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CATONE EMANUELE - Il convento agostiniano di Sant'Antonio di Buccino (2012)

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Estratto da "Percorsi Agostiniani - Rivista degli agostiniani d'Italia", anno V, n. 10 (lug-dic. 2012), pp. 386-407

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Centro Culturale AgostinianoRoma

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Percorsi AgostinianiRivista Semestrale degli Agostiniani d’ItaliaAnno V, n° 10 - 2012ISSN 1974-5249Aut. Trib. di Roma, n. 54/08 del 20 febbraio 2008Iscrizione al ROC, n. 45/08 del 14 febbraio 2008

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Il CONVENTO AgOSTINIANO dI SANT’ANTONIO dI buCCINO *

Il convento agostiniano di S. Antonio Abate di buccino, piccolo borgo della provincia di Salerno, costituisce una delle testimonianze più impo-nenti ed antiche dell’ordine eremitano in Campania ed è oggi sede della casa comunale e del suggestivo Museo Archeologico Nazionale di Volcei “Marcello Gigante” (fig. 1).

1. La fondazione

la tradizione seicentesca ne fa risalire la fondazione al 1222, quando fra Alessio de la Padula a nome dell’Ordine avrebbe ricevuto in dono dall’illu-stre signora Donna Ippolita della Magna il complesso sito nell’antico Piazzile del Casale1. Tale ipotesi fondativa è stata però smentita dalle più recenti ricerche ed attualmente si fa risalire l’origine della comunità agostinia-

na buccinese ad un nucleo precedente di monaci ospeda-lieri d’ispirazione antoniana poi con-fluito negli eremi-tani di S. Agostino. Ciò spiegherebbe l’intitolazione ori-ginaria della chiesa conventuale a S. Antonio di Vienne, il riferimento set-tecentesco al con-

* Mi sia consentito ringraziare, tra gli altri, padre luis Marín, archivista generale dell’Ordine Agostiniano, il personale dell’Archivio di Stato di Napoli, la dott. Adele lagi, i prof. giovanni Vitolo e Carmine Carlone, i parroci don Antonio Volpe, don giovanni Salimbene e don Virginio Cuozzo e il prof. Nicola Tuozzo. l’apparato critico per esigenze editoriali è ridotto alle sole citazioni archivistiche. Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla bibliografia di riferimento. Le citazioni testuali sono evidenziate dal corsivo.

1 la notizia, ripresa sia nella relazione innocenziana (AgA, Ii, 4, I, f. 157r) che in un in-ventario del 1729 (ASS, PN, 650/6, ff. 162r, 164v, da cui si cita), è tramandata dai principali storici dell’Ordine.

Fig. 1 - Il convento agostiniano di S. Antonio Abate di buccino (SA) negli anni Trenta.

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vento come antica abadia de preti, l’appartenenza della chiesa ai frati per oltre 650 anni riferita da una iscrizione del 1758 ed anche l’antica tradi-zione locale che ne rivendicava la fondazione ad un imprecisato conte di Conza ed il rifacimento all’epoca dei d’Alemagna, signori e poi conti di buccino tra XIII e XV secolo. la data di fondazione del convento agosti-niano deve quindi collocarsi presumibilmente intorno al 1292, anno in cui il provenzale guidone d’Alemagna ottenne la signoria di buccino. Com-patibili con tale ipotesi sono sia l’indicazione del Van luijk, che ne ha da-tato la fondazione al 1290 circa, sia la presenza documentata del convento tra quelli della provincia napoletana già prima del 12952. Tale datazione renderebbe il convento buccinese la più antica fondazione dell’ordine ere-mitano in Principato Citra.

In realtà le 147 pergamene superstiti del fondo pergamenaceo conventuale (rinvenute presso l’abbazia della SS. Trinità di Cava de’ Tirreni grazie al lavoro encomiabile del prof. Carmine Carlone e risalenti agli anni 1291-1652) documentano direttamente la presenza agostiniana a buccino soltanto dal 1352, ma a quell’epoca il convento doveva essere già una realtà ben radicata nel territorio dal momento che nel 1358 il generale agostiniano concedeva al convento di poter vendere le proprietà meno utili per poter investire in proprietà e beni immobili migliori.

2. I rapporti con il potere feudale

Similmente, le pergamene non testimoniano quel rapporto privilegiato che, fin dalla fondazione del convento, sembra aver legato la comunità agostiniana alla famiglia comitale dei d’Alemagna, attestato sia dai ri-ferimenti alla munifica Ippolita3 sia nelle fonti relative alla storia della famiglia, a cui è chiaramente attribuito il patrocinio della fondazione del convento e della chiesa conventuale, verso i quali non mancarono dona-zioni e concessioni di franchigie e privilegi. Infatti, sia il capostipite gui-done d’Alemagna che il suo discendente giorgio furono sepolti in chiesa nella cappella del Crocifisso, di patronato della famiglia, mentre Niccolò tra il 1352 ed il 1379 donò al convento alcuni terreni e nel maggio 1376, in occasione della consacrazione della chiesa conventuale, concesse ai re-ligiosi la franchigia de’ passi et anco licenza di poter far il mercato o fiera con otto giorni di franchezza così di dohana come di passi (...) per ciasch’uno anno4. Il conte giorgio, poi, donò alla chiesa paramenti di broccato e la riprodu-zione in argento della città di buccino, lasciò in legato al convento una croce intarsiata, reliquie, vasi d’argento e d’oro ed una serie di terreni.

2 AgA, Ii, 4, I, ff. 157r-v. ASS, PN, 650/6, ff. 162r, 164v.3 AgA, Ii, 4, I, f. 157v. ASS, PN, 650/6, f. 162r.4 AgA, Ii, 4, I, ff. 157r-v.

