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581 Paradiso, II, 1-3; 8-9; 16-18; 19-21, miniatura di Giovanni di Paolo, XV secolo, Ms. Yates Thompson 36, f. 131 r. Londra, British Museum. Canto II Posizione 1° Cielo (Luna) Intelligenze motrici Angeli* Sequenze narrative ® APPELLO AI LETTORI Il poeta si rivolge ai lettori, ammonendoli a non seguirlo nell’ultima parte del viaggio qua- lora non siano in possesso di un’adeguata preparazione filosofica e teologica che consenta loro di affrontare le grandi difficoltà della materia che egli si accinge a trattare (vv. 1 ss.). ® ASCESA AL CIELO DELLA LUNA Spinti entrambi dal desiderio, Beatrice* e Dante – l’una guardando in alto, l’altro tenendo lo sguardo fisso in lei – ascendono rapidissimamente al cielo della Luna, nel quale si mani- festeranno al poeta gli spiriti che mancarono ai voti. Dante, che ha l’impressione di pene- trare in una nube lucida, spessa, solida e pulita, splendente come un diamante al sole, si stu- pisce di come un corpo solido possa attraversarne un altro senza disgregarlo, come avviene per un raggio di luce nell’acqua. ® BEATRICE CONFUTA L OPINIONE DI DANTE SULLE MACCHIE LUNARI Dopo aver ringraziato Dio per avergli concesso di salire attraverso i cieli, il poeta chiede a Beatrice quale sia l’origine delle macchie lunari. Beatrice confuta anzitutto sia la leggenda popolare che fa dipendere le macchie dal fascio di spine che Caino, confinato in eterno sulla Luna, sarebbe condannato a reggere sulle spalle, sia l’ipotesi più scientifica di Dante, secondo cui esse dipenderebbero dalla maggiore o minore densità della materia lunare. ® BEATRICE SPIEGA LA VERA NATURA DELLE MACCHIE LUNARI La spiegazione che ne dà Beatrice è invece di natura metafisica* e chiama in causa il problema più generale degli influssi celesti; la conclusione è che la maggiore o minor intensità degli astri, o di parti di essi, è legata al diverso grado di compenetrazione nei cieli della virtù angelica. vv 106-148 vv 46-105 vv 19-45 vv 1-18

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Paradiso, II, 1-3;8-9; 16-18; 19-21,miniatura di Giovanni di Paolo, XVsecolo, Ms. YatesThompson 36, f. 131 r.Londra, BritishMuseum.

Canto II

Posizione 1° Cielo (Luna)

Intelligenze motrici Angeli*

■ Sequenze narrative® APPELLO AI LETTORI

Il poeta si rivolge ai lettori, ammonendoli a non seguirlo nell’ultima parte del viaggio qua-lora non siano in possesso di un’adeguata preparazione filosofica e teologica che consentaloro di affrontare le grandi difficoltà della materia che egli si accinge a trattare (vv. 1 ss.).

® ASCESA AL CIELO DELLA LUNA

Spinti entrambi dal desiderio, Beatrice* e Dante – l’una guardando in alto, l’altro tenendolo sguardo fisso in lei – ascendono rapidissimamente al cielo della Luna, nel quale si mani-festeranno al poeta gli spiriti che mancarono ai voti. Dante, che ha l’impressione di pene-trare in una nube lucida, spessa, solida e pulita, splendente come un diamante al sole, si stu-pisce di come un corpo solido possa attraversarne un altro senza disgregarlo, come avvieneper un raggio di luce nell’acqua.

® BEATRICE CONFUTA L’OPINIONE DI DANTE SULLE MACCHIE LUNARI

Dopo aver ringraziato Dio per avergli concesso di salire attraverso i cieli, il poeta chiede aBeatrice quale sia l’origine delle macchie lunari. Beatrice confuta anzitutto sia la leggendapopolare che fa dipendere le macchie dal fascio di spine che Caino, confinato in eterno sullaLuna, sarebbe condannato a reggere sulle spalle, sia l’ipotesi più scientifica di Dante, secondocui esse dipenderebbero dalla maggiore o minore densità della materia lunare.

