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6 Capitolo 1 Problematiche della misura di potenza ed energia 1.1 Generalità Alla fine dell'800 ed agli inizi del 1900 la distribuzione dell'energia elettrica si è sviluppata principalmente per soddisfare le incalzanti esigenze di potenziamento imposte dal progresso e dallo sviluppo industriale, scientifico e tecnologico. Gli utilizzatori di energia elettrica erano soprattutto costituiti da apparecchiature poco sofisticate, quali sistemi di illuminazione, motori ed elementi per il riscaldamento degli edifici. I fenomeni fisici alla base del loro funzionamento, le grandezze elettriche in sé, gli effetti da esse determinati e le corrispondenti leggi erano ben conosciuti e lo studio dei sistemi elettrici iniziava a prendere in considerazione anche i mezzi per qualificare e, dunque, misurare le varie grandezze elettriche in gioco.

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Capitolo 1 Problematiche della misura della potenza e dell’energia

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Capitolo 1

Problematiche della misura di potenza ed energia

1.1 Generalità

Alla fine dell'800 ed agli inizi del 1900 la distribuzione dell'energia elettrica si è

sviluppata principalmente per soddisfare le incalzanti esigenze di potenziamento

imposte dal progresso e dallo sviluppo industriale, scientifico e tecnologico. Gli

utilizzatori di energia elettrica erano soprattutto costituiti da apparecchiature

poco sofisticate, quali sistemi di illuminazione, motori ed elementi per il

riscaldamento degli edifici. I fenomeni fisici alla base del loro funzionamento, le

grandezze elettriche in sé, gli effetti da esse determinati e le corrispondenti leggi

erano ben conosciuti e lo studio dei sistemi elettrici iniziava a prendere in

considerazione anche i mezzi per qualificare e, dunque, misurare le varie

grandezze elettriche in gioco.

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Solo i grandi complessi industriali (le fonderie, l'industria pesante e gli

stabilimenti per la lavorazione del metallo) iniziavano ad utilizzare la

distribuzione a più fasi e le apparecchiature più sofisticate. L'influenza di queste

emergenti tecnologie, soprattutto in termini di deformazioni armoniche e di

incremento dei consumi, era in genere circoscritta alle sole compagnie di

distribuzione dell’energia elettrica.

Questa situazione è rimasta praticamente immutata per decenni, fino a quando, in

seguito alla vasta disponibilità dei carichi non lineari e all’enorme diffusione

delle apparecchiature elettroniche, la composizione dei carichi elettrici delle

aziende è risultata notevolmente modificata. Anche se potenzialmente più

prestanti e caratterizzati da elevati standard di funzionamento, i carichi elettrici

moderni non funzionano come quelli tradizionali e soprattutto, rispetto a questi

ultimi, non assorbono corrente allo stesso modo. Il raddrizzamento ed il controllo

dell'angolo di accensione dei dispositivi di potenza, i sistemi di illuminazione

controllati e gli azionamenti a velocità variabile sono solo degli esempi di carichi

che producono una deformazione della corrente.

Se da un lato i carichi non lineari moderni prolificano all'interno delle

aziende, dall’altro anche nei normali ambienti civili sono presenti carichi

deformanti e ormai l’elettronica di consumo, i computer, gli UPS, i forni a

microonde, i motori a velocità variabile, i montacarichi, ecc sono sempre più

capillarmente diffusi e spesso reputati beni insostituibili. Anche nell’ambiente

ospedaliero sono presenti macchinari elettromedicali specializzati (raggi-X,

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risonanza magnetica, ecc) che generano grandi quantità di armoniche e che

necessitano quindi di particolari monitoraggi.

La gran parte delle apparecchiature elettroniche, dunque, sono sorgenti di

armoniche di corrente e quando la loro concentrazione aumenta, aumenta di

conseguenza l’interazione con le altre apparecchiature installate nello stesso

ambiente, intensificandone l’influenza sul sistema elettrico di distribuzione. Le

armoniche di corrente, infatti, interagiscono con l'impedenza del sistema di

distribuzione provocando anche le deformazioni della tensione, incrementi di

perdite e di stress termico. Altre problematiche come il funzionamento errato

delle apparecchiature, la riduzione della vita utile dei componenti del sistema, il

surriscaldamento dei trasformatori e i campi elettromagnetici di forte intensità

possono essere di certo ricondotti alla presenza delle armoniche o al

funzionamento non ideale del sistema elettrico nel suo complesso.

L’inquinamento armonico diventa ben presto un concetto generalmente

conosciuto nonché materia di un fecondo studio a livello internazionale. Ciò ha

comportato la nascita dello studio della qualità dell’energia elettrica, divenuta in

questi ultimi anni un obiettivo strategico per le società elettriche, per le aziende

che costruiscono apparecchiature elettriche ed elettroniche e per quelle che

operano nel settore dei servizi e per gli stabilimenti industriali.

In accordo con quanto descritto nel capitolo uno, la Power Quality (PQ), nella

sua accezione più generale, è intesa come la valutazione e l’analisi dell’entità

delle deformazioni delle forme d’onda della tensione distribuita e della corrente

assorbita rispetto ai valori nominali di riferimento, al fine di individuare gli

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interventi atti a contenerne le variazioni e gli effetti negativi ad esse

riconducibili.

La comunità scientifica internazionale ha lavorato molto sul problema

della Power Quality e sebbene a questo termine non si dia ancora un significato

univoco, tutti concordano sull’importanza che questo aspetto ha sulla

distribuzione della energia elettrica. Sono stati perciò definiti indici di qualità

dell’energia e sono state sviluppate specifiche norme che impongono limiti sia

per il distributore (vincoli sulla forma d’onda della tensione distribuita), che per

gli utenti (vincoli sulle emissioni di corrente armonica da parte delle

apparecchiature elettriche alimentate).

Rientrano tra i problemi relativi alla Power Quality i seguenti disturbi:

armoniche, interarmoniche, buchi di tensione, sovratensione di breve o lunga

durata, flicker, fluttuazione e interruzioni della tensione. Avendo discusso nel

primo capitolo le diverse definizioni delle disturbi di PQ, verranno di seguito

affrontate le questioni legate alla bontà dei moderni sistemi di misura del

prodotto energia elettrica, in presenza di problemi di PQ. Questo aspetto assume

un ruolo di primaria importanza nel libero mercato dell’energia elettrica, ove,

oltre al problema della differenziazione tariffaria dei contratti di fornitura

dell’energia in funzione della qualità del prodotto fornito, vi sono anche tutti gli

aspetti connessi alla bontà della misura dell’energia stessa. In questo ambito, la

presenza di armoniche mette in seria discussione i concetti tradizionalmente

utilizzati: le definizioni delle potenze attiva, reattiva ed apparente e del fattore di

potenza, universalmente accettati per il regime periodico alternato sinusoidale

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ideale, risultano privi di significato fisico nelle condizioni reali non sinusoidali di

funzionamento: viene di fatto a mancare la definizione del misurando.

1.2 Potenza attiva, reattiva e apparente in regime permanente sinusoidale

Il presente paragrafo è strutturato in due parti; nella prima sarà affrontato lo

studio dei circuiti elettrici monofasi alimentati con tensione perfettamente

sinusoidale, nella seconda si suppone di alimentare nello stesso regime un

sistema elettrico trifase. Verranno presentate per entrambe le configurazioni le

relazioni teoriche più importanti, nella pratica ormai ben consolidate.

1.2.1 Circuito monofase

La tensione sinusoidale a pulsazione ω applicata ai capi di un’impedenza

jXRZ .

può assumere la seguente formulazione:

)cos(2)( tVtv (1.1)

e l'impedenza risulta attraversata da una corrente il cui valore istantaneo è

)cos(2)( tIti (1.2)

in cui V ed I sono i valori efficaci rispettivamente di tensione e corrente e

l’angolo di sfasamento è dato dall’espressione )(RXarctg .