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Probabilmente legate alla sua influenza presso la corte napoletana furono la nomina nel dicembre 1452 dell’eremitano Angelo Recellani di buccino tra i cappellani della cappella reale, la donazione al convento di trenta tomoli di sale annuali concessa da re Alfonso d’Aragona nel 1454 e, forse, anche l’inclusione del convento buccinese nel 1431 tra le possibili sedi per la celebrazione del sinodo provinciale degli agostiniani di Terra di lavo-ro, segno evidente - in ogni caso - del ruolo di primo piano del convento nella provincia5.

la ribellione del conte giorgio d’Alemagna contro re Alfonso d’Ara-gona spinse probabilmente i frati buccinesi a ricorrere presso il papa per invocare le necessarie tutele per il convento, ottenendo da Eugenio IV nel 1442 l’emanazione della bolla che confermava all’ordine agostiniano il possesso del convento così come l’entrade, privilegii, immunità e qualsivoglia cosa posseduta antica dal convento. Allo stesso modo legato ai timori dei frati per la successiva perdita del feudo di buccino da parte dei d’Alemagna, dovette essere l’atto con cui re Ferrante d’Aragona nel 1469 concesse al convento di stare in possessione delli merchi, segni, robbe et entrade e di essere soggetto immediatamente alla Sede Apostolica. Infatti già l’anno precedente, quando il contado buccinese era governato dal commissario regio giaco-mo Filomarino, i frati per tutelare i propri diritti erano stati costretti a ri-correre direttamente al re per difendere i beni del convento dalle molestie dell’arciprete della vicina Palo6.

In tale situazione d’incertezza dovettero svolgersi i lavori di restauro del complesso, profondamente colpito da forti scosse di terremoto il 14 gennaio 1466, che culminarono nel 1467 con il restauro del chiostro del convento da parte dell’architetto Natale da Ragusa, che ne cancellò completamente la conformazione precedente. Nel 1487 fu invece costruito il dormitorio7.

Intanto, nel novembre 1472 la concessione della contea di buccino ai Caracciolo di Martina, dovette segnare un momento di riacquistata si-curezza per la comunità conventuale che trovò nei nuovi feudatari dei nuovi munifici protettori8. Indicativamente proprio un membro del casa-to - Francesco, priore di S. Nicola di bari - nel 1512 commissionò al celebre pittore salernitano Andrea Sabatini uno splendido polittico dipinto per l’altare maggiore del convento, di cui sono sopravvissute quattro tavole9 (fig. 2).

5 ASS, PN, 650/6, ff. 249v-250r. ASN, Museo, 99 A 6, f. 48r.6 AC, arca lXXXIV, n. 65. ASS, PN, 650/6, ff. 252v-253v.7 AgA, Carte Rocca, Testi, 51, f. 4r.8 ASS, PN, 650/6, ff. 253r-v).9 Ringrazio il prof. Riccardo Naldi per la generosa disponibilità nel fornirmi la copia

della trascrizione ottocentesca del contratto.

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Fig. 2 - Andrea Sabatini, San Michele, Sant’Antonio abate, La Vergine con il Bambino, Santo vescovo, polittico, convento di buccino, 1512 (© Pinacoteca Provinciale di Salerno).

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A seguito di qualche grave episodio non precisabile, il 9 ottobre 1515 giunse la decisione del generale Egidio da Viterbo di privare del grado tutti i biblicos del convento10. Il successivo generale gabriele da Venezia, invece, nel novembre 1518 poiché il convento aveva necessità di ripara-zioni in chiesa ed in sacrestia e si era deciso di provvedere allo scavo della cisterna, diede l’ordine di lasciare intatti i beni immobili dei frati defunti e di vendere i beni mobili per sostenere le spese relative, previo accordo del priore, del provinciale e dell’intero convento.

3. La Visitatio Pulcinensis di Seripando

Momento fondamentale nella storia del convento fu la visita del ge-nerale girolamo Seripando, ospite del cenobio buccinese dal 24 al 30 set-tembre 1539. Accolto benignamente dal duca Petraccone Caracciolo e dai maggiorenti del paese, il generale in quella occasione stabilì una serie di norme per la casa buccinese, riguardo alle pratiche devozionali, agli studi dei novizi, ai comportamenti da tenere con apostati e secolari e all’ele-zione del priore. Particolare interesse fu riservato anche alle modalità di gestione del patrimonio economico del convento. dichiarato l’obbligo per i religiosi di donare tutti i loro beni al convento - e redatto conseguen-temente l’atto pubblico con cui tutti i frati cedevano i loro beni stabili e mobili al convento - ed il divieto per i frati di condurre attività econo-miche personali, pena la confisca dei beni, il generale ordinò la nomina annuale di un procuratore che avrebbe curato le attività economiche del convento e di due conservatores di grano, olio, ecc., incaricati di tenere i conti relativi. Contestualmente precisò l’obbligo di fornire all’università di buccino la nota di tutti i beni pertinenti al convento per evitare che i laici godessero indebitamente delle esenzioni dovute ai religiosi e con-cesse al priore, previo accordo con gli altri frati del convento e con due rappresentanti dell’università buccinese, la possibilità di vendere alcuni terreni ed animali e i vasi d’argento superflui, depositando il denaro rica-vato nei banchi napoletani, e di concedere in affitto i territori rimanenti. I dubbi circa la buona conduzione del convento - forse - furono la causa per cui nel 1539 esso fu incluso tra i conventi generali dell’ordine sotto-posti al controllo diretto del padre generale. Inoltre, il generale Seripando ordinò al provinciale di sostituire, se necessario, una parte dei religiosi o anche l’intera famiglia nel caso si fossero dimostrati incapaci di riportare la vita conventuale alla regola ed ancora nel 1542 il generale salernitano rivolse un nuovo rimprovero al convento affinché fossero rispettate le or-dinazioni dei novizi deliberate dal provinciale ed essi fossero educati con attenzione dal maestro dei novizi. Nel luglio 1544, un nuovo richiamo del

10 AgA, Ff, 1, f. 27v.

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Seripando fu rivolto al provinciale Ferdinando da Solofra che senza il suo permesso ed in contrasto con le norme dell’Ordine e con quanto da lui stabilito nella sua visita al convento, aveva concesso all’università di buc-cino la facoltà di poter nominare i procuratori del convento e per questo fu costretto a lasciare la carica, mentre ai procuratori illegittimi fu intima-to di non intromettersi negli affari del convento sotto pena di scomunica.