® BEATRICE SPIEGA LA VERA NATURA DELLE MACCHIE LUNARI

La spiegazione che ne dà Beatrice è invece di natura metafisica* e chiama in causa il problemapiù generale degli influssi celesti; la conclusione è che la maggiore o minor intensità degli astri,o di parti di essi, è legata al diverso grado di compenetrazione nei cieli della virtù angelica.

vv 106-148

vv 46-105

vv 19-45

vv 1-18

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■ Temi e motivi

Considerato, nella sua lettura tradizionale, il «canto delle macchie lunari», dunque un inter-mezzo erudito e tutto sommato sacrificabile, il secondo canto del Paradiso in realtà costi-tuisce una illustrazione esemplare di quel principio di irradiazione delle influenze celestiche, per opera e volontà di Dio, grande «fabbro» (v. 128), si espande nei vari cieli, con unaluminosità che appare diversa a seconda della diversa capacità ricettiva di questi ultimi. Ciòpermette a Dante, sulla soglia del primo cielo del Paradiso, quello della Luna, di fondare lastruttura cosmologica della terza cantica su un principio generale che non tanto ad Ari-stotele* rimanda, quanto a Platone* e ai suoi interpreti e continuatori (non a caso i vv.112-132 contengono espliciti riferimenti a Boezio* ed alla sua Consolazione della Filosofia),secondo la quale l’universo è un immensa «creatura» distinta in vari «organi» (v. 121), cheprende forma, come cera da «suggello» (v. 132), dalla somma virtù divina, che si diffondecome luce. Allo stesso tempo, sul piano del contenuto e della destinazione dell’opera, ilcanto dichiara che il Paradiso si presenta come una sfida eccezionale ed inedita (descrivereun regno completamente immateriale e al di là delle possibilità umane di comprensione:l’acqua ch’io prendo già mai non si corse, v. 7); una piccioletta barca (v. 1) destinata solo ai letto-ri più avvertiti e consapevoli.

Canto IIParadiso

O voi che siete in piccioletta barca,desiderosi d’ascoltar, seguiti

3 dietro al mio legno che cantando varca,

tornate a riveder li vostri liti:non vi mettete in pelago, ché forse,

6 perdendo me, rimarreste smarriti.

L’acqua ch’io prendo già mai non si corse;Minerva spira, e conducemi Appollo,

9 e nove Muse mi dimostran l’Orse.

Voialtri pochi che drizzaste il colloper tempo al pan de li angeli, del quale

12 vivesi qui ma non sen vien satollo,

metter potete ben per l’alto salevostro navigio, servando mio solco

15 dinanzi a l’acqua che ritorna equale.

Que’ glorïosi che passaro al Colconon s’ammiraron come voi farete,

18 quando Iasòn vider fatto bifolco.

® APPELLO AI LETTORIVoi lettori, che state in una piccola barca desiderosi di ascol-tare (le mie parole), avendo seguito (seguiti dietro) la mia naveche procede (varca) cantando,

ritornate (tornate a riveder) alle spiagge da cui siete partiti(vostri liti): non avventuratevi ad entrare (non vi mettete) inmare aperto (in pelago), perché forse, non riuscendo a seguir-mi (perdendo me), rimarreste perduti (smarriti.)

L’acqua che sto per affrontare (ch’io prendo) non è mai stata per-corsa da nessuno (già mai non si corse): la dea Minerva gonfia lemie vele (spira), e Apollo mi guida (conducemi), mentre le noveMuse mi indicano la giusta direzione (mi dimostran l’Orse).

(Soltanto) voi pochi che fin da giovani (per tempo) vi sieterivolti (drizzaste il collo) alla scienza delle cose divine (al pande li angeli), di cui sulla terra (qui) ci si può nutrire (vivesi) masenza potersi mai saziare (ma non sen vien satollo),

potete osare spingere (metter) il vostro naviglio (navigio) inmare aperto (par l’alto sale), seguendo da vicino (servando) lascia della mia nave (mio solco) prima che (dinanzi) l’acquatorni ad appianarsi (che ritorna equale).