La potenza elettrica p(t) che, istante per istante, si trasferisce tra le due

sezioni circuitali (alimentazione e carico), per definizione, è il prodotto del valore

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istantaneo della tensione per quello della corrente e sarà, quindi, espressa dalla

seguente relazione:

)cos(2)cos(2)()()( tItVtitvtp (1.3)

dal prodotto di due grandezze sinusoidali isofrequenziali segue che

( ) cos cos(2 )p qp t p p VI VI t (1.4)

cos cos(2 ) cos sin(2 )sinVI VI t t

cos 1 cos(2 ) sin sin(2 )VI t VI t

Dall’espressione (1.4) si deduce che la potenza istantanea è costituita dalla

somma di due termini: il primo indipendente dal tempo, e perciò costante; il

secondo variabile con legge cosinusoidale, assumendo nel tempo un valore

medio nullo. A questa potenza, di ampiezza VI e oscillante a frequenza doppia

rispetto a quella della tensione distribuita, si dà il nome di potenza fluttuante.

Ciò che caratterizza il fluire e lo scambio dell’energia elettrica

dall’alimentazione al carico è il valore medio della potenza istantanea nel periodo

T delle grandezze elettriche di interesse. Come si è detto, il valore medio del

secondo termine risulta nullo, mentre quello del primo termine, trattandosi di una

costante, coincide con la costante stessa:

cos)(1

0

VIdttpT

PT

(1.5)

Gli andamenti della potenza istantanea e della potenza media sono rappresentati

nella figura 1.1.

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I versi positivi di tensione e corrente stabiliscono il verso positivo del flusso di

potenza. Poiché l’intensità di corrente e la tensione elettrica assumono valori sia

positivi che negativi, il loro prodotto, cioè la potenza istantanea, può essere sia

positiva che negativa (figura 1.1 a). Ci sarà, allora, un intervallo di tempo in cui

il carico utilizzatore funziona da generatore: nel regime variabile, infatti, le

energie elettriche immagazzinate (magnetica negli elementi induttivi,

elettrostatica in quelli capacitivi) sono permanentemente scambiate tra questi

componenti reattivi e il generatore a regime si trova a dover fornire al circuito la

sola energia che verrà effettivamente utilizzata e convertita in altre forme

(energia meccanica, termica, chimica, ecc.).

La potenza responsabile del flusso di energia è la potenza attiva, dovuta

alla sola componente della corrente in fase con la tensione, (figura 1.1 b); il suo

flusso è sempre diretto verso l’utilizzatore ed oscilla tra 0 ed un valore massimo

pari a 2P (P è il suo valore medio precedentemente calcolato), mentre la potenza

reattiva, (figura 1.1 c), scambiata tra generatore e gli elementi reattivi è dovuta

b) a)

p=vi

P

0 ϕ p

)cos(2 tIi

V

I

)cos(2 tVv v

ip V

IP

P

0 p

pP

c)

Q

pq

0 p p/2

v

iq

V

IQ

Figura 2.1 - Andamenti della potenza istantanea e della potenza media (a), della potenza attiva (b) e della potenza reattiva (c).

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alla componente della corrente in quadratura con la tensione. È chiaro che questa

componente non può determinare potenza nel senso fisico di questa parola, ed è

per questo che viene definita anche componente swattata.

La potenza reattiva media assume dunque la seguente espressione:

sinVIQ (1.6)

può essere sia positiva che negativa (il segno specifica se il carico è di tipo

induttivo o capacitivo) e ad essa sono proporzionali le perdite sulla linea di

trasmissione. Per questa ragione, in molte applicazioni è auspicabile la netta

riduzione a zero di Q tramite l’inserzione sulla linea di elementi di

compensazione.

D’altra parte, nella tecnica delle correnti alternate, si considera accanto alle

potenze attiva e reattiva anche la cosiddetta potenza apparente, che, dal punto di

vista fisico, non è una potenza elettrica. Essa viene indicata col simbolo S ed è

definita dal prodotto fra i valori efficaci della tensione e della corrente:

(1.7)

2222222222 )sin()cos(sincos QPVIVIIIVIIVVIS qp

La potenza apparente è intesa come la massima potenza attiva che può essere

trasmessa ad un carico, quando i valori efficaci di tensione e corrente, a parità di

perdite nella linea, sono mantenuti costanti. Generalmente con la potenza

apparente si esprime anche il grado di robustezza di un impianto, il quale risulta

tanto più elevato quanto più S è alta.

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Al termine cos si dà il nome di fattore di potenza PF, definito come

rapporto tra la potenza attiva P e la potenza apparente S (o massima potenza

attiva che può essere trasmessa)

SPPF cos (1.8)

Il suo nome deriva proprio dal fatto che è il coefficiente per cui si deve

moltiplicare la potenza apparente per ottenere la potenza attiva. Esso coincide

con il coseno dell’angolo di sfasamento tra tensione e corrente solo per forme

d’onda perfettamente sinusoidali, che è del resto l’unico caso in cui si può parlare

di un ben preciso angolo di sfasamento. PF ha la caratteristica di assumere un

valore positivo sia per corrente in ritardo sia in anticipo, e di essere uguale ad

uno (massimo valore) quando la corrente è in fase con la tensione (caso in cui la

potenza attiva sarà massima e minime perdite), altrimenti di essere sempre

inferiore all’unità, fino a raggiungere il valore zero (valore minimo) nella

condizioni di corrente in quadratura (caso in cui la potenza attiva trasmessa

risulta nulla).

Dal punto di vista del sistema elettrico, il fattore di potenza indica il grado di

utilizzazione della linea, il quale sarà massimo quando P = S.

1.2.2 Circuito trifase

Un sistema trifase è generalmente caratterizzato da tre fili di linea (L1,L2,L3) più

l’eventuale quarto conduttore di neutro L0 che, in relazione al tipo di sistema

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trifase, può essere anche assente. In figura 2 è rappresentato un sistema trifase in

cui sia i generatori che il carico sono entrambi connessi a stella.

In presenza del neutro risulta l’equilibrio

1 2 3 0I I I I (1.9)

mentre in assenza del quarto conduttore deve essere

1 2 3I I I 0 (1.10)

in cui 1 2 3I , I e I son i tre fasori rappresentativi delle tre correnti di fase, e 0I è il

fasore della corrente del neutro. Di particolare interesse sono i sistemi trifasi

simmetrici in cui tutte le tensioni concatenate 12 23 31V , V e V sono uguali in

modulo ( V ) e reciprocamente sfasate di 120°, circostanza in cui risulta:

V V V V 312312 (1.11)

I I I I 321 (1.12)

cioè, ipotizzando che le tre impedenze alimentate siano uguali (in modulo e in

fase), il sistema è anche equilibrato.

Figura 2.2 - Collegamento a stella di un sistema trifase.

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Nella figura 1.3 sono rappresentati i diagrammi vettoriali delle tensioni e delle

correnti, per un sistema simmetrico ed equilibrato connesso a stella. In queste

condizioni circuitali, ipotizzando alimentazione sinusoidale a pulsazione ω, le tre

tensioni fase-neutro , e a b cv v v , con nV valore efficace, possono essere così

espresse:

)cos(2 tVv na

)120cos(2 tVv nb (1.13)

)240cos(2 tVv nc

e le tre correnti di fase, con valore efficace I e sfasamento rispetto alla

tensione, hanno una espressione simile:

)cos(2 tIia

)120cos(2 tIib (1.14)

)240cos(2 tIic

Figura 2.3 - Diagrammi vettoriali per un sistema a stella simmetrico ed equilibrato.

