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SOCIETÀ CULTURALE ITALIANA VETERINARI PER ANIMALI DA COMPAGNIA SOCIETÀ FEDERATA ANMVI RICHIESTO ACCREDITAMENTO in collaborazione con INFORMATION SCIVAC Secretary Palazzo Trecchi, via Trecchi 20 Cremona Tel. (0039) 0372-403504 - Fax (0039) 0372-457091 [email protected] www.scivac.it organizzato da certificata ISO 9001:2000 Close window to return to IVIS

caldin acetilcolinesterasi acidi biliari

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SOCIETÀ CULTURALE ITALIANAVETERINARI PER ANIMALI DA COMPAGNIA

SOCIETÀ FEDERATA ANMVI

RICHIESTO ACCREDITAMENTO

in collaborazione con

INFORMATIONSCIVAC Secretary

Palazzo Trecchi, via Trecchi 20 CremonaTel. (0039) 0372-403504 - Fax (0039) 0372-457091

[email protected] www.scivac.it

organizzato da certificata ISO 9001:2000

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INTRODUZIONE

Da tempi non recenti lo studio della funzione epaticacostituisce ambito di discussione per internisti e patologiclinici data la complessità e molteplicità delle funzionisvolte dal fegato. I segni clinici che derivano dalle altera-zioni funzionali epato-biliari sono numerosi, così comenumerose sono le funzioni assolte da quest’organo, e nonsempre caratteristici. Da qui l’esigenza di disporre di testdiagnostici che documentino con affidabilità l’origine epa-to-biliare di taluni segni clinici di difficile interpretazionecome ad es. l’apatia, la disoressia e molti altri ancora. Ilfegato viene considerato un vero e proprio sofisticato labo-ratorio “interno” che ha l’ambizione di farsi giudicareesclusivamente da un altro laboratorio. L’esigenza di dis-porre di test di semplice utilizzo, possibilmente di bassocosto e con una affidabilità diagnostica elevata, in terminidi sensibilità e specificità, è quindi molto sentita. Nell’ulti-mo decennio la scena diagnostica è stata dominata dagliacidi biliari sierici pre e post prandiali che si sono consoli-dati come gold standard per lo studio della funzione epati-ca, soppiantando test più tradizionali quali il dosaggio deicoloranti organici (verde di indocianina e bromosulftaleina)e dell’ammoniemia. Tale superamento si è verificato data lastabilità degli acidi biliari sul campione sierico, in grado diresistere settimane a temperatura ambiente, e la facilità del-l’analisi se paragonata alla esecuzione dell’ammoniemia edei coloranti organici. In questo periodo, fiorente di pub-blicazioni scientifiche che relazionano tali test a svariatepatologie epatiche, quali ad esempio le anomalie vascolariporto-sistemiche, si sono venuti delineando alcuni aspettilimitativi l’utilizzo degli stessi, che verranno presi in consi-derazione successivamente.

ACIDI BILIARI SIERICI

Gli acidi biliari sierici (SBA) vengono dosati su siero edevono essere utilizzate metodiche appositamente validateper la specie canina e felina. Gli intervalli di riferimentosono differenziati in rapporto al momento del prelievo (adigiuno o due ore dopo il pasto) evidenziando livelli più ele-vati nella fase post-prandiale poiché maggiore è il carico diacidi biliari che verranno sottoposti a clearance da parte delfegato. Un’idonea fase pre-analitica (corretto prelievo emanipolazione dei campioni) per il dosaggio degli acidibiliari sierici è un requisito indispensabile giacché l’emolisi

