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C ome ben sa chiunque abbia fat- to un picnic su un formicaio, le formiche difendono strenua- mente il loro cibo e scoraggiano energi- camente gli intrusi che tentino di scon- finare nel loro territorio. Ma alcuni in- setti, inclusa una varietà incredibile di larve di farfalle, possono non solo oltre- passare il confine senza correre rischi, ma addirittura entrare in associazione mutualistica con le formiche. Questi rapporti sono esempi interessanti di sim- biosi, adattamenti per cui due o più spe- cie possono non solo convivere, ma an- che entrare in stretta relazione. Offrendo validi elementi per capire le complesse interazioni tra specie molteplici, le sim- biosi sono di particolare interesse per gli ecologi dell'evoluzione, che studiano come e perché gli organismi evolvano i loro caratteri e comportamenti peculiari. La capacità di entrare in simbiosi con le formiche e di sfruttarne la bellicosa indole è ben nota in due principali grup- pi di organismi: le piante e gli insetti erbivori che appartengono agli ordini degli omotteri (afidi, cicale e insetti si- mili) e dei lepidotteri (farfalle, esperidi e tignole). Per tutti questi organismi l'of- ferta di cibo sotto forma di ghiotte se- crezioni sembra fondamentale per man- tenere un'associazione con le formiche. Le piante forniscono secrezioni dai net- tarii extrafiorali delle foglie e le formi- che, attirate da esse, difendono le piante dagli insetti dannosi. Analogamente, at- traverso organi specializzati, alcuni in- setti offrono secrezioni alle formiche che, attratte per esempio dai succhi zuc- cherini degli afidi, ricambiano il favore proteggendoli dai predatori. La mirmecofilia, cioè la capacità di entrare in simbiosi con le formiche, si è evoluta soltanto in due famiglie di far- falle: i licenidi, che vivono in tutto il mondo, e i riodinidi, che si trovano quasi esclusivamente nell'America tropicale. 76 LE SCIENZE n. 292, dicembre 1992 Queste due famiglie comprendono que- gli organismi chiamati comunemente farfalle licenoidi. I licenoidi sono poco appariscenti in quanto hanno apertura alare inferiore a cinque centimetri, ma costituiscono in realtà il 40 per cento delle oltre 13 500 specie di farfalle note e comprendono una sorprendente varietà di colori e forme. Per quanto i licenoidi siano attraenti, sono le loro larve (comu- nemente dette bruchi) a stimolare la fan- tasia dei biologi che si occupano di evo- luzione a causa degli organi altamente specializzati che esse possiedono. Negli ultimi 20 anni, questo rapporto è stato chiarito da Christopher B. Cott- rell del Tobacco Research Board, nello Zimbabwe, da Konrad Fiedler della Maximilians Universitàt di Wiirzburg, da Ulrich Maschwitz della Goethe Uni- versitàt di Francoforte sul Meno, da Naomi E. Pierce della Harvard Univer- sity e da Jeremy A. Thomas dell'Insti- tute of Terre strial Ecology in Inghilterra, che hanno studiato alcuni membri della famiglia dei licenidi. Questi ricercatori hanno dimostrato che le simbiosi tra lar- ve di licenidi e formiche vanno dal mu- tualismo, in cui entrambe le specie trag- gono beneficio, al parassitismo, in cui una specie trae beneficio a spese dell'al- tra. In alcuni casi le simbiosi determina- no cicli vitali complessi in una o in en- trambe le specie. Fino a poco tempo fa, l'unico lavoro dettagliato disponibile sulle simbiosi tra larve di riodinidi e formiche era quello svolto più di venti anni fa da Gary N. Ross della Louisiana State University a Baton Rouge. Perciò, per lungo tempo la nostra conoscenza dell'evoluzione e dell'ecologia delle simbiosi farfalla-for- mica si è basata quasi esclusivamente su studi riguardanti la famiglia dei licenidi. Tuttavia recenti ricerche sui bruchi di riodinidi condotte da me e da altri stu- diosi hanno fornito nuove informazioni che hanno aiutato a reinterpretare l'evo- luzione e le conseguenze delle associa- zioni simbiotiche con le formiche. Con queste acquisizioni si è giunti a una di- versa valutazione del ruolo ecologico fondamentale svolto da alcune specie di formiche. I l mio interesse per le interazioni bru- co-formica è nato alcuni anni fa nel Brunei, in Borneo, dove ho potuto os- servare per la prima volta le intera- zioni tra le formiche e una farfalla lice- noide. A quell'epoca gran parte del mio lavoro era finalizzata ad altri aspetti del- la biologia delle farfalle, ma a seguito di quella casuale osservazione si sviluppò in me uno spiccato interesse per le larve mirmecofile. Negli ultimi sette anni, gran parte delle mie ricerche si è foca- lizzata sulle simbiosi tra formiche e bru- chi di riodinidi nell'America centrale e meridionale. Il riodinide da me studiato con mag- gior dettaglio è Thisbe irenea, che vive in numerosi habitat di foresta tropicale, tra il Messico e il Brasile. Si tratta del- l'esempio più classico di larva di riodi- nide che entra in simbiosi con formiche. La femmina di Thisbe depone le singole uova su alberelli del genere Croton; quando il bruco esce dall'uovo si nutre a spese della pianta. Le formiche sono attratte dal Croton perché alla base