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Calcolo Razionale Delle Sovrastrutture Stradali Tramite Le Serie Doppie Di Fourier
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CALCOLO RAZIONALE DELLE SOVRASTRUTTURE STRADALI TRAMITE LE
SERIE DOPPIE DI FOURIER
Mauro Coni
Dipartimento di Ingegneria del Territorio Facoltà di Ingegneria
Università degli Studi di Cagliari
CALCOLO RAZIONALE DELLE SOVRASTRUTTURE STRADALI TRAMITE LE
SERIE DOPPIE DI FOURIER
Mauro Coni
Dipartimento di Ingegneria del Territorio Facoltà di Ingegneria
Università degli Studi di Cagliari
Nella memoria viene illustrata una metodologia per l’analisi strutturale delle pavimentazioni stradali, sollecitate da carichi statici. Il problema del calcolo di una sovrastruttura è tuttavia complicato dalla natura dinamica dei carichi, dalla presenza di sollecitazioni termiche e dai possibili fenomeni di fatica dei materiali. Inoltre le caratteristiche di viscoelasticità di alcuni strati sono di difficile determinazione sperimentale e quindi in genere mal conosciute. La memoria si limita alla sola sollecitazione determinata dai carichi transitanti nell’ipotesi di materiali elastici lineari, omogenei e isotropi. Lo studio del caso dinamico, e di contemporanea presenza di carichi veicolari e termici, viene rimandato a un ulteriore approfondimento. Il punto di partenza sono le equazioni della meccanica del continuo, che sono state integrate da Westergaard, pervenendo ad una soluzione approssimata nel caso di una sovrastruttura rigida. Westergaard fornisce semplici relazioni, estremamente utili in fase progettuale, che forniscono le massime tensioni, e i momenti, in tre semplici situazioni di carico. Il metodo proposto fornisce una soluzione del problema in forma aperta, rapidamente convergente. La deformazione normale al piano dello strato viene ricercata attraverso la decomposizione del carico in serie doppia. Ciascun termine di tale serie è soluzione dell’equazione indefinita di equilibrio elastico, a patto di assumere opportuni coefficienti per wm,n. Il principio di sovrapponibilià degli effetti consente di pervenire alla soluzione sotto qualsiasi distribuzione del carico, purchè questo non sia diposto sul contorno. In qualsiasi punto della pavimentazione si possono ottenere gli spostamenti, gli sforzi e le componenti di azione interna. Due esempi numerici precisano meglio la metodologia operativa seguita. Purtroppo permane allo stato attuale un’importante limitazione, l’impossibilità di studiare il caso di un carico disposto sul bordo o sullo spigolo della piastra. Infine il metodo proposto è stato posto a confronto con i risultati derivanti dalle teorie di Westergaard e del multistrato elastico, nonchè con quelli derivanti dal metodo agli elementi finiti. I risultati sono in ottimo accordo con quelli delle teorie classiche, soprattutto per le pavimentazioni di tipo rigido, mentre si discostano in misura maggiore per quelle flessibili e semirigide. E’ necessario che il metodo proposto venga verificato attraverso l’indagine sperimentale, e che sia approfondito lo studio dei parametri che descrivono la reazione del sottofondo.
Indice 1 Introduzione 2 Considerazioni teoriche e pratiche sul calcolo delle pavimentazioni 3 Impostazione del problema 4 La soluzione formulata da Westergaard 5 Il metodo proposto: soluzione mediante le serie doppie di Fourier 6 Errori del metodo 7 Esempio I 8 Esempio II 9 Considerazioni sul metodo proposto 10 Confronto con i risultati dedotti dal metodo agli elementi finiti 11 Conclusioni
Lista dei simboli
D coefficiente di rigidezza flessionale p(x,y) carico sul generico elementino dx dy E modulo di elesticità νννν coefficiente di Poisson s spessore dello strato σσσσ stato di sforzo normale ττττ stato di sforzo tangenziale M,T componenti di azione interna momento e taglio ΣΣΣΣ superficie media di un generico strato w(x,y) componente di spostamento normale alla superficie media g(x,y) carico esterno q(x,y) reazione distribuita sulla faccia inferiore dello strato K modulo di reazione l raggio di rigidità relativa Z funzione ausiliaria complessa εεεε variabile adimensionale r/l J0 funzione di Bessel di ordine 0 H0 funzione di Hankel di ordine 0
a raggio di impronta supposta circolare a,b dimensioni della lastra rettangolare
1 Introduzione Numerosi sono stati i metodi empirici e semiempirici messi a punto per il calcolo
delle sovrastrutture stradali. Altrettanto numerosi sono quelli di tipo razionale sempre
più utilizzati. Tra le procedure classiche di calcolo, il metodo del multistrato è
sicuramente quello che ha avuto maggior successo, sia per la sua semplicità
concettuale, che per la possibilità di essere applicato indifferentemente a sovrastrutture
flessibili, semirigide o rigide. La disponibilità degli elaboratori ha consentito di
conseguire negli ultimi anni soluzioni e metodi di tipo approssimato. A partire dalle
equazioni che definiscono la meccanica del continuo ci si accontenta di descrivere la
soluzione in un numero limitato di punti. Tra questi il metodo agli elementi finiti
(FEM) sta avendo una rapida diffusione, per la versatilità di impiego e per la
precisioni dei risultati forniti (dimensioni, moduli e spessori degli strati, carichi
possono essere qualunque, mentre, ad esempio, nella teoria di Boussinesq e di
Westergaard, la giacitura degli strati deve essere orizzontale, il carico distribuito su di
un area circolare o ellittica, etc.). Il metodo che viene presentato è da annoverarsi tra i
metodi approssimati. La soluzione è fornita in forma aperta ma rapidamente
convergente.
2 Considerazioni teoriche e pratiche sul calcolo delle pavimentazioni
Qualunque sia il metodo di calcolo utilizzato, nelle soluzioni permangono comunque
incertezze, legate soprattutto alla difficoltà di caratterizzare il terreno e i materiali di
fondazione con parametri rispondenti ad uno schema teorico che abbiano una
corrispondenza soddisfacente con la realtà. Ciò è vero anche per il metodo agli
elementi finiti ogni volta che si modellizza la sovrastruttura con le ipotesi di campo
elastico lineare.
Queste difficoltà non vengono affrontate nel presente studio, che invece si limita a
fornire una soluzione di calcolo alternativa, ricorrendo alle tradizionale ipotesi di
materiali con legame sforzi-deformazioni lineare, caratterizzate da un modulo E.
