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1 Silvana Ghigonetto Architettura rurale del Medioevo ticinese Bedigliora: un "ricetto" di età viscontea Bedigliora 2006 Dispensa “Università delle Alpi- Associazione culturale Tribù di Levi”, Bedigliora-Paesana 2011

bedigliora ricetto età viscontea

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Silvana Ghigonetto

Architettura rurale del Medioevo ticinese

Bedigliora: un "ricetto" di età viscontea

Bedigliora 2006

Dispensa “Università delle Alpi- Associazione culturale Tribù di Levi”,

Bedigliora-Paesana 2011

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Indice : -L'antichità : liguri, etruschi, celti, romani, greci, longobardi e franchi, pag. 4 -Le tracce materiali più antiche : i massi cuppellari, pag.7. -La stele nord -etrusca e la necropoli scomparsa, pag. 12 -L'architettura del villaggio- premessa, pag.14. -Il medioevo raccontato attraverso l'architettura del paese, pag.16 a) i due poli distinti b) il ricetto superiore e quello "a guscio" c) gli airali del nucleo d) la compattezza del ricetto superiore e) "villa", ricetto", castellanza" f) il "castrum vicinalis" -Le chiese di Bedigliora, pag.37; a) la chiesa di San Salvatore b) la chiesa di San Rocco, prima fase costruttiva; seconda fase costruttiva; terza fase costruttiva; quarta fase costruttiva; i restauri novecenteschi -Le abitazioni, le stalle i pozzi e le fontane, pag. 50. -Le trasformazioni tra il XVI e il XVII secolo, pag. 57 . -Conclusioni -Bibliografia

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Premessa Bedigliora è un paese situato nel Medio Malcantone a pochi chilometri di distanza da Lugano. Si tratta di un villaggio molto particolare per svariati motivi: la bellezza della sua architettura, la rigogliosità del paesaggio circostante, l'atmosfera quasi irreale nel quale è immerso, ne fanno un caso anomalo rispetto ai borghi dell'intera regione. Qui la vita si svolge secondo consuetudini antiche e la modernità (intesa come automobili, ascensori, semafori, nomenclatura stradale..) è obbligatoriamente lasciata "fuori dalle antiche porte". L' impercorribilità del paese in automobile impone infatti agli abitanti di adeguarsi ad una realtà precostituita che non coincide affatto con i nostri tempi ma aderisce perfettamente a quelli medievali. Ciò significa che toltisi gli abiti da funzionari di banca, hostess, docenti, medici, impiegati..., al rientro a casa i bediglioresi devono imperativamente cambiare "look" (niente tailleurs e scarpe con i tacchi, niente giacche, cravatte e scivolose calzature con suole in cuoio), per meglio poter "combattere" col peso dei pacchi della spesa, con le ripidissime scale rigorosamente presenti in tutte le abitazioni, con la legna da accatastare per alimentare i camini, con le martore che in certi periodi dell'anno in piena notte si azzuffano nei solai e sui tetti delle case svegliando tutti, con i cinghiali che di notte rumoreggiano e devastano le vigne, con la neve…(lo spazzaneve non riesce a passare per le "strecie" cosicchè all’occasione si scatena un festoso via-vai di pale, brandite da bediglioresi brontolanti e infagottati ....). A Bedigliora la storia è la realtà del vivere quotidiano e non la testimonianza di un lontano passato. Quindi se da un lato gli abitanti di questo paese sono ultra- tecnogicizzati, computerizzati e in assoluta sintonia con la società globale, essi vivono contemporaneamente una dimensione arcaica, imposta essenzialmente dall'architettura che impedisce l'adozione di comportamenti e stili ovunque acquisiti. Lo strano mescolamento di ultra-tecnologia (non dimentichiamo che siamo in Svizzera!) con l'ultra-arcaicità imposta dalla barriere architettoniche produce per chi abita in questo paese molti vantaggi: i bambini corrono per il villaggio e nei dintorni senza pericoli di sorta, le relazioni tra le persone sono intime (non esiste l'indifferenza verso il prossimo), le case sono talmente serrate e connesse da scongiurare il verificarsi di qualsiasi episodio delinquenziale (è pressochè impossibile subire furti a Bedigliora poiché l'acustica permette a chiunque di sentire qualsiasi rumore, anche minimo, nelle vicinanze e dare l'allarme); quando nevica nessun attrezzo riesce a passare per le "strecie" cosicchè si scatena un festoso via-vai di pale, brandite da bediglioresi brontolanti e infagottati .... Sconosciuta ai più e nemmeno menzionata negli itinerari turistici del Canton Ticino prima degli anni '40, Bedigliora viene spesso ricordata da chi vive nei borghi vicini come un posto inaccessibile, abitato da gente fredda e inospitale. A tal proposito esiste persino un' antica leggenda. Questa racconta che i bediglioresi, restii a far passare chiunque non fosse del luogo e mossi dalla loro "proverbiale cattiveria" rifiutarono l'entrata in paese persino a San Rocco, giunto supplicante alle porte del villaggio di notte, durante una tempesta, e bisognoso di accoglienza. Il Santo fu cacciato malamente e a nulla valsero le sue suppliche. Sorpreso per tanta durezza di cuore questi decise di punire i bediglioresi togliendo loro la croce dal campanile e mettendo al suo posto un lungo chiodo (tant'è che ancora adesso sono soprannominati "i ciod"). Sulla base dello studio proposto in queste pagine e a seguito alla recente lettura architettonica del sito possiamo dire che un fondo di verità in questa leggenda c'è senz'altro. Il paese aveva infatti una importante funzione economica per l'intero territorio: in termini odierni potremmo dire che era una vera e propria "cassaforte" o, meglio ancora, il "caveau" di una banca; organizzato per difendere, raccogliere e immagazzinare i prodotti agricoli dei signori della

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"Castellanza" provenienti da tutta la zona. Quindi non per "inospitalità" ma per "difesa"...; questa è la ragione che ha spinto gli abitanti a maturare una certa diffidenza verso gli estranei. Non lasciare entrare nessuno in paese significava impedire che si potessero vedere i depositi, l'organizzazione difensiva; scongiurando così possibili minacce. L'antichità : liguri, etruschi, celti, romani, greci, longobardi e franchi La zona in cui sorge Bedigliora è stata fin dall'antichità un crocevia di genti, culture e lingue che si sono stratificate nei secoli, a partire dal neolitico. Asce in pietra, frecce e selci rinvenute in tutto il Malcantone ed in particolare a Sessa, Cademario e Banco di Bedigliora ne sono la prova (1). Gli stessi massi cuppellari che contornano il paese, così come a Sessa cingono il muro del sagrato della chiesa (2), testimoniano la presenza umana nella zona da epoche antichissime. Sappiamo con certezza che durante l'età del Ferro, ossia dal millennio precedente l'era cristiana, si documentano i Liguri (civiltà di Golasecca -periodo più antico), gli Etruschi (età di mezzo), i Celti (periodo più recente) ; quindi il territorio era abitato (3). In particolare durante il periodo celtico il Malcantone risulta essere stato molto popolato, come documentato dai numerosi rinvenimenti di tombe a cremazione, principalmente a Cademario (4). Per quanto concerne il popolo più antico, quello dei Liguri, sappiamo che questi occupavano tutto l'arco alpino occidentale e gran parte della pianura padana fino al Sopraceneri. Della lingua ligure non rimane alcuna traccia se non nei toponimi. Il Monte Lema è un toponimo ligure " lemos " (ontano) così come lo sono tutti i luoghi che finiscono per -asco, -esco-, usco ; ad esempio Bombinasco (5). Poco sappiamo dell'influenza etrusca nella zona, anche se questa è attestata da alcune steli funerarie antropomorfe rinvenute casualmente ad Aranno e Banco agli inizi del '900 (fig. 1).

Fig. 1 La stele nord- etrusca rinvenuta ad Aranno La loro origine è tuttavia controversa , poiché secondo alcuni eminenti archeologi si tratterebbe di scrittura nord etrusca, mentre secondo il parere di altri studiosi saremmo di fronte a casi di scrittura celto-ligure (6). Più recente, in quanto celtico, il toponimo Bedigliora ; da " Bed ", cioè " Betulla ". La presenza dei celti, successiva a quella dei liguri e degli etruschi risale al 390 a. C., epoca in cui irruppero dalla Valle del Po per giungere in queste terre dopo aver fondato Milano. In seguito il popolo celtico si fuse con i liguri convivendo pacificamente. Stando al toponimo, Bedigliora avrebbe origini celtiche e perciò anche il sito dovrebbe recar traccia di questo antecedente. Ma poiché attualmente è impossibile riconoscere la suddivisione territoriale

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dei celti in questa regione, pur sapendo che furono proprio loro ad organizzare l'area (conferendo ad ogni porzione del territorio un " concilium " (assemblea) e un " oppidum ") (7) è altrettanto difficile , in assenza di uno scavo archeologico, seguire questa traccia. Il luogo su cui è edificato il villaggio, la sua caratteristica fortificatoria mantenuta attraverso i secoli, la posizione dominante e allo stesso tempo nascosta, potrebbero tuttavia lasciar ipotizzare l'esistenza di una fortezza-rifugio. Bedigliora è posta in una posizione tale che le difese naturali potevano venir facilmente rinforzate dall'opera umana attraverso l’apporto di murature in pietra destinate a circoscriverne il tracciato. Inoltre poiché le fortificazioni celtiche non possedevano dimensioni standard (potevano essere di grande come di piccola estensione, ossia da 1 a diverse centinaia di ettari di terreno) ecco che una simile soluzione avrebbe potuto adeguarsi anche ad un territorio piuttosto limitato, come il nostro. Circa l'influenza romana nella zona vi sono alcune tracce piuttosto consistenti : la strada romana che percorreva il Malcantone, alcune tombe romane rinvenute a Bombinasco, Novaggio, Agno, Breno e Gaggio (a Curio alcuni sarcofagi romani rinvenuti a inizio `900 nei pressi della fontana centrale al paese furono tagliati a pezzi e riutilizzati; oggi nessun curiense sa indicare dove siano finiti i frammenti). Monete romane di età imperiale trovate ad Agno, Astano, Aranno, Miglieglia, Sessa, Cademario e Caslano. Più recentemente alla fine degli anni '80, i resti di una villa romana furono scoperti a Bioggio durante gli scavi per la costruzione di una palestra scolastica. Del resto la storia ci dice che nel 196 a. C. Milano e Como furono conquistate da Roma , sconfiggendo gli insubri . Tra il 59 e il 49 a. C., quando fu fondata la nuova città di Como, questa venne popolata da ben cinquemila coloni. Tra loro vi furono cinquecento nobili greci. E` ovvio che la storia di Bedigliora deve essersi certamente confrontata con la sovrapposizione e la coesistenza di tutti questi influssi culturali succedutisi sul territorio nel corso dei secoli. Ecco perché ad esempio, in merito ai massi cuppellari, si è reso necessario addentrarsi nel territorio d'origine dei " Liguri " ( Liguria e Piemonte meridionale) per cercare risposte ad un enigma che appassiona molti studiosi di archeologia rupestre, tenendo però conto nel contempo di alcune prevedibili radici cultuali derivanti dal mondo greco-romano, proprio perché a Como erano insediati i coloni romani e greci. L'epopea longobarda, iniziata nel 568 quando le orde di Alboino devastarono le città romane della Transpadana, segnò un cambiamento sostanziale nella connotazione del territorio. I longobardi non presero possesso degli antichi municipi romani di Como e Milano ma li lasciano decadere facendo sorgere, per ragioni militari, nuovi centri di potere. Uno di questi fu Castelseprio (Varese), nodo militare, economico e giudiziario che controllava tutto il Ticino. Poiché i longobardi erano guerrieri, sotto il loro dominio fiorirono castelli e baluardi atti alla difesa e al contrasto contro i Franchi merovingi. La strada longobarda in direzione del Ceneri e di Bellinzona continuò a passare, similmente a quella romana, dal Malcantone : la direzione principale puntava verso Agno, quella secondaria dalla Tresa passava per Ponte Tresa, Pura, Miglieglia verso Miglieglia dove il percorso era scandito da altrettanti castelli. Da questi partivano segnalazioni con fumate o fuochi, (a seconda che fosse di giorno o di notte) per avvisare in caso di pericolo la fortificazione vicina. Nel 774, i Franchi, condotti da Carlo Magno sconfissero i longobardi impossessandosi del territorio (l'intera Lombardia) e frazionandolo in contee. In questo primo passaggio, per Bedigliora non vi furono grandi cambiamenti, infatti esattamente come sotto i longobardi il villaggio continuò a dipendere da Castelseprio (Varese), venutosi però a chiamare Contea del Seprio. In seguito, (dal IX secolo) la politica carolingia adottò la strategia di dare in feudo grandi porzioni di territorio a vescovati ed abbazie allo scopo di tener liberi i valichi alpini (8). Fu probabilmente per questa ragione che la corte regia di Agnuzzo fu donata nell'818 dal figlio di Carlo Magno, Lodovico il Pio, alla cattedrale di Sant'Abbondio a Como. Sebbene il documento relativo alla donazione regia sembri essere un falso (9), sta di fatto che la corte di Agnuzzo, comprensiva di molti fondi nei dintorni di Agno e nel Malcantone pervenne comunque ai canonici

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della cattedrale comasca. Da quel momento, attraverso l'acquisizione di feudi e regalie, iniziò ad estendersi il potere politico del vescovo di Como che divenne il più grande signore feudale di tutto il luganese. Questi ottenne la facoltà di eleggere i rettori, di governare (potere d'impero), amministrare la giustizia, assegnare castelli e possedimenti, esigere i dazi, riscuotere le tasse, reclamare i diritti di selva, caccia, acqua e pesca. Per quanto riguarda il Malcantone, Il Vescovo possedeva numerosi poderi sparsi in tutta la pieve di Agno. __________________________________________________________________________________________ (1) G. Rossi, E. Pometta, "Storia del Canton Ticino", Bellinzona, 1980, p. 23: "si trovarono ascie...ed a Banco di Bedigliora (dal Geometra Marco Ferretti)..."; V. Chiesa, "Lineamenti storici del Malcantone", Curio, 2002, p. 26 :"Risalgono ad abitatori neolitici tre asce di pietra rinvenute due a Sessa e una a Banco". (2) V. Chiesa, "Lineamenti storici del Malcantone", Curio, 2002, p. 26. (3) G. Rossi, E. Pometta, "Storia del Canton Ticino", Bellinzona, 1980, p. 25. (4) V. Chiesa, "Lineamenti storici del Malcantone", Curio, 2002, p. 26; A. Crivelli "Atlante preistorico della Svizzera italiana", Bellinzona 1943, p.25. (5) V. Chiesa, "Lineamenti storici del Malcantone", Curio, 2002, p. 28; G. Rossi, E. Pometta, "Storia del Canton Ticino", Bellinzona, 1980, p. 30. (6) V. Chiesa, "Lineamenti storici del Malcantone", Curio, 2002, p. 30 "Nell'epoca preromana appaiono nella zona luganese parecchie importanti iscrizioni, le quali per i loro caratteri particolari Teodoro Mommsen, insigne archeologo e storico germanico, classifica e denomina nord-etrusche, benchè di etrusco non abbiano che l'alfabeto. Carlo Pauli, dotto latinista....studia da par suo queste iscrizioni e mediante opportuni raffronti giunge a distinguere gli alfabeti nord-etruschi in quattro gruppi, tra cui quello di Lugano.l'Herbig e il Lattes le chiamano celto-liguri e l'Hubert le assegna a un dialetto che potrebbe essere ligure o celtico" ; G. Rossi, E. Pometta, "Storia del Canton Ticino", Bellinzona, 1980, p. 31; "L'influenza etrusca è ben visibile...verso il V secolo a. C.Nella plaga ora ticinese testimoniano in modo eloquente l'influsso della civiltà etrusca in primo luogo i caratteri alfabetici delle numerose iscrizioni rinvenute in molte località..., e dette nord-etrusche". (7) V. Chiesa, "Lineamenti storici del Malcantone", Curio, 2002, p. 30 "Si fa risalire ai celti la divisione del territorio in valli o regioni, ciascuna con un Concilium (consiglio o assemblea), un oppidum ((fortezza o rifugio della popolazione), pascoli e boschi in comune tra i villaggi della circoscrizione". (8) V. Chiesa, "Lineamenti storici del Malcantone", Curio, 2002, p. 43 (9) V. Chiesa, "Lineamenti storici del Malcantone", Curio, 2002, p.42

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----0--- Le tracce materiali più antiche : i massi cuppellari Similmente a quanto riscontrato in tutto l'arco alpino, così come nelle zone collinari del Canton Ticino, anche il territorio di Bedigliora possiede le sue coppelle dislocate sulle antiche vie d'accesso e alla sommità del nucleo. I massi cuppellari rinvenuti da G. Baserga nel 1927, (fig. 2) da Franco Binda all'inizio degli anni '90 e più recentemente da Floriano Lorenzetti , indicano la presenza di ben cinque esempi, presumibilmente incisi in epoche diverse. I più noti sono quelli del " Bedeia " e della " Barela ", dei quali, il primo segnalato per la prima volta dalla rivista archeologica comense nel 1927 è tuttora ritenuto uno tra i più importanti reperti della Svizzera italiana (1).