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Il sistema trifase viene considerato come l’associazione di tre sistemi monofasi

indipendenti, ciascuno formato da un conduttore di linea e dal conduttore di

riferimento scelto arbitrariamente. Pertanto la potenza istantanea totale p in

transito sulla linea, in regime sinusoidale, è data dalla somma delle potenze

istantanee di ciascuna fase:

ccbbaa ivivivp (1.15)

Le potenze attiva e reattiva saranno rispettivamente

cos3cos3 IVIVP n (1.16)

sin3sin3 IVIVQ n (1.17)

in particolare 22 PSQ , in cui

IVIVS n 33 (1.18)

A partire direttamente dalle espressioni (1.16) e (1.18) si giunge al calcolo del

fattore di potenza per un sistema trifase simmetrico ed equilibrato, cioè SPPF .

Qualora il sistema trifase non godesse delle condizioni di simmetria delle

tensioni e/o di equilibrio delle correnti, le espressioni delle potenze

precedentemente calcolate muterebbero la loro formulazione analitica, perdendo,

nel caso della potenza reattiva e di quella apparente, anche il significato fisico

alla base delle loro definizioni. I sistemi elettrici asimmetrici e squilibrati sono

pertanto descritti da terne costituite da tensioni stellate e correnti di linea diverse

da fase a fase, sia in termini di valori efficaci che di sfasamenti:

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)cos(2 anaa tVv

)120cos(2 bnbb tVv (1.19)

)240cos(2 cncc tVv

)cos(2 aaa tIi

)120cos(2 bbb tIi (1.20)

)240cos(2 ccc tIi

A partire da queste relazioni si possono naturalmente ottenere le espressioni delle

potenze assorbite da ciascuna fase, le quali risultano differenti l’una dall’altra; in

particolare si avrà che

aanaaP cosV

bbnbbP cosV (1.21)

ccnccP cosV con aaa

con bbb

aanaaQ sinV con ccc

bbnbbQ sinV (1.22)

ccnccQ sinV

Ipotizzando che il sistema trifase asimmetrico sia lineare, le potenze attive e

reattive totali si ottengono sommando i contributi di ciascuna fase:

cba PPPP (1.23)

cba QQQQ (1.24)

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In presenza di squilibri nei carichi e dissimmetrie nelle tensioni il sistema trifase

non può essere più considerato come l’associazione di tre sistemi monofasi, dal

momento che questi ultimi perdono la loro indipendenza. Un sistema trifase

qualunque, allora, purché lineare, può essere ricondotto allo studio dei sistemi

simmetrici sfruttando l’algebra delle terne di sequenza diretta, inversa,

omeopolare e applicando, in un secondo momento, il principio di

sovrapposizione degli effetti. Questo criterio viene tradizionalmente adottato

nello studio dei sistemi elettrici non simmetrici e non equilibrati e, pertanto, è

anche contemplato nelle norme tecniche nazionali e internazionali, come accade,

per esempio, nello Standard 1459-2000 [1], il quale attualmente risulta essere

l’unico documento normativo di riferimento sia per il regime non sinusoidale che

per quello squilibrato.

1.3 Regime non sinusoidale

Si è ormai tutti convinti che la misurazione della potenza e delle altre grandezze

elettriche in alternata sia estremamente importante tanto per i distributori quanto

per i consumatori di energia elettrica. La strumentazione attualmente in uso è

stata progettata e collaudata per applicazioni in regime sinusoidale, in cui le

definizioni di potenza attiva, reattiva e fattore di potenza sono univocamente

specificate e perciò universalmente adottate. Nella realtà, però, i carichi non

lineari deformanti sono diventati molto comuni e tali contatori si trovano di fatto

a funzionare in regime non sinusoidale. La comprensione delle proprietà delle

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potenze di molti circuiti elettrici, dunque, non rimane una tematica di natura

puramente accademica, ma deve essere trattata come un problema dalle

importanti conseguenze sia tecniche che economiche, che possono essere

riscontrate in tutti gli ambiti fino ad interessare anche l’utilizzatore finale.

Sebbene le problematiche inerenti alle forme d’onda non sinusoidali di

tensioni e correnti e i loro effetti sul sistema elettrico nel suo complesso siano

ormai ben identificati e generalmente condivisi, i comitati tecnici internazionali

non hanno ancora ricercato una definizione univoca delle potenze che sia in

grado di superare gli scontri ideologici derivanti dalle diverse scuole di pensiero.

Nel corso degli ultimi anni, infatti, a molte grandezze elettriche è stata attribuita

più di una possibile definizione, ciascuna caratterizzata da presupposti teorici e

notazioni matematiche tali da renderle l’una diversa dall’altra. Peraltro, le

definizioni di potenza reattiva ed apparente in regime non sinusoidale possono

essere date solo in forma convenzionale, senza attribuire loro alcun significato

fisico.

Nel prosieguo, a seguito di una generica descrizione delle grandezze

elettriche in regime non sinusoidale e di una breve presentazione dei metodi di

analisi e di scomposizione delle forme d’onda, verranno presentate nel dettaglio

le più importanti definizioni delle potenze in regime deformato, introdotte negli

anni dai maggiori teorici e dai comitati tecnici internazionali più accreditati, che

ancora oggi lasciano spazio ad acute confutazioni teoriche.

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1.3.1 Grandezze elettriche in regime non sinusoidale

Nelle condizioni reali di funzionamento dei sistemi elettrici, in presenza

soprattutto di componenti e carichi non lineari, le forme d’onda di correnti e

tensioni non sono sinusoidali alla singola frequenza industriale, ma contengono

delle componenti armoniche di ordine superiore. Se tensione e corrente sono

entrambe deformate, ma funzioni periodiche con stesso periodo T, possono

essere espresse in una somma di sinusoidi (ciascuna con una propria frequenza,

ampiezza e fase) tramite la scomposizione matematica in serie di Fourier,

secondo le seguenti formulazioni:

1

11 )cos(2)cos(2)(h

hho thVtVVtv (1.25)

1

11 )cos(2)cos(2)(h

hho thItIIti (1.26)

v(t) e i(t) sono i valori istantanei, Vo e Io i valori medi, Vh e Ih i valori efficaci

delle h-esime componenti armoniche, h e h rappresentano lo sfasamento

elettrico della tensione e della corrente rispettivamente.

Nel definire i valori efficaci della tensione e della corrente deformate vengono

presi in considerazione i valori efficaci di tutte le componenti armoniche così

come segue:

0

2

hhVV (1.27)

0

2

hhII (1.28)

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1.3.2 Il principio del load-current splitting

Un concetto fondamentale alla base della maggior parte delle definizioni di

potenza in regime non sinusoidale riportate in segu

ito riguarda il principio del load-current splitting [2], figura 1.4, in base al quale

il valore istantaneo della corrente può essere espresso in termini di una

componente in fase, ia, e di una componente in quadratura, iq, tra loro ortogonali,

tali che

qa iii (1.29)

Il valore istantaneo dell’h-esima armonica di tensione è

)cos(2)( hhh thVtv (1.30)

e le componenti delle correnti in fase e in quadratura sono

)cos()cos(2)( hhhhha thIti (1.31)

)sin()sin(2)( hhhhhq thIti (1.32)

Il quadrato del valore efficace della corrente sarà:

22

0

2

00

2

0

22 1211)(1qa

T

q

T

qa

T

a

T

qa IIdtiT

dtiiT

dtiT

dtiiT

I (1.33)

Figura 2.4 - Load-current splitting

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essendo naturalmente T

qa dtiiT 0

01 .

Risulta chiaro che il valore efficace di una corrente, somma di due aliquote

ortogonali, non contiene i prodotti incrociati delle due componenti stesse e che il

quadrato del suo valore efficace è uguale alla somma dei quadrati dei valori

efficaci di ciascuna componente.

In letteratura ci sono tuttavia altre possibilità di dividere la corrente in due

o più componenti ortogonali; nei successivi paragrafi, nel presentare le diverse

teorie maggiormente affermate nell’ambito dello studio del regime elettrico non

sinusoidale, alcune di esse saranno dettagliatamente mostrate e opportunamente

commentate.