3 Impostazione del problema Si consideri un generico elementino all’interno di un generico strato della
sovrastruttura:
Fig.1 Generico elementino all’interno della pavimentazione
nell’ipotesi che gli strati si possano considerare omogenei, isotropi ed elastici e che
lo strato sottostante reagisca verticalmente ed in modo proporzionale al cedimento,
l’equazione di Lagrange fornisce l’equazione di equilibrio indefinito per un generico
elementino dello strato sottile, che descrive la componente dello spostamento w
ortogonale al piano medio dello strato:
D w x y p x y∇ =4 ( , ) ( , ) (1)
se con ∇ 4 si è indicato l’operatore
∇ = ∇ ∇ = + +4 2 22
2
2
2
2
2
2
2(...) ( (...)) ( (...) (...))( )∂∂
∂∂
∂∂
∂∂x y
wx
wy
(2)
con p il carico esterno sull’elementino mentre con D il coefficiente di rigidezza flessionale:
D Es=−
3
212 1( )ν (3)
dove: s spessore dello strato E modulo di Young νννν coefficiente di Poisson
Fig.2 Sforzi agenti sul generico elementino
Se si riesce ad integrare la (1), è possibile esprimere lo stato di sforzo e le componenti
di azione interna tramite:
σν
∂∂
ν ∂∂x
Ez wx
wy
= −−
+1 2
2
2
2
2( ) M D wx
wyx = − +( )∂
∂ν ∂
∂
2
2
2
2
σν
∂∂
ν ∂∂y
Ez wy
wx
= −−
+1 2
2
2
2
2( ) (4) M D wy
wxy = − +( )∂
∂ν ∂
∂
2
2
2
2
τν
∂∂ ∂xy
Ez wx y
= −+1
2 M D w
x yxy = − −( )12
ν ∂∂ ∂
(5)
T D wx
wx yx = − +( )∂
∂ν ∂
∂ ∂
3
3
3
2
T D wy
wy xy = − +( )∂
∂ν ∂
∂ ∂
3
3
3
2
Le condizioni al contorno esprimono per un lato incastrato che siano nulli gli
spostamenti e la rotazioni, per un lato appoggiato che gli spostamenti siano nulli e i
momenti pari a quelli esterni applicati sul bordo, per un lato libero che il momento e il
taglio del generico elemento di confine devono essere in equilibrio con le azioni di
bordo (momenti e forze).
L’equazione (1) deriva dalla scrittura delle condizioni di equilibrio del generico
elementino, qualora siano valide le (3) e (4). Queste sono state ricavate a partire dalle
ipotesi di Kircoff:
a) ogni punto appartenente alla superficie media (ΣΣΣΣ) della configurazione indeformata
si muove ortogonalmente a detta superficie;
b) il generico segmento materiale AB, rettilineo e ortogonale alla ΣΣΣΣ nella
configurazione indeformata si mantiene tale a deformazione avvenuta
Queste due ipotesi non sono altro che una generalizzazione dell’ipotesi di
indeformabilità delle sezioni piane nella teoria delle travi inflesse. In pratica tali
ipotesi sono attendibili qualora gli spostamenti siano piccoli, e lo spessore s della
piastra sottile, ipotesi che risultano accettabili nel caso delle sovrastrutture stradali.
Il problema espresso dall’equazione (1) e dalle relative condizioni al contorno non si
sa in genere risolvere in modo chiuso. Sono stati prosti diversi metodi per pervenire ad
una soluzione approssimata del problema. Uno di questi è appunto quello proposto
nel 1926 da Westergaard, che trova ancor oggi applicazione nel calcolo delle
sovrastrutture rigide.
4 La soluzione formulata da Westergaard
La (1) vale nel caso generale di una piastra sottile soggetta ad un carico p(x,y) e a
delle azioni di bordo M, F. Nel caso stradale Westergaard ha modificato la (1)
esprimendo il carico p(x,y) come somma di due contributi: uno dovuto ai carichi
applicati sulla faccia superiore dello strato g(x,y) (che rappresentano i carichi
veicolari), l’altro dovuto dalla reazione del piano di posa applicato sulla faccia
inferiore q(x,y). Westergaard ha assunto questa componente proporzionale al
cedimento.
q(x,y) = -K w(x,y) (6)
Interviene come si osserva un coefficiente di proporzionalità K che non è altro che il
modulo di reazione del piano di posa. Le esperienze di Westergaard hanno descritto
in modo preciso le modalità sperimentali per la determinazione di tale parametro.
Pertanto la (1) si modifica nella:
D w x y Kw x y g x y∇ + =4 ( , ) ( , ) ( , ) (7)
Per la soluzione di questa equazione Westergaard innanzitutto si ipotizza una
situazione di assialsimmetria; è pertanto conveniente passare dalle coordinate
cartesiane a quelle cilindriche con origine in corrispondenza dell’asse del carico. Se r
è la distanza di un punto generico del piano medio dall’origine O (misurata in pianta),
l’operatore ∇ 4 diviene:
∇ = ∇ ∇ = + +4 2 22
2
2
2
1 1(...) ( (...)) ( (...) (...))( )dr r
ddr
d wr r
dwdr∂ ∂
(8)
Westergaard ha introdotto un parametro denominato raggio di rigidità relativa
pari a:
l DK
EsK
= =−
43
24
12 1( )ν (9)
che introdotta nella (7) consente di porre il problema nella seguente forma:
l w w4 4 0∇ + = (10)
La risoluzione della (10) viene perseguita dapprima nel caso di carico concentrato P disposto in O. Si consideri la funzione complessa:
Z = w + i l² ∇ ² w ( )i = −1 (11)
e poichè l Z iZ l w il w iw l w i l w w2 2 2 2 4 2 2 2 2 4 4∇ + = ∇ + ∇ ∇ + − ∇ = ∇ +( ) la (11) sarà
soddisfatta quando sarà:
l² ∇ ² Z = i Z = 0 (12)
Con questo artificio la risoluzione dell’equazione differenziale del 4° ordine (10) è
ricondotta a quella di una di 2° ordine in Z. L’equazione (12) è soddisfatta da una
combinazione di funzioni di Bessel e Hankel di ordine 0 e argomento
x rl
i i= = ε , se εεεε è una nuova variabile adimensionale r/l.