Fig. 2. Bedigliora, masso cuppellare sul sentiero del Bedeia I massi cupellari di Bedigliora ad oggi rinvenuti, rientrano nella costante della giacitura ovunque riscontrata : quella di trovarsi accanto ai sentieri (spesso abbandonati) che dai villaggi salivano attraverso i boschi verso le cime delle montagne. Proprio come altrove anche le coppelle bediglioresi esprimono le pecurialità generalmente rilevate nel rinvenimento di tali " manufatti ": questi segnalano e seguono i sentieri d'ascesa alla sommità del monte (il Bedeia, appunto), sono in posizione panoramica, possiedono superfici vaste e atte ad essere incise . I segni maggiormente riscontrati sono coppelle e canaletti di piccola ampiezza e profondità, (molto simili quelli che altrove vengono attribuiti ad un periodo compreso tra la tarda età del bronzo e la prima età del ferro) e coppelle profonde a sezione cilindrica sembrerebbero più tarde poiché verosimilmente eseguite con strumenti metallici. La tradizione e la toponomastica locale del sito e dintorni, non offrono alcun supporto per la comprensione del significato di questi segni incisi sulle rocce. Tuttavia, un'ampia documentazione

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soprattutto legata alla toponomastica ticinese, lombarda e piemontese, pur tenendo conto di innumerevoli ipotesi e significati astronomici e cartografici, frequentemente inquadra tali graffiti e coppelle in un contesto magico-religioso. Il fatto che in molti casi queste rocce vengano indicate come " Sassi delle Streghe " è certamente una costante piuttosto singolare che troviamo in tutto l'arco alpino occidentale. A Gandria è popolarmente chiamato così il " Sass dèla Predescia ", anche ad Albate (Como) c'è il " Sass di Strii " mentre in Piemonte e Liguria vi sono innumerevoli massi cuppellari chiamati " Roca d'le Masche " , cioè " Roccia delle streghe ". A questo proposito, seguendo il consiglio dello studioso Antonio Biganzoli, il quale sostiene che se si fosse conservata la conoscenza dei dialetti e se si indagasse meglio la toponomastica avremmo un aiuto fondamentale per la comprensione del fenomeno (2) ho deciso di far riferimento ad un particolare significato conservato nei dialetti delle Alpi occidentali. Ne consegue che, nel caso delle " masche ", l'attuale traduzione del termine in italiano non è corretta, ed è quindi attraverso il dialetto ligure-piemontese che forse si riesce a circoscrivere una credenza magico-religiosa arcaica attuando una chiave di lettura che tenderebbe a rendere l'argomento, se non chiaro, almeno un po' più comprensibile. Il termine " masca ", superficialmente tradotto in piemontese e italiano con " strega " non si riferisce affatto a persone in carne ed ossa dedite alla stegoneria ma a degli spiriti malvagi che vagherebbero alla ricerca di vittime umane. Erroneamente identificate con le streghe, le masche sono simili " lamiae e alle " empouses " (specie di vampiri femminili), alle " larvae " (spiriti dei defunti malvagi, assassini e delinquenti sanguinari) e ai " lemures ", ossia agli spiriti degli antenati che periodicamente bisognava onorare secondo la religione greco-romana (2). t La natura delle " masche " è quindi sovrumana e il loro significato è ceramente più temibile di quello riconducibile al termine " strega ". Inoltre, anche quando la roccia invece che alle masche viene attribuita alle " fate " il risultato non cambia di molto. Infatti, sempre in Piemonte, (in val di Susa,) la " Roca 'dle Faie ", (Roccia delle Fate), non ha un significato più tranquillizzante. Questo perché le Fate della mitologia gaelica non corrispondevano affatto a figure necessariamente benigne ed erano comunque, almeno parzialmente sovrannaturali. Ciò nonostante, le Fate potevano offrire uno spiraglio in quanto si credeva potessero alcune volte agire a fin di bene. Le " masche " invece, nell'antico significato dialettale, erano esclusivamente nocive: veri e propri demoni della religione pagana, costituivano una minaccia per i viventi. Forse le pietre coppellate, ancora oggi titolate alle " streghe ", servivano proprio per esorcizzarle e bloccarle. Si può infatti ipotizzare che, ubicate all'inizio dei villaggi e lungo i sentieri , queste pietre potessero avere lo scopo di proteggere la gente da tali nefaste entità. Il desiderio di ottenere una sorta di protezione potrebbe essere confermato dalla presenza di chiesette o cappelle costruite in epoche vicine alla nostra in prossimità di questi massi. In tal caso il cristianesimo si sarebbe sovrapposto alle credenze pagane, agendo da scudo verso tali minacce. Tuttavia è doveroso fare un distinguo : mentre altrove il riferimento alle " streghe " appare più evidente a causa dei toponimi, nel caso di Bedigliora il significato di almeno uno dei massi cuppellari può essere supposto esclusivamente da un insieme di aspetti collaterali; vediamo quali sono : il masso in questione è quello posto sull'antico accesso principale del paese. Lì si trova la " Capela dala Barela ", costruita in epoca barocca proprio sulla roccia ricca di incavi emisferici e canaletti (fig. 3). L'edificio è una piccola edicola cimiteriale dove però non fu mai fatta sepoltura. E allora come giustificare la scritta posta in un medaglione dipinto sulla volta (oggi scomparsa a causa dei recenti restauri) che diceva " Beati mortui qui in Domino morirunt " ?(3) (Fig.3 e 4). La memoria popolare indica l'erezione di questa cappella " per seppellire i morti della peste " di San Carlo, eppure sappiamo che a Bedigliora quasi certamente non vi fu un solo morto per questa malattia , la quale invece fece una vera strage a Banco, ossia nel borgo limitrofo.

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Fig. 3. Bedigliora, " Capela dala Barela ", masso cuppellare situato sull'antico sentiero che conduceva all'ingresso principale del paese Esempi analoghi, di chiesette edificate su massi cuppellari, sono sparsi un po' ovunque nell'arco alpino ma uno in particolare, citato nell'opera di Roberto d'Amico (4), può offrire qualche spunto analogico : " anche se al di fuori della zona oggetto della nostra indagine (Valvaraita-Piemonte), è interessante menzionare una tradizione della Valmalenco dove, nella contrada Bianchi del comune Torre Santa Maria, la comunità si riuniva un tempo per il rosario serale in una cappelletta eretta nello stesso luogo in cui sorgeva una antica tavola cuppelata e tutti si segnavano con l'acqua benedetta che veniva versata nelle coppelle stesse. E` evidente che tale rito cristiano venne ereditato da una preesistente liturgia pagana”. Nel caso di Bedigliora, l'insieme degli elementi, apparentemente contrastanti (coppelle, cappella cimiteriale priva di sepolture, frase in latino con dedica ai defunti in nome di Dio, ecc.) devono per forza seguire una logica e lasciano supporre che ci si trovi di fronte ad una reminescenza pagana forse non propriamente connessa alle " masche " quali esseri maligni della tradizione degli antichi liguri, bensì alle " masche " tradotte dal mondo celtico e trasposto a quello sovrannaturale della religione greco-romana. Si potrebbe infatti trattare, data la presenza dei coloni romani e greci a Como dal 49 a. C., del culto dei " lemures " (ossia degli spiriti degli antenati o dei defunti che periodicamente andavano onorati) e tradotto in seguito nella religione cristiana col culto dei morti. A supporto di questa ipotesi voglio citare un fatto particolare, del tutto casuale, che lascia stupiti perché in qualche modo si lega a questo antico culto pagano. Da alcuni anni, la festa dei Patrizi di Bedigliora e Banco, si svolge proprio alla " Capela dala Barela ", inconsapevolmente prescelta in tempi recentissimi dalla municipalità quale luogo simbolico di appartenenza genealogica delle antiche famiglie del paese. Il masso della " Capela dala Barela ", soffocato da almeno quattro secoli dai muri della chiesetta, per chissà quale casualità è venuto forse ad acquisire una funzione che stranamente ricorda il culto dei " lemoures ". Qui, nell'ambito di una

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Fig. 4. Bedigliora. Interno della " Capela dala Barela ". festa e di un pranzo allestiti nel bosco davanti all'edificio sacro (e al masso cuppellare), in cui generalmente non sono ammessi gli estranei, ogni individuo rappresenta se stesso e il suo patriziato (quindi gli antenati) di fronte alla collettività. La " Capela dala Barela " e il masso cuppellare non vengono quindi affatto interpretati come luogo di sepoltura ma piuttosto di raduno che avviene alla prima domenica di settembre. Con una festa, musica, danze, risate e cibarie, si conferma il passato, la tradizione delle rispettive famiglie e dell'intera comunità. Per tornare più in generale all'argomento, relativamente al significato dei massi cuppellari vi sono svariate ipotesi che negano componenti magico-religiose, impostando l'analisi su un grande pragmatismo. Queste sostengono si potesse trattare di segnalazioni stradali (sorta di cartelli preistorici per indicare le vie da percorrere per giungere ai villaggi e all'acqua) o strumenti astrologici. Naturalmente tali supposizioni non vengono affatto escluse ma per ora risultano difficili da confermare. A tal proposito, Roberto D`Amico (5) ha sintetizzato molto chiaramente i vari significati attribuiti all'enigma archeologico : " E`stata avanzata l'ipotesi che esse potessero rappresentare mappe stellari o essere usate come contenitore di piccoli fuochi per creare una sorta di via sacra per processioni notturne. Altri attribuiscono invece loro valore di mappe topografiche nelle quali sarebbero stati segnalate sorgenti, passi montani, luoghi di raduno stagionali. Qualcuno pensa ad un utilizzo molto più prosaico, quale raccoglitore di sale per le capre o anche solo per delimitare i pascoli. La maggior parte degli studiosi, tuttavia, ritiene che molto probabilmente esse furono invece una espressione di tipo sacro-rituale e che venissero utilizzate (durante riti magico- religiosi collegati a cerimonie di tipo propiziatorio attinenti ai culti della fecondità) per contenere offerte e che venissero riempite col sangue di vittime sacrificali, con acqua piovana considerata dono delle divinità per dissetare i defunti, con latte o persino lacrime o sperma ". Gli studiosi di archeologia pre- e protostorica delle Alpi piemontesi ipotizzano prevalentemente una funzione rituale. Le grandi coppelle sarebbero state destinate a contenere liquidi, forse offerte votive, in presenza di luoghi alti o dominanti in relazione ad una divinità dei monti o delle cime (7). La particolarità è che le coppelle di questo tipo, oltre ad essere di grandi dimensioni e a trovarsi sempre sulle sommità, sono scolpite su superfici piane, quasi fossero delle tavole o degli altari. Esempi simili si trovano in Valle Po, sulle pendici della maestosa piramide del Monviso e precisamente sul Bric Lombatera (in italiano : Cima Lombatera). Qui l'insieme di 13 grandi incavi cilindrici su tavole, costituiscono nel loro insieme una sorta di " complesso monumentale " che gode di una eccezionale posizione panoramica, con vista a 360 gradi su tutto l'Arco Alpino Occidentale. Simili a quelle rinvenute da Floriano Lorenzetti (in alto) sul Bedeia, sono state datate alla fine

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dell'età del ferro (8) e la loro funzione è stata associata ad antiche pratiche rituali e sacrificali (9). In particolare, per giungere a questa ipotesi gli specialisti (10)del settore hanno fatto riferimento alle iscrizioni romane del III secolo dopo Cristo, rinvenute nel santuario di Panoias, a nord del Portogallo. Accanto ad una roccia scolpita con vasche, coppelle cilindriche e canali curvilinei è scritto " Huius hostiae quae cadunt hic immolantur exta intra quadrata contra cremantur-sanguis laciculis iuxta superfundi tur ", ossia " Qui sono consacrate agli dei le vittime immolate : le loro interiora bruciate nelle vasche quadrate e il loro sangue si diffonde nelle piccole vasche circostanti ". Stando alle attuali conoscenze è difficile stabilire la reale funzione avuta nel passato dalle coppelle cilindriche, ma una cosa è però evidente : supponendo che qualcosa venisse sacrificato certo non doveva essere di grandi dimensioni poiché né sul Bric Lombatera così come sul Bedeia troviamo le grandi vasche quadrate rinvenute in Portogallo. ________________________________________________________________________________________________ (1) F. Binda "Archeologia rupestre della Svizzera italiana", Locarno 1996, pag. 82; R. Locatelli, " Speciale Bedigliora", in Rivista di Lugano n.25, Lugano 2003, pag. 21; F. Binda, "Rivista di Lugano", Lugano, agosto 2000. (2) M. Codebò, M. Michelini "Un percorso rituale sulle pendici del monte Beigua (Savona)?", in atti del XVII Congresso internazionale di Storia della Fisica e dell'Astronomia", Milano, pp. 341-358. (3) R. Locatelli " Speciale Bedigliora ", in " Rivista di Lugano ", n.25 Lugano 2003, p.21 : " ...un medaglione dipinto sulla volta ove si legge Beati mortui qui in Domino morirunt ". (4) R. D` Amico " L' anima segreta della Val Varaita- Viaggio insolito alle radici della storia tra reperti archeologici, simboli, miti e leggende ", " Parte prima-l'eredità celtica- Pietre sacre ", " Quaderni di cultura alpina " vol. 74, Aosta , 2000, p. 13. (5) R. D` Amico " L' anima segreta della Val Varaita- Viaggio insolito alle radici della storia tra reperti archeologici, simboli, miti e leggende ", " Parte prima-l'eredità celtica- Pietre sacre ", " Quaderni di cultura alpina " vol. 74, Aosta , 2000, p. 13. (6) F. Binda "Archeologia rupestre della Svizzera italiana", Locarno 1996, pag. 27. (7) A. Arcà, "Arte schematica e coppelle: significati iconografici o valenza funzionale?", XVIII Valcamonica Symposium, 2000. (8) M. Venturino Gambari, A Arcà, A. Fossati, E Marchi, " Barge, Paesana, Envie, Revello, Rifreddo, Sanfront, Località Monte Bracco e Paesana, Località Bric Lombatera. Insediamenti pre-protostorici e manifestazioni di arte rupestre. Pinerolo, 1999; A. Arcà, "Arte schematica e coppelle: significati iconografici o valenza funzionale?", XVIII Valcamonica Symposium, 2000. (9) A. Arcà, "Arte schematica e coppelle: significati iconografici o valenza funzionale?", XVIII Valcamonica Symposium, 2000. (10) A. Arcà, "Arte schematica e coppelle: significati iconografici o valenza funzionale?", XVIII Valcamonica Symposium, 2000. Più in generale sull'argomento: A. Arcà, "Arte rupestre in Valle Susa e Alta Moriana: recenti scoperte e sviluppo delle ricerche", in "Survey" (Bollettino del Centro Studi e Museo di arte preistorica di Pinerolo). N. 6, Pinerolo 1991, pag. 261-267; A. Fossati, A. Arcà, E. Marchi, E Tognoni, ""Petroglifi della Valle dell'Albedosa", in "Quaderni della Soprintendenza archeologica del Piemonte", Torino 1996, pag. 12-20; F. M. Gambari, Rocce a coppelle e possibili aree di culto negli abitati piemontesi dell'età del Ferro", in "Actes du VII Colloque sur les Alpes dans l'Antiquité", "Boulletin d'Etudes Prehistoriques et Archeologiques Alpines", V-VI, Chatillon 1997, pp.189-196; F. M. Gambari, A. Arcà, A. Fossati, E. Marchi, "Cavour. La Rocca- Documentazione e catalogazione incisioni e pitture rupestri", in "Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte", n. 16. Torino 1999, pp. 214-217.

