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Mario Martinelli, Comunicazioni Ottiche, Capitolo 13, Edizione Novembre 2010 1 Capitolo 13. La dispersione nelle fibre ottiche 13.1 Dispersione monomodale: alcune definizioni La dispersione delle fibre ottiche usate negli attuali sistemi di comunicazione ottica è sostanzialmente quella di tipo “monomodale”, essendo queste il tipo di fibre ottiche utilizzate in tutti i principali collegamenti per telecomunicazioni, sia per la rete di trasporto che per la rete metropolitana ed, ora, anche per l’accesso. Per avere una idea d’insieme di come nasca la dispersione nelle fibre monomodo conviene riferirsi al “diagramma di dispersione” che illustra la modalità della propagazione della luce guidata in fibra ottica in uno spazio delle pulsazioni ω e dei vettori di propagazione β (vedi figura 1).

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Mario Martinelli, Comunicazioni Ottiche, Capitolo 13, Edizione Novembre 2010 1

Capitolo 13. La dispersione nelle fibre ottiche 13.1 Dispersione monomodale: alcune definizioni La dispersione delle fibre ottiche usate negli attuali sistemi di comunicazione ottica è sostanzialmente quella di tipo “monomodale”, essendo queste il tipo di fibre ottiche utilizzate in tutti i principali collegamenti per telecomunicazioni, sia per la rete di trasporto che per la rete metropolitana ed, ora, anche per l’accesso. Per avere una idea d’insieme di come nasca la dispersione nelle fibre monomodo conviene riferirsi al “diagramma di dispersione” che illustra la modalità della propagazione della luce guidata in fibra ottica in uno spazio delle pulsazioni ω e dei vettori di propagazione β (vedi figura 1).

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Definiamo con “dispersione cromatica” la variazione del ritardo specifico di propagazione τg con la frequenza . Dato un certo tratto di fibra ottica di lunghezza l, definiamo un ritardo di propagazione t come:

!

t =l

vg

dove l è la lunghezza della propagazione in fibra e vg la velocità di gruppo del segnale, definita come

!

vg =d"

d#

il ritardo specifico di propagazione sarà il ritardo per unità di lunghezza τg e quindi per definizione

!

" g =d#

d$=1

vg

da cui definisco il parametro di dispersione cromatica indicandola con β2

!

dispersione cromatica = "2

=d# gd$

=d

d$

d"

d$

%

& '

(

) * =

d2"

d$ 2sec

2/m[ ]

Nelle comunicazioni ottiche si usa spesso fornire il valore della dispersione in funzione della lunghezza d’onda e non della frequenza e quindi si definisce una dispersione cromatica come

!

dispersione cromatica = D" =d# gd"

=d

d"

d$

d%

&

' (

)

* + sec /m

2[ ]

ed essendo

!

d

d"=d#

d"

$

% &

'

( ) d

d#=cdk

d"

$

% &

'

( ) d

d#= *

2+c

"2d

d#

La relazione fra le due “dispersioni” sarà

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!

D" = #2$c

"2%

& '

(

) * + ,2

e viceversa

!

"2

= #$2

2%c

&

' (

)

* + ,D$

Come unità di misura per la Dλ si usa poi dare il valore non nella unità di misura semplice sec/m2 ma in psec/Km.nm

!

sec

m "m

#

$ % &

' ( =

1012psec

10)3Km "109nm

#

$ %

&

' ( =10

6 psec

Km " nm

#

$ % &

' (

e tipicamente si parla di dispersione cromatica per le fibre standard attorno ai 15 psec/Km nm. Analogamente, nelle applicazioni pratiche β2 viene data in unità di psec2/km anziché in sec2/m. In queste unità attorno a 1550 nm vale la relazione:

!

"2

psec2

km

#

$ %

&

' ( )1.27 D*

psec

kmnm

#

$ %

&

' (

da cui si deduce che per le fibre standard a 1550 nm si ha β2≈ 20 psec2/km Anche τg viene spesso espresso come derivata rispetto alla lunghezza d’onda. In questo caso sarà

!

" g =d#

d$=d%

d$

d#

d%= &

2'c

$ 2

(

) *

+

, - d#

d%= &

2'c

$ 2

(

) *

+

, - d kneff( )d%

=

= &2'c

$ 2

(

) *

+

, - k

dneff

d%+ neff

dk

d%

.

/ 0

1

2 3 = &

2'c

$ 2

(

) *

+

, - k

dneff

d%+ neff &

k2

2'

(

) *

+

, -

.

/ 0

1

2 3 =

= &2'c

$ 2

%

%kdneff

d%

(

) *

+

, - + &

2'c

$ 2

(

) *

+

, - neff &

k2

2'

(

) *

+

, - = &

%

c

dneff

d%+1

cneff =

=1

cneff & %

dneff

d%

(

) *

+

, - =

meff

c

dove abbiamo introdotto il parametro indice di gruppo meff definito come

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!

indice di gruppo = m = n " #dn

d#

$

% &

'

( )

Questo parametro può essere definito per ogni indice di rifrazione: quello di core, di cladding e di propagazione. Dalla definizione di velocità di gruppo discende anche che

!

vg =c

meff

e che

!