I gloriosi Argonauti che attraversarono il mare per recarsinella Colchide (che passaro al Colco) non si meravigliarono(non s’ammiraron), quando videro Giasone trasformarsi in con-tadino (fatto bifolco), quanto vi meraviglierete voi (di fronte aquanto narrerò).

vv 1-18

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Canto II Paradiso

La concreata e perpetüa setedel deïforme regno cen portava

21 veloci quasi come ’l ciel vedete.

Beatrice in suso, e io in lei guardava;e forse in tanto in quanto un quadrel posa

24 e vola e da la noce si dischiava,

giunto mi vidi ove mirabil cosami torse il viso a sé; e però quella

27 cui non potea mia cura essere ascosa,

volta ver’ me, sì lieta come bella,«Drizza la mente in Dio grata», mi disse,

30 «che n’ha congiunti con la prima stella».

Parev’ a me che nube ne coprisselucida, spessa, solida e pulita,

33 quasi adamante che lo sol ferisse.

Per entro sé l’etterna margaritane ricevette, com’ acqua recepe

36 raggio di luce permanendo unita.

S’io era corpo, e qui non si concepecom’ una dimensione altra patio,

39 ch’esser convien se corpo in corpo repe,

accender ne dovria più il disiodi veder quella essenza in che si vede

42 come nostra natura e Dio s’unio.

Lì si vedrà ciò che tenem per fede,non dimostrato, ma fia per sé noto

45 a guisa del ver primo che l’uom crede.

Io rispuosi: «Madonna, sì devotocom’ esser posso più, ringrazio lui

48 lo qual dal mortal mondo m’ha remoto.

Ma ditemi: che son li segni buidi questo corpo, che là giuso in terra

51 fan di Cain favoleggiare altrui?».

Ella sorrise alquanto, e poi «S’elli erral’oppinïon», mi disse, «d’i mortali

54 dove chiave di senso non diserra,

® ASCESA AL CIELO DELLA LUNAL’innato (concreata) e incessante desiderio (sete) dell’Empireo(deïforme regno), ci portava verso l’alto (cen portava) veloci quasicome vedete ruotare il cielo.

Beatrice guardava in alto (in suso), e io guardavo in lei; e quasinello stesso tempo in cui (forse in tanto in quanto) una freccia(quadrel) si stacca (si dischiava) dall’incavo della balestra (da lanoce), vola e colpisce il bersaglio (posa),

mi ritrovai (giunto mi vidi) in un punto in cui una cosa mera-vigliosa (mirabil) attrasse a sé il mio sguardo (viso); e perciòBeatrice (quella), cui nessun mio desiderio di sapere (cura)poteva rimanere nascosto (ascosa),

rivoltasi verso di me, con espressione lieta quanto bella, midisse: «Rivolgi (Drizza) la tua mente con riconoscenza (grata)a Dio, che ci ha fatto raggiungere (n’ha congiunti) il cielo dellaLuna (prima stella)».

Mi sembrava che ci avvolgesse (ne coprisse) una nube luminosa(lucida), densa, compatta e liscia (pulita), simile a (quasi) un dia-mante (adamante) colpito dalla luce del sole (che lo sol ferisse).

La luna, gemma incorruttibile (etterna margarita), ci accolse (nericevette) dentro di sé, come l’acqua riceve (recepe) un raggio diluce mantenendo la propria compattezza (permanendo unita).

Se io ero lì col corpo (e di fatto lo ero), e dato che sulla terra(qui) non è pensabile (non si concepe) che una dimensioneabbia potuto accoglierne un’altra dentro di sé senza restarnespezzata (altra patio), come accade necessariamente (ch’esserconvien) se un corpo penetra (repe) in un altro,(questo fatto prodigioso) dovrebbe maggiormente accenderein noi il desiderio di contemplare (veder) l’essenza di Cristo,in cui si vede come la natura umana (nostra) si sia compene-trata (s’unio) con quella divina.

