me: ho visitato la cella assegnata ad un artista che, anzi- ché portare i suoi quadri, ha portato se stesso, solo al buio nella cella, abbandonato il capo sul tavolo, la testa tra le mani. All’ingresso campeggiava uno striscione bianco “Qui muoiono i sogni”. Una freccia indicava di proseguire la visita nella cella a fianco, dove c’erano accatastate de- cine e decine di scatole dipinte su tutte le facciate con coloratissime scene “naif”: i suoi sogni ad occhi aperti. Scatole volutamente prese a calci e sparse. Sopra, un’altra scritta “i miei sogni morti”. Mi ha colpita la scelta di questo ragazzo che, dopo una prima visita per decidere come posizionare i suoi quadri in vendita, sopraffatto dall’emozione che il luogo trasmette, ha preferito esporre, muto al buio, la sua emozione. Che era uguale alla mia. Perciò ti prego, Signore, aiuta chi ha sbagliato a non più delinquere e aiuta gli innocenti a uscire da quei luoghi da inferno dantesco, di abbrutimento totale, dove si diventa solo più “il n. 100, cella 25, braccio ma- schile”, la cella dove Federico ha potuto esporre i suoi sogni colorati. Per questo Ti prego e Ti ringrazio. Bruna Poma DIO PERDONA TUTTI? Dio, quanti volti ha il Tuo perdono? A chi nella Tua infinita bontà e misericordia lo fai giungere? Al politico che ruba senza scrupoli? A chi sfrutta, stupra, uccide? A chi si arroga il diritto di dichiarare guerre, stermi- nando intere popolazioni, dichiarandosi poi procla- matore di democrazia? Dio, l’elenco potrebbe continuare all’infinito, inclu- dendo ancora volti tristemente noti di cui la storia ci dà notizia. Padre mio, so che Tu non fai conteggio delle nostre colpe e di questo Ti ringrazio. Ma Ti prego di perdonarmi se non riesco a compren- dere e capire che il Tuo perdono arriva anche per co- loro che nel mondo hanno arrecato e continuano ad arrecare sofferenze e umiliazioni ai più deboli. Antonella Sclafani

CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

  • Upload
    others

  • View
    0

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

“Ecco, il seminatoreuscì a seminare...”

“Alzati e cammina” (Atti 3,6)

Semestrale di formazione comunitariaAnno XI - n° 1/2008

Poste

ItalianeS.p.A.-

sped

izionein

abbo

nam

ento

postale-D.L.3

53/200

3de

l24/12

/200

3,Con

v.in

L.N

.46de

l27/02

/200

4-To

rino-n.1/08

Caro Gesù,Anche quest’anno comminerò a lungo con te, uomo diNazaret.Sì, perché rileggendo il vangelo di Matteo, proverò atrovarti, a riconoscerti.Proverò a scoprirti, a ri-scoprirti.C’è sempre una spessa crosta di fango da togliere, unsarcofago da scoperchiare, mille metri di bende dasrotolare: il potere clericale, la cultura patriarcale,che hanno seppellito la tua umanità e a volte le stessebende amorevoli dei tuoi discepoli e discepole che, perdifenderti, hanno imbalsamato la tua persona.Tanta fatica con il rischio e la meraviglia di arrivarea te, uomo di 2000 anni fa e scoprire che non sei quelloche conoscevo ieri, un anno fa, decenni fa.Devo essere sincera: la curiosità nei tuoi confronti ècambiata.Ora mi è chiaro: quello che veramente mi interessa ècome tu hai parlato di Dio, come tu hai vissutol’Amore, come tu, uomo in carne ed ossa (più ossa checarne, credo, visto il tuo stile di vita…), come tu haisentito, come hai capito il tuo essere figlio del DioAbbà.So che non sei il Dio in terra e, se mi dicessero chenon sei esistito, non cambierei il mio cercare te, per-ché so che sei talmente vero che uomini e donnehanno voluto parlare di te, hanno voluto descriverechi sei, provare ad interpretare il tuo messaggio,hanno cercato di capire quale fosse la forza, lo spiritoche ti spingeva e sosteneva.Qualche sera fa parlavo con gli amici del gruppo bi-blico e, per provare a dire come vedo te ora, mi è ve-nuta l’immagine di una gita in montagna con gli sci:mi sembra proprio che tu ora per me sia l’amico chebatte la pista, che traccia il sentiero per scenderenella neve.Molte volte non ti vedo, ma trovo le tue tracce e leseguo.

Luciana Bonadio

Ci sono alberi con radici profonde e vigorose,i cui frutti sono dolci e succosi.Ci sono alberi con radici striminzite,un tronco avvizzito,che non riescono a portare frutti.Ci sono alberi che,nati su un terreno arido e secco,riescono a dare raccolti traboccanti.Ci sono alberi che,nonostante siano cresciuti in un campo fertile,sono infecondi.Ti faccio dono, mio Dio,di questo mio albero,con le sue stagioni fruttiferee quelle meno prolifiche.Ti ringrazio perché sei l’artefice della mia fecondità,perché mi hai donato molte opportunità,hai fertilizzato e irrigato il mio terreno,anche se spessoio non sono riuscitaa trasformarein linfa vitale e produttiva la Tua parola.Ma, soprattutto,Ti ringrazioper avermi dato l’opportunità di nasceree la libertà di crescere e di portare frutti.

Per tutto questo Ti prego e Ti ringrazio.

Amabile Picotto

Signore, amico di oggi e di sempre,voglio con questa mia preghiera condividere una forteemozione che ho provato ieri. Infatti sono stata a vi-sitare la mostra di pittura di Federico che, con altri200 giovani sconosciuti, esponeva le sue opere nell’exCarcere Nuove di Torino. Entrare in quel luogo di sof-ferenza, freddo, angusto nella sua grandezza, eoscuro, mi ha provocato brividi e disagio. Ho pensatoa tutte le vite spente che sono trascorse lì dentro, perdecreto della giustizia.Ho pregato per loro, tutti, quelli colpevoli e soprat-tutto quelli innocenti, e mi sono in un attimo imma-ginata tutte le carceri del mondo e tutte le creatureche vegetano senza un fazzoletto di cielo, il profumodei fiori, l’abbraccio di una persona cara. Ma, di più,ho pensato ai carceri durissimi come Guantanamo e atutti i suoi similari in Asia, in Africa, nelle nostre na-zioni civili. Ho pensato, insomma, a tutti coloro chespengono la loro vita tra quelle mura umide, torturati,perseguitati per le loro idee di libertà contro regimitotalitari.Dopo questo volo il mio pensiero è tornato vicino a me:ho visitato la cella assegnata ad un artista che, anzi-ché portare i suoi quadri, ha portato se stesso, solo albuio nella cella, abbandonato il capo sul tavolo, latesta tra le mani.All’ingresso campeggiava uno striscione bianco “Quimuoiono i sogni”. Una freccia indicava di proseguire lavisita nella cella a fianco, dove c’erano accatastate de-cine e decine di scatole dipinte su tutte le facciate concoloratissime scene “naif”: i suoi sogni ad occhi aperti.Scatole volutamente prese a calci e sparse. Sopra,un’altra scritta “i miei sogni morti”. Mi ha colpita lascelta di questo ragazzo che, dopo una prima visitaper decidere come posizionare i suoi quadri in vendita,sopraffatto dall’emozione che il luogo trasmette, hapreferito esporre, muto al buio, la sua emozione. Cheera uguale alla mia.Perciò ti prego, Signore, aiuta chi ha sbagliato a nonpiù delinquere e aiuta gli innocenti a uscire da queiluoghi da inferno dantesco, di abbrutimento totale,dove si diventa solo più “il n. 100, cella 25, braccio ma-schile”, la cella dove Federico ha potuto esporre i suoisogni colorati.Per questo Ti prego e Ti ringrazio.

Bruna Poma

DIO PERDONA TUTTI?

Dio, quanti volti ha il Tuo perdono?A chi nella Tua infinita bontà e misericordia lo faigiungere?Al politico che ruba senza scrupoli?A chi sfrutta, stupra, uccide?A chi si arroga il diritto di dichiarare guerre, stermi-nando intere popolazioni, dichiarandosi poi procla-matore di democrazia?Dio, l’elenco potrebbe continuare all’infinito, inclu-dendo ancora volti tristemente noti di cui la storia cidà notizia.Padre mio, so che Tu non fai conteggio delle nostrecolpe e di questo Ti ringrazio.Ma Ti prego di perdonarmi se non riesco a compren-dere e capire che il Tuo perdono arriva anche per co-loro che nel mondo hanno arrecato e continuano adarrecare sofferenze e umiliazioni ai più deboli.

Antonella Sclafani

Page 2: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

Autorizzazione del Tribunale di Pinerolo n° 5/1998

Direttore responsabileGianluigi Martini

RedazioneMaria Franca Bonanni - Luisa BrunoFiorentina Charrier - Maria Del VentoCarla Galetto - Domenico Ghirardotti - Beppe PavanMemo Sales - Paolo Sales

***

Periodico di informazione inviato a soci,simpatizzanti e sostenitori dell’Associazione Viottoli,proprietaria della pubblicazione

Presidente: Paolo SalesVicepresidente: Fiorentina CharrierSegretario: Carla GalettoEconomo-cassiere: Franco GalettoConsiglieri: Luisa Grangetto - Domenico GhirardottiBartolomeo Sales

Associazione Viottoli - Comunità cristiana di basec.so Torino, 288 - 10064 Pinerolo (TO)tel. 0121 500820 - 0121 393053 - 0121 322339fax 0121 091170e-mail: [email protected] - www.viottoli.it

***Contribuzioni e quote associativec/cp n. 39060108 intestato a:Associazione Viottoli - c.so Torino, 28810064 Pinerolo (TO)

IBAN: IT25I0760101000000039060108BIC: BPPIITRRXXX

Quote associative annuali€ 25,00 socio ordinario€ 50,00 socio sostenitoreoppure liberi contributi

***

Grafica, stampa, spedizioneComunecazione s.n.c.Str. S. Michele, 83 - 12042 Bra (CN)tel. 0172 44654 - 0172 44655

In questo numero…ViottoliAnno XI, n° 1/2008 (prog. n° 21)

ISSN 1720-4585

PREGHIERE COMUNITARIE E PERSONALI

Ciao Padre, ciao Madre,mi rivolgo a Te in questo modo, o Dio,perchè mi sento figlio Tuo,insieme a tante sorelle,insieme a tanti fratelli,insieme a tutto ciò che Tu hai creato.A Te mi affido e in Te confido con tutta la tranquillitàdel mio essere.Quando sono allegro mi stacco da Te per gustareappieno le bellezze della vita,per correre felice sotto il Tuo sguardo protettivo.Quando sono triste mi stringo a Te e sfogo col pianto lemie tensioni,le mie amarezze, le mie ferite.Quando sono “così-così” Ti tengo per mano e passeggiocon Te,guardando incuriosito di qua e di là:catturo le cose che più mi piacciono,cerco di prenderle e provo a realizzarle.La pittura, il gioco, la musica...Qualsiasi cosa che crea, e così passa il tempo,il tempo che verso la fine passa così in fretta,il tempo che verso la fine non passa mai.

Mio Dio,io non Ti conosco, non so chi sei, non so dove abiti.In quale posto dell’universo hai la Tua dimora?Qual è il Tuo indirizzo? Qual è la Tua via? Il Tuonumero civico?...In quale galassia dell’infinito?Sento che esisti,poco importa se questa è solo una mia convinzione,un frutto della mia immaginazione...Sento che ci sei e questo mi basta.Nessuno ha mai sentito la Tua voce,nessuno Ti ha visto in volto,nessuno Ti ha toccato, abbracciato,nessuno Ti ha visto camminare, correre,nessuno Ti ha visto da qualche parte, in questo mondo.Eppure sento la Tua presenza.Fra le tante cose che l’umanità ha scritto riguardo laTua essenza,l’amore è la cosa più bella e vera.La potenza, la forza, la grandezza di Dio sono poca cosarispetto all’amore, l’Agape, di Dio.E questa è la certezza che mi rende sereno,indipendentemente dal fatto che Tu esista oppure no.

Gianni Bolognesi

Leggendo i libri dei primi sei Profeti Minori, abbiamocapito quanto fosse centrale il messaggio sulla conver-sione.Conversione come ritorno a pratiche di giustizia nellarealtà del vivere quotidiano, delle relazioni, realtà chevedeva carneficine e violenza (Abdia, 10), realtà che ve-deva i capi giudicare in vista dei regali, i sacerdoti in-segnare per lucro, i profeti dare oracoli per denaro(Michea 3,11): “Divorano la carne del mio popolo” (Mi-chea 3,3).Ieri come oggi.Il grido dei profeti non ha potere, non può cambiare lecose, ma i profeti non possono fare a meno di urlare, diinveire, di minacciare, perché l’Amore non può soffriree subire in silenzio.L’Amore grida scandalo e rabbia, grida una vita diversae migliore.Benediciamo Dio e tutte le donne e uomini che nonstanno in silenzio di fronte all’ingiustizia e benedicianche noi, Padre buono, quando facciamo la nostra pic-cola parte.

Luciana Bonadio

Molto tempo fa, in questo periodo dell’anno,ho ricevuto anch’io il Battesimo.O Dio, fonte di amore,ti chiedo di starmi vicino ed accompagnarmi nellavita,affinché io sappia seguire gli insegnamenti di Gesù.Aprimi gli occhi e le orecchieperché io non sia cieca e sorda nei confrontidi chi ha bisogno di me.Rendimi capace di perdonare chi mi ha fatto soffriree che la mia porta sia sempre aperta per il dialogo.Ti voglio anche ringraziare, o Dio,per l’amore che ho con me e che non mi fa mai sentiresola.Per questo ti prego…

Luisa Grangetto

PREGHIERA

Gesù diceva (v. 24):“Chi vuole seguirmi rinneghi se stesso, prenda la suacroce, e mi segua”.

Quante croci abbiamo da portare nella nostra vita!A partire dalle nostre famiglie, con le difficoltà di ognigiorno, che spesso dimentichiamo di affrontare uniti,insieme, con amore, e ci lasciamo travolgere dalla rab-bia, da incomprensioni.Nel mondo del lavoro, con il problema per chi un lavoronon riesce a trovarlo o per chi, pur avendolo, si scontraogni giorno con l’individualismo, l’arrivismo, la totalemancanza di comunicazione e di solidarietà.Anche i bambini, fin da piccoli, si trovano a dover por-tare le loro croci in una vita frenetica, di corsa, in cuispesso i genitori si trovano coinvolti in mille cose dafare e dimenticano la più importante, cioè prendersicura di loro.Aiutaci o Dio, padre e madre, a portare la nostra crocesenza dimenticarci di dare una mano a chi ha crocitroppo pesanti da portare da solo, da sola.

Luisa Grangetto

PREGHIERADEL “LOGICO”

Signorenon voglio chiederti di starmi vicino quando soffro,voglio chiederti di saper soffrire.Signorenon voglio chiederti di allontanare da me la paura,voglio chiederti di saperla affrontare.Signorenon voglio non faticare,vorrei che mi aiutassi a trovarne il senso.Signore non voglio il tuo aiuto…voglio solo che la mia vita sia sulla tua strada.A qualunque prezzo, perché tu sei il prezzoche devo e posso pagare!

Luca Prola

IL LENTO CAMMINODELLANOSTRA LIBERAZIONE

Avevo camminato tanto quel giorno… poi mi fermailungo le sponde di un ruscello… per riprendere fiato econtemplare l’immensa bellezza di pace che quel luogomi regalava.Ogni giorno, mio Dio, ci fai dono di nuovi cammini, matante volte non siamo in grado di riconoscere i punti di“ristoro”.Il cammino verso la propria liberazione è come lo scor-rere di un ruscello che, per giungere al mare, tante voltesi perde in mille rigagnoli.Dio, Ti prego, accompagnaci lungo i nostri tormentaticammini e fa’ che lo scorrere delle nostre acque giungaal mare, dove Tu ci accoglierai in una dolce onda.

Antonella Sclafani

EditorialeBisogno e voglia di comunità pag. l

Letture bibliche pag. 3Giona... alzati e va’ (cap 1-4) 3Il sogno di Dio: “Beati i poveri!” (Mt 5,1-12) 6La Passione secondo Matteo... (Mt 26-27) 8Li chiamano minori... ma sono profeti 10Fiducia, speranza, gioia(Sal 4, 126, 127, 131) 14Discendere dal montein cerca di Dio (Mt 17,1-9) 17lo sono con voi (Mt 28,16-20) 20Il fico e la pazienza di Dio (Lc 13,1-9) 22Certo Dio ci ama... e noi... (Gv 3,16-18) 23Risurrezione: valore della vita (Gv 20,1-9) 25Non vi lascerò orfani (Gv 14,15-21) 27Lo spirito scende, si ferma (Gv 1,29-34) 29Il cieco nato (Gv 9,1-41) 31Il peccato... La grazia... (Gv 9,1-41) 33Credere senza vedere,senza toccare (Gv 20,19-31) 34Quest’anno in comunitàleggiamo Matteo (Mt 3-4) 35In cammino... (Mt 5) 37Davanti a Gesù (Mt 6-8) 40Matteo 11 42Matteo 12 44I semi, lo lievito (Mt 13) 46Portare la croce... (Mt 16-21) 47

Teologia, politica, cultura pag. 50Teologia queer: un’introduzione 50La teologia alla prova del genere 56Laicità laica? 59Autodeterminazione e responsabilità... 60Laici e credenti: libertàdi coscienza e rispetto 62Scuola senza frontiere: un’esperienza 64Dalla teologia della liberazione... 66Antropocentrismo 69La politica del gambero. Maschilità... 70Gli uomini della religione. Pensieri... 72Violenza maschile contro le donne 76Anniversari brasiliani e democrazia 77Perché il Vangelo risplenda ancora 79Rifiuto “globale” 80Chi cerca trova... 81

Preghiere comunitarie e personali pag. 83

Copertina di Dario Noce

Le immagini presenti in questo numero sono di Pat Carra(www.patcarra.it/index_centro.htm - vignette inviate dall’autrice)

Page 3: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

1

E’ probabile che il titolo suoni come un’afferma-zione surreale, in un quotidiano segnato dall’indivi-dualismo più sfrenato e dalla ricerca di soluzionirapide e definitive, ai singoli problemi, con il me-todo dell’aggressività agita. Pensiamo, ad esempio,ai tre adolescenti che hanno inteso risolvere il loroproblema eliminando, cancellando dalla realtà, laloro compagna/vittima di “giochi sessuali” (come lichiamano i giornali). A ben pensarci, hanno usatolo stesso metodo minacciato da George W. Bush eda Hillary Clinton nei confronti dell’Iran: cancel-larlo dalla carta geografica. E’ un problema che ilgoverno USA individualisticamente si autorizza arisolvere... come l’Iran nei confronti di Israele.L’equilibrio della minaccia. Del terrore, si dicevaanni fa. Pedagogia efficace verso gli adolescenti dioggi, presidenti e primi ministri di domani...

Individualismo

Il libro di Giovanni Jallà “Stato di grazia” (ed.Clandestine, 2007) ci aiuta a capire. L’umanità con-tinua a “progredire” (significa semplicemente“avanzare”, fare un passo avanti, non necessaria-mente verso il meglio) dalla complessità alla sem-plificazione (i nostri ultimi esiti elettorali ne sonouna testimonianza eclatante), dall’empatia all’indi-vidualismo. Empatia è capacità di stare nella com-plessità, di convivere con tutte le differenze, impa-rando la mediazione e la gestione nonviolenta deiconflitti, la compassione e la misericordia a cui ciinvitano i profeti biblici. Jallà analizza le radici diquesto tragico cammino e le individua nel monotei-smo e nelle culture e dottrine che ne sono statefatte derivare. È un’analisi che, in parte, condividiamo: il catechi-smo della nostra infanzia, con cui i preti ci hannoformato, ci ha inculcato il senso di colpa indivi-duale e la relazione individuale con un Dio che cipremierà o castigherà, uno per uno, una per una.Ci è mancata la formazione alla socialità. Così,quando gli adulti (e parliamo della generazione dinoi 50-60enni) hanno abbandonato preti e chiese,ai figli hanno comunque trasmesso quello che ave-vano ricevuto: l’individualismo, sostenuto però dal-l’abbandono di ogni freno, che era rappresentatodal senso di colpa per ogni trasgressione ai dieci co-mandamenti. Quello che stiamo faticosamente imparando, anchegrazie alle donne del femminismo e alla scopertache l’umanità ha conosciuto un primo tempo di vitaall’insegna della cooperazione e della partnership,è la convenienza di vivere con rispetto il nostro es-sere “animali sociali”. Ma con il progressivo consoli-darsi di un dominio di tipo patriarcale, gli uomini

hanno imposto il modello della dominanza in tuttele relazioni... e sono così nati i vari decaloghi, percontenerne gli eccessi, il pensiero unico monoteistae l’individualismo della relazione con il “Dio giu-dice” di ciascuno e ciascuna.

Crisi politica e monoteismo patriarcale

Il monoteismo patriarcale si traduce nella politicadelle istituzioni e del potere nell’imposizione di“questo” modo di stare al mondo, di legiferare e go-vernare, come l’unico possibile. Mentre, viceversa,la realtà è intessuta di una gamma infinita di dif-ferenze e sfumature e di inestricabili complessità.Che ricchezza di umanità abbiamo incontrato alBologna Pride dello scorso 28 giugno!Ogni semplificazione è un atto di dominio, perpe-trato da chi non rispetta l’“altro da sé” e la sua li-bertà, perché non può asservirlo al proprio con-trollo e farne un proprio schiavo. Ecco perché cipreoccupa terribilmente l’attuale situazione socio-economica. E quella politica, dove le leggi ad perso-nam e il bavaglio alla stampa, con le recenti dispo-sizioni che prevedono anche il carcere per i giorna-listi, rendono il quadro angosciante. Chi governa in“questo” modo, e lo ritiene l’unico possibile, pro-clama, esige, predica... libertà (totale, assoluta, atutti i costi), ma non intende assolutamente per-mettere che altre e altri vivano liberamente se-condo il proprio desiderio (gay, lesbiche e transes-suali, divorziati/e e separati/e e conviventi, nomadied extracomunitari, ragazze nigeriane e donne ste-rili con forte desiderio di maternità...). Vuole li-bertà solo per sé. Un esempio terribile ci sembra quella che ormaiviene chiamata “la guerra mondiale contro ledonne”: da millenni non sono considerate, nella cul-tura patriarcale, persone umane alla pari con gliuomini, ma “sesso debole”, “gentil sesso”, fattrici eriproduttrici, angeli del focolare e riposo del guer-riero, madri, madonne e puttane... e schiave, maisoggetti liberi, ma oggetti del pensiero e del deside-rio e dello sguardo proprietario maschile. Quantiuomini si sentono autorizzati, da “questa” culturadominante, a maltrattarle, molestarle, persegui-tarle, picchiarle, sfruttarle, stuprarle, ucciderle...!Come credenti e come cittadini non possiamo re-stare inerti. Se guardiamo, infatti, alla situazionesociale, vediamo come il razzismo e la xenofobiarendano ormai un pallido sogno la convivenza nelrispetto delle differenze. D’altra parte l’immigra-zione non accenna a fermarsi. E come potrebbe?Con violentissimi conflitti a scopo di rapina e di do-minio, l’Occidente getta e mantiene nella dispera-zione uomini, donne e bambini, che sono costretti atentare di raggiungere le nostre terre. Se gli immi-grati servissero solo alla nostra economia, non sa-rebbe difficile imporre il contingentamento deiflussi...

Bisogno e voglia di comunità

Page 4: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

2

Siamo tutti e tutte figli e figlie dello stesso mono-teismo capitalistico e, in misure diverse, ne pa-ghiamo gli stessi prezzi. Un numero crescente dipersone e di famiglie stenta ad arrivare non piùalla quarta settimana, ma addirittura a metàmese. La riduzione dei consumi dei prodotti petro-liferi è un segnale che fa pensare. Da una parte èun bene la riduzione dell’uso dell’auto, dall’altra,però, questo calo è sintomo di ben altre difficoltà...Pensiamo alle persone anziane, gli “invisibili” dicasa nostra: cercano in qualche modo di stare nel-l’ombra, a fronte di grandi difficoltà e di una vec-chiaia che di sereno ha ben poco, o sempre meno...Anche gli episodi di bullismo e di violenza tra ado-lescenti sono segnali di un profondo disagio, oltreche di avversione verso chi è diverso/a, verso chinon corrisponde ai canoni di bellezza e di virilitàvigenti...

Bisogno di comunità

Si potrà obiettare che lo spazio di manovra libera èscarso, quasi nullo. Ma cominciamo a riprenderci eallargare lo spazio della critica e della ricerca divalori che non sono “cristiani”, ma semplicementeumani. Non abbiamo nessuna patente, noi cre-denti, per sentirci i primi della classe... ma pro-viamo, a poco a poco, a unire le forze con quelle ditutti e tutte coloro che non intendono rassegnarsi aquesta situazione e continuano a seminare...Al recente convegno nazionale delle Comunità cri-stiane di base a Castelsanpietro (BO) abbiamo in-contrato persone e conosciuto esperienze che ciparlano di una miriade di forme con cui uomini edonne cercano di incarnare questo bisogno insop-primibile di comunità. Uscire dall’isolamento del-l’individualismo; cercare un senso alla propria vitasenza cadere nelle grinfie del consumismo che con-duce alla stupidità e alla disperazione; condividerel’uso degli strumenti e delle risorse per rispettareil pianeta di cui siamo parte; risparmiare beni co-muni e tempo per dedicarsi di più alle relazioni e aipiaceri di una vita libera dagli affanni per ciò chemangeremo e di cui ci vestiremo.Abbiamo bisogno di un’economia solidale invece diun’economia di rapina: la prima è basata sulla cen-tralità dell’amore e della condivisione in tutte lerelazioni; la seconda sulla centralità del denaro,dell’accumulazione, della proprietà possessivaesclusiva, che è possibile solo a prezzo di rapina aidanni degli altri e delle altre. E noi ne siamo vit-time consenzienti perché, come scrive Jallà: “sipartecipa all’orizzonte della modernità più peraspirazione che per censo”. In altre parole: il desi-derio di arricchirsi è più forte della consapevolezzache mai ci accadrà di entrare nel club dei ricchi epotenti; ma tant’è: li voto perché mi appaga il pen-siero che anch’io potrei... il desiderio mi gratifica asufficienza.

Empatia

L’antidoto all’individualismo è dunque l’empatia el’empatia costruisce comunità. In mille e milleforme diverse (non c’è solo la convivenza) il bisognodi comunità resta vivo e forte nel cuore di uomini edonne. Non possiamo non riflettere sul fatto che lanostra Cdb è nata per essere comunità e che negliultimi tempi questo obiettivo ci sta nuovamenteurgendo, pur in mezzo a non piccole difficoltà. LaCdB è, e può essere sempre di più, luogo di vita e diallenamento alla condivisione solidale.Sentiamo sempre forte, noi maschi in particolare,la tentazione dell’esposizione pubblica, del fare al-l’esterno, della ricerca di gratificazione nella molte-plicità degli inviti e delle ribalte. E corriamo il ri-schio di non accorgerci che ogni piccola comunità,ogni gruppo di condivisione, è un microcosmo in cuiciascuno/a può fare tutta la sua parte per la salva-guardia del pianeta. Perché è una pratica conta-giosa, come la miriade di sperimentazioni ci docu-menta. Com’è contagioso l’amore. Le cose da faresono tantissime; la difficoltà maggiore sta proprionel trovare il coraggio di mettersi insieme perfarle: fare gruppo, dedicarsi a coltivare la qualitàdelle relazioni, praticare con consapevolezza il mu-tuo aiuto, con la convinzione che si tratta di prati-che convenienti “per me”.Ecco: empatia significa anche esigere il riconosci-mento pieno dei diritti di ciascuno/a come se fossiio quel “ciascuno/a” che ha bisogno. Se li esigo perme, sono disposto/a ad andare fino in fondo, com-battendo tutte le battaglie necessarie, bussando atutte le porte, non fermandomi prima di aver otte-nuto giustizia. Se mi limito a impegnarmi “per glialtri, per gli ultimi”, sarò molto più arrendevole edisponibile ai compromessi in nome del principio direaltà: non si può fare di più! E’ importante concentrarci su quel che possiamofare, ma senza dimenticare tutto quel che non riu-sciamo a fare, per non subirlo e continuare, anzi, acondividere sogni e desideri con altre persone e cer-care, insieme, di realizzarli. Spostando più avantiil limite. Perché c’è una realtà “artificiale” che èfrutto di “questo” modo di legiferare e governare.Ma non è l’unico possibile e con una diversa cul-tura di socialità certi sogni potrebbero avere mag-giori chances.Aiutarci a vicenda garantisce ciascun e ciascunacomponente della comunità: dai problemi della so-pravvivenza a quelli della cura, in tutte le età dellavita. La famiglia si allarga. Ecco chi sono mio pa-dre, mia madre, i miei fratelli e le mie sorelle: ledonne e gli uomini che con me praticano le formedell’amore, la condivisione e lo scambio, il rispettoe la convivialità di tutte le differenze. Che mondomigliore ne può venir fuori, se mi ci butto anch’io!

La redazionePinerolo, 4 luglio 2008

Page 5: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

3

Giona… alzati e va’

Letture bibliche

Dio ha fiducia in te (cap.1-2)

La citazione dal secondo libro dei Re 14,25 ci con-sente di collocare il profeta all’epoca del regno di Ge-roboamo II (786-746 a.c.). In quel periodo Ninive eraun’importante città dell’Assiria, sorta sulle rive delTigri nel nord dell’attuale Iraq. La vicenda di Gionaè ambientata quindi nell’VIII secolo a.c., al tempodell’impero assiro, mentre il libro sarebbe statoscritto in epoca più tarda, nel periodo post-esilico,intorno al V secolo a.c.I destinatari del libro ricordavano ancora le soffe-renze patite dagli avi a causa della deportazionesotto gli Assiri nel 722 a.c. e Ninive, con la sua famadi città violenta, era il simbolo di tutto ciò che con-trastava con Jahvè e il suo popolo.

Con la leggenda di Giona, il profetismo mette inquestione se stesso. Chi è che fugge da Jahvè, che dàil cattivo esempio? Non sono il re, il latifondista, ilsacerdote o il popolo, ma è il profeta, colui che do-vrebbe essere il porta-parola di Dio. Il profeta non èintoccabile, anche il profeta può essere peccatore.Il nome Giona significa “colomba”. In alcune circo-stanze l’immagine della colomba è utilizzata per in-dicare Israele (Osea, Salmo 74) e Giona potrebbe es-sere l’ennesima metafora del popolo d’Israele.Come abbiamo ricordato, la leggenda di Giona èstata elaborata intorno al V secolo a.C., dopo il ri-torno degli ebrei dall’esilio di Babilonia, al tempodei profeti Esdra e Neemia, fautori della restaura-zione, del nazionalismo contrario all’inevitabile con-taminazione con gli altri popoli che vivevano sullostesso territorio, contro i matrimoni misti. Unaparte di Israele si ribella e nascono così il libro diGiona, i capitoli 55-66 del Trito Isaia, il libro di Rut.Giona è un libro di ribellione al nazionalismo e de-nuncia: i credenti veri sono quelli di fuori, i falsi cre-denti siamo noi.

Il libro inizia con un ordine impartito dal Signore alprofeta: “Alzati, va’ a Ninive”. Giona si alza, ma per recarsi nella direzione oppo-sta, a Tarsis, lontano a nord ovest, nell’attuale Spa-gna. Il testo dice “lontano dalla presenza del Si-

gnore”. Ma Giona scoprirà che è impossibile fuggiredalla presenza di Dio, impossibile sottrarsi al Suoamore.Il Salmo 139 ce lo illustra in modo chiaro: “Dove po-trei andarmene lontano dal tuo Spirito; dove fuggiròdalla tua presenza? Se salgo in cielo tu vi sei; sescendo nel soggiorno dei morti, eccoti là”.Né nel profondo del mare né nel ventre del pesce nénei sobborghi di Ninive il profeta riuscì mai ad al-lontanarsi da Dio. Dovunque tu vada o qualunquecosa tu faccia, Dio ha fiducia in te, sembra dirci que-sta vicenda.Giona, nella sua fuga sul Mediterraneo, si trova pre-sto al centro di una burrasca e la nave minaccia dispezzarsi. I personaggi principali di questa scenasono i marinai.La loro prima reazione è di paura; poi incomincianoognuno a pregare il proprio Dio e a lavorare alacre-mente per salvare la nave. Questi uomini non eranoisraeliti e provenivano da diversi paesi. Essi pre-gano e passano all’azione. Neanche il capitano è unisraelita, ma è un uomo di fede e quando rimproveraGiona non è perché non si dia da fare per aiutare,ma perché non prega.Sono anche persone compassionevoli: quando ven-gono a sapere che l’unico modo di salvare la propriavita è sacrificare quella di un individuo che per tuttiloro è uno straniero, i marinai resistono. Giona èl’israelita, il rappresentante del popolo al quale è in-dirizzato il racconto. Il suo comportamento è innetto contrasto con quello dei marinai: Giona dormeprofondamente nel ventre della nave, ma non è ilsonno di chi ha fiducia in Dio, è il sonno di colui chevuole fuggire alla realtà, alle proprie responsabilità,anzi vuole morire. Mentre i marinai pregano i lorodei, Giona non rivolge una sola parola di preghiera aDio.Secondo una tradizione ebraica, i marinai dellanave sono i rappresentanti delle 70 nazioni delmondo. Non facendo parte del popolo di Dio questimarinai simboleggiano tutti gli altri popoli dellaterra. Dal canto suo Giona fa le veci del popolo diDio.Riassumendo: i marinai sono uomini di fede, pratici

Page 6: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

LETTURE BIBLICHE4

e compassionevoli. Giona, membro del popolo di Dio,non ne viene fuori bene: in caso di emergenza, non sipuò contare sulle sue preghiere né sul suo aiuto con-creto; di fatto si arrende e basta; inoltre, fugge daDio.Questa scena esorta coloro che si considerano partedel popolo di Dio a ridiscutere l’atteggiamento e ipregiudizi nei confronti degli altri popoli; oggi metteanche in discussione l’atteggiamento di superioritàdelle chiese e della chiesa cattolica in particolare,ma non solo, parla anche alla nostra comunità, ainostri gruppi, a noi personalmente. Il brano nonmette solo in discussione il nostro atteggiamento neiconfronti degli stranieri ma, più sottilmente, ogninostro comportamento o giudizio nei confronti ditutto ciò che non è nostro, non fa parte della nostraesperienza, pur senza esimerci dalla responsabilitàdi saper discernere.In questi versetti c’è un invito a mettere in discus-sione le nostre certezze, i nostri saldi principi, a so-stare in silenzio cercando di capire ciò che esula danoi, dalla nostra conoscenza, a guardare con empa-tia alle persone e alle loro storie, alle loro tradizioni,al desiderio di assoluto che è in ognuno/a di noi eche non si esprime necessariamente secondo i nostricanoni.

Luisa Bruno

Giona, profeta controvoglia

Ho apprezzato molto la contestualizzazione e l’inter-pretazione del testo che Luisa ci ha offerto: l’accetta-zione dello straniero, del “pagano”, la chiamata al-l’universalismo della salvezza che si contrappone alnazionalismo esasperato ed alla paura da parte delpopolo ebreo di confondersi con altri popoli e perderela propria identità socio-religiosa, è un messaggioche sicuramente ha scardinato le prospettive di fededi Israele di quei tempi e scardina tuttora le nostreprospettive di fede: Dio vuole la salvezza di tutti…la fede non è una prerogativa del popolo ebreo o,oggi potremmo dire, dei cattolici (gli “stranieri” pos-sono avere una fede più salda e più radicata degliisraeliti impersonati da Giona). Tutti quelli che sitrovano implicati nell’azione del libro di Giona allafine sono salvi, segno della misericordia di Dio, acondizione che ci sia pentimento e conversione.Ho cercato di ascoltare quello che questi brani dice-vano al mio cuore, alla mia vita, oltre al significatoche l’autore ha voluto trasmettere, anzi, a fianco diesso, come spesso succede nella lettura delle scrit-ture, perché il bello della Bibbia è proprio questo po-ter ricercare in essa il significato che maggiormentesi addice alla nostra, alla mia realtà, al mio conte-sto, e non esiste un’interpretazione “sbagliata”.Il profeta Giona, che qualcuno ha definito “profetacontrovoglia” (definizione che mi piace molto), è unpersonaggio che ha suscitato la mia simpatia. Permolti aspetti mi ricorda me stessa: la sua indiffe-renza, la sua ritrosia di fronte all’impegno, la sua

paura, il suo bisogno di riconoscimento, la sua ri-cerca di gratificazione per il proprio impegno, il suorisentimento e la sua perplessità nel vedere che Dioelargisce la salvezza secondo criteri non umani enon, quindi, come “giustizia di merito” o comeun’azione destinata solo ai “più bravi”.Si può riconoscere, in lui e nelle sue avventure, unametafora della vita anche attuale, di ogni uomo odonna che fugge di fronte alle proprie responsabi-lità, al proprio mandato, nella convinzione magariche un mandato non esista, che un ruolo per ognunoed ognuna di noi non sia previsto.Spesso il dolore, la tristezza, la noia, l’angoscia, ilmale di vivere, ci fanno perdere il “senso della vita”,la capacità di osare, di progettare, di sognare, di lot-tare…In qualche modo cerchiamo sempre di neutralizzare,esorcizzare ciò che può minare il nostro o altrui (ti-pico il caso dei figli) benessere emotivo, un po’ comeGiona che dorme per non affrontare la tempesta,perché ormai ciò che è essenziale è “sentirsi bene”,fuggire dalla fatica, dalla sofferenza, dal rischio difallimenti o di delusioni, restarne fuori. Ci sentiamovulnerabili e, in quanto tali, facciamo come Giona,che preferisce dormire, rifugiarsi nell’indifferenza,fuggire dalla prova con la realtà.Ma poi succede che, proprio in situazioni difficili, di-sperate, cominciamo, come Giona, a prendere co-scienza della necessità di non fuggire più, di con-frontarci con ciò che Dio ci chiede, di accogliere lamissione unica e irripetibile di cui ognuno/a di noi èdetentore, apparentemente più o meno importante,secondo i nostri canoni di piccoli uomini e piccoledonne. A volte mi viene da chiedermi se quello che sto fa-cendo nella mia vita corrisponde al disegno che Dioha previsto per me: la mia esistenza non è cosparsadi cose eclatanti, ma poi dico anche a me stessa cheforse è sufficiente vivere il quotidiano con l’atten-zione a chi mi sta intorno, non smettere di interro-garmi, cercare di donare senza aspettarmi nulla incambio e senza neppure sentirmi troppo buona, vi-vere al meglio delle mie possibilità, sapendo perdo-narmi le molteplici cadute e le migliaia di volte incui ho sbagliato, soprattutto riponendo la speranzanella capacità di accontentarsi di Dio. Certo dobbiamo fare i conti con la nostra scarsa pre-parazione di fronte alle prove e alle sfide che la vitaci propone, con la nostra incoerenza, con la difficoltàdi andare contro corrente, in un mondo che ci pro-pone immagini sempre più sfavillanti, tali da offu-scarci la vista, e dove la politica, l’economia, l’affida-bilità tecnologica, non riescono a darci la sicurezzaprofonda della quale vivere. L’accettazione del nostro cammino, l’abbracciare ap-pieno la missione del nostro essere al mondo cichiede di cambiare, di convertirci in profondità, didiventare costruttori di un mondo che ha ancorasperanze, di combattere la nostra pigrizia, il deside-rio e la ricerca del potere e dell’autocompiacimento, i

Page 7: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

5LETTURE BIBLICHE

pregiudizi nei confronti del prossimo, non solo stra-niero, le simpatie e le antipatie, il conformismo…Tutto questo non riusciamo a farlo da soli, abbiamobisogno di amici e amiche che ci accompagninolungo la strada, che condividano con noi il cammino,che ci permettano di confrontarci con le nostre fragi-lità; abbiamo bisogno delle Scritture, che meglio diogni altra lettura riescono ad interrogarci, a farci so-stare un momento, perché la nostra vita sia non solovissuta, ma anche pensata, alla luce delle cose in cuicrediamo e che perseguiamo; abbiamo bisogno di Te,o Dio, di sapere che sei capace di versare lacrime dicompassione per ogni essere vivente, di far sorgere ilsole sopra i malvagi e sopra i buoni e far piovere so-pra i giusti e sopra gli ingiusti, di amarci di quel-l’amore che da nessun altro è uguagliato.

Amabile Picotto

Dio si prende cura di tutti; noi no (cap. 3-4)

La quarta scena inizia esattamente come la prima:“La parola del Signore fu rivolta a Giona” ed Egli or-dina a Giona, per la seconda volta, di recarsi a Ni-nive, la grande città, tanto estesa che “ci volevanotre giorni di cammino per attraversarla”… Afferma-zione, questa, davvero un po’ esagerata, ma che ciindica quanto essa fosse “grande davanti a Dio”.Giona adempie al suo incarico senza troppo entusia-smo, la sua predicazione non è molto creativa o eru-dita ma, sorprendentemente, il suo effetto è stupefa-cente: il messaggio del profeta raggiunge gli abitantidi Ninive e la sua distruzione viene annullata.Questa città, citata come sanguinaria e piena di vio-lenza, responsabile di aver deportato gli antenatidel popolo ebraico (profeta Nahum 1, 14 3, 1 2, 10 3,1-19), ha suscitato l’interesse di Dio, che ha a cuorele sue sorti. E, di fronte alle poche parole dell’an-nunzio di Giona, la gente di Ninive crede e tutti,animali compresi, si adoperarono per convertirsi emodificare la propria condotta; anche l’atteggia-mento del re è esemplare, per se stesso e per il benedel suo popolo. Il libro, da me utilizzato, pone l’ac-cento sulla contrapposizione tra il comportamentodel popolo di Ninive e quello del popolo di Dio, cheha ascoltato le parole dei profeti per secoli e giaceancora raggomitolato su se stesso; rappresenta unchiaro ammonimento a non assumere una mentalitàarrogante da “dentro/fuori”, come la definisce il com-mentatore. Il popolo di Dio deve interrogarsi in me-rito al proprio atteggiamento nei riguardi dei popolistranieri, pagani, i diversi e al desiderio di avere“l’esclusiva” del favore di Dio.Dio ha a cuore tutti ed anche noi dovremmo preoccu-parcene e recitare una parte attiva.L’ultimo capitolo presenta un discorso di Giona,aperto e chiuso da brevi frammenti narrativi (vv. 1-5), e un brano narrativo seguito da un discorso delSignore (vv. 6-11). I due discorsi sono di grande im-patto, le parole del Signore sono rivolte a Giona, agliascoltatori del tempo, a tutti/e noi.

Il 4° cap. termina con una morale che rappresentaun grande insegnamento. Giona è molto irritato (ed.originale ebraica: “E Giona fu dispiaciuto con grandispiacere”), sembra non volere che la grazia di Diosi estenda agli assiri, sembra pensare che Dio siatroppo tenero con i peccatori. La misericordia divinadeve essere riservata al popolo di Dio e non estesa atutti.Giona preferisce morire piuttosto che accettare dicondividere l’amore protettivo di Dio con altri.Il Signore si rivolge a Giona con una domanda: “Faibene a irritarti cosi?” e il profeta risponde conun’azione, esce dalla città, si dissocia da essa e os-serva con distacco quello che accade: da tutto quelche sta succedendo Giona vuole “starne fuori” e,anzi, ciò solleva la sua collera. A questa azionefanno da contrappeso tre atti divini: Dio fa crescereuna pianta di ricino per fargli più ombra (e il pro-feta prova una grandissima gioia), fa distruggere lapianta da un verme e fa soffiare da est un vento sof-focante (Giona invoca e dichiara a Dio di volere nuo-vamente la morte). E’ a questo punto che il Signoreammaestra ed elargisce il suo insegnamento al pro-feta, prima di porgli il suo ultimo interrogativo, checontrappone le due situazioni (la distruzione del ri-cino e la distruzione di Ninive). Dio pone a Gionaquesta domanda: “E Io non dovrei avere pietà di Ni-nive?”: in questo contesto il verbo tradotto come“avere pietà” significa letteralmente “piangere inconsiderazione di” (il Signore mosso a lacrime dicompassione non solo per le persone ma anche per ilbestiame).I destinatari originali della storia si possono identi-ficare con Giona e, man mano che il racconto sisnoda, le domande rivolte al profeta diventano sem-pre più domande indirizzate agli ascoltatori: “Vi ri-conoscete nella figura di Giona? Percepite in voistessi i medesimi sintomi da cui è affetto il pro-feta?”. Gli stessi sintomi si possono ritrovare in dueparabole raccontate da Gesù: I lavoratori della vi-gna (Mt 20,1-6) e quella del Padre buono (Lc 15,11-32). Dio emerge come colui che versa lacrime dicompassione per le genti di tutte le grandi città delmondo, come un Dio misericordioso, pietoso, lentoall’ira e di grande bontà e che si pente del male mi-nacciato, un Dio molto paziente anche con chi cercadi ostacolare questo progetto di salvezza universale(Giona).L’unico altro libro profetico che termina con un in-terrogativo è quello di Nahum, dove però la do-manda è accusatoria; l’interrogativo sollevato dal li-bro di Giona, relativo alla stessa città, è rivolto agliascoltatori del tempo, ma anche a chiunque possaaver scoperto nel proprio cuore i sintomi della sin-drome di Giona.Dio ama anche gli oppressori: “Dio che fa sorgere ilsole sui cattivi e sui buoni e manda la pioggia suigiusti e sugli ingiusti” (Mt 5, 45) Atteggiamento cheGesù adottò con Zaccheo, simbolo dell’oppressore diquei tempi.

Page 8: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

6 LETTURE BIBLICHE

Un altro insegnamento è che Dio non necessaria-mente santifica i suoi portavoce e talvolta li sceglieproprio fra i codardi, i neghittosi, i presuntuosi. Trecaratteristiche di Giona, il quale, tutto sommato, sitrova a suo agio nelle situazioni più assurde: nellatempesta e nel ventre della balena (e qui si metteaddirittura a cantare).Ma sarebbe ingiusto non riconoscere a questo pro-feta brontolone anche qualcosa di umanamentegrande: la richiesta di essere gettato in mare perplacare la tempesta e il coraggio, lui extracomunita-rio, di ammonire il re di Ninive. In fondo Giona èuna figura molto moderna, con un’anima conflit-tuale che farebbe la gioia di uno psicanalista.Essere profeti per la città non sembra che significhi

odiare o condannare la città, ma percorrerla per aiu-tarla a non dimenticare, per richiamarla alla suanatura di provvisorietà.Vedo la capanna come “riparo” (senso di sicurezza,la casa, il lavoro, indipendenza economica) dalla ca-lura delle prove, per tutelarsi, sfuggire alle prove.Possiamo costruire le capanne più fresche, le casecon l’aria condizionata, ma non avremo frescurasenza quel “germoglio” fresco mandato da Dio pernoi.Il verme invece come verme del dubbio che intaccala fede nel Signore che ci protegge e noi lasciamo ap-passire il “germoglio” che tiene fresca la nostramente.

Tommaso Speziale

Il sogno di Dio: «Beati i poveri!»Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, glisi avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li am-maestrava dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è ilregno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati imiti, perché erediteranno la terra.Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché sarannosaziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori dipace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitatiper causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beativoi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, di-ranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevied esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Cosìinfatti hanno perseguitato i profeti prima di voi (Matteo 5, 1-12).

Il manifesto del regno di Dio

Il testo delle beatitudini è senz’altro una delle pa-gine più belle e allo stesso tempo più complesse epiù studiate del Secondo Testamento. Si tratta diuna serie di “congratulazioni” che fanno parte di ungenere letterario che più volte troviamo nella Bibbia(cfr. Salmi 1,1-2; 12,12).

Le beatitudini aprono il Discorso della Montagnadel vangelo di Matteo (cap.5-7) e rappresentano inqualche modo il discorso programmatico, il manife-sto del regno di Dio annunciato da Gesù. Egli pro-clama, infatti, apertamente che Dio si schiera dallaparte degli ultimi. «Perché è un Dio difensore diquelli che difesa non hanno in questo mondo» (G.Barbaglio, I vangeli, Cittadella, Assisi 1975, pag.155). Per il nazareno il regno è l’ingresso di Dionella storia per creare giustizia e pace, per quelliche giustizia non riescono ad ottenere, e in questosenso la sua predicazione si inserisce nella lunga

tradizione del profetismo israelitico, come riportatoin Isaia: «Lo spirito del Signore Dio è su di me per-ché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi hamandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a fa-sciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare lalibertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigio-nieri, a promulgare l’anno di misericordia del Si-gnore, un giorno di vendetta per il nostro Dio, perconsolare tutti gli afflitti, per allietare gli afflitti diSion, per dare loro una corona invece della cenere,olio di letizia invece dell’abito da lutto, canto di lodeinvece di un cuore mesto» (Is 61,1-3).

Il discorso delle beatitudini è paradossale, inquieta,muove meccanismi di non facile comprensione.«Gesù si congratula con i poveri, gli oppressi, gli in-difesi, gli emarginati e proclama loro il lieto annun-zio della venuta imminente del regno, cioè che Diosta per intervenire nella storia a rendere giustizia.È paradossale perché di fatto essi vivono in condi-zioni di ingiusto disagio. Eppure egli si felicita conloro. Perché? Non per una mistica esaltazione dellapovertà e della miseria, ma per il fatto che Dio staentrando in azione per toglierli dalla loro condizionedisumana» (ivi). È questo intervento del misteronella storia che sconcerta, che appare ridicolo al-l’uomo di potere. Potrebbero sembrare le parole diun folle, eppure riescono a toccare le realtà più in-time del cuore dell’uomo e, nello stesso tempo, la di-mensione politica, sociale, l’impegno e la presenzadegli uomini e delle donne nella storia.

Le beatitudini possono apparire contraddittorie.Come si può, infatti, affermare la felicità del povero,dell’afflitto, di chi ha fame di giustizia o di chi è per-seguitato? Una condizione di oppressione che viene

Page 9: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

7LETTURE BIBLICHE

però contrapposta ad una promessa di liberazione:di essi è il regno dei cieli. Ma anche una serie dicondizioni di svantaggio esistenziale, come l’esseremiti, misericordiosi, puri di cuore, costruttori dipace, ecc, di fronte ad un mondo dove a vincere è lalegge del più forte, dell’opportunità, della furbizia,dell’arrivismo, un mondo dove molti faticano a tro-vare le forze necessarie per guardare oltre, per an-dare avanti.

Ma, nell’ottica del regno di Dio, ad avere la meglio èchi costruisce rapporti sociali sulla base della non-violenza; chi ha cuore puro; chi con la schienacurva, perché carica di un pesante fardello, si pre-senta davanti alla Sorgente della vita.

Beati i poveri

Nella Bibbia i poveri, gli umili, sono chiamati inebraico anawim: sono i «poveri di Jhwh», quelli cheDio libera. Gesù, nel suo discorso della montagna,avrebbe usato quindi il concetto relativo alla parolaebraica anawim. In greco, la lingua in cui sono statiredatti definitivamente i vangeli, non esiste un ter-mine corrispondente a «poveri di Jhwh» per cui inMatteo la parola anawim fu resa con «poveri in spi-rito», mentre nel parallelo del vangelo di Luca vieneusato semplicemente il termine «poveri» («Beati ipoveri…» Lc 6,20ss).

Per una corretta interpretazione delle beatitudininon possiamo non tener conto del contesto in cuiquesta parola fu pronunciata e, soprattutto, del re-troterra culturale, teologico e storico del popolo diIsraele. Gli anawim, i poveri di Jhwh, sono i direttidestinatari dell’annuncio evangelico (cfr. Is 61, 1-3).

La prima beatitudine: «Beati i poveri in spirito, per-ché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3), quindi, è labeatitudine che in qualche modo riassume tutte lealtre, che ne sono una diretta emanazione: gli af-flitti, i miti, coloro che hanno fame e sete della giu-stizia, i misericordiosi, i puri di cuore, i costruttoridi pace, i perseguitati per causa della giustizia...tutti coloro ai quali si rivolge Gesù e per i quali èdestinato il regno di Dio.

Tuttavia, questi «poveri in spirito» possono farcipensare all’atteggiamento di chi è totalmente dispo-nibile alla volontà del Signore. Rimandano in qual-che modo al dinamismo dello spirito, che è soffio eforza vitale. «In questo contesto acquisisce sensoscegliere uno stile di vita povero. La povertà mate-riale in quanto tale, cioè come mancanza dei beninecessari per vivere con dignità, non è amata daDio» (G. Gutierrez, Condividere la Parola, Queri-niana, Brescia 1996, pag.174).

Il rischio, come più volte dimostrato nella storiadella Chiesa, è quello di spiritualizzare i poveri, direnderli delle creature celesti prive di bisogni mate-

riali. Oppure di effettuare il processo inverso. Rap-presentare chi non è povero come povero in spirito,cioè come un individuo proiettato verso altri mondispirituali e totalmente disincarnato dalla storia (masempre con lo stomaco pieno). Un’altra identifica-zione perversa, che è stata fatta nella storia dellaChiesa e ancora oggi viene presentata in alcuni am-bienti, è: regno di Dio = Chiesa. Come disse uno deipadri del modernismo Alfred Loisy: «Gesù predicò ilRegno e venne la Chiesa».

È per evitare questi rischi che bisogna affermare,con coraggio e chiaramente, che il regno di Dio è peri poveri: «per il semplice fatto di essere poveri, inquanto tali, qualunque sia la situazione morale opersonale in cui si trovino, Dio li difende e li ama, esono i primi destinatari della missione di Gesù»(Puebla n. 1142, cit. in J. Sobrino, Gesù Cristo libe-ratore. Lettura storico-teologica di Gesù di Naza-reth, Cittadella, Assisi 1995, pag. 143). Dio è “parti-giano”, non può non esserlo, e la sua giustizia inte-ressa questo mondo, questi poveri, questi emargi-nati... La sua giustizia interessa la storia, la nostrarealtà quotidiana, e ne segna una svolta decisiva(cfr. G. Barbaglio, Gesù ebreo di Galilea. Indaginestorica, EDB, Bologna 2002, pag. 289).

Noi e i nostri poveriCertamente i poveri sono cambiati rispetto al tempodi Gesù. Ma non sembrano cambiate le condizioniche generano la povertà. Gesù nelle sue beatitudinisi rivolge ai poveri sociali, marginali, che, proprioperché persone di modesta condizione, sono allamercé dei potenti e dei violenti… Egli afferma, conun elenco di temi il cui svolgimento andrà cercatopoi lungo tutto l’evangelo, la felicità di chi – secondoi nostri standard – felicità non può avere:

Felici i poveri,perché a loro favore è il potere regale di Dio.Felici gli affamatiperché da Dio saranno saziati.Felici quelli che sono afflitti,perché da Dio saranno consolati.

Forse si tratta di affermazioni che ci mettono in unacondizione che è anche esistenziale e che ci coin-volge nell’inquietudine, nella sofferenza, nella fede.Si manifesta un’afflizione, perché il regno – dentrociascuno di noi e nel mondo – non è come dovrebbeessere.

Facciamo fatica a vedere questo sogno di Dio nellanostra realtà. E, di fronte alle grandi tragedie, alleingiustizie, alla povertà della maggioranza dellepersone che vivono su questa nostra Terra, di fronteallo scempio ecologico, ai diritti non riconosciuti,alle violenze contro le donne, non potendo farne ameno continuiamo a domandarci: dov’era Dio…? do-v’è Dio…?

Gabriele

Page 10: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

8 LETTURE BIBLICHE

La Passione secondo Matteo: ci interpella ancora?

Matteo 26,14 - 27,66

La liturgia della domenica delle Palme ci propone ilracconto della passione di Gesù, iniziando dal rac-conto del tradimento di Giuda. E’ tutto un susse-guirsi di fatti, raccontati in modo avvincente daMatteo, che mettono in evidenza il rapporto di af-fetto di Gesù con i discepoli, una notevole paura,l’abbandono da parte dei discepoli stessi e, infine, laVia Crucis, dall’arresto fino alla morte in croce permano dei Romani (che non erano certo dei novellininell’eliminare i sovversivi).

Mi ricordo quando, molti anni fa (era la primaveradel 1956...), nelle chiese si incominciò a celebrare“ad experimentum” la liturgia della settimana santain italiano. E quale fu la mia sorpresa nell’ascoltarecon attenzione la lettura della Passione (avevo al-lora 13 anni ed ero anche un bravo chierichetto). Fuuna bella scoperta: finalmente capivo qualche cosadi quello che il prete leggeva all’altare. E poi la let-tura fatta a 3 voci (maschili!!) e una certa coreogra-fia che oggi trovo superata e ridicola...

Una breve premessa

Occorre non dimenticare che i vangeli sono staticomposti parecchi anni dopo la morte di Gesù e,quindi, quello che leggiamo, anche nella liturgiaodierna, non è una cronaca, ma un racconto co-struito su una tradizione orale che, pur rispettandol’evento (Gesù è realmente stato ucciso in croce), hapotuto aggiungere elementi che possono non essereaccaduti.

Dobbiamo anche fugare l’idea della rappresenta-zione della passione che è stata fatta da parte di pit-tori ed artisti. Il fatto, probabilmente, è stato di unadrammaticità molto scarna. I Romani, come truppedi occupazione, non andavano molto per il sottilenell’eliminare i sovversivi o presunti tali, in nome diuna pax che veniva mantenuta con le armi, le vio-lenze e i soprusi. L’uso della crocifissione era uno deimodi di dare la morte, soprattutto ai ribelli e ai mal-fattori, ovviamente non cittadini romani.