D"

n=d# g

d"=d

d"

meff

c= $

"

c

d2neff

d"2

Come si vede nel dettaglio della figura precedente (figura 2) , la curva caratteristica di propagazione monomodale della fibra ottica, è confinata nello spazio delle velocità di gruppo limite c/ncore e c/ncladding , ma in questo spazio ha un comportamento asintotico in quanto si muove dall’asintoto di cladding ( quando il modo è appena nato o si è in un regime di propagazione poco confinata) all’asintoto di core ( quando il modo è ben confinato e si è in un regime di piena propagazione guidata). La curva caratteristica presenta quindi un inevitabile “flesso” e quindi la derivata della curva stessa dω/dβ, cioè la velocità di guppo, cambia valore quando sull’asse delle ordinate cambio la frequenza di lavoro raggiugendo un minimo per poi risalire. A questo cambiamento di inclinazione della velocità di gruppo corrisponderà un conseguente cambiamento del tempo specifico di propagazione (che raggiungerà un massimo nel flesso) e quindi, per definizione, la nascita della dispersione. La presenza del flesso indica chiaramente che esisterà nella curva caratteristica un punto a derivata seconda nulla, pulsazione in corrispondenza della quale si avrà quindi uno “zero di dispersione”. Questa pulsazione divide il diagramma di dispersione in due regioni: una prima regione per la quale all’aumento della pulsazione della luce corrisponde una diminuzione della velocità di gruppo: chiameremo questa zona regione di dispersione normale. In questa regione un impulso che contiene più colori si disperderà durante la propagazione permettendo alle frequenze più basse (ovvero alle lunghezze d’onda più lunghe) di arrivare prima delle componenti a frequenze più alte. Simmetricamente ci sarà una seconda regione per la quale la dispersione permetterà alle frequenze più alte di arrivare prima delle frequenze più basse: questa zona verrà chiamata di regione di dispersione anomala.

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L’esistenza stessa della curva caratteristica diventa quindi l’origine della prima componente della dispersione cromatica che chiameremo di conseguenza dispersione cromatica di propagazione ( o con termine inglese Waveguide Dispersion

!

D"

wd ) . Essa è ineliminabile perché discende dalla natura stessa della propagazione ed è presente per ogni modo (seppure in maniera differente) compreso il modo fondamentale di propagazione (occorre dire che nel caso della dispersione di propagazione la regione di dispersione normale è posta a frequenze più basse della frequenza corrispondente al flesso: questa è una anomalia perché come vedremo nel seguito, per la dispersione cromatica di materiale si ha l’inverso ovvero la regione di dispersione normale è posta a frequenze più alte della frequenza corrispondente al flesso).

Vi sono però due altre componenti della dispersione cromatica racchiuse nel diagramma anche se in modo più sottile. Infatti l’escursione delle ordinate del diagramma , cioè delle lunghezze d’onda della luce, è in tutti i materiali (e quindi anche nella silice drogata che forma il core ed il cladding della fibra ottica) sempre accompagnata da una variazione dell’indice di rifrazione n. In altri termini i segmenti che costituiscono gli asintoti del diagramma di dispersione non sono rette ma sono curve che evolvono in funzione della frequenza (vedi fig. 3) . Per essi si può quindi definire un valore di indice di gruppo

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Mario Martinelli, Comunicazioni Ottiche, Capitolo 13, Edizione Novembre 2010 6

!

m1

= n1"dn

1

d#

$

% &

'

( )

e

!

m2

= n2"dn

2

d#

$

% &

'

( )

ed avremo ancora una dispersione di tipo cromatico che chiameremo dispersione cromatica di materiale sia per il core che per il cladding.

L’espressione di questa dispersione in generale sarà una combinazione della dispersione di materiale del core e del cladding, essendo

!

D"

n1= #

"

c

d2n1

d"2e D"

n2= #

"

c

d2n2

d"2

In particolare abbiamo visto che la propagazione del modo fondamentale avviene con una significativa estensione anche nella zona di cladding.

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Nel considerare la dispersione cromatica di materiale per le fibre monomodo non potremo quindi non tenere conto delle due diverse dispersioni cromatiche e quindi chiameremo questa componente importante della dispersione Dispersione Cromatica di Materiale Composita ( o con termine inglese Composite Material Dispersion

!

D"

cmd ). Come vedremo più avanti, anche le curve caratteristiche della dispersione del materiale presentano un flesso nella regione di lunghezza d’onda di impiego delle fibre ottiche, cioè una zona a derivata zero che divide ancora una volta il diagramma di dispersione in due zone normali ed anomale (vedi fig. 3) . Però, come prima accennato, per la dispersione cromatica di materiale la regione di dispersione normale è, in generale, individuata da frequenze più alte del flesso: siamo quindi in presenza di un comportamento compensativo naturale della dispersione perché il segno della dispersione di propagazione è in generale opposto al segno della dispersione di materiale. Siccome in generale il core delle fibre ottiche è molto drogato (ad esempio con l’aggiunta di Germanio ed altri additivi) rispetto al cladding, l’evoluzione della dispersione cromatica di materiale per il core può risultare sensibilmente diversa dalla corrispettiva evoluzione per la zona di cladding ( che normalmente è costituita da sola silice, vedi ancora fig. 3). Saremo quindi in presenza di un ulteriore fattore dispersivo il cui carattere si preciserà in funzione del salto d’indice ( più in generale dal profilo d’indice) fra il core ed il cladding. Questa terza componente della dispersione è solitamente conosciuta come Dispersione Cromatica di Profilo Composto d’Indice ( o con termine inglese Composite Profile Dispersion o

!

D"

cpd ). La dispersione cromatica di fibra ottica in propagazione monomodale risulta essere, in generale , la somma di tutte queste componenti e quindi

!

D" = D"

wd+ D"

cmd+ D"

cpd

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13.2 La valutazione del parametro di dispersione cromatica nelle fibre ottiche monomodo In generale è difficile valutare l’entità del fenomeno dispersivo e quindi di β2 nelle fibre ottiche. Esso si può ricavare per via numerica valutando l’escursione del vettore d’onda β per le diverse frequenze. Per le fibre ottiche in regime monomodale e nella approssimazione “debolmente guidata” si può comunque dare una espressione del β2 interessante perché mostra le diverse componenti che lo costituiscono. Seguendo la teoria sviluppata principalmente da Gambling [Gambling W.A.1979) e da Gloge [ Gloge D. 1971] l’espressione del β2 è ricavata a partire dalla espressione approssimata del β in funzione del parametro b. Come abbiamo visto, dalla definizione di b

!

b =1"#a( )

2

V2

=$ 2 " k 2n

2

2

k2n1

2 " n2

2( )

ho che

!