In cielo (Lì) potremo vedere quelle cose che ora accettiamo(tenem) per fede, ma che saranno note (fia... noto) non perchédimostrate razionalmente (non dimostrato), ma per immediataevidenza (per sé), come (a guisa) i principi fondamentali (verprimo) cui si crede per intuizione.® BEATRICE CONFUTA L’OPINIONE DI DANTESULLE MACCHIE LUNARIIo risposi: «Madonna, quanto più devotamente possibile (sìdevoto com’ esser posso più), ringrazio Dio che mi ha allontana-to (m’ha remoto) dal mondo mortale. Ma ditemi: che cosa sono le macchie scure (segni bui) sullasuperficie della luna (questo corpo), le quali sulla terra fannoimmaginare (favoleggiare) agli uomini (altrui) la figura diCaino?».

Beatrice accennò un sorriso, poi mi disse: «Se la conoscenza(l’oppinïon) dei mortali sbaglia (erra) là dove i sensi non offro-no la chiave capace di aprire (non diserra) la porta della verità(chiave di senso),

vv 19-45

vv 46-105

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Canto IIParadiso

certo non ti dovrien punger li stralid’ammirazione omai, poi dietro ai sensi

57 vedi che la ragione ha corte l’ali.

Ma dimmi quel che tu da te ne pensi».E io: «Ciò che n’appar qua sù diverso

60 credo che fanno i corpi rari e densi».

Ed ella: «Certo assai vedrai sommersonel falso il creder tuo, se bene ascolti

63 l’argomentar ch’io li farò avverso.

La spera ottava vi dimostra moltilumi, li quali e nel quale e nel quanto

66 notar si posson di diversi volti.

Se raro e denso ciò facesser tanto,una sola virtù sarebbe in tutti,

69 più e men distributa e altrettanto.

Virtù diverse esser convegnon fruttidi princìpi formali, e quei, for ch’uno,

72 seguiterieno a tua ragion distrutti.

Ancor, se raro fosse di quel brunocagion che tu dimandi, o d’oltre in parte

75 fora di sua materia sì digiuno

esto pianeto, o, sì come compartelo grasso e ’l magro un corpo, così questo

78 nel suo volume cangerebbe carte.

Se ’l primo fosse, fora manifestone l’eclissi del sol, per trasparere

81 lo lume come in altro raro ingesto.

Questo non è: però è da vederede l’altro; e s’elli avvien ch’io l’altro cassi,

84 falsificato fia lo tuo parere.

S’elli è che questo raro non trapassi,esser conviene un termine da onde

87 lo suo contrario più passar non lassi;

e indi l’altrui raggio si rifondecosì come color torna per vetro

90 lo qual di retro a sé piombo nasconde.

ormai davvero (certo) non dovrebbero (dovrien) più pungertigli strali della meraviglia, dal momento che (poi) vedi come laragione è limitata (ha corte l’ali) quando segue (dietro) i sensi.

Ma dimmi il tuo parere su queste macchie». E io: «Quello che(sulla terra) appare a noi essere variamente luminoso (diverso)in cielo (qua sù), credo dipenda dalla diversa rarità o densitàdella materia di questi corpi (che fanno i corpi rari e densi)»

Ed ella: «Riconoscerai (vedrai) senza dubbio (Certo) che la tuaopinione è profondamente sbagliata (sommerso nel falso il credertuo), se ascolterai attentamente (bene) la dimostrazione (l’argo-mentar) che farò contro di essa (avverso).

L’ottavo cielo (spera) vi fa apparire (dimostra) molti astri, cheper la qualità (nel quale) e quantità (nel quanto) della loro lucemostrano (notar si posson) diversi aspetti (volti).

Se solo la rarefazione (raro) e la densità (denso) della materiafossero causa di tale diversità, in tutte le stelle vi sarebbe unasola virtù, distribuita in quantità maggiore o minore (più emen) o uguale (altrettanto).

Ma virtù diverse devono necessariamente derivare (esser con-vegnon frutti) da diversi principi formali, e questi, tranne uno,in base al tuo ragionamento (a tua ragion) finirebbero per esse-re distrutti (seguiterieno... distrutti).

Inoltre (Ancor), se la rarità della materia (raro) fosse la causa(cagion), di cui tu chiedi (dimandi), delle macchie scure (bruno),(ne conseguirebbe che) o la luna (esto pianeto) in qualchepunto (in parte) sarebbe scarsa (fora... digiuno) di materia finoalla parte opposta (d’oltre in parte),oppure, come un corpo animale alterna parti grasse (lo grasso)e parti magre (’l magro), così il corpo lunare cambierebbespessore nei suoi strati come i fogli di un libro (nel suo volumecangerebbe carte).