La morte di Gesù fu una conseguenza delle suescelte e non per la remissione dei nostri peccati.Così, almeno, nei primi tempi dopo la sua morte èstato letto questo fatto. Il concetto di salvezza attra-verso il sacrificio della croce è una scelta cristologicapiù tarda, che ora da molti studiosi è messa in di-scussione.

Se accettiamo questo messaggio, che è comunquepiù corretto dal punto di vista esegetico e biblico,

tutta la vita di Cristo ci appare sotto una luce di-versa: la scelta dei poveri, l’annuncio di una libertàdel cuore che si può e deve tradurre in una libertàdell’uomo e della donna, una vera giustizia sociale...sono valori che possono “disturbare” i ricchi, i poterireligioso e civile.

L’ultima cena

Era la Pasqua ebraica e Gesù, con i suoi discepoli,celebrava la memoria della liberazione dall’Egitto.Questa cena (il rito dello spezzare il pane e benedireil vino era un’abitudine ebraica) ha un senso pro-fondo di comunione tra i discepoli: Gesù sta per es-sere arrestato e allora diventa importante, in unmomento difficile, condividere con i suoi amici e lesue amiche, che hanno camminato con lui in terradi Palestina, questo spezzare il pane.La condivisione del pane e del vino e, voglio aggiun-gere, la condivisione di un progetto di vita diven-tano un viatico verso una fine tragica e terribile: lamorte in croce. Un momento che prepara ad un falli-mento apparente: il messaggio “esploderà” conforza, lo sappiamo bene, proprio sulle scelte cheGesù ha compiuto per mano di quei discepoli che lohanno abbandonato.

Condividere un progetto di amore, di giustizia, disolidarietà, di condivisione, di scelta per i poveri…Forse le nostre eucaristie lasciano molto a deside-rare: preghiamo con la bocca, qualche volta anchecon il cuore... ma le nostre scelte di ogni giorno sonodecisamente diverse da quello che alla domenica cisiamo detti e dette attorno ad un tavolo, spezzandoil pane nel ricordo di Gesù…

L’abbandono dei discepoli

I discepoli fuggono: hanno condiviso tanto del pro-getto di vita nuova con Gesù, hanno celebrato la Pa-squa con lui e al momento della prova se la danno agambe. Solo le donne osano osservare la scena dalontano… Quanto sono vicini a me, a noi, questi di-scepoli! Di quanti errori, di quante rinunce è costel-lata la mia vita!… Eppure Dio mi accoglie, ci acco-glie, sempre, ci tende le braccia, ci chiede di non sco-raggiarci e di continuare il cammino in Sua compa-gnia.

La Via Crucis

Quanto è simile questa parte del racconto alle ucci-sioni di oggi! Quanti uomini sono stati assassinati equante donne sono state uccise, violentate… soloperché chiedevano diritti, libertà, rispetto!…

Page 11: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

9LETTURE BIBLICHE

Il potere cerca di far tacere con la morte la voce dichi annuncia liberazione. Proprio dal sangue di unprofeta nascono semi di vita nuova, germi di libertà.E’ l’alba di una risurrezione che dà speranza a tantiuomini e tante donne oppresse. E’ la forza del-l’amore che mai nessun potere potrà spegnere.

Non posso non ricordare, in questi giorni, mons. Ro-mero e Marianella Garcia, a 25 anni di distanza dalloro assassinio. Un vescovo e una donna, avvocatadei poveri e difensora dei diritti umani, uccisi en-trambi dal potere per il loro impegno per la giusti-zia, l’amore, la libertà, l’uguaglianza… Noi nonsiamo chiamati a tanto, però qualche scelta un po’coraggiosa nella nostra vita la dovremmo pur fare…

E ora…

Chi scrive si rivede ragazzo vestito con il lungo abitonero e la cotta bianca attorno all’altare della catte-drale della sua città… Da allora sono passati molti

anni e molte Pasque. I capelli si sono imbiancati e ifigli, fatti grandi, sono ormai per la loro strada.

La casa si è svuotata, è diventata fin troppo grande,però con mia moglie, compagna da 35 anni, amiamoricordare le nostre Pasque, la scoperta di quella ri-surrezione che non avrà mai fine, di quella chia-mata a vita nuova che Dio ci dona in continuazione.

Mi sento profondamente grato a Dio del dono diaver ri-scoperto, in un modo diverso, quell’uomo diNazareth che si chiamò Gesù. Quell’uomo che ci haparlato così bene del Padre comune: Dio ci doneràcieli nuovi e terre nuove…

Ci chiede una cosa sola: seguire la strada di Gesùnel segno dell’amore, della condivisione con i più po-veri della carovana, in un grande abbraccio che uni-sca tutti gli uomini e tutte le donne della terra nellaricerca di un mondo altro.

Memo Sales

Giovanni Franzoni, I beni comuni, Edup, Roma2006, pp. 330, € 20,00

Giovanni Franzoni è una testa pensante delcattolicesimo critico (detto anche “del dissenso”).Come abate di S. Paolo fuori le mura partecipò alConcilio. Per motivi di politica ecclesiastica fu re-stituito d’autorità allo stato laicale nel 1976. Èvenuto a Torino il 25 gennaio alla Torre di Abeleper la presentazione di questo suo libro. Ha vo-luto ricordare che Michele Pellegrino una voltaandò a casa sua a Roma a chiedergli «perdono percome ti abbiamo trattato», assumendosi così la re-sponsabilità collegiale, che pure non era perso-nale, di quella vicenda ecclesiastica.

Consiglio di entrare nel libro dal fondo, leg-gendo il dialogo fra Techne e Res (del 2005), cioètra la Tecnica, l’Immaginazione e la Natura, conun intervento del saggio Kant. Questo testo iro-nico e amaro ricapitola i temi trattati da Fran-zoni lungo 35 anni. Nel 1973 con la pastorale Laterra è di Dio affrontava l’appropriazione specu-lativa del territorio a Roma, che implicava ancheistituzioni ecclesiastiche. Pellegrino, che nel ‘72aveva posto con energia il problema della casa aTorino, entrò in dialogo con Franzoni sul tema.Nel 1996 con Farete riposare la terra, in vista delGiubileo, Franzoni proponeva una «moratoriadella crescita illimitata». Nel 2000 Anche il cielo èdi Dio allargava ancora il raggio dell’attenzione,trattando dei diritti della popolazione del pianetaa fruire della ricchezza del sistema solare, controla corsa già iniziata, da parte delle potenze, al-

l’appropriazione dello “spazio esterno”. Così, iltema passa dal suolo urbano alla biosfera all’uni-verso cosmico.

Nelle Ri-trattazioni (2003), ovvero riprese eprecisazioni, Franzoni approfondisce l’esigenzadi un diritto internazionale dei beni comuni, con-figurando l’umanità intera come soggetto di di-ritto, anche in base al fatto che già ora una quan-tità di preziosi beni dell’universo – scoperte fon-damentali come la ruota, la navigazione, la scrit-tura, ecc. – sono eredità indivisa di tutti gliumani, non brevettabile, non privatizzabile. Cosìdeve essere, per esempio, per i medicinali neces-sari. Per lo “spazio esterno” è necessaria una mo-ratoria dell’appropriazione delle cose di tutti.Nelle religioni creazioniste c’è il fondamentodella destinazione universale dei beni, ma hannotutte trovato compromessi con la divisione so-ciale tra ricchi e poveri. Il pensiero femminilepuò apportare un correttivo importante al carat-tere patriarcale-dominativo delle culture tradi-zionali.

Rispondendo a domande dei molti presenti,l’Autore ha riconosciuto che il comunismo, al dilà del sovietismo fallito, ritorna come esigenzauniversale dell’umanità, perché un futuro siapossibile. In questa ricerca c’è una linea reli-giosa, sulla quale le religioni possono elaborareuna posizione comune, e una linea laica, che defi-nisca giuridicamente la titolarità universale deibeni di tutti.

Enrico Peyretti

Un altro comunismo, per un futuro possibile

Page 12: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

10 LETTURE BIBLICHE

Che cos’hanno in comune tra loro

Leggendo i libri dei profeti, ho trovato una costantenella loro vita e nel loro impegno: la passione per ladifesa della gente comune.I profeti si accanivano contro lo sfruttamento deiricchi, contro chi specula con le guerre, contro gover-nanti, giudici e sacerdoti, attaccavano tutti quelliche sfruttano la gente comune. I profeti spesso erano testimoni delle gravi e perfinoinutilmente crudeli sofferenze patite dai poveri,parlavano con rabbia contro le ingiustizie socialiche, i governanti e le amministrazione al potere, fa-cevano subire alla gente, spesso per distrarla dai pe-ricoli della guerra e dalla condizione di povertà,forse per impedirgli di riflettere e per non correre ilrischio che si organizzassero contro di loro.A volte le loro critiche erano dirette soprattutto con-tro i capi religiosi e civili, perché tolleravano queglieccessi per ottenere vantaggi economici per loro.Quando, in certe situazioni, pareva che non ci fosserimasta nessuna speranza, perchè i difensori dellareligione e della moralità erano gli stessi corrotti dalpiacere e dalla cupidigia, la loro fiducia in Dio è l’an-cora che fa sperare in un cambiamento, ciò che dà laforza di impegnarsi per cambiare la situazione.Inoltre, il continuo riferimento al tempio e alle tra-dizioni religiosi, alla giustizia sociale e alle autoritàcivili, fanno del profeta una persona profondamenteinserito nella realtà in cui vive, ma anche con radiciprofonde nella tradizione storica.

Maria Del Vento

Il messaggio dei profeti

I profeti affrontano con coraggio i problemi del lorocontesto sociale e politico, chiamando per nome ognipratica di ingiustizia e indicando la strada per la fe-licità nelle pratiche di giustizia, di amore, di convi-vialità.

Purtroppo l’invito alla conversione è stato manipo-lato. Per non fare che un esempio: come sarebbeoggi il mondo se i papi e i re cattolici avessero prati-cato la propria conversione all’amore eucaristicodella condivisione, invece di costringere con la vio-lenza milioni di indigeni sudamericani a farsi bat-tezzare, come giustificazione “altissima” e inappel-labile della loro politica di rapina e distruzione?!

Il messaggio di speranza lo vedo incarnato nel fattoche questo processo di cambiamento è in atto dasempre in seno all’umanità. Sempre ci sono stati“piccoli resti” di persone resistenti e coerenti; sem-pre ci sono stati profeti e profete... anche oggi. Im-portante è imparare a vedere i piccoli gesti di cam-biamento e di giustizia, praticarli nella nostra indi-

viduale quotidianità e renderli visibili con la narra-zione reciproca. Mi sembra questa la strada che ciindica Gioele nei primi due versetti del capitolo 3:“Io riverserò il mio spirito su ogni carnee diventeranno profeti i vostri figli e le vostre figlie,i vostri anziani sogneranno sogni,i vostri giovani vedranno visioni.Anche sui vostri schiavi e sulle vostre schiavein quei giorni riverserò il mio spirito”.

Davvero la profezia non è una professione esclusivadi qualcuno/a, ma pratica di vita per ogni uomo eogni donna. Vedere, praticare, narrare: così la storiapuò diventare maestra di vita.

Se smettessimo di leggere questi libri come testi “dachiesa” e li inserissimo nelle antologie di letteraturaper le scuole!.. Potremmo parlare di giustizia e diconvivialità delle differenze con ragazzi e ragazze,fin dai primi anni della loro formazione, ricono-scendo che il messaggio profetico è un messaggio dipolitica sociale, che ci rende consapevoli che il cam-mino del creato verso la felicità dipende dal cambia-mento che ciascuno e ciascuna di noi pratica a par-tire da sé, nelle piccole cose della propria quotidia-nità.

Beppe Pavan

L’importanza delle parole (Gioele 1,3)

“Raccontatelo ai vostri figli e i figli vostri ai loro figlie i loro figli alla generazione seguente.”

Voglio cogliere questa esortazione e rapportarla aigiorni nostri.La vedo come un richiamo a dare molta importanzaalle parole, al dialogo con le persone, ma che nonsiano solo chiacchiere; sia un trasmettere pensiericostruttivi, inviti a cambiare le nostre vite per ilraggiungimento di un mondo migliore per noi, per inostri figli e per le generazioni che verranno.

Luisa Grangetto

Giustizia, non culto (Amos 5,4-14)

I brani delle scritture di questa mattina hanno pia-cevolmente animato la discussione del nostrogruppo biblico.A me è parso particolarmente interessante rivisitarequesti passi in una sintetica chiave esegetica, inte-grata anche dai vv. 8-10:“Cercate me e vivretee non cercate Bet-Ele al Galgal non andatee a Beer-Sheba non passate” (v. 4).

Li chiamano minori… ma sono profeti

Page 13: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

11LETTURE BIBLICHE

Da un tono di denuncia e minaccia dei versetti pre-cedenti si passa qui ad un tono di esortazione acco-rata. La ricerca di Dio va intesa in senso pieno: nonsolo come fondamento primario di vita religiosa au-tentica, ma come base insostituibile della pura esemplice salvezza della vita. In opposizione alla ri-cerca delle località di pellegrinaggio, viene indicatacome giusta via la ricerca di Jahvè; si tende quindi amettere in luce l’inutilità degli atti esteriori di cultoattraverso la citazione delle suddette località di pel-legrinaggio. Sullo sfondo rimane sempre lo spettrodell’invasione e della distruzione, per cui resta im-potente ogni tipo di culto.Viene altresì posta in evidenza l’illegittimità deltempio di Bet-El, degradato da “casa di Dio” a “casad’inganno”.Il pensiero che domina allora l’argomentazione cor-rente è quello della maestà suprema di Dio, controcui invano cozzano i peccatori:“Essi che rovesciano in assenzio il giudizioe la giustizia a terra abbattono”(v. 7)ci richiamano la denuncia del sovvertimento dellagiustizia, dove l’assenzio è veleno e la giustizia get-tata a terra esprime la sfiducia che la cattiva ammi-nistrazione della giustizia fa nascere nel popolo.“Colui che fa Pleiadi e Orionee che sovverte in mattino l’ombra di mortee il giorno in notte o tenebraè lui che chiama le acque del maree le riversa sulla faccia della terra:Jahvè il suo nome.E’ lui che folgora sopruso sul violento, e sopruso sopra la fortezza arriva” (vv.8-9)In queste parole è facile individuare i capi di Israelein atteggiamento religiosamente empio e politica-mente insipiente.In prosecuzione, dal v. 10 al v. 13 compreso, viene ri-preso il tema generale della giustizia, con una con-seguente denuncia dell’ingiustizia, vista da tre di-verse angolazioni.La prima ha come argomento l’insofferenza controla corretta amministrazione della giustizia: ve-diamo gli empi, moralmente corrotti, che vendono ilgiusto e lo comprano per un prezzo da nulla, con laconseguente corruzione di giudici e testimoni.La seconda angolazione associa alla denuncia delleingiustizie verso i poveri la minaccia del castigo.Quindi la nuova colpa denunciata è l’estorsione, concui i latifondisti sottraggono ai fittavoli i prodottiagricoli necessari alla loro sopravvivenza.La terza angolazione allarga il quadro delle primedue e ne approfondisce la valutazione religiosa. Chiparla è Jahvè e il suo rimprovero verte sull’infedeltàche fa scaturire un concetto di superbia.La conclusione, per bocca del profeta, va per una va-lutazione alla luce della religione tradizionale edautentica. Amos non è in discussione solo con Dio econ se stesso e l’esortazione“Cercate il bene e non il maleaffinché viviate” (v. 14)

è condizione di vita per una condotta moralmentecorretta, per una vita pura e semplice nel suo signi-ficato totale. Questa parte del testo profetico è unesempio di purissima dottrina morale e religiosa, af-fermando che la vera moralità si trova solo all’in-terno della religione e questa è l’unica fonte di mora-lità. La ricerca di Dio viene quindi equiparata esclu-sivamente alla ricerca del bene.

Luciano Ferretti

Praticare e predicare (Amos 5)Le religioni non sono servite a molto, non hannodato e non danno buona prova di sé: passano i mil-lenni e siamo sempre lì, a rifiutare la convivialitàdelle differenze, a creare conflitti per arricchirci, adaffrontare i conflitti con la violenza e la guerra, a do-minare, saccheggiare il creato...Addirittura il religiosissimo Bush, che parla di “benee male” quasi come Amos, dichiara di voler finire“alla grande” il suo mandato presidenziale, ma, in-vece di organizzare, per dirne una, il sevizio sanita-rio a favore di tutta la popolazione USA, minaccia laterza guerra mondiale, addossandone la responsabi-lità ad altri, naturalmente... Proprio alla grande,non c’è che dire!E noi? Siamo sempre lì, ad invocare profeti, messia,leader... La religione ci ha educati/e ad aspettare ilmessia e ad adorarne i vari vicari in terra. L’agnellodi Dio che toglie i peccati del mondo può diventare,di volta in volta, “sua santità”, “l’uomo forte”, il“duce”...Perchè, piuttosto, i ricchi non cambiano, pur dichia-randosi spesso “religiosi”? Perché, a mio avviso, lareligione viene predicata e praticata come consola-zione per i poveri, non come invito alla conversione,al cambiamento di vita, anche per loro, nonostante imessaggi inequivocabili contenuti nei Vangeli; per-ché Dio e la “sua legge” sono parole vuote per loro...;perché i capi religiosi, a cui baciano la mano ognivolta che c’è una telecamera nei paraggi, non prati-cano e non predicano la giustizia con la consapevo-lezza profonda e la coerenza di vita che sembranoproclamare a parole.Io credo, come abbiamo condiviso nel gruppo, che lasoluzione non stia nel desiderare di avere sempre unprofeta a disposizione (che brutta fine hanno semprefatto!), ma che ogni uomo e ogni donna “profetiz-zino”, come dice anche il profeta Gioele. Cioè parlinoil linguaggio della giustizia e dell’amore, quello chechiamiamo la “legge di Dio”, e lo pratichino in primapersona, a partire da sé. Come ha fatto Gesù: prati-care e predicare. Non dire sempre “Dio Dio Dio...” ecitare brani biblici a memoria. Non partecipare allecelebrazioni facendo numero...Allora il mondo potrà cambiare: a poco a poco l’in-giustizia del patriarcato lascerà spazio all’ordinesimbolico materno, che aiuterà donne e uomini a co-struire sistemi sociali in cui tutte le diversità sianoriconosciute e amate, come la madre ama ogni figlio

Page 14: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

12 LETTURE BIBLICHE

e ogni figlia, per quanto brutti, deformi, cattivi...siano; in cui ogni uomo e ogni donna riconosca e rin-grazi la Sorgente della vita per essere al mondo,amato/a e sostenuto/a dalla compagnia solidale ditutti e tutte.

Beppe Pavan

Conversione è cambiare il nostro modo di stare al mondo(Amos 5,14-15; 23-24)

La sintesi di questi richiami è: convertitevi! Che nonvuol dire cambiare religione, ma cambiare radical-mente il modo di stare al mondo. E’ un po’ il ri-chiamo che dalla notte dei tempi ci giunge a ricor-darci che alle parole e alle lodevoli intenzioni non se-guono i fatti: giustizia, amore, accoglienza, rispetto,solidarietà... non solo rimangono spesso parole, manella realtà si fa esattamente il contrario.Quando Gesù operava (e i vangeli ce ne danno am-pia testimonianza) guarigioni, insegnamenti, segnidi liberazione... era oggetto di critica, quando non diaperta avversione. Segno evidente che sotto c’eradell’altro. Il Maestro, infatti, rappresentava un peri-colo per il potere religioso costituito e quindi andavain ogni caso contrastato, qualsiasi cosa lui facesse.Non trovo poi tanta differenza dal comportamentoche c’è in politica e non solo. Cerco di spiegarmi. Ciòche la Sinistra propone o realizza, la Destra lo cri-tica e respinge. Stesso discorso quando le parti sonoinvertite. Appare evidente che con questi comporta-menti il più delle volte si mettono in secondo pianogli interessi della collettività, per privilegiare quellidi bottega o personali. Le eccezioni non mancano,ma sono proprio eccezioni.Finché non si cambierà il modo di stare al mondo,per quanto mi riguarda partendo da me uomo, ma-schio, appartenente a quel genere responsabile dellamaggior parte dei disastri dell’umanità, il richiamoche Dio ci fa giungere per bocca di Amos rimarràcome acqua che scorre e va.

Domenico Ghirardotti

Praticare la giustizia

Piuttosto scorra come acqua il diritto e la giustiziacome un torrente perenne (Amos 5,24)Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò cherichiede il Signore da te : praticare la giustizia,amare la pietà, camminare umilmente con il tuoDio. (Michea 6,8)

Che cosa significa per noi, per me, oggi, praticare lagiustizia?Questa domanda, che mi ritornava leggendo i pro-feti, con la loro insistenza sulla pratica della giusti-zia, è rimasta aperta dentro di me...Al messaggio dei profeti vorrei aggiungere un’otticaquasi assente, o perlomeno non esplicitata nel loro

tempo e invece molto viva oggi. Nell’analisi delle in-giustizie non ho trovato l’oppressione subita dallamaggioranza delle donne. Amos, ad es., ha visto inalcune di loro, poche, ricche e potenti, il peccatodella sopraffazione, mentre sembra non accorgersidelle molte altre povere, calpestate nella realtà.Quando annuncia il suo giudizio di condanna e l’im-minente sconfitta militare, sembra non pensare chesarebbero state proprio loro a subire lo stupro diguerra, il saccheggio e l’esilio.Di recente sono rimasta colpita dal racconto diun’avvocata che diceva che quasi tutte le donne vio-lentate che si rivolgono a lei non chiedono pene se-vere, carcere, castrazione o altro per i loro violenta-tori, ma soltanto che questi non commettano più si-mili violenze né contro di loro né verso altre donne.Allora, consapevole di questo sguardo, penso chepraticare la giustizia mi richieda una maggior curaper la vita, un impegno nella pratica di amore, diaccoglienza e di misericordia, strada che a volteesige trasgressione e disobbedienza... e spesso va aldi là della legge e del senso comune.E’ una prospettiva che mantiene aperta la ricerca, ilcambiamento e la provvisorietà, e che non si esauri-sce in solitudine, ma richiede ascolto e relazione contutte e tutti coloro che si impegnano a praticaresempre di più la giustizia.

Carla Galetto

Dio non ci chiede l’impossibile (Michea 6,3 e 8; 7,2)

Mi fanno riflettere tre versetti dei capitoli di Mi-chea e precisamente i vv. 3 e 8 del cap. 6 ed il v. 2 delcap. 7, che sono poi dei richiami comuni a tutti iprofeti. Nel libro Dio non usa toni minacciosi o arroganti,come invece succede nella società in cui viviamo; lopossiamo leggere nel v. 3 del cap. 6: “Popolo mio, checosa ti ho fatto? In che cosa ti ho stancato? Rispon-dimi”.In fondo Lui non chiede cose impossibili, che nonsiano nella nostra natura di uomini e donne, macose che ci ha già insegnato e ci insegna sempre: lagiustizia, l’amore, l’umiltà, come si legge nel v. 8 delcap. 6.Il v. 2 del cap. 7 dice: “L’uomo pio è scomparso dallaterra, non c’è più un uomo giusto tra gli uomini”.Facendo salvi pochi uomini umili, gli altri sono uo-mini assetati di potere, uomini che violentano ledonne e che deridono, senza distinzione di genere,quelli che sono diversi da loro, diversi ideologica-mente, diversi perché omosessuali, diversi perchépoveri economicamente e poveri culturalmente.

Ugo Petrelli

Giona è uno di noi

Tra i libri letti, quello di Giona è quello che più mi èrimasto impresso. Forse perché è una figura inven-

Page 15: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

13LETTURE BIBLICHE

tata e non mi fa confrontare con un individuo con-creto, ma con un personaggio al quale posso daremolti volti, compreso il mio, un personaggio dalquale prendo a prestito parole ed azioni.Mi aiuta a non “mitizzare” le persone, anche le piùbrave e capaci, mi aiuta a leggere dentro le loro ana-lisi ed esortazioni l’unico ispiratore: Dio.Se da un lato le parole di Gioele “effonderò il miospirito sopra ogni CARNE” mi portano alla consape-volezza, alla responsabilità di tutte e tutti noi, dal-l’altro lato il continuo fuggire di Giona mi ricorda lariluttanza, la paura, l’inadeguatezza che sono com-pagne delle nostre fughe, delle nostre chiusure e de-pressioni.Inoltre la domanda finale è il continuo interrogarsisulla bontà e misericordia di Dio. L’autore sa chenon si può dare una unica e definitiva risposta: lamisericordia di Dio per la vita è oltre il nostro conce-pire e ogni volta che osiamo rispondere è un tenta-tivo per comprenderla.

Luciana Bonadio

Toccare il fondo per risalire

Nella lettura dei profeti minori, il libro di Giona haattratto particolarmente la mia attenzione inquanto, più che le argomentazioni di un profeta, è, amio avviso, un condensato compendio di medicina e,in particolare, di neuropsichiatria, mascherato concitazioni allegoriche.Siamo dinnanzi alle classiche manifestazioni com-portamentali di un depresso, cioè del momento incui la serotonina viene secreta in dosi troppo bassedai neurotrasmettitori del cervello umano e allorascatena una crisi esistenziale; essa si manifestaprima con mancanza di reazione, con l’abbandono aun sonno d’oblio; per passare poi a una fase di vo-lontà autodistruttiva ed autocolpevolizzante.L’individuo deve pertanto scendere giù nel buio piùprofondo (la crisi ha normalmente la durata di 3-4giorni) sino a toccare il fondo (il ventre della ba-lena), per trovare - e purtroppo non sempre si riesce- la forza di risalire, di togliersi di dosso la sensa-zione di essere circondato da un abisso d’acqua.Si va, infine, incontro ad un’ultima fase di apertacrisi mistica, nella quale vengono messe in discus-sione anche le più elementari verità, soprattutto dicarattere sociale e religioso.Se si riesce ad uscire da questa impasse, decade larichiesta a Dio di ottenere presto la morte (visionedella vita di un giorno della pianta di ricino) e a ri-trovare la fede perduta… altrimenti la catena è de-stinata a ripetersi… talvolta con risultati decisa-mente devastanti.

Luciano Ferretti

Il Dio del ricino (Giona 4,10-11)

Il Signore disse: «Tu hai pietà del ricino per il qualenon ti sei affaticato, che tu non hai fatto crescere,

che è nato in una notte e in una notte è perito; e ionon avrei pietà di Ninive, la gran città, nella qualesi trovano più di centoventimila persone che nonsanno distinguere la loro destra dalla loro sinistra, etanta quantità di bestiame?»

Questi due brevi versetti hanno catturato la mia at-tenzione, durante la lettura del libro di Giona. Miregalano una bella immagine di Dio, molto materna.Come dice Suor Cristiana Dobner nel suo articolo suConfronti: un’immagine di quel “Dio che è utero,perché genera, accoglie, dona vita e, soprattutto, saridonare nuova vita col perdono continuo”. Un’im-magine di Dio che è il Dio del creato in senso com-prensivo, cioè il Dio del piccolo e insignificante ri-cino, delle persone e di tutti gli animali. Ma la crea-zione affatica, perché deve crescere e va seguitapasso passo, teneramente e compassionevolmente. Questo è lo sguardo misericordioso di Dio che stanella vita e accompagna la vita. E l’eco della sua mi-sericordia vibra nella creazione e in ogni cuore. E’ lamusica della bontà del creato. A questo dobbiamoaggrapparci, destare i sensi e ascoltare.Solo se riusciamo a scorgere dentro di noi lo sguardomisericordioso di Dio possiamo faticosamente impe-gnarci ad accogliere e ad accompagnare la vita esolo questa melodia ci può avvolgere nell’abbracciodel perdono che rigenera, che dà nuova vita.È una pratica faticosa: ama il tuo prossimo come testesso; guarda la trave che è nel tuo occhio primadella pagliuzza che sta nell’occhio del fratello; sca-glia la prima pietra solo se non hai peccato.E’ una pratica che non ci risparmia il lavoro di con-versione, di interrogazione profonda, di trasforma-zione di noi stesse/i, di uno sguardo critico sulmondo, ma ci consente di convivere con la nostra co-mune umanità, con le nostre zone d’ombra, senzarestare schiacciati dal peso, a volte insopportabile,dei nostri limiti,dei nostri errori, della nostra igno-ranza e distruttività.Ma è anche una pratica che ci riconduce all’essen-ziale, a una pace ritrovata e alla libertà di essere ciòche si è.

Doranna Lupi

Page 16: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

14 LETTURE BIBLICHE

Fiducia, speranza, gioiaSalmo 4

Questo è un salmo di fiducia nei confronti di Dio. Ilv. 4 dice: “Sappiate che il Signore fa prodigi per ilsuo fedele, il Signore mi ascolta quando lo invoco”.Dio non si dimentica di chi lo invoca, di chi si affidaa Lui, questo è il messaggio principale del salmo.Spesso noi lo invochiamo per chiedere il suo inter-vento. Moltissimi chiedono miracoli e guarigioni daimali del proprio corpo. Milioni di persone non invo-cano direttamente Dio, bensì le varie madonne ap-parse o piangenti oppure i “Padre Pio” di turno. Secosì fosse per me, credo che perderei la fede in Dio,perchè mi chiederei come mai, a fronte di poche pre-sunte guarigioni, milioni e milioni di persone nonottengono miracoli. Perchè a me no? Questo è ilgrido che spesso lanciamo. Pertanto, non credo cheda Dio dobbiamo aspettarci guarigioni miracolose.A me basta sapere che Dio mi accompagna lungo ilcammino; nei momenti di difficoltà so che Lui cam-mina al mio fianco e mi sorregge.Un altro bel messaggio che ci lancia il salmo è cheDio veglia sul nostro riposo. Ci viene chiesto di pla-carci e di riflettere, quando ci corichiamo alla serasul nostro giaciglio e la nostra mente, libera final-mente da tutte le preoccupazioni, da tutte le coseche ci hanno frastornato nella giornata, può medi-tare e riflettere sul senso delle nostre azioni. In queimomenti di silenzio e di meditazione possiamo vera-mente metterci di fronte a Dio e riflettere se ab-biamo fatto ciò che Lui vuole da noi. Dobbiamo chie-derci se abbiamo riempito il nostro corpo di cose im-portanti oppure se è rimasto vuoto e così, come cidice il brano appena letto di Matteo, viene invasodagli spiriti maligni.Un altro pensiero, che ritengo molto bello, di questosalmo è che Dio ha messo più gioia nel mio cuore diquanto abbondino vino e frumento. Questi due cibisono da sempre citati nella Bibbia come segno di ab-bondanza: pensiamo all’uva e al vino citati in mol-tissimi brani e all’importanza del frumento che di-venta pane, cibo fondamentale per la vita degli es-seri umani. Eppure, di fronte a tale abbondanza,Dio ci dà ancora di più: ci riempie il cuore di gioiaaffinché possiamo, a nostra volta, trasmetterla aifratelli e alle sorelle che ci circondano.Il bel messaggio di questo salmo è che dobbiamo in-vocare Dio nella nostra preghiera quotidiana con lacertezza che Lui interviene nella nostra vita neimodi che ritiene più opportuni. Dio non ci abbando-nerà mai.

Franco Galetto

Salmo 126Questo salmo ancora una volta vuole dimostrarcil’amore che Dio nutre verso di noi e verso tutta

l’umanità, in quanto mette sulla retta via i prigio-nieri, gli infermi e coloro che sono socialmente evi-tati. Dio non guarda con le lenti offuscate dal “pre-giudizio”, ma accompagna tutti verso la salvezza.Ecco, fratelli: questo ci deve far riflettere e, soprat-tutto, ci deve far capire che noi, se confidiamo inDio, non siamo mai soli, in quanto Dio farà di tuttoper ricondurci sulla strada giusta e per riempire lanostra bocca di risa e di gioia.Questo salmo biblico ci insegna che, anche se ve-diamo solo nero e non vediamo via d’uscita, come delresto, purtroppo, mi è capitato in questo periodo,Dio, se crediamo in Lui, ci aiuterà e, soprattutto, ciaiuterà a ritrovare la felicità e la gioia che avevamoperduto.Appunto il salmista ci insegna che: “Quelli che se-minano con lacrime, mieteranno pure con grido digioia”.Con questo mio intervento chiedo perdono a Dio, amia madre e a mio padre, al mio amore Massimo, atutta la comunità di base di Pinerolo, alla Scala diGiacobbe, di cui faccio parte, per aver dubitato diDio e aver perso la speranza in un momento per memolto difficile della mia vita, dove tutto sembravafinito e invece tutto doveva ancora iniziare.In questi giorni di grande sofferenza mi sono ag-grappato con tutte le mie forze alla fede per cercaredi guarire e, come ci suggerisce il salmo odiernoscelto per la predicazione domenicale, colui che im-mancabilmente esce piangendo immancabilmenteverrà con grida di gioia, portando i suoi covoni; que-sto per dimostrarci, fratelli, che Dio veglia su di noie mai ci lascerà soli. Quindi, se siete in un momentodi sconforto, di tristezza, di emarginazione, pensateche qualcuno vi ha dato la vita e qualcuno sempre viaiuterà, e che la vita donata mai e poi mai può es-sere buttata via solo perchè la società ha “pregiu-dizi” e guarda la nostra condizione di gay come unamalattia mentale e come qualcosa da evitare.

Emanuele

Ciò che più mi ha colpito del salmo 126 è il versetto:“chi semina nel pianto mieterà nella gioia!”.In questa frase è racchiuso il senso del messaggioche il Signore vuole trasmettere a tutti: un messag-gio di incoraggiamento rivolto alle persone che ognigiorno sono messe di fronte agli ostacoli della vita,un’incitazione a perseverare, a credere nel miracoloanche quando sembra impossibile. Questo salmoquindi ci suggerisce di non interrompere le nostrebuone azioni davanti alle difficoltà. Chi ha fede in Dio, ha fede in se stesso. Chi seminaamore triplicherà il suo raccolto, poiché con il suoesempio aiuterà gli altri a vedere oltre e ad amarsi,così che tutti potranno raccogliere gioia e insegnarea loro volta l’amore.

Page 17: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

15LETTURE BIBLICHE

La fede nel Signore trasforma i sogni in realtà,come le sorti di Sion. E’ così che il nostro Padre harisvegliato i torrenti nel deserto. Paragono i torrentidel deserto alle persone aride, avare e incattivite,individui che non credono alla gioia del Dio Padre eosservano increduli e giudicanti l’operato dei fedeliche, nonostante la fatica e le controversie, conti-nuano la loro opera di bene. E’ così che chi ha seminato nel pianto mieterà nellagioia. I sorrisi dei fedeli, allora, risplenderanno suiloro volti e li renderanno ricchi nel cuore e nello spi-rito.

Adriano

Anche a me ha colpito il verso “chi semina nelpianto mieterà nella gioia!” e, allo stesso tempo, lanumerosità dei verbi che indicano il movimento:cambiare, fare grandi cose, risvegliare, seminare,mietere, camminare, tornare, cantare. Mi sembraquindi che questo salmo sia un invito a non fer-marsi, a non arrendersi agli eventi che ci provocanodolore, perchè anche questi ultimi cambiano. Piangere di dolore è un’azione naturale, ma occorrestare attenti a non trasformarlo in sterile dispera-zione. Tutti sappiamo cosa è veramente il dolore,ma cristallizzarsi su di esso significa renderlo sem-pre attuale e insuperabile. La fede nell’amore di Dioci rassicura e ci protegge dalla disperazione; infatti,il pianto di chi ha fede in Colui che può cambiare lesorti e fare grandi cose è un tenero e umano segnodi umiltà. Seminare nel pianto è un inno alla vita oltre ad es-sere una manifestazione di fede. Ecco allora che ilpianto può divenire una pioggia benefica, che laval’anima e la prepara alla gioia del raccolto. Seminare vuol dire creare il futuro e assaporarlogià nel presente, vuol dire rendersi costantementefecondi. Nel dolore dimentichiamo quanta gioia c’è per noi,ma l’amore di Dio, che è per tutti, è un conforto e unincoraggiamento. Anche nel dolore più profondo nonsmettiamo quindi di amare la vita e dimostriamolospargendo non solo lacrime ma anche semi, azionipositive. Dio ci assicura un raccolto che ci colmeràdi gioia... e del suo amore possiamo fidarci.

Doriana

Salmo 127

I Salmi dal 120 al 134 portano il titolo di “Cantidelle Ascensioni”, forse un rimando al pellegrinag-gio a Gerusalemme del pio Ebreo per le 3 solennitàdi Pasqua, Pentecoste e Capanne. La città Santa sitrova su una altura a 800 metri di altezza e per rag-giungerla bisogna salire, andare su, verso l’alto,verso Dio.In questo salmo, in particolare, si evidenzia che lacittà può crescere ed essere stabile solo con la prote-zione divina e che la discendenza, in una famiglia, ègarantita dalla benedizione del Signore.

Veniamo adesso ad ogni singolo versetto.Il primo: noi possiamo impegnarci, lavorare sodo,avere gli strumenti, le tecniche per costruire lacasa, ma abbiamo bisogno del sostegno del Signore.Allo stesso modo, alla città non basta il solo custode,se non è il Signore a provvedere alla protezione.Il secondo versetto: gli sforzi umani, la sveglia mat-tutina e il coricarsi a tarda sera per riposare nonsono sufficienti per garantirci il pane, il frutto dellanostra quotidiana fatica. E’ il Signore che dona ilcibo a coloro che si affidano a Lui. Lo sforzo spettaall’uomo, mentre il risultato è dono di Dio.Il terzo versetto: anche la nascita di un figlio è donodel Signore.Nel quarto si mette in evidenza la ricchezza di averemolta prole, credo maschile.Nel quinto versetto si parla di “faretra” (termine cheindica la guaina dove vengono riposte le frecce uti-lizzate dagli arcieri) e, quindi, dell’importanza diuna prole abbondante, perché un grande numero difigli maschi dà più potere, permette di sfidare il ne-mico più facilmente.Sono sempre più convinto che spetta a me ognisforzo per vivere il presente e costruirmi un futuromigliore. Il risultato dei miei sforzi lo attribuisco aldono che il Signore mi fa. Ragionando in questomodo sulla mia personale fatica non creo aspetta-tive, perché gli sforzi non sono fatti allo scopo di unrisultato finale certo. Questo atteggiamento è libe-ratorio, in quanto mi permette di utilizzare al me-glio le mie potenzialità e di non sprecare energie nelpensare al risultato che conseguirò.Se dagli altri sarò aiutato a compiere lo sforzo, il ri-sultato potrà essere ancora migliore e tutto ciò saràun dono del Signore. A questo punto avrò solo daringraziarLo.Aver fiducia in Dio non vuol dire che mi deresponsa-bilizzo, facendo le cose senza criterio, ma che sonopiù libero e posso lasciare anche più libertà agli al-tri per le loro scelte, non avendo come fine dei mieisforzi il solo risultato che oggi non conosco, ma chesarà il dono che riceverò domani dal Signore.

Roberto

Questo salmo esorta il popolo di Dio ad AFFIDARSIall’amore del Padre. Sottolinea quanto sia inutilepensare di essere autonomi su questa terra. Ma noiuomini siamo portati a sentirci protagonisti unicidella nostra vita, pensando DIO lontano dalla re-altà. Spesso si pensa che, se le cose vanno male, ècolpa della sfortuna e, se vanno bene, è perchè si èfortunati. Anche per il credente affidarsi alla vo-lontà di DIO a volte è difficile, soprattutto di frontead un lutto o a qualcosa di triste. Inoltr,e a noi es-seri umani è stata donata da DIO la capacità di es-sere i principali protagonisti della vita di questoPianeta, spesso però ce ne dimentichiamo e ci com-portiamo da padroni scellerati, inquinando e mal-trattando questa terra. Ma il nostro NON AFFI-DARSI (sottolinea il salmo) non è solo per quanto

Page 18: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

16 LETTURE BIBLICHE

attiene a ciò che è materiale, ma riguarda anche lanostra stessa vita: ci viene difficile pensare che, seal mattino apro gli occhi ad un nuovo giorno, lo devoa DIO, al suo amore per noi. Io per anni ho soffertodifficoltà economiche, depressione... mi distruggevoper vivere i miei giorni. Pregavo, ma le preghiereerano vuote, non mi sostenevano. Un giorno, reci-tando il PADRE NOSTRO, mi fermai per caso a ri-flettere sulla frase “SIA FATTA LA TUA VOLON-TA’”. In quel momento capii che per tanti anni avevosbagliato tutto, che non affidarmi alla sua volontàaveva significato non vivere la vita. Oggi con l’aiutodi DIO ho trovato la serenità, mi sono accettatocome mi ha creato, perchè so che lui mi vuole così.Ho due figli meravigliosi e sento che Dio è vicino ame e alla mia famiglia. Il mio primo pensiero delgiorno va a DIO e non chiudo gli occhi se non lo rin-grazio per la giornata trascorsa.Ti ringrazio, SIGNORE, perchè mi ami per quelloche sono, perchè mi sostieni nelle difficoltà e perdonile mie fragilità umane. Un abbraccio a tutti.

Giuseppe

Salmo 127 e Mc 4,26-29

Il lavoro; la costruzione della casa; i figli. Anche lecose di cui sembra più chiaro che l’autore è l’uomo,in realtà non sono completamente sue. Anche questesono doni di Dio. Non siamo noi i creatori, neppuredelle cose che sembra più evidente che siamo noi afare. Ti spacchi la schiena a dissodare la terra, a se-minare, a raccogliere, ma il grano non l’hai fatto tu:infatti, se butti un seme, la terra produce la piantaanche se tu non fai nulla. Come monito a non mon-tarci la testa, a non crederci creatori potenti, a ricor-darci di Dio e di ringraziarlo, perché c’è bisogno chela Sua opera completi la nostra, affinché questa nonsia vana.

“Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cri-sto Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cri-sto, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più giudeo négreco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomoné donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù”.(Gal. 3, 26-28)

Guardando all’intera lettera ai Galati (come conte-sto dei versetti letti), per Paolo la fede in Cristo ci haliberati dalla schiavitù alle prescrizioni della legge. Igiudeo-cristiani più intransigenti, tra i Galati, vole-vano ripristinare in particolare la circoncisione el’osservanza di certi tempi e giorni, imponendole ainuovi convertiti. Un sistema di regole offre maggioresicurezza psicologica; tale tendenza si può riscon-trare in ogni epoca. Le tre coppie di opposti del ver-setto 28 vivono in un rapporto di supremazia da unaparte e sottomissione dall’altra. Col battesimo e lafede cristiana le divisioni vengono superate dall’ap-partenenza a Cristo; tutti insieme formano la comu-nità, a cui collaborano alla pari.

Le tre coppie hanno però valenze diverse: la prima,giudeo-greco, riguarda la formazione della comu-nità, composta appunto da persone di origineebraica e altre ellenistica. La seconda, schiavo-libero, delinea una situazionemolto più complessa, perché riguardava tutta la so-cietà. Forse anche per questo, il messaggio evange-lico non è stato così efficace nell’abolizione dellaschiavitù come per la prima coppia di opposti. Non èchiaro infatti se uno schiavo dovesse cercare di di-ventare libero, o rimanere tranquillamente nel suostato di schiavitù e rallegrarsi della sua libertà spi-rituale e della sua piena partecipazione alla comu-nità cristiana; o comunque i cristiani nella storiahanno avuto posizioni differenti in merito a questoproblema.La terza, maschio e femmina, pone una questioneancora più forte, perché non tratta “soltanto” dellacostituzione della comunità e del cambiamento distrutture sociali, ma chiama in causa ogni singolapersona, essendo l’unica coppia di contrari che inte-ressa tutti gli esseri umani. E la resistenza dellaparte dominante è ancora più forte.Nel testo originario pare ci sia la congiunzione “e”, adifferenza delle altre due coppie, che indicherebbeun legame forte tra maschio e femmina nel loro rap-porto reciproco nella società. Quindi Paolo esorte-rebbe a non tener conto dei ruoli sociali di genereper far parte del movimento cristiano: il patriarcatonon dovrebbe essere costitutivo di esso. Una forzarivoluzionaria di questo testo, tenuta ben nascostadalle istituzioni, dato che tuttora la famiglia è cele-brata come cellula primaria della chiesa.Per attualizzare il testo si dovrebbe prendere inconsiderazione, oltre alla liberazione della donna (edell’uomo) dal maschilismo, anche altri rapporti disupremazia da una parte e soggezione dall’altra: re-sidenti e immigrati extracomunitari, bianchi e neri,eterosessuali e omosessuali. Le differenze tra le persone, nella comunità dei fe-deli prima di tutto, ma anche nella società, sonodoni che vi portano ricchezza, non possono e non de-vono far nascere divisioni.(Per questa riflessione ho tratto spunto da “Una co-munione nella reciprocità” di Marga Bühring, in“Riletture bibliche al femminile”, ed. Claudiana).

Matteo S.

Salmo 131

Canto delle ascensioni. Di Davide. Signore, non siinorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia ilmio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, supe-riori alle mie forze. Io sono tranquillo e sereno comeun bimbo svezzato in braccio a sua madre, come unbimbo svezzato è l’anima mia. Speri Israele nel Si-gnore, ora e sempre.

Il salmo 131 è un piccolo inno di fiducia in Dio: l’im-

Page 19: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

17LETTURE BIBLICHE

Discendere dal monte in cerca di Dio

magine che lo regge è quella di un bimbo che s’ag-grappa sereno alla madre, fonte della sua vita edella sua sicurezza. Non si tratta, però, di un abban-dono “primitivo”, perché il Salmo parla di “bimbosvezzato”, probabilmente portato sul dorso, come èd’uso in Oriente. Si ha, quindi, un’intimità più co-sciente, che rivela un legame assoluto e pieno traDio e il credente.Che gioia poter leggere le parole di questo salmo epoterle oggi fare mie. In passato, invece, non è statocosì. Sono cresciuto in una famiglia cattolica, anchese non praticante, in quanto i miei genitori il sabatoe la domenica lavoravano. Ho frequentato il catechi-smo e assistevo all’ora di religione a scuola. Però mirendevo conto che fin da bambino mi era richiesto diessere un bravo “soldato” ubbidiente. Dovevo ese-guire gli ordini anche se chi li imponeva (genitori,insegnanti, parroci, chiunque altro) non dava certoil buon esempio. Inoltre tutti mi dicevano che Diosapeva già tutto, ciò che pensavo, ciò che facevo... in-somma, ero in gabbia, mi sembrava di essere in ca-serma, dove si obbedisce senza fare domande. Nonpotevo permettermi di esprimere la mia collera néaltri sentimenti negativi. Ero represso e col temposono diventato depresso.Da ragazzo il mio corpo si è ammalato e non vedevovia d’uscita. Quando ho toccato il fondo, barcollavonel buio e a tentoni ho cercato un’altra strada dapercorrere. Ho trovato, navigando su internet, la no-tizia che Franco Barbero era stato dimesso dallo

stato clericale a causa delle sue posizioni nei con-fronti dei separati, divorziati, di chi ha un orienta-mento sessuale “disordinato” e che, Comunità cri-stiana di base di Pinerolo, accoglieva questi “disgra-ziati”.Mi sono sentito uno di loro. Sono gay. E vi sono ap-prodato come fossi un naufrago. Questa comunitàprima di tutto ha accolto Roberto. Ho ricevuto cosìda parte vostra un grande dono: la libertà di essereme stesso. Grazie a voi, col tempo, giorno dopogiorno, la fiducia in me stesso e negli altri, l’auto-stima, la speranza sono nate e cresciute. Come tantialtri sentimenti positivi, che stanno pian pianooscurando tutta la parte negativa che esiste ancorain me, ma con la quale ora convivo il più possibileserenamente.Prima di incontrare la comunità, però, avevo già co-minciato un percorso spirituale frequentando igruppi di auto-mutuo-aiuto dei 12 Passi. Grazie aloro ho scoperto la mia fede, essendo cattolico, nelDio cristiano. Un Dio che prima di tutto mi accogliecon la mia umanità, che mi culla come una madre facol proprio figlio. Senza il Signore non so se avreicontinuato a vivere. Grazie al Signore mi sonoaperto e mi sto aprendo verso gli altri.Quindi concludo con il terzo paragrafo di questosalmo: “Speri Israele nel Signore”. Aggiungo: spe-rino gli interi popoli della terra nel Signore ora esempre.

Roberto

Questa pagina del Vangelo ci pone di fronte ad unquadro letterario e teologico davvero suggestivo ericco di significato. Ancora una volta può essereutile ricordare che non ci troviamo in presenza diuna cronaca, ma di una costruzione teologica, cioèdi una pagina con cui l’evangelista vuole trasmet-terci un messaggio. Il brano è collocato nel Vangeloquando ormai per Gesù, viste le sue scelte e il suoinsegnamento, le cose si mettono male. Matteo sidomanda come Gesù abbia fatto a restare fedele aDio: che cosa lo ha sorretto fino alla fine?

Matteo, come Marco, riferisce che sul monte Gesù“si trasformò”, subì una metamorfosi, cambiò diaspetto, ma è solo Matteo che individua come og-getto di tale trasformazione il volto di Gesù, che di-venta radioso come il sole. Marco, invece, concentrala propria attenzione soprattutto sulle vesti. Evi-dente il parallelo con Mosè che, quando discesedalla santa montagna, “non si era accorto che la

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo eGiovanni suo fratello e li condusse in disparte, su unalto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo voltobrillò come il sole e le sue vesti divennero candide comela luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che con-versavano con lui. Pietro prese allora la parola e dissea Gesù: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi,farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una perElia». Egli stava ancora parlando quando una nuvolaluminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voceche diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel qualemi sono compiaciuto. Ascoltatelo». All’udire ciò, i disce-poli caddero con la faccia a terra e furono presi dagrande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse:«Alzatevi e non temete». Sollevando gli occhi non vi-dero più nessuno, se non Gesù solo. E mentre discende-vano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nes-suno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo nonsia risorto dai morti» (Matteo 17, 1-9).

Page 20: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

18 LETTURE BIBLICHE

pelle del suo volto era raggiante, per il fatto di averconversato con Dio” (Es 34,29).

In realtà questo è solo un aspetto di quello che Mat-teo chiama “visione”. Esso è integrato dall’appari-zione dei due personaggi biblici, Mosè ed Elia, chesi intrattengono a conversare con Gesù e che Mat-teo nomina nell’ordine inverso rispetto a Marco:“Mosè ed Elia”. Con questa opzione “rabbinica”,Matteo stabilisce una priorità di Mosè su Elia e, altempo stesso, favorisce la presa di coscienza di undialogo che Gesù intrattiene, mediante le due figurepiù rappresentative, con tutta la legge e i profeti.

La parte centrale del racconto è rappresentata dalleparole di Pietro a Gesù, a cui fa seguito un nuovoelemento visivo - la nube luminosa - e la voce cheviene dalla nube: «Questi è il mio Figlio prediletto,nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo» A que-sta rivelazione i discepoli cadono tramortiti, presidalla paura; la scena si conclude con un terzo qua-dro che corrisponde a quello di apertura: Gesù ria-nima e incoraggia con il gesto e la parola i discepoliche, risvegliandosi, vedono Gesù solo. L’evangelistaMatteo, sulla base di una tradizione di cui sono te-stimoni i racconti paralleli di Marco e Luca, ha com-posto una pagina di alto contenuto cristologico. Loschema e le immagini di questo quadro sono inparte mutuati dalla tradizione biblica delle teofaniee delle visioni apocalittiche: il monte, lo splendoreluminoso del volto, delle vesti, la nube e la voce di-vina, nonché la reazione di paura e il silenzio.

Sul monte, davanti a Gesù trasfigurato e associatoai due personaggi prestigiosi dell’AT, Mosè ed Elia,Pietro propone di costruire tre tende, una perognuno. Nonostante i segni della trasfigurazione ce-leste, lo splendore e la luce, Pietro tende a assimi-lare il ruolo di Gesù a quello dei due rappresentantie mediatori dell’antica alleanza: Mosè, la legge, edElia, i profeti. Riemerge in Pietro la tentazione diun messianismo trionfante, il tentativo di impedirela discesa (quando su un monte si sale, poi siscende).

Non ha il tempo di finir di parlare, quand’ecco ap-pare una “nube luminosa”. Di nuovo Matteo tradi-sce l’influsso dell’esodo: la nube della gloria del Si-gnore “appariva come fuoco divorante agli occhi deifigli d’Israele, sulla cima della montagna” (Es24,17). La nube richiama il simbolo della presenzadi Dio nella tenda del convegno e nel tempio. Que-sta stessa nube “coprì” la tenda del convegno, o del-l’appuntamento: adesso essa copre i discepoli. Non èforse un modo per dire che non c’è più bisogno diuna tenda, una volta che la rivelazione della Paroladi Dio è stata racchiusa nel cuore dei discepoli?

Presentandolo in dialogo con Mosè ed Elia, Matteoci dice che Gesù è stato guidato dalla stessa fede in

Dio che animò la vita di Mosè ed Elia. E’ Dio che hareso “il suo volto risplendente come il sole e le suevesti bianche come la luce”: Dio lo rende come un ri-flesso della Sua luce, del Suo amore. In questo miteprofeta i discepoli hanno visto, anche dopo la “scon-fitta” della croce, il vero testimone di Dio, un raggiodella sua luce.

Questo testo contiene inoltre un particolare interes-sante, un doppio movimento: si sale verso l’altomonte e poi si scende.

Salire, per Gesù, non è, come vorrebbe Pietro, an-dare alla ricerca di uno spazio comodo al riparo daiproblemi, una fuga dall’impegno nel mondo. PerGesù (come per molti altri personaggi della Bibbia)salire significa cercare il volto di Dio, il dialogo conLui, concentrarsi sull’essenziale, sottrarsi alla cat-tura delle immediatezze, rivedere l’intreccio tra pre-ghiera e azione, lasciarsi inondare e riscaldare ilcuore. Dio cerca noi, ma noi siamo sollecitati/e a cer-care il Suo volto, la Sua parola, la Sua presenza, laSua volontà. Oggi ritagliarsi momenti per “saliresul monte in disparte” è tanto difficile quanto neces-sario. Soprattutto è controcorrente. Anche in questo“cercare Dio” Gesù è per noi maestro.

Questo cercare Dio crea un atteggiamento che cimette in guardia dalla terribile tentazione di avereDio in tasca, di conoscere nei dettagli la Sua vo-lontà, di farGli la fotografia con i nostri dogmi. Que-sta è una presunzione tipica di noi credenti, sempreesposti alla “tentazione” di ridurre Dio alle imma-gini che di Lui ci facciamo. Cercare Dio significa,nell’indicazione del profeta Amos, non portare i no-stri passi e i nostri cuori dove ci sono gli idoli del-l’egoismo, delle “guerre di occupazione”, del perbeni-smo, della superstizione, del denaro, dell’immagine,della viltà...

Guai a chi oscura questa luce, a chi colora di paurail nostro rapporto con Dio, a chi dissemina sensi dicolpa, a chi presenta il volto di un Dio giudice impie-toso e moralista. Se ci lasciamo persuadere e para-lizzare da questi giudizi “maledicenti” e pensiamoche il Cielo si sia chiuso sopra le nostre vite, allorapossiamo cadere nell’angoscia e distruggere la no-stra stessa felicità… Sopra di noi si possono scate-nare le più “furiose” tempeste, ma Dio non cessa disorriderci, di guardarci con amore, di starci vicino.“Anche se il nostro cuore ci condanna, Dio è piùgrande del nostro cuore”(1 Gv 3,20).

Il secondo movimento che il testo registra è questa“discesa dal monte” di Gesù e dei tre discepoli. Gesùscende verso la città, verso la vita quotidiana, versol’ora difficile che si avvicina, ma con la luce delmonte, con la gioia del Tabor, con il caldo soffio diDio, con la Sua pace nel cuore: si riesce ad amare lavita quotidiana solo se portiamo in noi l’incontro conDio, il dialogo con Lui.

Page 21: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

19LETTURE BIBLICHE

Perché allora preferire la storia, ancora vincolata acontraddizioni spesso sgradevoli, e non tentare in-vece di afferrare in qualche modo un “oltre” sicura-mente più allettante? La tentazione di fuggire da unmondo scomodo e impegnativo, per rimanere conGesù, Mosè ed Elia sul monte, è forte per i discepoli:le parole di Pietro: “Signore, è bello per noi restarequi; se vuoi farò qui tre tende…” (Mt 17,4), sono em-blematiche al riguardo ed evidenziano un rischiocon il quale ognuno/a di noi deve prima o poi misu-rarsi. È il rischio di vivere una fede disincarnata, in-seguendo la trascendenza fuori dalla storia.

Non esiste una vera “spiritualità cristiana” fuoridall’impegno politico, culturale, sociale. Amare ilquotidiano nella società e nella chiesa può compor-tare l’impegno di andare contro corrente. Anche ilfatto che la nostra piccola comunità di base sia luogodi passaggio continuo di persone di ogni genere, ciaiuta a “vivere dentro la città”, con i suoi problemi,con le persone, con le relazioni fatte di lacrime e digioia. La spiritualità si nutre della compagnia dellecreature che fanno fatica a vivere, mentre lo spiri-tualismo crea i benefattori e i credenti disincarnati.E’ un modo per difenderci dalla compagnia distur-bante della città e, semmai, occuparci con un po’ dienfasi dei “poveri lontani”… che sono tanto simpa-tici perché non bussano mai all’uscio di casa nostrae non si siedono alla nostra tavola.