In queste condizioni la funzione risolvente è:
Z a J i a J i a H i a H i= + − + + −1 0 2 0 3 0 4 0( ) ( ) ( ) ( )ε ε ε ε (13)
Le funzioni di Bessel e Hankel di ordine 0 sono funzioni note, complesse coniugate:
J i Z iZ0 ( ) ' ( ) ' ' ( )ε ε ε= +
5 Il metodo proposto: soluzione mediante le serie doppie di Fourier
Il metodo non è altro che l’applicazione della risoluzione proposta da Navier alla
teoria dell’elesticità delle piastre sottili, soluzione perseguita attraverso l’impiego
delle serie doppie di Fourier. La seguente trattazione è riferita ad una piastra
rettangolare appoggiata lungo tutto il contorno, situazione che può essere
ragionevolmente accettata nel caso di sovrastrutture stradali se si considera che ad una
distanza di 20÷÷÷÷25 volte lo spessore i cedimenti sono trascurabili e pertanto la piastra
si può ritenere come semplicemente appoggiata (per una piastra di 8 x 8 m di cls dello
spessore di 20 cm, poggiata su di uno strato con modulo di reazione di 20 Kg/cm³, caricata con 6 t., in
corrispondenza dell’asse del carico il cedimento vale 111.3 µm, mentre ad una distanza di 4 m da
questo vale 0.5 µm. Calcolo eseguito con il metodo agli elementi finiti).
Fig. 3 Piastra semplicemente appoggiata sul contorno
In queste ipotesi vale l’equazione (7), con le condizioni al contorno:
W
wx
wy
contorno
contorno contorno
=
=
=
0
02
2
2
2
∂∂
∂∂
(26)
La prima esprime che i cedimenti sul bordo appoggiato sono nulli, la seconda che
anche i momenti, in assenza di azioni di bordo, siano nulli lungo tutto il contorno.
Si consideri ora il comportamento della piastra sotto un carico di tipo sinusoidale del
tipo:
g x y g sin m xa
sin n ybm n( , ) ,= π π (27)
per m = n = 1 la distrubuzione è quella mostrata in figura
Fig.4 Distribuzione di un carico sinusoidale Per valori maggiori di m ed n si ha una distribuzione del carico detta “a scacchiera”
Fig.5 Distribuzione di un carico a scacchiera
Ora è abbastanza semplice verificare che l’equazione (7) è soddisfatta da una funzione
w(x,y) del tipo:
w x y w sin m xa
sin n ybm n( , ) ,= π π (28)
occorre però assegnare alla wm,n una opportuna espressione. Osserviamo
innanzitutto che:
∂∂
π π π4
4
4wx
w ma
sin m xa
sin n ybm n=
, (29)
∂∂
π π π4
4
4wy
w nb
sin m xa
sin n ybm n=
, (30)
∂
∂ ∂π π π π4
2 2
2 2wx y
w ma
nb
sin m xa
sin n ybm n=
, (31)
da queste si deduce che:
∇ = +
4 4
2
2
2
2
2
w w ma
nb
sin m xa
sin n ybm n, π π π (32)
La (28) e la (32) introdotte nella (7) consentono di scrivere:
Dw ma
nb
sin m xa
sin n yb
Kw sin m xa
sin n yb
g sin m xa
sin n ybm n m n m n, , ,π π π π π π π4
2
2
2
2
2
+
+ = (33)
da questa è possibile esprimere wm,n in funzione di gm,n:
wg
D ma
nb
Km n
m n,
,=
+
+π4
2
2
2
2
2 (34)
e quindi l’espressione della superficia media che soddisfa l’equazione differenziale
dell’equilibrio elestico diventa:
w x yg
D ma
nb
K
sin m xa
sin n yb
m n( , ) ,=
+
+π
π π
42
2
2
2
2 (35)
Questa espressione soddisfa anche le condizioni al contorno espresse dalle (26), basta
osservare che per x = 0 o per x = a l’argomento della funzione seno vale 0 o mπ; per
la seconda delle condizioni (26) essendo le derivate di ordine pari della funzione seno,
pari alla funzione stessa a meno di una costante vale la medesima considerazione. A
questo punto introduciamo le serie doppie di Fourier, attraverso le quali è possibile
formulare una decomposizione di una qualunque distribuzione di carico g(x,y)
attraverso uno sviluppo in serie del tipo:
g x y g sin m xa
sin n ybm n
nm
( , ) ,==
∞
=
∞
∑∑ π π11
(36)
J i Z iZ0 ( ) ' ( ) ' ' ( )ε ε ε− = −
H i Z iZ IV0 ( ) ' ' ' ( ) ( )ε ε ε= + (14)
H i Z iZ IV0 ( ) ' ' ' ( ) ( )ε ε ε− = −
Le funzioni Z’(εεεε), Z’’(εεεε), Z’’’(εεεε), Z IV (εεεε) corrispondono alle seguenti espressioni: Z ' ( ) ( / )
( !)( / )
( !)( / )
(. . . . . . . .ε ε ε ε= − + − +1 2
22
42
6!)
4
2
8
2
12
2
Z ' ' ( ) ( / )( !)
( / )( !)
( / )( !)
...... ..ε ε ε ε= − + − +21
23
25
2
2
6
2
10
2
Z Z R' ' ' ( ) ' ( )ε ε= − 2 (15)
Z Z RIV ( ) ' ' )ε ε= − 1
R Z Z1 2
42
822 2
2 1 12
22
1 12
13
14
42= − +
+−
+ + ++
π
ε γε επ
ε ε' ( ) ln ' ' ( )( !)
( / )( !)
( / ) .....
R Z Z2
22
62
1022 2
2 21 1
213
32
1 12
13
14
15
52= + + −
+ +−
+ + + ++
π
ε γε επ
ε ε ε' ' ( ) ln ' ( ) ( / )( !)
( / )( !)
( / ) .....
dove con ln γγγγ = 0.577216 si è indicata la costante di Eulero. Limitando gli sviluppi in
serie delle (15), per i piccoli valori di ε si ha:
Z ' = −164
4ε
Z ' ' = − ε 2
4
Z ' ' ' ln= − −
−12 2
12 128
24 4επ
γε ε (16)
Z IV = − + −
−ε
πγε ε ε
π
2 4 4
82
21
64364
ln
Riprendendo la (13), introduciamo le (14): Z a Z iZ a Z iZ a Z iZ a Z iZIV IV= + + − + + + −1 2 4( ' ' ' ) ( ' ' ' ) ( ' ' ' ) ( ' ' ' ) (17) o in forma più compatta: Z C Z C Z i C Z C Z IV= + + +( ' ' ' ' ) ( ' ' )1 3 2 4 (18)
con
gab
g x y sin m xa
sin n xbm n
ba
, ( , )= ∫∫4
00
π π (37)
Ciascun termine della serie (36) soddisfa la (7) e le condizioni al contorno (26), e per la
sovrapponibilità degli effetti sommando tutte le w(x,y), si ottiene la funzione della superficie
elastica deformata del piano medio soggetta al carico assegnato g(x,y).
w x yg
D ma
nb
Ksin m x
asin n y
bn m
nm
( , ) ,=+
+=
∞
=
∞
∑∑π
π π
42
2
2
211
(38)
Nota la w(x,y) attraverso le (4) e (5) si ricavano gli sforzi e le componenti di azione interna.
