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Capitolo 1 – L’energia 1 CAP. 1 - L’energia 1. Principi generali Il concetto di energia è strettamente legato a quello di lavoro. Come dice James Clark Maxwell, “lavoro è l’atto di produrre un cambiamento di configurazione in un sistema… Energia è la capacità di compiere lavoro… L’energia totale di qualsiasi sistema materiale è una quantità che non può né essere aumentata né diminuita da qualsiasi azione tra le parti del sistema, benché possa essere trasformata in una qualsiasi delle forme di cui l’energia è suscettibile.” “Chiamiamo energia di un sistema materiale, in un certo stato, – afferma William Thompson (divenuto poi Lord Kelvin) – l’insieme di tutti gli effetti (misurati in unità meccaniche di lavoro) prodotti fuori del sistema quando esso passa, in un modo del tutto arbitrario 1 , dal suo stato a uno stato di riferimento già definito ad hoc.” “Il concetto di energia – osserva Max Plank – è, accanto ai concetti di spazio e tempo, il solo che sia comune a tutti i campi della fisica… Anche il principio della conservazione dell’energia ebbe originariamente, prima ancora di venir formulato in forma generale da Meyer, Joule e Helmholtz, un carattere antropomorfo. Esso è già radicato nella nozione che non si può produrre lavoro utile dal nulla; e questa nozione a sua volta ha origine in sostanza dalle esperienze raccolte nei tentativi di risolvere un problema tecnico: l’invenzione del moto perpetuo. Perciò la ricerca del moto perpetuo ebbe per la fisica la stessa importanza che ebbero i tentativi di fabbricare l’oro per la chimica, per quanto non siano stati i risultati positivi, ma i risultati negativi di questi esperimenti quelli da cui la scienza trasse vantaggio. Oggi diciamo che l’energia complessiva contenuta in un sistema chiuso di corpi è una grandezza che non può essere aumentata né diminuita da processi che si svolgono entro il sistema e non pensiamo affatto a far dipendere la validità di questa legge dalla precisione dei metodi che attualmente possediamo per controllare sperimentalmente se sia possibile realizzare il moto perpetuo.” “Secondo la teoria speciale della relatività – dice Hermann Weyl – l’energia è una delle componenti, e precisamente quella temporale, di un’entità oggettiva invariante, il quadrivettore, la cui proiezione spaziale è la quantità di moto. I teoremi di conservazione dell’energia e della quantità di moto costituiscono quindi un tutto inseparabile.” 1 L’espressione “in un modo del tutto arbitrario” contiene la legge fisica di conservazione dell’energia.

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Capitolo 1 – L’energia

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CAP. 1 - L’energia 1. Principi generali Il concetto di energia è strettamente legato a quello di lavoro. Come dice James Clark Maxwell, “lavoro è l’atto di produrre un cambiamento di configurazione in un sistema… Energia è la capacità di compiere lavoro… L’energia totale di qualsiasi sistema materiale è una quantità che non può né essere aumentata né diminuita da qualsiasi azione tra le parti del sistema, benché possa essere trasformata in una qualsiasi delle forme di cui l’energia è suscettibile.” “Chiamiamo energia di un sistema materiale, in un certo stato, – afferma William Thompson (divenuto poi Lord Kelvin) – l’insieme di tutti gli effetti (misurati in unità meccaniche di lavoro) prodotti fuori del sistema quando esso passa, in un modo del tutto arbitrario1, dal suo stato a uno stato di riferimento già definito ad hoc.” “Il concetto di energia – osserva Max Plank – è, accanto ai concetti di spazio e tempo, il solo che sia comune a tutti i campi della fisica… Anche il principio della conservazione dell’energia ebbe originariamente, prima ancora di venir formulato in forma generale da Meyer, Joule e Helmholtz, un carattere antropomorfo. Esso è già radicato nella nozione che non si può produrre lavoro utile dal nulla; e questa nozione a sua volta ha origine in sostanza dalle esperienze raccolte nei tentativi di risolvere un problema tecnico: l’invenzione del moto perpetuo. Perciò la ricerca del moto perpetuo ebbe per la fisica la stessa importanza che ebbero i tentativi di fabbricare l’oro per la chimica, per quanto non siano stati i risultati positivi, ma i risultati negativi di questi esperimenti quelli da cui la scienza trasse vantaggio. Oggi diciamo che l’energia complessiva contenuta in un sistema chiuso di corpi è una grandezza che non può essere aumentata né diminuita da processi che si svolgono entro il sistema e non pensiamo affatto a far dipendere la validità di questa legge dalla precisione dei metodi che attualmente possediamo per controllare sperimentalmente se sia possibile realizzare il moto perpetuo.” “Secondo la teoria speciale della relatività – dice Hermann Weyl – l’energia è una delle componenti, e precisamente quella temporale, di un’entità oggettiva invariante, il quadrivettore, la cui proiezione spaziale è la quantità di moto. I teoremi di conservazione dell’energia e della quantità di moto costituiscono quindi un tutto inseparabile.”

1 L’espressione “in un modo del tutto arbitrario” contiene la legge fisica di conservazione dell’energia.

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L’energia di un corpo o di un sistema può dunque essere definita come la sua capacità a produrre lavoro. L’energia può assumere diverse forme: cinetica, potenziale, elastica, sonora, termica, nucleare, elettrica, chimica, ecc.

Qualsiasi forma di energia ha le dimensioni [ML2T-2]. Nel sistema internazionale l’unità di misura dell’energia e del lavoro è il Joule (J)2. Unità pratiche si adottano per forme particolari di energia:

• in campo meccanico si usa talvolta il chilogrammetro (kgm); • in termodinamica è molto usata la chilocaloria (kcal) e, nel mondo anglosassone, la BTU3; • nelle applicazioni elettriche è diffusissimo l’uso del chilowattora (kWh).

Nei bilanci energetici globali si utilizza la tonnellata equivalente di petrolio (tep), che equivale al calore prodotto dalla combustione di una tonnellata di petrolio e che viene assunta per convenzione pari a 10 milioni di chilocalorie.

Joule

kgm

kcal

kWh

1 Joule

1 0,102 2,389 ⋅ 10-4 2,778 ⋅ 10-7

1 kgm

9,81 1 2,343 ⋅ 10-3 2,724 ⋅ 10-6

1 kcal

4186 426,7 1 1,163 ⋅ 10-3

1 kWh

3,6 ⋅ 106 3,671 ⋅ 105 860 1

1 BTU

0,252

1 tep

1 · 107

2 Joule = Newton · metro = kgmassa ⋅ metro2 ⋅ secondo-2 3 Si definisce BTU (British Thermal Unit) la quantità di calore necessaria per innalzare di 1°F la temperatura di una libbra di acqua.