Il richiamo di Dio all’ascolto ci riporta invece inquella storia del creato, dell’umanità che, grazie alrivelarsi della Parola-progetto divino, è diventatastoria di salvezza. In questa storia, che è quella delmondo, “ascoltare” è segno di una scelta di fede cheimpegna in modo concreto. “Ascolta Israele… ame-rai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tuttala tua persona e con tutte le tueforze….”(Deuteronomio), e “amerai il prossimo tuocome te stesso” (Levitico): questo è il duplice pre-cetto dell’amore, verso Dio e verso l’umanità, cheriassume tutta la Torah e che Gesù ha fatto proprio.

“Ascoltare” sta dunque nella logica di un impegnoper una storia rinnovata, perché la salvezza di Diopossa mostrarsi ed essere alla portata di tutti/e.Come i discepoli, atterriti dal timore di fronte al mi-stero, sono “toccati” da Gesù e invitati ad “alzarsi enon temere”, tanto che con lui “discendono dalmonte” verso la realtà che li attende, così anche noi,“toccati” dalla parola-evento, siamo chiamati a “di-scendere” verso quella mondanità che talvolta prefe-riremmo sfuggire, assumendo con coraggio quellecontraddizioni storiche che ci lacerano, operandoscelte coraggiose che denunciano un potere a favoredi pochi e non del bene comune.

È questa la salvezza possibile di cui dobbiamo es-sere segno, la parola che libera di cui dobbiamo es-sere i portatori. Qualsiasi annuncio che sposta l’at-

«Ora lascia, o Signore, che il tuo servo? Vada in pace se-condo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tuasalvezza,?preparata da te davanti a tutti i popoli,?luceper illuminare le genti?e gloria del tuo popolo Israele». (Luca 2,29-32)

Questo brano, come buona parte degli scritti evangelici,ha un carattere marcatamente teologico, più che storico.La figura del vecchio Simeone, come ci narra l’evangeli-sta Luca, è qui un simbolo di tutto il I testamento: egliincarna la speranza e la secolare attesa di tutto Israele.Egli è, per Luca, la sentinella che guarda verso la ve-nuta del Profeta di Nazareth. In Gesù è dunque sottoli-neata la continuità tra l’Antico Testamento e il Nuovo;ma è anche sottolineata la novità del messaggio del Pro-feta di Nazareth, una novità rivoluzionaria. . QuandoGesù si affaccia sulla storia umana, è una svolta storicadecisiva, forse irripetibile, per l’umanità. Gesù non è,infatti, solo un evento privato per il giudaesimo, ma è“Luce per illuminare le genti”. La necessità, almeno perLuca, di scoprire la continuità del I e del II Testamentoè evidente, ma è altrettanto essenziale capire la frat-tura fra vecchio messaggio e nuovo, che in Gesù di Na-zareth ci viene richiesto.“Con i miei occhi ho visto la Tua salvezza”, dice Si-meone. Un Profeta, un uomo, non solo una promessa.Gesù adempie la promessa, la rende storia; in Lui tuttol’infinito amore di Dio fa irruzione nel nostro vecchiomodo di pensare. I nostri occhi possono vedere Dio, pro-prio come lo vide Giobbe, sperimentare la sua vici-nanza, accogliere il suo perdono, il suo insegnamento,lasciarci afferrare dalla sua salvezza, dal suo amore,dalla sua giustizia. Questo è lo straordinario messaggiodel Profeta di Nazareth, nato in quella terra semipa-gana. Egli non è un eroe, neppure l’affermazione di unpotere, ma è un dono; egli non è un Re con un trono euna corte, ma un servo con una croce e con discepoli ediscepole impauriti. Tocca a noi, donne e uomini di oggi,scorgere, in mezzo alle nostre mille contraddizioni, dovee come Dio agisce nel mondo. Questo è possibile, proprioper opera di Gesù e dello Spirito Santo, che ci invitanoogni giorno a metterci in cammino per cercare la Lucedi Dio.

Fulvio Crivello

La promessa diventa storia

tenzione, evitando di “giocarsi” con coraggio nellospazio e nel tempo, che si chiude nei “miti” dellacura esclusiva di sé, è in contraddizione con la lo-gica della rivelazione presentata nelle Scritture; in-fatti, come ricorda il Deuteronomio: “Questi pre-cetti/insegnamenti che oggi ti comando non sonouna cosa straordinaria oltre le tue forze né sonocosa lontana da te; non è nel cielo... e neppure al dilà del mare… é invece molto vicino; è nella tuabocca; é nel tuo cuore perché tu possa fare...”, cioètu possa lasciare entrare la salvezza di Dio nelmondo attorno a te.

Paolo Sales

Page 22: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

20 LETTURE BIBLICHE

In quel tempo, gli undici discepoli, intanto, anda-rono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fis-sato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi;alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disseloro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra.Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, bat-tezzandole nel nome del Padre e del Figlio e delloSpirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciòche vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti igiorni, fino alla fine del mondo» (Matteo 28,16-20).

L’episodio dell’ “ascensione al cielo di Gesù” è rac-contato nei vangeli di Marco e di Luca, mentre nonne accennano Matteo e Giovanni. Marco dice breve-mente: «Il Signore Gesù dunque, dopo aver loro par-lato, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio»(Mc 16,15-20).

Luca scrive: «Poi li condusse fuori presso Betania; elevate in alto le mani li benedisse. E avvenne chementre li benediva, si dipartì da loro e fu portato sunel cielo. Ed essi, adoratolo, tornarono a Gerusa-lemme con grande allegrezza; e stavano sempre neltempio, benedicendo Dio» (Lc 24,46-53).

Nel primo capitolo del libro degli Atti Luca stesso cidà una narrazione più dettagliata dell’ascensione diGesù: “Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro oc-chi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poichéessi stavano fissando il cielo mentre egli se n’an-dava, ecco due uomini in bianche vesti si presenta-rono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perchéstate a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato ditra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allostesso modo in cui l’avete visto andare in cielo» (Atti1,1-11).

Paolo non si pone il problema di come Gesù sia en-trato nel mondo celeste, ma ribadisce l’intronizza-zione di Cristo alla destra del Padre.

Il brano del vangelo di Matteo che meditiamo oggi(Mt 28,16-20) non parla di ascensione, ma del com-miato definitivo di Gesù dai suoi. Ho pensato al si-gnificato dei racconti dei vangeli e degli altri scrittisu quanto accaduto dopo la morte e resurrezione diGesù, sulle sue apparizioni, i discorsi di commiato,le raccomandazioni... e mi è sembrato che in qualchemodo riflettessero le tappe percorse dai discepolinella gestione del lutto per la perdita improvvisa eviolenta del maestro.

Il lutto è un processo psicologico, che dura solita-mente molto a lungo ed evolve attraverso varie fasi

che sono state così descritte (Bowlby J., Attachmentand Loss, Hogart, London, 1980):

1. fase di stordimento e di shock, incapacità di ac-cettare la realtà della perdita;

2. fase di struggimento: si ricerca la persona cara, sipensa continuamente a lei e la perdita sembra re-versibile, come se il congiunto dovesse tornare daun momento all’altro;

3. fase di depressione: viene raggiunta la consapevo-lezza della perdita e della sua irreversibilità. Com-paiono sentimenti di tristezza, accompagnati dachiusura in se stessi e fatica a investire energienelle relazioni sociali;

4. fase di riorganizzazione: il soggetto in lutto ac-cetta la perdita, inizia a riprendere contatto con lavita, a fare progetti per il futuro, a “reinvestire”energie all’esterno. La propria esistenza viene ride-finita e la vita sociale riprende

Maria, le donne e i discepoli che hanno seguito Gesùhanno attraversato queste fasi. Inizialmente sonorimasti chiusi, increduli e spaventati per l’accaduto,hanno dovuto elaborare la perdita, soffrire in modostruggente la scomparsa del maestro ma, contempo-raneamente, lo hanno percepito presente come “ri-sorto”. C’è stordimento, ci sono quelli che dubitano,che non lo riconoscono “… sconvolti e atterriti, pen-savano di vedere un fantasma” (Lc 24, 37), ma c’èanche la gioia delle donne che lo hanno sentito su-bito vicino, forse per la loro capacità di amare.L’amore ti fa comprendere quello che è difficile ca-pire con la mente: le donne per prime hanno intuitoche Gesù era vivo in Dio e sempre presente nellaloro vita.

Luca dice che sono rimasti 40 giorni appartati. Qua-ranta è un numero che nelle scritture indica untempo lungo, tutto il tempo necessario. Sicuramentein questo periodo hanno rielaborato il messaggio diGesù, forse hanno lentamente cominciato a capire ilsenso della salvezza e del regno di Dio, a sentirevive le parole di Gesù nel loro vero significato; que-sto processo viene così descritto: “Egli si mostrò adessi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, ap-parendo loro per quaranta giorni e parlando del re-gno di Dio” (Atti 1,1-11); “...aprì loro la mente percapire le Scritture” (Lc 24,45.).

Non potevano più esserci fraintendimenti: Gesù eramorto in croce perchè la sua predicazione aveva col-pito il potere; egli non aveva portato la sperata sal-vezza di Israele in senso politico (“Noi speravamoche fosse lui che avrebbe liberato Israele” dicono i

Io sono con voi

Page 23: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

21LETTURE BIBLICHE

discepoli di Emmaus) e pertanto proprio questamorte costringe i suoi a confrontarsi con il verosenso della sua predicazione.

Le parole di Gesù ricordate, ripetute insieme, ripen-sate, cominciavano ad assumere un nuovo signifi-cato per i discepoli, ad essere concretizzate nellaloro vita: il regno è qui ed ora, è un regno sostenutodall’amore del Padre, nel quale tutti sono uguali edugualmente amati per sempre.

Barbaglio dice che Gesù “si fece vedere” dai suoidopo la morte e che ciò “non vuol dire propriamentené visione sensibile con gli occhi né propriamentevisione interiore, bensì essere sopraffatti da unapresenza divina che si disvela: un esserci che è unautodisvelarsi” (G. Barbaglio, Gesù ebreo diGalilea).

Quando, a distanza di parecchi anni, vengono scrittii vangeli, quel periodo di sofferenza, di emozioni, dielaborazione, ma anche di gioia ed entusiasmo nelcomprendere a pieno le parole del maestro, è rac-contato come un periodo di chiarificazione del mes-saggio da parte di Gesù risorto e come un periodo incui è avvenuta la sua interiorizzazione da parte deiseguaci.

La descrizione dell’ascensione esprime in qualchemodo questa comprensione degli insegnamenti diGesù, la convinzione di saperlo unito al Padre, “se-duto alla sua destra”, la volontà di affermare cheGesù è vivo presso Dio e presso gli uomini e anche ilbisogno di glorificarlo, presentandolo come il Mes-sia-Dio che non resta tra i morti.

“Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine delmondo”: Matteo, che non parla di ascensione, con-clude il racconto del commiato di Gesù dai suoi e ilsuo vangelo appunto con queste parole.

Mi sembra anche che la descrizione dell’ascensionee del commiato esprima l’uscita dei discepoli dallafase di elaborazione del lutto, la presa di coscienzache adesso il cammino è nelle loro mani, che vannoelaborati dei nuovi progetti di vita, che sta a lorodiffondere il pensiero di Gesù ideando le strategienecessarie. E’ così che nascono le prime comunità.Tutto è lasciato alla loro iniziativa e fino a quandosono uniti nel regno, seguendo la strada tracciatada Gesù, lo spirito di Dio li sosterrà.

L’osservazione dei messaggeri in vesti bianche “Uo-mini di Galilea, perché state a guardare il cielo?” ri-chiama a rimanere centrati sulla terra, perché qui,allora come oggi, siamo chiamati a capire e metterein pratica il massaggio di Gesù.

Come i discepoli, ognuno di noi ha bisogno prima ditutto di conoscere Gesù e fare sua “la buona no-vella”. Abbiamo bisogno di capire che tutto viene daDio, ma che la scelta del nostro cammino è nelle no-stre mani, che siamo chiamati a metterci in giocoogni giorno per costruire il regno, contribuendo amigliorare le condizioni esistenziali degli uomini acominciare dalle piccole cose quotidiane, evitando diguardare verso il cielo con una “fede miracolistica”che ci solleva da ogni responsabilità verso noi stessie verso il prossimo.

In ogni caso, noi siamo inviati nel mondo non a farpropaganda di una religione o di una chiesa o a farpubblicità del “nostro Dio”. Siamo semmai inviati adare testimonianza. Il che può avvenire se siamo vi-talmente, realmente, coinvolti dal mistero amorosodi Dio (il Padre), sulla strada di Gesù (il Figlio), sefacciamo affidamento sulla forza e sul “vento” cheviene dall’alto (lo Spirito di Dio).

Vilma Gabutti

Page 24: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

22 LETTURE BIBLICHE

Il fico e la pazienza di DioIn quello stesso tempo si presentarono alcuni a rife-rirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato avevamescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo laparola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fos-sero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subitotale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, peri-rete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra iquali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete chefossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusa-lemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, periretetutti allo stesso modo».?Disse anche questa para-bola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna evenne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Alloradisse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo acercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Ta-glialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma queglirispose: Padrone, lascialo ancora quest’anno finchéio gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremose porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai». (Luca 13,1-9)

Che senso hanno “oggi” i primi 5 versetti di questocapitolo? Sì, oggi c’è ancora chi pensa a “chi” dare lacolpa invece che pensare alle cause che hanno scate-nato un incidente (o un accidente). E poi, quando uncolpevole non si trova, beh, c’è sempre “Dio” a cuidare la colpa: “Dio li/le ha puniti/e”, “Dio li/le ha ca-stigati/e”. E’ come quando diamo più spazio ai sensidi colpa che a stare attenti/attente a prevenire unincidente, a prenderci le responsabilità e/o le corre-sponsabilità delle nostre e/o altrui azioni. L’invito,quindi, di Gesù è uno solo: “Cambiare a partire dame” cioè ognuno/a dal proprio “Io”, solo così si arrivaad un “Noi” vero.I versetti dal 6 al 9 sono la parabola della “pa-zienza” di Dio. Per fortuna “Dio” è diverso da me, danoi. Egli non tiene il conto del mio “non fare”, “nondare frutti” ecc…, ma mi dà ancora la sua fiducia e“cerca” e “trova” un vignaiolo/una vignaiola che siprende cura di questa piccola pianta quando nonriesce a fruttificare. Perché? Perché “Dio non colpe-volizza nessuna pianta”.In questi anni, con l’aiuto di molte amiche e moltiamici, di comunità e non, ho imparato, per mia for-tuna, quello che Luca, con questa parabola, vuoleinsegnare alle persone della sua comunità. Due pic-cole cose, ma di vitale importanza secondo me:Per crescere sono necessari sia i momenti di stasi,di stanchezza e/o i famosi “campanelli di allarme”,sia i momenti di risveglio e/o di fecondità. Entrambiquesti momenti contribuiscono al cambiamento,alla crescita.Come? “Agendo”, “Impegnandosi con e per gli al-tri/e”, “Appassionandosi alla vita” ecc…: “ad ognunoe ad ognuna di noi il suo pezzo di costruzione”.Sì, se “Dio” può avere “pazienza” nei confronti di

“un albero di fichi” e prendersene cura tramite unvignaiolo, allora anch’io voglio avere “pazienza” evoglio prendermi cura di questo piccolo albero che sichiama Maria Franca.Fidarsi di Dio per me vuol dire anche scommetterecon “Lui”, insieme a uomini e a donne per appassio-narmi alla vita, per cercare sempre nuovi ascolti,nuovi motivi/azioni/relazioni per cambiare, per rico-minciare da zero, ma, come diceva “Troisi”, è un ri-cominciare da tre.Adesso desidero “parteciparvi” questa “Ode allavita” di Pablo Neruda e voglio dirvi come l’ho avutae quando: il 25 giugno 2007 i miei colleghi e le miecolleghe, gli amici e le amiche di scuola, hanno vo-luto festeggiare la fine dell’anno e dei “miei anni discuola” e, tra i molti doni, a partire dalla loro pre-senza, c’era questa splendida pagina di Neruda.L’amica che ha avuto la pazienza di cercarla e di ri-scriverla per me si chiama Elena Abbamondi. “Gra-zie, Elena”.

Ode alla vitaLentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia marca, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbaglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti.Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza, per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sen-sati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia aiutare, chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande su argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.

Maria Franca Bonanni

Tenendo sicuramente in conto che la sensibilitàebraica antica fosse per forza di cose più condizio-nata dalle difficoltà del quotidiano della nostra,donne e uomini moderni, che spesso vediamo la vitavegetale nella sua funzione prettamente ornamen-tale, potendoci dimenticare del fatto che grazie adessa sopravviviamo, detto questo, mi ergo anch’io indifesa del fico che non dà più frutto.

Page 25: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

23LETTURE BIBLICHE

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suoFiglio unigenito, perché chiunque crede in lui nonmuoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha man-dato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, maperché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi credein lui non è condannato; ma chi non crede è giàstato condannato, perché non ha creduto nel nomedell’unigenito Figlio di Dio (Giovanni 3, 16-18).

La festa della SS. Trinità è stata istituita moltotardi, dopo l’anno mille, anche se alcune chiese lo-cali la celebravano già qualche anno prima. E’ unafestività che non è sentita molto dai credenti, al-meno da quelli che non frequentano la chiesa abi-tualmente, complice il clima quasi estivo che invitaa uscire e ad andare fuori per tutto il giorno, ma an-che per la festa liturgica in sé: la Trinità è un con-cetto teologico che va oltre il sentire del comune cre-dente.

Ci si ferma a Dio, soprattutto a Maria e ai santi, vi-sti molto più vicini e in grado di fare “grazie”, risol-vere situazioni di sofferenza e di difficoltà. In fondo isanti sono dei nostri, uomini e donne, vicini a noi. Ilconcetto di trinità è qualche cosa, a mio parere, cheva oltre la religiosità abituale del popolo credente: ilmistero di Dio, uno e trino, crea scompiglio e dubbio.

Il brano di oggi è molto breve e non aiuta a risolvereil problema teologico e risente di tutta l’imposta-zione del vangelo di Giovanni, già proiettato a collo-care la figura di Gesù in un rapporto particolare conDio Padre. Ormai la cristologia è avviata ad allonta-nare la figura del Cristo da noi uomini e donne e aportarla ad una divinizzazione che ce la rende irrag-giungibile.

Proverò comunque a fare con voi alcune riflessioni.

Sia nell’Antico (Abacuc 3,17) che nel Nuovo Testa-mento (Mt - Mc -Lc) troviamo in effetti indicata lasterilità delle vigne e del fico come una vera e pro-pria sciagura, riferita in chiave metaforica al nostromondo interiore, ma anche inerente alla vita quoti-diana di un popolo che, da queste coltivazioni, eradipendente.Per questo motivo, di fronte a tale avvenimento, bi-sognava da un lato comprendere in maniera chiarale cause e dall’altro combatterlo con tutte le risorsedisponibili, anche mediante una apparentementeimpietosa soluzione.Spesso la carestia viene annoverata tra le punizionicon le quali Dio mette in guardia l’umanità, volendofarla retrocedere di fronte a gravi errori. D’altraparte mi sembra che già nei versetti precedenti allaparabola del fico, Gesù voglia mettere in crisi questaconcezione fatalista dell’esistenza, che rischia di di-venire succube della superstizione.I fatti di cronaca infatti non devono provocare elucu-brazioni fini a se stesse, che al limite possono soloservire ad alleggerire la percezione del nostro far-dello di fronte a tragedie ancora più grandi; cosìcome più che estirpare frettolosamente il male, biso-gnerebbe cercare di trasformarlo, forse di curarlo,come si propone di fare il contadino con il fico, zap-pando bene il terreno e mettendo un po’ di concime.Può darsi infatti che un albero che non dà più frutto,se ben curato, possa, nell’arco di un anno, tornare afruttificare.

Oggi si potrebbe dare a questo brano una letturaanti-utilitaristica. L’emblematica frase del padronedel terreno: “Quest’albero non sta producendo! Ta-gliamolo! Non deve occupare spazio inutilmente” po-trebbe oggi provenire dalla bocca di coloro chestanno devastando le foreste della terra, che pro-sciugano il pianeta di risorse per garantire il cosid-detto sviluppo e non si tirano indietro nel prosciu-gare l’uomo stesso delle proprie forze vitali fino acondurlo alla morte (vedi la recentissima tragediaalla Thyssen).Non dimentichiamoci che, partendo proprio da ra-gionamenti di esasperato utilitarismo, furono messiin piedi i terribili progetti di ecologia sociale che ilnazismo di proponeva di attuare: “La persona ma-lata non produce, non deve essere un peso per laparte sana della società, bisogna eliminarla!”.Queste riflessioni possono servire sicuramente anoi, ma non penso che tale fosse la situazione due-mila anni fa, quando l’uomo stava ancora lottandoper sopravvivere alla violenza della natura. Pensoche Gesù con questa parabola voglia sottolineare ilfatto che un cambiamento in positivo non può cheprovenire dall’amore e dal lavoro o, meglio, dal la-voro fatto con amore. Questa è la forza che l’essereumano ha ricevuto in dono per essere felice sullaterra, nessun atteggiamento distruttivo può pro-durre risultati analoghi a quelli di un gesto co-sciente ed interessato alla vita.

Tommaso Speziale

Certo Dio ci ama... e noi...

Page 26: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

24 LETTURE BIBLICHE

L’immagine trinitaria

Mi piace immaginare questo rapporto di Dio conGesù e con tutti noi. Vedo in questo parlare del figliouna premura paterna, materna, affettuosa. Dio ciama e vuole la nostra felicità. Desidera che sce-gliamo la strada della vita.

Le immagini, poi, dello Spirito Santo, descritto oracome lingue di fuoco, ora come un vento impetuoso,ora come una colomba, sono simboli di affetto. In-fatti, il fuoco è segno di calore, di passione, di lotta;mentre il vento ci spinge nella direzione della giusti-zia, della pace e ci aiuta a camminare con meno fa-tica.

Per me, oggi, l’immagine della trinità è l’amore diDio per me, per noi, senza condizioni, senza se esenza ma. E’ un quasi aiutarci a vedere Dio come pa-dre, come compagno di viaggio, come colui che ha ac-compagnato Gesù in modo particolare e l’ha aiutatoad annunciare a noi tutti e tutte la strada per giun-gere alla vita. Forse coloro che hanno voluto questafesta liturgica cercavano di rappresentare Dio inmodo altro, per sentirlo più vicino a noi, ieri comeoggi.

La libertà

In questo annuncio Dio non obbliga nessuno, nes-suna di noi. Ci lascia liberi e libere di scegliere seaderire al suo progetto di vita che ben conosciamo.Non ci obbliga e nemmeno ci condanna. La con-danna è una nostra scelta: è il rifiuto al suo amore.Questa è la condanna per chi rinuncia alla propostadi Dio.

Noi spesso siamo legati all’immagine dell’inferno,alla punizione eterna. Ma, se ci accostiamo allaScrittura, vediamo che non si parla di condanna, masoltanto di offerta: se vuoi, se desideri, questo è ilmessaggio che Gesù ha fatto durante la sua vita inPalestina. E Gesù è colui che ci ha parlato del Pa-dre, ci ha fatto vedere la Sua volontà, il Suo progettoper l’umanità.

D’altra parte il messaggio di Giovanni è moltochiaro. Dio non condanna nessuno, ma desidera chetutti e tutte si salvino. E la salvezza ha una solastrada: credere in Dio e in quanto Gesù ci ha annun-ciato e proposto concretamente con la sua vita interra di Palestina. E’ un messaggio non nuovo, losappiamo bene, ma che forse abbiamo un po’ dimen-ticato.

La responsabilità

La libertà di scegliere ci ricorda la nostra responsa-bilità. Non possiamo addebitare ad altre le nostrescelte, i nostri giudizi, i nostri comportamenti.

Credo che oggi sia necessario scegliere, ma scegliereresponsabilmente. Non possiamo accettare tuttoquanto ci viene proposto, senza esercitare il nostrogiudizio critico.

Sembrano poco importanti queste affermazioni, ep-pure oggi più che mai il nostro essere credenti passaanche attraverso una valutazione di scelte forse piùgrandi di noi, ma che non possiamo accettare supi-namente. I recenti blitz in nome della sicurezza con-tro i rom ne sono una prova.

Di fronte ad una giusta esigenza di sicurezza si stainiziando una fase di condanna senza nessuna di-stinzione. Concretamente ci si comporta in modorazzista, senza che molti credenti si interroghino oalzino la voce per condannare questo atteggiamentopersecutorio. Eppure parliamo spesso di acco-glienza, di rispetto… E questo è solo un esempio frai tanti.

Eppure i giornali ci dicono come il turismo religiosoverso santuari, italiani e non, abbia raggiunto nu-meri di presenze molto significativi. Questo è fede?O meglio, la fede è solo andare in qualche santua-rio? Non posso e non voglio esprimere nessun giudi-zio... però l’interrogativo resta.

E’ necessario sempre di più accostarsi alla parola diDio con fede, con disponibilità e con volontà di con-versione: solo così il nostro sentirci figli e figlie diDio sarà pienamente realizzato.

Memo Sales

Page 27: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

25LETTURE BIBLICHE

Risurrezione: valore della vitaNel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recòal sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio,e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro.Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro di-scepolo, que llo che Gesù amava, e disse loro:«Hanno portato via il Signore dal sepolcro e nonsappiamo dove l’hanno posto!». Uscì allora SimonPietro insieme all’altro discepolo, e si recarono alsepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altrodiscepolo corse più veloce di Pietro e giunse perprimo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende perterra, ma non entrò. Giunse intanto anche SimonPietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide lebende per terra, e il sudario, che gli era stato postosul capo, non per terra con le bende, ma piegato inun luogo a parte. Allora entrò anche l’altro disce-polo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide ecredette. Non avevano infatti ancora compreso laScrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti(Giovanni 20, 1-9).

Questo racconto, ricordato come quello della tombavuota, della pietra ribaltata davanti al sepolcro,spesso viene letto come una cronaca di ciò che è ac-caduto, pensando esclusivamente a Gesù risorto. Iovorrei riflettere su come i discepoli e le discepolehanno dovuto ritrovare nel loro cuore la forza percontinuare il cammino intenso che hanno fatto conlui.

La metafora della pietra sepolcrale ribaltata nonpuò essere letta come una cronaca. Infatti, non sap-piamo come sia realmente avvenuta la resurre-zione: la Scrittura, con l’immagine dell’angelo, dellapietra e della tomba vuota, non vuole descrivere lemodalità di un intervento. Essa intende dirci conchiarezza che Dio non ha abbandonato Gesù nellamorte e che, in qualche modo, gli ha dato una vitanuova presso di sé. I vangeli ci danno lo stesso an-nuncio in modi diversi. I linguaggi sono molti, mal’annuncio centrale della Pasqua è preciso: Gesù,per opera di Dio, è vivo. Lui, non solo il suo messag-gio.

Non deve essere stato semplice per il gruppo dei di-scepoli e delle discepole…! Chissà quante lacrimeversate insieme, ma anche quante tensioni. Leg-giamo alcuni stralci del racconto con questi “occhi”.Nei loro cuori certamente regnava lo sconforto el’angoscia: “Era ancora buio…” (Gv 20,1). In unprimo momento era necessario fare i conti con l’as-senza del maestro: “Hanno portato via il Signoredal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto” (Gv20,2). Inoltre essi dovevano capire che i messaggi diliberazione e di amore e le opere che Gesù avevacompiuto non potevano restare solo nei loro cuori,ma dovevano essere annunciati al mondo intero.

“Nel racconto dell’incontro fra Maria di Magdala eGesù risuscitato è inserito un altro episodio: la co-siddetta “corsa dei discepoli”. Va messo in evidenzail fatto che tutti e tre i personaggi entrano in scenacome “vincitori”: ognuno giunge a modo suo alla fedenella resurrezione. Così, partendo da una situazionedi rivalità, l’evangelista ha costruito un raccontosenza perdenti” (Ruth Habermann , Riletture Bibli-che al femminile, pag.201).

Quanti tentativi saranno stati compiuti prima diriuscire a costruire una comunità un po’ stabile:“Chinatosi vide le bende, ma non entrò... Giunse in-tanto Simon Pietro che lo seguiva e vide le bendeper terra e il sudario... Allora entrò anche l’altro di-scepolo... vide e credette”. Il Vangelo di Giovanni èl’unico a narrare la presenza di Simon Pietro e del-l’altro discepolo, a cui Gesù voleva bene, presso il se-polcro.

“La grande fatica teologica del quarto evangelistasta proprio in questo: accompagnare i credenti a cre-dere che sono beati coloro che, pur non avendo visto,credono (Gv 20,31). Per Giovanni, Maria di Magdalaè la prima ad aver fatto questo cammino di fede, laprima ad aver capito che credere in Gesù dopo lasua resurrezione comporta non di conservare la me-moria di un uomo morto, per quanto illustre e vene-rato con amore e dedizione, ma di riconoscerlo vivo.Per questo diviene il prototipo della fede discepo-lare. Non soltanto… il ruolo apostolico di Maria diMagdala nei confronti della comunità è esplicitatocon chiarezza: aiutare i fratelli e le sorelle nella fedea fare lo stesso cammino che lei stessa ha fatto e chel’ha portata ad accettare di non “trattenere” Gesùdentro i vincoli della conoscenza storica” (MarinellaPerroni, Donne e Bibbia, pag.212-213).

La scena descritta richiama l’attenzione sulla fi-gura di Maria di Magdala, una figura chiave per ladefinizione del discepolato delle donne. Come “disce-pola di Gesù per eccellenza… Maria di Magdala harivestito un ruolo tutto particolare nella trasmis-sione della fede e nell’esperienza protoecclesiale.Più specificamente ancora, nell’elaborazione teolo-gica della vita discepolare…” (Marinella Perroni, op.cit., pag. 211).

Chi era Maria di Magdala? Nel testo viene indicatala sua provenienza; non ha parenti di sesso ma-schile conosciuti nella comunità cristiana e, presu-mibilmente, neanche un marito o famiglia. In ognicaso lei sola, senza altri familiari, faceva parte delgruppo dei seguaci di Gesù. Maria di Magdala sirecò al sepolcro di buon mattino, quando era ancorabuio. Queste parole scarne, che introducono il rac-

Page 28: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

26 LETTURE BIBLICHE

conto con semplicità, potevano rivelare, agli ascol-tatori di allora, che si trattava di un’impresa perico-losa.

“La crocifissione era la condanna a morte alla qualei romani destinavano i ribelli politici. C’erano ancheconseguenze pericolose per i familiari e per gliamici, poiché per i crocifissi erano vietati i funeralitradizionali e le manifestazioni pubbliche di lutto. Èdocumentato dagli storici che, in certi casi, le per-sone che hanno pianto la morte di un condannatosono state a loro volta crocifisse... La situazione eracerto particolarmente pericolosa per una discepoladi Gesù che non poteva addurre legami di paren-tela. È dunque con un atto di grande coraggio cheMaria si reca alla tomba, di buon mattino. Potevaessere crocifissa a sua volta” (Ruth Habermann, op.cit., pag.201-202).

Maria di Magdala, una donna che più di noi si sentìperduta, desolata, disperata per l’uccisione di quelmaestro che aveva restituito senso alla sua vita, tri-ste e sconvolta si avviava alla tomba dove era statosepolto il suo maestro. Lei era stata “guarita” dalprofeta di Nazareth da “sette demoni”, cioè avevaritrovato serenità, dignità e fiducia in se stessa e,molto probabilmente, era diventata un punto di ri-ferimento per le altre donne della Galilea. Mariagiunge alla tomba e si ritrova dinnanzi ad un se-polcro vuoto, il corpo del maestro era sparito. Mariaallora corre da Pietro e Giovanni, per sollecitarli afare qualcosa e per condividere il dolore.

Come spesso avviene anche oggi, gli uomini hannouna reazione istintiva: si mettono a correre verso ilsepolcro, dove arrivano in tempi diversi, dimenti-candosi totalmente di Maria. Ciascuno vive a modoproprio l’incontro con la morte. Solo dopo l’espe-rienza forte del sepolcro vuoto riescono a tornare acasa, forse, insieme, cioè a condividere, come avevafatto Maria, emozioni e dolore.

Il sepolcro, la tomba, il corpo, la pietra, tutto parla aMaria della fine di ogni speranza: il cammino dellapresa di coscienza di se stessa, che le aveva donatola libertà interiore, che le aveva spalancato gli occhialla luce, con la morte del suo “Rabbunì”, era finito.Anche il suo corpo, che pian piano era ritornato avivere, sarebbe stato ancora in preda alle forzedella morte. Maria è disperata perché capisce che,con Gesù, anche lei è morta.

Mi piace questa donna che ama la vita “piena” eche, come ama la vita, sente forte su di sé il pericolodi lasciarsi di nuovo avvolgere dalle forze dellamorte che, con le sue bende e il suo sudario, è sem-pre pronta a farci ritornare nel sepolcro delle nostrechiusure mentali, delle nostre angosce, del nostroegoismo. Ma, per fortuna, il racconto dei versettisuccessivi ci apre alla speranza: Maria capisce che

Dio spezza le catene della morte e che il messaggio ei gesti compiuti da Gesù ci doneranno sempre laforza di trasformare un sepolcro in un giardino fio-rito.

Gli eventi furono complessi e il dolore per una per-dita così importante come quella di Gesù deve averscatenato sgomento e disperazione tra le discepole ei discepoli, molto provati dopo la sua morte. Ma poi,piano piano, hanno ripreso a camminare, tra losconforto e la voglia di andare avanti. Se l’angosciaparalizza, la fiducia rimette in cammino. Questovale per Maria di Magdala, per i discepoli di alloracome per noi oggi. Ed è proprio per questa fiduciache Maria ha capito che Gesù non può essere tratte-nuto nel dolore per un uomo morto, ma che rendereviva la sua memoria, farla vivere, è qualcosa chemette in movimento la vita stessa.

Stiamo vivendo un periodo in cui si fa un gran par-lare della difesa della vita, concentrando tale difesasulla vita che deve ancora nascere, dimenticandosi ofacendo diventare solo marginale la difesa della vitache già c’è. Io credo che il brano, su cui stiamo riflet-tendo, ci parli di vita vissuta nel presente e non davenire; la forza che ha spinto Maria e le altre disce-pole e discepoli a proseguire il cammino fatto conGesù è stato proprio l’amore per la vita, intrecciatacon la giustizia in ogni sua forma e per ogni essereumano.

Questo mi fa pensare alle donne che oggi si vedonoattaccate e giudicate come assassine se si trovano,loro malgrado, a dover rinunciare alla maternità,mentre certi uomini non si vogliono interrogaresulla loro responsabilità riguardo ad una scelta con-sapevole e condivisa di paternità e maternità, sul-l’uso del corpo delle donne che ne mercifica la ses-sualità, senza volersi chiedere cosa li spinge a sotto-mettere ed umiliare così una donna. Penso, inoltre,ai bambini soldati, ai bambini abusati, malati senzapoter essere curati per mancanza di medicine...Molte altre sono le situazioni in cui la vita non vienerispettata, ma non per questo dobbiamo scorag-giarci.

Come messaggio pasquale voglio riporre nel miocuore la testimonianza di questa donna che non siarrese, non scappò, ritrovò la fiducia. Guai se da-vanti all’arroganza e al “trionfo degli empi”, perusare il linguaggio biblico, ci lasciamo bloccare, pa-ralizzare, rinchiudere nella paura e nello sconforto.È proprio la fiducia in Dio che ci mantiene nel cam-mino dell’impegno contro chi semina qualunquismo,superficialità, prepotenza, volgarità.

La Risurrezione è la forza che entra nelle nostrevite contro la rassegnazione. Per questo, la spe-ranza della resurrezione non deve significare unafuga nell’aldilà, ma un radicale rimando nell’aldi-

Page 29: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

27LETTURE BIBLICHE

Non vi lascerò orfani

«Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti;e io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro conso-latore, perché stia con voi per sempre, lo Spiritodella verità, che il mondo non può ricevere perchénon lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perchédimora con voi, e sarà in voi. Non vi lascerò orfani;tornerò da voi. Ancora un po’, e il mondo non mi ve-drà più; ma voi mi vedrete, perché io vivo e voi vi-vrete. In quel giorno conoscerete che io sono nel Pa-dre mio, e voi in me e io in voi. Chi ha i miei coman-damenti e li osserva, quello mi ama; e chi mi amasarà amato dal Padre mio, e io lo amerò e mi mani-festerò a lui» (Giovanni 14, 15-21).

Siamo nella sezione detta dei “discorsi di addio”, ini-ziata nel cap. 13 con la lavanda dei piedi. Gesù sista rendendo conto di come andrà a finire e cerca,tutte le volte che ne ha la possibilità, di preparare isuoi perchè possano portare avanti il cammino conlui iniziato, in quanto si possono realisticamenteprevedere difficoltà anche estreme.

La presenza fisica di Gesù aveva dato ai suoi la sicu-rezza, come quella che i figli hanno accanto alla ma-dre, una sicurezza governata dai sentimenti equindi facilmente regressiva. E’ importante che i di-scepoli, quando sarà il momento e verrà a mancarequesto importante sostegno, non si lascino sopraf-fare dall’angoscia e dallo scoraggiamento. Ciò po-trebbe pericolosamente vanificare il cammino finqui compiuto.

Al momento della stesura di questo vangelo ci sirendeva sempre più conto che la vecchia attesa delritorno glorioso di Cristo si era rivolta nella dire-zione sbagliata. Il tempo era trascorso senza che sifosse realizzato quel che si aspettava e che sem-brava essere stato chiaramente annunciato: la “pa-rusìa” è avvenuta, ma non nei termini piuttostogrossolani in cui la si attendeva.

Come fare dunque per attrezzarsi ai tempi lunghisenza perdere una speranza attiva? Gesù farà inmodo che il Padre invii il “Paraclito”, colui che èchiamato al fianco di un altro per aiutarlo; sembre-

rebbe assimilarsi bene con il termine di “avvocato”.Ma il “Paraclito” può avere almeno altre tre possi-bili funzioni: intercessore, consolatore, proclama-tore...Intenzione dell’evangelista è fare in modo che la re-altà ultima, rivelata nel particolare momento sto-rico che ha visto Gesù all’opera, possa essere man-tenuta in vita anche in tempi successivi. Il cristia-nesimo riuscì, tempo dopo, a risolvere questo di-lemma con la creazione del “canone”, proclamandoche la rivelazione storica di Dio è conservata in que-sti particolari testi che costituiscono la Bibbia. Lacomunità di Giovanni, però, vive in un periodo pre-cedente la formazione del “canone cristiano”. La ri-sposta del vangelo è: affidarsi alla persona e al-l’opera del “Paraclito”. In virtù dell’opera del “Para-clito” essi avranno accesso diretto a quella rivela-zione così come l’avevano avuta i discepoli originali.

Amore... amate ...

Quante volte nel vangelo di Giovanni sentiamo que-sto invito all’amore: amate... non tanto come espe-rienza sentimentale, anche se pure questo nella vitaè molto importante. L’amore è la condizione per se-guire Gesù, per essere suoi testimoni. Identifican-dosi in lui, i comandamenti perdono ogni caratteredi imposizione e diventano una risposta alle neces-sità dell’essere umano.

Questo, che è definito il comandamento “nuovo”, è ilprototipo di tutti gli altri. L’effetto, il risultato diquesto amore, sarà per i discepoli, in qualche modo,la somiglianza con Gesù, il Maestro, l’artefice dellatrasformazione radicale della loro vita e, come con-seguenza quasi matematica, una relazione partico-lare col Padre.

Qui Giovanni ritorna sul concetto di amore, come inaltri passi del suo scritto e, anche se in modi diversi,sembra creare come una spirale, che tende ad an-dare sempre più in profondità per dire con paroleumane l’indicibile. “Chi mi ama veramente”, dice alv. 21, “conosce i miei comandamenti, le mie indica-zioni e le mette in pratica”. Probabilmente c’era an-che chi si era appassionato con meno convinzione.

qua, alla cura autentica della vita e all’impegno adoperare nella storia, nella quotidianità dove cia-scuna e ciascuno di noi è inserita/o. Capire chesenso ha per noi oggi la Pasqua, che è vita, è un in-

vito a rendere ogni giorno testimonianza del mes-saggio di Gesù, a creare “pezzi di risurrezione” nellanostra vita quotidiana.

Maria Del Vento

Page 30: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

28 LETTURE BIBLICHE

Non va bene. Così facendo, in qualche maniera sista dalla parte del “mondo”; così verrà il momento incui non si riuscirà a “vedere Gesù”, a percepire lasua presenza dopo che i suoi giorni si saranno com-piuti.

Sarà lo Spirito della verità, il Paraclito, che invecemanterrà viva la presenza di Gesù anche dopo, traquelli e quelle che riusciranno a perseverare nell’os-servanza delle sue indicazioni. Viene anche indicatoun tempo: “In quel giorno” (v. 20), non domani, nondopodomani, ma di certo un tempo finito; non si do-vrà attendere senza speranza. E’ un treno troppoimportante, sarebbe veramente un peccato rischiaredi perderlo.

Gesù ritiene necessario spiegare tutte queste cosementre è ancora presente, consapevole che non tuttoverrà compreso immediatamente, ma lo Spirito pro-messo permetterà loro, anche se successivamente,di comprendere bene tutto ciò che egli ha detto. “Chimi ama sarà amato, non solo da me - dice Gesù - maaddirittura dal Padre” (v. 21); è proprio il massimodella benedizione, anche se per il momento sembraancora essere riservata alla cerchia più ristretta deidiscepoli.

Ci può essere un “Paraclito” anche per noi?

Non vorrei forzare in modo inopportuno questa fi-gura così complessa e per molti aspetti indecifrabile,tuttavia non posso fare a meno di pensare a come lavita di ogni persona sovente si trovi a fare i conticon situazioni non sempre chiare e comprensibili,nelle quali il sostegno di un “Paraclito” sarebbe piùche mai utile.

Se guardo alla mia vita, sono tante le volte nellequali mi sono trovato a confrontarmi, non senzapreoccupazione, con difficoltà: scelte per le quali mimancavano elementi sufficienti a farmi capire qualefosse la migliore... e così via. Ebbene, non di rado hoavuto la piacevole sorpresa di trovare un “Avvo-cato”, un “Consolatore”, un “Intercessore”, insommaun “Paraclito”, non tanto spirituale ma in carne edossa, che mi ha aiutato a capire meglio, ad indivi-duare una possibilità a cui non avevo pensato.

Allargando gli orizzonti, mi sembra di capire che ul-timamente si stanno facendo avanti svariate tipolo-gie di difensori della “vita”, una sorta di moderni“Paracliti”, molto televisivi e mediatici, i qualistanno cercando di orientare decisioni molto impor-tanti, riguardanti la relazione tra i sessi, la mater-nità e le scelte a ciò collegate, senza purtroppo te-nere conto di cosa ne pensi il soggetto principale: ladonna.

Ma queste persone... laici, ecclesiastici, politici opresunti tali (tra l’altro, nella stragrande maggio-ranza dei casi, maschi), stanno poi rendendo un ser-vizio adeguato ad un aspetto molto delicato dellavita e del modo, per gli esseri umani, di stare almondo? Penso di no.

Una delle cose che, a parer mio, ancora manca tantoè l’assunzione di una maggiore consapevolezza ma-schile, in una ricerca fondata sul riconoscimentodella libertà femminile quale condizione di unanuova libertà anche per noi uomini, e di un modopiù responsabile di vivere la sessualità, le relazionitra i sessi, le scelte per il concepimento, di autenticorispetto per la vita.

Domenico Ghirardotti

Page 31: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

29LETTURE BIBLICHE

Lo spirito scende, si ferma

Il giorno seguente, Giovanni vide Gesù che venivaverso di lui e disse: «Ecco l’Agnello di Dio, che toglieil peccato del mondo! Questi è colui del quale dicevo:“Dopo di me viene un uomo che mi ha preceduto,perché egli era prima di me”. Io non lo conoscevo;ma appunto perché egli sia manifestato a Israele, iosono venuto a battezzare in acqua». Giovanni resetestimonianza, dicendo: «Ho visto lo Spirito scen-dere dal cielo come una colomba e fermarsi su di lui.Io non lo conoscevo, ma colui che mi ha mandato abattezzare con acqua, mi ha detto: “Colui sul qualevedrai lo Spirito scendere e fermarsi, è quello chebattezza con lo Spirito Santo”. E io ho veduto e hoattestato che questi è il Figlio di Dio». (Giovanni 1,29-34).

Il vangelo di Giovanni persegue l’obiettivo di dipin-gere il Battezzatore come il precursore di Gesù. Larealtà storica è più complessa del quadro teologico.Ma, dentro questa cornice teologica, l’evangelistamette sulla bocca di Giovanni Battista la sua “com-prensione” di Gesù. Per l’evangelista Gesù è coluisul quale è disceso dal cielo lo Spirito di Dio; anzi co-lui sul quale lo Spirito di Dio si fermò. Solo l’azione,il soffio, il vento di Dio, la Sua forza “spiegano” lavita e il messaggio di Gesù.

Generalmente si immagina Gesù che viene versoGiovanni per farsi battezzare, come dice, sia pur di-versamente, la tradizione sinottica. In realtà il mo-mento di cui qui si parla è posteriore, nel tempo delracconto, all’episodio tradizionale. All’inizio del v. 29il fatto è, quindi, la venuta verso Giovanni di Gesù,che è già stato investito dallo Spirito Santo. QuandoGesù compare, per la prima volta, nel quarto van-gelo, è presentato nell’atto di venire, con determina-zione: se Gesù viene verso Giovanni non è per farsibattezzare; ma viene per dire sì alla Promessa; lavoce che grida nel deserto ora designa colui cheprima annunciava.

“Ecco” è una particella che implica un invito a guar-dare. Isaia annunciava a Israele che “il suo peccatoera rimesso” (Is 40,2); Giovanni proclama che verrà“tolto” il peccato del mondo. Alla base di questa for-mulazione si trova la tradizione giudaica sullascomparsa del peccato alla fine dei tempi.

Mentre per il Vangelo di Luca Gesù e il Battistasono parenti stretti (Lc 1-2), per il Vangelo di Gio-vanni (1-31) i due non si conoscono. L’autore delVangelo di Giovanni dice che da subito il Battista èun profeta che orienta i suoi discepoli verso Gesù,che riconosce in Gesù il Messia. Le cose non anda-rono certamente così, ma l’evangelista vuole darci

un messaggio, non un’informazione storica. Sappiamo per certo che Gesù riconobbe Giovannicome profeta escatologico e “maestro di morale”, manon sappiamo se Giovanni abbia mai riconosciutoGesù e la sua missione. Il Vangelo di Giovanni, fratutti, è quello che ha sottoposto il Battista ad unaradicale “rilettura” cristiana: non gli attribuisce maineppure l’appellativo di Battista, lo riduce a puroruolo di incarnare una semplice funzione a serviziodi Cristo.

Questa “rilettura” crea un quadro diverso dalla sto-ria e viene costruita con successivi passaggi: “E’ ne-cessario che lui cresca, mentre io devo tramontare”(Gv 3,30). Infine, lo stesso evangelista mette sullabocca di Gesù: “Giovanni ha reso testimonianza allaverità… Era la lampada che arde e illumina… Ma ioho una testimonianza più grande di quella di Gio-vanni” (5,33-36).

Aldilà di questa costruzione letteraria, questi ver-setti, insieme ai racconti dei sinottici, tessono l’elo-gio del Battista, che viene ritratto come un testi-mone straordinario. Non abbiamo elementi per direche il Battista inviò e indirizzò i suoi discepoli versoGesù, ma qui, come nei sinottici, campeggia la fi-gura di questo profeta. Se non fu un testimone diGesù, fu invece certamente un testimone del regnodi Dio, il profeta che invitava alla conversione, allagiustizia, alla sobrietà.

Non si tratta di collocare nessuna aureola sulla te-sta del “battezzatore” del Giordano, ma di racco-gliere il messaggio di tutta la sua vita. Egli è statoun testimone coerente. Probabilmente fu proprioquesta sua vita appassionata e questa sua predica-zione ardente che colpirono il cuore di Gesù, tantoche decise di mettersi alla scuola del Battista.

Secondo l’evangelista, la funzione di Gesù non è sol-tanto quella di eliminare i peccati individuali, ma dimettere fine al dominio del peccato. Giovanni pro-clama che il peccato del mondo sarà “tolto”, perdo-nato. Il perdono è un atto esclusivo di Dio, espressoin Israele attraverso un rito (nella festa del Kippur,mediante l’atto cultuale, è Dio che agisce e perdona ipeccati...).

Chi è colui che “toglie il peccato”? Spontaneamentesi associa il pronome relativo “che” (v. 29) ad“Agnello”, eclissando il vero autore del perdono, cioèDio stesso. Questa lettura poggia su un’osservazionegrammaticale: nell’espressione “Agnello di Dio”, ilgenitivo “di Dio” non è soggettivo (“Agnello divino”),ma può benissimo significare oggettivamente“Agnello dato da Dio”, “proveniente da Dio”. Gesù è

Page 32: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

30 LETTURE BIBLICHE

l’Agnello che Dio ora dà per togliere il peccato delmondo, cioé: “Ecco l’Agnello mediante il quale Diotoglie il peccato del mondo”. Si restituirebbe così al-l’Agnello la sua funzione, certo eminente, ma “stru-mentale” nelle mani di Dio.

Che cosa intende l’evangelista con “Agnello di Dio”?La lettura più diffusa riconosce nell’Agnello di Dio il“vero agnello pasquale”. Questa identificazione sibasa sulla presentazione cristiana primitiva del Cri-sto “nostra Pasqua (che) è stato immolato” (I Cor5,7), che la prima lettera di Pietro ha poi esplicitato.Richiamandosi all’agnello pasquale, il Battista gio-vanneo non annuncia tanto il mistero della croce,ma la liberazione che Dio sta per realizzare me-diante quest’uomo - una liberazione di cui l’uscitadall’Egitto era il prototipo - senza che vi affiori al-cuna connotazione sacrificale; si ritroverebbe così ilsenso profondo della Pasqua, festa annunciatrice diogni liberazione, attuale ed escatologica.

Per Gesù tutto partiva da Dio. La sua vita è stataun’obbedienza radicale alla volontà di Dio, ricercatanelle Scritture, nell’incontro con le persone, nellapreghiera. In lui lo Spirito di Dio non solo scese, masi fermò. Gesù non pensò mai di poter svolgere lasua missione senza la luce e la forza di Dio.

Se lo Spirito di Dio non si ferma su di noi, se nonorienta quotidianamente la nostra vita, siamo al-beri secchi, cisterne che disperdono l’acqua. Non c’èrinnovamento senza approfondimento. Rinnovare lanostra vita di fede significa rendere più radicale,più concreta, più impegnativa la nostra sequela diGesù. Non abbiamo alcune possibilità di seguirne lastrada se non mettiamo a fondamento Dio e la Suavicinanza. Mai come oggi abbiamo mille motivi e il

sacrosanto dovere di pensare operosamente agli uo-mini, alle donne, al creato.

C’è tanto bisogno di credenti che vivano con pas-sione ed intelligenza l’impegno politico, il volonta-riato, lo sforzo di creare una cultura critica, vera-mente laica, nella chiesa e nella società. Ma, in sta-gioni di passaggio come queste, è più che mai neces-saria una spiritualità evangelica profondamente ra-dicata nella lettura biblica, nella preghiera, nel-l’ascolto.

Se noi non curiamo queste “radici” dell’albero, anzi-ché vivere del soffio, della forza, dello Spirito di Dio,saremo guidati dalla “spirito del mondo”. Se non ra-dichiamo la nostra vita in Dio, presto o tardi fa-ranno capolino gli idoli. Lo spirito del mondo puòavere tanti volti e tante voci: denaro, carriera, co-modità, egoismo, ambiguità... ma lambisce, “tenta”,esercita il suo fascino su ciascuno di noi.

Il grande imputato è il vuoto o il pieno di cose vuote.E’ essenziale, nella sequela di Gesù, fare il pieno difede, di amore e di speranza. Gli spazi vuoti diven-tano facile preda del male, del nulla, degli idoli. Uncuore “governato” da Dio, dagli “interessi” per il Re-gno di Dio, può far fronte alle seduzioni che ci giun-gono da tutte le parti.

Paolo Sales

La “lezione” del cavalloUn giorno, il cavallo di un contadino cadde in unpozzo. Non riportò alcuna ferita, ma non riuscivapiù ad uscirne con le proprie forze. Per molte orel’animale nitrì fortemente, disperato, mentre ilcontadino pensava a cosa avrebbe potuto fare.Finalmente, il contadino prese una decisione:pensò che il cavallo era già molto vecchio e nonserviva più a niente e anche il pozzo, ormaisecco, aveva bisogno di essere chiuso in qualchemaniera.Non valeva più, dunque, la pena di sprecareenergie per tirar fuori il cavallo dal pozzo. Allorachiamò i suoi vicini perché lo aiutassero a inter-rare vivo il cavallo. Ciascuno di essi prese unapala e cominciò a gettare della terra dentro ilpozzo.Il cavallo non tardò a rendersi conto di quello chestavano facendo, e “pianse” disperatamente. Tut-tavia, con sorpresa di tutti, dopo che ebbero get-tato molte palate di terra, il cavallo si calmò.Il contadino guardò in fondo al pozzo e, con sor-presa, vide che ad ogni palata di terra gettata so-pra la sua schiena, il cavallo si scuoteva facendocadere la terra ai suoi piedi e salendoci sopra.Così, in poco tempo, il cavallo riuscì ad arrivarealla bocca del pozzo, passare sopra il bordo euscire, trottando via felice... (www.qumran2.net)

Page 33: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

31LETTURE BIBLICHE

Il cieco nato

(Giovanni 9, 1-41)

Il racconto della guarigione del “cieco nato” è pre-sente solo nel Vangelo di Giovanni; è un brano estre-mamente complesso e vivace, con più personaggiche entrano in scena.

Il contesto è quello della festa delle Capanne, du-rante la quale a Gerusalemme il sommo sacerdotescendeva in processione nella piscina di Siloe per at-tingere l’acqua lustrale per l’altare. È la festa delraccolto autunnale che ricorda il soggiorno diIsraele nel deserto durante l’esodo.

Il miracolo vero e proprio è descritto in modo sem-plice e chiaro nei versetti 1 e 6-7. E’ Gesù che prendel’iniziativa, contrariamente a quanto avvenuto perle guarigioni del cieco di Gerico (Mt 20, 29-34; Mc10, 46-52; Lc 18, 35-43) e del cieco di Betsaida (Mc 8,22-26), quando il suo intervento è stato sollecitato.

Gesù compie dei gesti un po’ magici: mette fango esaliva sugli occhi del malato e lo manda alla piscinadi Siloe a lavarsi. A questo punto avviene la guari-gione. Il cieco, guarito, non ritorna subito a ringra-ziare; è Gesù che lo incontra nuovamente dopo che èstato cacciato dai Giudei.

Meier, nell’analisi critica del brano, dice che i ver-setti 1 e 6-7 rappresentano il nucleo originario o laversione più antica del racconto di un fatto vera-mente accaduto (Un ebreo marginale, vol 2, p. 832).Egli aggiunge che, probabilmente, la descrizione deldibattito e della controversia con i giudei è un’elabo-razione secondaria, specchio delle problematiche edelle fratture della comunità di Giovanni con quellagiudaica ed esprime il pensiero teologico giovanneo.

Il racconto delle discussioni con i giudei, i genitori eil cieco, a prima vista sembra sollevare questioniche fanno parte di quel periodo storico e di quella co-munità, ma in realtà conduce a riflessioni che ri-guardano anche noi, che ci chiamano in causa.

“…Chi ha peccato, lui o i suoi genitori, per-ché egli nascesse cieco?”

La discussione tra i discepoli sull’idea che la cecitàsia causata da una punizione di Dio per le colpedella persona o della sua famiglia parte da una con-vinzione presente nel popolo ebraico e che si trova inalcune citazioni nel primo Testamento (es. Salmo38). Anche oggi spesso sentiamo dire: “Cos’ho fattoper meritarmi questo?” oppure “Che cos’ha fatto unbambino perché debba essere punito con una gravemalattia”?

Sono espressioni dello sconcerto di fronte al dolore ealla sofferenza e della difficoltà ad accettare i limitidella nostra creaturalità. L’atteggiamento di Gesùinduce a un radicale cambiamento di prospettiva: lacosa importante che possiamo e dobbiamo fare difronte al dolore è, innanzitutto, quella di risponderealla sofferenza e ai bisogni di chi è in difficoltà.

Le frasi successive e l’espressione “finché sono nelmondo, sono la luce del mondo” probabilmente sonoda ascrivere alla redazione di Giovanni, che si ponel’obiettivo di esaltare la figura di Gesù come “Figliodell’Uomo” e fonte di luce e di vita.

“Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato”

Viene riproposto qui il problema dell’osservanza delsabato. Gesù si era formato in un contesto religiosodi ispirazione farisaica, tra gente devota, fedele alleleggi, ai riti e alle pratiche. Però aveva capito che leritualità hanno in sé poco o nessun valore se noncontribuiscono alla crescita morale e spirituale dellepersone.

Da questa certezza gli derivava la libertà di viveresecondo le proprie convinzioni e, talora, di agire con-tro la tradizione, anteponendo l’amore per i fratelliall’osservanza delle pratiche.

Quante volte ci sentiamo a posto perché parteci-piamo a dei riti o seguiamo delle celebrazioni e nonriusciamo a vedere i bisogni di chi ci sta vicino!

“Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei”

Nel racconto di Giovanni la discussione sul sabatoappare non tanto una discussione teologica, quantopiuttosto una scusa delle autorità per gettare di-scredito su Gesù. Lo scontro con i giudei più conser-vatori si stava facendo sempre più acceso e moltepersone, che avrebbero potuto riconoscere Gesùcome maestro e seguirlo, erano trattenuti dal timoredi essere espulsi dalle sinagoghe e dalla comunità.

