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Lucilla Candeloro Vario ART Foto Claudio Carella

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Page 1: Candeloro ok

Lucilla CandeloroLucilla Candeloro

Lucilla Candeloro (Lanciano 1978)Candeloro attended the Artistic Lyceum “G. Misticoni “of Pescara. After having spent a year at the Academy of Berlin (UDK), where she studied drawing and engraving, she graduated in painting at the Academy of Fine Arts in Bologna.2004 saw her fi rst public art intervention in the Central Station of Bologna with the video installation Sogno di una sala d’attesa (dream of a waiting room), and the following year she was awarded a prize in the competition Murri Public Art curated by Valerio Dehò.In 2006 she took part in two editions of I Love Abruzzo where she presented her fi rst drawings in pencil on paper. In the succession of faces of children and elderly people, who make up her recurring iconography, she penetrates and investigates the emotions of the subjects portrayed, with a strong, instinctive stroke. The installation of her small-size faces presented at the Ex-Cofa in Pescara was to become monumental for the former tobacco factory in Città Sant’Angelo (Pe), and later for the Palazzo Lucarini Trevi (Pg). In 2007 she moved to Umbria where she lived and worked until 2010. The same year saw her fi rst solo exhibition with a critical review by Giorgio Bonomi, Ri/ Tratti, and an invitation to the exhibition Terra di Maestri in the rooms of Villa Fidelia, Spello (PG).In 2010 she was invited by Virginia Ryan to take part in the exhibition De l’esprit de l’eau at the Charles Donwahi Foundation in Abidjan on the Ivory Coast. In the same year she returned to Abruzzo where she currently lives and works.In the summer of 2012 she showed her new series of works at the Museum Laboratory of Città Sant’Angelo with a personal exhibition entitled Catarsi in nero on the theme of “trees”, with works using oxides on different-sized sheets of paper. At the same time she exhibited at the XLV edition of Vasto prize and at Fuoriuso InOpera, edited by Giacinto di Pietrantonio.

Lucilla Candeloro (Lanciano 1978)Compie la sua formazione presso il Liceo Artistico Statale “G. Misticoni” di Pescara. Dopo aver frequentato per un anno l’Accademia di Berlino (UDK), dove approfondisce lo studio del disegno e dell’incisione, si diploma in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Bologna.È del 2004 il primo intervento di arte pubblica nella Stazione Centrale di Bologna con la video installazione Sogno di una sala d’attesa; l’anno successivo viene premiata per il concorso Murri Public Art curato da Valerio Dehò. Nel 2006 partecipa alle due edizioni di I Love Abruzzo dove presenta i primi disegni realizzati a matita su carta. Nella resa grafi ca di quella successione di volti di vecchi e bambini, che costituiscono il suo ricorrente repertorio iconografi co, penetra e indaga, con un segno deciso e istintivo, l’emotività del soggetto ritratto. L’installazione con volti di piccolo formato presentati all’Ex-Cofa di Pescara diventano monumentali per gli spazi della Ex Manifattura Tabacchi di Città Sant’Angelo (Pe) prima, e il Palazzo Lucarini di Trevi (Pg) poi, quando nel 2007 si trasferisce in Umbria dove vive e lavora fi no al 2010. Nello stesso anno la sua prima personale con testo critico di Giorgio Bonomi Ri/Tratti e l’invito alla rassegna Terra di Maestri nel complesso di Villa Fidelia di Spello (Pg). Nel 2010 viene invitata da Virginia Ryan a partecipare alla mostra De l’esprit de l’eau presso la Charles Donwahi Foundation di Abidjan, in Costa D’Avorio. Nello stesso anno torna in Abruzzo dove attualmente vive e lavora.Nell’estate del 2012 presenta presso gli spazi del Museo Laboratorio di Città Sant’Angelo la personale Catarsi in nero dove espone la nuova serie di lavori sul tema degli “alberi”, realizzati con l’uso di ossidi su carte di diverso formato. Partecipa contemporaneamente alla XLV edizione del Premio Vasto e a Fuoriuso InOpera a cura di Giacinto di Pietrantonio.

