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PERIODICO DI INFORMAZIONE DELL ʼ ASSOCIAZIONE BIOLOGI AMBIENTALISTI PUGLIESI Anno 17 - N. 2-3Aprile-Settembre 2013 - Distribuzione gratuita - Reg.Trib. Bari n. 1295 del 13/11/96 Nuovi orizzonti

Biologando n. 2-3 _ Aprile-Settembre 2013

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Dal 1996 è l'organo ufficiale di stampa dell'Associazione. È sede di confronto scientifico-programmatico sulle tematiche ambientali e della sostenibilità, non solo in ambito locale, oltre che strumento di aggiornamento sulle attività istituzionali, i percorsi formativi e gli eventi culturali.

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PERIODICO DI INFORMAZIONE DELLʼASSOCIAZIONE BIOLOGI AMBIENTALISTI PUGLIESIAnno 17 - N. 2-3 Aprile-Settembre 2013 - Distribuzione gratuita - Reg. Trib. Bari n. 1295 del 13/11/96

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Periodico d’informazione dell’Associazione

Biologi Ambientalisti Pugliesi

DIRETTORE RESPONSABILEPalma Sinibaldi

c/o Abap sede legale:

via Giovanni Bovio, 970123 - Bari

sede operativa: via Giulio Petroni, 15/F

70124 - Bari

tel. e fax 080.5574418

[email protected]@infoabap.it

www.infoabap.it

Comitato di redazioneStefano di LauroElvira Tarsitano

hanno collaborato:Giovanni ChimientiAlessandra D’AngiulliMarirosa MarzulliClaudio NatileNunzia NescaRosa ScottiGaia Zero

E’ vietata la riproduzione anche parziale di articoli,

senza autorizzazione. La direzione non assume

responsabilità per le opinioniespresse dagli autori dei testi,

redazionali o pubblicitari.

Stampasu carta ecologica da: Martano Editrice srl

Lecce - Baritel. 0832.240989

DIRETTIVO ABAPAssociazione

Biologi Ambientalisti Pugliesi

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PRESIDENTEElvira Tarsitano

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CONSIGLIERIVincenza BevilacquaAntonella BottalicoValeriana Colao

Francesco NicassioAlma SinibaldiGaetana Zero

REVISORI DEI CONTIStefano di LauroAngela MaddalenaRaffaella Mastrovito

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PENSIERO LATERALEe nuove visioni possibili

Viviamo sempre più immersi in ambienti pluri-dimensionali e interconnessi e sempre più spessosentiamo parlare di forme nuove e indefinite di maldi vivere, di alti livelli di conflittualità, di problemie crisi.

Un’incredibile quantità di informazioni e stimolibombardano continuamente i nostri sensi spingen-doci nell’evoluzione verso lo stadio dell’Homo In-ternauticus ma facendoci perdere il senso dellacomplessità. Come definire il concetto di comples-sità senza ricorrere a termini negativi? Complessoè ciò che non è semplice. Tutto ciò che è semplicepuò essere compreso e spiegato, divenendo preve-dibile e rassicurante; tutto ciò che è complesso in-vece è ambiguo, minaccioso, contraddittorio e creasentimenti confusi, disorientando.

Nasce qui il bisogno tipicamente umano di sem-plificare e spiegare i fenomeni complessi in terminidi causa-effetto, prima o dopo, giusto o sbagliato.Siamo di fronte ad un vero e proprio tranello delprocesso di conoscenza poiché “semplice” non si-gnifica “facile” e spesso il bisogno di spiegareporta a dividere e contrapporre. La colpa è dellacosiddetta logica verticale che, usando la dialetticadegli opposti, contrappone ogni percezione al suocontrario: per vedere il bello devo paragonarlo albrutto, la luce esclude il buio, il vero batte il falso.

Il pensiero logico o verticale si basa su elementiescludenti “una cosa o è bella o è brutta” ma nonpuò essere entrambe le cose; questa affermazioneè retta dal “o” (paragonabile all’aut/ aut latino) chedividendo in due la realtà escludendo definitiva-mente la comprensione della complessità. Essa, in-fatti, non è solo pensare contemporaneamentel’Uno e il Molteplice, è anche pensare l’incerto e ilcerto, il noto e l’ignoto, il logico ed il contradditto-rio, includendo nell’osservazione anche noi stessi.Comprendere prima di ogni cosa che siamo partedi un Tutto interconnesso è il primo passo verso lacostruzione di una visione sistemica dalla quale re-spirare emozioni sane e nutrirsi di esperienze diben-vivere.

Come creare allora nuove visioni possibili?Come realizzare nuove modalità di approccio alreale che permettano di trovare nuove e definitivesoluzioni ai problemi di sempre? Come riuscire aessere logici senza perdere di vista l’armonia dellacomplessità?

Edward de Bono, creatore del metodo del Late-ral Thinking dice “...Il pensiero verticale si mette inmoto solamente se esiste una direzione in cui muo-versi, il pensiero laterale si mette in moto alloscopo di generare una direzione. …Con il pensieroverticale si deve essere corretti a ogni passo, conil pensiero laterale si può non esserlo. Con il pen-siero verticale si usa la negazione..con il pensierolaterale no. Con il pensiero verticale ...si escludeciò che è irrilevante, con il pensiero laterale si ac-colgono le intrusioni...”

Con questo non si intende dire che la logica ver-ticale sia inefficace. Anzi, essa è un valido supportoal processo dinamico di conoscenza se agisce inmaniera sistemica e generativa: cioè quando ag-giunge la modalità di pensiero laterale o creativonell’approccio al reale complesso. La menteumana libera da prigioni concettuali e schemi lo-gici automatizzati potenzia il suo operare e attua lecondizioni per un reale cambiamento in senso dav-vero evolutivo e sano in ogni campo, dalla scienzaall’arte, dalla politica alla felicità personale.

Per comprendere la qual è la differenza tra pen-siero logico e pensiero laterale basta rispondere aquesta domanda: qual è la forma dell’acqua? Se-condo il pensiero verticale l’acqua non ha formamentre per il pensiero laterale l’acqua ha la formadel recipiente che la contiene o uno dei tre stati fi-sici che caratterizzano la sua natura.

Il pensiero laterale, quindi, è in stretta relazionecon la creatività, con l’humour e con l’intuizionerealizzando un passaggio fondamentale nel pro-cesso di cambiamento: il passaggio dalla “lottacontro” alla “lotta per”.

Il modo più efficace per cambiare le cose è cam-biare le idee che vi sono alla base: non si tratta di

Con il pensiero verticale si esclude

ciò che è irrilevante, con il pensiero laterale

si accolgono le intrusioni(De Bono)

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distruggere il vecchio ma di guardare ad esso conocchi nuovi individuando così opzioni nascoste, in-dividuando nuove destinazioni d’uso, favorendolegami naturali. Ciò che ha sempre caratterizzatol’agire umano è stata la modalità aggressione-sosti-tuzione secondo la logica separtivo-escludentedell’“io vinco tu perdi”, logica che ad oggi in ognicampo ha dimostrato la sua distruttività.

Il suggerimento operativo dato dal pensiero late-rale vede invece proposte creative e generative dirielaborazione intuitiva della realtà. Il pensiero la-terale non fa concorrenza al pensiero logico ma siaffianca ad esso coinvolgendo nell’atto del pensareanche emozioni e potenziando le facoltà percettive;si tratta quindi di un modo di pensare dentro e fuorigli schemi noti.

Ecco un esempio: un uomo entra in un bar, il ba-rista lo vede, estrae una pistola e gliela punta con-tro. L’uomo ringrazia, saluta e va via. Perché?

Ovviamente prendete il tempo necessario per ra-gionare ma non dimenticate di guardare il quesitodalle diverse angolazioni possibili, attivate il vo-stro humour e la vostra intuizione… se siete giuntialla soluzione avete anche la certezza che è quellagiusta perché come state sperimentando il risultatodel pensiero laterale viene sempre confermatoanche dalla logica verticale. Se invece non aveteancora capito che l’uomo che entra nel bar ha il sin-ghiozzo non scoraggiatevi perché ogni nuovo ap-prendimento passa per l’errore prima di divenireacquisito.

Non smettete di ascoltare i desideri, sperimen-tate continuamente nuove soluzioni e allenate il vo-stro pensiero intuitivo senza smettere di vivere ilqui ed ora in armonia con l’ambiente naturale e lealternative di cambiamento che esso stesso offre.Il pensiero laterale in conclusione è ri-evoluziona-rio poiché capace di dare all’evoluzione una nuovadirezione: dal saper (to know) al saper fare (to do),passando per il saper essere (to be) e giungendo alsaper cambiare il modo di cambiare (to think diffe-rent).

Gaia Zero

Nata negli Anni Cinquanta, su iniziativa diCarl Rogers, quella del conselor è una profes-sione ormai diffusa anche in Italia, e soprattuttonelle grandi città, dove l’antico calore umanospesso è soffocato dalle mille incombenze dellavita moderna. Non è sempre facile, per chi deveaffrontare disagi personali o relazionali, trovarecon chi aprirsi, condividere il proprio sentire ecercare soluzioni ai problemi senza doverne te-mere il giudizio, la considerazione superficiale,il disinteresse o addirittura il rifiuto. Il counse-ling risponde a questa profonda necessità di in-contro autentico e di condivisione di riflessioniinascoltate che spesso, una volta accolte da unorecchio attento, da sole si incanalano verso unapossibile risoluzione adatta alla persona.

Figura intermedia tra l'amico del cuore, nonsempre disponibile, e lo psicoterapeuta, nonsempre necessario, il counselor è un esperto dicomunicazione - dialogica e introspettiva - che,dopo aver fatto in prima persona un percorso dicrescita personale, sa creare uno spazio protettoin cui l’interlocutore si senta accolto, rispettato e,soprattutto, ascoltato.

Se il counseling nasce per venire incontro a undisagio individuale - traducendo in pratica i prin-cipi della psicologia umanistica ed esistenziale -il counseling ecosistemico amplia il campo di os-servazione e di intervento riconoscendo la rela-zione profonda tra homo sapiens e Pianeta Terrae identificando nella frattura creatasi tra culturae natura una delle cause delle concatenate spiralidi malessere esistenziale individuale, sociale eambientale, sempre più diffuse.