Gli stessi genitori del cieco, interpellati perché nonsi voleva credere alla testimonianza di quest’ultimo,erano terrorizzati e non volevano rischiare qualcosaprendendo le difese del figlio risanato.

Gesù veniva rifiutato perché non era un uomo ap-partenente agli ambienti del potere giudaico istitu-zionale, ma soprattutto perché, forte della certezza

Page 34: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

32 LETTURE BIBLICHE

interiore del messaggio di uguaglianza e fraternitàche voleva portare agli uomini, non era mai sceso acompromessi con queste persone.

I potenti sono spesso convinti di essere gli unici de-tentori della verità e di poter decidere da che partesi deve stare. In quest’ultimo periodo ci viene conti-nuamente detto chi è un buon cattolico e chi no, cosadobbiamo credere e qual è il comportamento moraleche dobbiamo avere, senza tenere conto del cam-mino faticoso che ogni giorno ciascuno di noi devepercorrere per acquistare consapevolezza e avvici-narsi a Dio e al messaggio di Gesù.

La visione cristologica di Giovanni

Il racconto del miracolo del cieco nato, come i rac-conti delle altre manifestazioni straordinarie dellavita pubblica di Gesù, risentono della visione cristo-logica di Giovanni e delle prime comunità.

I miracoli compiuti da Gesù sono definiti chiara-mente da Giovanni come “segni”, “segni portatori disignificati profondi, atti di automanifestazione diGesù, figlio di Dio, rivelatore del Padre al mondo,fonte di luce e di vita” (Barbaglio, Gesù ebreo di Ga-lilea, p.247).

Tutta la discussione dei giudei verte sulla difficoltàdi riconoscere la fonte del potere di Gesù, vienemesso in causa il demonio, lo si accusa di essere con-tro Dio perché non rispetta il sabato. Gesù non hausato i suoi poteri per fare adepti o per sbalordire isuoi contemporanei, ma per alleviare le sofferenzealtrui nell’ottica della sua visione del Regno, at-tuando il progetto di Dio: “Dobbiamo compiere leopere di colui che mi ha mandato”.

Dice Ortensio da Spinetoli “I suoi prodigi e miracolimirano a modificare le condizioni esistenziali degliuomini e non sono, come spesso è inteso, segni perun accreditamento della sua missione da parte diDio”.

Giovanni ci fa intravedere il cammino di conoscenza che ha effettuato il “cieco nato”

Il primo passo è un atto di fiducia, si lascia mettereil fango sugli occhi e va alla piscina a lavarsi. Riac-quistata la vista non corre a ringraziare Gesù, ma,interrogato, si rende conto di essere coinvolto in unintervento straordinario e dice “è un profeta”.

Solo nell’incontro successivo con Gesù ne com-prende il messaggio e lo riconosce come Salvatore:«Io credo, Signore!». E’ anche il cammino di ognunodi noi. Il primo passo non è nostro, è un segno, unessere toccati da Dio. I “segni” ci sono ogni giorno, il

problema è essere disponibili a vederli: Dio ci parlaattraverso gli avvenimenti, gli incontri, le storiedelle persone, gli spettacoli della natura.

Occorre saper riconoscere il segno, essere attenti emettersi in moto verso la piscina con fiducia. Vederela luce vuol dire capire più a fondo la strada per ilRegno e poi, lentamente, seguire il cammino diGesù e aprirsi agli altri.

Vilma Gabutti

Page 35: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

33LETTURE BIBLICHE

Il peccato di chi si crede completo, la grazia di chi aspetta di esserlo

(Giovanni 9, 1-41)

Un racconto di inclusione

Il centro dell’episodio non è il miracolo in sé, ma ildibattito che ne scaturisce. Una disputa teologica, –come è tipico del vangelo di Giovanni. Tutto si snodae parte dai diversi interrogatori che i protagonistisubiscono. Questa è la storia di un cieco che vienealla luce e di uomini che presumono di vedere e perquesto restano condannati alle tenebre.

Nel racconto leggiamo due movimenti: uno di inclu-sione e un altro di esclusione. Il primo è la storia diun uomo, non completamente creato, cieco dalla na-scita. Escluso dalla piena partecipazione ad Israelee, proprio a causa di questo suo difetto, escluso dalculto secondo le norme di purità. Il difetto esclude,la vittima viene incolpata perché infetta tutta la so-cietà. La malattia del cieco è segno di peccato, dicolpa, almeno così è percepita dalla società, e anchei discepoli si interrogano: «Chi ha peccato?». Chi è ilresponsabile della colpa che ha fatto sì che que-st’uomo nascesse cieco? Gesù riesce a trasformare,nell’incontro con un uomo, il segno del peccato inun’occasione di salvezza. Concretamente. A Gesùnon interessa l’origine della sofferenza, ma il signi-ficato che essa assume nel piano di Dio. Un piano,un disegno, a cui si collega il gesto di Gesù.

La terra (adamah) impastata con la saliva è il gestodella creazione, della continua creazione del mondoda parte di Dio, evento al quale tutti gli uomini e ledonne devono cooperare, prolungando questo gestod’amore che impasta terra e vita, fango e saliva. Igiovani riuniti a Medellin nel 1968, durante l’as-semblea del Celam (Conferenza episcopato latinoa-mericana), non ebbero paura di affermare, nellaloro professione di fede, di credere «in un Dio, crea-tore di un mondo non ancora finito, non di unmondo che è così e che così deve continuare, come seDio avesse proposto un piano eterno di sviluppo, nelquale noi non possiamo partecipare». Dimostraronodi aver voglia di cambiamento, di voler cooperarealla creazione del mondo degli uomini e delle donneattraverso un processo di liberazione e di responsa-bilità.

Gesù aiuta quest’uomo a completarsi, a terminarela sua creazione. Il cieco viene mandato a purifi-carsi nella piscina di Siloe e riacquista la vista. Daquesto momento torna ad essere membro della so-cietà, torna ad avere voce. A questo punto del rac-conto, infatti, egli acquista una soggettività, diventaprotagonista, la gente lo degna di considerazionedandogli del “tu”. I farisei lo interrogano, anche se

vorrebbero continuare ad escluderlo: «Tu sei suo di-scepolo, noi siamo discepoli di Mosè!». Ma il cieco ri-sponde lucidamente e riporta i farisei a rapportarsicon lui in un “noi”: «Ora, noi sappiamo che Dio nonascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fala sua volontà, egli lo ascolta».

Il racconto dell’esclusione

Il cieco nato comincia come escluso. «Egli rappre-senta un esercizio per la curiosità dei passanti, chesi domandano sulle cause morali delle sventure fisi-che» (J. Alison, Fede oltre il risentimento, Ed. An-cora, Massa Martana 2007, pag. 23). Il problemanasce dalla guarigione compiuta in un giorno di sa-bato. Eppure anche questo richiama inconfondibil-mente il continuarsi della Creazione. Qui sta il pro-blema dei farisei, che si domandano la liceità diquesta guarigione. Essi in un primo tempo cercanodi negare il fatto, ma non ci riescono. A questo puntochiamano il cieco a testimoniare, tentando di farglidire, di costruire una versione dei fatti che ricono-sca la fonte peccaminosa da cui proviene il miracolo.L’ex-cieco risponde: «Se sia un peccatore, non lo so;una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo» (9,25).Una risposta straordinaria. «L’uomo dimostra unasana indifferenza verso la dimensione morale dellaquestione» (J. Alison, op. cit., pag. 26). L’ex-cieco sirifiuta di diventare complice dei farisei, che vorreb-bero da lui un giudizio negativo. I farisei vengonomessi in crisi, nella loro unità e sicurezza, dalla lu-cidità del guarito e per questo lo cacciano.

Il sovvertimento

Il racconto del cieco nato è il paradigma del rove-sciamento del peccato dall’interno. Egli non fa nullaper merit, affinché Dio possa continuare nella crea-zione, non è il cieco nato, ma coloro che pensano diessere completi, giusti, finiti. «E sono convinti che lacreazione, almeno per quello che li riguarda, sia ter-minata. Per questa ragione pensano che la rettitu-dine consista nel mantenere l’ordine stabilito con iloro mezzi: la bontà è definita a partire dall’unità»,dall’appartenenza al gruppo «a scapito e in contrap-posizione al cattivo escluso. I giusti del gruppo, chepensano di poter vedere, diventano ciechi propriosostenendo a oltranza quell’ordine che pensavano didover difendere» (J. Alison, op. cit., pag. 31-32). Il si-gnificato che Giovanni attribuisce al sabato è quellodi simbolo della creazione ancora incompleta.

Non possiamo non constatare che una delle perfidiedella nostra istituzione ecclesiastica, una delle piùpesanti responsabilità lungo i secoli, è stato questooccultamento della verità, questo tentativo di man-

Page 36: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

34 LETTURE BIBLICHE

tenere le persone nella cecità, questo strangola-mento delle voci libere, questa repressione della li-bertà. Sono i custodi della Legge, i “sacerdoti”, i de-tentori della verità che hanno paura della luce.Quanti occhi vengono impediti e quante voci soffo-cate in nome di Dio.

Il rischio è anche il nostro

Quello che il vangelo ci offre non è una legge, un cri-terio fisso, una teoria, ma una storia dinamica di in-contro con l’altro, con il diverso, con l’escluso. Lastoria agisce in maniera sovversiva e noi spessonemmeno ce ne accorgiamo! Istintivamente, leg-gendo questo brano del vangelo di Giovanni, ten-diamo a identificarci con il cieco nato, con l’escluso.Eppure molte volte ci ritroviamo, invece, ad assu-

mere i panni dei “buoni” della situazione, in questocaso i farisei. Identificandoci con la “bontà” cheesclude, con la giustizia del gruppo, non sempre riu-sciamo ad avvicinarci concretamente a chi non sem-bra essere giusto, buono, gentile, pulito… Il rischioè anche il nostro. Quello di stare dalla parte di chicrede di avere Dio in tasca, di possederlo. Di esseresempre dalla parte della ragione e mai del torto.

La dinamica del sovvertimento, che l’evangelo ci in-segna, ci porta oltre tutto ciò. Ci spinge a voler cam-biare queste divisioni, queste concezioni, queste ca-tegorie… che a lungo andare tendono ad escludere,a costruire qualcosa che sia socialmente accettabile,ma che finisce per essere umanamente alienante espiritualmente sterile.

Gabriele

Credere senza vedere, senza toccare(Giovanni 20, 19-31)

Questo brano è un po’ la conclusione del ciclo pa-squale. Infatti il racconto delle due apparizioni sem-bra quasi “voltare pagina” e dare inizio all’espe-rienza di fede dei discepoli.

Nell’antica “domenica in albis” i cristiani che ave-vano ricevuto il battesimo nella notte di Pasqua de-ponevano l’abito bianco e riprendevano gli abiti ditutti i giorni. Il segno della nuova vita doveva dun-que tradursi in una quotidianità fatta di amore, digiustizia, di solidarietà.

Il luogo in cui è ambientato il brano, pur non avendoindicazioni precise, doveva essere, certamente, Ge-rusalemme. E’ sera e i discepoli se ne stanno tuttiraccolti, raccontandosi, probabilmente, gli ultimi av-venimenti del giorno: le donne raccontano di aver vi-sto il Maestro, Pietro e Giovanni di aver trovato latomba vuota... ed ecco che Gesù appare in mezzo aloro.

Sarebbe interessante riportare parte del volumettosulla risurrezione e sulle apparizioni che Andrés T.Queiruga ha pubblicato: “La risurrezione senza mi-racolo” (Edizioni La Meridiana, Molfetta 2006). Atale testo rimando chi volesse approfondirne il mes-saggio relativo alla risurrezione e alle apparizioni.

Pace a voi…

Gesù si presenta ai discepoli, si fa conoscere e sa-luta, ripetendo per ben due volte “pace a voi”.

Non è solo il saluto ebraico, così bello, con il qualeGesù si rivolge ai discepoli. E’ veramente il dono ef-fettivo della pace come Gesù aveva detto nel di-scorso di addio: “E’ la pace, la mia, che io vi do; nonve la do alla maniera del mondo”(Gv. 14, 27).

Poi dà loro una consegna, come bene dicono i vv. 21-23. Non si tratta di vedere in queste parole l’istitu-zione del sacramento della penitenza, né tanto menol’incarico ai discepoli di “amministrare” il perdono,quanto piuttosto il messaggio importante, centraledell’evangelo: è Dio che accoglie, è Dio che perdona.Ed è il soffio di Dio che ci spinge ad andare avantinella sequela di Gesù.

Se analizziamo i versetti vediamo una sequenza digesti e parole. Prima di annunciare la venuta dellaSpirito Santo Gesù alita, soffia su di loro. Ecco il sof-fio, il vento, la brezza di Dio così presente nelleScritture. E’ Dio che ci spinge, che ci fa camminaresulla strada di Gesù. Senza questo vento, questabrezza, noi possiamo fare ben poco.

Non è il potere di rimettere i peccati come noi oggi lo

Page 37: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

35LETTURE BIBLICHE

Quest’anno in comunità leggiamo Matteo

intendiamo, quanto piuttosto l’annuncio grande ebello del perdono di Dio. E’ solo Lui che ci perdona, èsolo Lui che ci accoglie sempre. Sembra forse unmessaggio scontato, ripetitivo. Non lo è, se ci acco-stiamo a questo brano con spirito di ricerca e di fede.

E l’incarico di essere annunciatori del perdono, diessere una comunità che pratica la riconciliazione,non è solo compito dei discepoli della prima ora, maè rivolto a tutti i credenti.

Il messaggio pasquale ha così il suo completamento:saranno gli uomini e le donne che hanno conosciutol’evangelo ad essere profeti, annunciatori di unavita nuova, spinti dal soffio, dal vento di Dio.

In tutto questo vi è, però, da parte nostra un granderischio: il rischio di rifiutare ogni proposta di vita, dinuova vita, di risurrezione, e rimanere chiusi nelnostro piccolo mondo fatto di egoismi, superbie,ecc...

Tommaso, uno di noi

Non tutti sono presenti: manca Tommaso. E alloral’evangelista ci presenta il ritorno di Gesù, ottogiorni dopo. Può essere importante ricordare comequesto tempo sia un’allusione alle prime assembleeeucaristiche delle comunità primitive.

Con la reazione iniziale di Tommaso, il narratoremostra lo scetticismo naturale dell’uomo di fronteall’annuncio “inaudito” della vittoria sulla morte, lo

stesso manifestato dagli Ateniesi quando ascoltanoPaolo affermare che Gesù è risorto, ma anche lastessa nostra incredulità di fronte alle opere di Dio,alle risurrezioni che il Suo annuncio dona.

Però, quando le parole di fede toccano il cuore, e ci silascia penetrare, allora veramente Tommaso puòdire “Signore mio, Dio mio” e non ha più bisogno ditoccare con le sue mani il corpo di Gesù.

Quanto mi sento vicino a Tommaso! Quante volte hodubitato, quante volte ho cercato di cambiare stradadi fronte ad una proposta di Dio! Certo, una propo-sta che si è presentata in molti modi e in molteforme, ma sempre una proposta che può cambiareun pezzo della mia vita. Quante volte mi sono sen-tito Tommaso e quante volte poi ho ringraziato Dioche non mi ha abbandonato!

E Gesù si accomiata da Tommaso e dai discepoli conun “abbraccio” di amore: “Beati quelli che pur nonavendo visto crederanno!” Coraggio, ci sembra direl’evangelista, è possibile credere, anzi... è bello cre-dere alle parole e alle promesse di Dio, che non de-lude mai, che non tradisce mai.

Chissà come sarà stato felice Tommaso di aver cre-duto al Cristo risorto, di credere che il Dio che ha ri-sorto Gesù accompagna e accompagnerà ogni uomoe ogni donna fino alla fine dei tempi. E come pos-siamo e dobbiamo essere felice noi di questa fede pa-squale, che è il più bell’augurio che ci possiamo fare!

Memo Sales

Il battesimo di Gesù (Mt 3,13-17)

In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordanoda Giovanni per farsi battezzare da lui. Giovanniperò voleva impedirglielo, dicendo: «Io ho bisogno diessere battezzato da te e tu vieni da me?». Ma Gesùgli disse: «Lascia fare per ora, poiché conviene checosì adempiamo ogni giustizia». Allora Giovanni ac-consentì. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua:ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito diDio scendere come una colomba e venire su di lui.Ed ecco una voce dal cielo che disse: «Questi è il Fi-glio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto».

La parola battesimo significa “immergere nell’ac-qua, seppellire il vecchio e rinascere rinnovati”.Questo rito veniva celebrato, dai popoli d’oriente,per assicurarsi la resurrezione; nelle chiese cattoli-che dà l’accesso agli altri sacramenti, è come un la-sciapassare.Questo fatto è citato nei Vangeli di Marco, Matteo eLuca, e non in quello di Giovanni. Il battesimo diGesù doveva avere un significato e uno scopo ben di-versi dal battesimo che impartiva Giovanni, che eraper la remissione dei peccati. Gesù era senza pec-cato e quindi non avrebbe dovuto sottoporsi ad unatto che fosse simbolo di pentimento.Nel vangelo di Matteo risulta che Giovanni ricono-

Page 38: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

36 LETTURE BIBLICHE

sce subito Gesù come Messia, tanto che non vor-rebbe battezzarlo; in Marco Gesù è battezzato, maGiovanni quasi sembra non riconoscerlo, lo stesso inLuca.Appena ricevuto il battesimo si riporta una frase diMarco che viene ripresa da Matteo: “si aprirono icieli e vide lo Spirito di Dio scendere come una co-lomba su di lui, e una voce dal cielo dice ‘ecco il figliomio prediletto nel quale mi sono compiaciuto’”, e, inparte, da Luca con le parole: “Tu sei il mio figlio pre-diletto in te mi sono compiaciuto”.Forse questa frase è stata divulgata da Gesù agliApostoli e da questi è stata tramandata.

Io mi chiedo se Gesù, che, nel momento del batte-simo nel Giordano stava ritornando da Nazaret, siarientrato perché era venuto a conoscenza di quantostesse facendo il Battista, oppure se, stanco delviaggio e incuriosito da quanto stava succedendo, sisia fermato ed abbia sentito la necessità di prestarsia questo rito per essere uguale agli altri.Dopo aver ricevuto il battesimo, Gesù ha una pro-fonda conversione e inizia la missione di Messiad’Israele, portando avanti la volontà del Padre.

Lella Suppo

Il mio battesimo (Mt 3)

Il battesimo di Gesù da parte del Battista è narratoda Matteo con il tono di chi vuol dimostrare che lagara tra i due l’ha vinta Gesù: è lui il più potente,non solo rispetto a Giovanni, ma in assoluto, perchèsolo per Gesù si aprono i cieli, lo Spirito di Dioscende su di lui come colomba e, addirittura, la vocepotente del Padre proclama che Gesù non è il suounico figlio, ma è l’unico così “diletto, amato”, nelquale Lui si è “compiaciuto”. Stesse parole che tro-viamo al cap. 17, durante la cosiddetta “trasfigura-zione”.In realtà la competizione era tutta tra i discepoli deidue e Gesù ne diventerà presto la vittima, perchètrasformare un uomo in dio, presentarlo e predi-carlo come un dio, per millenni... vuol dire trasfor-marlo in personaggio mitologico, oggetto di culto,imbalsamato nel suo simulacro. Credere in Gesù di-venta quindi un dovere... cioè credere al Gesù che civiene presentato e predicato da chi l’ha trasformatoin questo modo.Invece quell’uomo che “studiava da profeta” (comedovrebbe fare ogni uomo e ogni donna che vengonoal mondo) ci ha messo trent’anni prima di decidersia prendere la parola in pubblico e, come primo ge-sto, ha scelto di proclamare pubblicamente di es-sersi incamminato sulla strada della conversione,del cambiamento di vita. Questo è, per me, il sensovero e profondo del battesimo: la dichiarazione pub-blica di una scelta radicale di vita, che è anche con-sapevolezza che da quel momento tutti gli occhi sa-ranno su di lui per verificarne la coerenza.E’ un impegno forte, quello che si è preso; non un ge-

sto magico. Ed è, anche, invito a ciascun uomo e aciascuna donna a fare altrettanto. Il “Regno di Dio”,l’altro mondo possibile, ha bisogno di uomini edonne che compiano questa scelta radicale. Il regnodell’amore si costruisce sottoponendo la nostra vitapersonale a una revisione quotidiana, a un cambia-mento continuo. Non per paura del Dio giudice, maper amore del creato, per la sua e per la nostra feli-cità, per fare la nostra parte nella costruzione di re-lazioni d’amore tra le creature. E’ un invito alla vita.Battesimo, allora, è per me anche la scelta di appun-tarmi un laccetto bianco: dichiaro pubblicamente,davanti a voi e non solo a voi, che voglio bandiredalla mia vita la violenza contro le donne.

Beppe Pavan

Dubbio/verità (Mt 3)

Nell'affrontare la discussione su questo brano bi-blico è emerso un inquietante interrogativo: che cosacambierebbe nella mia vita se scoprissi che Gesùnon è mai esistito? Questa semplice, ma allo stessotempo, terribile domanda ha riacceso in me un con-flitto interiore latente da anni.Premetto che io credo in Dio, ho sempre dato e do lamia massima disponibilità a credere in Dio... atten-zione: ho detto Dio...non Gesù. Vedo il sole che brillae vedo Dio, vedo la persona che amo e vedo Dio, vedoun fiore e vedo Dio, vedo mia figlia e vedo Dio, vedoun animale nella campagna e vedo Dio, vedo un ru-scello che scorre e vedo Dio...Trovo allora anacronistici e inopportuni gli ameniraccontini che vengono proposti dalle scritture. Già,le scritture... una serie di documenti stilati per sen-tito dire, per quanto devono propinare al popolinoche nel corso dei secoli la chiesa, dietro un astuto estrumentalizzato piano di scelta e di revisione, hasempre imposto come “parola di Dio”. Ma documentiscritti decenni o addirittura secoli dopo la presuntavenuta di Gesù sono certamente distanti anni-lucedalla parola di Dio.Con questo lungi da me pensare che le scritture deb-bano essere condannate per negatività, ma ciò chesempre mi ha sconvolto è stata l'imposizione dellachiesa, dopo una cernita mirata ed assolutamente diparte. Le scritture, come altri testi della stessaepoca ed attribuiti ad autori di altra estrazione reli-giosa, contengono certamente messaggi comporta-mentali, etici e sociali di tutto rilievo; lo stesso gestopolitico di Gesù, di immergersi nell'acqua del Gior-dano per farsi battezzare dal Battista, evidenzia lavolontà di intraprendere un nuovo cammino di fede,che poi possa essere trasmesso a chi si senta di rac-coglierlo. Ma da qui ad affermare che ciò sia “paroladi Dio” la distanza è decisamente lunga.Si può ritenere che gli autori di queste scritture (siaquelli riconosciuti dalla chiesa che quelli censurati)fossero persone “illuminate”, alla stessa stregua discienziati e filosofi che nel corso dei secoli ed ancoraoggi sono in costante ricerca della verità. Il punto fo-

Page 39: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

37LETTURE BIBLICHE

cale è però che, se la pensi come me, va bene, altri-menti sei un eretico, un ateo, un bestemmiatore edallora devi essere posto al bando. Finché la chiesaha avuto il potere di farlo, questi oppositori sonostati messi al rogo, come ci insegna la storia... poiper fortuna il fornitore dei fiammiferi del vaticanoha rescisso il contratto e, come d'incanto, è svanitol'acre odore di carne bruciata.Sorge quindi spontanea la domanda: allora comefaccio a credere in modo completo anche se, cre-dendo in Dio, penso di essere già a buon punto?Come faccio a credere quando la preoccupazionedella chiesa è quella di proclamare, dopo secoli diarzigogolate riflessioni dogmatiche, la strabiliantetrovata che gli animali non possono andare in para-diso? Purtroppo non mi è dato conoscere ed affer-mare con certezza se tale dichiarazione sia stata di-vulgata dando o meno le spalle ai fedeli.

Luciano Ferretti

Dal deserto dell’esodo all'esodo del deserto (Mt 4)

L'idea generale che unisce tutta la Bibbia, o megliola storia dei Vangeli e la storia dei Profeti di tutto ilprimo testamento, credo sia la ricerca della com-prensione di sé e della propria missione.La traduzione più corretta del libro dell'Esodo è “…equesti furono i nomi”, che indica proprio la volontàdi raccontare l'esperienza delle persone (i nomi) chepercorsero l'Esodo, di “coloro che ascoltarono” (sem-bra evidente la vicinanza con il verbo ascoltare

“umc”). L'esodo, allora, non è tanto il racconto di unviaggio concreto, quanto piuttosto il racconto di unviaggio metaforico di un popolo che cerca il propriosenso, la propria auto-comprensione. Tutti i profetisono visti, a mio parere, come rammentatori delpercorso di Israele “verso l'essere popolo eletto”quando Israele stesso lo dimentica (significativa atal riguardo è la traduzione di parte del primo ver-setto del libro di Osea: “queste sono le parole come ilSignore le diede ad Osea figlio di Beeri…”).E che cosa c'entra il deserto di Gesù? Anche lui peropera dello Spirito (di nuovo Dio che interviene)sembra dover - e voler, perché no? - comprendere edauto-comprendere la propria missione e finisce dinuovo (!) nel deserto. Gesù sembra chiedersi: checosa farò di me? dovrò legarmi al potere? (Mt. 4,5-6),dovrò diventare demagogico e vendere pane per farsopravvivere la casta dei potenti e far tacere la po-vera gente? (Mt. 4,3-4), dovrò convincere la gentecon dei prodigi, come una Wanna Marchi di turno?(Mt. 4,7-8) o, più semplicemente, dovrò raccontarela verità?...Questo sembra veramente un documento program-matico di Gesù: non è tanto importante convertire(e fare miracoli), quanto piuttosto testimoniare, per-ché il cambiamento di chi accetta la sfida sia quantopiù possibile personale e veritiero.Certo, in una società che punta verso l'apparire,dove l'importante è il far comprare e non l'infor-mare, questo è un messaggio dirompente… riflettia-moci.

Luca Prola

In cammino...Il maestro Gesù (Mt 5,1-12)

I due versetti che precedono l’enunciazione dellebeatitudini mi hanno fatto pensare che Gesù qui èpresentato come il maestro che chiama i suoi disce-poli e sale sulla montagna. La folla, questa moltitu-dine di gente, sembra quasi inquietare Gesù, chesente la necessità di appartarsi, di concentrarsi e diriflettere sulle condizioni che affliggono queste per-sone.Mi piace pensare che anche lui, rispetto alle situa-zioni di ingiustizia e di povertà della sua gente, ab-bia avvertito il bisogno di confrontarsi con il gruppoche lo aveva seguito dalla Galilea. Di fronte aigrandi problemi Gesù era solito aprire il suo cuore aDio nella preghiera e aveva sempre percorso lastrada del dialogo e del confronto con i discepoli e lediscepole.

“Aperta la bocca insegnava loro”: dietro questo modostringato di dire si nasconde una profonda verità.Infatti Gesù annuncia,secondo questi versetti delVangelo, ciò che costituisce la sostanza della suavita. Qui Gesù parla come un maestro desideroso diaiutare la sua gente a inserirsi e sentirsi parte delprogetto di Dio. Non viene dimenticato nessuno delpopolo dei poveri, degli oppressi, dei perdenti, deiperseguitati, dei senza pace. Il messaggio di Dio cheGesù enuncia non taglia fuori nessuno. L’esclusione,che era la norma nella società del suo tempo, vienequi rifiutata e gli esclusi diventano i primi invitati.Nessun altro testo sottolinea con altrettanta chia-rezza la gratuità e la sovversività della proclama-zione del messaggio del Regno. Il carattere gratuitosta anche nel fatto che l’accesso alla felicità è apertoa tutti e tutte. In primo luogo a quelli esclusi, chenon avrebbero né le forze né gli strumenti per con-

Page 40: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

38 LETTURE BIBLICHE

quistarsela. L’attualità di questa pagina evangelicanon ha bisogno di essere ribadita: ancora oggi lamaggior caratteristica del mondo è l’esclusione e lebeatitudini aprono il sentiero dell’inclusione, dellacondivisione.Anche per Gesù questo è stato un percorso di quoti-diana conversione. Noi, esattamente come i discepolie le discepole, siamo invitati a metterci in camminosulle orme di Gesù, guardando questo faro cheorienta e illumina la nostra esistenza. Tutto sta nelprendere sul serio le beatitudini ed allora esse di-ventano per noi una proposta e nello stesso tempouna sfida. Si tratta infatti di entrare in una prospet-tiva di sovvertimento della nostra vita e di scommet-tere che, su questa strada, Dio ci fa incontrare la fe-licità.E’ doloroso constatare che la nostra chiesa ufficialenon ha mai preso in considerazione di convertirsialle beatitudini e resta nel mondo una delle più po-tenti istituzioni che producono esclusione.

Fiorentina Charrier

Ripudio e adulterio (Mt 5,31)

“Fu pure detto: chi ripudia la propria moglie, le dial’atto di ripudio; ma io vi dico: chiunque ripudia suamoglie, eccetto il caso di concubinato, la espone al-l’adulterio e chiunque sposa una ripudiata com-mette adulterio”.

Vivendo in una piccola comunità i giovani avevanomodo di conoscersi, i loro cuori palpitavano quandosi incrociavano gli sguardi, tante speranze, tanti pic-coli sogni. Ma il loro destino veniva deciso dai geni-tori, zii, o chi altro, questi stipulavano il contratto dimatrimonio tra una giovane ragazza e un uomospesso più anziano; per questioni di interesse e dimaterialità la giovane donna vedeva sfumare i pro-pri sogni, doveva adattarsi alla vicinanza di un ma-schio che avrebbe imparato a conoscere, in casi for-tunati ad amare, di certo era costretta ad accettare.Con queste imposizioni potevano crearsi dissaporinella vita matrimoniale.Nel Vangelo di Matteo si parla di ripudio, ma se neparla al maschile: solo l’uomo aveva il potere di ripu-diare la moglie; per di più, se questa aveva l’occa-sione di incontrare un altro uomo, si parla di adulte-rio. La donna, in quel momento, non aveva grandipossibilità di rifarsi una vita amorosa, poteva por-tare dentro di sé la speranza di un sogno che difficil-mente sarebbe diventato realtà.In Italia la presentazione del progetto di legge suldivorzio parte nel ’65, solo nel ’70 diventa legge e nel’74 viene ancora sancito da un referendum. A poco apoco gli uomini e le donne trovano il coraggio di af-frontare la separazione e poi il divorzio.Vivere la vita è complicato, nasciamo con la spe-ranza di amore e, nei casi meno fortunati, viviamonel disamore, nutriamo la rabbia, mettiamo i nostrisentimenti in frigo, le nostre necessità materiali al

primo posto, non siamo capaci di trasmettere e nep-pure di ricevere amore.Chi può imporre di proseguire su un’unica strada adue persone che non si stimano più? In nome di checosa e di Chi? Come potrebbe Dio, che ama ognunodi noi e vuole la nostra felicità, chiederci una similesofferenza? Dio fa sorgere il sole sopra tutti noi in-distintamente.

Lella Suppo

Felice chi si mette in cammino (Mt 5)

E così, a conferma delle riflessioni che andiamo fa-cendo in comunità, mi è stato spiegato che nella ra-dice ebraica di quel “beati... beati...” ci sta il sensodel “mettersi in cammino” verso il Regno di Dio... IlRegno sarà di chi si mette in cammino per raggiun-gerlo, per realizzarlo. Ed è un cammino di felicità! Sitratta di una dichiarazione impegnativa, in bocca aGesù, ma è confermata dall’esperienza di vita che fachi in questo cammino ha deciso di mettersi, come inquei suoi primi trent’anni aveva cominciato a farelui:- Poveri e povere in spirito. Non basta la povertàmateriale, è necessario anche liberarsi dal desideriodi possesso e di attaccamento alle ricchezze, a ciòche è di più del necessario quotidiano per una vitadignitosa (povertà è sobrietà, non indigenza e mise-ria).- Afflitte non sono le persone depresse, ma, secondome, chi sente su di sé il peso dell’ingiustizia che do-mina il mondo e ne soffre ed è triste...- Ma cammina spinto/a dalla fame e dalla sete digiustizia, cercando di fare la sua parte perché l'in-giustizia receda e venga sostituita da relazioni digiustizia e di solidarietà.- Tutto ciò con mitezza e purezza di cuore, limpi-dezza di intenzioni e ricerca di coerenza quotidiana,- pieni e piene di misericordia, di compassione, checi spinge alla ricerca della pace, di relazioni d'amorea tutti i livelli: da quello micro della coppia e delgruppo a quello macro delle comunità e delle na-zioni.- Vivere così vuol dire mettere anche in conto, consa-pevolmente, che si andrà incontro a incomprensioni,violenze e persecuzioni, perché chi domina con l'in-giustizia non sopporterà di esserne scalzato senzareagire.Ma quella, e solo quella, è la strada che porta al Re-gno di Dio, al Regno dell'Amore. Difficile darglitorto... così com'è difficile fare nostra questa stradanella vita. Chi prova ad essere mite, compassione-vole, puro/a e povero/a nel cuore, affamato/a di giu-stizia e costruttore/a di pace... è sale e luce per laterra: compagno/a di vita per chi gli/le vive accanto,rende visibile che è possibile vivere così e semina ildesiderio di fare altrettanto. Perché non è una vitada supereroi quella che Gesù e Matteo ci invitano afare, ma una strada praticabile da chiunque: saperstare nelle relazioni con cura, con rispetto, con con-

Page 41: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

39LETTURE BIBLICHE

divisione... è una competenza che si può imparare,donne e uomini. Non solo: è conveniente cercare divivere così, perché è davvero cammino di felicità.Questa è esperienza di vita di chi, nel qui e ora dellastoria umana, ci ha provato e ci prova con consape-volezza e convinzione.Un'obiezione è spontanea, scontata, quasi banale:non è possibile vivere così, pienamente coerenti; sa-rebbe pretendere da noi una “santità” impraticabileda creature fragili e parziali come siamo. Verissimo!Ma l'invito di Gesù è a camminare; dove e quandoarriveremo non è dato saperlo. Il Regno dell'Amoresi costruisce camminando: non è un “pacchetto tuttocompreso” che riceveremo in regalo all'arrivo... per-chè è una strada che non finirà mai, se non con lafine della nostra vita, del nostro personale e collet-tivo camminare. Ma camminando costruiamo giusti-zia e condivisione e relazioni di cura con chi cam-mina con noi: questo è il Regno. Ed è possibile,molto probabile, che chi è mite e povero nel cuore siaanche misericordioso e costruttore di pace, affamatodi giustizia e malvisto da chi non tollera che si vivafuori dagli schemi sociali imposti. Ci è chiesto dicamminare così: non verso la santità e la perfezione,ma verso relazioni d'amore.Per aiutarci abbiamo la Legge: quella di Dio, che ciparla al cuore di amore, di pace, di vita... e che èstata via via formalizzata in tavole e comandamentiin ogni angolo del globo. Ma guai a noi se ci fossiliz-ziamo nell'osservanza formale, tecnicamente inecce-pibile, delle norme della Legge. Dobbiamo sempreandare oltre... Nella seconda parte del capitolo Mat-teo mette in bocca a Gesù un'ampia casistica esem-plificatrice; per dire: la Legge è necessaria, perchéfissa i limiti minimi al di sotto dei quali il nostrocomportamento sarebbe lesivo del rispetto dovuto aldiritto a una vita dignitosa di ogni altra creatura.Ma dobbiamo imparare a vivere con una consapevo-lezza ben superiore: se pietrifichiamo le norme eti-che, se la parola di Dio, la legge dell'Amore, si inari-disce in una formuletta catechistica... l'amore e lagiustizia resteranno sogni nel cassetto.Perché chi fissa le norme, chi scrive i catechismi,tende a farlo per gli altri e le altre; lui se ne chiamafuori, perchè è superiore: lui la scrive, la legge, la in-terpreta, la amministra, ne è proprietario... Comegli scribi e i farisei (v 20), dice Gesù, che inchioda-vano i rotoli della Legge agli stipiti delle porte, neintrecciavano striscioline con i riccioli dei capelli... epoi negavano dignità alle vedove e agli orfani. Lapovertà abita altrove, la mitezza e la misericordiaanche. Dov'è la fame di giustizia, l'amore per lapace... quando si va a braccetto con i potenziali per-secutori?Cos'è davvero importante, nelle parole di Gesù? Unarichiesta formale di perdono (che so... alle donne, aipopoli indigeni, alle vittime della schiavitù, ai bam-bini abusati sessualmente, ai vari Galileo, GiordanoBruno, ecc...), per potersi dedicare ai culti e ai propriprivilegi senza più quella palla al piede? O un rico-

noscimento consapevole degli errori commessi, ac-compagnato e reso visibile da pratiche coerenti di ri-parazione, di restituzione, di cura? Forse qui sta la“purezza del cuore” che ci viene richiesta: amoresincero, non gesti strumentali; cambiamento anchemateriale di vita, non preghiere ripetute solo con lelabbra.Il “desiderio”, infine (v 28). Gesù ci chiede di auto-formarci a relazioni di riconoscimento e di rispetto,liberandoci da quello sguardo predatorio, posses-sivo, che appartiene agli uomini che non devonochiedere mai, perché sono autorizzati, dall'apparte-nenza al genere dominante, proprietario, cacciatore,a prendersi le donne che vogliono. Aveva un ante-nato famoso per questo, Gesù, stirpe di quel re Da-vid che, per godersi in pace Betsabea, ne aveva fattomorire il marito mandandolo in guerra in prima li-nea.Ma non solo le donne... anche il petrolio che vo-gliono, l'acqua che vogliono, le pellicce degli animalie il legname delle foreste pluviali e la salute e lavita degli operai... La predazione non vuole limiti: èil capitalismo, il trionfo della sete di ricchezza e dipotere, il contrario delle beatitudini... Ai “successoridi Cristo” offri denaro e garantisci privilegi e avraila loro comprensione e amicizia benedicente. “Razzadi vipere!” direbbe il Battista, parlando di chi fa leleggi e impone al popolo un giogo che loro si rifiu-tano di portare.A noi, come a loro, è chiesto di andare oltre, interro-gando il nostro desiderio, riconoscendolo, chiaman-dolo per nome: può essere un desiderio d'amore o undesiderio di rapina. La consapevolezza è il primopasso per resistere a questa tentazione e metterci incammino sulla strada dell'Amore.

Beppe Pavan

Page 42: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

40 LETTURE BIBLICHE

Davanti a Gesù

La sobrietà

“Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola eruggine consumano e dove ladri scassinano e ru-bano; (...) Perchè là dov’è il tuo tesoro, sarà anche iltuo cuore” (Mt 6,19-21).“Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo iloro nidi, ma il figlio dell’uomo non ha dove posareil capo” (Mt 8,20).

Confrontando questi due brani vediamo una grandecoerenza tra le parole di Gesù e il suo stile di vita.La sua parola è autorevole perchè non ne contrad-dice la pratica e invita anche chi gli sta vicino a con-dividere questa modalità.Gesù viene presentato come uomo libero dal pos-sesso e dall’attaccamento alle cose materiali, utiliz-zate secondo le necessità, ma non accumulate. E’uno stile di vita che propone anche ai suoi discepoli,perchè permette di incontrare le persone senza cer-care il proprio tornaconto. Se il cuore è ancorato allaricerca di ricchezze materiali, difficilmente si lasciacoinvolgere dalla cura delle relazioni.Gesù incontra le persone e non scappa, anche sequeste hanno bisogno di aiuto e anche se presen-tano comportamenti un po’ fuori dalla norma. A meverrebbe spontaneo invece cercare e stare in rela-zione con chi mi assomiglia di più e la tentazione èspesso quella di scappare di fronte alle più o menoesplicite richieste di aiuto, trovando giustificazionidel tipo: è un problema troppo grande per me, nonsono abbastanza preparata, non ho tempo...Il messaggio che ricevo dal vangelo è, invece, quellodi stare nelle relazioni con amore e cura, con cuorelibero di coinvolgersi con compassione, attenzione edisponibilità.La sobrietà fa parte dello stile di vita di Gesù ecredo che, ora come allora, sia una scelta contro cor-rente. Penso che il non avere dove posare il capo,cioè la radicale assenza di proprietà, possa essereper noi un invito a guardare e a fare piccoli passi inquella direzione. Possiamo provare questa stradache, secondo me, oltre a permettere più attenzionealle persone che incontriamo, ci dice anche che pos-siamo rispettare di più l’ambiente e le risorse chesono di tutti, attraverso la diminuzione dei consumi,il maggior rispetto delle risorse ambientali, la curaper il mondo in cui viviamo. Significa condivideretempo e risorse e acquisire uno sguardo diverso sututte le cose. Ma se sono troppo concentrata sui benimateriali, come potrò accorgermi degli altri e deiloro bisogni?L’esempio di Gesù, e di uomini e donne anche delnostro tempo, dimostra proprio che una vita sobria,sempre più libera da attaccamento, favorisce le re-lazioni tra le persone e tra queste e il creato e pro-

cura un profondo senso di libertà: negli occhi di chiriesce a praticarla si legge una grande serenità.Ho bisogno di continui stimoli, che mi arrivano dallalettura biblica fatta in gruppo e dalla vita comunita-ria. Parole e gesti, scelte concrete che vedo agite inGesù e in ognuno e ognuna di voi, mi scuotono e miinterpellano. Voglio cercare di rispondere quotidia-namente a questa domanda: che cosa significa perme, nella concretezza di ogni giorno, cercare l’essen-ziale, praticare la sobrietà, per sognare e impe-gnarmi per un mondo più giusto e solidale?

Carla Galetto

Le risposte di fronte all’autorità di Gesù (Mt 8)

Come certamente qualcuno avrà notato, non c’èunanimità di risposte e di comportamenti di fronteall’autorità di Gesù. Il primo, il lebbroso, non lasciatrapelare un tipo particolare di reazione, anche se ilbrano che lo segue, che vede coinvolto l’ufficiale ro-mano, sembra averne percepito la eco. L’autorità diGesù qui è talmente riconosciuta da non doverneneanche dare dimostrazione muovendosi di persona.E’ sufficiente un ordine, un qualche suo cenno au-torevole. Se uno può fare grandi cose, e a Gesù ciò èriconosciuto, le può fare indipendentemente da dovesi trova.La suocera di Pietro, invece, è appena stata rimessain forze. Non è che si riposa o si fa compatire: eccolache riprende quelle che erano le sue prerogative al-l’interno del nucleo familiare. Qui il “servire” puòverosimilmente essere riferito anche ad una dellefunzioni che svolgeva all’interno di una comunitàdomestica, come ce n’erano tante in quegli anni:funzioni di diaconia e servizio per la diffusione dellabella notizia avviata da Gesù stesso.C’è poi la risposta istintiva del maestro della leggeche, affascinato dall’operato di Gesù, si lancia inun’affermazione a dir poco esagerata... “Ti seguiròovunque andrai”. Affermazione subito ridimension-ata dalle parole del Maestro, che lo riporta moltoconcretamente alla realtà.C’è la risposta del discepolo che, col pretesto dellasepoltura al congiunto, non riesce a capire che cosìfacendo continua a mettere al primo posto le coseterrene che, pur se apprezzabili, non riescono acogliere con prontezza la novità portata dall’azionedi Gesù.C’è infine la riposta degli abitanti di Gadara, i qualinon riescono a percepire fino in fondo le positivitàdella guarigione dei due uomini “indemoniati”, inquanto il prezzo da pagare è stato l’eliminazione delbranco di maiali affogati in mare. L’interesse eco-nomico prevale purtroppo sempre rispetto al be-nessere della persona.

Page 43: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

41LETTURE BIBLICHE

Ma queste reazioni, questi ultimi tipi di risposte,sono poi così lontane dai miei modi di operare?Istintivamente mi verrebbe da dire di sì; se, però,vado un po’ più in profondità, non ne sono poi cosìsicuro. Mi trovo, infatti, molto imparentato colmaestro della legge, col suo slancio istintivo che poinon ha seguito. Oppure con quello che deve sempreseppellire qualcuno prima di decidersi. Insomma,c’è di che pensare.

Domenico Ghirardotti

Le tempeste della vita (Mt 8,18-27)

“Essendo poi salito su una barca, i suoi discepoli loseguirono. Ed ecco scatenarsi nel mare una tem-pesta così violenta che la barca era ricoperta dalleonde; ed Egli dormiva. Allora accostatisi a lui, losvegliarono dicendo: ‘Salvaci, Signore, siamo perdu-ti’. Ed egli disse loro: ‘Perché avete paura, uomini dipoca fede?’. Quindi levatosi, sgridò i venti e il maree si fece una grande bonaccia. I presenti furonopresi da stupore e dicevano: ‘Chi è mai costui alquale i venti e il mare obbediscono?”.

Questo miracolo è ambientato sul mare di Galilea,che in realtà era un lago a nord di Israele. La tem-pesta poteva essere provocata dai venti che si leva-vano all'improvviso, mettendo in difficoltà le leggereimbarcazioni dei pescatori.L'uomo si crede capace di tutto e, quando è real-mente capace in una cosa, se ne fa una bandiera.Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni erano buonipescatori, si credevano insuperabili nelle loromanovre, pensavano che Gesù non fosse in grado diaiutarli durante le operazioni di pesca e, soprat-tutto, di non aver bisogno di aiuto.Proprio perché non era interessato alla pesca, Gesùse ne stava tranquillamente seduto sul fondo dellabarca, appisolato in piena fiducia e continuava adormire mentre era tempesta, segno di un sonnoprofondo, causato dalla stanchezza di una personache dava sempre molto, ma anche segno di fiducianell'affrontare le cose, di non essere troppo preoccu-pato per quanto non è ancora avvenuto, perché inogni momento ci sarà l'energia necessaria per af-frontare le eventuali avversità.Gli apostoli dunque, a questo improvviso alzarsidella tempesta, lottano con tutto il loro sapere e leloro forze, cercando risposte ai problemi e alle lorofatiche e, proprio per aver speso gran parte delleloro energie, finiscono per sentirsi smarriti, senzaforze, e si permettono di andare in crisi.Come succede spesso anche a noi, ripongono le as-pettative all'esterno di loro stessi, ovviamente inGesù, che è solito trarli d'impiccio, risolvere unasituazione e lo svegliano in malo modo. Gesù litratta duramente, paragona la loro paura ad unapiccolezza dell'anima, all'incapacità di pensare lecose grandi, di aspirare a cose maggiori, belle e im-portanti.

Questa loro paura è paragonabile ad una paralisiinteriore, nata dall'incapacità di esigere da noistessi di aspirare a qualcosa di più. E' il contrario diuna fede tranquilla, fatta delle proprie sicurezze,capace di una fiducia forte e coraggiosa, capace diaffrontare momenti difficili e importanti e farsenecarico.Gli apostoli sono stupiti: lo stupore può aprire allaconversione oppure al ripiegamento sulle nostrepaure. Se riusciamo ad affrontare le tempeste, ossiale avversità, con una certa calma e ponderatezza, cipossiamo rendere conto che non si tratta di situ-azioni irrisolvibili: tutto ha il suo tempo, di svolgi-mento e di comprensione, i miracoli non sono sem-pre eclatanti, sono fatti anche di piccole cose di ognigiorno.

Lella Suppo

Questi versetti mi pongono una domanda: in qualiacque mi piacerebbe navigare? Che ci piaccia o no,la nostra vita è costellata di acque stagnanti e diimmense tempeste e, ogni qualvolta c'è un piccolo ogrande cambiamento, bello o brutto, nella nostravita, puntualmente entriamo in panico. Può esserel'inizio o la fine di un lavoro... l'inizio o la fine di unamore... la gioia per la nascita o la disperazione perla perdita di un figlio o di una figlia...Tutto questo può essere, nella nostra vita, motivo distabilità o di instabilità. Il nostro vivere è fragile,quando non abbiamo imparato, nel tempo, a fidarcidi chi può darci una mano a sollevarci dalle nostrebufere. Dobbiamo iniziare a condurre da soli la nos-tra barca, affrontando con nuove responsabilità ecoraggio “mari aperti”, lasciandoci alle spalle leacque paludose.Termino questa riflessione con una domanda: sonoin grado di cogliere le grida di aiuto di chi, nelbisogno, non ha più nemmeno la forza di gridare“Signore, salvami”?

Antonella Sclafani

Nel brano della tempesta sedata ci viene propostauna liberazione dalla paura che investe i discepolidi Gesù. Per passare all'altra riva del lago potreb-bero aggirarlo, senza attraversare l'acqua. Questopotrebbe voler dire aggirare i problemi senza af-frontarli; ma Gesù vuole che si segua la strada piùdiritta, attraversando il lago. La cosa non stupisce,in quanto molti dei suoi discepoli erano pescatori epassavano molto tempo sulle acque del lago;conoscevano molto bene le loro barche, le acque e lameteorologia di quella regione. Attraversare il lagocon loro, quindi, pareva la cosa più naturale e sicurache ci si potesse aspettare.Ma le cose non andarono così. Se, alla partenza, leacque erano calme, ad un certo punto si scatena, im-provvisa, una tempesta. A noi non interessa saperese le cose si siano svolte realmente così: se minac-ciava burrasca, gli esperti pescatori non sarebberomai partiti... e poi non credo che su un lago, in

Page 44: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

42 LETTURE BIBLICHE

quella regione, possa scatenarsi una tale tempestada mettere in pericolo la barca stessa: “le onde su-peravano l'altezza della barca”.L’evangelista, con questo racconto, vuole invecemetterci in guardia e dirci che in ogni momentodella nostra vita può scatenarsi una tempesta taleda mettere in pericolo la nostra vita stessa. Qui è interessante vedere la reazione dei person-aggi: mentre i discepoli sono terrorizzati e temonoper la loro vita, Gesù è calmo e, addirittura, dorme.Non teme il pericolo, non si lascia sopraffare dallapaura. Anzi, quando viene svegliato, ha la forza dicalmare i discepoli, la loro paura e la stessa tem-pesta. Voglio sperare che anche per noi, quandosiamo sopraffatti dalle tempeste della vita, quandonon vediamo più via d'uscita, ci sia un fratello o unasorella che riesca a calmare le nostre paure, permet-tendoci così di proseguire il cammino per giungereall'altra sponda del lago, alla meta che ci siamo pre-fissati.Ma che cosa sarebbe successo se non fosse stato pre-sente Gesù e non li avesse tranquillizzati? Avreb-bero avuto da soli la forza per superare le loropaure?Raccolgo infine un pensiero emerso nel gruppo. Illago spesso è calmo e le acque sono piatte: il lago

può essere sinonimo di palude. Spesso la nostra vitadiventa una palude, una piattezza, e ogni nostrogiorno scorre come tutti gli altri giorni, con monoto-nia. E' fondamentale che nella nostra vita ognitanto ci siano delle tempeste, per smuoverci dallenostre paludi, e che le acque ci scuotano un po'. Vi-vere la nostra palude significa non vedere al di là dinoi, non vedere i problemi che ci circondano, nonvedere l'altro e l'altra con i loro problemi e, per-tanto, non vedendo non faccio nulla per cercare dicalmare le loro tempeste.Gesù, pur in mezzo ad una tempesta, viveva concalma. Ma, appena ha ricevuto la richiesta di aiuto,immediatamente si è alzato e ha risolto il problemadei discepoli, li ha aiutati ad uscire dalla loro con-dizione di paura. Io vorrei, quando vivo le mie tem-peste, avere la forza e il coraggio di chiedere aiuto;ma, ancora di più, dovrei accogliere l'invocazione diaiuto che il prossimo mi rivolge nei momenti in cuidormo nel cantuccio della mia vita e non vogliovedere i problemi degli altri e delle altre. Gesù harisposto prontamente all'appello; io spesso mi girodall'altra parte e continuo a dormire come se nullafosse successo. La pasqua credo che sia anche liber-azione dalla nostra indifferenza.

Franco Galetto

Matteo 11L’antico ordine e’ superato (Mt 11,7-19; 25-30)

In questo brano la mia attenzione è stata attrattada tre versetti che, a mio parere, sono concatenatitra loro: “non è sorto nessuno maggiore di Giovanniil Battista; eppure il più piccolo del regno dei cieli èpiù grande di lui” (v. 11); e poi: “chi ha orecchi perudire oda” (v. 15) ed infine: “ogni cosa mi è statadata in mano dal Padre mio” (v. 27).Attraverso la penna di Matteo, ciò che viene messoin bocca a Gesù non è altro che, secondo la mia opi-nione, una sottile ma incisiva violenza psicologicanei confronti di chi legge o di chi ascolta.Giovanni ha la funzione di precursore e come tale èvisto in una posizione al di fuori del regno dei cieli; isuoi giorni, cioè la sua epoca ministeriale, sono con-siderati come il tempo in cui il regno di Dio inizia adessere realtà; Gesù pone pertanto, sempre per manodell’evangelista, una pietra miliare, una marcata li-nea di divisione, oserei dire di frattura, con il Vec-chio Testamento: quindi l’antico ordine è soppian-tato, superato. Gesù quindi nel v. 15 lancia prima un

appello ad avere un discernimento meno superfi-ciale, un invito ad esplorare le implicazioni diquanto sinora ha detto e predicato e con la locuzione“mi è stata data” pone il punto fermo, affermando lapropria potenza (sempre dalla penna di Matteo) conun chiaro riferimento alla relazione eterna col Pa-dre prima della vita incarnata.Gesù descrive pertanto se stesso e la volontà comela chiave per mezzo della quale gli uomini possonoavvicinarsi al Padre: non ce ne sono altre (se staicon ma va bene, se non stai con me allora sei controdi me).Resta improbabile che Gesù abbia potuto tenere uncosì drastico comportamento, ma è certamente piùverosimile pensare che le costruende comunità cer-cassero di piantare solide basi allo scopo di accumu-lare seguaci. Per fortuna i membri di queste comu-nità non andavano in giro per piazze a distribuiremutande, lecca-lecca o cartine per farsi delle canne:il loro modo di incidere sulla psiche degli ascoltatoriera forse più rude, ma certamente più proficuo, an-che se, purtroppo, di chiara impronta patriarcale.

Luciano Ferretti

Page 45: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

43LETTURE BIBLICHE

Violenza e regno dei cieli (Mt 11,12)

“Dai giorni di Giovanni Battista fino ad ora, il regnodei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroni-scono”.

Molte volte e da tanti anni ho letto questo brano,partecipando ai gruppi biblici, ma mai sono statacolpita dal v. 12 di questo capitolo come ora.In questo versetto si parla del regno dei cieli fa-cendo riferimento al tempo che stanno vivendo.Confesso che non avevo mai colto prima, in questomodo, il tempo del regno dei cieli. In passato miparlavano del regno dei cieli come di qualcosa an-cora da venire e che era quasi certo che apparte-nesse proprio ai cieli, quindi qualcosa che non eraterreno; poi, col tempo, ho capito, invece, che è qual-cosa che bisogna costruire ed a cui tutti siamo chia-mati a dare il nostro contributo perché si realizzisulla terra e nel tempo che viviamo.Ora, leggendo il v. 12, capisco che il regno è qual-cosa che c’è già, come dice appunto il testo, e cheperò soffre violenza e i violenti se ne impadroni-scono. Ma è mai possibile impadronirsi del regno dei cieli?Io credo di no. Cosa vuol dire allora questo versetto?Io penso che il regno dei cieli sia la vita in tutta lasua grande complessità: umana, vegetale, animale;penso che comprenda anche la società nel suo in-sieme, con le regole che si dà perché regni la giusti-zia per ogni forma di vita.Ma, se guardiamo a tutto quanto ci circonda, a ciòche succede quotidianamente nel mondo, allora pos-siamo dire che il regno dei cieli è assente dal nostrotempo. E perché succede questo? Forse occorre indi-rizzare lo sguardo su chi oggi causa violenza ed im-pedisce la realizzazione del regno, cioè, di una vitadignitosa per ogni essere umano, e penso al Tibet,all’Afghanistan e a molti altri popoli e situazioni.Penso a chi, pur di salvaguardare i propri interessieconomici, continua a defraudare le persone del lorolavoro (pensiamo alla diminuzione dei posti di la-voro mentre i profitti dei datori di lavoro conti-nuano a crescere) e allo sfruttamento della terraprivata delle sue risorse, indebolendo così il sistemaambientale e continuando anche ad inquinare. Credo che, oggi come allora, ci sono i violentatori,che pensano di poter decidere della vita degli altri esi sentono padroni del mondo. Sono persone senzascrupoli, ricche, ma non solo loro: anche molti poli-tici, per fame di potere, sono più propensi a mediarepiuttosto che a chiedersi se le loro scelte sono dav-vero per il bene di tutti. Noi siamo chiamate e chiamati a contrastare tuttoquesto. E' qui che dobbiamo indirizzare il nostro im-pegno, è qui che dobbiamo portare il nostro contri-buto perché sia possibile godere del regno qui edora, perché regni l'amore nelle relazioni tra le per-sone, verso la natura e verso ogni forma di vita. Se

ci lasciamo contagiare dall'amore porremo unagrande barriera alla violenza.Il regno non è qualcosa da costruire, ma è qualcosache c'è già e di cui dobbiamo prenderci cura, cia-scuno come può e dove può; l'importante è che nonstiamo a guardare, ma che scegliamo di agire, anchese con piccole scelte.