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La stele nord-etrusca e la necropoli scomparsa Nel 1852 vennero alla luce, durante un'opera di scavo presso l'ossario della Chiesa di santa Maria di Banco (frazione di Bedigliora) alcune tombe composte da lastroni in pietra, posti a coltello nel terreno (fig.5 e 6). All'interno di queste si trovavano suppellittili, vasi in bronzo e in terracotta , molto simili a quanto rinvenuto a Cademario. Il ritrovamento non fu tuttavia preso in considerazione tant'è che della necropoli di Banco, appartenente alla prima età del Ferro, oggi è scomparsa ogni traccia (1) . A darne notizia fu l'archeologo A. Giussani, in occasione di una pubblicazione riguardante il ritrovamento di una stele funeraria nord-etrusca scoperta nel 1913 a Banco dall'epigrafista inglese Sir John Rhys (2) e fortunatamente conservata al Museo Civico di Lugano. Utilizzata come canale di scarico, la stele antropomorfa appare mutilata nella parte superiore (fig.7). Simile ad un'altra epigrafe coeva rinvenuta nel 1912 dallo studioso inglese ad Aranno questa comunica : " ...NIALUI : PALA ". La trascrizione non ci dice il nome del defunto ma con NIALUI indica parzialmente quello del padre ; PALA stà per " questa pietra sepolcrale ". Secondo una ricostruzione di Virgilio Chiesa, in base ad un riferimento analogico con l'epigrafe nord-etrusca di Aranno " se il nome del morto fosse stato Alkouinos, dativo Alkouinui, l'epigrafe sarebbe Alkouinui : Slanialui : Pala, equivalente di - Ad Alkouinos figlio di Slanios questa pietra sepolcrale ".

Fig. 5.Cademario, tomba con stele simile a quella rinvenuta a Banco di Bedigliora e oggi scomparsa.

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Fig.6 . Cademario. Corredo funerario simile a quello rinvenuto a Banco di Bedigliora e oggi scomparso

Fig. 7 Banco di Bedigliora. La stele nord etrusca conservata al Museo Civico di Lugano

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_____________________________________________________________ (1) V. Chiesa, "Lineamenti storici del Malcantone", Curio, 2002, p. 30 : " ...geometra Mario Ferretti nel 1913 a Banco, vicino a un ruscello, in un luogo dove nell'ottocento vennero esumate alcune tombe con oggetti vari, andati purtroppo dispersi ". (2)V. Chiesa, "Lineamenti storici del Malcantone", Curio, 2002, p. 30 : qui l'autore fa riferimento alle steli di Banco di bedigliora e Aranno " entrambe sono descritte da Sir Jhon Rhys nella monografia intitolata -Le iscrizioni celtiche della Svizzera italiana ". L'architettura del villaggio Premessa- Ogni edificio ha per sua natura lo scopo ben preciso di assolvere ad una funzione : è la sua funzione che ne determina la forma, l'ubicazione, l'elevazione, il carattere, l'ampiezza e ...l'artisticità. Inoltre, non nasce mai come fatto isolato ; anzi, è vero proprio il contrario. In base alle specifiche caratteristiche funzionali, ogni costruzione si collega sempre al contesto sociale che la accoglie (cio`vale per il grande agglomerato urbano, quanto per l' edificio sparso in mezzo alle campagne, la cui esistenza sarà sempre motivata dalla sua funzione- sociale, politica, economica, religiosa, assistenziale, difensiva ecc.-, che lo stesso espleta sul territorio). Ciò significa sostanzialmente che gli spazi si modellano, si gerarchicizzano, o più semplicemente si distribuiscono per rispondere ad esigenze istituzionali, (economiche, politiche, religiose e civili). L'ambiente costruito è quindi la visualizzazione delle usanze e dei valori caratterizzanti la società. Leggendo l'architettura storica attraverso il linguaggio delle istituzioni possiamo riconoscere le usanze religiose, economiche (artigianato, commercio, agricoltura), politiche e militari di un determinato insediamento in una determinata epoca storica. Trattandosi però, nel caso di Bedigliora, di un insediamento medievale, (attualmente marginale rispetto al territorio, alle vie di comunicazione e ai grandi centri urbani) risulta più difficile, a differenza di altri periodi storici rilevare e connettere, almeno idealmente, la ripartizione antica del nucleo. Questo perché gli studi medievali, sebbene riconducibili a fine Ottocento (quali espressioni di un approccio prevalentemente romantico- letterario), sono una disciplina scientifica piuttosto recente e perciò ancora abbastanza lacunosa. E`solo dal 1942 che con il volume di Paolo Verzone " L`architettura dell'Alto Medioevo nell'Italia settentrionale " si è potuto assistere ad una svolta in ambito accademico, segnata dalla nascita di un approccio scientifico nello studio dell'architettura medievale, fino a quel momento considerata espressione di un'epoca " buia ", " contorta " e " decadente ". Tuttavia, ancora oggi la mancanza di una conoscenza approfondita e capillare dell'architettura medievale, soprattutto in ambito rurale, porta ad una schematizzazione per argomenti che quasi mai rispondono al vero. Infatti si tende a distinguere l'architettura religiosa da quella civile, militare e di servizio (ponti, palazzi comunali, mulini, fontane ecc.) come se questi elementi fossero completamente distaccati gli uni dagli altri; cioè vivessero di vita propria e rispondessero ad un uso unico e preciso. Sappiamo che non é così, tant'è che una delle caratteristiche significative dell'architettura medievale è la polifunzionalità degli edifici ove la distinzione tra sacro e profano, pubblico e privato, civile e militare risulta praticamente inesistente (coerentemente ad un vivere sociale molto diverso dal nostro che invece impone la ripartizione e l'uso degli spazi attraverso criteri univoci ed inequivocabili). Bedigliora è quindi espressione non contaminata della cultura medievale e ciò determina l'impossibilità di schematizzarne l'architettura, cosi`come l'impianto insediativo, separando

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rigorosamente le aree destinate alle mansioni lavorative, la loro organizzazione, i luoghi culto e difesa militare; poiché tutto appare commisturato e amalgamato in un unico blocco, il cui insieme si caratterizza per una marcata compattezza architettonica. Questo principio pone sullo stesso piano ogni singola cellula dell'agglomerato per fonderla in un tutt`uno. Il costruito comunica tre significati preponderanti: " analogia ", " compattezza ", " uniformità" (distributiva, formale, dimensioniale ecc.) che nell'insieme diventano sinonimo di " uguaglianza " , non solamente architettonica ma ovviamente sociale. Tuttavia, poiché "l' uguaglianza sociale" appartiene ad concetto politico assolutamente moderno, che mal si adatterebbe ad una cultura fortemente caratterizzata dalle differenze e dai relativi simboli di potere laico e religiosi, ecco che questa trova sua la sua ragione d'essere in una particolare funzione: il "ricetto" , ossia del "castello-deposito" destinato all'accumulo delle derrate alimentari (entrate fiscali) di cui tratterò piu`avanti. Il ricetto, in Bedigliora, va quindi riconosciuto quale "funzione dominante" del villaggio ma, accanto a questa, in ragione del criterio di polifunzionalità di cui accennato poc'anzi, sono da considerare anche le cosidette "funzioni aggiuntive". Spesso difficili da riconoscere a causa della nostra moderna concezione schematica degli spazi, "le funzioni aggiuntive" ci risultano frequentemente incomprensibili (o quantomeno contraddittorie),pur sapendo della loro esistenza quale parte integrante della vita comunitaria dell'epoca. Per citare un esempio relativo alla "polifunzionalità" degli edifici ci si può riferire all'architettura sacra: è noto che le chiese, compresa quella di San Salvatore a Bedigliora, accoglievano attività diverse, spesso di natura profana. Soprattutto nella prima età comunale (e più generalmente nei secoli XII- XIV) gli edifici religiosi rivestivano, contemporaneamente alla loro funzione ufficiale, un ruolo laico accogliendo abitualmente attività di tipo notarile; spesso erano tribunali, luoghi di assemblea cittadina e di rifugio in caso di necessità. Il motivo per cui molte mansioni estranee al culto venissero a svolgersi nelle chiese è da ricondursi al concetto di vita che a quell'epoca tendeva a fondere il reale col sovrannaturale. Ecco quindi che l'evento laico veniva a solennizzarsi attraverso la sacralità del luogo, assunto quindi quale testimone. In quei secoli infatti, l'attività politica si legava intimamente con quella religiosa cosicchè l'architettura sacra veniva ad essere un supporto teso a rafforzare interessi di potere e ideologici. La prassi di utilizzare le chiese per scopi civili era talmente in uso e radicata che il Concilio di Trento (1545-63) si espresse a questo proposito fino a proibirla. Un altro aspetto dell'architettura medievale, decisamente interessante e che trova riscontro nella planimetria di Bedigliora è la presenza di due poli di aggregazione, dai quali sviluppano maglie distributive differenti, le quali, nell'insieme, compongono armonicamente il villaggio. Tale "bipolarismo", che in campo urbanistico spesso vediamo sintetizzato nel rapporto chiesa (duomo, cattedrale ecc.) e castello quali compresenze dei poteri laici e religiosi sul territorio, non è da ritenesi casuale ma trova parziale giustificazione nella simbologia elaborata dai chierici e diffusa capillarmente nella mentalità generale. Agli specialisti è noto infatti che la tradizione ecclesiastica, fortemente ancorata alla gerarchia degli spazi "attribuiva significati precisi ai termini spaziali, secondo una mentalità bipolare organizzata sull'opposizione positivo- negativo" (1); questi stessi orientamenti, nati come espressione di una visione cosmologica, penetrarono successivamente "nella mentalità comune condizionando la visione del mondo e le logiche di organizzazione spaziale" (2). Ne consegue che il "bipolarismo" di Bedigliora si ancòra ad una concezione spaziale colta che scongiura qualsiasi ipotesi di casualità o "ignoranza" rurale. Tenuto conto di questo aspetto e del presupposto che per svolgere la corretta lettura di un edificio storico è necessario giungere al riconoscimento della "funzione dominante" al momento della costruzione, è proprio attraverso queste principali chiavi di lettura che si è svolto lo studio del sito per il quale non è stato possibile trovare ampio supporto cartaceo e documentario a causa della scomparsa dell'archivio visconteo. Ciò non ha comunque escluso la raccolta delle più svariate informazioni, riguardanti anche i periodi storici antecedenti e successivi al medioevo.

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____________________________________________________________ (1) C. Tosco, " Il Castello, la casa e la chiesa- Architettura e società del medioevo ", Torino 2003, pag. 15 ; A Guerrau, " Il significato dei luoghi nell'Occidente medievale : struttura e dinamica di uno spazio specifico ", in E. Castelnuovo e G. Sergi, " Arti e storia del Medioevo ", vol. I, " Tempi, spazi, istituzioni ", Torino 2002, pag. 201-239. (2) C. Tosco, " Il Castello, la casa e la chiesa- Architettura e società del medioevo ", Torino 2003, pag. 15 . Il Medioevo raccontato attraverso l'architettura del paese La pressoché totale mancanza di documenti scritti riguardanti la storia di Bedigliora a causa della distruzione pressoché totale dell'archivio visconteo, rende molto difficile conoscere l'origine e la funzione che questa ha avuto nel corso dei secoli all'interno dell'attuale territorio malcantonese. Ciò nonostante è possibile compiere un'analisi dell'architettura e degli spazi ad essa relativi rilevando gli aspetti salienti dell'intero nucleo al fine di poterne comprendere lo sviluppo e le mutazioni. Bedigliora, nonostante presenti molti loggiati sei-settecenteschi ed alcuni vistosi rifacimenti otto-novecenteschi, si caratterizza per una chiarissima matrice medievale, tutt'oggi predominante e caratterizzante il nucleo. Completamente chiuso su se stesso, attraversato da vie strettissime, frequentemente porticate, delimitate da muri compatti, altissimi, pressoché privi di aperture, il borgo è dotato di un'acustica singolare che consente di cogliere a distanza i passi e le voci di chiunque si trovi a camminare per le " strece " ( ciò avviene pur stando in casa con porte e finestre chiuse). Queste caratteristiche denotano una funzione chiaramente difensiva. Ma cosa doveva proteggere Bedigliora durante il Medioevo, e soprattutto perché il borgo è tanto diverso da quelli vicini ? Inoltre, per quale ragione il carattere fortificato dell'intero nucleo perdura nei secoli e nelle successive trasformazioni ? Da una sentenza penale emanata dal tribunale di Lugano e conservata presso l'archivio comunale della stessa città, si apprende che ancora nel 1754 Bedigliora era dotata di porte che al calar della sera venivano chiuse (1). Ciò conferma che il carattere preminentemente difensivo del borgo è stato mantenuto nei secoli, fino alla nostra epoca. Di seguito la lettura della morfologia nella quale si evidenziano le seguenti tematiche: a) “due poli distinti”, b)“ricetto superiore” e quello “a guscio”, c) “airali (orti) all’interno del nucleo”, d) “compattezza del ricetto superiore”, e) "villa", "ricetto", "castellanza", f) " castrum vicinalis ". a) Due poli distinti L'analisi della morfologia insediativa evidenzia l'esistenza di due poli distinti, rispettivamente nella parte alta e centrale del nucleo (fig. 8). Questi, condizionano l'intera rete viaria, ponendosi come punti nodali del paese. Il tessuto rientra nello schema insediativo ad avvolgimento, abbastanza raro a queste latitudini. Al suo interno, la parcella "nastriforme" che caratterizza tre fila di edifici situati tra "Piazza del Sasso" e la "Gesora"

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sono da ritenersi con tutta probabilità la sopravvivenza di un "ricetto", le cui celle sono ancora oggi visibilmente scandite e rilevabili in pianta. Ciò esclude in quel punto l'esistenza di una "corte a riccio", come ipotizzato da un gruppo di studenti dell'ETH di Zurigo (2) in seguito ad un lavoro di analisi svolto a fini scolastici agli inizi degli anni '70. Infatti, nonostante l'assenza di documentazione cartacea che possa in qualche modo confermare l' ipotesi del ricetto, sappiamo, in base agli studi condotti dal Politecnico e dall'Università di Torino quali sono i caratteri distintitivi dell'edilizia rurale nell'arco alpino (3). A tal proposito è noto che l'organizzazione degli spazi insediativi delle comunità rurali in epoca medievale ha avuto soprattutto il fine principale di proteggere la popolazione e i raccolti, senza i quali si sarebbe resa impossibile la sopravvivenza. Questo è avvenuto ovunque , con identico intento e analoghe caratteristiche architettoniche , morfologiche e spaziali, indipendentemente da chi fosse l'ente detentore del potere. Infatti, tanto i Comuni, quanto i signori laici od ecclesiastici, agivano ugualmente e con gli stessi strumenti per proteggere contadini e raccolto.