Nel frattempo il pontefice Paolo III aveva riconfermato ai religiosi ago-stiniani il possesso del convento buccinese il 26 febbraio 1535 e i privilegi e le indulgenze concesse dai suoi predecessori e l’esazione d’ogni pagamento imposto da secolari e da regii, imperatorii e principi nel 1550, mentre nel luglio 1545 aveva disposto l’indulgenza plenaria per coloro che avessero visitato la chiesa del convento nel giorno della festa di S. Nicola da Tolentino.

Nonostante i numerosi richiami, però, i frati continuarono evidente-mente ad amministrare il convento in maniera irregolare dal momento che nel 1554 essi invocarono la protezione del duca Caracciolo per sottrarsi all’obbligo di produrre i rendiconti della loro amministrazione al provin-ciale dell’Ordine e fu necessario l’intervento diretto del generale Cristoforo da Padova, che invitò il duca a non interferire nell’operato del provinciale di Terra di lavoro che per suo ordine avrebbe visitato il convento per gli opportuni controlli e le disposizioni necessarie a riportare l’ordine11.

4. La nascita dello studium

la situazione dovette tornare rapidamente alla normalità, se proprio durante il generalato dello stesso Cristoforo da Padova si realizzò un’al-tra tappa fondamentale per la storia del convento, cioè la creazione dello studium, la cui presenza è attestata almeno dal maggio 1563. A quella data esso era retto da fra bartolomeo da buccino - cui successe l’anno successi-vo il padre maestro Paolo da buccino - che guidava una famiglia compo-sta dagli studenti giovanni Antonio da buccino, gregorio e Muzio Argen-tinas, Alessandro e Alfonso da Napoli, Aurelio da gragnano, giovanni battista da Monte leone, Nicola di Tarsia e guglielmo da Campagna. In realtà le pergamene superstiti già a partire dal 1367 attestano la presenza di frati qualificati quali lectores e, almeno dal 1467, magistri sententiarum theologicarum e baccellieri, ed hanno fatto perciò ipotizzare la presenza nel convento almeno di un corso di filosofia, poi forse soppiantato da quel-lo di teologia12. I frati così qualificati dovevano occuparsi evidentemente

11 AgA, Bullarium, Ca-I-64 e Cb-II-72. AV, Arm. XLI, vol. 49, f. 83v. ASS, PN, 650/6, f. 252v.

12 Si è rivelata erronea l’ipotesi circa l’esistenza nel XV sec. anche di un insegnamento di grammatica, basata esclusivamente sulla presenza documentata di un praeceptor, titolo che in tal caso identificava il commendatore delle domus gerosolimitane di buccino e Caggiano.

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delle sole necessità interne alla comunità conventuale, come confermato indirettamente anche dalle disposizioni del generale Seripando che ordi-nava di inviare i novizi nelle scuole deputate per gli studi di grammatica, assicurandogli il mantenimento fino al sacerdozio, e di inviare successi-vamente negli studia dell’Ordine quelli tra loro che avessero le capacità per proseguire negli studi.

la nascita dello studium era resa possibile dalle floride condizioni eco-nomiche del convento - che era uno dei massimi proprietari di terreni, immobili e rendite del territorio buccinese13 - frutto del suo radicamento sociale e territoriale e del suo legame con coloro che godevano di prestigio sociale e disponibilità economica. La floridezza economica aveva permesso agli agostiniani anche di commissionare nel 1553 al falegname Sebastiano de Jorno di Campagna una serie di lavori da fare nel convento, tra cui quel-lo di fare lo refettorio de quello lavoro et ordine de quello dela Trinità de Ebuli14.

Nella notte tra il 31 luglio ed il 1° agosto 1561 buccino fu nuovamente danneggiata da un rovinoso terremoto che provocò la morte di circa cen-to persone e gravi danni a case ed edifici monumentali. Sappiamo che la chiesa maggiore e i conventi furono talmente scosse ch’appena si mantennero in piedi, ma non è possibile precisare i danni arrecati al convento ed ai suoi beni dal sisma, che si ripetè ancora nel 156315.

la struttura conventuale fu evidentemente restituita alle condizioni migliori dal momento che dal 15 al 18 novembre 1578 vi fu ospitato il generale Taddeo guidelli, che vi si recò per risolvere personalmente una serie di liti sia interne alla comunità conventuale sia intercorse tra i frati e la popolazione locale, compito che risultò estremamente gravoso al punto da informarne il procuratore dell’Ordine. dopo che già il 22 ottobre 1577 aveva avvisato il padre provinciale della promozione di fra Francesco da Buccino al grado di maestro e dell’incarico affidatogli di controllare la corretta amministrazione dei conventi di buccino e laurino, il generale durante il suo soggiorno buccinese emanò una serie di provvedimenti che interessarono il convento, tra cui l’attribuzione al padre maestro giovan-ni Antonio da buccino della facultas legendi, praedicandi, confessiones auden-di et locum pro Religione capiendi. Anche in questo caso non mancò l’invito per i religiosi ad prosequendum Dei cultum, ad honestatem servandam ubique locorum et ad fidelem administrationem bonorum temporalium conventus e il 22

13 Il convento aveva proprietà e rendite anche a Napoli (ASN, Pergamene, S. Agostino di Napoli, 371).

14 ASS, PN, 577, ff. 215r-v.15 Cfr. ASS, PN, 588/1, ff. 32r-33r, 72r-73r; 588/2, ff. 332r-v. C. A. PACCA, Discorso del

terremoto, ms. del 1563 (Società Napoletana di Storia Patria, Fondo Perrey, ms. 33.07.1), ff. 548-549. Ringrazio la prof. Serena Morelli e la mia amica Antonella Venezia per la loro disponibilità.

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novembre a Campagna il ge-nerale emanò per il cenobio buccinese delle litteras pub-blicas (...) pro regimine et refor-matione illius, ma ancora nel gennaio 1579 fu nuovamente costretto a dare precise di-sposizioni al vicario del con-vento ut decreta nostra servari faciat, delinquentes corrigat.

di lì a poco giungeva an-che l’ennesima riconferma dei privilegi e delle immunità da parte di giulio III, mentre nel 1580 gregorio XIII avrebbe qualificato come privilegiato l’altare maggiore della chiesa conventuale16 (fig. 3).