È su queste basi che l’Abap ha organizzato, incollaborazione con la Scuola di Ecopsicologia diOsnago, il Master in Counseling Ecosistemico,primo in Italia, che partirà nel settembre 2013,con sede a Milano. Il Counseling Ecosistemicoesplora la dimensione non più solo dell’“io”, maanche del “noi”. Riconosce la fitta rete di inter-relazioni che collega tra loro individui, società equalità di vita risvegliando l’attenzione sulla co-munanza di destino sul Pianeta. Opera nel campodella prevenzione e della relazione di aiuto perfavorire un maggior benessere esistenziale col-lettivo facendo prima di tutto attenzione ai sin-goli individui e alla loro valorizzazione. Partendodal presupposto delle profonde interconnessioni

tra micro e macro - cioè tra ecosistema intrapsi-chico, interpersonale, sociale e ambientale - l’au-torealizzazione personale è finalizzata a un piùarmonico ed efficace funzionamento di ecosi-stemi via via più ampi: se ho chiaro chi sono ecosa mi piace fare, potrò attivami per trovare ilmio posto giusto nel mondo, per “fare cose utilialla vita”.

Il counselor ecosistemico affronta il disagioinserendolo in un contesto più ampio, riconnet-tendolo a un mancato riconoscimento della pro-pria specificità, individuale e umana, ecoinvolgendo il cliente nella ricerca di un possi-bile campo di azione, aiutandolo a riappropriarsidi quel margine di libertà e responsabilità con-naturato alla nostra stessa natura, ma spesso pococonosciuto. Ritrovare il senso di potere ed effica-cia personale è l’atteggiamento che è più impor-tante e urgente sviluppare in una era di grandicambiamenti che ci richiederanno di fare i conticon la necessità di trovare soluzioni di armonicaconvivenza e di sostenibilità per tutti gli abitantidel Pianeta, umani e non umani.

Il counselor ecosistemico è un facilitatoredella qualità delle relazioni nell’ambito di unecosistema, che si tratti di un contesto personale,di coppia, familiare, lavorativo o sociale. È unafigura professionale che opera in percorsi circo-scritti nel tempo, che tende al potenziamento al-trui promuovendo autonomia e che ha buonaconoscenza delle risorse del territorio per poterrinviare al professionista di competenza in casodi patologia o di necessità più specifiche.

I campi di intervento maggiormente connatu-rati sono quelli in cui si incontrano benessere erealizzazione dell’individuo con la salute e l’ar-monia di un sistema, con particolare attenzionealla ricontestualizzazione della disabilità, al-l’orientamento professionale/autorealizzazione,alla facilitazione di gruppi di lavoro, all’esplora-zione dell'identità di genere, alla riflessione etica,alla preparazione di figure che avranno ruoli diresponsabilità in ambito sociale e comunitario.È un operatore del benessere relazionale chemette a disposizioni le competenze professionalie personali per superare criticità in ambito indi-viduale e organizzativo, per promuovere parteci-pazione attiva e propositiva nei diversiecosistemi della vita.

COUNSELING ECOSISTEMICOL’autorealizzazione personale al servizio della società e dell’ambiente

Il pensiero verticale si mette in moto solamente se esiste una direzione in cui muoversi, il pensiero laterale si mette in moto allo scopo di generare una direzione (De Bono)

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Esprimere un giudizio sul valoreed il significato dei sistemi di ge-stione ambientale, alla luce di unaquasi inesistente esperienza dellasua applicazione nel nostro Paese,non è compito facile. Non lo è so-prattutto per chi, come il Biologo,per sua natura ha un approccio il piùpossibile sistematico alle problema-tiche ambientali, preferendo l’ana-lisi dei fatti, delle esperienze e dellesituazioni ai giudizi proiettivi.

Questo, quindi, non sarà un giu-dizio ma più che altro una raccoltadi osservazioni nel merito, derivantidalla nostra esperienza di approccioscientifico d’avanguardia, o megliodi “frontiera”, ai temi ecologici.

Il primo dato che è saltato agliocchi della nostra osservazione suisistemi di gestione ambientale è laloro natura di stimolo, di invito noncoercitivo alla collettività produttivaad uno sforzo di revisione della pro-pria interazione con l’ambiente. Ciòpone questo approccio ad un livelloetico e culturale superiore a quelloclassico del conflitto aperto e dellarepressione dei soggetti ecologica-mente dannosi o incompatibili, poi-ché sposa il principio che unaeconomia compatibile con l’am-biente è frutto della maturazione diuna coscienza globale e della liberascelta collettiva, se pure incentivata,di un modello di vita e di lavoro al-ternativi.

La politica dei divieti e dei limitiparziali, infatti, non ha risolto real-mente alcun problema, causandosemplicemente il trasferimento deidissesti ambientali da un livello al-l’altro o spostandoli nel tempo daun compartimento ambientale ad unaltro, spesso aumentandone gli im-patti. Ciò non è dovuto tanto e soloal rituale inadempimento italiano dinorme e decreti, ma al fatto chenessuna norma impositiva o puni-tiva potrà mai cambiare dalla baseun intero modello economico e so-ciale, prospettiva verso la qualesiamo oramai orientati; semmai ne èil risultato e si erge a difesa di un as-setto diverso già, almeno cultural-mente, maturo.

In secondo luogo, i sistemi di ge-stione ambientale si presentanocome un approccio ai problemi am-bientali di tipo integrato, “olistico”,se vogliamo usare un termine presoin prestito dall’epistemologia con-temporanea, capace cioè di consi-derare nel suo insieme tutti i fattoriinterconnessi che riguardano gli ef-fetti di un’azienda sull’ambiente edi promuovere una revisione com-plessiva. Gli approcci attuali, in-vece, sono spesso di tipo settoriale,“meristico” e lasciano enormi var-chi attraverso i quali i problemi diimpatto sull’ambiente sono, ancorauna volta, traslati in vario modo. Unesempio classico può essere l’ob-bligo allo scarico di reflui secondoalcuni parametri tabellari; l’aziendapuò munirsi di depuratore, dal qualeil refluo potrà anche uscire in ta-bella; poiché, però, nulla si crea enulla si distrugge, il territorio circo-stante assorbirà in vario altro modola massa di contaminanti rimossidal refluo o pagherà lo scotto dellaloro ulteriore trasformazione. Ap-plicare i sistemi di gestione ambien-tale in maniera integrata ha, inoltre,una fisionomia evolutiva che gliconferisce una particolare vitalità;

come subire modifiche in itinere,dettate dalla verifica degli effettidella loro applicazione sul campo,ma possono anche crescere e mi-gliorare di anno in anno, arricchen-dosi delle nuove conoscenzeraggiunte dalla ricerca e costrin-gendo l’impresa ad aggiornarsi ecrescere di pari passo.

Un altro aspetto di grande inte-resse dei sistemi di gestione am-bientale è il grosso impulso chepotrebbero dare ad un settore di oc-cupazione altamente qualificato e“socialmente utile” come quello deitecnici ed esperti che dovranno ese-guire i review, elaborare i progetti,condurli e verificarli. Per molti gio-vani (e non) sarebbe un’ottima pos-sibilità di realizzazione personale.

Si può quindi concludere che i si-stemi di gestione ambientale sono,senza dubbio, un passo sulla stradadi quel lento e faticoso processo dievoluzione verso un’economia so-stenibile, anzi ne tracciano anche al-cune nuove direttrici. Tutto perfettoquindi? Purtroppo no, ed è nostrodovere rilevare anche gli aspetti pre-occupanti ed i possibili danni che ri-schiano di arrecare se applicati noncorrettamente.

I difetti si manifestano all’attodella attuazione, cioè quando l’ap-plicazione dei sistemi di gestioneambientale in un azienda devonofare i conti con le situazioni reali,specie in Italia. Paradossalmente èlo stesso alto livello di consapevo-lezza necessario alla riuscita del-l’applicazione dei sistemi digestione ambientale che rappresen-tano il loro punto debole.

L’Italia è indietro, sia sul terrenodella preparazione delle strutture edei servizi collegati che su quellodella loro applicazione. La maggiorparte delle aziende che si sono ci-mentate nell’applicazione dei si-stemi di gestione ambientale, lohanno comunque svolto in manieraepisodica e solo su alcuni aspettidelle problematiche ambientali; ciòne distorce completamente il signi-ficato. Va anche registrata la sostan-ziale assenza, da questo mercato,del tessuto della media e piccola im-presa che, invece, rappresenta ilcuore del nostro sistema industriale.Il motivo di questo ritardo, se cosìsi può chiamare, sta nel fatto che lamaggior parte delle aziende italianeè fuori norma rispetto all’attuale le-gislazione ambientale. L’applica-

ECOGESTIONEUNA SCELTA POSSIBILE?

Per il biennio 2013-2014 l’A.B.A.P. organizza la prima edizione del Master in “Manager dei Sistemi di Gestione Ambientale”Legislazione, economia e politica”che permette anche l’acquisizione della qualifica di Valutatori di sistemi di gestione per l'ambiente UNI EN ISO 14001:2004. AICQ SICEV

L’Ilva di Taranto: l’emergenza ambientale ha messo in ginocchio la città

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zione di questi sistemi risulterebbein un micidiale boomerang, inquanto comporterebbe un’inizialeautodenuncia della propria illegalità.Per questo motivo, nel mondo indu-striale, sembra si stia affermando lasperanza che questi rappresentinouno strumento per alleggerire i con-trolli ambientali. Questa è una con-cezione pericolosa, in quanto leprocedure di applicazione di un si-stema di gestione ambientale nondovrebbero sovrapporsi ai controllidel rispetto della normativa. Questeprocedure volontarie servono ad ot-timizzare la gestione ambientale, percui il rispetto delle norme sono illoro punto di partenza, non di arrivo.

Un’altra perplessità è di naturatecnico-scientifica: tutti i tecnici chepreparano i percorsi di applicazionedei sistemi di gestione ambientalesono veramente capaci di tenersi alpiù alto livello delle conoscenze nelsettore? Basta, infatti, ignorare unaspetto apparentemente secondariodi un piano o scegliere e convalidareuna procedura analitica imprecisaper ottenere risultati disastrosi a ca-scata. La professionalità in questosettore si costruisce unendo espe-rienza sul campo con formazioneprofessionale ed universitaria avan-zata, nel necessario intreccio multi-disciplinare che rappresenta ilbagaglio dell’operatore del settore.Ciò è ancora fantascienza in Italia,dove ricerca e cultura scientifica,specie in campo ambientale, sonospesso orientate e controllate dai po-tentati più retrivi del settore, cioè dalobbies più o meno note. Inoltre, al-cune conoscenze necessarie ad unaanalisi ambientale completa sonopatrimonio di ristretti e avanzatigruppi scientifici nel mondo e nonfacilmente accessibili; su altre que-stioni, tipo gli effetti genetici deri-vanti dal rilascio di organismigeneticamente modificati, la comu-nità scientifica è tutt’altro che com-patta.

Questi aspetti, in sostanza, com-portano il rischio che l’applicazionedi questi sistemi di ecogestione nonsia esattamente ecocompatibile, per

parziale ignoranza tecnica o perscelta più ideologica che tecnico -scientifica.