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Le principali forme di energia sono le seguenti: a) energia chimica E’ l’energia che viene sviluppata o assorbita nelle trasformazioni (reazioni) chimiche. A rigore, come energia chimica dovrebbe intendersi solo l’energia di legame, cioè l’energia che viene liberata o assorbita nel corso del fenomeno chimico in conseguenza della rottura dei legami tra gli atomi delle molecole che reagiscono e della costituzione dei legami delle molecole che si formano. L’energia chimica si svolge generalmente sotto forma di calore o di energia raggiante, talora come energia elettrica e qualche volta anche come energia meccanica. b) energia meccanica Si considera sotto due forme:

• energia cinetica, che corrisponde al lavoro esterno che un corpo di massa m e di velocità v, rispetto a un dato sistema di riferimento, può compiere fermandosi rispetto allo stesso sistema di riferimento, ed è espressa da:

2

21 vmE =

Nel caso di moto rotatorio di un corpo dotato di velocità angolare ω e momento d’inerzia J rispetto ad un dato asse di rotazione, l’energia cinetica è espressa da:

2

21 ωJE =

• energia potenziale, che è l’energia di un corpo relativa alla sua posizione, riferita a un dato sistema di riferimento, in un campo di forze esterne al corpo considerato. Così un corpo sopra la superficie terrestre ha un’energia di posizione rispetto alla Terra, perché si trova nel campo della gravità o della forza-peso che ammette potenziale. Se il corpo ha peso P e si trova a quota h rispetto a un piano orizzontale di riferimento. la sua energia potenziale rispetto a detto piano è espressa da:

hPE ⋅=

In un sistema isolato, la somma dell’energia cinetica e dell’energia potenziale è costante nel tempo. c) energia elastica Un corpo elastico si deforma sotto l’azione di forze esterne. Se L è il lavoro di deformazione compiuto da dette forze, al cessare di esse il corpo restituisce il lavoro L riprendendo la configurazione originaria. Il corpo elastico deformato possiede quindi energia che è in grado di restituire. In pratica tale restituzione non è integrale perché non esistono in natura corpi perfettamente elastici. d) energia elettrica Si intendono, sotto questa denominazione, due forme di energia:

• energia del campo elettrostatico, o più semplicemente energia di un conduttore isolato dotato di una carica q e di un potenziale V (per esempio rispetto al suolo).

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Tale energia è espressa da:

VqE21

= Se si tratta di un condensatore elettrico dotato di carica q e avente differenza di potenziale V tra le sue armature, l’energia si esprime anche sotto la forma:

2

21 VCE =

ove C è la capacità del condensatore, pari a q/V.

• energia elettrocinetica, cioè energia che una corrente elettrica, che percorre un circuito, può fornire a un determinato sistema (per esempio a un motore elettrico, a una resistenza, ecc.). In base alla convenzione che le cariche elettriche positive si spostano da punti a potenziale più elevato a punti a potenziale più basso, ne consegue che se la carica elettrica positiva q si sposta da un punto A ad un punto B di un reoforo con VA>VB, risulta libera l’energia

( )BA VVqE −⋅= Se q e VA-VB sono entrambi negativi, l’energia è ancora positiva; se invece sono discordi, il segno negativo di E significa che l’energia è fornita dall’esterno al sistema considerato.

e) energia elettromagnetica (o energia raggiante) E’ l’energia che viene emessa dai corpi spontaneamente o in particolari condizioni. Si tratta di radiazioni che si propagano con la velocità della luce e sono di natura elettromagnetica. Tali sono le radiazioni luminose (sia nel campo visibile che nell’infrarosso e nell’ultravioletto), le onde radio, i raggi X e i raggi γ. Proprietà comuni a tutte le radiazioni di energia sono la velocità di propagazione c, identica per tutte (c = 3⋅108 m/s), e la relazione λ = cτ che lega la lunghezza d’onda λ al periodo τ. f) energia termica E’ misurata dalla quantità di calore ceduta o assorbita da un corpo o da un insieme di più corpi. Il corpo o l’insieme di più corpi, considerati come entità a sé stanti nell’ambiente in cui sono posti, costituiscono un sistema termodinamico, definito in modo macroscopico da determinate grandezze fisiche (temperatura, pressione, volume) che ne individuano lo stato. Se tali grandezze si evolvono nel tempo, si dice che il sistema subisce una trasformazione termodinamica. Le trasformazioni (e quindi gli scambi di energia) sono regolati dai principi della termodinamica, che sanciscono l’equivalenza tra calore e lavoro, l’impossibilità di convertire in lavoro il calore sottratto ad un’unica sorgente, l’impossibilità di raggiungere lo zero assoluto. g) energia interna Un sistema termodinamico (per esempio una massa d’acqua chiusa in un recipiente, in presenza di vapore acqueo) ha uno stato interno individuato da certe variabili (temperatura, pressione, volume specifico). Se il sistema è sottoposto ad una trasformazione, per esempio gli viene somministrato calore ed esso compie un certo lavoro verso l’esterno, al termine della trasformazione la differenza tra calore fornito e lavoro effettuato (entrambi misurabili con le stesse unità) non è nulla, ma è funzione dello stato iniziale e di quello finale del sistema, cioè delle variabili sopra menzionate. Tale funzione prende il nome di energia interna.

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h) energia nucleare E’ l’energia liberata nelle reazioni nucleari esoenergetiche, spontanee o provocate. Nell’accezione comune si intende per energia nucleare quella che si libera dalle reazioni nucleari in condizioni tali da renderne possibile l’utilizzazione. Questa può avvenire sfruttando le radiazioni emesse dalla sede della reazione o impiegando il calore sviluppato dalla reazione stessa. i) energia sonora E’ l’energia trasmessa per onde elastiche, di frequenza udibile. L’energia riferita all’unità di tempo che attraversa l’unità di area perpendicolare alla direzione di propagazione è da considerarsi proporzionale al quadrato dell’ampiezza dell’onda sonora; essa dipende inoltre dalla massa specifica del mezzo, dalla velocità di propagazione e dalla pulsazione. l) energia biologica Gli organismi biologici, una singola cellula come un organismo complesso, per vivere devono compiere molte operazioni: dalla sintesi di sostanze particolari, al trasferimento di sostanze da un distretto all’altro dell’organismo, al lavoro osmotico, ai movimenti diversi che i vari tipi di organismi compiono. Poiché tutte queste operazioni non avvengono spontaneamente, e poiché d’altra parte la vita è condizionata dal realizzarsi di esse, gli organismi devono disporre di energia: il problema viene in generale risolto accoppiando a ciascun processo, che richieda energia per avvenire, una reazione chimica che, quando ha luogo, libera energia. Esiste una sostanza, l’adenosin-tri-fosfato (ATP), che contiene una catena laterale comprendente tre atomi di fosforo. Per una serie di motivi legati alla struttura della molecola e alla presenza di gruppi ionizzati, il legame che tiene unito alla molecola il terzo atomo di fosforo ha un alto valore energetico. Conseguentemente la rottura di tale legame libera una certa quantità di energia. L’ATP presente in una cellula si esaurirebbe rapidamente se non fosse continuamente ricostruito. Per mantenere un organismo vivente nelle sue normali condizioni non c’è allora altra possibilità che prendere dall’esterno l’energia necessaria a pareggiare il bilancio. E’ noto che la fonte ultima dell’energia per gli organismi viventi è costituita dalla luce solare.