Ora sono noti esattamente i cedimenti della lastra da cui si può ricavare la reazione in ogni
punto dello strato sottostante. Questa rappresenta il carico g(x,y) che verrà applicato allo
strato inferiore per ripetere il calcolo nell’ipotesi che il piano di posa su cui poggia reagisca
con un modulo di reazione K’.
La procedura può essere ripetuta per tutti gli strati pervenendo così alla soluzione in ciascun
punto di qualunque strato. L’integrale (37) è di facile computazione qualora g(x,y) sia
costante, cosa che però non accade. Per il suo calcolo è possibile suddividere il dominio di
integrazione in porzioni all’interno delle quali considerare g(x,y) costante:
:
distribuzione effettiva della reazione discretizzazione della reazione supposta costante su domini rettangolari
Fig. 6 Discretizzazione del carico e della reazione del terreno
E’evidente che tutto il metodo richiede un notevole impegno di calcolo ed non può essere
certamente perseguito senza l’ausilio di un elaboratore. Particolare attenzione viene posta al
valore del modulo di reazione da introdurre nella procedura. Il suo valore rappresenta la
reazione elastica di uno strato ad un dato cedimento. Nella (7) il termine q(x,y) = -K w(x,y)
presuppone che il terreno di sottofondo non sia in grado di sopportare alcuno sforzo di taglio.
In effetti qualora sulla fondazione sia poggiata una piastra rigida (Esempio I), continua,
indefinita lo sforzo di taglio è di modesta entità, e poco importa se il terreno sia capace o no di
resistere a tali sforzi. Da quanto detto discende che ci si deve attendere, per gli strati flessibili,
un maggiore errore (Esempio II). Per questi la sua determinazione è legata in modo molto
stretto alle modalità di applicazione del carico.
Le fasi di calcolo possono essere riassunte come segue:
definizione dei carichi (entità, superfici su cui agiscono, posizione geometrica), moduli di deformazione e di reazione, coef. Poisson, spessori P1, P2, ... E1,E2,... µµµµ1, µµµµ2,... K1, K2, ... s1, s2, ...
calcolo delle deformazioni, sforzi e componenti di azione interna, dello strato più superficiale W1 σσσσ ττττ N M T
calcolo delle deformazioni, sforzi e componenti di azione interna, dello secondo strato W2 σσσσ‘ ττττ‘ N’ M’ T’
. . . . . . . . .
calcolo della reazione distribuita del secondo strato g’(x,y) = K1 W1
calcolo della reazione distribuita del secondo strato g’(x,y) = K2 W2
Fig. 7 Procedura di calcolo proposta
6. Errori del metodo
Gli errori del metodo sono riconducibili a quelli di computazione delle doppie sommatorie e
della stima dell’integrale (37) attraverso una distribuzione dei carichi discreta costante su
domini rettangolari. Naturalmente permangono tutti i limiti e le approssimazioni con le quali è
stata dedotta la (1) oltre alla non perfetta conoscenza delle caratteristiche dei materiali,
imprecisioni che accomunano tutti i metodi di calcolo razionali. Per quanto riguarda gli errori
di troncamento della serie, essi dipendono dalla posizione del punto in cui si stima il
cedimento. Per punti fuori dall’asse del carico la serie converge oscillando dopo circa 20
termini ad un valore (nel caso di fig. 7 a 0.517e-8 m) con un errore inferiore al 0.5%, dopo
30 termini tale errore è inferiore a 0.01% (una parte su un diecimila):
Cedimenti in un punto fuori dall'asse del carico in funzione del numero dei termini della serie considerati
0,00E+005,00E-091,00E-081,50E-082,00E-082,50E-083,00E-083,50E-084,00E-084,50E-085,00E-08
6 11 16 21 26 31 36 41 46 51 56
numero dei termini
cedi
men
to (m
)
Fig. 8 Errore di troncamento delle serie doppie in un punto fuori dall’asse del carico
La serie converge ancora più rapidamente nei punti disposti al di sotto dell’asse del carico.
Con 20 termini l’errore è circa 0.2 %, mentre con 30 termini di 0.001 % (una parte su
centomila)
Cedimenti sull'asse del carico in funzione del numero dei termini della serie considerati
3,60E-05
3,80E-05
4,00E-05
4,20E-05
4,40E-05
4,60E-05
4,80E-05
6 11 16 21 26 31 36 41 46 51 56
numero dei termini
cedi
men
ti (m
)
Fig. 9 Errore di troncamento delle serie doppie in un punto sull’asse del carico
Per quanto riguarda gli errori dovuti all’approssimazione dell’integrale (37), questi risultano
di entità maggiore. Se il dominio viene suddiviso in 8 x 8 sottodomini, l’errore relativo è
eccessivo pari al 39%, mentre scende al 9% con una suddivisione 16 x 16, e risulta
accettabile con una divisione di circa 30 x 30 che fornisce un errore inferiore al 2% (tali
valori sono riferiti ad un punto sotto l’asse del carico e risultano leggermente superiori in un
punto fuori da questo). La curva in figura mostra la convergenza della soluzione in funzione
della stima fatta per l’integrale (37) suddividendo il domini in un numero di parti crescenti:
Convergenza della soluzione in funzione della stima dell'integrale (37) con suddivisioni crescenti del dominio
0,00E+00
5,00E-06
1,00E-05
1,50E-05
2,00E-05
2,50E-05
8 16 32 64 128
suddivisioni del dominio
cedi
men
ti (m
)
Fig. 10 Convergenza nella stima dell’integrale (37) in funzione del numero di sottodomini
Naturalmente il maggior contributo all’errore viene dalla zona in cui il gradiente della
reazione è maggiore ovvero in prossimità dell’asse del carico; ci si può limitare ad infittire la
suddivisione in tale zona.