1.4 Definizioni delle potenze in regime non sinusoidale

1.4.1 Definizione proposta da Budeanu e l’interpretazione di Czarnecki

Era il 1927 quando nel mondo scientifico-elettrotecnico furono introdotte da

parte di Budeanu le prime definizioni di potenza reattiva e deformante in regime

non sinusoidale, suscitando dibattiti e destando obiezioni per almeno 60 anni.

In presenza di tensioni e correnti periodiche deformate ed espresse analiticamente

come serie di Fourier (§1.3.1), la potenza attiva in regime non sinusoidale

proposta da Budeanu [3] è definita come segue

cosn n n nn n

P P V I (1.34)

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dove Vn e In sono i valori efficaci delle componenti armoniche di tensione e

corrente di ordine n e n è la differenza tra le rispettive fasi. La potenza attiva,

quindi, è costituita dalla sommatoria dei soli prodotti scalari tra le componenti

armoniche di tensione e corrente aventi la stessa frequenza, dal momento che il

valore medio di un prodotto di due grandezze non isofrequenziali risulta sempre

nullo. Si noti che quanto esposto è valido anche se corrente e tensione

contengono componenti non alternative (in questo caso 0n ).

Dalla definizione della potenza attiva, secondo Budeanu, discende per analogia

quella della potenza reattiva:

n n

nnnn IVQQ sin (1.35)

Utilizzando queste definizioni per il calcolo della potenza apparente, l’equazione

222 QPS non risulta verificata. La potenza apparente, infatti, definita anche

dal prodotto tra i valori efficaci di tensione e corrente (S=VI) entrambi

comprendenti il contributo delle armoniche di ordine superiore, (1.27) e (1.28),

può essere espressa nel seguente modo

n nnnn

nnnnn

nn IVIVIVS

22222 sincos (1.36)

Budeanu, quindi, definì una nuova quantità chiamata potenza deformante, D, tale

che 2222 QPSD , giungendo alla seguente equazione:

2222 DQPS (1.37)

La potenza deformante secondo Budeanu può essere ridotta annullando le

armoniche, ossia giungendo al regime sinusoidale.

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Spesso in letteratura la potenza reattiva definita da Budeanu viene chiamata QB,

per distinguerla dalle altre definizioni, e la potenza deformante è indicata con DB.

La presenza delle armoniche fa aumentare la potenza apparente, ma non la

potenza attiva; diminuisce allora il fattore di potenza, il quale, però, non coincide

più con il coseno dell’angolo di sfasamento tra tensione e corrente come in

regime sinusoidale, non essendo più possibile definire un preciso sfasamento

fisico tra tensione e corrente globale.

La teoria proposta da Budeanu è stata nel corso degli anni ampiamente

studiata, analizzata ma anche severamente messa in discussione da numerosi

studiosi, alcuni dei quali ne contestano principalmente la sua validità fisica.

Czarnecki [4], il maggiore oppositore, sosteneva a tal proposito che, sebbene il

singolo termine Qn avesse un preciso significato fisico ricollegabile al reciproco

trasferimento di energia tra alimentazione e carico, la somma QB lo perdesse

completamente. Egli dimostrò questa affermazione partendo dal principio del

load-current splitting, (§ 1.3.2), secondo il quale ciascuna corrente armonica in si

può scomporre nelle due componenti ortogonali espresse nelle espressioni (1.31)

e (1.32), i cui valori efficaci soddisfano la seguente espressione

2 2

2 2 2 n nn an qn

n n

P QI I IV V

(1.38)

Ipotizzando tutte le correnti armoniche mutuamente ortogonali, il quadrato del

valore efficace della corrente risulta essere

2 22 2 n n

nn n nn n

P QI IV V

(1.39)

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26

e il quadrato della potenza apparente

n n

n

n n

n

VQV

VPVIVS

22

22222 (1.40)

In presenza dei fenomeni energetici tra alimentazione e carico, il termine

n n

n

VQ

2

, e non Bn

n QQ , è responsabile dell’incremento della potenza

apparente. Per dati valori di Pn e Vn, S è minima se, per ogni armonica di ordine

n, la potenza reattiva armonica Qn è nulla e non quando lo è la somma QB. Lo

scambio energetico, osservava Czarnecki, può instaurarsi anche quando la

potenza reattiva QB assume complessivamente valore nullo, pur avendo le singole

Qn diverse da zero. Il confronto, allora, tra la (1.40) e l’espressione della potenza

apparente di Budeanu, (1.37), portava Czarnecki a ritenere che non solo la

potenza QB ma anche la potenza deformante DB fosse responsabile del reciproco

scambio di energia tra alimentazione e carico. Ciò significa che nessuna delle due

potenze, né QB né DB, è connessa in modo palese con questo fenomeno

responsabile dell’incremento della potenza reattiva.

Czarnecki riteneva altresì che l’equazione (1.35) si basasse, armonica per

armonica, sullo sfasamento tra tensione e corrente, il quale dipende dalla natura

del carico e, di solito, risulta legato alla presenza di dispositivi ad accumulo

energetico e alle relative oscillazioni, ma anche alla presenza di elementi non

lineari non responsabili dello scambio energetico. In linea generale è impossibile

scindere da uno sfasamento complessivo le cause che lo hanno prodotto, ragion

per cui la potenza reattiva, verosimilmente presente anche in reti passive prive

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27

dei componenti ad accumulo energetico, espressa secondo la definizione di

Budeanu, non rappresenta una stima ragionevole della componente alternativa

dell’intera potenza istantanea.

Gli altri svantaggi della definizione di Budeanu messi in evidenza da

Czarnecki sono essenzialmente due:

non è detto che, pur compensando totalmente la sola potenza reattiva QB

attraverso l’inserzione di soli componenti passivi induttivi e/o capacitivi, il

fattore di potenza possa essere migliorato e al limite reso unitario: spesso

per tale scopo è necessario ricorrere a componenti attivi;

la potenza deformante DB risulta nulla con grandezze sinusoidali ma anche

in alcuni casi particolari in cui ad una tensione distorta corrisponde una

corrente deformata con un contenuto armonico differente.

Czarnecki in [5] dimostra accuratamente quest’ultimo concetto e qui di seguito se

ne riportano solo i passaggi sostanziali:

2 2 2

1 1

12B B B rs

r sD S P Q A

(1.41)

in cui 2( ) 2 [1 cos ] 0rs r s s r r s r s r sA V I V I V V I I (1.42)

Fino a quando i termini Ars sono non negativi, la potenza deformante DB è uguale

a zero se, e soltanto se, per ogni ordine armonico , 0,1, 2...r s , il termine

0 rsA (condizione necessaria), cioè se, per ogni armonica di tensione risulta

sr

r s

VVI I

e r s (1.43)

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28

La potenza deformante, allora, è uguale a zero se, per ogni armonica di tensione,

il carico mantiene la stessa impedenza expZ Z j . Se la condizione (1.43) è

verificata con 0 non significa però che la corrente assorbita non possa essere

deformata rispetto alla tensione. Al contrario, può accadere che quando la forma

d’onda della corrente è solo sfasata rispetto alla tensione senza alcuna differenza

del contenuto armonico (come nei circuiti con grandezze sinusoidali) la potenza

deformante può assumere valore diverso da zero.

A dispetto del nome, dunque, la potenza deformante manca, nei confronti della

distorsione delle forme d’onda di tensione e corrente, di una connessione fisico-

analitica chiara ed esatta, assumendo così, secondo Czarnecki, solo un significato

fuorviante.