Se fosse vera la prima ipotesi (’l primo), essa avrebbe confer-ma (fora manifesto) durante l’eclissi di sole, perché si vedrebbetrasparire la luce solare come quando essa è introdotta (inge-sto) in qualsiasi altro corpo di materia rarefatta (in altro raro).

Ma questo non succede: perciò è da considerare l’altra ipote-si (de l’altro); e se accadrà (s’elli avvien) che io confuti (cassi)anche questa, la tua opinione (parere) sarà dimostrata erronea(falsificato).

Se avviene che questa rarefazione non passa da parte a parte(non trapassi), necessariamente deve esserci (esser conviene) unpunto (termine) al di là del quale (da onde) la densità dellamateria (lo suo contrario) non lascia più passare la luce;

e da questo punto (indi) il raggio solare viene riflesso (si rifon-de) come un’immagine con i suoi colori viene riflessa (torna)da vetro che ha dietro di sé (nasconde) una lamina di piombo(ossia dallo specchio).

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Canto II Paradiso

Or dirai tu ch’el si dimostra tetroivi lo raggio più che in altre parti,

93 per esser lì refratto più a retro.

Da questa instanza può deliberartiesperïenza, se già mai la provi,

96 ch’esser suol fonte ai rivi di vostr’ arti.

Tre specchi prenderai; e i due rimovida te d’un modo, e l’altro, più rimosso,

99 tr’ambo li primi li occhi tuoi ritrovi.

Rivolto ad essi, fa che dopo il dossoti stea un lume che i tre specchi accenda

102 e torni a te da tutti ripercosso.

Ben che nel quanto tanto non si stendala vista più lontana, lì vedrai

105 come convien ch’igualmente risplenda.

Or, come ai colpi de li caldi raide la neve riman nudo il suggetto

108 e dal colore e dal freddo primai,

così rimaso te ne l’intellettovoglio informar di luce sì vivace,

111 che ti tremolerà nel suo aspetto.

Dentro dal ciel de la divina pacesi gira un corpo ne la cui virtute

114 l’esser di tutto suo contento giace.

Lo ciel seguente, c’ha tante vedute,quell’ esser parte per diverse essenze,

117 da lui distratte e da lui contenute.

Li altri giron per varie differenzele distinzion che dentro da sé hanno

120 dispongono a lor fini e lor semenze.

Questi organi del mondo così vanno,come tu vedi omai, di grado in grado,

123 che di sù prendono e di sotto fanno.

Riguarda bene omai sì com’ io vadoper questo loco al vero che disiri,

126 sì che poi sappi sol tener lo guado.

Ora tu potrai obiettare (dirai) che il raggio appare (si dimostra)più scuro (tetro) nel punto di maggiore rarefazione (ivi) chenelle altre parti, essendo lì (per esser lì) riflesso (refratto) da unostrato più interno del corpo lunare (più a retro).

Da questa obiezione (instanza) può liberarti un esperimento,se una volta (già mai) vorrai provarlo, di quelli che costitui-scono il fondamento (fonte) delle varie parti (rivi) delle scien-ze umane (vostr’arti).

Prendi tre specchi; e colloca (rimovi) due di essi alla stessadistanza (d’un modo) da te, e il terzo (l’altro), posto più lonta-no, incontri (ritrovi) i tuoi occhi in mezzo ai primi due (tr’am-bo li primi).

Dopo esserti rivolto verso di essi, fa in modo che dietro le tuespalle (dosso) vi sia (stea) una luce che illumini (accenda) i trespecchi e ritorni a te riflessa (ripercosso) dagli stessi (da tutti).

Benché l’immagine (la vista) vista nello specchio più lontano(più lontana) non sia grande come le altre due (nel quantotanto), vedrai tuttavia come essa risplenda necessariamente(convien che... risplenda) con uguale intensità (igualmente).