L'associazione simbiotica tra bruchi e formiche è reciprocamente vantaggiosa. Vari adattamenti, compresi richiami ca- nori o segnali acustici, consentono alle larve di farfalla di sfruttare la territo- rialità e la tendenza delle formiche ad accumulare cibo. Il bruco della fotogra- fia sta sorseggiando il liquido zuccheri- no del nettario extrafiorale di una pian- ta, mentre le formiche lo accudiscono. di ogni foglia si trova un nettario extra- fiorale, struttura comune a molte piante tropicali. Le formiche che «pattugliano» questi alberelli sono le stesse con cui i bruchi entrano in simbiosi. Quando ho iniziato il mio studio su Thisbe, nel Barro Colorado (Panama), tutto ciò che si sapeva sui bruchi era che essi si nutrivano di Croton e che erano caratteristicamente associati alle formi- che. Il primo passo logico della ricerca consisteva pertanto nell'osservare che cosa sarebbe accaduto ai bruchi in as- senza delle formiche. Perciò ho rimosso tutti gli insetti da diverse popolazioni di Croton e successivamente ho spalmato la base di ogni pianta con resina appic- cicosa. Questa operazione avrebbe im- pedito l'accesso agli alberi a tutti gli in- setti che camminano, come le formiche, ma non avrebbe evidentemente impedito alle femmine di farfalla di deporre le uo- va. Tuttavia, per metà degli alberi ho collocato sulla resina, a mo' di ponte, un bastoncino che permetteva alle formiche di transitare. Nei dieci mesi successivi, a intervalli di una settimana, ho censito le formiche e i bruchi su tutti gli alberi. I risulta- ti hanno dimostrato che gli alberi abitati dalle formiche richiamavano più larve di quelli ai quali le formiche non potevano accedere. Una spiegazione verosimile è che sulle piante senza formiche i preda- tori alati decimassero i bruchi. Tra i predatori naturali che i bruchi devono affrontare, le vespe sociali sono particolarmente temibili, soprattutto nel- le regioni tropicali. Queste vespe tra- scorrono gran parte della vita adulta alla ricerca di larve nella vegetazione. Quan- do una femmina di vespa trova un bruco, lo uccide con il pungiglione, lo sminuz- za e lo trasporta al proprio nido per nu- trire le proprie larve affamate. p er verificare se le formiche proteg- gessero i bruchi dalle vespe, ho col- locato due piante in vaso in una zona in cui vi era abbondante presenza di vespe e ho consentito alle formiche di accedere soltanto a una delle piante. In seguito ho collocato un bruco su ogni pianta e ne ho misurato il tempo di sopravvivenza. Come era ovvio, in assenza di formiche le larve non rimanevano sulla pianta per molto tempo: spesso nel volgere di po- chi minuti le vespe uccidevano i bruchi e li portavano via. Al contrario, in pre- senza di formiche, le larve di lepidottero venivano strenuamente difese dagli at- tacchi delle vespe. Questi semplici esperimenti hanno di- mostrato che le formiche svolgono un prezioso servizio ai bruchi di Thisbe, proteggendoli dai predatori. Questa os- servazione ha sollevato un'ulteriore do- manda sulla simbiosi: che cosa ottengo- no le formiche in cambio dei loro sforzi? Ovvero, in altri termini, in che modo i bruchi inducono le formiche a intrapren- dere una difesa pericolosa di un organi- smo che non è loro conspecifico? La risposta deriva, in parte, da un in- sieme di organi specializzati presenti nel bruco. Le formiche di solito ignorano la giovane larva di Thisbe al primo e al se- condo stadio di sviluppo. Solo con la muta e l'entrata nel terzo stadio la larva subisce un profondo cambiamento mor- fologico che la rende particolarmente at- traente; in seguito le formiche accudi- scono la larva senza sosta, finché questa inizia la sua metamorfosi definitiva in farfalla. Dal terzo stadio in avanti la larva pos- siede tre serie di organi per il richiamo delle formiche, la cui funzione consiste nell'incentivare le formiche ad assumer- si i loro compiti di protezione. I più evi- denti sono un paio di ghiandole estro- flettibili, gli organi nettariferi, collocati sui segmenti posteriori del bruco, che assomigliano alle dita di un guanto di gomma da chirurgo. Quando la formica urta con le antenne la parte posteriore del bruco, questi organi vengono estro- flessi e secernono una goccia di fluido trasparente di cui la formica è estrema- mente ghiotta. Successivamente tali or- gani vengono ritratti, tuttavia le formi- che sono così avide da stimolare la larva senza tregua per sollecitarla a produrre nettare. Si può stimare che le formiche interessate alla cura di una larva di Thi- sbe richiedano almeno una secrezione al minuto. Queste stesse formiche possono otte- nere secrezioni anche dai nettarii extra- fiorali del Croton, ma, a quanto pare, preferiscono dedicarsi ai bruchi. La compianta Irene Baker dell'Università della California a Berkeley e io abbiamo trovato che le secrezioni delle larve sono Bruchi canterini, formiche e simbiosi Dopo averle attirate con il canto, le larve di alcuni lepidotteri sfruttano la combattività di certe formiche per farsi difendere; in compenso danno loro modo di nutrirsi con una secrezione zuccherina molto apprezzata di Philip J. DeVries