5. La nascita del Collegio

Al generale Spirito Anguissola da Vicenza, che visitò il convento buccinese dal 28 novembre al 18 dicembre 1584, si devono invece l’istituzione del collegio di studi e quella conseguente del Gymnasium con la relativa attribuzione di “Collegio” per il convento, disposte rispettivamente il 1° ed il 14 dicembre. Rettore e amministratore del collegio - che avrebbe dovuto ospitare almeno venti alunni - fu nominato il maestro di sacra teologia Felice da Napoli, affiancato dal prorettore fra Domenico da Buccino. A reggere il ginnasio fu designato il padre baccelliere Angelo da Todi ed i primi sei allievi furono Angelus Mondulphensis, Marcus Tarsiensis, Iohannes Aquilanus, Iulius Romanus, Nicolaus de Cracco e Gregorius Catanzariensis. Tra i docenti del collegium vi furono, tra gli altri, il venosino Celestino bruni, il matematico e astronomo giulio Accetta, il futuro arcivescovo di Rodi Gaetano Pace-Forno e padre Nicola Antonio Schiaffinati. Tra gli alunni del cenobio si ricordano, invece, il castigliano Hernando de Peralta y Montañes, il lucano Fedele Amalfi, padre Giuseppe Pezzella e la tradizione locale riferisce anche dell’alunnato del giovane Antonio genovesi, che visse effettivamente a buccino per circa un anno e mezzo ma fu discepolo

16 AgA, Bullarium, Cb-II-79; Ivi, Carte Rocca, Testi, 51, f. 5v. Il testo della bolla del 1580 è scolpito in una lapide murata alle spalle dell’altare maggiore della chiesa conventuale.

Fig. 3 - Il convento in una carta del 1584.

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dell’arciprete don giovanni Abbamonte. una menzione particolare merita invece padre Fulgenzio bellelli, il figlio più celebre del convento (fig. 4). Buccinese di nascita, il bellelli condusse i suoi primi studi nel convento di S. Antonio per essere poi ammesso giovanissimo nel convento di S. Agostino di Napoli. Fu maestro di studi a Siena, Firenze e Napoli e nel 1707 fu nominato Maestro di Sacra Teologia. Reggente a Siena e a Napoli, divenne teologo presso il nunzio apostolico giacomo Caracciolo a lucerna e nel 1720 venne nominato Segretario dell’Ordine. Procuratore generale dello stesso nel 1721, ne divenne poi generale dal 1726 al 1733. grande studioso del pensiero di Sant’Agostino, fu autore di una serie di opere teologiche e prefetto della biblioteca Angelica di Roma dal 1721 al

1742, anno della sua morte.Nel 1588 fu scolpito un bellissimo lavabo a devozione di fra giovanni

da Fossombrone, oggi visibile nella sacrestia della chiesa, e nel 1594 alcu-ni locali prospicienti il chiostro furono destinati ad ospitare la cancelleria e l’archivio del convento.

6. L’inchiesta innocenziana

l’inchiesta innocenziana attestò la presenza di 25 religiosi – di cui 9 studenti, 4 cursores e 10 professori - guidati dal vicario generale Agostino Taliamuti e dal reggente basilio Mele, ed una rendita di 1500 ducati. la relazione elaborata in tale occasione rivela che all’ingresso del convento vi era un cortile, circondato dalle botteghe che si affittavano durante la fiera di S. Antonio, in cui vi erano un pozzo sorgente, chiostro con quattro

Fig. 4 - Iscrizione funeraria di fr. Fulgenzio bellelli.

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colonne ben fatte, con pilastre, catene e verghe di ferro annellate con scudiera. Oltre alla chiesa, in cui vi erano 30 altari, l’edificio comprendeva claustri due, loggetta, fonte d’acqua viva, cisterna et altre commodità d’habitatione. Il chiostro maggiore, costruito con una singolare architettura et lamie e for-mato da ventitre colonne, era fornito di un pozzo e di una cisterna delle stesse dimensioni del chiostro, nonché di un sopportico a lumia da dove si va al campanile, quale è adornato con una palia indorata con croce e bandiera dove è figurato S. Antonio e S. Agostino, posto nel detto campanile l’anno 1633. Erano presenti diciotto stanze, tra celle per i religiosi e locali adibiti a stalla, for-no e cucina, a cui si aggiungeva un cellaro, una grotta al piano inferiore ed una serie di stanze adibite a depositi di derrate. Al piano terra si notava un Capitolo grande, dove si legge publicamente logica, filosofia, e teologia con casi di coscienza, secondo si occorre, mentre al piano superiore si trovavano le 30 celle per gli studenti ed un chiostro con 37 colonnette di pietra, corrispon-dente a quello inferiore17.

dopo che il capitolo generale dell’Ordine nel 1685 aveva decretato che il convento di buccino e quello di Salerno fossero le due case agostiniane della provincia napoletana ubi religiosi in communi vivant, cibus, et vesti-menta, caeteraque illis necessaria ex communi tum cellario, tum vestiario tri-buantur, tra la fine del 1693 e i primi mesi del 1694 la chiesa e il convento furono oggetto di un ampio restauro per iniziativa del priore Vincenzo basile. A sovraintendere ai lavori strutturali fu il maestro fabriciero e ligna-iuolo buccinese Angelo guida, che si avvalse dell’opera di alcuni artigiani di Picerno, bella e Caggiano. Nel convento si provvedè alla riparazione delle camere priorali e di sei camere del dormitorio, che ospitavano i pa-dri studenti, alla costruzione della nuova cucina, ad alcune riparazioni alla sala del capitolo e alle lamie dei chiostri, allo scavo di un pozzo e ad accomodi al granaio. Nella chiesa fu invece rifatto il muro dell’atrio, il cui crollo permetteva di violare facilmente la clausura, furono riparati i muri cadenti, il tetto e il pavimento e fu costruito l’altare maggiore di stucco. le opere decorative furono affidate al pittore foggiano Stefano D’Antonio, che a quella data aveva affrescato il chiostro inferiore con 31 quadri raffi-guranti S. Agostino, S. Antonio abate, S. Nicola da Tolentino e altri santi della Religione agostiniana, in sostituzione degli antichi ormai deleti, e doveva completarne ancora altri quattro18.