In conclusione l’ecogestione puòrivelarsi, in Italia, un terribile boo-merang, per l’ambiente, con il ri-schio di rilascio di patenti di Eco-Compatibilità a settori o aziendetutt’altro che tali. Questo rischio,vale la pena ribadirlo, è comunqueinsito nei sistemi che, per funzio-nare, necessitano della partecipa-zione cosciente, responsabile edonesta di tutti i soggetti; basta chepochi facciano i furbi che tale deli-cato equilibrio si rompa e la mac-china venga usata per generarerisultati opposti a quelli per cui erastata concepita. È opportuno, quindi,non assegnare ai sistemi di gestioneambientale, proprietà miracolose.Occorre, invece, da un lato vigilareattentamente su ciò che accade, edall’altro lavorare per creare le con-dizioni per una loro applicazione ot-timale, anche estesa a tutti i settoripossibili. I trasporti, l’agricoltura, lazootecnia, la pubblica amministra-zione, l’Università e gli enti di ri-cerca dovrebbero potervi accedere,dimostrando di fatto la loro integra-zione con l’intero sistema produttivoe civile italiano.

La principale condizione per il be-nefico successo dell’Eco-Gestione,però, resta l’elevazione del livello diconsapevolezza dell’uomo in generesui rischi che esso corre in que-st’epoca. Passare da un’economia“produttiva” ad una “contempla-tiva”, come si usa dire ai livelli piùavanzati dello studio sugli sviluppisostenibili, può richiedere che alcunisettori di economia di mercato sifacciano definitivamente, ma spon-taneamente, da parte.

In questa direzione l’Eco-Gestionepotrebbe essere uno dei migliori stru-menti di aiuto nell’identificazionedei settori non sostenibili, a condi-zione che l’imprenditore si ricordiche, prima che operatore economico,egli è un essere vivente, in armoniaobbligata e non facoltativa con ilmondo che lo circonda.

Elvira Tarsitano

Nessuna norma impositiva o punitiva potrà mai cambiare dalla base un intero modello economico e sociale; semmai ne è il risultato e si erge a difesa di un assetto diverso culturalmente, già maturo

Fukushima: tecnici al lavoro per tentare di arginare il disastro nucleare

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6 Anno 17 - N. 2-3 Aprile-Settembre 2013

Il primo rapporto sessuale? Media-mente a 15 anni.

È uno dei dati che emergono dai ri-sultati di un’indagine condotta sulle ma-lattie sessualmente trasmissibili (MST)con particolare attenzione all’AIDSnelle scuole secondarie superiori di Barie provincia, presentati sabato 12 gen-naio 2013, nel corso di un workshop te-nutosi nell’Auditorium dell’Istitutoprofessionale Gorjux di Bari.

Ma non è l'unico dato che stupisce.Dall’indagine emerge, infatti, che circail 40% del campione di studenti intervi-stati non utilizza il preservativo. Inoltre,sebbene il 58% lo utilizzi, il preserva-tivo viene percepito solo come metodoanticoncezionale, per evitare gravidanzeindesiderate, e non come forma di pre-venzione di eventuali contagi. Il 2%degli adolescenti coinvolti nello studioutilizza la pillola in forma precauzio-nale.

L’indagine ha coinvolto 21 scuole diBari e provincia ed un campione dicirca 2800 studenti con fascia di etàcompresa tra i 13 ed i 18 anni, chehanno risposto ad appositi questionari,mirati a verificare il livello di cono-scenza dell’AIDS, delle malattie ses-sualmente trasmissibili in genere e lapercezione del rischio.

Infatti, l’obiettivo dello studio è statoquello di:

• Valutare il livello delle cono-scenze degli studenti intervistati relati-vamente ai meccanismi dell’infezioneda HIV/AIDS/MST;

• Fornire informazioni chiare escientifiche sulle possibilità di infezioneda HIV/AIDS/MST eliminando even-tuali dubbi e pregiudizi;

• Sensibilizzare i giovani a conside-rare la salute un bene primario, insosti-tuibile da difendere e potenziare;

• Favorire uno scambio di informa-zioni al fine di promuovere la culturadella salute.

Dallo studio emerge anche chespesso la sessualità viene vissuta maledai più giovani anche a causa dellascarsa conoscenza dell’argomento. Cosìcome scarsa è la conoscenza riguardoall’importanza dell’utilizzo del profilat-tico come unico e solo contraccettivo ingrado di proteggere dalle MST e in par-ticolare dall’HIV. E scarsa è l’attenzioneda parte degli studenti nell’utilizzo co-stante del profilattico per via di una ec-cessiva fiducia nei confronti del propriopartner e dell’erronea convinzione diuna diminuzione del piacere provocatadal profilattico stesso sottovalutando irischi a cui vanno incontro.

L’indagine è stata condotta dai corsi-sti del Master A.B.A.P. in “Tecniche diBioinformatica e Epidemiologia mole-colare applicate alle malattie infettive”nell’ambito del project work, con laconduzione e supervisione dell’Asso-ciazione, in collaborazione con l’IstitutoSuperiore di Sanità (ISS) - il Diparti-mento di Malattie Infettive, Parassitarieed Immuno-mediate (MIPI).

Attualmente in Italia l’AIDS concla-mato si manifesta, nella maggior partedei casi, nella fascia di età compresa trai 25 e i 39 anni e, visto il lungo periododi latenza della malattia, il contagio po-trebbe essere avvenuto durante l’adole-scenza. Dai dati statistici, quindi, risultadi primaria importanza porre particolareattenzione alla popolazione giovanile ecoinvolgere attivamente i ragazzi nel-l’opera di prevenzione e di educazionealla salute attraverso programmi speci-fici di informazione e formazione.

Le prospettive per il futuro, dunque,sono quelle di incentivare campagne disensibilizzazione volte ad informare iragazzi sulle strutture del territorio a cuirivolgersi per avere informazioni sui ri-schi che corrono e sulle corrette metodi-che di prevenzione e sull’importanzadel test HIV/AIDS a fronte di compor-tamenti sessuali errati.

ADOLESCENTI E SESSOUn incontro sempre più precoce e disinformato

L’indagine condotta dai corsisti del Master A.B.A.P. in “Tecniche di Bioinformatica e Epidemiologia molecolare applicate alle malattie infettive”ha coinvolto 21 scuoledi Bari e provincia e un campione di circa 2800 studentifra i 13 e i 18 anni

Il dott. Massimo Ciccozzi dell’Istituto Superiore di Sanità durante la presentazione dell’indagine

In prima fila gli studenti del Master A.B.A.P.

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Anno 17 - N. 2-3 Aprile-Settembre 2013 7

Il Progetto CanaPuglia, vincitore del bando“Principi Attivi” della Regione Puglia si impegna,dal 2011, a diffondere le potenzialità della Canapacercando di sfatare il pregiudizio che da decenni in-combe su questa pianta. Una risorsa in grado di tra-sformarsi in 25.000 mila prodotti sostenibili e cherappresenta una soluzione per la rigenerazione del-l’Uomo, dell’Ambiente e dell’Economia italiana.Dopo due anni di duro impegno e di ottimismo,stiamo assistendo ad un processo promettente per lanostra società.

Il ritorno della Canapa in Italia è ormai una con-cretezza. Da Nord a Sud quest’anno si coltivanocirca un migliaio di ettari. Non saranno i 100mila diuna volta (1940) ma sembra che questo periodo sto-rico sia favorevole alla reintroduzione su larga scaladi questa amata pianta.

Sentiamo il dovere di accompagnare questocomplesso processo, che abbiamo in parte contri-buito ad avviare, affinché l’affarismo incurantedelle leggi naturali sia sostituito da una cultura ingrado di dare una svolta all’economia, preservandola salute dell’uomo e dell’ambiente. Abbiamo vo-luto stimolare una semina capillare su tutta la Re-gione in maniera tale da verificare come la piantareagisca nei diversi territori della Puglia. Inoltre èprevisto un impianto di prima trasformazione dovepoter conferire le balle di Canapa.

Dunque, potremmo pienamente esprimere la no-stra soddisfazione perché abbiamo, con grande de-terminazione e serietà, stimolato una cambiamentoconcreto nella reintroduzione della coltivazione diquesta antica risorsa. Riguardo le attività che realiz-zeremo quest’anno, vi invito a visitare il nuovo por-tale www.canapuglia.it per conoscere e partecipare.Da quest’anno, inoltre, CanaPuglia si doterà di uncamper per girare l’Italia intera. La prima tappa saràla Fiera della Canapa a Fermo, nelle Marche, dal 7Giugno.

Per concludere: la volontà di condividere il no-stro percorso ci ha portati alla conoscenza del-l’Abap che per noi rappresenta un gruppo dipersone di gran valore umano e tecnico. Insiemeriusciremo a guardare al passato per progettare ilfuturo!

Claudio NatilePresidente CanaPuglia

LA CANAPAUna fontedi sostenibilità

Il Progetto CanaPuglia,vincitore del bando Principi Attivi,dal 2011 contribuiscealla reintroduzionedella coltivazionee alla diffusione delle potenzialitàdi questa pianta.Oggi in Puglia,se ne coltivano 120 ettari

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8 Anno 17 - N. 2-3 Aprile-Settembre 2013

BIOLOGO NUTRIZIONISTAIl Master dell’A.B.A.P.compie sedici anni

Il benessere dell’uomo in rela-zione al contesto in cui vive è unodegli aspetti di cui l’A.B.A.P. si oc-cupa sin dalla sua nascita, promo-vendo la diffusione delleconoscenze tecnico-scientifiche epsicologiche relative all’educazionealimentare, alla medicina comple-mentare, alla tutela della salute pub-blica, alla consapevolezza eautonomia della persona.

In particolare, è dal 1998 cheporta avanti, tra le diverse attivitàformative, un importante filone cheriguarda la formazione scientifica eculturale del Biologo Nutrizionistaed Educatore Alimentare medianteun approccio olistico, in cui il cibonon è solo il contenuto di nutrientidesiderabili e non, ma viene visto inrelazione all’uomo, alla società e al-l’ambiente.

Questo filone ha portato alla na-scita del master in Alimentazione eNutrizione umana giunto alla 16aedizione (2013-2014), con riaggior-namenti sempre più qualificanti eprofessionalizzanti ed edizionisvolte anche in altre regioni italianecome il Veneto e con l’inserimentodi oltre l’80% dei formati (il 100%nella 12a edizione) che hanno intra-preso la professione di nutrizionista.

Il Biologo Nutrizionista lavoraper modificare il comportamentoalimentare del cliente/paziente, cioèil suo stile di vita attraverso nuove

abitudini. La salute psico-fisica di-venta il tema dominante per giun-gere alla definizione di uno stile divita in armonia con la natura.