" 2

k2

= n2

2 + b n1

2 # n2

2( )

da cui ricavo l’espressione dell’indice efficace di propagazione

!

neff ="

k= n

2

2 + b n1

2 # n2

2( )

Introduciamo ora il parametro salto d’indice relativo per le fibre debolmente guidate come

!

" =n1# n

2

n1

dove n1 ed n2 rappresentano rispettivamente gli indici di rifrazione della zona di core e della zona di cladding della fibra ottica. Per convenienza matematica Δ può anche essere espresso come

!

" =n1# n

2( )n1

=n1# n

2( ) n1 + n2( )

n1n1+ n

2( )$n1

2# n

2

2

2n2

2

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da cui

!

"

k= n

2

2 + b n1

2 # n2

2( ) = n21+ b

n1

2 # n2

2( )n2

2= n

21+ 2b$

% n21+ b$( )

Il parametro β2 è per definizione

!

"2

=d2"

d# 2=1

c2

d2"

dk2

Come abbiamo visto, spesso esso viene valutato nella sua formulazione in funzione della lunghezza d’ onda, nel qual caso esso diventa

!

D" = #2$

"21

c

d2%

dk2

Inserisco ora in questa espressione la funzione β prima valutata in funzione del parametro b ed ottengo

!

D" = #2$

"21

c

d2

dk2kn

2"( ) 1+ b V( )% "( )( )[ ]

Questa è l’espressione correntemente usata per la valutazione in forma analitica della dispersione nelle fibre ottiche debolmente guidate in generale e nelle fibre ottiche a propagazione monomodale in particolare. In essa viene esplicitamente indicato che sia gli indici di rifrazione che il salto d’indice sono funzione della lunghezza d’onda e che b è funzione del parametro V che, a sua, volta , è funzione pure della lunghezza d’onda. La valutazione di questa derivata seconda è quindi molto complessa. Nel seguito si seguirà fondamentalmente la derivazione fatta da Gambling [Gambling W.A.1979). L’espressione risultante viene suddivisa nelle tre componenti di dispersione cromatica prima introdotte più un termine residuale che solitamente si trascura ( vedi anche Adams [Adams M.J. 1981]

!

D" = D"

cmd+ D"

wd+ D"

cpd+ residual terms

Vediamo ora come si presentano i tre termini principali.

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Composite material dispersion. Questo termine si presenta come

!

D"cmd # $

"

c%d2n1

d"2+ % $1( )

d2n2

d"2&

' (

)

* +

dove Γ è il già introdotto Power Confinement Factor definito come il rapporto fra la potenza guidata nel core della fibra e la potenza totale guidata

!

" =Pcore

Pcore + Pcladding=1

2b +

d bV( )dV

#

$ %

&

' (

Come osserva anche Adams [Adams M.J. 1981], questa espressione è una sorta di media pesata dal fattore Γ fra il coefficiente di dispersione nel core e nel cladding della fibra ottica. Questa espressione sottolinea esplicitamente che quando si considera la propagazione monomodale si deve tenere sempre conto sia della propagazione nel core che nel cladding della fibra. Se tutta la propagazione avvenisse nel core della fibra, l’espressione precedente si ridurrebbe alla spesso identificata dispersione cromatica di materiale

!

D"

core= #

"

c

d2n1

d"2

Si può dare una stima di Dλ a partire da una espressione empirica dell’andamento dell’indice di rifrazione del core della fibra ottenuto da misure in funzione della lunghezza d’onda. Introducendo i tre parametri Ai di Sellmeier (parametri che servono a tracciare la curva interpolatrice della funzione dell’indice di rifrazione in funzione della lunghezza d’onda ) si ha che

!

D"core = #

"

cn1

m1n1#m

1( )"2

+ "24Ai"i

2

"2 # "i

2( )3

i=1

3

$%

&

' '

(

)

* *

In base al tipo di drogaggio del core ( e quindi ad esempio della percentuale di Germanio o Boro contenuto) si ricava sperimentalmente la curva dell’indice di rifrazione, da cui si estraggono per tre lunghezze d’onda prefissate i valori dei parametri A da inserire nella espressione precedente. In figura 4 è mostrato l’andamento tipico dell’indice di gruppo m1 e dell’indice di rifrazione n1 per una fibra ottica con core a

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base silicea. Si osserva come n1 decresca al variare della lunghezza d’onda e come l’indice di gruppo pure decresca sino ad una certa lunghezza d’onda per poi lentamente risalire. Siamo quindi in presenza di una derivata seconda pari a zero ovvero di una lunghezza d’onda a zero-dispersione. Questa lunghezza d’onda nei materiali silicei di base della fibra ottica si situa nella regione spettrale di 1,3 micron. Come prima accennato, la diminuzione dell’indice di gruppo all’aumentare della lunghezza d’onda corrisponde ad un aumento della velocità di gruppo al diminuire della frequenza prima del punto di zero-dispersione: questo conferma che per la dispersione cromatica di materiale vi è una zona di dispersione normale a lunghezze d’onda inferiori a 1,3 micron. L’andamento tipico di Dλ (in unità di misura psec/nm.Km) è illustrato nella successiva figura 4 dove si osserva che attorno alla lunghezza d’onda di 1,3 micron esso attraversa lo zero. Il range di attraversamento dello zero è molto ampio ( ad esempio da 1,27 sino a 1,39 micron) ed è funzione del tipo di drogaggio e di profilo di indice del core ( in questa figura come nelle successive che riportano l’andamento della dispersione, i valori dell’asse verticale sono cambiati di segno).

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Nella espressione della

!