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2. Fonti energetiche A seconda della loro natura, ossia dei fenomeni da cui traggono origine, le fonti di energia possono essere così classificate, seguendo anche l’ordine storico della loro utilizzazione:

1) fonti di energia biologica, data dalla forza muscolare di uomini e animali; 2) fonti di energia eolica, data dalla forza del vento; 3) fonti di energia idraulica, data dalla caduta per gravità di masse d’acqua tra differenti quote

geodetiche; 4) fonti di energia termica, data dalla combustione di combustibili solidi [generalmente materie

organiche vegetali attuali (legna) o fossili (carbone)], liquidi (olio combustibile) o gassosi (gas idrocarburi naturali), dalla captazione diretta della radiazione solare, dall’utilizzazione di vapor d’acqua ad alta pressione e temperatura prodotto da fenomeni endogeni;

5) fonti di energia gravitazionale, data dall’azione dei campi gravitazionali lunare e solare sulle masse fluide oceaniche terrestri;

6) fonti di energia nucleare, data dalla trasmutazione dei nuclei atomici con sviluppo energetico. A seconda del loro modo di impiego le fonti di energia si possono classificare in: fonti primarie, quando il lavoro utile per l’uomo è ricavato direttamente dall’apparato

concentratore di energia predisposto.

fonti secondarie, quando l’energia che esse erogano non è prodotta direttamente, bensì proviene da un apparato primario ed è stata trasformata in altra forma più adatta alla sua utilizzazione e trasporto.

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Un particolare tipo di energia secondaria è l’energia elettrica: essa ha l’inconveniente di non poter essere immagazzinata, e pertanto di dover essere prodotta nello stesso istante in cui si manifesta la richiesta, ma ha il pregio grandissimo di essere facilmente trasportabile a distanza e di potersi istantaneamente distribuire nei quantitativi desiderati dall’utilizzatore, il quale può trasformarla a sua scelta con elevati rendimenti in energia meccanica o termica, o utilizzarla anche sotto forma di energia luminosa. Nel valutare l’approvvigionamento alle fonti di energia si possono usare diverse unità di misura, che possono essere differenziate sia in base al tipo di sorgente energetica sia in base al livello di trasformazione a cui l’energia viene richiesta. Occorre però, nell’effettuare dei bilanci globali, riferirsi a un’unità comune, soprattutto per quanto riguarda la valutazione di energia primaria. Si usa in genere la tonnellata equivalente di petrolio (tep), ossia la quantità di energia necessaria per ottenere da una qualsiasi fonte energetica il calore prodotto dalla combustione di una tonnellata di petrolio4. L’espressione di tutti i tipi di energia in termini calorici sembra la più corretta in quanto l’energia meccanica o elettrica possono essere trasformate in calore con rendimenti assai prossimi all’unità, mentre solo una parte delle calorie contenute in un combustibile può essere trasformata in energia meccanica o elettrica nelle centrali termoelettriche.

4 Il calore prodotto dalla combustione di una tonnellata di petrolio viene assunto convenzionalmente pari a 107 kcal.

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3. Bilancio energetico La possibilità di sostituire energia ricavata da una fonte con energia ricavata da un’altra fonte, la possibilità di trasformare un tipo di energia in un altro tipo, inducono ad esprimere la domanda di energia di una nazione in forma sintetica con un’unica cifra. Questa sintesi è stata attuata costruendo dei bilanci completi dell’energia o bilanci energetici. In essi devono apparire tutte le fonti dalle quali provengono i vari tipi di energia (meccanica, idraulica, termica, ecc.), le trasformazioni intervenute (fonti di energia trasformate da primarie in secondarie, energia trasformata da meccanica in elettrica, ecc.) e le perdite di energia o di fonti di energia verificatesi nella produzione, trasformazione ed utilizzazione. Nell’impostazione dei bilanci energetici è opportuno rispettare il principio del bilancio continuo tra l’energia prelevata e quella utilizzata, la quale è integrata con le perdite o i consumi di energia accertati durante la trasformazione, il trasporto, la distribuzione e l’utilizzazione dell’energia. In altri termini, a tutti i livelli di trasformazione dell’energia, dalle fonti prime fino all’energia netta effettivamente utilizzata, la somma dell’energia disponibile e delle perdite deve rimanere costante. Nella tabella seguente è riportato il bilancio energetico italiano del 2008.

2008 Popolazione residente a metà anno5 Migliaia di abitanti 59.830 Prodotto interno lordo ai prezzi di mercato6 Milioni di euro 2000 1.276.578 Consumo finale di energia7 Milioni di tep 179,9 Energia impiegata nelle centrali elettriche(*) Milioni di tep 68,5 Energia impiegata nelle centrali elettriche(*) % del consumo interno

lordo di energia 35,7

Consumo interno lordo di energia elettrica8 (al lordo dei pompaggi)

GWh 359.163,7

(*) La conversione in tep dell’energia idroelettrica (al netto dei pompaggi), geotermoelettrica e del saldo degli scambi con l’estero è stata effettuata sulla base di un consumo specifico medio lordo convenzionale delle centrali termoelettriche tradizionali pari a 2200 kcal/kWh.

5 La popolazione residente a metà di ciascun anno è calcolata come media dei valori relativi al 31 dicembre dell’anno considerato e di quello precedente. 6 Il prodotto interno lordo ai prezzi di mercato è il valore dei beni e servizi finali prodotti dal sistema economico nell’anno di riferimento, al lordo degli ammortamenti e delle imposte indirette. 7 Il consumo finale di energia è dato dal consumo interno lordo di energia diminuito del consumo del settore energetico; quest’ultimo include le relative variazioni delle scorte. 8 Il consumo interno lordo di energia elettrica è uguale alla produzione lorda di energia elettrica più il saldo scambi con l’estero.