Maria Del Vento

Costruire legami di solidarietà (Mt 11,16-19)

Matteo in questo passaggio sottolinea i grandi malidi tutti i tempi, cioè l'indifferenza, l'apatia e la pas-sività dei Galilei di allora, come accadeva presumi-bilmente nella sua comunità e anche nelle nostreoggi: ed è di queste che voglio tentare un timido esemplice approfondimento. Partiamo dalle domandeche pone questo testo rivolto appunto alle nostrechiese, alle comunità, a noi tutti: sono in grado lenostre comunità di cogliere nella parola di Dio, divolta in volta annunciata, quello che ci vuole tra-smettere e saperla accogliere e comunicare in modoaccessibile, gioioso, e trasformarla in azione coe-rente e pronta verso il prossimo? Le nostre comu-nità sono capaci di non restare indifferenti alle alle-grie e alle sofferenze dell'altro, sono capaci di tra-sformarsi in parabole viventi della solidarietàumana?I momenti di difficoltà, di sconforto e rassegnazione,oggi non mancano di sicuro, ma quanto riescono acoinvolgerci quando non ci toccano direttamente,ma capitano magari al nostro collega di lavoro o alnostro vicino di casa o al compagno della nostra co-munità? Questa nostra società così strana e lontana,che ogni giorno ci insegna a non condividere ma aessere sempre più egoisti e individualisti, di sicuronon ci aiuta ad andare nella direzione giusta, ma cidà uno stimolo a non sentire nulla e nessuno, se nonquando c'è un tornaconto e, se per caso ci incrociamocon qualche occasione di alterità, spesso ci fa co-modo girare la faccia in un'altra direzione.Questa nostra egoistica indifferenza nel prenderci acuore, nell'interessarci al nostro prossimo, è da tra-sformare, cercando di partire da noi stessi in unvero percorso di cambiamento e di crescita perso-nale e collettiva, per formarci tutti insieme partendodal nostro piccolo, magari proprio dalla nostra fami-glia, dalla nostra comunità. Quindi saperci donare esaper far crescere legami sociali forti e continuativicon il prossimo, con le persone che, facendo parte delnostro stesso sentire e credere, hanno caratteristi-che molto simili alle nostre. Come inizio ci po-tremmo dare così una mano e favorire queste occa-sioni di relazione, questo saperci donare e nellostesso tempo ricevere in una vera reciprocità, che èla base dello stare bene insieme, volerci bene ecreare una piccola base solida per ripartire e miglio-rare la qualità della vita insieme.

Page 46: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

44 LETTURE BIBLICHE

Questo creare e vivere da comunità bisogna poi sa-perlo esportare e vivere anche con altre persone,meno vicine a noi come affinità e come idee, ma al-trettanto nostro prossimo, magari perché nostro col-lega di lavoro o perché nostro vicino di casa, ma co-munque in attesa di fare con noi un cammino di cre-scita. Quello che Matteo indicava e sosteneva giàdalle prime comunità, come vediamo, è attualità dioggi, di ogni momento, di ogni occasione... e alloradiamoci da fare.

Luciano Fantino

L'amore è giogo leggero (Mt 11,29-30)

Riposo e leggerezza: Matteo sembra spalancare unafinestra su un paesaggio bucolico, dall'interno di unambiente scuro, sporco, opprimente. Il contrasto ènetto e colpisce: la prima associazione è stata, perme, con il capitolo 23: “Guai a voi, scribi e fariseiipocriti!...”. Al v. 4 scrive che “caricano fardelli in-sopportabili sulle spalle degli altri, ma essi si rifiu-tano di smuoverli con un dito”. Quante donne equanti uomini hanno lasciato la chiesta cattolicaperchè regole e divieti erano incompatibili con lagioia di vivere! Quanti preti, quanti cristiani, comein 23,3, “dicono e non fanno”! Quante volte ho sen-

tito queste critiche sulla bocca di persone umili e at-tente, che sapevano superare lo scandalo!...Ciò succede nell'Islam, contro le donne... ciò succedein Israele, contro chi non è ebreo... ciò è sempre suc-cesso ai popoli indigeni da parte delle gerarchie cri-stiane... e alle donne... e a chi viveva con libertà... Ilgiogo delle religioni è pesante, insopportabile. E'frutto delle forme storiche delle religioni, che im-pongono il potere di pochi alla libertà di tutti e ditutte.Il giogo di Gesù è leggero! Un solo comandamento:ama! L'amore non ha bisogno di forme storiche, dimodalità culturali codificate... l'amore è relazione li-bera, compassionevole, rispettosa... “Ama gli altri ele altre come te stesso/a”: se ci pensiamo con calma,è davvero la stessa cosa che dire “ama Dio”. Amal'amore, metti l'amore al centro della tua vita, fanneil modello di ogni tua pratica... e la vita si riveladavvero più leggera, più gioiosa, più riposante.I suoi discepoli, i primi catechisti come Matteo, cidicono che questo è l'insegnamento (= il giogo) diGesù. Le donne ci insegnano che questo insegna-mento affonda le radici nella cultura dell'amore ma-terno, che accompagna l'umanità fin dai suoi primipassi... L'importante è dedicare la vita all'amore.

Beppe Pavan

Matteo 12Sulla chiesa al tempo di Gesù (Mt 12,9-14)

Alcuni interventi “miracolosi” di Gesù sono statispesso usati dalle comunità, che piano piano si sta-vano formando, per illustrare e trasmettere un inse-gnamento specifico; in questo caso il racconto delmiracolo o, meglio, del segno è stato radicalmentesemplificato per dar spazio all’insegnamento. Miviene qui in mente una frase del mio docente alla fa-coltà di Teologia, il prof. Bruno Corsani, che diceva:“La parola riceve il posto d’onore e l’azione serve acondurre il lettore o l’ascoltatore all’insegnamentodato con la parola”. L’insegnamento che il profeta diNazareth propone sia ai suoi discepoli/e sia agliascoltatori occasionali, quando differisce dalle re-gole della chiesa ebraica di allora, è chiaramente undibattito polemico e rivoluzionario; e questi versettine sono chiaramente la prova.Gesù entra nella sinagoga (non dobbiamo dimenti-carci che al momento della composizione del vangelodi Matteo la maggior parte dei cristiani era di ori-gine ebrea) di sabato e lì si imbatte in un uomo conuna mano paralizzata (il vangelo apocrifo detto dei

Nazareni sviluppa il racconto dicendo che l’uomoera un muratore e quindi impossibilitato a lavo-rare). Il punto centrale dell’episodio è però un altro:c’è subito tensione tra il rabbi di Nazareth e i cu-stodi della legge, gli scribi e i farisei. L’episodio ènarrato anche da Marco e Luca: essi dicono che que-sti stavano a guardare che cosa Gesù avrebbe fatto.Il testo che oggi stiamo commentando presta loro unatteggiamento più provocante. Si avvicinano a Gesùe gli chiedono: “E’ lecito fare guarigioni di sabato?”.Il profeta di Nazareth oppone provocazione a provo-cazione: egli avrebbe potuto rimandare all’indomanila guarigione, non c’era certamente l’urgenza, ma laquestione, da un punto di vista dei principi, era im-portante, anzi direi importantissima, sia per il rac-conto che ha come protagonista Gesù sia per le co-munità che allora si stavano formando.Mi viene e, secondo me, ci viene in mente, a questopunto una domanda, anche oggi come allora: contapiù un essere umano o una norma di Legge? E que-sta domanda è veramente attualissima, guardandola nuova proposta di legge per l'immigrazione. Deveavere la precedenza l'amore per il prossimo, oppurela "buona coscienza" di non aver trascurato la legge

Page 47: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

45LETTURE BIBLICHE

di Dio? Se ci poniamo il problema in questi termini,si presenta subito un'altra domanda: questo "ri-spetto" per Dio è dettato dalla volontà di avere Diocome guida nella vita o di essere a posto, essere inregola con tutte le norme religiose che troviamo nelnostro cammino? In altre parole, e ne abbiamo unesempio tutti i giorni: al centro delle preoccupazionedella donna e dell'uomo religioso non c'è spessol'amore per la propria persona invece di quello perDio? Questo è il problema che brucia proprio nel no-stro racconto, ovvero che gli uomini e le donne reli-giose pensino più a sé che a Dio e pensino, anzi desi-derino essere in regola con il battesimo, la prima co-munione, la confermazione, il matrimonio celebratoin chiesa ecc. In queste persone purtroppo non c'ètroppo posto per il prossimo, per chi soffre, per chi èprivo di parola... ovvero per l'amore con la A maiu-scola. Proprio il contrario del nostro testo, che ci in-vita, una volta liberati da tutti i laccioli della reli-gione, ad amare Dio e a vivere con Lui come princi-pale attore della nostra vita.

Fulvio Crivello

Quando siamo pieni e piene di vuoto(Mt 12,43-45)

Nel linguaggio biblico, legato soprattutto all'imma-ginario religioso del tempo, la vita del credenteviene descritta come uno scontro tra il diavolo e Dio.

Trovo molto efficace il modo con cui Matteo esorta lasua comunità al ravvedimento, a compiere cioèquella piena adesione al progetto di Dio che è unavita nuova.Matteo, a differenza di Luca, aggiunge l'aggettivo“vuota”. Per lui la casa può essere bella e adorna,ma, se è vuota, è un invito a nozze per gli idoli.E' davvero suggestiva questa immagine della casaper significare la nostra vita. L'attualità del messag-gio è veramente sorprendente. Nelle nostre "vite-case" spesso c'è il troppo pieno di cose vuote. Questaè la condizione di vuoto più difficile da riconoscere,dove è facile disperdere le nostre energie in mille ri-voli di futilità, nell'idolatria del possesso, del de-naro... del nulla. Il grande imputato è il vuoto o ilpieno di cose inutili. Aderire alla sequela di Gesù èun'azione che necessita di una continua “manuten-zione”: rinnovare la nostra vita di fede, di amore, disperanza ed esaminare attentamente ciò che intro-duciamo nella casa della nostra vita.Siamo messi in guardia: “O siamo la casa dove abitaDio”, come dice l'autore della lettera agli Efesini alcapitolo 2, oppure siamo la casa vuota esposta alleincursioni dei nostri egoismi e delle nostre futilità.Un cuore “governato” da Dio, una vita “governata” epresa dagli interessi del Regno di Dio, può farefronte alle seduzioni che ci giungono da tutte leparti, e questo è un bel messaggio di speranza: nonsiamo destinati ad essere la casa degli idoli.

Fiorentina Charrier

Page 48: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

46 LETTURE BIBLICHE

I semi, lo lievito

Il terreno buono dara’ molto frutto (Mt 13,1-8)

Gesù, con questa parabola, ci offre un altro dei suoiinsegnamenti, di cui è pieno il Vangelo. Basta fer-marci un attimo a leggere e cercare di capire qualemessaggio racchiuda.Mentre rileggo la parabola del seminatore, mi sem-bra di capire che Gesù si rivolga a ciascuno di noi,con l’esempio dei vari terreni su cui finiscono i semi.Qualcuno non crescerà mai... ma non importa, per-chè quello seminato nel posto giusto darà frutto inabbondanza.Questo per dire che anche nella vita, con la costanzae la pazienza, si possono raggiungere risultati inspe-rati, perchè alla fine il raccolto ci sarà. Gesù, dabuon seminatore, al v. 9 è stato chiaro, dicendo: “Chiha orecchi cerchi di capire”; e ancora Isaia, al v. 15,dice: “Hanno chiuso gli occhi per non vedere”.Ecco, questo ci dice Gesù: ascoltare e aprire gli oc-chi! Se ci guardiamo intorno, vedremo tanti terreni:certo non è facile individuare quello giusto in cui se-minare il nostro seme. L’invito di Gesù è a non fer-marci, a non perdere tempo a cercare quello giusto,perchè così facendo non crescerà nulla. Quindi, ilmessaggio è: mettersi in gioco e seminare ovunque,ben sapendo che non tutti sono pronti ad accogliereil nostro seme, ma può essere che lo sia proprioquello che a noi pareva il meno indicato.

Pinuccia Frau

Lo lievito del nostro cuore (Mt 13,3-9 e 33)

L'episodio del lievito mi porta a ritroso alla mia in-fanzia, quando nella piccola cucina con il focolare alegna, sul tavolo un po' sgangherato, mia nonna miinsegnava a impastare il pane. Il momento era ma-gico per me, perchè da un pugno di farina e un piz-zico di lievito, dopo qualche ora, usciva dal fornouna grossa pagnotta profumata.Era magico anche il momento in cui mio nonno mifaceva piantare piccoli semi, di fiori e di frutti: dopoun po' di tempo si trasformavano in bellezza e gran-dezza. Allora ero molto piccola, ma il ricordo di queimomenti mi riempie il cuore di emozioni.Potrei elencarne ancora tanti, di questi ricordi, etutti mi porterebbero a una sola risposta: l'amore.C'era l'amore nei loro insegnamenti: c'era amore nelrispetto della natura e dignità semplice nella loropovertà.Nel capitolo 13 di Matteo leggiamo vari insegna-menti espressi in parabole. Gesù mette così allaprova tutti i presenti, per vedere la loro disponibi-lità a cogliere i suoi insegnamenti: solo chi saprà“ascoltare e vedere” potrà capire; perchè costoro

hanno il cuore e la mente aperti al cambiamento.Ritornando al ricordo dei miei nonni, voglio citareuna frase ricorrente di mia nonna: “Poviri sì, ma ri-spirati e grasciati picchì?”, cioè: poveri sì, ma dispe-rati e sporchi perchè? Credo d'aver capito e impa-rato che la vita ci dà molto solo se al momento di im-pastare il pane (cioè la nostra vita) non dimenti-chiamo di aggiungere il lievito, per rendere il nostrocuore disponibile all'ascolto.L'altro messaggio riguarda ciò che mi potrà dare lanatura se io mi pongo verso di lei con amore e ri-spetto. La parabola del seminatore dice: raccoglie-remo i frutti del nostro lavoro solo se saremo attentia dove cadranno i nostri semi.La vita di ognuno di noi può essere lunga o breve,ma il tratto di strada che Dio ci dà da percorrerenon è sempre tutto pianeggiante. Sovente inciam-piamo, perchè non siamo attenti al terreno scoscesosotto i nostri piedi, rischiando così di perdere nella“caduta” preziosi semi (cioè siamo “ciechi e sordi” al-l'insegnamento di Gesù).In tutti questi anni mi sono fatta delle domande:sono serviti alla mia vita gli insegnamenti dei mieinonni? E come giungono ai miei occhi e alle mieorecchie le parole del vangelo? Riguardo ai mieinonni, era la loro semplicità che amavo, l'amore e ilrispetto che l'uno aveva per l'altra e la forza di vi-vere in una terra dove la guerra aveva tolto molto.Mi fa pensare che l'esempio di vita è l'insegnamentoe il regalo più bello che possiamo ereditare da chi ciha preceduto sulla nostra strada e che oggi ci ac-compagna: il ricordo di quei semplici gesti ci aiuta,forse, a mantenere vivo l'ascolto della parola di Dionel nostro cuore.

Antonella Sclafani

Page 49: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

47LETTURE BIBLICHE

Portare la croce...

Chi è Gesù per me? (Mt 16,13-28)

La comunità si sta organizzando e lo fa intorno allafigura di Pietro, su cui Matteo ci trasmette un mes-saggio articolato: Pietro ha avuto una relazione par-ticolarmente intensa con Gesù; era un tipo facile al-l’entusiasmo e, quindi, anche facile a scivolare... Laricostruzione del dialogo con Gesù, la sua promessaa Pietro e l’immediato giudizio che ne segue (“Allon-tanati da me, Satana...”) ci dicono proprio questo: ilruolo di guida in una comunità deve essere vissutocome servizio; ma la tentazione del potere è sempredietro l’angolo: Pietro si sentiva un po’ il capo dei di-scepoli e pretendeva di cambiare il corso della storia(“Non accadrà mai...”).Matteo ci illustra la paziente fatica di Gesù verso di-scepole e discepoli: “Da allora cominciò amostrare...”. L’insegnamento, la formazione sono unlavoro lungo e faticoso; Matteo lo dice alla sua comu-nità, che faceva fatica ad accettare la croce e la finedi Gesù: coraggio, anche ai suoi discepoli era difficilecapire... bisogna continuare a spiegare.Ma non c’è nessuno che possa farlo “come se fosseGesù”: siamo tutti e tutte discepoli e discepole! E al-lora ci possiamo aiutare a vicenda: evitando di inse-gnare le mie idee come se fossero parola di Dio, macercando insieme di capire che cosa significhino“preoccuparsi delle cose di Dio, rinnegare se stessi,prendere la propria croce e seguirlo”.Sono domande che seguono quella cruciale: chi èGesù per me? “Per me” significa resistere alla tenta-zione di far mie le risposte istituzionali e dogmati-che, ma cercarle a partire da me, nel confronto liberoin gruppo e in comunità. Cercando quella rispostami capita di capire sempre un po’ di più che cosa si-gnifichino gli altri inviti. Gesù l’ha detto a Pietro: vi-vere l’amore, non il potere; mettersi a disposizione,non al centro... così possiamo capire meglio, perchè ilcentro della scena non è il punto migliore per vederela strada che dobbiamo percorrere.E’ la strada della condivisione. Pensiamo all’eucare-stia: la chiesa cattolica è spesso strumento di giudi-zio e di esclusione, perchè i preti se ne ritengono pro-prietari e decidono a chi dare il pane e a chi negarlo.Invece per me, per noi, è segno di condivisione, di di-sponibilità, di convivialità tra tutte le nostre diffe-renze. Nessuno deve avere potere sugli altri e sullealtre...

Beppe Pavan

La nostra croce personale(Mt 16,24-27)

Vorrei cercare di aggiungere un pensiero che cerca diraccogliere uno scambio molto coinvolgente avve-nuto nel gruppo, a partire dal significato da attri-

buire ai vv. 24-26 e che ha fatto scaturire una inter-pretazione che potremmo dire “di genere”.Che cosa significa per me, donna, rinnegare mestessa, prendere la mia croce e seguire Gesù?Questi versetti sono stati spesso utilizzati in modostrumentale. Quando ero piccola e andavo al cate-chismo e negli anni seguenti, l’insegnamento che horicevuto mi ha portata a maturare l’idea di “sacrifi-carmi per gli altri”, cioè mi ha abituata, per potermisentire donna di fede, a rinunciare a molti desideriprofondi (non nel senso di capricci...). Cristina nelgruppo diceva che una frase che costantemente leveniva rivolta era: “Dimenticati di esistere, vivi pergli altri!”.Col passare del tempo, soprattutto attraverso lapratica della relazione tra donne, molte di noi sisono accorte che l’orientamento di cui parlavo primaci stava portando all’annientamento, alla disistima,al non sentirci mai all’altezza di poter prenderedelle decisioni, causando in molte lunghi periodi didepressione e di sofferenza...La presa di coscienza di questa strumentalizzazionedella parola biblica, l’accorgerci che ciò non potevaessere voluto da Dio, che è Sorgente di amore e di li-bertà, ha procurato in noi il desiderio di cercare conpassione cammini di libertà e di felicità, ma che cihanno anche procurato dolore...Quando una figlia, a volte anche in modo spietato,dice alla madre (una donna del gruppo raccontavaquesta sua storia): “Ma come hai potuto sopportare,trangugiare situazioni così brutte, fingere che tuttoandasse bene, annientarti... passando a me questomodello, più con i fatti che con le parole!... E orasono io che devo ‘rinnegare’ questo modo di vivere,perchè non sei stata capace di farlo tu...”.Mi sembra di poter dire che è forse questa la croceda prendere: attraversare e condividere il dolore, lafatica, i dubbi, superare i sensi di colpa rispetto aisilenzi e ai sacrifici che ora ci accorgiamo di averfatto, in buona fede, causando dolore ad altre che cistavano accanto... ma anche liberarci dai sensi dicolpa che ci sono stati indotti ogni volta che ab-biamo sconfinato da ruoli predeterminati... E questa croce è veramente “personale”, cioè la pro-pria croce, perchè ciascuna ha una storia molto per-sonale, a volte ancora da indagare a fondo.Con tutta la fatica che abbiamo fatto e facciamo percapirci, non possiamo ora rinnegare noi stesse, ag-giungeva un’altra donna del gruppo...Io penso che questo invito di Matteo (o di Gesù) cipuò raggiungere come uno stimolo a non fermarcimai, a continuare ogni giorno a ricercare l’essenzadella nostra vita, a curare il nostro essere senzaperderci nella ricerca del possesso, del potere, delcontrollo... Consapevoli che la presenza divina ci ac-compagna, così come ha accompagnato Gesù nella

Page 50: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

48 LETTURE BIBLICHE

sua pratica quotidiana, donandoci serenità anchenei momenti di maggior fatica.

Carla Galetto

Rinnegare o costruire me stessa? (Mt 16,24-28)

I versetti dal 24 al 28 seguono le parole che Gesù ri-volge ai suoi discepoli circa l’andare a Gerusa-lemme, soffrire e morire a causa dell’ostilità dei po-tenti. Gesù è consapevole che il “se stesso” che af-ferma lo porterà alla perdita della sua vita.Mi chiedo ancora una volta come interpretare quel“rinneghi se stesso”, a partire dal fatto che proprioGesù ha coerentemente affermato quel se stessofino in fondo, fino alla morte. I vangeli sinottici di-cono che Gesù queste parole le rivolge ai suoi disce-poli, maschi e femmine, ma, se dico al femminile“rinneghi se stessa”, il mio immaginario va all’edu-cazione che mi ha insegnato, meglio mi ha imposto,ciò che dovevo essere, CHI dovevo essere, va aquella cultura che ha istruito le donne alla rinunciadi sé, imponendo un modello di donna funzionale achi detiene il potere, che nella nostra società è sem-pre stato ed è maschile.Ritorno quindi a cercare di interpretare queste pa-role alla luce della figura di Gesù, che i vangeli cipresentano come colui che ha costruito il suo SE’ apartire dalla ricerca di Dio, superando, senza ade-guarsi, la cultura del suo tempo. Sono convinta chela costruzione del sé senza imposizioni e costrizioniculturali e sociali ci porta ad una scelta libera e con-sapevole e questo vale soprattutto per noi donne.Solo se ho costruito la mia originale e unica perso-nalità posso aderire all’invito di Gesù.

Luciana Bonadio

La mia croce (Mt 16,24)

Se tua figlia, in prima elementare, all'uscita dellascuola ti chiede: "Papà, perchè le mie compagne e imiei compagni hanno la mamma e la mia è volata incielo cinque anni fa? Tu che cosa hai fatto per impe-dirlo?"...Se sono più importanti i consigli degli insegnanti diquelli che elargisci tu...Se gli amici raccontano cose vere e quelle che pro-poni tu sono da prendere con indifferenza e benefi-cio di inventario...Se un rimprovero più brusco del solito, in un mo-mento meritato, ne provoca l'allontanamento perparecchi mesi e gli unici contatti che riesci a mante-nere sono esclusivamente per interposte persone,poiché il cellulare squilla a vuoto...Gesù al v. 24 afferma: "Se qualcuno vuol venire die-tro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e misegua".Viene allora il momento in cui un angelo dal cielo tisussurra all'orecchio di rielaborare radicalmente i

tuoi rapporti interpersonali, di cancellare completa-mente il non-perdono di un figlio... Tu riesci alloranella non facile impresa... di punto in bianco cambitotalmente il tuo modo di porti... e allora ti metti ingioco, rinnegando il passato, accantonando il tuomodo di vedere e di pensare, prendendo cioè la tuacroce... e, come d'incanto, odi suonare le campane afesta.La speranza è che quelle campane possano prestoessere meritatamente ascoltate, festose, anche dallapersona che amo.

Luciano Ferretti

Per non perdere la vita (Mt 16, 26)

Oggi nella nostra società il fattore economico è unadelle priorità e quindi sottrarci a questo nostromodo di vivere e pensare non è assolutamente facile.Noi oggi facciamo una cosa sola: obbediamo cieca-mente al mercato, al furore tecnico-economico chedomina il mondo. Pertanto entrare nell'ottica diquello che l'evangelista Matteo, o chi per esso, hascritto come domanda: “Se uno riesce a guadagnareanche il mondo intero, ma perde la vita, che vantag-gio avrà?” ci sembra assolutamente fuori dal nostrotempo, dal nostro stile di vita dominante. Oggiquello che conta è porsi al centro, essere visti e per-cepiti per quello che riusciamo a guadagnare e perquello che diamo con la nostra immagine esteriore.Non siamo assolutamente invitati a fare scelte dicondivisione, a donarci gratuitamente senza esserericambiati dagli altri/e, cioè a fare delle scelte per ilnostro prossimo, quindi rinunciare un po' al nostroegoismo e cercare veramente le cose importanti, checi fanno crescere e camminare con tutti coloro chehanno fatto scelte di vita alternative al guadagnaree all'accumulare.Scelte di vita sobria e rivolte ad uno stile diversodalla prassi comune, che ci invita continuamente avedere tutto e tutti rispetto al nostro tornaconto.Fin da bambini siamo stati invitati e spinti ad an-dare verso tutt'altra direzione, a non intraprendereil sentiero stretto, difficile da percorrere perché fati-coso e impegnativo, ma piuttosto a prendere quellestrade belle larghe e senza grosse asperità... anzi, seun po' in discesa ancora meglio.Ma l'unica vera meta, per cui vale la pena di spen-derci e impegnarci, è tutt'altra cosa, come ci diceMatteo: quello che ci dona la vera vita e l'amore,l'amicizia, lo spendersi totalmente per cercare lavera relazione, il vero ascolto e il vero benessere pertutti, non solo il mio. Quindi cerchiamo di essere fe-lici, anche se non possediamo le ricchezze che tutticercano, l'importante è esserlo per le piccole cose checontano; tutti i giorni apprezziamo quei momenti didisponibilità, di altruismo, di sincera apertura eamicizia e spendiamoci gratuitamente, sapendo chequesto è il nostro vero modo di essere ricchi dentro.

Luciano Fantino

Page 51: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

49LETTURE BIBLICHE

Sincerità nelle relazioni (Mt 21,28-32)

Il capitolo 21 del Vangelo di Matteo racconta l'en-trata di Gesù a Gerusalemme e le sue gesta profeti-che e parabole.Gesù è ormai giunto alla periferia di Gerusalemme,nel quartiere di Betfage, sulle pendici del monte de-gli Ulivi. Questa è una delle tre parabole che hannoper tema il giudizio e riflettono la tensione con ilgiudaismo, specchio anche della situazione in cuivive la chiesa di Matteo. La prima parabola intro-duce due figli difficili, che incarnano altrettanti at-teggiamenti nei confronti del regno di Dio: da unlato c'è l'ipocrisia, che è in fondo disobbedienza e,dall'altro, l'apparente ribellione, che è in fondo acco-glienza. Il primo modello colpisce gli osservanti fari-sei, il secondo esalta i peccatori che si convertonoascoltando il monito della parola di Dio.Ecco invece la mia riflessione: Gesù inizia la para-bola con una domanda, quindi ci chiede di porre at-tenzione a ciò che dirà e di riflettere, ci chiede di ra-gionare con la nostra testa.I rapporti in famiglia non sono sempre facili e so-prattutto quello tra genitori e figli. Questo può es-sere visto anche come il rapporto tra Chiesa e cre-denti, dove la Chiesa è il Padre e i credenti sono i fi-gli. Per quanto mi riguarda preferisco la sinceritàdel secondo figlio, che ha il coraggio di dire ciò chepensa e, cioè, che non ha voglia di lavorare nella vi-gna. Questa affermazione mette in evidenza la suaumiltà, perché comunica il suo pensiero, il suo disa-gio e dà quindi valore a questo rapporto con il padre,lo rispetta anche se non vuole fare la sua volontà.

Se considero il mio rapporto con i genitori e in parti-colare con mio padre, probabilmente non avrei ri-sposto come il primo figlio e, cioè, ipocritamente per-ché ho troppo rispetto per loro. Ma non avrei rispo-sto neanche come il secondo figlio perché, avendopaura del padre e non avendo abbastanza auto-stima, non avrei osato dire che non avevo voglia eavrei fatto ciò che era necessario, anche se con ma-lavoglia e svogliatezza.Per me è sempre stato importante essere sincerocon i miei genitori, come con gli altri, ma non me lopotevo permettere, perché avevo paura del rifiuto:vivevo il disagio di essere figlio gay e quindi di es-sere sbagliato, di non rispecchiare le aspettative deimiei genitori. Perchè loro, forse, fin dalla mia na-scita mi vedevano con un futuro di laureato, spo-sato, padre. Per quanto riguarda gli studi ho rag-giunto con difficoltà il diploma, mentre non possosposarmi perché provo attrazione fisica solo per gliuomini. Per la Chiesa, come per lo Stato italiano chedovrebbe rappresentare tutti e quindi essere laico,non ho il diritto di sposarmi con un uomo. La stessacosa riguarda l'essere padre, ma ciò attualmente mipreoccupa meno, perché accetto la mia natura e ilfatto che, facendo sesso con un uomo, non possocerto generare un figlio. Però credo sempre più fer-mamente che, quando avrò un compagno, potremoinsieme decidere se dare l'affetto ad un figlio adot-tivo, come i miei genitori hanno fatto per me.Ritornando alla parabola, mi sarebbe piaciuto ri-spondere al padre, oggi: andiamo assieme a colti-vare la vigna.

Roberto

Page 52: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

50

Teologia politicacultura

Teologia queer: un’introduzioneLe origini

La “teoria queer” è una teoria critica emersa all’ini-zio degli anni ‘90 a partire dagli studi gay e lesbici,dagli studi di genere e dalla teoria femminista.Sulla scia delle tesi di Michel Foucault, JacquesDerrida e Julia Kristeva, mette in discussione la na-turalità dell’identità di genere, dell’ identità ses-suale e degli atti sessuali di ciascun individuo, affer-mando invece che essi sono, almeno in parte, co-struiti socialmente e che, quindi, gli individui nonpossono essere realmente descritti usando terminigenerali come “eterosessuale”, “omosessuale”,“uomo”, “donna”. La teoria queer critica la praticacomune di dividere in compartimenti separati la de-scrizione di una persona affinché possa essere ricon-dotta ad una o più particolari categorie definite.Laddove gli studi gay e lesbici analizzano in partico-lare il modo in cui un comportamento viene definito“naturale” o “innaturale” rispetto al comportamentoeterosessuale, la teoria queer si sforza di compren-dere qualsiasi attività o identità sessuale che ricadaentro le categorie di normativo e deviante, riget-tando la creazione di categorie e gruppi artificiali esocialmente assegnati, basati sulla divisione tra co-loro che condividono un’usanza, abitudine o stile divita e coloro che non li condividono.A coniare il termine “teoria queer” è stata Teresa deLauretis, nell’ambito di una conferenza tenutasi al-l’Università della California, nel febbraio 1990.Nello stesso periodo vedono la luce altri due testi:Gender Trouble di Judith Butler e Epistemology ofthe Closet di Eve Kosofsky Sedgwick. Negli annisuccessivi si moltiplicano le opere sul tema: lo sce-nario si arricchisce così di contributi importanti conla prima storia della teoria queer di David Halperine la prima introduzione “manualistica” di Anne Ja-gose con Queer Theory: An Introduction. È in questianni che il termine fa la sua comparsa “ufficiale” an-che in Italia, negli interventi di Liana Borghi eMarco Pustianaz. Negli Stati Uniti l’approccio cri-tico ai testi e, soprattutto, ai generi quali che siano,

si incontra con i temi delle riflessioni su genere,razza e classe e del rapporto tra essere umano, ani-male e macchina.

Transitività dei generi

La trasposizione in lingua italiana di “queer” affian-cato a “teoria” non rende pienamente ragione del-l’impatto, volutamente scandaloso, derivante dal-l’associare un termine “accademico” (teoria) conqueer, esempio di linguaggio ingiurioso. Questo ef-fetto di rottura è stato anche visto nei confrontidella critica gay e lesbica più tradizionale, come in-terruzione di una pratica critica legata allo sviluppodi una politica culturale che punta sulla strategiadel cosiddetto “reverse discourse”, teso a “naturaliz-zare” l’identità omosessuale e a creare una comu-nità. Ci si è “impadroniti” in senso positivo della pa-rola queer, che in origine significava “abuso”, permettere l’accento sugli elementi della non conven-zionalità, della non conformità e del disordine. Lateoria queer non ha avuto origine nei circoli accade-mici, bensì quale risultato dell’attivismo nelle fascemarginali: viene dagli USA, dal movimento delledonne chicanas — native statunitensi con antenatimessicani — che non riconoscevano le implicazioniculturali, razziali e di classe della definizione impo-sta alle proprie identità lesbiche.Attraverso queste elaborazioni si vuole dunque ri-mettere al centro dell’attenzione il problema delladifferenze sviluppando contemporaneamente le con-traddizioni proprie del modo in cui viene comune-mente intesa la definizione omo/eterosessuale: le di-screpanze e le incoerenze tra sesso cromosomico, ge-nere e desiderio sessuale diventano oggetto d’ana-lisi, arrivando ad includere il travestitismo, l’erma-froditismo, l’ambiguità di genere e la chirurgia per ilcambiamento di sesso. Affermando la transitivitàdei generi vengono anche messe in discussione lastabilità dell’identità e delle politiche ad essa legate.Identità non fisse, infatti, non possono essere cate-gorizzate o etichettate e pertanto un singolo aspetto

Page 53: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

51TEOLOGIA POLITICA CULTURA

della persona - aspetto che la precede socialmente eculturalmente nei “gruppi identitari” che a taliaspetti si rifanno - non può in alcun modo definirla.

Performatività

L’elaborazione di una teoria queer ha portato allaluce differenti soggetti sessuali come i bisessuali e itravestiti, rifiutando di conferire qualsiasi identitàomogenea a opzioni sessuali differenti. La sessua-lità, come il genere, si insegna e si prova (aspettopedagogico dei generi); ad esempio, insegnare a unadonna come vestire, come eseguire certi compiti o,addirittura, come camminare o parlare con un par-ticolare tono di voce, è insegnare a una donna a “di-ventare donna”. Questo è ciò che Judith Butlerchiama performatività di genere: “L’assenso collet-tivo tacito a esibire, produrre e sostenere generi di-screti e polari come finzioni culturali”. E la stessaautrice aggiunge che quanti si oppongono alla “cre-dibilità di quelle produzioni” vengono puniti.I generi sono quindi “imitazioni senza gli originali”ed è per mezzo di essi che una donna impara ad es-sere una donna e un uomo un uomo. Per sostenerela sua pretesa di naturalezza, l’eterosessualità habisogno anche di ripetere costantemente gli atti pro-pri dei generi. L’analisi di queste strategie ripetitivedimostra che i generi sono solo degli espedienti pe-dagogici di cui una delle principali funzioni è quelladi insegnare l’identità sessuale prevalente. Sempresecondo la Butler, “una strategia di cambiamento si-gnificherebbe rompere la prestazione di regime delnormale così come è iscritto nelle ripetizioni dei ge-neri”.

Le critiche

Alcuni critici della teoria queer sostengono che ungrande numero di prove fisiologiche, genetiche, an-tropologiche e sociologiche mostra come l’orienta-mento e la classificazione sessuale siano più chesemplici costrutti sociali. Secondo questo punto divista, le varie caratteristiche biologiche (alcunedelle quali genetiche ed ereditarie) giocano un ruoloimportante nel plasmare il comportamento ses-suale. Si può tuttavia osservare che non tutti gli in-dividui sono nettamente classificabili come “ma-schi” o “femmine”, anche su basi strettamente biolo-giche. Ad esempio, i cromosomi che determinano ilsesso (X e Y) possono esistere in combinazioni atipi-che (come nella sindrome di Klinefelter [XXY]). Ciòrende difficoltoso l’uso del genotipo come mezzo perdefinire esattamente due generi distinti. Gli indivi-dui intersessuati possono avere, per varie e diverseragioni biologiche, genitali ambigui.Gli aspetti biologici non sono altrettanto rilevantiper coloro che ritengono che il processo di costru-zione prenda avvio nel linguaggio naturale e nellecategorie che esso plasma tramite il continuo raffor-zamento nella mente di ciascuno (ad esempio i pro-

nomi che fanno distinzioni di genere o la ripetizionedegli insulti). E’ dunque possibile che sia il linguag-gio a costruire l’intera idea di sé, come pure le di-stinzioni di genere/sesso; inoltre, nonostante pos-sano esistere delle oggettività biologiche, la nostraconoscenza e concettualizzazione è sempre mediatada linguaggio e cultura.La teoria queer sostiene dunque che “le identità ses-suali sono una funzione della rappresentazione”. Iteorici e le teoriche queer sono molti attenti a descri-vere non il soggetto, ma cosa il soggetto predilige ecome ciò sia legato a circostanze storiche, a dinami-che di rappresentazione. Assumere una qualsiasiidentità come fondante è ritenuto sbagliato poichéautomaticamente prescrittivo ed escludente. La li-berazione perseguita dalla teoria queer non è una li-berazione del Sé, bensì una liberazione dal Sé.

Sesso e genere

Nonostante la teoria queer riguardi spesso il deside-rio sessuale fra soggetti dello stesso sesso non hanulla a che fare con l’identità omosessuale. Concettiquali “sesso”, “genere”, “gruppo” sono, in quest’ot-tica, considerate come gabbie comportamentali. Ilgenere è talmente pervasivo che arriva a sembrarcinaturale, anziché costruito. Nella nostra cultura igeneri vengono assegnati su basi biologiche e sonosoltanto il maschile e il femminile; ma dal punto divista della socializzazione della persona, i sessi sonodi più: uomini e donne, eterosessuali, gay, lesbiche epoi, a seconda che l’orientamento dell’infanzia vengaseguito o meno dalle persone adulte, travestiti, tran-sessuali, transgender. La teoria queer analizza,dunque, non solo la costruzione dei generi, ma an-che quella delle sessualità, come prodotto ideologico.Il sesso biologico è quella cosa che ci fa dire di unnuovo nato: “È maschio, è femmina.” Il neonato/anasce con questo “marchio di fabbrica”. Cosa farà inseguito non dipende da cosa ha “in mezzo allegambe”, ma da altri fattori personali, sociali, cultu-rali... Il concetto di “genere” quale categoria interpretativaè entrato abbastanza di recente nell’elaborazionescientifica e sociologica (fino all’altro ieri si parlavaesclusivamente del sesso maschile inteso come pro-totipo: maschio, bianco, eterosessuale che era - e permolti/e ancora è - la “giusta misura”). Il concetto di genere sottende, invece, l’abitudine avedere la realtà come dotata di una doppia radice: ilsuo intento è dare rilevanza a tutto ciò che non èbiologico nella relazione fra i sessi e nella rappre-sentazione degli stessi. Confondere sesso e genere èun errore “grossolano” dovuto all’uso della linguaitaliana, in cui i due significati tendono a confon-dersi. Il “genere” include la nozione di “differenzasessuale” sulla quale si possono generalmente di-stinguere quattro punti di vista:1- quello “essenzialista”, che ha un forte riferimentoalla base biologica ed include sia la sessualità che la

Page 54: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

52 TEOLOGIA POLITICA CULTURA

capacità di dare vita. Il femminile viene esaltatocome positivo, ma le valenze per le quali si riconoscela sua “positività” sono quelle del pensiero ma-schile-universale della tradizione occidentale. Affer-mando che tutte le donne hanno a disposizione ilmedesimo bagaglio di capacità e possibilità se neannullano le differenze, rendendole uniformi;2- il cosiddetto “pensiero della differenza”, che rico-nosce la sottrazione di un sistema simbolico, tra-mite il pensiero filosofico occidentale, al genere fem-minile, continuamente compreso e definito in rap-porto all’Uno Neutro-Maschile. Il pensiero della dif-ferenza considera i due sessi entrambi originari edirriducibili l’uno all’altro, entrambi portatori di unapropria visione del mondo. La pratica politica diquesto pensiero (il “partire da sé”) fa delle diffe-renze, comprese quelle riconoscibili fra la pluralitàdelle donne e la pluralità degli uomini, il centrodella propria azione;3- il “decostruzionismo”, ovvero un approccio chetenta di smontare la costruzione storico-sociale delgenere. Se in effetti il genere è solo una “rappresen-tazione”, esso può essere smontato e decostruito,ignorando però la percezione soggettiva cheognuno/a ha del proprio corpo e che sperimenta du-rante la propria vita;4- il genere inteso come “mappa di similarità e diffe-renze” che si intrecciano vicendevolmente, quindi ilcorpo come “esperienze” (e non come entità data dacui si parte) socioculturali e biologiche. Nessunadelle differenze percepibili fra uomini e donne è unadifferenza “data”, neppure quella sessuale. La diffe-renza, e il genere, non sono più criteri di individua-zione e analisi ma possibilità di scelta. Secondo que-sta visione, poiché nessuno è compreso in alcunché ocomprensibile in qualche modo, nessuno dovrebbesentirsi inadeguato o non corrispondente all’iden-tità/comunità di appartenenza.Nella teoria queer non si dà, dunque, alcuna pre-messa di identità sessuali omogenee tra gli indivi-dui, così come non c’è omogeneità tra gli eteroses-suali stessi. Le identità sessuali non sono stabili enecessariamente coincidenti con le politiche di fon-damenti religiosi o sociali. Ciò è vero anche per l’in-stabilità dell’eterosessualità, quantunque essa siauna ideologia sessuale ratificata.

Teologie del “sospetto”

“La teologia — o, per essere più precisi, le teologie— queer sono il risultato complesso di una rifles-sione che considera ciò che le differenti costruzionidella sessualità e del genere hanno da dire circa lanostra comprensione di Dio, dell’amore e della co-munità. La teoria queer è stata influenzata dal mo-vimento poststrutturalista che sosteneva la nozionecontraria a quelle di un soggetto stabile e metteva aconfronto la formazione ideologica delle identitàsessuali. Delle sue riflessioni due sono gli elementiprincipali da considerare. Il primo è un “sospetto”

circa la premessa che l’eterosessualità sia un’iden-tità sessuale universale e stabile e, come tale, partedi un ordine naturale (sacralizzato). Il secondo ele-mento è il rendersi conto del fatto che le costruzioniegemoniche dell’identità sessuale hanno storica-mente contribuito al consolidamento delle struttureoppressive dei rapporti di potere nella chiesa e nellateologia cristiana” (Marcella M. Althaus-Reid, Con-cilium 1/2008 , Queriniana).Il XX secolo ha visto l’emergere di molte teologie(nera americana, africana, asiatica, femministe, in-digene e postcoloniali…) originatesi nel tentativo dimettere radicalmente in discussione i presupposti“universali” dell’identità di un soggetto teologicoelaborato attraverso le tendenze colonialiste dellateologia europea e statunitense; queste, infatti, nelloro impianto concettuale hanno completamenteignorato, se non per annetterle, le differenze tra isoggetti, l’esperienza e la riflessione storiche e reli-giose di quelle che, in realtà, sono delle maggio-ranze: donne, neri, comunità indigene, gay e lesbi-che sono infatti stati sottomessi dalle strutture teo-logico-gerarchiche della discriminazione, del con-trollo e dell’oppressione religiosa e sociale. La teologia femminista è stata la prima a identifi-care quelle ideologie di genere che sostengono un di-scorso patriarcale di potere in teologia, dove le cate-gorie di “normale” o “naturale” erano sacralizzatecome volontà divina. A partire dalla metà degli anniSettanta le teologie gay e lesbiche hanno inoltre evi-denziato come l’eterosessualità fosse un’ideologiapervasiva e formativa che ha contribuito non sol-tanto alla creazione di una struttura di disegua-glianza e di violenza, ma ha anche portato a igno-rare l’esperienze religiosa dei non-eterosessuali.

L’irruzione del soggetto sessuale

L’irruzione, nel proprio orizzonte, dell’altro/a com-plica la vita di ciascuno/a sotto molti aspetti: farsicarico dell’alterità significa molto di più che com-prendere il diverso in un discorso “familiare”. Incampo teologico implica tenere in piena considera-zione le sfide ermeneutiche e pastorali evidenziateda un soggetto a cui fino a quel momento non erastato dato il diritto di parola: occorre così confron-tarsi non solo con un cambio di orizzonte ma anchecon una critica radicale alle metodologie esistenti econ la denuncia di “crimini” commessi dall’ortodos-sia teologica per ragioni di genere, etnia, classe, ses-sualità. Il soggetto sessuale è sempre stato teologi-camente insignificante. La teologia sessuale non èmai esistita come tale: mentre gli studi sul generemettevano a confronto la teologia con la costruzioneideologica dei ruoli della donna (e dell’uomo) nellasocietà, la chiesa ha risposto, e risponde, barrican-dosi contro la possibilità di prendere sul serio i reali“soggetti della storia”.Nella discussione sull’autorità dell’eterosessualitàcome unico fondamento valido nella chiesa e nella

Page 55: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

53TEOLOGIA POLITICA CULTURA

società, le teologie sessuali, come sono quelle lesbi-che, gay e queer, hanno interessi comuni, sebbene ledifferenze fra loro restino. La principale tra questesta nell’idea che, se tanto l’omosessualità quantol’eterosessualità sono identità costruite, esistono al-tre sessualità che non necessariamente rientrano inuna qualsiasi di queste categorie (anche l’espres-sione "non-eterosessuale" perpetua l’idea del pri-mato ideologico dell’eterosessualità). La teologiaqueer, definendo le identità sessuali esistenti al difuori del dualismo tra eterosessualità e omosessua-lità, prende così in considerazione altri soggetti teo-logici e altre realtà, per esempio il bisessualismo, iltransgenderismo - che è proprio di chi non accetta ilgenere maschio/femmina attribuito dalla società - eil transessualismo - cioé il rifiuto del determinismobiologico (il sesso attribuito alla nascita). Essa forni-sce anche una riflessione critica sulla costruzionesociale dell’eterosessualità e sul modo in cui il pen-siero eterosessuale influisce sugli eterosessualistessi. Nel momento in cui si rivendicano, accantoai temi della sessualità, argomenti sociali e politici,anche i fondamenti “sessuali” del cristianesimohanno bisogno di essere ripensati nella prospettivadi un nuovo soggetto teologico.

Teologie plurali

La teoria queer ha anche implicazioni per quanto ri-guarda l’etica cristiana e la teologia pratica, nelporre domande, per esempio, all’economia sessualedella famiglia e del matrimonio cristiano, all’inclu-sione/esclusione del corpo nella liturgia e alle normedella spiritualità, contribuendo alla riflessione suisacramenti, la cristologia e la dogmatica. Le teologie queer sono plurali: esistono sottolinea-ture contestuali e approcci diversi che dipendonodalle circostanze storiche e dai bisogni delle comu-nità specifiche; non sono teologie dell’inclusività,bensì della differenza. Si rivolgono, infatti, a quel-l’elemento che sostiene molti dei discorsi e delle pub-bliche battaglie della chiesa, la sessualità: invitanoa produrre una teologia cristocentrica, della rifles-sione e dell’azione, un richiamo a un discepolato so-cialmente impegnato e capace di trasformazione.Sono teologie legate al contesto in cui si sviluppano,con una preferenza per coloro che si trovano al mar-gine delle ideologie eterosessuali: come tali sfidanoil sistema binario di sesso/genere della teologia cri-stiana, mentre aspirano a trasformare tutte le strut-ture di peccato della società; l’obiettivo è liberareDio dalle strutture ideologiche di oppressione che uncerto cristianesimo ha storicamente costruito in-torno al sacro, alla lettura delle Scritture e alla vi-sione di come dovrebbe essere la chiesa. I teologi e leteologhe queer hanno prodottonuove metodologieper leggere le Scritture che “mettano al centro” unsoggetto diverso da quello presupposto dai testi: ciòporta allo scoperto elementi nuovi e costituisce una

sfida alla "normale" interpretazione della parola diDio. Da un punto di vista femminista, liberazionista,queer si vede dunque come la teologia, “lo studio diDio”, sia lo studio di noi stessi in rapporto a Dio: laspiritualità è la somma di tutto ciò che noi siamo efacciamo, che promuove l’integrità del creato e lapienezza del rapporto giusto con l’Alterità e degliuni con gli altri. Con una comprensione della spiri-tualità di questo tipo, dobbiamo mantenere una co-stante attenzione alla “politica” nel mezzo della no-stra indagine spirituale, una politica che opera amolti livelli e con molte componenti diverse: la lottaper liberare l’amore di Dio dalle nostre costruzioniprecarie e ideologiche di potere sessuale, di genere,razziale, religioso o culturale deve così proseguireanche tra i credenti.

Corpo “queer” di Cristo (una proposta...)

“[…] In che modo la nostra spiritualità influenza lacomprensione e la percezione del nostro rapportocon tutti e tutto? La spiritualità non è un fatto pri-vato, ma ha delle conseguenze tanto sociali, quantopersonali. La spiritualità è la somma di tutto ciò chenoi siamo e facciamo, che promuove l’integrità delcreato e la pienezza del rapporto giusto con Dio e de-gli uni con gli altri. Con la comprensione della spiri-tualità di questo tipo, dobbiamo mantenere una co-stante attenzione alla politica nel mezzo della no-stra indagine spirituale, una politica che opera amolti livelli e con molte componenti diverse. […]L’intenzione della parola “queer” è di portarci al dilà di un’identità nella prassi, in una politica, che hamolteplici forme in termini di identità razziali, digenere e di identità sessuale. […] Io credo che la questione della comunità sia fon-damentale al nostro percorso che dovrebbe intrec-ciare la politica, la spiritualità e la teologia, per-tanto, parlerò di comunità soprattutto utilizzandol’immagine del Corpo di Cristo. Possiamo intenderequesta immagine a vari livelli: come Chiesa univer-sale, in ogni sua forma; come Chiesa locale, comepane dell’Eucaristia, come Corpo di Cristo vero eproprio, materiale, storico, vedendo in ciascuno/aparte del Corpo di Cristo, chiamati ad incarnareCristo nel nostro mondo qui ed ora. All’interno delCristianesimo l’enfasi sulla comunità come corpo, esul corpo come comunità, è un dato di fatto […] sec’è qualcosa che segna una distanza tra le personequeer e le altre persone, quel qualcosa è proprio ilcorpo, un corpo diverso, che i queer comunicano, an-nunciano e celebrano. […] Non è facile, però, abbinare l’idea del “Corpoqueer” di Cristo al pensiero tradizionale cristiano.Come qualsiasi altra attività umana, anche la reli-gione utilizza gli strumenti ed i metodi che ha a di-sposizione per esprimersi; nella Chiesa cristianadelle origini, uno degli strumenti disponibili era

Page 56: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

54 TEOLOGIA POLITICA CULTURA

l’idea neoplatonica che corpo e spirito fossero fonda-mentalmente distinti. Lo spirito è buono, superiore,santo, mentre il corpo è inferiore, effimero e forseanche considerato come il male. Contemporanea-mente, però, il Cristianesimo parla di incarnazione:questo ha fatto sì che nei secoli opponesse resi-stenza ad una visione religiosa che contemplasse so-lamente l’altro mondo, ma, nonostante l’incarna-zione, rimane sempre la tendenza a dare più valoreallo spirito che non alla materia. […] L’idea di rovesciare la formulazione giovanneadella Parola che diventa carne in modo che sia lacarne a divenire Parola, è chiaramente un’ideaqueer: gran parte della verità viene dal corpo. Chi èe quali sono il Corpo ed i Corpi di Cristo? Per iqueer, i Corpi di Cristo sono sia il Corpo materiale,attuale di Cristo, ma sono anche i nostri corpi esono tutti quei corpi in rapporto gli uni agli altri.Questo essere in relazione include tutte le possibi-lità aperte a due o più corpi, o anche ad uno solo. Inaltre parole, il sesso e la sessualità non sono esclusiné dal Corpo di Cristo, né dai Corpi di Cristo, né dainostri corpi. Dire che i Corpi di Cristo costituisconoil Corpo di Cristo, potrebbe sembrare non molto di-verso dal sostenere che tutte le persone fanno partedel Corpo di Cristo. Tuttavia, nella comprensionetradizionale del Cristianesimo, si chiedeva a moltepersone di fede di rinunciare a quelle parti del pro-prio corpo che non rientravano nel sistema. Cosìmolti di noi sono rimasti esclusi, non hanno maifatto parte del Corpo di Cristo, oppure ne sonousciti; invece quelli che c’erano hanno in qualchemodo lasciato altrove il loro pene, la loro vagina oqualsiasi altro carattere sessuale avessero. […] Il corpo di Cristo non è passivo; il Corpo di Cri-sto non può solo pregare silenziosamente, e in modocomposto, in decoro appropriato e nell’obbedienzadell’autorità; quel Corpo non è disincarnato, ases-suato e inaridito. Questa è la spiritualità dellastrada, di tutti quei luoghi dove la gente si raccoglieper condividere il nutrimento, l’amore e la passionedegli uni con gli altri. Questa è anche una spiritua-lità di una chiesa che ascolta i suoi membri piùumili, una chiesa dove anche le donne che vendono ipropri corpi sulla strada fanno teologia, pregano, eguidano processioni sacre ai palazzi dei vescovi adire di offrire nutrimento ai poveri, di recare di-sturbo ai ricchi, e di scomodare gli agiati. Questa èuna spiritualità in cui tutti sono i benvenuti, indi-pendentemente dalla loro posizione, dal loro credo,dalla loro possibilità di pagare, dalla loro salute fi-sica, mentale o spirituale. […] Suggerisco di ammettere i nostri desideri aper-tamente, di amare attivamente i corpi gli uni deglialtri, toccandoli, sentendoli e guarendoli, di trovaremodi per invitare gli sporchi, gli affamati, i malve-stiti e gli ammalati in un posto chiamato casa. Pro-pongo che ogni domenica, ed eventualmente anchein altri momenti, apriamo le nostre tavole di comu-nione a tutti, non solo lasciando che essi entrino a

nutrirsi, ma anche annunciando che il cibo è pertutti i popoli e che tutti siamo “popolo di Dio”. E’quest’ultimo punto che l’essere queer deve eviden-ziare come un obiettivo spirituale. Dopo una vita direclusione e di scherno, di messa al rogo, di impicca-gione al pubblico palo, dopo avere subito la mutila-zione ai genitali, dopo essere stati etichettati comemalati e pervertiti, essere stati esclusi dai sacra-menti e dal rito di ordinazione, essere stati privatidell’affido e della possibilità di avere figli ed esserestati danneggiati nei più semplici e fondamentali di-ritti legali di cittadini, dopo tutto questo ed altro,nessuna persona che s’identifichi come queer vuoleescludere nessuno altro da qualsiasi bene e da qual-siasi divino.[…] Secondo il pensiero tradizionale, lo spirito puòguarire il corpo, ma secondo il pensiero queer puòavvenire anche viceversa che il corpo guarisca lospirito: fonte della nostra vitalità spirituale è la po-tenza divina di un tocco corporeo affettivo. Taletocco affettivo, amorevole include l’impegno per lagiustizia, per fare in modo che le comunità diventinopiù capaci e più accoglienti verso la diversità. Attra-verso il lavoro sul nostro corpo, sia personale che po-litico, si scopre la nostra forza spirituale” (pastoreRobin Hawley Gorsline, Relazione al V ConvegnoNazionale REFO, Roma 2003).

Una spiritualità accogliente

La spiritualità e la teologia queer sfidano il nor-male, in particolare quando “la normalità” (sociale,politica, delle convenzioni) limita la serenità, l’inte-grità, il diritto all’esistenza ed il benessere dei corpi.L’etica queer, dunque, a differenza di molta ortodos-sia cattolica, non chiede una negazione del proprioessere ad ogni costo ma, anzi, invita ad accogliere ea “celebrare” ognuno/a di noi in maniera autonoma enello stesso tempo partecipe. Un’etica queer (per l’essere umano, per la società,per il mondo) dovrebbe sempre prendere in conside-razione chi siamo e la nostra situazione di partenzanelle relazioni con gli altri/e. Da quanto visto finora,essere queer vuol dire essere autonomi, non permet-tere ad altri di pensare per noi, avere una visionedel mondo “altra”, affermare, per i/le credenti, che lanostra liberazione è poter interpretare la Scrittura enon il contrario. Nel costruire un’etica queer occorre cominciaredalla nostra esperienza di vita, dato che, ad esem-pio, quanti hanno scritto e compilato il “canone cri-stiano” lo hanno fatto da un altro (loro) punto di vi-sta, un’altra visione del mondo (quella del patriar-cato e della complementarietà eterosessuale). Il chenon vuol dire, tuttavia, che la Scrittura e la Tradi-zione debbano essere ignorate o completamentestravolte e adattate.Dovendo portare quello che noi siamo nel discorsoetico, come possiamo vivere con noi stessi, la società,il mondo? Per alcuni teologi queer il concetto di ami-

Page 57: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

55TEOLOGIA POLITICA CULTURA

cizia è di enorme importanza, non nel senso chetutti/e devono essere amici di tutti/e, ma nel sensoche i principi e i valori inerenti al concetto di amici-zia dovrebbero essere la norma: l’amicizia, infatti, siorigina dal rispetto reciproco e dal consenso. L’ami-cizia andrebbe nutrita non solo nei confronti di al-tri/e cristiani ma con tutte le persone di diversa fede(o di nessuna) che vengono a contatto con noi; va ri-cercata anche con la terra e il creato. Essere “un/aamico/a” è un atteggiamento personale e politico, in-dividuale e sociale. In questo senso si delineano i presupposti di una“nuova etica”, nella quale il concetto di amicizia di-venta centrale come meccanismo relazionale vera-mente salvifico, in quanto privo del meccanismo didominazione che caratterizza altri modelli relazio-nali, in primis quello uomo-donna nella sua conno-tazione più tradizionale. E’ per questo che il modellorelazionale queer non basandosi su quello della do-minazione-controllo-possesso dell’altro, diviene ilparadigma di nuove relazioni e di nuovi rapporti,anche nello schema uomo-donna.Coltivare l’amicizia offre, dunque, la speranza di re-spingere valori fondamentalisti ed egoistici che al-lontanano dalla vita, dalle relazioni per arrivare adaffermare la vita, la convivenza solidale. L’amiciziaoffre, individualmente e collettivamente, la possibi-lità di entrare in connessione con noi stessi/e, con glialtri/e, con la terra, con i ritmi e le potenze dellavita. Per vivere una vita al “meglio possibile”, unavita che si manifesti in una comunità (e in una so-cietà) dove nessuno sia considerato/a inferiore o su-periore, moralmente e eticamente “sano” o “malato”,

una vita che porti i/le credenti a vivere la propriafede in tutta la sua pienezza, nell’impegno quoti-diano verso gli altri/e, verso se stessi/e.