D"

cmd compaiono, attraverso il Power Confinement Factor Γ, i valori del parametro b e della sua derivata prima rispetto a V. L’andamento di questi termini ed inoltre anche del termine “derivata seconda di (bV)” in funzione di V sono valutabili solo numericamente e dipendono in generale anche dal profilo d’indice considerato. Essi sono rappresentati in figura 6 per diversi valori del parametro α a partire da una fibra a profilo parabolico ( α = 2) sino ad una fibra step (α = ∞).

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nella figura sono indicati anche i valori di cut-off di secondo modo per i diversi profili d’indice. Si osserva che per valori di V nell’intorno del cut-off di secondo modo ( V=2,4) la potenza è in buona misura confinata nel core della fibra ottica ( oltre l’80%) , b e la derivata seconda di (bV) hanno lo stesso valore e diventa importante la derivata prima di (bV). Sulla base di questo grafico è possibile dedurre una espressione più precisa per la

!

D"

cmd . In particolare per una fibra step-index al cut-off (V = 2.4) abbiamo che [Gambling W.A. 1979]

!

D"cmd # $

"

c0.83

d2n1

d"2+ 0.17

d2n2

d"2%

& '

(

) *

mentre per una fibra a profilo parabolico (V=3,5)

!

D"cmd # $

"

c0.69

d2n1

d"2+ 0.31

d2n2

d"2%

& '

(

) *

Come si osserva, per una fibra a profilo parabolico, l’influenza del materiale di cladding sulla dispersione è leggermente maggiore che in una fibra di tipo step-index perché il campo è meno confinato. Utilizzando i risultati di questo grafico e l’espressione della dispersione di materiale valutata precedentemente con i coefficienti di Sellmeir si sono ottenuti i valori della Composite Material Dispersion nell’intorno dell’attraversamento dello zero di dispersione sia per la fibra di tipo step-index (figura 7) che per la fibra di profilo parabolico (figura 8) . Dalle figure si osserva che le curve dispersive nei due casi sono molto simili. Esse sono comprese fra le due curve relative alla dispersione di solo materiale di core e di cladding. In entrambi i casi, all’aumentare del diametro del core si osserva che le curve si spostano maggiormente verso le curve dispersive del solo core, ad indicare un maggiore confinamento del campo nella zona del core. Da 1.2 a 1.4 micron, i valori tipici di dispersione composta di materiale oscillano +/- 10 psec/nm.Km.

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Waveguide dispersion. Questo termine si presenta come

!

D"wd # $

n2%

c"

m2

n2

&

' (

)

* +

2

Vd2bV( )V2

In questa espressione gioca un ruolo fondamentale la presenza della derivata seconda del fattore b rispetto al parametro V. L’andamento di questo termine è riportato nella figura 6 precedente. In generale si osserva che per valori vicino al cut-off di secondo modo questo termine assume valori confrontabili con b. Quando invece V comincia a diminuire la potenza guidata si espande velocemente nel cladding e la derivata seconda di (bV) assume un valore molto importante sino a raggiungere il massimo. Viceversa, per V ben oltre il cut-off di secondo modo , la derivata seconda di (bV) attraversa lo zero ( ad esempio in figura in corrispondenza di V=3 per le fibre di tipo step-index e per V>6 per le fibre a indice parabolico) e poi diventa negativa. Questa inversione di segno comporta una corrispondente inversione di segno nella dispersione cromatica di guida d’onda

!

D"

wd e quindi conferma la presenza di una lunghezza d’onda di “zero dispersione” anche per la

!

D"

wd e del relativo “flesso” nella curva di dispersione così come ipotizzato graficamente in figura 1 e 2. Si osserva anche che

!

D"

wd dipende linearmente dal valore del salto d’indice relativo Δ. Siccome è in generale

!

V = ak" questo significa che a parità di punto di lavoro V, il prodotto del raggio del core per il salto d’indice si deve conservare ovvero che la dispersione aumenterà al diminuire del valore del raggio del core. Le curve che rappresentano la Waveguide Dispersion ottenute utilizzando l’espressione precedente sono riportate in figura 9 e 10 rispettivamente perr le fibre di tipo step-index ed ad indice parabolico. In entrambi i casi si osserva che: la dispersione ha un andamento opposto a quella di materiale; attraversa lo zero (caso step) per valori di lunghezza d’onda compresi fra 1.2 e 1.7 micron; aumenta al diminuire del raggio del core; ha valori dell’ordine delle decine di psec/nm.Km.

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Composite Profile Dispersion. Questo termine si presenta come

!

D"cmd #

n2

c

d$

d"Vd2bV( )

dV2

+ 2% & 2b'

( )

*

+ ,

Come si osserva, questa dispersione cromatica presenta sempre un valore positivo e diventa importante solo quando la derivata seconda di (bV) diventa importante, in pratica fuori dalle normali condizioni di operazione della fibra ottica. La funzione

!

D"

cmd ricavata numericamente è rappresentata nelle figure 11 e 12 rispettivamente per le fibre di tipo step-index ed a profilo d’indice parabolico. Si nota che in generali i valori di questa dispersione sono significativamente più bassi dei valori delle altre due componenti della dispersione cromatica (tipicamente pochi psec/nm.Km): essa diventa quindi importante quando la dispersione complessiva si avvicina a zero. Si nota anche per questa dispersione lo stesso andamento in funzione del raggio del core che mostrava la dispersione di guida d’onda.