Valutiamo ora l’errore commesso al causa del fatto di utilizzare un’area d’impronta diversa da
quella effettiva. Si sono ipotizzate 3 diverse condizioni per l’area di impronta ottenendo,
sempre con riferimento alla pavimentazione rigida prima definita (Esempio I), i seguenti
cedimenti sull’asse del carico:
- quadrata 32.528578 µm l = 0.25 m - circolare 32.543348 µm r = 0.141 m - ellittica 33.265590 µm a = 0.16 m b = 0.1243 m come si può notare l’errore commesso rispetto a risultato ottenuto con area di impronta
ellittica è inferiore in ogni caso al 2% . Nel seguente grafico è riportato come la soluzione
converge in funzione dell’area di impronta, a parità di carico (6.00 t). Naturalmente l’area di
impronta è limitata al massimo a circa 30 x 30 cm nello strato più superficiale, con una
distribuzione delle pressioni uniforme. Andando verso gli strati inferiori il carico si
distribuisce su una zona è maggiore, ma in modo non uniforme.
Cedimenti sull'asse del carico dovuti ad una superficie di impronta quadrata a parità di carico applicato
0,00E+001,00E-042,00E-043,00E-044,00E-045,00E-046,00E-047,00E-04
1 55 109
163
217
271
325
379
433
487
541
595
649
703
757
lato dell'area di impronta quadrata (cm)
cedi
men
ti (m
)
c.b.
m.c.
cls
Fig. 11 Cedimenti con superficie di impronta crescente e carico costante
Si osserva come quanto più lo strato è rigido (calcestruzzo cls > misto cementato m.c. >
congl.bituminoso c.b.) tanto minore è l’influenza della dimensione dell’area di impronta.
Risulta perciò maggiormente attendibile l’ipotesi fatta sulla possibilità di trascurare l’effetto
del taglio sul modulo di reazione del sottofondo. La seguente fig.12 illustra un dettaglio della
precedente fig. 11:
0,00E+00
1,00E-04
2,00E-04
3,00E-04
4,00E-04
5,00E-04
6,00E-04
7,00E-04
1 5 9 13 17 21 25 29 33
c.b.
m.c.
cls
Fig. 12 Dettaglio fig.11 per area di impronta quadrata compresa tra 1x1 cm e 33 x 33 cm
Come si può osservare nel caso di cls, se l’area di impronta del carico è un quadrato di 5 cm
di lato il cedimento vale circa 33.75 µµµµm, se lo stesso carico viene distribuito su un quadrato
di 10 cm di lato il cedimento diventa 33.60 µµµµm, mentre se il lato diviene di 25 cm
(confrontabile con le dimensioni reali) si hanno 33.20 µµµµm, senza quindi notevoli variazioni.
Tali differenze aumentano se si considera un misto cementato e in misura ancora maggiore
nel caso di un conglomerato bituminoso.
7. Esempio I
Per semplicità studiamo dapprima il caso di una lastra in cls appoggiata su un sottofondo di
dato modulo K. Le caratteristiche geometriche e dei materiali impiegati sono indicate nella
figura seguente:
Fig. 13 Lastra di calcestruzzo poggiata su sottofondo di modulo 9.000 Kg/cm²
La sollecitazione è rappresentata da una pressione di 9.6 daN/cm² su di una superficie di
0.25 x 0.25 m², con una risultante di 6.0 t.
Calcoliamo innanzitutto l’integrale (37) con riferimento alla seguente geometria di carico:
ξ x a = 8.00 m b = 8.00 m η ξ = 4.00 m η = 4.00 m a1= 0.25 m b1 b1= 0.25 m b p0= 9.6 daN/cm² a1 a Fig. 14 Geometria della lastra
gab
g x y sin m xa
sin n yb ab
p sin m xa
dx sin n yb
dym n Sb
b
a
a
, ( , )= = =∫∫ ∫∫−
+
−
+4 4
0
2
2
2
2
1
1
1
1
π π π π
η
η
ξ
ξ
= −
−
=
−
+
−
+
4 1 10
2
2
2
2
1
1
1
1
abp m
a
m xa n
b
n yb
a
a
b
b
ππ
ππ
ξ
ξ
η
η
cos cos ............ (38)
dopo alcuni semplici passaggi si perviene alla relazione:
g pmn
sin ma
sin m aa
sin nb
sin n bb
m nm n, , , , , ,.....162 2
1 2 3 402
1 1
ππξ π πη π = (39)
l’espressione della w(x,y) data dalla (35) diviene:
w x y p
mn D ma
nb
K
sin ma
sin m aa
sin nb
sin n bb
sin m xa
sin n ybnm
( , )=
+
+
+
∞
=
∞
∑∑11
0
2 42
2
2
2
21 116
2 2π π
πξ π πη π π π (40)
Limitandosi a m=1,2,3,....20 e n=1,2,3, ..... 20 la forma del bacino di deflessione calcolato è mostrata nella seguente foto:
Foto 1 Bacino di deflessione nella lastra in cls
Dalle espressioni (4) e (5) possiamo ricavare anche le espressioni delle tensioni e delle
componenti di azione interna. Essendo:
∂∂
π π
π πξ π πη π π πwx
p
mn D ma
nb
K
ma
sin ma
sinm a
asin n
bsin
n bb
m xa
sin n ybnm
=
+
+
+
∞
=
∞
∑∑11
0
2 42
2
2
2
21 116
2 2cos (41)
∂∂
π π
π πξ π πη π π πwx
p
mn D ma
nb
K
nb
sin ma
sinm a
asin n
bsin
n bb
sin m xa
n ybnm
=
+
+
+
∞
=
∞
∑∑11
0
2 42
2
2
2
21 116
2 2cos (42)
∂∂
π π
π πξ π πη π π π2
211
0
2 42
2
2
2
2
2 2
21 116
2 2w
xp
mn D ma
nb
K
ma
sinma
sinm a
asinn
bsin