In ultimo, realizzare uno strumento analogico che misuri la QB è risultato,

in passato, molto complicato, dal momento che si aveva la necessità di un filtro

che sfasasse di 90° tutte le frequenze e che al tempo stesso avesse, per ogni

frequenza, un fattore di amplificazione unitario. Con i moderni misuratori digitali

queste limitazioni potrebbero essere superate, a scapito, però, di una maggiore

capacità computazionale richiesta. Lo strumento elettronico, allora, dovrebbe

essere caratterizzato da una unità di elaborazione e di memorizzazione di buon

livello, in grado di eseguire sulle grandezze sotto misura, mediante procedimenti

più o meno complessi, numerose operazioni matematiche e di registrare una

grande quantità di dati per ogni singola misura di potenza ed energia effettuata.

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29

1.4.2 Definizione proposta da Fryze

La definizione della potenza reattiva proposta da Fryze [6] si basa sull’analisi nel

dominio del tempo. Il metodo alla base di questa teoria è stato successivamente

spiegato e approfondito da Page [7] e Filipski [8]. In presenza di tensione e

grandezze elettriche arbitrarie aventi la stessa periodicità, Fryze divide la

corrente, secondo il principio del load-current splitting, in due aliquote: la prima,

ia, è una componente in fase con la tensione e di ampiezza tale che il prodotto

aVI sia uguale alla potenza attiva P; la seconda, la componente reattiva, ir, in è

quadratura con la tensione ed è ottenuta per differenza a partire dalla corrente

assorbita dal carico. Le due correnti si possono determinare a partire dalle

seguenti equazioni:

)()()( tititi ra (1.44)

in cui

02

2

0

1

( ) ( ) ( )1

T

a T

vi dtT Pi t v t v t

Vv dt

T

(1.45)

e ar iii (1.46)

è ottenuta per differenza.

Da queste ultime formulazioni, soprattutto dalla (1.46), si evince il principio

fondamentale della teoria di Fryze: tutto ciò che non è attivo è reattivo.

La potenza istantanea è

ra vivivi (1.47)

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30

e la potenza media

0 0

1 1T T

a aP vi dt vi dt VIT T

(1.48)

essendo 0

1 0T

rvi dtT

La corrente ia, dunque, è vista come la corrente di un carico equivalente

puramente resistivo, P

VRe

2

, figura 1.4 a, che, a parità di tensione, assorbirebbe

la stessa potenza attiva P effettivamente trasmessa al carico. La componente ir,

invece, non fornisce alcun contributo al trasferimento di energia

dall’alimentazione al carico, ma è ugualmente fornita, pur essendo responsabile

delle perdite in trasmissione e delle cadute di tensione, ragion per cui si vorrebbe

che l’ampiezza di questa componente in quadratura fosse ridotta al minimo. Si

deve osservare, però, che se ir potesse essere compensata l’alimentazione

vedrebbe un carico puramente resistivo ed il fattore di potenza potrebbe essere

unitario e le perdite minime.

Le componenti ia e ir sono ortogonali e quindi si può determinare il valore

efficace di i(t) alla stregua di quanto fatto precedentemente:

222ra III (1.49)

La potenza apparente, determinata dal prodotto tra i valori efficaci di tensione e

corrente, ovvero dalla somma geometrica delle potenze attiva e reattiva, risulta

essere

22222222 )( QPIIVIVS ra (1.50)

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31

La potenza reattiva proposta da Fryze in letteratura è chiamata QF, è definita

potenza fittizia e può essere così esplicitata:

22 PSQF (1.51)

Quest’ultima quantità, determinata senza ricorrere alla scomposizione in serie di

Fourier delle grandezze deformate e può essere calcolata direttamente dalla

conoscenza dei valori temporali di tensione e corrente e quindi delle potenze P e

S: è per questo che l’autore riteneva che non fosse necessario avere un contatore

separato della potenza reattiva. Per segnali sinusoidali QF è chiaramente uguale

alla potenza reattiva convenzionale.

Il vantaggio della definizione di Fryze è che non viene introdotto un

quarto termine di potenza. Presenta, tuttavia, una perdita di accuratezza nel

calcolare QF, dovendo, infatti, effettuare la differenza dei quadrati dei risultati

delle misure della potenza apparente e di quella attiva. Inoltre, si ritiene che nella

pratica, anche se il fattore di potenza fosse unitario, riuscendo così ad azzerare la

potenza reattiva, questo non potrebbe essere effettuato solo con componenti

passivi (condensatori e induttanze), ma anche con compensatori attivi [9].

Czarnecki, infine, in [9] osserva che QF non risulta intrinsecamente legata

alla natura e alle proprietà del carico e, per questa ragione, non si hanno

informazioni utili per motivare perché essa sia maggiore di zero: condizione,

invece, necessaria per dare alla potenza reattiva QF un fondamento fisico

plausibile, così come accade per Q nel regime sinusoidale. QF rimane in questo

contesto solo una misura del fattore di utilizzazione del sistema di potenza e

niente di più.

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32

1.4.3 Definizione proposta da N. L. Kusters e W. J. M. Moore

La definizione della potenza reattiva proposta nel 1980 da N. L. Kusters e W. J.

M. Moore [10] è di nuovo effettuata nel dominio del tempo. Essa espande la

definizione proposta da Fryze attraverso una ulteriore divisione della corrente

residua in due componenti ortogonali (figura 1.4 d) cercando di perseguire

l’obiettivo della compensazione della potenza reattiva.

Come la divisione della corrente venga effettuata dipende dalla natura del carico,

se prevalentemente capacitivo o induttivo e le tre correnti ottenute attraverso

questa divisione sono:

corrente attiva, in fase e con la stessa forma d’onda della tensione;

corrente reattiva induttiva o capacitiva, in quadratura con la tensione;

corrente residua, di tipo induttivo o capacitivo.

Ognuna di queste quantità può essere positiva o negativa. Quando la componente

reattiva capacitiva è negativa, secondo Kusters e Moore, essa può essere

completamente compensata con un condensatore di valore opportuno.

Similmente, se è negativa la componente reattiva induttiva, la compensazione

totale può essere ottenuta con un’induttanza appropriata. La componente reattiva

residua, invece, non avendo un riferimento, non può essere compensata con

componenti passivi.

In condizioni sinusoidali, la componente reattiva residua della corrente è nulla e

le componenti reattive induttiva e capacitiva hanno uguale ampiezza ma segno

opposto (compensazione completa possibile).

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33

Con tensioni non sinusoidali e carichi lineari, la componente reattiva residua

della corrente non è nulla e le componenti reattive induttiva e capacitiva possono

essere diverse, entrambe positive o di segno opposte. Un carico induttivo, per

esempio, potrebbe avere una componente reattiva induttiva positiva e una

componente reattiva capacitiva di ampiezza minore. In questo caso si potrebbe

attuare una compensazione solo parziale. Un risultato simile potrebbe aversi con

un carico di tipo capacitivo. Con un carico induttivo-capacitivo, invece, le

componenti reattive induttiva e capacitiva possono essere entrambe positive, e in

questa circostanza non sarebbe possibile effettuare una compensazione con soli

componenti passivi.

La corrente attiva è definita (in accordo con Fryze) come segue

02

2

0

1

( ) ( ) ( )1

T

p T

vidtTPi t v t v t

Vv dt

T

(1.52)

la corrente reattiva capacitiva è

)(

1

1

1

)( 20

0

20 tv

V

idtvT

dtdv

dtdtdv

T

dtidtdv

Tti der

der

T

der

T

T

qc

(1.53)

e la corrente reattiva induttiva

int0 0

int22int

0

1 1

( ) ( )1

T T

ql T

vdt idt v idtT T

i t vdt v tV

vdt dtT

(1.54)

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34

dove vder e vint sono le parti periodiche della tensione derivata (in ritardo di T/4

rispetto alla corrente) e integrata (in anticipo di T/4 rispetto alla corrente)

rispettivamente, e Vder e Vint i valori efficaci corrispondenti. Entrambe queste

correnti sono ortogonali alla corrente residua e alla componente in fase ip.