Paolo Sales

Bibliografia

AA.VV., Religion is a Queer Thing: A Guide to the Chri-stian Faith for Lesbian, Gay, Bisexual and TransgenderedPeople, Cassell, London 1997Althaus-Reid Marcella M., Teoria queer e teologia della li-berazione. L’irruzione del soggetto sessuale in teologia,in: Concilium 1/2008 - Le omosessualità, Queriniana,Brescia 2008Antosa Silvia (a cura di), Omosapiens 2: spazi e identitàqueer, Carocci, Roma 2007Bellagamba A., Di Cori P., Pustianaz M. (a cura di), Generi di traverso, Edizioni Mercurio, Vercelli 2000 Butler Judith, Corpi che contano, Feltrinelli, Milano 1996Butler Judith, Scambi di genere, Sansoni, Milano 2004De Lauretis Teresa, Queer Theory: Lesbian and Gay Se-xualities. An Introduction, in: Differences, 1991, 3 (II)De Lauretis Teresa, Pratica d’amore: Percorsi del deside-rio perverso, La Tartaruga, Milano 1997Kosofsky Sedgwick Eve, Epistemology of the Closet, Uni-versity of California Press, Berkeley 1990McMahon John, Queer living: Ethics for ourselves, our so-cieties and our world, Cassell, London 1997Preciado Beatriz, Manifesto contra-sessuale, Il Dito e LaLuna, Milano 2002Rothblatt Martine, L’apartheid del sesso, Il Saggiatore,Milano1997

Page 58: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

56 TEOLOGIA POLITICA CULTURA

La teologia alla prova del genereNon è certo una novità che la teologia latinoameri-cana si occupi di genere. Non a caso la Teologia fem-minista gode al suo interno, e già da tempo, di ot-tima salute, rivendicando con forza la necessità diun modo nuovo di parlare di Dio, a partire dalla cri-tica all’assolutizzazione della metafora patriarcaledel Dio padre, e sfidando gli uomini ad assumerenella riflessione teologica la prospettiva della ma-scolinità.Ma oggi non c’è più solo la Teologia femminista amisurarsi con la questione del genere, come stannoad indicare i primi passi compiuti dalla Teologia le-sbica e gay e dalla Teologia queer, sulle quali è cen-trato il dossier curato da Mauro Castagnaro dal ti-tolo “Diversità sessuale e teologia in America La-tina”, uscito insieme al numero di gennaio 2008 delmensile Confronti, anche con il contributo delGuado, il più vecchio gruppo di omosessuali cre-denti italiani.Tali teologie, scrive Castagnaro nella presenta-zione, “si innestano nel tronco della Teologia dellaliberazione, di cui confermano due elementi essen-ziali: il pensare Dio a partire dal povero (il cui voltoè qui identificato nelle vittime della ‘esclusione mo-rale’ che peraltro nel continente è, più che altrove,anche sociale) e l’essere ‘riflessione critica sullaprassi’ (in questo caso quella dei gruppi Glttb chestanno nascendo ovunque in America Latina”.

Un’accoglienza libera da moralismi

Il dossier di Confronti dà voce a testimonianze e adesperienze provenienti dalle “periferie ecclesiali”,con cui sono invitate a interloquire “quelle di casanostra”. Come quella rappresentata dal documentoapprovato dalla IV sessione congiunta dell’Assem-blea generale dell’Unione cristiana evangelica batti-sta d’Italia e del Sinodo delle Chiese metodiste evaldesi (2-4 novembre 2007), che, tra l’altro, sottoli-nea come “la relazione umana d’amore, vissuta inpiena reciprocità e libertà, sia sostenuta dalla pro-messa di Dio” e invita “le Chiese, nell’ottica di unoStato laico, a sostenere e promuovere concreta-mente progetti e iniziative tesi a riconoscere i diritticivili delle persone e delle coppie discriminate sullabase dell’orientamento sessuale”.O come l’iniziativa pastorale di don Pippo Gliozzo,parroco del SS. Crocifisso della Buona Morte a Ca-tania, 35 anni alle spalle “di ascolto e accoglienza”nei confronti di omosessuali credenti e in ricerca,che si riuniscono nei locali della parrocchia “senzaalcuna clandestinità” e senza alcuna catechesi spe-cifica, in quanto “non può esistere un gruppo di cre-denti ‘a parte’”. “Come per un genitore che non fadifferenza tra i figli – scrive Gliozzo sul dossier –,così per un parroco, per una comunità cristiana,

ascoltare ed accogliere ogni persona, senza alcungiudizio moralistico, dovrebbe essere la cosa più ov-via”.E, come per la Parola di Dio, anche per la storia diogni persona “è necessario farsi condurre, per esserefatti partecipi del suo mistero” e vivere un “accom-pagnamento reciproco”. Citando le parole del card.Hume, “L’amore tra due persone, siano dello stessosesso o di sesso diverso va appoggiato e rispettato”,don Gliozzo pone l’accento su “un’evoluzione del-l’esperienza col Signore che possiamo soltanto favo-rire, ma non gestire” e sulla possibilità, per i nonomosessuali, di interrogarsi “sul valore della ‘diver-sità’ e dell’ottica evangelica”. Sulle sfide del lavoro pastorale con le persone omo-sessuali si sofferma, nel dossier, anche p. José Anto-nio Trasferetti, prete della diocesi di Campinas,nello Stato brasiliano di São Paulo, e presidentedella Società brasiliana di teologia morale (Sbtm),raccontando il proprio incontro con persone omoses-suali “che erano state abbandonate dalla famiglia,avevano lasciato la scuola, non trovavano lavoro,subivano discriminazioni, venivano fermate dallapolizia, lambivano il mondo della droga e della pro-stituzione”. Sottolineando l’assenza di un lavoro organizzato daparte della Chiesa (“In America Latina le poche ini-ziative esistenti sono isolate e normalmente discri-minate dalle istituzioni religiose”) e l’ancora scarsasistematicità con cui la teologia latinoamericana af-fronta la questione dell’omosessualità, Trasferettiafferma che “solo gli omosessuali cristiani che stu-diano teologia nelle loro comunità o gruppi po-tranno costruire una ‘teologia gay’ a partire dallaloro fede e dal loro impegno pastorale”, decidendonemetodo teologico e contenuto teorico.Rivendicando l’urgenza di “combattere l’omofobiache uccide a parole, con le occhiate e la pistola”, ilpresidente della Sbtm mette anche in guardia dalrischio che il “concetto Glttb” finisca per ridursi soloa un logo per il consumo e l’omosessuale diventi‘uguale’ all’eterosessuale “non in quanto cittadino,essere umano, lavoratore” ecc., ma in quanto consu-matore (senza con ciò pretendere naturalmente “cheil pubblico omosessuale sia immune dai messaggidella società del consumo e della bellezza”), con laconseguente esclusione degli omosessuali poveri.

Un Dio queer

Se Trasferetti ribadisce che “nessuno ha il diritto divoler trasformare l’orientamento e/o l’identità ses-suale di una persona”, in quanto ciò non sarebbe“conforme al piano liberatore di Gesù, oltre ad es-sere una violazione dei diritti umani”, Amilcar Ul-loa, pastore della Chiesa evangelica interamericana

Page 59: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

57TEOLOGIA POLITICA CULTURA

della Colombia - ricordando come, “grazie ai recentistudi di biologia, sociologia e psicologia”, oggi nonsia più possibile “considerare l’omosessualità unamalattia o un’aberrazione morale” - mette in discus-sione, riprendendo le parole del teologo spagnoloBenjamin Forcano, “la soluzione di imporre all’omo-sessuale l’obbligo di superare e cambiare la propriainclinazione o restare continente”.“Negare l’essere omosessuale – gli fa eco il teologoluterano André Sidnei Musskopf – è negare l’agiresalvifico di Dio in Gesù Cristo, poiché significa ne-gare la propria esistenza in quanto essere umanocreato a immagine di Dio”. “Come afferma Rose-mary Ruether – prosegue il teologo luterano -, le re-lazioni sono morali quando sono reciproche, impe-gnate, fedeli, e sostengono lo sviluppo personalepieno dell’altra persona. Le relazioni sono immoraliquando abusano, sono violente, sfruttatrici, man-tengono le persone in uno stato di sviluppo inter-rotto e conducono alla menzogna, all’inganno e altradimento”. Una rivendicazione di “anormalità” - “quella diquanti non si conformano alle definizioni impe-ranti”, “l’anormalità che forma il nucleo sovversivodei Vangeli” – viene avanzata invece, nel dossier diConfronti, dalla quacchera argentina, naturalizzatainglese, Marcella Maria Althaus-Reid, docente diTeologia contestuale all’Università di Edimburgo.Il suo progetto di una “Teologia indecente” si in-scrive nel più ampio movimento della Teologiaqueer (termine il cui significato letterale è quello ditrasversale, obliquo), sulla base di “un’interpreta-zione nuova di Dio”. “Le metafore del Dio perfetto,della suprema sapienza, del terminato - afferma lateologa - derivano da un modo di pensare premo-derno. Il Dio queer è un Dio inconcluso, in progress,ambiguo, dalle molteplici identità, che non finiamomai di conoscere perché, quando arriviamo al ter-mine, sfugge, è di più”.

Claudia Fanti

Elogio dell’anormalitàIl cambio di paradigma: le altre (donne?)

La sfida al paradigma di genere doveva venire daaltre voci. Le voci delle Altre. Io ho avuto il privile-gio di studiare all’Istituto superiore evangelico distudi teologici (Isedet) di Buenos Aires con espo-nenti della prima Teologia della liberazione (Tdl),ma anche con il rev. Roberto Gonzalez (fondatoredella Chiesa della comunità metropolitana di Bue-nos Aires) e con Fabiana Tron. Quest’ultima, unadelle donne di maggiore profondità spirituale che ioconosca, ha abbandonato la Chiesa per unirsi ai mo-vimenti civili per i diritti umani e la giustizia ses-suale in Argentina. Con lei anni fa discutevamocome il concetto di “donna” sia già una costruzione

eterosessuale e patriarcale e a entrambe questa pa-rola non dice nulla. La ascoltiamo, ma non siamonoi.La Teologia lesbica e gay (Tlg) ha chiesto: che vuoldire essere donna? Che vuol dire essere uomo? Inteologia essere donna è un concetto quasi biologico,costruito attorno all’ossessione procreativa degliisraeliti di millenni indietro. Però “donna” è un con-cetto eterosessuale, costruito socialmente e cultural-mente, come diceva Pierre Bourdieu, rappresentatonon tanto in individualità, ma in istituzioni. La Tlgè stata una Tdl, con teologi della giustizia sociale,come Gary Comstock, che hanno militato per i di-ritti umani mentre facevano traballare l’ideologiaeterosessuale della teologia. Teologi della libera-zione e “teologi sessuali” che hanno messo in discus-sione il funzionamento delle istituzioni, i loro mec-canismi di potere e il loro rapporto con un modo dipensare eterosessuale (binario e gerarchico). Se simuovono i postulati eterosessuali cominciano a ca-dere molte cose del cristianesimo. A questo punto lateologia sistematica “alternativa” inizia a nascere.Già Paul Ricoeur diceva che la Bibbia presenta unasfida di esercizio ermeneutico, giacché, oltre a usarecon essa i criteri di interpretazione di qualunque li-bro, c’è un presupposto di fede, di fiducia in uncredo, in un insieme di affermazioni non discutibili.La Tlg rimuove l’eterosessualità come presuppostodi fede. E identifica le componenti di pensiero etero-sessuale in altre interpretazioni bibliche comequelle neoliberali, perché l’economia è una scienzabasata sugli scambi umani, su affettività e valori, eha un’epistemologia sessuale. Però fondamental-mente la Tlg destabilizza la prospettiva di genere eproblematizza la teologia femminista.

Teologia indecente

La “Teologia indecente” (Ti) è un progetto teologicoche ho sviluppato nella mia comunità, ma appar-tiene a un movimento più ampio cresciuto a partiredalla Tfl e dalla Tlg: la Teologia queer. “Queer” èuna parola la cui etimologia significa “trasversale” o“obliquo” e si applica nel significato sessuale insenso peggiorativo. Queer significa pure “anorma-lità”, quella di quanti non si conformano alle defini-zioni imperanti. L’anormalità che forma il nucleosovversivo dei Vangeli. La Teologia queer nascecome parte di una non conformità con la Tlg. Primadi tutto, stabilisce una differenza tra “teologie dellasessualità” e “teologie sessuali”.Le prime partono dalla teologia o dalla Bibbia perorganizzare un discorso sulla sessualità, conside-rando poi le esperienze delle persone; sono questeultime a doversi adattare o scontrare con un’ideolo-gia sessuale presente teologicamente. Le secondeusano una metodologia simile alla Tdl, che va dallavita della gente alla teologia. Ci si domanda: chedice la nostra sessualità di Dio? La Tlg affermavaidentità sessuali definite: lesbiche, gay, eteroses-

Page 60: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

58 TEOLOGIA POLITICA CULTURA

suali. Ma il paradigma queer apre la porta a unateologia e a una lettura della Bibbia che mettono indiscussione il carattere ideologico della costruzionedi tutte le identità sessuali e la dipendenza dellaTlg dal paradigma eterosessuale nel momento in cuiaccetta che essere gay sia una categoria fissa e in-tesa storicamente attraverso una definizione data.Così oggi facciamo teologie pensate a partire dal-l’esperienza di travestiti o bisessuali, sviluppandomodelli teologici e istituzionali a partire dalle pro-spettive di un’epistemologia sessuale differente. Bi-sogna che la teologia sia indecente, cioè queer e poli-tica. La teologia è sempre stata una riflessione do-minata e ossessionata da una tematica sessuale, dalCredo che afferma un Dio dipendente da un concepi-mento e da una verginità, fino alla sua preoccupa-zione permanente di regolare la sessualità umana.Quello che ho chiamato ossessione di mantenereun’ideologia sessuale attraverso codici di decenza eindecenza che vanno al di là di quanto una personafa o non fa: si incarna in un modo di pensare, di or-ganizzarsi sul piano istituzionale, di scambiare nonsolo affetti, ma beni e monete.È una domanda che mette in discussione il pensierodualista e gerarchico comune al concetto medievaledi famiglia (quello che usiamo oggi) e alla politicadel Fondo monetario internazionale. Dall’“essereuguale all’élite maschile” della prima teologia fem-minista, passando per l’uguaglianza per la lottadella Tfl, si è giunti a mettere in discussione le cate-gorie “donna” o “uomo”, divenute generiche. Un po’come la categoria “poveri” della Tdl: all’inizio si ba-sava su un soggetto maschile, nell’ambito prevalen-temente rurale; la Tfl vi aggiunse la donna nera, in-digena, e quella povera delle grandi città latinoame-ricane. Il realismo critico investe anche la sessua-lità, riconoscendo che l’eterosessualità è una op-zione sessuale degna, ma anche un’ideologia ampiae diffusa. E le connessioni tra ideologie sessuali epolitiche nella riflessione cristiana non nascono ora.Leggendo la biografia di Paul Tillich scritta dallasua vedova, Hannah, scopriamo, per esempio, comeil teologo tedesco ammirato per la sua riflessioneontologica avesse un problema sessuale nascosto.Peccato che nella sua riflessione teologica Tillichnon sia stato capace di mettersi onestamente da-vanti alla propria sessualità. O che Karl Barth ab-bia lasciato riflessioni conservatrici sul ruolo delladonna e sulla vita di una famiglia cristiana quandoviveva nella stessa casa con le due donne cheamava. Se essi avessero rotto il silenzio e sviluppatouna teologia pertinente in tema di sessualità, ba-sata sulle loro esperienze, sarebbe stata una teolo-gia indecente, “anormale” dal punto di vista ideolo-gico e basata su un dialogo esistenziale più auten-tico. E oggi non staremmo a perdere tempo cercandonella Bibbia la giustificazione del valore e della sag-gezza delle donne contadine della Palestina di mi-gliaia di anni fa affinché ci indichino come dob-biamo vivere oggi.

Rivendicando l’“indecenza” della teologia si riven-dica uno stato di allerta e sovversione permanentedegli apparati ideologici del cristianesimo e delletattiche neocoloniali della Chiesa. Al contempo si af-ferma che nel cristianesimo c’è qualcosa che resistea ogni ideologia. In teologia molte volte la gente di-venta “cosa” e le cose (come le tradizioni) diventano“gente”. Scoprire i processi ideologici sessuali nellaprassi della Chiesa significa liberare la gente dal-l’essere cosa, ma anche liberare un Dio che, seppurelo abbiamo fatto a nostra immagine e somiglianza,ancora si rivela e si ribella, sfugge alle nostre ideo-logie. È un Dio queer.Ma il “Dio queer” non è una novità del cristianesimopostmoderno; rappresenta un ritorno del concettomessianico presente nell’escatologia del Nuovo Te-stamento: è la presenza storica di un Dio in Cristo ilcui significato non può essere calcolato, determinatoo ristretto. È di più. Un Dio il cui significato finalenon può essere chiuso o iscritto in nessuna dogma-tica. Il Dio queer è il supplemento di eccedenza diDio che trasforma i nostri contesti e ci mette da-vanti alla presenza di un Altro radicalmente diffe-rente da noi e, per questo, necessario affinché la no-stra identità sia vera. Questo Dio queer è la nostal-gia che insidia il cristianesimo dell’aver fatto di Dioun tema della casistica ecclesiale, mentre Dio su-pera i margini e non può essere contenuto nei si-stemi legali teologici.Perciò il Dio queer porta in sé la nostalgia di un de-siderio divino e il timore di una distruzione delle il-lusioni che includono un linguaggio teologico istitu-zionalizzato e riduzionista. Parafrasando la vecchiamassima della Tdl, secondo cui “l’oppresso in ultimaistanza libererà l’oppressore”, i margini dei sistemiteologici etero-sessuali ci offrono una possibilità diredenzione di una Chiesa e di una cristologia orga-nizzate in base a un’ideologia sessuale, basata sullasacralizzazione di una certa costruzione sessuale di-pendente da determinati contesti politici e culturali.Questa è la “grande eresia sessuale” che, insiemealle costruzioni eretiche di razza e classe sociale, hatenuto il cristianesimo nella cattività babilonese edi cui la Chiesa dovrebbe pentirsi e convertirsi penacontinuare a divinizzare i propri interessi colonialidi potere che tanta sofferenza, in nome di Dio,hanno causato all’umanità.

Marcella Maria Althaus-ReidFonte: Adista Documenti n°12, 9 febbraio 2008

“La prima schiavitù è la frontiera. Chi dicefrontiera, dice fasciatura. Cancellate lafrontiera, levate il doganiere, togliete il sol-dato, in altre parole siate liberi. La pace se-guirà.”

(Vicotor Hugo)

Page 61: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

59TEOLOGIA POLITICA CULTURA

Laicità laica?

La parola “laicità” è così abusata da far sentire il bi-sogno di affibbiarle un aggettivo chiarificatore.Forse vale la pena di dire “laicità laica”: quando untermine viene pronunciato con più di un’intenzione,gli equivoci sono dietro l’angolo.Se si sta ai dizionari, è un’ovvietà leggere il “laico”in opposizione al “clericale” e derivarne che tutti na-scono laici, compresi quelli che decideranno di farsiclero. Tuttavia, da quando la Chiesa ha ripreso dalmondo antico - in contraddizione con il Vangelo - ilprincipio che “l’autorità viene da Dio” e si è contrap-posta ad ogni sovranità in nome della superioritàdel “potere” spirituale, è iniziata una storia di inter-ferenze nefaste per entrambi gli ordini: l’incorona-zione regale era un sacramento e, di conseguenza,gli imperatori facevano a gara per ottenere la co-rona dalle mani del Papa.L’illuminismo è tuttora esecrato perché ha laiciz-zato il principio di autorità e lo ha posto nelle manidel popolo, che, nell’invenzione democratica, è ilvero sovrano. La Chiesa, invece di sentirsi liberatae ricollocata sul piano religioso del suo fondatore,ha continuato a mostrarsi desiderosa di dirigere lepolitiche, almeno nel paese in cui ha la propria sedevisibile.

A molti sembra giusto prendere atto che la Chiesa ècomunque un potere: non saremo più ai tempi diGiulio II, che indossava l’armatura e brandiva laspada nelle guerre che benediceva, ma il Vaticanoancora “val bene una messa”. Citare Enrico IV nonè improprio, visto che un Sarkozy pluridivorziato èstato accolto in Vaticano con tutti gli onori, quandoè venuto a prendersi quell’onorificenza lateranenseche, inventata per il sovrano francese promotore delcinismo mondano e politico dello scambio, i suoi pre-decessori repubblicani si facevano mandare a casa.Ma Sarkozy, casualmente, ha detto che intende ridi-scutere il famoso articolo 5 della Costituzione, cheimpone la laicità allo stato francese. In Italia qual-cuno pensa, al contrario, di inserirla nella nostraCarta fondamentale: ingenuo, visto che il Concor-dato con la Chiesa cattolica, approvato anche da To-gliatti, è tra i principi fondamentali. Quale meravi-glia se i politici sono ancora sensibili alle benedi-zioni romane?

In realtà dagli antichi romani gli italici hanno ere-ditato non tanto l’autoritarismo, quanto lo scettici-smo e la superstizione: siamo tuttora dei cristianida messa della domenica, che in gran parte igno-rano i contenuti della Scrittura e sono desiderosi digrazie così da padre Pio come da Mastella. Non eraforse ereticale la denominazione di un partito sto-rico come la Democrazia Cristiana? Le conseguenzeche ne derivarono per il nostro paese sopravvivono.

Il Concilio Vaticano II - che, anche per i conserva-tori, ha avuto il beneplacito dello Spirito Santo -aveva “ricominciato” a pensare una storia della sal-vezza disimpegnata dai poteri. Sembrava che fos-sero maturati i tempi per parlare davvero solo diDio e della nostra testimonianza. Non è evidente-mente così: gli uomini di Chiesa, anche quelli che inprivato dissentono, seguono le indicazioni che “ca-lano”; e non solo dal potentissimo card.Ruini. Lostato italiano legifera e il Vaticano interferisce conpesanti giudizi, fino a mettere a rischio il Concor-dato nel suggerire all’elettorato di non esercitare ildiritto di voto, come è accaduto a proposito del refe-rendum sulla fecondazione assistita.

Non fa, dunque, meraviglia che ci siano politici chesi sottomettono all’autorità che può spostare i voti.Resta pesante, per chi volesse imitare Zapatero, l’ac-cusa, anche da parte di atei devoti, di “essere controla Chiesa”. Tuttavia ormai siamo ad una sorta diresa dei conti: se alla base altri cattolici smette-ranno di frequentare le chiese, la politica formaleaiuterà a consolidare il traballante potere dellaChiesa. I laici, oggi, debbono essere quelli che non silasciano sorprendere da queste (vecchie) storie. Perquanto, conversando, se ne incontrino molti, di fattonon si fanno sentire.

Più laiche le donne, sia perché più capaci di tra-sgressione sia perché direttamente interessate. Marisulta anche per loro difficile impegnare i politici acapire il danno di trasferire, come sta accadendo, leragioni di potere esclusivamente sul corpo, sulla ses-sualità e, di conseguenza, sulla genetica, sulle neu-roscienze e sulla bioetica, in nome di quella “leggenaturale” su cui il Vaticano rivendica l’antica auto-rità. La natura è sempre stata sfuggente, da quandola scienza ha indicato gli aspetti e le potenzialità in-site nella materia del mondo e degli umani, rispettoai quali la vera natura è la cultura.

Le donne non tollerano di essere state impure e te-nute, a causa del parto, fuori dal tempio o di essereora giudicate assassine perché abortiscono. Ledonne conoscono bene la natura, a partire da sé. Econoscono le piaghe della vita sociale: è nelle fami-glie che la loro “missione” di “angeli del focolare”trova la prima causa di morte. Le relazioni quoti-diane sono difficili e non definibili dall’esterno: ilmatrimonio può essere un peccato di egoismo (reme-dium concupiscentiae) e la libera unione un esempiodi virtù. Si debbono creare regole generali che ten-dano a liberare gli esseri e a garantirli, forse proprioa partire dalla libertà religiosa che in Italia, pur ga-rantita dalla Costituzione, non ha una norma che laliberi dalle pastoie del Concordato. L’omosessualità,

Page 62: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

60 TEOLOGIA POLITICA CULTURA

le convivenze, la fecondazione assistita, l’interru-zione di gravidanza... non rappresentano il “doveressere” per nessuno, ma chi, credente o non cre-dente, ne rivendica la condizione o la scelta deve es-

sere messo nelle condizioni di essere libero. Per que-sto tutti siamo laici.

Giancarla Codrignani

Autodeterminazione e responsabilità delle donneSiamo chiamati a riflettere su questo tema dopouna lunga serie di attacchi al principio di autodeter-minazione della donna: la legge 40 sulla feconda-zione medicalmente assistita, gli attacchi alla legge194, l’aumento dei medici obiettori di coscienza, lepolemiche sull’aborto farmacologico con la RU 486,la proposta di moratoria sull’aborto, la lista di Giu-liano Ferrara per le recenti elezioni, l’incursionedelle forze dell’ordine all’Ospedale di Napoli e il ver-gognoso interrogatorio alla donna dopo l’interru-zione di gravidanza, i medici che rifiutano di pre-scrivere e i farmacisti che rifiutano di vendere “lapillola del giorno dopo”, la dichiarazione dei gineco-logi dell’Università di Roma sulla necessità di riani-mare il neonato molto prematuro anche contro lavolontà della madre.Le conquiste delle donne degli anni ‘70 sono rimessein discussione e richiedono nuove lotte per essere di-fese.Le opportunità e i rischi offerti dalle biotecnologiecomportano la necessità di operare singolarmente ecollettivamente scelte spesso difficili. In una societàdi esperti hanno autorevolezza lo scienziato, il filo-sofo, il teologo, il giurista... mentre le donne sten-tano ad avere parola pubblica. Di fronte a unascelta è importante ribadire che l’ultima parolaspetta alla donna, che di quella scelta vivrà la con-seguenza.In altre parole: è necessario passare da un’etica deiprincipi indiscutibili e astratti ad un’etica della re-sponsabilità, che lascia alla donna l’autonomia e lalibertà di scegliere.Questo può avvenire in un contesto che veda rispet-tati due princìpi: la laicità dello stato e la libertà re-ligiosa. La prima garantisce, infatti, il rispetto diuna serie di valori fondanti per tutti i cittadini,mentre la seconda tutela i fedeli e le rispettive co-munità, proteggendo in special modo gli individuipiù deboli, spesso le donne, dalle discriminazioni re-ligiose.In Italia la laicità dello stato è costantemente mi-nacciata e si assiste al servilismo di molti politici alVaticano, cosa che rende particolarmente ardua ladifesa della libertà di coscienza.

Vorrei provare a portare un contributo alla com-prensione e alla riflessione su alcuni di questi temi.

La legge 194 è una buona legge e, anziché pensare ariformarla, occorre concentrare le energie, ancheeconomiche, per favorirne la piena attuazione a par-tire dal potenziamento e dalla riqualificazione deiconsultori familiari, che negli ultimi anni hanno su-bito numerosi tagli di risorse. Questa legge ha so-stanzialmente cancellato il fenomeno dell’abortoclandestino e le sue conseguenze in termini di sa-lute e di mortalità femminile.Dal 1978, anno della sua introduzione, il numero diaborti è aumentato fino al 1982 e da allora è costan-temente diminuito, al punto che il numero di abortieseguiti nel 2006 è circa la metà di quelli eseguitinel 1982. Anche il tasso di abortività (numero diaborti volontari per 1000 donne in età feconda tra15 e 49 anni) del 2006 (9.4 per 1000) è circa la metàdi quello del 1982 (17.2 per 1000). Anche gli abortiripetuti sono in costante diminuzione tra le donneitaliane e la percentuale di aborti ripetuti nel nostropaese è tra le più basse a livello internazionale.Negli ultimi anni è aumentato il numero di interru-zioni richieste da donne straniere, passato dal 10%del 1998 al 30% circa del 2006. Questo fenomeno daun lato nasconde la reale diminuzione del ricorso al-l’aborto da parte delle donne italiane, in particolaredi quelle istruite, occupate e sposate, per le qualisono risultati più efficaci i programmi di preven-zione ed è cresciuta la responsabilità (a ribadire, sece ne fosse bisogno, l’importanza dell’educazione edegli strumenti culturali per la realizzazione dellepersone!!!); dall’altro lato sottolinea il grado di disa-gio sociale delle donne straniere, che rappresentaun ostacolo alla libera scelta della maternità e laloro difficoltà ad accedere facilmente ai servizi perla prevenzione delle gravidanze indesiderate e adutilizzare i contraccettivi, anche per ostacoli cultu-rali e religiosi.

L’ aborto farmacologico è un metodo alternativo aquello chirurgico per praticare l’interruzione di gra-vidanza e consiste nell’assunzione, entro le prime 7settimane dalla data dell’ultima mestruazione, didue farmaci: il primo, conosciuto come RU 486, in-terrompe lo sviluppo della gravidanza e il secondo,assunto due giorni dopo il primo, provoca delle con-trazioni uterine che permettono l’espulsione dei tes-suti embrionari con una perdita di sangue un po’ più

Page 63: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

61TEOLOGIA POLITICA CULTURA

abbondante di una mestruazione. In una minoranzadi casi, in cui l’espulsione è incompleta o si verificaun’emorragia, è necessario ricorrere a un interventoper completare l’aborto.Questo metodo è gia utilizzato da più di 15 anni inaltri paesi europei (Francia, Gran Bretagna, Svezia)e più recentemente in Svizzera, senza aver determi-nato un aumento del numero di aborti.In Italia nel 2005 è stata condotta una sperimenta-zione dell’aborto farmacologico presso l’Ospedale S.Anna di Torino, che ha coinvolto oltre 300 donne eche ha dato buoni risultati. La sperimentazione ha avuto, però, un iter trava-gliato, con un’inchiesta dell’allora Ministro della Sa-lute Francesco Storace e una successiva indaginedella Magistratura ancora in corso.Le difficoltà incontrate in Italia per attuare questotipo di aborto dipendono dal fatto che il farmaco RU486 non è registrato nel nostro paese e deve essereacquistato all’estero, difficoltà che è stata superatadalle Regioni Toscana, Emilia Romagna e Marche.La reale difficoltà nasce, però, da resistenze di na-tura etica e dalla convinzione, smentita dalla realtàdei paesi in cui è già praticato, che il non dover su-bire un intervento renda più “facile” la scelta del-l’aborto e, inoltre, dal prendere a pretesto la nuovatecnica per ritornare a mettere in discussione lalegge 194.

La “pillola del giorno dopo”, da non confondere,come hanno fatto molti giornalisti in questi ultimimesi, con il farmaco utilizzato per l’aborto farmaco-logico, è un contraccettivo di emergenza da utiliz-zare al più presto e comunque entro 72 ore da unrapporto non protetto (per esempio quando si rompeil preservativo o fallisce il coito interrotto), per im-pedire l’insorgere della gravidanza e l’eventualesuccessivo aborto se la gravidanza è indesiderata. Sitratta di una compressa di progestinico che può es-sere acquistata in farmacia con la ricetta rilasciatadal medico di famiglia o da un ginecologo del consul-torio, di uno studio privato o del Pronto Soccorso diun Ospedale negli orari notturni o festivi.

Diverso è il problema aperto dal pronunciamentodei ginecologi dell’Università di Roma del febbraio2008, in occasione della Giornata della Vita, in cuisi afferma che “un neonato vitale, in estrema pre-maturità, va trattato come qualsiasi persona in con-dizioni di rischio e assistito adeguatamente, anchese la madre è contraria, perché prevale l’interessedel neonato”. Anche se i ginecologi non citano espli-citamente gli aborti terapeutici dopo la 22esima set-timana, di fatto si afferma che nel caso in cui unfeto nasca vivo dopo un’interruzione di gravidanza,il neonatologo deve intervenire per rianimarlo. Questo è l’ennesimo caso in cui, in nome del princi-pio della sacralità della vita, si contrappongono lamadre ed il figlio come portatori di interessi contra-stanti.

In realtà il problema delle cure da prestare ai neo-nati molto prematuri è stato affrontato a livello in-ternazionale con l’emanazione di “Linee guida e rac-comandazioni”, simili a quelle italiane, contenutenella Carta di Firenze del 2005 e nella Carta diRoma del 2006, alla luce dei dati scientifici a dispo-sizione, secondo i quali al di sotto delle 24 settimanedi gravidanza le possibilità di sopravvivenza sonopoche ed è elevato il rischio di gravi danni neurolo-gici, per cui si potrebbe configurare il caso dell’acca-nimento terapeutico.Il problema posto qui è quello del trattamento tera-peutico su un minore già nato che non può fornireun “consenso informato”, espressione dell’autono-mia dell’individuo di fronte alle cure sancita dallaCostituzione. Chi può esercitare questo diritto perlui? Una legge dello stato emanata in nome diun’etica dei principi? Il codice deontologico dei me-dici? O la madre, la cui etica della responsabilità lepermette di interrogarsi sulla qualità della vita diun figlio che ha deciso di mettere al mondo e di co-niugare le informazioni che le vengono date dai me-dici con i valori che improntano la sua vita? Quelladonna, che ha scelto di dare la vita, non è forsel’unica autorizzata a prendere la decisione?

Cecilia Tibaldiginecologa all’Ospedale S. Anna di Torino

Page 64: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

62 TEOLOGIA POLITICA CULTURA

Laici e credenti: libertà di coscienza e rispetto

La laicità interpella le persone che, più di altre, unavolta fatte scelte consapevoli e doppie, sia come cre-denti (qualunque sia la fede religiosa) sia come de-mocratici (cittadini, non sudditi), vogliano impe-gnarsi al compito della “partecipazione”, per miglio-rare la società, e della “vigilanza” nei propri conte-sti di luogo e di tempo, affinché vengano rispettate,nella più corretta attuazione, le “regole” fissatesulla base di valori fondamentali per tutti.Infatti, nell’anno 1948, i valori da condividere sonostati prioritariamente identificati “nella dignità enell’uguaglianza di tutti”, sia nella Dichiarazioneuniversale dei diritti dell’Uomo (al termine del-l’anno 1948) sia, prima ancora, nella nostra Costi-tuzione, entrata in vigore il primo gennaio 1948,che nella sua prima parte attesta come valori fon-damentali il riconoscimento e la garanzia dei “di-ritti inviolabili” di tutti (art. 2) nonché il “dovere disolidarietà” perché quei diritti vengano rispettati,fatto salvo “il compito della Repubblica di rimuo-vere gli ostacoli di ordine economico e sociale” che,limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cit-tadini, impediscono il pieno sviluppo della personaumana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavora-tori all’organizzazione politica, economica e socialedel Paese (art. 3).Ogni cittadino, tanto più se l a i c o (da laòs = appar-tenente a contesto etico-politico), deve sentirsi com-ponente consapevole e responsabile di una colletti-vità, che è insignita di sovranità e deve essere ingrado di promuovere leggi, controllare la loro ri-spondenza alle finalità più attuali della società,nonché l’adempimento della “solidarietà”: ove illaico si trovi nel doppio ruolo di democratico e dicredente, dovrà condividere i valori di fratellanzaumana, ma anche operare vigilanza sull’attuazionedella “giustizia”, prioritaria rispetto ad altri prin-cipi religiosi e costituzionali.Per la prima (la solidarietà) il popolo dei democra-tici laici può e deve vigilare sulla corretta destina-zione dei servizi per l’istruzione, la salute e l’assi-stenza sociale; per la seconda (la giustizia) va ricor-dato che essa in Italia viene amministrata “in nomedel popolo” e che al popolo sono stati conferiti poteriforti, tra cui la progettazione delle leggi, la promo-zione di referendum, le elezioni politiche e ammini-strative e, infine, l’uso di strumenti per la modifica(persino per la trasgressione) della norma, ove nongiusta o non più giusta, in un processo di secolariz-zazione della cultura.Peculiarità del laico - come compito aggiuntivo - èquella di porsi in condizione di indipendenza e diautonomia da ordini di Autorità civili o ecclesiali,ma ciò comporta che il laico sappia mantenersiestraneo a interessi corporativi o confessionali opartitici, faccia scelte “in libertà di coscienza” e sia

capace di rifiutare deleghe e trasgredire eventualiordini contrari a principi e valori fondamentali (siricordino, a buona memoria di Don Milani e dellasua “obbedienza non più virtù”, i processi celebratidopo la seconda guerra mondiale e le barbarie com-messe nel nome di “obbedienza agli ordini” e ragionielevate a scusanti dagli ufficiali nazisti, nel “pro-cesso a Norimberga”).Puntualmente, in un recente saggio “Sulle “regole”(Feltrinelli) il Magistrato Gherardo Colombo ha mo-tivato come si sia “dimesso perché… processo dopoprocesso… convinto che... sarebbe stato impossi-bile… contribuire a rendere l’amministrazione dellagiustizia meno peggio di quel che è”; ha pure chia-rito: “la giustizia funziona se i cittadini compren-dono le ragioni delle regole e, comunque, se sonostati educati a non violarle, salvo battersi per modi-ficarle se ingiuste, con strumenti democratici” (èun’utopia trasferire tale assunto nella relazione trala Chiesa e lo Stato, anche solo nel rispetto delle re-gole del pur discutibile Concordato e, prima ancora,tra la Chiesa gerarchica e la Chiesa popolo di Dio?)e continua, per esemplificare l’autonomia della lai-cità, come esistano “i componenti laici del Consigliosuperiore della Magistratura” non nominati dallacategoria dei Giudici, ma dal Parlamento: siamocerti che questo tipo di nomina sia un bene?Se ne deriva che le scelte del “laico” comportino avolte la valorizzazione delle minoranze e sempre larinuncia alla gestione di poteri, con l’acquisizione -grazie all’autonomia - di spazi di libertà e legittima-zione a perseguire le scelte fatte in coscienza e coe-renza: vivremmo più “in positivo”, come persone ecome collettività, se i TRE poteri istituzionali aves-sero fatto scelte analoghe assolvendo, con coraggio,competenza e tempestività, i propri compiti ed eser-citando funzione reciproca di limitazione e controllo.Forse per queste particolari caratteristiche dellaico, la sua condizione e la sua politica non sono fa-cili da realizzare e, comunque, da mantenere in-denne da interferenze: già negli anni 1946-48 fuproblematico l’accordo per l’inserimento della li-bertà religiosa nella Carta Costituzionale, ma fuesclusa la normativa sulla laicità.E’ di grande interesse il richiamo fatto in proposito(“Alle radici della laicità”, Ed. Il Ponte) dal prof.Massimo Jasonni a studiosi eccelsi quali Rossetti(che, a sua volta, si riportava a Francesco Ruffini),Jemolo, Calamandrei, filosofi come Boniolo e Fassò(che pose il quesito se “San Tommaso era giuristalaico”), ma anche a Luciano Canfora e ConcettoMarchesi (Rettore a Padova negli anni 1943-45), chesi batté per la gratuità di qualsiasi servizio, finaliz-zato a favorire l’istruzione per tutti, compresaquella degli studi universitari.A supporto e arricchimento bibliografico, piace

Page 65: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

63TEOLOGIA POLITICA CULTURA

ricordare, e solo alcuni fra i pochi:- gli scritti a contenuto di valorizzazione della lai-cità da appartenenti all’Ordine Ecclesiale: dall’Enci-clica Gaudium et Spes, di forte ricerca e ammoni-mento per una “Chiesa NEL mondo”, e non Chiesa emondo come “due realtà parallele e contrapposte”,all’importante “riconoscimento di ricchezza conse-guente allo scambio di diverse esperienze di fede”trascritte nelle Note in “Quaderni di Mosaico diPace n. 18”, a cura di Mons. Luigi Bettazzi (Laicitàe non violenza) e Mons. Enrico Chiavacci (La laicitàdella Chiesa, la laicità dello Stato) - altri ancora del Cardinale Martini, che ha diretto alungo incontri con i “non credenti” in Milano, haesposto pubblicamente il suo ascolto e riconosci-mento di valori, relativo a persone di pensiero “di-verso”, ha edito libri e note, confrontando i suoi va-lori con filosofi della scienza, come il Prof. GiulioGiorello, diffusori della cultura come il Prof. Um-berto Veronesi o come il Giudice della Corte Costitu-zionale Prof. Gustavo Zagrebelsky;- altri, ancora e innumerevoli, di giuristi laici che dadecenni affinano ricerche, tramite scritti o dibattiti,sul valore della laicità: da ultimo, il dibattito orga-nizzato dall’Università di Bologna a divulgazionedella raccolta di scritti, pubblicati a cura del Presidedella Facoltà di Giurisprudenza Prof. S. Canestrarie di altri diciotto Accademici d’Italia, sul tema “Lai-cità e diritto”.Stralciamo, per tutti, l’intervento della Prof. CarlaFaralli (docente di Filosofia del diritto che si è con-centrata sul tema “Laicità e bioetica”). Essa ha se-gnalato il ritardo in Italia, nello sviluppo della bioe-tica, per ragioni di natura culturale e storica: labioetica laica NON vuole imporsi a chi aderisce avalori diversi, ma ritiene irrinunciabile la libera ri-cerca e indica come costituzionale riferimento lascelta dei laici, anche se in contrapposizione a dog-matismi (NON a principi di fede).Da ultimo, doveroso il suo richiamo all’eccelsogruppo di studiosi, primo fra tutti il Prof. Carlo Fla-migni di Bologna, che hanno curato la redazione -

nell’anno 1996 - del “Manifesto di bioetica laica”; daoltre dieci anni tale documento “resiste agli attacchialla laicità fatti con ‘uso politico della religione’ etesi a delegittimare l’eredità della cultura laica mo-derna e i suoi portati storici, tra i quali la distin-zione tra diritto e morale, tra politica e religione, ladifesa dei principi di eguaglianza e di legalità, cheimplicano parità di trattamento e divieto di discri-minazione” e impone l’obbligo etico e giuridico di fi-nalizzare studi e ricerche a soluzioni idonee a elimi-nare, o quanto meno attutire, la sofferenza dellapersona umana, dalla nascita alla morte.Come può conciliarsi la severa continuità di studidegli scienziati, finalizzata a escludere o alleviare lasofferenza umana, anche tramite un costruttivo con-fronto tra laici e clero conservatore, se quest’ultimoaccetta di essere supportato da improvvise quantoascientifiche prese di posizione dei cosiddetti “ateidevoti”? Come possono sopportarsi attacchi a leggigià in vigore, in ordine alla salute del cittadino, afronte di interferenze, tanto severe (al limite del di-sumano) quanto incombenti e abnormi? Come puòsopportarsi una periodica aggressione a due delleleggi più recenti, e cioè la legge n. 194/1978 (intito-lata “norme per la tutela sociale per la maternità…)e la legge n. 40/2004 (che all’art. 1 indica come fina-lità quella di “favorire la soluzione dei problemi… eassicurare i diritti di tutti i soggetti coinvolti, com-preso il concepito”), entrambe regolanti “problemi diinizio della vita”?Non dovrebbe il credente laico prendere posizione adifesa del destinatario di tali leggi, anche se porta-tore di diversi valori, religiosi e civili?Non dovrebbe il laico, anche e soprattutto se cre-dente, riflettere sull’emancipazione, maturatasinella società, dal “diritto naturale” ai “dirittiumani”, emancipazione che caratterizza una laicitàpraticata in libertà di coscienza e contributo al mi-glioramento delle famiglie e della società in cui vivelui medesimo o gli altri da sé, specie se diversi?

Rosetta Mazzone

Page 66: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

64 TEOLOGIA POLITICA CULTURA

Scuola senza frontiere: racconto di un’esperienza

Scuola senza frontiere è un’esperienza che nasce nelgennaio 2005 come supporto nello svolgimento deicompiti scolastici a ragazzi immigrati, che frequen-tavano le medie superiori, in particolare l’IPSIA el’Istituto tecnico di Pinerolo. L’attività, proposta ini-zialmente ad alcuni membri della comunità di baseda un insegnante del corso di alfabetizzazione perstranieri adulti, si svolgeva il sabato pomeriggiodalle 14 alle 16 in Vicolo Carceri 1 presso la sede delFAT (Familiari e Amici dei Tossicodipendenti).Ilgruppo di volontari era costituito da 7 persone,quattro insegnanti e tre studenti universitari.Il primo anno di attività ha visto una discreta parte-cipazione: circa una decina di ragazzi, di età com-presa tra i 15 e i 17 anni. Oltre ai problemi legatialla lingua si era riscontrata una difficoltà motiva-zionale rispetto alla scuola: la scarsa consapevo-lezza progettuale nei confronti del percorso di studiscelto (o subito per estrema ratio a causa dell’ob-bligo scolastico) e la scarsa percezione del propriofuturo in rapporto con la formazione professionaleproposta a scuola. Questi problemi portavano aduna frequenza discontinua sia a livello scolastico siapresso la scuola senza frontiere.Dopo il primo anno si era compreso che le finalità(di scuola senza frontiere) dovevano andare oltrel’aspetto puramente disciplinare e si doveva lavo-rare anche sull’aspetto della socializzazione, dellarelazione, del rispetto, cercando di capire di volta involta i bisogni di ragazzi e ragazze che vivevano unarealtà altra rispetto ai loro coetanei italiani.Nell’autunno 2005, alla ripresa delle attività, fu in-viato alle scuole un volantino di presentazione del-l’attività: SCUOLA SENZA FRONTIERE: la porta èaperta a tutti e tutti impariamo ad aprirla agli altri.“Per tutti i ragazzi e ragazze che provengono daPaesi al di là dei confini italiani è nata una scuolasenza frontiere. Le difficoltà scolastiche possono di-ventare delle frontiere per chiunque, per chi non co-nosce la lingua sono spesso inevitabili. Attraversogruppi di recupero proviamo ad abbatterle, dividen-doci per materia e lavorando insieme ad insegnantie studenti universitari sui contenuti scolastici. Par-tendo dallo studio apriamo anche le frontiere del-l’amicizia e dello scambio tra culture.( ) Si può partecipare gratuitamente! Tutti i sabatidalle 14.15 alle 16.30 ci si trova nella sede del FATin Vicolo delle Carceri n. 1”.

Apportammo alcune modifiche formali, richiedendola compilazione di una “scheda di iscrizione” che ri-portasse, oltre i dati anagrafici, anche le materienelle quali si richiedeva aiuto. Iniziarono a frequen-tare anche bambini delle scuole elementari e dellescuole medie. Le scuole di provenienza dei ragazzidelle superiori erano: l’Istituto alberghiero, l’IPSIA,

il liceo sociale e il liceo scientifico. Contrariamenteall’anno precedente la frequenza di questi ragazzi fuassidua per tutto il corso dell’anno. Inoltre il tempodi permanenza il sabato si estese fin verso le 18 surichiesta dei ragazzi: dalle 14.15 alle 16.30 studio;16.30-17 merenda, 17-18 gioco.Si sentì anche la necessità di chiarire le finalità del-l’esperienza sia ai volontari che ai ragazzi e fu com-pilato il seguente “regolamento”:

Scuola senza frontiere è una scuola dove si cerca disuperare le difficoltà dovute alla lingua, alle diffe-renti culture e tradizioni. Scuola perchè si viene per imparare delle cose e percrescere insieme.Senza frontiere perchè vorremmo riuscire a supe-rare le barriere nazionali che altri hanno inventato;ma anche i nostri pregiudizi, più o meno manifesti,nei confronti di chi è diverso da noi.Se un bambino ha fame deve mangiare, se ha biso-gno di affetto deve essere accudito, se ha difficoltà ascuola deve essere sostenuto: questo è vero per tuttii bambini del mondo, al di là del colore della pelle edella lingua. Lo stesso vale per chi è più grande:

C’è qualcosa che ci accomuna al di là delle diffe-renze, e sono proprio i bisogni profondi. Vorremmopartire da lì.

Si viene alla scuola per fare i compiti, per studiareinsieme, per parlare, per approfondire, ma ancheper giocare. Si chiede di rispettare alcune regole:Usare un linguaggio rispettoso di tutte le diversità.Non usare un linguaggio volgare per non diventare“persone volgari”.Partecipare all’attività scolastica (compiti, lezioni,ripasso...) con impegno: si sta costruendo qualcosaper sé e per gli altri, dunque è importante.Rispettare gli insegnanti, nella consapevolezza chestanno dando del loro tempo gratuitamente.Rispettare i propri compagni e compagne, soprat-tutto se hanno delle difficoltà; anzi chi ha più diffi-coltà deve essere degnato di più attenzione.Trasmettere agli altri quello che si è imparato, te-nerlo per se è egoismo, condividerlo permette di su-perare delle difficoltà.Non si gioca fino a quando le attività sono termi-nate, altrimenti si fa perdere la concentrazione a chista ancora studiando.Rispettare il luogo in cui si fa scuola: sia la sede siaqualsiasi altro posto. In particolare per la sede,quando si finiscono i compiti occorre mettere a postole proprie cose, le sedie e riordinare. Se si fa me-renda occorre lavare le tazze, asciugare e mettere aposto: la sede viene usata anche da altri ed è anchenostra. Per particolari necessità di compiti o spiega-zioni extra occorre avvertire in tempo gli insegnanti.Se non si può venire si avverte.

Page 67: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

65TEOLOGIA POLITICA CULTURA

Alla scuola può partecipare chiunque, non ci sono li-miti di età. Le materie trattate sono: Italiano, La-tino, Storia, Scienze, Matematica, Fisica, Francese,Inglese.

Non vogliamo essere alternativi alla scuola che ibambini/e e le ragazze/i stanno frequentando, enemmeno ai corsi di recupero e alle iniziative atti-vate dalle singole scuole. Vorremmo lavorare afianco, possibilmente collaborando. Un obiettivo co-mune è superare le difficoltà di inserimento oltreche il successo scolastico.

La partecipazione è gratuita, si richiede però l’assi-duità. La partecipazione è una libera scelta, non cisono voti o giudizi; deve pertanto essere una sceltaconsapevole. Non chiediamo né documenti né per-messo di soggiorno: i bambini e le persone si ricono-scono come tali. Per i minorenni chiediamo il con-senso dei genitori.

La partecipazione si è aggirata sulle 10 - 15 pre-senze ogni settimana. I ragazzi che partecipavano (ipiù grandi) iniziarono a frequentarsi anche fuoridalle attività del sabato. Alla fine dell’anno fu pre-sentato presso l’Unitre di Pinerolo uno spettacolo acura dei volontari e dei ragazzi dal titolo “Italiabella mostrati gentile”, che confrontava, tramite let-ture, canzoni, immagini, le storie di immigrazioneitaliana con quelle degli stranieri che arrivano quaoggi.

Con l’arrivo delle vacanze gli incontri si estesero an-che ad altri giorni della settimana, sia per i compitisia per attività ludiche, e proseguirono per tutto ilmese di luglio.

Dal 2007 si è sentita la necessità di estendere l’ora-rio settimanale oltre il sabato e la scuola è apertaanche il martedì e il giovedì dalle 17,30 alle 19. Inquesto orario partecipano, di solito, i più grandi.

Le attività della scuola, in questi anni, sono staterese possibili anche dalla disponibilità del FAT aconcedere i locali e ad accollarsi parte delle spese(merenda del sabato, riscaldamento, telefono…). Al-cuni volontari del FAT partecipano in modo proposi-tivo alle attività della scuola.

Dallo scorso anno mensilmente viene proposto ai ra-gazzi di fermarsi il sabato per cenare assieme.L’obiettivo è quello di favorire la convivialità delledifferenze. Dopo cena si gioca o si guarda insiemeun film.

Durante la scorsa estate tre ragazzi hanno parteci-pato al campo estivo di una settimana a Pra delTorno presso la “Rocciaglia”, in Val di Angrogna. An-che durante le vacanze natalizie cinque di lorohanno partecipato ad una uscita di tre giorni pressola “Gianavella” in Val Pellice.

Differenze geografiche,differenze temporaliPensando a questa esperienza, le difficoltà che si in-contrano con i ragazzi sono molteplici. Anzitutto dicarattere geografico: la prima è la lingua. I bambiniimparano molto presto l’italiano, almeno l’italianoparlato. Apparentemente sembra che tutte le diffi-coltà siano risolte. Ma qui deve intervenire necessa-riamente la lezione di Don Milani: conoscendo 300parole si comunica, ma chi ne conosce 2000 riusciràsempre a metterti i piedi in testa. Quando si senteun immigrato parlare bene l’italiano ci si deve do-mandare quante parole effettivamente conosce. Allascuola, leggendo un libro, sembra di essere ad unacorsa ad ostacoli. Le parole volano sulla bocca deipiccoli lettori, ma quando si chiede il significato…spesso ci si trova di fronte a sguardi smarriti. Laprima difficoltà è dunque la lingua; una difficoltàinsidiosa perché mascherata dietro il parlare quoti-diano, spesso intriso di superficialità: e oggi la su-perficialità paga molto, anzi sembra diventata unabandiera, un vanto. Respiriamo superficialità ognivolta che si accende il televisore: è la moda del nonapprofondire mai, perché approfondire significapensare e pensare può essere un inciampo. E poipensare è faticoso, non dà un risultato immediato…meglio un videogioco o un sms, meglio un insulto alproprio compagno di scuola che non fermarsi a dia-logare per chiarirsi.

Questa è un’altra difficoltà: approfondire. I ragazzicercano di finire i compiti il più in fretta possibile,per poi andare a giocare. Può sembrare naturale,ma l’apprendimento richiede disciplina, tempi,orari, organizzazione. E se l’unica cosa veramenteorganizzata a livello giovanile è il divertimento (di-vertere: uscire dalla meta che ci si era prefissi/e), sicomprende come mai in Italia oggi la scuola sia incrisi. Il messaggio sottile che si insinua attraversole pubblicità, i programmi “pacco”, le fictions, è chela scuola è una noia mortale, che non serve per lavita, che studiare è una barbata, che… “non è bello”.Le vittime di questa mentalità sono i ragazzi, so-prattutto i più deboli, e fra questi gli immigrati. Co-modo passare loro questo messaggio! Intanto fre-quenteranno prevalentemente scuole ad indirizzoprofessionale, saranno le braccia di domani; perquesto è bene che si abituino a non pensare troppo,in fondo un po’ di soldi a fine mese potranno bastarea tenerli tranquilli e togliere loro lo sguardo versoun futuro costruibile con le proprie mani. Un temposi bocciava, confinando i meno abbienti nei lavoripiù umili e pericolosi. Oggi lo si fa riempiendo lorola testa di superficialità, grande strumento di con-trollo e sonnifero dell’anima. Forse che gli immi-grati e i meno abbienti sono meno dotati degli altri?“Allora voi sostenete che Dio fa nascere i cretini e glisvogliati nelle case dei poveri. Ma Dio non fa questodispetto ai poveri. E’ più facile che i dispettosi siatevoi” (Lettera ad una professoressa p. 60).

Page 68: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

66 TEOLOGIA POLITICA CULTURA

L’altra grossa difficoltà è la motivazione. Purtroppole sirene del consumismo catturano un po’ tutti; eallora perché studiare ed impegnarsi quando, lavo-rando, si guadagnano dei soldi, quando si riesce adavere un telefonino con la canzone di successo comesuoneria, e poi la play station?…

“…Lucio che aveva 36 mucche nella stalla disse: ‘Lascuola sarà sempre meglio della merda’”. I nostri ra-gazzi hanno l’hi pod, il cellulare… L’odore acre dellastalla non li sfiora nemmeno, per ora.

Fanno molta tenerezza quegli sguardi, quei sorrisi,quella sana ingenuità che sarebbe stata cara a Pa-solini. Ma pensando al loro futuro… la tenerezza di-venta preoccupazione, forse anche rabbia, pensando

che per la maggior parte di loro la storia è giàscritta e potranno scegliere realmente ben poco.

Alla scuola senza frontiere cerchiamo di “remarecontro”. Cerchiamo di condividere le abilità e i sa-peri, le incombenze e il gioco. Non si tollera la volga-rità né la sopraffazione. Si ride molto, quando è ilmomento, e si cerca di studiare e capire insieme, percrescere insieme.

Se qualcuno/a volesse venirci a trovare o scriverci, ilnostro indirizzo è: Scuola senza frontiere c/o FAT,Vicolo Carceri 1, 10064 Pinerolo (TO).