® BEATRICE SPIEGA LA VERA NATURA DELLEMACCHIE LUNARIOra, come sotto i colpi dei caldi raggi solari la materia prima(suggetto) della neve (cioè l’acqua) rimane priva (nudo) sia delcolore che del freddo originari (primai), così è rimasta la tua mente in cui ora voglio infondere unanuova forma (informar) tramite una verità così luminosa (lucesì vivace), che scintillerà davanti a te (ti tremolerà) nel suo rive-larsi (nel suo aspetto).

Entro l’Empireo (ciel de la divina pace) ruota un cielo (corpo) nel-la cui virtù attiva (virtute) si trova in potenza (giace) l’essere ditutto ciò che è contenuto al suo interno (di tutto suo contento).

Il cielo successivo, che ha tante stelle visibili (vedute), distri-buisce quell’essere alle diverse stelle, da esso separate (distrat-te) ma in esso tutte contenute.

Gli altri cieli (giron) dispongono in maniera differente (pervarie differenze) le distinte virtù (distinzion) che essi hannoderivate in sé, in modo da poter esercitare sul mondo terre-stre i loro effetti (a lor fini) e le generazioni (lor semenze).

I cieli, questi organi dell’universo, operano (vanno), comeormai tu comprendi, di gradino in gradino, in modo che cia-scuno riceve l’influenza (prendono) del cielo superiore (di sù)e la trasmette a sua volta (fanno) a quello inferiore (di sotto).

Ora osserva bene come tramite questo ragionamento (loco) iopervengo (vado) alla verità che tu desideri conoscere (disiri),affinché poi tu sappia compiere da solo il passaggio (tener loguado).

vv 106-148

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Canto IIParadiso

Lo moto e la virtù d’i santi giri,come dal fabbro l’arte del martello,

129 da’ beati motor convien che spiri;

e ’l ciel cui tanti lumi fanno bello,de la mente profonda che lui volve

132 prende l’image e fassene suggello.

E come l’alma dentro a vostra polveper differenti membra e conformate

135 a diverse potenze si risolve,

così l’intelligenza sua bontatemultiplicata per le stelle spiega,

138 girando sé sovra sua unitate.

Virtù diversa fa diversa legacol prezïoso corpo ch’ella avviva,

141 nel qual, sì come vita in voi, si lega.

Per la natura lieta onde deriva,la virtù mista per lo corpo luce

144 come letizia per pupilla viva.

Da essa vien ciò che da luce a lucepar differente, non da denso e raro;

147 essa è formal principio che produce,

conforme a sua bontà, lo turbo e ’l chiaro».

Il movimento e l’influenza (virtù) dei cieli (santi giri) devonoderivare (convien che spiri) dalle intelligenze angeliche (beatimotor), così come l’azione (arte) del martello deriva dal fabbro;

e il cielo delle stesse fisse (cui tanti lumi fanno bello) riceve l’im-pronta (prende l’image) dall’alta intelligenza angelica (de lamente profonda) che lo fa muovere (volve) e la imprime comesuggello nei cieli inferiori (fassene suggello).

E come l’anima (alma) nel vostro corpo corruttibile (vostrapolve) dispiega la sua virtù (si risolve) in membra differenti eordinate (conformate) alle diverse facoltà sensitive (potenze),

così l’intelligenza angelica (preposta al Cielo Stellato) tra-smette (spiega) la sua azione benefica (sua bontate) alle stelle inmolteplici modi (multiplicata), continuando il proprio movi-mento (girando sé) nella sua sostanziale unità (sovra sua unitate).

La diversa influenza angelica si unisce variamente (fa diversalega) con la materia incorruttibile del cielo (col prezïoso corpo)che essa anima (avviva), nella quale si trasfonde (si lega) comein voi uomini la vita.

Per la natura beata (lieta) delle intelligenze motrici da cui(onde) deriva, l’influenza angelica, unitasi (mista) al corpoceleste, risplende nelle sue parti (luce) come rifulge la gioiaattraverso la vivacità della pupilla (per pupilla viva).

La differente luminosità deriva da questa influenza (Da essa),e non da densità e rarefazione della materia (da denso e raro);ed essa è il principio attivo (formal) che produce,

a seconda (conforme) della sua diversa potenza (bontà), l’oscu-rità (lo turbo) e la luminosità (’l chiaro)».

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