Per questo motivo il percorso for-mativo, di 1500 ore complessive,comprende lezioni teoriche, eserci-tazioni, prove scritte-pratiche-collo-qui, stesura ed implementazione diprotocolli di ricerca e diagnostica,progettazione di attività laborato-riali, per workshop, per seminari,per presentazioni, simulazioni didat-tiche con esercitazioni pratiche inaula e laboratorio, project work estage.

Il master è strutturato in tre step,ognuno dei quali è suddiviso in li-velli e moduli didattici con attività emetodologie teorico/pratiche inte-grate. La fase di base è dedicata al-l’empowerment, alla conoscenza eapprofondimento di quelle disci-pline di riferimento teorico e meto-dologiche indispensabili per losviluppo delle successive compe-tenze specialistiche, approfonditenella seconda fase, come la qualitàdella relazione con l’utente, gli ulte-riori strumenti di lavoro per aiutarel’utente a raggiungere i suoi obiet-tivi.

Il percorso del master si concludecon le fasi di project work e stage,che mirano a completare e consoli-dare la formazione del professioni-sta direttamente “sul campo”.

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La Attività e Terapia Assistita dagli Animalirappresenta un metodo terapeutico globale incui, attraverso attività ludico-pedagogiche e conl’ausilio degli animali, il paziente viene stimo-lato contemporaneamente a livello motorio epsichico, assumendo il ruolo di protagonista epartecipando attivamente al processo riabilita-tivo.

È, infatti, ormai ampiamente dimostrato chela presenza di un animale migliora, dal punto divista psicologico, la vita dell'individuo, dimi-nuendo la solitudine e la depressione, agendoda supporto sociale, aumentando il senso di au-tostima , autocontrollo,

indipendenza ed autonomia, dando un im-pulso alla cura di se stessi e diventando unafonte di attività quotidiane significative.

Le Terapie ed Attività Assistite dagli Animali,come scienza, nascono nel 1977, negli USA, adopera di un gruppo di volontari che fonda laDelta Society mettendo a disposizione il loroamico animale per poter iniziare un lungo per-corso di studi. In Italia sono state riconosciutecome Terapie ufficiali con il Decreto del 28 feb-braio 2003.

Le Terapie ed Attività Assistite dagli Animalisono dirette a soggetti con disabilità, in fase ria-bilitativa, con problemi legati alla sfera socialeo psicologica allo scopo di eliminare uno statodi malattia o di ridurne gli effetti negativi sullasalute del paziente, di migliorarne la qualitàdella vita e lo stato generale di benessere.

Inoltre, aiutare il paziente a relazionarsi, inmodo ottimale, con gli animali, ci permette disviluppare quelle abilità sociali, intellettive e co-municative indispensabili ad una corretta con-cordanza interspecifica e ad un più rapido

reinserimento in società e nel mondo lavorativo.Diversi gli obiettivi.Dal punto di vista cognitivo è possibile:· migliorare alcune abilità mentali e in parti-

colare la capacità di memorizzazione e alcunetipologie di pensiero riflessivo o induttivo;

· stimolare le facoltà intellettive quali atten-zione, interesse, concentrazione e apprendi-mento.

Dal punto di vista emotivo:· è possibile favorire l'aumento di alcuni vis-

suti emotivi positivi che servono a combattereemozioni e sentimenti negativi, sviluppando al-cune doti dell'intelligenza emotiva quali adesempio l'empatia e il controllo emotivo;

· stabilizzare l’umore e il comportamento;· sviluppare autostima, responsabilità, fidu-

cia, autogestione, cura personale;· ridurre l’aggressività;· favorire il superamento della depressione.Dal punto di vista psicosociale si possono

migliorare le capacità di comunicazione e le re-lazioni.

Dal punto di vista psicopatologico è possi-bile ridurre lo stress e l’ansia, soprattutto quellolegato alla sperimentazione di shock, di condi-zioni di istituzionalizzazione o alla necessità disottoporsi a lungo a cure mediche.

Infine, sotto l’aspetto psicomotorio, è possi-bile utilizzare vere e proprie forme di riabilita-zione a schemi e abitudini posturali e motorieche possono agire stimolando il tono muscolarein situazioni di atrofia e favorendo la motricitàfine e grossolana, sviluppare le capacità pro-priocettive e dei cinque sensi, favorire la coor-dinazione oculo-manuale.

Marirosa Marzulli

I migliori amicidell’uomoe del suo benessere

Appunti di Natural Dog Training è iltitolo del libro scritto a quattro mani daMarirosa Marzulli e Claudia Stanisci.Esperta e docente di Terapie ed AttivitàAssistite dagli Animali, Marirosa Mar-zulli è, tra le altre cose, la coordinatricedella seconda edizione del MasterA.B.A.P. per “Operatore relazionale diTerapie ed attività assistite dagli animali- Carta Modena 2002”, che partirà asettembre 2013.

Il Natural Dog Training lavora sullarelazione della coppia uomo-cane,lontano da una visione performativa,in cui ad imparare ''deve'' essere solo ilcane.

Il percorso di educazione diviene unpercorso di crescita, di educazione edapprendimento della coppia, basatosulla costruzione della relazione attra-verso il gioco.

L'innovatività si basa su tre aspettifondamentali:

- il lavoro di coppia: educarsi in-sieme alla conoscenza comunicativareciproca, al rispetto, alla relazione;

- l'approccio fondato sul concettodell’ex-ducere, del portare fuori le po-tenzialità della coppia;

- il gioco come metodica operativa.

NATURALDOG TRAININGGiocareseriamente

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L’uomo, nella sua storia evolutiva,ha accolto come cibo molte specie na-turali, ha selezionato quelle più van-taggiose, è arrivato a gestirne ilpatrimonio genetico, a modificarne ca-ratteri e qualità nutrizionali. Ma oggi,sempre più, nasce l'esigenza di consu-mare alimenti locali e di stagione, cosidetti a chilometro zero (prodotti delterritorio che non devono percorrerelunghe distanze prima di giungere intavola, creando i farmers market), conl'obiettivo di risparmiare e salvaguar-dare l'ambiente e la sua biodiversità, dipromuovere e mantenere uno stato be-nessere duraturo, visto che l’uomo di-pende dalla ricchezza di speciealimentari per il suo sostentamento.

Inoltre, aumenta sempre più la ri-chiesta di alimenti da agricoltura biodi-namica e biologica. Ricordiamo chel'atto del mangiare, più di qualsiasialtra esperienza, mette l’uomo in rap-porto con il mondo naturale. Nutrirsi èinsieme una necessità e il modo più di-retto e completo di rapportarsi almondo fuori di noi, di esprimere la no-stra cultura attraverso la scelta dei cibie le modalità del consumo.

Validi strumenti a garanzia della si-curezza alimentare e tutela dell’am-biente possono provenire da partedegli Enti locali: assistenza tecnica alleaziende circa le tecniche tradizionali diproduzione, accorgimenti tecnici e me-todologici per garantire l’igiene deivari processi di produzione, lavora-zione, confezionamento e commercia-lizzazione dei prodotti; attestazione eprotezione della qualità attraverso i ri-conoscimenti DOP e/o IGP; creazionedi marchi collettivi e d’impresa; imple-mentazione dei sistemi di qualità e disistemi di gestione ambientale, se-condo i criteri previsti dalle norme ISO9000 e 14000 (EMAS), e di sistemiHACCP basati sull’analisi dei rischi edei punti critici di controllo finalizzatianche all’ottenimento della certifica-zione da parte di un organismo accre-ditato; implementazione di strumenti

QUALITÀdal produttoreal consumatore

del marketing alle imprese e le strate-gie per la valorizzazione del prodottoe del territorio; informazione e campa-gne di sensibilizzazione del consuma-tore circa la sicurezza alimentare e ilprodotto tipico locale e agroalimentarein genere, per diversificare l’acquisto,tenendo presente che esiste anche laricchezza della biodiversità locale e/oregionale; incentivazione di forme diturismo durevole e sostenibile e pro-mozione delle proprie attività e crea-zione di una rete con tutti gli attorisociali ed istituzionali locali, nazionalied esteri.

È necessario, perciò fornire unaserie di strumenti concettuali e opera-tivi che possano aiutare il produttorenella valutazione, progettazione e at-tuazione di un'attività commerciale, inun contesto di mercato di “nicchia”, incui è essenziale capire che tipo di ser-vizio offrire, a chi offrirlo, come of-frirlo e a che prezzo, affinché l'attivitàpossa essere remunerativa nel rispettodell’ambiente, delle normative vigentie delle condizioni igienico-sanitarie atutela della salute pubblica. Questo sipuò realizzare, analizzando i saperi ele diverse tecniche di produzione conla messa a punto di disciplinari nel ri-spetto della variabilità (biodiversità)

locale; creando un Consorzio di tutelae valorizzazione, per ogni prodotto ti-pico individuato, costituito da tutte leaziende che producono, trasformano,confezionano e commercializzano iprodotti tipici locali.

Riuscire a coniugare la “tradizione”con la “tecnologia” è una sfida del no-stro millennio a vantaggio della qua-lità e sostenibilità della vita.

Mangiar sano è il modo più diretto ecompleto di rapportarsi al mondo cir-costante, di esprimere la nostra culturaattraverso la scelta dei cibi e le moda-lità del consumo. Non possiamo nontener conto che lo stato di salute del-l’uomo, il suo equilibrio ed il suo be-nessere psico-fisico, sono strettamentelegati ai rapporti con l’ambiente in cuivive ed alle interazioni con uomini, es-seri viventi animali e vegetali, acque,odori e sapori: sarebbe come sradicarel’uomo dalla sua storia naturale, allon-tanare da lui quelle esperienze atavi-che che lo hanno legato alla madreterra e che ne hanno plasmato gusti escelte, comprese quelle alimentari.

Quando si parla di sicurezza alimen-tare è necessario rifarsi a due concettifondamentali: food security, ovvero ildiritto per ciascun essere umano ad unquantità equa di alimenti e food safety,

Le infezioni e le intossicazioni da cibo

destano oggi più preoccupazione di ieri.

Assistiamo ad un paradosso:a fronte di un livello

di igiene molto migliorato nelle produzioni alimentaricontinuano ad aumentare

le patologie su base alimentare

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cioè il mantenimento della qualità or-ganolettica, igienico-sanitaria e fun-zionale degli alimenti.

Nel 1997, l’OMS, nel Rapportosulla Sicurezza dei cibi e malattie do-vute ai cibi, avvertiva: “Le malattiedovute ai cibi contaminati costitui-scono forse il problema di salute pub-blica più diffuso nel mondo contempo-raneo ed un’importante causa diriduzione della produttività economica.Siano esse in forma di diarrea infantile,colera, salmonellosi, listeriosi, ecc o diintossicazioni causate da contaminantichimici, per menzionarne alcune, lemalattie dovute a cibi contaminati cau-sano mortalità, malesseri, sofferenze eperdite economiche, che nessuna na-zione può affrontare”.