Angelo Merletti e Consuelo Gottero

Dalla teologia della liberazione al macroecumenismoA metà febbraio è venuto a Pinerolo German Gutier-rez, economista e ricercatore del Dipartimento deInvestigación Ecumenica (DEI) di San José de CostaRica, per due conferenze: una sulle novità politichedell’America Latina e l’altra sull’attualità del pen-siero di Paulo Freire. Attraverso una lunga intervi-sta abbiamo ripercorso i temi più importanti dell’in-contro, approfondendo anche il ruolo della teologiaper il cristianesimo liberatore in una prospettivamacro-ecumenica.Il DEI costituisce una delle realtà di ricerca e forma-zione autonome più interessanti nell’ambito sia ecu-menico sia sociale. Le persone che vi lavorano sono,infatti, sia cattoliche che protestanti e lo staff di ri-cercatori e ricercatrici svolge un lavoro di forma-zione, ma ha anche importanti riconoscimenti per leanalisi sociali ed economiche; uno dei teologi più co-nosciuti e tradotti è Franz Hinkelammert; pubbli-cano studi e una rivista periodica. German ama ri-cordare una frase detta dal suo omonimo e più fa-moso teologo Gustavo poco dopo la caduta del socia-lismo reale, in un momento in cui anche i leader deipartiti di sinistra latinoamericani erano entrati incrisi: “Se muore la teologia della liberazione, questanon è una tragedia. La domanda non è se la teologiadella liberazione muore o no, perché il nostro pro-blema principale è: quali risposte stiamo dando allesfide della realtà come l’aumento della povertà, ladiscriminazione o addirittura l’esclusione di settorisempre più ampi della popolazione in America La-tina? Quali sono le espressioni che oggigiorno, attra-verso le comunità di base o la teologia della libera-zione, assume un cristianesimo liberatore in Ame-rica Latina?”. Negli anni di buio politico (in America

terminati grazie ai potenti movimenti sociali e l’in-staurazione di governi non liberisti), seguiti allafine del socialismo del XX secolo, solo l’etica fu laguida per chi credette in un’alternativa.

Non credi però che oggi sia in corso un processo direstaurazione, da un lato con Ratzinger, che investeaddirittura la stessa liturgia eucaristica uscita dalConcilio Vaticano II e dall’altro con i movimentievangelici settari, fondamentalisti, che stanno gua-dagnando una grande fetta della popolazione inAmerica Latina?

Giovanni Paolo II prima e poi Ratzinger hanno lan-ciato un’offensiva contro la teologia della libera-zione, che hanno vissuto come minaccia al conserva-torismo che va restaurandosi in America Latina, conun’azione combinata tra il Vaticano e il potere nor-damericano. Dopo vent’anni di questa offensiva, cheha colpito all’interno della gerarchia cattolica moltivescovi che appoggiavano le comunità di base e ilprocesso di impegno con le realtà sociali degli op-pressi, vi è un rafforzamento della posizione piùconservatrice nella Chiesa. Però il cristianesimo li-beratore non è mai stato un cristianesimo della ge-rarchia, non ha mai avuto un’ossessione per il con-trollo della gerarchia, la sua visione è rispetto al po-polo oppresso, al popolo che è sfruttato, e da questopunto di vista va valutata la risposta che i movi-menti di liberazione hanno dato a questa offensivagerarchico-ecclesiale. L’aspirazione, che i teologiavevano, di poter trasformare la struttura dellaChiesa verso un cammino di liberazione è evoluta inun’analisi secondo la quale è molto difficile che que-

Page 69: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

67TEOLOGIA POLITICA CULTURA

sta struttura cambi e, quindi, conviene concentrarel’energia nella relazione diretta con le comunità dibase e i movimenti sociali. D’altra parte, negli ul-timi vent’anni in America Latina sono nate nuoveteologie liberatrici, che si ispirano alla teologia dellaliberazione classica degli anni ‘60 e ‘70, ma chehanno elaborato alcune critiche su punti rilevanti.La teologia femminista, ad esempio, pone il temadelle donne all’interno della Chiesa e il caratteresessuato della lettura della Bibbia, che viene vistacon gli occhi delle donne e non con quelli dei teolo-gici.

Come traducono la Bibbia le popolazioni indigene e,soprattutto, perché continuano a tradurre la Bib-bia?

Questo è molto interessante, perché, mentre i teo-logi della liberazione tentarono sempre di fare unalettura liberatrice della Bibbia, le teologhe femmini-ste tentarono una lettura liberatrice della Bibbiacon occhi di donne e, quando incontrarono testidella Bibbia che era realmente molto difficile sal-vare, esclusero i testi dei quali non era possibiledire: “Guarda, qui c’è un messaggio di liberazioneper le donne”, perché il messaggio era veramentepatriarcale. Con le comunità indigene succede qual-cosa di ancora più interessante: le comunità indi-gene si relazionano con la Bibbia in una manieramolto differente dalle comunità di donne che stannoin una cultura occidentale. Essi leggono la Bibbia,la traducono nella loro lingua, però, quando incon-trano dei testi, dopo molti anni di lavoro di tradu-zione, che non hanno un pensiero di liberazionechiaro per la loro comunità indigena, lo escludono enon lo integrano nel testo che vanno a pubblicarecome Bibbia.

Questo significa che vi sono comunità indigene cri-stiane che non hanno tradotto la Bibbia in tutte lesue parti?

Certo, questo significa che loro assumono, di frontealla Bibbia, una posizione critica, ma non significache le loro siano letture arbitrarie, perché tengonosospeso il testo canonico in modo che le future gene-razioni lo possano recuperare nel suo significato li-beratore per la comunità indigena. Questo significache per un cristiano liberatore, come diceva PabloRichard, il primo libro è il libro della vita e la Bibbiaviene successivamente. Pertanto, se la Bibbia nondice una parola di speranza a una comunità di vita,la comunità di vita viene prima, perché la Bibbia èin funzione della comunità di vita e non la comunitàdi vita in funzione della Bibbia, cosi come il sabato èfatto per l’essere umano e non l’essere umano per ilsabato. Gli indigeni applicano questo principio enon si fanno molti problemi come se li facevano iteologi della liberazione (ed anche le teologhe fem-ministe), ai quali costò molta fatica accettare unarealtà come questa.

Per gli indigeni che cercano una liberazione la Bib-bia non è il libro dei conquistadores? Si pongono ladomanda se prima dell’arrivo dei conquistadoresstessero nell’ignoranza della parola di Dio?

Certamente. Ci sono comunità indigene che hannoassunto questa posizione, ed è valida, e altre comu-nità che hanno realmente assunto il cristianesimo, eanche quest’altra posizione è legittima, perché, sesono comunità che si definiscono come comunità in-digene cristiane, esse stabiliscono un dialogo tra loloro tradizione indigena e la loro tradizione cri-stiana. Il fatto interessante è che per loro il criterioche predomina è la comunità di vita, non la tradi-zione indigena né la tradizione cristiana. L’essereindigeni e cristiani significa che hanno sottoposto aduna valutazione le tradizioni indigene. Al contemponel non tradurre alcuni testi biblici si danno la li-bertà di discriminare nel testo biblico, e questa èuna postura ermeneutica molto rivoluzionaria inrapporto alla stessa teologia della liberazione.

Dopo il 1992 e dopo il levantamiento zapatista, inEuropa si parla molto dell’importanza politica deimovimenti indigeni. Qual è la rilevanza dell’apportospirituale dei movimenti indigeni verso i movimentisociali? Questo apporto ha interrogato lo stesso ecu-menismo nella versione classica?

Il cristianesimo liberatore in America Latina, neglianni ‘60, ‘70 e ancora negli anni ‘80, si mosse versol’ecumenismo, per esempio con il dialogo cattolici-protestanti. Con l’emergere di questi nuovi soggettilatino-americani, principalmente gli indigeni con laloro religiosità, ma anche le comunità di afro-discen-denti, con la loro tradizione religiosa nera, si generòdentro questo ecumenismo la necessità di oltrepas-sarlo verso un macro-ecumenismo. Oggi una posi-zione di liberazione è una posizione macro-ecume-nica, nel significato di integrazione tra il cristiane-simo liberatore cattolico e protestante, di una reli-giosità indigena e di una religiosità nera, ma ancheuna partecipazione a questo progetto degli atei edelle atee e dei movimenti secolari, che hanno ancheuna riflessione teologica o che hanno una posizionedi rispetto verso ciò che la teologia apporta alla so-cietà. L’apporto politico dei movimenti indigeni nella con-giuntura attuale in America Latina non dipendesolo dalle forze politiche indigene in alcuni paesicome il Guatemala, l’Ecuador, la Bolivia, il Perù, laColombia o il Messico, ma è dovuto principalmente auna serie di elementi della loro cosmovisione, dellaloro maniera di vedere il rapporto tra l’essereumano e la natura, tra gli esseri umani, tra la per-sona e la comunità. Questo impatto non è avvenutoperché gli indigeni lo abbiano promosso diretta-mente, ma perché la parola indigena, dalla sua for-mulazione, incontrò un’eco in tutti i movimenti so-ciali, come se i diversi movimenti sociali stesserocercando un’alternativa alla logica tradizionale occi-

Page 70: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

68 TEOLOGIA POLITICA CULTURA

dentale delle sinistre e la parola indigena li aiu-tasse a sintetizzare questa aspirazione. L’impatto diquesti movimenti si è esteso in tutta la regione,tanto che oggi una serie di detti e di consegne zapa-tiste, e il pensiero zapatista stesso, sono assunticome propri dalla maggioranza dei movimenti so-ciali. Questo perché sono parole che questi movi-menti sociali stavano già cercando. Un esempio è lalotta contro la tradizione verticalista, autoritaria, inuna certa forma patriarcale, derivata dalla sinistradegli anni ‘60 e ‘70, che alcune organizzazionistanno conducendo: quando gli zapatisti lanciaronoil motto “Comandare obbedendo”, immediatamentefurono accolti, perché la gente era stufa della clas-sica politica della sinistra secondo cui il comitatocentrale comanda e le organizzazioni sociali sono lecinghie di trasmissione del partito. Già molti eranocontro questo modo di agire e questo motto haespresso chiaramente quello che loro desideravano:un concetto di autorità nel quale l’autorità non èsolo comando, ma servizio. O quando gli indigeni di-cono “Camminare al ritmo del più lento”, non vo-gliono dire che non bisogna camminare, ma voglionocriticare l’avanguardismo, nel quale un gruppo di il-luminati indica il cammino corretto, per indicare unprocesso nel quale si tengono in conto i diversi ritmidella propria società civile per formulare una poli-tica alternativa, superando il messianismo e l’avan-guardismo.

Che ruolo gioca l’etica in questa nuova visione dellapolitica?

Ricordo che nel 1991 a S. Paolo, in un forum di par-titi di sinistra, tra cui il P.T. brasiliano e il P.R.D.messicano, che stavano in una rifondazione dopo lacaduta del socialismo, vi era un’enfasi profonda sul-l’importanza dell’etica per un progetto alternativo.C’erano persone che dicevano: “Abbiamo bisognoche la teologia della liberazione venga con noi e ciaccompagni dandoci un apporto e un supporto etico,perché le sinistre non hanno chiaro che un progettoscientifico alternativo ha bisogno dell’etica”.Quando cadde il socialismo storico e il progetto sisfaldò, non si sapeva dove cercare un’alternativa,qual era il supporto per affrontare questa crisi,quali sono i valori fondamentali. E questo è il temadell’etica. Dato che il cristianesimo della teologiadella liberazione aveva lavorato molto su questo, fuevidente, nel forum di S. Paolo, che era necessario ilrafforzamento di un pensiero etico critico e alterna-tivo e l’invito alla teologia della liberazione ad ap-poggiare questo processo. E’ così nata la consapevo-lezza che un progetto alternativo, se non è fondatosull’etica, è un progetto destinato alla sconfitta e, insecondo luogo, che se vogliamo superare la conce-zione strumentale, classica della sinistra, non pos-siamo che fondare un nuovo pensiero rivoluzionario,critico e socialista, sopra un fondamento etico. In al-

tre parole, il fondamento di un progetto politico al-ternativo è etico.

Da trent’anni il Dipartimento Ecumenico de Inve-stigación (DEI) sta lavorando sulla contaminazionedella riflessione sociale ed economica con il pensieroteologico; come pensi che la riflessione teologicapossa dare un apporto alla comprensione della re-altà economica e sociale?

Il DEI, nel corso del suo impegno per un cristiane-simo liberatore, si rese conto che vi erano duegrandi problemi in un processo di liberazione. Dauna parte i movimenti di liberazione marxista ave-vano una posizione secondo la quale la religione e lateologia sono dimensioni comunque da superare, inquanto elementi ideologici della dominazione, e con-fidavano in una concezione scientifica dello svi-luppo per superare la tappa arretrata della religio-sità. Dall’altra nel mondo religioso, sia evangelicoche cattolico, vi era un atteggiamento prevenutoverso i presupposti mondani e una identificazionedi questo secolarismo esacerbato delle sinistre conuna minaccia atea al mondo religioso. Camilo Tor-res già aveva detto che marxisti e cristiani avevanodue filosofie totalmente differenti e opposte, cheperò coincidevano sui problemi cruciali della societàe del popolo, e che pertanto era possibile un’alle-anza di marxisti e cristiani che si concentrasse sultema del cambiamento sociale nell’interesse dellapopolazione oppressa e che più tardi ci sarebbestato il dibattito teologico e filosofico. Si trattava diun’alleanza tattica, all’interno di una visione pro-gressista in campo sociale, ma conservatrice inquello teologico. Successivamente, invece, nella ri-flessione del cristianesimo liberatore si incontral’idea che esista una dimensione teologica della vitaumana che attraversa tutti gli esseri umani, al di làdella loro opzione religiosa, che vi sia una dimen-sione dell’essere umano che è la trascendenza e chevi sono alcune domande sul significato della vita acui non si può rispondere con una base scientifica,poiché vi sono alcune decisioni, alcuni atti di fede,che trascendono ciò che la scienza può offrire. Per-tanto tutti gli esseri umani, in un certo senso, sonoobbligati a prendere decisioni per la loro esistenzasulla base non di una sentenza scientifica, ma diatti di fede che definiscono la vita della persona.Dall’altra parte si scoprì, all’interno di un processodi critica alle scienze che iniziò molto tempo primain Europa, che nelle scienze sociali, in particolarenell’economia, i concetti fondamentali che artico-lano la teoria sono concetti definibili in manieragratuita come atti di fede. Un esempio classico diquesto è la famosa mano invisibile che intervienenel mercato: questo è un concetto che non contienealcuna base scientifica, è un atto di fede perché sicrede che il mercato vada a regolare le diverse inte-razioni degli attori economici, e senza dubbio è unconcetto chiave senza il quale è possibile smontare

Page 71: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

69TEOLOGIA POLITICA CULTURA

tutta la teoria economica scientifica sul mercato.Molti economisti occidentali, come Galbraith,hanno riconosciuto che i concetti alla base dell’eco-nomia sono concetti religiosi, senza i quali non è

possibile costruire una teoria scientifica, inclusa labase empirica.

a cura di Simone Lanza e Davide Garofa

AntropocentrismoNelle culture orientali o in quelle delle popolazioniimmerse nella foresta, nella tundra o nella savana,il rapporto della specie umana con l’ambiente natu-rale appare simbiotico e simpatetico, per cui l’essereumano non è collocato nella natura dall’esterno, dauna Potenza superiore, per una partita drammaticafra bene e male, partita in cui l’essere umano e ladivinità sono i protagonisti e la natura è solo scena-rio, ma è intelligenza riflettente e responsabile neiconfronti dell’armonia di un tutto vitale. L’olismo(olon = tutto) di queste culture si oppone, in par-tenza, alla tentazione di titanismo umano e di an-tropocentrismo.Nel buddismo la condizione umana è certamenteprivilegiata – non solo rispetto a quella animale odemoniaca, ma anche rispetto a quella divina – masolo in quanto capace di percorrere un cammino diliberazione dalla sofferenza con lo scioglimento dailacci delle pulsioni e degli istinti.Nel trascinamento delle sensazioni e delle relazioni– la ruota implacabile del samsara – tanto il dioquanto il porco, a seconda del karma da cui debbonoliberarsi, possono arrivare alla condizione umana,unico varco di uscita dal ciclo della sofferenza edelle rinascite e, attraverso l’illuminazione, libe-rarsi da queste ed estinguersi nel nirvana.Le religioni monoteiste della regione medio-orien-tale frappongono fra gli esseri umani e gli altri es-seri viventi una parola e una volontà. “In principioDio disse” e impose una disposizione (Berith chemalamente è tradotto con patto o testamento) ed inquesta l’essere umano è collocato come governatoree custode. Sono gli stessi concetti di creazione “dalnulla” e di “comandamento divino” e “rispo-sta umana”, formalmente diversa dalla ri-sposta delle altre creature, che problematizzanol’armonia del creato e impostano un drammaumano/divino.Nel racconto sacerdotale (Gen 1,1-2,4a) gli uominisono creati nello stesso giorno (il sesto) degli ani-mali terrestri e sono invitati alla stessa mensa,come nota Karl Barth, tutti a cogliere il frutto dellaterra e nessuno a spargere sangue. L’uomo peraltroporta l’immagine di Dio (selem) e si impone con au-

torità su tutti gli esseri viventi. I verbi usati peresprimere il rapporto dell’uomo con la natura sonoassai forti: r?dâ (mettere sotto i piedi, calpestare,come quando si spreme l’uva) oppure k?b?s (concul-care). Difficile, in questa formulazione essenziale,leggerci la carezza.Anche nell’altro racconto (Gen 2,4b-25), che spesso èaddotto come più dolce, in realtà sembra che ilmondo sia stato creato attorno al paradiso e al-l’uomo. Mentre nella narrazione sacerdotale l’uomoè coronamento del creato, nella narrazione del para-diso in Eden l’uomo sembra quasi essere il centro,un figlio viziato (enfant gaté, traduce l’edizione Ver-dier di Genesi Rabbà, raccolta dei trattati rabbinicisu Genesi). Adam dà il nome agli animali per poterlidominare, ma si accorge che la sua somiglianza aDio fa sì che egli non abbia una compagna per la fi-liazione. Allora desidera un aiuto simile a sé e Dio loaccontenta. Compie così il suo desiderio, di modoche (dicono alcuni commenti rabbinici, fortunata-mente pochi) non potrà poi lamentarsi per il dannoche l’aiutante, in seguito, gli arrecherà, quando lospingerà ad uscire dalla situazione incantata. L’antropocentrismo ed il maschilismo sembranoprevalere nettamente. Nei commenti rabbinici post-biblici è proprio la rap-presentazione di Dio che, invece, si evolve e si fem-minilizza, lasciando agli umani il compito di seguireuna forma diversa, modificando le relazioni a simili-tudine (selem) con Dio.Leggiamo infatti, nel Midrash Genesi Rabbà, che“In principio” la terra era solo tenebre e desolazione(Tohù e bohù), ma che il vento di Dio (Ruah Elohim)“soffiava sulle acque”.Su questo “soffiava” (merahefet) si sono avvicendatediverse interpretazioni. La traduzione LDC/ABUpreferisce interpretare quel “di Dio” come un super-lativo e quindi traduce “vento impetuoso”. GiordanoBruno tradusse “cubabat”, cioè covava, come se ilsoffio di Dio desse calore all’uovo cosmico. Da doveprese Giordano Bruno questa interpretazione? Il fi-losofo non conosceva l’ebraico, ma probabilmentefrequentava qualche rabbino. L’idea che Dio covassela vita come un uccello femmina poteva circolare fra

Page 72: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

70 TEOLOGIA POLITICA CULTURA

La politica del gambero. Maschilità e movimenti revanscisti

gli ebrei. La troviamo in Bereshit, il primo trattatodel Midrash Genesi Rabbà:“Rav Haggai disse in nome di Rabbi Pedat: una alle-anza è stata conclusa in favore dell’acqua: anche almomento della canicola, un soffio la carezza ancora.Un giorno - prosegue il testo - Rabbi Simeon benZoma si sprofondò, prostrato. Rabbi Yehoshoua, chepassava, lo salutò una prima e una seconda volta,senza ottenere risposta. La terza volta ben Zoma glirispose agitato. ‘Ben Zoma - lo provocò Rabbi Yeho-shoua - dove hai messo i piedi?’. ‘Meditavo’. ‘Prendoa testimoni il cielo e la terra, non me ne andròprima che tu mi abbia detto dove hai messo i piedi’.‘Scrutavo l’opera dell’inizio, ed ecco: fra le acque disopra e quelle di sotto non c’è stato lo spazio che didue o tre dita! Perché il testo non dice “e il soffio diElohim planava su”, ma “sfiorava la superficie delleacque”, come un uccello le cui ali palpitano sopra isuoi piccoli, toccandoli e non toccandoli’. A questeparole Rabbi Yehoshoua voltò le spalle e disse aisuoi allievi: ‘Da questo momento Ben Zoma se ne èandato’. Effettivamente dopo qualche giorno BenZoma non era più di questo mondo”. L’edizione ri-

manda a Siphri 314, a Aazinou e ai commenti suDeut 32,11: “Dio si è comportato verso Israele comel’aquila piena di tenerezza per i suoi piccoli, essanon entra brutalmente nel nido, ma batte e toccaanzitutto sopra con le sue ali… perché gli aquilottisi destino ed abbiano la forza di accoglierla. Sorvolai suoi piccoli; senza appoggiarsi pesantemente su diessi, plana toccandoli e non toccandoli” (Bereshit11,4). Così il modo di rappresentarsi il Creatore può in-durre l’essere umano a trarre conseguenze nel suocomportamento verso il creato, secondo la sua simi-litudine (selem) a Dio.La tenerezza del Creatore si estende peraltro versotutte le creature, e non solo verso Israele, e tutti co-loro che sono preposti ad amministrare la giustizia,a qualsiasi popolo appartengano, vengono chiamatiElohim (Salmo 84). Gesù cita questo testo, nel van-gelo di Giovanni, in una disputa con i giudei che loaccusavano di farsi Dio, ma soprattutto esercita ilsuo essere Elohim lavando i piedi ai discepoli, comeparadigma del suo insegnamento.

Giovanni Franzoni

Cosa viene dopo il patriarcato? È lecito chiederselooggi, in un periodo in cui stiamo vivendo in un’atmo-sfera di forte conflitto e di revanscismo maschile.Dai conflitti sulla legge 40 e sulla fecondazione assi-stita al movimento dei padri separati e all’imposi-zione per legge dell’affido condiviso, dai persistentidivieti contro la diffusione della Pillola RU 486 allepolemiche attorno alla 194/78 e alla campagna perla moratoria contro l’aborto, fino alle esternazioniantifemminili ricorrenti nelle istituzioni politiche, siregistrano nel nostro paese segnali non banali di untentativo di resistenza e restaurazione contro leconquiste civili e la libertà maturata dalle donne.Dietro questi conflitti possiamo riconoscere diversequestioni di fondo: la non accettazione di un’asim-metria di fronte alla procreazione, i fantasmi ma-schili di inutilità, di accessorietà, l’insicurezza sulproprio posto nel mondo, l’attribuzione alle donnedella crisi maschile, la costante inclinazione degliuomini a rifugiarsi nella norma per controllaredonne e relazioni. Tutto questo ci porta ad indivi-duare quello che è il vero tema di fondo, il nucleoche sottintende tutti gli altri: la paura di una “rela-zione libera”, la difficoltà da parte maschile di ripor-tare l’avvenuta libertà femminile nelle proprie rela-zioni affettive e sociali.

Alcuni uomini stanno vivendo questo passaggio conun senso di paura, se non di minaccia. Non man-

cano naturalmente gruppi e movimenti di uominiche si oppongono esplicitamente a questo cambia-mento, anche se con temi e accenti diversi. Rino Barnard Della Vecchia, per esempio, autoredel saggio “Questa metà della terra” e di molti in-terventi nelle pagine web di Uomini 3000(http://www.uomini3000.it) e Altrosenso(http://www.altrosenso.info), dalla rivoluzione fem-minista e dagli esiti di quella che chiama “GrandeNarrazione Femminista”, che avrebbe colpevoliz-zato l’intero genere maschile, non si aspetta nulla dibuono. Anzi immedesimandosi confusivamente eproiettando sull’altro le proprie tendenze in perfettostile paranoico, non si aspetta altro che vendetta:«Nessuno scandalo e nessuno stupore: cosa farestevoi, istruiti e costruiti su quelle inconfutabili ve-rità? Non vi lancereste anima e corpo verso l’Eradella Vendetta? Non correreste verso l’agognata oradella resa dei conti? Non diverreste, assetati di Giu-stizia, sicari di questo antico, giusto e definitivoodio? Non dareste voi il via alla ritorsione planeta-ria, alla faida universale? Plasmata dalla GrandeNarrazione Femminista, erede di quel passato, for-mata nella sola verità che conosco, io, donna inno-cente del XXI Secolo, è così che farei». Della Vecchiavuole sentirsi odiato e vulnerabile, perseguitato evinto, per autorizzarsi poi a scendere sul campo dibattaglia con orgoglio a favore di se stesso e del ge-

Page 73: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

71TEOLOGIA POLITICA CULTURA

nere maschile: «Finché gli uomini staranno a guar-dare dall’alto il nuovo, mai visto e grandioso spetta-colo, incantati dalla mirabile potenza della GrandeSignora e vergognosi di combatterla, quasi compia-ciuti del male che li colpisce, gli squadroni delleNuove Amazzoni dilagheranno nel mondo».Accenti un poco diversi nel sito “Pari diritti per gliuomini” (http://uomini.cjb.net/), on-line dal 30 ago-sto 1997 e gestito da Pisa da Marco Faraci, che,senza temere il ridicolo, si apre affermando: «Gli uo-mini, che rappresentano la più numerosa mino-ranza di questo paese, continuano infatti, a cin-quant’anni dall’entrata in vigore della costituzione,ad essere considerati dallo Stato cittadini di serieB.». La caratteristica di fondo che sottostà ai di-scorsi del movimento “mascolinista”, a cui Faraci e isuoi compagni dichiarano di appartenere, è quello,paradossalmente, di avanzare un racconto vittimi-stico della storia maschile e un’immagine dell’uomopassiva e irresponsabile. Il sessismo, in questachiave, avrebbe reso vittime allo stesso modo sia gliuomini che le donne. Gli uomini, infatti, sono vit-time in quanto sono (stati) costretti al servizio mili-tare e alla guerra. Si rivelano vittime nelle cause diseparazione, perché il pregiudizio sessista dei tribu-nali dello Stato conduce a sentenze sistematica-mente sfavorevoli ai padri. Sono vittime perché co-stretti a lavorare duramente e perché i lavori usu-ranti e pericolosi portano il loro sesso a rappresen-tare il 95% degli incidenti sul lavoro. E, ancora,sono vittime perché rappresentano il 90% della po-polazione carceraria, nonché la maggioranza deitossicodipendenti.Il problema qui è l’evidente resistenza a riconoscereche tutte queste conseguenze sono l’altra faccia del-l’esercizio del potere, della competizione esasperata,della continua ricerca della performance e della di-mostrazione di virilità, che sono valori storicamenteaffermati e celebrati dalla società maschile.C’è poi “Maschi Selvatici”, il movimento di uominicapeggiato da Claudio Risé, che ha radici tra Milanoe Brescia (www.maschiselvatici.it, www.claudio-rise.it). Il movimento ha, per sua stessa ammis-sione, un grande nemico: la “grande madre”. PerRisé tutta la società moderna è diventata unaGrande Madre, responsabile in primo luogo del con-sumismo, del materialismo e del declino dell’imma-gine paterna. Risé rimpiange che il padre della mo-dernità occidentale non sia più “il custode familiareper conto dell’ordine naturale e simbolico divino”.Avendo rinunciato alle proprie prerogative, il padre,sostiene Risé, «deve ora guadagnarsi l’affetto dellacompagna con la sua valentìa sessuale o finanziaria.Oppure conquistarsi l’attaccamento della prole conla remissività e dolcezza che ogni bimbo richiede».Questo padre, destinato in qualche modo a scoprire«di non essere in grado di produrre abbastanza red-dito, di offrire vacanze sufficientemente prestigiosee prestazioni sessuali da manuale, si vedrà brusca-mente buttato fuori di casa». Risé non tralascia na-

turalmente di notare che la maggior parte delle do-mande di divorzio sono presentate dalle donne, peraccusarle implicitamente di essere causa della ro-vina della famiglia e dei figli. Quello che sembra difficile riconoscere, per gli uo-mini, è che sessualità, paternità e famiglia non sidanno per diritto, ma sono il frutto di relazioni e diun libero dono reciproco, ovvero della capacità dimettersi in gioco e di aver cura dell’altro, nel ri-spetto di ciascuno. Al contrario, per questi maschinostalgici revanscisti, di tutto ciò che riguarda il de-clino del padre, la crisi delle famiglie e l’abitudinead affidare la cura dei figli alle madri, la colpa èsempre degli altri - delle donne, del femminismo, delpotere della grande madre, dell’industria divorzista- insomma di tutti e di tutto, tranne naturalmenteche dei padri. Gli uomini vengono descritti come vit-time passive anziché come soggetti attivi della pro-pria stessa storia. Molti uomini preferiscono non ve-dere come il mantenimento di una divisione tradi-zionale dei ruoli sia invece funzionale alla conserva-zione del potere sociale maschile. Una cosa hanno in comune tutti questi gruppi: ilfatto di denunciare gli “effetti collaterali” della cul-tura patriarcale senza tuttavia criticarne mai le ra-dici né, tantomeno, rinunciare ai “dividendi” che ilpotere patriarcale, pur in disfacimento, continua co-munque a riconoscere agli uomini. Non c’è dubbioche questa stia diventando la regola dei nostritempi: non c’è nulla di meglio che dichiararsi vittimedel sistema che si è voluto e di cui si è goduto, cer-care di trattenere i profitti e gli onori scaricando altempo stesso le responsabilità e gli oneri. Non è infondo questo il “genio” della nuova destra? Ma il fatto è che oggi non c’è alcuna possibilità di ri-fondare un “ordine” paterno che non vogliono piùnemmeno gli uomini. E questi tentativi culturali epolitici reazionari, che guardano con nostalgia alsimbolico del padre nei termini di un “garante del-l’ordine”, hanno già mostrato il loro volto, che non èquello di una ricostituzione impossibiledell’”autorità tradizionale”, ma quella dell’eserciziodi un potere ancor più volgare perché ormai privo diqualunque autorità. L’alternativa è quella di riconoscere che c’è una con-traddizione aperta tra le stesse generazioni di uo-mini e che finalmente s’è manifestato un conflittointerno allo stesso universo maschile. Che l’unicapossibilità di ritrovare un’autorevolezza maschile edi arrestare la parabola del padre dipende dalla ca-pacità di fare realmente e responsabilmente i conticon la propria storia - senza rimuoverne le dimen-sioni violente e dolorose - e, contemporaneamente,di mostrarsi capaci di costruire relazioni che valoriz-zino e non demonizzino la libertà femminile.

Marco Deriu

Page 74: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

72 TEOLOGIA POLITICA CULTURA

Gli uomini della religione. La religione degli uomini. Pensieri fuori dal coroLa legge

La società politica deve garantire la libertà di tutti etutte, senza discriminare o privilegiare alcuno/a.deve favorire, non solo “permettere” o, peggio, “tolle-rare”, la convivialità di tutte le differenze e il lororeciproco confronto critico. Non parlo solo di gay elesbiche... Sentite cosa scrivono le donne in nerodella Serbia dopo la dichiarazione d’indipendenzadel Kosovo:“Non ci faremo ingannare dall’appartenenza dicampo! Questa significa che prima di tutto opponen-doci al nostro campo e poi a tutti gli altri, co-struiamo un’indipendenza dai principi e dalle auto-rità costruiti su base etnica, e lavoriamo insiemeper sviluppare una resistenza non-violenta nei con-fronti dei nazionalisti e dei militaristi. Insieme svi-luppiamo solidarietà e sorellanza femminista attra-verso tutte le divisioni etniche, i confini e gli osta-coli di stato!” - Lo scrivono alle donne del Kosovo!Che per i maschi serbi è diventato un Paese “ne-mico”...

Convivialità delle differenze significa favorire lapiena autodeterminazione e responsabilità indivi-dualiIn opposizione al principio di autorità praticatodalle élites che esercitano un potere in larga misurasottratto al popolo sovranoEcco perché la struttura gerarchica del sistema po-litico accetta e cerca il collegamento con i depositaridi verità dogmatiche superiori, basate su valori tra-scendenti, a connotazione imperiale.Questa appropriazione privata della democrazia sitraduce in una rapina di soggettività, più evidentenei confronti delle donne, oggetto di esclusione,chiuse in fortini familistici, vittime di violenza auto-rizzata.Le imposizioni delle autorità riguardano principal-mente la sfera dei rapporti uomo/donna, dei rap-porti sessuali, della famiglia tradizionale eteroses-suale, della signoria di ciascuno/a sulla propria vitae sul proprio corpo. La legge 40/04 e la 194/78 evi-denziano ciò sul corpo e sulla libertà delle donne.Queste riflessioni le condivido con Maria GraziaCampari (Queer 6.4.08).

Il legislatore

Come sempre, il cosiddetto “legislatore” si presentacome soggetto neutro/astratto... ma il fatto che icorpi che vengono controllati e normati siano quellidelle donne la dice lunga sul fatto che il legislatore èsoggetto maschile, simbolico e materiale.Il dominio simbolico patriarcale è sostenuto dogma-

ticamente dal fatto che la società italiana (ma nonsolo la nostra) è plasmata sulla dottrina cristiano-cattolica, che costruisce il modello di famiglia in-torno al culto della vergine-madre, in cui il poterematerno opera apparentemente nell’interesse esclu-sivo del figlio, meglio se maschio, fino al sacrificiototale di sé. In realtà questa dedizione oblativa siestende a ogni componente della famiglia e dell’isti-tuzione nel suo complesso: l’istituzione familiare,cellula della società.La società si regge sul sacrificio totale delle donne:non solo il loro doppio lavoro, ma anche l’invisibilitàsimbolica e l’esclusione sociale. Le vicende elettoraline sono una puntuale verifica.

La santa alleanza

Il passo successivo del mio ragionamento consistenell’individuare e nominare la “santa alleanza” chestoricamente determina questa condizione di vio-lenza contro le donne, la loro dignità di persone, laloro responsabilità di soggetti che non dovrebberoessere discriminati, come dicevo all’inizio, citando amemoria la Costituzione e tutte le Dichiarazioniuniversali di diritti.Gli alleati sono le istituzioni statali e quelle vati-cane, la gerarchia politica e quella ecclesiastica, chedeterminano e informano la struttura gerarchicadel sistema sociale in cui viviamo. Sistema che ètuttora fortemente patriarcale, nonostante la deter-minata ribellione femminista, che ha aperto gli oc-chi anche a qualche uomo. Io sono uno di questi, grato alle donne perché il lorodesiderio di libertà si rivela davvero come preziosaoccasione di liberazione e di felicità anche per me,anche per noi uomini.Torniamo ancora alle donne: nei paesi in cui i si-stemi politici sono fondati su diktat religiosi, ledonne non hanno il diritto di vivere, di pensare, diagire o decidere per se stesse. Devono sottomettersiai maschi ed eseguire gli ordini che questi trasmet-tono loro, ricevendoli da “dio”.Forse vi sembra che io stia parlando dei Paesi isla-mici, dove le donne vengono volentieri comprate evendute, mutilate e sfigurate e lapidate, perché ri-vendicano libertà. O pensate ai Paesi africani, dovevengono stuprate per vendetta o colpite dalla po-vertà più abbietta.In realtà sono le stesse pratiche che le colpiscononei paesi della conclamata civiltà cristiana: stupri,tratta, prostituzione coatta, violenze domestiche, di-scriminazioni lavorative e salariali, disoccupazione,precarietà o doppio/triplo lavoro...Perché tutta questa brutalità contro le donne?

Page 75: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

73TEOLOGIA POLITICA CULTURA

Dio è maschio, quindi il maschio è dio

La mia risposta, da qualche anno, è questa: perché“dio è maschio, quindi il maschio è dio!” (MaryDaly). La letteratura in proposito ormai è abbon-dante. Il processo di ominazione, durato miliardi dianni, è stato guidato dalle donne, grazie al loro po-tere di dare la vita e alla loro capacità di prender-sene cura: Hans-Peter Duerr la chiama “l’amoreembrionale, che dà luogo a tutte le forme che ve-diamo”. La divinità era femminile, e non facciamodifficoltà ad intuirlo: la Grande Madre, la Dea Ma-dre, la Madre Terra...Quando gli uomini hanno cominciato a sentirsi “su-periori”, per forza bruta e tecnologia bellica, ehanno imposto il proprio dominio, hanno chiamatole religioni della Dea “idolatria e paganesimo”,hanno cancellato i loro luoghi di culto costruendovisopra chiese e santuari cristiani, e così via... Il Dioche li autorizzava era fatto a loro immagine e somi-glianza: maschile e guerriero, creatore e padrone,supremo ed assoluto legislatore... e parlava solo auomini.Da questo dio, che loro hanno imposto come unico egiustiziere implacabile, gli uomini hanno comin-ciato a prendere gli ordini che ancora trasmettonoalle donne: il loro compito è essere madri, stare sot-tomesse ai mariti (Paolo), mettere il loro genio aservizio della gerarchia maschile, perché dio-figlioera maschio e ha dato ai maschi suoi seguaci il po-tere sacerdotale. Il Dio patriarcale non vuole la pa-rità per le donne. D’altronde sono nate dopo, da unacostola dell’uomo...

Già! Dio... “Dio lo vuole” urlavano i crociati. “Dio ècon noi” bestemmiavano i nazisti... Il “mio” dio, il“nostro” dio, a differenza dell’amore universale, èradice di divisione, di odio, di violenza, di competi-zione, di guerre... Perché autorizza il dominio ma-schile, che si regge sulla competizione, sulla sempli-ficazione culturale e simbolica, sul pensiero unico,sul colonialismo razzista verso popoli “inferiori”,sullo sguardo possessivo e proprietario verso ledonne, i bambini, ogni altro essere diverso da lui:animali, vegetali, risorse naturali, ambiente, acqua,aria, lo spazio cosmico...

Il capitalismo

La rapina della soggettività femminile diventa ap-propriazione privata della democrazia e, infine, cul-tura e pratica della privatizzazione di ogni bene co-mune. Insopportabile! Ma è l’essenza del sistemacapitalista, imperiale e globalizzante, che ha tra isuoi pilastri il patriarcato, il culto del denaro e lareligione. Che autorizzano, nei sacri testi e nei co-dici del diritto, la disuguaglianza economica, la mi-soginia, l’inferiorità di intere popolazioni per ra-gioni etniche, in realtà per desiderio di rapina delle

loro risorse naturali.Forse cominciamo ad accorgercene: a fare le spesedi questo dominio patriarcale siamo anche noi uo-mini. Ci pensiamo poco: un po’ perché intuiamo cheè pericoloso pensare troppo, destabilizzante, un po’perché l’appartenenza al genere dominante ci mettesempre a disposizione qualche vittima, una donnasu cui possiamo sfogare le nostre frustrazioni e cosìcontinuare a sentirci “superiori”, servi ciechi dei no-stri carcerieri.La morte di milioni di persone e dell’intero pianetaè il prezzo che stiamo pagando a questa cultura diviolenza. Che ha un’altra faccia, ideologicamenteaccattivante: mentre uccide i corpi, esalta la vita.Uomini immolano corpi viventi e le sorgenti dellavita, come l’acqua, l’aria, il sole... mentre si procla-mano difensori della vita. Perché non riescono asopportare che le donne si sottraggano al dominiopatriarcale con l’autodeterminazione e la libertà delproprio corpo e della propria vita sessuale e pro-creativa. Dichiarano “sacra” la vita e trasformano icorpi viventi in merce, armi, strumenti di piacere edi produzione: pietre dell’altare al divino maschile.

La bolla “inter coetera”

Cosa c’entra Dio in tutto questo? Leggiamo la di-chiarazione centrale della Bolla “Inter coetera” dipapa Alessandro VI e capiremo. E’ del 1493: “invirtù della pienezza del nostro potere apostolico,grazie all’autorità di Dio onnipotente conferitaci inS. Pietro e della vicaria di Gesù Cristo che noi dete-niamo sulla terra... vi facciamo dono di tutte le isolee dei continenti trovati e ancora da trovare... e no-miniamo voi, i vostri eredi e successori, signori diessi con pieno e libero potere, autorità e giurisdi-zione, di ogni tipo”. In cambio “vi ingiungiamo dicondurre le popolazioni che risiedono in quelle terread abbracciare la religione cristiana”... e sappiamocom’è andata.L’autorizzazione da parte di Dio non potrebbe es-sere più chiaramente enunciata e proclamata. Lasanta alleanza, cominciata con Costantino, si raf-forza: io do una cosa a te, tu dai una cosa a me, ma-gari voti e sostegno politico in cambio di soldi allescuole private e di esenzione dall’ICI, per fare qual-che esempio. Ma, soprattutto, per dominare in-sieme: Giovanni Paolo II e Pinochet fianco a fiancosul balcone presidenziale ne restano un’icona inde-lebile.Dal 1948 il mondo conosce e possiede una solenneDichiarazione dei diritti universali della personaumana; ma ci sono politici e religiosi che si oppon-gono al loro riconoscimento effettivo: per gran partedell’umanità rimangono diritti inesigibili. E questoè chiarissimo nei confronti delle donne: per loroquesti diritti non sono universali, come non lo sonoper le persone povere, migranti, omosessuali, abori-gene/indigene, ecc...

Page 76: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

74 TEOLOGIA POLITICA CULTURA

I diritti sono universali

Ma le donne non sono come gli uomini. Non è unabattuta alla Lapalisse... Voglio proprio dire che lericadute positive delle loro ribellioni e delle lorolotte sono universali: “i nostri diritti e la nostra li-bertà, le nostre lotte di classe e le nostre aspirazionisono universali” (scrive Houzan Mahmoud). Univer-sali, capite? Non solo a vantaggio di tutte le donne,ma anche di noi uomini. E non perché lo dicono loro.Lo dicevo prima: la loro libertà è occasione di libera-zione anche per noi: dal giogo del patriarcato, dallereligioni patriarcali, dal dominio e dalla competi-zione e dall’ansia per le prestazioni... chi si è messocon coraggio su questa strada, chi ha avuto il corag-gio di “andare a vedere” se era vero, è lì a testimo-niarlo. Anzi: è qui. Io sono uno.Questa è la mia parzialissima e raffazzonata analisidell’ordine simbolico patriarcale, da cui è conve-niente liberarci, per la felicità nostra e del mondointero.

Ma come?

Noi, nel nostro percorso di autocoscienza maschile,abbiamo cominciato partendo ciascuno da sé, cer-cando di cambiare, a poco a poco, con consapevo-lezza quotidiana, il nostro modo di stare al mondo.Non posso imporre cambiamenti a nessuno, tantomeno a chi non vuol saperne: posso solo cambiareme stesso.In questo siamo stati aiutati, spinti, tirati, stimo-lati... dalle donne, dalle nostre compagne di vita edalle donne dell’arcipelago femminista e del pen-siero della differenza, a cui non cesserò di espri-mere la mia riconoscenza.Consapevolezza, responsabilità, autocoscienza, co-raggio... sembra difficile, faticoso... In verità lo è,perché l’aiuto e il sostegno ti vengono solo dal pic-colo gruppo che cammina con te, remando in sensocontrario alla corrente.Ma la felicità che incontri nelle relazioni ti ripagaabbondantemente di tutte le fatiche fatte per met-terti in cammino. Parlo delle relazioni intime: conla moglie, con figli e figlie, con gli amici e i compa-gni di lavoro, nei piccoli gruppi del proprio impegnosociale e di fede.Sono luoghi di allenamento quotidiano, dove ap-prendiamo competenze insospettate: la cura, il ri-spetto, l’ascolto, il non-giudizio... la capacità di ge-stire i conflitti senza violenza, la cooperazione al po-sto della competizione...Se queste modalità di vita diventeranno pratichequotidiane di un numero sempre più grande di uo-mini, abbiamo la fondata speranza che anche nellerelazioni politiche e internazionali sapremo a poco apoco imparare la cura e il rispetto, la mediazione ela convivialità di tutte le differenze.

Il fiocco bianco

La differenza originaria e fondamentale è quellasessuale, tra uomini e donne. Imparare a stare inrelazione con capacità di rispetto e cura per questadifferenza irriducibile è il primo passo decisivo sullastrada del cambiamento.Questo per me è il senso del fiocco bianco. Stella mel’aveva donato già alcuni anni fa, ma ho scelto di in-dossarlo solo pochi mesi fa, quando ho avuto consa-pevolezza precisa che da questa strada non intendotornare indietro. E’ stato il mio vero battesimo, chemi sono amministrato una domenica durante l’euca-restia nella mia comunità, riflettendo sulla “giusti-zia” di cui parla continuamente Gesù nel famoso di-scorso della montagna, raccontato nel vangelo diMatteo. Cosa significa l’invito di Gesù a cercare“prima di tutto la giustizia di Dio”, quella piena, ra-dicale, coerente... “e tutto questo: il cibo, l’acqua, ilvestito... vi sarà dato in sovrappiù” (Mt 6,33), non cimancherà il necessario? Significa, secondo me, chela cooperazione e la convivialità annulleranno arric-chimenti e dominio di pochi in favore di un equo ac-cesso di tutti e tutte al necessario e sufficiente. Perché gli uomini del sacro non predicano così? Percollusione, per incoerenza, perché predicano la pro-pria dottrina e non la giustizia di Dio... Ottenendoin cambio privilegi e riconoscimenti dagli uomini delpotere economico e politico, che dall’ossequio a quel“sacro” violento ottengono voti e altrettanto ingiustiprivilegi.Condannare il padre che ha ucciso la figlia perchéquesta si sottraeva alla sua autorità e alla sualegge... è solo una faccia della giustizia, quella pic-cola. La giustizia piena è quella della relazioni di ri-spetto e di convivialità: nessun padre uccida più lafiglia; nessun uomo sfrutti, opprima, uccida più unaltro uomo; nessun uomo offenda, stupri, uccida piùuna donna, un bambino...Ma chi la predica, questa giustizia? Chi la pratica:le donne, che danno la vita e la curano e la difen-dono e la amano... Non gli uomini che accumulanoricchezza privando altri del necessario...

Che fare?

Per prima cosa, mi suggerisce l’esperienza, ascol-tare le donne e, poi, metterci in gruppo, noi uomini,per parlare tra di noi.

Ascoltare le donne

Le donne, anche quelle che non scrivono libri, hannosempre avuto, in qualche modo, consapevolezza diessere vittime della violenza maschile:- dei cosiddetti “clienti”, come se la compravenditadei corpi fosse un commercio come ogni altro

Page 77: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

75TEOLOGIA POLITICA CULTURA

- degli sfruttatori e dei racket- della miseria e delle guerre- della cultura patriarcale che le relega al compito di“riposo per il guerriero” e di addette alla riprodu-zione della specie- delle chiese, che insegnavano loro la sottomissioneai padri e ai mariti, ai preti e ai governanti… accet-tando con cristiana rassegnazione sia il dovere co-niugale sia le scappatelle del marito.

Riunirci in gruppo, perché dal gruppo può venirciaiuto decisivo. A Pinerolo è nato nel ‘93: un gruppodi uomini con i quali ci si può finalmente aprire eraccontare a voce alta la propria vita, le proprie tra-sgressioni, i propri tentativi di cambiamento. Lachiamiamo “autocoscienza”, perché è proprio comeesaminarci nell’intimo da soli, ma, facendolo a vocealta davanti ad altri, ci si incoraggia e ci si sostiene

Perché viottoli“viva” ancora...Il nostro semestrale Viottoli ha trovato negliultimi anni una diffusione veramente promet-tente e riceve una buona accoglienza in moltiambienti. Molte persone richiedono l’invio dicopie saggio e noi siamo lieti di effettuare lespedizioni... Ma forse parecchi pensano chenoi riceviamo “finanziamenti” da qualche be-nefattore o da qualche ente... Non è così, puoiesserne certo. Qui non arriva nulla da nessunoche non sia un socio, un’amica o un amico del-l’Associazione Viottoli, un lettore, una lettricedella rivista... Aspettiamo proprio che sia tu,anche tu, a “far vivere” Viottoli...Le spese che abbiamo sono tante. Solo que-st’ultimo numero è costato oltre 3000 euro perle sole spese di impaginazione, stampa e spedi-zione (essendo tutto il lavoro giornalistico, re-dazionale, di composizione svolto in modo com-pletamente volontario)… Se ti interessano lanostra rivista, i Quaderni e i libri che pubbli-chiamo, allora fai quello che puoi per soste-nerci, anche economicamente. Ne abbiamo bi-sogno per i molti progetti che abbiamo in can-tiere. GRAZIE

Se poi desideri ricevere il “Foglio di comunità”(il foglio mensile gratuito della nostra cdb nelquale vengono riportati gli appuntamentidella vita comunitaria, le iniziative, ma anchecommenti, articoli, su fatti di attualità, poli-tica, religione) ti invitiamo a comunicarci untuo indirizzo e-mail.

a vicenda. In questi 15 anni altri GU sono nati ingiro per l’Italia... e l’anno scorso abbiamo costituitoanche l’Associazione nazionale Maschile Plurale. Ilmio più grande desiderio è che in ogni città, in ognipaese, uomini si mettano in gruppo per riflettere,raccontarsi... Dall’ascolto nascono pensieri, dai pen-sieri nascono comportamenti; da pensieri positivinascono cambiamenti di vita, rispetto, convivialitàdelle differenze... E’ la magica forza del simbolico: sepenso che gli uomini sono superiori, tratterò ledonne da inferiori e da serve; se penso che dobbiamoriconoscerci a vicenda pari dignità, mi diventerà viavia più facile comportarmi in modo coerente.

Beppe PavanGruppo Uomini in Cammino di Pinerolo (To)

Associazione nazionale Maschile Plurale

Page 78: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

76 TEOLOGIA POLITICA CULTURA

Violenza maschile contro le donne: dove passa la prevenzioneQuesta è una riflessione su cui ho cominciato a sof-fermarmi nelle ultime settimane, dopo gli incontrisulla violenza maschile contro le donne organizzatiin luoghi diversi (Lecce, Casal di Principe, TorrePellice) in occasione dell’8 marzo. Ma era comin-ciata a dicembre, quando è venuta Isoke a Pinerolo,invitata dalla nostra comunità di base che ha dedi-cato l’Eucarestia di Natale all’Africa, riflettendo inparticolare sul dovere della “restituzione”.

Intanto penso che non dovrebbe esserci “prescri-zione” per i reati che incidono drammaticamentesulla vita delle persone: genocidio, insicurezza sullavoro, speculazioni finanziarie, corruzione, vio-lenza contro le donne (in particolare stupro, tratta,riduzione in schiavitù), guerre, produzione e com-mercio di armi... L’elenco possiamo proseguirlo in-sieme.

Ma non per lasciar marcire in carcere i colpevoli...L’idea è che il reato non si estingue con la pena, macon la restituzione e il cambiamento.Restituzione “del maltolto”: non parlo di mele ru-bate e neanche di soldi sottratti con destrezza nellacalca di un mercato. Parlo di restituire dignità, ri-spetto, voglia di vivere, relazioni d’amore nuova-mente possibili... alle donne. Penso alla vita, allacultura, alla dignità... rubate dal colonialismo pa-triarcale alle popolazioni indigene di tutto il mondo,comprese le donne delinquenti di cui parla MichelaZucca nel libro omonimo. Non basta chieder loroscusa; e non è neppure sufficiente smettere di pre-tendere l’altra guancia imponendo loro la restitu-zione del debito finanziario verso il ricco e oppres-sore Occidente. Restituire al terzo e al quartomondo è un’esigenza di giustizia, se la giustizia nonvenisse più identificata con i codici del diritto elabo-rato dagli oppressori, capeggiati dal papato cattolicoche non ha mai ritrattato e chiesto perdono per labolla “Intercoetera” di papa Alessandro VI, del 1493.Cambiamento di cultura e di pratiche personali, so-ciali, collettive: non basta chiedere scusa e “pagareil fio”, se non si cambia modo di stare al mondo, po-nendo basi sicure per la non reiterazione del reato.Che deve essere riconosciuto e chiamato con il suovero nome. Ecco che così parliamo di restituzione didignità e di vita piena non solo alle vittime, ma an-che ai colpevoli. Il cambiamento è liberazione di en-trambi, è giustizia piena, è prevenzione...

Mi sembra importante e conveniente, a questopunto, pensare a condanne che non comportino soloil carcere, ad abbrutirsi di più, ma la partecipazionea corsi e gruppi di autocoscienza e di riflessione,orientati a favorire la consapevolezza del necessariocambiamento personale. E’ l’esperienza, ad es., del-l’associazione VIRES di Ginevra. E’, secondo me,un’urgenza a cui non possiamo più sottrarci.

PropostePer usare il paradigma della riforma sanitaria del‘78: le Case per le donne maltrattate, gli sportelli“ascolta donna”... sono cura e riabilitazione. Ma laprevenzione passa dal cambiamento maschile, daigruppi maschili di autocoscienza, da tutte le inizia-tive che vanno in questa direzione.

Condivido la proposta di istituire un Servizio LegaleNazionale, come quello Sanitario, avanzata da al-cune avvocate femministe, perché nessuna donnasia costretta a rinunciare alla denuncia dalla man-canza di denaro. Le istituzioni del Diritto e dellaGiustizia si devono coinvolgere a tappeto su questeriflessioni, per i necessari cambiamenti.

Ma non basta: bisogna che gli uomini smettano difare violenza alle donne.

Dai dati che periodicamente vengono diffusi, la vio-lenza maschile contro le donne è la più terribile equotidiana tragedia per l’umanità, “guerra mon-diale” viene anche definita. Quindi tutte le Istitu-zioni dovrebbero prenderne consapevolezza e met-terla al centro delle loro agende. E tutte le agenzieformative, dalle scuole ai sindacati, dalle chiese alleassociazioni di volontariato, dovrebbero fare del ri-conoscimento e del rispetto delle differenze, di tuttele differenze, il fulcro e il paradigma dei loro pro-grammi. La scuola, in particolare, dovrebbe esseretutta orientata alla formazione alle relazioni non-violente, comprendendovi l’educazione alle relazionisessuali.

Tutte le ASL, accanto agli sportelli “ascolta donna”,dovrebbero organizzare sportelli di ascolto e servizidi accoglienza per uomini con problemi e disturbidelle relazioni, coinvolgendo il volontariato deigruppi maschili di autocoscienza; nonché servizi te-rapeutici professionali, oltre a un’adeguata e perma-nente formazione delle forze dell’ordine.

Gli Enti Locali dovrebbero riconoscere e far cono-scere tutti i gruppi di autocoscienza e di auto-mu-tuo-aiuto presenti sul territorio, in particolare quelliche si dedicano ad iniziative di contrasto delle schia-vitù sessuali... per favorire in ogni modo la coerenzatra la formazione scolastica e i modelli adulti posi-tivi di riferimento per bambini e adolescenti.

In tutto ciò io vedo una grande convenienza, un cuisinonimo è economicità. A pensarci bene, si trattaproprio di un discorso economico, orientato a farestar bene tutti e tutte, non solo qualcuno. Questa èla differenza. E a queste iniziative conviene dedi-care tutte le risorse necessarie, a cominciare daquelle culturali.

Beppe Pavan

Page 79: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

77TEOLOGIA POLITICA CULTURA

Anniversari brasiliani e democraziaDue ricorrenze fanno discutere il Brasile oggi. Nel2008, infatti, si ricordano lo sbarco della famigliareale portoghese di duecento anni fa e i vent’annidella Costituzione brasiliana: due eventi che fannoparte dell’identità del Brasile moderno, l’una comeradice storica che ha influenzato lo stile relazionale,ispirato alla complessa burocrazia lusitana, l’altrocome radice della democrazia riconquistata dopo ladittatura (1964-1984).La fuga della famiglia reale portoghese verso il Bra-sile fu un caso unico nella storia, in cui un imperocoloniale venne governato al di fuori dell’Europa,nella colonia stessa. Dom João VI, principe reggentedel Portogallo, su pressione inglese e con l’avanzatanapoleonica, decise infatti di trasferire la sede delsuo regno a Rio de Janeiro. Il che significò trasferirequasi quindicimila persone, che si imbarcaronoquando le truppe del generale francese Junot sta-vano avvicinandosi a Lisbona e nella fretta, e congrande rammarico del re, le gradi casse con i libridella biblioteca reale rimasero a terra. Una corte eu-ropea intera, dunque, trasformò la città brasilianafino al 1822, quando il figlio di Dom João VI, Pedro,dichiarò l’indipendenza del Brasile dalla madrepa-tria. E’ una vicenda storica che ancora fa discutere:questa autonomia concessa dall’alto e non conqui-stata, come nel resto dell’America latina, fa diffe-renza per l’identità, specie politica, brasiliana, cheda allora si è abituata a “ricevere” più che a “conqui-stare”.Ma non è del tutto così. La conquista della democra-zia in Brasile dopo la dittatura ha invertito questosentimento di apatia. E’ stata preparata da lunghianni di pratiche partecipative semiclandestine edall’ostinata volontà di movimenti, comunità catto-liche di base, sindacati, gruppi politici, specie il Ptdi Lula, di riprendere in mano il destino del propriopaese. E la democrazia che nasce da questo tipo diesperienza alla fine risulta solida, mette radice nel-l’anima delle persone. Lo si vede oggi in Brasile ri-spetto al momento di grave crisi fra i paesi molto vi-cini: Venezuela ed Equador contro la Colombia diUribe il cui esercito, sconfinando in Equador ha uc-ciso il numero due delle Farc (Forze armate rivolu-zionarie colombiane), Raúl Reyes. Tutta la diploma-zia brasiliana, così come l’opposizione al governoLula, richiamano la necessità di uscire dal conflittocon una concertazione pacifica e se ne fanno instan-cabili mediatori.