e la lipemia sono in grado di influenzare notevolmente irisultati analitici. Gli intervalli di riferimento variano dalaboratorio a laboratorio in funzione delle metodiche usate edella sensibilità e specificità che il singolo laboratorio vuoledare a questi test. Un dosaggio singolo degli SBA si è dimo-strato insufficiente in molte condizioni di epatopatia, motivoper il quale si è ricorsi ad una prova da carico epatico. Taleprova consiste nel mantenere a digiuno il paziente per alme-no 12 ore, dopo le quali si passa alla raccolta di un campio-ne di siero contemporaneamente alla somministrazione di unpasto che abbia idonee quantità di proteine e grassi. Si pre-ferisce che la quantità di cibo assunto sia minimale dandocome indicazione di massima due cucchiaini da thè per ipazienti di peso inferiore ai cinque chilogrammi, e due cuc-chiai da tavola per i soggetti di grossa taglia. Un pastoabbondante sembra essere sconsigliato in quanto il ritardatosvuotamento gastrico, relativamente alla quantità di ciboingerito, può pregiudicare i risultati della prova. Dopo dueore dalla somministrazione del pasto si raccoglie un secon-do campione di siero ove si esamineranno gli SBA post-prandiali. Questi ultimi sono più diagnostici in quanto dopol’assunzione di cibo avviene la contrazione della cistifellea,colecistochinina mediata, che induce la liberazione di unagran quantità di bile a livello intestinale finalizzata allaemulsione lipidica e quindi all’assorbimento dei grassi. Lamaggior parte degli SBA liberati a livello intestinale vieneriassorbita e sottoposta ad un circolo entero-epatico ad altaefficienza di estrazione epatica (clearance portale). In con-dizioni di insufficienza epatica sub-clinica l’incrementopost-prandiale del pool di acidi biliari, che arriva attraver-so il circolo portale al fegato viene captato e quindi estrat-to solo parzialmente dal fegato (clearance epatica) eviden-ziando così insufficienze epatiche anche modeste. Al con-trario, in condizioni basali, la quantità di acidi biliari cheentra nel sistema portale è abbastanza modesta e consentecomunque anche ad un fegato insufficiente di esercitareuna funzione di clearance portale idonea per quel carico diacidi biliari. L’interpretazione dei risultati deve considerareche la contrazione della vescica biliare può essere indipen-dente dal pasto. Quindi occasionalmente se i pazienti che cigiungono a visita contraggono la cistifellea due ore primadel primo prelievo, mettono in evidenza livelli di SBA piùelevati rispetto ai post-prandiali. Questo deve essere tenutonella debita considerazione quando vengono interpretati irisultati in quanto devono essere applicati gli intervalli diriferimento dei post-prandiali (notoriamente molto più ele-vati) ai pre-prandiali.

Nuove metodiche per lo studio della funzione epatica:colinesterasi sierica ed acidi biliari urinari

Marco Caldin

Med Vet, Padova

50° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC

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50° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC

La sensibilità e la specificità nei confronti delle alterazio-ni funzionali epatiche, dimostrate nel tempo, hanno giustifi-cato la posizione di rilievo che queste molecole hanno assun-to nello studio delle epatopatie. Ciononostante, alcune limi-tazioni si sono rese evidenti, e tra queste vanno ricordate:1) i soggetti epatopatici sovente sono disoressici se non

anoressici ostacolando la realizzazione degli acidi biliaripost-prandiali ritenuti più diagnostici dei pre-prandiali

2) ritardati svuotamenti gastrici possono inficiare i risultati3) il transito intestinale ritardato, condizione non infrequen-

te in corso di epatopatia, può anch’esso ostacolare il rag-giungimento da parte degli SBA dell’ileo ove avverràl’assorbimento attivo dei medesimi consentendo di valu-tare l’efficacia della clearance portale

4) condizioni di malassorbimento possono condizionare ilivelli ematici degli acidi biliari

5) interpretazioni dei risultati mediamente più complessa.6) una volta alimentato il paziente, difficilmente nella stes-

sa giornata può poi essere sottoposto ad altri prelieviematici o procedure diagnostiche aggiuntive, ritardandonel complesso l’intero iter diagnostico necessario.Nasce quindi l’esigenza di disporre di un test che pre-

senti la stessa affidabilità diagnostica degli SBA ma che eli-mini le complicazioni derivanti dall’alimentazione, dal dop-pio campionamento e che sia di semplice interpretazione.