Bruchi canterini, formiche e simbiosidownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1992_292_7.pdf · di una settimana, ho censito le formiche e i bruchi su tutti gli alberi. I

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Page 1: Bruchi canterini, formiche e simbiosidownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1992_292_7.pdf · di una settimana, ho censito le formiche e i bruchi su tutti gli alberi. I

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ome ben sa chiunque abbia fat-to un picnic su un formicaio,le formiche difendono strenua-

mente il loro cibo e scoraggiano energi-camente gli intrusi che tentino di scon-finare nel loro territorio. Ma alcuni in-setti, inclusa una varietà incredibile dilarve di farfalle, possono non solo oltre-passare il confine senza correre rischi,ma addirittura entrare in associazionemutualistica con le formiche. Questirapporti sono esempi interessanti di sim-biosi, adattamenti per cui due o più spe-cie possono non solo convivere, ma an-che entrare in stretta relazione. Offrendovalidi elementi per capire le complesseinterazioni tra specie molteplici, le sim-biosi sono di particolare interesse per gliecologi dell'evoluzione, che studianocome e perché gli organismi evolvano iloro caratteri e comportamenti peculiari.

La capacità di entrare in simbiosi conle formiche e di sfruttarne la bellicosaindole è ben nota in due principali grup-pi di organismi: le piante e gli insettierbivori che appartengono agli ordinidegli omotteri (afidi, cicale e insetti si-mili) e dei lepidotteri (farfalle, esperidie tignole). Per tutti questi organismi l'of-ferta di cibo sotto forma di ghiotte se-crezioni sembra fondamentale per man-tenere un'associazione con le formiche.Le piante forniscono secrezioni dai net-tarii extrafiorali delle foglie e le formi-che, attirate da esse, difendono le piantedagli insetti dannosi. Analogamente, at-traverso organi specializzati, alcuni in-setti offrono secrezioni alle formicheche, attratte per esempio dai succhi zuc-cherini degli afidi, ricambiano il favoreproteggendoli dai predatori.

La mirmecofilia, cioè la capacità dientrare in simbiosi con le formiche, si èevoluta soltanto in due famiglie di far-falle: i licenidi, che vivono in tutto ilmondo, e i riodinidi, che si trovano quasiesclusivamente nell'America tropicale.

76 LE SCIENZE n. 292, dicembre 1992

Queste due famiglie comprendono que-gli organismi chiamati comunementefarfalle licenoidi. I licenoidi sono pocoappariscenti in quanto hanno aperturaalare inferiore a cinque centimetri, macostituiscono in realtà il 40 per centodelle oltre 13 500 specie di farfalle notee comprendono una sorprendente varietàdi colori e forme. Per quanto i licenoidisiano attraenti, sono le loro larve (comu-nemente dette bruchi) a stimolare la fan-tasia dei biologi che si occupano di evo-luzione a causa degli organi altamentespecializzati che esse possiedono.

Negli ultimi 20 anni, questo rapportoè stato chiarito da Christopher B. Cott-rell del Tobacco Research Board, nelloZimbabwe, da Konrad Fiedler dellaMaximilians Universitàt di Wiirzburg,da Ulrich Maschwitz della Goethe Uni-versitàt di Francoforte sul Meno, daNaomi E. Pierce della Harvard Univer-sity e da Jeremy A. Thomas dell'Insti-tute of Terre strial Ecology in Inghilterra,che hanno studiato alcuni membri dellafamiglia dei licenidi. Questi ricercatorihanno dimostrato che le simbiosi tra lar-ve di licenidi e formiche vanno dal mu-tualismo, in cui entrambe le specie trag-gono beneficio, al parassitismo, in cuiuna specie trae beneficio a spese dell'al-tra. In alcuni casi le simbiosi determina-no cicli vitali complessi in una o in en-trambe le specie.

Fino a poco tempo fa, l'unico lavorodettagliato disponibile sulle simbiosi tralarve di riodinidi e formiche era quellosvolto più di venti anni fa da Gary N.Ross della Louisiana State University aBaton Rouge. Perciò, per lungo tempola nostra conoscenza dell'evoluzione edell'ecologia delle simbiosi farfalla-for-mica si è basata quasi esclusivamente sustudi riguardanti la famiglia dei licenidi.Tuttavia recenti ricerche sui bruchi diriodinidi condotte da me e da altri stu-diosi hanno fornito nuove informazioni

che hanno aiutato a reinterpretare l'evo-luzione e le conseguenze delle associa-zioni simbiotiche con le formiche. Conqueste acquisizioni si è giunti a una di-versa valutazione del ruolo ecologicofondamentale svolto da alcune specie diformiche.

Il mio interesse per le interazioni bru-co-formica è nato alcuni anni fa nel

Brunei, in Borneo, dove ho potuto os-servare per la prima volta le intera-zioni tra le formiche e una farfalla lice-noide. A quell'epoca gran parte del miolavoro era finalizzata ad altri aspetti del-la biologia delle farfalle, ma a seguito diquella casuale osservazione si sviluppòin me uno spiccato interesse per le larvemirmecofile. Negli ultimi sette anni,gran parte delle mie ricerche si è foca-lizzata sulle simbiosi tra formiche e bru-chi di riodinidi nell'America centrale emeridionale.

Il riodinide da me studiato con mag-gior dettaglio è Thisbe irenea, che vivein numerosi habitat di foresta tropicale,tra il Messico e il Brasile. Si tratta del-l'esempio più classico di larva di riodi-nide che entra in simbiosi con formiche.La femmina di Thisbe depone le singoleuova su alberelli del genere Croton;quando il bruco esce dall'uovo si nutrea spese della pianta. Le formiche sonoattratte dal Croton perché alla base

L'associazione simbiotica tra bruchi eformiche è reciprocamente vantaggiosa.Vari adattamenti, compresi richiami ca-nori o segnali acustici, consentono allelarve di farfalla di sfruttare la territo-rialità e la tendenza delle formiche adaccumulare cibo. Il bruco della fotogra-fia sta sorseggiando il liquido zuccheri-no del nettario extrafiorale di una pian-ta, mentre le formiche lo accudiscono.

di ogni foglia si trova un nettario extra-fiorale, struttura comune a molte piantetropicali. Le formiche che «pattugliano»questi alberelli sono le stesse con cui ibruchi entrano in simbiosi.

Quando ho iniziato il mio studio suThisbe, nel Barro Colorado (Panama),tutto ciò che si sapeva sui bruchi era cheessi si nutrivano di Croton e che eranocaratteristicamente associati alle formi-che. Il primo passo logico della ricercaconsisteva pertanto nell'osservare checosa sarebbe accaduto ai bruchi in as-senza delle formiche. Perciò ho rimossotutti gli insetti da diverse popolazioni diCroton e successivamente ho spalmatola base di ogni pianta con resina appic-cicosa. Questa operazione avrebbe im-pedito l'accesso agli alberi a tutti gli in-setti che camminano, come le formiche,ma non avrebbe evidentemente impeditoalle femmine di farfalla di deporre le uo-va. Tuttavia, per metà degli alberi hocollocato sulla resina, a mo' di ponte, unbastoncino che permetteva alle formichedi transitare.

Nei dieci mesi successivi, a intervallidi una settimana, ho censito le formichee i bruchi su tutti gli alberi. I risulta-ti hanno dimostrato che gli alberi abitatidalle formiche richiamavano più larve diquelli ai quali le formiche non potevanoaccedere. Una spiegazione verosimile èche sulle piante senza formiche i preda-tori alati decimassero i bruchi.