Fig. 8. Planimetria di Bedigliora . I due " poli ", sorti in epoche successive, attorno ai quali si è sviluppato il villaggio Ne consegue che l'uso di "fortificare", "chiudere " e "circoscrivere" i luoghi di raccolta e lavorazione delle risorse alimentari ha caratterizzato tutto il nord Italia (quindi anche parte della Svizzera italiana) durante Medioevo; in particolar modo dall'XI al XIII secolo e, saltuariamente fino agli inizi del XVI secolo. Possiamo quindi riconoscere con relativa facilità le caratteristiche morfologiche dei ricetti medievali anche in assenza di prove documentarie di natura cartacea che ne attestino palesemente la funzione e la proprietà. Sebbene nel caso di Bedigliora si sia supposta e parzialmente comprovata l'appartenenza alla Plebe di Agno, un più antico legame con i canonici della Cattedrale di Santa Maria Maggiore a Como e prima ancora un rapporto di sudditanza con la signoria dei De Sessa (per questi aspetti vedi il capitolo sulla chiesa), la frammentarietà dei documenti non ci consente comunque di avere un

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quadro storico soddisfacente. Ciò che tuttavia risulta indiscutibilmente evidente è funzionalità del villaggio espressa proprio dall'architettura. Infatti, all'interno del paese non c'è una piazza, non esiste un luogo destinato alla collettività , non c'è una chiesa, e nemmeno un abbeveratoio per dissetare il bestiame (se non nella parte est , nel luogo detto " Cima Villa "che come vedremo più avanti si lega ad un'epoca più vicina alla nostra). La natura e la morfologia di Bedigliora coincidono esattamente con quella del ricetto medievale. b) Il “ricetto superiore” e quello "a guscio" Nel caso specifico, la parte alta del borgo segue lo schema dei ricetti situati in zone collinari e pertanto caratterizzati dal particolare andamento del suolo. Ciò significa che l'impostazione sviluppa su vie parallele alle linee di livello del terreno (come ad esempio rileviamo nei ricetti di Bollengo, Albiano e Magnano, i primi due posti nei dintorni di Ivrea il terzo nelle vicinanze di Vercelli ; tutti risalenti agli inizi del XIII sec.) (fig.9, 10, 11) . Ma la cosa sorprendente è che anche la parte centrale del paese presenta le caratteristiche di un antico ricetto o comunque di un recinto fortificato. Di minori dimensioni rispetto a quello appena descritto, questo presenta il tipico impianto elementare a "guscio" avente corona di cellule edilizie chiuse verso l'esterno. Attualmente il manufatto si presenta completamente edificato anche al suo interno.

Fig. 9. Albiano d'Ivrea. Il " Castrum ", proprietà dei Vescovi di Ivrea aveva attrorno al 1243 la funzione di " castello deposito ". In seguito, nel 1363 i Vescovi cedono alla popolaziozione un'area posta ai piedi del castello per costruirvi il ricetto.

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Fig. 10 Bollengo (Ivrea). Borgo franco, denominato anche ricetto. Sorto nel 1250 fu destinato agli abitanti di tre villaggi andati distrutti.A questi fu fatto obbligo di risiedervi.

Fig. 11. Magnano. Ricetto fondato come caposaldo fortificato dei confini di Vercelli nel 1204. Le parti più scure corrispondono ai cellaria medievali ancora visibili.

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Fig. 12. Bedigliora. La struttura a guscio come si presenta oggi, completamente edificata al suo interno

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Fig. 13. Bedigliora. La struttura a guscio con la corte interna, come doveva apparire in una fase più antica (intermedia) Tuttavia analizzando l'andamento delle murature delle cantine relative alla particella 181 del mappale si rileva l' antecedente esistenza di una corte. Ciò fa pensare ad un impianto insediativo molto, molto antico (fig. 12 e 13). A questo proposito, nonostante si sia a conoscenza del passaggio della strada romana nelle immediate vicinanze, (a Nerocco, frazione di Bedigliora), e di una stele nord-etrusca rinvenuta a Banco (frazione di Bedigliora) è preferibile non azzardare ipotesi in assenza di una concreta opera di rilevamento e scavo. A grandi linee si può comunque dire che la sua forma si riallaccia a tipologie sicuramente anteriori al tardo medioevo. Tenuto conto dell'attuale chiusura ed introversione, questa trova parzialmente confronto con i ricetti a " guscio " rilevati nei nuclei medievali Sandigliano (Biella), datati approssimativamente al XII secolo (fig. 14) e di Sizzano (Novara) (fig. 15).

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Fig. 14. Sandigliano (Biella). Ricetto d'impianto anulare

Fig. 15. Sizzano (Novara), la via anulare del nucleo corrisponde all'insediamento di tipo elementare a guscio e si lega, per il tipo di impianto, ai castra anteriori al XII secolo. Le caratteristiche, tipologiche, funzionali e comparative indicherebbero quindi che l'impianto circolare potrebbe risalire ad un'epoca molto più antica di quella ipotizzata per il ricetto superiore poiché, nella più scontata delle ipotesi parrebbe corrispondere ai tipi di "castra" o comunque a strutture sicuramente antecedenti al XII secolo (4). Proseguendo nell'analisi notiamo che la barriera difensiva prodotta dall'andamento circolare delle strutture perimetrali di quello che si suppone possa essere stato per un periodo della sua storia

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l'antico ricetto di Bedigliora ha condizionato il percorrimento esterno ad esso imponendo la realizzazione di un unico anello viario (fig. 16, 17, 18) . Il suo accesso è completamente opposto all'attuale ingresso del paese. Ciò sta rebbe a significare che anticamente l'insediamento era direzionato verso il bosco e non come oggi verso la chiesa cimiteriale di San Salvatore (l'argomento verrà trattato più avanti, a fine capitolo).

Fig. 16. Bedigliora. L'anello viario circondante il vecchio nucleo.

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Fig. 17. Bedigliora. L'anello viario circondante il vecchio nucleo (strecia superiore).

Fig. 18. Bedigliora. L'anello viario circondante il vecchio nucleo (prospetto sull'antica strada principale proveniente dal bosco. E' ancora visibile il portale d'ingresso oggi murato) . c) Gli airali nel nucleo. Sicuramente anteriore alle costruzioni limitrofe, il nucleo si compone di strutture abitative e cascinali che seguono l'andamento viario imposto dal " guscio " centrale e sono quindi

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inequivocabilmente successivi alla sua costruzione e funzionali ad esso. Infatti le viuzze convergono tutte sull'anello viario che lo circonda. E inoltre. Analizzando le abitazioni poste sulle linee di livello laterali emerge un altro fatto singolare : sebbene queste inizialmente si adeguino all'andamento circolare delle murature presentano internamente (in allontanamento radiale) molte zone verdi : queste sono le aree meno compatte del borgo (fig. 19, 20,21,22,23,24). Delimitati da una cortina muraria molto alta, sovrastante la " strecia " più esterna al tracciato, gli airali sono visivamente pressochè impercettibili a coloro che non sono del luogo. Principalmente situati lungo l'asse viario che dal " guscio " centrale conduce all'attuale piazza San Rocco, gli airali sovrastano l'allineamento di case delimitanti il borgo verso valle. Ne consegue che quella che doveva essere la parte esterna dell'antico ricetto è venuta col tempo a trovarsi al centro del villaggio , ed è pertanto da considerarsi la risultante di un'opera di riorganizzazione del sito che potrebbe aver coinciso con l'edificazione del ricetto superiore. Per motivi che ancora non ci sono noti, presumibilmente attorno al XIV secolo, il ricetto o recinto centrale (circolare) deve essere decaduto dalla sua funzione (o più semplicemente deve essere stato ritenuto insufficientemente capiente) tanto da giustificare l'edificazione di un ricetto più ampio.

Fig. 19. Bedigliora. Gli airali posti attorno a vecchio nucleo (notare l'altezza delle murature perimetrali).

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Fig. 20. Bedigliora. Gli airali posti attorno a vecchio nucleo

Fig. 21. Bedigliora. Gli airali posti attorno a vecchio nucleo

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Fig. 22. Bedigliora. Origine del muro di contenimento degli airali posti attorno al vecchio nucleo.

Fig. 23. Bedigliora. Gli airali posti attorno al vecchio nucleo (rifacimenti in cemento del muro di contenimento).

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Fig. 24. Gli airali a ridosso del " guscio " centrale così come appaiono oggi in seguito all'inserimento della fontana pubblica. Cosicché la parte media e bassa del borgo (che all'origine già si componeva di cascine e spazi verdi) ha mantenuto tali caratteristiche pur venendosi a trovare in mezzo al paese . Quindi, mentre notiamo la presenza di cortili, orti e stalle anche nella parte centrale di Bedigliora (essendo questi, all'origine, gli airali del vecchio ricetto), rileviamo la compattezza del ricetto superiore che non dà assolutamente spazio ad alcun tipo di lavoro agricolo né al ricovero del bestiame (5). d) La compattezza del ricetto superiore. Lo schema strutturale è analogo a quanto si rileva in altre località del nord-Italia, dove le cellule edilizie sono costituite da due piani sovrapposti (le sopraelevazioni attuali sono da ritenersi modifiche ed ampliamenti intervenuti principalmente attorno al XVII-XVIII secolo). L'accesso al piano superiore avveniva secondo la prassi tipica utilizzata per cellule in pendio. Ciò signifca che non si usavano scale esterne a pioli ma si entrava al piano di sopra dalla via più alta (fig. 25).

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Fig. 25. Magnano (ricetto). Il dislivello del terreno è sfruttato come a Bedigliora per dare accesso diretto ai due piani dell'edificio. A Bedigliora, come spesso altrove, non si riscontrano elementi fortificatorii aulici ma questo non è da considerarsi un fatto strano poiché, al contrario, é molto ricorrente(6). Infatti è il sito stesso che costituisce, nel suo insieme, il sistema di difesa che ha protetto nel corso dei secoli il villaggio e la sua polazione. Ciò che rende il borgo fortificato è l'abilità avuta dai suoi antichi abitanti di sfruttare l'accidentalità del terreno, rendendo superflua la costruzione di fossati o rialzi artificiali. Il ripido dislivello, ad esempio, che anticamente segnava lo spazio verticale tra " Piazza del Sasso " e " Casa Righini-Ferretti " (Cà du Pusi) era un vero bastione naturale che doveva estendersi sulla stessa linea di livello fino a " Cima Villa " (7). Oggi, tutto questo non più molto percepibile perché il pendio è stato colmato da alcune cellule abitative in " doppia fila " (particelle 140, 138) dalla " Court dì Pedrasch " (fig. 26) e dal terrapieno fatto erigere negli anni '30 dall'architetto Amadò (fig. 27). Appurato il fatto che Bedigliora presenta due centri (ai quali si aggiunge un terzo in epoca barocca, cioè l'attuale piazza San Rocco), sorti in epoche successive e ancora oggi chiaramente leggibili, si tratta di comprendere, anche con l'ausilio della toponomastica, come sia avvenuto il passaggio. All'interno del perimetro del ricetto superiore sappiamo che la particella 130 del mappale è denominata " gesöra ", mentre le particelle affiancanti, corrispondenti ai numeri 145 e 1967, sono dette " monastero " (fig. 28).

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Fig 26. Bedigliora.La zona antistante alla " Court di Pedrasch " Attualmente non esiste nessun elemento che possa in qualche modo documentare la passata esistenza di edifici religiosi all'interno del paese, anzi, quello che colpisce osservando l'intero villaggio è l'assoluta mancanza di elementi decorativi, siano questi di carattere sacro o profano. Non è però da escludere che i due ambienti fossero presenti prima dell'edificazione del nuovo ricetto, cioè in epoca anteriore al XIII-XIV

Fig 27. Bedigliora. Il muro di contenimento realizzato nel 1930 dall'architetto Amadò.

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Fig 28. Bedigliora. Le zone annerite corrispondono al luogo in cui la tradizione indica la presenza del monastero e della "gesora ". secolo, e che in seguito sia rimasto nell'uso comune indicare particolari luoghi dell'abitato con gli antichi toponimi. E`certo comunque che doveva trattarsi di locali molto piccoli, ammesso che nell'antico significato " gesöra " fosse realmente sinonimo di " chiesetta " (a questo proposito vedi capitolo riguardante la chiesa di San Rocco). La " gesöra " poteva comporsi di un'aula unica, generalmente conclusa a fondo piatto (quindi senza abside semicircolare esterna) come ampiamente in uso soprattutto durante il primo medioevo in tutta l'Italia del Nord ed in particolare in Lombardia. Forse in ciò sta il motivo per cui oggi non riusciamo a riconoscerla attraverso la lettura dell'andamento murario, essendo che la zona si compone di " cellaria " quindi di un insieme di aule rettangolari affiancate. Resta il fatto che se la chiesa era piccola, così come indicato dal toponimo, anche il monastero doveva presumibilmente essere di modeste dimensioni. A sostegno di questa ipotesi si ha la presenza di altri elementi che testimoniano la riorganizzazione della parte alta di Bedigliora in seguito alla costruzione del nuovo ricetto. La colonna murata che si rileva parzialmente nella cortina perimetrale posta a valle della particella 137 doveva appartenere alla fase precedente l'edificazione del ricetto superiore ed è ascrivibile

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approssimativamente al XII secolo. Inglobata in una successione di ambienti costruiti probabilmente come estensione dei " cellaria ", la colonna appare piuttosto elevata, esile ed isolata. Semi- affogata nella muratura è composta da blocchi di pietra provenienti da Moltrasio ; località posta nelle vicinanze di Como nella quale anticamente esistevano pregiate cave di materiale lapideo. In particolare sappiamo che le pietre di Moltrasio furono ampiamente usate durante tutto il medioevo nella costruzione di chiese ed edifici pubblici. Il capitello, non più leggibile e apparentemente privo di decorazioni di carattere sacro o profano, nega la possibilità di compiere una datazione precisa e non consente di comprendere a quale tipo di edificio la colonna stessa appartenesse. e) "villa", "ricetto", "castellanza". Poiché ancora oggi il carattere preminente del paese è quello di un insediamento fortificato ci chiediamo come mai accanto alle scomparse " gesöra " (chiesetta), " monastero " e alla " colonna murata ", si trovi all'incirca sulla stessa linea di livello in cui compaiono questi toponimi un piccolo spazio aperto ancora oggi chiamato " cima villa " (numero 130 del mappale accanto alle particelle 133, 132 e oltre), ossia " sommità del villaggio" (fig. 29). Il toponimo starebbe infatti ad indicare l'esistenza di una " villa" cioè un villaggio o per meglio dire di un insediamento non fortificato (8). La cosa non deve apparire strana poiché, sulla base di alcuni esempi piemontesi,

Fig. 29. Bedigliora. Lo spazio aperto detto " Cima villa ". sappiamo che spesso in uno stesso sito si potevano avere contemporaneamente diverse funzioni: ricetto, villaggio, castello. Nel caso di Lerma ( località posta nelle vicinanze di Alessandria) ad esempio i documenti del 1198 indicano la coesistenza tre insediamenti : villa, receptum, fortia (9), in altre carte questi vengono sintetizzati nel loro insieme con la definizione " castellum ". Generalmente i ricetti presentano una struttura materiale complessa nella quale la comunità contadina poteva risiedere al suo interno difendendo sé stessa e le scorte alimentari immagazzinate, oppure, più frequentemente si stanziava in zone non fortificate esterne ai magazzini. Queste ultime venivano a costituire il villaggio.