Cittadinanza e partecipazione

La Costituzione brasiliana compie dunque il suoventesimo compleanno. Nel 1988 questa importantecarta, che sanciva la ripresa democratica del Brasiledopo due decenni di dittatura, proclamava una con-

cezione universalista dei diritti sociali, definendoimportanti meccanismi di partecipazione: referen-dum, iniziativa popolare di una legge, le “audiên-cias”, sedi di “ascolto” pubblico e così via. Sostenutida questo forte riferimento della Costituzione, chedava nuove fondamenta al paese, molte forze (sin-dacati, movimenti, gruppi di ogni tipo) si impegna-rono durante gli anni che seguirono per consoli-darne le parti aperte alla partecipazione, istituendo“Consigli” di ogni genere per dibattere, approfondiree proporre soluzioni ai problemi collettivi: dalla si-curezza al salario minimo, dall’educazione allo svi-luppo ambientale ecc. Un’idea li accomunava: ri-prendere un progetto di sviluppo economico e so-ciale che rispettasse la dignità umana. Nel settorepubblico, per esempio, fu avviata la pratica delle“Conferenze”. Per esempio la Legge Organica sullaSalute del 1990 le ha previste in modo obbligatorio.In una Conferenza sono rappresentate tutte le vi-sioni dei vari soggetti interessati, che in tal modoesplicitano anche i conflitti che li caratterizzano:medici e utenti, donne e specialisti incapaci di in-tuire la loro identità, fasce deboli come anziani ebambini e disservizi, ecc.Insomma, in vent’anni, sotto l’ombrello della nuovaCostituzione, il Brasile ha visto enormemente cre-scere la partecipazione dei suoi cittadini. In partico-lare con i due mandati del presidente Lula questispazi hanno avuto un grande incremento, i dati par-lano da soli: dei 64 consigli federali esistenti, 11sono stati creati con lui, si sono tenute una quaran-tina di Conferenze nazionali (che prevedono primaassemblee di dibattito nei 27 stati brasiliani) su varitemi: donne, ambiente, giovani… dalle quali ne sonodiscese politiche di sostegno e intervento, come Pro-jovem per le fasce adolescenziali, e nelle quali sisono anche sentite denunce importanti su cose chenon funzionavano, specie in relazione alla violazionidei diritti umani (dalla violenza della polizia al di-sboscamento dell’Amazzonia). Si calcola che circadue milioni di persone abbiano alimentato questomovimento partecipativo. E oggi, a vent’anni dallaCostituzione, in più sedi ci si interroga se è servito ecosa ha prodotto. Si è aperta, in altre parole, una in-teressante riflessione sul significato profondo dellademocrazia. E le domande che la cittadinanza at-tiva si sta ponendo in Brasile valgono, in realtà, pertutte le democrazie occidentali, che spesso impalli-discono le loro strategie di fronte a una incipiente“depoliticizzazione della politica”, ridotta a tattichedi gestione di voti fra partiti e alleanze e poco impe-gnata nella costruzione di futuri possibili, a misuradella domande che sempre la società, nel suo muo-versi quotidiano, produce.Alcuni giudizi su questo intenso ventennio parteci-pativo brasiliano sono positivi: le nuove sedi orga-

Page 80: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

78 TEOLOGIA POLITICA CULTURA

nizzate previste dalla Costituzione hanno allargatoi processi decisionali a nuovi protagonisti sociali(come gli animatori comunitari e le donne) e hannofatto emergere (come accadde con i Bilanci Parteci-pati, certo l’esperienza più importante di allarga-mento della democrazia da Porto Alegre a Belém, daSanto André e Piracicaba, in ogni angolo dell’im-menso continente brasiliano) contraddizioni vere daaccogliere e risolvere, come quelle fra la visionedella realtà dei professionisti (come i criteri esteticidegli architetti) e le necessità quotidiane (avere ac-qua, strade, luce prima di un bel monumento o unabella piazza arredata) della gente comune.Altri giudizi sono invece più critici: spesso chi vienecooptato nella partecipazione è già legato ai partiti etende a riprodurre all’interno dell’organo partecipa-tivo la stessa dinamica competitiva della sua orga-nizzazione.Complessivamente, tuttavia, si percepisce un sensodi frustrazione: si vorrebbe sempre incidere di piùsulla soluzione delle cose. Ma forse questo è intrin-seco all’idea stessa di partecipazione: più se ne gu-sta, più se ne gusterebbe! Ed è giusto, a nostro av-viso, che sia così: la partecipazione deve essere vo-race altrimenti contraddice la sua natura, propriocome la libertà. Rispetto alla democrazia, sempre dademocratizzare, come dice Boaventura de SousaSantos, siamo ancora nella fase della complementa-rietà fra forme rappresentative e partecipative: lascommessa per il secolo XXI, in Brasile come intutto il mondo, è di viverle in efficace armonia.

Cambiare l’ordine sociale

Chi ha, in modo particolare, aperto un percorso diriflessione sui risultati del ventennio democraticobrasiliano - poco nella storia delle democrazie, magià molto per capire cosa va e cosa non va - è stato ilForum da Cidadânia di Santos (2002). Nel 2005 unManifesto di professori della Unicamp (150 intellet-tuali) a sua volta aveva richiesto a gran voce la pu-nizione dei corrotti e la difesa della democrazia. An-cora nel novembre 2005 una rete di entità della so-cietà civile, ong, il Forum di Partecipazione Popo-lare e quello Nacional da Reforma Urbana, elabora-rono una piattaforma dei movimenti sociali per lariforma del sistema politico brasiliano. Dopo se-guono discussioni per tutto il 2006 e 2007.Fra le altre cose la Plataforma dos movimentos so-ciais dichiara, fra l’altro: “non desideriamo una in-clusione in questo ordine sociale. Desideriamo cam-biarlo”. In altre parole, si dice che il patrimoniali-smo e il patriarcato a esso associato, il clientelismoe il nepotismo che quasi sempre lo accompagna, larelazione fra il populismo e il personalismo, che eli-mina i principi etici e democratici della politica, leoligarchie attraversate dalla corruzione e sostenuteda mille forme di esclusione sociale, sono elementistrutturali dell’attuale sistema politico brasiliano.

Se non si incide su questa struttura, si torna aforme di potere politico che alimentano il fatalismosociale, con la fine della speranza di un futuro uto-pico possibile, in grado di mutare le condizioni di unpresente indesiderato. Se non c’è idea di futuro, nonci sono elementi di trasformazione che già plasminoil presente.

Il ruolo dei partiti

Parlare di democrazia significa parlare del ruolo deipartiti, sia al governo che all’opposizione. Anzi, nelledemocrazie latinoamericane è importante accompa-gnare proprio il ruolo di quelli all’opposizione. InBrasile, ma anche in Bolivia e in parte in Venezuela,l’opposizione governativa di destra è spesso legataalle potenti reti televisive nazionali, in grado di sol-levare scandali e pilotare l’opinione pubblica dimasse ancora poco alfabetizzate, specie politica-mente. Per esempio in Brasile il Psdb e il Pfl (exArena ai tempi della dittatura e oggi, ironicamentePartito Democratico!!!), con i mass media, hannoscelto di fare una campagna moralista promuovendodenunce contro la corruzione, il nepotismo e l’uso il-legale di risorse pubbliche nel finanziamento dellecampagne elettorali e la compra dei voti nel Con-gresso Nazionale. Associandosi ai partiti conserva-tori, i media brasiliani hanno dunque impugnato la“questione etica”, quegli stessi che da ben più tempodel governo Lula (dove gli scandali sono ancheemersi perché non vi è stata alcuna censura in me-rito!) avevano comprato voti nel Congresso per pro-muovere importanti privatizzazioni, alterare la Co-stituzione e garantire la rielezione di Cardoso.La politica si trasforma, in questo contesto, in stru-mentale calcolo di potere e continuo negozio, chepoco ha a che fare con i grandi temi di vita che attra-versano una nazione. E i cittadini se ne allonta-nano. Accade una “depoliticizzazione della politica”e il venir meno di una delle principali forze trasfor-mative della società.La democrazia dipende dall’educazione dei cittadini.Domande come: la democrazia deve sostenere le no-stre attuali forme di società? O creare spazi per tra-sformarle e in che modo? Qual’è la società futurache desideriamo? dovrebbero far parte di ogni per-corso di formazione educativa. Democrazia non èmera strategia di governabilità, così come l’ha in-tesa il Consenso di Washington specie negli anni no-vanta, ma un bene prezioso che incide le coscienze.C’è un legame indissolubile fra democrazia, futuroed educazione. Non sono semplici parole di un di-scorso retorico. Se si spezza il loro legame, le societàinvolvono in logiche impazzite, specie in America la-tina, dove la conquista di ognuna di loro è avvenutaall’interno di un progetto di cambiamento che le Si-nistre e i movimenti hanno sostenuto anche aprezzo della vita stessa.

Bruna Peyrot

Page 81: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

79TEOLOGIA POLITICA CULTURA

Lettera aperta

Appassionata lettrice del Vostro Giornale, mi per-metto questa volta di chiedervi ospitalità. Ho avutouna piccola esperienza che ho vissuto in modo forseeccessivamente profondo e penoso e vorrei farveneparte. Vi ringrazio in anticipo.Un giorno, qualche mese fa, entro in una chiesa,spinta dal desiderio di formulare una preghiera incompagnia di altre persone e anche per percepirequel senso di mistico e di sacro che sempre unachiesa infonde. Anche se “il sacro”, ha detto qual-cuno, “o è ovunque o non è da nessuna parte”. Sonoperfettamente d’accordo: Dio è in ogni luogo.Una piccola chiesa in riva al mare in un giorno fe-riale alle diciotto. Poca gente, soprattutto anziani,fedeli che forse ogni giorno assistono alla Messa, unpo’ per devozione, un po’ per abitudine e un po’ an-che per alleviare il peso di una non voluta solitu-dine e allontanare la malinconia. Stanno recitandole ultime decine del rosario. Prego con loro, renden-domi conto con tristezza che, da tempo, la primaparte del Padre nostro e delle corone delle Ave Ma-ria vengono pronunciate sempre soltanto dalla per-sona che fa la prima voce, nel caso una suora, e chele parti non vengono più scambiate. Mi pare unpasso indietro.Entra in quel momento il sacerdote per dire messa.E’ di mezz’età, l’aria volitiva e il passo sicuro. Cosìinizia il breve semplice rito di un giorno comequello. Le donne spesso inginocchiate, gli uomini inpiedi. Nei primi banchi alcune suore in abitobianco, altre in nero. Guardo l’altare: ha ancora la posizione prescritta altempo del papa Buono, e cioè rivolto verso i fedeli inmodo che ci si possa sentire tutti insieme, in fami-glia. Ma fino a quando? Il rito, ovviamente, sisvolge in lingua italiana, che è accessibile a tutti.Ma anche questo fino a quando? Con quello che c’ènell’aria in questo nuovo pontificato, non si sa. All’omelia il sacerdote, letto il Vangelo, sottolinea lanecessità di vivere in Gesù Cristo e finisce per lan-ciare alti osanna all’indirizzo del papa Paolo VI, il-lustrando la sua figura di maestro di vita dai poterisoprannaturali, quasi magici, qualcosa di miraco-loso e surreale, lontano da noi anni luce, e terminacon le parole: “santo subito”. Non ho nulla contronessuno, ma non vedo la necessità di questa ur-genza. E poi perché santo? Li facciamo noi i santi osono santi quelli che Dio ha scelto?La messa continua. Soltanto che ad un certo punto,inaspettatamente, il sacerdote, interrompendo ilservizio, pronuncia con voce alterata e severa que-sta frase, che suona secca e solenne sotto l’unicanavata: “Le parole della liturgia sono di compe-tenza esclusiva del sacerdote. Non potete mormo-

Perchè il Vangelo risplenda ancorararle sottovoce mentre io le pronuncio a voce alta”.Se la volta della chiesa fosse crollata e mi avesse col-pita non avrebbe potuto farmi più male. Sono rima-sta impietrita, indignata. Era vero. Qualcuno, mecompresa, muoveva le labbra senza quasi emetteresuono. Un modo per seguire, per non distrarsi, persentirsi in sintonia con la comunità o, forse, perdare più valore alla preghiera, se non, in molti casi,per l’abitudine dei tempi passati di mormorarequando si parla con Dio. Ora il silenzio è perfetto, assoluto.Mi colpisce la mancanza di carità cristiana, di com-prensione e di rispetto verso persone visibilmentesemplici. Mi colpisce l’assenza assoluta di spiritoevangelico e di misericordia. Mi colpisce il tono, ladurezza e l’arroganza di un simile esposto. Il mioprimo istinto è di alzarmi e uscire. Poi penso che cisono entrata per ricevere l’Eucarestia e non intendorinunciarvi. Rimango e continuo, dispettosa, a muo-vere le labbra in silenzio. Soltanto che altre persone,forse le donne più anziane, use per atavica abitu-dine al mormorio, senza accorgersene, io credo, lostanno ancora facendo. Ed ecco che l’officiante inter-rompe un’altra volta il suo monologo e, bloccandosi,chiaramente irritato, si guarda intorno con aria in-dagatrice, come per identificare i colpevoli. Pochiistanti che sembrano lunghissimi. Mi viene inmente l’immagine del preside nei momenti peggiori.Ho sempre pensato che in qualsiasi chiesa (come inqualsiasi altro luogo, del resto), Gesù sia fra lagente e che, insieme alla gente, reciti preghiere.Non ha detto forse: “Dove due o tre sono riuniti nelmio nome, io sono in mezzo a loro?”. Quel monito se-vero, che ha tappato le labbra di Gesù mentre stavapregando con tutti noi, mi ha profondamente scossa.La Messa è finita. Mi muovo per uscire. Sulla portasosto un attimo e mi guardo intorno: gli altri fedelisono tutti al loro posto, intenti a terminare, con levoci stanche e un po’ stonate, il canto finale, senzaosare ad alzarsi sino all’ultima udibile nota.Nel momento in cui viviamo siamo sottoposti alladittatura morbida e mediatica del governo, una dit-tatura del giorno d’oggi, preparata da tempo e ca-muffata da democrazia. E a quella della Chiesa, in-flessibile e dura, gerarchica e maschilista, la più te-mibile: quella che opprime le genti nel nome di Dio.

Laura Barsotti

“Se voi avete il diritto di dividere il mondo initaliani e stranieri, allora io reclamo il dirittodi dividere il mondo in diseredati e oppressi daun lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gliuni sono la mia patria, gli altri i miei stranieri”

(don Lorenzo Milani)

Page 82: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

80 TEOLOGIA POLITICA CULTURA

Rifiuto “globale”Intervista a Davide Pelanda

Davide Pelanda, insegnante, scrittore, caporedat-tore di Tempi di fraternità. Lo incontro a Torino inoccasione dell’uscita del suo ultimo libro: ‘A Mun-nezza, ovvero la globalizzazione dei rifiuti (ed. Sen-sibili alle Foglie, pag. 208, ⇔ 14.00).

Quanto tempo hai impiegato a realizzare il tuo la-voro?“Circa due anni, tra ricerche di materiale vario (arti-coli, dati, analisi, interviste, esperienze personali)”.

Quindi, prima della bomba-Napoli. Come mai unasimile scelta?“L’idea mi è stata in parte suggerita da mia cognata,che vive a Brescia e che, all’epoca, lavorava per laProvincia su tematiche legate all’ambiente. Avevaletto alcuni miei articoli sull’inceneritore, sul dra-gaggio del Porto dei Poeti e sulla discarica Pitelli diLa Spezia, pubblicati da riviste nazionali (‘Carta’,‘Megachip’ ecc.). Poi venni sollecitato da altri amici.A fine maggio 2007 il volume era praticamente ter-minato, ma è stata dura ottenere credibilità in unacasa editrice: ne ho girate una decina, senza suc-cesso. Finalmente, nell’agosto dello stesso anno, horicevuto la risposta affermativa dai miei attuali edi-tori”.

Viviamo nell’epoca della sovrabbondanza, che pre-senta due situazioni paradossali: sovrabbondanza diconsumi da un lato, di rifiuti dall’altro; così che sem-briamo al tempo stesso ricchi e straccioni. I rifiutimi appaiono l’immagine tangibile del nostro de-grado, morale e spirituale...“C’è senza dubbio un legame tra i rifiuti e la nascitadi iper-super-mega centri commerciali. Più se ne co-struiscono e più ci si domanda: dove smaltire l’’ec-cesso’ che queste strutture fatalmente producono?Qualcuno sostiene che, se continua così, non basteràun altro pianeta per sbarazzarci di tutti i nostriscarti. Su ‘Repubblica’ del 6 febbraio scorso, RobertoSaviano ci ha ricordato che negli ultimi cinque annisono spuntati, in un’area inferiore a 15 km, enormicentri commerciali: prima il più grande nel Caser-tano, poi il più grande d’Italia, quindi d’Europa,quindi… uno dei più grandi nel mondo! Si tratta diun’area complessiva di 200.000 mq, con 80 negozi dibrand nazionali ed esteri, un ipermercato, 25 risto-ranti e bar, una multisala cinematografica con 11schermi e 2500 posti a sedere. Ultimo arrivato, aNola, il Vulcano Buono di Renzo Piano, collina artifi-ciale che riprende le sinuose forme del Vesuvio. Èalta 40 metri e con un diametro di oltre 170. si co-struiscono centri commerciali per far girare soldi, di-cono. In realtà la Campania cresce meno rispetto alresto d’Italia, l’agricoltura e l’industria sono arre-trate, e così pure i servizi”.

Eppure si consuma. E si soffre... “E’ una catena perversa: lavori e sei sfruttato anche12 ore al giorno per racimolare denaro da spen-dere… nell’effimero! Ti convincono ad acquistarel’ultimo modello di telefonino, ma sei infelice e stres-sato!”

Noi, consumatori grassi e tristi, dilapidiamo e sper-periamo, impoverendo ulteriormente i Paesi in diffi-coltà...“Mah, nessi tra rifiuti e sacche di povertà non nevedo, se non per il fatto che il Terzo Mondo (e il SudItalia) sono diventati la pattumiera del ricco Nord -e Occidente - del mondo. Nel mio libro parlo di mate-riale tecnologico ormai inutilizzabile (computer vec-chi, stampanti rotte, ecc.) che dagli USA o da altrenazioni ricche dell’Europa finisce a Guadong, unosperduto paesino della Cina. Laggiù si vive soprauna discarica di materiale altamente tossico (sipensi solo al toner delle stampanti), dove tutto è in-quinato e gli abitanti contrarranno malattie mor-tali”.

I rifiuti provocano la guerra, afferma qualcuno. Nonsolo guerra fra poveri: ma conflitti in piena regola...“Già, chissà che fine avranno fatto i sommergibilinucleari risalenti alla Guerra Fredda, e oggi di-smessi? Nel testo cito l’esempio di Mayak, negliUrali, una cittadina russa che ospita uno dei piùgrandi depositi di rifiuti nucleari europei. Conta no-vantamila abitanti, ciascuno dei quali impiegato nelriciclaggio a mani nude di questi rifiuti. La percen-tuale di morti per tumore è altissima, ed è stato cal-colato che occorreranno 240 mila anni affinché de-cada il potenziale radioattivo del plutonio accumu-lato in quei depositi: una cosa paragonabile a 12mila bombe sganciate su Hiroshima. E sempre lì, inquel paesino, è prevista la costruzione di un nuovodeposito, per conservare 50 tonnellate di plutonioestratte dalle testate nucleari russe. Inoltre, fral’Atlantico e il Pacifico, c’è un altro deposito di rot-tami di vecchi sommergibili nucleari. Il tutto peruna grande speculazione sulla pelle della gente, chesembra frutterà alla Russia - sulla base di accorditra l’industria nucleare europea, americana e di al-tri paesi - 45 mila miliardi solo nella fase iniziale.Altro che rifiuti della Campania! Ma nessuno ci rac-conta queste cose. Lo si scopre per caso, come è capi-tato a me”

Torniamo in Italia. Non credi che quello della “mon-nezza” sia un discorso non soltanto etico-economico,ma pure il risultato del malaffare politico dilagante?“Il problema esiste, se non altro per gli enormi inte-ressi economici di consorzi e consorzietti di gestionedell’immondizia. In Campania è accaduto qualcosadi simile: oltre 14 anni di clientelismo dove questi

Page 83: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

81TEOLOGIA POLITICA CULTURA

enti sono serviti solo per spartizioni di poteri tra de-stra, sinistra e centro, con annessa la camorra, infil-tratasi con i suoi uomini che hanno preso tesserepartitiche di tutti i colori (si legga, a questo propo-sito, l’articolo di Peter Gomez su ‘L’Espresso’ del 14febbraio 2008)”.

Giusta la denuncia, ma quali regole deve seguire ilfamoso cittadino comune per evitare, o almeno limi-tare, immondizie e sprechi?“Ecco le soluzioni da me proposte: 1) non seguire bo-vinamente il consumismo; 2) rifiutare il cosiddetto“usa e getta”; 3) usare il “vuoto a rendere” delle no-stre nonne, cioè le solite due bottiglie di latte o divino, e cercare distributori di latte e vino alla spina(ora se ne trovano un po’ dappertutto); 4) non accet-tare i sacchetti di nylon propinati dai negozianti eusare borse di tela di cotone, magari utilizzando vec-chie federe rotte; 5) rispettare la raccolta differen-ziata dell’immondizia. Curate in particolare l’educa-zione dei giovani in questo senso. E poi rifiutare lalogica del Pil! Aderire e diffondere invece il Movi-mento per la Decrescita Felice, come suggerisce ilmio prefatore, Maurizio Pallante. Perché in nome

del Prodotto Interno Lordo ci massacriamo, ci rovi-niamo la vita”.L’attenzione su questi temi mi sembra però sce-mata. Anche la disoccupazione e le morti sul lavoro,che si susseguono con frequenza quasi giornaliera(due giorni fa un altro operaio, a Genova, ha perso lavita), sono tornate nelle pagine interne dei quoti-diani, che adesso preferiscono sviscerare analisi piùo meno dotte sui princìpi non negoziabili: aborto, eu-tanasia eccetera. Ci tocca riascoltare i soloni del-l’astratta etica, mentre le famiglie arrancano per ar-rivare a fine mese. Avverto un tentativo di stornarel’attenzione dai problemi reali. Insomma, ci stannofregando?“Ti rispondo parafrasando il mio amico GianfrancoMonaca: ‘…ci permettiamo di straparlare di ‘difesadella famiglia’: se difendessimo meglio i lavoratori arischio, difenderemmo le loro famiglie. O no? Siamocontro l’aborto, ma tra diossina, amianto in libertà,polveri sottili, uranio impoverito, produciamo fetideformi in quantità industriali’” (Tempi di Frater-nità, febbraio 2008).Più chiaro di così...

Danilo Minisini

Chi cerca trova...

La bibliografia del percorso del Gruppo Ricerca della CdB di Pinerolo

Il gruppo è nato il 7 dicembre 2000 dal desiderio dialcuni uomini e alcune donne di indagare le radici ela preistoria dell’ebraismo per capire se è possibileorganizzare convivenze umane senza dominio. Inaltre parole: la lettura storico-critica della Bibbianegli anni ha incrociato i nostri percorsi personali ecollettivi che si andavano snodando sui sentieri delfemminismo e della differenza sessuale. Il patriar-cato si rivelava sempre più chiaramente come lacultura e l’insieme delle pratiche del dominio ma-schile: in particolare avevamo cominciato a interro-garci sul pensiero unico, sul dogmatismo, sul mono-teismo... aiutati e aiutate dalle ricerche archeologi-che, antropologiche, storiche, teologiche... di moltedonne.Proveremo a descrivere schematicamente le tappedel percorso fatto finora e, alla fine, dovrebbe esserepiù chiara la coerenza dello stesso con le motiva-zioni iniziali.

Il gruppo riceve in dote alcune ricerche personali precedenti...

Il primo contributo lo chiediamo a Franco Barbero:informazioni storiche sul passaggio dal politeismo almonoteismo all’interno dell’ebraismo. Ci dà contodelle principali scuole di pensiero e degli studi auto-revoli che conosce. Ma sono tutti uomini e il deside-rio del gruppo si orienta immediatamente alla cono-scenza di studi e ricerche femminili e femministe inmateria.Luisa Bruno ci presenta Il linguaggio della Dea el’archeomitologia di Marija Gimbutas (lo sta ristam-pando l’editrice Venexia).Beppe Pavan ha cercato di indagare quando è nato il pa-triarcato, utilizzando, oltre ad altri, i libri di Sara Mo-race Origine donna e Il terzo tempo (ed. Prospettiva).Doranna Lupi ci fa conoscere l’importanza dei mitinel passaggio dal matrismo al patriarcato, grazie aIl matriarcato di Bachofen (Einaudi), Gaia e Dio diRosemary R. Ruether (Queriniana) e La luna nera diJutta Voss (Red).

Page 84: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

82 TEOLOGIA POLITICA CULTURA

Gabriella Carpegna ci presenta una ricerca, fatta dauna studentessa universitaria, sul matriarcatonella “lega degli Irochesi”, da cui risulta non docu-mentata la tesi di Bachofen che alla matrilinearitàcorrispondesse anche il potere politico delle donne.

Lettura di libri con sintesi introduttive al lavoro del gruppo, a rotazione

Il piacere è sacro di Riane Eisler (Frassinelli): la no-stra evoluzione è stata caratterizzata dal passaggiodal modello della partnership a quello della domi-nanza; ora ci stiamo consapevolmente orientandonella direzione opposta (il terzo tempo di Sara Mo-race...). Il dominio maschile risale al neolitico (8-10.000 anni fa) ed è basato sulla forza fisica, sullapaura, sul dolore e sulla sua semplice minaccia...Il potere del mito e Mitologia creativa di JosephCampbell (Mondadori): la mitologia creativa nonscaturisce, come la teologia, dai dettati dell’auto-rità, ma dalle intuizioni, dai sentimenti, dai pen-sieri e dalle visioni di alcuni individui, che riferi-scono le proprie esperienze. Quindi costoro correg-gono le autorità che si attengono a forme e ad espe-rienze di un passato superato. Rinnovando le espe-rienze restituiscono all’esistenza la qualità dell’av-ventura, mandando in frantumi e reintegrandonello stesso tempo il già noto e il conosciuto, nelfuoco sacrificale di quel divenire che non è una cosama la vita, non come sarà o come dovrebbe essere,non come fu o come non sarà mai, ma come è intutta la sua profondità, qui e ora, dentro e fuori.

Lettura personale e confronto in gruppo, senza sintesi introduttive

Il Dio delle donne di Luisa Muraro (Mondadori). IlDio delle donne è davvero “altro” da ogni divinità re-ligiosa; è l’esperienza del massimo della libertà per-sonale: il “vuoto” come esperienza di felicità. Nonpotrebbe essere esperienza anche di uomini? La ca-pacità di amare, di svuotarsi del dominio, è il “Diodelle donne”...

Lettura in gruppo

Storie di creazione: immagini del sacro femminile diLuciana Percovich: dispense del corso tenuto dal-l’autora presso la Libera Università delle Donne diMilano, recentemente rielaborate e raccolte nel vo-lume Oscure Madri Splendenti della stessa Perco-vich (ed. Venexia).Quintessenza di Mary Daly (Venexia). Il testo è dif-ficile, ma la lettura in gruppo si rivela strumentoprezioso per la comprensione e lo scambio. Il con-fronto dopo la lettura si fa sempre più intenso e ap-passionante. La Daly ci offre agganci con tutto il

percorso fatto e ci apre orizzonti invitanti su unmondo di cooperazione e di empatia, per donne e uo-mini, e ci dà parole nuove per nominarlo e co-struirlo: il simbolico che crea la realtà.A questo punto torniamo a rivisitare le origini delpopolo d’Israele (la Bibbia è un chiodo fisso!..) graziealla competenza e alla disponibilità di Franco Bar-bero (sbobinatura su Viottoli 2/07) e alla lettura dialcuni capitoli della Storia e ideologia nell’Israeleantico di Giovanni Garbini (Paideia). Anche da que-sta lettura storica emerge come “Dio” sia invenzioneumana, evolutasi nel tempo e nello spazio, e comesia assurdo pretendere di fissarlo in dogmi, bloccan-done l’evoluzione (mitologia creativa). I sacerdoti,viceversa, ne hanno bisogno, dalla nascita del pa-triarcato, per imporre autorevolmente la loro presasul mondo e sulle coscienze. La paura di perderlarende tutte le gerarchie, quella vaticana in partico-lare, così feroci nell’imporre la propria dottrina, fun-zionale al proprio dominio.Decidiamo a questo punto di affrontare il cristiane-simo dogmatico, alla luce della nostra esperienzapersonale e di comunità, con il Trattato di ateologiadi Michel Onfray (Fazi) e una lettura critica delleradici protestanti della modernità e dei suoi fonda-mentalismi con Stato di grazia di Giovanni Jallà(Edizioni Clandestine).Approfondire, dare fondamento alla nostra libertà,attraverso una ricerca personale sorretta dalloscambio quindicinale in gruppo e plurisettimanalein comunità: e’ una strada feconda, che ci stiamopreparando a continuare, dopo la pausa estiva.Il Gruppo Ricerca è sempre aperto alla partecipa-zione di chi lo desideri e, quindi, questa informa-zione vuole essere anche un caldo e affettuoso in-vito. Tutti e tutte noi abbiamo provato ansia difronte al linguaggio difficile di certi testi, ma, comesempre, nel gruppo si è sciolta, perché insieme riu-sciamo a superare i passaggi più ostici, ci aiutiamovicendevolmente a capire un pensiero velato da pa-roloni astrusi e, quando è necessario, consultiamo ilvocabolario. I libri non ci fanno più paura!

Per il gruppo Beppe

Page 85: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

83

Preghiere comunitarie epersonali

Veglia di preghiera per le vittime dell’omofobia

Pinerolo - 3 aprile 2008 Salone del Tempio valdese

Dal 2 al 6 aprile 2008 in numerose città italiane (Ao-sta, Avellino, Catania, Como, Cremona, Bologna, Fi-renze, Gorizia, Grosseto, Livorno, Milano, Napoli, Pa-dova, Palermo, Pinerolo, Piombino, Rimini, Torino,Trento, Venezia...) ed in varie parti del mondo (Spagna,Irlanda, Cile, Argentina, Venezuela, Perù) credentiprovenienti da diverse confessioni religiose (Battisti,Cattolici, Cristiani di base, Metodisti, Valdesi, Vetero-cattolici) saranno in veglia per ricordare le vittime del-l’omofobia e per lanciare un segno di speranza, rifiu-tando di “rimanere in silenzio” quando milioni di uo-mini e donne soffrono (minacciati, torturati e anche uc-cisi in alcuni Paesi) solo perché omosessuali, perchéesistono, perché vogliono vivere. Mentre domenica 6aprile numerose comunità cristiane inseriranno neiloro culti domenicali una riflessione sull’omofobia, siterrà a Roma la veglia ecumenica che concluderà que-sta importante iniziativa che vuole infrangere il murodi silenzio e d’imbarazzo che spesso permane nella no-stra società, e soprattutto nelle nostre chiese, su que-sto tema.

Saluto e introduzione

“Nell’amore non c’è paura; anzi, l’amore perfettocaccia via la paura, perché chi ha paura teme un ca-stigo. Quindi chi ha paura non è perfetto nell’amore.Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo”(1Giovanni 4,18-19).

Poiché il termine omofobia contiene il termine “fo-bia”, che significa paura, ci è venuto in mente que-sto testo biblico tratto dalla prima lettera di Gio-vanni. Il nostro amore è, secondo questo testo bi-blico, un riflesso, una conseguenza dell’amore diDio: “Noi amiamo, perché egli ci ha amati perprimo”. La nostra capacità di amare nasce dal no-

stro essere amati da Dio. Ma il modo in cui riu-sciamo – se ci riusciamo – ad amare è davvero soloun riflesso dell’amore di Dio e spesso un riflessomolto pallido del suo amore. Un riflesso molto pallido sia come profondità e in-tensità, sia come destinatari. Noi tendiamo adamare quelli che ci somigliano, quelli che sono più omeno simili a noi, e tutto ciò è molto umano.Questo brano ci ricorda che l’amore cristiano – cioèl’amore che è fondato in Gesù Cristo – è un’altracosa: non conosce limiti né come intensità, né comedestinatari. Cristo non ha avuto paura di amare an-che quelli che lo hanno crocifisso, i suoi nemici. Delresto lui stesso aveva chiesto ai suoi discepoli:“amate i vostri nemici”.“Nell’amore non c’è paura”: forse l’unica cosa cheproprio non bisogna aver paura a fare è amare.Laddove amare nella Bibbia non indica un purosentimento, ma è una cosa molto concreta, l’amore èfatto di azioni, di gesti, di perdono, di condivisione,di sostegno…Ad amare non si corre il rischio di sbagliare, non sicorre il rischio di escludere, non si corre il rischio didiscriminare. Non c’è dunque da temere se delle persone vivonotra loro un amore, indipendentemente se questepersone sia di sesso diverso o dello stesso sesso. Nonc’è da temere a vivere questo amore e non c’è da te-mere ad accogliere questo amore nelle chiese e nellasocietà.Se la nostra società è omofoba e se gran parte deicristiani sono omofobi – cioè temono l’amore omo-sessuale – ciò vuol dire che vale per noi ciò che diceil brano biblico: “chi ha paura non è perfetto nel-l’amore”. Stasera vogliamo chiedere al Signore di condurciavanti su questo cammino verso la “perfezione” diun amore senza paura – sapendo che non ci arrive-remo mai, perché la perfezione nell’amore è GesùCristo, ma che al tempo stesso quella e niente dimeno è la nostra meta. E vogliamo chiedere al Signore di renderci testi-moni di questo amore senza paura, dentro le nostrecomunità e nella nostra società. (Marco Gisola)

Comunità cristiana di base “Viottoli”

Chiesa Valdese di Pinerolo

Page 86: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

84 PREGHIERE COMUNITARIE E PERSONALI

PRIMA PARTE

Omofobia/Transfobia

“L’omofobia è un insieme di emozioni e sentimenticome ansia, disgusto, avversione, paura e disagio,che gli eterosessuali provano in maniera conscia oinconscia nei confronti di gay e lesbiche” (Hudson eRickets, 1980). Usando un’altra definizione pos-siamo dire che l’omofobia è quell’insieme di pregiu-dizi, atteggiamenti, comportamenti e opinioni di-scriminatori nei confronti di gay e lesbiche. L’omofo-bia è molto diffusa. Le persone omofobe pensano chei gay e le lesbiche siano perversi e pericolosi, o co-munque “sbagliati”.A seconda del grado di omofobia, le reazioni di unomofobo di fronte a una persona omosessuale pos-sono andare dal semplice disagio, alla paura finoalla violenza. Gli omofobi non riconoscono valore alsentimento d’amore omosessuale e non vogliono ve-derne riconosciuta l’esistenza. Dal momento che èmolto diffusa, l’omofobia causa una serie di effettisul piano sociale, tra cui: molestie verbali e fisiche,sopportazione di pregiudizi diffusi nei più diversiambienti sociali e professionali, discriminazioni per-sonali o istituzionalizzate, fino alle campagne por-tate avanti da alcune organizzazioni politiche o cul-turali.

Esiste anche una forma più subdola di omofobia:l’omofobia interiorizzata, cioè quella che colpisce gliomosessuali stessi – sottoposti, allo stesso modo de-gli eterosessuali, ai condizionamenti sociali e fami-liari negativi rispetto all’omosessualità – impeden-dogli di conservare una buona stima di sé e di con-durre una vita appagante e serena in quanto per-sone. L’omofobia interiorizzata deriva infatti dall’ac-cettazione, consapevole o inconscia, dei sentimenti,degli atteggiamenti e dei pregiudizi negativi circal’omosessualità propri della cultura omofoba domi-nante. Sin dall’infanzia, ogni individuo cresce nellaprospettiva di diventare un adulto eterosessuale, equando, durante il processo di elaborazione del-l’identità, si accorge di essere diverso, non trova at-torno a sé l’accettazione e il sostegno necessari peresprimere appieno il proprio Sé, finendo per sentirsi“sbagliato”. Ciò è tanto più vero in quanto i gay e le lesbiche cre-scono generalmente senza che vengano loro propostimodelli positivi di riferimento e nella maggior partedei casi senza poter trovare nella famiglia d’origineun adeguato supporto. Chi è “affetto” da omofobiainteriorizzata ha difficoltà ad accettare serena-mente il suo orientamento, fino alla completa nega-zione. Nella vita di tutti i giorni tende a giudicarsinegativamente e spesso guarda con disapprovazionele iniziative volte a ottenere maggiori diritti per lepersone omosessuali. È preoccupato che gli altri sco-prano la sua omosessualità, a volte finge di essereeterosessuale. Col tempo può sviluppare ansia, de-

pressione, abbassamento del livello di autostima,autoesclusione dalla vita sociale.

Transfobia è, invece, il termine usato per descrivereil pregiudizio, la discriminazione diretta, la stigma-tizzazione sociale e culturale che colpiscono le per-sone che si discostano dalle rigide aspettative di ge-nere della nostra società. E’ una reazione di paura,disgusto, violenza nei confronti di coloro la cui iden-tità di genere o presentazione di genere non corri-sponde, nel modo socialmente accettato, con il sessoassegnato alla nascita. Sia che vengano semprechiamati al maschile quando donne (o al femminilequando maschi); sia che sia costantemente negato ildiritto alla casa, all’impiego, alle cure mediche o allaprotezione legale; sia che siano costantemente inca-paci di camminare per strada senza essere insultatio assaliti, la transfobia affligge tutti gli aspetti dellaloro vita. I gesti riconducibili a questa forme di violenza nonvengono normalmente considerati come casi di in-giustizia sociale, ma come atti compiuti da singoliindividui particolari, per lo più fanatici, devianti osquilibrati. La violenza, l’omicidio delle personetransgender, in Italia passa quasi sotto assoluto si-lenzio, eccezion fatta per qualche trafiletto di cro-naca nera che riporta, senza denunciare, una freddae distaccata (non può esservi cordoglio per l’omicidiodi una persona transgender) descrizione degli eventiin cui solitamente si evidenziano dettagli morbosi.E’ così considerato normale che una donna transvenga uccisa a causa della sua differenza, ancor piùse straniera, ancor più se proveniente da un paeselatino, a maggior ragione se dedita alla prostitu-zione: in quella gerarchia sociale che il cordoglio o lasua negazione mettono drammaticamente in evi-denza, essa è destinata ad occupare l’ultimo posto.

Canto

Lettura biblica: Genesi 19, 1-11

I due angeli giunsero a Sodoma verso sera. Lotstava seduto alla porta di Sodoma; come li vide, sialzò per andar loro incontro, si prostrò con la facciaa terra, e disse: «Signori miei, vi prego, venite incasa del vostro servo, fermatevi questa notte, e lava-tevi i piedi; poi domattina vi alzerete per tempo econtinuerete il vostro cammino». Essi risposero:«No, passeremo la notte sulla piazza». Ma egli feceloro tanta premura, che andarono da lui ed entra-rono in casa sua. Egli preparò per loro un rinfresco,fece cuocere dei pani senza lievito ed essi mangia-rono. Ma prima che si fossero coricati, gli uominidella città, i Sodomiti, circondarono la casa: giovanie vecchi, la popolazione intera venuta da ogni lato.Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uo-mini che sono venuti da te questa notte ? Falliuscire, perché vogliamo abusare di loro». Lot uscìverso di loro sull’ingresso della casa, si chiuse dietro

Page 87: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

85PREGHIERE COMUNITARIE E PERSONALI

la porta, e disse: «Vi prego, fratelli miei, non fatequesto male! Ecco, ho due figlie che non hanno co-nosciuto uomo: lasciate che io ve le conduca fuori, evoi farete di loro quel che vi piacerà; ma non fatenulla a questi uomini, perché sono venuti all’ombradel mio te tto». Essi però gli dissero: «Togliti dimezzo!» E ancora: «Quest’individuo è venuto quacome straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo ate peggio che a quelli!» E, premendo Lot con vio-lenza, s’avvicinarono per sfondare la porta. Ma que-gli uomini stesero la mano, tirarono Lot in casa conloro e chiusero la porta. Colpirono di cecità la genteche era alla porta della casa, dal più piccolo al piùgrande, così che si stancarono di cercar la porta.

Commento

L’evangelo non è mai contenuto in un solo versetto.Ogni brano biblico, per essere compreso, va situatonel suo contesto storico, culturale e letterario, vasempre messo in relazione con gli altri testi. La Bib-bia è una raccolta di scritti nata da autori diversi,in epoche diverse e luoghi diversi; va letta alla lucedel messaggio d’amore e liberazione datoci da Dioattraverso gli uomini e le donne nella storia.Nel capitolo 18 di Genesi, Dio manda due angeli aSodoma, dove Lot, il nipote di Abramo, li persuadead accettare l’ospitalità della sua casa. Nel capitolosuccessivo, i vicini di Lot gli chiedono di far uscire idue ospiti, così che essi «potessero conoscerli». Il te-mine ebraico usato, yadha, generalmente significa«avere una conoscenza completa»: in molti casi in-dica la conoscenza carnale. Se così fosse - ed è l’in-terpretazione più attestata - il racconto si riferi-rebbe a un tentativo di stupro di gruppo, usatocome segno di subordinazione e sottomissione. Se anche gli abitanti di Sodoma avessero voluto vio-lentare i due stranieri, questo atto di violenza di persé non avrebbe nulla a che vedere con l’omosessua-lità. La violenza sessuale è sempre un’aberrazionedella sessualità. Lo stupro è stato ed è usato comestrumento di potere, a livello individuale e collet-tivo, per infliggere dolore, provocare vergogna, asse-rire il proprio disprezzo e affermare il proprio po-tere sulla vittima. La violenza che gli abitanti di So-doma volevano praticare sugli stranieri è espres-sione del loro odio per il diverso, per lo straniero. Secondo molti esegeti, sia cattolici che protestanti,infatti, questo racconto non ha lo scopo diretto didare un giudizio morale sul comportamento omoses-suale in generale, né tantomeno su atti omosessualicompiuti tra adulti consenzienti. Riporta invecel’intenzione dei cittadini di Sodoma di fare violenzasu degli stranieri, a cui, invece, si doveva ospitalitàe protezione. Il “peccato” di cui si sarebbero, dun-que, macchiati gli abitanti di Sodoma è l’ingiustizia,l’idolatria, l’indisponibilità all’accoglienza, l’odio perlo straniero, la presunzione di essere dalla partedella civiltà, del diritto. Ospitalità e accoglienza: due elementi fondamen-

tali, ancor di più oggi in un mondo che ci spinge al-l’egoismo, alla violenza, alla vendetta, al rifiutodelle relazioni, alla paura dell’altro/a, del diverso/avisti come minaccia per la propria identità, cultura,valori... Accogliere, oggi, significa non riservare soloper sé la possibilità di un lavoro, di un sobrio benes-sere, di una vita di relazioni, di una famiglia... si-gnifica rendersi conto che solo con gli altri/e si potràcostruire veramente, condividere le risorse delcreato. Significa anche vedere come un dono la di-versità di culture, di genere, di religioni, di valori.Perché non accogliere l’altro, l’altra semplicementecome persona, creatura di Dio come noi, senza eti-chettarlo/a per le sue “presunte” caratteristicheesteriori, di comportamento, di cultura, di prove-nienza, di religione? (Paolo Sales)

Breve momento di silenzio

Canto

SECONDA PARTE:RICORDO DELLE VITTIME DELL’OMOFOBIA

Prima testimonianza

Si uccide a 16 anni. La tragica storia di Paolo che inrealtà era Loredana (tratta liberamente da Repub-blica del 18 dicembre 2007).All’anagrafe si chiamava Paolo, 16 anni sesso ma-schile nato a Catania, ma lei si sentiva donna, si ve-stiva da donna, si truccava e si faceva chiamare Lo-redana. Alcuni anni prima aveva subito maltratta-menti dal padre, faceva una vita sregolata, dormivadi giorno e viveva di notte.Loredana si è impiccata con il suo foulard preferitodentro la stanzetta della “Comunità Alice”, a Ma-rina di Palma di Montechiaro (Agrigento) dove eraospite da tre mesi per essere “recuperata”.E per “recuperarla” il Tribunale dei Minori di Cata-nia l’aveva assegnata a una comunità dove era co-stretta a vivere insieme a 35 ragazzi, tutti maschi,extracomunitari, tra i 15 e i 17 anni, arrivati dallecoste nordafricane.Lei, Loredana, era l’unica “donna” di quella comu-nità e l’avevano assegnata lì “perché nessuno la vo-leva”, dice l’assistente sociale del centro che quattrogiorni fa l’ha accompagnata al cimitero di Assoro(Enna) dove Loredana è stata seppellita.Ma è mai possibile che Loredana per essere “recupe-rata” sia stata mandata in una simile comunità?Dice l’assistente sociale: “E’ chiaro che la nostrastruttura non era certo la più adatta per affrontareuna situazione del genere, così delicata e compli-cata. Ma noi siamo stati gli unici e non buttare fuoriLoredana. Nessuno la voleva, tutti gli altri centri aiquali era stato chiesto di ospitarla hanno detto dino”.Prima d’impiccarsi Loredana aveva scritto due let-tere, una alla madre e un’altra ad un suo amico con

Page 88: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

86 PREGHIERE COMUNITARIE E PERSONALI

il quale intratteneva una fitta corrispondenza. Fratre giorni si sarebbe trovata faccia a faccia con suopadre nel processo. “Non posso più vivere così, nonce la faccio più e ho deciso di farla finita...”, hascritto prima di impiccarsi alla finestra della suastanza vicino alla parete dove aveva affisso ungrande poster di Marilyn Monroe.

Lettura biblica: Giovanni 8,1-11

Gesù andò al monte degli Ulivi. All’alba tornò neltempio, e tutto il popolo andò da lui; ed egli, sedu-tosi, li istruiva. Allora gli scribi e i farisei gli con-dussero una donna colta in adulterio; e , fattalastare in mezzo, gli dissero: “Maestro, questa donnaè stata colta in flagrante adulterio. Or Mosè, nellalegge, ci ha comandato di lapidare tali donne; tu chene dici?” Dicevano questo per metterlo alla prova,per poterlo accusare. Ma Gesù, chinatosi, si mise ascrivere con il dito in terra. E, siccome continua-vano ad interrogarlo, egli, alzato il capo, disse loro:“Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pie-tra contro di lei”. E, chinatosi di nuovo, scriveva interra. Essi, udito ciò, e accusati dalla loro coscienza,uscirono a uno a uno, cominciando dai più vecchifino agli ultimi; e Gesù fu lasciato solo con la donnache stava là in mezzo. Gesù, alzatosi e non vedendoaltri che la donna, le disse: “Donna, dove sono queituoi accusatori? Nessuno ti ha condannata?”. Ellarispose: “Nessuno Signore”. E Gesù le disse: “Nep-pure io ti condanno va’ e non peccare più”.

Seconda testimonianza

Racconto di Luca(tratta da elfobruno.ilcannocchiale.it)Mi trovavo a Siracusa e davanti avevo una coppiagay, ho preso la loro stessa direzione e ho pratica-mente assistito in prima persona agli sberleffi, risa-tine, sguardi insistenti, sfottò generali, dei qualisono stati vittime. Sono andati al bar e anch’io conloro, la cassiera li fissava come due alieni e avevaun sorrisino indicibile stampato sul viso e con lacoda dell’occhio cercava la complicità dei colleghicome a dire:”Ehi, guardate cosa c’è qui!”.Neanche a farlo apposta sono entrati in una libre-ria, come me, e anche lì si è ripetuto il ritosguardi/sorrisini/sfottò. Loro bravissimi, evidente-mente abituati, non hanno mostrato nessun disagioe continuavano per la loro strada, senza neancheessere scalfiti da questo medioevale atteggiamento;intorno a loro invece decine di imbecilli a mostrarela loro pochezza.

Leggiamo insieme il Salmo 108 (109)

Dio della mia lode, non tacere,poiché contro di me si sono apertela bocca dell’empio e dell’uomo di frode;

parlano di me con lingua di menzogna.Mi investono con parole di odio,mi combattono senza motivo.In cambio del mio amore mi muovono accuse,mentre io sono in preghiera.Mi rendono male per benee odio in cambio di amore.

Terza testimonianza

tratta da Lutz van Dijk, La deportation des homose-xuels, onze témoignages Allemagne 1933-1945, Edi-teur H&O, 2000.Il 23 gennaio 1937 fu effettuata una delle retateanti-omosessuali più capillari di tutto il regime na-zista. Quel giorno, 230 omosessuali furono arrestatia Lubecca.“Io fui arrestato all’alba, nel mio letto. ... “Ciò chesuccesse dopo, potete immaginarlo. Prima fummotutti condotti alla prigione di Lubecca. I veri interro-gatori cominciarono solo a febbraio. Fummo trasfe-riti al ‘Magazzino della lana’, cioè la centrale dellaGestapo, situata vicino alla cattedrale. Là, ero rin-chiuso in una cella gelida, piena di escrementi eurina. Avevo addosso solo i vestiti leggeri che por-tavo quando mi avevano arrestato.A più riprese fui mandato a chiamare, e picchiatoselvaggiamente. Ci intimavano di denunciarci a vi-cenda. Io non ho gridato mai, per nulla al mondoavrei mostrato a quella gente i miei punti deboli...Una volta mi hanno torto il collo e ho sentito un taledolore all’ altezza della vertebra cervicale che hopensato: ci siamo, stavolta è finita...”“Dopo tutto ciò, ci ributtavano in quell’immondacella, con le piaghe aperte in mezzo alla sporcizia.Non potevo nemmeno stendermi da quanto il corpomi faceva male. Una volta ho chiesto l’assistenza delcaporale: “Può aiutarmi a fasciare le ferite?”. Squa-drandomi dall’alto del suo disprezzo, si contentò dirispondere: ‘Non vedo nessuna ferita!’ Era la tipicamentalità del perfetto nazista...”Terminata la guerra, ho avuto occasione di denun-ciare dei nazisti di cui conoscevo il nome, colpevolidi sevizie nei miei confronti quando ero in prigione,nel 1937 e nel 1938. Ma questo problema già nonrientrava più nelle competenze di nessuno, e tutto èfinito nel nulla...”

Stacco musicale

Versi di Martin Niemöller

Quando i nazisti sono venuti a prelevare i comunisti non ho detto niente, non ero comunista. Quando sono venuti a prelevare i sindacalisti non ho detto niente, non ero sindacalista. Quando sono venuti a prelevare gli ebrei, non ho detto niente,

Page 89: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

87PREGHIERE COMUNITARIE E PERSONALI

non ero ebreo.Quando sono venuti a prelevare i cattolici, non ho detto niente, non ero cattolico.Poi sono venuti a prelevare me, ma non rimaneva più nessuno.

Canto

TERZA PARTE

Lettura biblica: Matteo 3, 13-17

Allora Gesù dalla Galilea si recò al Giordano daGiovanni per essere da lui battezzato. Ma questi visi opponeva dicendo: «Sono io che ho bisogno di es-sere battezzato da te, e tu vieni da me?» Ma Gesù glirispose: «Sia così ora, poiché conviene che noi adem-piamo in questo modo ogni giustizia». Allora Gio-vanni lo lasciò fare. Gesù, appena fu battezzato, salìfuori dall’acqua; ed ecco i cieli si aprirono ed eglivide lo Spirito di Dio scendere come una colomba evenire su di lui. Ed ecco una voce dai cieli che disse:«Questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sonocompiaciuto».

Commento

Gesù per trent’anni ha “studiato da profeta”, primadi decidersi a prendere la parola in pubblico. Così celo presentano i Vangeli... e questo ce lo rende “mo-dello copiabile”. Ogni uomo e ogni donna che ven-gono al mondo dovrebbero fare come lui, per realiz-zare l’auspicio del profeta Gioele (3,1): “Io riverseròil mio spirito su ogni carne e diventeranno profeti ivostri figli e le vostre figlie”. La profezia non è unaprofessione riservata a qualcuno/a, ma pratica divita per ogni uomo e ogni donna.E qual è stato il primo gesto pubblico di Gesù? Farsibattezzare da Giovanni, per proclamare pubblica-mente di aver scelto per sé la strada della conver-sione, del cambiamento di vita, che gli darà la li-bertà di predicare “come uno che ha autorità” (Mt7,29). Per Gesù il battesimo è segno di un impegnoforte, non un gesto magico.Conversione non è cambiare religione, ma vita.Come sarebbe oggi il mondo se i papi e i re cattoliciavessero praticato le propria conversione, invece dicostringere con la violenza milioni di indigeni suda-mericani, e non solo, a farsi battezzare?..Il “regno di Dio”, il regno dell’amore, l’altro mondopossibile... ha bisogno che uomini e donne compianoquesta scelta radicale. Non per paura del Dio giudice, ma per la felicità no-stra e del creato.E che usciamo dal silenzio, per predicare e seminareciò che abbiamo cominciato a praticare: la giustizianelle relazioni con tutte le creature, la convivialitàcon tutte le differenze, l’ascolto rispettoso e la presadi parola sincera, a partire ciascuno e ciascuna da

sé, fin nelle piccole cose della nostra quotidianità.(Beppe Pavan)

Breve momento di silenzio

Canto

Liberi interventi dell’assemblea

Recitiamo insieme il Padre nostro

Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome.Venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà come in cielo anche in terra.Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiticome anche noi li rimettiamo ai nostri debitori. Non esporci alla tentazione ma liberaci dal male.Tuo è il Regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Benedizione

Il Signore ti benedica e vegli su di te!Vegli sulla tua vita e sul tuo amore, affinché essopossa cacciare via la paura.Il Signore ti sorrida con bontà e ti conceda i Suoidoni.Ti conceda il dono di saper accogliere l’altro/a e inlui, in lei, riconoscere un fratello, una sorella.aIl Signore posi su di te il Suo sguardo e ti dia pace efelicità.Ti dia di seguirLo sulla strada della pace, per cer-care, nel Suo nome, la felicità e la giustizia per ogniessere umano.Amen

Canto finale

Page 90: CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli – Pinerolo (TO), Vicolo … · 2017. 3. 3. · “Ecco,ilseminatore uscìaseminare...” “Alzatiecammina”(Atti3,6) Semestralediformazionecomunitaria

88 PREGHIERE COMUNITARIE E PERSONALI

Cdb Pinerolo, 27/1/2008

P. Saluto all’assemblea

Canto

G. Sorgente d’amore, siamo qui,come altre volte, per affidarci a Te,per cercar di capire ciò che della vita ci interpella e ci chiama ad agiree, siccome da soli/e non ne siamo capaci,abbiamo bisogno di farlo con Te.Il cammino fatto fin qui ci ha fatto capire che noi siamo ciò che esprimiamo, ma anche ciò che gli altri e le altre vedono di noi;per questo pensiamo che,quando scegliamo di cambiare il nostro modo di stare nelle relazioni,un gesto pubblico possa sostenerci nella coerenza,nel cercare di diventare alberi che portano buoni frutti.

Canto

Lettura: Matteo cap. 3

Predicazione e interventi liberiCantoPreghiera di condivisione1. Il battesimo di Giovanni non cancellava le

colpe, ma aiutava le persone ad aprirsi a unavita nuova.

2. Anche Gesù, grazie alla preghiera, allo studiodei profeti e alla relazione con Giovanni, hapreso coscienza di essere uomo fragile ed espo-sto alla tentazione.

1. Riconoscendosi a rischio di peccato, ha saputo,non senza fatica, mettersi in cammino di cam-biamento quotidiano, come ci testimonial’esito del suo incontro con la donna siro-feni-cia: lei gli ha insegnato che l’amore non cono-sce barriere.

2. Aiuta anche noi, Madre della vita, ad immer-gerci in questo cammino, a cambiare il nostromodo di stare al mondo, a vedere anche noi,ogni tanto, che i cieli si aprono e che le nostrevite possono guardare un po’ più in là.

1. Non di eroi ha bisogno il mondo, ma di donnee uomini che camminino e che, quando vedonouno spicchio di cielo aperto, non chiudano gli

Il nostro battesimo è conversione quotidiana

occhi e il cuore alla possibilità di allargarloper sé e per gli altri e le altre.

2. Aiuta anche noi, o Dio, a convertirci, a sotto-porre la nostra vita a cambiamento quoti-diano, come hanno fatto milioni di donne e diuomini nel tempo dell’umanità. Perchèl’amore alla fine prevarrà.

T. Aiutaci, Dio di Gesù, ad aggiungere il nostropiccolo mattone al Tuo amorevole progetto divita, che hai sognato per noi e per l’interocreato.

G. Su questa strada ci è compagno di fatica e diviaggio anche Gesù di Nazareth. Come altredonne e altri uomini si è lasciato illuminaredal Tuo amore, che gli ha donato autorità e ve-rità. Conoscere Gesù, sapere che è riuscito avivere e testimoniare il proprio cambiamentodi vita, ci dà speranza che ciò sia possibile an-che a ciascuno e a ciascuna di noi.

T. Adesso ci sembra di capire meglio il gesto cheha compiuto in quell’ultima cena, che ha man-giato con i suoi amici e le sue amiche, quandoha detto, sul pane spezzato e sul calice condi-viso: “Fate come me: donate la vostra vita inmille relazioni d’amore. Questa è la memoriache dura in eterno”.

Preghiera e comunione1. Fonte della vita,

fa’ crescere in noi la consapevolezza che la nostra vita ha bisogno di ambiamento continuo, che la conversione è il nostro quotidiano divenire.

2. Per questo vogliamo conoscere sempre megliola storia vera di Gesù e il suo messaggioe, come lui e tanti uomini e tante donne che ci sono testimoni,vogliamo imparare a partire da noi,dal nostro cambiamento quotidiano,prima di predicarlo ad altri e altre.

T. Ti ringraziamo di averci fatto capire che l’amore è l’anima dell’esistenza,l’essenza stessa della vita.

CantoPreghiere spontaneeCantoAvvisi

A cura del gruppo biblico di casa PG