Lucilla Candelo

ro

Vario ART

Cicco, 2008 - 48x33 cm, matita e olio su carta (courtesy M. Fiorentino)

Senza Titolo, 2006 - installazione 30 pezzi, 33x48 cm ognu-no, matita su carta

Senza Titolo, 2006 - installazione 30 pezzi, 33x48 cm ognu-no, matita su carta

Chernobyl, 2008serie 5 pezzi, 80x56 cm ognuno,carbone su fogli di quotidianoStriscia di Gaza, 2009 - progetto d’installazione, 150x1000 cm, matita su carta fronte retro, vista d’insieme e particolare

Elogio della Follia (serie). Dall’alto:Delirium, 2009 - 100x70 cm, olio su carta, insieme e particolare; Alle mie spalle, 2009 - 100x70 cm, olio su carta

Wiedersehen, 2012 - 70x300 cm, carboncino, ossido e grafi te su carta

di Simone Cigliaby Simone Ciglia

Foto Claudio C

arella

Il lavoro di Lucilla Candeloro appare come la manifestazione di un’ossessione. Per diversi anni l’artista si è infatti dedicata a un unico tema: quello della fi gura umana. Candeloro ha raccolto un immenso archivio di ritratti in cui sono entrati familiari, amici, conoscenti o sconosciuti, le cui fattezze sono state tradotte attraverso il rigore del disegno. Dell’essere umano l’artista ha indagato gli aspetti più vari, spesso guardando alle manifestazioni patologiche (Elogio della follia), violente (Striscia di Gaza), o alle situazioni di disastri naturali (Disastri della terra) e umani (Chernobyl). L’antropomorfi smo è rimasto un carattere dominante anche in una recente serie dedicata agli alberi, la prima che Candeloro ha realizzato al di fuori del soggetto umano.

La scelta del ritratto che ha dominato il tuo lavoro è maturata fi n dall’inizio?Sì, ho sempre lavorato sul fi gurativo, l’astratto non mi ha mai interessato. Un po’ ossessiva lo sono: mi chiedo sempre come l’uomo possa sentirsi, da solo o insieme agli altri. L’aspetto antropologico è quello che m’interessa di più.

Come scegli i tuoi soggetti? Per quanto riguarda i volti, ho messo insieme una raccolta fotografi ca sia di persone che conoscevo sia di sconosciuti, persone fermate per la strada cui spiegavo quello che volevo fare. Da un laboratorio che ho fatto con i bambini è nata una serie sull’infanzia. Un altro gruppo di lavori è derivato da uno stage presso il servizio psichiatrico di un ospedale. Da queste diverse esperienze ho raccolto molto materiale che utilizzerò in seguito. Di base resto abbastanza fedele ai tratti somatici dei miei soggetti, altre volte invece sono andata a ruota libera e ho utilizzato l’immagine di partenza soltanto come un pretesto.

Il tuo lavoro s’inserisce più o meno coscientemente nella tradizione del ritratto, che ha una sua storia. Si tratta di una scelta consapevole da parte tua?In realtà penso che i ritratti siano cambiati molto nel corso del tempo. I primi erano molto più istintuali, veloci, con un segno più incisivo; adesso invece sono molto più fi niti, “leccati”, forse perché mi sto allontanando dal genere del ritratto. Dallo scorso anno ho realizzato infatti una serie sugli alberi in cui non ho usato la matita: è un lavoro di mani, dita e pennelli. Forse è una cosa inconscia, ma non riesco più a trattare i visi come facevo prima.

Da cosa è nata questa nuova serie degli alberi? Ero stanca dei volti, e volevo comunque rimanere nel campo fi gurativo. Questa nuova serie è partita da rifl essioni sui temi della malattia e della morte, a livello individuale come sociale. Da qui è nata l’immagine di boschi e alberi bruciati, ma la vedo come una continuazione del lavoro precedente: è come se dal volto fossi tornata alla fi gura. È stata una necessità di cambiamento, alla fi ne non spiegabile. Quello che resta è la carta, fedelissima, e il bianco e nero che prediligo a livello di tecnica.

Nei tuoi lavori poi c’è una esibita componente di manualità, che forse nell’arte contemporanea non è tra le priorità. Non si tratta di una cosa che ho inseguito, o almeno l’ho fatto durante la mia formazione. Nonostante abbia seguito l’iter canonico (liceo artistico e poi accademia), non ero soddisfatta dei miei studi. Credo che ciò che mi abbia maggiormente formato sia stato l’anno di studio a Berlino, durante cui mi sono stati concessi lo spazio e i mezzi per lavorare, cosa che fi no a quel momento non avevo avuto. Sicuramente ho sempre coltivato una propensione per il disegno, forse un po’ innata, che poi ho affi nato con il lavoro.