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Dalla analisi ora condotta è facile intuire come per le fibre ottiche operanti in regime monomodale sia relativamente facile plasmare il voluto valore di profilo dispersivo in funzione della lunghezza d’onda operando sui parametri: composizione del materiale di core e di cladding; diametro del core; tipo di profilo d’indice e valore del salto d’indice. Un esempio di questa flessibilità progettuale è ottenuto sommando i valori di dispersione cromatica ottenuti negli esempi precedenti. Questa somma ( e quindi la funzione totale della dispersione cromatica) è rappresentata dalle curve in fig. 13 ( fibra di tipo step-index) e 14 (fibra con profilo parabolico). Come si osserva, a parità di alte condizioni, variando il diametro del core si ottiene una ampia “sintonizzabilità” della funzione dispersione, che può essere condotta ad attraversare lo zero nell’intorno della terza finestra di comunicazione ottica. Essa può anche assumere valori non-zero ma relativamente piccoli.

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13.3 Evoluzione delle fibre ottiche da un punto di vista dispersivo La concomitanza di: - segno opposto della dispersione di materiale e di guida d’onda; - lo stesso ordine di grandezza dei due valori nell’intorno delle finestre per telecomunicazioni; - un punto di attraversamento dello zero per la dispersione di materiale nella regione attorno ad 1,3 µm; ha indotto i progettisti di fibre ottiche a studiare delle fibre speciali che potessero “gestire” rimuovere il problema della dispersione, almeno per una finestra spettrale limitata come la terza finestra, attorno alle frequenze di minore attenuazione o di impiego dell’EDFA. Per progettare queste fibre gli interventi sono sostanzialmente sulla geometria del nucleo, sul salto d’indice e soprattutto sul disegno del suo profilo. Infatti non si può operare sul materiale per non aumentare l’attenuazione complessiva della fibra ottica. Nel corso degli anni, con lo sviluppo della tecnologia di fibra ottica e lo sviluppo di nuove visioni di “sistema”, sono nate numerose famiglie di “profili d”indice” specializzati al fine di garantire specifici valori di dispersione alle lunghezze d’onda desiderate. Nella figura seguente ne sono riportati i principali.

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Per tutti questi profili la propagazione avviene attraverso un modo fondamentale praticamente identico nel profilo di campo: l’approssimazione Gaussiana garantisce in fatti che, in un ampio range di profili di indice, il modo fondamentale di propagazione si presenti sempre del tipo HE11 od in altra notazione LP01, abbia cioè un andamento del campo in funzione del raggio di tipo “Gaussiano”. Lo sviluppo di metodi numerici di simulazione della propagazione in fibra ottica perlmette oggi di “gestire” in modo molto raffinato la curva di dispersione totale delle fibre ottiche. Vediamo (con l’ausilio della figura seguente) le principali caratteristiche delle categorie di fibre ottiche presenti sul mercato da un punto di vista dispersivo.

Fibre SM (Single-Mode) o Singolo-Modo semplice. Queste fibre denominate anche fibre G.652, dal numero della Raccomandazione ITU-T che ne fissa le caratteristiche, presentano un valore dispersivo che in terza finestra va da circa 12 a 18 ps/nm.Km. Esse sono le fibre più comuni presenti nelle installazioni “terrestri” e presentano una attenuazione molto bassa ( dell’ordine di 0,2 dB/Km) ed hanno un profilo di tipo “step” con una area efficace dell’ordine di 80 micron quadri .

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Fibre DS ( Dispersion-Shifted) o a Dispersione Spostata. Sono state le prime fibre ad essere progettate con la dispersione non “naturale” ma spostata in terza finestra. Esse sono denominate anche G.653. Sono fibre che si sono molto diffuse nella prima metà degli anni ’90, prima dello sviluppo dei sistemi WDM densi. Presentano un valore di dispersione che ad una certa lunghezza d’onda di terza finestra ( ad esempio 1540 nm) raggiunge effettivamente lo zero perché la curva di dispersione è disegnata per attraversare il valore zero nell’intervallo spettrale di utilizzo. Fuori da questo valore i valori dispersivi massimi in terza finestra oscillano di +/- 3.5 psec/nmKm. Presentano una attenuazione bassa ( dell’ordine di 0,23 dB/Km ) ed hanno un profilo d’indice del tipo W od α con una area efficace piuttosto piccola ( dell’ordine di 40 micron quadri) . Con la diffusione degli amplificatori ottici, questo parametro così piccolo ha giocato un ruolo negativo, perché ha portato all’insorgere di non-desiderati fenomeni non-lineari (di tipo Kerr) che, tipicamente sono inversamente proporzionali all’area efficace. Anche la presenza dello zero di dispersione nella banda di utilizzo della fibra risulta dannosa per la propagazione simultanea di più portanti ottiche (trasmissione WDM) in quanto favorisce effetti di intermodulazione non lineare (Four Wave Mixing). Fibre NZD+ e NZD- (Non-Zero-Dispersion Positive e Non-Zero-Dispersion-Negative) . Questa generazione di fibre ottiche (chiamata anche G.655) ha cominciato ad essere installata con l’avvento dei sistemi amplificati e di tipo DWDM. In questi sistemi infatti , gli effetti non-lineari di origine Kerr, specialmente il Four-Wave-Mixing e la Cross-Phase-Modulation inducono penalità di diafonia fra le diverse portanti trasmesse dalla stessa fibra ottica, penalità che possono essere ridotte significativamente se si lasciano “scorrere” le diverse portanti una rispetto ad un'altra. Lo “scorrimento” è permesso se si lascia un differenziale nella velocità di gruppo delle portanti e quindi se si lascia un valore non-zero di dispersione. La dispersione deve però essere poi comunque compensata (con altre tecniche come si vedrà in seguito) e quindi questo valore è un compromesso fra la necessità di ridurre gli effetti non-lineari e la necessità di ridurre la dispersione. Siccome è importante mantenere il differenziale di dispersione costante fra i diversi canali di terza finestra, in queste fibre la pendenza della dispersione in funzione della lunghezza d’onda ( slope) è pure conosciuta e caratterizzata. Esse presentano valori di dispersione che vanno per le fibre NZD+ da zero al bordo inferiore di terza finestra ( ad esempio 1460 nm) a + 6 psec/nm Km al bordo superiore ( ad esempio 1600 nm), per le fibre NZD- da – 6 psec/nmKm a 1500 nm a zero a 1580 nm. Queste fibre