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Popolazione, prodotto interno lordo e consumi energetici in Italia

Nel 2008 il consumo interno lordo di energia era così costituito:

Milioni di t.e.p. % Prodotti petroliferi 79,4 41,4 Gas naturale 70,0 36,5 Solidi 17,0 8,9 Rinnovabili 16,9 8,8 Elettricità primaria (saldo estero) 8,7 4,5 totale 192,0 100,0

Nel 2008 il consumo interno lordo di energia elettrica (al netto dei pompaggi) era così costituito:

GWh % Fonti tradizionali

Solidi Gas naturale

PetroliferiAltri combustibili

253.806 43.074

172.697 19.195 18.840

71,8 12,2 48,8

5,4 5,3

Fonti rinnovabili Idrica da apporti naturali

Biomasse e RifiutiGeotermica

Eolica Fotovoltaica

59.720 41.623 7.522 5.520 4.861

193

16,9 11,8

2,1 1,6 1,4 0,1

Saldo estero 40.034 11,3 totale 353.560 100,0

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4. Consumi di energia L’intensità energetica, ossia il rapporto tra la quantità di consumi energetici ed il valore aggiunto di un sistema economico, è un parametro strettamente associato al livello di crescita economica di un paese: la sua evoluzione risente della storia di una società, della velocità con cui essa è cresciuta, delle specializzazioni produttive a cui questa società si è dedicata. Non vi è esperienza di industrializzazione e sviluppo in cui i consumi di energia non siano aumentati in conseguenza della crescita economica, con un incremento dei consumi spesso assai più elevato di quello economico.

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In Italia nel 1913 i consumi di energia per usi finali, cioè al netto delle trasformazioni interenergetiche, erano pari a 8,4 Mtep ed erano costituiti principalmente (94%) dal carbone. Nel 2007 gli stessi consumi sono saliti a 144,1 Mtep: di questi, solo il 3,3% è relativo al carbone, mentre ben più consistenti sono le quote del petrolio e derivati (47,6%), del gas naturale (30,0%) e dell’energia elettrica (18,5%). La velocità con cui i consumi finali di energia sono cresciuti nel ventesimo secolo è stata in media pari al 3,4%. Essa risulta essere stata più bassa nella prima metà del secolo (+2,3% annuo tra il 1913 e il 1952), ma ha poi conosciuto una forte accelerazione nel secondo dopoguerra (+7,2% annuo9 tra il 1952 e il 1974), in concomitanza con il notevole sviluppo industriale del paese. Le crisi petrolifere degli anni Settanta e la ristrutturazione del comparto industriale nella prima metà degli anni Ottanta hanno da allora conferito un andamento più irregolare all’evoluzione dei consumi di energia, con un trend di fondo sostanzialmente stagnante. Solo a partire dal 1985 i consumi energetici complessivi hanno ripreso a crescere in modo abbastanza continuo. E’ da quell’anno che la stessa intensità energetica del prodotto interno lordo è tornata ad aumentare, dopo oltre un decennio di netta diminuzione. Altrettanto interessante può essere l’analisi dell’evoluzione dei consumi energetici finali, per comparto, secondo le fonti utilizzate. Per quanto riguarda l’industria, nel 1952 il carbone e il petrolio erano le due fonti energetiche di maggiore utilizzo (35% e 30% rispettivamente). Negli anni seguenti, ad una rapida diminuzione del carbone e di altri combustibili solidi ha fatto da contrappeso la rapida crescita dei prodotti petroliferi (giunti a oltre il 55% del totale negli anni Settanta). Poi anche la quota di prodotti petroliferi ha conosciuto un arco discendente. Continuamente positiva è stata invece la crescita della quota per le altre due fonti, il gas e l’energia elettrica: essa è stata più lenta fino alla fine degli anni Settanta per l’energia elettrica e fino alla fine degli anni Ottanta per il gas, per poi accentuare decisamente la tendenza all’incremento di entrambe queste fonti.

9 Con tale incremento medio annuo si aveva il raddoppio dei consumi in 10 anni.

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5. L’energia elettrica in Italia 5.1. Evoluzione degli impianti italiani Le origini dell’industria elettrica nel mondo si possono far risalire al 4 settembre 1882, quando a New York inizia a funzionare la centrale di Pearl Street, realizzata da Thomas A. Edison per servire una piccola rete di distribuzione. La data di nascita dell’industria elettrica italiana si può individuare nel giugno 1883 quando, auspice il prof. Giuseppe Colombo che aveva chiamato in un comitato promotore industriali e finanzieri lombardi, entra in servizio a Milano la centrale termoelettrica di Via Santa Radegonda (potenza installata pari a 400 kW – corrente continua) per illuminare i portici di piazza del Duomo e la Galleria Vittorio Emanuele. Nel 1887 vengono realizzate le prime installazioni idroelettriche. Nel 1904 il principe Ginori Conti, direttore della fabbrica di acido borico di Larderello, riesce ad accendere cinque lampadine mediante una dinamo trascinata da un motore funzionante con vapore endogeno. La mancanza di giacimenti di combustibili, propria del nostro paese, induce assai presto l’industria elettrica, con l’aumento dei consumi, ad orientarsi verso la produzione di energia idroelettrica. Sorge così il problema del trasporto dell’energia, perché le centrali idroelettriche sono lontane dai centri di consumo. In Italia il primo esempio notevole di trasporto a distanza si ha nel 1898 con la centrale di Paderno sull’Adda (potenza di 10 MW - corrente alternata trifase) la cui energia viene trasportata a Milano su un percorso di 32 km alla tensione di 13,5 kV. Gli impianti idroelettrici di questo periodo hanno la caratteristica di essere adeguati alle portate di magra dei corsi d’acqua. Il primo ventennio del secolo è caratterizzato da una crescita rapida della produzione e dal delinearsi delle sue caratteristiche fondamentali: la corrente alternata trifase si sostituisce alla continua, la produzione idroelettrica prevale di gran lunga su quella termoelettrica (che acquista sempre più il carattere di integrazione), gli usi industriali prevalgono su quelli domestici, lo sviluppo delle reti di trasporto e di distribuzione è notevole. Nel 1916 viene iniziata la produzione di energia geotermoelettrica a Larderello, utilizzando i soffioni boraciferi. Alla fine di questo primo periodo, che si può far coincidere con il 1918, la produzione italiana di energia elettrica può essere valutata in 4,3 miliardi di kWh, di cui 4,1 idroelettrici. Il ventennio successivo, dal 1918 al 1938, è caratterizzato da una utilizzazione integrale di bacini fluviali, con impianti regolati da serbatoi, e da una produzione termoelettrica di scarsa importanza, limitata per lo più all’Italia meridionale e alle isole. L’incremento della capacità produttiva degli impianti è superiore all’incremento del fabbisogno, per cui si forma un margine di riserva dell’ordine del 20% tra capacità produttiva e produzione effettiva. In questo periodo si accresce notevolmente anche la potenzialità della rete di trasporto. La rete a 130 kV (la prima linea a questa tensione entra in esercizio in Italia nel 1923) viene integrata dalla rete a 220 kV (la prima linea italiana a 220 kV entra in servizio nel 1929). In questo ventennio i consumi si sono press’a poco quadruplicati, secondo la legge statistica del raddoppio ogni dieci anni; nel 1938 sono prodotti 15,5 miliardi di kWh, di cui 14,6 idroelettrici, 0,2 geotermoelettrici e 0,7 termoelettrici. Il decennio che va dal 1938 al 1948 risente del regime di guerra e di numerose e gravi difficoltà di approvvigionamento dei materiali e della manodopera, che rallentano considerevolmente il ritmo di costruzione di nuovi impianti. Utilizzando il margine di disponibilità esistente prima del 1938, si