Le componenti reattive residue della corrente, rispettivamente capacitiva, qcri , e

induttiva, qlri , possono essere determinate per differenza:

qcpqcr iiii (1.55)

qlpqlr iiii (1.56)

Le componenti di corrente presentate danno luogo alla seguente potenza

apparente:

222222222lrlcrc QQPQQPQPS (1.57)

dove P, Qc e Ql possono essere determinate attraverso le seguenti equazioni:

pVIP (1.58)

T

derder

qcc idtvTV

VVIQ0

1 (1.59)

T

qll idtvTV

VVIQ0

intint

1 (1.60)

( pI , qcI e qlI rappresentano i valori efficaci delle rispettive componenti

istantanee), completate dalle seguenti aliquote di potenza reattiva residua

222ccr QPSQ (1.61)

222llr QPSQ (1.62)

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35

1.4.3.1 Le generalizzazioni proposte da Page e da Filipski

La definizione di Kusters-Moore e il relativo concetto di potenza reattiva in

regime non sinusoidale sono stati generalizzati da Page [7] subito dopo la loro

presentazione nel panorama scientifico. Page riteneva che in presenza di tensioni

non sinusoidali, applicando il metodo di Kustres-Moore ed estraendo la

componente reattiva capacitiva dalla corrente totale, si potesse conservare in

quest’ultima anche la componente residua induttiva (e viceversa), dal momento

che, a seguito delle operazioni di derivazione e integrazione della tensione

deformata, vder e vint possono non avere la stessa forma d’onda della tensione

stessa.

Page, allora, allo scopo di migliorare il fattore di potenza attraverso uno shunt

induttivo-capacitivo ed evitare la scomposizione matematica della componente

reattiva nelle due aliquote induttiva e capacitiva, suggeriva in [7] la formulazione

della corrente reattiva totale assorbita dallo shunt come una combinazione lineare

di vder e vint

rderq ivbvai int (1.63)

in cui a e b sono delle costanti ottimizzate tali da rendere minimo il valore

efficace della corrente residua.

Filipski, invece, in [8] affronta il problema della compensazione della sola

corrente reattiva capacitiva tramite un banco di condensatori di capacità

equivalente Ce posto ai capi del carico ,tale da minimizzare il valore efficace

della componente residua della corrente, note che siano le forme d’onda di

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36

tensione e corrente. La potenza reattiva di questo condensatore equivalente,

chiamata potenza reattiva capacitiva QKM, prende in considerazione le

componenti armoniche dell’analisi di Fourier ed è espressa come segue:

h

hh

hh

hhhKM Vh

VIhVQ 22

2

sin (1.64)

1.4.4 Definizione proposta da Sharon

Anche questa definizione della potenza reattiva in regime non sinusoidale si basa

sull’analisi effettuata nel dominio della frequenza. La teoria di Sharon [11],

derivata da quella presentata un anno prima da Shepherd e Zakikhani [12], si

basa sulla considerazione che un carico non lineare connesso ad una

alimentazione non ideale darà luogo ad armoniche di corrente cui possono non

corrispondere armoniche di tensione isofrequenziali e viceversa.

Per definire le varie grandezze elettriche di interesse relative ad

accoppiamenti alimentazione-carico non lineare, le armoniche di tensione e di

corrente sono divise in “armoniche comuni” e “armoniche non comuni”. Per le

armoniche comuni di ordine n Vn e In sono entrambi non nulli, mentre per le

armoniche non comuni di ordine n solo uno tra Vn e In è non nullo.

La potenza apparente rimane formalmente uguale alle precedenti definizioni,

perché definita come prodotto dei valori efficaci della tensione e della corrente

entrambe distorte, ma, mettendo in evidenza la separazione tra armoniche

comuni e non comuni, essa risulta

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37

Ppp

Nnn

Mmm

Nnn IIVVS 22222 (1.65)

dove N è l’insieme di tutti gli indici delle armoniche comuni, M e P sono gli

insiemi di indici che contengono tutti gli ordini armonici non comuni, non nulli

della tensione e della corrente rispettivamente (M, cioè, è l’insieme degli ordini

per cui le armoniche di tensione non sono nulli, mentre le corrispondenti

armoniche di corrente, a causa della non linearità, sono assenti).

La potenza attiva è ancora definita come valore medio della potenza istantanea,

quindi risulta

cosn n nn N

P V I

(1.66)

e naturalmente prende in considerazione le sole armoniche comuni.

Sharon definisce la potenza reattiva in quadratura come il prodotto del valore

efficace della tensione distorta, comprensivo di tutte le armoniche, per il valore

efficace della componente della corrente in quadratura con la tensione generato

dalle sole componenti omologhe:

Nn

nnh

hNn

nnrmsQ IVIVS 2222222 sinsin (1.67)

essendo ninvn la differenza di fase tra tensione e corrente delle armoniche

di ordine n. La potenza reattiva residua

N NPp

prmsNn

nnMm

mc IVIVIVIVS

coscos21cos 222222 (1.68)

da cui 2222CQ SSPS (1.69)

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38

A differenza della potenza SQ, il termine rimanente SC è comprensivo anche dei

prodotti incrociati tra le componenti non omologhe.

La presente definizione ha lo svantaggio di sottostimare, rispetto alle

precedenti definizioni, le potenze reattive, SQ in particolare, qualora si abbia una

corrente con un grande contenuto armonico e una tensione caratterizzata da un

basso livello di inquinamento (o viceversa), quando, cioè, il numero degli indici

comuni è molto minore di quello degli indici non comuni. La misura della

potenza reattiva, secondo la definizione di Sharon, risulta perciò caratterizzata da

grande variabilità rispetto ai contenuti armonici di tensione e corrente ed essa

può essere considerata come causa di errore rispetto ad altre definizioni,

contribuendo anche ad incrementare l’incertezza con cui si stima il valore di SQ.

1.5 Una rivisitazione delle definizioni e il loro significato fisico

Emanuel in [13], nel rivisitare le diverse teorie, mette a confronto, nel dominio

del tempo, le formulazioni delle potenze istantanee di Budeanu, Fryze e di

Kusters-Moore, cercando di cogliere le differenze concettuali e per mettere in

relazione il significato fisico della potenza reattiva in condizioni non sinusoidali

con i valori caratteristici (ampiezza, frequenza di oscillazione e fase) delle

diverse componenti della potenza istantanea.

Emanuel in questo lavoro riconosce la fondatezza del principio della

scomposizione della corrente di carico (load-current splitting, §1.3.1) e alla base

del confronto pone proprio le analisi delle potenze ottenute dalla scomposizione

della corrente secondo i due approcci più importanti:

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Capitolo 1 Problematiche della misura della potenza e dell’energia

39

a) scomposizione in due componenti, in fase e in quadratura, in accordo con

la teoria di Fryze e Budeanu;

b) scomposizione in tre componenti, in fase, in quadratura e residua, in

accordo con le teorie di Kusters-Moore e Sharon.

Ripercorrendo la strada a) Emanuel ritiene che siano valide le formulazioni

espresse nelle relazioni (1.31) e (1.32), (§1.3.1), le quali, moltiplicate per la

tensione deformata (1.25), permettono il calcolo delle potenza istantanea:

a qRp p p (1.70)

dove

1 , 1

cos(2 ) cos( ) ( , )a h h m n n ch m n

m n

p P P V I F m n

(1.71)

1 , 1

( sin )sin 2 cos( ) ( , )qR h h h h m n n sh m n

m n

p V I V I F m n

(1.72)

( , ) sin( ) sin( )s m n m nF m n (1.73)

( , ) cos( ) cos( )c m n m nF m n (1.74)

h h h m mm t n nn t

Si può osservare che le potenze istantanee pa e pqR hanno oscillazioni non

sinusoidali, ma ognuna di esse può essere vista come la sovrapposizione di

diverse oscillazioni sinusoidali: una a pulsazione 2sh e le altre deducibili dai

termini (1.73) e (1.74).