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hanno tipicamente un profilo d’indice segmentato e presentano una area efficace di circa 50 micron quadri. Le fibre NZD- trovano applicazione principalmente nei sistemi sottomarini, grazie alla possibilità di poterne compensare la dispersione con una fibra SM convenzionale (G.652) realizzando opportune mappe di dispersione (ad es. ripetendo periodicamente un modulo realizzato tramite alcune tratte di fibra NZD- seguite da una di fibra SM). Le fibre NZD+ trovano applicazione principalmente nei collegamenti terrestri. Esistono due famiglie di fibra NZD+: le NZD+ a bassa slope e le NZD+ ad alta area efficace. Nel primo caso la riduzione del FWM si ottiene solo attraverso la dispersione residua e si privilegia l’equalizzazione della dispersione sulla banda operativa del sistema (slope 0,05 ps/nm2Km contro 0,08 ps/nm2Km della fibre NZD+ ad alta area efficace). Nel secondo caso si privilegia la riduzione degli effetti non lineari grazie all’effetto combinato della dispersione residua e della alta area efficace (70 micron quadri contro i 50 delle NZD+ a bassa slope). Dal punto di vista del progetto della fibra queste due categorie di fibre rappresentano due diversi compromessi tra slope e area efficace, non essendo possibile con profili ragionevolmente semplici (ad es. di tipo α) in grado di fornire alta resa industriale e eccellenti prestazioni di attenuazione e uniformità ottenere simultaneamente un’area efficace grande e una bassa slope. Recentemente in vista dell’utilizzo della amplificazione Raman distribuita nei sistemi ottici per la trasmissione su media e lunga distanza è stata sviluppata una nuova categoria di fibre, le cosiddette fibre a dispersione intermedia, caratterizzate da una dispersione di circa 8 ps/nmKm, standardizzate nella Raccomandazione ITU G.656. Questo tipo di fibre è progettato in modo che lo zero della dispersione si situi prima della banda 1430-1550 nm in cui devono essere collocati i laser di pompa per ottenere un guadagno Raman equalizzato tra 1530 e 1625 nm con la tecnica del pompaggio multiplo. Queste fibre hanno slope moderata e area efficace attorno a 60 micron quadri, in modo tale da poter essere utilizzate anche con amplificatori discreti su una banda molto ampia, da 1460 a 1625 nm. Le caratteristiche principali delle fibre sopra citate sono riassunte nella seguente tabella

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Inoltre, principalmente per applicazioni sottomarine, dove è possibile gestire in modo incontrollato la distribuzione della dispersione lungo la linea, sono state sviluppate soluzioni del tipo tratta dispersion managed in cui vengono utilizzate due fibre di diverse caratteristiche dispersive per ottenere una tratta con bassissima dispersione totale praticamente costante su un ampio intervallo spettrale (si vedano per maggiori dettagli sulla compensazione della dispersione i paragrafi successivi). Nello sviluppo di queste soluzioni, oltre alla equalizzazione della dispersione si tiene conto anche della riduzione degli effetti non lineari e della ottimizzazione delle prestazioni della amplificazione Raman distribuita.

La coppia di fibre è costituita da una fibra con area efficace molto grande (>100 micron quadri) e alta dispersione (20 ps/nmKm) e da una fibra a dispersione negativa con un andamento spettrale in grado di compensare anche la slope della prima fibra. Così facendo il pettine di canali WDM entra all’uscita dell’amplificatore di linea in una fibra a bassissima non linearità in cui il FWM è trascurabile. La dispersione viene poi compensata nella seconda fibra dove la potenza totale si è abbassata e la area efficace ridotta (30 micron quadri) non risulta dannosa e consente una buona efficienza di pompaggio per l’amplificazione Raman distribuita. Lo schema della tratta è mostrato in figura

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Schema di una tratta dispersion managed (senza amplificazione Raman)

D1

D2

D

z L1 L2

Amplificatore ottico

Amplificatore ottico

Aeff=100 µm2 Aeff=30 µm2

D1>0 D2<0

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13.4 Tecniche di compensazione della dispersione (dispersion management) Si è visto ai paragrafi precedenti come la dispersione sia essenzialmente un fenomeno “lineare” di ri-sistemazione delle frequenze all’interno dell’impulso o del bit propagante, nel quale non intervengono “filtri in frequenza” che fanno perdere componenti di potenza e quindi componenti di informazione: sarà quindi sempre possibile intervenire su di esso per generare una funzione di trasferimento che “compensi” esattamente per l’effetto prodotto. La “gestione” del processo dispersivo della propagazione è conosciuta anche come “dispersion management”. Ad esempio, se consideriamo il ritardo assoluto accumulato durnte la propagazione

!

"t = z#2"$

esso è lineare in tutti i tre termini z, β2 e Δω se noi supponiamo di fare propagare l’impulso per un tratto z successivo al primo, uguale in distanza ma con un valore di β2 opposto, il ritardo prodotto sarà

!

"t = #z$2"%

ed alla fine della tratta 2z, l’impulso sarà perfettamente compensato. Tutte le tecniche di “dispersion management” si basano su questo modello anche se la realizzazione pratica di quanto visto può essere effettuata con diverse modalità e soprattutto con diverse tecnologie. Le tecniche di solito sono accumunate da un diagramma conosciuto come “mappa dispersiva” che riproduce il profilo dispersivo della tratta in esame. Un esempio di mappa è illustrato nella figura seguente dove troviamo in ascissa la lunghezza z della propagazione ( che può comprendere diverse tratte in cascata a costituire collegamenti lunghi anche migliaia di chilometri) ed in ordinata il valore “accumulato” di dispersione, cioè il valore β2z ( che come abbiamo visto è il parametro direttamente proporzionale al Δt attraverso la larghezza spettrale: in questo modo la “mappa” è indipendente dalla larghezza spettrale del segnale inviato). Normalmente, gli ingegneri preferiscono usare al posto di β2 il più pratico valore Dλ e quindi l’ordinata riporterà valori in Dλz ovvero in (psec/nm). Vediamo nel seguito alcune tecniche di compensazione.