Tra i predatori naturali che i bruchidevono affrontare, le vespe sociali sonoparticolarmente temibili, soprattutto nel-

le regioni tropicali. Queste vespe tra-scorrono gran parte della vita adulta allaricerca di larve nella vegetazione. Quan-do una femmina di vespa trova un bruco,lo uccide con il pungiglione, lo sminuz-za e lo trasporta al proprio nido per nu-trire le proprie larve affamate.

per verificare se le formiche proteg-gessero i bruchi dalle vespe, ho col-

locato due piante in vaso in una zona incui vi era abbondante presenza di vespee ho consentito alle formiche di accederesoltanto a una delle piante. In seguito hocollocato un bruco su ogni pianta e neho misurato il tempo di sopravvivenza.Come era ovvio, in assenza di formichele larve non rimanevano sulla pianta permolto tempo: spesso nel volgere di po-chi minuti le vespe uccidevano i bruchie li portavano via. Al contrario, in pre-senza di formiche, le larve di lepidotterovenivano strenuamente difese dagli at-tacchi delle vespe.

Questi semplici esperimenti hanno di-mostrato che le formiche svolgono unprezioso servizio ai bruchi di Thisbe,proteggendoli dai predatori. Questa os-servazione ha sollevato un'ulteriore do-manda sulla simbiosi: che cosa ottengo-no le formiche in cambio dei loro sforzi?Ovvero, in altri termini, in che modo ibruchi inducono le formiche a intrapren-dere una difesa pericolosa di un organi-smo che non è loro conspecifico?

La risposta deriva, in parte, da un in-sieme di organi specializzati presenti nelbruco. Le formiche di solito ignorano la

giovane larva di Thisbe al primo e al se-condo stadio di sviluppo. Solo con lamuta e l'entrata nel terzo stadio la larvasubisce un profondo cambiamento mor-fologico che la rende particolarmente at-traente; in seguito le formiche accudi-scono la larva senza sosta, finché questainizia la sua metamorfosi definitiva infarfalla.

Dal terzo stadio in avanti la larva pos-siede tre serie di organi per il richiamodelle formiche, la cui funzione consistenell'incentivare le formiche ad assumer-si i loro compiti di protezione. I più evi-denti sono un paio di ghiandole estro-flettibili, gli organi nettariferi, collocatisui segmenti posteriori del bruco, cheassomigliano alle dita di un guanto digomma da chirurgo. Quando la formicaurta con le antenne la parte posterioredel bruco, questi organi vengono estro-flessi e secernono una goccia di fluidotrasparente di cui la formica è estrema-mente ghiotta. Successivamente tali or-gani vengono ritratti, tuttavia le formi-che sono così avide da stimolare la larvasenza tregua per sollecitarla a produrrenettare. Si può stimare che le formicheinteressate alla cura di una larva di Thi-sbe richiedano almeno una secrezione alminuto.

Queste stesse formiche possono otte-nere secrezioni anche dai nettarii extra-fiorali del Croton, ma, a quanto pare,preferiscono dedicarsi ai bruchi. Lacompianta Irene Baker dell'Universitàdella California a Berkeley e io abbiamotrovato che le secrezioni delle larve sono

Bruchi canterini,formiche e simbiosi

Dopo averle attirate con il canto, le larve di alcuni lepidotteri sfruttanola combattività di certe formiche per farsi difendere; in compenso dannoloro modo di nutrirsi con una secrezione zuccherina molto apprezzata

di Philip J. DeVries

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Thisbe irenea è una delle numerose farfalle che allo stadio di larva entrano insimbiosi con le formiche. La mirmecofilia, cioè l'«amore per le formiche»-, si èevoluta soltanto nelle farfalle appartenenti alle famiglie dei riodinidi e dei licenidi.

Le larve mirmecofile hanno organi per il richiamo delle for-miche che ne stimolano il comportamento simbiotico. All'e-stremità posteriore vi sono ghiandole estroflettibili che secer-nono una sostanza di cui le formiche vanno ghiotte (a sinistra);

all'estremità anteriore organi tentacolati che rilasciano unasostanza simile ai mediatori chimici usati dalle formiche comesegnali di allarme. Le formiche allora assumono una postu-ra di difesa e proteggono il bruco da predatori come le vespe.

molto diverse da quelle del Croton. Inrealtà la secrezione dei bruchi è una pre-libatezza da buongustai. Effettivamente,il nettare extrafiorale è al 33 per centouna mescolanza di diversi zuccheri,mentre la secrezione del bruco ne è qua-si priva e contiene, invece, concentrazio-ni molto elevate di amminoacidi. Le for-miche possono ottenere dai bruchi unpasto più nutriente di quello offerto dainettarii della pianta, seppure non altret-tanto dolce.

I bruchi d'altra parte hanno un deboleper i nettarii extrafiorali. Quando le lar-ve di Thisbe non si cibano di foglie enon vagano sulla pianta di Croton, ri-mangono tipicamente immobili, con ilcapo reclinato sui nettarii extrafiorali.Una serie di esperimenti in cui i bruchierano stati allevati con e senza accessoal nettare extrafiorale ha dimostrato chequelli che potevano accedere al nettarese ne cibavano effettivamente e cresce-vano più in fretta di quelli che non lopotevano consumare. Quindi il nettareextrafiorale, assieme al tessuto fogliare,è un nutrimento che contribuisce in mo-do significativo allo sviluppo della larvadi Thisbe.

Sembra che nelle larve dei riodinidimirmecofili sia comune il consumo delnettare extrafiorale e del tessuto fogliaredi quelle stesse piante dotate di nettariiextrafiorali. Al contrario, le specie deibruchi che non entrano in simbiosi conle formiche si nutrono più frequente-mente di piante prive di nettarii. Appro-fittando della vigilanza che le formicheesercitano sulla pianta, dovendosi nutri-

re dei giovani tessuti fogliari, le larve deiriodinidi mirmecofili sfruttano la sim-biosi pianta-formica.