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raggiunge nel 1941 il massimo di produzione fino ad allora registrato (20,8 miliardi di kWh); ma a partire dal 1941 la disponibilità di energia diviene insufficiente al fabbisogno e si rendono necessarie limitazioni obbligatorie dei consumi, stabilite per legge, che raggiungono la maggior severità nell’inverno 1948-49 dopo un anno di eccezionale siccità. I danni arrecati dalla guerra all’attrezzatura elettrica italiana sono stati considerevoli, ma l’opera di ricostruzione da parte delle aziende elettriche è immediata e sollecita, cosicché le limitazioni cessano del tutto a partire dal 1950. Dopo il 1948 continua la costruzione di impianti idroelettrici, portando lo sfruttamento delle risorse idrauliche del nostro paese ad un livello molto elevato, ma contemporaneamente inizia in grande stile la costruzione di impianti termoelettrici. La fonte idroelettrica mantiene la prevalenza fino al 1960: a partire da quell’anno continua ad aumentare solo leggermente a causa del progressivo esaurimento di risorse idriche competitive, mentre la produzione di energia elettrica di origine termica cresce rapidissimamente, con un tasso annuo di incremento del 21% fino al 1973. L’82% dell’energia prodotta nel 1960 è di origine idraulica; nel 1973 tale quota diminuisce al 27%; nel 2001 scende al 19%, nel 2007 è solo il 12,3%. Simultaneamente la fonte termica, che nel 1960 copre solo il 14% della produzione, acquista preponderanza raggiungendo il 69% nel 1973, il 78% nel 2001, l’84,6% nel 2007. La produzione di energia elettrica di fonte nucleare, iniziata con la centrale di Latina nel 1963 (a cui erano seguite le centrali di Garigliano, Trino Vercellese e Caorso), dopo aver superato il 4% della quota totale italiana a metà degli anni Ottanta, viene azzerata dalle scelte di politica energetica attuate in seguito all’incidente occorso nel 1986 nella centrale nucleare di Chernobyl (Ucraina).

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5.2. L’ENEL e il mercato dell’energia elettrica L’Ente nazionale per l’energia elettrica (ENEL) fu istituito con la legge n. 1643 del 6 dicembre 1962, in attuazione dell’articolo 43 della Costituzione. Infatti l’energia elettrica rientrava contemporaneamente in tutti gli ambiti per i quali l’articolo suddetto ammette il ricorso al monopolio legale: servizi pubblici essenziali, fonti di energia, fini di utilità generale. Con tale legge si attuò in Italia la nazionalizzazione dell’industria elettrica, a somiglianza di quanto già avvenuto in Francia (nel 1946) e in Gran Bretagna (nel 1947). La legge istitutiva configurò l’ENEL come ente pubblico economico, ossia come ente deputato a svolgere un’attività economico-produttiva secondo le regole e con gli strumenti propri dell’impresa. All’ENEL fu attribuito il compito di “esercitare nel territorio nazionale le attività di produzione, trasporto, trasformazione, distribuzione e vendita dell’energia elettrica da qualsiasi fonte prodotta”. Nel 1992, dopo trent’anni dall’istituzione, fu fatto il primo passo verso la privatizzazione dell’ENEL, con la creazione di una Società per azioni e di un certificato nominativo provvisorio (un’azione) intestato al Ministero del Tesoro. Fu poi approvata la legge n. 481 del 14 novembre 1995, recante le norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità con l’istituzione dell’Autorità indipendente per la regolazione dell’energia elettrica e del gas. Le funzioni prima esercitate da diverse amministrazioni dello Stato furono trasferite all’Autorità nell’aprile 1997; in particolare, l’Autorità subentrò al Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato per quanto riguarda la determinazione delle tariffe, la sorveglianza sulle imprese del settore, la garanzia della qualità del servizio. Nuove regole e forme di mercato, in un mutato contesto rispetto ai decenni precedenti, furono delegate ad assicurare l’utilizzazione ottimale delle risorse disponibili, la tutela ambientale e i benefici per la collettività e i consumatori. Agli inizi del nuovo millennio si è avviata la creazione di un mercato unico europeo dell’energia, che dovrà gradualmente sostituire gli esistenti regimi di offerta monopolistica, di diritto o di fatto. Il recepimento delle direttive europee sul mercato interno dell’energia elettrica, le azioni dell’Autorità e gli orientamenti politici in generale determineranno le effettive caratteristiche degli assetti organizzativi, cui si tende con l’obiettivo di salvaguardare gli interessi della maggioranza dei consumatori (che dovranno servirsi di un mercato “vincolato”) e del mercato “libero” (cui avranno accesso, almeno inizialmente, solo i consumatori “eligibili”, ossia quelli i cui prelievi di energia superano soglie prestabilite). Al fine di promuovere la liberalizzazione del settore energetico in Italia il governo è stato delegato a emanare un decreto legislativo (n. 79 del 16 marzo 1999) per dare attuazione alla direttiva europea 96/92/CE, recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, e conseguentemente per ridefinire tutti gli aspetti rilevanti del sistema elettrico nazionale. In base a tale decreto le attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica sono libere nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico previsti. Lo scenario del sistema elettrico italiano ha subito notevoli modifiche in quanto a decorrere dal 1° gennaio 2003 a nessun soggetto è consentito di produrre più del 50 per cento del totale dell’energia elettrica prodotta e importata in Italia; a tale scopo l’ENEL ha provveduto a cedere circa 15.000 MW della propria capacità produttiva a società private.