Dopo quasi 20 anni, le infezioni e leintossicazioni acute da cibo destanooggi più preoccupazione di ieri. Si as-siste ad un effetto paradossale: a frontedi un livello di igiene molto miglioratonelle produzioni alimentari si registraun costante aumento delle patologie subase alimentare. Perché?

Diversi e numerosi sono i fattori cheincidono su questo andamento.

Sotto il profilo sociale, possiamo in-dividuare il continuo incremento dellapopolazione mondiale, l’aumento co-stante del flusso delle materie primetra i vari Paesi, il cambiamento deglistili di vita. Sotto il profilo tecnico-scientifico: il miglioramento delle tec-niche analitiche, le modificazioni deinostri “nemici” - anche indotte dal-l’uomo -, la scoperta di nuovi agentiin grado di apportare danno alla saluteumana, la comparsa di patogeni“emergenti” che prima non sembra-vano poter apportare danno all’uomo,l’evoluzione di microrganismi giànoti come patogeni che, cambiandostile di vita, adattandosi a nuovi sub-

strati e nuovi habitat, resistono sempredi più alle condizioni stressanti fino adoggi attuate dall’uomo nei loro con-fronti.

Il settore agro-alimentare è digrande importanza per l'economia re-gionale, nazionale e europea. L'impor-tanza economica e l'onnipresenza deiprodotti alimentari nella nostra vitafanno capire che vi deve essere unforte interesse per la sicurezza alimen-tare nella società nel suo complesso ein particolare tra le autorità pubblichee i produttori.

La catena della produzione alimen-tare sta diventando sempre più com-plessa. Tutti i partecipanti alla catenaalimentare (produttori primari, trasfor-matori, trasportatori, venditori e som-ministratori) sono responsabili perquanto concerne la sicurezza degli ali-menti.

La gestione della qualità, con parti-colare riguardo alla sicurezza degli ali-menti, prevede, pertanto, un approcciosistematico alla prevenzione o alla ri-duzione al minimo del rischio deri-vante dal consumo di alimenti.

La sicurezza degli alimenti è stret-tamente legata ad una corretta prassiigienica e cioè a tutte quelle azioni fi-nalizzate a prevenire le possibili con-taminazioni degli alimenti in tutto illoro percorso, dal campo alla tavola, èfra le principali priorità sia delle Auto-rità Europea sia per quelle nazionali, eresta al primo posto delle richieste delconsumatore/utente.

Nel settore alimentare l’esigenza diassicurare la qualità igienica è quindiprioritaria a tutela della salute dei con-sumatori.

Le vicende di cronaca degli ultimianni sulle sofisticazioni alimentari esui pericoli microbiologici e di residuichimici, comprovano l’esigenza di fi-

gure professionali d’alto profilo tec-nico-scientifico che hanno il compitoverificare che le materie prime, i pro-dotti trasformati e la vendita o sommi-nistrazione risultino conformi a tutti iparametri richiesti dalle normative vi-genti, garantiscano la corretta gestionedel rischio e il raggiungimento di qua-lità nutrizionali e funzionale che possaessere anche comunicata per una mag-giore informazione del consumatore.

Tale esigenza ha portato nel 2009alla nascita del master A.B.A.P. in“Operatore della Sicurezza, Certifica-zione e Comunicazione Alimentare”,giunto alla sua quinta edizione (2013-2014) e rivolto a giovani laureati in di-scipline biomediche, veterinarie,agrarie, anche junior (laurea triennale),con esperienza coerente con la specia-lizzazione considerata.

Il master, della durata di 1500 ore,ha un placement dell’80%. Si proponela preparazione di operatori esperti, sulpiano tecnico-scientifico e pratico, nelcampo della sicurezza e igiene deglialimenti e nella comunicazione dellaqualità dei prodotti con lo scopo di for-nire alle aziende alimentari pugliesi eitaliane gli strumenti necessari ad unacrescita economica e all’ampliamentodegli scambi commerciali.

Gli esperti in particolare saranno ingrado di supportare gli operatori dellafiliera agroalimentare per l’implemen-tazione dei sistemi di qualità - obbli-gatori e volontari (autocontrollo,rintracciabilità, certificazione, etichet-tatura) -, di individuare e comunicarele peculiarità di taluni prodotti o pro-duzioni che possiedono un plus valore(es. produzioni tradizionali, alimentifunzionali, alimenti nutraceutici) e uti-lizzare gli audit come strumento pervalutare l’efficacia di un sistema qua-lità.

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Nasce il managerper la tutelae la promozionedei territori rurali.Un professionistain grado di progettare, coordinare e gestireinterventi mirati allo sviluppoe alla difesadelle tradizioni

BIODIVERSITÀ RURALEUn patrimonio da tutelare

In una sostanziale relazione dicustodia della terra, densa di valorietici ed estetici, e di rispetto per ilpaesaggio rurale e la biodiversità,i “prodotti” locali sono il risultatodell’applicazione di saperi e tecni-che detenute e tramandate alle ri-sorse di un luogo particolare, in untempo determinato e in relazione aparticolari condizioni ambientalidi terra, acqua e clima: sono un“patrimonio” generato in condi-zioni di minimo impatto ambien-tale e sociale.

La complessità dei valori di am-biente, tutela della biodiversità, sa-lute, alimentazione, gusto, solida-rietà, sostenibilità sottendono alprodotto locale, tipico delle diversearee della Puglia. Valorizzare al-cuni prodotti di eccellenza, chesiano caratterizzati dalla doppia va-lenza di “tipici” e “locali”, deveservire a recuperare quei prodotti,meno conosciuti, ma importantiper la conservazione della biodi-versità e la possibilità di renditadegli operatori del settore. Si trattadi conoscere, riconoscere e apprez-zare gli antichi sapori della nostratradizione alimentare, e cercare disalvaguardare i nostri variegatiecosistemi sparsi in tutta la Puglia.

La biodiversità alimentare assi-cura alle popolazioni l'accesso re-golare ad un'alimentazione suffi-ciente e di qualità, in grado diconsentire una vita sana e attiva.Importante diventa, quindi, contri-buire a preservare e promuovere labiodiversità alimentare, attraversola valorizzazione delle conoscenzetradizionali sviluppate nel corso digenerazioni da comunità di agri-coltori, attraverso i prodotti localiagricoli, tipici di quel determinatoterritorio. Tutto ciò consente di sal-vaguardare le nostre terre con per-

sone, gli agricoltori, quali “tutori”dell’ambiente, evitando degrado edissesto del territorio. Il “prodottotipico” rappresenta le nostre ori-gini e va quindi difeso, conservatoe tutelato. Racconta la nostra storia,la nostra cultura, le nostre tradi-zioni, le nostre esigenze nutrizio-nali. È legato a un luogo concreto,alle sue risorse ambientali, ai suoiprocessi storici, alle sue reti comu-nitarie e alla gente che lo abita.

Una cosa che la Puglia, e l’Ita-lia in generale, possono vantarecome primato assoluto, sono lacultura enogastronomica ed un pa-norama ricchissimo di biodiversitàagroalimentari, sulle quali si basaanche l’attrattività turistica, strate-gica per la promozione dei territorirurali.

Nasce così l’esigenza di formarequalificare nuove figure speciali-stiche nel settore dello sviluppo ru-rale, con l’obiettivo di ottimizzareil rapporto tra attività agricola e ge-stione del territorio rurale con par-ticolare riferimento alle funzioni diintegrazione economica, di analisiambientale e di valorizzazionedelle produzioni agroalimentari ti-piche.

Tale figura professionale, che siformerà al termine del MasterA.B.A.P. in “Management e Valo-rizzazione del Territorio Rurale”possiederà le necessarie compe-tenze nei settori della gestione delterritorio rurale con le quali pro-gettare, coordinare e gestire inter-venti mirati allo sviluppo rurale, eche sappia nel contempo forniregli strumenti utili per la preven-zione e il controllo dei processi diinvoluzione del territorio qualiscarsità idrica, l’erosione, la deser-tificazione, attraverso l’utilizzo ot-timale delle risorse acqua e suolo.

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MEDITERRANEOSpecie aliene ed invasive

Quello delle specie aliene nel Mediterraneo è unproblema divenuto frequente negli ultimi 20 anni,nel corso dei quali ha destato sempre maggiore pre-occupazione, per i danni che provoca alle attivitàeconomiche come la pesca. Una specie aliena è unaqualsiasi specie (animale, vegetale, batterica o di altritaxa) avente una provenienza diversa dall’ambientedi introduzione nel quale essa non riuscirebbe ad ar-rivare senza l’eliminazione di una barriera geogra-fica tra l’ambiente di provenienza e quello nuovo.L’eliminazione della barriera geografica avvienegrazie all’uomo attraverso la creazione di canali ar-tificiali di collegamento tra un mare ed un altro, lad-dove in precedenza c’era una lingua di terra (casodel Canale di Suez, costruito nel 1869 per il collega-mento del Mar Rosso al Mar Mediterraneo), oppureil trasporto involontario tramite le acque e i sedi-menti di zavorra e le carene delle navi di ritorno daun porto straniero. Quando una specie aliena o al-loctona arriva nel nuovo ambiente, possono realiz-zarsi 2 eventi:

1. essa trova nel nuovo ambiente le specie autoc-tone che ne contrastano lo sviluppo, competendo perlo spazio ed il cibo disponibile ed impedendone difatto l’invasione e in queste condizioni la speciealiena non può riprodursi e, quindi, non sopravvive;

2. la specie aliena non trova nel nuovo ambientedelle specie forti in grado di contrastarne lo sviluppo(un competitore o un predatore) e, dunque, essa siriproduce in modo incontrollato, mangia tutte lefonti di cibo a lei appetibili e sostituisce spesso lespecie autoctone determinandone l’estinzione. Inqueste condizioni, una specie aliena diventa ancheinvasiva e questa è spesso una sua peculiarità ri-spetto alle specie autoctone, perché in un ecosistemastressato, qualora una specie autoctona dovesse pre-valere sulle altre, successivamente interverrebbe unfattore contrastante a riportare l’equilibrio tra le spe-cie della comunità. Una specie aliena, invece, nonha predatori né competitori, quindi il suo svilupponel nuovo ambiente diventa praticamente incontrol-labile.