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Fibra DCF ( Dispersion Compensation Fiber). La fibra DCF rimane la più diffusa tecnica di compensazione della dispersione: il suo vantaggio principale risiede nel fatto che, se opportunamente progettata, è capace di coprire una ampia banda spettrale e quindi di essere adatta agli impieghi nelle comuni tratte WDM. Si tratta di fibre ottiche speciali in cui si è cercato, sia con l’ausilio di manipolazioni nel drogaggio del nucleo della fibra sia con l’ausilio di un opportuno progetto di dispersione di propagazione, di produrre una dispersione di segno opposto a quello delle tratte di fibre precedenti ma con una entità molto alta, in modo quindi da compensare in pochi chilometri la dispersione accumulata nelle normali fibre in centinaia di chilometri ( ad esempio vi sono fibre DCF che compensano per diverse migliaia di psec/nm, un valore accumulato in diverse centinaia di Km di fibre SM) . In generale la perfetta compensazione tramite DCF della dispersione di una tratta di fibra di dispersione DF e lunghezza LF richiede:

!

DF(")L

F+D

DCF(")L

DCF= 0

dove DDCF e LDCF sono rispettivamente la dispersione e la lunghezza della fibra compensatrice. In pratica la relazione precedente è rigorosamente valida solo ad una certa lunghezza d’onda λ0 e si cerca di minimizzare lo scarto sulla più ampia finestra spettrale possibile. Come si vede

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!

DDCF("

0)= #D

F("

0)LF

LDCF

Se si usa la DCF per compensare linee in fibra già installate, per non penalizzare troppo il collegamento con l’aggiunta di una eccessiva quantità di fibra ausiliaria, la lunghezza LDCF deve essese molto inferiore a LF . Quindi DDCF deve essere in modulo molto grande. Ad esempio per compensare una tratta di 50 km di fibra G.652 (DF ≈ 17 ps/nmKm) con 5 km di fibra DCF, quest’ultima deve avere dispersione DDCF ≈ -170 ps/nmKm. Nell’approccio delle tratte dispersion managed descritto nei paragrafi precedenti questo vincolo è molto più rilassato, essendo LF /LDCF in generale compreso tra 1 e 3. Per avere compensazione quasi completa su una banda sufficientemente ampia è necessario che la fibra DCF compensi anche la slope della fibra di linea, per cui deve essere soddisfatta anche la

!

SF(")L

F+ S

DCF(")L

DCF= 0

dove SF e SDCF rappresentano le slope,

!

S(")=dD(")

d", della fibra di linea e

compensatrice rispettivamente. Da questa relazione e la analoga per D si deduce che per avere compensazione della dispersione a larga banda la fibra DCF deve essere progettata in modo tale che:

!

SF(")

DF(")

=SDCF(")

DSDF(")

In pratica si cerca di fare in modo che questa eguaglianza valga approssimativamente nell’intorno di una fissata λ di progetto (alla quale, o in immediata prossimità della quale, l’eguaglianza è rigorosamente valida). Poiché in generale DDCF>>DF sarà anche SDCF>>SF . Da queste considerazioni si deduce che il progetto (e la fabbricazione) delle DCF richiede molta attenzione. In generale per realizzare fibre dalle prestazioni così estreme si usa un profilo d’indice del tipo raffigurato in figura, che rappresenta un buon compromesso tra versatilità di progetto e fattibilità industriale.

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Questi profili sono caratterizzati da un alto salto d’indice e un diametro del nucleo molto piccolo. L’area efficace risultante del modo fondamentale è molto ridotta, attorno a 15 micron quadri. L’andamento tipico della dispersione di una fibra DCF è mostrato qui sotto assieme all’andamento del campo del modo fondamentale nelle varie regioni spettrali.

La zona di interesse per il progettista è il lato sinistro del minimo centrale (evidenziato in colore), nella zona dove la dispersione è dominata dal contributo (negativo) della dispersione di guida. Qui la dispersione è molto negativa con una slope negativa molto forte, come richiesto. Un tipico andamento della dispersione di una moderna fibra DCF è dato in figura, assieme all’andamento del rapporto S/D (indicato con RDS).

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A causa dell’alto salto d’indice le fibre DCF sono caratterizzate da un coefficiente di attenuazione più alto (αDCF ≈ 0.4 dB/km) rispetto alle fibre di linea. La piccola area modale richiede inoltre l’utilizzo di accorgimenti per ridurre le perdite di accoppiamento con le fibre di linea e una certa cautela nel disporre la DCF lungo la linea, al fine di evitarne l’esposizione a potenze in ingresso troppo elevate, in grado di innescare deleteri effetti di distorsione non lineare. Per misurare la qualità di una fibra DCF viene comunemente usata una figura di merito definita come

!

FOM="DDCF

#DCF

che premia le fibre con dispersione negativa più alta e la attenuazione più bassa. In pratica valori attorno a 300 sono abbastanza usuali per le DCF disegnate per le fibre G.652. Valori attorno a 200 si ritrovano invece per le DCF pensate per le fibre G.655. La figura mostra come in pratica vengono utilizzate le DCF, poste tra i due stadi di un amplicatore ottico di linea, così da compensarne le perdite, senza esporle a potenze elevata e senza aggiungere perdite addizionali alla linea in fibra. La figura illustra anche l’andamento logaritmico della potenza ottica lungo la tratta compensata.