Nell’adottare l’approccio di tipo b) Emauel ripropone l’analisi nel dominio

del tempo attraverso la scomposizione della corrente in tre componenti.

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40

Accettando la validità dell’espressione della componente in fase (1.45), essa può

essere anche espressa come segue:

22 sinp h hh

Pi VV

(1.75)

il cui valore efficace è 2

2p hh

P PI VV V

(1.76)

mentre la componente in quadratura è vista come somma della componente in

quadratura ir (1.32) e della componente residua iqD, tale che

p q p r qDi i i i i i (1.78)

e quindi

22 cos sinqD h h h hh

Pi I VV

(1.79)

2

1cosR h h

hI I

2

21

cosQD h h hh

PI I VV

(1.80)

La potenza istantanea, infine, espressa in termini delle tre componenti della

(1.78) è naturalmente non sinusoidale e può essere formulata come segue:

p q p qR qDp p p p p p (1.81)

2 2

1 , 1

cos 2 ( , )h m np h c

h m nm n

V V Vp P P P F m nV V

(1.82)

2

21 , 1

cos 2 cos ( , )h m nqD h h m n n c

h m nm n

V V Vp P P V I P F m nV V

(1.83)

Confrontando la (1.83) con la (1.71) si può osservare che entrambe le potenze

istantanee hanno la stessa potenza media e stessa frequenza di oscillazione, ma

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Capitolo 1 Problematiche della misura della potenza e dell’energia

41

diversa ampiezza. La motivazione di questa differenza sta nel fatto che, a parità

di corrente in quadratura ir (presente in entrambi gli approcci a) e b)), la corrente

residua iqD dell’approccio b), responsabile della potenza pqD, è inclusa nella

corrente in fase ia dell’approccio a), cioè:

p a qDp p p (1.84)

Dal momento che pp nella (1.81) è analoga a quella data per il regime non

sinusoidale, (1.4), si può affermare di conseguenza che la pa della (1.70) non può

essere interpretata come la potenza attiva intrinseca per il regime sinusoidale, e

che, quindi, la potenza reattiva ad essa collegata dalla medesima relazione manca

del significato fisico così come esso è concepito.

A dimostrazione di questo importante concetto Emanuel calcola la potenza

apparente a partire dalla divisione della corrente secondo l’approccio a):

22 2 2sinh h hS P V I D (1.85)

in cui 2 2 2 2 2

, 1

2 cos( )m n n m m n m m m nm nm n

D V I V I V V I I

(1.86)

Guardando alla pqR, relazione (1.72), D non può essere riconosciuto come

ampiezza delle sue oscillazioni: è proprio questa la ragione per cui non gli può

essere assegnato alcun significato fisico.

Se, invece, si prende in considerazione la potenza pq vista come somma di pqR,

(1.72), e di pqD, (1.82), si può notare che essa è la somma di tanti termini

oscillanti, le cui singole ampiezze variano a seconda della tipologia del carico.

L’approccio b), dunque, sembra, secondo Emanuel, che rappresenti il metodo di

studio dei sistemi non sinusoidali più convincente.

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42

1.6 IEEE 1459-2000

Da quanto si è esposto sinora si capisce che nelle reali condizioni di esercizio si

ha ancora la necessità di assumere decisioni e, soprattutto, di dare le definizioni

delle grandezze elettriche da sottoporre a misura, in modo tale che i valori stimati

possano essere confrontati con i valori stabiliti dalle leggi di riferimento. Si

tratta, in sostanza, di definire idonee regole a livello normativo o tecnico, in base

alle quali si possano esprimere decisioni inconfutabili sui risultati delle misure,

evitando il verificarsi di situazioni operative in cui si manifestino inopportune

ambiguità.

Sul tema si è sviluppata un’ampia ricerca e attualmente gli Standard

internazionali relativi alle misure di power quality e della distorsione armonica

nei sistemi di potenza [14, 15] definiscono alcuni dei metodi di valutazione dei

livelli delle deformazioni armoniche, riferendosi, tuttavia, alla misura delle

quantità “tradizionali”, come l’ampiezza delle singole armoniche e di indici

globali come i fattori di distorsione armonica totale o THD, i cui limiti sono

stabiliti negli standard di riferimento [16, 17]. In ogni caso, però, queste quantità

non possono essere favorevolmente utilizzate per la tariffazione energetica o per

l’attribuzione delle responsabilità dell’inquinamento armonico.

Le molteplici definizioni delle grandezze elettriche in condizioni non

sinusoidali, ampiamente discusse in letteratura, sono state formulate estendendo i

concetti validi in condizioni sinusoidali. La mancanza di una teoria uniforme e

generalizzata che possa essere assunta come base comune per le valutazioni di

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Capitolo 1 Problematiche della misura della potenza e dell’energia

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power quality e/o per risalire ai carichi disturbanti, per esempio, ha condotto a

una carenza delle normative di riferimento, con dei risvolti negativi che possono

penalizzare, in termini economici, anche i consumatori finali di energia elettrica.

Lo standard 1459, pubblicato nel 2000 e approvato nel settembre del 2002,

è l’unico documento normativo che contiene un set di definizioni (alcune del

tutto nuove, altre migliorate rispetto alle precedenti) relative alla misura delle

potenze elettriche in condizioni sinusoidali, non sinusoidali, equilibrate e

squilibrate [1]. Questa pubblicazione, frutto del lavoro di una commissione di

esperti internazionali, pur non giungendo ad una serie di definizioni univoche,

punta a risolvere il problema della inefficacia delle molteplici soluzioni presenti

in letteratura, ma anche a:

caratterizzare e migliorare la qualità dell’energia elettrica;

identificare le sorgenti del deterioramento della qualità;

progettare componenti (filtri o compensatori dinamici) per mitigare le

armoniche;

migliorare la tariffazione energetica.

Nello Standard non è specificato il metodo di studio delle forme d’onda, né sono

suggeriti gli strumenti di analisi, ma, così come si fa generalmente, si ricorre

implicitamente alla Fast Fourier Trasform (FFT), cioè all’ algoritmo matematico

più utilizzato che richiede il campionamento sincrono del segnale, un’ampia

finestra di osservazione e calcolo numerico in tempo reale.

Il concetto fondamentale raccomandato dallo standard riguarda la

separazione della componente fondamentale di esercizio di tensioni e correnti da

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tutte le altre armoniche di ordine superiore, fino a giungere alla scomposizione

anche della potenza apparente:

1

221

221

2

hhH VVVVV (1.87)

1

221

221

2

hhH IIIII (1.88)

10

1 T

HP pdt P PT

(1.89)

221

21

211

22HHHH IVIVIVIVVIS (1.90)

21112

11121

21

21

211 sincos IVIVQPSIV (1.91)

PH è potenza armonica totale;

S1 è la potenza apparente fondamentale, espressa in termini di potenza

attiva fondamentale e potenza reattiva fondamentale.

Segue a questo punto una serie di definizioni, le più importanti tra le quali sono:

Current distortion power 1 1( )I H ID V I S THD ; (1.91)

Voltage distortion power 1 1( )V H VD V I S THD ; (1.92)

potenza apparente non fondamentale, costituita dalle tre componenti

rimanenti della potenza apparente:

21

2221

21

2 SSIVIVIVS HHHHN (1.93)

potenza non attiva 22 PSN (1.94)

potenza apparente armonica

2222HHHHH NPIVS (1.95)

potenza non attiva armonica totale NH

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Harmonic Distortion Power 22HHH PSD ;

fattore di potenza 12 21

HF

N

P PPPS S S

(1.94)

La tabella 1.1 schematizza le definizioni appena riportate.