17 AgA, Ii, 4, I, ff. 157r-164r.18 ASS, PN, 644/13, ff. 13r-14v. degli affreschi si conservano oggi solo poche tracce,

nuovamente visibili dopo l’ultimo restauro del complesso, mentre sopravvivono alcuni residui di quelli trecenteschi, parzialmente ricoperti da ridipinture del XVII-XVIII sec., che decoravano la sala capitolare. Il convento buccinese era l’unica casa dell’Ordine nella provincia napoletana, insieme a quello centrale di S. Agostino di Napoli, ad essere dotata della sala capitolare.

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Ignoriamo quali furono i danni provocati sul convento appena restau-rato dal terribile terremoto del settembre 1694 che a buccino provocò vari danni ed il crollo della chiesa di S. Maria Solditta, ma in ogni caso il XVIII secolo fu un periodo di lavori e restauri al convento e alla chiesa.

Il 24 settembre 1727 il convento, guidato dal priore Francesco Ca-staldi, commissionò agli scarpentieri Alessandro Saverisi e gennaro Va-sduino da Calvanico la costruzione dell’altare maggiore per la chiesa in pietra di Calitri19.

un inventario dei beni del convento dell’anno 1729 ci permette di co-noscere l’aspetto del complesso a quell’epoca. la chiesa, di forma bislun-ga ad unica navata con cappelle sfonnate a lamie sode solamente dalla parte di menzogiorno, era dotata di 12 altari, di cui otto a destra e quattro a sinistra dell’entrata. Tra i primi si segnalavano quello della beata Vergine del Pre-sepe e quello del Reliquiario; all’immediata destra dell’altare maggiore si trovava quello del Santissimo Crocifisso ed un antico altare della fameglia de Porcellesi, mentre a sinistra dell’entrata vi erano quelli di S. Francesco di Paola, di S. Tommaso e delle due confraternite di S. Nicola da Tolentino e S. Monica e della Madonna del Soccorso. Alla fine della navata trovava posto l’altare maggiore, alle cui spalle si trovava il coro ligneo intarsiato con scene del Vecchio e Nuovo Testamento. Al di sopra dell’entrata si tro-vava il mirabile organo, restaurato nel 1607, mentre le volte poste davanti all’ingresso della chiesa si presentavano dipinte con immagini della Re-gola agostiniana. Il convento era dotato del chiostro costruito con artificio tale che apporta maraviglia a gli aspettatori e nei locali che vi si affacciavano trovavano posto la sala del Capitolo, una serie di depositi e di stanze per abitazione, oltre a stalla, forno e cucina con la cangellaria, dove stando tutte le scritture del (...) convento con molte scede di notari. Al livello inferiore vi erano cellaro, grotta, con sei altre stanze et un’altra stanza da conservare l’oglio et una il sale. Al piano superiore si trovavano invece 30 celle dedicate agli alunni del collegio, le stanze del padre reggente ed il chiostro superiore corrispondente a quello sottano. In corrispondenza di quest’ultimo, verso levante, si trovava il granaio, alcuni depositi per l’olio e la paglia e l’oro-logio con la sua campana20.

Poco tempo dopo, intorno al 1730, le pessime condizioni dell’antica chiesa costrinsero i padri a procedere ad un rifacimento a fundamentis. gli agostiniani il 17 marzo 1747 affidarono ai maestri cavesi Salvatore Pisaca-ni - a cui il 2 settembre 1745 i religiosi avevano già appaltato i lavori per la costruzione del professorio - e Francesco di Mauro la responsabilità del rifacimento della chiesa, da concludersi entro il 1753, per un compenso di

19 ASS, PN, 650/3, ff. 98r-99v.20 ASS, PN, 650/6, ff. ff. 162r-164v.

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4000 ducati. gli appaltatori dovevano assicurare, tra le altre cose, la stuc-catura all’ultima moda, la costruzione di dieci vetrate, la ricollocazione dell’altare maggiore, dell’organo e del coro, e la costruzione di 10 altari in pietra di buccino, con gli altari dei cappelloni proporzionalmente più grandi degli altri. Si doveva poi predisporre l’alloggiamento in stucco per il busto del generale Bellelli, pavimentare l’edificio e la sacrestia in maio-lica vietrese e far costruire le acquasantiere in pietra di buccino, nonché il portone in castagno, l’antiporta ed il pulpito in noce. Tuttavia nel 1749 i padri, accortisi che la fabrica (...) non era di quella perfezzione ed ordine della già principiata, fecero giungere per una ispezione un ingegnere da Napoli, il quale constatò che la chiesa, già alzata sino al soprasesto, era stata costruita così male da non poter reggere il peso della volta, e che gli appaltatori ne avevano mutato l’originario ordine corinzio in quello ionico, rendendola perciò bassa e tozza, con le cappelle dall’altezza insufficiente. A fronte di tali gravi errori, gli appaltatori Pisacani e di Mauro rinunciarono spon-taneamente a proseguire i lavori, rendendo quindi nullo il loro contratto con i frati e, di conseguenza, anche quello fatto da loro il 9 giugno 1748 con mastro Antonino giordano da Calvanico per la costruzione dei 10 altari in pietra, che furono poi costruiti di fabbrica. la ricostruzione della nuo-va chiesa e dell’adiacente ala del chiostro proseguì evidentemente senza altri problemi, poiché i frati il 9 settembre 1752 diedero l’appalto per la sua decorazione agli stuccatori Francesco Conforto e Nicodemo lanzetta di Calvanico, i quali realizzarono, tra l’altro, lo stemma dell’ordine posto al centro dell’arco maggiore della navata e l’alloggiamento per il mezzo busto del generale bellelli21.