ACIDI BILIARI URINARI

Notevole interesse, di recente, è stato rivolto al dosaggiodegli acidi biliari urinari (UBA), in quanto le urine potreb-bero rappresentare una sintesi efficace delle fluttuazioni sie-riche degli SBA cagionate dalla contrazione della cistifelleache avvengono durante il pasto od indipendemente dallostesso.

Alcune opportune modifiche al sistema enzimatico-colo-rimetrico si sono dovute approntare, in quanto in alcune spe-cie animali, gli acidi biliari urinari vengono eliminati dopoessere stati sottoposti ad un processo di sulfatazione (USBA)che li rende maggiormente idrosolubili abbassando la clea-rance renale dei medesimi. Le varianti così apportate con-sentono di identificare tre specie molecolari: acidi biliari sul-fatati (USBA), acidi biliari non sulfatati (UNSBA), acidibiliari sulfatati e non sulfatati (USBA + UNSBA). Dosaggisimultanei degli acidi biliari sierici hanno consentito di veri-ficare un buona correlazione soprattutto tra questi ultimi egli UNSBA e/o in alternativa con USBA+UNSBA, a testi-moniare che nella specie canina e felina la sulfatazione nonè una modalità privilegiata di eliminazione degli acidi bilia-ri. Il dosaggio degli UBA risente in modo molto pesantedella concentrazione idrica del campione urinario e appared’obbligo quindi la normalizzazione della concentrazioneurinaria di questi analiti rispetto alla creatinina urinaria,

consentendo così una valutazione quantitativa più rapporta-ta ai difetti di clearance portale o di secrezione epatica degliUBA, indipendentemente dalla diluizione del campione uri-nario. La letteratura sembra delineare una minore sensibili-tà degli UBA rispetto ai SBA, ma una migliore specificità.È opinione dell’Autore che studi più ampi e dettagliatipotranno meglio delineare le vere caratteristiche di sensibi-lità e specificità di questi nuovi test, ma che sicuramentepresentano caratteristiche intrinseche che li rendono parti-colarmente attraenti dal punto di vista clinico applicativo.Basti pensare alla riduzione dei costi, alla semplificazionedei prelievi e ad una più agevole interpretazione analitica.Queste caratteristiche rendono l’utilizzo degli UBA unostrumento clinico particolarmente valido e relativamentesemplice in grado di affiancare l’internista nello studio deipazienti epatopatici.

COLINESTERASI (PChe)

La PChe è un enzima che idrolizza i derivati dell’acetil-colina. Esistono due tipi di colinesterasi, la pseudocolineste-rasi, che presenta una serie di sinonimi (Che o PChe dettaanche acilcolina acilidrolasi, buttirilcolinesterasi, colineste-rasi non specifica etc.) e la vera colinesterasi (AChe, acetil-colina acetilidrolasi, colinesterasi I, colinesterasi specifica).Il primo enzima (PChe) si trova normalmente nel siero ovepuò essere facilmente dosato mediante metodiche automa-tizzate di recente validazione nella specie canina. Tale enzi-ma, costituisce un vero e proprio test di funzionalità epaticanella specie umana, essendo la produzione epatica dell’enzi-ma associata alla produzione albuminica. Nella specie cani-na viene di solito utilizzato per la diagnosi di avvelenamen-ti da organofosforici e carbamati, ma nulla si conosce sul suosignificato relativamente alle epatopatie canine. L’Autore hautilizzato per alcuni anni il dosaggio di tale enzima, eviden-ziando una buona correlazione tra questo test e gli acidibiliari sierici e la biopsia epatica. Le osservazioni raccolte inquesto studio delineano che la PChe sierica del cane in cor-so di epatopatie, al contrario della specie umana, può ancheaumentare. Le epatopatie aspecifiche determinano moderatiinnalzamenti, maggiori in caso di cirrosi epatica. Anche se lasensibilità e la specificità del test non sono altissime, è opi-nione dell’Autore che l’integrazione di questo test con altritest di funzionalità epatica possa contribuire ad una migliorvalutazione clinica globale del paziente.

Indirizzo per la corrispondenza:Marco CaldinClinica Veterinaria Privata “San Marco”v. Sorio 114/c, 35141 PadovaE-mail: [email protected]

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