Nel Mediterraneo, quello delle specie aliene è di-venuto un problema all’ordine del giorno, poichénegli ultimi 4 anni il loro numero è aumentato conuna velocità di 2 al mese (dati ISPRA di un monito-raggio iniziato nel 2000). In particolare nel Mediter-raneo si è registrato un boom di specie di pesci diprovenienza tropicale e dal Mar Rosso, spinti dallecorrenti favorevoli e agevolati dall’esistenza del Ca-nale di Suez. Non sono meno numerosele specie di provenienza indo-pacifica,come il pesce flauto (Fistularia commer-sonii (Ruppel, 1835)) e il pesce coniglio(Siganus luridus (Ruppel, 1828)), erbi-vori come la salpa, che hanno pratica-mente sostituito quest’ultima, autoctona.Dai dati ISPRA, emerge che nel 2004 ilnumero di specie aliene vegetali e ani-mali era 544, l’anno dopo 617 e nel-l’anno 2010 questo numero è arrivato a1024 specie, di cui 583 appartenenti a 8taxa ( Andaloro, 2010).

La gravità e l’attualità del problema“specie aliene ed invasive” nel Mar Me-diterraneo, fa sorgere la necessità negliautori di questo articolo, di contribuire al-l’informazione della gente comune, po-nendo l’accento sugli impatti che essehanno in vari settori e sui rischi cui ci siespone con certe attività incontrollate,come il commercio delle specie esotiche

a scopo di acquariologia o con il trasporto nelle naviprovenienti da viaggi esteri, di acque di zavorra nonadeguatamente trattate. L’obiettivo di questo arti-colo è, quindi, quello di contribuire far sorgere inognuno un senso di responsabilità delle proprieazioni, date le conseguenze che esse possono avere.

Caratteristiche delle specie alieneCiò che contraddistingue le specie alloctone ri-

spetto alle native di un dato ambiente, è il loro ciclovitale estremamente breve e l’elevata velocità di ri-produzione. Le specie algali, in particolare, hannoun ciclo vitale costituito da 2 fasi (fig. 1):

1. fase asessuata, con un elemento attivo chevive nell’acqua;

2. fase sessuale con la conseguente formazionedi uno zigote che cade sul fondo, dove forma unacisti (struttura di resistenza) e vi rimane dormientefino alla stagione favorevole, quando germina rifor-mando la popolazione nella colonna d’acqua.

Le macroalghe alloctone, come tutte le macroal-ghe, nella fase asessuata o vegetativa, si riproduconoattraverso anche piccoli frammenti del tallo o propa-guli che formano in poco tempo grandi colonie ingrado di occupare vaste superfici e soppiantare lespecie native.

Le specie alloctone inoltre sono molto resistentialle malattie, ai parassiti, ai competitori e nel nuovoambiente non hanno predatori naturali, ma spessosono esse stesse dei voraci predatori; ad esempio ilgranchio azzurro, Callinectes sapidus (Rathbun,1896), è una specie onnivora, ma predilige partico-larmente ostriche e pettini. In Puglia questa specie èstata segnalata per la prima volta nel 2006, pressoUgento (LE) ed è stata introdotta tramite le acque dizavorra di navi provenienti dalla costa nord-orien-tale degli USA (Gravili et al., 2010). Per consentireil primo arrivo di una specie alloctona in un am-biente diverso da quello di provenienza, bastano igameti, gli zigoti, i semi, i frammenti di tallo e lespore che possono resistere per molto tempo anchea condizioni ambientali non favorevoli alla crescitadell’individuo adulto.

Anche varie specie di pesci alieni, come quelletropicali, solitamente sono molto aggressive perchéprovengono da mari dove il numero di specie èmolto più elevato che nel Mediterraneo e, perciòsono abituate alla competizione. In Mar Rosso, adesempio, dal quale sono arrivate molte specie alloc-tone, sono presenti circa 1500 specie diverse equindi in questo ambiente la competizione tra le

stesse è molto forte. Solitamente le specie esotichedella fauna ittica sono anche dei forti predatori chespesso agiscono anche in branco, sottraendo le predealle specie ittiche autoctone. E’ il caso del barracudache preda spesso in branco e, pertanto, è molto piùforte della spigola, predatore solitario.

Principali cause di diffusioneLe cause della diffusione delle specie alloctone in

Mediterraneo possono essere distinte in:Naturalia) cambiamenti climatici (variazione dei para-

metri fisici delle acque);b) cambiamento della circolazione superficiale

e profonda (transient).Antropichea) abbattimento delle barriere geografiche;b) trasporto marittimo;c) attività di acquacoltura;d) acquariofilia;e) introduzioni, reintroduzioni e ripopolamenti.

Individuazione e quantificazione di nuove specie aliene nel Mediterraneo

In Italia, lo studio coordinato a livello nazionalesulle specie aliene è cominciato nel 1999 (anche seprecedentemente sono stati fatti già altri lavori) conl’istituzione del Gruppo sulle Specie Aliene della So-cietà Italiana di Biologia Marina, che riunisce oltre100 ricercatori di vari atenei e altri centri di ricerca.A partire dal 2000 essi aggiornano annualmente lalista delle specie aliene, segnalate come introdotte,intenzionalmente e non, nei mari italiani.

Nel 2010 sono stati condotti vari studi e quelli piùrecenti, relativi ad un censimento delle specie alienesu scala nazionale e mediterranea, sono stati 2: ilprimo era volto alla quantificazione del numero dispecie aliene e alla determinazione della prove-nienza della maggior parte di esse, presenti special-mente nei mari Italiani (Occhipinti et al., 2010); ilsecondo ha trattato il censimento delle specie alienein Mediterraneo, tracciando in particolare una distin-zione della situazione tra il Mar Mediterraneo occi-dentale, il Mar Mediterraneo centrale, il MarAdriatico ed il Mar Mediterraneo orientale, in appli-cazione della Direttiva Quadro sulle Strategie Ma-rine dell’Unione Europea (Zenetos et al., 2010).

Dal primo studio è emerso che il Mediterraneo èquello con il maggior numero di specie aliene, 606,rispetto agli altri mari temperati (204 nel Mar delNord e 63 nel Mar Baltico). Dal 1945 ad oggi, lungoi 7375 km di coste italiane, sono state segnalate circa

165 specie aliene appartenenti a variecategorie tassonomiche (33 macrofite, 1dei poriferi, 15 cnidari, 2 ctenofori, 33anellidi policheti, 31 molluschi, 26 cro-stacei, 2 picnogonidi, 7 briozoi, 4 tuni-cati, 11 osteitti), cioè sono stateintrodotte circa 2,2 specie ogni 100 kmdi costa italiana (Occhipinti et al., 2010).Oltre a queste, esistono poi ben 55nuove specie aliene, mai segnalateprima nell’intero Mediterraneo e sonorappresentate principalmente dagli cni-dari, dalle macrofite e dai crostacei. Trale più recenti segnalazioni si ricordano2 specie: il granchio rosso reale, Parali-thoides camtschaticus (Tilesius, 1815),specie boreale raccolta nel Mar Ionio nel2008 (Faccia et al., 2009); il polichetePolydora colonia (Moore, 1907) del-l’Atlantico, segnalato a Torre Guacetonel 2009 (Giangrande coautore con Oc-chipinti et al., 2010). Le zone costiere

L’articolo che pubblichiamoè un estratto del lavoro di ricerca sulle specie aliene ed invasive nel Mediterraneocompiuto da un gruppo di studenti della prima edizione del master A.B.A.P. in Operatore delle risorse Marine: Giovanni Chimienti, Rosa Scotti, Alessandra D’Angiulli, Nunzia Nesca

fig. 1: ciclo vitale di un’alga; esso consta di una fase sessuale e di unaasessuale o vegetativa.

(segue a pag.14)

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con i più elevati numeri di specie aliene sono state: Vene-zia, con 39 specie aliene registrate, Taranto, con 24 speciealloctone e le Isole Pelagie, con 19; queste, pertanto sonostate definite degli hot spots per le specie aliene nei mariitaliani. Non tutte le specie aliene hanno costituito popola-zioni stabili durature, poiché il 46 % è stato osservato comesingole colonie o pochi individui in singole località (costaitaliana NE), mentre il 40 % è rappresentato da specie al-loctone stabilite (costa italiana E) ed un altro 15 % è rap-presentato da specie invasive. I casi ben documentati diinvasioni biologiche sono:

• Caulerpa taxifolia ((M. Vahl) C. Agardh) in Mar Li-gure, Mar Tirreno, Sicilia e Sardegna;

• Caulerpa racemosa ((Forsskǻl) J. Agardh) var. cy-lindracea ((Sonder) Verlaque et al.) in Mar Ligure, Mar Tir-reno, Sicilia, Sardegna, Sud Adriatico;

• Sargassum muticum ((Yendo) Fensholt), in NordAdriatico;

• Undaria pinnatifida ((Harvey) Suringar) in Adriaticosettentrionale e Ionio settentrionale;

• il mollusco Anadara demiri (Say, 1822) in Adriatico,nello Ionio e nel Tirreno meridionale;

• Arcuatula senhousia (Benson in Cantor, 1842) inAdriatico settentrionale e nello Ionio;

• Tapes philippinarum (Adams & Reeve, 1850) inAdriatico settentrionale;

• Rapana venosa (Valenciennes, 1846) in Adriaticosettentrionale;

• il crostaceo Dyspanopeus sayi (Smith, 1869) inAdriatico settentrionale;

• il briozoo Tricellaria inopinata (D’Hondt & Occhi-pinti Ambrogi, 1985) in Adriatico settentrionale;

• lo ctenoforo Mnemiopsis leidyi (A. Agassiz, 1865)in Adriatico settentrionale, Mar Ligure, Mar Tirreno, MarIonio (Betti, 2009).

Tra tutte le specie aliene stabili, alcune delle quali risul-tate invasive, prevalgono quelle provenienti dai mari caldi(istogrammi in grigio chiaro di fig. 6) rispetto a quelle en-trate dai mari temperato-freddi.

I vettori di specie aliene sono stati individuati principal-mente nella navigazione (acque di zavorra e fouling) e nel-l’attività di acquacoltura. Si calcola che ben 91 specie sonostate introdotte tramite la navigazione, delle quali 38 pro-babilmente con il fouling delle imbarcazioni e 27 con leacque di zavorra, mentre le specie introdotte tramite l’ac-quacoltura sono 32 (Occhipinti et al., 2010). Gran partedelle specie aliene entrate negli anni ’60, si è ormai accli-matata e la comunità scientifica è concorde nel prevedereuno scenario di riduzione della biodiversità degli ecosi-stemi delle coste italiane. Gli studi sugli effetti delle inva-sioni biologiche sugli ecosistemi e comunità native deimari italiani, sono in fase di completamento. A titolo diesempio si può riportare alcuni casi. Il primo è quello del-l’ostrica giapponese Crassostrea gigas (Thunberg, 1793) edella vongola filippina Tapes philippinarum (Adams &Reeve, 1850) che prevalgono sulle popolazioni delle spe-cie native di Ostrea edulis (Linnaeus, 1758) e Tapes decus-satus (Linnaeus, 1758), rispettivamente, e sono ritenuteanche dei potenti vettori di introduzione involontaria dispecie di organismi epibionti delle conchiglie.