n bb
sinm xa
sinn ybnm
=−
+
+
+
∞
=
∞
∑∑ (43)
∂∂
π π
π πξ π πη π π π2
211
0
2 42
2
2
2
2
2 2
21 116
2 2w
yp
mn D ma
nb
K
nb
sinma
sinm a
asinn
bsin
n bb
sin m xa
sin n ybnm
=−
+
+
+
∞
=
∞
∑∑ (44)
∂∂ ∂
π π
π πξ π πη π π π2
11
0
2 42
2
2
2
2
21 116
2 2w
x yp
mn D ma
nb
K
mnab
sinma
sinm aa
sinnb
sinn bb
m xa
n ybnm
=
+
+
+
∞
=
∞
∑∑ cos cos (45)
∂∂
π π
π πξ π πη π π π3
311
0
2 42
2
2
2
2
3 3
31 116
2 2w
xp
mn D ma
nb
K
ma
sin ma
sinm a
asin n
bsin
n bb
m xa
sin n ybnm
=−
+
+
+
∞
=
∞
∑∑ cos (46)
∂∂ ∂
π π
π πξ π πη π π π3
211
0
2 42
2
2
2
2
2 3
21 116
2 2w
x yp
mn D ma
nb
K
m na b
sinma
sinm a
asinn
bsin
n bb
sinm xa
n ybnm
=−
+
+
+
∞
=
∞
∑∑ cos (47)
∂
∂ ∂π π
π πξ π πη π π π3
211
0
2 42
2
2
2
2
2 3
21 116
2 2w
x yp
mn D ma
nb
K
mnab
sinma
sinm a
asinn
bsin
n bb
m xa
sinn ybnm
=−
+
+
+
∞
=
∞
∑∑ cos (48)
∂∂
π π
π πξ π πη π π π3
311
0
2 42
2
2
2
2
3 3
31 116
2 2w
yp
mn D ma
nb
K
nb
sinm
asin
m aa
sin nb
sinn b
bsin m x
an ybnm
= −
+
+
+
∞
=
∞
∑∑ cos (49)
si ricava:
M D wx
wyx =− + =( )∂
∂ν ∂
∂
2
2
2
2nm
p ma
nb
mn ma
nb
KD
sinma
sinm aa
sinnb
sinn bb
sinm xa
sinn yb+
∞
=
∞
∑∑+
+
+
11
0
2
2
2
2
42
2
2
2
21 1
16
2 2
ν
π
πξ π πη π π π (50)
M D wy
wxy = − + =( )
∂∂
ν∂∂
2
2
2
2nm
p nb
ma
mn ma
nb
KD
sinma
sinm aa
sinnb
sinn bb
sinm xa
sinn yb+
∞
=
∞
∑∑+
+
+
11
0
2
2
2
2
42
2
2
2
21 1
16
2 2
ν
π
πξ π πη π π π (51)
M D wx yxy = − − =( )12
ν ∂∂ ∂ −
−
+
+
+
∞
=
∞
∑∑nm
p
ab ma
nb
KD
sinma
sinm a
asinn
bsin
n bb
m xa
n yb11
0
42
2
2
2
21 116 1
2 2( )
cos cosν
π
πξ π πη π π π (52)
T D wx
wx yx = − +( )∂
∂ν ∂
∂ ∂
3
3
3
2 =+
+
+
+
∞
=
∞
∑∑nm
p ma
ma
nb
mn ma
nb
KD
sinma
sinm aa
sinnb
sinn bb
m xa
sinn yb11
0
2
2
42
2
2
2
21 1
16
2 2
π ν
π
πξ π πη π π πcos (53)
T D wy
wy xy = − +( )∂
∂ν ∂
∂ ∂
3
3
3
2 =+
+
+
+
∞
=
∞
∑∑nm
p nb
nb
ma
mn ma
nb
KD
sinma
sinm aa
sinnb
sinn bb
m xa
sinn yb11
0
2
2
42
2
2
2
21 1
16
2 2
π ν
π
πξ π πη π π πcos (54)
σν
∂∂
ν ∂∂ νx x
Ez wx
wy
EzD
M= −−
+ = −−1 12
2
2
2
2 2( )( )
(55)
σν
∂∂
ν ∂∂ νy y
Ez wy
wx
EzD
M= −−
+ =−1 12
2
2
2
2 2( )( )
(56)
τν
∂∂ ∂ νxy xy
Ez wx y
EzD
M= −+
=−1 1
2
2( ) (57)
nelle pagine seguenti si riportano le sollecitazioni calcolate con le formule precedenti.
8. Esempio II L’esempio successivo si riferice alla geometria mostrata nella seguente figura:
Fig 15 Geometria della sovrastruttura La sollecitazione è la stessa del caso precedente, cosi come sono le stesse le
dimensioni e la posizione del carico. (vedi fig. 13 e 14). Il calcolo procede come già
illustrato nel precedente esempio, pervenendo così alla w1(x,y) del piano medio, data
dalla (39). Questa viene utilizzata per ricavare la reazione del piano di posa della lastra
in cls, pari a K1 w1. Lo strato in misto cementato sarà perciò sollecitato dal carico K1
w1 ed è in equilibrio con la reazione del suo piano di posa. La risoluzione della (7)
consente di ricavare la w2(x,y), che verrà impiegata per procedere al calcolo dello
stato inferiore in misto granulare. Disponendo infine di w1 , w2 e w3 con le relazioni
(50) →→→→ (57) si ricavano le sollecitazioni e le componenti di azione interna.
Le foto delle pagina successiva mostrano i risultati ottenuti. In particolare la foto 6
mostra in alto a sinistra il bacino di deflessione della lastra in cls, a destra quello dello
strato in misto cementato mentre in basso a sinistra i cedimenti dello strato di
fondazione in misto granulare.
Foto 6 Deflessione negli strati. In alto a sinistra lastra in cls, a destra lo strato in misto cementato, in basso a sinistra lo strato in misto granulare.
Foto 7 Tensione σσσσx sulla lastra in cls
9. Considerazioni sul metodo proposto Il metodo illustrato come verrà più avanti mostrato è in buon accordo con i metodi
classici di calcolo, ma risente di una importante limitazione: l’impossibilità di
applicare il carico sul bordo o sullo spigolo della lastra, dove si ipotizza w = 0. Allo
stato attuale non si sa come tale difficoltà possa essere risolta, e tuttavia si fa
affidamento, in ulteriori studi, di pervenire comunque alla soluzione attraverso
artifici analitici. Ciò significa che non è possibile studiare il caso sovrastrutture,
realizzate con piastre, qualora il carico sia disposto su di uno spigolo, e quindi
valuatare la possibilità che si verifichino tipiche situazioni di ammoloramento come
la rottutra dell’angono della lastra, lo scalinamento, etc. Per il resto la metodologia
proposta rimane valida.