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Terna S.p.A. è la società responsabile della trasmissione e del dispacciamento dell’energia elettrica sulla rete ad alta e altissima tensione in tutto il territorio nazionale. La gestione in sicurezza del sistema elettrico italiano, per garantire la continuità e la qualità del servizio, viene effettuato dal Centro Nazionale di Controllo e dai Centri Territoriali. Il Centro Nazionale di Controllo elabora i piani di esercizio con lo sviluppo di previsioni della domanda di energia e di potenza a livello nazionale, analizza lo stato del sistema elettrico in tempo reale intervenendo sulla produzione e sull’assetto della rete, analizza il funzionamento del sistema di produzione e trasmissione per l’ottimizzazione dell’esercizio del sistema. Per quanto riguarda l’organizzazione e la gestione economica del mercato elettrico, essa è affidata al GME (Gestore del mercato elettrico), società per azioni costituita dal Gestore del Sistema Elettrico – GSE10. Dal 1 aprile 2004 è operativa la borsa elettrica, che consente a produttori, consumatori e grossisti di stipulare contratti orari di acquisto e di vendita di energia elettrica. Il mercato elettrico si articola in tre mercati:

• il Mercato del Giorno Prima (MGP), dove hanno luogo le contrattazioni sugli scambi di energia relativi a ciascuna ora del giorno successivo;

• il Mercato di Aggiustamento (MA)11, nel quale gli operatori possono modificare quanto definito nel MGP presentando ulteriori offerte di vendita o di acquisto;

• il Mercato per il Servizio di Dispacciamento (MSD), nel quale Terna S.p.A. si approvvigiona dei servizi di dispacciamento necessari alla gestione e al controllo del sistema elettrico.

Ai fini operativi il mercato è diviso in zone (6 zone geografiche, 6 zone virtuali estere, diversi poli di produzione limitata). In ogni zona, per ogni ora del giorno, sono raccolte l’offerta e la domanda di energia elettrica. Tutte le offerte di vendita valide e congrue vengono ordinate per prezzo crescente in una curva di offerta, e le domande di acquisto ricevute sono ordinate per prezzo decrescente in una curva di domanda aggregata. Il punto di incontro delle due curve determina il prezzo di equilibrio e la quantità di equilibrio. Questo prezzo potrà essere diverso da zona a zona e sarà il prezzo al quale i produttori venderanno la loro energia nella zona. Il prezzo di acquisto sarà unico su tutto il territorio nazionale e sarà pari alla media ponderata dei prezzi di vendita zonali.

10 Il GSE ha un ruolo centrale nella promozione, incentivazione e sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia. 11 Dal 31 ottobre 2009, con contrattazione discontinua, e dal 1 gennaio 2011, con contrattazione continua, in sostituzione del Mercato di Aggiustamento viene istituito il Mercato Infragiornaliero (MI), articolato in sessioni che si tengono tra la chiusura del Mercato del Giorno Prima (MGP) e l’apertura del Mercato del Servizio di Dispacciamento (MSD).

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6. Impianti di generazione in Italia Valgono le seguenti definizioni relative agli impianti di generazione:

• potenza nominale (in kW o kVA): è la massima potenza ottenibile in regime continuo, in determinate condizioni di funzionamento. Essa caratterizza una categoria di macchinario considerata separatamente.

• potenza nominale di una centrale elettrica: è la somma delle potenze nominali (in kW o kVA) delle macchine dello stesso tipo (turbine, generatori, ..) installate in centrale.

• massima potenza elettrica o potenza efficiente di una centrale (in kW): è la massima potenza elettrica realizzabile dalla centrale, in funzionamento continuo (≥15 ore), per la produzione esclusiva di potenza attiva, supponendo che tutte le parti dell’impianto termoelettrico siano in perfetta efficienza, oppure che si disponga delle più favorevoli condizioni di portata e di salto per gli impianti idroelettrici. La potenza è lorda o netta a seconda che sia compresa o esclusa quella dei servizi ausiliari di centrale.

• potenza media prodotta da una centrale o da un gruppo di centrali in un intervallo di tempo: è la potenza costante a cui corrisponde, in quell’intervallo di tempo, la stessa energia elettrica effettivamente prodotta dalla centrale o dal gruppo di centrali.

• fattore di utilizzazione della massima potenza elettrica di una centrale: è il rapporto tra l’energia elettrica che tale centrale ha prodotto durante l’intervallo di tempo considerato e l’energia elettrica che la centrale stessa avrebbe potuto produrre nel corso di tutto il medesimo intervallo funzionando alla massima potenza elettrica (potenza efficiente).

• durata di utilizzazione, in un dato periodo di tempo, della massima potenza elettrica o potenza efficiente di una centrale: è il prodotto del fattore di utilizzazione, calcolato per il medesimo periodo, per il numero di ore di tale periodo.

• potenza disponibile di una centrale: è la massima potenza elettrica realizzabile dalla centrale nelle reali condizioni in cui si trova, prescindendo dalle possibilità di collocamento dell’energia elettrica prodotta, che sono supposte illimitate.

• potenza indisponibile di una centrale: è la differenza tra la potenza efficiente e la potenza disponibile. La potenza indisponibile è la somma delle indisponibilità dovute a cause poste sotto la responsabilità dell’esercente (cause interne) e delle indisponibilità dovute a cause al di fuori della sua responsabilità (cause esterne).

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Potenza efficiente lorda degli impianti elettrici di generazione in Italia al 31 dicembre 2008

Produttori Autoproduttori(*) totale Impianti idroelettrici MW 21.449,3 191,2 21.640,5 Impianti termoelettrici MW 71.118,8 5.610,8 76.729,6

tradizionali MW 70.407,8 5.610,8 76.018,6geotermoelettrici MW 711,0 0,0 711,0

Impianti eolici e fotovoltaici MW 3.965,9 3,2 3.969,1 totale MW 96.533,9 5.805,2 102.339,1

(*) Autoproduttore è la persona fisica o giuridica che produce energia elettrica e la utilizza in misura non inferiore al 70% annuo per uso proprio ovvero per uso delle società controllate.

Potenza efficiente lorda degli impianti elettrici di generazione in Italia dal 1963 al 2008

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6.1. Impianti idroelettrici

Potenza e producibilità degli impianti idroelettrici italiani al 31 dicembre 2008 secondo la categoria degli impianti

Impianti a serbatoio sono quelli che hanno un serbatoio classificato come “serbatoio di regolazione” stagionale (durata di invaso maggiore o uguale a 400 ore);

Impianti a bacino sono quelli che hanno un serbatoio classificato “bacino di modulazione” (durata di invaso minore di 400 ore e maggiore di 2 ore);

Impianti ad acqua fluente sono quelli che non hanno serbatoio o hanno serbatoio con durata di invaso uguale o minore di due ore.