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La differenza nell’andamento spettrale tra una fibra DCF non ottimizzata per il funzionamento a larga banda e una che lo è stata è illustrato nelle figure seguenti. In figura a) è mostrata la dispersione residua di un collegamento di 50 km in fibra G.655 con una DCF non ottimizzata (il rapporto S/D non è esattamente quello della fibra da compensare).

a)

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La banda centrale, ampia 0.1 ps/nmKm, mostra la regione di dispersione residua tollerabile in un collegamento DWDM che prevede l’utilizzo di canali con modulazione fino a 40 Gbit/s.

b) La figura b) illustra invece il notevole miglioramento ottenibile usando una fibra ottimizzata per la compensazione a larga banda sia di D(λ) che di S(λ). La banda utile si estende da 1530 nm a 1600 nm, cioè praticamente sulle bande C ed S complete, contro i 15 nm precedenti. Va precisato che le fibre DCF sono commercializzate in moduli caratterizzati da dispersioni complessive in grado di compensare lunghezze discrete di fibra di linea, ad esempio 25 o 50 km. Inevitabilmente quindi vi sarà nelle applicazioni pratiche una certo grado di sotto-compensazione o sovra-compensazione che conduce ad un degrado delle prestazioni della linea rispetto alle condizioni ottimali sopra illustrate. Compito del progettista è fare in modo che questo degrado rimanga entro limiti accettabili sul collegamento completo. Gli svantaggi principali delle fibre DCF sono: il costo, dovuto alla difficoltà tecnologica di produrre fibre DCF di eccellente livello qualitativo, l’ingombro (si tratta di una bobina di qualche km di fibra), il fatto di aggiungere molti km di fibra extra alla tratta da compensare e il fatto che, come visto, non esiste una DCF universale, ma deve essere attentamente ritagliata sulla fibra di linea in uso. Reticolo diffrattivo modulato a fibra ottica ( Fiber-Optic Grating). Un reticolo diffrattivo in fibra ottica è un tratto di fibra ottica il cui nucleo viene lavorato in modo da presentare una oscillazione regolarissima di indice di rifrazione. Questa oscillazione è normalmente sinusoidale con

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un passo pari a metà della lunghezza d’onda della portante del segnale propagante. Si forma quindi all’interno della fibra ottica un segnale interferente costruttivo per la luce che viene riflessa ( e che ha esattamente la lunghezza d’onda pari al doppio del passo del reticolo). Si dice anche che il reticolo possiede un vettore d’onda

!

q =2"

# dove Λ è il

passo del reticolo ed affinché si abbia retroriflessione costruttiva deve essere

!

2" =r " #

s " = q

La compensazione della dispersione avviene a partire da questo principio ma modulando il reticolo in modo da rimandare indietro ( al ricevitore) le frequenze più “ritardate” (dalla dispersione di tratta) prima delle frequenze “anticipate” ( ad esempio, come si vede in figura, se arrivano prima le frequenze blu farò in modo che il reticolo presenti una riflessione al blu in ritardo rispetto alla riflessione al rosso di un numero di picosecondi pari al pulse-spread accumulato durante la dispersione).

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Farò in modo cioè che:

!

"t

"#= D#z

ottengo così dei reticoli con lunghezze L

!

lunghezza del reticolo = L = 2c"t

n

che dipendono dalla dispersione accumulata. Nelle figure seguenti sono illustrate la funzione di riflessione dei reticoli ( che saranno tanto migliori quanto più piatti in frequenza) ed una curva di ritardo ( come si vede, lineare in lunghezza d ‘onda). Gli svantaggi principali di questa tecnica sono: l’impiego limitato ad una sola portante, cioè se io dispongo di un sistema WDM con tanti canali, prima di eseguire l’intervento di compensazione di dispersione debbo demultiplare i canali e costruire reticoli per le singole lunghezze d’onda; la conoscenza precisa dei parametri di tratta e dello spettro prodotto: ogni reticolo sarà “dedicato” ad una specifica mappa dispersiva ed ad un preciso formato trasmissivo: questa limita un po’ la trasparenza del sistema di comunicazione ottica.

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Inversione Spettrale (Spectral Inversion). Questa tecnica si differenzia da quelle prima presentate perché invece di produrre un inversione del segno del parametro dispersivo, ottiene lo stesso risultato producendo una inversione dello spettro del segnale. In generale essa può essere applicata in presenza di mappe dispersive “simmetriche”, nella quali cioè si abbia un valore di dispersione nella prima metà della tratta uguale a quello della seconda metà. Il ritardo assoluto di propagazione per effetto della dispersione sarà:

!

"t =1

2#2"$ +

1

2#2(%"$) = 0

Per produrre l’inversione spettrale sono state proposte almento due tecniche: - l’impiego di reticoli diffrattivi: secondo il principo prima illustrato, si possono mettere reticoli diffrattivi a metà del cammino producendo un acompleta inversione dello spettro del segnale. I limiti di questa tecnica sono gli stessi sopra richiamati del reticolo diffrattivo: la possibilità di applicazione per una sola lunghezza d’onda e la conoscenza esatta dello spettro del segnale; - l’impiego di meccanismi non-lineari di inversione spettrale: con tecniche di tipo “four-wave-mixing” si possono produrre copie” spettralmente invertite dei segnali WDM. La tecnica è stata provata con l’ausilio di amplificatori ottici con tempi di rilassamento molto brevi, tipo Semiconductor Optical Amplifier o con l’impiego di particolari cristalli dotati di coefficienti non-lineari del terzo ordine molto alti, come ad esempio il Niobato di Litio. Anche se in linea di principo la tecnica sarebbe applicabile a tutti i canali WDM, in pratica essa ha trovato sino ad ora sperimentazione solo per singole lunghezze d’onda.

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