Altra considerazione importante riguarda il valore del modulo di reazione da
introdursi per caratterizzare il piano di posa di ciascun strato. Questo parametro viene
utilizzato, nella metodologia proposta, per determinare la solleticazione dello strato
superiore su quello inferiore ed è evidente come questo dipenda in modo sensibile
dalle modalità di applicazione del carico. Per la sua determinazione, come è noto, si
eseguono prove su piastra a ciclo unico e il suo valore viene dato dal rapporto tra la
pressione p che produce un dato cedimento d. Tale prova viene condotta con una
piastra di carico circolare di 76 cm di diametro, e il valore di K dipende dalle
dimensioni di tale piastra (a parità di cedimento il suo valore aumenta all’aumentare
del diametro della piastra di carico), come può anche essere facilmente dedotto dalla
fig.11. Ne consegue che il modulo di reazione ottenuto con la prova suddetta è
sottostimato rispetto al valore più opportuno da introdurre nella (7). Ulteriori indagini
potranno chiarire meglio tale aspetto.
Altra considerazione riguarda il fatto che l’impiego del modulo di reazione K per
caratterizzare la portanza di un sottofondo, non consente di tenere in conto la capacità
di questo di sopportare sforzi di taglio, che può assumere un certa importanza
soprattutto quando gli strati superiori risultano poco rigidi.
Per quanto concerne l’impegno di calcolo il metodo proposto consente economie di
circa 10% - 20% nei tempi di elaborazione rispetto al metodo agli elementi finiti, a
parità di discretizzazione (tridimensionale) del dominio e di precisione prefissata.
10. Confronto con i risultati dedotti dal metodo agli elementi finiti
Per poter verificare l’attendibilità del metodo sono stati fatti una serie di confronti con
i risultati ottenuti attraverso il calcolo agli elementi finiti. Si sono sviluppati a tal fine
dei modelli trimensionali, identici come materiali, spessori e carichi a quelli risolti
con il metodo delle serie doppie. Nelle foto 8 e 9 sono mostrati i modelli FEM (Finite
Element Method) utilizzati per verificare i risultati dei 2 esempi riportati.
foto 8 Modello agli elementi finiti: esempio I
foto 9 Modello agli elementi finiti: esempio II
La modellazione agli elementi finiti è stata condotta tridimensionalmente, per
descrivere l’esatta configurazione geometrica del sistema e dei carichi, pervenendo ad
una soluzione più accurata e completa rispetto a qualsiasi altro metodo di calcolo.
Questa modellazione è anche quella maggiormente onerosa in termini di tempo di
calcolo e di costruzione del modello. Per il calcolo dell’esempio I I, il modello FEM
è stato impostato su di una griglia tridimensionale di 65 x 65x 7 nodi che hanno
definito 24.576 elementi, il tempo di calcolo è stato pari a 172’. Lo stesso esempio II,
con la stessa griglia di punti, risolto con le serie doppie di Fourier ha necessitato di
149’, con un economia di tempo pari a circa il 14%. La foto 10 e 11 mostrano il
bacino di deflessione, per la piastra dell’esempio I, calcolato con il codice agli
elementi finiti ANSYS e quello calcolato con il metodo delle serie doppie.
Foto 10 Bacino di deflessione ANSYS Foto 11 Bacino di deflessione serie doppie
E’ evidente come la differenza tra i due calcoli sia in queste immagini nulla. Tale
confronto viene illustrato meglio nella fig. 16 seguente, che rappresenta il confronto
tra i risultati del metodo con le serie doppie e quelli FEM, in una sezione trasversale
in corrispondenza dell’asse del carico. Nella stessa figura sono riportati i valori
ottenuti, per lo stesso esempio di calcolo in corrispondenza dell’asse del carico,
applicando la teoria di Westergaard e quella del multistrato elastico.
Viene considerato praticamente esatto il valore 32.99 µµµµm ottenuto con il metodo FEM
in corrispondenza dell’asse di carico. Rispetto a questo il metodo delle serie doppie di
Fourier proposto presenta un errore del 1.4 %, mentre il valore ottenuto dalla teoria di
Westergaard è sovrastimato del 3.8 % e quello derivato dalla teoria del multistrato
elastico del 15.2 %. L’errore risulta minimo, allontanandosi dalla zona caricata,
fino a 3÷÷÷÷4 volte il diametro del carico, oltre le 2 soluzioni divergono in misura
maggiore. Gli errori più elevati si verificano là dove viene previsto un’innalzamento
della piastra.
La fig.17 riporta i medesimi risultati relativamente all’esempio II. In questo caso i
risultati per la lastra in cls sono ancora in buon accordo con quelli del metodo agli
elementi finiti. Errori maggiori si sono ottenuti per gli strati inferiori in misto
cementato e per la fondazione in misto granulare. Questi errori sono attribuibili alle
difficoltà espresse a proposito della valutazione del modulo di reazione da introdursi
nella (7), e sono progressivamente crescenti procedendo verso gli strati inferiori.
11. Conclusioni
La metodologia proposta prende spunto dall’impostazione data da Westergaard per la
soluzione delle piastre sottili. A partire dall’equazioni di equilibrio elastico formulate
per queste piastre, la soluzione viene ricercata in forma aperta rapidamente
convergente, attraverso la decomposizione del carico sul generico strato tramite le
serie doppie di Fourier. Ciascun termine di tale serie è soluzione dell’equazione
indefinita a patto di assumere un opportuno valore per i coefficienti wm,n . Fourier
fornisce le modalità con cui operare la decomposizione del carico. Il metodo procede
dallo strato più superficiale verso il basso. Lo strato più esterno è soggetto ai carichi
veicolari e alla reazione del suo piano di posa, che è stata descritta dal modulo di
reazione K. La soluzione di questo strato viene fornita attraverso la deformazione delle
sua superficie media. Nota questa è possibile risalire alla reazione fornita dallo strato
inferiore. Il secondo strato sarà in equilibrio oltre che per l’azione di quest’ultima
anche per la presenza della reazione del suo piano di posa. Il metodo prosegue sino
all’ultimo strato con le stesse modalità.
I risultati ottenuti sono stati posti a confronto con quelli ottenuti con i corrispondenti
modelli agli elementi finiti tridimensionali. Il confronto mostra che gli errori sono
trascurabili (< 1.4 %) ed inferiori a quelli derivanti dalla teoria classica di Westergaard
e del multistrato elestico. Gli errori crescono e si accumulano per gli strati inferiori a
causa della inesatta conoscenza del valore del modulo di reazione da introdurre, nochè
per avere strascurato la capacità di resistere ad azioni taglianti da parte del sottofondo.
E’ da porre in evidenza, oltre che la buona attendibiltà dei risultati, anche la
contrazione dei tempi di calcolo a parità di accuratezza della soluzione.
La ricerca della soluzione attraverso le serie doppie di Fourier ha consentito di scrivere
dei codici di calcolo estrememente contenuti e efficienti.