Studi sugli organi del nettare hanno risolto soltanto parzialmente il rom-

picapo della simbiosi bruco-formica. Leformiche sono automi altruisti che pro-curano cibo, difendono e curano la proleall'interno della loro colonia. Tuttaviasingoli individui rimangono a volte conle larve di Thisbe per una settimana oper un lasso di tempo più lungo. Perché,allora, in luogo di passare il tempo a pro-teggere i membri di una specie estranea,le formiche guardiane non ritornano su-bito al loro nido con la secrezione deibruchi, come farebbero con il nettare dipiante o altre ghiottonerie?

Anche per altri organi di richiamo deibruchi si pone questo problema. Le larvedi Thisbe e di altri riodinidi possie-dono un paio di organi tentacolati,ghiandole terminanti a spazzola, propriodietro il capo, che esercitano probabil-mente per via chimica un'influenza sulcomportamento della formica. Quandoquesti organi vengono estroflessi, le for-miche guardiane vicine al bruco assu-mono quasi immediatamente una postu-ra di difesa con mandibole spalancate eaddome ricurvo sotto il capo. Ho scoper-to che quando le formiche assumonoquesta postura il movimento di un pez-zettino di legno o di un filo in pros-simità della larva provoca da parte loroun attacco violento: le formiche assalgo-no l'oggetto, lo mordono e cercano dipungerlo.

Queste osservazioni su Thisbe e altrespecie di riodinidi fanno pensare che gliorgani tentacolati liberino qualche so-stanza chimica simile a un feromoned'allarme che le formiche usano per se-gnalarsi reciprocamente gli attacchi allacolonia. Purtroppo non si conosce anco-ra la natura chimica delle sostanze emes-se dagli organi tentacolati, e quindi è im-possibile dire in che modo queste pos-sano essere paragonate ai feromoni d'al-larme della formica. Tuttavia sembra di-mostrato che la funzione degli organi inquestione sia quella di attirare l'attenzio-ne delle formiche e di mantenerla con-centrata sui bruchi.

Un terzo tipo di organo per il richia-mo delle formiche fu scoperto nel 1926dall'entomologo Carlos T. Bruch delMuseo nazionale di storia naturale diBuenos Aires, che fornì la prima de-scrizione di un riodinide mirmecofilotrovato in Argentina. Oltre al netta-rio estroflettibile e agli organi tentaco-lati, Bruch scoprì un paio di piccolissimeappendici mobili a forma di bastoncinoche si sviluppano sulla parte anterioredel primo segmento toracico e che spor-gono sul capo. Queste appendici eranofino ad allora sconosciute in qualsiasi al-tro bruco.

In Messico, quarant'anni più tardi,Ross descrisse appendici simili in un'al-tra specie di riodinide e le denominò pa-pille vibratorie; avanzò inoltre l'ipotesiche il movimento di queste appendicipotesse trasmettere vibrazioni alle for-miche. Oggi si sa che la maggior partedelle larve di riodinidi mirmecofili è do-tata di papille vibratorie per richiamarele formiche.

Le mie osservazioni hanno chiaritoche le papille vibratorie delle larve diThisbe funzionano nel modo descritto daBruch e Ross. Tuttavia ho anche rilevatoche, mentre le papille vibratorie sono inmovimento, i bruchi muovono il capoverso l'alto e verso il basso. Ero sorpre-so dalla somiglianza tra questi movi-menti e quelli dei cerambicidi che, muo-vendo il capo su e giù, producono unsuono distinto. (Sembra che il predatorelasci cadere il cerambicide quando per-cepisce questo stridio.) Anche se non hopotuto udire il benché minimo suonoprovenire dalle larve di Thisbe, mi sonoconvinto che essi dovessero produrne inqualche modo.

Un barlume di verità è finalmenteemerso quando ho esaminato le strutturedi richiamo dei bruchi con il microsco-pio elettronico a scansione all'Universi-tà del Texas ad Austin. Le papille vibra-torie ingrandite mostravano con chiarez-za evidenti anelli concentrici lungo ilproprio asse. L'estremità del capo che lepapille toccano quando vibrano presen-tava piccoli rigonfiamenti e granuli. Inquelle microfotografie le papille vibra-torie accostate al capo ricordavano for-temente il guiro, uno strumento latino--americano che si suona facendo scorre-re un bastoncino di legno sui solchi di

una zucca intagliata. Perciò, sia la mor-fologia sia il comportamento del brucofanno pensare che papille e capo intera-giscano generando suoni.

Nessuno però aveva mai udito un bru-co emettere suoni, cosicché questa

idea - all'apparenza alquanto stravagan-te - doveva essere verificata. Di conse-guenza sono ritornato a Panama munitodi un microfono e un amplificatore par-ticolarmente sensibili. Il giorno stessodel mio arrivo ho scoperto che gli stru-menti mi consentivano effettivamente diascoltare e registrare i suoni delle larve.I suoni, di bassa ampiezza, erano perce-pibili solo quando il microfono toccavail corpo del bruco o la superficie su cuiesso si trovava. Da ciò si poteva dedurreche i suoni si propagassero attraverso ilsubstrato solido piuttosto che attraversol'aria, e ciò spiegava almeno in parteperché nessuno avesse mai potuto udirei suoni emessi dalle larve durante le nor-mali osservazioni.

Registrando i suoni emessi dai singo-li bruchi e rimuovendo successivamentele loro papille vibratorie, ho appuratoche la larva può produrre suoni fintantoche possiede almeno una papilla. Comerivelavano le analisi delle registrazioni,i suoni erano più forti in presenza di duepapille vibratorie e più deboli di quasi lametà quando una papilla veniva rimos-sa. I bruchi privi di papille vibratorieerano completamente muti anche se con-tinuavano a muovere il capo. Dal mo-mento che queste papille vengono rim-piazzate quando la larva, con la muta,perde la cuticola, i bruchi muti riacqui-stano la loro «voce» quando passano al-lo stadio successivo. (Questo fatto si èdimostrato sperimentalmente utile dalmomento che i singoli animali possonoessere utilizzati più volte, fungendo an-che da controllo.) Nell'insieme, questeosservazioni hanno confermato che lepapille vibratorie, i granuli e i movimen-ti del capo lavorano letteralmente in

concerto come componenti di un sistemaproduttore di suoni.