Lucilla Candeloro’s work seems to be the manifestation of an obsession. Indeed for many years she has devoted her attention to a single theme – that of the human fi gure. Candeloro has gathered together a massive collection of portraits which include family members, friends, acquaintances and strangers, whose features are portrayed with great rigour. This artist peers into the vast array of human idiosyncrasy, often portraying pathological (Elogio della follia), or violent (Striscia di Gaza) states, or natural (Disastri della terra) and human (Chernobyl) disasters. Anthropomorphism is forcefully present in her recent series, devoted to trees, the fi rst she has created outside of her human subjects.

Have you always had a predilection for portraits?Yes, I’ve always worked on representation – abstracts have never interested me. I’m a bit obsessed, always wondering how people feel, alone and in company. What interests me most is the anthropological aspect.

How do you choose your subjects? For the faces, I’ve put together a collection of photos of people I know and complete strangers, people I stopped in the street explaining what I wanted to do. I did a workshop with some children and this led to a series on childhood.Another group was the outcome of a work placement I did at a psychiatric hospital. From all these diverse experiences, I have collected material. It’s waiting to be used. I tend to reproduce the faces faithfully, but sometimes I use lots of imagination and the initial image is just a pretext.

Your work is part of the tradition of portraits, which has a history. Is this a conscious choice on your part? I think that my portraits have changed a lot over the course of time. The fi rst ones were more instinctive, more incisive; now they’re much more fi nished, “smoothed over”, perhaps because I’m moving away from this genre. Since last year I’ve been drawing trees, not using a pencil, just hands, fi ngers and brushes. Perhaps it’s unconscious, but somehow I don’t feel like doing faces like I used to.

Where does the series on trees come from? I was tired of faces, but I wanted to stay in the fi eld of representation. This new series sprang from considerations on sickness and death, both on an individual and social level. This is what led me to woods and burnt trees, but I see it as a continuation of my previous work; it’s as if I’d gone back from faces to fi gures. It was a necessity to change, not really explainable at the end of the day. What is left is the paper, which is always faithful, and black and white, which I prefer as a technique.

Your work contains very evident manual skill, which may not be a priority of contemporary art. This is not something I pursued, or did during my learning years. Although I trained formally (artistic lyceum, then art college), I wasn’t satisfi ed with my studies. I think what formed me more than anything else was my year in Berlin, where I had all the freedom of space and materials to work with, something I hadn’t had up until then. I’ve certainly always had an inclination towards drawing, maybe inborn, which I refi ned by working on it.

Restauro Santa Rita Cepagatti

Collezione opere d’arteKristian Zahrtmann

Manifestazionimusicali

Teatro - Alice nel paese delle meraviglie

Lucilla Candeloro Lucilla Candeloro

Lucilla Candeloro (Lanciano 1978)Candeloro attended the Artistic Lyceum “G. Misticoni “of Pescara. After having spent a year at the Academy of Berlin (UDK), where she studied drawing and engraving, she graduated in painting at the Academy of Fine Arts in Bologna.2004 saw her fi rst public art intervention in the Central Station of Bologna with the video installation Sogno di una sala d’attesa (dream of a waiting room), and the following year she was awarded a prize in the competition Murri Public Art curated by Valerio Dehò.In 2006 she took part in two editions of I Love Abruzzo where she presented her fi rst drawings in pencil on paper. In the succession of faces of children and elderly people, who make up her recurring iconography, she penetrates and investigates the emotions of the subjects portrayed, with a strong, instinctive stroke. The installation of her small-size faces presented at the Ex-Cofa in Pescara was to become monumental for the former tobacco factory in Città Sant’Angelo (Pe), and later for the Palazzo Lucarini Trevi (Pg). In 2007 she moved to Umbria where she lived and worked until 2010. The same year saw her fi rst solo exhibition with a critical review by Giorgio Bonomi, Ri/ Tratti, and an invitation to the exhibition Terra di Maestri in the rooms of Villa Fidelia, Spello (PG).In 2010 she was invited by Virginia Ryan to take part in the exhibition De l’esprit de l’eau at the Charles Donwahi Foundation in Abidjan on the Ivory Coast. In the same year she returned to Abruzzo where she currently lives and works.In the summer of 2012 she showed her new series of works at the Museum Laboratory of Città Sant’Angelo with a personal exhibition entitled Catarsi in nero on the theme of “trees”, with works using oxides on different-sized sheets of paper. At the same time she exhibited at the XLV edition of Vasto prize and at Fuoriuso InOpera, edited by Giacinto di Pietrantonio.