Un importante limitazione è pero data, allo stato attuale, dal fatto che affinchè il
metodo sia valido occorre che la piastra si possa considerare appoggiata lungo tutto il
contorno. Se il carico è applicato in una posizione distante dal bordo, è ipotizzabile
che in tale posizione siano trascurabili i cedimenti e i risultati possono considerarsi
attendibili. Se invece il carico si dispone sul bordo tale approssimazione conduce a
risultati non corretti. E’ dunque necessario approfondire tale aspetto per estendere la
generalità del metodo nonchè una campagna di misure mirate alla verifica dello stesso.
Bibliografia S. Timoshenko, Theorie de l’Elasticitè, Librarie Polytechnique Ch Beranger 1948. F.Quaranta, Considerazioni teoriche e pratiche sul calcolo delle pavimentazioni rigide di strade e aeroporti, Giornale del Genio Civile, n° 5, pag. 373- 392 Maggio 1960. K. Ueshita, G.G. Meyerhof, Surface dispoacement of an elastic layered under uniformly distribution load, pag. 1-10 , HRR n° 228, 1968. M.K.Charyulu, J.B. Sheeler, Theoretical stress distribution in an elastic multilayered system, pag. 11-17 , HRR n° 228, 1968. J.M. Dancan, C.L.Monismith, E.L. Wilson, Finite element analysis, pag. 19-33 , HRR n° 228, 1968.
G.Tesoriere, G.Boscaino, Strade Ferrovie Aeroporti Le soprastrutture negli aeroporti, vol.3, UTET, 1979. AA.VV., Soprastrutture e pavimentazioni stadali e aeroportuali, Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma e Associazione Nazionale Ingegneri e Architetti, Corso di Istruzione permanente, 26 marzo - 5 aprile 1979 G.Tesoriere, Strade Ferrovie Aeroporti Opere in terra e soprastrutture, vol. 2, IV Edizione, UTET, 1984. P.Ferrari, F.Giannini, Corpo stradale e pavimentazioni Vol. II, ISEDI, 1987. Lezioni di Scienza delle Costruzioni II, Facoltà di Ingegneria - Università degli Studi di Cagliari, A.A. 1988/89. E.Molinaro, Valutazione delle condizioni strutturali delle pavimentazioni a partire da misure di deflessione eseguite con il deflettometro a massa battente, Tesi di Dottorato in Ingegneria dei Trasporti V Ciclo, Università La Sapienza Roma, febbraio 1993. L. Domenichini, Pavimentazioni stradali in calcestruzzo, Progettazione Esecuzione Manutenzione, Quaderno dell’Associazione Tecnico Economica del Cemento AITEC G.Z. Voyiadjis, D. Karamanlidis, Advances in the theory of plates and shells. ANSYS Swanson Analysis System Inc., User’s Manual Revision 5.0 , Houston December 1992.
Sulla base delle (18) e delle (12) sarà:
w C Z C Z= +1 3' ' ' '
∇ = +22 2 41wl
C Z C Z IV( ' ' ) (19)
I coefficienti C possono essere determinati sulla base delle condizioni ai limiti. Per un
punto sufficientemente lontano w = 0 Z’’’→→→→0 e pertanto C1=0. Il coefficiente C3
può essere determinato osservando che in corrispondenza del punto di applicazione
del carico il taglio agente su una corona circolare per r→→→→0 deve eguagliare P. In un
punto sufficientemente distante anche il momento deve tendere a 0. A conti fatti le
costanti sono state trovate essere:
C C1 2 0= = C C PKl3 4 28
= = (20)
e pertanto:
w PKl
Z=8 2 ' ' ' (21)
Nel caso di un carico distribuito su una superficie circolare occorre sommare il
contributo del carico Pa
rrdrπ
π2 2 di tutte le corone circolari di raggio r e larghezza
dr. Ciascuno produce un cedimento w dato dalla (21). Il contributo di tutto il carico
potrà quindi ottenersi svolgendo l’integrale (nel quale si è tenuto conto che la variabile
Z’’’ e in funzione del rapporto r/l):
w PKa
Z rl
d rl
a l
= ∫ 2 20
/
' ' ' ( ) (23)
considerando gli sviluppi approssimati dati dalle (16) la soluzione fornita da
Westergaard per il cedimento sotto un carico distribuito uniformemente su un’area
circolare:
w PKa
al
al
= + −
2
12 2
542
2
2πγln (24)
Con procedimenti analoghi Westergaard ricava il valore della tensione sulla faccia
inferiore della lastra, in corrispondenza dell’asse del carico:
σ νπ
= + +
3 12
0 61592
( ) ln .s
P la
(25)
Formule analoghe sono state ricavate in altre due condizioni, una con carico disposto
sul bordo e l’altra disposto sullo spigolo della lastra.
Prima di illustrare la metodologia proposta occorre svolgere alcune considerazioni
critiche sullo sviluppo analitico precedente.
Innanzitutto il carico viene applicato in una determinata posizione, i cedimenti e le
tensioni vengono calcolate solo in un punto, in corrispondenza dell’asse del carico,
nulla si può dire nell’intorno di questo anche a distanza notevoli (10÷15 volte a). Il
carico è unico, non è possibile valutare l’effetto della contemporanea presenza di più
carichi disposti in modo qualsiasi. La forma dell’impronta è rigidamente circolare (in
una trattazione analitica più laboriosa la soluzione è stata ricavata nel caso di
impronta ellittica), non è possibile tenere conto della reale impronta del carico, che
risulta più complessa come ad esempio in una ruota gemellata, oppure rettangolare
(caso che si verifica nei piazzali per deposito container e rimorchi, dove insistono
oltre che le ruote gommate, anche i piedi di appoggio dei mezzi con impronta
rettangolare). La non conoscenza del bacino di deflessione, e l’impossibilità di
svolgere integrazioni su carichi comunque distribuiti, non consente di ricavare la
reazione estesa del piano di sottofondo ed estendere il metodo a qualunque strato della
pavimentazione, anche flessibile. Il metodo non tiene conto del peso proprio della
struttura, e non consente di estendere i risultati anche nel caso in cui venga a mancare
la simmetria assiale (le tradizionali lastre in cls non hanno certo simmetria assiale),
risultati forniti da Westergaard rimangono comunque validi nell’intorno del punto di
applicazione del carico; questa è la zona dove si verificano le massime sollecitazioni e
deformazioni ed è con riferimento a queste che generalmente si progetta lo strato.