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Il carattere difensivo di quello che per praticità abbiamo chiamato " ricetto superiore " è tuttora ancora particolarmente saliente nella facciata dell'edificio che comunemente viene denominato " monastero " (fig.30). Quindi nonostante che l'architettura serrata e l'impianto viario di Bedigliora palesino l'esistenza di un ricetto e non di una villa (cioè di un luogo non fortificato), apprendiamo attraverso alcuni documenti che il sito veniva inteso come tale, forse in ragione del fatto che Bedigliora sovrapponeva e utilizzava contemporaneamente i suoi spazi, utilizzandoli sia come ricetto che come sede permanente per l'intera popolazione. Il toponimo " cima villa " così come l'esistenza di un atto notarile datato al 2 giugno 1495 attestante una " pubblica piazza" in Bedigliora ne sono la prova (10). Infatti, in base all'analisi planimetrica del sito sappiamo che a quell'epoca Bedigliora non poteva avere quella che propriamente si definisce una piazza, se non la piccola " piazza del sasso ", peraltro molto scoscesa, che coincide con lo spazio presumibilmente destinato a fungere da punto di raccolta e smistamento delle derrate da immagazzinare nel ricetto (fig. 31).

Fig 30 . Bedigliora. L'ingresso Est del ricetto superiore detto “il Monastero”( casa Ferretti)

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Fig. 31. Bedigliora. " Piazza del sasso " (casa Alberti). Inoltre il tessuto di Bedigliora, molto omogeneo e compatto, non pone in evidenza alcun edificio altamente rappresentativo tanto da giustificare l'esistenza di una piazza. La cosa non stupisce poiché se quasi sempre accanto al ricetto è documentata la presenza di un castello, esistono molti casi in cui il castello non c'è. Ciò avviene quando il ricetto assume la forma giuridica di " castrum vicinalis ", ovvero di un luogo fortificato in cui i contadini del posto e quelli dei borghi vicini immagazzinavano collettivamente i loro prodotti agricoli (11). f) Il " castrum vicinalis ". Il " castrum vicinalis " (alcune volte sottoposto al controllo diretto del signore laico o ecclesiastico) veniva spesso gestito direttamente da un comune rurale costituito da vicini. Questo sembrerebbe essere il caso di Bedigliora soprattutto se si tien conto della sua appartenenza alla " Castellanza di Novazio " (Novaggio). Sappiamo infatti che le Castellanze, nate attorno al Mille avevano lo scopo di difendere un'opera fortificata e nel contempo si improntavano sull'unione dei beni (12) a quel tempo principalmente rappresentati da risorse alimentarie prodotti di prima necessità quali : lana, legna ecc.. E`possibile quindi che Bedigliora sia stata " castrum vicinalis " e quindi " castellanza " perpetuando

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almeno in parte, fino all'Ottocento, la funzione che l'ha distinta sul territorio a partire dall'epoca medievale. Alcune considerazioni riguardanti l'edificazione della chiesa parrocchiale consentono oggi di comprendere l'assetto urbanistico del sito nel tardo medievo. In base ai documenti concernenti l'attuale chiesa di Bedigliora sappiamo che questa fu edificata nel XVI secolo al posto di un oratorio. La nuova costruzione fu probabilmente solo uno degli interventi significativi operati nel villaggio in quel periodo e proseguiti durante il XVII secolo. Infatti, una serie concomitante di ampliamenti e rifacimenti sono testimoniati un po' ovunque : colonne, loggiati e sopraelevazioni degli edifici, nonché una estensione del villaggio verso est furono il probabile tentativo di cambiare il " carattere " del borgo, dotandolo di una piazza vera e propria ed " ingentilendo " alcune case poste nelle vicinanze della stessa. Tentativo non certo riuscito poichè contrariamente a quanto solitamente è documentato i caseggiati limitrofi furono dotati di colonne e loggiati esclusivamente nella parte prospicente l'antico borgo. Questi rimasero quindi chiusi sul fronte della piazza. Infatti l'unico edificio che a quell'epoca risultava aperto sulla neonata piazza San Rocco era propriamente ed esclusivamente la chiesa. A questa furono offerte frontalmente mura alte e possenti, praticamente prive di aperture ; orti e vigne a monte e una serie di stalle sul lato a valle (ancora esistenti nel 1970 recentemente ristrutturate, innalzate e trasformate in abitazioni) ne chiudevano i lati. Esterna e certamente piuttosto estranea al villaggio la piazza fu chiusa nel 1644 con la costruzione dell'Oratorio del Carmelo posto di fianco alla chiesa (poi parzialmente demolito nel 1839 per lasciar spazio alla strada). Il nuovo edificio cultuale venne così ad ostruire quello che oggi è considerato l'accesso principale del paese (fig.32).

Fig. 32. Bedigliora. La piazza di San Rocco . Sul fianco destro della chiesa ciò che rimane dall'oratorio edificato nel 1644 i cui muri perimetrali vennero sfondati nel XIX sec. per dare accesso alla piazza (questo avviene passando attraverso il portico).

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La qual cosa dimostra che all'epoca, in quel punto non poteva esistere l' entrata principale al paese. Forse il sentiero che consentiva di giungere a Bedigliora dal lato est, cioè quello proveniente dalla chiesa di San Salvatore, era lo stesso che passa ancora oggi in mezzo ai prati, sotto la " Passerella ". Ne consegue che il villaggio era orientato a sud-oves e le vie principali che consentivano di entrare ed uscire da Bedigliora coincidevano con i tre viottoli posizionati sul lato opposto dell'attuale. Sappiamo così che dal medioevo fino al 1839, anno in cui fu dato il nuovo accesso alla piazza ribaltando la direzione dell'abitato, ossia riposizionando il rapporto tra il villaggio e il territorio limitrofo, si rivolgeva verso Banco, Novaggio, Beride, Castelrotto e Sessa passando dal bosco. Questo aspetto sembrerebbe escludere l'ipotesi (peraltro non suffragata dai documenti) che identificherebbe la primitiva parrocchiale con l'antica chiesa cimiteriale di San Salvatore inquanto troppo esterna, opposta, distante e scollegata dal nucleo. ___________________________________________________________________________________ (1) M. Alberti, " Il bandito di Curio ", ne " Il Malcantone ", n.12 dicembre 1954 ; Ida Piazzini, " Curio ", p.72-75, a pag. " Nel lontano 1754... appena passata la chiesa di S. Salvatore...i due seccati risposero che erano venuti a vedere se le porte di Bedigliora erano chiuse ". (2) Seminarwoche, 8-13 giugno 1970, ETH Zürich ; Semesterarbait 1975-76, ETH Zürich, prof. Camenzind. Si tratta di un lavoro di analisi e ricerca a fini scolastici eseguito da un gruppo di studenti del Politecnico di Zurigo per l'esame di storia dell'urbanistica. Questi , partendo dal presupposto che, in ambito medievale , la parte alta del borgo è quasi sempre la più importante e spesso la più antica hanno forzato la lettura identificando l'esistenza di una " corte a riccio " (cioè chiusa su se stessa) laddove non esiste alcun andamento circolare (tipico della forma a " riccio ", appunto ) e nemmeno si intravede l'esistenza di una " corte " qualsiasi. (3) M.Viglino Davico, "Villaggi, castelli, ricetti. Insediamenti rurali e difese collettive tardomedievali", in "L'architettura popolare in Italia- Piemonte", a cura di Vera Comoli Mandracci. Bari, 1988 pag. 25: "L'organizzazione degli spazi insediativi per le comunità rurali risulta costantemente, per secoli, in stretto rapporto...con l'adeguamento di strutture atte alla loro difesa...che connotano l'assestamento definitivo del territorio piemontese- come, più generalmente, dei territori dell'alta Italia- prima dell'età moderna". E ancora: "La protezione delle popolazioni del contado e, ancor più, dei loro raccolti come condizione pima per la sopravvivenza, è il parametro prioritario rispetto al quale si confrontano i caratteri connotanti gli insediamenti aggregati delle campagne". (4) M.Viglino Davico, "Villaggi, castelli, ricetti. Insediamenti rurali e difese collettive tardomedievali", op.cit, pag. 53. (5) M.Viglino Davico, "Villaggi, castelli, ricetti. Insediamenti rurali e difese collettive tardomedievali", op.cit, pag. 44 " La struttura assolutamente compatta dei nuclei all'interno del perimetro fortificato pare non riservare mai spazi né come platea né per i lavori agricoli e per il ricovero degli animali... ". (6) M.Viglino Davico, "Villaggi, castelli, ricetti. Insediamenti rurali e difese collettive tardomedievali", op.cit, pag.46 : " Analogamente al tessuto edilizio (ndr. nei ricetti) anche le opere di difesa risultano estremamente elementari, con manufatti che non corrispondono a modelli edificatori aulici neppure nel caso di elementi emergenti, come torri-porta, ma si adattano ad esigenze costruttive variabili da luogo a luogo e, ovviamente, nei tempi. (7) Ciò è attestato dalla presenza di spazi aperti rivolti a valle corrispondenti alle particelle abitative dei mappali 135,136,137) in prossimità di Cima Villa. In posizione più centrale anche il mappale 141 presenta uno spazio aperto residuo. (8) G. Chiesi (a cura di ), " Medioevo nelle Carte ", Bellinzona 1991, pag. 98. (9) A. Settia, " Fortificazioni collettive nei villaggi medievali dellÀlta Italia : ricetti, ville forti, recinti ", in " BSBS ", a.LXXIV, pag. 539. (10)Bollettino storico 1891, pag 184 : " Al 2 giugno 1495 il Conte Palatino Gio. Pietro de' Ginoldi di Como, creava notaio, concedendogli l'uso del tabellionato, in Pietro da Novaggio, figlio di Domenico da Bosco, abitante in detto luogo di Novaggio. L'elezione si compiva sulla pubblica piazza di Bedigliora". Circa il Conte Palatino de Ginoldi abbiamo alcune notizie che legano la sua famiglia alle vicende del castello di Tavernerio (Como). Notizie circa la famiglia de' Ginoldi sono riportate nel volume " Tavernerio e oltre " di G. Baserga (op.cit.) alle pag. 13-15 . Ecco una piccola sintesi : I de' Ginoldi (de' Grimoldi o Gimoldi a seconda delle trascrizioni) compaiono nelle lettere ducali per la contrattazione e l'acquisto del castello di Tavernerio.Bartolomeo Gimoldi e i suoi figli di Como, furono nominati nel 1422 zecchieri e monetari del Sacro Romano Impero dall'imperatore Sigismondo. Dopo vent'anni trascorsi " dalle parte del Brabante e Fiandra " vollero ritornare a Como. In due lettere, datate al 1425 e 1426 il Duca Filippo Maria Visconti, tenuto conto che il Ginoldi ebbe casa a beni distrutti e consunti " ai tempi delle passate fazioni " concesse a Bartolomeo Ginoldi e ai suoi sette figli l'esazione dalle tasse per 10 anni. In un'altra lettera ducale del 1426, Bartolomeo Ginoldi fu esentato dalle contribuzioni del mutuo di 2000 fiorini imposto dalla città di Como. Nello stesso anno Bartolomeo Grimoldi domandò al Duca di Milano di poter comprare il castello di Tavernerio di proprietà dei Rusca.. Dopo un primo rifiuto, il duca concesse la licenza. Il Castello di Tavernerio proprietà dei de' Ginoldi fu distrutto nel 1449 dallo Sforza e dall'illustrissimo Gaspare de Sessa. Durante l'assedio il Conte Cristoforo de' Ginoldi, volendo evitare la strage dei suoi uomini si arrese allo Sforza e al de Sessa, sposando apparentemente la loro causa ( il documento è all'Archivio

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di Stato di Milano, fondo comuni n.81). Il Blasone dei de' Ginoldi è riportato nello Stemmario trivulziano, pag.162 (figura) e pag.406 : " controfasciato d'oro e di rosso, alla torre merlata guelfa d'argento, attraversante sul tutto, aperta e finestrata dei colori del campo ; al capo con l'aquila di nero, linguata di rosso, coronata del campo. (segue)

(segue nota 10) Stemma de' Ginoldi (Stemmario Trivulziano), anche detto de' Grimoldis (Stemmario Bosisio) (11) A Settia, " Le Fortezze di temporaneo rifugio ", in " Fortificazioni collettive nei villaggi medievali dell'Alta Italia : ricetti, ville forti, recinti " op. cit. pag. 454 ; M.Viglino Davico, "Villaggi, castelli, ricetti. Insediamenti rurali e difese collettive tardomedievali", op.cit, pag.26 : " queste forme collettive di castra risultano luoghi ...a volte in gestione diretta da parte di un comune rurale costituito da vicini ". (12) R.Locatelli " Speciale Bedigliora " in " Rivista di Lugano ", n. 25, Lugano 2003, a pag. 28 : " Con la costituzione cantonale all'inizio dell'Ottocento si è avuto il tramonto della Castellanza, detta dei quattro comuni, siccome riguardava Novaggio, Curio, Banco e Bedigliora, e che da secoli resisteva nonostante le molte intimazioni di scioglimento. La Castellanza era l'unione dei beni o di una parte dei beni vicinali che interessavano più comuni, nel caso specifico i quattro paesi citati sopra ".