Lucilla Candeloro (Lanciano 1978)Compie la sua formazione presso il Liceo Artistico Statale “G. Misticoni” di Pescara. Dopo aver frequentato per un anno l’Accademia di Berlino (UDK), dove approfondisce lo studio del disegno e dell’incisione, si diploma in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Bologna.È del 2004 il primo intervento di arte pubblica nella Stazione Centrale di Bologna con la video installazione Sogno di una sala d’attesa; l’anno successivo viene premiata per il concorso Murri Public Art curato da Valerio Dehò. Nel 2006 partecipa alle due edizioni di I Love Abruzzo dove presenta i primi disegni realizzati a matita su carta. Nella resa grafi ca di quella successione di volti di vecchi e bambini, che costituiscono il suo ricorrente repertorio iconografi co, penetra e indaga, con un segno deciso e istintivo, l’emotività del soggetto ritratto. L’installazione con volti di piccolo formato presentati all’Ex-Cofa di Pescara diventano monumentali per gli spazi della Ex Manifattura Tabacchi di Città Sant’Angelo (Pe) prima, e il Palazzo Lucarini di Trevi (Pg) poi, quando nel 2007 si trasferisce in Umbria dove vive e lavora fi no al 2010. Nello stesso anno la sua prima personale con testo critico di Giorgio Bonomi Ri/Tratti e l’invito alla rassegna Terra di Maestri nel complesso di Villa Fidelia di Spello (Pg). Nel 2010 viene invitata da Virginia Ryan a partecipare alla mostra De l’esprit de l’eau presso la Charles Donwahi Foundation di Abidjan, in Costa D’Avorio. Nello stesso anno torna in Abruzzo dove attualmente vive e lavora.Nell’estate del 2012 presenta presso gli spazi del Museo Laboratorio di Città Sant’Angelo la personale Catarsi in nero dove espone la nuova serie di lavori sul tema degli “alberi”, realizzati con l’uso di ossidi su carte di diverso formato. Partecipa contemporaneamente alla XLV edizione del Premio Vasto e a Fuoriuso InOpera a cura di Giacinto di Pietrantonio.

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Vario ART

Cicco, 2008 - 48x33 cm, matita e olio su carta (courtesy M. Fiorentino)

Senza Titolo, 2006 - installazione 30 pezzi, 33x48 cm ognu-no, matita su carta

Senza Titolo, 2006 - installazione 30 pezzi, 33x48 cm ognu-no, matita su carta

Chernobyl, 2008serie 5 pezzi, 80x56 cm ognuno,carbone su fogli di quotidiano Striscia di Gaza, 2009 - progetto d’installazione, 150x1000 cm, matita su carta fronte retro, vista d’insieme e particolare

Elogio della Follia (serie). Dall’alto:Delirium, 2009 - 100x70 cm, olio su carta, insieme e particolare; Alle mie spalle, 2009 - 100x70 cm, olio su carta

Wiedersehen, 2012 - 70x300 cm, carboncino, ossido e grafi te su carta

di Simone Ciglia by Simone Ciglia

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Il lavoro di Lucilla Candeloro appare come la manifestazione di un’ossessione. Per diversi anni l’artista si è infatti dedicata a un unico tema: quello della fi gura umana. Candeloro ha raccolto un immenso archivio di ritratti in cui sono entrati familiari, amici, conoscenti o sconosciuti, le cui fattezze sono state tradotte attraverso il rigore del disegno. Dell’essere umano l’artista ha indagato gli aspetti più vari, spesso guardando alle manifestazioni patologiche (Elogio della follia), violente (Striscia di Gaza), o alle situazioni di disastri naturali (Disastri della terra) e umani (Chernobyl). L’antropomorfi smo è rimasto un carattere dominante anche in una recente serie dedicata agli alberi, la prima che Candeloro ha realizzato al di fuori del soggetto umano.

La scelta del ritratto che ha dominato il tuo lavoro è maturata fi n dall’inizio?Sì, ho sempre lavorato sul fi gurativo, l’astratto non mi ha mai interessato. Un po’ ossessiva lo sono: mi chiedo sempre come l’uomo possa sentirsi, da solo o insieme agli altri. L’aspetto antropologico è quello che m’interessa di più.

Come scegli i tuoi soggetti? Per quanto riguarda i volti, ho messo insieme una raccolta fotografi ca sia di persone che conoscevo sia di sconosciuti, persone fermate per la strada cui spiegavo quello che volevo fare. Da un laboratorio che ho fatto con i bambini è nata una serie sull’infanzia. Un altro gruppo di lavori è derivato da uno stage presso il servizio psichiatrico di un ospedale. Da queste diverse esperienze ho raccolto molto materiale che utilizzerò in seguito. Di base resto abbastanza fedele ai tratti somatici dei miei soggetti, altre volte invece sono andata a ruota libera e ho utilizzato l’immagine di partenza soltanto come un pretesto.