La possibilità di rendere mute le larvemi ha permesso di studiare il ruolo deisuoni nella formazione dell'associazionecon le formiche. Ho collocato sulla stes-sa pianta bruchi muti e bruchi «canteri-ni» contando quante formiche sorveglia-vano ognuno di essi nel tempo. I risultatihanno rivelato che i suoni trattengono leformiche nelle vicinanze dei bruchi: gliesemplari che emettono suoni hanno ri-chiamato significativamente più formi-che. Si può ben immaginare che i bruchicanterini, meglio della controparte muta,vengano protetti dai predatori, dal mo-mento che possono attirare un maggiornumero di formiche.

Proprio come lo stimolo chimico de-gli organi tentacolati sembra imitare ilsegnale feromonico delle formiche, isuoni prodotti dal bruco sembrano esse-re l'equivalente delle comunicazioni so-nore tra formiche, almeno per certiaspetti. Quando le formiche scovano unafonte di cibo o si trovano in stato d'al-larme, producono vibrazioni che si pro-pagano attraverso il substrato informan-do le compagne di nido. Molte specie diformiche producono vibrazioni picchiet-tando l'addome contro il substrato, altreinvece presentano organi produttori disuoni ben sviluppati. I suoni delle for-miche e dei bruchi hanno all'incirca lestesse frequenze.

Queste somiglianze inducono a pen-sare che la capacità delle larve di lepi-dotteri di emettere suoni e le caratteristi-che stesse dei suoni si siano evolute perla pressione selettiva esercitata dalle for-miche. In altre parole, sarebbero le for-miche ad aver determinato quali larvepotessero sopravvivere, ignorando i suo-ni «estranei» e rispondendo esclusiva-mente a quelli simili ai propri.

Questo comportamento è interessante,in quanto contraddice ciò che i biologihanno generalmente ipotizzato sui siste-mi di comunicazione degli insetti, cioè

che i suoni evolvano in risposta alla se-lezione diretta su comportamenti sessua-li o di difesa. Per esempio, lo stridere diun grillo maschio richiama potenzialicompagne e intima agli altri maschi diallontanarsi dal territorio. I maschi viva-ci si riproducono più velocemente diquanto non facciano i loro fratelli pigri,dal momento che con i loro suoni rie-scono ad attrarre un numero maggiore difemmine recettive. La capacità di richia-mo dei grilli e le caratteristiche dei lorosuoni evolvono dunque in risposta diret-ta alla selezione da parte di femminedella stessa specie.

Invece nella simbiosi tra larve di le-pidotteri e formiche i suoni prodotti dauna specie si sono evoluti in risposta allaselezione da parte di tutt'altra specie.L'evoluzione dei bruchi è stata guidatada una selezione che agisce su caratteri-stiche completamente diverse nelle for-miche. Perciò il sistema bruco-formicafornisce un nuovo campo per lo studiodella comunicazione fra insetti, in parti-colare in altre specie di insetti che isti-tuiscono simbiosi con le formiche.

simbiosi bruco-formica sono tipi-' camente facoltative, non obbligate,cioè le due specie traggono beneficiol'una dall'altra, ma nessuna delle due èeffettivamente indispensabile all'altra intermini di sopravvivenza. Di fatto il co-involgimento di specie diverse in unasimbiosi può essere molto flessibile: aseconda dell'habitat e del luogo il brucodi una certa specie può associarsi a dif-ferenti specie di formiche. Per esempio,entro la loro area di distribuzione, lelarve di Thisbe possono essere trovate inassociazione con una determinata speciedi formica in Costa Rica e con un'altrain Belize. Spesso, all'interno di un'u-nica foresta, specie diverse di formichesi prendono cura di bruchi in habitatdifferenti.

Queste variazioni fanno pensare che isuoni dei bruchi non siano destinati a

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Come un bruco usa le formiche a suo vantaggio

M elle simbiosi, le larve di le-pidotteri mirmecofili sfrut-

tano il comportamento socialedelle formiche a proprio van-taggio. Ciascuno degli organispecializzati per il richiamodelle formiche media un aspet-to della relazione simbiotica: oimita i segnali con cui le formi-che comunicano oppure mettea disposizione i secreti zuc-cherini, come fanno le piantesimbionti.

GLI ORGANITENTACOLATIRILASCIANO SOSTANZECHE STIMOLANOLE FORMICHEALLA DIFESACONTRO I PREDATORI

LE PAPILLE VIBRATORIEPRODUCONO RICHIAMIACUSTICI CHE ATTIRANOLE FORMICHE

GLI ORGANI NETTARIFERIOFFRONO NUTRIMENTOCHE RICHIAMALE FORMICHE

particolari specie di formiche. Sembratrattarsi, invece, di segnali di attrazionegenerici, a cui potenzialmente potrebbe-ro rispondere numerose specie. Per ve-rificare questa idea ho dovuto studiare isuoni dei bruchi coinvolti in simbiosiobbligate specie-specifiche.

I casi meglio documentati di simbiosiobbligata bruco-formica coinvolgono ilgenere europeo di licenidi Maculineacon larve parassite di certe formiche delgenere Myrmica. Il lavoro di Thomas edei suoi collaboratori europei ha svelatouna serie sorprendentemente complessadi cicli vitali di Maculinea, che descri-verò solo in parte. Quando questi bruchiraggiungono il loro terzo stadio, abban-donano le piante nutrici e sono avvici-nati da formiche del genere Myrmica.Essi vengono quindi trasportati fino alformicaio, dove diventano carnivori, nu-trendosi di larve di formiche. Sebbenequalsiasi specie di Myrmica trasporti alnido il bruco di qualsiasi specie di Ma-culinea, ogni specie di formica consentea una sola specie di larva di completareil ciclo vitale nel formicaio; le formiche,blla fine, uccidono qualsiasi altro tipo dibruco predatore. Come si può immagi-nare, la pressione selettiva che spinge lelarve di Maculinea a entrare in simbiosicon specie particolari di Myrmica èestremamente forte.