Alcune specie, come le macrofite Womersleyella setacea((Hollenberg) R.E. Norris) e Caulerpa racemosa ((For-sskål) J. Agardh) var. cylindracea ((Sonder) Verlaque et al.)causano la riduzione della diversità rispetto agli ecosisteminon-invasi (Piazzi e Balata, 2009). La specie aliena Sar-gassum muticum ((Yendo) Fensholt) riduce l’intensità diradiazione fotosinteticamente attiva (PAR), con ripercus-sioni sugli organismi degli strati più profondi. Le modifi-cazioni di habitat più significative sono state apportate dallespecie del genere Caulerpa sp. che hanno invaso ampieporzioni di fondo a Posidonia oceanica ((L.) Delile, 1813)già degradato in molte aree mediterranee.

Analizzando l’evoluzione temporale del numero di in-troduzioni dal 1945 al 2009, si è osservato che i numeri piùalti di specie aliene segnalate nei mari italiani, si sono avutinegli anni ’80 e negli anni ’90, mentre dal 2001 il numerodi nuove segnalazioni è leggermente diminuito (Occhipintiet al., 2010).

Il secondo studio aveva come obiettivo il censimentodelle specie aliene del Mediterraneo ed è stato condotto dauniversità e centri di ricerca spagnoli, greci ed italiani, incollaborazione. La Direttiva Quadro sulle Strategie Marinedell’UE individuava nel Mediterraneo 4 subregioni (il MarMediterraneo Occidentale, il Mar Mediterraneo Centrale,

il Mar Adriatico ed il Mar Mediterraneo Orientale), perquesto motivo lo scopo della ricerca è stato quello di trac-ciare una differenziazione tra le specie aliene in termini disuccesso di colonizzazione di queste 4 subaree (Zenetos etal., 2010). Al termine di questo studio, è stata cioè definitauna distinta lista di specie aliene per ciascuna sub regionedel Mediterraneo. Alcune di queste specie formano popo-lazioni stabili (istogramma rosso), altre costituiscono re-cord casuali (verde), altre sono criptogeniche (viola) edaltre dubbie (“questionable” – istogramma giallo) (Fig. 7).Come si osserva dal grafico, nel Mediterraneo Orientale(EMED) esistono i più elevati numeri di specie aliene ingenerale (stabilite, casuali, dubbie e cripto geniche).

Per ciascun bacino inoltre è stata creata anche una listadelle specie aliene invasive. Tra le specie aliene sono pre-senti tutti i taxa (macrofite, protozoi, alghe unicellulari,molluschi, crostacei, poriferi, cnidari, anellidi policheti,briozoi, pesci) e vengono considerate tutte le forme di vitamarine: bentoniche, nectoniche e planctoniche. In Medi-terraneo sono state contate ben 955 specie aliene note, dellequali la gran parte si trova nel Mediterraneo Orientale; inol-tre il 56 % di tutte le specie aliene del Mediterraneo è con-siderata stabilita in almeno un’area ed in ogni subregionemediterranea le specie aliene stabilite sono più del 50 %(Zenetos et al., 2010). Molte specie aliene sono “dubbie”e fanno parte principalmente dei gruppi delle macrofite,dei policheti e dei crostacei. L’incertezza sulle specie alienedelle macrofite è dovuta alla mancanza di informazionicerte sulla loro provenienza; mentre per i policheti ed i cro-stacei l’incertezza è dovuta all’impossibilità di identificarele specie per la mancanza di lavori tassonomici precisi.

Successivamente è stata determinata la distribuzione na-tiva delle specie aliene per ogni subregione del Mediterra-neo, cioè per ciascuna di esse è stata determinata lacomposizione di specie aliene per origine (Fig. 8). Le spe-cie provenienti dall’Indo-Pacifico, dall’Oceano Indiano edal Mar Rosso, sono state raggruppate nella categoria IP-IO-RS. Come si osserva dal grafico, in tutte le subregionidel Mediterraneo, le specie aliene sono di provenienza pre-

valentemente Indo-Pacifica o dell’Oceano Indiano o delMar Rosso (istogramma arancione di ogni sub regione).

È stato stimato che circa il 60 % delle specie aliene pre-senti nel Mediterraneo è entrato dal Canale di Suez (specielessepsiane); a queste si aggiungono quelle introdotte conla navigazione e per scopi di acquacoltura. In generale, co-munque, esse sono specie di mari caldi tropicali o subtro-picali e, quindi, termofile. Le specie di acque fredde(circumboreali, del Nord Atlantico e del Nord Pacifico) co-stituiscono una percentuale molto bassa che si aggira tra il4.2 % del Mediterraneo Orientale ed il 21.6 % del MarAdriatico. Da questi dati emerge che la principale causa diintroduzione di specie aliene in Mediterraneo, specialmentenella subregione orientale, è stata la riapertura del Canaledi Suez, a differenza del resto del mondo dove i principalivettori di specie aliene sono la navigazione e l’attività diacquacoltura (Ruiz et al., 2000). Inoltre nel MediterraneoOrientale, l’attuale cambiamento climatico e, specialmente,l’aumento delle temperature provoca gravi modificazionidel biota (POR 2009, 2010), di conseguenza le specie indo-pacifiche hanno trovato in questa subregione un ambienteottimale per stabilirsi. Al contrario il Mar Adriatico è quellocon il minor numero di specie aliene, poiché ne riceve inparte tra quelle stabilite in Mediterraneo Orientale e quelledel Mediterraneo Centrale, ed in parte per la navigazionee l’attività di acquacoltura. Anche nel Mediterraneo Occi-dentale esiste un elevato numero di specie aliene di originePacifica, prevalentemente macrofite, giunte tramite la na-vigazione. Lo Stretto di Gibilterra come potenziale via diintroduzione di specie aliene è diversa rispetto al Canaledi Suez, essendo il primo più antico (5,33 milioni di annidi età) ed il secondo più recente (142 anni di età). Questaevidenza implica che la presenza di specie aliene di origineatlantica entrate dalla Stretto di Gibilterra è il risultato di unlungo processo naturale; pertanto queste specie non pos-sono essere definite propriamente aliene. Inoltre, la costaatlantica del Marocco è caratterizzata da una circolazioneoceanica diretta prevalentemente verso sud, impedendo amolte specie di entrare dallo stretto.

fig. 7: numero di specie aliene nelle 4 aree del Mediterraneo: Mediterraneo Occidentale, Mediterraneo Centrale,Adriatico e Mediterraneo Orientale; i dati sono riferiti a specie aliene stabilite (istogramma rosso), specie cripto ge-niche (istogramma viola), record casuali (istogramma verde) e specie dubbie o “questionable” (istogramma giallo)(Zenetos et al., 2010).

fig. 8: origine delle specie aliene per bacino di provenienza (Zenetos et al., 2010).

EMED

ADRIA

CMED

WMED

EMED

ADRIA

CMED

WMED

0 100 200 300 400 500

0% 20% 40% 60% 80% 100%

CryptogonicQuestionableCasualEstablished

IP-IO-RScircum(sub)tropicaltropical Atlantictropical PacificPacificAtlanticN PacificN Atlanticcircumborealunknown

Number of species

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Anno 17 - N. 2-3 Aprile-Settembre 2013 15

Impatti delle specie alieneGli impatti causati dall’introduzione delle specie alloc-

tone in un ambiente nuovo, si possono distinguere in duecategorie:

1. impatti sugli ecosistemi;2. impatti sulle attività antropiche.1) Impatti sugli ecosistemiLe specie aliene sono tra le principali minacce alla bio-

diversità della comunità di un determinato ambiente. Gliimpatti ecologici comprendono:

• la competizione con le specie autoctone per il cibo el’habitat. Un esempio in Mediterraneo è rappresentato dalbarracuda (specie aliena per i nostri ambienti) che competeefficacemente con la spigola per le prede, poiché il primoè un vorace predatore e caccia in branco, mentre la spigolaè un predatore solitario e non può reggere il confronto;

• cambiamenti strutturali degli ecosistemi. La speciealgale alloctona Caulerpa taxifolia ((M. Vahl) C. Agardh)ha completamente sostituito la specie autoctona Caulerpaprolifera ((Forsskål) J. V. Lamouroux) data la sua maggiorerapidità riproduttiva grazie al meccanismo della frammen-tazione (riproduzione vegetativa, ben più rapida di quellasessuale). In questo modo sono stati causati dei cambia-menti strutturali degli ecosistemi invasi;

• ibridazione di specie autoctone. Nel caso di specie al-loctone marine, non sono stati riscontrati casi di ibridazione,però in generale, se una specie aliena si ibridasse con unaautoctona, dall’incrocio nascerebbe una prole non fertile eciò causerebbe alla lunga l’estinzione della specie autoctonanell’ambiente invaso;

• tossicità diretta. Le specie aliene del genere Caulerpa(C. racemosa ((Forsskǻl) J. Agardh) var. cylindracea ((Son-der) Verlaque et al.) e C. taxifolia ((M. Vahl) C. Agardh))producono delle tossine, le caulerpenine, nocive nei con-fronti sia delle specie algali autoctone, sia di eventuali pre-datori;

• le specie alloctone possono costituire un veicolo diparassiti e patogeni.

2) Impatti sulle attività antropiche Le specie aliene invasive possono incidere negativa-

mente sullo sviluppo economico della popolazione umana,impattando attività che portano ricchezza, come la pesca.Le popolazioni dei Paesi che affacciano sul Mar Nerostanno subendo danni alla pesca delle acciughe a causa delloro sovrasfruttamento ma anche della comparsa dello cte-noforo Mnemiopsis leidyi (A. Agassiz, 1865), noto comemedusa a pettine, ma in realtà appartenente al phylum de-gli ctenofori. Questa specie, originaria delle coste atlantichedel continente americano, è stata introdotta nel Mar Neronei primi anni ’80 tramite le acque di zavorra delle petro-liere (Vinogradov et al., 1989) e vi si è diffusa grazie allascarsità di competitori e predatori ed alla ricchezza di cibo,infatti si nutre di uova e larve di pesci. Dopo alcuni avvi-stamenti successivi nel Mar Caspio, dove causò una ridu-zione dello zooplancton dell’80% ( Ivanov et al., 2000; Shi-ganova et al., 2001) e nel Mar Egeo (Shiganova et al.,2001), questa specie è stata segnalata per la prima volta nel2009 anche nel Mediterraneo Orientale nel corso del pro-getto “Occhio alla Medusa” del Prof. Boero dell’Universitàdel Salento (Betti, 2009). Questa specie si adatta benissimoa valori di salinità delle acque molto variabili, infatti invadeacque con salinità compresa tra 3 psu (del Mar d’Azov) e39 psu (Mediterraneo Orientale). Questo ctenoforo nelMar Nero ha causato danni alla pesca per milioni di dollari,poiché si nutre delle larve di acciuga e nel Mar Caspio hacausato il decremento dei popolamenti dello zooplanctone sta determinando la progressiva scomparsa della foca delCaspio, nutrendosi delle uova di sardine, cibo preferito diquesto mammifero.