Fondamentale Non fondamentale Combinato

Apparente [VA] S1 SH, SN S

Attiva [W] P1 PH P

Non attiva [VAr] DI, DV, DH Q1 N

Utilizzazione linea PF1=P1/S1 - PF = P/S

Inquinamento armonico - - SN/S1

Tabella 1.1 - Tabella riassuntiva delle quantità nei sistemi monofase con

grandezze non sinusoidali

Per i sistemi trifasi, nello Standard vengono definite:

tensione effettiva 2 2 2

9ab bc ca

eV V VV

corrente effettiva 2 2 2

3a b c

eI I II

potenza apparente effettiva 3e e eS V I

Queste relazioni si riferiscono ad un sistema trifase virtuale equilibrato

equivalente avente le stesse perdite di potenza di un circuito trifase squilibrato, in

cui abV , bcV e caV sono le tre tensioni concatenate e aI , bI e cI le correnti di linea.

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Nella tabella 1.2 sono riassunte le principali quantità di interesse e nella figura

1.5 è rappresentata una schematizzazione delle definizioni dello Standard valida

per i sistemi trifasi non sinusoidali non equilibrati.

Fondamentale Non fondamentale Combinato

Apparente [VA] Se S1+ SUI SeH, SeN Se

Attiva [W] P1+ PH P

Non attiva [VAr] DeI, DeV, DeH Q1+ N

Utilizzazione linea PF1+=P1

+/S1+ - PF=P/Se

Inquinamento armonico - SeN/Se1 -

Squilibrio del carico SUI/S1+ - -

Tabella 1.2 - Tabella riassuntiva delle quantità nei sistemi trifasi con grandezze

non sinusoidali

Figura 1.5 - Schematizzazione delle definizioni di potenza in sistemi trifase non

sinusoidali squilibrati secondo lo Standard IEEE 1459-2000.

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1.7 Perché tante definizioni?

Le definizioni delle grandezze elettriche presentate nei paragrafi precedenti

relative alle condizioni non sinusoidali si fondano, in alcuni casi, sull’estensione

dei concetti validi per le condizioni sinusoidali. Principalmente, però, sono tutte

frutto di una disomogeneità teorica tra le diverse scuole di pensiero su cui tuttora

il dibattito rimane aperto. D’altro canto, è pur vero che ognuno dei criteri di

studio adottati (le analisi nel dominio del tempo o nel dominio della frequenza)

presenta dei propri meriti ma, nonostante la loro diversità di approccio iniziale,

costituiscono nel complesso delle espressioni matematiche differenti relative al

medesimo fenomeno.

Le teorie presentate partono invariabilmente con le definizioni della

potenza apparente S e della potenza attiva P; la differenza geometrica di queste

potenze è la potenza reattiva. La presenza di una eventuale parte residuale della

corrente di carico conduce a una componente di potenza residua. La potenza

attiva P, comunque essa sia espressa, non differisce tra una definizione e l’altra,

essendo il valore medio di un prodotto matematicamente composto da soli

termini isofrequenziali. D’altro canto, l’interpretazione fisica della potenza

reattiva in generale, e della potenza reattiva residua in particolare, espressa in

termini di prodotti incrociati di differenti componenti armoniche di tensione e

corrente, non è ancora del tutto chiara.

Comunque, in condizioni non sinusoidali non c’è nessuna quantità che

abbia le stesse peculiarità della potenza reattiva definita per il regime sinusoidale,

cioè nessuna quantità eredita un numero sufficiente di proprietà della potenza

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reattiva sinusoidale tale da poter essere definita la potenza reattiva in regime non

sinusoidale. Alcune definizioni, infatti, mantengono solo alcune proprietà non

preservando le altre.

Le differenze tra i diversi approcci esistono e possono essere motivate se

si pensa che esse sono il risultato di uno scontro ideologico sulla concezione

della natura della potenza reattiva. È connessa all’oscillazione dell’energia? O è

collegata al metodo di compensazione per il miglioramento del fattore di

potenza? O gode di entrambe le proprietà? È una grandezza di riferimento per la

cancellazione delle armoniche? Può essere utilmente utilizzata per caratterizzare i

consumi energetici?

Queste domande rimangono ancora aperte ed insolute.

Si può concludere, allora, che nella pratica non è importante come una quantità

venga chiamata, ma è importante che tutti concordino su cosa essa esprime, cosa

non esprime, e se utilizza tutti gli indicatori corretti per descrivere al meglio il

principio fisico che essa rappresenta.

1.8 Riferimenti bibliografici

[1] IEEE Std 1459-2000, “IEEE standard definitions for the measurement of

electric power quantities under sinusoidal, non sinusoidal, balanced or

unbalanced conditions” – IEEE Standard, September 2002.

[2] P. S. Filipski and P. W. Labaj, “Evaluation of reactive power meters in the

presence of high harmonic distortion,” IEEE Trans on Pow. Del., Vol 7,

No 4, pp 1793-1799, Oct 1992.

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Capitolo 1 Problematiche della misura della potenza e dell’energia

49

[3] G. Budeanu, "Reactive and fictitious powers," publ. no. 2 of the Rumanian

National Institute, Bucharest, 1927.

[4] L. S. Czarnecki, “What is wrong with the Budeanu concept of reactive and

distortion power and why it should be abandoned,” IEEE Trans. on Inst.

and Meas, Vol 36, No 3, pp 834-837, Sept 1987.

[5] L. S. Czarnecki, "Distortion power in systems with nonsinusoidal

voltage," IEE Proceedings-B, Vol. 139, No. 3, pp 276-280 -May 1992.

[6] S. Fryze, “Active, reactive and apparent power in circuits with

nonsinusoidal voltage and current,” E n , Bd., vol. 53, pp. 596-599, 700-

702, 1932 (in German).

[7] C. H. Page, “Reactive power in nonsinusoidal situations,” IEEE Trans.

Instrum. Meas., vol. IM-29, pp. 420-423, Dec. 1980.

[8] P. Filipski, “A New Approach to Reactive Current and Reactive Power

Measurement in Nonsinusoidal Systems,” IEEE Trans. Instrum. Meas.,

vol. IM-29, pp. 423-426, Dec. 1980.

[9] L. S. Czarnecki, ‘Consideration on the reactive power in nonsinusoidal

situations’, IEEE Trans., 1985, IM-34, pp. 399-404.

[10] N. L. Kusters and W. J. M. Moore, “On the definition of reactive power

under nonsinusoidal conditions,” IEEE Transaction on Power Apparatus

and Systems, Vol. PAS-99, No. 5, pp 1845-1854, Sept/Oct 1980.

[11] D. Sharon, “Reactive power definition and power factor improvement in

non-linear systems,” Proc IEE, Vol 120, No 6, pp 704-706, July 1973.

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50

[12] W. Shepherd and P. Zakikhani, "Suggested definition of reactive power

for nonsinusoidal systems," Proc.Inst. Elec. Eng., vol. 119, pp. 1361-1362,

Sept. 1972, and vol. 119, pp. 1361-1362, Sept 1972.

[13] A. E. Emanual, “Power in non-sinusoidal situations. A review of

definitions and physical meaning,” presented at the IEEE Power Winter

Mtg., Atlanta, CA, paper WM 90-046-3 PWRD, Feb. 6,1990.

[14] IEC Standard 61000-4-7, "Electromagnetic Compatibility (EMC) – Part 4:

Testing and Measurement Techniques – Section 7: General Guide on

Harmonics and Interharmonics Measurement and Instrumentation for

Power Supply Systems and Equipment Connected Thereto” – IEC, 2002.

[15] IEC 61000-4-30, "Electromagnetic Compatibility (EMC) – Part 4: Testing

and Measurement Techniques – Section 30: Power Quality Measurement

Methods” – IEC, 2003

[16] EN 50160. "Voltage Characteristics of the Electricity Supplied by Public

Distribution Systcms", CENELEC, November 1999.

[17] IEC Standards and Drafts 61000-3. "Electromgnetic Compatibility

(EMC)-Pan3: Limits" - IEC.