Nonostante l’indubbia floridezza economica del convento - attestata anche dai dati del catasto onciario22 - per ultimare i lavori di restauro gli agostiniani nel giugno 1752 furono costretti a prendere in prestito 1500 ducati dal convento di S. Agostino Maggiore di Napoli. le quietanze dei pagamenti effettuati svelano che Francesco Mangino, mastro organaro di S. Rufo costruì il nuovo organo, mentre Matteo Buttigliero - uno dei maggiori scultori del Settecento napoletano - realizzò il mezzobusto a bassorilievo in marmo bianco del generale bellelli, che consegnò il 13 settembre 1752 e per il quale gli furono corrisposti 40 ducati23. Nel 1753 - data ricorda-ta da un’iscrizione commemorativa murata in chiesa - fu probabilmente completato il rifacimento strutturale della chiesa, dal momento che nel 1754 fu riedificata gran parte delle sepolture gentilizie presenti in chiesa,

21 ASCb, Archivio Forcella, buccino, 1. ASS, PN, 659/1, ff. 92v-94v; 659/3, ff. 35v-39v; 660/1, ff. 87v-89v; 660/3, ff. 96v-101v; 662/1, ff. 118r-121r. Il pulpito fu realizzato nel 1789.

22 ASN, Catasti onciari, 4080, s.n. e 4082, ff. 973r-997r.23 ASN, Notai del XVIII secolo, 94/46, anno 1752, ff. 163r-168v.

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mentre i lavori al complesso dovettero andare avanti fino al 1761, come testimoniato dall’iscrizione posta alla sinistra del portale d’ingresso del convento, epoca a cui risale sostanzialmente il suo assetto attuale.

Nel 1799 l’esperienza repubblicana a buccino durò pochissimo e sem-bra che l’attività “realista” degli agostiniani sia stata fondamentale in tal senso. Il futuro priore giambattista Castaldi fu coinvolto, infatti, in pri-ma persona nell’abbattimento dell’albero della libertà e fu invitato anche a scrivere nei paesi vicini per esortare le popolazioni a fare lo stesso. I cittadini buccinesi, proprio adducendo la buona condotta dei frati - ado-peratisi per la difesa del nostro Amabilissimo Sovrano (...) somministrando armi e denaro per le truppe a massa e prendendo anch’essi le armi a di lui favore, con mantenere questa populazione in tutto quello che è occorso, animandola a prendere le armi per la difesa dello Stato, mantenendola raffrenata - avrebbero protestato vivacemente nel novembre 1799 per la sostituzione del priore Andrea Alifa con padre Vincenzo Viscardi, vicario designato dal provin-ciale, ed il trasferimento in altri conventi di alcuni frati24.

7. La prima soppressione

Nel 1809 il convento buccinese, guidato dall’anziano priore Castaldi, venne soppresso in virtù delle leggi napoleoniche e l’edificio venne de-stinato ad ospitare truppe militari. In quel momento il priore aveva ap-paltato al sacerdote don Francesco Frasca di Acerno la costruzione di un orologio ed era in corso la costruzione del coro ligneo, dell’organo e del campanile della chiesa25.

Conclusa la procedura di soppressione, il 20 marzo 1810 i locali con-ventuali ed i beni spettanti allo Stato furono affidati in custodia al sindaco Pasquale bellelli ed al proprietario Fulgenzio bellelli. gli argenti, gli arredi e le suppellettili sacre del convento, destinati alla Chiesa Matrice, furono consegnati al parroco della chiesa don gaetano guerdile. l’ingente patri-monio di beni immobili, censi e canoni che il convento possedeva e godeva a Buccino ed in altri paesi passò al Demanio e fu poi dato in affitto a varie persone. Il convento, al pari della chiesa, nel 1812 fu assegnato al Comune ed i suoi locali - dopo gli opportuni lavori di adeguamento - con decreto del 29 dicembre 1814 furono destinati anche a sede della ricevitoria del registro e bollo, della cancelleria ed archivio comunale, del Giudicato Regio, Caserma di Gendarmeria, Prigioni Circondariali, Corpo di Guardia ed altro, uso poi riconfermato da re Ferdinando IV con decreto del 6 novembre 181626.

24 ASS, PN, Nuovo Versamento, 790, anno 1799, ff. 64v-66r, 244r-245v, 257v-258v; 808, anno 1799, ff. 137r-138r.

25 ASN, Commissione, 570. ASS, Intendenza, 2465 e 2467/4 e 6.26 ASS, Intendenza, 2467/4, 2475/20, 2479/4 e 2482; ASN, Commissione, 266, 409 e 570.

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8. La ripristinazione

Sembra che in realtà, per la benevolenza del comune, i religiosi non abbiano mai abbandonato completamente il convento fino alla successiva ripristinazione. Infatti a seguito del concordato del 1818 il re Ferdinando I - accogliendo le istanze in tal senso del vescovo, dell’amministrazione comunale e di padre giuseppe Pezzella, vicario generale agostiniano - con Sovrana Risoluzione dell’11 gennaio 1819, poi ufficializzata con Regio decreto del 9 agosto 1819, deliberò la riapertura del convento buccinese, unico convento degli ordini mendicanti ripristinato nella diocesi di Con-za27. Nonostante i tentativi del sindaco Pasquale Torella di procrastinare al massimo la restituzione della struttura per la mancanza di locali alter-nativi adatti ad alloggiare la caserma e gli uffici allocati nel convento, nel luglio 1819 l’edificio rientrava in possesso dei frati, i quali vi avrebbero rivestito l’abito nel gennaio 1820, mentre la chiesa era già stata riaper-ta al culto l’anno precedente. Per garantire una dotazione sufficiente alle necessità del convento, con disposizione sovrana del 14 gennaio 1819 fu assegnato ad esso una rendita di circa 1230 ducati, derivanti da una serie di beni e censi riconsegnati ai religiosi. Poiché la rendita reale dei beni e dei censi restituiti risultò essere molto inferiore, a seguito di una serie di richieste e suppliche da parte dei frati buccinesi e di padre Pezzella, il 17 agosto 1819 il ministro degli Affari Ecclesiastici dispose una sopradotazio-ne per il convento costituita da altri censi, di cui alcuni risultarono però inesigibili, costringendo perciò i religiosi a richiedere a più riprese ulte-riori assegnazioni di fondi. Infatti, le condizioni finanziarie risultavano appena sufficienti al sostentamento della comunità conventuale e vi era la necessità impellente di restaurare il convento e la chiesa, resi indecenti dal decennio di abbandono. Il 14 dicembre 1833 la Commissione Esecutri-ce del Concordato, in sostituzione dei censi inesigibili, trasferì perciò agli agostiniani la proprietà del soppresso convento dei carmelitani e di una serie di censi ed annualità esigibili, specificando che essi costituivano la definitiva assegnazione a favore del convento28.