Il tuo lavoro s’inserisce più o meno coscientemente nella tradizione del ritratto, che ha una sua storia. Si tratta di una scelta consapevole da parte tua?In realtà penso che i ritratti siano cambiati molto nel corso del tempo. I primi erano molto più istintuali, veloci, con un segno più incisivo; adesso invece sono molto più fi niti, “leccati”, forse perché mi sto allontanando dal genere del ritratto. Dallo scorso anno ho realizzato infatti una serie sugli alberi in cui non ho usato la matita: è un lavoro di mani, dita e pennelli. Forse è una cosa inconscia, ma non riesco più a trattare i visi come facevo prima.

Da cosa è nata questa nuova serie degli alberi? Ero stanca dei volti, e volevo comunque rimanere nel campo fi gurativo. Questa nuova serie è partita da rifl essioni sui temi della malattia e della morte, a livello individuale come sociale. Da qui è nata l’immagine di boschi e alberi bruciati, ma la vedo come una continuazione del lavoro precedente: è come se dal volto fossi tornata alla fi gura. È stata una necessità di cambiamento, alla fi ne non spiegabile. Quello che resta è la carta, fedelissima, e il bianco e nero che prediligo a livello di tecnica.

Nei tuoi lavori poi c’è una esibita componente di manualità, che forse nell’arte contemporanea non è tra le priorità. Non si tratta di una cosa che ho inseguito, o almeno l’ho fatto durante la mia formazione. Nonostante abbia seguito l’iter canonico (liceo artistico e poi accademia), non ero soddisfatta dei miei studi. Credo che ciò che mi abbia maggiormente formato sia stato l’anno di studio a Berlino, durante cui mi sono stati concessi lo spazio e i mezzi per lavorare, cosa che fi no a quel momento non avevo avuto. Sicuramente ho sempre coltivato una propensione per il disegno, forse un po’ innata, che poi ho affi nato con il lavoro.

Lucilla Candeloro’s work seems to be the manifestation of an obsession. Indeed for many years she has devoted her attention to a single theme – that of the human fi gure. Candeloro has gathered together a massive collection of portraits which include family members, friends, acquaintances and strangers, whose features are portrayed with great rigour. This artist peers into the vast array of human idiosyncrasy, often portraying pathological (Elogio della follia), or violent (Striscia di Gaza) states, or natural (Disastri della terra) and human (Chernobyl) disasters. Anthropomorphism is forcefully present in her recent series, devoted to trees, the fi rst she has created outside of her human subjects.

Have you always had a predilection for portraits?Yes, I’ve always worked on representation – abstracts have never interested me. I’m a bit obsessed, always wondering how people feel, alone and in company. What interests me most is the anthropological aspect.

How do you choose your subjects? For the faces, I’ve put together a collection of photos of people I know and complete strangers, people I stopped in the street explaining what I wanted to do. I did a workshop with some children and this led to a series on childhood.Another group was the outcome of a work placement I did at a psychiatric hospital. From all these diverse experiences, I have collected material. It’s waiting to be used. I tend to reproduce the faces faithfully, but sometimes I use lots of imagination and the initial image is just a pretext.

Your work is part of the tradition of portraits, which has a history. Is this a conscious choice on your part? I think that my portraits have changed a lot over the course of time. The fi rst ones were more instinctive, more incisive; now they’re much more fi nished, “smoothed over”, perhaps because I’m moving away from this genre. Since last year I’ve been drawing trees, not using a pencil, just hands, fi ngers and brushes. Perhaps it’s unconscious, but somehow I don’t feel like doing faces like I used to.

Where does the series on trees come from? I was tired of faces, but I wanted to stay in the fi eld of representation. This new series sprang from considerations on sickness and death, both on an individual and social level. This is what led me to woods and burnt trees, but I see it as a continuation of my previous work; it’s as if I’d gone back from faces to fi gures. It was a necessity to change, not really explainable at the end of the day. What is left is the paper, which is always faithful, and black and white, which I prefer as a technique.

Your work contains very evident manual skill, which may not be a priority of contemporary art. This is not something I pursued, or did during my learning years. Although I trained formally (artistic lyceum, then art college), I wasn’t satisfi ed with my studies. I think what formed me more than anything else was my year in Berlin, where I had all the freedom of space and materials to work with, something I hadn’t had up until then. I’ve certainly always had an inclination towards drawing, maybe inborn, which I refi ned by working on it.

Restauro Santa Rita Cepagatti

Collezione opere d’arteKristian Zahrtmann

Manifestazionimusicali

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