Ho deciso di scoprire se i suoni diquesti bruchi siano più simili a quellidei loro ospiti specifici che a quelli dialtre formiche. In collaborazione con

Thomas e Reginald B. Cocroft dellaCornell University, ho registrato e ana-lizzato i suoni prodotti da diverse larvedi Maculinea e da formiche del genereMyrmica. Ogni specie dei due insettiproduceva suoni caratteristici, ma nonabbiamo trovato alcuna prova sicura chequelli dei bruchi si siano evoluti versoun'imitazione di quelli emessi dai loroospiti obbligati.

Le nostre osservazioni hanno confer-mato l'idea che i suoni dei bruchi at-traggono le formiche in generale, senzapreferenze di specie. Non appena le for-miche sono «in servizio», i suoni agisco-no in sintonia con altri organi per il ri-chiamo delle formiche, in modo da man-tenere un'ininterrotta vigilanza da partedi queste. Comunque nei sistemi simbio-tici Maculinea-Myrmica i segnali chimi-ci hanno probabilmente l'importanzaprevalente.

-nal momento che le simbiosi tra bru-chi e formiche sono così straordina-

rie, mi sono incuriosito per l'evoluzionedi queste strutture e del fenomeno dellamirmecofilia nelle larve. In tutte le mi-gliaia di farfalle e di tignole dell'ordinedei lepidotteri, non è mai stata riscontra-ta la capacità dei bruchi di formare as-sociazioni simbiotiche con formiche,fatta eccezione per i licenoidi. I riodi-nidi e i licenidi mostrano molti paralle-lismi: in entrambi i gruppi le larve mir-mecofile producono secrezioni alimen-tari, segnali chimici e richiami acustici.

Le papille vibratorie che si estendonosul capo della larva dal primo segmentotoracico aiutano l'insetto a produrre unrichiamo acustico per le formiche. Ognipapilla è un bastoncino coperto da sol-chi concentrici. Se la larva muove il ca-po in su e in giù, granuli microscopici erigonfiamenti del capo scorrono sui sol-chi, producendo vibrazioni (a sinistra).Per forma e funzione le papille e i gra-nuli del capo assomigliano al guiro,uno strumento musicale sudamericanoche si suona facendo scorrere un ba-stoncino su una zucca intagliata (sopra).

Al contrario, le specie non mirmecofilemancano in tutto o in parte di questicomportamenti e dei relativi organi peril richiamo delle formiche. Sono sempremute, per esempio, anche se strettamen-te imparentate con specie mirmecofileproduttrici di suoni.

Nel loro insieme tutte queste caratte-ristiche sembrano confutare una vecchiaipotesi sull'evoluzione delle simbiosibruco-formica, suffragandone una nuo-va. Quaranta anni fa in un articolo suilepidotteri mirmecofili, Howard E. Hin-ton dell'Università di Bristol, in Inghil-terra, mise in evidenza tre capisaldi dellastoria evolutiva di queste specie. Egli so-steneva innanzitutto che la mirmecofiliasi è evoluta solo una volta nelle farfalle;in secondo luogo che la mirmecofilia èun carattere primitivo mantenutosi daquell'unico evento; infine che la capaci-tà di formare simbiosi con le formichesi è persa in alcune linee di riodinidi elicenidi.

Un confronto tra larve di riodinidi elarve di licenidi e dei due gruppi insiemecon altri lepidotteri fa pensare a una sto-ria evolutiva molto differente da quellaipotizzata da Hinton. Sebbene le larve diriodinidi e di licenidi abbiano organi peril richiamo delle formiche che secernonocibo e producono segnali chimici, questiorgani si sviluppano su segmenti delcorpo diversi in ciascun gruppo. Le lar-ve dei licenidi emettono suoni, ma nonhanno papille vibratorie; non sono anco-ra noti gli organi con cui esse produco-

no i suoni. Nei riodinidi e nei licenidi gliorgani per il richiamo delle formiche so-no quindi analoghi, ma non omologhi,cioè sono simili, ma non correlati evo-lutivamente. Perciò già la morfologiacomparata suggerisce che la mirmecofi-fia si sia evoluta almeno due volte nellefarfalle: una volta nei licenidi e una neiriodinidi.

Inoltre i meccanismi specifici che me-diano le simbiosi potrebbero essersi evo-luti almeno tre volte indipendentemente.Le larve di riodinidi del genere Eurybiaemettono suoni e formano associazionisimbiotiche con le formiche, ma, comei licenidi, non hanno papille vibratorie.Ciò implica che la capacità delle farfalledi produrre suoni deve essersi evolutaalmeno due volte soltanto nelle larve diriodinidi.

Anche le specie non mirmecofile dan-no informazioni sull'evoluzione dellesimbiosi bruco-formica. Gran parte deibruchi di farfalle e tignole sono irti dispine e peli oppure sono dotati di spe-ciali comportamenti che tengono lontanele formiche. Le larve di licenoidi chenon si associano con formiche hanno an-ch'esse lunghi peli e sono prive di orga-ni per il richiamo delle formiche. Nel-l'insieme, le specie di riodinidi e di li-cenidi che non stabiliscono simbiosi conle formiche sono più simili alla maggiorparte dei lepidotteri che ai loro cuginimirmecofili. Anche questo fatto fa pen-sare che la mirmecofilia si sia evoluta infarfalle licenoidi almeno due volte e cheil carattere sia di acquisizione relativa-mente recente.

Uno sguardo alle formiche aiuta a spiegare alcuni aspetti dello svilup-

po delle simbiosi. Nonostante la loroevidente somiglianza esteriore, le diver-se specie di formiche sono estremamen-te specializzate. Per esempio, alcune for-miche hanno l'addome dilatabile per im-magazzinare fluidi e trascorrono la vitasospese nel nido come otri viventi; leformiche legionarie sono specializzatenella caccia e nella cattura di certe spe-cie di artropodi; le formiche tagliafoglie,per parte loro, sono specialiste nellosminuzzare le foglie che vengono utiliz-zate come concime per le loro colturesotterranee di funghi. Nelle formiche latendenza alla specializzazione è cosìspinta che spesso le specie vengono rag-gruppate in quattro categorie principaliin base alla loro dieta: predatori, sapro-fagi, frugivori ed erbivori, raccoglitori disecrezioni.