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Le chiese di Bedigliora Titolata a san Rocco, l'attuale chiesa di Bedigliora fu consacrata nel 1612. Tuttavia le vicende che si legano ad essa risultano per certi versi piuttosto lacunose, incerte ed in alcuni casi persino contradditorie. La poca chiarezza documentaria relativa alla fondazione della parrocchiale negherebbe l'esistenza di una chiesa antecedentemente al 1400. La qual cosa è sorprendente, tenuto conto che il villaggio nel 1335 si componeva di ben 25 fuochi, cioè di almeno 250 persone che certamente necessitavano di un supporto religioso e devozionale (13). Inoltre, nel 1500 la parrocchiale che secondo Monsignor Maspoli doveva sicuramente esistere fin dai tempi antichi, risulta scomparsa da Bedigliora per essere stata traferita a Banco (piccola frazione del villaggio). Innanzi tutto è impensabile che prima di tale data nel paese non esistessero chiese ed è azzardato ritenere che l'unico edificio religioso fosse costituito dalla cimiteriale di San Salvatore, la cui origine è fatta risalire ad un'epoca relativamente recente : il 1400. Sappiamo infatti che prorio questa zona, a differenza di molte altre regioni d'Europa, fu uno dei territori precocemente cristianizzati. Infatti, dalla cattedra vescovile di Como (istituita nel 386 e appartenente al patriarcato di Aquileia) si mosse l'evangelizzazione verso nord. E' quindi molto improbabile che possano essere passati mille anni senza che da queste parti avvenissero contatti col cristianesimo. Innanzi tutto è impensabile che prima di tale data nel paese non esistessero chiese ed è azzardato ritenere che l'unico edificio religioso fosse costituito dalla cimiteriale di San Salvatore (fig.33, 34), la cui origine è fatta risalire ad un'epoca relativamente recente : il 1400. Sappiamo infatti che proprio questa zona, a differenza di molte altre regioni d'Europa, fu uno dei territori precocemente cristianizzati. Infatti, dalla cattedra vescovile di Como (istituita nel 386 e appartenente al patriarcato di Aquileia) si mosse l'evangelizzazione verso nord. E' quindi molto improbabile che possano essere passati mille anni senza che da queste parti avvenissero contatti col cristianesimo. Inoltre, generalmente nel Medioevo si seppellivano i morti all'interno (o nelle immediate vicinanze) dei villaggi, entro le chiese o nei cortili dei monasteri. Allora, come è possibile che a Bedigliora in quell'epoca si inumassero i defunti così distantemente dal nucleo, anticipando di alcuni secoli una prassi a dir poco " napoleonica "? Fu Napoleone che agli inizi del XIX secolo impose di seppellire i cadaveri all'esterno degli abitati proprio perché la consuetudine secolare era quella di sotterrare all'interno con ovvie conseguenze di carattere igenico-sanitarie. E che dire della lontananza della Chiesa di San Salvatore dai borghi di Novaggio, Curio e Banco tenuto conto che la stessa fungeva da cimiteriale per l'intera castellanza ? Strano a dirsi ma a tal proposito quello di Bedigliora non è l'unico caso. Nel Malcantone molte chiese sorte in epoca medievale si trovano fuori dal nucleo e in posizione discendente rispetto all'abitato (Cademario ad esempio), ma nessuna di queste risulta come San Salvatore tanto distante dal paese, posta alle spalle dell'abitato ed in basso. Tali aspetti, sebbene apparentemente sintomi di una consuetudine locale, contraddicono la prassi generalmente adottata nella scelta del luogo destinato agli edifici di culto. Quasi sempre eretti in posizioni centrali o elevate, questi difficilmente potevano assumere una posizione discendente, laterale, completamente estranea al paese.

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Fig 33 Bedigliora, Chiesa di San Salvatore sec. XV (poiché pericolante venne ricostruita nel XVII e provvista di due cappelle laterali) Forse all'interno del villaggio la chiesa esisteva, infatti dalla toponomastica sappiamo dell'esistenza di un luogo interno al borgo, in prossimità del ricetto superiore, denominato " gesöra ". E`opinione di alcuni studiosi dell'area comasca che questo termine dialettale al quale da noi vien dato il significato di " chiesetta ", potrebbe non essere affatto un diminutivo " gesa " (chiesa) bensì un dispregiativo. Sarebbe come dire " chiesaccia ", " chiesa brutta, in rovina, rudere ". Comunque sia, a prescindere dal significato, nessun documento scritto menziona la " gesöra " e le poche informazioni documentali esistenti si riferiscono tutte alla cimiteriale di San Salvatore e alla più recente chiesa di San Rocco. Nemmeno la preziosa pergamena di Sessa (14), datata al 25 febbraio 1352 contribuisce ad un chiarimento, anzi. Nell'elenco dei cappellani e monaci della pieve di Agno non compare infatti quello di Bedigliora. L'assenza di Bedigliora congiuntamente a quella di Banco, Curio e Novaggio, quindi dell'intera castellanza, ( di cui sono invece menzionate le vecchie chiese di S. Pietro a Curio e San Siro a Novaggio in : Maspoli. Op. cit..pag 91 e 95 ma non i cappellani) lascia suppone che precedentemente al 1352 questi villaggi non appartenessero alla pieve di Agno, ma che dipendessero direttamente dal Capitolo del Duomo di Como. Infatti in un documento datato al 1298 è scritto che nel Malcantone si trovavano importanti possedimenti dei canonici della cattedrale di Santa Maria Maggiore in Como : " a Novaggio e in territorio de Bedaliola de Cuyri " (15). Lo stesso documento, oltre a specificare il numero di massari alle dipendenze dei canonici di Como precisa che i villaggi di Novaggio, Curio, Banco e Bedigliora " formano una castellanza ". E` ovvio perciò che l'intera " castellanza ", quindi anche Bedigliora, doveva essere, almeno in quel

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periodo, proprietà della Cattedra di Como. Un altro documento del 1418 riportato da E. W. Halter- E. Medici (op. cit.), ci informa che 3/4 della decima della Castellanza di Novaggio (ciò significa quasi tutto il raccolto prodotto dalle popolazioni di Bedigliora, Banco, Curio e Novaggio) spettava ai Torriani, nota famiglia comasca, guelfa (a favore del Papa) e probabile antagonista dei ghibellini (filo-imperiali) De Sessa (nobile famiglia del Malcantone). Possiamo quindi ritenere che nella prima metà del quattrocento i Torriani fossero i signori del luogo. Da uno scritto appena successivo, analizzato da Monsignor Enrico Maspoli (16) emerge che nel Quattrocento Bedigliora era considerata un " comune " il quale possedeva una propria chiesa parrocchiale ben distinta da quella di Banco (attuale frazione di Bedigliora che per un certo periodo, antecedente la consacrazione della chiesa di San Rocco, sembra avere avuto un ruolo di supremazia). Come riportato dallo stesso Monsignor Maspoli, da un atto di nomina conservato all'Archivio Vescovile di Lugano, datato al 25 marzo del 1421, si apprende che in quell'epoca risultavano vacanti le chiese di Santa Maria di Banco e di San Salvatore a Bedigliora per il decesso del prete Donato del Molo di Bellinzona.. Nel documento è scritto che essendo deceduto il prete spettava agli uomini di Bedigliora e di Banco l'elezione del nuovo sacerdote : " homines de Bediliora et Banco, spetta de jure et de consuetudine inveterata electio sacerdotum et beneficialum dictarum ecclesiarum eligendorum et ordinem ponendum sacerdotem unum et idoneum ad officium dictarum ecclesiarum et ad custodiam animarum habitantium in dictis communibus et loci ( di Bedigliora e Banco) et ad curam praedictarum ecclesiarum et bonorum suorum ". Nello scritto è menzionato il nome del nuovo parroco, Giacomo di Luino, ed è precisato che lo stesso non deve ingerire nei beni di San Salvatore inquanto già amministrati da un monaco " sed ea permittat monacho ibidem existenti ". Notiamo quindi che nei documenti Bedigliora oltre ad essere definita " comune " compare sempre menzionata prima di Banco da ciò ne consegue una importanza maggiore, tuttavia è sorprendente rilevare che in un atto del primo febbraio 1505, relativo alla nomina del parroco, gli uomini di Bedigliora e di Banco vengono chiamati " vicini " e " parrocchiani " di Santa Maria di Banco (17). Ciò significa che Bedigliora e i suoi abitanti si sono trovati ad essere in qualche modo sottoposti a Banco. Ma cosa può essere intervenuto di tanto significativo tra il 1421 e il 1505 da togliere importanza a Bedigliora ? Sappiamo che fino a metà Quattrocento il villaggio aveva il suo sacerdote. Ma, allo stesso tempo apprendiamo da un documento nel 1479 che così come a Vezio, Aranno Miglieglia, Novaggio, Curio, Pura e Mugena anche la chiesa di Bedigliora risultava sprovvista del prete(18). Qui interviene un fatto singolare. Contrariamente alla normale prassi in uso all'epoca, la quale prevedeva l'elezione del sacerdote da parte dei terrieri, in questo caso la nomina viene fatta direttamente dal Papa. Nello scritto, il Pontefice ordina di conferire tutti i titoli ad una sola persona : il prete Alberto di Banco. Il prelato di Banco diventa così il parroco di un gran numero di chiese del Malcantone e perciò un personaggio molto potente sia sotto il profilo sociale quanto economico (decime, oneri per i servizi liturgici, stipendio ad onere dei terrazzani ecc.) . Forse a causa della sua nomina (e quindi principalmente per aspetti legati alla persona anziché ad ipotetiche ragioni di natura ecclesiastica) la piccola frazione di Banco diventa per qualche decennio più importante del comune al quale era sempre appartenuta : Bedigliora, appunto.

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a) La Chiesa di San Salvatore . Come asserito dallo stesso Monsignor Maspoli nel suo studio sulle chiese della Pieve di Agno (op.cit.) " a giudicare dai documenti in Bedigliora v'era già da tempo un organismo che si rivela parrocchiale anziché vice- parrocchiale, come dall'atto di nomina del parroco datato 1421 (che avvenne ad opera dei bediglioresi e non delle autorità ecclesiastiche). Cio`ha lasciato supporre che San Salvatore fosse fin dalle origini la parrocchia e il cimitero del paese.Tuttavia i molti interrogativi che si legano alle vicende dell'edificio non favoriscono tale ipotesi suscitando parecchi dubbi e lasciando persino emergere l'idea che potesse esseci una chiesa omonima all'interno del villaggio. L' esistenza di un documento del 1443 redatto per convocare l'assemblea della " Castellanza di Novaggio " (19) davanti alla chiesa di San Salvatore non è di per se la prova che questa fosse la parrocchiale di Bedigliora ma testimonia l'importanza che il paese aveva all'interno del territorio. Infatti se la " Castellanza " era detta " di Novaggio " perché svolgere l'assemblea generale a Bedigliora ?Anche questo resta un mistero. Ma non è tutto. Contrariamente a quanto sostenuto da molti studiosi locali non é affatto vero che questa chiesa si trovi in mezzo ai territori di Curio, Novaggio, Banco e Bedigliora, anzi è solo relativamente vicina a quest'ultima e, per essere precisi è diametralmente opposta a Novaggio, ossia alla " capitale " della " castellanza ". Inoltre sappiamo che il 12 giugno 1418, ossia quando il territorio della Castellanza apparteneva ai nobili Torriani di Como, la decime di Curio, Banco, Novaggio e Bedigliora furono portate "ad ecclesiam S. Salvatoris de Bedeliora" per essere riscattate dai signori del luogo. Appare quindi difficile conciliare l'insieme delle molte funzioni attribuite all'edificio nel corso dei secoli (sebbene sia nota la polifunzionalità delle chiese nell'alto medioevo e soprattutto nella prima età comunale). Queste sono: – parrocchiale, (comunque anomalisticamente troppo distante dall'abitato) – punto di incontro e di assemblea generale della castellanza – cimitero (che doveva essere di notevoli dimensioni essendo quello di ben quattro borghi. Inoltre la chiesa non è così grande per poter assolvere ad una funzione tanto impegnativa) – luogo di raccolta delle derrate alimentari prodotte dall'intero territorio (la funzione cimiteriale mal si associa con la consegna delle decime) – lazzareto Mentre i primi quattro punti si riferiscono al Quattrocento, quest'ultimo utilizzo è molto più recente poiché documentato nel 1884 allorché in Bedigliora si verificarono parecchi casi di colera, epidemia proveniente da Lione- Marsiglia; la quarantena fu imposta per volontà comunale al suo interno. Circa la sua data di edificazione non sappiamo nulla e nemmeno conosciamo le vicende architettoniche precedenti al XV secolo. La titolatura a San Salvatore sembrerebbe tuttavia indicare origini longobarde. . I pochissimi dati esistenti ci dicono che San Salvatore nel 1599 fu interdetta dal vescovo perché in rovina. Ricostruita verso la prima metà del XVII secolo fu dotata di due cappelle laterali, tali da accennare ad un impianto cruciforme (20). Fino al 1835 data in cui gli archivi municipali documentano l'ordine governativo di sigillatura dei sepolcri, il pavimento della chiesa doveva presentarsi in semplice terra battuta, poiché più funzionale all'inumazione. Recentemente, a causa del distacco della parte superficiale dell'intonaco posto dietro l'altare sono emerse le tracce quattrocentesche. I frammenti di un affresco decorativo geometrico, i cui colori sono il rosso e il nero, risalirebbero all'impianto più antico.

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Fig. 34 Villaggi della Castellanza e la localizzazione della chiesa di San Salvatore. b) La chiesa di San Rocco. Prima fase costruttiva. La chiesa di San Rocco fu oggetto di molteplici trasformazioni. Sorta verosimilmente all'inizio del 1500 come piccolo oratorio (21) avente doppia titolatura a San Rocco e San Sebastiano, fu costruita in " capite loci de Bedeliora " ( in capo al luogo di Bedigliora o nel capoluogo di Bedigliora?) nel 1522 (22). Gli scritti di Monsignor Maspoli ci dicono che ancora nel 1578 l'edificio doveva essere piuttosto modesto, praticamente privo di facciata, che " era tutta aperta e chiusa solo con cancelli" (23). In base alle perizie e ai restauri (24) eseguiti nel 1968 dagli architetti Tita Carloni e L. Camenisch sappiamo che l'edificio, prima del 1578 si presentava con una navata rettangolare (doppio quadrato), senza lesene, provvista di un arco trionfale a pieno centro, (le cui tracce si situano a circa un terzo della longitudine). Ciò testimonia una fase costruttiva precedente, probabilmente quella del 1524 (37). In questo caso l'arco potrebbe essere stato abbattutto per consentire un allungamento della navata oppure per orientare la chiesa (ammesso che precedentemente fosse direzionata ad ovest anziché ad est). Alcune parti della superficie muraria erano affrescate, come documentano i frammenti di pittura muraria rilevati in prossimità dell'arco e nel coro poligonale (36). Infatti, in prossimità dell'abside, durante l'operazione di indagine e campionatura degli intonaci é apparsa l'antica superficie dipinta recante immagini di alcuni santi non tutti identificabili poiché

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privi delle teste (fig. 35,36,37). La chiesa non era pavimentata (il suolo era semplicemente in terra battuta) e la copertura si costituiva di un semplice tetto a capanna con tavelle in cotto. I muri della navata erano ricoperti da intonaco grezzo, non imbiancato e un semplice gradino di granito la separava dal coro. Nel 1599, di fianco alla facciata, fu costruito il campanile di minore altezza rispetto all'attuale.

Fig. 35 . Bedigliora, Chiesa di San Rocco antichi affreschi che seguivano l'imposta dell'arco centrale.