Nonostante le difficoltà economiche, il convento, posto sotto l’imme-diata giurisdizione del padre provinciale, aveva nel frattempo ripreso le sue attività. Il capitolo provinciale aveva assegnato al convento buccinese una famiglia composta da 2 padri, 3 professi, 5 laici ed un oblato, guidati dal priore luigi Romeo, dal sottopriore Antonio Palma, e dal reggente gennaro Marasco. l’8 agosto 1824 vi fu riaperto il noviziato e nel 1827 di-

ASCb, DCP, 1 (29.8.1925-25.4.1926), delib. n. 281/1925. ASN, Ministero della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Collezione delle leggi e decreti originali, 113, decr. n. 2881.

27 ASN, Commissione, 954. ASS, Intendenza, 2479/4. 28 ASS, Intendenza, 2479/4. ASN, Commissione, 105, 409, 822.

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venne sede di uno dei due studentati della neonata provincia agostiniana di Napoli29. Come ricordato da una iscrizione commemorativa posta sul portone d’accesso interno, il convento nella notte tra il 26 e 27 settembre 1846 avrebbe ospitato il re Ferdinando II di borbone ed il principe France-sco di Paola, suo fratello, di ritorno da una loro visita in Calabria.

8. La soppressione definitiva

dopo che nuovi danni al patrimonio conventuale erano stati arrecati dal terremoto del 1857, a segnare definitivamente la sorte della comuni-tà agostiniana buccinese fu la scomparsa del Regno delle due Sicilie. le violente sommosse avvenute a buccino il 21 ottobre 1860 in occasione del plebiscito di annessione, riguardarono direttamente i religiosi. Nonostan-te la buona accoglienza riservata dai religiosi ai soldati e le proteste ed i tentativi di dissuasione in tal senso da parte del sindaco, il tenente Vi-sconti di Castelcivita, giunto a buccino il 23 ottobre con cinquanta militi, procedette all’espulsione dal convento dei 12 religiosi che componevano la famiglia buccinese, additati come elementi della reazione. Il trattamen-to da riservare ai frati fu il principale motivo di scontro tra il sindaco ed i suoi avversari ed evidentemente anche i religiosi dovettero contribuire ad aumentare la tensione, dal momento che il Sottogovernatore di Cam-pagna per acquietare gli animi nel paese consigliò al suo superiore di al-lontanare da buccino temporaneamente il sindaco ed i suoi oppositori, e definitivamente il priore ed il collettore del convento30.

Il cenobio venne chiuso definitivamente a seguito della soppressione degli ordini religiosi. l’amministrazione comunale il 12 agosto 1867 ac-quisì gratuitamente l’intera proprietà della chiesa e quella del convento, corrispondendo al Fondo per il Culto un canone annuo per l’orto ad esso sottostante, ritenuto la sola parte redditizia del complesso. Rimanevano esclusi dall’acquisto sia mobili, oggetti d’arte e libri - che restavano di proprietà del Fondo per il Culto - sia gli arredi sacri, lasciati in uso al Comune finché la chiesa di S. Antonio fosse rimasta aperta al culto. Il 29 settembre 1867 fu emanato il decreto di cessione del complesso da parte del demanio ed il convento fu consegnato dal priore domenico giacco alle autorità statali; i beni del convento furono avocati al demanio e pro-gressivamente affittati e venduti all’asta a più riprese31.

Nel convento fu quindi trasferito il Municipio e successivamente vi furono alloggiati anche la Ricevitoria del Registro, l’Ufficio delle Impo-

29 AgA, bb, 100 e dd, 247, f. 68v. 30 Cfr. ASS, PN, Nuovo versamento, 851, ff. 300r-302v. ASS, Prefettura, Gabinetto, 1/24.31 ASCb, DCC, 1, delib. del 9.5.1866; DGC, 1, delib. del 12.8.1866; DCP, 1 (29.8.1925-25

.4.1926), delib. n. 281/1925. ASS, PN, Nuovo versamento, 856, ff. 265r-268r.