Alcune specie invasive causano anche danni alle infra-strutture, come la specie Dreissena polymorpha (Pallas,1771) o cozza zebrata, originaria del Mar Nero, introdottain molti Paesi dell’Europa Occidentale tramite le acque dizavorra ed il fouling sulle carene delle navi; essa provocadanni alle infrastrutture, ostruendo le condotte e gli scari-chi dell’acqua delle centrali elettriche, di impianti anti-in-cendio e dei sistemi di raffreddamento, danneggia gli at-trezzi da pesca, incrosta le gabbie degli impianti dipiscicoltura ed ha impatti ecologici dovuti alla competizioneper il cibo e lo spazio con i molluschi locali ed altri filtra-tori.

Altre specie invasive poi, sono tossiche per la saluteumana. E’ il caso della specie Ostreopsis ovata (Fukuyo)che sta popolando i nostri mari. Questa specie è un dino-

flagellato bentonico, capace cioè di colonizzare il substratoroccioso ed anche le macroalghe che vivono su questo tipodi habitat, ma produce tossine solubili in acqua. Queste tos-sine, solubili anche negli spruzzi di acqua dei frangenti, sitrasmettono nell’aria e possono essere inalate dai bagnantisulla spiaggia (pur non facendosi il bagno), che risentonodi difficoltà di respirazione e anche di problemi dermato-logici. Questo è il motivo per il quale gli Enti di monitorag-gio regionali (ARPA) effettuano il monitoraggio delle suepopolazioni lungo le fasce costiere dalla primavera fino allafine dell’estate.

Gli impatti economici delle specie aliene non sono do-vuti soltanto ai danni diretti che esse causano sulle attivitàeconomiche della popolazione, ma anche ai costi che i go-verni dei singoli Paesi del Mediterraneo devono sostenereper cercare di controllare il problema. In alcuni Paesi, in-fatti, si sta cercando di attuare tentativi di eradicazionedelle specie aliene, con costi notevoli dei progetti di ricerca,proprio per cercare di limitarne l’impatto economico. Nel2008, i costi annuali sostenuti in Europa per il problemadelle specie invasive, secondo alcune stime, erano compresitra 9,6 e 12,7 miliardi di euro (Kettunen, 2008) ma questecifre, molto probabilmente, sono sottostimate perché basatesulla spesa affrontata in quel periodo per gli interventi di era-dicazione delle specie invasive più il costo documentatodell’impatto economico e molti Paesi hanno cominciato dapoco a documentare i costi e gli impatti delle specie inva-sive.

Conclusioni: inquadramento delle criticità e possibili soluzioni

Come è stato ampiamente esplicato, il problema delle in-vasioni da parte di specie aliene ha carattere internazionale,e dati i costi che ogni Paese deve sostenere per gli interventidi eliminazione e per le misure di monitoraggio delle stessenel tempo, sono state emanate delle direttive, sia a carattereinternazionale, sia europeo da applicare nel territorio di ogniStato membro della CE. Il percorso legislativo di regola-mentazione dei comportamenti umani in questa materia èstato lungo e complicato. Una normativa di valenza inter-nazionale, tra le tante a riguardo, è la Convenzione diBerna, emanata nel 1979 e nel 1999 nell’ambito di questaConvenzione, si discuteva della possibilità di eliminare lespecie alloctone di vertebrati, costituenti una minaccia perquelle indigene, con interventi di eradicazione. Essa stabi-liva che ogni Stato membro dell’UE si dotasse di misure peril controllo delle specie invasive e, in particolare, chiedevaagli Stati membri di sviluppare delle strategie di conteni-mento entro il 2007 e di implementarle entro il 2010. Perfare un punto sulla situazione nel nostro Paese, il Ministerodell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha in-detto più volte dei tavoli tecnici e l’ultimo prima del 2010si è tenuto nel 2009 (Andaloro et al., 2009). Al termine delTavolo Tecnico 3 sulle specie aliene, emerse un dato pococonfortante per i Paesi Mediterranei: l’arretratezza nella rea-lizzazione degli interventi risolutivi del problema delle in-vasioni biologiche, rispetto ad altre aree che lo affrontano.Durante quel Tavolo tecnico sono emerse molte criticità,elencate di seguito.

a) Mancanza di norme più severe in materia di com-mercializzazione delle specie esotiche.

La Convenzione di Berna chiedeva che ogni Paese Eu-ropeo affrontasse il problema delle specie aliene in modogerarchico, cioè le soluzioni possibili al problema delle spe-cie alloctone possono essere considerate in ordine di prio-rità: prevenzione, eradicazione (ove sia possibile) e conte-nimento e controllo dello sviluppo delle specie invasive. Laprevenzione dell’introduzione di nuove specie aliene com-porta l’emanazione di regole severe in materia di commer-cializzazione delle specie esotiche, ma ciò va in conflittocon la possibilità di libero interscambio commerciale cherappresenta un principio affermato dal trattato costitutivodella Comunità Europea e questa criticità provoca la rilut-tanza di ogni Paese Europeo a dettare delle regole forti sullacommercializzazione, anche se basate su solide basi scien-tifiche e non in conflitto con le normative europee.

b) Scarsa comprensione e consapevolezza del feno-meno.

Questo problema esiste soprattutto a livello degli enti ter-ritoriali che sottovalutano le conseguenze delle invasionibiologiche e dell’opinione pubblica, salvo qualche specieche ha impatti sulla salute.

c) Carenze del quadro normativo.Il quadro normativo risulta carente soprattutto a livello

nazionale, poiché in Italia manca una vera Strategia Nazio-

nale per la prevenzione, l’eradicazione ed il controllo dellespecie aliene. Il maggior problema esistente nel sistema le-gislativo italiano è la mancanza di coordinamento tra le va-rie regioni e soprattutto la distinzione dal punto di vista nor-mativo, delle attività di controllo delle specie aliene equelle di protezione delle specie autoctone. Manca inoltre,uno specifico divieto ed un sistema sanzionatorio che im-pedisca l’introduzione indiscriminata di specie alloctone.

A tal proposito occorre anche dire che nel 2004 l’Inter-national Maritime Organization ha emanato la ConvenzioneInternazionale per il controllo e la gestione delle acque e deisedimenti di zavorra delle navi (la BWM Convention) cheha come obiettivo primario la prevenzione, la riduzione el’eliminazione del trasporto degli organismi acquatici edella loro introduzione attraverso un rilascio incontrollatodelle acque di zavorra nelle aree costiere (IMO, 2004). Que-sta convenzione sarebbe dovuta entrare in vigore 12 mesidopo la ratificazione da parte di 30 Stati; nel 2011, 28Paesi l’hanno ratificata e, ad oggi, l’Italia non l’ha ancorafatto.

Questa convenzione stabilisce, tra le tante cose, che al-meno il 95% delle acque di zavorra venga scaricato ad unadistanza di 200 miglia dalla costa più vicina ed in acque pro-fonde almeno 200 m, oppure qualora ciò non sia possibile,ad una distanza non inferiore alle 50 miglia dalla costa piùvicina e sempre su un fondale di almeno 200 m.

d) Complessità del quadro di ruoli e competenze.Esiste una frammentazione dei ruoli e delle compe-

tenze, strettamente dipendente dalla mancanza di una Stra-tegia nazionale sulle specie aliene che potrebbe invece fa-vorire un coordinamento dei compiti dei vari enti prepostialla gestione dei diversi aspetti della materia.

e) Scarsità di fondi specificiEsiste una grave carenza di fondi soprattutto per le azioni

urgenti che bloccherebbero l’inizio delle immissioni dinuove specie aliene. In realtà il problema dei fondi esiste sututti i livelli di gestione del problema: servizi di rapida se-gnalazione, disponibilità di fondi per interventi urgenti,monitoraggi, progetti specifici di eradicazione, ecc. Unaspetto strettamente connesso con questo problema è lamancanza di continuità nell’erogazione dei fondi, perchébasta interrompere per un anno i finanziamenti, che tutti gliinterventi risolutivi precedenti vengono vanificati.

f) Coordinamento e valorizzazione delle informazioniL’efficace circolazione delle informazioni scientifiche è

essenziale sia per la fase preventiva che per gli interventitempestivi di eradicazione.

Per tutti questi motivi, occorre realizzare delle strategie:1. Sensibilizzazione dell’opinione pubblica, di tutte le

categorie interessate (pescatori, mitilicoltori) e dei decisori,attraverso del materiale divulgativo adeguato da distribuiredurante delle campagne nazionali, contemporaneamente at-traverso la promozione di programmi per l’educazioneambientale nelle scuole e, infine, con la predisposizione sulsito del Ministero di pagine web interattive sullo stato del-l’arte in merito ai progetti esistenti.

2. Raccolta e gestione dei dati, attraverso: la creazionedi un sistema informativo nazionale delle specie aliene, losviluppo di una black list sulla base di una rigorosa analisidel rischio, definizione di criteri di priorità di monitoraggioe di ricerca applicata, lo stanziamento di fondi alle attivitàdi ricerca e monitoraggio, lo studio delle cause e dei mec-canismi di invasione.

3. Rafforzamento del quadro giuridico e istituzionalenazionale, per esempio attraverso la creazione presso il mi-nistero, di un organismo di coordinamento che definisca lestrategie e programmi gli interventi,attraverso l’introdu-zione di un sistema sanzionatorio, nonostante il divieto diintroduzione di specie alloctone previsto dal DPR 357/97,norme più severe per il commercio delle specie inseritenella black list e l’applicazione della “Ballast Water Mana-gement Convention”.

4. Favorire la prevenzione, attraverso lo sviluppo di co-dici per una buona pratica delle attività a rischio, un’ade-guata informazione per garantire una condotta più respon-sabile dei turisti in entrata e in uscita.

5. Garanzia di diagnosi rapide e tempestive;6. Mitigazione degli impatti, attraverso programmi di

eradicazione, divieti di diffusione secondarie e piani di ge-stione per specie aliene già insediate.

7. Ripristino dell’ambiente, attraverso interventi di ri-naturazione ed ingegneria naturalistica mediante introdu-zione di specie autoctone e creazione di strutture per la ri-produzione di specie autoctone.

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