La durata di invaso è il tempo necessario per fornire al serbatoio un volume d’acqua pari alla sua capacità utile con la portata media annua del o dei corsi d’acqua che in esso si riversano, escludendo gli eventuali apporti da pompaggio.

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6.2. Impianti termoelettrici

Potenza degli impianti termoelettrici italiani al 31 dicembre 2008 secondo il tipo di impianto

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6.3. Impianti da fonti rinnovabili

Potenza efficiente lorda degli impianti da fonti rinnovabili in Italia al 31 dicembre 2008

(1) Dal 2007 sono inclusi gli impianti fotovoltaici incentivati attraverso il “Conto Energia” gestito dal GSE (Gestore Servizi Elettrici). (2) La potenza degli impianti che utilizzano biomasse è fornita per combustibile utilizzabile. (3) La classificazione dei bioliquidi è stata introdotta a partire dal 2008.

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7. Produzione di energia elettrica in Italia

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8. Consumi di energia elettrica in Italia I consumi di energia elettrica, ossia i kWh che vengono direttamente prelevati dagli utenti, rappresentano circa il 90% dell’energia prodotta, perché circa il 4% della produzione viene utilizzata nei servizi ausiliari e il 6% si dissipa nelle perdite di trasporto e di distribuzione. L’andamento dei consumi è fissato dagli utenti che, manovrando i propri interruttori, collegano e staccano dalla rete i macchinari e gli apparecchi utilizzatori determinando la potenza assorbita e le caratteristiche del prelievo. Poiché l’energia elettrica non è immagazzinabile, un aumento di prelievo provoca nello stesso istante la produzione di una corrispondente energia in centrale e perciò tutti gli impianti di produzione, trasporto e distribuzione devono essere dimensionati in modo da poter far fronte, in qualsiasi momento, alla potenza massima di cui l’utenza può complessivamente disporre, oltre naturalmente le perdite. 8.1. Diagrammi di carico Si definisce diagramma di carico la curva della potenza attiva richiesta dall’utenza in funzione del tempo. Secondo il periodo di tempo preso in considerazione si possono avere diagrammi di carico giornalieri, settimanali, annuali. I diagrammi di carico giornalieri hanno andamento analogo nei primi cinque giorni della settimana, presentando un massimo di potenza in genere nella giornata di mercoledì, mentre assumono un andamento diverso per il sabato e i giorni festivi, con riduzione delle potenze.

I diagrammi di carico presentano un andamento caratteristico tipico per ogni utenza singola o per un gruppo omogeneo di utenze, quali l’illuminazione pubblica e quella privata, la trazione elettrica, gli usi elettrosiderurgici, ecc. In una rete che comprenda diverse categorie di utenze le differenze di prelievo si compensano parzialmente ed i diagrammi di carico sono tanto meno accidentati quanto più grande è la zona di distribuzione a cui si riferiscono.

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Si dice fattore di contemporaneità per un dato complesso di carichi e per un dato intervallo di tempo il rapporto fra la potenza massima richiesta dal detto complesso di carichi e la somma delle potenze massime richieste separatamente dai singoli nell’intervallo di tempo considerato:

In un diagramma di carico si chiama carico massimo (o punta massima) la potenza istantanea più elevata12 e carichi di punta quelli più alti aventi una durata complessiva inferiore a 4 ore su 24.

Si definisce carico medio di un carico variabile in un certo intervallo di tempo (ad esempio 24 ore) il valore di carico costante al quale corrisponda, in quell’intervallo di tempo, la stessa energia assorbita secondo l’effettivo diagramma di carico:

12 La punta massima del 2008 si è registrata il 26 giugno 2008 alle ore 12, raggiungendo i 55.292 MW.

iMi

Mc P

PfΣ

=

T

dtpP T

m

∫=

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L’utilizzazione del carico massimo è il rapporto, espresso in ore, fra l’energia assorbita in un determinato periodo di tempo (un giorno, un mese, un anno) e la potenza corrispondente al carico massimo:

In valore relativo può anche essere espresso come rapporto fra il carico medio e il carico massimo in quel determinato periodo di tempo:

Esso rappresenta il tempo necessario per assorbire, con carico costante e pari al massimo, l’energia corrispondente al diagramma di carico. In valore relativo può anche essere espresso come rapporto fra il carico medio e quello massimo in quel determinato periodo di tempo. Le diverse qualità di energia che entrano a formare il diagramma di carico si possono classificare come segue:

• energia di base continua: è quella al di sotto del minimo carico festivo; • energia di base feriale: è quella al di sotto del minimo carico feriale; • energia di modulazione a continuità diurna: è quella corrispondente alla parte di carico

compresa tra la minima feriale e la punta di recessione meridiana; • energia di modulazione spinta: è quella compresa nella residua parte sovrastante del

diagramma. In pratica le prime due voci vengono conglobate nella denominazione di energia di base e le due successive in quella di energia modulata. Il problema tecnico-economico fondamentale dell’industria elettrica è quello di adeguare il diagramma delle disponibilità a quello dei carichi. Nel caso degli impianti termoelettrici il diagramma della produzione può essere agevolmente coperto in qualsiasi momento, qualora la potenza installata negli impianti sia superiore, con un congruo margine di riserva, alla massima potenza richiesta dalla rete. Il costo di produzione del kWh aumenta però rapidamente con il diminuire dell’utilizzazione, per cui risulta la convenienza di far funzionare le centrali termiche con la più elevata utilizzazione possibile. Le disponibilità idrauliche dei fiumi e torrenti sono invece pressoché costanti nel giorno (salvo una riduzione dovuta al gelo per i torrenti alpini nelle ore notturne del periodo invernale) ma variano, anche sensibilmente, da una stagione all’altra. Un primo adattamento delle risorse idrauliche alla richiesta del carico si può ottenere con la interconnessione di impianti di regimi idrologici differenti o addirittura complementari. Per trasferire energia dalla notte al giorno e dai giorni festivi ai feriali occorrono serbatoi di accumulo giornalieri o settimanali. Per trasferire energia da una stagione all’altra è necessario costruire grandi serbatoi stagionali. In pratica l’energia corrispondente all’acqua eccedente quella utilizzata nei mesi di morbida (estivi) viene accumulata nei serbatoi stagionali per essere utilizzata nei mesi di magra (invernali).