Gran parte degli studi sull'evoluzionedella mirmecofilia ha considerato tuttele specie di formiche esclusivamente co-me predatrici di bruchi o loro mutualistepotenziali. Al contrario, le mie osserva-zioni hanno dimostrato che relativamen-te poche delle oltre 100 specie di formi-che della mia area di studio di Panamasi prendevano cura dei bruchi o li pre-davano. Quando ho offerto larve di rio-dinidi e di licenidi a un gruppo di for-

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IL BRUCO

LA PIANTA

L'AFIDERICEVE

RICEVE

RICEVEPROTEZIONE

PROTEZIONE

PROTEZIONE

Le simbiosi interdipendenti sono comuni dal momento che alcune specie di formicheaccudiscono diversi organismi. P probabile che, in habitat diversi, piante, larve dilepidotteri e altri insetti, come gli afidi, abbiano instaurato relazioni simbiotiche conle stesse specie di formiche. In effetti, la cooperazione con le formiche consente agliinsetti mirmecofili di nutrirsi delle piante che esse proteggono dagli insetti erbivori.

L'AFIDESI CIBA

DI FOGLIE

IL BRUCO SI CIBADI FOGLIE E

BEVE NETTARE

miche, alcune specie uccidevano i bru-chi e altre li curavano, ma la maggiorparte semplicemente li ignorava.

Ciò che accomuna tutte le specie diformiche che si prendono cura di bruchiè la loro ecologia alimentare: gran partedel loro tempo viene spesa a raccogliereattivamente le secrezioni prodotte da in-setti dell'ordine degli omotteri e da net-tarii extrafiorali di piante, oltre a quelledei bruchi di farfalle. Il modello trovatolocalmente a Panama ha dimostrato su-bito di essere estensibile su scala assaimaggiore. Meno del 10 per cento di tuttii generi di formiche esistenti entra in so-cietà con le larve di lepidotteri e questaminoranza di formiche sorveglia anchealtri insetti produttori di secrezioni epiante con nettarii extrafiorali. Le speciedi formiche genericamente predatrici equelle specializzate in artropodi, le erbi-vore e le frugivore sono chiaramenteescluse dall'elenco.

In breve, indipendentemente dalla zo-na geografica - si tratti di foresta pluvia-le dell'Ecuador, delle pianure del Seren-geti, delle colline gessose dell'Inghilter-ra o del Central Park di New York - leformiche che curano i bruchi proteggonoanche altri insetti e piante produttori disecrezioni. In qualsiasi habitat le larve dilepidotteri, gli omotteri e le piante pos-sono stabilire simbiosi con le formiche,ma in questo caso condividono gli stessisimbionti della formica.

I modelli osservati fanno pensare chedal punto di vista evolutivo solo un pic-colo numero di specie di formiche, ri-spetto alla loro grande diversità com-

plessiva, sia rimasto coinvolto nello svi-luppo di associazioni simbiotiche con ibruchi. Con ogni probabilità, queste po-che specie di formiche hanno influenza-to favorevolmente l'evoluzione degli in-setti e delle piante capaci di produrre se-crezioni. Non appena le secrezioni sonodiventate importanti nella dieta di certeformiche, qualsiasi altro insetto o piantacapace di produrre secrezioni potrebbefacilmente aver assoldato formiche co-me guardie del corpo, determinando intal modo l'evoluzione di nuove simbiosicon le formiche stesse.

T a dinamica delle simbiosi tra larve di-1—J farfalla, altri insetti produttori di se-crezioni commestibili, piante e certe for-miche richiama alla mente un altro con-cetto evolutivo. Dal momento che gli in-setti erbivori mirmecofili e le piante siservono delle stesse formiche come di-fesa mobile, possono trovarsi in compe-tizione per le attenzioni delle formiche.Per esempio, quando le larve di Thisbearruolano come guardie le formiche del-le piante di Croton, non solo riescono aottenere la protezione di cui hanno biso-gno, ma neutralizzano anche le difesedella pianta: le larve di Thisbe possononutrirsi di Croton, mentre la maggiorparte degli insetti erbivori no. I bruchi sisono inseriti nella simbiosi formica--pianta e abilmente l'hanno intaccata. Epossibile che l'evoluzione della mirme-cofilia abbia permesso agli insetti erbi-vori di usurpare e sfruttare la simbiositra piante e formiche.

Lo studio delle interazioni tra specie

fornisce nuove prospettive sul mondonaturale e ci costringe a considerare leassociazioni simbiotiche in un contestomolto più dinamico. Il mio lavoro, ini-ziato come una semplice descrizionedell'interazione tra le larve di Thisbe ele formiche, mi ha portato a indagare su-gli organi per il richiamo delle formicheche fanno da tramite nelle simbiosi.Come caratteristicamente avviene neglistudi ecologici, la conoscenza di altrespecie di piante e insetti è diventa-ta presto essenziale anche per la com-prensione elementare del sistema Thi-sbe-formica. Le interazioni e i paral-lelismi tra simbiosi hanno condotto ascoperte di rilievo nella comprensionedella dinamica insetto-pianta, delle inte-razioni predatore-preda, dei sistemi dicomunicazione degli insetti e dell'evo-luzione di simbiosi tra insetti, piante eformiche.

Lo studio delle formiche e delle spe-cie mirmecofile mi ha mostrato alcunedelle numerose interazioni che posso-no verificarsi in natura e mi ha datoun'enorme soddisfazione. Ma essendo-mi trovato molte volte ai margini di unaforesta a guardare un desolato paesaggiodi deforestazione, penso che questo la-voro mi abbia soprattutto dato l'oppor-tunità di riflettere su quanto poche sianole interazioni simbiotiche che potrannoin futuro essere osservate e comprese esu quanto numerose siano purtroppoquelle che sono ormai andate irrimedia-bilmente perdute.

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