Fig. 36 Bedigliora. Pianta della chiesa riguardante la prima fase costruttiva

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Fig.37. Bedigliora, Chiesa di san Rocco. Crocifissione. Affresco presumibilmente del XVI sec. di Antonio Vigezio- forse Viglezio?- (Antonio Vigethi). Nell’affresco della Crocifissione si rilevano alcune caratteristiche che forse in futuro concorreranno a megli definire o più semplicemente identificare l’autore che si firma in latino “Antonio Vigethi” (probabilmente un Viglezio del luganese). Ai lati di Cristo crocifisso e in posizione assolutamente simmetrica sono rappresentate la Madonna e la Maddalena. Si tratta di una scena impostata secondo i canoni di una geometria rigorosa che pone all'interno di uno schema triangolare i personaggi. Le figure femminili, in posizione eretta e frontale sono volte verso la navata (anziché verso il Cristo); il loro sguardo è rassegnato. Importante la gestualità delle mani, queste infatti dialogano con chi osserva la scena ed esprimendo dolore (mano sul cuore) è come se dicessero ai fedeli "guardate cosa è successo". In particolare la Maddalena (figura senza velo posta alla sinistra del Messia) risulta leggermente più grande della Madonna e tra le due figure è certamente la più espressiva. A causa delle grandi lacune presenti sulla superficie pittorica non possiamo cogliere completamente la figura del Cristo sebbene risulti molto proporzionata e dettagliata l'anatomia del corpo. Sullo sfondo, all'altezza dei piedi la descrizione di alcuni edifici in lontananza concludono la scena. Molto particolare perchè infrequente la presenza della lama di un'ascia ai piedi della croce. Il significato di questo simbolo, analogo a quello del pellicano situato sui portali di alcune cattedrali romaniche come ad esempio quella di Bitonto, starebbe a significare gli attributi di Cristo (sacrificio, morte, risurrezione).

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Fig.38 Bedigliora. Chiesa di San Rocco , affresco del XVI secolo raffigurante la Madonna col Bambino. Dello stesso autore l’affresco raffigurante “La Madonna col bambino” (Fig.38). Nella scena la Madonna è avvolta da vesti pesanti e seduta su un trono in pietra contornato da drappi presenta il Messia ritto sulle sue ginocchia. Particolare è la presenza di un anello con perla, simbolo di purezza e di perfezione, posto sull'anulare destro della vergine, quindi sulla stessa mano che con delicatezza sostiene quella del bimbo. Questi reca nella manina sinistra un rametto con foglie di alloro simbolo di vittoria, giustizia e sapienza. Lo sfondo scuro non accenna ad alcuna prospettiva ma avvolge la scena in un contesto atemporale. Il santo posto di fianco a Gesù parrebbe essere Sant'Antonio, tuttavia a causa della sbiaditura delle vesti e della mancanza di parte del viso è difficile azzardare una lettura appropriata.

Fig. 39. Bedigliora. Gli affreschi della chiesa datati al XVI secolo raffiguranti San Carlo Borromeo in ginocchio davanti a Santa Caterina d'Alessandria. La scena raffigurante Carlo Borromeo in ginocchio di fronte a Santa Caterina d’Alessandria (Fig.39) risulta molto danneggiato: presenta ampie parti mancanti e i volti quasi completamente

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cancellati. La santa è riconoscibile per i simboli che la contraddistinguono : questi sono la ruota e la palma, rispettivamente lo strumento di tortura dal quale fu salvata per il provvidenziale intervento di un angelo e quello della resurrezione. Una scritta posta in cima al capo di San Carlo esprime una preghiera per ottenere protezione. Le scarse notizia sulla sua esistenza hanno sempre fatto dubitare della reale esistenza di questa santa. Molto popolare nel medioevo, il culto di questa santa è stato soppresso nel 1969, ma è ancora molto venerata soprattutto dalle categorie delle quali è patrona: insegnanti, librai, avvocati e autieri. Seconda fase costruttiva. Tra il 1609 e il 1636 furono aggiunte due cappelle laterali, (prospicienti l'una all'altra ed affacciantesi sulla navata ), la sacrestia e il battistero a pianta rettangolare (il fonte battesimale in pietra, datato al 1580, fu sottratto alla chiesa di Banco (fig.40).

Fig. 40. Bedigliora. Pianta della chiesa durante la seconda fase costruttiva Terza fase costruttiva. Significativi cambiamenti intervennero tra il 1636 e il 1696. La chiesa fu oggetto di una serie di interventi che tesero ad ingrandire ed abbellire il tempio secondo i dettami del barocco. Dal punto di vista strutturale furono innalzate la navata (con aggiunta di volta a botte e vele laterali) e il coro (fig.41). In facciata fu dipinta l'immagine di San Rocco. Intonacata, pavimentata e decorata con balaustre marmoree e lesene la chiesa fu dotata di un oratorio dedicato alla Madonna del Carmelo. Di pianta quadrangolare posto a fianco alla facciata l'oratorio venne a

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chiudere l'attuale ingresso principale al paese.

Fig. 41. Bedigliora. La chiesa. Pianta della terza fase costruttiva Quarta fase costruttiva. Tra il 1840 e il 1857 furono attuati alcuni significativi cambiamenti attorno alla chiesa. Demolito l'oratorio della Madonna del Carmelo (per consentire l'accesso principale del paese da quella parte) nel 1839, l'anno successivo ne fu costruito un altro di pianta ottagonale sul lato opposto, a fianco dell'abside (fig.42). Su disegno dell'architetto Poroli, professore alla scuola di Curio fu sopraelevato il campanile.

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Fig. 42 Bedigliora. Pianta della Chiesa durante la quarta fase costruttiva Restauri novecenteschi. La chiesa di San Rocco fu restaurata due volte nel corso del '900 (fig. 43). Gli interventi, benchè considerati di manutenzione quasi ordinaria, palesano soluzioni piuttosto curiose o quantomeno originali. In particolare, nel caso dei lavori eseguiti nel 1927, si sottolinea l'aggiunta di lesene in facciata, l'inserimento di una cornice in pietra nella porta d'accesso e la riattazione del portico. L'intervento più recente, realizzato negli anni '70 al fine principale di sanare le murature e la pavimentazione dall'umidità ha messo in luce alcune particolaritä che non sono state indagate a fondo. Lo smantellamento delle pavimentazioni rivelò l'esistenza di uno spazio vuoto sotto l'abside e parte della navata, tuttavia nessuno degli operatori pensò che potesse trattarsi di una cripta. Non vennero perciò eseguiti saggi o scavi per verificare la presenza di sepolture, cosicchè i vani furono cementati e utilizzati per ricavare due garage dove ancora oggi vengono parcheggiate le automobili. Circa l'esistenza o meno di sepolture nei dintorni della parrocchiale sappiamo a questo proposito dal signor Floriano Lorenzetti che poco fuori dalla "cripta-garage" (di fianco all'abside), in concomitanza con i lavori di restauro della chiesa d inizio secolo, fu rinvenuto un piccolo sarcofago in pietra, presumibilmente di epoca romana oggi utilizzato come fontana (fig.45 ). Si tratta di un unico blocco di pietra scavata, i cui spigoli sono arrotondati. La superficie esterna è priva di decorazioni e bocciardata . Il signor Lorenzetti ricorda inoltre il ritrovamento di alcune sepolture a fianco della chiesa (di fronte al battistero) anche queste non studiate e quindi di epoca sconosciuta. Furono ricoperte e lasciate in loco. Poco chiaro sotto il profilo progettuale l'intervento e la trasformazione dell'oratorio ottagonale:

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divenuto battistero, munito di gradinate e fonte battesimale al centro secondo è una rielaborazione di criteri funzionali, architettonici e liturgici paleocristiani (fig.46). Inoltre, poichè le gradinate scendono notevolmente all'interno dell'odierno battistero è possibile ipotizzare che anche in questo caso sia da verificare la possibile esistenza di un'ambiente sottostante. Durante questi stessi restauri furono inoltre staccati gli intonaci ottocenteschi e portati alla luce gli affreschi più antichi, opera di Antonio Vigethio

Fig. 43. Bedigliora. Pianta della Chiesa . Restauri Novecenteschi

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___________________________________________________________ (13) F. Bertogliatti, " Profilo storico di Sessa ", op. cit., pag. 19 : " Secondo lo Schaefer nel 1335 Sessa avrebbe formato una " centenaria " (100 fuochi), presumibilmente solo con Astano e Albio, giacché egli ne attribuisce una al burgus di Crolijo e 25 fuochi a Bedaliola attribuiti alla castellantia de Novazo " ; Statuti di Como, p. 260-261. (14) E. W. Halter- E. Medici, " Curio e Bombinasco dagli albori ", Locarno 1993, pag. 15. (15) E. W. Halter- E. Medici, " Curio e Bombinasco dagli albori ",op. cit. , pag. 15 : " A Novaggio 19 abitanti (tranne 6) erano massari dei canonici....Le 13 masserie (di proprietà dei canonici) erano riunite in un gruppo " . Il documento indica estese proprietà anche in Bedaliola " coltivi, selve, vigneti, boschi nonché un mulino ". (16) E. Maspoli, " La Pieve di Agno " (ristampa anastatica dell'edizione originale, Como 1917) Lugano-Agno, 2003, pag. 16. (17) E. Maspoli, " La Pieve di Agno " op. cit. pag. 75. ; a pag 77 riporta un lascito a favore della chiesa. Il documento, datato 1522, menziona la parola " Comune " per definere giuridicamente l'insediamento di Bedigliora e dice espressamente : ...commune et homines de Bedigliora... ". Don Maspoli scrive :" Con suo testamento 23 aprile 1522 il maestro Francesco fu Antonio, detto Fiorentino, di Bedigliora disponeva che quotiescunque commune et homines de Bedigliora costruerint ecclexiolam unam in capite loci terre de bedeliora, ipsa ecclexiola sic edificata et constructa eo casu dcti infrascripti eius testatoris heredes teneatur et debeat seu teneantur et debeant dare et solvere prefate ecclexiole florenos decem valoris etc. necnoc teneantur facere depingere figuram Sancti Antonii et haec omnia in remedio anime opsius testatoris " ; e E. Motta, Bollettino Storico 1891, pag. 185. (18) E. Maspoli, " La Pieve di Agno " (ristampa anastatica dell'edizione originale, Como 1917), Op. cit. , pag 75 : " Anzi nella nomina di Pietro Cantoni gli uomini di Badigliora e di Banco si chiamano vicini e parrocchiani di Santa Maria di Banco " ; e Rogiti Ruggia (Viglezio) 1505, 1mo febbraio. (19) E. Maspoli, " La Pieve di Agno " (ristampa anastatica dell'edizione originale, Como 1917), Op. cit. , pag 79 : " Novaggio, Curio, Banco e Bedigliora formavano una castellanza , ossia un patriziato generale, che il 12 maggio 1443 tenne la propria assemblea ad Ecclesiam Santi Salvatoris de Bedaliora super Paschario propre portam dictae Ecclesiae " (20) E. Maspoli, " La Pieve di Agno " (ristampa anastatica dell'edizione originale, Como 1917), Op. cit. , pag . 78- 79 : " Nel 1599 venne interdetta perché in rovina. Venne rifatta quasi a nuovo verso la metà del XVII. Nella sua visita del 1653 il vescovo Carafino notava che l'antica costruzione era stata ampliata e che la chiesa presentava la forma di due cappelle laterali". (21) E. Maspoli, " La Pieve di Agno " (ristampa anastatica dell'edizione originale, Como 1917), Op. cit. , pag 38 : " 11 maggio 1479 (lettera) di Sisto IV, all'arciprete di Lugano ed ai canonici Paolo de Rinoldis milanese e Paolo de Coquis della cattedrale di Como. Erano vacanti le chiese... ". (22) E. Motta, Bollettino Storico 1891, a pag 184 e L. Brentani, " miscellanea storica ", vol.1 , nel testamento di Francesco Ferrari, detto " il fiorentino " redatto nel 1518 e ripreso nel 1522, egli lascia 10 fiorini a condizione che venga costruita una chiesa " in capite loci de Bedeliora " e che venga fatto dipingere Sant'Antonio in tutta la sua maestà . (23) Archivio Avanzini ( attualmente depositato presso l'Ufficio dei monumenti storici a Bellinzona), fogli non numerati, Atti notarili 1525 : " Test.Petrus f.c. Antonii Fereti de Bedeliora, hab./. ibi lagato 1 ducato d'oro eclesiole di S. Rochi existenti in capite loci de Bedeliora (24) Perizia degli architetti Carloni e Camenisch, 1968, Biblioteca scolastica di Bedigliora e Archivio Comunale di Bedigliora Prima di procedere ai restauri della chiesa di san Rocco a Bedigliora gli architetti hanno compiuto le ricerche visitando ed esaminando il monumento e consultando le notizie reperite e contenute negli atti delle visite pastorali conservati presso l'archivio parrocchiale e vescovile di Lugano. Sono le descrizioni della chiesa di San Rocco redatte da: Monsignor Bonomi (1578), Monsignor Archinti (1599 e 1609) , Vescovo Carafino (1626, 1636, 1644, 1653, Monsignor (delegato) Minunzio (1632), Vescovo Torriani (1670), Vescovo Ciceri (1684 e 1692), Vescovo Bonesana (1696). Le abitazioni, le stalle e i pozzi e le fontane

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Le case del paese denunciano alcune caratteristiche standardizzate (25) e posseggono uno schema distributivo ricorrente : strette ed impostate sulle linee di livello del terreno, sono generalmente suddivise in tre piani verticali collegati tra di loro da scale piuttosto disagevoli, frontali all'ingresso e molto ripide (fig.44). Del resto la ripidità non riguarda solo quelle interne ma anche le gradinate di collegamento esterno tra una "strecia" e l'altra (fig.45).

Fig.44 Bedigliora. Scalinata interna a Casa Alberti Il concetto distributivo delle case di Bedigliora è propriamente quello delle " case torri " medievali. Originariamente coperte a piode, le abitazioni presentano all'ultimo piano la lobia, elemento caratteristico dell'architettura rurale luganese e peraltro frequentissimo nell'Italia del Nord. Essa è tendenzialmente molto ampia, ospita quasi sempre alcune stanze , le madie e quasi sempre il forno per il pane . Generalmente al piano terreno si trovano le cantine e i ripostigli arieggiati da piccole e scarse aperture (fig. 46,47) generalmente poste, a causa del dislivello del terreno in posizione piuttosto alta rispetto al piano stradale. Questi spazi che anticamente nella parte alta del paese costituivano i cellaria del ricetto vennero ad essere utilizzati in epoche

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Fig.45 Bedigliora . Passaggio coperto e gradinata di Casa Maricelli

Fig. 46. Bedigliora. Cantine di casa Maricelli (aperture).

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Fig. 47. Bedigliora . Le aperture ai piani terreni prossime alla nostra come locali per il ricovero degli animali e anche come legnaie. Nelle loro vicinanze, sempre al coperto e all'interno delle mura domestiche vi sono i pozzi (fig. 48) : è sconcertante constatare che fin dai tempi più remoti ogni casa di Bedigliora aveva l'acqua mentre ovunque nelle campagne e nei borghi la popolazione accedeva a pozzi e fontane comuni.