M

T

P

dtpN

∫=

M

m

M

T

PP

PT

dtp

TNN =

⋅==∫

&

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Una certa portata, variabile secondo l’idraulicità dell’anno, non potrà venire utilizzata né invasata nei serbatoi e verrà pertanto sfiorata e quindi perduta ai fini della produzione dell’energia elettrica (energia di sfioro). In un’economia elettrica mista (idraulica e termica) quale è quella italiana, per una migliore utilizzazione delle fonti energetiche disponibili, nella copertura del diagramma di carico gli impianti devono essere utilizzati partendo da quelli a costi marginali più bassi dell’energia. Il costo marginale o incrementale è l’incremento di costo sostenuto per produrre un kWh in più in un impianto già funzionante. Esso coincide con la quota variabile del costo del kWh ed è praticamente nullo per gli impianti idroelettrici e pari alla sola quota del combustibile per gli impianti termoelettrici. L’ordine di preferenza nell’utilizzazione degli impianti dovrà perciò essere il seguente:

1. centrali idroelettriche ad acqua fluente: questi impianti hanno costo marginale quasi nullo e la loro mancata utilizzazione comporterebbe sfiori d’acqua e quindi una perdita di energia.

2. centrali geotermoelettriche: esse hanno costi marginali assai modesti, poiché utilizzano vapore endogeno.

3. centrali nucleotermoelettriche: le centrali nucleari, pur avendo costi unitari di produzione abbastanza elevati, hanno costi marginali inferiori a quelli delle centrali termoelettriche convenzionali, data la modesta incidenza del costo del combustibile nucleare (uranio).

4. centrali termoelettriche: il costo marginale di un impianto termoelettrico dipende per la massima parte dal costo del combustibile ed è funzione del rendimento dei gruppi ai diversi carichi. Se ne deduce che il criterio di scelta dei gruppi termici da tenere o immettere in servizio è quello di coprire la potenza necessaria con gruppi scelti in ordine decrescente di rendimento.

5. impianti idroelettrici “di regolazione” con serbatoio e impianti di pompaggio: essi sono destinati alla copertura delle punte di carico nonché alla regolazione della frequenza di rete. Il costo marginale per gli impianti di pompaggio è elevato, superiore a quello delle centrali termoelettriche, mentre quello degli impianti a serbatoio potrebbe sembrare assai basso: si tratta in realtà di energia pregiata, disponibile ad ogni evenienza.

Una volta scelti i gruppi da tenere in servizio, occorre ripartire il carico tra di essi in modo che il costo dell’energia prodotta risulti il minimo possibile. Dovranno quindi funzionare al minimo tecnico i gruppi aventi costi marginali maggiori, mentre dovranno funzionare al massimo della potenza erogabile i gruppi aventi a quel carico un costo marginale inferiore al costo marginale comune. In definitiva, l’energia di base verrà prodotta dalle centrali idroelettriche ad acqua fluente, geotermoelettriche, nucleotermoelettriche e termoelettriche di grande potenza ed elevato rendimento. La produzione dell’energia modulata verrà affidata alle centrali termoelettriche di minor rendimento, alle centrali idroelettriche con serbatoio giornaliero o settimanale, mentre alle centrali idroelettriche con grandi serbatoi stagionali e a quelle di pompaggio è riservata la copertura delle punte del diagramma di carico.

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8.2. Reti elettriche Si definisce interconnessione il collegamento in parallelo, tramite una o più linee, di reti elettriche comprendenti centrali di produzione e stazioni alimentanti i centri di consumo. I principali vantaggi dell’interconnessione risiedono nella compensazione delle punte dei carichi e nella reciproca integrazione degli impianti di produzione. L’interconnessione, estendendo la rete e aumentando la potenza, permette anche di ridurre percentualmente l’entità del macchinario di riserva e di aumentare le potenze unitarie dei gruppi generatori con conseguenti vantaggi tecnici ed economici. La riserva è intesa come maggiore potenza generatrice disponibile in rete e può essere rappresentata da gruppi disponibili ma non in parallelo (riserva fredda) o dal margine di potenza dei gruppi in servizio (riserva rotante). Quest’ultima può immediatamente far fronte alla carenza di potenza provocata dall’uscita di parallelo per guasto di uno o più gruppi, mentre la riserva fredda non può intervenire tempestivamente che in caso di arresti programmati di macchinario. L’entità della riserva è determinata con procedimenti probabilistici in base alle previsioni di indisponibilità del macchinario per guasti o manutenzione. L’aumentata affidabilità dei gruppi generatori ed un’accorta programmazione della manutenzione hanno notevolmente ridotto l’indisponibilità di potenza, che può essere dell’ordine di pochi punti percentuali rispetto alla potenza totale disponibile in rete. L’interconnessione della rete italiana realizza un completo parallelo magliato, con una struttura che assicura automaticamente una circolazione dell’energia in tutto il territorio in modo da fronteggiare qualsiasi esigenza con le minime perdite di trasporto. La rete a 380 kV integra e man mano sostituisce la preesistente rete a 220 kV, collegando le grandi centrali termoelettriche, le grandi centrali idroelettriche e di pompaggio fra di loro e con i centri di consumo. Anche la Sicilia è in parallelo con la rete nazionale attraverso l’elettrodotto a 220 kV che supera lo stretto di Messina. Il collegamento con la Sardegna è realizzato per mezzo di un cavo sottomarino a 200 kV in corrente continua dalla Toscana attraverso la Corsica.

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RETE ELETTRICA ITALIANA 380 kV

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RETE ELETTRICA ITALIANA 220 kV

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8.3. Consumi elettrici per settore I consumi di energia elettrica in Italia sono, a grandi linee, così suddivisi:

• agricoltura: 2% circa, • industria: 50% circa, • settore terziario: oltre il 25%, • usi domestici: oltre il 20%.

Consumi di energia elettrica in Italia per settore di utilizzazione

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9. Scambi con l’estero L’interconnessione della rete elettrica italiana con le reti estere confinanti (Francia, Svizzera, Austria, Slovenia, Grecia13) è assicurata da un complesso di collegamenti che assicura una potenzialità di scambio notevole, estesa a tutta l’Europa. Le reti interconnesse dell’Europa assicurano una potenza elevatissima, tale da rendere oltremodo precisa la regolazione della frequenza e permettere la collaborazione reciproca in caso di disservizi e black-out. I quantitativi di energia scambiata con l’estero sono stati per vari anni abbastanza limitati; solo a partire dagli anni Ottanta hanno assunto una consistenza significativa di importazione, essenzialmente dovuta a motivi di convenienza economica. I limiti di capacità di trasporto (espressi in MW) delle linee di interconnessione sono quelli indicati in figura.

13 con cavo sottomarino a 400 kVcc

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Il saldo (in miliardi di kWh) dei movimenti fisici di energia scambiata nel 2008 fra le varie aree individuate sul sistema elettrico italiano è riportato nella figura seguente.

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10. L’energia elettrica in Europa e nel mondo Nelle tabelle seguenti, con riferimento all’anno 2007, sono evidenziate la potenza efficiente lorda e la produzione lorda degli impianti di produzione di energia elettrica in Europa e nel mondo.

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