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ste dirette, la Pretura e le carceri mandamentali32. la nuova destinazione d’uso e la scarsa manutenzione comportarono un progressivo peggiora-mento delle condizioni di chiesa e convento, tanto che nel 1928 per i lo-cali dell’ex convento - di cui una parte era stata adibita ad alloggio dei prigionieri di guerra austriaci durante la grande guerra - fu necessario predisporre un urgente piano di restauro e consolidamento33. ben più gravi divennero invece le condizioni della chiesa di S. Antonio Abate, di cui il Comune avrebbe dovuto garantire il mantenimento e le spese di culto. All’epoca della soppressione essa sembrava destinata alla chiu-sura, innanzitutto a causa del deficit delle casse comunali, ma in seguito alla richiesta del sindaco, preoccupato soprattutto dalla possibile reazione violenta della popolazione, la chiesa rimase aperta al culto e l’intero clero buccinese si assunse gratuitamente l’impegno di garantirne il funziona-mento. In seguito il peggioramento delle condizioni strutturali portò alla chiusura della chiesa che nel periodo della prima guerra mondiale fu de-stinata a magazzino viveri, legnaia e deposito di attrezzi di agricoltura, con inevitabili conseguenze per il suo patrimonio monumentale. Proprio in quel periodo, infatti, l’organo della chiesa fu depredato delle originarie canne di stagno e andarono perduti gli arredi della sacrestia, mentre nel 1922 le continue infiltrazioni d’acqua provocarono il crollo della volta cir-colare antistante l’altare maggiore, a cui il Comune, nonostante l’impegno profuso, non riuscì a porre riparo a causa dell’indisponibilità di risorse, condannando la chiesa ad una pluriennale esposizione alle intemperie e all’ulteriore aggravarsi delle sue condizioni strutturali. l’Amministrazio-ne Comunale nel 1924 nominò una commissione per studiare il modo di recuperare il denaro necessario alle riparazioni, ed il 22 ottobre 1925 de-liberò la cessione della chiesa alla Parrocchia di Santa Maria Solditta, ma la consegna materiale e la riapertura della chiesa, subordinate all’espleta-mento da parte del Comune dei lavori necessari a ricondurre l’edificio in condizioni di normale agibilità, sarebbe avvenuto solo molti anni dopo. Infatti la chiesa era ancora chiusa e in pessime condizioni nel 1928 quando il podestà, a seguito alle richieste della popolazione che ne reclamava la riapertura, chiese e ottenne dalla soprintendenza competente la redazio-ne del progetto di restauro della chiesa34. Per recuperare la somma ne-

32 ASCb, DCC, 1, delib. del 23 e 30.11.1866, 7 e 22.5.1867. Ivi, DGC, 1, delib. del 18.9.1869.

33 ASCb, DCP, 1, delib. nn. 12 e 87/1926. Ivi, DP, 1, delib. n. 39/1927; 2, delib. nn. 1, 4-5, 22, 68/1929. Ivi, DCC, 21, delib. del 25.7.1920.

34 ASS, Intendenza, 2516/39. ASCb, Cat. 1, classe 13, fasc. 1, anno 1955. Ivi, Cat. 7, Classe 6, anno 1928. Ivi, DCC, 1, delib. del 5, 12 e 30.11.1866; 21, delib. del 21.10.1924. Ivi, DCP, 1, delib. nn. 243, 267 e 281/1925. Ivi, DGC, 13, delib. 186 e 211/1922. Ivi, DP, 1, delib. 39/1927

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cessaria, l’Amministrazione Comunale dal 1925 iniziò anche le pratiche per vendere alcuni quadri e arredi sacri della chiesa di pregevole fattura. dopo una lunga trattativa, il 29 settembre 1928 Antonio Marzullo, diret-tore del costituendo Museo Provinciale di Salerno, ricevé in custodia dal Comune le quattro tavole superstiti del polittico di Andrea Sabatini e due tavole e due tavolette oggi attribuite a Francesco Curia35. In cambio delle opere d’arte l’Amministrazione Provinciale promise un contributo per il restauro di chiesa e chiostro che però non fu mai concesso, e quindi nel 1930 vi fu un finanziamento del Comune, cui si unì una somma raccolta tra i devoti, e la tettoia della chiesa fu riparata a spese del marchese Carlo Errico Forcella. Tuttavia la chiesa potè essere riaperta al culto soltanto il 16 dicembre 1944 grazie all’impegno del sacerdote don Nicola Tuozzo, che promosse la creazione di una commissione per i restauri e attraverso il generoso contributo dei fedeli, sia in denaro sia mediante la fornitura diretta di materiali e di lavoro, nonostante le difficoltà legate alle condi-zioni di guerra, riuscì a raccogliere i fondi necessari prima allo sgombero e poi al restauro della chiesa36.

35 ASCb, DCP, 1, delib. nn. 262, 309 e 325/1925. Ivi, Cat. 7, Classe 6, anno 1928. MPS, Archivio Storico, III/26. I dipinti sono oggi esposti alla Pinacoteca Provinciale di Salerno.

36 ASCb, Cat. 1, classe 13, fascicolo 1, anno 1955; Cat. 7, Classe 6, anno 1928; DP, 4, delib. n. 84/1930. le notizie sulla riapertura provengono da documenti inediti in possesso del prof. Nicola Tuozzo, che ringrazio per avermene consentito la consultazione.

Fig. 5 - Il chiostro dopo i restauri.

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Il complesso conventuale, adibito completamente a “Palazzo degli uf-fici”, fu ampiamente riammodernato nel 1956 e a lungo vi furono alloggiati al primo piano gli uffici municipali, l’ufficio sanitario e veterinario, quello di Conciliazione ed il carcere mandamentale; nel piano superiore la Pre-tura, la Direzione Didattica, l’Ufficio del Registro, l’Ufficio Distrettuale delle Imposte ed alcune scuole. Il pianterreno ospitò il macello pubblico, le antiche rimesse e cantine. In epoca più recente, i gravi danni provocati dal sisma del 23 novembre 1980 hanno comportato la lunga chiusura sia della chiesa, divenuta inagibile, sia del complesso conventuale ed il conse-guente trasferimento degli uffici. A partire dal 2003 l’edificio conventuale è stato completamente recuperato, mentre per la chiesa, riaperta al culto da diversi anni, si attende ancora il finanziamento che permetterebbe di completarne il recupero (fig. 5).

dott. EmAnuElE CAtonE

Abbreviazioni

AC Archivio dell’abbazia della SS. Trinità di Cava de’ TirreniACdM Archivio Caracciolo de Sangro - Martina FrancaACMb Archivio della Chiesa Matrice di buccinoAF Archivio Forcella - buccinoAgA Archivio generale Agostiniano - RomaASCb Archivio Storico del Comune di buccino – DCC Registri delle Deliberazioni del Consiglio Comunale – DCP Registri delle Deliberazioni del Commissario Prefettizio – DGC Registri delle Deliberazioni della Giunta Comunale – DP Registri delle Deliberazioni del PodestàASN Archivio di Stato di Napoli – Comm. Commissione esecutrice del Concordato (ex Patrimonio ecclesiastico)ASS Archivio di Stato di Salerno – PN Protocolli Notarili, distretto di SalernoAV Archivio Segreto VaticanoMPS Musei Provinciali di Salerno

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