Fig.48. Bedigliora. Pozzo. I pozzi delle case del paese sono tutti abbastanza simili. Coperti, umidi e bui, questi sono situati nelle cantine e molto all'interno della superficie delle abitazioni. Oggi abbandonati e non più utilizzati durante la notte diventano spesso rifugio per martore e animaletti selvatici provenienti dal bosco. In molte case sono i pozzi stati chiusi dai proprietari per ovviare ad alcuni comprensibili problemi : umidità, risalita capillare nelle murature ed efflorescenze sugli intonaci delle abitazioni. Questa caratteristica, del tutto singolare, denuncia tre aspetti importanti : 1) nel paese non scorrevano corsi d'acqua (piccoli ruscelli o bedali) tali da poter garantire l'uso collettivo come invece accadeva ovunque nei borghi rurali ; 2) l'esistenza del pozzo in ciascuna casa è la prova di

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quanto fosse ricco d'acqua il sottosuolo e di come questa fosse considerata un bene privato; 3) i due precedenti fattori escludono che anticamente vi fossero stalle ed animali all'interno dell'abitato poiché le bestie di grossa taglia, come ad esempio le mucche, buoi, muli, cavalli e asini, non potevano certo essere abbeverate con l'acqua razionata. Infine, l'insieme di questi fattori spiegherebbero ulteriormente l'antica tipologia insediativa del paese la cui forma è quella del ricetto (nel quale per nessuna ragione venivano ammesse le stalle e gli animali ) e rendono più comprensibile un'antica leggenda popolare. Questa narra che mai nessuno abitante di Bedigliora morì di peste nonostante le numerose vittime mietute in tutta la regione (26). Il racconto specifica inoltre che il morbo si fermò davanti alle porte del paese (attuale piazza San Rocco ove nel 1632 fu posto un obelisco votivo recante la scritta " T.D.- MeMi - Noscete Ipsius/m", che significa Te Deum -Memento Mori, ossia ricordati che devi morire- e -conosci te stesso) risparmiando gli abitanti dalla terribile malattia. L'assenza di contagio narrato dalla tradizione potrebbe non essere solo una fantasia popolare ma rispondere al vero per l'assenza di un contatto diretto tra uomini e animali (27) oltre che a causa dell'isolamento del villaggio nei confronti del territorio circostante. L'uso di convivere con il bestiame tuttavia c'è stato ma deve essere intervenuto in epoca molto più recente, cioè nell'arco dei secoli compresi tra la fine del XVII e il XIX esattamente quando, attraverso l'architettura percepiamo la volontà (poco riuscita) di trasformare il borgo fortificato in un " tranquillo " villaggio agricolo (vedi capitolo sulle trasformazioni tra il XVI e il XVII secolo) . A questo proposito, i documenti del 1884, conservati presso l'archivio comunale, riportano le denunce del medico condotto concernenti la scarsità d'igiene ed il verificarsi di casi di tifo, colera e vaiolo soprattutto nella parte bassa del paese ove confluivano i liquami provenienti dalla parte superiore del nucleo. Come scrive Raimondo Locatelli in " Speciale Bedigliora " in base agli studi di Mario Alberti (28) " la situazione doveva apparire disastrosa, le latrine non avevano scoli, i letamai erano a cielo aperto, le stalle mescolate alle case, e la popolazione viveva a diretto contatto con capre, pollame conigli, gatti e maiali ". Quindi quelli che inizialmente erano i cellaria vennero ad essere progressivamente utilizzati come stalle (ad esclusione della parte centrale del ricetto superiore che invece probabilmente mantenne parzialmente la sua funzione di deposito delle derrate alimentari o comunque un utilizzo privilegiato). In tal senso la trasformazione fu tanto massiccia che da un documento del 1843, conservato presso l'archivio comunale, apprendiamo dell'esistenza di ben 50 stalle su 71 case abitate. Ciò significa una proporzione tra uomini e animali quasi paritaria. Probabilmente a causa del progressivo inserimento del bestiame nell'economia del paese, peraltro non strutturato per questa attività, accadde che nel 1884 la municipalità dovette intervenire per far fronte alla mancanza d'acqua che induceva taluni persino a mendicarla (29). Sebbene ancora nel XX secolo vi fossero in Bedigliora le stalle al piano terra e le abitazioni ai piani superiori queste avevano una particolarità : nessun proprietario dimorava sulla sua stalla che invece era situata nella casa di fronte abitata dal dirimpettaio. Una pratica adottata forse per assicurare un maggior controllo visivo sulla propria fonte di sostentamento, che lascia intuire una certa diffidenza tra le persone all'interno del paese.Circa i dettagli costruttivi tradizionali osserviamo che le case di Bedigliora possiedono pavimentazioni in cotto sostenute da travature lignee, scale raramente in cotto e frequentemente in pietra (granito locale), murature grezze intonacate a calce (Fig.49).

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Fig.49Bedigliora. A titolo esemplificativo è qui riportato il pavimento di casa Alberti che però è assolutamente identico a quelli presenti nella maggior parte delle abitazioni del paese Le murature, in faccia a vista, si costituiscono di pietrame di varie dimensioni, composto in modo apparentemente grossolano(30) e legato generalmente con poca calce. Si tratta di murature " disordinate " nelle quali la loro apparente semplicità non deve intesa come sinonimo scarso livello tecnico o tecnologico (fig.50).

Fig. 50. Bedigliora, esempio di muratura Infatti contariamente all'idealismo degli storici dell'arte che pretendono di giudicare una " buona muratura " in base a caratteristiche prevalentemente estetiche, gli architetti (31) invece giudicano una " buona muratura " quella che riesce a stare in piedi durante i secoli, indipendentemente dal fatto che le pietre siano state messe in opera secondo canoni e ordini prestabiliti (conci perfettamente squadrati e ordinati ). L'ampio uso di archi in pietra (fig.51) delle dimensioni più svariate è anche questo uno degli aspetti salienti dell'architettura del paese. Le murature di Bedigliora rientrano nella tradizione rurale ampiamente documentata in tutto il varesotto nell'arco dei secoli, così come l'uso frequente di collegare le abitazioni del nucleo con dei passaggi coperti (fig.52). In pratica si può dire che quasi tutta la parte centrale e alta del borgo è percorribile al coperto a seguito di una evidente necessità di ampliare gli spazi abitativi senza compromettere la viabilità del paese.

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Fig. 51 Bedigliora. Data l'elevatura delle abitazioni e la necessità di scaricare il peso delle strutture per permetterne l'innalzamento ecco che l'arco in pietra è frequentissimo. Si può dire che sia uno degli elementi più visibili e presenti nell'architettura del paese.

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Fig.52 Bedigliora. Passaggio coperto ___________________________________________________________________________________ (25) Sull'argomento vedere : G. Buzzi " Atlante dell'edilizia rurale in Ticino- Luganese " Locarno, 2000. (26) R. Locatelli " Speciale Bedigliora " in " Rivista di Lugano ", op. cit. , a pag.24 " La leggenda vuole che la peste abbia fatto numerosi morti nella regione....l'obelisco votivo...fu eretto...per lo scampato pericolo ". (27) Il contagio si trasmetteva principalmente attraverso le pulci e la scarsa igiene dettata dalla convivenza degli uomini con gli animali domestici. (28) R. Locatelli " Speciale Bedigliora " in " Rivista di Lugano ", op. cit. , a pag.30. (29) R. Locatelli " Speciale Bedigliora " in " Rivista di Lugano ", op. cit. , a pag.30. (30) T. Mannoni. " L' analisi delle tecniche murarie medievali in Liguria ", in " Atti del Colloquio internazionale di Archeologia Medievale, Palermo 1976, pp. 291-300 ; T. Mannoni, " Il problema complesso delle murature storiche in pietra ", in " Archeologia Medievale XXIII ", Firenze 1996.

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Le trasformazioni tra il XVI e il XVII secolo. Similmente a quanto si registra nei borghi rurali prealpini compresi tra il Malcantone, il varesotto e la zona tra Biella e Novara, Bedigliora dimostra di aver subito una grande trasformazione a partire approssimativamente dalla fine del XVI secolo. Epoca in cui si verifica una sorta di fervore architettonico, testimoniato dall'immissione di elementi di facciata tesi ad ingentilire e ad aprire la cortina muraria delle abitazioni verso gli spazi esterni .

Fig. 53. Bedigliora. Edifici con colonne e loggiati

Fig. 54 Bedigliora. Il cortile porticato di Casa Morandi

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Forme architettoniche di matrice lombardo-rinascimentale con archi a pieno sesto e ribassati si diffondono così nell'abitato conformemente ad una consuetudine generale che nel corso del sei-settecento coinvolge gran parte dell'edilizia rurale dell'Italia nord-occidentale che nel caso specifico interessa Bedigliora fino all'Ottocento (fig.53, 54, 55, 56, 57, 58).

Fig. 55 Bedigliora. Facciata di Casa Alberti

Fig.56. Bedigliora. L'antico loggiato interno di Casa Alberti, oggi parzialmente murato. Una delle ragioni che si suppone possa aver motivato l' immissione generalizzata di questi elementi architettonici giunti ad interessare persino l'architettura dei piccoli borghi prealpini è attribuita alle maestranze luganesi, comasche e valsesiane, fin dal Quattrocento impegnate alla costruzione del

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Sacro Monte di Varallo Sesia ed in seguito, tra Cinque e Seicento impiegate nei cantieri dei Sacri Monti di Orta, Domodossola, Oropa, Crea, Locarno e Varese (31).

Fig. 57. Bedigliora. Le colonne interne a Casa alberti Il rapporto con nuovi modelli e soluzioni plastiche in applicazione delle Istructiones borromaiche deve aver prodotto nelle stesse maestranze incaricate dell'esecuzione dei lavori, il desiderio di tradurre nell'edilizia rurale le soluzioni spaziali e decorative apprese durante l'edificazione di cappelle ed edicole votive. Ovviamente, trattandosi di loggiati con colonne in pietra, gli interventi di " ammodernamento " devono essere risultati molto costosi, tanto che si presume fossero riservati ad una classe sociale piuttosto benestante e non semplicemente agricola (32). Il fenomeno si legherebbe alla generale ripresa economica verificatasi tra la fine sei- settecento e responsabile della crescita di gruppi famigliari economicamente solidi, i quali pur lavorando direttamente i campi si appoggiavano anche ad attività borghesi e artigianali. Nel caso specifico non sappiamo come si svolgesse effettivamente l'economia di Bedigliora durante quei secoli ma é proprio l'architettura che ci informa attraverso la presenza di colonne in pietra e loggiati di un certo respiro del sopraggiunto benessere. Del resto anche qui come in tutto il varesotto, l'alto novarese e le zone prealpine piemontesi sussiste l'handicap di una documentazione archivistica incredibilmente scarsa. Il fatto, di per sé problematico, non compromette però altri sistemi di analisi, primo fra tutti quello relativo all'architettura.

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Fig. 58. Bedigliora Colonne murate in Casa Alberti Infatti, pur trovandoci di fronte alla mancanza di prove di natura cartacea, possiamo stabilire un'analisi stilistica comparativa tra gli oggetti di uso civile e l'architettura religiosa coeva realizzata nel sito e sul territorio circostante, affermando che il fervore cantieristico dettato dalla Controriforma ha coinvolto capillarmente, nei secoli successivi, anche il mondo rurale. Tra la fine del XVI secolo e il XVIII Bedigliora subisce un vero e proprio ammodernamento che segue l'edificazione della Chiesa di San Rocco e della piazza ad essa relativa. Il borgo, fino a quel momento omogeneo in quanto caratterizzato dall'uniformità delle superfici architettoniche tende a segnare una differenziazione tra la parte alta e bassa del borgo: la presenza di loggiati con archi e colonne riguarda esclusivamente la parte sommitale del paese. Al centro e in basso l'architettura mantiene la sua austerità rurale- fortificata con case- torri su tre piani, serrate, caratterizzate dall'assenza di aperture al piano terra (ad esclusione di piccoli portali d'accesso), finestre scarse e di dimensioni ridotte e lobie all'ultimo piano. La volontà di conferire un nuovo carattere al sito, stabilendo attraverso l'architettura ovvie gerarchie sociali ed economiche è un aspetto preminente che si avverte attraverso una semplice indagine visiva (fig.59, 60).

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Fig..59. Bedigliora. Il loggiato (oggi murato) di casa Ferretti detta il " Monastero "

Fig.60. Bedigliora. Loggiato a " Cima Villa "

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_____________________________________________________________ (1)V. Comoli Mandracci " L 'architettura della casa nella montagna- La casa a loggiato nella zona prealpina orientale ", in " L'Architettura popolare in Italia -Piemonte ", Bari 1988, pag. 116 e 118. A pag 116 : " per l'architettura a loggiato con colonnati in pietra valgono dunque riferimenti a matrici culturali più ampie e non, deterministicamente, le sole risposte ad istanze funzionali o a requisiti o bisogni di tipo rurale... In questa direzione sono da considerare anche i programmi e le esperienze costruttive esibite negli altri fulcri territoriali di pellegrinaggio religioso tra fine Cinquecento e Seicento, entro le istanze della Riforma milanese...". (2) V. Comoli Mandracci " L 'architettura della casa nella montagna- La casa a loggiato nella zona prealpina orientale ", in " L'Architettura popolare in Italia -Piemonte ", Bari 1988, pag. 116 : " La casa con avancorpo a loggiato in colonne di pietra era certamente un manufatto molto costoso...riservato ...a una classe sociale non soltanto agricola , ma soprattutto di maggiorenti e notabili ".

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Conclusioni Questo lavoro più che concludere è la base sulla quale far partire uno studio sistematico dell'antico sito di Bedigliora. Essenzialmente improntato sulla lettura dei manufatti architettonici e sulla morfologia del paese, il lavoro di analisi e di ricerca da me svolto ha delineato alcune tappe storiche fondamentali ed ha impostato le direttrici d'indagine da seguire in futuro, al fine di poterne comprendere più dettagliatamente gli aspetti insediativi, politici, culturali e socio- economici . E` infatti ovvio che per poter procedere ad uno studio approfondito, comprensivo di rilievi, saggi e scavi archeologici é necessario preliminarmente individuare i punti in cui operare e nei quali si presuma possano emergere risposte documentarie. L’individuazione dei "due poli" del villaggio (ai quali si aggiunge il "terzo" con la creazione della piazza nel XVI sec.) appartenenti a fasi storiche differenti e indubbiamente successive l'una all'altra, sono di per sé elementi molto importanti per il proseguo della ricerca. Sappiamo ora che nel corso del medioevo Bedigliora ha avuto certamente la funzione di "ricetto" per l’intera zona, distinguendosi dagli altri villaggi per importanza, ricchezza e benessere economico (era il sito più popolato dell'intero Malcantone). Ma non è tutto. Infatti il nucleo circolare "a guscio", per la morfologia stessa che presenta, è presumibilmente il più antico. Ma più antico di quanto? Non potendo offrire una risposta esaustiva in assenza di documentazione cartacea, di rilievo e di scavo mi limito a dire che è sicuramente precedente al XII secolo (per analogia morfologica con i "castra" medievali a pianta circolare), ma nulla esclude che all'origine potrebbe trattarsi di una cellula insediativa grandemente anteriore; di fatto sappiamo della presenza in zona dei liguri, degli etruschi, dei celti ecc. … Anche i dati raccolti sulla chiesa di San Salvatore dimostrano che è un punto in cui sarà necessario indagare ulteriormente. Di questa chiesa, considerata la più antica ed importante dell'intera castellanza, notiamo la singolare impostazione su un basamento rettangolare con gradinata centrale esterna. L' elemento di per sé fa supporre una datazione antichissima, ma non solo, congiunto alla presenza etrusca e romana sul territorio lascia ampi spazi a linee di ricerca che potranno essere rigorosamente affrontate e verificate solo attraverso un'opera dettagliata di rilevamento e scavo.

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